Language of document : ECLI:EU:T:2021:411

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

7 luglio 2021 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran – Elenco delle persone e delle entità alle quali si applica il congelamento dei fondi e delle risorse economiche – Competenza del Tribunale – Prescrizione – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli»

Nella causa T‑455/17,

Naser Bateni, residente ad Amburgo (Germania), rappresentato da M. Schlingmann, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J.‑P. Hix e M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da C. Hödlmayr, J. Roberti di Sarsina e M. Kellerbauer, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda fondata sugli articoli 268 e 340 TFUE e diretta a ottenere il risarcimento del danno che il ricorrente afferma di aver subìto in conseguenza dell’inserimento del suo nome negli elenchi contenuti, in primo luogo, nell’allegato II della decisione 2010/413/PESC, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU 2010, L 195, pag. 39), per effetto della decisione 2011/783/PESC del Consiglio, del 1 °dicembre 2011, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2011, L 319, pag. 71), e nell’allegato VIII del regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007 (GU 2010, L 281, pag. 1), per effetto del regolamento di esecuzione (UE) n. 1245/2011 del Consiglio, del 1° dicembre 2011, che attua il regolamento n. 961/2010 (GU 2011, L 319, pag. 11); in secondo luogo, nell’allegato IX del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento n. 961/2010 (GU 2012, L 88, pag. 1); e, in terzo luogo, nell’allegato della decisione 2013/661/PESC del Consiglio, del 15 novembre 2013, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2013, L 306, pag. 18), e nell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 1154/2013 del Consiglio, del 15 novembre 2013, che attua il regolamento n. 267/2012 (GU 2013, L 306, pag. 3),

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, M. Jaeger e O. Porchia (relatrice), giudici,

cancelliere: B. Lefebvre, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 novembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il sig. Naser Bateni, ricorrente, è un cittadino iraniano residente dal marzo 2008 in Germania, dove ha fondato, nel 2009, la HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH (in prosieguo: la «HTTS»), società di diritto tedesco che opera come agente marittimo e gestore tecnico di navi.

2        La causa in esame si colloca nell’ambito delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché essa ponga fine alle attività nucleari sensibili in termini di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari. Si tratta, nello specifico, delle misure adottate nei confronti della Islamic Republic of Iran Shipping Lines (in prosieguo: l’«IRISL»), con la quale, secondo il Consiglio dell’Unione europea, il ricorrente e la HTTS intratterrebbero legami.

3        Nell’ambito del diritto internazionale, il 23 dicembre 2006, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1737 (2006), nella quale ha espresso grave preoccupazione in relazione al programma di proliferazione nucleare sviluppato dall’Iran, e ha cercato di esercitare pressioni su tale Stato per «ostacolare» tale programma e «sospendere» alcune delle sue componenti, al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

4        Il 24 marzo 2007, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1747 (2007). Al punto 5 di tale risoluzione, esso riferisce di aver deciso che «l’Iran non deve fornire, vendere o trasferire, direttamente o indirettamente, a partire dal suo territorio e per il tramite dei suoi cittadini o mediante navi o aeromobili battenti bandiera iraniana, né armi né materiale connesso e che tutti gli Stati dovranno vietare l’acquisto di tali articoli presso l’Iran da parte dei loro cittadini, o mediante navi o aeromobili battenti bandiera di tali Stati, a prescindere dal fatto che tali articoli abbiano o no origine nel territorio iraniano».

5        Il 3 marzo 2008, il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1803 (2008). Al punto 11 di tale risoluzione, esso ha esortato tutti gli Stati a «ispezionare (...) i carichi di aeromobili e navi, diretti in Iran o provenienti da tale paese, posseduti o gestiti da Iran Air Cargo e [IRISL], purché vi siano ragionevoli motivi di ritenere che gli aeromobili o le navi trasportino beni vietati dalla presente risoluzione e dalle risoluzioni 1737 (2006) e 1747 (2007)».

6        Con la risoluzione 1929 (2010), del 9 giugno 2010, il Consiglio di sicurezza ha introdotto una serie di misure supplementari nei confronti dell’IRISL. In particolare, i punti da 14 a 22 di tale risoluzione hanno esteso le misure di congelamento dei beni di cui alla risoluzione 1737 (2006) «alle entità [dell’IRISL] di cui all’allegato III e a qualsiasi persona o entità che agisce per loro conto o sotto la loro direzione, nonché alle entità da esse possedute o controllate, anche attraverso mezzi illeciti, o che, secondo quanto accertato dal Consiglio [di sicurezza] o dal [Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite del Consiglio di sicurezza], hanno assistito nell’elusione di sanzioni o nella violazione delle disposizioni delle [sue] risoluzioni».

7        In seno all’Unione europea, sono stati adottati la posizione comune 2007/140/PESC del Consiglio, del 27 febbraio 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2007, L 61, pag. 49), e il regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU 2007, L 103, pag. 1).

8        Il 17 giugno 2010, al fine di conformarsi alla risoluzione 1929 (2010), il Consiglio europeo ha adottato la «dichiarazione sull’Iran» [Allegato II delle conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno 2010 (documento EUCO 3/10)], invitando al contempo il Consiglio ad adottare misure di attuazione delle misure contenute in tale risoluzione, insieme alle misure di accompagnamento, nell’obiettivo di contribuire alla risoluzione negoziale di tutte le rimanenti preoccupazioni riguardo allo sviluppo da parte dell’Iran del suo programma di proliferazione nucleare. Tali misure dovevano incentrarsi su vari settori chiave dell’economia dell’Iran, in particolare «[il] settore dei trasporti iraniano, in particolare la [IRISL] e le sue filiali».

9        Con la decisione 2010/413/PESC, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU 2010, L 195, pag. 39), il Consiglio ha dato attuazione alla «dichiarazione sull’Iran» adottata dal Consiglio europeo. L’allegato II di tale decisione elenca le persone e le entità diverse da quelli designati dal Consiglio di sicurezza o dal Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza istituito dalla risoluzione 1737 (2006), i cui fondi sono congelati.

10      Con la decisione 2010/413, il Consiglio ha inserito il nominativo della HTTS nell’elenco delle entità di cui all’allegato II della stessa decisione, con la motivazione che essa «[a]gi[va] per conto [della Hafize Darya Shipping Lines] in Europa». Sono stati parimenti inseriti i nominativi dell’IRISL e di un certo numero di altre compagnie di navigazione marittima iraniane, ossia l’IRISL Europe GmbH, la Hafize Darya Shipping Lines (in prosieguo: la «HDSL») e la Safiran Pyam Darya Shipping Lines (in prosieguo: la «SAPID»).

11      Di conseguenza, per effetto del regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007 (GU 2010, L 195, pag. 25), i nominativi dell’IRISL, dell’IRISL Europe, della HDSL, della SAPID e della HTTS sono stati inseriti nell’elenco di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007.

12      L’8 ottobre 2010, l’IRISL e altre 17 società, tra cui l’IRISL Europe, la HDSL e la SAPID, hanno proposto dinanzi al Tribunale un ricorso diretto a ottenere l’annullamento dell’inserimento dei loro nominativi negli elenchi di cui all’allegato II della decisione 2010/413 e all’allegato V del regolamento n. 423/2007, come modificato dal regolamento di esecuzione n. 668/2010. Tale ricorso è stato registrato presso la cancelleria del Tribunale con il numero di ruolo T‑489/10.

13      La decisione 2010/644/PESC del Consiglio, del 25 ottobre 2010, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2010, L 281, pag. 81), ha mantenuto il nominativo della HTTS nell’elenco di cui all’allegato II della decisione 2010/413, con la motivazione che essa era una società «[c]ontrolata [o] [che] agisce per conto dell’IRISL».

14      Il 1° dicembre 2011, il Consiglio ha adottato la decisione 2011/783/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2011, L 319, pag. 71). Ai sensi della decisione 2011/783, il nome del ricorrente è stato inserito nell’elenco delle persone di cui alla tabella III dell’allegato II della decisione 2010/413.

