Language of document : ECLI:EU:T:2024:26

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

24 gennaio 2024 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documento comunicato nell’ambito di una procedura EU Pilot di rimborso dell’IVA – Documento proveniente da uno Stato membro – Diniego di accesso – Previo accordo dello Stato membro – Eccezione relativa alla tutela dei procedimenti giurisdizionali – Obbligo di motivazione»

Nella causa T‑602/22,

Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi SpA (Veritas), con sede in Venezia (Italia), rappresentata da A. Pasqualin, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A.-C. Simon e A. Spina, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, S. Gervasoni (relatore) e N. Półtorak, giudici,

cancelliere: V. Di Bucci

vista la fase scritta del procedimento,

visto che le parti non hanno presentato, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

viste l’ordinanza del 20 settembre 2023 che ordina alla Commissione di produrre il documento a cui essa aveva negato l’accesso alla ricorrente e la produzione di tale documento da parte della Commissione il 26 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi SpA (Veritas), ricorrente, chiede l’annullamento della decisione C(2022) 5221 final della Commissione, del 15 luglio 2022, con la quale le è stato negato l’accesso alla lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 inviata nell’ambito della procedura EU Pilot 9456/19/TAXUD relativa al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) indebitamente fatturata sulla tariffa di igiene ambientale italiana istituita dall’articolo 49 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (in prosieguo: la «tariffa TIAI»).

 Contesto normativo

2        L’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), ai paragrafi 2, 4 e 5, dispone quanto segue:

«2. Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

(…)

–        le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

(…)

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

4. Per quanto concerne i documenti di terzi, l’istituzione consulta il terzo al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui ai paragrafi 1 o 2, a meno che non sia chiaro che il documento può o non deve essere divulgato.

5. Uno Stato membro può chiedere all’istituzione di non comunicare a terzi un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo».

 Fatti

3        La procedura EU Pilot è una procedura di cooperazione tra la Commissione europea e gli Stati membri che consente alla Commissione di formarsi un’opinione, su una questione determinata, in merito al rispetto e alla corretta applicazione del diritto dell’Unione europea all’interno degli Stati membri. Tale tipo di procedura, che ha sostituito, a partire dal 2008, la fase informale della fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, mira a risolvere eventuali infrazioni al diritto dell’Unione in modo efficace evitando, per quanto possibile, l’avvio di un procedimento per inadempimento, pur potendo sfociare nell’avvio di un siffatto procedimento (v. sentenza del 9 ottobre 2018, Pint/Commissione, T‑634/17, non pubblicata, EU:T:2018:662, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

4        Nell’ambito della procedura EU Pilot 9456/19/TAXUD avviata nel caso di specie in seguito, segnatamente, alla denuncia della ricorrente (in prosieguo: la «procedura EU Pilot»), la Commissione ha chiesto alle autorità italiane chiarimenti in merito alle modalità di rimborso dell’IVA indebitamente riscossa sulla tariffa TIAI.

5        Con lettera del 2 agosto 2021 la Commissione ha informato la ricorrente di aver ricevuto la risposta delle autorità italiane e di aver deciso di non avviare una procedura di infrazione per inosservanza del diritto dell’Unione da parte di tali autorità.

6        Il 21 ottobre 2021 la ricorrente ha chiesto alla Commissione una copia della risposta delle autorità italiane riassunta nella lettera del 2 agosto 2021.

7        La Commissione ha risposto, con lettera del 15 novembre 2021 (in prosieguo: la «risposta iniziale»), anzitutto identificando il documento richiesto come la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 inviata nell’ambito della procedura EU Pilot, e poi negando l’accesso a tale lettera per il motivo che la sua divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela dei procedimenti giurisdizionali in corso in Italia, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

8        Il 30 novembre 2021 la ricorrente ha inviato una domanda di conferma alla Commissione, chiedendo a quest’ultima di rivedere la sua posizione.

9        Il 15 luglio 2022 la Commissione ha confermato il rifiuto di concedere l’accesso alla lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019, in seguito all’opposizione di queste ultime alla divulgazione di tale lettera in forza dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, sulla base dell’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        a titolo di mezzo istruttorio, ordinare alla Commissione di produrre la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019;

–        parimenti a titolo di mezzo istruttorio, ordinare alla Commissione di produrre la risposta di dette autorità alla loro consultazione preliminare all’adozione della decisione impugnata;

–        disporre qualsiasi altro mezzo istruttorio ritenuto utile;

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

11      In seguito alla comunicazione della Commissione, in allegato al controricorso, dei suoi scambi di corrispondenza con le autorità italiane posteriori alla risposta iniziale e alla domanda di conferma della ricorrente, quest’ultima ha circoscritto la sua richiesta di produzione della risposta delle autorità italiane a quella precedente a detta domanda di conferma (v. il precedente punto 10, secondo trattino).

12      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      La Repubblica italiana chiede il rigetto del ricorso.

 In diritto

14      La ricorrente deduce due motivi a sostegno del ricorso. Il primo verte, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e dell’obbligo di motivazione. Il secondo verte, in sostanza, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, di detto regolamento in combinato disposto con il paragrafo 5 del medesimo articolo, dell’obbligo di esame diligente e dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, vertente in sostanza sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e dellobbligo di motivazione

15      La ricorrente sostiene, sotto un primo profilo – tenuto conto della contraddizione tra la risposta iniziale, da un lato, che non fa alcun riferimento all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e all’opposizione delle autorità italiane consentita da tale disposizione, e la decisione impugnata, dall’altro, che menziona tale disposizione nonché tale opposizione – di non essere in grado di determinare quale procedura sia stata applicata e se sia stata applicata correttamente. Nella sua replica essa precisa di voler contestare alla Commissione non già una differenza tra la risposta iniziale e la decisione impugnata, bensì un’inesattezza nella decisione impugnata nella parte in cui avrebbe erroneamente indicato che la risposta iniziale si basava sul combinato disposto dell’articolo 4, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1049/2001.

