Language of document : ECLI:EU:C:2022:588

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 14 luglio 2022 (1)

Causa C247/21

Luxury Trust Automobil GmbH

in presenza di:

Finanzamt Österreich

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Imposta sul valore aggiunto – Operazione triangolare intracomunitaria – Regime speciale – Finalità e conseguenze giuridiche del regime speciale – Riferimento in fattura all’inversione contabile come condizione – Rettifica di una fattura errata – Effetto retroattivo della rettifica – Rettifica non notificata al destinatario»






I.      Introduzione

1.        La presente controversia fornisce alla Corte l’opportunità di precisare e diversificare la propria giurisprudenza sulla «substance over form») [la sostanza prevale sulla forma]. È possibile che il telos delle rispettive disposizioni debba essere preso in maggiore considerazione rispetto al passato. La fattispecie di cui trattasi è costituita da un particolare caso di operazione intracomunitaria a catena, la cosiddetta operazione triangolare intracomunitaria. Su tale aspetto non si è finora quasi mai pronunciata la Corte (2).

2.        Allorché un bene viene venduto da A (NL) a B (AUT) e da B a C (CZ), e quindi ceduto direttamente da A a C e la cessione da A a B è una cessione intracomunitaria esente (nei Paesi Bassi), si applicano le disposizioni ordinarie: B deve registrarsi nella Repubblica ceca (ossia nel paese di destinazione) per assoggettare ivi a imposizione l’acquisto intracomunitario del bene e per versare l’IVA relativa alla vendita di detto bene a C. Fino al momento in cui viene dimostrato l’assoggettamento dell’acquisto a imposizione nel paese di destinazione, B è inoltre tenuto a pagare in Austria l’imposta applicabile a un acquisto intracomunitario. Tale ultimo aspetto costituisce l’oggetto della presente controversia.

3.        A fini di semplificazione, il legislatore ha istituito un regime speciale per la suddetta fattispecie (tre società di tre Stati membri, ciascuna con un numero di identificazione attribuito da detti Stati, commercializzano un bene che viene trasportato direttamente dal primo all’ultimo di essi) tramite l’articolo 141 in combinato disposto con gli articoli 42 e 197 della direttiva IVA (3) (la cosiddetta operazione triangolare intracomunitaria).

4.        Tale regime consente alla società interposta (B) di evitare la registrazione nel paese di destinazione (CZ) e che l’acquisto intracomunitario sia sottoposto a condizione sospensiva nello Stato di attribuzione del numero di identificazione IVA utilizzato (AUT), se e in ragione del fatto che il debito d’imposta relativo alla sua cessione viene trasferito all’ultimo soggetto della catena (quindi anche al paese di destinazione). Tuttavia, affinché anche quest’ultimo (C) venga a conoscenza di ciò e assolva nel paese di destinazione la rispettiva imposta risultante dall’acquisto del bene, l’applicazione di detto regime è subordinata, in particolare, all’emissione di una fattura che faccia riferimento a detto trasferimento del debito fiscale.

5.        Ci si chiede come sia necessario procedere qualora nella fattura non figuri tale riferimento. In talune decisioni, la Corte ha ritenuto che errori meramente formali non possano mettere in discussione la detrazione dell’imposta a monte (4). Occorre stabilire se ciò si applichi anche con riguardo al ricorso a detto regime speciale, oppure se il riferimento all’inversione contabile nella fattura costituisca una condizione sostanziale nel caso in esame.

6.        La particolare importanza, anche pratica, di tale questione giuridica, non ancora chiarita dalla Corte, è dimostrata dal fatto che già solo in Germania sono state pronunciate medio tempore, a tal riguardo, tre sentenze di Finanzgerichte (Tribunali tributari, Germania) (5) recanti soluzioni divergenti. È interessante notare che tutte e tre le sentenze fanno ugualmente riferimento alla giurisprudenza della Corte. Ciò ha determinato l’avvio di due procedimenti di cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), il quale attende ora la decisione della Corte nel presente caso (6).

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

7.        Il contesto normativo dell’Unione è costituito dalla direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: la «direttiva IVA»).

8.        L’articolo 40 della direttiva IVA così dispone:

«È considerato luogo di un acquisto intracomunitario di beni il luogo in cui i beni si trovano al momento dell’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente».

9.        Il seguente articolo 41 è così formulato:

«Fatto salvo l’articolo 40, il luogo di un acquisto intracomunitario di beni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), punto i), si considera situato nel territorio dello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto, a meno che l’acquirente provi che tale acquisto è stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40.

Se l’acquisto è soggetto, in applicazione dell’articolo 40, all’IVA nello Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni dopo essere stato assoggettato all’imposta in applicazione del primo comma, la base imponibile è ridotta in misura adeguata nello Stato membro che ha attribuito il numero d’identificazione IVA con il quale l’acquirente ha effettuato l’acquisto».

10.      Il successivo articolo 42 prevede quanto segue:

«L’articolo 41, [paragrafo 1,] non si applica e si considera che l’acquisto intracomunitario di beni sia stato assoggettato all’IVA conformemente all’articolo 40, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      l’acquirente dimostri di avere effettuato l’acquisto ai fini di una successiva cessione, effettuata nel territorio dello Stato membro determinato conformemente all’articolo 40, per la quale il destinatario sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197;

b)      l’acquirente abbia soddisfatto gli obblighi relativi alla presentazione dell’elenco riepilogativo previsti all’articolo 265».

11.      In base all’articolo 141 della medesima direttiva

«Ciascuno Stato membro prende misure particolari per non assoggettare all’IVA gli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel proprio territorio, a norma dell’articolo 40, qualora siano soddisfatte le condizioni seguenti:

(…)

e)      il destinatario di cui alla lettera d) sia stato designato, conformemente all’articolo 197, come debitore dell’imposta dovuta per la cessione effettuata dal soggetto passivo che non è stabilito nello Stato membro in cui l’imposta è dovuta».

12.      L’articolo 197, paragrafo 1, della direttiva in discorso così dispone:

«L’IVA è dovuta dal destinatario della cessione di beni, quando sono soddisfatte le seguenti condizioni:

a)      l’operazione imponibile è una cessione di beni effettuata alle condizioni di cui all’articolo 141;

(…)

c)      la fattura emessa dal soggetto passivo non stabilito nello Stato membro del destinatario è redatta conformemente al capo 3, sezioni 3, 4 e 5».

13.      Il capo 3, sezioni 3, 4 e 5 ricomprende gli articoli da 219 bis a 237 di detta direttiva. L’articolo 219 bis recita nel modo seguente:

«Fatti salvi gli articoli da 244 a 248, si applicano le disposizioni seguenti:

1.      La fatturazione è soggetta alle norme applicabili nello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, conformemente alle disposizioni del titolo V.

2.      In deroga al punto 1, la fatturazione è soggetta alle norme applicabili nello Stato membro in cui il fornitore/prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione a partire dalla quale la cessione/prestazione viene effettuata o, in mancanza di tale sede o di tale stabile organizzazione, nello Stato membro del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale, quando:

a)      il fornitore/prestatore non è stabilito nello Stato membro in cui si considera effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, conformemente alle disposizioni del titolo V, o la sua stabile organizzazione non interviene nella cessione o nella prestazione ai sensi dell’articolo 192 bis, e il debitore dell’IVA è l’acquirente dei beni o il destinatario dei servizi.