15      Conformemente alla decisione 2011/783, il regolamento di esecuzione (UE) n. 1245/2011, del 1° dicembre 2011, che attua il regolamento n. 961/2010 (GU 2011, L 319, pag. 11), ha modificato l’allegato VIII del regolamento (UE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento n. 423/2007 (GU 2010, L 281, pag. 1), aggiungendo, in particolare, il nome del ricorrente nell’elenco contenuto nel medesimo allegato.

16      Dalla decisione 2011/783 e dal regolamento di esecuzione n. 1245/2011, che dispongono l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco di cui all’allegato VIII del regolamento n. 961/2010 (in prosieguo: il «primo inserimento»), risulta che la motivazione addotta nei suoi confronti era la seguente: «[e]x direttore degli affari legali dell’IRISL, direttore della (...) HTTS, designata dall’U[nione]» e «[d]irettore della società di copertura NHL Basic Limited».

17      Il 23 marzo 2012, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento n. 961/2010 (GU 2012, L 88, pag. 1), in seguito all’adozione della decisione 2012/35/PESC del Consiglio, del 23 gennaio 2012, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2012, L 19, pag. 22). Sulla base dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012, il nome del ricorrente e il nominativo della HTTS sono stati inseriti nell’elenco di cui all’allegato IX di questo stesso regolamento, sostanzialmente per le stesse motivazioni di quelle addotte nell’ambito del primo inserimento, ad eccezione del riferimento alla sua funzione di direttore della società di copertura NHL Basic Limited (in prosieguo, per quanto riguarda il ricorrente: il «secondo inserimento»).

18      Con sentenza del 12 giugno 2013, HTTS/Consiglio (T‑128/12 e T‑182/12, non pubblicata, EU:T:2013:312), il Tribunale ha annullato la decisione 2012/35 e il regolamento n. 267/2012, nella parte in cui riguardavano la HTTS.

19      Con sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), il Tribunale ha accolto il ricorso di annullamento proposto dal ricorrente avverso il secondo inserimento e ha annullato quest’ultimo nei limiti in cui il regolamento di esecuzione n. 1245/2011 riguardava il ricorrente, con effetto dal 16 novembre 2013.

20      Con sentenza del 16 settembre 2013, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Tribunale ha accolto il ricorso proposto dall’IRISL e da altre compagnie di navigazione marittima, tra cui l’IRISL Europe, la HDSL e la SAPID, avverso la decisione 2010/644, il regolamento di esecuzione n. 668/2010, il regolamento n. 961/2010 e il regolamento n. 267/2012, nella parte in cui tali atti le riguardavano.

21      Il 10 ottobre 2013, il Consiglio ha adottato la decisione 2013/497/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2013, L 272, pag. 46), e il regolamento (UE) n. 971/2013, che modifica il regolamento n. 267/2012 (GU 2013, L 272, pag. 1). Secondo i considerando 2 della decisione 2013/497 e del regolamento n. 971/2013, tali atti tendono a regolare i criteri di inserimento negli elenchi per quanto riguarda le persone e le entità che hanno assistito persone o entità indicate per eludere o violare le disposizioni delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza o della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012, per includere nell’ambito di applicazione delle misure restrittive in questione le persone e le entità che aggirano o violano tali disposizioni.

22      La decisione 2013/497 ha previsto, in particolare, un nuovo criterio di inserimento all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413, riguardante le «persone ed entità (...) che forniscono assicurazioni o altri servizi essenziali per [l’]IRISL o (...) entità da ess[a] possedute o controllate o che agiscono per [suo] conto (...)». Di conseguenza, il medesimo criterio è stato inserito dal regolamento n. 971/2013 all’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012.

23      Dopo la pronuncia delle sentenze menzionate ai precedenti punti da 18 a 20, i nominativi del ricorrente e della HTTS sono stati oggetto di un successivo inserimento da parte del Consiglio. Il 15 novembre 2013, il Consiglio ha infatti adottato la decisione 2013/661/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (GU 2013, L 306, pag. 18). Lo stesso giorno, esso ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 1154/2013, che attua il regolamento n. 267/2012 (GU 2012, L 306, pag. 3). Con la decisione 2013/661 e con tale regolamento di esecuzione, i suddetti nominativi sono stati reinseriti negli elenchi contenuti rispettivamente nell’allegato II della decisione 2010/413 e nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo, congiuntamente, nella parte in cui riguardano il ricorrente: il «terzo inserimento»).

24      Il terzo inserimento era motivato dal fatto che il ricorrente «[aveva agito] per conto dell’IRISL. È stato uno dei direttori dell’IRISL fino al 2008 e successivamente direttore aggiunto dell’IRISL Europe (…). È amministratore delegato della [HTTS,] che, in quanto loro agente generale, fornisce servizi essenziali alla [SAPID] e alla [HDSL], entrambe le quali sono [designate come entità] che agiscono per conto dell’IRISL».

25      Con sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), il Tribunale ha accolto il ricorso di annullamento proposto dal ricorrente avverso il terzo inserimento nonché dalla HTTS avverso il regolamento n. 1154/2013 nella parte che la riguardava.

26      Con lettera del 23 marzo 2017, il ricorrente ha presentato al Consiglio una domanda di risarcimento per i danni che egli afferma di aver subìto per via delle misure restrittive adottate nei suoi confronti.

27      Il Consiglio, con lettera del 15 maggio 2017, ha respinto la domanda.

28      Parallelamente, il ricorso della HTTS diretto a ottenere la condanna del Consiglio a rifonderle la somma di EUR 2 516 221,50 a titolo di risarcimento dei danni materiali e morali subìti per effetto dell’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti è stato respinto con sentenza del 13 dicembre 2017, HTTS/Consiglio (T‑692/15, EU:T:2017:890). Tale sentenza è stata successivamente annullata dalla Corte, con sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694). La Corte, a norma dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale, la quale è stata iscritta a ruolo con il numero T‑692/15 RENV, HTTS/Consiglio, e ha riservato le spese.

 Procedimento e conclusioni delle parti

29      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 luglio 2017, il ricorrente ha presentato il ricorso di cui trattasi. La causa è stata attribuita alla Terza Sezione del Tribunale.

30      Il 10 novembre 2017, il Consiglio ha depositato il controricorso.

31      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 ottobre 2017, la Commissione europea ha chiesto di intervenire nel procedimento di cui trattasi a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

32      Il 26 ottobre 2017, il Consiglio ha depositato le proprie osservazioni sull’istanza di intervento della Commissione. Il 9 novembre 2017, il ricorrente ha depositato le proprie osservazioni sull’istanza di intervento della Commissione.

33      Con decisione del presidente della Terza Sezione del Tribunale del 17 novembre 2017, la Commissione è stata ammessa a intervenire nella controversia di cui trattasi.

34      La Commissione ha depositato la memoria di intervento l’8 gennaio 2018 e le parti principali hanno presentato le loro osservazioni in proposito nei termini previsti.

35      La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, dal ricorrente, il 9 febbraio 2018, e, dal Consiglio, il 23 marzo 2018.

36      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 18 aprile 2018, il ricorrente ha chiesto lo svolgimento di un’udienza di discussione, conformemente all’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

37      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha adottato una prima misura di organizzazione del procedimento consistente nel sentire le parti su un’eventuale sospensione del procedimento in attesa della decisione della Corte conclusiva del giudizio nella causa C‑123/18 P. Le parti principali hanno presentato le loro osservazioni al riguardo entro il termine impartito.

38      Con decisione del 12 giugno 2018, il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha deciso di sospendere il procedimento nella causa di cui trattasi.

39      A seguito della pronuncia della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), il Tribunale (Terza Sezione) ha adottato, su proposta della giudice relatrice, una seconda misura di organizzazione del procedimento consistente nel sentire le parti sulle conseguenze che esse traevano da detta sentenza per la causa di cui trattasi. Le parti principali hanno presentato le loro osservazioni al riguardo entro il termine impartito.

40      A seguito della modifica della composizione del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il presidente del Tribunale ha riattribuito la causa a un altro giudice relatore, che è stato assegnato alla Prima Sezione nella sua nuova composizione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la causa di cui trattasi.

41      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale ha accolto la domanda di udienza del ricorrente e ha aperto la fase orale del procedimento.

