Language of document : ECLI:EU:T:2021:315

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

2 giugno 2021 (*)

«Aiuti di Stato – Servizi sanitari – Sovvenzioni dirette concesse agli ospedali pubblici nella Regione Lazio (Italia) – Decisione che accerta l’insussistenza di un aiuto di Stato – Ricorso di annullamento – Atto regolamentare che non comporta alcuna misura di esecuzione – Incidenza diretta – Ricevibilità – Obbligo di motivazione – Nozione di attività economica»

Nella causa T‑223/18,

Casa Regina Apostolorum della Pia Società delle Figlie di San Paolo, con sede in Albano Laziale (Italia), rappresentata da F. Rosi, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da K. Herrmann e F. Tomat, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2017) 7973 final della Commissione, del 4 dicembre 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.39913 (2017/NN) Italia – Presunta compensazione delle strutture ospedaliere pubbliche in Lazio,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, V. Valančius (relatore) e L.Truchot, giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        In Italia, l’organizzazione del sistema sanitario si incentra sul Servizio sanitario nazionale (in prosieguo: il «SSN»). Nell’ambito del SSN, i servizi sanitari sono direttamente finanziati mediante i contributi sociali degli iscritti e risorse statali, cosicché tali servizi sono forniti gratuitamente o quasi gratuitamente, a tutti i pazienti iscritti al SSN, da organismi pubblici o da organismi privati convenzionati. La gestione del SSN è assicurata essenzialmente dalle regioni.

 Procedimento amministrativo

2        Dal punto 1 della decisione C(2017) 7973 final della Commissione, del 4 dicembre 2017, riguardante l’aiuto di Stato SA.39913 (2017/NN) – Italia – Presunta compensazione delle strutture ospedaliere pubbliche in Lazio (in prosieguo: la «decisione impugnata») emerge che, il 4 novembre 2014, la ricorrente, Casa Regina Apostolorum della Pia Società delle Figlie di San Paolo, ha presentato una denuncia (in prosieguo: la «denuncia») alla Commissione europea, con la quale ha segnalato presunti aiuti di Stato a favore degli ospedali pubblici della Regione Lazio (Italia) (in prosieguo: le «misure in questione»).

3        Con lettera del 27 marzo 2015, la Commissione ha invitato la ricorrente a fornirle informazioni aggiuntive, ai fini del trattamento della denuncia, e a presentare una denuncia nella debita forma.

4        Il 28 e il 30 aprile 2015, la ricorrente ha trasmesso alla Commissione informazioni aggiuntive.

5        Il 17 giugno 2015, la Commissione ha informato le autorità italiane della denuncia, invitandole a sottoporle le loro osservazioni al riguardo. Le autorità italiane le hanno trasmesso le loro osservazioni il 26 ottobre 2015.

6        Il 4 e il 13 novembre 2015, la ricorrente ha trasmesso alla Commissione alcuni documenti ad integrazione della denuncia.

7        Con lettera del 19 luglio 2016, la Commissione ha comunicato alla ricorrente la sua valutazione preliminare, spiegando che, dopo aver esaminato le informazioni presentate e tenuto conto delle osservazioni delle autorità italiane, allegate a detta lettera, essa aveva concluso in via preliminare che le misure in questione non costituivano un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. La Commissione ha dato alla ricorrente la possibilità di formulare osservazioni al riguardo.

8        La ricorrente ha contestato la valutazione preliminare della Commissione e ha fornito informazioni aggiuntive con lettere dell’8 agosto, del 19 agosto e del 16 settembre 2016.

9        Il 17 novembre 2016 la Commissione ha trasmesso alle autorità italiane una richiesta di ulteriori informazioni, alla quale esse hanno risposto il 13 febbraio 2017. La ricorrente ha fornito informazioni aggiuntive con lettera del 19 aprile 2017.

10      Con lettera del 21 aprile 2017, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente le informazioni comunicate dalle autorità italiane il 13 febbraio 2017, confermando al contempo la sua valutazione preliminare secondo cui le misure in questione non costituivano aiuti di Stato. La Commissione ha dato alla ricorrente la possibilità di formulare osservazioni al riguardo.

11      Il 23 maggio 2017, la ricorrente ha fornito ulteriori informazioni e ha nuovamente contestato la valutazione preliminare della Commissione, oltre a fornire informazioni aggiuntive il 10 luglio 2017. Su sua richiesta, l’11 luglio 2017 la Commissione ha organizzato una teleconferenza con la ricorrente per discutere in merito alla sua valutazione preliminare.

 Denuncia della ricorrente

12      Nella denuncia relativa alle misure in questione, la ricorrente ha affermato che erano stati erogati fondi pubblici a strutture sanitarie pubbliche facenti parte del SSN per coprirne i disavanzi finanziari senza verificare i costi, e ciò in violazione dei principi di libertà di scelta del paziente e di concorrenza, a scapito degli ospedali privati accreditati che forniscono assistenza sanitaria nel contesto del SSN.

13      La ricorrente ha sostenuto che i pagamenti effettuati a favore di ospedali pubblici costituivano un aiuto di Stato, in quanto i servizi forniti nell’ambito del SSN sono di natura economica e il SSN non è né universalistico né fondato su un principio di solidarietà, ma piuttosto sul principio di libertà di scelta del paziente, principio con il quale le autorità italiane hanno aperto alla concorrenza il sistema del SSN e conferito pertanto natura economica ai servizi di cui trattasi.

14      Nella denuncia, la ricorrente ha sostenuto, in particolare, che le riforme sanitarie introdotte dal decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502 – Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (in prosieguo: la «riforma del 1992»), e dal decreto legislativo del 19 giugno 1999, n. 229 – Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419 (in prosieguo: la «riforma del 1999»), hanno, da un lato, convertito le strutture sanitarie pubbliche, tra cui gli ospedali pubblici, in imprese soggette a principi di gestione e, d’altro lato, hanno messo in concorrenza prestatori pubblici e privati di assistenza sanitaria operanti nel contesto del SSN, in quanto ai pazienti è stata data la possibilità di scegliere la propria struttura sanitaria sulla base del principio di libertà di scelta del paziente, entro i limiti dell’accreditamento delle strutture, della pianificazione dell’assistenza sanitaria e del controllo dei costi.

15      La ricorrente ha altresì sostenuto che il SSN non copre l’intero fabbisogno delle cure per tutti i pazienti e pertanto non è né universalistico né fondato sul principio di solidarietà, dal momento che, in Italia, circa un terzo del totale dei costi annuali per l’erogazione di servizi sanitari è pagato dai pazienti direttamente, a proprie spese, o indirettamente, attraverso assicurazioni e mutue. Ne risulterebbe che taluni pazienti ricorrono anche a servizi medici privati, in aggiunta o in alternativa ai servizi gratuiti del SSN, e che esiste quindi un unico mercato per i servizi sanitari.

16      Infine, la ricorrente ha affermato che, in applicazione delle riforme del 1992 e del 1999, gli ospedali pubblici sono stati inoltre autorizzati a prestare servizi sanitari privati all’interno di strutture pubbliche, laddove ciò dimostra altresì che il SSN non è né universalistico né fondato sul principio di solidarietà.

17      Pertanto, secondo la ricorrente, le riforme del 1992 e del 1999 hanno introdotto la concorrenza tra strutture pubbliche e strutture private nella fornitura di servizi sanitari rientranti nell’ambito del SSN o di servizi su richiesta del singolo paziente, generando così un mercato composto da operatori economici in concorrenza tra loro e fondato sul principio di libertà di scelta dei pazienti, cosicché le riforme di cui trattasi del SSN hanno conferito natura economica alle attività svolte nel suo ambito.

18      In tale contesto, la ricorrente ha sostenuto che i servizi sanitari forniti nell’ambito del SSN nella Regione Lazio non sono correttamente remunerati, cosicché, da un lato, gli ospedali pubblici di tale regione beneficiano di fondi pubblici per coprire i loro disavanzi che sarebbero solo in parte connessi ai servizi sanitari forniti e, dall’altro, gli ospedali privati, come quello di proprietà della ricorrente, non sono stati remunerati per un importo pari ai costi sostenuti nel fornire i servizi. Ne conseguirebbe una violazione del principio di libertà di scelta del paziente, in quanto gli ospedali privati accreditati non sono in grado di realizzare investimenti per migliorare la qualità dei servizi sanitari offerti.