16      La ricorrente ne deduce, sotto un secondo profilo, che, poiché dal procedimento dinanzi alla Commissione non risulterebbe alcuna precedente manifestazione di volontà delle autorità italiane, sarebbe necessaria una valutazione esaustiva della domanda di accesso, a differenza dell’ipotesi di effettiva opposizione di uno Stato membro, in relazione alla quale la giurisprudenza avrebbe ammesso un esame prima facie dell’opposizione da parte della Commissione. Orbene, nel caso di specie, la Commissione non avrebbe svolto l’esame approfondito richiesto e non avrebbe proceduto alla valutazione autonoma necessaria in assenza di esercizio da parte delle autorità italiane della facoltà prevista all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001.

17      Va rilevato, in primo luogo, per quanto riguarda l’asserita violazione dell’obbligo di motivazione, che la ricorrente si limita in realtà a contestare la fondatezza del riferimento, da parte della Commissione, all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001.

18      Infatti, l’obbligo di motivazione è una forma prescritta ad substantiam che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legalità sostanziale dell’atto controverso (sentenze del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, EU:C:2001:178, punto 35, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 28). Un atto insufficientemente motivato, ai sensi dell’obbligo di motivazione formale, è quello che non consente di comprendere perché, su quale fondamento o per quale ragione esso sia stato adottato, mentre i punti della motivazione di un atto, che costituiscono le sue ragioni e giustificazioni, possono essere sufficientemente conosciuti e comprensibili, ma insufficienti per giustificarlo giuridicamente, in quanto non sono suffragati dalle disposizioni applicabili, né pertinenti o conformi alle stesse.

19      Orbene, nel caso di specie, la ricorrente ha chiarito il suo argomento nella replica, precisando che essa non contestava alla Commissione una differenza tra la risposta iniziale e la decisione impugnata che le impedisse di conoscere, comprendere e quindi contestare la motivazione di tale decisione – il che sarebbe equivalso a una contestazione di forma – ma che essa criticava il richiamo erroneo all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 in assenza di un’effettiva opposizione alla divulgazione da parte delle autorità italiane, in particolare prima della risposta iniziale (v. il precedente punto 15). Pertanto, la ricorrente contesta la mancata conformità della decisione impugnata alle disposizioni applicabili.

20      In ogni caso, si può ritenere nel caso di specie che la decisione impugnata, nella parte in cui menziona l’articolo 4, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1049/2001, consenta alla ricorrente di conoscerne la motivazione e al Tribunale di controllarne la legittimità, come richiesto dalla giurisprudenza relativa al rispetto dell’obbligo di motivazione (v. sentenza del 24 maggio 2011, NLG/Commissione, T‑109/05 e T‑444/05, EU:T:2011:235, punto 81 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, dalla decisione impugnata risulta inequivocabilmente che le autorità italiane sono state consultate in forza dell’articolo 4, paragrafo 4, di detto regolamento e che esse hanno espresso la loro opposizione alla divulgazione della loro lettera del 17 ottobre 2019 sulla base dell’articolo 4, paragrafo 5, del medesimo regolamento. In particolare, la Commissione vi afferma, in una parte introduttiva (punto 1), di aver adottato una risposta iniziale di diniego di divulgazione in seguito alla consultazione delle autorità italiane, in applicazione dell’articolo 4, paragrafi 4 e 5, di tale regolamento, e dedica una parte della decisione impugnata (punto 2.1) all’esposizione dei motivi dell’opposizione delle autorità italiane.

21      È vero che l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 non è stato menzionato nella risposta iniziale. Tuttavia, tale circostanza non consente di ritenere che la decisione impugnata sia insufficientemente motivata. Infatti, da un lato, anche senza citare detta disposizione, la risposta iniziale indica chiaramente l’opposizione delle autorità italiane alla divulgazione della loro lettera del 17 ottobre 2019. Dall’altro lato, la questione se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296 TFUE deve indubbiamente essere valutata in relazione al suo contesto, ma, soprattutto, in relazione alla sua formulazione, chiara nel caso di specie (v. il precedente punto 20), e altresì all’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (sentenze del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63, e del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 29). Orbene, nel caso di specie, come sottolineato dalla Commissione e dalla Repubblica italiana, gli articoli 7 e 8 di detto regolamento prevedono una procedura in due fasi, che consente all’istituzione interessata di trattare con maggiore prontezza le domande inziali, prima di adottare, eventualmente, in caso di domanda di conferma, una posizione circostanziata, e pertanto più completa, di diniego di tale domanda (v., in tal senso, sentenze del 26 gennaio 2010, Internationaler Hilfsfonds/Commissione, C‑362/08 P, EU:C:2010:40, punto 54, e dell’11 dicembre 2018, Arca Capital Bohemia/Commissione, T‑440/17, EU:T:2018:898, punto 18). Dall’assenza di riferimento all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 nella risposta iniziale non è pertanto possibile desumere un dubbio sul fatto che la decisione impugnata sia effettivamente basata su tale disposizione ivi citata.