42      Con decisione del 30 giugno 2020, il presidente della Prima Sezione ha deciso, a norma dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura, sentite le parti, di riunire la causa di cui trattasi alla causa T‑692/15 RENV, HTTS/Consiglio, ai fini della fase orale.

43      Dopo diversi rinvii d’udienza dovuti alla crisi sanitaria legata alla COVID‑19, le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 20 novembre 2020, la quale si è tenuta in videoconferenza con l’accordo del ricorrente.

44      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare il Consiglio a versargli una somma di EUR 250 000 a titolo di risarcimento per il danno morale da lui subìto per via dell’inserimento del suo nome:

–        nella tabella III dell’allegato II della decisione 2010/413, per effetto della decisione 2011/783, e nella tabella III dell’allegato VIII del regolamento n. 961/2010, per effetto del regolamento di esecuzione n. 1245/2011;

–        nella tabella III dell’allegato IX del regolamento n. 267/2012;

–        nella tabella III dell’allegato della decisione 2013/661 e nella tabella III dell’allegato del regolamento di esecuzione n. 1154/2013 (in prosieguo, congiuntamente: gli «elenchi controversi»);

–        condannare il Consiglio al pagamento degli interessi moratori al tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea (BCE) alle proprie principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato di due punti, a decorrere dal 24 marzo 2017 fino al pagamento integrale della somma di EUR 250 000;

–        condannare il Consiglio alle spese.

45      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

46      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla competenza del Tribunale

47      Nel controricorso, il Consiglio sostiene che il Tribunale non è competente a statuire su un ricorso per risarcimento danni in relazione alle decisioni 2011/783 e 2013/661, adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC).

48      A tale riguardo, occorre ricordare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva delle persone o delle entità sottoposte a misure restrittive esige, affinché tale tutela sia completa, che la Corte di giustizia dell’Unione europea possa statuire su un ricorso per risarcimento danni proposto da tali persone o entità e diretto a ottenere la riparazione dei danni causati da misure restrittive previste da decisioni PESC (sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio, C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 43).

49      Pertanto, occorre constatare che il Tribunale è competente a statuire su un ricorso per risarcimento danni nei limiti in cui esso è diretto a ottenere la riparazione del danno asseritamente subìto a causa di misure restrittive adottate nei confronti di persone fisiche o giuridiche e previste da decisioni PESC (sentenza del 6 ottobre 2020, Bank Refah Kargaran/Consiglio, C‑134/19 P, EU:C:2020:793, punto 44).

50      Nel caso di specie, va rilevato che, come confermato dal ricorrente in udienza, il ricorso per risarcimento danni di cui trattasi mira a ottenere la riparazione del danno morale derivante dall’adozione del regolamento di esecuzione n. 1245/2011, del regolamento n. 267/2012 e del regolamento di esecuzione n. 1154/2013. Inoltre, il ricorrente fa riferimento alle decisioni 2011/783 e 2013/661 solo nella misura in cui esse costituivano la base e la condizione necessaria di detti regolamenti.

51      Ciò posto, si deve constatare che il Tribunale è competente a conoscere della domanda di risarcimento presentata dal ricorrente.

 Sulla prescrizione dellazione risarcitoria

52      Nel controricorso, il Consiglio afferma che l’azione risarcitoria è parzialmente prescritta.

53      Il Consiglio sostiene, al riguardo, che i diritti invocati dal ricorrente si fondano su atti del Consiglio del 1° dicembre 2011, del 23 marzo 2012 e del 15 novembre 2013 e che, per le azioni fondate su tali atti, il termine di prescrizione ha iniziato a decorrere da queste rispettive date.

54      Il Consiglio ritiene che il termine di prescrizione sia stato interrotto soltanto il 23 marzo 2017, data in cui il ricorrente gli ha rivolto la sua richiesta di risarcimento per l’adozione delle misure in questione.

55      Gli eventuali danni derivanti da fatti verificatisi oltre cinque anni prima del 23 marzo 2017 sarebbero di conseguenza prescritti e ciò varrebbe in particolare per la richiesta di risarcimento nella parte in cui essa è fondata sul regolamento di esecuzione n. 1245/2011, il quale è stato abrogato dal regolamento n. 267/2012.

56      Il Consiglio aggiunge che o il ricorrente ha subìto danni prima del 23 marzo 2012 e, quindi, la sua richiesta di risarcimento relativa a detti danni è prescritta oppure il ricorrente li ha subìti dopo il 23 marzo 2012, vale a dire alla data di abrogazione del primo inserimento per effetto del regolamento n. 267/2012.

57      Il ricorrente sostiene, anzitutto, che, ai sensi dell’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il termine di prescrizione deve essere determinato in funzione del verificarsi del danno anziché del verificarsi del fatto che è all’origine della richiesta di risarcimento. Orbene, il danno morale derivante dal primo inserimento si sarebbe manifestato per la prima volta nell’aprile 2012.

58      Il ricorrente sostiene poi che il danno alla reputazione è un danno a carattere continuato che ha avuto luogo dall’aprile 2012 fino alla data di annullamento del terzo inserimento.

59      Il ricorrente invoca la sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea (T‑673/15, EU:T:2017:377), in particolare i punti da 39 a 42 della medesima, per sostenere che, nel caso di un danno a carattere continuato, la prescrizione prevista all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea si applica, in base alla data dell’atto interruttivo, al periodo che precede di oltre cinque anni tale data, senza pregiudizio per eventuali diritti sorti nel corso dei periodi successivi, e che è indipendente dalla data del fatto all’origine della richiesta di risarcimento.

60      Infine, il ricorrente precisa che se è pur vero che i danni per i quali egli intende essere risarcito trovano origine in ciascuna delle misure restrittive illegittime adottate dal Consiglio, tali danni sono tuttavia emersi soltanto nel corso del tempo, principalmente dall’aprile 2012.

61      A tale riguardo, conformemente all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’articolo 53, primo comma, del medesimo, le azioni contro l’Unione in materia di responsabilità extracontrattuale si prescrivono in cinque anni a decorrere dal momento in cui avviene il fatto che dà loro origine.

62      Occorre ricordare che il termine di prescrizione, previsto all’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha la funzione, da un lato, di assicurare la tutela dei diritti della persona lesa, dovendo questa disporre di tempo sufficiente per raccogliere informazioni adeguate in vista di un eventuale ricorso, e, dall’altro, di evitare che la persona lesa possa ritardare a tempo indefinito l’esercizio del suo diritto al risarcimento dei danni. Tale termine protegge, pertanto, in definitiva, la persona lesa e la persona responsabile del danno (v., in tal senso, sentenze dell’8 novembre 2012, Evropaïki Dynamiki/Commissione, C‑469/11 P, EU:C:2012:705, punti 33 e 53 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 49).

63      Secondo la giurisprudenza, tale termine inizia a decorrere una volta che ricorrono le condizioni cui è subordinato l’obbligo di risarcimento del danno e, in particolare, nei casi in cui la responsabilità derivi dall’adozione di un atto normativo, tale termine di prescrizione non può iniziare a decorrere prima che gli effetti dannosi di tale atto si siano prodotti. Questa soluzione, applicata al contenzioso sorto da atti individuali, implica che il termine di prescrizione inizia a decorrere quando la decisione ha prodotto i suoi effetti nei riguardi delle persone cui essa si dirige [v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione, C‑282/05 P, EU:C:2007:226, punti 29 e 30].

64      Nel caso di specie, il ricorrente sostiene che il danno morale di cui chiede il risarcimento trae origine dai tre inserimenti avvenuti, e che il primo di essi ha prodotto effetti nei suoi confronti solo dal 1° dicembre 2011 fino al 22 marzo 2012.

65      Orbene, per quanto attiene al primo inserimento, occorre rilevare che il primo atto interruttivo del termine di prescrizione, ossia la richiesta di risarcimento rivolta dal ricorrente al Consiglio, è avvenuto solo il 23 marzo 2017, ossia più di cinque anni dopo l’adozione del regolamento di esecuzione n. 1245/2011 e, in ogni caso, dopo l’inizio degli effetti prodotti da tale regolamento di esecuzione, il 1° dicembre 2011, quali riconosciuti dal ricorrente per quanto riguarda il suo danno morale.