19      La ricorrente ha sostenuto in particolare che, in base alla riforma del 1999, la remunerazione delle prestazioni sanitarie pubbliche deve basarsi sul numero di prestazioni sanitarie fornite moltiplicato per le tariffe fissate dalle diverse regioni per ciascuna prestazione specifica; le tariffe iniziali, che dovevano essere soggette ad adeguamenti da parte di ciascuna regione, erano state stabilite da un decreto ministeriale del 1994.

20      Secondo la ricorrente, tuttavia, la Regione Lazio non ha mai dato attuazione a tale sistema basato sul numero di prestazioni erogate, ma, in modo illegittimo, ha semplicemente applicato le tariffe e i massimali del 1994 per compensare ciascun prestatore di servizi sanitari. La ricorrente ha affermato che, pertanto, le remunerazioni non rispecchiavano i costi effettivi a carico delle strutture sanitarie per fornire i propri servizi e non tenevano conto dell’aumento del costo del lavoro per gli ospedali privati risultante dalla revisione dei contratti collettivi applicabili a livello nazionale.

21      In tal modo, la Regione Lazio ha ripianato i disavanzi degli ospedali pubblici, e tali finanziamenti pubblici rientrano, secondo la ricorrente, nell’ambito di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato e, in particolare, sui servizi di interesse economico generale (in prosieguo: i «SIEG»).

22      A tal riguardo, la ricorrente ha chiesto alla Commissione di verificare la compensazione del servizio pubblico e di accertare se la compensazione fosse stata stabilita nel rispetto dei principi sanciti nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), tra cui quello di un’adeguata remunerazione di un’impresa media gestita in modo efficiente.

23      Nella denuncia, la ricorrente ha menzionato il contenzioso presentato, in particolare, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia) e ha sostenuto che la dotazione concessa al suo ospedale privato non rispecchiava, in particolare, né i parametri dei costi di un’impresa media gestita in modo efficiente né i maggiori costi di personale derivanti dalla revisione dei contratti collettivi applicabili a livello nazionale.

 Decisione impugnata

24      In via preliminare, da un lato, ai punti 47 e 48 della decisione impugnata, la Commissione ha ricordato l’impianto sistematico dell’articolo 168, paragrafo 7, TFUE, ai sensi del quale l’azione dell’Unione europea rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica; inoltre, secondo tale norma, le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e l’assegnazione delle risorse loro destinate.

25      Dall’altro lato, la Commissione, ai punti da 49 a 54 della decisione impugnata, ha richiamato il contesto normativo degli aiuti di Stato, in generale, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, e in particolare nel contesto dell’organizzazione e del finanziamento dei sistemi sanitari degli Stati membri, riguardo alle nozioni di impresa e, pertanto, di attività economiche.

26      Nel settore delle attività ospedaliere, la Commissione, ai punti da 55 a 59 della decisione impugnata, ha ricordato la dualità dei sistemi sanitari degli Stati membri, la giurisprudenza dei giudici dell’Unione e, per quanto concerne il SSN, la sua decisione 2013/284/UE, del 19 dicembre 2012, relativa all’aiuto di Stato S.A.20829 [C 26/2010, ex NN 43/2010 (ex CP 71/2006)], Regime riguardante l’esenzione dall’ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali per fini specifici cui l’Italia ha dato esecuzione (GU 2013, L 166, pag. 24).

27      Nell’ambito della sua valutazione del SSN alla luce delle osservazioni della ricorrente nonché delle informazioni fornite dalle autorità italiane, riassunte ai punti da 23 a 46 della decisione impugnata, la Commissione, ai punti da 60 a 63 di tale decisione, ha verificato se le riforme intervenute in Italia, nel 1992 e nel 1999, avessero messo in discussione i principi di solidarietà e di universalità della copertura, introdotti dalla legge del 23 dicembre 1978, n. 833 – Istituzione del servizio sanitario nazionale, e, pertanto, la natura non economica del SSN.

28      Al fine di rispondere negativamente a tale quesito, la Commissione, ai punti da 64 a 67 della decisione impugnata, ha ritenuto, anzitutto, che, con la riforma del 1992, il passaggio all’aziendalizzazione e all’accreditamento non avesse compromesso l’universalità della copertura e la natura solidale del SSN.

29      Inoltre, la Commissione ha ritenuto, ai punti da 68 a 76 della decisione impugnata, che neppure il principio di libertà di scelta del paziente, introdotto dalla riforma del 1999, compromettesse l’universalità della copertura e la natura solidale del SSN.

30      Infine, ai punti da 77 a 81 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, resa possibile dalla riforma del 1992, la pratica libero‑professionale dei medici degli ospedali pubblici rientranti nel SSN all’interno di strutture ospedaliere (attività libero-professionale intramuraria) non rimettesse in discussione la natura non economica del SSN.

31      In conclusione, la Commissione ha ritenuto, da un lato, che non fosse stato dimostrato che le riforme del 1992 e del 1999 avevano modificato le principali caratteristiche del SSN conferendogli una natura economica e, dall’altro, che le attività del SSN non potessero essere considerate esercitate da un’impresa, in quanto tali attività si fondano sul principio di universalità e di solidarietà e sono esercitate per tutti i pazienti a titolo gratuito o dietro pagamento di un importo molto esiguo e destinato a coprire unicamente in parte il costo del servizio. Secondo la Commissione, le misure denunciate dalla ricorrente non costituivano pertanto un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

32      Pertanto, la Commissione ha respinto, in quanto irrilevanti ai fini della valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato, gli altri argomenti della ricorrente riguardanti, da un lato, la remunerazione dei servizi prestati nell’ambito del SSN (quali l’utilizzo di fondi pubblici per ripianare i disavanzi degli ospedali pubblici o il mancato aggiornamento, da parte della Regione Lazio, delle tariffe sulla cui base remunerare gli ospedali privati – accreditati – che forniscono servizi nell’ambito del SSN al fine di tener conto dei maggiori costi del lavoro) e, dall’altro lato, quelli diretti a che la compensazione degli ospedali che forniscono servizi nell’ambito del SSN sia basata sul quarto criterio definito nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), criterio che si applica per
determinare l’esistenza di un vantaggio e che, di conseguenza, risulta rilevante soltanto ai fini dell’attuazione della nozione di aiuto di Stato nella misura in cui il servizio in questione sia di natura economica, condizione che non si applica al caso di specie.

33      Pertanto, la Commissione ha concluso, al punto 84 della decisione impugnata, che le misure in questione non costituivano un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

 Procedimento e conclusioni delle parti

34      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 26 marzo 2018, la ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi.

35      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio 2018, la Commissione, in applicazione dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha eccepito l’irricevibilità del ricorso.

36      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 settembre 2018, la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni sull’eccezione di irricevibilità della Commissione.

37      A titolo di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale, in data 19 novembre 2018, ha invitato le parti a presentare le loro osservazioni sulle conseguenze da trarre, alla luce della ricevibilità del ricorso nella presente causa, dalla sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873).

38      La Commissione ha presentato le sue osservazioni al riguardo con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 dicembre 2018.

39      La ricorrente ha presentato le sue osservazioni al riguardo con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 dicembre 2018.

40      Con ordinanza del 5 febbraio 2019, il Tribunale ha deciso di riunire al merito l’esame dell’eccezione di irricevibilità.

41      La Commissione ha depositato il controricorso il 18 marzo 2019.

42      La ricorrente ha depositato la replica il 10 maggio 2019.

43      La Commissione ha depositato la controreplica il 27 agosto 2019, nell’ambito della quale essa contesta la ricevibilità di talune censure della ricorrente, in quanto sarebbero state invocate solo in fase di replica, in violazione delle disposizioni dell’articolo 84 del regolamento di procedura.

44      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato destinato alla Settima Sezione, alla quale è stata dunque assegnata la presente causa, in data 21 ottobre 2019.

