Language of document : ECLI:EU:T:2013:290

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

4 giugno 2013 (*)

«Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo – Spese di viaggio e di assistenza di segreteria – Recupero delle somme indebitamente versate – Prescrizione – Termine ragionevole – Diritti della difesa – Principio del contraddittorio – Proporzionalità»

Nelle cause riunite T‑431/10 e T‑560/10,

Riccardo Nencini, residente in Barberino di Mugello, rappresentato da F. Bertini e M. Chiti, avvocati,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato inizialmente da N. Lorenz, D. Moore e A. Caiola, successivamente da N. Lorenz, D. Moore e G. Ricci, in qualità di agenti,

convenuto,

aventi ad oggetto, in via principale, domande di annullamento delle decisioni del Segretario generale del Parlamento del 16 luglio e del 7 ottobre 2010, relative al recupero di talune somme percepite dal ricorrente, ex deputato al Parlamento, come rimborso di spese di viaggio e di assistenza di segreteria indebitamente corrispostegli, nonché delle note di addebito emesse dal Direttore generale della Direzione generale delle Finanze del Parlamento n. 312331, del 4 agosto 2010, e n. 315653, del 13 ottobre 2010, al pari di ogni altro atto connesso e/o presupposto, e, in subordine, domande di rinvio della causa al Segretario generale del Parlamento per un’equa rideterminazione dell’importo da recuperare,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto da O. Czúcz, presidente, I. Labucka (relatore) e sig. D. Gratsias, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il richiedente, sig. Riccardo Nencini, ricopriva la carica di membro al Parlamento europeo durante la legislatura 1994-1999.

2        A seguito di un’indagine svolta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), nel dicembre 2006 il Parlamento avviava una procedura di accertamento, in tema di spese di assistenza di segreteria e di viaggio, che riguardava segnatamente il ricorrente.

3        Il 16 luglio 2010 il Segretario generale del Parlamento adottava nei confronti del ricorrente la decisione n. 311847, relativa ad una procedura di recupero del pagamento indebito di talune spese di viaggio e di assistenza di segreteria (in prosieguo: la «prima decisione del Segretario generale»).

4        La prima decisione del Segretario generale, redatta in inglese, veniva inviata al ricorrente che la riceveva in data 28 luglio 2010.

5        Nella prima decisione del Segretario generale si constatava, da un lato, che, durante il suo mandato parlamentare, al ricorrente era stato indebitamente versato, ai sensi della regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), un importo complessivo di EUR 455 903,04 (di cui EUR 46 550,88 a titolo d’indennità di viaggio e EUR 409 352,16 a titolo d’indennità di assistenza di segreteria; in prosieguo: la «somma controversa») e, dall’altro, si impartivano istruzioni al servizio competente affinché recuperasse tale somma dal ricorrente.

6        Il 16 agosto 2010 il ricorrente riceveva la nota di addebito n. 312331 del Direttore generale della Direzione generale (DG) Finanze del Parlamento, datata 4 agosto 2010, relativa al recupero della somma controversa (in prosieguo: la «prima nota di addebito»).

7        Il 7 ottobre 2010 il Segretario generale del Parlamento adottava una decisione, redatta in italiano, che sostituiva la prima decisione del Segretario generale (in prosieguo: la «seconda decisione del Segretario generale»).

8        Il 13 ottobre 2010 il ricorrente riceveva la seconda decisione del Segretario generale, la quale era accompagnata dalla nota di addebito del Direttore generale della DG Finanze del Parlamento n. 315653, di pari data, che sostituiva la prima nota di addebito per la somma controversa (in prosieguo: la «seconda nota di addebito»).

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 settembre 2010, il ricorrente ha impugnato, nella causa T‑431/10, la prima decisione del Segretario generale, la prima nota di addebito e ogni altro atto connesso e/o presupposto.

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 dicembre 2010, il ricorrente ha impugnato, nella causa T‑560/10, la seconda decisione del Segretario generale e la seconda nota di addebito, oltre alla prima decisione del Segretario generale, alla prima nota di addebito e ad ogni altro atto connesso e/o presupposto.

11      Nella causa T‑431/10 e nella causa T‑560/10 le istanze di provvedimenti cautelari presentate dal ricorrente sono state respinte con ordinanze del presidente del Tribunale, rispettivamente, del 19 ottobre 2010, Nencini/Parlamento (T‑431/10 R, non pubblicata nella Raccolta), e del 16 febbraio 2011, Nencini/Parlamento (T‑560/10 R, non pubblicata nella Raccolta).

12      Con ordinanza del presidente della Terza Sezione del Tribunale dell’11 marzo 2011 e su richiesta in tal senso del ricorrente, datata 2 febbraio 2011, che dava atto della loro connessione per oggetto, le cause T‑431/10 e T‑560/10 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale nonché della sentenza.