(…)».

14.      L’articolo 226, punti 11 e 11 bis, della direttiva di cui trattasi dispone quanto segue:

«Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell’IVA soltanto le indicazioni seguenti:

11.      in caso di esenzione, il riferimento alla disposizione applicabile della presente direttiva o alla disposizione nazionale corrispondente o ad altre informazioni che indichino che la cessione di beni o la prestazione di servizi è esente;

11 bis).      se l’acquirente/destinatario è debitore dell’imposta, la dicitura “inversione contabile”».

B.      Diritto austriaco

15.      L’articolo 25, paragrafi da 1 a 5, dell’Umsatzsteuergesetz 1994 (legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari; in prosieguo: l’«UstG») nella versione applicabile nel 2014 (BGBI. I, n. 112/2012) così recita:

«1.      Sussiste un’operazione triangolare nel caso in cui tre imprenditori, in tre diversi Stati membri, concludano operazioni aventi ad oggetto uno stesso bene messo a disposizione dell’ultimo destinatario direttamente dal primo fornitore in presenza delle condizioni di cui al paragrafo 3. Ciò vale anche quando l’ultimo destinatario sia una persona giuridica che non sia un imprenditore o non acquisti il bene ai fini della propria impresa.

2.      L’acquisto intracomunitario ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, seconda frase, si considera essere stato assoggettato all’IVA laddove l’imprenditore (acquirente) dimostri la sussistenza di un’operazione triangolare e di aver adempiuto l’obbligo di dichiarazione al medesimo incombente in forza del paragrafo 6. L’imprenditore che non adempie il proprio obbligo di dichiarazione decade dall’esenzione con effetto retroattivo.

3.      L’acquisto intracomunitario è esente da IVA nei seguenti casi:

(…)

e)      l’imposta sia dovuta, a norma del paragrafo 5, dal destinatario.

4.      L’emissione della fattura è disciplinata dalle disposizioni dello Stato membro dal quale l’acquirente gestisce la sua impresa. Se la cessione è effettuata da una stabile organizzazione dell’acquirente, si applica il diritto dello Stato membro in cui questa è ubicata. Se il destinatario della cessione, su cui si trasferisce l’onere dell’imposta, emette nota di accredito, l’emissione della fattura è disciplinata dalle disposizioni dello Stato membro in cui è effettuata la cessione.

Ove l’emissione della fattura sia disciplinata dalle disposizioni della presente legge federale, la fattura deve parimenti contenere le seguenti informazioni:

–        l’esplicito riferimento alla sussistenza di un’operazione triangolare intracomunitaria e all’obbligo d’imposta del destinatario finale,

–        il numero di identificazione IVA con cui l’imprenditore (acquirente) ha effettuato l’acquisto intracomunitario e la successiva cessione dei beni, e

–        il numero di identificazione IVA del destinatario della cessione.

5.      Nel caso di un’operazione triangolare, laddove la fattura emessa dall’acquirente sia conforme al paragrafo 4, l’imposta è dovuta dal destinatario della cessione imponibile».

16.      L’articolo 3, paragrafo 8, dell’UStG è così formulato:

«L’acquisto intracomunitario si considera effettuato nel territorio dello Stato membro in cui il bene si trova al termine della spedizione o del trasporto. Se l’acquirente utilizza nei confronti del fornitore un numero di identificazione IVA attribuitogli da un altro Stato membro, l’acquisto si considera effettuato nel territorio di detto Stato membro sino a quando l’acquirente non dimostri l’assoggettamento a imposizione dell’acquisto nello Stato membro indicato nel primo periodo (…)».

III. Fatti e procedimento pregiudiziale

17.      La Luxury Trust Automobil GmbH è una società austriaca a responsabilità limitata con sede in Austria (in prosieguo: la «ricorrente»). La sua attività commerciale ricomprende l’intermediazione e la vendita transfrontaliere di autoveicoli di lusso.

18.      Nel 2014, la ricorrente acquistava, in diverse occasioni, veicoli da un fornitore residente nel Regno Unito, rivendendoli quindi a una società con sede nella Repubblica ceca (la M s.r.o.). Ciascuno dei tre imprenditori coinvolti adoperava il numero di identificazione IVA (in prosieguo: l’«IDI») del rispettivo Stato di residenza. I veicoli venivano inviati direttamente dal fornitore residente nel Regno Unito al destinatario nella Repubblica ceca; il trasporto dei veicoli veniva organizzato dalla ricorrente.

19.      Nelle tre fatture emesse dalla ricorrente (tutte del marzo 2014) erano indicati l’IDI ceca del destinatario, l’IDI austriaca della ricorrente e l’IDI britannica del fornitore. Ciascuna fattura conteneva la dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente». In nessuna di esse figurava l’IVA (bensì solo l’«importo netto della fattura»).

20.      Nell’elenco riepilogativo relativo al mese di marzo 2014, la ricorrente dichiarava tali cessioni di beni facendo riferimento all’IDI del destinatario ceco e comunicava a tal fine l’esistenza di operazioni triangolari.

21.      La società ceca M s.r.o. è classificata dall’amministrazione finanziaria ceca come «operatore scomparso» («missing trader») risultando per quest’ultima irreperibile, e non ha provveduto alla dichiarazione o al versamento dell’IVA nella Repubblica ceca. Tuttavia, all’epoca delle cessioni controverse, la M s.r.o. era registrata ai fini dell’IVA in tale paese.

22.      Con avviso del 25 aprile 2016, il Finanzamt (Ufficio delle imposte) accertava un debito di IVA a carico della ricorrente per l’anno 2014. Nella sua motivazione, il Finanzamt esponeva che le tre fatture inviate dalla ricorrente alla società ceca M s.r.o. non menzionavano il trasferimento del debito d’imposta (articolo 25, paragrafo 4, dell’UStG). In ragione dell’utilizzazione dell’IDI austriaco, dovrebbe presumersi l’effettuazione di un acquisto intracomunitario in Austria ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, dell’UStG.

23.      Il Bundesfinanzgericht (Corte tributaria federale) respingeva il ricorso presentato dalla ricorrente avverso tale decisione, sostenendo altresì che la ricorrente aveva rettificato le tre fatture con apposite note datate 23 maggio 2016, indicando il trasferimento del debito d’imposta in capo al destinatario della prestazione. Tuttavia, non sarebbe stato possibile dimostrare che le rettifiche delle fatture fossero state effettivamente notificate alla società ceca. Pertanto, in mancanza di rettifica delle fatture errate, non sarebbe stato necessario occuparsi più approfonditamente della questione dell’eventuale ricorso al regime semplificato dell’operazione triangolare mediante una rettifica a posteriori delle fatture. Nel caso in esame, non sarebbe stata versata alcuna imposta nel paese di destinazione.