45      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere a diversi quesiti per iscritto prima dell’udienza.

46      Le parti hanno dato seguito a tale richiesta nel termine impartito.

47      A causa dell’impedimento di un membro della Settima Sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per integrare il collegio giudicante.

48      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare la decisione impugnata;

–        ordinarne la traduzione in lingua italiana;

–        dichiarare il regime dei SIEG e i principi enunciati nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), applicabili al SSN e, di conseguenza, verificare se l’azione della Regione Lazio in materia di remunerazione delle istituzioni pubbliche sia conforme a tale regime e a tali principi;

–        dichiarare che la Regione Lazio era tenuta per gli anni 2005 e 2006 – e lo permane per gli anni a venire – a remunerare la ricorrente secondo il principio dell’azienda media;

–        condannare la Commissione alle spese.

49      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        in ulteriore subordine e in ogni caso, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

50      Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione esprime dubbi sulla validità della procura alle liti della ricorrente. Essa sostiene altresì che il ricorso è irricevibile per difetto di legittimazione ad agire della ricorrente e che, in ogni caso, taluni capi delle conclusioni della ricorrente sono irricevibili.

51      Nelle sue osservazioni sull’eccezione di irricevibilità della Commissione, la ricorrente contesta la qualità di agente dei firmatari dell’eccezione di irricevibilità della Commissione.

 Sulla rappresentanza delle parti

52      Secondo la Commissione, la procura alle liti della ricorrente non contiene né il luogo né la data in cui la stessa sarebbe stata conferita. Inoltre, detta procura non indicherebbe nemmeno i dati anagrafici del presunto rappresentante legale della ricorrente e le informazioni, contenute negli allegati 3 e 4 del ricorso, che includono un certificato rilasciato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigiano e Agricoltura di Roma, avrebbero una data anteriore alla data di adozione della decisione impugnata.

53      La ricorrente confuta gli argomenti della Commissione.

54      A tale riguardo, da un lato, occorre ricordare che, in applicazione dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le parti, come la ricorrente, devono essere rappresentate da un avvocato nel rispetto delle condizioni previste all’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, da cui risulta che solo un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) può rappresentare o assistere una parte dinanzi alla Corte; ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 2, del regolamento di procedura, l’avvocato che assiste o rappresenta una parte deposita in cancelleria un certificato da cui risulti che egli è abilitato a patrocinare dinanzi a un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato aderente all’accordo SEE.

55      Nel caso di specie, la Commissione non contesta il potere dell’avvocato della ricorrente di esercitare dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro per poterla rappresentare dinanzi al Tribunale, né il deposito presso la cancelleria del Tribunale di un certificato che lo certifichi.

56      Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura, gli avvocati, quando la parte che rappresentano, come nella presente causa, è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest’ultima.

57      Nel caso di specie, è pacifico che la ricorrente ha prodotto, quale allegato 1 del ricorso, una procura alle liti della ricorrente al suo avvocato nella presente causa, che riguarda espressamente la presente causa dato l’espresso riferimento alla decisione impugnata e procede ad un’elezione di domicilio presso lo studio legale di detto avvocato.

58      Pertanto, il fatto che la procura alle liti della ricorrente non contenga il luogo e la data in cui la stessa è stata conferita non può inficiarne la regolarità.

59      Nel caso di specie, è altresì pacifico che la ricorrente ha prodotto, quali allegati 3 e 4 del ricorso, elementi che dimostrano sufficientemente i poteri di rappresentanza della ricorrente conferiti al firmatario della procura alle liti del suo avvocato nella presente causa, vale a dire la copia conforme di un atto redatto dinanzi a un notaio con sede in Roma (Italia), indicante i dati anagrafici del rappresentante della ricorrente, datato 22 novembre 1990, un estratto del registro delle persone giuridiche della Prefettura di Roma (Italia), datato 9 agosto 2010, e un certificato amministrativo della Camera di Commercio, Industria, Artigiano e Agricoltura di Roma, datato 2 novembre 2017.

60      Di conseguenza, l’argomento della Commissione secondo cui tali elementi non indicherebbero i dati anagrafici del rappresentante della ricorrente è privo di fondamento in fatto, in quanto la circostanza che il certificato rilasciato dalla Camera di Commercio, Industria, Artigiano e Agricoltura di Roma sia datato anteriormente – peraltro meno di un mese prima – alla data di adozione della decisione impugnata risulta del tutto irrilevante.

61      Ne consegue che l’argomento della Commissione relativo all’irregolarità della procura alle liti della ricorrente deve essere respinto.

62      Dal canto suo, nelle osservazioni sull’eccezione di irricevibilità, la ricorrente contesta la qualità di agente dei firmatari dell’eccezione di irricevibilità della Commissione.

63      Secondo la ricorrente, tali firmatari non hanno depositato alcun documento che attesti la loro qualità di membri del servizio giuridico né la loro nomina quali agenti della Commissione, che provi quindi che dispongono degli specifici poteri di rappresentanza esterna al fine di stare in giudizio per conto della Commissione stessa e, quindi, del potere di formulare l’eccezione di irricevibilità in questione nella presente causa.

64      A tale riguardo, occorre ricordare che, in applicazione dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le parti quali la Commissione nella presente causa devono essere rappresentate da un agente nel rispetto delle condizioni previste all’articolo 19 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, da cui risulta che le istituzioni dell’Unione sono rappresentate dinanzi alla Corte di giustizia da un agente nominato per ciascuna causa, potendo l’agente essere assistito da un consulente o da un avvocato.

65      Tuttavia, dall’articolo 51, paragrafo 3, del regolamento di procedura risulta che solo gli avvocati, quando la parte che rappresentano è una persona giuridica di diritto privato, sono tenuti a depositare in cancelleria un mandato rilasciato da quest’ultima, e tale disposizione non si applica agli agenti delle istituzioni dell’Unione.

66      Pertanto, occorre respingere le censure della ricorrente relative alla qualità di agente dei firmatari dell’eccezione di irricevibilità della Commissione.

 Sulla legittimazione ad agire della ricorrente

67      Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile, in quanto la ricorrente è priva di legittimazione ad agire.

68      La Commissione osserva che, nel caso di specie, la decisione impugnata, adottata nell’ambito della sua attività di controllo degli aiuti di Stato, si indirizza esclusivamente allo Stato membro di cui trattasi e non contiene alcuna disposizione costitutiva di diritti o obblighi, che si applichi direttamente alla ricorrente.

69      La Commissione ricorda che la ricevibilità di un ricorso proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui essa non è destinataria, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, è subordinata alla condizione che le sia riconosciuta la legittimazione ad agire.

70      Nel caso di specie, secondo la Commissione, la ricorrente non soddisfa né le condizioni enunciate all’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE né quelle di cui all’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

71      A tale riguardo, occorre ricordare che un ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica contro un atto di cui non è destinataria può essere proposto a condizione che tale atto la riguardi direttamente e individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, o che tale ricorso sia diretto contro un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione se esso la riguarda direttamente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

72      Nell’ambito della presente causa, il Tribunale ritiene che occorra valutare la ricevibilità del ricorso verificando se esso sia diretto contro un atto regolamentare che non comporta alcuna misura d’esecuzione e che riguarda direttamente la ricorrente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

–       Sulla qualificazione della decisione impugnata come atto regolamentare

73      Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di atto regolamentare, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato che tale nozione comprende tutti gli atti non legislativi di portata generale (sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 28).

74      Poiché la decisione impugnata non costituisce un atto legislativo, occorre verificare se essa abbia portata generale.

75      A questo proposito, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, un atto ha portata generale se si applica a situazioni determinate obiettivamente e se produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in maniera generale e astratta (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

76      Orbene, nel caso di specie, adita in merito a sovvenzioni dirette concesse agli ospedali pubblici nell’ambito del SSN, la Commissione, nella decisione impugnata, ha considerato che tutte le attività rientranti nel SSN erano attività non economiche. Pertanto, poiché ha l’effetto di escludere l’assoggettamento alle regole di concorrenza di qualsiasi ente del SSN, tale decisione può applicarsi a situazioni determinate obiettivamente e produrre effetti nei confronti di una categoria di persone considerate in maniera generale ed astratta, ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 75.