66      Il ricorrente precisa altresì che, se è pur vero che i danni di cui egli chiede il risarcimento trovavano origine in ciascuna delle misure restrittive illegittime adottate dal Consiglio, essi sono tuttavia emersi solo nel corso del tempo, principalmente dall’aprile 2012.

67      Orbene, occorre rilevare, al pari del Consiglio, che, a tale data, il primo inserimento aveva cessato di produrre i suoi effetti in conseguenza del secondo inserimento, effettuato il 23 marzo 2012, che lo abrogava.

68      Va aggiunto che neppure l’argomento del ricorrente relativo all’esistenza di un danno a carattere continuato, che trae origine dal primo inserimento e che si sarebbe manifestato soltanto nell’aprile 2012 con effetti su tutto il periodo nel corso del quale il ricorrente sarebbe stato sottoposto alle misure restrittive di cui trattasi, può essere accolto per quanto riguarda tale inserimento.

69      A questo proposito, occorre rilevare che, contrariamente alla causa che ha dato origine alla sentenza del 7 giugno 2017, Guardian Europe/Unione europea (T‑673/15, EU:T:2017:377), invocata dal ricorrente per giustificare l’esistenza di un danno a carattere continuato, il presunto danno morale nella causa di cui trattasi non deriva, secondo quanto affermato dal ricorrente, da un solo atto illegittimo, bensì da tre atti distinti, vale a dire i tre inserimenti. Inoltre, lo stesso ricorrente sostiene che il danno di cui invoca il risarcimento si è verificato solo a dall’aprile 2012, quindi dopo la data in cui ha avuto fine il primo inserimento.

70      Ciò premesso, l’azione risarcitoria proposta dal ricorrente, nella parte in cui riguarda il risarcimento del danno morale che sarebbe derivato dal primo inserimento, deve essere considerata prescritta e, pertanto, irricevibile.

71      Quanto agli inserimenti secondo e terzo (in prosieguo, congiuntamente: gli «inserimenti controversi»), occorre ricordare che il ricorrente ha rivolto al Consiglio la sua richiesta di risarcimento per fax il 23 marzo 2017, ossia cinque anni dopo la data del secondo inserimento, e che egli ha successivamente proposto il ricorso per risarcimento danni il 14 luglio 2017, ossia entro due mesi dal ricevimento della lettera del Consiglio del 15 maggio 2017 di rigetto della sua richiesta. Ciò posto, tale azione risarcitoria, nella parte in cui riguarda il risarcimento del danno morale che sarebbe derivato da tali inserimenti, deve essere considerata proposta nel rispetto del termine previsto dall’articolo 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

 Sulla presunta violazione sufficientemente qualificata di norme giuridiche intese a conferire diritti ai singoli

72      A sostegno della sussistenza di una violazione sufficientemente qualificata di norme giuridiche intese a conferire diritti ai singoli, il ricorrente adduce che il Consiglio, disattendendo il suo obbligo di verificare i fatti e di fornire elementi di prova a sostegno della motivazione per l’adozione di misure restrittive, ha commesso una violazione sufficientemente qualificata dei requisiti sostanziali per l’inserimento (prima censura), che il medesimo ha commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (seconda censura) e una violazione sufficientemente qualificata del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del diritto alla protezione dei dati di carattere personale e della libertà di impresa e del diritto di proprietà (terza censura).

73      Per quanto riguarda la prima censura, il ricorrente avanza quattro argomenti.

74      In primo luogo, il ricorrente sostiene che, nella sua sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (T‑384/11, EU:T:2014:986), confermata dalla sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (C‑45/15 P, EU:C:2017:402), il Tribunale ha ritenuto che l’inserimento ingiustificato di una persona in assenza di una base fattuale sufficiente costituisca una violazione sufficientemente qualificata di norme giuridiche intese a conferire diritti ai singoli, in quanto il Consiglio non disporrebbe di un margine di discrezionalità per quanto attiene a tale obbligo, e che la norma che prevede detto obbligo non riguarderebbe una situazione particolarmente complessa. Il ricorrente aggiunge che detta regola è stata stabilita prima che fossero effettuati gli inserimenti controversi, dalle sentenze del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio (T‑228/02, EU:T:2006:384), e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio (T‑390/08, EU:T:2009:401), e che, nel caso di specie, come nella causa che ha dato origine alla sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (T‑384/11, EU:T:2014:986), il Consiglio ha disatteso il suo obbligo di verificare i fatti e di fornire elementi di prova a sostegno della motivazione per l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti.

75      In secondo luogo, il ricorrente, basandosi sulle sentenze del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), e del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), relative rispettivamente agli inserimenti controversi, sostiene che, nell’ambito del procedimento che ha portato all’annullamento del primo inserimento, il Consiglio ha dichiarato, da un lato, che esso non disponeva né delle informazioni fornite dalla Repubblica federale di Germania né dell’articolo del New York Times del 7 giugno 2010 al momento del secondo inserimento (sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio, T‑42/12 et T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409, punto 52), e, dall’altro, che esso inseriva persone ed entità negli elenchi di sanzioni su richiesta dei governi degli Stati membri dell’Unione senza effettuare alcuna verifica.

76      Inoltre, il ricorrente sottolinea che, nella sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), il Tribunale ha constatato che il Consiglio aveva commesso un «errore manifesto di valutazione» e che, nella sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), il Tribunale ha ritenuto che il modo di agire del Consiglio fosse caratterizzato da «una mancanza di diligenza».

77      Per di più, il ricorrente sostiene che, ai punti 47 e 48 della sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), il Tribunale ha espressamente stabilito che né gli atti impugnati né la lettera inviata al ricorrente dal Consiglio il 23 marzo 2012, per spiegargli le ragioni del mantenimento del suo nome nell’elenco delle persone accusate di favorire la proliferazione nucleare in Iran, contenevano la minima indicazione sulla natura del presunto controllo della HTTS da parte dell’IRISL, o sulle attività esercitate dalla HTTS per conto dell’IRISL che potessero giustificare il secondo inserimento.

78      Infine, per quanto riguarda il terzo inserimento, il ricorrente sostiene che il Consiglio ha prodotto vari documenti, ma che questi, qualificati come «elementi di prova», non erano idonei a dimostrare un legame tra lui e l’IRISL nonché l’IRISL Europe, tale da giustificare l’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti. A tale proposito, esso rileva, inoltre, che, nella causa che ha dato origine alla sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (C‑45/15 P, EU:C:2017:402), è stato stabilito che una violazione del diritto dell’Unione è manifestamente qualificata qualora si sia protratta nonostante la pronuncia di una sentenza dichiarativa dell’illegittimità e che tale principio dovrebbe trovare applicazione in relazione alla violazione commessa per aver effettuato il terzo inserimento a dispetto dell’annullamento del secondo inserimento da parte della sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata).

79      In terzo luogo, il ricorrente sostiene che non esisteva alcuna difficoltà particolare che potesse impedire al Consiglio di ammettere che un’attività precedente non giustificava di per sé l’imposizione di misure restrittive nei confronti di una persona, e che il Consiglio non disponeva quindi, a tale riguardo, di alcun margine di discrezionalità o, tutt’al più, disponeva di un margine di discrezionalità estremamente ridotto.

80      In quarto luogo, secondo il ricorrente, al momento del terzo inserimento, il Consiglio non ha tenuto conto del fatto che, con la sua sentenza del 16 settembre 2013, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Tribunale aveva annullato l’inserimento del nominativo dell’IRISL nonché di quello di altre società alle quali era stato fatto riferimento, segnatamente la SAPID e la HDSL, e che, di conseguenza, gli «elementi di prova» forniti erano, sin dall’inizio, del tutto irrilevanti.

81      Con le censure seconda e terza, il ricorrente sostiene che la violazione dell’obbligo di fornire gli elementi di prova sull’esistenza di un legame tra lui e l’IRISL porta, di conseguenza, alla violazione sufficientemente qualificata del diritto alla tutela giurisdizionale nonché alla violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del diritto alla protezione dei dati di carattere personale, della libertà d’impresa e del diritto di proprietà.