13      Nella causa T‑431/10 il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–      in via principale, annullare la prima decisione del Segretario generale, la prima nota di addebito e ogni altro atto connesso e/o presupposto;

–      in subordine, annullare la prima decisione del Segretario generale e rinviare la causa al Segretario generale del Parlamento per un’equa rideterminazione dell’importo da recuperare;

–      condannare il Parlamento alle spese.

14      Nella causa T‑560/10 il ricorrente conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la seconda decisione del Segretario generale e la seconda nota di addebito, oltre alla prima decisione del Segretario generale, alla prima nota di addebito e ad ogni altro atto connesso e/o presupposto;

–        in subordine, annullare la seconda decisione del Segretario generale e rinviare la causa al Segretario generale del Parlamento per un’equa rideterminazione dell’importo da recuperare;

–        condannare il Parlamento alle spese.

15      Nelle cause T‑431/10 e T‑560/10 il Parlamento conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

16      Nel corso dell’udienza del 18 aprile 2011 il ricorrente ha informato il Tribunale di rinunciare agli atti nella causa T‑431/10 e il Tribunale ne ha preso atto.

17      Il Parlamento non ha presentato osservazioni su tale rinuncia agli atti.

 In diritto

 Sulla domanda nella causa T‑431/10

18      Nella causa T‑431/10 il ricorrente chiede al Tribunale, in via principale, di annullare la prima decisione del Segretario generale, la prima nota di addebito e ogni altro atto connesso e/o presupposto, nonché, in subordine, di annullare detti atti e di rinviare la causa al Segretario generale del Parlamento per un’equa rideterminazione dell’importo da recuperare.

19      Orbene, com’è stato ricordato al punto 16 della presente sentenza, il ricorrente ha rinunciato agli atti nella causa T‑431/10.

20      Occorre pertanto disporre la cancellazione dal ruolo della causa T‑431/10.

 Sulla domanda nella causa T‑560/10

21      Nella causa T‑560/10 il ricorrente chiede al Tribunale, in via principale, di annullare la seconda decisione del Segretario generale e la seconda nota di addebito, oltre alla prima decisione del Segretario generale, alla prima nota di addebito e ad ogni altro atto connesso e/o presupposto, nonché, in subordine, di annullare detti atti e di rinviare la causa al Segretario generale del Parlamento per un’equa rideterminazione dell’importo da recuperare.

 Sull’oggetto della controversia e sulla ricevibilità

22      Occorre subito constatare che la prima decisione del Segretario generale e la prima nota di addebito sono state sostituite, ancor prima dell’introduzione del ricorso T‑560/10, rispettivamente, dalla seconda decisione del Segretario generale e dalla seconda nota di addebito, come risulta dalla lettera del Segretario generale che correda questi ultimi atti.

23      Dopodiché, e in ogni caso, occorre respingere come irricevibili le domande di annullamento presentate nella causa T‑560/10 nella parte in cui riguardano la prima decisione del Segretario generale e la prima nota di addebito.

24      Nella causa T‑560/10 l’oggetto delle domande di annullamento è dunque circoscritto all’annullamento della seconda decisione del Segretario generale, della seconda nota di addebito e di ogni altro atto connesso e/o presupposto.

25      A tale riguardo emerge dal ricorso che, per «ogni altro atto connesso e/o presupposto», il ricorrente intende non solo la prima decisione del Segretario generale e la prima nota di addebito, ma anche alcune lettere a lui indirizzate durante la procedura di accertamento avviata dal Parlamento, di cui al punto 2 della presente sentenza, vale a dire le lettere n. 318619, del 7 dicembre 2006, n. 317968, del 21 novembre 2007, n. 309916, del 12 giugno 2008, e n. 322373, del 21 dicembre 2009 (in prosieguo, tutte le lettere insieme: gli «atti presupposti»).

26      Quanto, da un lato, alla prima decisione del Segretario generale e alla prima nota di addebito, è sufficiente rinviare alle considerazioni svolte ai punti 22 e 23 della presente sentenza.

27      Quanto, dall’altro lato, agli atti presupposti, si deve rilevare, come si evince dal loro contenuto e dalla data in cui sono stati adottati, che si tratta di meri atti preparatori all’adozione della prima decisione del Segretario generale e della prima nota di addebito, quali sostituite, rispettivamente, dalla seconda decisione del Segretario generale e dalla seconda nota di addebito, cosa che del resto il ricorrente non contesta.

28      Orbene, gli unici atti impugnabili nell’ambito di un ricorso di annullamento sono quelli che fissano definitivamente la posizione dell’istituzione, esclusi i provvedimenti preparatori il cui obiettivo è preparare l’atto definitivo (sentenza della Corte dell’11 novembre 1981, IBM/Commissione, 60/81, Racc. pag. 2639, punto 12).