77      Pertanto, e come la Commissione ha del resto espressamente riconosciuto durante l’udienza in risposta ad un quesito del Tribunale a tal fine, la decisione impugnata è un atto regolamentare, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

–       Sull’esistenza di misure di esecuzione

78      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la nozione di atto che non comporta alcuna misura d’esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’espressione «che non comportano alcuna misura di esecuzione» deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo di tale disposizione consistente, come emerge dalla sua genesi, nell’evitare che un singolo sia costretto a violare la legge per poter accedere al giudice. Orbene, qualora un atto regolamentare produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di una persona fisica o giuridica senza richiedere misure di esecuzione, quest’ultima rischierebbe di essere privata di tutela giurisdizionale effettiva se non disponesse di un rimedio dinanzi al giudice dell’Unione al fine di contestare la legittimità di detto atto regolamentare. Infatti, in mancanza di misure di esecuzione, una persona fisica o giuridica, ancorché direttamente interessata dall’atto in questione, non sarebbe in grado di ottenere un controllo giurisdizionale dell’atto se non dopo aver violato le disposizioni dell’atto medesimo facendone valere l’illegittimità nell’ambito dei procedimenti avviati nei suoi confronti dinanzi ai giudici nazionali (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

79      Per contro, quando un atto regolamentare comporta misure di esecuzione, il sindacato giurisdizionale sul rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione è garantito indipendentemente dalla provenienza di dette misure, siano esse misure dell’Unione o misure degli Stati membri. Le persone fisiche o giuridiche che, in considerazione dei requisiti di ricevibilità previsti dall’articolo 263, quarto comma, TFUE, non possono impugnare direttamente dinanzi al giudice dell’Unione un atto regolamentare dell’Unione sono protette contro l’applicazione, nei loro confronti, di un atto di tal genere dalla possibilità di impugnare le misure di esecuzione che l’atto medesimo comporta (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

80      Qualora l’attuazione di un tale atto spetti alle istituzioni, agli organi o agli organismi dell’Unione, le persone fisiche o giuridiche possono proporre dinanzi ai giudici dell’Unione un ricorso diretto avverso le misure di attuazione alle condizioni stabilite all’articolo 263, quarto comma, TFUE e dedurre, a sostegno di tale ricorso, l’illegittimità dell’atto di base in questione, ai sensi dell’articolo 277 TFUE. Qualora detta attuazione spetti agli Stati membri, tali persone possono far valere l’invalidità dell’atto di base in questione dinanzi ai giudici nazionali e sollecitare questi ultimi a interpellare la Corte mediante la proposizione di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

81      La Corte ha, peraltro, ripetutamente dichiarato che, per valutare se un atto regolamentare comporti misure di esecuzione, occorre fare riferimento alla posizione della persona che invoca il diritto di ricorso a norma dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE. È quindi irrilevante accertare se l’atto di cui trattasi comporti misure di esecuzione nei confronti di altri singoli. Inoltre, nell’ambito di tale valutazione, occorre far esclusivo riferimento all’oggetto del ricorso (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

82      Nella presente causa e sebbene la Commissione abbia deciso, nella decisione impugnata, che le misure in questione non costituivano un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, occorre ricordare che la Corte ha certamente dichiarato più volte che, per i beneficiari di un regime di aiuti, le disposizioni nazionali che istituiscono tale regime e gli atti di attuazione di dette disposizioni costituiscono misure di esecuzione che una decisione, la quale dichiari tale regime incompatibile con il mercato interno o lo dichiari compatibile con il mercato a patto che vengano rispettati gli impegni assunti dallo Stato membro interessato, comporta (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

83      Tale giurisprudenza si spiega con il fatto che il beneficiario di un regime di aiuti può, se soddisfa le condizioni previste dal diritto interno per poter beneficiare di detto regime, chiedere alle autorità nazionali di riconoscergli l’aiuto così come sarebbe stato concesso in presenza di una decisione incondizionata che dichiarasse detto regime compatibile con il mercato interno, e impugnare l’atto recante rigetto di tale domanda dinanzi ai giudici nazionali lamentando l’invalidità della decisione della Commissione che dichiara il regime in parola incompatibile con il mercato interno, o compatibile con il medesimo a patto che vengano rispettati gli impegni assunti dallo Stato membro interessato, e ciò al fine di indurre detti giudici a interrogare la Corte sulla validità della suddetta decisione in via pregiudiziale (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

84      Detta giurisprudenza non è tuttavia applicabile alla situazione dei concorrenti di beneficiari di una misura nazionale che è stata considerata non costitutiva di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 65), come la ricorrente nella presente causa.

85      Infatti, decidendo con la decisione impugnata che le misure in questione non costituivano un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha adottato una decisione che non imponeva alcun obbligo allo Stato membro di cui trattasi e, pertanto, non comportava l’adozione di alcuna misura di esecuzione, in quanto le autorità nazionali si limitano al riguardo ad applicare la normativa nazionale (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Ferracci/Commissione, T‑219/13, EU:T:2016:485, punti 62 e 63).

86      Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dall’argomento dedotto dalla Commissione in udienza, secondo cui l’esistenza di misure di esecuzione non doveva essere valutata a livello dell’Unione, bensì a livello dello Stato membro di cui trattasi nelle circostanze di una causa come quella in esame, vale a dire nel contesto di una decisione della Commissione che dichiara l’inesistenza di un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107 TFUE.

87      Infatti, lo Stato membro non può, in ogni caso, adottare una misura di esecuzione di una decisione della Commissione che concluda per l’inapplicabilità dell’articolo 107 TFUE e che dichiari che una misura nazionale non costituisce un aiuto di Stato.

88      Pertanto, si deve dichiarare che la decisione impugnata è un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

–       Sull’incidenza diretta

89      Per quanto riguarda, in terzo luogo, il requisito dell’incidenza diretta, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

90      Con riferimento, in particolare, alle norme sugli aiuti di Stato, si deve rilevare che esse hanno per obiettivo di preservare la concorrenza, cosicché, in tale settore, la circostanza che una decisione della Commissione lasci impregiudicati gli effetti di misure nazionali che, secondo quanto prospettato dal ricorrente in una denuncia presentata a detta istituzione, non erano compatibili con questo obiettivo e lo ponevano in una situazione concorrenziale di svantaggio, permette di concludere che tale decisione incide direttamente sulla sua situazione giuridica, in particolare sul suo diritto, risultante dalle disposizioni del Trattato FUE in materia di aiuti di Stato, a non subire una concorrenza falsata dalle misure nazionali in questione (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

91      Per quanto riguarda il primo dei due criteri menzionati supra al punto 89, sebbene non spetti al giudice dell’Unione, in fase di esame della ricevibilità, pronunciarsi in maniera definitiva sui rapporti concorrenziali tra un ricorrente e i beneficiari delle misure nazionali valutate in una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, come la decisione impugnata, l’incidenza diretta nei confronti di un simile ricorrente non può, tuttavia, essere dedotta dalla mera possibilità di un rapporto di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 46 e giurisprudenza ivi citata), come ha correttamente rilevato la Commissione nel corso dell’udienza.

92      Infatti, dal momento che il requisito relativo all’incidenza diretta richiede che l’atto contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del ricorrente, il giudice dell’Unione è tenuto a verificare se quest’ultimo abbia illustrato in modo pertinente le ragioni per cui la decisione della Commissione poteva porlo in una situazione di svantaggio concorrenziale e, quindi, produrre effetti sulla sua situazione giuridica (sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 47).

93      A tal riguardo, occorre ricordare che le ricorrenti nelle cause che hanno dato luogo alla sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873), hanno dimostrato, supportati da prove, che le loro rispettive aziende erano situate nelle immediate vicinanze di enti che potevano, a priori, essere ammessi a beneficiare delle misure nazionali esaminate nella decisione di cui trattasi, che esercitavano attività simili alle loro e che erano quindi attivi sullo stesso mercato di servizi e sullo stesso mercato geografico (sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 50).