22      Un siffatto dubbio ha ancor meno senso considerando che dalle memorie scritte della ricorrente risulta che la motivazione della decisione impugnata le ha consentito di comprendere che quest’ultima si fondava sull’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, dal momento che essa contesta peraltro il riferimento a tale disposizione nel caso di specie per il motivo che le autorità italiane non avrebbero esercitato la facoltà prevista da tale disposizione.

23      In particolare, per quanto riguarda, in secondo luogo, il riferimento asseritamente illegittimo della decisione impugnata all’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, è stato dichiarato che non risulta né da tale disposizione né dalla giurisprudenza che, per poter presentare un’opposizione, sia necessario che lo Stato membro, autore del documento in questione, presenti previamente una specifica richiesta formale all’istituzione interessata, né che lo Stato membro invochi esplicitamente tale disposizione. Nulla indica nel testo di quest’ultima, che è una disposizione di carattere procedurale dedicata al processo di adozione di una decisione dell’Unione (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti 78 e 81, e del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz‑Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 53), che lo Stato membro debba presentare una domanda formale, senza la quale l’opposizione da esso espressa non può essere presa in considerazione nell’adozione di detta decisione (sentenza dell’8 febbraio 2018, POA/Commissione, T‑74/16, non pubblicata, EU:T:2018:75, punti da 32 a 34). Pertanto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, lo Stato membro non è tenuto a procedere in due tempi per opporsi alla divulgazione di uno dei suoi documenti, dapprima chiedendo alla Commissione di non divulgare il documento di cui trattasi senza il suo previo accordo, e poi rifiutando di concedere tale accordo.

24      Ne consegue anche che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fatto che lo Stato membro interessato sia stato consultato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001 non esclude la successiva applicazione dell’articolo 4, paragrafo 5, del medesimo regolamento. Queste due disposizioni non sono state intese nel senso che una escluda l’altra, ma piuttosto, come risulta dai lavori preparatori di detto regolamento (v. proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, GU 2001, 240 E, pag. 165, punto 2.4), nel senso che una è relativa ai terzi in generale (paragrafo 4) e l’altra si applica a terzi specifici, che sono gli Stati membri, e riprende la dichiarazione n. 35 allegata al trattato di Amsterdam (paragrafo 5) (v., in tal senso, sentenza del 3 maggio 2018, Malta/Commissione, T‑653/16, EU:T:2018:241, punti 98 e 99, e conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:433, paragrafo 48).

25      Inoltre, per garantire l’effettiva applicazione dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001, in particolare offrendo allo Stato membro interessato la possibilità di richiedere il suo previo accordo per la divulgazione di un documento di cui è l’autore, occorre ancora che quest’ultimo sia informato dell’esistenza di una domanda di accesso a tale documento, il che è proprio lo scopo della consultazione prevista all’articolo 4, paragrafo 4, del medesimo regolamento.

26      Pertanto, nel caso di specie, si può ritenere che le obiezioni espresse dalle autorità italiane alla divulgazione della loro lettera del 17 ottobre 2019, a seguito della loro consultazione, e risultanti dai messaggi di posta elettronica inviati alla Commissione il 31 marzo, il 5 aprile e il 6 maggio 2022, riflettano il rifiuto di tali autorità di divulgare la suddetta lettera senza il loro previo accordo e il loro successivo disaccordo rispetto a tale divulgazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001. Più precisamente, dette autorità hanno affermato, il 31 marzo 2022, che, in attesa dell’ottenimento degli elementi richiesti, esse non potevano autorizzare l’accesso alla lettera in parola. Il 5 aprile 2022, esse hanno confermato il diniego di accesso e, il 6 maggio 2022, hanno fornito precisazioni relative a detto diniego. Da ciò deriva l’effettiva manifestazione di volontà delle autorità italiane – nel caso di specie anteriore alla decisione impugnata – di opporsi alla divulgazione, il che è sufficiente in assenza di un requisito temporale specifico previsto dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 diverso da quello di un «previo» accordo alla divulgazione.

27      Pertanto, non è rilevante che la Commissione non abbia dimostrato, come la stessa afferma nella decisione impugnata, senza che ciò sia confermato dalla Repubblica italiana nella sua memoria di intervento, che le autorità italiane avessero espresso la loro opposizione già prima dell’invio della risposta iniziale.

28      Ne consegue che la Commissione si è correttamente basata sull’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e che, conformemente al controllo dei motivi di non divulgazione addotti dallo Stato membro coinvolto in tale disposizione (v. il successivo punto 40), non spettava ad essa procedere a una valutazione esaustiva delle ragioni della decisione di opposizione delle autorità italiane.

29      Il primo motivo deve, di conseguenza, essere respinto, senza che occorra chiedere alla Commissione di produrre i suoi scambi di corrispondenza con le autorità italiane precedenti all’invio della risposta iniziale.

 Sul secondo motivo, vertente in sostanza sulla violazione dellarticolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, in combinato disposto con il paragrafo 5 del medesimo articolo, dellobbligo di esame diligente e dellobbligo di motivazione

30      La ricorrente addebita alla Commissione di non aver adempiuto al suo obbligo – che persisterebbe anche nell’ipotesi di una valutazione prima facie dell’opposizione alla divulgazione – di verificare e spiegare in che modo l’accesso al documento richiesto potrebbe effettivamente e concretamente arrecare pregiudizio all’interesse tutelato, nel caso di specie quello basato sulla tutela dei procedimenti giurisdizionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Essa si basa, al riguardo, sulla necessaria interpretazione restrittiva delle eccezioni al diritto di accesso del pubblico ai documenti nonché sui termini ipotetici utilizzati nella decisione impugnata, sulla menzione di un solo procedimento giurisdizionale nazionale in corso, peraltro non precisato, e sulla mancanza di spiegazioni in relazione al pregiudizio alla parità delle armi dinanzi al giudice nei suoi confronti, in quanto richiedente l’accesso nel caso di specie. Essa sottolinea, nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento, l’insufficienza del motivo relativo alla particolare plausibilità di un rinvio pregiudiziale nei procedimenti giurisdizionali nazionali in questione, che era stato addotto dalle autorità italiane per giustificare il diniego di accesso. Inoltre, i motivi forniti nella decisione impugnata sarebbero inadeguati, approssimativi e privi di concretezza.