82      Il Consiglio e la Commissione contestano tutti gli argomenti del ricorrente.

 Richiamo della giurisprudenza in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Unione

83      Va ricordato che l’azione risarcitoria costituisce un rimedio giuridico autonomo, che tende a ottenere non già l’eliminazione di un atto determinato, bensì il risarcimento del danno causato da un’istituzione (v., in tal senso, sentenza del 2 dicembre 1971, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, 5/71, EU:C:1971:116, punto 3), e che l’azione di annullamento non rappresenta una condizione preliminare per poter investire il Tribunale di un’azione risarcitoria.

84      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione richiede la compresenza di vari presupposti, ossia l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, la realtà effettiva del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’obbligo incombente all’autore dell’atto e il danno subìto dai soggetti lesi (v., in tal senso, sentenze del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 80 e giurisprudenza ivi citata, e del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio, C‑123/18 P, EU:C:2019:694, punto 32).

85      Secondo una giurisprudenza costante, i presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, sono cumulativi (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2010, Fahas/Consiglio, T‑49/07, EU:T:2010:499, punto 93, e ordinanza del 17 febbraio 2012, Dagher/Consiglio, T‑218/11, non pubblicata, EU:T:2012:82, punto 34). Ne consegue che, quando uno di questi presupposti non è soddisfatto, il ricorso deve essere interamente respinto senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti (v., in tal senso, sentenze del 9 settembre 1999, Lucaccioni/Commissione, C‑257/98 P, EU:C:1999:402, punto 14, e del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE, T‑436/09, EU:T:2011:634, punto 193).

86      Sulla scorta di una giurisprudenza ben consolidata, l’accertamento dell’illegittimità di un atto giuridico dell’Unione, ad esempio nell’ambito di un ricorso di annullamento, per quanto censurabile essa sia, non è sufficiente per ritenere che sussista automaticamente una responsabilità extracontrattuale di quest’ultima per l’illegittima condotta di una delle sue istituzioni. Affinché ciò possa avvenire, la giurisprudenza richiede, infatti, che la parte ricorrente dimostri che l’istituzione interessata abbia commesso non già un semplice illecito, bensì una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 5 giugno 2019, Bank Saderat/Consiglio, T‑433/15, non pubblicata, EU:T:2019:374, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

87      Inoltre, la prova della sussistenza di una violazione sufficientemente qualificata è diretta a evitare, segnatamente nel settore delle misure restrittive, che le funzioni che l’istituzione interessata è chiamata a svolgere nell’interesse generale dell’Unione e dei suoi Stati membri non siano ostacolate dal rischio che l’istituzione medesima debba infine rispondere dei danni che le persone pregiudicate dai suoi atti potrebbero eventualmente subire, senza peraltro lasciar gravare su tali persone le conseguenze patrimoniali o morali di presunti inadempimenti flagranti e inescusabili da parte dell’istituzione interessata (v. sentenza del 5 giugno 2019, Bank Saderat/Consiglio, T‑433/15, non pubblicata, EU:T:2019:374, punto 49).

88      Lo scopo più ampio del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, conformemente agli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione sanciti dall’articolo 21 TUE, è infatti tale da giustificare conseguenze negative, anche notevoli, derivanti, per taluni operatori, dalle decisioni di esecuzione degli atti adottati dall’Unione ai fini della realizzazione di tale scopo fondamentale (sentenza del 5 giugno 2019, Bank Saderat/Consiglio, T‑433/15, non pubblicata, EU:T:2019:374, punto 50).

 Richiamo dei principi stabiliti dalla sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C123/18 P)

89      Al punto 33 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte ha ricordato che una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli si concretizza allorquando essa implica un travalicamento manifesto e grave, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo sono, in particolare, la complessità delle situazioni da disciplinare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata nonché l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva all’istituzione dell’Unione.

90      A tale riguardo, la Corte ha sottolineato, in primo luogo, al punto 34 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), che il requisito di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica dell’Unione discende dalla necessità di un bilanciamento tra, da un lato, la tutela dei singoli contro gli atti illeciti delle istituzioni e, dall’altro, il margine di discrezionalità che occorre riconoscere alle stesse per non paralizzarne l’azione. Tale bilanciamento si rivela essere a maggior ragione importante nel settore delle misure restrittive, in cui gli ostacoli incontrati dal Consiglio in termini di disponibilità delle informazioni rendono spesso la valutazione alla quale esso deve procedere particolarmente complessa.

91      In secondo luogo, al punto 43 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte ha precisato che soltanto la constatazione di un’irregolarità che, in circostanze analoghe, un’amministrazione normalmente prudente e diligente non avrebbe commesso consentirebbe il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

92      In terzo luogo, ai punti 44 e 46 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte ha rilevato che i parametri che devono essere presi in considerazione nella valutazione di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica dell’Unione si riferivano tutti alla data in cui la decisione o il comportamento erano stati adottati dall’istituzione interessata, e che ne conseguiva che l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica dell’Unione doveva necessariamente essere valutata sulla base delle circostanze nelle quali l’istituzione aveva agito in tale data precisa.

93      In quarto luogo, al punto 41 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte ha stabilito che, quando un regolamento con il quale è stata adottata una misura restrittiva è annullato da una sentenza del Tribunale che gode dell’autorità di cosa giudicata, si deve constatare che, relativamente a tale regolamento, la prima parte del primo presupposto per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, vale a dire la violazione di una norma giuridica dell’Unione intesa a conferire diritti ai singoli, è soddisfatta per quanto riguarda detto regolamento.

94      In quinto luogo, ai punti da 77 a 79 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte ha constatato che, ai fini dell’adozione di misure, il fatto di agire sotto la direzione di una persona o di un’entità e il fatto di agire per conto di una tale persona o entità dovevano essere assimilati. Essa ha osservato che tale conclusione era avvalorata dall’analisi dello scopo dell’articolo 16, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 961/2010 che mirava a consentire al Consiglio di adottare misure efficaci nei confronti delle persone coinvolte nella proliferazione nucleare e a evitare che misure del genere fossero eluse. Inoltre, essa ha precisato che detta conclusione era altresì corroborata dall’analisi del contesto in cui si inseriva la disposizione citata.

 Giudizio del Tribunale

95      È alla luce dei principi richiamati ai precedenti punti da 83 a 94 che occorre verificare se nel caso di specie ricorrano i presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

96      In via preliminare, va rilevato che, tenuto conto di quanto ricordato al punto 93 supra, poiché gli inserimenti controversi sono stati annullati, rispettivamente, dalle sentenze del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), e del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), le quali hanno acquisito autorità di cosa giudicata, la prima parte del primo presupposto per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, vale a dire la violazione di una norma giuridica dell’Unione intesa a conferire diritti ai singoli, deve essere considerata soddisfatta per quanto riguarda tali inserimenti. Pertanto, occorre adesso verificare se gli elementi addotti dal ricorrente consentano di dimostrare che gli inserimenti in parola costituiscono una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli.

–       Sulla prima censura, relativa alla violazione sufficientemente qualificata dei requisiti sostanziali per l’inserimento in inottemperanza all’obbligo di verificare i fatti e di fornire elementi di prova a sostegno della motivazione per l’adozione di misure restrittive

97      Il Tribunale è chiamato a verificare se il Consiglio abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli effettuando gli inserimenti controversi, tenuto conto esclusivamente degli elementi di prova di cui disponeva alla data in cui tali inserimenti sono stati effettuati.

98      In via preliminare, occorre ricordare gli elementi di cui disponeva il Consiglio alla data del primo inserimento, giacché quest’ultimo fa parte del contesto in cui sono stati effettuati gli inserimenti controversi. In particolare, il Consiglio ha riferito che il primo inserimento era stato fondato sul fatto che il ricorrente era stato direttore dell’IRISL fino al 2008, prima di stabilirsi in Europa e di fondare la HTTS. È stato altresì riferito che quest’ultima società era stabilita ad Amburgo (Germania), Schottweg 7, e che l’IRISL Europe, controllata europea dell’IRISL, era stabilita ad Amburgo, Schottweg 5. Occorre rilevare, come sostenuto dal Consiglio, che, alla data in cui è stato effettuato il primo inserimento, esso disponeva in effetti degli elementi relativi all’indirizzo della HTTS, come consta dalle informazioni identificative riguardanti le imprese inserite nell’elenco di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007, nella versione risultante dall’allegato, parte III, punto 1, lettere d) e j), del regolamento di esecuzione n. 668/2010.