29      Di conseguenza, poiché gli atti presupposti erano volti unicamente a preparare l’adozione della prima decisione del Segretario generale e della prima nota di addebito, quali sostituite, rispettivamente, dalla seconda decisione del Segretario generale e dalla seconda nota di addebito, le domande di annullamento devono essere respinte come irricevibili nella parte in cui sono dirette contro detti atti.

30      Per il resto, riguardo alla seconda nota di addebito, risulta dalla giurisprudenza che un atto è considerato meramente confermativo di una decisione precedente qualora non contenga nessun elemento nuovo rispetto alla decisione precedente e non sia stato preceduto da un riesame della situazione del destinatario della decisione medesima (sentenza del Tribunale del 7 febbraio 2001, Inpesca/Commissione, T‑186/98, Racc. pag. II‑557, punto 44, e ordinanza del Tribunale del 29 aprile 2004, SGL Carbon/Commissione, T‑308/02, Racc. pag. II‑1363, punto 51). Ebbene, secondo una giurisprudenza costante, una decisione puramente confermativa di una decisione precedente non è un atto impugnabile, ragion per cui un ricorso diretto contro una tale decisione è irricevibile (sentenze della Corte del 25 ottobre 1977, Metro/Commissione, 26/76, Racc. pag. 1875, punto 4, e del 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione, C‑180/96, Racc. pag. I‑2265, punti 27 e 28; v. anche ordinanza del Tribunale del 10 giugno 1998, Cementir/Commissione, T‑116/95, Racc. pag. II‑2261, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).

31      Tale è il caso della seconda nota di addebito, dato che essa non è atta a costituire nuovi obblighi rispetto a quelli risultanti dalla seconda decisione del Segretario generale e che non è stata preceduta da un riesame della situazione del ricorrente.

32      Anche relativamente alla seconda nota di addebito il ricorso è, quindi, irricevibile (v. punto 24 supra).

 Nel merito

33      A sostegno delle sue domande di annullamento nella causa T‑560/10 là dove dirette contro la seconda decisione del Segretario generale, il ricorrente adduce, in sostanza, quattro motivi attinenti, il primo, alla prescrizione, il secondo, alla violazione dei principi del contraddittorio e dell’«effettività della tutela», il terzo, alla violazione della regolamentazione SID e, il quarto, a una violazione del principio di proporzionalità.

–       Quanto al primo motivo, attinente alla prescrizione

34      Con il primo motivo il ricorrente fa valere che al momento dell’adozione della seconda decisione del Segretario generale l’azione del Parlamento era prescritta.

35      A sostegno delle sue allegazioni il ricorrente invoca l’articolo 73 bis del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 del Consiglio, del 13 dicembre 2006 (GU L 390, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento finanziario»), il quale dispone che, «[f]atte salve le disposizioni di normative specifiche e l’applicazione della decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità, i crediti delle Comunità nei confronti di terzi ed i crediti di terzi nei confronti delle Comunità sono soggetti a un termine di prescrizione di cinque anni».

36      Ora, nella fattispecie, la procedura amministrativa concernente il ricorrente sarebbe stata avviata nel dicembre 2006 e chiusa, prima dell’adozione della seconda decisione del Segretario generale, undici anni dopo la fine del suo mandato parlamentare.

37      Pertanto, dal dicembre 2006 o, al più tardi, alla data di adozione della seconda decisione del Segretario generale l’azione di recupero della somma controversa da parte del Parlamento sarebbe incorsa in prescrizione.

38      Ebbene, occorre, in primo luogo, rilevare, come giustamente sottolinea il Parlamento, che l’articolo 73 bis del regolamento che il ricorrente invoca prevede pure, al suo secondo comma, che «[l]a data dalla quale calcolare il termine di prescrizione e le condizioni per interrompere il decorso del termine sono stabilite nelle modalità d’esecuzione», ossia nel regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del [regolamento finanziario] (GU L 357, pag. 1; in prosieguo: le «modalità d’esecuzione»), il quale, così come modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 478/2007 della Commissione, del 23 aprile 2007 (GU L 111, pag. 13), al suo articolo 85 ter, rubricato «Norme relative ai termini di prescrizione», recita:

«1.      Il termine di prescrizione per i crediti delle Comunità nei confronti di terzi decorre dal giorno successivo alla data di scadenza indicata al debitore nella nota di addebito (…).

(...)

2.      Il termine di prescrizione per i crediti comunitari nei confronti di terzi viene interrotto da qualsiasi atto inteso a recuperare il credito, compiuto da un’istituzione ovvero da uno Stato membro su richiesta di un’istituzione, e notificato al terzo.

(…)

3.      Il nuovo termine di prescrizione di cinque anni decorre dal giorno successivo alle interruzioni di cui al paragrafo 2.