94      Date tali circostanze, è necessario verificare se la ricorrente abbia illustrato in maniera pertinente il mercato sul quale essa opera ed abbia precisato con quali operatori potenziali beneficiari delle misure nazionali in questione sia in concorrenza, al fine di delineare l’impatto negativo che tali misure, mantenute dalla decisione impugnata, potrebbero avere sulla sua capacità di concorrenza (v., in tal senso, ordinanza del 24 settembre 2019, Opere Pie d’Onigo/Commissione, T‑491/17, EU:T:2019:692, punto 30).

95      A tal riguardo, occorre constatare che la ricorrente ha sede nel comune di Albano Laziale (Italia), situato nella città metropolitana di Roma, a sua volta situata nella Regione Lazio, dove fornisce servizi sanitari nell’ambito del SSN, in quanto ente privato accreditato dal sistema sanitario regionale, e servizi sanitari privati.

96      Pertanto, non si può seriamente mettere in dubbio che la ricorrente è, geograficamente e materialmente, in concorrenza con enti pubblici che forniscono nella Regione Lazio servizi simili, gli ospedali pubblici di tale regione che forniscono servizi sanitari nell’ambito del SSN e servizi sanitari rientranti nell’esercizio della pratica libero‑professionale dei medici degli ospedali pubblici rientranti nel SSN all’interno di strutture ospedaliere.

97      Inoltre, occorre anche constatare che la ricorrente ha precisato, nelle sue memorie presentate dinanzi al Tribunale, gli operatori che avevano beneficiato e potevano beneficiare delle misure nazionali in questione con i quali essa risultava essere in concorrenza.

98      Pertanto, la ricorrente ha sufficientemente dimostrato che poteva trovarsi in una situazione di concorrenza svantaggiosa.

99      La ricorrente ha pertanto giustificato in modo pertinente che la decisione impugnata era idonea a porla in una situazione concorrenziale svantaggiosa e che, pertanto, tale decisione incideva direttamente sulla sua situazione giuridica, in particolare sul suo diritto di non subire sul mercato rilevante una concorrenza falsata dalle misure in questione (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 50).

100    Per quanto riguarda il secondo dei due criteri menzionati al precedente punto 89, è giocoforza constatare che la decisione impugnata produce i suoi effetti giuridici in modo meramente automatico in forza della sola normativa dell’Unione e senza applicazione di altre norme intermedie, circostanza che, del resto, la Commissione non contesta.

101    Pertanto, si deve dichiarare che la decisione impugnata è un atto regolamentare che non comporta misure di esecuzione e che riguarda direttamente la ricorrente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, ultima parte di frase, TFUE.

102    Occorre quindi respingere l’eccezione di irricevibilità del ricorso della Commissione e dichiarare che il presente ricorso è ricevibile.

 Sulla ricevibilità di taluni capi delle conclusioni

103    Nella sua eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene altresì che taluni capi delle conclusioni della ricorrente sono irricevibili, ossia le conclusioni volte a ottenere che il Tribunale voglia, da un lato, dichiarare il regime dei SIEG e i principi enunciati nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), applicabili al SSN e, di conseguenza, verificare se l’operato della Regione Lazio in materia di remunerazione degli enti pubblici sia conforme a tale regime e a tali principi (in prosieguo: il «quarto capo delle conclusioni»), e, dall’altro lato, dichiarare che la Regione Lazio era tenuta per gli anni 2005 e 2006 – e lo permane per gli anni a venire – a remunerare la ricorrente secondo il principio dell’azienda media (in prosieguo: il «quinto capo delle conclusioni»).

104    A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 264 TFUE, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il giudice adito si limita ad annullare l’atto impugnato se il ricorso è fondato, di modo che, in tale ipotesi, la competenza che il Tribunale trae dall’articolo 263 TFUE è limitata all’annullamento dell’atto impugnato.

105    Pertanto, il Tribunale non può sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenze del 27 gennaio 2000, DIR International Film e a./Commissione, C‑164/98 P, EU:C:2000:48, punto 38, e del 28 febbraio 2013, Portogallo/Commissione, C‑246/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:118, punti 90 e 91).

106    Pertanto, nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, sono irricevibili le domande dirette ad ottenere che il Tribunale faccia dichiarazioni in diritto (sentenza del 1º luglio 2009, ISD Polska e a., T‑273/06 e T‑297/06, EU:T:2009:233, punto 78, e ordinanza del 9 novembre 2011, ClientEarth e a./Commissione, T‑120/10, non pubblicata, EU:T:2011:646, punti 28 e 29).

107    Orbene, è giocoforza constatare che, con il quarto e il quinto capo delle conclusioni, la ricorrente chiede al Tribunale di sostituire la propria motivazione a quella della Commissione e di fare dichiarazioni in diritto.

108    Pertanto, occorre accogliere l’eccezione di irricevibilità del quarto e del quinto capo delle conclusioni della ricorrente e, pertanto, dichiararle irricevibili.

 Nel merito

109    Nel ricorso, la ricorrente deduce tre motivi vertenti, il primo, sul fatto che la decisione impugnata è redatta in inglese, il secondo, su un vizio di motivazione e, il terzo, su una violazione dell’articolo 107 TFUE.

110    Tuttavia, durante l’udienza, la ricorrente ha espressamente dichiarato di rinunciare al primo motivo, circostanza di cui si è preso atto nel verbale d’udienza.

111    Pertanto, non vi è più luogo a statuire su tale motivo, né sul terzo capo delle conclusioni diretto a che il Tribunale voglia ordinare la traduzione della decisione impugnata in italiano, in quanto tale capo delle conclusioni è indissociabile dal primo motivo e poiché, del resto, la versione italiana della decisione impugnata è stata successivamente e tempestivamente trasmessa alla ricorrente.

112    In ogni caso, occorre rilevare che la ricorrente non ha affatto menzionato una qualsiasi circostanza pregiudizievole derivante dal fatto che la decisione impugnata le è stata inizialmente indirizzata in inglese, cosicché le sue censure a tale riguardo non possono assolutamente essere accolte (v., in tal senso, sentenza del 9 giugno 2016, CEPSA/Commissione, C‑608/13 P, EU:C:2016:414, punto 36).

113    Pertanto, occorre statuire solo sugli altri due motivi di ricorso.

 Sul secondo motivo, vertente su un vizio di motivazione

114    Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è inficiata da un vizio di motivazione.

115    Secondo la ricorrente, la Commissione ha omesso, pur essendovi tenuta in applicazione dei principi di legalità e di buon andamento dell’amministrazione, di considerare taluni aspetti sostanziali e di confutare alcune eccezioni dalla stessa sollevate e provate con la documentazione che aveva depositato, e ciò privilegiando indebitamente gli argomenti delle autorità italiane.

116    In primo luogo, la Commissione avrebbe avallato gli argomenti delle autorità italiane, senza pronunciarsi su quelli della ricorrente che dimostrano che il SSN non offre una copertura universale, dato che il suo finanziamento, almeno dal 2005, è garantito dalla Repubblica italiana soltanto per due terzi e, a causa di una non controllata gestione delle spese sanitarie, la quota di finanziamenti privati è in progressivo aumento da allora, cosicché il SSN non si fonderebbe sul principio di universalità.

117    In secondo luogo, la Commissione non avrebbe valutato nella sua effettiva consistenza l’attività libero-professionale intramuraria in strutture sanitarie pubbliche e si sarebbe limitata, nella decisione impugnata, ad allinearsi alle affermazioni del governo italiano.

118    In terzo luogo, da un lato, la Commissione avrebbe totalmente omesso di prendere in considerazione la sentenza n. 1 del 2013 della Sezione Fallimentare del Tribunale civile di Roma (Italia), che ha dichiarato che le attività di alcune strutture sanitarie appartenenti ad un ente religioso erano esercitate da vere e proprie aziende. Dall’altro lato, la Commissione non farebbe alcun riferimento alla documentazione relativa al contenzioso dinanzi al Tribunale amministrativo Regionale del Lazio a proposito del decreto del commissario ad acta della Regione Lazio riguardante la remunerazione delle strutture sanitarie private e pubbliche per il 2015.