99      Inoltre, il Consiglio ha affermato che disponeva altresì delle risoluzioni 1803 (2008) e 1929 (2010) sull’IRISL nonché della relazione del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza che accertava tre violazioni manifeste da parte di tale società dell’embargo sulle armi imposto dalla risoluzione 1747 (2007). Da un lato, come correttamente rileva il Consiglio, la prova che tali documenti erano effettivamente in suo possesso risulta dal fatto che essi sono menzionati nella motivazione riguardante l’inserimento dell’IRISL nell’allegato II, parte III, della decisione 2010/413 nonché nell’allegato, parte III, del regolamento di esecuzione n. 668/2010.

100    Dall’altro lato, l’effettiva esistenza delle tre violazioni dell’embargo sulle armi, accertate nella suddetta relazione, non è stata messa in discussione, così come non lo è stato il contenuto della stessa relazione, nella misura in cui da essa risulta che l’IRISL aveva intrapreso attività per eludere le misure adottate, trasferendo le proprie attività ad altre imprese, e che la sua sede in Europa era situata in prossimità di quella della HTTS, società fondata e gestita dal ricorrente. Come rilevato, in sostanza, dal Consiglio, si trattava di indizi per il primo inserimento, atteso che tale inserimento era la conseguenza diretta dell’inserimento dell’IRISL, e del resto della HDSL, fermo restando che il nominativo di quest’ultima, per la quale la HTTS agiva, era stato incluso nell’allegato II, parte III, della decisione 2010/413 nonché nell’allegato, parte III, del regolamento di esecuzione n. 668/2010 in quanto essa agiva a sua volta per conto dell’IRISL.

101    Quanto al resto, occorre rilevare che la prossimità geografica delle sedi dell’IRISL Europe e della HTTS non è stata contestata dal ricorrente. Egli ha anzi riconosciuto, in udienza, relativamente a tale prossimità, che, all’epoca degli inserimenti controversi, la HTTS poteva avvalersi dei dipendenti dell’IRISL Europe, la quale aveva messo parte del suo personale a sua disposizione.

102    Infine, il Consiglio ha sostenuto, senza che la sussistenza dei fatti fosse contestata dal ricorrente, che, all’epoca del primo inserimento, la HTTS, di cui il ricorrente era direttore, operava come agente marittimo per conto della HDSL, la quale era considerata strettamente collegata all’IRISL e il cui nominativo era stato parimenti inserito, il 26 luglio 2010, negli elenchi delle entità sospettate di facilitare la proliferazione nucleare in Iran, con la motivazione che essa «[a]gi[va] per conto dell’IRISL [in quanto] opera[va] su container tramite navi di proprietà dell’IRISL», e che il sig. Bateni era stato direttore dell’IRISL fino al 2008, prima di stabilirsi in Europa e di fondare la HTTS.

103    È in considerazione di tale contesto che occorre esaminare gli elementi che sono serviti come base per il secondo inserimento. Il Consiglio ha precisato che quest’ultimo era stato fondato essenzialmente su una circostanza precisa e non contestata, ossia sul fatto che il ricorrente era stato direttore dell’IRISL fino al 2008 ed era direttore della HTTS all’epoca del primo inserimento. Esso ha riferito che ciò risultava inoltre, in modo evidente, dalla lettera del 17 gennaio 2012, con la quale il ricorrente aveva contestato la motivazione del primo inserimento.

104    Per quanto riguarda il terzo inserimento, il Consiglio ha precisato che, prima di adottare tale misura, erano disponibili anche i documenti menzionati negli allegati A.3 e A.5 del ricorso, i quali erano stati trasmessi al ricorrente. Si trattava, in particolare, di una fonte pubblica consistente nell’articolo del New York Times del 7 giugno 2010, intitolato «Companies Linked to IRISL», che conteneva l’elenco di 66 imprese, tra cui la HTTS e la HDSL, che avevano un legame con l’IRISL e alle quali quest’ultima avrebbe trasferito navi, e di documenti a sostegno del fatto che il ricorrente era direttore dell’IRISL Europe dal 2009 e della HTTS dal 2010.

105    Inoltre, dagli allegati A.3 e A.5 del ricorso risulta che, prima di adottare il terzo inserimento, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente una serie di elementi che consentivano di dimostrare che quest’ultimo era stato direttore dell’IRISL fino al 2008, poi direttore dell’IRISL Europe e che la HTTS era l’agente europeo della SAPID e della HDSL per la fornitura di servizi essenziali di agente marittimo.

106    Per di più, il Consiglio ha sostenuto che, al momento del terzo inserimento, esso ha tenuto conto della relazione finale, del 12 giugno 2012, del gruppo di esperti istituito dalla risoluzione 1929 (2010) nonché della relazione finale, del 5 giugno 2013, dello stesso gruppo di esperti, da cui risulta che l’IRISL aveva trasferito navi a due società collegate, ossia la HDSL e la SAPID. Inoltre, dal 2008, l’IRISL e le società ad essa collegate avevano effettuato numerose modifiche riguardanti il proprietario effettivo e il proprietario registrato delle navi, e alcune navi che avevano come proprietario effettivo l’IRISL e le società collegate all’IRISL non avevano cessato di cambiare nome, bandiera e proprietario registrato. Occorre sottolineare che, per quanto riguarda la disponibilità di tali relazioni finali del gruppo di esperti delle Nazioni Unite, è pacifico che esse costituiscono fatti riconosciuti a livello internazionale.

107    In aggiunta, il Consiglio ha precisato che, al momento del terzo inserimento, esso disponeva di una fonte di informazione di carattere pubblico, segnatamente la relazione dell’Iran Watch del 2 agosto 2012, nonché di alcune dichiarazioni che la Repubblica federale di Germania aveva reso nell’ambito del procedimento che ha dato origine alla sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409). Dalle suddette dichiarazioni della Repubblica federale di Germania emerge, in primo luogo, che la HTTS intratteneva rapporti con la HDSL, la quale era stata creata nella primavera del 2009 nell’ambito della privatizzazione dell’IRISL; in secondo luogo, che, alla fine del novembre 2009, la HDSL avrebbe rilevato la flotta di portacontainer dell’IRISL e che, parallelamente, la HTTS sarebbe stata costituita al solo scopo di eludere le misure restrittive nei confronti dell’IRISL; in terzo luogo, che la HTTS sarebbe l’agente della HDSL in Europa, mentre l’IRISL Europe rimarrebbe l’agente dell’IRISL per il resto della flotta di tale società; e, in quarto luogo, che la HTTS eserciterebbe l’insieme della sua attività per l’IRISL.

108    Occorre precisare, a tale riguardo, che le dichiarazioni summenzionate erano a disposizione del Consiglio al momento del terzo inserimento, atteso che il riferimento a tali dichiarazioni è contenuto nella sentenza del 12 giugno 2013, HTTS/Consiglio (T‑128/12 e T‑182/12, non pubblicata, EU:T:2013:312), come risulta dal punto 53 della stessa sentenza, e che la pronuncia di quest’ultima precede l’inserimento in questione.

109    Infine, in risposta a un quesito rivoltogli dal Tribunale in udienza, il Consiglio ha precisato, per quanto riguarda il terzo inserimento, che gli elementi menzionati negli allegati A3 e A5 del ricorso citati ai precedenti punti 104 e 105 erano in suo possesso nel momento in cui è stato effettuato tale inserimento e che erano stati presi in considerazione dal Tribunale nel corso del procedimento che ha dato origine alla sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650).

110    Da tutto quanto precede risulta che il Consiglio, nell’ambito del procedimento di cui trattasi, ha fornito la prova che, al momento dell’adozione delle misure restrittive in questione, esso disponeva di una serie di indizi e di non aver proceduto agli inserimenti controversi in assenza di qualsiasi elemento.

111    Inoltre, l’argomento del ricorrente secondo il quale la prova di una violazione grave e manifesta nel caso di specie deriva direttamente, da un lato, dalle dichiarazioni rese dal Consiglio nel corso del procedimento che ha dato origine alla sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409) e, dall’altro, da questa stessa sentenza e dalla sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650) non è idoneo a dimostrare la violazione sufficientemente qualificata, da parte del Consiglio, di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli.