4.      Interrompe il termine di prescrizione ogni azione legale relativa a un importo dovuto ai sensi del paragrafo 1, comprese le azioni intentate dinanzi a un giudice che successivamente declini la propria competenza. Il nuovo periodo di prescrizione di 5 anni non decorre finché non sia stata pronunciata una sentenza e questa sia passata in giudicato ovvero sia intervenuta una transazione extragiudiziale tra le stesse parti e riguardo alla medesima azione».

39      Pertanto, in conformità a tali disposizioni, in vigore alla data di adozione della seconda decisione del Segretario generale, i termini di prescrizione hanno iniziato a decorrere, nella fattispecie, dalla data di scadenza indicata al debitore nella seconda nota di addebito.

40      Orbene, risulta in modo costante dal fascicolo che la data di scadenza indicata al debitore è stata fissata, nella seconda nota di addebito, al 20 gennaio 2011.

41      Di conseguenza, è dal 20 gennaio 2011 che deve essere calcolato il termine di prescrizione; quest’ultimo non aveva pertanto nemmeno iniziato a decorrere alla data di adozione della seconda decisione del Segretario generale, il 7 ottobre 2010, la quale recava titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 299 TFUE. A tale ultima data la prescrizione non era dunque per niente acquisita.

42      Il motivo del ricorrente vertente sulla prescrizione non può, quindi, essere accolto.

43      In secondo luogo, nella misura in cui, con il suo primo motivo, il ricorrente intende contestare al Parlamento di aver mancato ai doveri che gli derivano dal principio della ragionevolezza dei termini, occorre ricordare che le istituzioni dell’Unione sono tenute ad agire entro un termine ragionevole, poiché la fondamentale esigenza di certezza del diritto osta a che le medesime possano procrastinare a tempo indefinito l’esercizio dei loro poteri e poiché l’obbligo di rispettare un termine ragionevole nello svolgimento delle procedure amministrative costituisce un principio generale del diritto dell’Unione di cui il giudice dell’Unione garantisce l’osservanza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 14 luglio 1972, ACNA/Commissione, 57/69, Racc. pag. 933, punto 32; del 18 marzo 1997, Guérin automobiles/Commissione, C‑282/95 P, Racc. pag. I‑1503, punti 36 e 37, e del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punti da 167 a 171), principio che è riaffermato come parte del diritto ad una buona amministrazione dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389).

44      Quindi, l’osservanza di un termine ragionevole è richiesta ogniqualvolta, nel silenzio dei testi applicabili, i principi di certezza del diritto o di tutela del legittimo affidamento ostano a che le istituzioni dell’Unione possano agire senza alcun limite di tempo, fermo restando che la ragionevolezza del termine va valutata in funzione delle specificità di ciascun caso, in particolare della posta in gioco per l’interessato, della complessità della causa e del comportamento delle parti in lite (v., in tal senso, sentenze del Tribunale della funzione pubblica dell’11 maggio 2010, Nanopoulos/Commissione, F‑30/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 117 e la giurisprudenza ivi citata, e del 14 settembre 2010, AE/Commissione, F‑79/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 105).

45      Orbene, nella fattispecie, né il regolamento finanziario né le modalità d’esecuzione precisano il termine entro il quale occorre inviare una nota di addebito, qualunque sia la data del fatto che ha generato il credito di cui trattasi.

46      Di conseguenza, si deve verificare se, nella fattispecie, il Parlamento abbia rispettato gli obblighi che gli derivavano dal principio della ragionevolezza dei termini.

47      A tale riguardo si deve osservare che la durata del periodo intercorso tra la fine del mandato parlamentare del ricorrente e la data di adozione della seconda decisione del Segretario generale, ossia più di dieci anni, non è immune da critiche alla luce del principio della ragionevolezza dei termini.

48      Vero è che, nel caso di specie, il Parlamento fa valere di aver avuto notizia dei fatti in questione solamente il 18 marzo 2005, data in cui gli è pervenuta la relazione finale dell’OLAF.

49      Nondimeno i fatti in questione erano riferibili a documenti contabili già in possesso del Parlamento la cui attenzione, quanto al rischio di errori, avrebbe dovuto peraltro essere attirata già dalla lettera con la quale il ricorrente, il 13 luglio 1999, gli aveva chiesto chiarimenti – il Parlamento non lo nega – circa le modalità di rimborso delle spese di assistenza di segreteria.

50      Occorre quindi considerare che la procedura di accertamento avviata dal Parlamento avrebbe potuto essere condotta prima e che, pertanto, pure la seconda decisione del Segretario generale avrebbe potuto essere adottata prima, sicché il Parlamento è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del principio della ragionevolezza dei termini.

51      Tuttavia, una violazione del principio della ragionevolezza dei termini può comportare l’annullamento dell’atto che ne è affetto solamente se detta violazione ha pregiudicato l’esercizio dei diritti della difesa da parte del suo destinatario. Infatti, oltrepassare il termine ragionevole può costituire un motivo di annullamento di una decisione solo ove sia dimostrato che ciò ha compromesso le garanzie richieste affinché l’interessato esponga il proprio punto di vista. Al di fuori di siffatta ipotesi specifica l’inosservanza dell’obbligo di adottare una decisione in un termine ragionevole non incide sulla validità della procedura amministrativa (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale dell’11 giugno 2009, Grecia/Commissione, T‑33/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 240).