119    In quarto luogo, sebbene la ricorrente glielo avesse inizialmente richiesto, la Commissione non avrebbe verificato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dei principi sanciti nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), e delle norme sui SIEG, ai sensi dell’articolo 106 TFUE, limitando la propria analisi rispetto all’articolo 107 TFUE.

120    Pertanto, nell’ambito del secondo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è inficiata da un vizio di motivazione, in quanto la Commissione avrebbe omesso di prendere in considerazione e di rispondere agli elementi da essa prodotti che dimostrano l’assenza di universalità del SSN, l’ampiezza dell’attività libero-professionale intramuraria, la natura economica delle attività delle strutture sanitarie pubbliche e private risultante dal contenzioso pendente dinanzi ai giudici italiani, nonché di verificare i criteri stabiliti nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415).

121    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Il requisito della motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso. L’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. Per quanto riguarda, più particolarmente, una decisione della Commissione che dichiari insussistente un aiuto di Stato segnalato da un denunciante, la Commissione è tenuta ad esporre adeguatamente al denunciante le ragioni per le quali gli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia non sono stati sufficienti per dimostrare la sussistenza di un aiuto di Stato. Tuttavia, la Commissione non è tenuta a prendere posizione su elementi che sono manifestamente non pertinenti, privi di senso o chiaramente secondari (v. sentenza del 12 dicembre 2006, Asociación de Estaciones de Servicio de Madrid e Federación Catalana de Estaciones de Servicio/Commissione, T‑95/03, EU:T:2006:385, punto 108 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 28 marzo 2012, Ryanair/Commissione, T‑123/09, EU:T:2012:164, punto 180).

122    D’altro canto, anche se la Commissione avesse omesso di prendere posizione in merito a talune censure sollevate in una denuncia, tale omissione non può costituire una violazione dell’obbligo di motivazione, dal momento che quest’ultima le impone di esporre esclusivamente i fatti e le considerazioni giuridiche che la stessa considera di un’importanza essenziale nell’economia della decisione (v. sentenze del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 96 e giurisprudenza ivi citata, e del 3 marzo 2010, Freistaat Sachsen/Commissione, T‑102/07 e T‑120/07, EU:T:2010:62, punto 180 e giurisprudenza ivi citata).

123    È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la fondatezza del secondo motivo di ricorso.

124    Per quanto riguarda, in primo luogo, la mancanza di universalità del SSN asserita dalla ricorrente, è giocoforza constatare che la Commissione ha ampiamente trattato tale questione ai punti da 60 a 75 della decisione impugnata.

125    Così, da un lato, ai punti 62 e 63 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato che, a suo avviso, le riforme adottate non avevano modificato le caratteristiche principali del SSN, vale a dire l’accessibilità per tutti i cittadini a servizi sanitari dello stesso livello, l’obbligo per tutti gli ospedali del SSN di fornire cure mediche gratuitamente, o quasi gratuitamente, e il finanziamento pubblico dei servizi da parte dello Stato e mediante contributi sociali, di modo che, come sostenuto dalle autorità italiane, le diverse riforme adottate, in particolare quelle che hanno introdotto il principio della libertà di scelta del paziente e il controllo della spesa, miravano ad assicurare l’universalità e la solidarietà del SSN, garantendo al contempo un utilizzo più razionale delle risorse pubbliche e una riorganizzazione del SSN grazie all’attribuzione di maggiori responsabilità, per la pianificazione e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria, a regioni e province.

126    Dall’altro lato, per quanto riguarda, in particolare, l’incidenza del principio di libera scelta del paziente sui principi di universalità e di solidarietà che disciplinano il SSN e, più in generale, sulla natura delle attività sanitarie prestate nell’ambito del SSN, la Commissione, in sostanza, ai punti da 69 a 71 della decisione impugnata, ha respinto in maniera circostanziata l’interpretazione privilegiata dalla ricorrente di pertinenti decisioni dei giudici italiani e, in particolare, al punto 72 della decisione impugnata, ha affermato che, anche se la libertà di scelta del paziente potrebbe aver introdotto un certo grado di concorrenza all’interno del sistema, vale a dire una concorrenza tra prestatori accreditati del SSN, tuttavia i prestatori sono finanziati mediante i contributi sociali e altre risorse statali e offrono i propri servizi gratuitamente agli iscritti sulla base di una copertura universale.

127    Pertanto, la decisione impugnata non può essere inficiata sotto tale profilo da un vizio di motivazione.

128    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la presa in considerazione dell’attività libero-professionale intramuraria, si deve constatare che la Commissione ha sufficientemente trattato tale questione ai punti da 77 a 81 della decisione impugnata.

129    In tali punti, per respingere l’argomento della ricorrente relativo all’incidenza sulla natura del SSN dell’attività libero-professionale intramuraria, la Commissione, confermando così la sua valutazione della natura non economica dei servizi sanitari prestati nell’ambito del SSN, ha fatto valere che, se tali attività erano di natura economica, non rientravano nel SSN, dato che una separazione dei conti era per di più prevista a tal fine.

130    Pertanto, la decisione impugnata non può neppure essere inficiata da un vizio di motivazione sotto tale profilo.

131    Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’affermazione secondo cui la Commissione non avrebbe fatto riferimento, nella decisione impugnata, al contenzioso pendente dinanzi ai giudici italiani, non si può addebitare alla Commissione di non aver respinto, nella decisione impugnata, l’argomento tratto dalla sentenza n. 1 del 2013 della Sezione Fallimentare del Tribunale civile di Roma, nella parte in cui si è statuito, secondo la ricorrente, che le attività di alcune strutture sanitarie appartenenti ad un ente religioso erano esercitate da vere e proprie aziende, in quanto, nella sua denuncia, la ricorrente non contestava la qualificazione delle attività sanitarie di istituti religiosi, ma delle attività di ospedali pubblici.

132    Non si può neppure addebitare alla Commissione di non aver fatto riferimento, nella decisione impugnata, alla documentazione riguardante il contenzioso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio in merito al decreto del commissario ad acta della Regione Lazio relativo alla remunerazione delle strutture sanitarie private e pubbliche per il 2015.

133    Infatti, la Commissione non può essere tenuta ad esporre elementi diversi dai fatti e dalle considerazioni giuridiche che essa considera di importanza essenziale nell’economia della decisione.

134    Orbene, la ricorrente non dimostra affatto, nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, la pertinenza di tale documentazione, ma si limita a sostenere che conferma al contempo il merito delle sue censure e l’infondatezza degli argomenti del governo italiano.

135    Pertanto, la decisione impugnata non è inficiata da un vizio di motivazione neppure sotto tale profilo.

136    Per quanto riguarda, in quarto luogo, la presa in considerazione dei principi stabiliti nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), si deve constatare che, certamente, la Commissione non ha verificato la sussistenza delle condizioni che ne derivano nel caso di specie, né ha analizzato la causa alla luce dell’articolo 106 TFUE.

137    Tuttavia, si deve constatare che la Commissione non era affatto tenuta a procedere a detto esame, dal momento che essa ha concluso per l’inesistenza di un aiuto di Stato, in mancanza di attività economica nel caso di specie, come ha del resto fatto valere al punto 83 della decisione impugnata.

138    La decisione impugnata non può quindi essere viziata da un difetto di motivazione sotto tale profilo.

139    In ogni caso, da un lato, occorre rilevare che, nel caso di specie, la decisione impugnata dichiara l’inesistenza di un aiuto di Stato in quanto una delle condizioni previste all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non è soddisfatta. Infatti, secondo la Commissione, le attività di cui trattasi non sono di natura economica, cosicché dei finanziamenti denunciati dalla ricorrente non beneficiano imprese, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e ha escluso quindi l’applicazione di tale disposizione.

140    Orbene, detta motivazione ha consentito alla ricorrente di comprendere le giustificazioni della decisione impugnata in quanto essa espone, in modo chiaro e inequivocabile, il ragionamento che ha portato la Commissione a concludere che il presupposto relativo all’esercizio di un’attività economica non era soddisfatto e, pertanto, a decidere che non si configurava alcun aiuto di Stato nel caso di specie.