24.      In presenza di una fattispecie ricadente nell’articolo 25, paragrafo 1, dell’UStG, non troverebbero necessariamente applicazione le disposizioni relative alle operazioni triangolari. L’acquirente (la società interposta in un’operazione triangolare) potrebbe piuttosto optare per l’applicazione o meno del regime dell’operazione triangolare a una determinata cessione. Ove l’acquirente intendesse rendere esente il proprio acquisto intracomunitario nello Stato membro di destinazione con trasferimento dell’obbligo di assolvimento dell’imposta relativo alla propria cessione, dovrebbero figurare nella fattura le indicazioni previste dall’articolo 25, paragrafo 4, dell’UStG. Ciò non accadrebbe nel caso in esame. Di conseguenza, il regime previsto dall’articolo 25 dell’UStG non troverebbe applicazione.

25.      La ricorrente presentava ricorso avverso tale decisione dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), che sospendeva il procedimento, sottoponendo alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali in forza dell’articolo 267 TFUE:

1.      Se l’articolo 42, lettera a), della direttiva [IVA] in combinato disposto con il successivo articolo 197, paragrafo 1, lettera c), debba essere interpretato nel senso che sussista una designazione del destinatario quale debitore dell’imposta anche nel caso in cui la fattura, nella quale non è esposto l’importo dell’IVA, rechi la seguente dicitura: «Operazione triangolare intracomunitaria esente».

2.      In caso di risposta negativa alla prima questione:

a)      Se un’indicazione di tal genere nella fattura possa essere validamente rettificata a posteriori (tramite la seguente indicazione: «Operazione triangolare intracomunitaria ai sensi dell’articolo 25 dell’Umsatzsteuergesetz [legge relativa all’imposta sulla cifra d’affari]. Il debito d’imposta è traferito al destinatario»).

b)      Se sia necessario, ai fini della validità della rettifica, che la fattura rettificata venga trasmessa al destinatario della fattura.

c)      Se la rettifica retroagisca al momento della fatturazione iniziale.

3.      Se l’articolo 219 bis della direttiva [IVA] debba essere interpretato nel senso che trovino applicazione le norme dello Stato membro in materia di fatturazione che si applicherebbero qualora nella fattura non figuri (ancora) la designazione di un «acquirente» come debitore dell’imposta; oppure se vadano applicate le norme dello Stato membro che si applicherebbero qualora si consideri valida la designazione dell’«acquirente» come debitore dell’imposta.

26.      Nel procedimento dinanzi alla Corte, la ricorrente, l’Austria e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la Corte ha deciso di non tenere un’udienza di discussione.

IV.    Valutazione giuridica

A.      Sulle questioni pregiudiziali

27.      Le questioni pregiudiziali vertono, in sostanza, sul trattamento di una particolare operazione transfrontaliera a catena tra tre soggetti, che può diventare molto onerosa per la società interposta (la ricorrente) a causa di un «vizio di forma» della fattura. Ad esempio, ove la ricorrente avesse indicato nella fattura: «operazione triangolare intracomunitaria in conformità all’articolo 42 in combinato disposto con l’articolo 141 della direttiva IVA. Facciamo presente che il debito di imposta vi viene trasferito in quanto destinatari della prestazione ai sensi dell’articolo 197, paragrafo 1, della direttiva medesima», non avrebbe dovuto pagare alcuna imposta in Austria.

28.      Orbene, sfortunatamente per lei, la ricorrente ha menzionato soltanto la dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente», con la conseguenza che l’amministrazione finanziaria austriaca ha assoggettato a imposizione in Austria un acquisto intracomunitario. Ciò discende dalla premessa che la cessione alla ricorrente sia la cessione intracomunitaria esente.

29.      In tal caso, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della direttiva IVA, l’acquisto dev’essere assoggettato a imposizione altresì nello Stato membro che ha attribuito il numero di identificazione IVA adoperato. A termini del suo paragrafo 2, tale disposizione non trova applicazione nel solo caso in cui la ricorrente avesse versato l’imposta sull’acquisto intracomunitario nella Repubblica ceca, il che non è ancora avvenuto. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, il richiedente non può neutralizzare l’IVA ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 1, della direttiva IVA avvalendosi della detrazione (7). L’IVA diventa quindi un fattore di costo per un soggetto passivo, sebbene – come spesso affermato dalla Corte – il soggetto passivo debba essere sgravato interamente dall’onere dell’IVA dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche (8).

30.      Anche per tale motivo, la Corte è piuttosto indulgente quando si tratta di indicazioni mancanti o errate sulla fattura. La giurisprudenza cosiddetta «substance over form» si è finora estesa alla detrazione dell’imposta assolta a monte (9) e all’esenzione delle cessioni intracomunitarie (10). Le difficoltà degli Stati membri derivanti da detta giurisprudenza, in particolare per quanto riguarda specificamente il controllo delle operazioni transfrontaliere, hanno indotto una modifica della direttiva IVA (11), che ora sottolinea espressamente la particolare importanza acquisito dal numero di identificazione IVA, in precedenza considerato come una mera formalità, nell’ambito di una procedura di massa quale l’imposizione dell’IVA. Tuttavia, nel caso in esame tale modifica non è applicabile ratione temporis e non manca il numero di identificazione IVA.

31.      L’unico problema consiste nella mancanza del riferimento all’inversione contabile a carico dell’ultima società della catena nell’ambito di un’operazione triangolare intracomunitaria. Inoltre, in quanto destinataria di una fattura in cui non è esposta l’IVA separatamente e la quale reca la dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente», una società potrebbe ritenere di essere essa stessa assoggettata all’IVA, in quanto destinataria.

32.      Proprio per tale motivo, il giudice del rinvio si chiede se, nonostante la fattura errata «sotto il profilo formale», sussista in ogni caso (sotto il profilo sostanziale) un’operazione triangolare intracomunitaria, con la conseguenza che l’acquisto intracomunitario della ricorrente sia considerato assoggettato a imposizione in Austria (v., al riguardo, sub B.). In caso di risposta negativa, il giudice chiede se sia ammissibile quantomeno una rettifica della fattura errata con effetto retroattivo e se questa debba essere trasmessa al destinatario (v. al riguardo sub C.). Inoltre, il giudice del rinvio chiede di chiarire come debba essere redatta una fattura rettificata oppure sulla base di quali norme in materia di fatturazione di quale Stato membro (paese di destinazione o paese che ha attribuito il numero di identificazione adoperato dal prestatore) occorra procedere (v. al riguardo sub D.).

B.      Sulla necessità di una fattura che faccia esplicito riferimento all’inversione contabile

1.      Giurisprudenza «substance over form» della Corte

33.      I dubbi relativi all’effettiva necessità di una corrispondente fattura al fine di poter ricorrere al regime speciale traggono origine dalla giurisprudenza della Corte. È vero che l’articolo 178 della direttiva IVA richiede, per poter esercitare il diritto a detrazione, «una fattura redatta conformemente al titolo XI, capo 3, sezioni da 3 a 6». Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte, il principio fondamentale di neutralità dell’IVA esige che la detrazione a monte di quest’ultima sia concessa se le condizioni sostanziali sono soddisfatte, anche se talune condizioni formali sono state omesse dai soggetti passivi (12). Una fattura contenente le indicazioni previste dall’articolo 226 della direttiva 2006/112 dovrebbe costituire solo una condizione formale e non una condizione sostanziale del diritto a detrazione (13).