31      La ricorrente evidenzia, nella replica, basandosi sulla giurisprudenza, la necessità di una effettiva correlazione tra l’accesso richiesto e la rottura dell’equilibrio procedurale di un ben preciso giudizio, mentre, nel caso di specie, l’unico procedimento in cui essa era parte sarebbe stato definitivamente chiuso prima dell’adozione della decisione impugnata. Essa rileva inoltre che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione nell’ambito del presente procedimento, quest’ultima ha informato le autorità italiane della necessità di spiegare in che modo la divulgazione del documento richiesto avrebbe arrecato concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato in questione, tanto più che, secondo la sua stessa valutazione, detto documento poteva essere divulgato. Essa aggiunge che, in ogni caso, la Commissione è venuta meno al suo dovere di esaminare se lo Stato membro avesse debitamente motivato la sua posizione, assicurandosi dell’esistenza di una siffatta motivazione e facendone menzione nella decisione impugnata.

32      Occorre ricordare che il regolamento n. 1049/2001 è volto, come emerge dal suo considerando 4 e dal suo articolo 1, a conferire al pubblico un diritto di accesso il più ampio possibile ai documenti delle istituzioni (sentenze del 1° luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 33, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 40). In forza dell’articolo 2, paragrafo 3, di detto regolamento, tale diritto riguarda non solo i documenti elaborati da un’istituzione, ma anche quelli ricevuti da soggetti terzi, fra i quali rientrano gli Stati membri, come esplicitamente precisato dall’articolo 3, lettera b), del medesimo regolamento.

33      Tuttavia, tale diritto di accesso è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenze del 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 62, e del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 41). In particolare, l’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 dispone che uno Stato membro possa chiedere a un’istituzione di non divulgare un documento che provenga da tale Stato senza il suo previo accordo.

34      Nel caso di specie, come risulta dall’esame del primo motivo, la Repubblica italiana si è avvalsa della facoltà offertale dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e ha chiesto alla Commissione di non divulgare la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019.

35      L’esercizio del potere attribuito dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 allo Stato membro interessato è circoscritto dalle eccezioni specifiche elencate nei paragrafi da 1 a 3 di questo stesso articolo, riconoscendosi in proposito a tale Stato membro soltanto un potere di partecipazione alla decisione dell’istituzione. Il previo accordo dello Stato membro interessato cui fa riferimento detto articolo 4, paragrafo 5, si risolve così non in un diritto di veto discrezionale, ma in una forma di parere conforme circa l’assenza di motivi di eccezione ai sensi dei paragrafi da 1 a 3 del medesimo articolo. Il processo decisionale in tal modo istituito da detto articolo 4, paragrafo 5, necessita quindi che l’istituzione e lo Stato membro interessati si attengano alle eccezioni specifiche previste da detti paragrafi da 1 a 3 (v. sentenza del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

36      Dal momento che l’attuazione di norme del diritto dell’Unione è in tal modo affidata congiuntamente all’istituzione e allo Stato membro che ha esercitato la facoltà concessa dall’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 e che, pertanto, tale attuazione richiede che tra tali soggetti si instauri un dialogo, essi sono tenuti, conformemente all’obbligo di leale collaborazione espresso dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, ad agire e cooperare in modo che tali regole possano ricevere un’applicazione effettiva (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 85).

37      Tuttavia, l’intervento dello Stato membro interessato non influisce, rispetto al richiedente, sul carattere di atto dell’Unione della decisione a lui successivamente indirizzata dall’istituzione in risposta alla domanda di accesso che egli le ha rivolto in relazione a un documento da essa detenuto (sentenze del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 94, e del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 60).

38      Dalla giurisprudenza di cui ai precedenti punti da 32 a 37 si evince, in primo luogo, che lo Stato membro interessato che, al termine del dialogo instaurato con l’istituzione, si opponga alla divulgazione del documento in questione è tenuto a motivare tale opposizione sulla base delle eccezioni elencate all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001. L’istituzione non può infatti accogliere l’opposizione manifestata da uno Stato membro alla divulgazione di un documento da esso proveniente qualora tale opposizione sia priva di qualunque motivazione, o qualora la motivazione dedotta non sia articolata con riferimento a tali eccezioni. Nel caso in cui, nonostante l’invito esplicito in tal senso indirizzato dall’istituzione allo Stato membro interessato, quest’ultimo continui a non fornire tale motivazione, l’istituzione deve, qualora ritenga che non sia applicabile alcuna delle eccezioni in parola, concedere l’accesso al documento richiesto (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punti 87 e 88).

39      Infine, come risulta in particolare dagli articoli 7 e 8 del regolamento n. 1049/2001, l’istituzione è a sua volta tenuta a motivare la decisione di rifiuto da essa opposta all’autore della domanda di accesso. Tale obbligo implica che l’istituzione comunichi, nella sua decisione, non soltanto l’opposizione fatta valere dallo Stato membro interessato alla divulgazione del documento richiesto, ma anche i motivi invocati dallo Stato stesso per chiedere l’applicazione di una delle eccezioni al diritto di accesso previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del medesimo regolamento. Tali indicazioni sono infatti in grado di consentire al richiedente di comprendere l’origine e i motivi del rifiuto che gli è stato opposto, e al giudice competente di svolgere eventualmente il controllo che gli è affidato (sentenza del 18 dicembre 2007, Svezia/Commissione, C‑64/05 P, EU:C:2007:802, punto 89).