52      Orbene, nella fattispecie è inevitabile constatare che il ricorrente non ha fatto valere nessun argomento attestante una lesione dei suoi diritti della difesa nelle osservazioni relative alla violazione del principio della ragionevolezza dei termini che ha presentato al Tribunale nell’ambito del primo motivo.

53      La seconda decisione del Segretario generale non può, quindi, essere annullata per violazione da parte del Parlamento del principio della ragionevolezza dei termini, quale constatata al punto 49 della presente sentenza.

54      Di conseguenza, occorre respingere il primo motivo.

–       Quanto al secondo motivo, attinente alla violazione dei principi del contraddittorio e dell’«effettività della tutela»

55      Con il secondo motivo il ricorrente fa valere che il Parlamento ha violato i principi del contraddittorio e dell’«effettività della tutela».

56      A fondamento del secondo motivo e a prescindere dall’ambito di riferimento del principio dell’«effettività della tutela» secondo il ricorrente, atteso che questi non ha minimamente comprovato la sua argomentazione per chiarire al Tribunale il contenuto di tale principio nel diritto dell’Unione e la sua portata nel caso di specie, il ricorrente asserisce, in sostanza, che la seconda decisione del Segretario generale è stata adottata sulla base di elementi di fatto e di diritto in parte diversi da quelli che gli sono stati comunicati nella fase preparatoria dell’adozione di tale atto.

57      Il ricorrente si limita a far valere che, nel corso dell’indagine dell’OLAF, gli è stato chiesto di fornire giustificativi delle sue spese di assistenza di segreteria, ma che, in prosieguo, il Parlamento ha sostenuto di poter accettare solamente i giustificativi concernenti gli assistenti i cui nomi erano stati previamente dichiarati e registrati presso i propri servizi. Di conseguenza, le censure alla base della seconda decisione del Segretario generale divergerebbero da quelle comunicategli inizialmente.

58      Ebbene, è inevitabile constatare che l’argomentazione del ricorrente nell’ambito del secondo motivo è inconferente.

59      Infatti, ammesso pure che l’argomentazione del ricorrente poggi su elementi fondati in fatto, il principio del contraddittorio non risulterebbe violato.

60      Da una parte, occorre rilevare che il contenuto delle domande dell’OLAF, che s’iscrivevano nel contesto di un’indagine espletata da quest’organo e consistevano in semplici richieste di informazioni, non può aver vincolato il Parlamento quanto agli elementi di cui tener conto ai fini dell’adozione della seconda decisione del Segretario generale.

61      Dall’altra parte, il ricorrente non ha sostenuto che il Parlamento gli aveva vietato di produrre, successivamente all’indagine dell’OLAF e prima dell’adozione della seconda decisione del Segretario generale, giustificativi concernenti gli assistenti parlamentari i cui nomi erano stati effettivamente dichiarati e registrati presso i propri servizi.

62      Peraltro non si può rimproverare di certo al Parlamento di aver escluso i giustificativi concernenti gli assistenti parlamentari il cui nome non era stato dichiarato e registrato presso i suoi servizi, giacché tale posizione è coerente con un principio di corretta gestione finanziaria, come risulta dal punto 92, infra.

63      Il secondo motivo va pertanto respinto in quanto inconferente.

–       Quanto al terzo motivo, attinente a violazioni della regolamentazione SID

64      Con il terzo motivo il ricorrente fa valere violazioni della regolamentazione SID.

65      Il terzo motivo si compone di due parti.

66      Con la prima parte del terzo motivo il ricorrente deduce una violazione della regolamentazione SID applicabile alla fattispecie quanto alle somme percepite a titolo di rimborso delle spese di viaggio delle quali è chiesta la restituzione con la seconda decisione del Segretario generale.

67      Ai quesiti del Tribunale il Parlamento ha risposto che la somma reclamata a titolo d’indennità di viaggio a suo avviso indebitamente pagate, pari a EUR 46 550,88, rappresentava la differenza tra, da un lato, la somma complessiva ricevuta dal ricorrente a titolo d’indennità di viaggio prendendo Roma come luogo di partenza per il calcolo delle indennità suddette e, dall’altro, la somma complessiva che il ricorrente avrebbe percepito se fosse stato accettato Barberino di Mugello, visto che era lì che abitava il ricorrente, secondo l’OLAF, e che il ricorrente medesimo aveva dichiarato tale luogo come proprio domicilio.