34.      Nel contesto dell’operazione triangolare intracomunitaria, l’articolo 141, lettera e), in combinato disposto con l’articolo 197, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA esige che la fattura sia redatta conformemente al «capo 3, sezioni 3, 4 e 5». Ove la Corte confermasse la propria giurisprudenza, ne conseguirebbe che anche il suddetto elemento della fattispecie abbia un mero carattere formale. In tal caso si potrebbe senz’altro affermare – in linea con quanto sostenuto dalla ricorrente e da due dei tribunali tributari tedeschi summenzionati (14) – che una violazione dei requisiti formali non sarebbe in contrasto con il principio di neutralità. L’insistenza dell’amministrazione finanziaria austriaca nel richiedere un riferimento esplicito all’inversione contabile sarebbe quindi sproporzionata.

35.      Tuttavia, come ho già esposto recentemente in diverse conclusioni (15), nei procedimenti di massa come l’imposizione dell’IVA i requisiti di forma hanno la loro ragion d’essere. In particolare, l’obbligo di rispettare alcuni requisiti di forma noti a priori non è di per sé sproporzionato (16).

36.      A mio avviso, non è determinante stabilire se si tratti di requisiti formali o sostanziali, quanto piuttosto quale sia lo scopo che il legislatore – nel caso di specie, il legislatore della direttiva – persegue imponendo detti requisiti formali. Soltanto a seguito della determinazione di tale scopo sarà possibile decidere se la violazione del requisito formale impedisca di far valere determinati diritti. La classificazione di un requisito della direttiva IVA come «meramente» formale o sostanziale assume pertanto un rilievo secondario.

37.      Il fatto che un’inversione di cifre nell’indicazione del numero di fattura (indicazione necessaria in forza dell’articolo 226, punto 2, della direttiva IVA) non comporti il diniego della detrazione deriva non dal carattere formale di tale indicazione, bensì dal fatto che una fattura del genere, nonostante tale errore, può adempiere adeguatamente al suo scopo – di controllare le operazioni e informare il destinatario e l’amministrazione finanziaria circa il contenuto dell’operazione. Ove l’amministrazione finanziaria riconosca, a seguito di una verifica fiscale, che la fattura è stata emessa una sola volta per la specifica prestazione, il diniego della detrazione dell’IVA in ragione dell’errore nella numerazione risulta sproporzionato (17). In tal caso, non occorre rettificare la fattura oppure la rettifica può essere fatta agevolmente con effetto retroattivo.

38.      Se anche l’omissione del riferimento all’inversione contabile nell’ambito di un’operazione triangolare intracomunitaria sia irrilevante può essere stabilito in base alla finalità di detta indicazione, che deve figurare per legge in fattura. Di conseguenza, occorre innanzitutto individuare la finalità del regime applicabile all’operazione triangolare intracomunitaria (v., al riguardo, sub 2.). In secondo luogo, andrà chiarita la portata del riferimento – a tal fine richiesto – al trasferimento del debito fiscale al destinatario della prestazione (v., al riguardo, sub 3.). Ciò consentirà di sapere se detto riferimento costituisca una condizione necessaria ai fini dell’esistenza di un’operazione triangolare intracomunitaria (v., al riguardo, sub 4.).

2.      Finalità  del regime  applicabile alloperazione triangolare intracomunitaria

39.      Come già rilevato dalla Corte nella prima sentenza relativa all’articolo 141 della direttiva IVA, la finalità del regime speciale applicabile all’operazione triangolare intracomunitaria consiste nella semplificazione a beneficio delle parti coinvolte (18). Detta semplificazione riguarda due aspetti.

40.      Da un lato, l’articolo 141 della direttiva IVA consente alla società interposta (nel caso di specie, la ricorrente) di evitare la registrazione nel paese di destinazione (nel caso di specie, la Repubblica ceca) (19). Tale risultato è possibile in quanto essa non è tenuta a versare l’imposta né su un acquisto intracomunitario (articolo 141, prima frase) né sulla sua cessione, in quanto l’articolo 197 dispone che il destinatario di tale (seconda) cessione (nel caso di specie, la M s.r.o.) diventi il soggetto passivo dell’imposta (inversione contabile a carico del destinatario). A tal fine, ai sensi dell’articolo 141, lettera e), della medesima direttiva, la M s.r.o. deve «essere stat[a] designat[a], conformemente all’articolo 197, come debitore dell’imposta dovuta per la cessione».

41.      Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 42 della direttiva IVA, l’acquisto intracomunitario di cui al precedente articolo 40 (vale a dire, l’acquisto effettuato nella Repubblica ceca) si considera assoggettato a imposta. Del pari, non ha luogo l’ulteriore assoggettamento a imposizione (sottoposto a condizione sospensiva) dell’acquisto intracomunitario ai sensi dell’articolo 41 di detta direttiva (nel caso di specie, l’acquisto effettuato in Austria). Tuttavia, ai sensi del summenzionato articolo 42, tale risultato è subordinato alla condizione che l’acquirente (nel caso di specie, la ricorrente) fornisca determinate prove (lettera a) e presenti un elenco riepilogativo (lettera b). In particolare, la ricorrente deve dimostrare che il destinatario (nel caso di specie, la M s.r.o.) «è stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197».

42.      Entrambe le semplificazioni si basano sul fatto che il destinatario della ricorrente è stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197 della direttiva IVA. Il paragrafo 1 di detta norma esige, inter alia, che la fattura sia stata redatta conformemente al capo 3, sezioni 3, 4 e 5 (lettera c), ossia che la fattura relativa alla cessione effettuata dalla ricorrente alla M s.r.o. ai sensi dell’articolo 226, punto 11 bis, di detta direttiva – ricompreso nel capo 4, sezione 4 – contenga un riferimento all’inversione contabile a carico della M s.r.o.

43.      Da ciò si evince chiaramente che tale misura di semplificazione è a disposizione della società interposta (nel caso di specie, la ricorrente), la quale può avvalersene, non essendo però tenuta a farlo. Essa può infatti decidere di ricorrere a detta misura attraverso il modo in cui emette la fattura al proprio cliente. In tal modo, viene concesso un diritto di opzione alla società interposta di cui trattasi.

3.      Importanza del riferimento allinversione contabile nel contesto delloperazione triangolare intracomunitaria

44.      Tuttavia, tale opzione a favore della società interposta produce effetti anche sul destinatario della cessione. Quest’ultimo diventa infatti il debitore d’imposta della cessione a lui destinata e deve pagare l’IVA non alla sua controparte contrattuale, bensì all’amministrazione finanziaria del paese di destinazione.

45.      A tal riguardo, è comprensibile, ove non addirittura necessario, che l’articolo 226, punto 11 bis, richieda la presenza della dicitura «inversione contabile» su una fattura del genere. Detta indicazione mira ad assicurare che il destinatario sia consapevole del proprio debito d’imposta e assoggetti correttamente a imposizione la cessione nel paese di destinazione in luogo del prestatore. Al contrario, una fattura in cui l’IVA non è esposta separatamente indica solo che il prestatore ritiene di non essere tenuto a riscuotere l’IVA, pur non essendone chiaro il motivo, che potrebbe consistere, ad esempio, nell’esenzione o nella non imponibilità dell’operazione. L’omessa esposizione dell’IVA non implica necessariamente l’inversione contabile a carico del destinatario.