40      Ne consegue, in secondo luogo, che l’istituzione non è tenuta ad effettuare, rispetto al documento del quale sia negata la divulgazione, una valutazione esaustiva dei motivi di opposizione invocati dallo Stato membro sulla base delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 65, e del 5 aprile 2017, Francia/Commissione, T‑344/15, EU:T:2017:250, punto 45). Pertanto, l’obbligo di effettuare un esame concreto e individuale che deriva dal principio di trasparenza non è applicabile quando la domanda di accesso riguarda un documento proveniente da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 81, e dell’8 febbraio 2018, POA/Commissione, T‑74/16, non pubblicata, EU:T:2018:75, punto 61). Infatti, esigere siffatta esaustiva valutazione potrebbe comportare che, una volta effettuata tale valutazione, l’istituzione interpellata possa, a torto, procedere alla comunicazione al richiedente del documento di cui trattasi, nonostante l’opposizione debitamente motivata da parte dello Stato membro dal quale tale documento proviene (sentenza del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 64).

41      Per contro, l’obbligo di esame diligente a carico dell’istituzione deve portarla a verificare se le spiegazioni fornite dallo Stato membro per opporsi alla divulgazione dei suoi documenti le appaiano prima facie fondate. Spetta all’istituzione determinare se, tenuto conto delle circostanze di specie e delle norme di diritto applicabili, i motivi presentati dallo Stato membro a sostegno della sua opposizione siano a prima vista idonei a giustificare un siffatto rifiuto e, pertanto, se tali motivi consentivano a detta istituzione di assumersi la responsabilità che l’articolo 8 del regolamento n. 1049/2001 le conferisce. Si tratta di evitare l’adozione, da parte dell’istituzione, di una decisione che essa non consideri difendibile in quanto autore della stessa e quindi responsabile della sua legittimità (v. sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

42      Con il presente motivo, la ricorrente contesta, per l’appunto, sia il rispetto dell’obbligo di motivazione (prima censura) sia quello dell’obbligo di esame diligente (seconda censura) nonché il risultato di tale esame (terza censura).

43      Per quanto riguarda, in primo luogo, il rispetto dell’obbligo di motivazione nel caso di specie, si deve rilevare che, al punto 2.1 della decisione impugnata, la Commissione ha illustrato che le autorità italiane, avvalendosi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, avevano fondato il loro diniego di divulgazione sul pregiudizio all’integrità dei procedimenti giurisdizionali pendenti relativi al rimborso dell’IVA, di cui esse hanno comunicato i riferimenti, e sul pregiudizio alla parità delle armi in caso di accesso dell’altra parte in tali procedimenti alla loro lettera del 17 ottobre 2019, che era stata comunicata in via riservata alle autorità dell’Unione nell’ambito della procedura EU Pilot relativa al rimborso dell’IVA indebitamente riscossa sulla tariffa TIAI. Essa ha altresì menzionato i possibili rinvii pregiudiziali alla Corte evocati dalle autorità italiane basandosi sul fatto che l’IVA oggetto dei procedimenti nazionali in questione era soggetta a norme europee armonizzate.

44      Se ne può dedurre che la Commissione si è accertata dell’esistenza della motivazione dell’opposizione delle autorità italiane e ha menzionato i motivi invocati al riguardo nella decisione impugnata. Essa ha quindi consentito alla ricorrente di comprendere i motivi del diniego di divulgazione della lettera di dette autorità del 17 ottobre 2019.

45      La prima censura vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione deve, pertanto, essere respinta.

46      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il rispetto da parte della Commissione del suo obbligo di esame diligente del diniego di divulgazione delle autorità italiane, si deve constatare che, al punto 2.2 della decisione impugnata intitolata «Valutazione prima facie della Commissione», dopo aver ricordato le disposizioni applicabili, in particolare l’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché la giurisprudenza pertinente, la Commissione ha ricordato che le suddette autorità avevano evidenziato che la lettera del 17 ottobre 2019 conteneva la loro posizione sulla questione del rimborso dell’IVA indebitamente riscossa sulla tariffa TIAI, che tale questione era in discussione in cause pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali italiani, di cui erano stati forniti i riferimenti, e che vi era un’alta probabilità di rinvii pregiudiziali alla Corte. La Commissione ha poi ritenuto che la divulgazione di detta lettera avrebbe posto tali autorità in una posizione di netto svantaggio rispetto alle altre parti, poiché queste ultime avrebbero conosciuto in anticipo la posizione delle autorità in questione e avrebbero potuto adeguare e affinare i loro argomenti, il che avrebbe comportato un vantaggio sistematico a loro favore. La Commissione ha concluso che esisteva un rischio reale e non ipotetico di mettere a repentaglio e compromettere gravemente i procedimenti giurisdizionali in corso in Italia ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

47      Una siffatta analisi corrisponde alla valutazione prima facie richiesta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 40 e 41.

48      Infatti, il compito della Commissione è soltanto quello di verificare se gli elementi forniti dalle autorità italiane rendano plausibile il pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Un siffatto controllo di plausibilità implica per sua natura l’uso di termini non chiaramente affermativi, il che non può, pertanto, essere contestato alla Commissione.