68      Dal canto suo, il ricorrente deduce una violazione dell’articolo 2, paragrafi 2 e 6, della regolamentazione SID e sostiene essenzialmente che non si è tenuto conto del fatto che, durante il suo mandato parlamentare, egli risiedeva a Roma, capitale politica della Repubblica italiana, dove avrebbe continuato ad esercitare le sue attività politiche in quanto responsabile nazionale del proprio partito.

69      Il ricorrente asserisce, producendo giustificativi in tal senso, che Roma era il centro delle sue attività politiche e dei suoi interessi, dunque il suo «domicilio», ai sensi dell’articolo 43 del Codice civile, ovvero la sua «residenza», ai sensi del diritto dell’Unione, e, pertanto, principalmente, se non esclusivamente, il suo luogo di partenza ai fini del calcolo delle indennità di viaggio in applicazione della regolamentazione SID.

70      Barberino di Mugello sarebbe il suo domicilio solo per l’anagrafe e ai fini del censimento della popolazione in Italia.

71      La risposta alla presente parte del terzo motivo implica, per il Tribunale, di verificare la fondatezza dell’interpretazione accolta dal Parlamento nella seconda decisione del Segretario generale delle pertinenti disposizioni della regolamentazione SID.

72      Al riguardo il ricorrente fa valere differenti criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 6, della regolamentazione SID.

73      Orbene, siccome, secondo i suoi stessi termini, l’articolo 2, paragrafo 6, della regolamentazione SID concerne esclusivamente l’ipotesi in cui «la circoscrizione o il domicilio di un deputato si trovi nella Comunità europea, ma al di fuori dell’Europa», l’argomentazione del ricorrente non può prosperare, essendo evidente che non è questo il caso del ricorrente, il quale d’altro canto neppure afferma il contrario.

74      Peraltro, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID, il quale era applicabile ai fatti di specie come emerge dai differenti atti di causa, fra cui la seconda decisione del Segretario generale, ciò che peraltro il ricorrente non contesta nelle sue memorie, le indennità di viaggio sono calcolate sulla base del tragitto effettuato dal deputato prendendo come punto di partenza il «luogo di domicilio indicato nell’elenco ufficiale dei membri del Parlamento e dichiarato al servizio delle indennità parlamentari».

75      Ebbene, nella fattispecie si deve necessariamente constatare che il ricorrente ha subito indicato al servizio competente del Parlamento all’inizio del suo mandato parlamentare, cosa che egli non contesta, di essere domiciliato a Barberino di Mugello e non a Roma.

76      Di conseguenza, a buon diritto il Parlamento ha potuto considerare, ai fini della determinazione del «luogo di partenza» per la fissazione dell’importo delle indennità di viaggio in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID, non Roma, bensì Barberino di Mugello.

77      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti del ricorrente.

78      Infatti, ai fini di un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, occorre anzitutto considerare che la nozione di domicilio ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID non può essere interpretata con riferimento alla normativa nazionale di uno Stato membro, ma deve ricevere una definizione autonoma in diritto dell’Unione.

79      Occorre poi rilevare che, sempre ai fini di un’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, la nozione di domicilio ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID non può dipendere, a fortiori, dall’interpretazione che intende fornirne ciascun membro del Parlamento, segnatamente a titolo delle sue attività politiche finanche a livello nazionale.

80      Infine, si deve sottolineare che, poiché il rimborso delle spese di viaggio oggetto della presente causa aveva carattere forfettario, la nozione di domicilio ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID non può, ai fini della determinazione del «luogo di partenza» per la fissazione dell’importo delle indennità di viaggio in applicazione della regolamentazione SID, essere collegata al «luogo di effettiva partenza del deputato» o a un centro di interessi, ma al domicilio, definito secondo criteri oggettivi e trasparenti.

81      In tal senso è necessario constatare che l’approccio del Parlamento, consistente nel considerare, ai fini della determinazione del «luogo di partenza» per la fissazione dell’importo delle indennità di viaggio in applicazione della regolamentazione SID, il domicilio quale formalmente dichiarato dallo stesso membro interessato al suo servizio competente e quale risulta dalle informazioni su detto membro contenute nell’elenco ufficiale dei membri al Parlamento, è non solo conforme alla lettera dell’articolo 2, paragrafo 1, della regolamentazione SID, ma anche a requisiti di oggettività e di trasparenza.

82      Emerge peraltro dagli atti di causa che i luoghi di residenza a Roma del ricorrente, di cui egli ha dato atto e quali menzionati nella seconda decisione del Segretario generale, sono stati svariati, a differenza del luogo principale di stabilimento che egli ha dichiarato, prima di tutti al Parlamento, ossia Barberino di Mugello.

83      Ad abundantiam, risulta dagli atti di causa che il ricorrente non è giunto ad apportare prove idonee a rimettere in discussione le constatazioni svolte dall’OLAF nel quadro della sua indagine, a termini delle quali il domicilio del ricorrente era effettivamente Barberino di Mugello.