46.      Come ho già rilevato altrove (20), la ratio di una fattura – e quindi di tutte le sue indicazioni prescritte dall’articolo 226 della direttiva IVA – è anche di informare il destinatario della fattura sulla valutazione giuridica dell’operazione (in particolare sull’importo dell’IVA dovuta e traslata a suo carico) del prestatore/emittente della fattura. Tale finalità è tanto più pertinente qualora il prestatore ritenga di non essere tenuto lui stesso, in via eccezionale, al versamento dell’IVA, bensì il destinatario e pertanto il prezzo sia stato indicato senza indicazione dell’IVA. In mancanza di tale informazione sussisterebbe un rischio più elevato che nessuno provveda a versare l’IVA.

47.      Ne consegue che l’indicazione in fattura prescritta dall’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA è necessaria affinché il destinatario possa considerarsi «designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197» [v. articolo 42, lettera a) e, analogamente, articolo 141, lettera e) della medesima direttiva]. Essa mira ad informare il destinatario della prestazione (destinatario della fattura) e a garantire che l’IVA venga pagata da quest’ultimo nel paese di destinazione.

48.      Per tale motivo, la formulazione adoperata dalla ricorrente nel caso in esame, ossia «operazione intracomunitaria a catena esente», può soddisfare eventualmente (21) i requisiti dell’articolo 226, punto 11, della direttiva IVA, ma non quelli di cui al successivo punto 11 bis. Se il legislatore, nei punti 11 e 11 bis dell’articolo 226, distingue espressamente tra il riferimento all’esenzione e il riferimento all’inversione contabile, occorre conseguentemente tener conto anche di tale sua volontà.

49.      Non è quindi possibile fornire un’interpretazione estensiva secondo la quale la dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente» sia conforme ai requisiti stabiliti dall’articolo 197 della direttiva IVA, in quanto un’operazione triangolare intracomunitaria esigerebbe, in ultima analisi, che il destinatario diventi il soggetto passivo dell’imposta al termine della catena. Il testo dell’articolo 197 in combinato disposto con l’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA richiede invece un riferimento esplicito all’inversione contabile nei confronti del destinatario della prestazione, assente nel caso in esame. Tale scelta del legislatore vincola nella stessa misura l’amministrazione e i giudici.

50.      Inoltre, non appare sproporzionato richiedere che un soggetto passivo come la ricorrente rediga una fattura in cui figurino tali indicazioni qualora intenda avvalersi a proprio vantaggio del suo diritto di opzione e della conseguente semplificazione amministrativa. L’esplicito requisito della fattura stabilito dall’articolo 197 in combinato disposto con l’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA persegue un obiettivo legittimo (informare il destinatario e l’amministrazione finanziaria circa il ricorso al regime semplificato tramite l’inversione contabile) ed è idoneo ad attuarlo. Nel caso in esame, non può individuarsi un mezzo altrettanto idoneo per il raggiungimento di tale obiettivo. Alla luce del modico onere per la ricorrente, detto requisito formale risulta del pari adeguato.

4.      Fattura con riferimento allinversione contabile come condizione di esercizio del diritto di opzione

51.      In assenza di una fattura del genere, deve quindi ritenersi che la società interposta (nella fattispecie in esame, la ricorrente) non abbia esercitato il diritto di opzione e che il destinatario (nella fattispecie in esame, la M s.r.o.) non sia stato designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197 della direttiva IVA. Di conseguenza, l’acquisto intracomunitario non si considera assoggettato a imposizione e l’articolo 41 continua a trovare applicazione. Pertanto, la ricorrente è tenuta a versare l’imposta relativa a un acquisto intracomunitario in Austria, fino a quando non dimostri di averlo assoggettato a imposizione nella Repubblica ceca. In assenza delle condizioni previste dall’articolo 42, lettera a), della medesima direttiva affinché cessi l’imposizione «ordinaria» di un acquisto intracomunitario, non è possibile ricorrere al regime semplificato.

52.      Nulla in contrario si evince dalla precedente giurisprudenza della Corte. Nella sua sentenza relativa all’articolo 42 della direttiva IVA, la Corte ha invece operato una netta distinzione tra le condizioni ivi stabilite alla lettera a) e alla lettera b) (22). In quest’ultima si fa riferimento a una corrispondente dichiarazione fiscale (elenco riepilogativo). La Corte ha descritto detta modalità nel senso che «deve essere considerata formale» (23). Tuttavia, la condizione qui pertinente, relativa a una fattura in cui figura un riferimento all’inversione contabile («per la quale il destinatario sia stato designato come debitore dell’IVA ai sensi dell’articolo 197 della direttiva medesima») è però disciplinata dalla lettera a), che è stata definita dalla Corte come una «condizione sostanziale» (24).

53.      Può dunque rispondersi alla prima questione nel senso che il destinatario della cessione è designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197 della direttiva IVA solo se la rispettiva fattura fa riferimento all’inversione contabile a carico del destinatario. La mera dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente» non è sufficiente a tal fine.

C.      Sussistenza o meno di un effetto retroattivo dell’emissione di una fattura (o, rispettivamente, dell’esercizio di un diritto di opzione) nel caso di operazione triangolare intracomunitaria

54.      In assenza di una fattura che faccia riferimento all’inversione contabile a carico del destinatario, continua ad applicarsi il normale regime dell’operazione a catena. La ricorrente deve quindi pagare l’imposta relativa a un acquisto intracomunitario nella Repubblica ceca (articolo 40 della direttiva IVA) e, finché non è in grado di dimostrare di averlo fatto, anche in Austria (articolo 41 di detta direttiva). La cessione effettuata alla M s.r.o. deve essere del pari assoggettata a imposizione nella Repubblica ceca.

55.      Tuttavia, la ricorrente non ha riscosso l’IVA dalla sua controparte contrattuale (la M s.r.o.), avendo ritenuto che si trattasse di un’«operazione triangolare intracomunitaria esente». Una riscossione a posteriori non può aver luogo in ragione dell’irreperibilità del destinatario, che non ha versato l’IVA (derivante dalle cessioni a lui destinate o, rispettivamente, da lui effettuate).

56.      Per cui motivo sembra che la ricorrente abbia tentato di redigere una fattura rettificata. Pur non potendosi determinare il contenuto esatto della rettifica della fattura in base alla domanda di pronuncia pregiudiziale, nella seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia possibile, in via generale, rettificare a posteriori una fattura (con effetto retroattivo).

57.      In ogni caso, dubito che nel presente contesto possa parlarsi di rettifica della fattura. Come esposto in precedenza, manca una condizione della fattispecie (vale a dire, la corrispondente fattura) per ritenere esistente un’operazione triangolare intracomunitaria e l’inversione contabile a carico del destinatario della prestazione. Tuttavia, l’adempimento a posteriori di una condizione necessaria della fattispecie non costituisce una rettifica, bensì l’emissione per la prima volta della fattura prescritta.