49      Per contro, non si tratta per la Commissione di assicurarsi del pregiudizio concreto ed effettivo alla tutela dei procedimenti giurisdizionali in Italia. Al riguardo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ricordando alle autorità italiane la necessità di spiegare in che modo la divulgazione del documento richiesto arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato in questione, la Commissione si è limitata a ricordare a tali autorità il loro obbligo di effettuare un siffatto controllo, ma non ha ritenuto di dover essa stessa procedere a tale controllo.

50      Infine, il fatto che la Commissione abbia indicato alle autorità italiane, dopo la domanda di conferma, di ritenere che la loro lettera del 17 ottobre 2019 potesse essere divulgata attesta altresì l’esame diligente svolto nel caso di specie, poiché tale indicazione era accompagnata da una richiesta di ulteriori spiegazioni e da un richiamo dei criteri giurisprudenziali che consentono di tutelare l’interesse in questione, conformemente alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 41 e al dialogo che deve essere instaurato tra la Commissione e lo Stato membro interessato in virtù dell’obbligo di leale collaborazione (v. precedente punto 36).

51      Ne consegue che anche la seconda censura vertente sulla mancata osservanza da parte della Commissione del suo obbligo di esame diligente dell’opposizione delle autorità italiane deve essere respinta.

52      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la fondatezza del diniego di divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 a titolo di tutela dei procedimenti giurisdizionali in virtù dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, occorre ricordare, in via preliminare, che quando uno Stato membro invoca l’articolo 4, paragrafo 5, di detto regolamento e adduce motivi di diniego elencati ai paragrafi da 1 a 3 dello stesso articolo, rientra nella competenza del giudice dell’Unione verificare, su domanda dell’interessato che si è visto opporre un rifiuto di accesso da parte dell’istituzione interpellata e per la tutela giurisdizionale di quest’ultimo, se tale rifiuto potesse validamente fondarsi sulle menzionate eccezioni, e ciò indipendentemente dal fatto che detto rifiuto sia la conseguenza della valutazione di queste ultime effettuata dall’istituzione stessa oppure di quella compiuta dallo Stato membro interessato (sentenze del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punto 72, e del 24 maggio 2011, Batchelor/Commissione, T‑250/08, EU:T:2011:236, punto 67). Quando l’accesso viene rifiutato sulla base dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento in questione, il giudice dell’Unione esercita pertanto un controllo completo della decisione di diniego della Commissione, che si basa sulla valutazione di merito da parte dello Stato membro interessato dell’applicabilità delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, di tale regolamento, e ciò anche se la Commissione ha rifiutato l’accesso a un documento proveniente da uno Stato membro dopo aver constatato, sulla base di un controllo prima facie, che, a suo parere, i motivi di opposizione presentati da tale Stato membro non erano invocati in modo chiaramente inadeguato (v., in tal senso, sentenza del 21 giugno 2012, IFAW Internationaler Tierschutz-Fonds/Commissione, C‑135/11 P, EU:C:2012:376, punti da 70 a 72).

53      Occorre parimenti ricordare che, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

54      La tutela delle procedure giurisdizionali implica, segnatamente, che siano garantiti sia il rispetto del principio della parità delle armi sia la buona amministrazione della giustizia e l’integrità del procedimento giurisdizionale (sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 38).

55      Da un lato, per quanto riguarda il rispetto del principio della parità delle armi, occorre osservare che, se il contenuto di documenti che espongono la posizione di un’istituzione o di uno Stato membro in una controversia dovesse costituire oggetto di un dibattito pubblico, le critiche mosse a questi ultimi rischierebbero di influenzare indebitamente la posizione difesa dall’istituzione o dallo Stato membro dinanzi ai giudici in questione. Inoltre, l’accesso della controparte processuale ai documenti relativi alla posizione di un’istituzione o di uno Stato membro in un procedimento giurisdizionale in corso potrebbe falsare l’equilibrio indispensabile tra le parti processuali, equilibrio che si pone alla base del principio della parità delle armi, in quanto solo l’istituzione o lo Stato membro interessati da una domanda di accesso ai documenti, e non invece tutte le parti del procedimento, sarebbero soggetti all’obbligo di divulgazione. Il rispetto del principio della parità delle armi è tuttavia indispensabile in quanto è un corollario della nozione stessa di «processo equo» (v., in tal senso, sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 86 e 87 e giurisprudenza ivi citata, e del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 132).

56      Dall’altro lato, per quanto riguarda la buona amministrazione della giustizia e l’integrità del procedimento giurisdizionale, occorre ricordare che l’esclusione dell’attività giurisdizionale dall’ambito di applicazione del diritto di accesso ai documenti si giustifica alla luce della necessità di garantire, per tutta la durata del procedimento giurisdizionale, che il dibattito tra le parti, nonché la pronuncia del giudice investito della causa si svolgano in completa serenità, senza pressioni esterne sull’attività giurisdizionale. Orbene, la divulgazione di documenti che espongono la posizione difesa da un’istituzione o da uno Stato membro in un procedimento giurisdizionale pendente consentirebbe di esercitare, foss’anche solo nella percezione del pubblico, pressioni esterne sull’attività giurisdizionale e di arrecare pregiudizio alla serenità della trattazione (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 92 e 93).