112    Infatti, per quanto riguarda, da un lato, le dichiarazioni rese dal Consiglio nel corso del procedimento che ha dato origine alla sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il Consiglio non ha ammesso, nell’ambito di tale procedimento, di aver inserito il nome del ricorrente negli elenchi controversi sulla base delle sole informazioni provenienti dagli Stati membri in assenza di qualsiasi elemento di prova. Esso si è limitato a sostenere di essere stato informato da uno Stato membro del fatto che il ricorrente era il direttore dell’IRISL Europe, ossia una circostanza che non era stata menzionata nella motivazione del secondo inserimento e che non è stata quindi oggetto di un’analisi da parte del Tribunale nell’ambito del ricorso contro tale inserimento. Inoltre, sebbene il Consiglio abbia dichiarato, all’udienza nella causa che ha dato origine alla sentenza citata, che esso non disponeva al momento in cui è stato effettuato il secondo inserimento né delle informazioni fornite dalla Repubblica federale di Germania né dell’articolo del New York Times del 7 giugno 2010, risulta tuttavia che detto inserimento non è stato fondato su questi due soli elementi, bensì su un numero di indizi maggiore. Tale conclusione è suffragata dagli elementi menzionati ai precedenti punti da 98 a 103.

113    Per quanto riguarda, dall’altro lato, la sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), secondo la quale il Tribunale ha ritenuto che il Consiglio avesse commesso un «errore manifesto di valutazione», nonché la sentenza del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), occorre precisare anzitutto che l’errore manifesto di valutazione in quanto motivo dedotto a sostegno di un ricorso di annullamento deve essere distinto dal travalicamento grave e manifesto dei limiti posti al potere discrezionale dedotto al fine di constatare una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni.

114    Come risulta poi dal punto 44 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), e come precisato al punto 92 supra, i parametri che devono essere presi in considerazione nella valutazione di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli devono riferirsi tutti alla data in cui la decisione o il comportamento sono stati adottati dall’istituzione interessata.

115    Ciò posto, gli argomenti del ricorrente relativi alle sentenze del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), e del 18 settembre 2015, HTTS e Bateni/Consiglio (T‑45/14, non pubblicata, EU:T:2015:650), non possono essere presi in considerazione come elementi disponibili alla data degli inserimenti controversi, al fine di valutare l’esistenza di una violazione grave e manifesta da parte del Consiglio di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli in relazione agli stessi inserimenti.

116    Per quanto riguarda, infine, l’argomento relativo al fatto che il terzo inserimento sarebbe avvenuto dopo la sentenza del 6 settembre 2013, Bateni/Consiglio (T‑42/12 e T‑181/12, non pubblicata, EU:T:2013:409), e che, sulla base della sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (T‑384/11, EU:T:2014:986), un simile inserimento costituirebbe una violazione grave e manifesta di una norma giuridica intesa a conferire diritti ai singoli, occorre rilevare che, tra la data della pronuncia di detta sentenza e quella del terzo inserimento, un nuovo criterio di inserimento più ampio di quello riguardante le persone giuridiche, le entità o gli organismi posseduti o controllati dall’IRISL, o che agiscono per suo conto, era stato previsto dalla decisione 2013/497 e dal regolamento n. 971/2013 rispettivamente all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 267/2012. Questo nuovo criterio che menzionava anche le «persone ed entità (...) che forniscono assicurazioni o altri servizi essenziali per [l’]IRISL o (...) entità da ess[a] possedute o controllate o che agiscono per [suo] conto» non si limitava quindi soltanto alle persone possedute, controllate o che agiscono per conto dell’IRISL, ma riguardava anche quelle che forniscono servizi alle entità possedute, controllate e che agiscono per conto di tale società.

117    Parimenti, al momento in cui è stato effettuato il terzo inserimento negli elenchi controversi, il Consiglio non si è limitato a reiterare la giustificazione fornita al momento del secondo inserimento. Il terzo inserimento era infatti motivato, in particolare, dal fatto che il ricorrente era l’amministratore delegato della HTTS, la quale, in quanto agente generale, forniva servizi essenziali alla SAPID e alla HDSL. Pertanto, questo nuovo inserimento del ricorrente era fondato su un nuovo criterio di inserimento, vale a dire la prestazione di servizi essenziali a entità che agivano per conto dell’IRISL.

118    Quanto all’argomento del ricorrente relativo al fatto che il comportamento del Consiglio nella causa di cui trattasi è identico a quello nella causa che ha dato origine alla sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio (T384/11, EU:T:2014:986), occorre precisare che sebbene in tale sentenza il Tribunale abbia ritenuto che il Consiglio avesse commesso un illecito, pur non disponendo di un margine di discrezionalità, ciò era dovuto al fatto che esso non disponeva, alla data di adozione delle misure in questione, di informazioni o di elementi di prova a sostegno delle motivazioni per l’adozione di dette misure restrittive nei confronti della parte ricorrente e che aveva quindi violato un obbligo che derivava già, alla data di adozione ditali misure, da una giurisprudenza ben consolidata della Corte e rispetto alla quale il Consiglio non disponeva di alcun margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2019, Bank Saderat/Consiglio, T433/15, non pubblicata, EU:T:2019:374, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

119    Orbene, nella causa di cui trattasi, non è in discussione il rispetto, da parte del Consiglio, dell’obbligo di fornire le prove a sostegno degli inserimenti controversi. Nel caso di specie, infatti, occorre stabilire se il Consiglio, effettuando detti inserimenti sulla base degli elementi di cui disponeva alla data in cui i medesimi inserimenti sono stati effettuati, in particolare quelli menzionati ai precedenti punti da 98 a 109, abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. A tale riguardo, occorre prendere in considerazione il margine di cui disponeva il Consiglio nella valutazione degli indizi utilizzati a sostegno delle misure restrittive in questione.

120    A questo proposito, in risposta all’argomento del ricorrente relativo al fatto che, al momento in cui sono stati effettuati gli inserimenti controversi, non esisteva alcuna difficoltà particolare che avrebbe impedito al Consiglio di ammettere che un’attività precedente non potesse di per sé giustificare l’imposizione di misure restrittive nei confronti di una persona e che il Consiglio non disponeva, quindi, a tale riguardo, di alcun margine di discrezionalità o tutt’al più di un margine di discrezionalità estremamente ridotto, occorre ricordare che il secondo inserimento era stato fondato sul fatto che il ricorrente era stato direttore della HTTS, società designata come operante per conto dell’IRISL, nonché direttore degli affari legali dell’IRISL, e che il terzo inserimento è stato fondato sul fatto che il ricorrente agiva per conto dell’IRISL, era stato direttore dell’IRISL fino al 2008, poi direttore aggiunto dell’IRISL Europe e, infine, amministratore delegato della HTTS, la quale, in quanto agente generale, forniva servizi essenziali alla SAPID e alla HDSL, le quali erano entrambe designate come entità che agivano per conto dell’IRISL.

121    Gli inserimenti controversi erano quindi fondati tanto sul legame personale tra il ricorrente e l’IRISL quanto sul fatto che il ricorrente ricopriva un ruolo di gestione all’interno di una società asseritamente controllata o posseduta dall’IRISL, in particolare la HTTS, la quale forniva servizi essenziali ad altre società asseritamente controllate o possedute dall’IRISL, in particolare la HDSL e la SAPID.

122    In ogni caso, quanto alla questione se una precedente attività di una persona potesse giustificare in maniera sufficiente l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti o se dovessero sussistere altri indizi, occorre rilevare che, a seconda delle circostanze, il riferimento a un’attività esercitata in passato può costituire una giustificazione sufficiente per l’adozione di una misura restrittiva (v., per analogia, sentenza del 28 luglio 2016, Tomana e a./Consiglio e Commissione, C‑330/15 P, non publié, EU:C:2016:601, punto 86).