58.      Pertanto, il quesito vero e proprio non mira a stabilire se sia possibile una rettifica a posteriori di una fattura, bensì quali conseguenze giuridiche derivino dall’emissione a posteriori di una fattura – ove consentito. A tal proposito, ai fini dell’esistenza di un’operazione triangolare intracomunitaria, è irrilevante se la ricorrente abbia già emesso una fattura oppure non ne abbia emessa alcuna.

59.      Dato che la direttiva IVA non fissa un termine finale per il ricorso al regime semplificato, è possibile effettuare la rispettiva opzione anche a posteriori. Di conseguenza, la corrispondente fattura può essere emessa anche successivamente. Eventuali limiti ratione temporis derivano dal diritto processuale nazionale, ma non dalla direttiva IVA.

60.      Dalla ratio di una fattura, come precisato supra, si evince però anche che – ove essa produca conseguenze giuridiche per il destinatario, come nel caso di cui trattasi – deve necessariamente essere trasmessa a quest’ultimo. Ci si chiede infatti come possa il destinatario venire a conoscenza dell’opzione effettuata dal prestatore per il regime semplificato e della sua conseguente designazione come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197 della direttiva IVA, qualora non riceva alcuna informazione in merito.

61.      Per lo stesso motivo, è possibile fornire una risposta chiara alla questione dell’effetto retroattivo. Una siffatta emissione (per la prima volta) di una fattura non può avere effetto retroattivo. Gli effetti giuridici del regime di semplificazione amministrativa operano ex nunc solo allorché il destinatario abbia ricevuto la corrispondente fattura.

62.      Ciò è conforme a un principio generale della normativa in materia di IVA, secondo il quale le modifiche determinanti ai fini dell’imposizione sono giuridicamente rilevanti solo quando producono effetti.

63.      Quanto precede è chiarito, ad esempio, dall’articolo 187, paragrafo 2, seconda frase, della direttiva IVA, concernente la modifica della destinazione d’uso di un bene. La modifica non opera retroattivamente mediante l’adeguamento della precedente detrazione, bensì solo quando i beni vengano utilizzati in modo diverso rispetto al momento in cui è stata effettuata detta detrazione. Nemmeno le modifiche a posteriori del prezzo d’acquisto – v. articolo 90 della direttiva IVA – hanno un effetto retroattivo sulla stipula del contratto d’acquisto (ossia sull’imposta originariamente dovuta), ma devono essere prese in considerazione solo nel momento del loro verificarsi (25). Lo stesso vale, ai sensi dell’articolo 185 della medesima direttiva, con riguardo ad una detrazione troppo elevata dell’imposta assolta a monte, quando il prezzo di acquisto viene successivamente ridotto (26).

64.      Tale approccio – consistente nel diniego, in linea di principio, di qualsiasi effetto retroattivo nel contesto di un’imposta sul consumo generale e indiretta – è confermato dalla giurisprudenza della Corte relativa alla detrazione in funzione dell’uso previsto (27). Pur non effettuandosi successivamente alcuna operazione imponibile, la detrazione non viene rettificata con effetto retroattivo, bensì resta in vigore. Ciò è chiaramente dimostrato anche dalla giurisprudenza della Corte, che si è medio tempore ulteriormente sviluppata, relativa al necessario possesso di una fattura ai fini della detrazione. Pertanto, l’emissione di una fattura (per la prima volta) con effetto retroattivo non può dar luogo a un rimborso retroattivo dell’imposta assolta a monte (28).

65.      Inoltre, il debito d’imposta del destinatario non può essere modificato unilateralmente e retroattivamente dal prestatore. Pur ammettendo che la ricorrente avesse consapevolmente ritenuto esistente un’«ordinaria» operazione a catena, essa avrebbe trasmesso alla M s.r.o una fattura con IVA ceca, avrebbe riscosso l’imposta e l’avrebbe versata nella Repubblica ceca. Ci si chiede se occorra dunque consentire alla ricorrente di avvalersi retroattivamente del regime semplificato, emettendo una nuova fattura. Ne conseguirebbe che la M s.r.o. diventerebbe retroattivamente un debitore d’imposta contro la sua volontà (senza accesso alla fattura e senza esserne a conoscenza) e dovrebbe versare nuovamente l’IVA all’amministrazione finanziaria (dopo averla già pagata alla ricorrente). Ciò sarebbe eventualmente possibile solo ex nunc e a seguito del pagamento del prezzo comprensivo di IVA unicamente con il consenso del destinatario.

66.      Ne consegue che le condizioni che integrano la fattispecie (nel caso in esame, relative al ricorso ad un regime semplificato) non possono essere soddisfatte con effetto retroattivo. Fino a quando non è stata emessa la corrispondente fattura, non sussistono le condizioni di applicazione del regime semplificato ad un’operazione triangolare intracomunitaria. Soltanto a seguito dell’emissione della corrispondente fattura può parlarsi di un’operazione del genere. Pertanto, una rettifica può produrre effetti solo ex nunc e non ex tunc (retroattivamente).

67.      Non è dunque corretto invocare a tal riguardo la giurisprudenza della Corte relativa alla rettifica delle fatture con effetto retroattivo (29). Da un lato, detta giurisprudenza aveva ad oggetto la detrazione e non l’esercizio di un diritto di opzione associato ad una specifica fattura.

68.      Dall’altro lato, nelle suddette sentenze, la Corte desume «soltanto» che l’amministrazione finanziaria non possa negare il diritto alla detrazione dell’IVA in base al mero rilievo che, ad esempio, una fattura non rispetta i requisiti previsti dall’articolo 226, punti 6 e 7, della direttiva IVA (descrizione precisa della quantità e della natura della prestazione e indicazione della sua data), qualora essa disponga delle informazioni per accertare che i requisiti sostanziali relativi a tale diritto siano stati soddisfatti (30). Lo stesso vale per le indicazioni di cui all’articolo 226, punto 3 (indicazione del numero di identificazione IVA del prestatore) (31) o punto 2 (indicazione del numero di fattura) (32). Solo entro detti limiti la Corte ha riconosciuto effetti retroattivi alla rettifica di una fattura (formalmente erronea) già in possesso del destinatario (33).

69.      Tale conclusione è convincente nel contesto della detrazione dell’imposta assolta a monte. Un documento che contabilizzi una cessione di beni o una prestazione di servizi costituisce di per sé una fattura ai sensi dell’articolo 178, lettera a), della direttiva IVA, qualora consenta sia al destinatario sia all’amministrazione finanziaria di desumerne l’operazione per la quale il prestatore ha effettuato la traslazione dell’IVA, il relativo importo e il destinatario. Ciò richiede indicazioni riguardanti il prestatore, il destinatario, l’oggetto della prestazione, il prezzo e l’IVA esposta separatamente (34). In presenza di tali cinque indicazioni essenziali – come ho già esposto in altra sede (35) – è rispettata la ratio della fattura nell’ambito della detrazione e il diritto è definitivamente sorto (36).