57      Pertanto, in forza dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’interesse pubblico osta alla divulgazione del contenuto dei documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario specifico. Tali documenti comprendono le memorie o gli atti depositati nel corso di un procedimento giurisdizionale, i documenti interni riguardanti l’istruzione di una causa in corso, le comunicazioni relative alla causa tra la direzione generale interessata e il servizio giuridico o uno studio legale (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

58      L’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 osta anche alla divulgazione dei documenti che non sono stati redatti unicamente ai fini di una controversia specifica, ma la cui divulgazione può compromettere, nell’ambito di una controversia determinata, il principio della parità delle armi. Tuttavia, affinché tale eccezione possa applicarsi, occorre che i documenti richiesti, al momento dell’adozione della decisione che nega l’accesso a questi ultimi, abbiano un nesso pertinente con un procedimento giurisdizionale pendente. In questi casi, anche se detti documenti non sono stati elaborati nell’ambito di un procedimento giurisdizionale specifico, l’integrità del procedimento giurisdizionale di cui trattasi e il principio della parità delle armi tra le parti potrebbero essere seriamente compromessi se vi fossero parti che beneficiano di un accesso privilegiato a informazioni interne della controparte strettamente collegate agli aspetti giuridici di una controversia pendente o potenziale, ma imminente (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

59      Nel caso di specie, è pacifico che la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 non è stata redatta ai soli fini di una specifica controversia. Si tratta di una risposta di dette autorità a una richiesta di informazioni della Commissione nell’ambito della procedura EU Pilot avviata nei loro confronti a seguito di denunce relative alle modalità di rimborso dell’IVA indebitamente riscossa sulla tariffa TIAI. Va ricordato che l’obiettivo delle procedure EU Pilot è di verificare se il diritto dell’Unione sia rispettato e applicato correttamente all’interno degli Stati membri (v. precedente punto 3). A tal fine, la Commissione ricorre abitualmente a richieste di dati e di informazioni, rivolte sia agli Stati membri coinvolti sia ai cittadini e alle imprese interessati (sentenza del 25 settembre 2014, Spirlea/Commissione, T‑669/11, EU:T:2014:814, punto 64). Si tratta quindi di una procedura di natura amministrativa che può portare all’avvio di una procedura di infrazione, compreso un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte, il che tuttavia non è avvenuto nel caso di specie poiché la Commissione ha deciso di non avviare tale procedura (v. precedente punto 5).

60      Le autorità italiane hanno tuttavia sostenuto dinanzi alla Commissione che la divulgazione della loro lettera del 17 ottobre 2019 avrebbe potuto pregiudicare la posizione delle amministrazioni competenti quali parti in una serie di ricorsi pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali italiani, comunicando una tabella riassuntiva di tutti i procedimenti giurisdizionali interessati (in prosieguo: la «tabella»), tabella che la Commissione ha prodotto in allegato al controricorso.

61      Occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dalla tabella risulta che numerosi procedimenti sono pendenti e non soltanto uno. Tenuto conto della tabella e della menzione, a più riprese nella decisione impugnata, di diversi procedimenti giurisdizionali nazionali (punto 2.1, quarto, ottavo e nono comma, di cui uno che fa riferimento alla tabella, nonché punto 2.2, dodicesimo e quattordicesimo comma), il riferimento a un unico procedimento agli ultimi due commi del punto 2.2 della decisione impugnata può essere considerato un lapsus calami. Si può aggiungere che, in ogni caso, l’eccezione relativa alla tutela dei procedimenti giurisdizionali può giustificare un diniego di divulgazione, anche se un solo procedimento giurisdizionale è interessato (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punto 98).

62      Inoltre, nella misura in cui la ricorrente deduce il fatto di essere essa stessa parte di uno solo dei procedimenti menzionati nella tabella, peraltro concluso al momento dell’adozione della decisione sulla domanda di accesso, si può rilevare che la divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 potrebbe conferirle un’ampia pubblicità, consentendo, in particolare, alle parti negli altri procedimenti ancora pendenti di avvalersene contro le autorità italiane nell’ambito di tali procedimenti (v., in tal senso, sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 56).

63      Occorre poi stabilire se la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 presenti un nesso pertinente con i procedimenti giurisdizionali nazionali elencati nella tabella, diversi da quello di cui la ricorrente era parte e concluso al momento dell’adozione della decisione sulla domanda di accesso.

64      Come risulta dalla tabella, tra i dodici procedimenti menzionati, eccezione fatta per quello della ricorrente, nove erano pendenti al momento dell’adozione della decisione sulla domanda di accesso, come esige la giurisprudenza relativa all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (v. sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 42 e giurisprudenza ivi citata), e vertevano su ricorsi proposti dall’amministrazione fiscale italiana, o nei suoi confronti, in relazione al rimborso dell’IVA sulla tariffa TIAI in applicazione dell’articolo 30 ter, paragrafo 2, del decreto del 26 ottobre 1972 n. 633 del Presidente della Repubblica – Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto (supplemento ordinario alla GURI n. 292, dell’11 novembre 1972).