84      Occorre pertanto respingere la prima parte del terzo motivo.

85      Con la seconda parte del terzo motivo il ricorrente deduce una violazione della regolamentazione SID quanto alle indennità di assistenza di segreteria.

86      A sostegno delle sue allegazioni il ricorrente afferma anzitutto di aver trasferito alle persone che hanno svolto per lui lavori di segreteria, che i loro nomi fossero dichiarati e registrati presso i servizi del Parlamento oppure no, la totalità delle indennità di assistenza di segreteria previste a tal fine e, quindi, di non aver trattenuto alcuna somma.

87      In seguito, pur non escludendo completamente di aver commesso alcuni semplici errori di forma quanto al modo di riempire gli appositi formulari, nel senso di non aver indicato i nomi di tutti i beneficiari delle indennità di assistenza di segreteria, egli asserisce che tali errori sono stati commessi in buona fede, che si spiegano per l’incertezza delle norme applicabili in materia e che non potrebbero in nessun caso giustificare le pretese del Parlamento di restituzione delle somme controverse, le quali sarebbero state manifestamente utilizzate per scopi istituzionali.

88      Infine, il ricorrente sostiene che le indennità di assistenza di segreteria erano destinate a coprire le spese per l’assunzione di uno o più assistenti in osservanza solamente della normativa nazionale applicabile, vuoi che questi fossero accreditati presso il Parlamento per operare al suo interno vuoi che non lo fossero perché non vi svolgevano alcuna attività.

89      Il ricorrente ricorda, ad abundantiam, da un lato, di aver investito il Parlamento, con lettera del 13 luglio 1999 rimasta senza risposta, di una richiesta di chiarimenti quanto alla procedura da seguire per il pagamento delle indennità di segreteria, vale a dire se, per la totalità della somma controversa, fosse sufficiente un’unica domanda di attribuzione recante menzione di un solo assistente accreditato, mentre detta somma veniva poi ripartita tra vari altri assistenti. Ricorda, dall’altro lato, che tale procedura gli sarebbe stata indicata dai servizi del Parlamento all’inizio del suo mandato parlamentare.

90      Secondo il Parlamento, che asserisce di aver risposto per telefono alla domanda del ricorrente del 13 luglio 1999, la regolamentazione SID applicabile era perfettamente chiara e non poteva esservi alcun dubbio da parte dei suoi membri quanto alla necessità di dichiarare presso i suoi servizi il nome di ciascun assistente.

91      La risposta alla presente parte del terzo motivo implica, per il Tribunale, di verificare la fondatezza dell’interpretazione seguita dal Parlamento nella seconda decisione del Segretario generale dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), della regolamentazione SID, nella versione applicabile ai fatti di specie, quale risulta dai diversi atti di causa, fra cui la seconda decisione del Segretario generale, ciò che peraltro il ricorrente non contesta nelle sue memorie.

92      Al riguardo occorre, in limine, ricordare che, a norma dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), della regolamentazione SID, la richiesta di attribuzione dell’indennità di segreteria contiene in ogni caso il nome, l’indirizzo, la nazionalità, il paese, il luogo e la data di nascita dell’assistente.

93      Si deve altresì tener presente che la condizione enunciata all’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), della regolamentazione SID rientra fra le forme sostanziali per garantire l’osservanza dei requisiti superiori di trasparenza e di corretta gestione finanziaria (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 16 dicembre 2010, Martin/Parlamento, T‑276/07, non pubblicata nella Raccolta, punto 115).

94      Orbene, nella fattispecie, è inevitabile constatare – come ammette del resto lo stesso ricorrente – che non tutti i nomi dei beneficiari delle indennità parlamentari corrispostegli sono stati effettivamente dichiarati al servizio competente del Parlamento, in violazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), della regolamentazione SID. Il Parlamento era dunque legittimato a richiedere la restituzione dell’indebito costituito dalla somma dei versamenti effettuati a beneficio delle persone il cui nome non era stato oggetto di una tale dichiarazione.

95      Pertanto neanche la seconda parte del terzo motivo può prosperare.

96      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti del ricorrente.

97      Infatti, occorre anzitutto considerare che la regolarità dell’utilizzo delle indennità di assistenza di segreteria non può essere valutata alla luce di una normativa nazionale, come afferma il ricorrente, bensì della pertinente regolamentazione dell’Unione.

98      Occorre poi respingere come inconferente l’argomentazione del ricorrente vertente sulla sua buona fede. Infatti, il formalismo richiesto è per l’appunto determinante ai fini dell’attuazione delle pertinenti disposizioni della regolamentazione SID, di modo che gli errori commessi dal ricorrente giustificano le pretese del Parlamento di restituzione delle indennità di assistenza di segreteria indebitamente percepite.