70.      Orbene, come segnalato in precedenza, il riferimento all’inversione contabile a carico del destinatario è una condizione necessaria per un’operazione triangolare intracomunitaria (v. supra, paragrafi 44 e segg.). Solo in tal modo il destinatario viene a conoscenza del suo obbligo di versare l’imposta, l’amministrazione finanziaria può verificare l’applicabilità del regime semplificato e il prestatore può astenersi in buona coscienza dalla registrazione nel paese di destinazione. La presenza di tali indicazioni necessarie e gli effetti da esse discendenti non possono essere stabiliti retroattivamente.

71.      Pertanto, occorre rispondere alla seconda questione nel senso che una fattura che contenga la dicitura «inversione contabile» a carico del destinatario della prestazione può essere emessa a posteriori, ma solo con effetto ex nunc, ed è necessario che tale fattura sia ricevuta dal destinatario.

D.      Sul contenuto della rettifica e sulle norme nazionali pertinenti in materia di fatturazione

72.      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede di interpretare l’articolo 219 bis della direttiva IVA, che stabilisce secondo quali norme di quale Stato membro debba emettersi la fattura. Dato che è acclarato che la fattura è erronea in misura tale da non consentire di ritenere esistente un’operazione triangolare intracomunitaria, detta questione potrebbe sollevarsi nella causa in esame soltanto qualora fosse ancora possibile l’emissione di una fattura con effetto retroattivo. Così non è, come esposto supra, con la conseguenza che non è necessario rispondere alla questione.

73.      Una risposta simile può fornirsi alla seconda questione sub a). Il giudice del rinvio chiede se sia sufficiente la dicitura «operazione triangolare intracomunitaria ai sensi dell’articolo 25 dell’UStG. Il debito d’imposta viene trasferito al destinatario». Da un lato, ciò richiede del pari la possibilità di una rettifica della fattura con effetto retroattivo. Dall’altro lato, il contenuto specifico della fattura è stabilito dal diritto nazionale (v. articolo 219 bis della direttiva IVA). Orbene, la Corte non può valutare il diritto nazionale. La Corte non può pronunciarsi sul quesito se la ricorrente debba effettivamente menzionare in una fattura l’articolo 25 dell’UStG.

74.      Peraltro, le sole indicazioni nelle fatture che, in linea di principio, gli Stati membri possono esigere discendono dall’articolo 226 della direttiva IVA, il cui punto 11, stabilisce che, nel caso in cui la cessione o altra prestazione sia esente, occorre fare riferimento all’esenzione. A differenza dell’articolo 2, paragrafo 1, della medesima direttiva, che opera una distinzione tra la cessione di beni (a), la prestazione di servizi (c) e l’acquisto intracomunitario (b), l’articolo 226, punto 11, non menziona l’acquisto intracomunitario. Alla luce dell’articolo 42 della menzionata direttiva, nemmeno l’acquisto intracomunitario è esente, ma si considera assoggettato a imposta senza che venga applicato il precedente articolo 41.

75.      Dall’articolo 226, punto 11 bis, della direttiva IVA discende che, nel caso di debito d’imposta dell’acquirente, è necessario riportare la dicitura «inversione contabile». La formulazione «il debito d’imposta viene trasferito al destinatario» ha il medesimo significato. L’indicazione del fondamento di detta inversione contabile – ossia, il diritto nazionale o il diritto dell’Unione – è utile (v. articolo 226, punto 11, della medesima direttiva), ma non obbligatoria. La comparazione tra i punti 11 e 11 bis della disposizione citata dimostra che non è necessario indicare il fondamento dell’inversione contabile. Appare decisivo unicamente che il destinatario sia a conoscenza del fatto che il prestatore lo ritiene debitore dell’imposta e responsabile del suo versamento nel paese di destinazione.

V.      Conclusione

76.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) come segue:

1.      Il destinatario della cessione è designato come debitore dell’imposta conformemente all’articolo 197 della direttiva IVA solo se la corrispondente fattura fa riferimento all’inversione contabile a carico del destinatario. La dicitura «operazione triangolare intracomunitaria esente» non è sufficiente a tal fine.

2.      Una fattura contenente la necessaria dicitura «inversione contabile» a carico del destinatario della prestazione può ancora essere emessa a posteriori, ma soltanto con effetto ex nunc. A tal riguardo, è necessario che detta fattura sia ricevuta dal destinatario.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      A quanto mi consta addirittura una sola volta: sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261).


3      Direttiva del Consiglio del 28 novembre 2006 (GU 2006, L 347, pag. 1) nella versione vigente nell’anno di riferimento (2014).


4      In tal senso, ad esempio, nella sentenza del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 43); v., per ulteriori riferimenti, note 9 e 10.


5      Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), sentenza del 26 maggio 2020 – 8 K 250/17, EFG 2020, pag. 1716; Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania), sentenza del 22 aprile 2020 – 15 K 1219/17 U, EFG 2020, pag. 1097; Finanzgericht Rheinland-Pfalz (Tribunale tributario della Renania-Palatinato, Germania), sentenza del 28 novembre 2019 – 6 K 1767/17, EFG 2020, pag. 319.


6      Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), ordinanze del 20 ottobre 2021 – XI R 38/19 e del 19 ottobre 2021 – XI R 14/20.


7      Sentenza del 22 aprile 2010, X e fiscale eenheid Facet-Facet Trading (C‑536/08 e C‑539/08, EU:C:2010:217, punto 45).


8      Sentenze del 28 ottobre 2021, X-Beteiligungsgesellschaft (IVA – Pagamenti successivi) (C‑324/20, EU:C:2021:880, punto 52), sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C‑335/19, EU:C:2020:829, punto 31), del 13 marzo 2008, Securenta (C‑437/06, EU:C:2008:166, punto 25), e del 1° aprile 2004, Bockemühl (C‑90/02, EU:C:2004:206, punto 39).


9      Sentenze del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 47), del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Rimborso dell’IVA – Fatture) (C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 80), del 19 ottobre 2017, Paper Consult (C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 41), del 28 luglio 2016, Astone (C‑332/15, EU:C:2016:614, punto 45), del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 42), del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 58), del 30 settembre 2010, Uszodaépítő (C‑392/09, EU:C:2010:569, punto 39), del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie (C‑385/09, EU:C:2010:627, punto 42), e dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punto 63).


10      V., ad esempio, sentenze del 9. febbraio 2017, Euro Tyre (C‑21/16, EU:C:2017:106, punto 36), del 20 ottobre 2016, Plöckl (C‑24/15, EU:C:2016:791, punti 39 e segg.), del 27 settembre 2012, VSTR (C‑587/10, EU:C:2012:592, punti 45 e seg.), e del 27 settembre 2007, Collée (C‑146/05, EU:C:2007:549, punto 29).


11      Le affermazioni di cui ai considerando 3 e 7 della direttiva del Consiglio del 4 dicembre 2018 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l’armonizzazione e la semplificazione di determinate norme nel sistema d’imposta sul valore aggiunto di imposizione degli scambi tra Stati membri, GU 2018, L 311, pag. 3, non possono essere interpretate in senso diverso.