65      Esiste, pertanto, un nesso evidente tra tali procedimenti, che vertono su controversie tra l’amministrazione fiscale italiana e dei contribuenti in merito al rimborso dell’IVA sulla tariffa TIAI, e la lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019, prodotta in esecuzione di un mezzo istruttorio, che, come risulta dal suo testo, costituisce una presa di posizione delle autorità ministeriali italiane sulle modalità di tale rimborso. Infatti, detta lettera divulga la posizione delle autorità italiane sulla questione controversa sollevata nei procedimenti pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali italiani, stabilendo in tal modo il nesso pertinente e lo stretto rapporto con gli aspetti giuridici delle controversie pendenti richiesto dalla giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2023, Troy Chemical Company/Commissione, T‑662/21, non pubblicata, EU:T:2023:442, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

66      Orbene, da un lato, la parità delle armi tra le parti potrebbe essere seriamente compromessa se vi fossero parti che beneficiano di un accesso privilegiato a tali informazioni dell’altra parte senza dubbio strettamente collegate agli aspetti giuridici delle controversie pendenti, ma comunicati in via riservata alla Commissione nell’ambito della procedura EU Pilot (v., in tal senso, sentenza del 28 settembre 2022, Leino-Sandberg/Parlamento, T‑421/17 RENV, non pubblicata, EU:T:2022:592, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, la divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 sarebbe tale da obbligare, di fatto, le autorità italiane a difendersi contro asserzioni mosse dalle controparti avverso considerazioni contenute in tale lettera che esse non abbiano, eventualmente, fatto valere ai fini della loro difesa dinanzi agli organi giurisdizionali italiani e, pertanto, pregiudicherebbe l’efficacia della loro difesa, quando invece le altre parti nel procedimento in esame non subirebbero un siffatto vincolo (v., in tal senso, sentenza del 28 settembre 2022, Leino-Sandberg/Parlamento, T‑421/17 RENV, non pubblicata, EU:T:2022:592, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, come sottolinea la Repubblica italiana, tenuto conto della diversa natura, da un lato, della procedura EU Pilot, volta a porre rimedio a un’eventuale infrazione al diritto dell’Unione, e, dall’altro, dei procedimenti giurisdizionali pendenti di cui trattasi tra l’amministrazione fiscale italiana e dei contribuenti, gli elementi indicati dalle autorità italiane alla Commissione e ai giudici nazionali non sono necessariamente gli stessi.

67      Dall’altro lato, la divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019 che espone la posizione sostenuta da tali autorità su una questione al centro di diverse controversie pendenti consentirebbe di esercitare, foss’anche solo nella percezione del pubblico, pressioni esterne sull’attività giurisdizionale e di arrecare pregiudizio alla serenità della trattazione (v., in tal senso, sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punti 92 e 93). Orbene, l’esclusione dell’attività giurisdizionale dall’ambito di applicazione del diritto di accesso ai documenti si giustifica alla luce della necessità di garantire, per tutta la durata del procedimento giurisdizionale, che il dibattito tra le parti, nonché la pronuncia del giudice investito della causa si svolgano in completa serenità, senza pressioni esterne sull’attività giurisdizionale (v. sentenza del 6 febbraio 2020, Compañía de Tranvías de la Coruña/Commissione, T‑485/18, EU:T:2020:35, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

68      Tali considerazioni non sono messe in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui la mera affermazione della particolare plausibilità di un rinvio pregiudiziale da parte degli organi giurisdizionali italiani interessati non è sufficiente a giustificare il diniego di divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019.

69      È stato indubbiamente dichiarato che, affinché l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 possa applicarsi a documenti che non sono stati elaborati nell’ambito di un procedimento giurisdizionale specifico, occorre che i documenti richiesti abbiano, al momento dell’adozione della decisione di diniego di accesso, un nesso pertinente o con un procedimento giudiziario pendente dinanzi al giudice dell’Unione, per il quale l’istituzione interessata invoca tale eccezione, o con un procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale, a condizione che questo sollevi una questione d’interpretazione o di validità di un atto di diritto dell’Unione in modo che, tenuto conto del contesto della causa, appaia particolarmente plausibile un rinvio pregiudiziale (sentenze del 15 settembre 2016, Philip Morris/Commissione, T‑796/14, EU:T:2016:483, punti 88 e 89, e del 7 febbraio 2018, Access Info Europe/Commissione, T‑852/16, EU:T:2018:71, punto 67).

70      Tuttavia, le sentenze menzionate al precedente punto 69 sono state pronunciate in cause nelle quali erano in discussione documenti redatti dalle istituzioni stesse e non, come nel caso di specie, in relazione a documenti provenienti da Stati membri e trasmessi a un’istituzione. Infatti, in caso di un documento redatto da un’istituzione, il pregiudizio alla parità delle armi e alla capacità dell’istituzione interessata di difendersi può essere arrecato solo nell’ambito di giudizi nei quali essa partecipa, vale a dire giudizi che si svolgono in linea di principio dinanzi al giudice dell’Unione.

71      Per contro, nel caso di un documento proveniente da uno Stato membro e connesso a procedimenti pendenti dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali nei quali lo Stato è parte, come nel caso di specie, è la garanzia della parità delle armi in tali procedimenti nazionali che viene presa in considerazione. Ne consegue che è priva di pertinenza nel caso di specie la questione se un rinvio pregiudiziale da parte degli organi giurisdizionali italiani investiti dei procedimenti nazionali in questione fosse particolarmente plausibile (v., in tal senso, ordinanza del 27 marzo 2014, Ecologistas en Acción/Commissione, T‑603/11, non pubblicata, EU:T:2014:182, punti da 56 a 65).

72      Occorre di conseguenza respingere la terza censura vertente sull’assenza di pregiudizio alla tutela dei procedimenti giurisdizionali mediante la divulgazione della lettera delle autorità italiane del 17 ottobre 2019.

73      Da tutto quanto precede risulta che il secondo motivo deve essere respinto, così come deve essere respinto il ricorso nella sua interezza, senza che occorra disporre ulteriori mezzi istruttori.

 Sulle spese

74      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

75      Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico. La Repubblica italiana si farà quindi carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi SpA (Veritas) è condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      La Repubblica italiana si farà carico delle proprie spese.

da Silva Passos

Gervasoni

Półtorak

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 gennaio 2024.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*      Lingua processuale: l’italiano.