141    Del pari, la motivazione della decisione impugnata consente al Tribunale di esercitare il controllo della legittimità di quest’ultima al riguardo, in particolare nell’ambito della valutazione del terzo motivo.

142    Pertanto, occorre respingere il secondo motivo di ricorso.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107 TFUE

143    Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, una violazione dell’articolo 107 TFUE.

144    La Commissione sarebbe incorsa, nella decisione impugnata, in un vizio di illegittimità decidendo, al termine di valutazioni erronee, che i servizi sanitari forniti nell’ambito del SSN dagli ospedali pubblici nella Regione Lazio non sono di natura economica, cosicché detti ospedali non sono imprese, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e che, di conseguenza, le misure in questione non integrano un aiuto di Stato, ai sensi di detta disposizione.

145    A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, sono qualificati come aiuti di Stato, ai sensi di tale disposizione, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza (sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 26).

146    Ne consegue, in particolare, che il divieto sancito all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE riguarda unicamente le attività delle imprese (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

147    Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che, nell’ambito del diritto della concorrenza dell’Unione, la nozione di «impresa» comprende qualsiasi ente che esercita un’attività economica, indipendentemente dallo status giuridico di tale ente e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

148    Il fatto che un ente sia qualificato o meno come impresa dipende quindi dalla natura della sua attività. Secondo una giurisprudenza parimenti costante della Corte, qualsiasi attività consistente nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato costituisce un’attività economica (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

149    Per quanto riguarda, in particolare, il settore della previdenza sociale, la Corte ha statuito che il diritto dell’Unione non pregiudica, in linea di principio, la competenza degli Stati membri ad organizzare i propri sistemi di previdenza sociale. Al fine di valutare se un’attività svolta nell’ambito di un regime di previdenza sociale sia priva di carattere economico, essa effettua una valutazione globale del regime di cui trattasi e prende in considerazione, a tal fine, i seguenti elementi, vale a dire il perseguimento, da parte del regime, di un obiettivo sociale, l’attuazione, da parte di quest’ultimo, del principio di solidarietà, l’assenza di qualsiasi scopo di lucro dell’attività svolta e il controllo su quest’ultima da parte dello Stato (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

150    È alla luce di queste prime considerazioni, in particolare, nei limiti in cui si applicano ai servizi sanitari nell’ambito del SSN, che occorre valutare il terzo motivo di ricorso.

151    Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente fa valere, in sostanza, che il SSN non si basa più sui principi di solidarietà e di universalità, bensì su un principio di concorrenza, alla luce, in particolare, del principio di libera scelta del paziente e dell’attività libero-professionale intramuraria, cosicché la Commissione era tenuta ad applicare l’articolo 106 TFUE, il regime dei SIEG e i principi enunciati nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415).

152    In via preliminare, occorre constatare che la ricorrente non mette in discussione, con il terzo motivo di ricorso, la sussistenza, nella presente causa, dei due ultimi criteri stabiliti nella sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa (C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450), vale a dire, nel caso di specie, che le attività sanitarie esercitate nell’ambito del SSN non perseguono fini di lucro e che esse sono controllate dallo Stato, pur essendo in sostanza gestite finanziariamente dalle regioni.

153    La ricorrente contesta pertanto il perseguimento da parte del SSN di un obiettivo sociale, ossia l’attuazione dei principi di solidarietà e di universalità, i quali restano, nell’ambito di una valutazione globale, strettamente connessi al perseguimento di un obiettivo sociale in materia di assistenza sanitaria.

154    A tal riguardo, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che i regimi di previdenza sociale, ivi compreso un settore di assistenza sanitaria come quella prestata nell’ambito del SSN, che attuano il principio di solidarietà sono caratterizzati, in particolare, dall’obbligatorietà dell’iscrizione per gli assicurati, da contributi fissati dalla legge in proporzione al reddito degli assicurati e non al rischio che rappresentano individualmente a causa della loro età o stato di salute, e dalla norma in base alla quale le prestazioni obbligatorie fissate dalla legge sono identiche per tutti gli assicurati, indipendentemente dall’importo dei contributi versati da ciascuno di essi (v. sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

155    Nel caso di specie, è giocoforza constatare, per quanto riguarda l’obiettivo sociale perseguito, che la ricorrente non mette nemmeno in discussione, con il terzo motivo di ricorso, la gratuità o la quasi gratuità di tutte le cure sanitarie, indipendentemente dai redditi degli iscritti, forniti nell’ambito del SSN dagli ospedali pubblici per tutti i pazienti iscritti al SSN né che quest’ultimo sia finanziato principalmente dai contributi di detti iscritti calcolati in base ai loro rispettivi redditi.

156    Occorre del pari considerare che il SSN persegue un obiettivo sociale e che attua il principio di solidarietà per dichiarare che la Commissione non è incorsa, nella decisione impugnata, in un errore di valutazione al riguardo.

157    Tale valutazione non può essere messa in discussione dagli argomenti della ricorrente.

158    La ricorrente sostiene, in sostanza, che il SSN si basa, a seguito di varie riforme, su un principio di concorrenza, come risulterebbe, in particolare, dal principio di libertà di scelta del paziente.

159    In primo luogo, le riforme del 1992 e del 1999 avrebbero infatti introdotto un importante livello di concorrenza tra tutte le strutture sanitarie, siano esse pubbliche o private, sul mercato del sistema sanitario, come risulterebbe dalla giurisprudenza dei giudici italiani e dai pareri dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM, Italia).

160    In secondo luogo, la ricorrente ricorda, per dimostrare l’esistenza di un mercato concorrenziale, l’adozione della legge regionale del 3 marzo 2003, n. 4 – Norme in materia di autorizzazione alla realizzazione di strutture e all’esercizio di attività sanitarie e socio-sanitarie, di accreditamento istituzionale e di accordi contrattuali, con la quale, proprio in ragione del principio di concorrenza, la Regione Lazio ha fissato regole per la definizione dei requisiti al fine di permettere a nuovi operatori di entrare nel mercato.

161    In terzo luogo, secondo la ricorrente, il principio di libera scelta del paziente ha aperto il mercato delle cure ospedaliere alla concorrenza, conferendo così una natura economica alle attività degli operatori pubblici e privati su tale mercato, il che sarebbe corroborato dalle rispettive quote, nelle famiglie italiane, delle spese mediche effettuate nell’ambito del SSN e al di fuori di detto ambito; quest’ultima parte ha rappresentato nel 2015 quasi un quarto del totale delle loro spese sanitarie.

162    A prescindere dalla questione della ricevibilità di alcuni dei suoi elementi, tale argomentazione non può essere accolta.

163    Certamente, le riforme introdotte successivamente in Italia o nella Regione Lazio nel 1992, nel 1999 e nel 2003 hanno in parte aperto alla concorrenza la fornitura di servizi sanitari nell’ambito del SSN, consentendo, a determinate condizioni, ad operatori privati convenzionati di fornire tali servizi e lasciando ai pazienti, anche iscritti al SSN, la possibilità di ricorrere a detti operatori, seppure a proprie spese.

164    La Corte ha anche dichiarato che l’introduzione, in un regime che presenti le caratteristiche ricordate al punto 154 della presente sentenza, di un elemento di concorrenza, poiché mira a incitare gli operatori ad esercitare la loro attività secondo i principi di buona gestione, ossia nel modo più efficiente e meno dispendioso possibile, nell’interesse di un buon funzionamento del sistema di previdenza sociale, non modifica la natura di tale regime (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2020, Commissione e Repubblica slovacca/Dôvera zdravotná poist’ovňa, C‑262/18 P e C‑271/18 P, EU:C:2020:450, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

165    Anche se combinati ad una certa concorrenza prevalente nel mercato di cui trattasi e in mercati contigui, i principi di solidarietà e di universalità implicano soltanto che il servizio sia fornito, almeno potenzialmente, a tutti i pazienti che ne facciano richiesta, senza che il SSN soddisfi necessariamente l’intero fabbisogno di cure dei pazienti in Italia.