12      Sentenze del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (C‑346/19, EU:C:2020:1050, punto 47), del 18 novembre 2020, Commissione/Germania (Erstattung der Mehrwertsteuer – Rechnungen) (C‑371/19, non pubblicata, EU:C:2020:936, punto 80), del 19 ottobre 2017, Paper Consult (C‑101/16, EU:C:2017:775, punto 41), del 28 luglio 2016, Astone (C‑332/15, EU:C:2016:614, punto 45), del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 42), del 9 luglio 2015, Salomie e Oltean (C‑183/14, EU:C:2015:454, punto 58), del 30 settembre 2010, Uszodaépítő (C‑392/09, EU:C:2010:569, punto 39), del 21 ottobre 2010, Nidera Handelscompagnie (C‑385/09, EU:C:2010:627, punto 42), e dell’8 maggio 2008, Ecotrade (C‑95/07 e C‑96/07, EU:C:2008:267, punto 63).


13      Sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C‑518/14, EU:C:2016:691, punti 29 e 38), v., in tal senso, sentenza del 1° marzo 2012, Kopalnia Odkrywkowa Polski Trawertyn P. Granatowicz, M. Wąsiewicz (C‑280/10, EU:C:2012:107, punti 41 e segg.).


14      Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster), sentenza del 22 aprile 2020 – 15 K 1219/17 U, EFG 2020, pag. 1097; Finanzgericht Rheinland-Pfalz (Tribunale tributario della Renania-Palatinato), sentenza del 28 novembre 2019 – 6 K 1767/17, EFG 2020, pag. 319.


15      V. le mie conclusioni nella causa «ARVI» ir ko (C‑56/21, EU:C:2022:223, paragrafi 57 e segg.), nella causa Zipvit (C‑156/20, EU:C:2021:558, paragrafi 77 e segg.), nella causa Wilo Salmson France (C‑80/20, EU:C:2021:326, paragrafi 79 e segg.), e nella causa Biosafe - Indústria de Reciclagens (C‑8/17, EU:C:2017:927, paragrafi 60 e segg.).


16      La forma può essere considerata a tal riguardo anche come «il nemico giurato dell’arbitrio e sorella gemella della libertà» – v. Rudolf von Jhering, Geist des Römischen Rechts auf den verschiedenen Stufen seiner Entwicklung [Spirito del diritto romano nei diversi gradi del suo sviluppo], parte II, volume II, Leipzig, 1858, Haften an der Aeußerlichkeit. III. Der Formalismus [Responsabilità per gli aspetti esteriori III. Il formalismo] paragrafo 45, pag. 497 (32) – I edizione.


17      In senso analogo, sentenza del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum (C‑368/09, EU:C:2010:441, punto 45), similmente anche sentenza del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (C‑346/19, EU:C:2020:1050, punti 53 e 57).


18      In tal senso sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261, punti 32 e 40), e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2017:930, paragrafo 33).


19      Così, correttamente, sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261, punto 41), e conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2017:930, paragrafo 57).


20      V. le mie conclusioni nella causa Zipvit (C‑156/20, EU:C:2021:558, paragrafi 61 e 63), e nella causa Wilo Salmson France (C‑80/20, EU:C:2021:326, paragrafo 62).


21      La formulazione è imprecisa nella misura in cui solo la prima cessione della catena risulta esente. La seconda è assoggettata ad imposizione nel paese di destinazione. Viene meno soltanto la tassazione dell’acquisto intracomunitario da parte della società interposta, nel momento in cui e in ragione del fatto che il destinatario è ivi debitore dell’imposta.


22      Sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261, punti 45 e segg.).


23      Sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261, punto 49 in fine).


24      Sentenza del 19 aprile 2018, Firma Hans Bühler (C‑580/16, EU:C:2018:261, punto 49 al principio).


25      In tal senso già sentenza del 23 novembre 2017, Di Maura (C‑246/16, EU:C:2017:887, punto 27).


26      V. sentenza del 15 ottobre 2020, E. (IVA – Riduzione della base imponibile) (C‑335/19, EU:C:2020:829, punto 42).


27      Sentenze del 12 novembre 2020, Sonaecom (C‑42/19, EU:C:2020:913, punto 40), del 17 ottobre 2018, Ryanair (C‑249/17, EU:C:2018:834, punto 25), del 29 febbraio 1996, Inzo (C‑110/94, EU:C:1996:67, punto 20), nonché conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Sonaecom (C‑42/19, EU:C:2020:378, paragrafo 33).


28      In tal senso, espressamente, sentenza del 21 ottobre 2021, Wilo Salmson France (C‑80/20, EU:C:2021:870, punto 89), in senso analogo già sentenza del 13 gennaio 2022, Zipvit (C‑156/20, EU:C:2022:2, punto 38), v. altresì sentenza del 21 marzo 2018, Volkswagen (C‑533/16, EU:C:2018:204, punti 49 e seg.).


29      Vi rientrano, ad esempio, le sentenze del 15 settembre 2016, Senatex (C‑518/14, EU:C:2016:691, punto 43), del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 44), e dell’8 maggio 2013, Petroma Transports e a. (C‑271/12, EU:C:2013:297, punto 34).


30      Sentenza del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 43).


31      Sentenza del 15 settembre 2016, Senatex (C‑518/14, EU:C:2016:691, punti 40 e segg.).


32      Sentenza del 15 luglio 2010, Pannon Gép Centrum (C‑368/09, EU:C:2010:441, punto 45), analogamente anche sentenza del 17 dicembre 2020, Bundeszentralamt für Steuern (Ufficio federale centrale delle imposte, Germania) (C‑346/19, EU:C:2020:1050, punti 53 e 57).


33      V. sentenze del 15 settembre 2016, Senatex (C‑518/14, EU:C:2016:691, punto 43), del 15 settembre 2016, Barlis 06 – Investimentos Imobiliários e Turísticos (C‑516/14, EU:C:2016:690, punto 44), e dell’8 maggio 2013, Petroma Transports e a. (C‑271/12, EU:C:2013:297, punto 34).


34      In tal senso v. anche il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania). V. sentenze del 12 marzo 2020 – V R 48/17, BStBl. II 2020, pag. 604, punto 23, del 22 gennaio 2020 – XI R 10/17, BStBl. II 2020, pag. 601, punto 17, e del 20 ottobre 2016 – V R 26/15, BStBl. 2020, pag. 593, punto 19.


35      V. le mie conclusioni nella causa Wilo Salmson France (C‑80/20, EU:C:2021:326, paragrafi 93 e 94) e nella causa Zipvit (C‑156/20, EU:C:2021:558, paragrafo 81).


36      Quanto al criterio dell’«esposizione separata dell’IVA», ciò discende già dalle affermazioni della Corte nelle sentenze Volkswagen e Biosafe, nelle quali si trattava di fatture nelle quali mancava l’esposizione dell’IVA al fine di esercitare il diritto a detrazione nell’importo corrispondente. V. sentenze del 12 aprile 2018, Biosafe – Indústria de Reciclagens (C‑8/17, EU:C:2018:249, punti 42 e 43), e del 21 marzo 2018, Volkswagen (C‑533/16, EU:C:2018:204, punti 49 e 50).