L'Avvocato Generale Fennelly ha suggerito alla Corte di dichiarare che le norme nazionali che garantiscono diritti speciali a taluni enti di allibrare scommesse su eventi sportivi sono compatibili con il diritto comunitario se sono imposte allo scopo di contrastare gli effetti dannosi delle scommesse
Il signor Zenatti gestisce in Italia un centro di scambio di informazioni sulle scommesse. Egli opera come un intermediario in Italia per conto di una società di scommesse britannica trasmettendo le scommesse puntate dai clienti italiani su avvenimenti sportivi a mezzo fax o via Internet e comunicandone i risultati ai clienti.
Nel 1997 il Questore di Verona intimava al signor Zenatti di cessare tali attività, in quanto violavano le norme italiane che vietavano l'organizzazione delle scommesse, fatta eccezione per due enti sportivi. A questi due enti era consentito organizzare scommesse al fine di finanziare le loro attività di pubblico interesse.
Al procedimento giudiziario faceva seguito un ricorso del Questore al consiglio di Stato il quale ha sottoposto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale di interpretazione delle norme comunitarie in materia di libera prestazione di servizi alla luce della normativa italiana sulle scommesse.
L'avvocato generale, che agisce in completa indipendenza e imparzialità, assiste la Corte nell'analizzare le circostanze e le problematiche giuridiche che emergono dalla causa, e rivolge alla Corte raccomandazioni circa le soluzione che essa, a suo avviso, dovrebbe dare alle questioni sottopostele dal giudice nazionale. Le sue conclusioni non sono vincolanti per la Corte.
L'avvocato generale ha dapprima concluso che l'attività consistente nel ricevere scommesse da parte degli allibratori come pure l'attività consistente nel trasmettere le scommesse a un allibratore nonché i risultati della scommessa ai clienti è un'attività economica secondo l'accezione del Trattato. Inoltre tale attività non è oggetto di una normativa armonizzata a livello comunitario.
Secondo l'avvocato generale, la restrizione sulle prestazioni organizzate di servizi di scommesse è vietata dal diritto comunitario a meno che non sia giustificata dal pubblico interesse. I criteri di pubblico interesse non debbono essere necessariamente gli stessi in ciascuno Stato membro. Tra i fattori di cui si deve tener conto rientrano le caratteristiche socio-culturali specifiche di ciascuno Stato membro, come pure i svariati tipi di giochi di azzardo in essi praticati.
Il procurare fondi per progetti socialmente utili non è una giustificazione accettabile per una siffatta restrizione, dato il suo carattere economico. La tutela dei consumatori dalle frodi sarebbe un obiettivo accettabile di pubblici interesse, ma solo se il giudice nazionale accerta che essi non sarebbero sufficientemente tutelati dalle norme applicabili agli allibratori inglesi. Sarebbe altresì consentito restringere le prestazioni di servizi di scommesse per motivi di politica sociale, al fine di contrastarne gli effetti dannosi dal punto di vista etico e finanziario. La restrizione deve essere idonea al raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non deve eccedere quanto è necessario per il suo raggiungimento. Sarebbe inconferente con siffatto obiettivo di politica sociale se agli enti sportivi che fruiscono di diritti speciali per organizzare scommesse non venisse prescritto di cercare di ridurre la domanda di scommesse.
Trascorrerà ancora un periodo di tempo indeterminato per la delibera da parte dei giudici della Corte di giustizia (dei quali l'avvocato generale non fa parte) prima che venga emessa la sentenza.
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