99      Si deve ritenere inoltre che l’argomentazione del ricorrente secondo la quale egli ha trasferito alle persone che avevano svolto per lui lavori di segreteria la totalità delle indennità di assistenza previste a tal fine e non ha, pertanto, trattenuto per sé alcuna somma sia inconferente, visto che comunque egli non ha dichiarato i nomi di ciascuna di tali persone ai servizi competenti del Parlamento, a prescindere se le somme controverse siano state utilizzate o no per scopi istituzionali.

100    Infine, l’incertezza sulle norme applicabili in materia, un’indicazione che gli avrebbe fornito il Parlamento all’inizio del suo mandato parlamentare e l’omessa risposta del Parlamento alla sua richiesta del 13 luglio 1999 non possono neanch’esse rimettere in discussione il carattere sostanziale del requisito formale di indicare il nome di tutti i beneficiari delle indennità di assistenza di segreteria che sono versate ai membri del Parlamento in applicazione della regolamentazione SID.

101    Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del terzo motivo e, per ciò stesso, l’intero terzo motivo.

–       Quanto al quarto motivo, attinente a una violazione del principio di proporzionalità

102    Con il quarto motivo, attinente a una violazione del principio di proporzionalità, il ricorrente fa valere, in sostanza, che la somma controversa è eccessiva, segnatamente rispetto agli errori di mera forma che egli avrebbe commesso riguardo alle condizioni di attribuzione delle indennità di assistenza di segreteria.

103    Il ricorrente sostiene altresì di essere stato un semplice intermediario nell’attribuzione ai suoi assistenti parlamentari delle indennità di assistenza di segreteria previste a tal fine.

104    Siccome tale argomentazione del ricorrente si sovrappone, in parte, a quella da lui addotta nell’ambito della seconda parte del terzo motivo, essa non può prosperare per i motivi enunciati ai punti da 91 a 99 della presente sentenza.

105    Questa stessa soluzione s’impone, peraltro, perché il ricorrente non può utilmente invocare una violazione del principio di proporzionalità.

106    Certamente, il principio di proporzionalità costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, il quale richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non travalichino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi (sentenza del Tribunale del 22 dicembre 2005, Gorostiaga Atxalandabaso/Parlamento, T‑146/04, Racc. pag. II‑5989, punto 89).

107    Resta nondimeno che, nella fattispecie, il ricorrente non ha sollevato eccezioni di illegittimità per il fatto che la disposizione normativa sulla quale il Parlamento si era basato, ossia l’articolo 71, paragrafo 3, del regolamento finanziario, infrangesse il principio di proporzionalità. Come risulta dai punti 101 e 102 supra, egli si è limitato ad affermare che l’applicazione fatta di tale disposizione era sproporzionata. Ora, il Parlamento non fruiva, in virtù di detta disposizione, di nessun potere discrezionale quanto all’importo da recuperare come somma controversa, trattandosi di ripetizione di indebito.

108    Infatti, a termini dell’articolo 71, paragrafo 3, «[g]li importi indebitamente pagati sono recuperati».

109    Orbene, essendo stato dimostrato, nell’ambito dell’analisi del terzo motivo, che le indennità delle quali è stata chiesta la restituzione con la seconda decisione del Segretario generale non erano state attribuite conformemente alla regolamentazione SID, il Parlamento era tenuto incondizionatamente a recuperare gli importi pagati indebitamente e, pertanto, l’intera somma controversa (v., in tal senso, sentenza Martin/Parlamento, cit.).

110    Quindi, non disponendo di alcun potere discrezionale nell’adempimento di tale obbligo incondizionato a suo carico, il Parlamento non poteva, nella fattispecie, travalicare i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla regolamentazione SID.

111    Non gli si può dunque validamente contestare di aver ecceduto quanto l’applicazione della regolamentazione applicabile richiedesse nelle circostanze della presente causa.

112    Pertanto, stabilire se le indennità di assistenza di segreteria indebitamente percepite dal ricorrente siano state, di fatto, da lui riversate ai propri assistenti è questione manifestamente irrilevante.

113    Il quarto motivo deve dunque essere respinto.

114    Di conseguenza, occorre respingere il quarto motivo e, per ciò stesso, l’intero ricorso.

 Sulle spese

115    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se n’è stata fatta domanda.

116    Nella causa T‑431/10, in mancanza di una tale domanda del Parlamento nelle osservazioni circa la rinuncia del ricorrente agli atti di causa, ciascuna parte sopporterà le proprie spese, conformemente all’articolo 87, paragrafo 5, del regolamento di procedura.

117    Nella causa T‑560/10, il ricorrente, rimasto integralmente soccombente, deve essere condannato alle spese conformemente alle conclusioni del Parlamento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso nella causa T‑560/10 è respinto.

2)      Riccardo Nencini è condannato alle spese nella causa T‑560/10, comprese quelle del procedimento sommario.

3)      La causa T‑431/10 è cancellata dal ruolo.

4)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese nella causa T‑431/10, comprese quelle del procedimento sommario.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 giugno 2013.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.