166    Inoltre, tali principi non possono essere pregiudicati dal principio della libertà di scelta del paziente, in quanto detto principio mira unicamente a consentire a taluni pazienti che vi sono iscritti di non ricorrere al SSN, senza tuttavia escludere, conformemente al principio di solidarietà, la possibilità, o addirittura la necessità, per gli altri utenti, che non dispongono di risorse finanziarie sufficienti, di farvi ricorso in applicazione dell’obiettivo sociale perseguito.

167    Giustamente la Commissione, ai punti da 69 a 71 della decisione impugnata, ha sottolineato che la giurisprudenza nazionale citata dalla ricorrente non può rimettere in discussione le considerazioni che precedono.

168    Pertanto, al punto 69 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto gli argomenti della ricorrente relativi alla sentenza n. 200/2005 della Corte costituzionale (Italia) e alla sentenza n. 2605/2010 del Consiglio di Stato (Italia), rilevando che le autorità italiane avevano fatto osservare che il principio della libertà di scelta del paziente è inteso a garantire a tutti i cittadini la possibilità di scegliere liberamente il medico o l’ospedale accreditato in cui desiderano essere curati e che, a questo proposito, le autorità italiane hanno fatto riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, ai sensi della quale la libertà di scelta del paziente non altera le fondamenta del SSN; tale principio non ha una valenza assoluta, ma è complementare alla modernizzazione del SSN e al principio di programmazione che mira a contenere e rendere più efficiente la spesa pubblica, e ciò ai sensi della sentenza n. 6135, del 12 dicembre 2014, del Consiglio di Stato. La Commissione ha sottolineato che la Corte costituzionale era pervenuta alla medesima conclusione nelle sentenze nn. 200/2005, 94/2009 e 248/2011.

169    Ai punti 70 e 71 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto l’argomento della ricorrente secondo cui le autorità italiane avevano proceduto a una lettura erronea di tale giurisprudenza. A tal fine, la Commissione ha fornito la sua interpretazione di talune delle sentenze della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato invocate dalla ricorrente e dalle autorità italiane, deducendone i limiti dalle stesse posti al principio di libertà di scelta del paziente, in quanto i cittadini non dispongono di una libertà di scelta assoluta, essendo la stessa limitata agli ospedali accreditati e oggetto di programmazione e di controllo della spesa. La Commissione ha altresì precisato che da tali decisioni non risultava che le riforme adottate, in particolare quella che aveva introdotto la libertà di scelta del paziente, avessero posto in questione il carattere solidale e l’universalità della copertura del SSN, cosicché tali decisioni non mettevano in discussione la sua valutazione in merito al carattere non economico del SSN.

170    Lo stesso vale, indipendentemente dalla questione della loro ricevibilità, per gli argomenti che la ricorrente trae dal parere dell’AGCM.

171    È vero che da tali decisioni giurisdizionali e amministrative risulta che le diverse riforme del SSN hanno introdotto una certa concorrenza e obblighi di corretta gestione in materia di prestazione di cure nell’ambito del SSN.

172    Nondimeno, sempre in questa fase, il ragionamento della ricorrente poggia sull’erronea premessa secondo cui i principi di solidarietà e di universalità escludono qualsiasi concorrenza nonché una buona gestione, e viceversa.

173    Pertanto, si deve dichiarare che, ritenendo che il SSN continuasse a basarsi sui principi di universalità e di solidarietà nonostante l’applicazione dei principi di concorrenza e di libertà di scelta del paziente, la Commissione non ha commesso un errore di valutazione.

174    Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente invoca inoltre l’attività libero-professionale intramuraria in quanto, mediante tale attività, gli ospedali pubblici erogano prestazioni a pagamento, entrando direttamente in concorrenza con gli ospedali privati.

175    Orbene, da un lato, la Commissione avrebbe fatto affidamento, quanto al regime di tali attività, esclusivamente sulle indicazioni del governo italiano, mentre, se avesse letto i bilanci delle aziende sanitarie pubbliche prodotti, si sarebbe resa conto che non esiste alcuna separazione dei conti.

176    Dall’altro lato, la Commissione si contraddirebbe sostenendo che la possibilità di tali attività non esclude l’universalità del SSN, pur ammettendo, nella decisione impugnata, che tali servizi sono forniti in concorrenza con soggetti privati e sarebbero di natura economica, poiché qualsiasi concorrenza escluderebbe l’universalità e viceversa.

177    Tale argomento non può essere accolto.

178    Infatti, è giocoforza constatare che i servizi sanitari forniti a tale titolo non rientrano nel SSN, circostanza del resto non contestata dalla ricorrente.

179    Tale considerazione risulta pienamente dal contesto normativo applicabile, certamente indicato dalle autorità italiane, sulle quali la Commissione poteva tuttavia legittimamente fare affidamento, mentre la ricorrente non è stata in grado di contraddirla in maniera circostanziata su tale punto, dinanzi al Tribunale.

180    Così, da un lato, per quanto riguarda un’asserita assenza di separazione contabile, è sufficiente rinviare ai punti 46, 79 e 80 della decisione impugnata, nei quali si fa riferimento al quadro giuridico nazionale applicabile che impone una siffatta separazione, analizzato in modo adeguato dalla Commissione.

181    Dall’altro lato, l’attività libero-professionale intramuraria, dal momento che non rientra nel SSN, non può pregiudicare l’obiettivo sociale perseguito compromettendone il carattere di solidarietà e di universalità.

182    Infatti, dalla giurisprudenza risulta che la qualificazione come «attività economica» deve essere esaminata per ciascuna delle diverse attività esercitate da una stessa determinata entità (v. sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

183    Pertanto, non è escluso che uno stesso istituto, come taluni ospedali pubblici nelle circostanze della presente causa, possa esercitare più attività, al tempo stesso economiche e non economiche, a condizione che esso tenga una contabilità separata, condizione che risulta soddisfatta nel caso di specie (v. sentenza del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania, C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).

184    Quindi, ritenendo che il SSN continuasse a basarsi sui principi di universalità e di solidarietà nonostante la pratica di attività libero-professionale intramuraria, la Commissione non è incorsa, nella decisione impugnata, in un errore di valutazione.

185    Infine, nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente non può neppure sostenere che la Commissione era tenuta ad applicare l’articolo 106 TFUE, il regime dei SIEG e i principi enunciati nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415).

186    Secondo la ricorrente, è escluso che il sistema sanitario pubblico e quello privato si muovano su piani paralleli e risulta impensabile sostenere che non sussiste un regime concorrenziale e di mercato al quale si devono applicare il regime dei SIEG ed i correlativi principi della sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), fondati sugli articoli 106 e 107 TFUE. Non deriverebbe per la Repubblica italiana alcun svantaggio dal fatto di considerare che il suo sistema sanitario coesiste con un certo regime concorrenziale, così come qualificato dalle norme applicabili ai SIEG, e, quindi, da tale sentenza.

187    Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto conto di tutte le relazioni sui SIEG del governo italiano, la cui lettura d’insieme rivelerebbe un’evoluzione della posizione delle autorità italiane.

188    Resta il fatto che, poiché la Commissione ha correttamente ritenuto, nella decisione impugnata, che le attività di assistenza sanitaria poste in essere nell’ambito del SSN non fossero di natura economica per dedurne che, in tale contesto, gli ospedali pubblici non erano imprese e concluderne che le misure contestate non costituivano un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107 TFUE, l’argomento della ricorrente non può essere accolto.

189    Infatti, indipendentemente dalla questione della ricevibilità di taluni argomenti della ricorrente al riguardo, non si può addebitare alla Commissione di non aver applicato nel caso di specie l’articolo 106 TFUE, il regime dei SIEG e i principi enunciati nella sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415), in assenza di attività di natura economica e, pertanto, di imprese, ai sensi dell’articolo 106 TFUE, del regime dei SIEG e dei principi enunciati in detta sentenza.

190    Gli argomenti della ricorrente a tal riguardo non possono quindi essere accolti.

191    Pertanto, occorre respingere il terzo motivo di ricorso e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

192    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

193    La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Casa Regina Apostolorum della Pia Società delle Figlie di San Paolo sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione europea.

Da Silva Passos

Valančius

Truchot

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 giugno 2021.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.