123    Inoltre, occorre aggiungere che, alla data in cui sono stati effettuati gli inserimenti controversi, la nozione di società «posseduta o controllata da altra entità», per quanto riguarda le misure restrittive, lasciava parimenti un margine di discrezionalità al Consiglio. Per il resto, sebbene nella sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694), la Corte abbia precisato il contenuto dei termini «posseduti» e «controllati», occorre tuttavia rilevare che essa ha confermato, al punto 70 della medesima sentenza, ciò che il Tribunale aveva ricordato nella sentenza del 13 dicembre 2017, HTTS/Consiglio (T‑692/15, EU:T:2017:890), ossia che la nozione di «società posseduta o controllata» non presentava, nel settore delle misure restrittive, la stessa portata rivestita, in generale, nel diritto societario allorché si tratta di individuare la responsabilità commerciale di una società collocata giuridicamente sotto il controllo decisionale di un altro soggetto commerciale. La Corte ha privilegiato una definizione abbastanza ampia della nozione di «controllo» nel settore delle misure restrittive e non ha proceduto a una definizione rigorosa dei termini «posseduti» e «controllati», come risulta in sostanza dai punti 74 e 75 della sentenza del 10 settembre 2019, HTTS/Consiglio (C‑123/18 P, EU:C:2019:694).

124    Pertanto, si deve ritenere, allineandosi al Consiglio e alla Commissione, che, alla data in cui sono stati effettuati gli inserimenti controversi, potesse sussistere un’incertezza quanto all’esatto contenuto della nozione di «società posseduta o controllata da altra entità» e che, di conseguenza, il Consiglio disponesse di un certo margine di discrezionalità nella valutazione degli elementi che potessero dimostrare che la HTTS, di cui il ricorrente era direttore, era posseduta o controllata da una società che partecipava, era direttamente associata o dava il suo sostegno alle attività nucleari dell’Iran.

125    Infine, il ricorrente ha avanzato l’argomento secondo il quale, al momento del terzo inserimento, il Consiglio non ha tenuto conto del fatto che, con la sentenza del 16 settembre 2013, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (T‑489/10, EU:T:2013:453), il Tribunale aveva annullato l’inserimento del nominativo dell’IRISL nonché di quello di altre società alle quali era stato fatto riferimento, segnatamente la SAPID e la HDSL, e che, di conseguenza, gli «elementi di prova» forniti erano, sin dall’inizio, del tutto irrilevanti. A tale riguardo, come rilevato dalla Corte al punto 48 della sentenza del 31 gennaio 2019, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (C225/17 P, EU:C:2019:82), l’effettiva esistenza delle tre violazioni dell’embargo istituito dalla risoluzione 1747 (2007) non è stata rimessa in discussione dalla sentenza del 16 settembre 2013, Islamic Republic of Iran Shipping Lines e a./Consiglio (T489/10, EU:T:2013:453). Al punto 66 di tale sentenza, il Tribunale ha statuito che «sembr[ava] giustificato considerare che il fatto che le IRISL [fossero] state implicate nei tre episodi concernenti la spedizione di materiale militare in violazione del divieto previsto al paragrafo 5 della risoluzione 1747 (2007) aument[asse] il rischio che esse [fossero state] del pari coinvolte in episodi concernenti la spedizione di materiale collegato alla proliferazione nucleare».

126    Di conseguenza, dall’annullamento dell’inserimento dei nominativi dell’IRISL, della SAPID e della HDSL negli elenchi, dopo che gli inserimenti secondo e terzo erano stati effettuati, non discende che il Consiglio abbia commesso una violazione dei requisiti sostanziali per l’inserimento tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

127    Da tutto quanto precede risulta che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente nell’ambito della sua prima censura, il Consiglio, al momento in cui sono stati effettuati gli inserimenti secondo e terzo, disponeva di elementi che potevano essere considerati indizi che il ricorrente avesse legami con l’IRISL e potesse agire per conto dell’IRISL in Europa nonché agire in seno alla HTTS nell’interesse dell’IRISL.

128    Pertanto, ciò premesso, quand’anche, al momento degli inserimenti secondo e terzo, il Consiglio abbia commesso un errore manifesto di valutazione basandosi sulle circostanze invocate, non si può ritenere che tale errore fosse flagrante e inescusabile e che un’amministrazione normalmente prudente e diligente non l’avrebbe commesso in circostanze analoghe (v., per analogia, sentenza del 5 giugno 2019, Bank Saderat/Consiglio, T433/15, non pubblicata, EU:T:2019:374, punto 73).

129    Si deve dunque ritenere che, al momento in cui sono stati effettuati gli inserimenti controversi, il Consiglio non si sia discostato dal comportamento che un’amministrazione normalmente prudente e diligente avrebbe adottato.

130    Ne consegue che la prima censura, relativa al fatto che il Consiglio non avrebbe dimostrato, sulla base di sufficienti elementi di prova, che il ricorrente era controllato dall’IRISL, deve essere respinta.

–       Sulla seconda censura, relativa alla violazione sufficientemente qualificata del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva

131    Per quanto riguarda la seconda censura, dal fascicolo risulta che il ricorrente ha ricevuto le informazioni necessarie per comprendere la motivazione per l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti e che è stato in grado di far valere l’illegittimità delle misure restrittive nei suoi confronti e di ottenerne l’annullamento.

132    Si deve inoltre ricordare che il ricorrente, avendo proposto un ricorso avverso le misure restrittive nei suoi confronti e avendo il Tribunale annullato tali misure, non può invocare la sussistenza di una violazione sufficientemente qualificata del suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nel caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Bank Refah Kargaran/Consiglio, T‑552/15, non pubblicata, EU:T:2018:897, punto 51).

133    Pertanto, la seconda censura deve essere respinta in quanto infondata.

–       Sulla terza censura, relativa alla violazione sufficientemente qualificata del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del diritto alla protezione dei dati di carattere personale nonché della libertà d’impresa e del diritto di proprietà

134    Per quanto riguarda la terza censura, occorre rilevare, al pari del Consiglio, che gli argomenti del ricorrente non sono suffragati da elementi di prova e, pertanto, non soddisfano le prescrizioni di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura.

135    A tale riguardo, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, il ricorso deve contenere, in particolare, un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Inoltre, per giurisprudenza costante, tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa in modo da consentire al convenuto di preparare la propria difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza dover richiedere altre informazioni. Infatti, al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, è necessario, perché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si basa emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso. Sempre secondo una giurisprudenza costante, qualsiasi motivo che non sia sufficientemente articolato nell’atto introduttivo del giudizio deve essere considerato irricevibile. Requisiti analoghi sono richiesti quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto. Tale eccezione di irricevibilità di ordine pubblico deve essere rilevata d’ufficio dal giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2016, Italia/Commissione, T‑384/14, non pubblicata, EU:T:2016:298, punto 38 e giurisprudenza ivi citata, e del 12 febbraio 2020, Kampete/Consiglio, T‑164/18, non pubblicata, EU:T:2020:54, punto 112).

136    Orbene, nel caso di specie, occorre rilevare che, nel ricorso, il ricorrente si limita a ricordare il contenuto dei principi invocati senza fornire alcun elemento per suffragare l’esistenza di violazioni qualificate del diritto al rispetto della vita privata e familiare, del diritto alla protezione dei dati di carattere personale nonché della libertà d’impresa e del diritto di proprietà. Per il resto, in udienza, in risposta a un quesito posto dal Tribunale, il ricorrente ha precisato che le questioni che egli aveva affrontato nella parte dedicata all’esistenza di un danno morale derivante dall’adozione delle misure restrittive nei suoi confronti non potevano essere utilizzate nell’ambito della dimostrazione dell’esistenza della violazione sufficientemente qualificata di detti diritti fondamentali.

137    Pertanto, da quanto precede risulta che il ricorrente non ha articolato in modo giuridicamente adeguato l’argomento diretto a far valere la presunta violazione qualificata dei diritti fondamentali summenzionati.

138    Di conseguenza, occorre respingere la terza censura in quanto irricevibile.

139    Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, senza che sia necessario esaminare se ricorrano gli altri presupposti per la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

 Sulle spese

140    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

141    Inoltre, a norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

142    Il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo. La Commissione si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

2)      Il sig. Bateni si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea si farà carico delle proprie spese.

Kanninen

Jaeger

Porchia

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 2021.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco