Language of document : ECLI:EU:T:2011:217

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

17 maggio 2011(*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del clorato di sodio – Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE – Imputabilità del comportamento illecito – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione – Principio di individualità delle pene e delle sanzioni – Principio di legalità delle pene – Presunzione d’innocenza – Principio di buona amministrazione – Principio della certezza del diritto – Sviamento di potere – Ammende – Circostanza aggravante – Deterrenza – Circostanza attenuante – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo – Valore aggiunto significativo»

Nella causa T‑299/08,

Elf Aquitaine SA, con sede in Courbevoie (Francia), rappresentata dagli avv.ti É. Morgan de Rivery e S. Thibault-Liger,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. X. Lewis, É. Gippini Fournier e R. Sauer, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento della decisione della Commissione 11 giugno 2008, C (2008) 2626 def., relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) (Caso COMP/38.695 — Clorato di sodio), nella parte in cui tale decisione la riguarda e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione degli importi delle ammende che le sono state irrogate con tale decisione,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe (relatore) e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 giugno 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Con decisione 11 giugno 2008, C (2008) 2626 def., relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) (Caso COMP/38.695 — Clorato di sodio; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione delle Comunità europee ha sanzionato, tra varie altre imprese, la ricorrente, Elf Aquitaine SA, che sino al 2006 era la società controllante dell’Arkema France (già Atochem SA, poi Elf Atochem SA, successivamente Atofina SA e Arkema SA), a causa della loro partecipazione a un insieme di accordi e di pratiche concordate riguardanti il mercato del clorato di sodio nel SEE, per il periodo compreso tra l’11 maggio 1995 e il 9 febbraio 2000 per quanto riguarda la ricorrente e l’Arkema France (punti 12‑15 e art. 1 della decisione impugnata).

2        Il clorato di sodio è un potente agente ossidante ottenuto tramite l’elettrolisi di una soluzione acquosa di cloruro di sodio in una cellula priva di diaframma. Il clorato di sodio può essere prodotto in forma cristallizzata o in soluzione. Esso viene utilizzato principalmente nella produzione del biossido di cloro, impiegato dall’industria cartaria, e della pasta di cellulosa per l’imbianchimento della pasta chimica. Le sue ulteriori applicazioni riguardano, in misura nettamente minore, la depurazione dell'acqua potabile, l’imbianchimento dei tessili, i diserbanti e la raffinazione dell’uranio (punto 2 della decisione impugnata).

3        Nel 1999, i concorrenti principali sul mercato del clorato di sodio nel SEE erano le seguenti imprese: anzitutto, la EKA Chemicals AB (in prosieguo: la «EKA»), il cui capitale sociale era detenuto integralmente dal gruppo Akzo Nobel, possedeva una quota del 49% del suddetto mercato. La Finnish Chemicals Oy, il cui capitale sociale era detenuto indirettamente e integralmente dalla Erikem Luxembourg SA (in prosieguo: l’«ELSA») possedeva, da parte sua, una quota del 30% del mercato stesso. Inoltre, l’Arkema France, il cui capitale sociale era detenuto per il 97,55% dalla ricorrente tra il 1992 e il 2000, possedeva una quota del 9% del mercato. Infine, la Aragonesas Industrias y Energia SAU (in prosieguo: l’«Aragonesas»), il cui capitale sociale, tra il 1992 e il 2000, era detenuto, totalmente o per la maggior parte, direttamente o indirettamente, dalla Uralita SA, disponeva, come la Solvay SA/NV, di una quota del 5% del suddetto mercato, mentre altri produttori possedevano cumulativamente una quota del 2% del mercato stesso (punti 13, 14, 25-30, 42 e 46 della decisione impugnata).

4        Il 28 marzo 2003 l’EKA ha presentato alla Commissione una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione 19 febbraio 2002, relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione del 2002 sulla cooperazione»), riguardante l’esistenza di un’intesa sul mercato del clorato di sodio (in prosieguo: l’«intesa»). L’EKA ha suffragato la suddetta domanda con elementi probatori documentali e con una dichiarazione verbale (punti 54 e 55 della decisione impugnata).

5        Il 30 settembre 2003 la Commissione ha adottato una decisione che accordava all’EKA un’immunità condizionale dalle ammende in conformità con il punto 15 della comunicazione del 2002 sulla cooperazione (punto 55 della decisione impugnata).

6        Il 10 settembre 2004 la Commissione ha rivolto richieste di informazioni alla Finnish Chemicals, alla Arkema France e alla Aragonesas, conformemente all’art. 18, n. 2, del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) (punto 56 della decisione impugnata).

7        Il 18 ottobre 2004 l’Arkema France, nella sua risposta alla richiesta di informazioni della Commissione menzionata supra, al punto 6, ha presentato una domanda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione (punto 57 della decisione impugnata).

8        Il 29 ottobre 2004 la Finnish Chemicals ha depositato presso la Commissione una domanda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione e le ha fornito oralmente informazioni riguardanti l’intesa. La Finnish Chemicals ha confermato la suddetta domanda con lettera del 2 novembre 2004 e ha fornito contemporaneamente elementi di prova documentali riguardanti la sua partecipazione all’infrazione in questione (punto 58 della decisione impugnata).

9        A partire dal 4 novembre 2004 la Commissione ha rivolto richieste di informazioni, conformemente all’art. 18, n. 2, del regolamento n. 1/2003, in particolare all’Arkema France, alla Aragonesas, alla EKA e alla Finnish Chemicals. Essa ha inoltre incontrato le due ultime imprese. Per quanto riguarda la ricorrente, essa le ha altresì rivolto una richiesta di informazioni per la prima volta l’11 aprile 2008 (punti 59‑65 della decisione impugnata).

10      Con lettera 11 luglio 2007 la Commissione ha comunicato all’Arkema France l’intenzione di respingere la sua domanda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione (punto 563 della decisione impugnata).

11      Con lettera recante la stessa data la Commissione ha inoltre informato la Finnish Chemicals della sua intenzione di concederle, conformemente alla comunicazione del 2002 sulla cooperazione, una riduzione compresa fra il 30 e il 50% dell’importo dell’ammenda alla quale era esposta (punto 583 della decisione impugnata).

12      Il 27 luglio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti le cui destinatarie erano, oltre alla ricorrente, l’EKA, l’Akzo Nobel NV, la Finnish Chemicals, l’ELSA, l’Arkema France, l’Aragonesas e la Uralita. Le destinatarie hanno risposto entro i termini impartiti (punti 66 e 67 della decisione impugnata).

13      Il 20 novembre 2007 l’Arkema France e la ricorrente, in particolare, hanno esercitato il loro diritto al contraddittorio in un’audizione orale presso il consigliere auditore (punto 68 della decisione impugnata).

14      L’11 giugno 2008 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, che è stata notificata alla ricorrente il 16 giugno 2008.

15      Nella decisione impugnata la Commissione rileva, in sostanza, che l’Arkema France, l’EKA, la Finnish Chemicals e l’Aragonesas hanno messo in atto una strategia volta a stabilizzare il mercato del clorato di sodio con l’obiettivo ultimo di spartirsi i volumi di vendita del prodotto, di coordinare la politica di fissazione dei prezzi nei confronti dei clienti e, in tal modo, di massimizzare i margini. Il funzionamento dell’intesa si sarebbe basato su contatti frequenti tra i concorrenti nella forma di riunioni bilaterali o multilaterali e di conversazioni telefoniche, senza peraltro seguire uno schema fisso. Secondo la Commissione, queste pratiche collusive hanno avuto luogo a partire dal 21 settembre 1994 per l’EKA e la Finnish Chemicals, dal 17 maggio 1995 per l’Arkema France, dal 16 dicembre 1996 per l’Aragonesas e dal 13 febbraio 1997 per l’ELSA. Le suddette pratiche sarebbero continuate fino al 9 febbraio 2000, almeno per quel che riguarda l’Arkema France, l’EKA, la Finnish Chemicals e l’Aragonesas (punti 69‑71 della decisione impugnata).

16      Per quanto riguarda, in particolare, il comportamento illecito dell’Arkema France, la Commissione osserva che i fatti esposti nella decisione impugnata indicano che quest’ultima ha partecipato direttamente alle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi. La Commissione inoltre rileva che, per tutta la durata dell’infrazione, la ricorrente deteneva oltre il 97% del capitale sociale dell’Arkema France. Per tale motivo, la Commissione ritiene che sia ragionevole pensare che essa dovesse conformarsi alla politica definita dalla sua società controllante e che non poteva quindi agire in maniera autonoma. La Commissione conclude, pertanto, che si può presumere che la ricorrente abbia esercitato un’influenza determinante sull’Arkema France, come sarebbe comprovato da ulteriori indizi da essa elencati (punti 384 e 386 della decisione impugnata).

17      Per quanto riguarda il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta in particolare all’Arkema France e alla ricorrente, la Commissione si è basata sugli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti») (punto 498 della decisione impugnata).

18      Anzitutto, la Commissione spiega che, per stabilire l’importo di base dell’ammenda imposta all’Arkema France, occorre prendere in considerazione un importo corrispondente al 19% del valore delle vendite dei prodotti interessati dall’intesa di cui trattasi. Da un lato, poiché l’Arkema France ha partecipato all’infrazione per almeno quattro anni e otto mesi, la Commissione ritiene che tale importo debba essere moltiplicato per cinque al fine di tener conto della durata dell’infrazione. Dall’altro lato, al fine di dissuadere le imprese interessate, e in particolare l’Arkema France, dal partecipare ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, la Commissione considera necessario imporre un importo addizionale di ammenda corrispondente al 19% del valore delle suddette vendite. Pertanto, essa conclude che occorre irrogare in solido all’Arkema France e alla ricorrente un’ammenda di EUR 22 700 000 (punti 510 e 521‑523 della decisione impugnata).

19      Inoltre, per quanto riguarda le correzioni dell’importo di base dell’ammenda, la Commissione, a titolo di circostanze aggravanti, osserva di aver già sanzionato l’Arkema France, alla data dell’adozione della decisione impugnata, nell’ambito di tre decisioni in cui quest’ultima veniva considerata responsabile per precedenti attività collusive. Per un verso, la Commissione ritiene, in sostanza, che il comportamento recidivo dell’Arkema France giustifichi il fatto che a tale impresa venga inflitta una maggiorazione del 90% dell’importo di base. Per altro verso, essa non rileva alcuna circostanza attenuante a favore dell’Arkema France o della ricorrente che motivi una riduzione dell’ammenda. In particolare, la Commissione considera che, tenuto conto di tutti i fatti di cui trattasi, «nessuna circostanza eccezionale» sia idonea a giustificare la concessione all’Arkema France di una riduzione di ammenda al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione (punti 525, 526, 538 e 544 della decisione impugnata).

20      Inoltre, la Commissione spiega in sostanza che, al fine di assicurarsi che le ammende abbiano un effetto sufficientemente deterrente, e tenuto conto del fatto che il fatturato della ricorrente è particolarmente importante, oltre alle vendite di beni oggetto dell’infrazione e, infine, che quest’ultimo è di gran lunga superiore, in termini assoluti, al fatturato delle altre imprese interessate, è necessario infliggere alla suddetta impresa una maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda (punti 545, 548 e 559 della decisione impugnata).

21      Inoltre, la Commissione osserva che le ammende da irrogare all’Arkema France e alla ricorrente, in particolare, sono inferiori al 10% del loro rispettivo fatturato complessivo realizzato nel 2007 e che le ammende che potevano essere loro comminate prima dell’applicazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione ammontavano, da un lato, per l’Arkema France, a EUR 43 130 000 e, dall’altro, per la ricorrente, a EUR 38 590 000 (punti 551 e 552 della decisione impugnata).

22      Infine, la Commissione ritiene che l’Arkema France non debba beneficiare di alcuna riduzione di ammenda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, dal momento che gli elementi informativi che essa le ha fornito non hanno apportato alcun valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della suddetta comunicazione. Per contro, secondo la Commissione, la Finnish Chemicals le ha fornito elementi di prova aventi un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della stessa comunicazione. Di conseguenza, essa le accorda una riduzione del 50% dell’importo dell’ammenda che le sarebbe stata altrimenti inflitta (punti 580, 588 e 591 della decisione impugnata).

23      Gli artt. 1 e 2 del dispositivo della decisione impugnata così recitano:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 del trattato e l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando, per i periodi indicati, ad un sistema di accordi e pratiche concordate con l’obiettivo di spartire i volumi di vendita, fissare i prezzi, scambiarsi informazioni commerciali riservate sui prezzi e sui volumi di vendita nonché di controllare l’esecuzione degli accordi anticoncorrenziali sul clorato di sodio all’interno del mercato SEE:

a) [EKA], dal 21 settembre 1994 al 9 febbraio 2000;

b) Akzo Nobel (…), dal 21 settembre 1994 al 9 febbraio 2000;

c) Finnish Chemicals (…), dal 21 settembre 1994 al 9 febbraio 2000;

d) [ELSA], dal 13 febbraio 1997 al 9 febbraio 2000;

e) Arkema France (…), dal 17 maggio 1995 al 9 febbraio 2000;

f) [la ricorrente], dal 17 maggio 1995 al 9 febbraio 2000;

g) Aragonesas (…), dal 16 dicembre 1996 al 9 febbraio 2000;

h) Uralita (…), dal 16 dicembre 1996 al 9 febbraio 2000.

Articolo 2

Per le infrazioni di cui all’articolo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

« a) a EKA (…) e Akzo Nobel (…), in solido: EUR 0;

b)       a Finnish Chemicals (…): EUR 10 150 000, di cui in solido con [ELSA] (in liquidazione): EUR 50 900;

c)       Arkema France (…) e [la ricorrente], in solido: EUR 22 700 000;

d)       Arkema France (…): EUR 20 430 000;

e)       [la ricorrente]: EUR 15 890 000;

f)       Aragonesas (…) e Uralita (…), in solido: EUR 9 900 000.

      (…)».

24      All’art. 3 del dispositivo della decisione impugnata la Commissione ingiunge alle imprese elencate all’art. 1 della decisione stessa, da un lato, di porre fine all’infrazione di cui trattasi, qualora non lo abbiano già fatto e, dall’altro lato, di astenersi dal reiterare qualsiasi atto o comportamento descritto all’art. 1 della decisione stessa, o da qualsiasi atto o comportamento che abbia oggetto ed effetto identico o analogo.

25      L’art. 4 del dispositivo della decisione impugnata elenca i destinatari della decisione stessa, che sono le imprese indicate all’art. 1.

1.     Procedimento e conclusioni delle parti

26      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° agosto 2008 la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

27      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Il Tribunale ha posto alcuni quesiti alla ricorrente e alla Commissione. Esso ha altresì chiesto a quest’ultima di produrre taluni documenti. Fatta salva la trascrizione della domanda orale di immunità dell’EKA, che la Commissione si è rifiutata di produrre, le parti hanno risposto alle suddette domande entro i termini impartiti.

28      Gli argomenti delle parti, nonché le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale, sono stati sentiti all’udienza del 2 giugno 2010.

29      Con ordinanza 11 giugno 2010, causa T‑299/08, ELF Aquitaine/Commissione (non pubblicata nella Raccolta), il Tribunale, da un lato, ha ordinato alla Commissione di produrre la trascrizione della domanda orale di immunità dell’EKA e, dall’altro lato, ha autorizzato la consultazione di tale documento da parte degli avvocati della ricorrente presso la cancelleria del Tribunale. La Commissione ha prodotto entro il termine impartito il suddetto documento, che gli avvocati della ricorrente hanno consultato presso la cancelleria del Tribunale. Rispondendo ad un quesito scritto del Tribunale la ricorrente ha spiegato che, pur non essendo in grado di confermare che tale documento fosse identico a quello cui aveva avuto accesso nel corso della fase amministrativa del procedimento dinanzi alla Commissione, essa non aveva alcun motivo di dubitare che si trattasse dello stesso documento.

30      La fase orale del procedimento è stata chiusa il 16 luglio 2010.

31      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare, ai sensi dell’art. 230 CE, la decisione impugnata, nella parte in cui la riguarda;

–        in subordine, annullare o ridurre, ai sensi dell’art. 229 CE, l’importo delle ammende che le sono state inflitte dall’art. 2, lett. c), ed e), della decisione impugnata;

─      in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.


32      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

2.     In diritto


3.     Le conclusioni, formulate in via principale, dirette all’annullamento della decisione impugnata

33      A sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui la riguarda, la ricorrente solleva dieci motivi. Il primo motivo attiene alla violazione delle norme che disciplinano l’imputabilità della responsabilità di un’infrazione all’interno di gruppi societari. Il secondo motivo attiene alla violazione di sei principi fondamentali derivante dall’imputazione a suo carico della responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi. Il terzo motivo riguarda lo snaturamento del complesso degli indizi invocati dalla ricorrente. Il quarto motivo attiene ad una contraddittorietà della motivazione della decisione impugnata. Il quinto motivo è relativo alla violazione del principio di buona amministrazione. Il sesto motivo riguarda la violazione del principio di certezza del diritto. Il settimo motivo attiene ad uno sviamento di potere. L’ottavo motivo attiene all’infondatezza dell’irrogazione di un’ammenda che le è stata inflitta a titolo personale. Il nono motivo riguarda la violazione dei principi e delle regole che hanno disciplinato il calcolo delle ammende imposte in solido all’Arkema France e alla ricorrente stessa. Il decimo motivo attiene alla violazione delle disposizioni della comunicazione del 2002 sulla cooperazione.

 Il primo motivo, attinente a una violazione delle norme che disciplinano l’imputabilità della responsabilità di un’infrazione all’interno di gruppi societari

34      Il primo motivo della ricorrente, secondo il quale la Commissione ha violato, nella decisione impugnata, le norme che disciplinano l’imputabilità della responsabilità delle infrazioni all’interno di gruppi societari, si divide in cinque parti.

 La prima parte, relativa ad un errore di diritto nell’imputazione della responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi alla ricorrente

–       Argomenti delle parti

35      La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione è incorsa in un errore di diritto quando ha ritenuto, al punto 369 della decisione impugnata, di non essere tenuta ad allegare elementi concreti comprovanti la presunzione secondo cui, essenzialmente, una società controllante che detiene una controllata al 100% esercita un’influenza determinante su quest’ultima (in prosieguo: la «presunzione di esercizio di un’influenza determinante»).

36      In primo luogo, tanto da una giurisprudenza abbondante quanto dalla prassi decisionale precedente della Commissione risulterebbe che quest’ultima è tenuta a comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi concreti da cui risulti la suddetta influenza. Tali indizi dovrebbero dimostrare o che la società controllante era coinvolta nell’infrazione, o che ne era a conoscenza, oppure che l’organizzazione interna del gruppo le permetteva di intervenire concretamente nella politica commerciale della sua controllata. In particolare, la ricorrente sostiene che, per circa quarant’anni prima dell’adozione della decisione 19 gennaio 2005, C (2004) 4876 def., concernente un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E-1/37.773 – AMCA) (GU 2006, L 353, pag. 12; in prosieguo: la «decisione AMCA»), la Commissione ha preso in considerazione indizi concreti che comprovavano la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. Essa inoltre precisa che, al punto 574 della decisione 1° ottobre 2008, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/C.39181 – Cere per candele) (GU C 295, pag. 17; in prosieguo: la «decisione Cere per candele»), la Commissione ha ammesso che, prima del 2005, essa non imputava la responsabilità di un’infrazione ad una società controllante senza apportare indizi concreti comprovanti la suddetta presunzione.

37      In secondo luogo, la ricorrente fa osservare che, nella decisione 10 dicembre 2003, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E‑2/37.857 – Perossidi organici) (GU 2005, L 110. pag. 44; in prosieguo: la «decisione Perossidi organici»), la Commissione non ha imputato la responsabilità dell’infrazione sanzionata in tale decisione alla ricorrente, avendo ritenuto che l’Arkema France fosse pienamente autonoma sul mercato.

38      In terzo luogo, la ricorrente afferma, in sostanza, che l’obbligo per la Commissione di fornire indizi supplementari comprovanti la presunzione di esercizio di un’influenza determinante nell’ambito dell’applicazione dell’art. 81 CE è confortata dalla giurisprudenza in materia di imputazione allo Stato di una misura adottata da un’impresa pubblica nel diritto degli aiuti di Stato. Al riguardo, essa rinvia alla sentenza della Corte 16 maggio 2002, causa C‑482/99, Francia/Commissione (Racc. pag. I‑4397), e alla sentenza del Tribunale 26 giugno 2008, causa T‑442/03, SIC/Commissione (Racc. pag. II‑1161). A suo avviso, conformemente all’art. 295 CE, un azionista privato di un gruppo di società non può, in nome del principio della parità di trattamento, essere trattato meno favorevolmente di un azionista pubblico.

39      In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la valutazione della Commissione, contenuta al punto 369 della decisione impugnata, secondo la quale non spetta a quest’ultima comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi supplementari che dimostrino il dominio di una società controllante sulla propria controllata, è in contrasto con le soluzioni seguite nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione, come il Belgio, la Francia, l’Italia e il Regno Unito, nonché negli Stati Uniti, la cui influenza sul diritto comunitario della concorrenza è innegabile. Da un lato, in tutti questi Stati le autorità nazionali di concorrenza farebbero ricorso a un complesso di indizi volti a dimostrare il comportamento autonomo di una controllata rispetto alla propria controllante. Dall’altro lato, pur non essendo vincolata dalle soluzioni adottate dalle autorità nazionali di concorrenza degli Stati membri, la Commissione dovrebbe nondimeno tenerne conto, considerati i meccanismi di cooperazione rafforzata che regolano i suoi rapporti con le suddette autorità all’interno della rete europea di concorrenza.

40      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

41      In primo luogo, va osservato che, dopo aver ricordato, ai punti 369‑372 della decisione impugnata, la giurisprudenza relativa all’imputabilità del comportamento illecito di una controllata alla sua controllante, la Commissione, ai punti 386 e 387 della suddetta decisione, rileva quanto segue:

42      «(386) Per tutta la durata dell’infrazione, [la ricorrente] ha detenuto oltre il 97% delle azioni dell’[Arkema France]. Tenuto conto del fatto che in simili circostanze è ragionevole pensare che la controllata dovrà conformarsi alla politica definita dalla propria società controllante (e non possa quindi agire autonomamente) e che la società controllante non incontrerà alcun ostacolo al momento di definire tale politica per la sua controllata, si può presumere [che la ricorrente] abbia esercitato un’influenza determinante sull’[Arkema France]. Esistono peraltro ulteriori elementi che comprovano la presunzione secondo cui l’influenza esercitata da[lla ricorrente] è stata effettivamente determinante. Anzitutto, i membri del consiglio di amministrazione dell’[Arkema France] erano tutti designati dal[la ricorrente]. Inoltre, tra il 1994 e il 1999, il sig. [P.] è stato sia membro del comitato direttivo generale dell’[Arkema France] e del[la ricorrente], sia membro del consiglio di amministrazione dell’[Arkema France]. Lo stesso vale per il sig. [I.], il quale è stato membro del consiglio di amministrazione dell’[Arkema France] tra il 1994 e il 1998 e del comitato direttivo generale d[ella ricorrente] tra il 1994 e il 1997. Parimenti, il sig. [W.] è stato membro del consiglio di amministrazione dell’[Arkema France] tra il 1994 e il 1999 ed è stato nominato nel comitato direttivo generale d[ella ricorrente] nel 1999. Inoltre, molte altre persone, come il sig. [D.] (1994-2000) e il sig. [R.] (1994-1997) sono state simultaneamente membri dei consigli di amministrazione dell’[Arkema France] e d[ella ricorrente]. Considerate le numerose sovrapposizioni di personale tra gli organi direttivi e di controllo dell’[Arkema France] i cui membri (per quanto riguarda gli organi direttivi) erano stati designati e – bisogna supporre – avrebbero potuto essere revocati dal[la ricorrente], è evidente che quest’ultima era informata di tutte le decisioni prese dalla [Arkema France] e poteva influenzarle in qualunque momento. Inoltre, non vi era alcun altro azionista importante in grado di esercitare un’influenza sulla politica commerciale della controllata.

43            (387) Tenuto conto della presunzione che deriva dalla partecipazione  d[ella ricorrente] nell’[Arkema France] al momento dell’infrazione  (superiore al 97%) e dei legami organizzativi, la Commissione  considera c[he la ricorrente] ha esercitato un’influenza determinante sul  comportamento della sua controllata [Arkema France]».

44      Inoltre, ai punti 396‑415 della decisione impugnata, la Commissione respinge gli argomenti sollevati dall’Arkema France e dalla ricorrente nelle loro osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti e diretti a contestare l’imputazione alla ricorrente della responsabilità dell’infrazione di cui trattasi.

45      Pertanto, dai motivi della decisione impugnata esposti supra, ai punti 41 e 42, emerge che la Commissione ha imputato la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi alla ricorrente sulla base della presunzione secondo cui una società controllante che detiene oltre il 97% del capitale sociale della sua controllata esercita un’influenza determinante su quest’ultima. La Commissione ha inoltre considerato, da un lato, che tale presunzione era corroborata da indizi supplementari che essa aveva esposto nella decisione impugnata e, dall’altro lato, che gli argomenti fatti valere dall’Arkema France e dalla ricorrente nelle loro osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti non permettevano di confutare la suddetta presunzione.

46      Occorre pertanto esaminare se, come sostenuto dalla ricorrente, la Commissione sia incorsa in un errore di diritto concludendo che il possesso da parte della ricorrente stessa di oltre il 97% del capitale sociale dell’Arkema France fosse sufficiente, di per sé solo, per imputarle la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi.

47      Nella sua sentenza 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione (Racc. pag. I-8237, punto 54), la Corte ha ricordato che il diritto in materia di concorrenza riguardava le attività delle imprese (sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 59), e che la nozione di impresa abbracciava qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento (sentenze della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 112; 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., Racc. pag. I‑289, punto 107, nonché 11 luglio 2006, causa C‑205/03 P, FENIN/Commissione, Racc. pag. I‑6295, punto 25).

48      La Corte ha inoltre precisato che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, doveva essere intesa nel senso che essa si riferisce a un’unità economica, anche qualora, sotto il profilo giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 55, e giurisprudenza ivi citata).

49      Qualora un ente di tal genere violi le regole della concorrenza, esso è tenuto, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 56, e giurisprudenza ivi citata).

50      L’infrazione al diritto in materia di concorrenza deve essere imputata in maniera inequivocabile alla persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende e la comunicazione degli addebiti dev’essere inviata a quest’ultima. È parimenti necessario che la comunicazione degli addebiti indichi in che qualità a una persona giuridica vengano addebitati i fatti invocati (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 57, e giurisprudenza ivi citata).

51      Secondo costante giurisprudenza, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due enti giuridici (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 58, e giurisprudenza ivi citata).

52      Infatti, ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la propria controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi della giurisprudenza citata supra ai punti 45 e 46. Così, il fatto che una società controllante e la propria controllata costituiscano una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 59, e giurisprudenza ivi citata).

53      Riguardo al caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di tale controllata e, dall’altro, esiste una presunzione semplice secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 60, e giurisprudenza ivi citata).

54      Alla luce di tali considerazioni è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca sufficienti elementi probatori idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 61, e giurisprudenza ivi citata).

55      Se è pur vero che la Corte, nella sentenza 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925, punti 28 e 29), ha menzionato, oltre alla detenzione del 100% del capitale della controllata, altre circostanze, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla controllante sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza comune delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che tali circostanze siano state rilevate dalla Corte solo con l’obiettivo di mostrare tutti gli elementi su cui il Tribunale aveva fondato il suo ragionamento e non per subordinare l’applicazione della presunzione menzionata alla produzione di indizi supplementari relativi all’effettivo esercizio di un’influenza della società controllante (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 62, e giurisprudenza ivi citata).

56      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni risulta che, nel caso in cui la società controllante detenga il 100% del capitale sociale della propria controllata, esiste la presunzione semplice secondo cui tale società controllante esercita un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 63, e giurisprudenza ivi citata).

57      Inoltre, dalla giurisprudenza del Tribunale emerge che, se una società controllante detiene la quasi totalità del capitale sociale della propria controllata, si può ragionevolmente concludere che la detta controllata non determina in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato e che, di conseguenza, essa forma un’unica impresa con la propria controllante ai sensi dell’art. 81 CE (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 290, e giurisprudenza ivi citata).

58      Nel caso di specie occorre rilevare, da un lato che, come osservato dalla Commissione al punto 386 della decisione impugnata, la ricorrente non nega di aver posseduto oltre il 97% del capitale sociale dell’Arkema France all’epoca dei fatti di cui trattasi e, più precisamente, che ne deteneva il 97,55%, come accertato al punto 13 della decisione impugnata. Dall’altro lato, la ricorrente afferma che la mancanza di un azionista diverso da essa stessa nel capitale sociale dell’Arkema France non è idoneo a dimostrare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, ma non deduce alcun argomento che possa mettere in discussione la valutazione effettuata dalla Commissione al punto 396 della decisione impugnata, secondo cui il possesso, da parte di una società controllante, della quasi totalità del capitale sociale della propria controllata è assimilabile alla detenzione della totalità del suddetto capitale dal momento che, in via di principio, «gli azionisti minoritari non beneficiano in questo caso di alcun diritto speciale oltre al loro semplice interessamento agli utili della controllata».

59      Di conseguenza, conformemente alla giurisprudenza citata supra, ai punti 45‑55, la Commissione ha giustamente presunto, nella decisione impugnata, che la ricorrente esercitasse un’influenza determinante sull’Arkema France, in base alla constatazione che essa ne possedeva la quasi totalità del capitale sociale.

60      Nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente inficia tale conclusione.

61      In primo luogo, gli argomenti secondo i quali, da un lato, sia dalla giurisprudenza sia dalla prassi decisionale della Commissione precedente all’adozione della decisione AMCA deriva che la Commissione è tenuta a comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi concreti, vanno respinti in quanto infondati. Infatti, come emerge dai punti 45‑55 della presente sentenza, conformemente ad una costante giurisprudenza, la Corte ha ricordato, nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione (citata supra al punto 45), che la Commissione non era tenuta a comprovare con indizi supplementari la suddetta presunzione. Inoltre, sebbene, come indicato dalla Commissione nella sua decisone Cere per candele, la sua prassi decisionale precedente all’adozione della decisione AMCA fosse consistita nel comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi supplementari, tale osservazione non può che rimanere priva di influenza sulla conclusione, esposta al punto 57 supra, secondo cui la Commissione era legittimata, nella decisione impugnata, a basarsi unicamente sul fatto che la ricorrente deteneva la quasi totalità del capitale sociale dell’Arkema France per presumere che essa esercitasse su quest’ultima un’influenza determinante.

62      In secondo luogo, va respinto in quanto infondato l’argomento secondo cui la Commissione è incorsa in un errore di diritto imputando la responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi alla ricorrente, mentre non aveva proceduto ad un’imputazione analoga nella decisione Perossidi organici. Da un lato, dal momento che, come emerge dai punti 45‑55 della presente sentenza, nella decisione impugnata la Commissione ha imputato la responsabilità dell’infrazione in parola alla ricorrente sulla base di un’interpretazione corretta della nozione di impresa ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, il semplice fatto che la Commissione non abbia proceduto a una simile imputazione in una decisione precedente che sanzionava l’Arkema France non può rimettere in discussione la legittimità della decisione impugnata sotto questo profilo. Dall’altro lato, poiché la Commissione ha la facoltà, ma non l’obbligo, di imputare la responsabilità dell’infrazione a una società controllante (v., in tal senso, sentenza della Corte 24 settembre 2009, cause riunite C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P, Erste Group Bank e a./Commissione, Racc. pag. I‑8681, punto 82, e sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punto 331), il semplice fatto che la Commissione non abbia proceduto a tale imputazione nella decisione Perossidi organici non implica che essa sia tenuta ad effettuare la stessa valutazione in una decisione successiva (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II‑931, punto 990).

63      In terzo luogo, quanto al fatto che la ricorrente afferma, in sostanza, che la sentenza Francia/Commissione, citata supra al punto 38 (punti 50‑52, 55 e 56) e la sentenza SIC/Commissione, citata supra al punto 38 (punti 94, 95, 98, 99, 101‑105 e 107) tendono a confermare che la Commissione è tenuta a fornire indizi supplementari che comprovino la presunzione di esercizio di un’influenza determinante su cui essa si è basata in sede di applicazione dell’art. 81 CE, tale argomento va dichiarato ininfluente. Infatti, i punti in questione, relativi alla possibilità di imputare allo Stato una misura adottata da un’impresa pubblica, e quindi, alla possibilità di qualificare tale misura come aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87 CE, da un lato, sono privi di relazione con i requisiti per l’imputazione della responsabilità di una violazione all’art. 81 CE ad una società controllante e, dall’altro lato, non ostano all’esistenza di una presunzione di esercizio di un’influenza determinante in materia di violazione dell’art. 81 CE, di cui i giudici dell’Unione hanno esplicitamente riconosciuto la legittimità, come emerge dalla giurisprudenza citata supra ai punti 45‑55.

64      In quarto luogo, va dichiarato ininfluente l’argomento secondo cui, in sostanza, la giurisprudenza, in numerosi Stati membri dell’Unione europea e negli Stati Uniti, esige che sia comprovato da indizi concreti l’esercizio di un’influenza determinante della società controllante sulla propria controllata. Infatti, oltre al fatto che la giurisprudenza dei suddetti Stati non vincola la Commissione e non costituisce il contesto giuridico rilevante alla luce del quale va esaminata la legittimità della decisione impugnata, la mancanza di riconoscimento della presunzione di esercizio di un’influenza determinante da parte della giurisprudenza dei suddetti Stati, anche ove dimostrata, non implicherebbe, in ogni caso, la sua illegittimità nel diritto comunitario.

65      Alla luce delle considerazioni che precedono, la prima parte va respinta in parte in quanto infondata e in parte in quanto ininfluente.

 La seconda parte, attinente alla violazione dei principi di autonomia giuridica ed economica delle società

–       Argomenti delle parti

66      La ricorrente sostiene che, nel caso in cui la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, come avvenuto nella prassi decisionale della Commissione precedente all’adozione della decisione AMCA, non sia comprovata da indizi supplementari che confermino l’ingerenza della società controllante nell’attività della propria controllata sul mercato interessato dall’infrazione, una simile presunzione è incompatibile con il principio di autonomia della persona giuridica, poiché comporta la responsabilità automatica della società controllante per le infrazioni commesse dalla propria controllata.

67      In primo luogo, la ricorrente sostiene che, solo a titolo di deroga debitamente giustificata al principio dell’autonomia economica della persona giuridica, una società controllante può essere riconosciuta come parte del perimetro dell’impresa ai sensi dell’art. 81 CE. In una simile ipotesi eccezionale, una società controllante potrebbe allora vedersi imputare la responsabilità dell’infrazione commessa dalla propria controllata ed essere condannata in solido al pagamento dell’ammenda imposta alla suddetta controllata, ma non può essere condannata ad un’ammenda a titolo personale.

68      La ricorrente fa osservare che il diritto delle società, negli Stati membri dell’Unione, sancisce il principio dell’autonomia delle persone giuridiche, anche per le controllate il cui capitale sociale sia integralmente detenuto dalle proprie società controllanti. Tale principio deriverebbe dalle caratteristiche della personalità giuridica e conferirebbe, tra l’altro, una piena capacità giuridica e un patrimonio proprio a ciascuna società, la quale sarebbe pienamente responsabile dei propri comportamenti, comprese le conseguenze della sua attività economica sul mercato. Al riguardo, essa precisa che il principio dell’autonomia economica di una controllata, che deriva dall’autonomia giuridica di quest’ultima, è stato riconosciuto dalla giurisprudenza. Tale principio costituirebbe altresì un elemento fondamentale del buon funzionamento delle economie moderne. Di conseguenza, la ricorrente e l’Arkema France, in quanto persone giuridiche distinte, possiederebbero entrambe una propria autonomia giuridica ed economica.

69      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che il principio di autonomia economica della controllata costituisce la traduzione concreta dell’utilizzo da parte di quest’ultima dell’insieme delle caratteristiche della sua personalità giuridica. Da un lato, l’analisi del diritto della maggior parte degli Stati membri dell’Unione dimostrerebbe che il principio dell’autonomia della persona giuridica fa parte dei fondamenti giuridici essenziali su cui si basa la loro organizzazione sociale, al quale si può derogare solo in circostanze eccezionali, come emerge dalle diverse giurisprudenze nazionali. Dall’altro lato, la Commissione sarebbe tenuta, nell’applicare il diritto della concorrenza, a non ignorare la giurisprudenza delle giurisdizioni degli Stati membri dell’Unione, a pena di mettere a repentaglio la necessaria convergenza dei diversi diritti in materia di concorrenza all’interno delle reti della concorrenza europea e internazionale.

70      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

71      La ricorrente afferma, in sostanza, che imputandole la responsabilità dell’infrazione in parola la Commissione ha violato il principio di autonomia giuridica ed economica delle società.

72      Orbene, senza che occorra pronunciarsi sulla portata dei principi di autonomia giuridica ed economica delle società né sull’esistenza del secondo di tali principi, è sufficiente osservare che i suddetti principi non possono comunque implicare che una società il cui capitale sia detenuto totalmente o quasi totalmente da un’altra società agisca necessariamente in modo autonomo sul mercato semplicemente per il fatto che essa dispone di una personalità giuridica o di mezzi economici propri. Infatti, una simile supposizione trascurerebbe del tutto le numerose possibilità che esistono in pratica per una società controllante, che sia in possesso della totalità o della quasi totalità del capitale della sua controllata, di influenzare il comportamento di quest’ultima in maniera formale o informale.

73      Pertanto, i presunti principi di autonomia giuridica ed economica che la ricorrente invoca nel caso di specie non sono stati violati dalla Commissione.

74      Gli argomenti che la ricorrente solleva al riguardo non possono essere accolti. Da un lato, gli argomenti secondo cui la presunzione di esercizio di un’influenza determinante sarebbe contraria al diritto applicabile in alcuni Stati membri dell’Unione vanno respinti in quanto infondati, per gli stessi motivi esposti supra al punto 62, ossia in particolare per il fatto che il diritto dei suddetti Stati non costituisce il contesto normativo rilevante alla luce del quale dev’essere valutata la legittimità della decisione impugnata. Dall’altro lato, quanto al fatto che la ricorrente sostiene che, imputandole la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi, la Commissione ha violato il diritto delle società applicabile negli Stati membri dell’Unione e, pertanto, il principio di sussidiarietà, occorre rilevare che, conformemente all’art. 81, n. 1, CE, allorché un’entità economica violi le regole in materia di concorrenza, essa è tenuta a rispondere di tale infrazione che la Commissione è legittimata a sanzionare in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003.

75      Alla luce delle considerazioni che precedono, la seconda parte va respinta in quanto infondata.

 La terza parte, attinente all’errore riguardante il fatto che gli indizi presi in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata non comprovano la presunzione di esercizio di un’influenza determinante

–       Argomenti delle parti

76      La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione è incorsa in un errore di diritto e in errori manifesti di valutazione ritenendo che i tre elementi supplementari esposti al punto 386 della decisione impugnata (v. supra, punto 41) comprovassero la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. Al riguardo, in sostanza, essa asserisce che, da un lato, il fatto di aver nominato i membri del consiglio di amministrazione della propria controllata e, dall’altro lato, che cinque membri del comitato direttivo generale o del consiglio di amministrazione dell’Arkema France facessero parte del suo comitato direttivo generale o del suo consiglio di amministrazione non permettono di comprovare la suddetta presunzione.

77      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

78      Secondo la giurisprudenza esposta supra, ai punti 52‑55, la Commissione non è tenuta a comprovare con elementi supplementari la presunzione di esercizio di un’influenza determinante che è legittimata a far valere nel caso in cui una società controllante detenga la totalità o la quasi totalità del capitale sociale della sua controllata, ma spetta invece alla ricorrente, per confutare tale presunzione, fornire elementi di prova sufficienti che possano dimostrare che la sua controllata si comportava in modo autonomo sul mercato.

79      Pertanto, anche se si dovesse ritenere, come afferma la ricorrente, che la Commissione si è basata a torto, al punto 386 della decisione impugnata, su indizi che non erano idonei a comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, un simile errore non potrebbe in ogni caso rimettere in discussione il fatto che essa poteva legittimamente fondarsi sulla semplice constatazione del possesso, da parte della ricorrente, della quasi totalità del capitale sociale della sua controllata per presumere che essa esercitava un’influenza determinante su quest’ultima.

80      Pertanto, la terza parte dev’essere respinta in quanto ininfluente senza che occorra esaminare gli argomenti della ricorrente diretti, in sostanza, a contestare la rilevanza degli indizi considerati dalla Commissione nella decisione impugnata per comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

 La quarta parte, attinente al fatto che la Commissione ha ritenuto a torto che la ricorrente non avesse fornito un complesso di indizi diretti a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante

–       Argomenti delle parti

81      La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha ritenuto a torto che essa non avesse prodotto un complesso di indizi diretti a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante e a dimostrare, da un lato, l’autonomia dell’Arkema France sul mercato e, dall’altro lato, l’assenza di intromissione da parte sua nella politica commerciale della sua controllata. Essa precisa che, al contrario di quanto affermato dalla Commissione, il complesso di indizi da essa prodotti non si limita a dimostrare il fatto che essa non aveva partecipato all’intesa o che non ne era a conoscenza.

82      In primo luogo, la ricorrente sostiene di aver dimostrato con un complesso di indizi concordanti l’autonomia dell’Arkema France sul mercato.

83      Anzitutto, la ricorrente ricorda che, come la stessa ha fatto rilevare nell’ambito della prima parte del primo motivo (v. supra, punto 37), la Commissione ha riconosciuto l’autonomia dell’Arkema France sul mercato nella decisione Perossidi organici. Essa poi sostiene che, se nella decisione 3 maggio 2006, Perossido di idrogeno e perborato (Caso COMP/F/C.38.620) (GU L 353, pag. 54; in prosieguo: la decisione «Perossido di idrogeno»), la Commissione non ha mai tentato di comprovare con un qualsiasi elemento concreto la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, è perché allora aveva considerato che non esistevano indizi atti a confortare la suddetta presunzione. Infine, poiché il clorato di sodio appartiene alla stessa famiglia di prodotti oggetto della decisione Perossidi organici e della decisione Perossido di idrogeno e visto che veniva gestito all’interno del gruppo Elf Aquitaine esattamente allo stesso modo dei prodotti oggetto delle suddette due decisioni, la Commissione non sarebbe legittimata a sostenere, nell’ambito della presente causa, che la ricorrente si è intromessa nella strategia commerciale dell’Arkema France.

84      Inoltre, la ricorrente sostiene che l’Arkema France apparteneva ad un gruppo caratterizzato da una gestione decentrata delle proprie controllate e che, di conseguenza, la ricorrente agiva come leader del gruppo solo come società holding non operativa, senza intervenire affatto nella gestione concreta delle proprie controllate. Per tale motivo, la Commissione non avrebbe dovuto imputarle la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi, così come, per una ragione identica, non aveva proceduto a tale imputazione nei confronti di una delle società controllanti sanzionate nella decisione 20 ottobre 2004, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/C.38.238/B.2) – Tabacco greggio – Spagna) (GU 2007, L 102, pag. 14; in prosieguo: la «decisione Tabacco greggio Spagna»).

85      Ancora, la ricorrente sostiene che l’Arkema France ha sempre definito la sua strategia commerciale in modo autonomo.

86      Da un lato, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione al punto 324 della comunicazione degli addebiti e come essa stessa avrebbe ammesso durante l’audizione presso il consigliere auditore, la ricorrente non aveva mai definito o approvato il piano di attività o il bilancio delle attività dell’Arkema France specificamente legate al clorato di sodio. Al contrario, l’Arkema France avrebbe disposto, all’epoca dei fatti, di tutti i mezzi e di tutte le risorse organizzative, giuridiche e finanziarie necessarie per definire la strategia commerciale delle attività connesse al clorato di sodio nonché alla gestione di tali attività.

87      Dall’altro lato, la ricorrente deduce una serie di argomenti diretti a dimostrare che l’Arkema France agiva in maniera autonoma sul mercato. Anzitutto, l’Arkema France avrebbe goduto di un pieno potere di contrattare senza autorizzazione preliminare della sua controllante, il che le avrebbe dato la possibilità di gestire in maniera del tutto autonoma la sua politica commerciale. Inoltre, l’Arkema France avrebbe sempre definito liberamente la gamma dei prodotti o dei servizi che immetteva sul mercato del clorato di sodio, dato che la ricorrente non aveva mai inviato alcuna istruzione o direttiva alla propria controllata riguardo alla sua produzione, ai prezzi praticati e agli sbocchi della sua produzione. Inoltre, l’Arkema France avrebbe beneficiato pienamente della libertà di definire, senza intervento da parte della sua controllante, i propri obiettivi di vendita e i propri utili lordi, non essendo nessun membro del personale della ricorrente idoneo a intromettersi in questo tipo di decisioni. Del resto, la ricorrente non era mai stata presente, a valle o a monte, sui mercati nei quali operava la sua controllata. Infine, l’Arkema France sarebbe intervenuta sul mercato del clorato di sodio a proprio nome e per proprio conto e non come suo rappresentante o agente commerciale.

88      Ancora, secondo la ricorrente, l’Arkema France disponeva di una piena autonomia finanziaria. Tale osservazione deriverebbe dalle considerazioni esposte supra, ai punti 81‑85, nonché dal carattere estremamente modesto della sua attività relativa al clorato di sodio all’interno del gruppo all’epoca dei fatti controversi. Essa aggiunge che il controllo finanziario da essa esercitato sull’Arkema France era molto generale e non poteva pertanto vertere sull’attività relativa al clorato di sodio.

89      Inoltre, la ricorrente sostiene che l’Arkema France non la informava riguardo alla sua attività sul mercato e che l’unica rendicontazione che l’Arkema France le presentava si atteneva strettamente ai limiti degli obblighi di una holding riguardo alle regole contabili e alla normativa finanziaria applicabile. Pertanto, tale rendicontazione era rimasta ad un livello molto generale e non aveva riguardato la politica commerciale dell’Arkema France.

90      Infine, la ricorrente fa rilevare che, alla luce dell’insieme delle considerazioni esposte supra, ai punti 81‑87, da un lato, la Commissione avrebbe dovuto constatare che l’attività dell’Arkema France non era subordinata alle istruzioni della propria società madre. Dall’altro lato, tanto dalla giurisprudenza quanto dalla prassi decisionale della Commissione risulterebbe che il complesso di indizi dedotti dalla ricorrente per confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante sarebbe rilevante per dimostrare l’autonomia della sua controllata. Respingendo gli indizi forniti dalla ricorrente, la Commissione le avrebbe di fatto negato tale modalità di prova per superare la suddetta presunzione.

91      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha respinto a torto, al punto 370 della decisione impugnata, il carattere probatorio della mancanza di una sua partecipazione all’infrazione commessa dalla sua controllata nonché quello della non conoscenza, da parte sua, della suddetta infrazione per escluderne la responsabilità, e questo anche se la Commissione ha espressamente riconosciuto nella decisione impugnata che la ricorrente non era mai stata direttamente o indirettamente coinvolta nell’infrazione in parola. Orbene, la partecipazione o la conoscenza di un’infrazione sono considerate come un indizio pertinente, da parte della Commissione e dei giudici dell’Unione, in sede di imputazione della responsabilità di tale infrazione ad una società controllante.

92      In terzo luogo, la ricorrente rileva che la Commissione ha ritenuto a torto, al punto 403 della decisione impugnata, che, il fatto che essa non intervenisse né sul mercato del clorato di sodio nel SEE, né sui mercati a monte o a valle di tale prodotto, non costituiva una prova della sua indipendenza. Una simile posizione sarebbe incompatibile con la giurisprudenza derivante dalla sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione (non pubblicata nella Raccolta).

93      La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

94      La ricorrente afferma, in sostanza, di aver fornito un complesso di indizi che dimostrano l’autonomia dell’Arkema France sul mercato del clorato di sodio e la mancanza di intromissione da parte sua nella politica commerciale della sua controllata.

95      Occorre ricordare che, da un lato, come emerge dalla giurisprudenza ricordata, in particolare, ai punti 52‑55 supra, quando la Commissione si basa sulla presunzione di esercizio di un’influenza determinante per imputare la responsabilità di un’infrazione ad una società controllante, spetta a quest’ultima confutarla fornendo elementi di prova sufficienti idonei a dimostrare che la sua controllata si comporta in modo autonomo sul mercato. Dall’altro lato, per dimostrare l’autonomia della sua controllata sul mercato e quindi confutare la suddetta presunzione, spetta alla società controllante produrre tutti gli elementi relativi ai vincoli organizzativi, economici e giuridici intercorrenti con la propria controllata tali da dimostrare che la controllante e la controllata non costituiscono un’entità economica unica.

96      Nel caso di specie, occorre pertanto esaminare se la Commissione abbia giustamente ritenuto che gli elementi del complesso di indizi che la ricorrente ha prodotto non permettevano di dimostrare l’autonomia dell’Arkema France sul mercato né di confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

97      In primo luogo, va respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo cui la posizione adottata dalla Commissione nella decisione Perossidi organici e nella decisione Perossido di idrogeno dimostra che l’Arkema France si comportava in modo autonomo sul mercato. Anzitutto, va rilevato, da un lato, che la ricorrente interpreta erroneamente le suddette decisioni, poiché la Commissione in esse non ha affatto concluso che l’Arkema France agiva in modo autonomo né, in particolare, sul mercato del clorato di sodio né, in generale, sugli altri mercati di prodotti da essa venduti. Infatti, come emerge in particolare dall’art. 1 della decisione Perossidi organici, la Commissione si è limitata a sanzionare l’Arkema France (in precedenza Atofina), senza pronunciarsi sul problema dell’opportunità di imputare la responsabilità di tale infrazione alla ricorrente. Dall’altro lato, va rilevato che, nella decisione Perossido di idrogeno, la Commissione ha in sostanza concluso, in particolare al punto 427 della suddetta decisione, che la responsabilità dell’infrazione oggetto della decisione stessa doveva essere imputata alla ricorrente. Pertanto, né l’una né l’altra delle suddette decisioni permettono di concludere che la Commissione abbia considerato, in circostanze analoghe a quelle del caso di specie, che l’Arkema France agisse in modo autonomo sul mercato.

98      Inoltre, poiché la Commissione, come rilevato supra, al punto 60, ha la facoltà ma non l’obbligo di imputare la responsabilità di un’infrazione ad una società controllante e poiché è sulla base di un’interpretazione corretta dell’art. 81 CE che essa ha imputato, nel caso di specie, la responsabilità dell’infrazione in parola alla ricorrente, l’eventuale rilievo secondo cui la Commissione, in cause precedenti, non aveva ritenuto opportuno procedere ad una imputazione siffatta, o aveva comprovato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante con indizi supplementari non permetterebbe comunque di concludere, nel caso di specie, che essa è incorsa in un errore di diritto imputando la responsabilità dell’infrazione in parola alla ricorrente.

99      In secondo luogo, vanno respinti in quanto infondati anche gli argomenti della ricorrente secondo cui l’autonomia dell’Arkema France è dimostrata dalla gestione decentrata del gruppo Elf Aquitaine e dal fatto che la ricorrente era soltanto una «holding non operativa» che non interveniva nella gestione concreta delle proprie controllate, con la conseguenza che la Commissione non avrebbe dovuto imputarle la responsabilità dell’infrazione, come del resto si sarebbe astenuta dal fare nei confronti di un’altra società controllante nella decisione Tabacco greggio Spagna.

100    Anzitutto occorre rilevare, da un lato, che l’affermazione secondo la quale la ricorrente è una società «holding non operativa» non è suffragata da alcun elemento concreto atto a dimostrare che essa non esercitava un’influenza determinante sulla propria controllata. Dall’altro lato, come emerge dalla giurisprudenza esposta supra al punto 60, il fatto che nella decisione Tabacco greggio Spagna la Commissione non abbia imputato la responsabilità di un’infrazione ad una società controllante non può in alcun caso inficiare la constatazione secondo cui nella decisione impugnata sussistevano i requisiti per una imputazione di questo tipo.

101    Per di più, in ogni caso, nell’ambito di un gruppo di società, una holding concentra partecipazioni in diverse società e ha la funzione di garantirne l’unità direttiva. Pertanto, non si può escludere che la ricorrente abbia esercitato un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata, coordinando, in particolare, gli investimenti finanziari in seno al gruppo Elf Aquitaine. Inoltre, la suddivisione interna delle diverse attività della ricorrente, simile a una gestione decentrata, tra differenti divisioni o dipartimenti costituisce un fenomeno normale all’interno dei gruppi societari come quello alla testa del quale si trovava la ricorrente. Pertanto, il presente argomento non confuta affatto la presunzione secondo la quale la ricorrente e l’Arkema France costituivano un’impresa unica ai sensi dell’art. 81 CE.

102    In terzo luogo, debbono essere respinti come infondati anche gli argomenti della ricorrente secondo i quali, da un lato, l’Arkema France ha sempre definito in modo autonomo la propria strategia commerciale sul mercato del clorato di sodio, poiché non ha mai definito né approvato il piano di attività e il bilancio delle attività dell’Arkema France specificamente legate a tale prodotto e quest’ultima, in sostanza, disponeva della capacità di agire in modo autonomo sul mercato e, dall’altro lato, l’Arkema France godeva di piena autonomia finanziaria, poiché il controllo che essa esercitava sulla propria controllata era estremamente generico.

103    Difatti, oltre alla circostanza che gli argomenti della ricorrente non sono suffragati da alcun elemento concreto, occorre rilevare anzitutto che il fatto che quest’ultima non abbia mai definito né approvato il piano di attività e il bilancio delle attività dell’Arkema France non consente di dimostrare che essa non fosse in grado di modificarli o respingerli o di controllarne l’applicazione.

104    Inoltre, non si può escludere che la ricorrente abbia esercitato un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata, in particolare coordinandone gli investimenti finanziari all’interno del gruppo Elf Aquitaine.

105    Infine, se è vero che — come del resto ha sostenuto la ricorrente nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti (v. pag. 71 di tale risposta) e come emerge dal punto 392 della decisione impugnata — essa controllava gli impegni più importanti della propria controllata, tale circostanza non fa altro che rafforzare la conclusione della Commissione secondo cui la suddetta controllata non era autonoma rispetto alla ricorrente.

106    In quarto luogo, dev’essere respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo cui l’Arkema France non le riferiva circa la sua attività sul mercato e le presentava una rendicontazione solo in termini assai generali, nel rispetto del diritto francese e delle sue leggi. Al riguardo, oltre al fatto che occorre rilevare come tale argomento non sia suffragato da alcun elemento concreto, la circostanza che la ricorrente, come esposto supra, al punto 103, abbia ammesso di controllare gli impegni più importanti della propria controllata va nella direzione contraria al suddetto argomento.

107    In quinto luogo, riguardo al fatto che la ricorrente sostiene di non aver mai partecipato all’infrazione, di non averne avuto conoscenza e di non essere intervenuta né a monte né a valle del mercato del clorato di sodio, e neppure sul suddetto mercato, che per essa rivestiva un’importanza minore, occorre rilevare che detti elementi non sono tali da dimostrare l’autonomia dell’Arkema France. Anzitutto, va ricordato che, come emerge dalla giurisprudenza, non è un atto di istigazione a commettere l’illecito compiuto dalla società controllante nei confronti della sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa che permette alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti di una società capogruppo (sentenza Michelin/Commissione, citata supra al punto 55, punto 290). Inoltre, nessuna conclusione può essere tratta dal fatto che la ricorrente e l’Arkema France operavano su mercati diversi o che il mercato del clorato di sodio aveva per la ricorrente un’importanza minore. Occorre infatti rilevare che, in un gruppo come quello alla testa del quale si trova la ricorrente, la divisione dei compiti costituisce un fenomeno normale, che non permette di confutare la presunzione secondo cui la ricorrente e l’Arkema France costituivano un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE. Pertanto, i suddetti argomenti vanno respinti in quanto ininfluenti.

108    In sesto luogo, va respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione le ha, di fatto, negato il diritto di superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante ritenendo che gli indizi da essa forniti non permettessero di dimostrare l’autonomia dell’Arkema France. Infatti, nella decisione impugnata, non solo la Commissione non ha contestato il diritto della ricorrente di apportare indizi idonei a superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, ma soltanto dopo aver esaminato il complesso di indizi che la ricorrente le aveva fornito essa ha concluso legittimamente, come emerge dalle osservazioni esposte supra, ai punti 95‑105, che gli elementi appartenenti a tale complesso non consentivano di superare la suddetta presunzione.

109    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre concludere che la Commissione ha giustamente ritenuto che la ricorrente non avesse apportato elementi idonei a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

110    Pertanto, la quarta parte del primo motivo dev’essere respinta in parte in quanto infondata e in parte in quanto ininfluente.

 La quinta parte, attinente alla trasformazione della presunzione di esercizio di un’influenza determinante in presunzione assoluta

–       Argomenti delle parti

111    La ricorrente sostiene che, respingendo l’insieme di indizi da essa forniti alla Commissione, quest’ultima ha trasformato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, che avrebbe dovuto essere una presunzione relativa, in una presunzione assoluta.

112    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la trasformazione di una presunzione relativa in una presunzione assoluta pregiudica il principio della presunzione di innocenza. Anzitutto, detta trasformazione costituirebbe una probatio diabolica, ossia una prova impossibile da fornire e pertanto una prova inammissibile alla luce della giurisprudenza. Inoltre, in udienza la ricorrente ha precisato che tale presunzione è contraria al principio della presunzione di innocenza sancito, da un lato, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1959 (in prosieguo: la «CEDU»), come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza 7 ottobre 1988, Salabiaku c. Francia (Serie A, n. 141‑A, § 28), e, dall’altro lato, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), e che possiede lo stesso valore giuridico dei Trattati in forza dell’art. 6, n. 1, primo comma, TUE. Infine, rispondendo ad un quesito del Tribunale in udienza, essa ha precisato di ritenere che la sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, fosse incompatibile con le disposizioni sopra menzionate.

113    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha reso insuperabile la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, su cui si è basata nella decisione impugnata.

114    Anzitutto, dai punti 386 e 412 della decisione impugnata emergerebbe che la Commissione ammette che in pratica è impossibile superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, specificando, in particolare, che «tale presunzione si verifica quasi in tutti i casi».

115    Inoltre, la Commissione aveva rifiutato di prendere in considerazione gli indizi dedotti dalla ricorrente per superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante mentre tali indizi, quando sono invocati dalla Commissione, permettono a quest’ultima di suffragare la presunzione stessa.

116    Ancora, dal punto 401, in fine, della decisione impugnata, risulterebbe che la Commissione ritiene a torto che una società controllante va considerata responsabile di un’infrazione a prescindere dal fatto che abbia interferito o meno nell’attività della sua controllata, che l’abbia lasciata agire liberamente o meno, e che fosse o meno a conoscenza delle infrazioni commesse dalla suddetta controllata.

117    La Commissione poi avrebbe omesso di trarre le conseguenze opportune dal proprio errore di interpretazione, che essa stessa avrebbe ammesso durante l’audizione presso il consigliere auditore, riguardo alle osservazioni formulate dall’Arkema France il 18 ottobre 2004, in risposta alla richiesta di informazioni che quest’ultima le aveva rivolto il 10 settembre 2004, e nelle quali aveva confuso la Elf Atochem e la ricorrente.

118    Ancora, nella decisione impugnata la Commissione si sarebbe basata non su elementi concreti che dimostrino l’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ricorrente sulla gestione commerciale dell’Arkema France, ma su semplici affermazioni non comprovate, che costituirebbero ulteriori presunzioni e supposizioni da essa mai verificate.

119    Infine, si dovrebbe dedurre dal rigetto di tutti gli elementi del complesso di indizi forniti dalla ricorrente che la Commissione esige prove documentali negative dell’assenza di intromissione di una società controllante nella politica commerciale della propria controllata.

120    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

121    La ricorrente afferma, in sostanza, che respingendo gli indizi da essa forniti la Commissione ha trasformato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante in una presunzione assoluta. Una presunzione di tal genere sarebbe illegittima tanto alla luce della CEDU e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, quanto della giurisprudenza delle giurisdizioni dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo.

122    A questo proposito occorre rilevare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 52, non è stato imposto alla ricorrente di fornire una prova della sua mancata intromissione nella gestione della propria controllata, ma soltanto di produrre elementi probatori sufficienti a dimostrare che la sua controllata si comportava in modo autonomo sul mercato di cui trattasi.

123    Orbene, il fatto che, nel caso di specie, la ricorrente non abbia prodotto elemento probatori idonei a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, come emerge dall’esame della quarta parte del motivo (v. supra, punti 95‑106), non significa che la suddetta presunzione non possa essere superata in alcun caso.

124    Per tale ragione, in primo luogo, deve respingersi in quanto ininfluente l’argomento della ricorrente esposto supra, al punto 110, secondo il quale, in sostanza, la presunzione di esercizio di un’influenza determinante che la Commissione ha enunciato nella decisione impugnata e la cui legittimità è stata riconosciuta dalla Corte nella sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, è contraria al principio di presunzione di innocenza come, da un lato, riconosciuto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nella CEDU e, dall’altro lato, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dai giudici dell’Unione. In secondo luogo, vanno respinti in quanto infondati gli argomenti esposti supra, ai punti 111‑117, secondo i quali, in sostanza, la Commissione ha ritenuto a torto che gli indizi ad essa forniti dalla ricorrente dimostravano che essa non esercitava un’influenza determinante sull’Arkema France, mentre, com’è emerso in sede di esame della quarta parte del primo motivo (v. supra, punti 95‑106), è a causa del fatto che nessuno degli indizi dedotti dalla ricorrente permetteva di concludere, nel caso di specie, nel senso dell’autonomia sul mercato dell’Arkema France che, nella decisione impugnata, la Commissione ha imputato la responsabilità dell’infrazione alla ricorrente.

125    Pertanto, occorre respingere, in parte come infondati e in parte come ininfluenti, la quinta parte del primo motivo e, conseguentemente, il primo motivo nel suo complesso.

 Il secondo motivo, attinente alla violazione di sei principi fondamentali, derivante dall’imputazione della responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi alla ricorrente

126    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato sei principi fondamentali imputandole il comportamento illecito dell’Arkema France. Il presente motivo si divide quindi in sei parti.

 La prima parte, attinente ad una violazione dei diritti della difesa della ricorrente

–       Argomenti delle parti

127    La ricorrente afferma, in sostanza, che i suoi diritti della difesa sono stati violati prima e dopo che le è stata notificata la comunicazione degli addebiti.

128    In primo luogo, la ricorrente sostiene anzitutto che la valutazione della Commissione contenuta al punto 406 della decisione impugnata, secondo cui essa non era tenuta ad una diligenza particolare nei suoi confronti prima della notificazione della comunicazione degli addebiti, è confutata dalla giurisprudenza derivante dalle sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑194/99 P, Thyssen Stahl/Commissione (Racc. pag. I‑10921), e 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione (Racc. pag. I‑8725). Infatti, essa ritiene che la Commissione avrebbe dovuto ricorrere ai suoi poteri di indagine, prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, al fine di raccogliere indizi comprovanti la presunzione di esercizio di un’influenza determinante presso la ricorrente, anziché limitarsi a quelli forniti dalla Arkema France. In udienza essa ha precisato che siffatto obbligo derivava altresì dalla sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑99/04, AC‑Treuhand/Commissione (Racc. pag. II‑1501), e dal codice di buone pratiche della Commissione, relativo agli artt. 101 TFUE e 102 TFUE (in prosieguo: il «codice di buone pratiche») che, alla data dell’udienza, era disponibile sul sito Internet della Commissione.

129    Inoltre, in mancanza di misure di indagine svolte nei suoi confronti, la ricorrente sarebbe stata privata del suo diritto di spiegare, prima dell’adozione della comunicazione degli addebiti, le modalità di funzionamento del gruppo Elf Aquitaine, i suoi rapporti con l’Arkema France e il suo ruolo puramente passivo nella gestione della sua attività relativa al clorato di sodio. Essa inoltre non avrebbe potuto controllare la veridicità delle informazioni fornite dall’Arkema France e per le quali quest’ultima aveva invocato la riservatezza, come il fatturato della ricorrente che l’Arkema France aveva fornito alla Commissione in risposta ad una richiesta di informazioni.

130    Inoltre, dal momento che l’indagine riguardava il periodo successivo alla fuoriuscita dell’Arkema France dal gruppo Elf Aquitaine, il 18 maggio 2006, la Commissione non avrebbe potuto raccogliere risposte complete alle domande che aveva posto a quest’ultima. Pertanto, la ricorrente avrebbe perduto una possibilità, da un lato, di far modificare le censure mosse nei suoi confronti, dimostrando, sin dalla fase dell’indagine, l’impossibilità di imputarle l’infrazione commessa dall’Arkema France e, dall’altro lato, di evitare di vedersi comminare due ammende distinte. In udienza, essa ha aggiunto che, dal momento che la comunicazione degli addebiti le era pervenuta in una data in cui l’Arkema France non faceva più parte del gruppo Elf Aquitaine, ed erano trascorsi quattro anni dall’inizio dell’indagine, essa non disponeva più di prove che le consentissero di difendersi utilmente il giorno della notificazione della suddetta comunicazione.

131    Infine, l’alterazione della capacità della ricorrente di difendersi sarebbe stata aggravata dal carattere incoerente e contraddittorio della posizione adottata dalla Commissione nella decisione AMCA, nella decisione 31 maggio 2006, C (2006 def.), relativa a un procedimento ex articolo 81 [CE] ed ex articolo 53 dell'accordo SEE (caso n. COMP/F/38.645 – Metacrilati) (GU L 322, pag. 20; in prosieguo: la «decisione Metacrilati»), nella decisione Perossido di idrogeno e nella decisione impugnata.

132    Inoltre, in udienza, la ricorrente ha fatto osservare, da un lato, che la Corte aveva riconosciuto il carattere penale delle ammende in materia di concorrenza nelle sentenze 8 luglio 1999, causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione (Racc. pag. I‑4287), 22 maggio 2008, causa C‑266/06 P, Evonik Degussa/Commissione e Consiglio (non pubblicata nella Raccolta), e 23 dicembre 2009, causa C‑45/08, Spector Photo Group e Van Raemdonck (Racc. pag. I‑12073) e, dall’altro lato, che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, entrata in vigore il 1° dicembre 2009, era immediatamente applicabile alle controversie dinanzi al Tribunale. In tale contesto, essa sostiene che i suoi diritti fondamentali sono stati violati, avendo la Commissione considerato a torto che «era l’impresa, e non ciascuna delle persone giuridiche considerate isolatamente, che doveva beneficiare di diritti fondamentali».

133    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che dai punti 402‑406 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha omesso di esaminare accuratamente, in contrasto con i requisiti sanciti dalla giurisprudenza, l’insieme degli elementi del complesso di indizi da essa forniti per confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, essendosi limitata a respingere i suddetti elementi con affermazioni non motivate, supposizioni e presunzioni puramente teoriche, non corrispondenti alla realtà del funzionamento del gruppo Elf Aquitaine al momento dei fatti di cui trattasi.

134    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

135    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa, da un lato, non avviando alcun provvedimento istruttorio nei suoi confronti prima di notificarle la comunicazione degli addebiti e, dall’altro lato, omettendo di esaminare accuratamente, dopo la notificazione della suddetta comunicazione degli addebiti, l’insieme degli elementi del complesso di indizi che essa aveva fornito al fine di superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

136    Secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa esige che l’impresa interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze allegati, nonché sui documenti di cui la Commissione ha tenuto conto per suffragare l’asserita trasgressione del Trattato [sentenze della Corte 7 giugno 1983, cause riunite da 100/80 a 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione (Racc. pag. 1825, punto 10), e 6 aprile 1995, causa C‑310/93 P, BPB Industries e British Gypsum/Commissione (Racc. pag. I‑865, punto 21)].

137    Al pari del regolamento n. 17 del Consiglio, 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento di applicazione degli artt. [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), che è stato abrogato e sostituito dal regolamento n. 1/2003, tale ultimo regolamento prevede, all’art. 27, n. 1, l’invio alle parti di una comunicazione degli addebiti che deve contenere in termini chiari tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si fonda in tale fase del procedimento (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 67), per consentire agli interessati di prendere effettivamente conoscenza dei comportamenti loro contestati dalla Commissione e di far valere utilmente la loro difesa prima che essa adotti una decisione definitiva. Una tale comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto comunitario che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento (sentenza della Corte 3 settembre 2009, cause riunite C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, Racc. pag. I‑7191, punto 35).

138    Tale principio esige in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v. sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, citata supra al punto 135, punto 36, e la giurisprudenza ivi citata).

139    In particolare, la comunicazione degli addebiti deve precisare in maniera inequivocabile la persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende, dev’essere inviata a quest’ultima e deve indicare in che qualità a tale persona giuridica sono contestati i fatti addebitati (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, citata supra al punto 135, punti 37 e 38).

140    È infatti con la comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata viene informata di tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento. Di conseguenza, solo dopo l’invio della detta comunicazione l’impresa interessata può far pienamente valere i suoi diritti della difesa (v. sentenza della Corte 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I‑829, punto 59, e la giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza AC‑Treuhand/Commissione, citata supra al punto 126, punto 48).

141    Per quanto riguarda il primo motivo della ricorrente, secondo cui la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa non avviando alcun provvedimento istruttorio nei suoi confronti prima che le venisse notificata la comunicazione degli addebiti, va rilevato che, sebbene le parti non abbiano fornito al Tribunale la suddetta comunicazione degli addebiti, emerge tuttavia inequivocabilmente dalle osservazioni della ricorrente del 27 settembre 2007, in risposta a tale comunicazione, che la Commissione l’ha informata della sua intenzione di imputarle il comportamento illecito dell’Arkema France sulla base della presunzione di esercizio di un’influenza determinante. La ricorrente ha dunque avuto conoscenza dell’accusa mossa nei suoi confronti nella suddetta comunicazione ed è stata messa in condizioni di rispondere, cosa che ha fatto effettivamente per iscritto, alla comunicazione stessa. Inoltre, essa non contesta di essere stata in grado di presentare, e di aver effettivamente presentato, le proprie osservazioni su tale comunicazione durante l’audizione presso il consigliere auditore.

142    Il fatto che la Commissione non abbia assunto alcun provvedimento istruttorio nei confronti della ricorrente prima di notificarle la comunicazione degli addebiti, o ancora, come la ricorrente fa inoltre osservare, che la Commissione in precedenti decisioni le abbia imputato o meno la responsabilità di altre infrazioni commesse dalla sua controllata, non può mettere in discussione la conclusione secondo la quale la Commissione poteva informarla delle accuse mosse nei suoi confronti, per la prima volta, nella suddetta comunicazione. Infatti, la ricorrente è stata messa in grado di far conoscere utilmente il proprio punto di vista nel corso della fase amministrativa del procedimento riguardo all’effettività e alla pertinenza dei fatti e delle circostanze dedotti dalla Commissione nella sua comunicazione degli addebiti, tanto nelle sue osservazioni in risposta a tale comunicazione, quanto durante l’audizione presso il consigliere auditore.

143    Pertanto, la Commissione non ha violato i diritti della difesa della ricorrente non avendo avviato alcun provvedimento istruttorio nei suoi confronti prima di notificarle la comunicazione degli addebiti.

144    Gli altri argomenti dedotti dalla ricorrente non inficiano tale conclusione.

145    In primo luogo, va respinto come infondato l’argomento sollevato dalla ricorrente nel corso dell’udienza, secondo cui la Commissione ha violato i suoi diritti fondamentali, come riconosciuti dalla giurisprudenza comunitaria e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, considerando a torto che era l’impresa, e non ciascuna delle persone giuridiche singolarmente considerata, a dover beneficiare dei suddetti diritti fondamentali. Difatti, oltre al fatto che né dalla decisione impugnata né dalle sue memorie emerge che la Commissione abbia formulato una simile considerazione, occorre rilevare, come risulta dal punto 66 della decisione impugnata e dall’art. 4 del dispositivo di tale decisione, che la Commissione ha indirizzato la comunicazione degli addebiti alla ricorrente e all’Arkema France, singolarmente considerate, e pertanto, sia durante la fase amministrativa del procedimento sia alla conclusione della stessa, la Commissione ha rispettato i diritti della difesa di entrambe le suddette società.

146    In secondo luogo, va respinto in quanto infondato anche l’argomento secondo il quale emerge dalla giurisprudenza citata supra al punto 126 che la Commissione ha considerato a torto, nella fattispecie, di non essere tenuta ad assumere provvedimenti particolari nei confronti della ricorrente.

147    Anzitutto, nella sentenza Thyssen Stahl/Commissione, citata supra al punto 126 (punto 31), la Corte ha statuito che occorreva dichiarare che i diritti della difesa di un’impresa sono violati dalla Commissione laddove vi sia una possibilità che, a causa di un’irregolarità commessa dalla Commissione, il procedimento amministrativo da quest’ultima instaurato sia potuto giungere ad un risultato differente. Al medesimo punto la Corte ha altresì affermato che un’impresa fornisce la prova del verificarsi di tale violazione quando dimostri adeguatamente non già che la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, bensì che essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità in questione, ad esempio per il fatto che avrebbe potuto utilizzare per la propria difesa documenti il cui accesso le era stato rifiutato nell’ambito del procedimento amministrativo. Orbene, nel caso di specie va rilevato che la ricorrente non dimostra che il fatto che la Commissione non abbia promosso alcun provvedimento istruttorio nei suoi confronti prima di notificarle la comunicazione degli addebiti avrebbe potuto indurla a giungere ad un risultato diverso nella decisione impugnata. Infatti, contrariamente a quanto da essa stessa sostenuto, la ricorrente ha avuto la possibilità di far conoscere, sulla base della comunicazione degli addebiti, le proprie osservazioni relative alle modalità di funzionamento del gruppo Elf Aquitaine, ai suoi rapporti con l’Arkema France e al suo asserito ruolo puramente passivo nella gestione della sua attività relativa al clorato di sodio.

148    Inoltre, nella sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, citata supra al punto 126 (punti 48‑50 e 56), la Corte ha dichiarato in particolare che era importante evitare che i diritti della difesa potessero essere irrimediabilmente compromessi a motivo della durata eccessiva della fase istruttoria, e che tale durata possa ostacolare l’acquisizione di prove volte a confutare l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità delle imprese interessate. Orbene, va rilevato nel caso di specie che la ricorrente non deduce alcun elemento concreto che dimostri che la fase istruttoria della procedura che ha portato ad adottare la decisione impugnata abbia avuto una durata eccessiva e, pertanto, abbia costituito un ostacolo affinché la ricorrente potesse fornire indizi idonei a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

149    Infine, nella sentenza AC-Treuhand/Commissione, citata supra al punto 126 (punto 56), il Tribunale ha dichiarato che la Commissione è obbligata ad informare l’impresa interessata segnatamente dell’oggetto e dello scopo dell’indagine, già sin dal momento della prima misura adottata nei suoi confronti, incluso il caso di una richiesta di informazioni inviata ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17. Al punto 58 della detta sentenza il Tribunale ha altresì dichiarato che, solo nel caso in cui l’irregolarità commessa dalla Commissione sia stata di natura tale da incidere concretamente sui diritti della difesa della ricorrente nell’ambito del procedimento, una simile irregolarità poteva condurre all’annullamento della decisione finale della Commissione. Orbene, nel caso di specie, oltre al fatto che non è possibile dedurre dalla suddetta sentenza l’obbligo per la Commissione, come afferma la ricorrente, di adottare provvedimenti istruttori nei confronti di un’impresa prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti nel caso in cui essa ritenga di disporre, tra l’altro, di informazioni che giustifichino l’invio di tale comunicazione, è giocoforza rilevare che la ricorrente non deduce alcun elemento concreto per dimostrare che, a causa di ciò, essa sia stata privata della facoltà di fornire la prova del mancato esercizio di una sua influenza determinante sull’Arkema France.

150    In terzo luogo, quanto all’argomento secondo cui la Commissione ha violato il codice di buone pratiche non avendo avviato nei suoi confronti alcun provvedimento istruttorio, occorre rilevare, da un lato, che il detto codice, il quale ai sensi del suo punto 5 va applicato solo alle cause pendenti e future a partire dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, è stato adottato successivamente alla decisione impugnata e pertanto non è applicabile ai fatti del caso di specie. Dall’altro lato, e in ogni caso, va rilevato che il punto 14 del suddetto codice, facendo riferimento alla sentenza AC-Treuhand/Commissione, citata supra al punto 126 (punto 56), dispone che «all’atto del primo provvedimento di indagine (solitamente una richiesta di informazioni o un’ispezione), le imprese vengono informate del fatto di essere oggetto di un’indagine preliminare, nonché del suo oggetto e del suo scopo». Pertanto, senza che occorra pronunciarsi sulla portata giuridica del detto codice, occorre rilevare, in ogni caso, che esso non fa sorgere in capo alla Commissione alcun obbligo di assumere provvedimenti istruttori nei confronti delle imprese prima dell’adozione della comunicazione degli addebiti.

151    Pertanto, la prima censura della ricorrente va respinta in quanto infondata.

152    Quanto alla seconda censura della ricorrente, secondo cui la Commissione ha violato i suoi diritti della difesa in quanto non ha esaminato accuratamente il complesso degli elementi dell’insieme di indizi da essa forniti per confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, occorre rilevare che, da un lato, come sottolineato dalla Commissione, la ricorrente non individua alcun elemento di fatto o di diritto richiamato nella decisione impugnata a proposito del quale essa non avrebbe potuto spiegarsi nella risposta alla comunicazione degli addebiti. Dall’altro lato, occorre far riferimento ai punti 397‑415 della decisione impugnata per rilevare che la Commissione ha risposto agli argomenti sollevati dall’Arkema France e dalla ricorrente nelle loro osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti in modo motivato ed esaustivo. Di conseguenza, non si può accusare la Commissione di aver violato i diritti della difesa della ricorrente sotto questo profilo.

153    Pertanto, la seconda censura della ricorrente nonché la prima parte nel suo complesso vanno respinte in quanto infondate.

 La seconda parte, attinente ad una violazione del principio della parità delle armi


 Argomenti delle parti

154    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della parità delle armi. Tale violazione deriverebbe, nel caso di specie, dal fatto che, invece di fornire elementi concreti idonei a gettare una diversa luce sui fatti del caso di specie così come risultanti dal complesso di indizi forniti dalla ricorrente, la Commissione si sarebbe limitata a dedurre nuove supposizioni e presunzioni, mentre, conformemente alla giurisprudenza, la ricorrente aveva fornito un’altra spiegazione plausibile dei fatti in contrapposizione a quella seguita dalla Commissione.

155    In udienza la ricorrente ha aggiunto che il mancato avvio, da parte della Commissione, di un’indagine nei suoi confronti ha comportato una violazione del principio della parità delle armi, in quanto essa avrebbe potuto «conservare le prove» e «premunirsi contro un’accusa di interferenza con la propria controllata».

156    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

157    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio della parità delle armi in quanto, avendo la ricorrente fornito un complesso di indizi che costituivano una spiegazione plausibile del fatto che l’Arkema France esercitava la sua attività in modo autonomo, spettava conseguentemente alla Commissione dedurre elementi concreti comprovanti la presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

158    Si deve rammentare che il principio di parità delle armi, come anche, in particolare, il principio del contraddittorio, rappresenta un mero corollario della nozione stessa di giusto processo (v., per analogia, sentenze 26 giugno 2007, causa C‑305/05, Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., Racc. pag. I‑5305, punto 31; 2 dicembre 2009, causa C‑89/08 P, Commissione/Irlanda e a., Racc. pag. I‑11245, punto 50, e 17 dicembre 2009, causa C‑197/09 RX‑II, Riesame M/EMEA, Racc. pag. I‑12033, punti 39 e 40). Tale principio, in particolare, implica l’obbligo di offrire a ciascuna delle parti una possibilità ragionevole di esporre la propria causa in condizioni tali da non porla in una situazione di netto svantaggio rispetto al suo avversario (v. Corte eur. D. U., sentenza Dombo Beheer BV c. Paesi Bassi del 27 ottobre 1993, serie A n. 274, § 33; Ernst e a. c. Belgio del 15 luglio 2003, § 60, e Vezon c. Francia del 18 aprile 2006, § 31).

159    Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, essa non versava in una situazione di netto svantaggio rispetto alla Commissione, a causa del fatto che quest’ultima le aveva contestato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, basata sull’esistenza di vincoli capitalistici con l’Arkema France.

160    Infatti, poiché, da un lato, come rilevato supra, al punto 57, la Commissione ha presunto a buon diritto l’esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sull’Arkema France, in base al fatto che essa ne deteneva la quasi totalità del capitale sociale e, dall’altro lato, come emerge dalle constatazioni formulate supra, ai punti 139 e 140, la ricorrente era stata in grado, nelle osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti e durante l’audizione presso il consigliere auditore, di presentare tutti gli elementi di diritto e di fatto utili a confutare la suddetta presunzione, la Commissione non ha violato nel caso di specie il principio della parità delle armi.

161    Occorre respingere in quanto infondato l’argomento della ricorrente, sollevato in udienza, secondo cui la Commissione ha violato il principio della parità delle armi in quanto, se fosse stata avviata un’indagine nei suoi confronti, essa avrebbe potuto «conservare le prove» del fatto che l’Arkema France agiva in modo autonomo e, quindi, «premunirsi contro un’accusa di interferenza con la sua controllata». Occorre infatti ricordare, innanzi tutto, che la ricorrente, che era la società controllante dell’Arkema France quando la Commissione ha inviato a quest’ultima una richiesta di informazioni, il 10 settembre 2004, avrebbe potuto sin da tale data raccogliere eventuali prove dell’autonomia della sua controllata. Inoltre, l’argomento della ricorrente a tal proposito non è suffragato da alcun elemento concreto che dimostri la scomparsa di prove che sarebbero state utili alla sua difesa o che la decisione impugnata avrebbe potuto essere diversa se le fosse stato trasmesso un provvedimento istruttorio prima della comunicazione degli addebiti. Infine, e in ogni caso, il suddetto argomento non inficia la conclusione, esposta supra al punto 158, secondo la quale la ricorrente, nell’ambito delle osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti e durante l’audizione presso il consigliere auditore, era stata in grado di presentare tutti gli elementi di diritto e di fatto utili ai fini del superamento della presunzione di esercizio di un’influenza determinante.

162    Pertanto, la seconda parte del secondo motivo va respinta in quanto infondata.

 La terza parte, attinente a una violazione della presunzione di innocenza

–       Argomenti delle parti

163    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato la presunzione di innocenza, che è un diritto fondamentale garantito dal Trattato CE e dall’art. 6, n. 2, della CEDU.

164    In primo luogo, la ricorrente fa osservare che, ai punti 409‑411 della decisione impugnata, la Commissione l’ha sanzionata per una violazione dell’art. 81 CE, sulla base di una presunzione che non era suffragata da alcun elemento concreto e che ha portato la Commissione a non tener conto delle prove contrarie che essa aveva fornito. Tale presunzione di responsabilità sarebbe basata su semplici allusioni, che il Tribunale ha condannato nella sentenza 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione (Racc. pag. II‑4065, punto 106).

165    Innanzi tutto, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare la colpevolezza, da un lato, dell’Arkema France e, dall’altro lato, della ricorrente, in modo specifico e distinto. Inoltre, e comunque, la colpevolezza della ricorrente non sarebbe stata dimostrata, poiché la sua responsabilità le è stata ascritta in violazione, da un lato, delle regole che disciplinano l’imputazione della responsabilità di un’infrazione ad una società controllante e, dall’altro lato, dei suoi diritti della difesa.

166    Infine, in udienza, la ricorrente ha fatto rilevare che l’assenza di indagini nei suoi confronti dimostra che la Commissione ha agito sulla base di un pregiudizio. A suo avviso, la decisione impugnata si basa su tale pregiudizio, che è «continuato dalla procedura dinanzi alla Commissione, che oggi [sarebbe] del tutto inaccettabile alla luce degli imperativi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea», in quanto la decisione finale viene adottata da un’istituzione che al contempo è «incaricata dell’indagine, dell’azione e della decisione».

167    In secondo luogo, la ricorrente sostiene anzitutto che, applicandole in modo automatico la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, la Commissione ha fatto gravare su di essa una presunzione assoluta di colpevolezza, che costituirebbe una probatio diabolica e sarebbe inammissibile. Essa fa rilevare che, ai sensi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, qualsiasi presunzione dev’essere inquadrata da limiti a tutela dei diritti della difesa (v. Corte eur. D. U., sentenza Salabiaku c. Francia, citata supra al punto 110 supra, § 28, e sentenza Janosevic c. Svezia, del 23 luglio 2002, n. 34619/97, § 101). Inoltre, in forza della giurisprudenza comunitaria, qualsiasi ricorso sistematico a presunzioni di colpevolezza dovrebbe essere escluso e qualsiasi presunzione di colpevolezza dovrebbe poter essere confutata in modo efficace dalla persona cui è applicata.

168    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

169    La ricorrente invoca, in sostanza, una violazione della presunzione di innocenza, in quanto la Commissione l’ha sanzionata per l’infrazione commessa dall’Arkema France, da un lato, senza comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante e senza tener conto del complesso di indizi da essa forniti, idonei a confutare la suddetta presunzione e, dall’altro lato, violando i suoi diritti della difesa.

170    Secondo la giurisprudenza, la presunzione di innocenza implica che ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Essa osta, quindi, a qualsiasi constatazione formale ed anche a qualsiasi allusione alla responsabilità della persona cui sia imputata una data infrazione in una decisione che pone fine all’azione, senza che la persona abbia potuto beneficiare di tutte le garanzie inerenti all’esercizio dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento che segua il suo corso normale e si chiuda con una decisione sulla fondatezza dell’addebito (sentenza del Tribunale 12 ottobre 2007, causa T‑474/04, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, Racc. pag. II‑4225, punto 76).

171    Nel caso di specie, è pacifico che l’infrazione di cui trattasi è stata ammessa dalla controllata della ricorrente. Inoltre, come indicato supra, al punto 57, nella decisione impugnata la Commissione ha presunto correttamente che la ricorrente fosse responsabile del comportamento della sua controllata in ragione del fatto che ne possedeva oltre il 97% del capitale sociale. Poiché, come rilevato supra, al punto 107, la ricorrente non ha confutato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, la Commissione ha pertanto legittimamente imputato alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi.

172    Inoltre, come rilevato in sede di esame della prima parte del secondo motivo, attinente alla presunta violazione dei suoi diritti della difesa (v. supra, punti 139 e 140), la ricorrente è stata messa nelle condizioni di far conoscere utilmente il proprio punto di vista, durante la fase amministrativa del procedimento, riguardo all’effettività e alla rilevanza dei fatti e delle circostanze dedotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, sia nelle osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti, sia nell’audizione presso il consigliere auditore, e pertanto ha potuto beneficiare di tutte le garanzie inerenti all’esercizio dei diritti della difesa nell’ambito di un procedimento che ha seguito il suo corso normale e si è chiuso con una decisione sulla fondatezza dell’addebito.

173    Infine, come indicato nell’ambito dell’esame della quinta parte del primo motivo (v. supra, punto 121), il fatto che, nel caso di specie, la ricorrente non abbia prodotto elementi probatori idonei a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante non significa che la detta presunzione non possa in alcun caso essere superata e che, come inoltre affermato dalla ricorrente, la Commissione abbia fatto gravare su di essa una presunzione assoluta di colpevolezza, che costituirebbe una probatio diabolica, o che l’abbia sanzionata solo sulla base di un «pregiudizio» che la ricorrente non avrebbe avuto la possibilità di confutare.

174    Di conseguenza, la Commissione non ha violato la presunzione di innocenza supponendo l’esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sulla propria controllata.

175    Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente ha sostenuto in udienza, in sostanza, che la presunzione di innocenza, come riconosciuta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è stata violata nel caso di specie, essendo la Commissione un’istituzione incaricata «dell’indagine, dell’azione e della decisione», occorre rilevare, come dichiarato oralmente dalla Commissione, che tale censura è stata sollevata tardivamente, essendo stata formulata per la prima volta nel corso dell’udienza e che non si può considerare come un ampliamento del presente motivo così come dedotto nel ricorso, in base al quale la presunzione di esercizio di un’influenza determinante su cui si è basata la Commissione nella decisione impugnata è contraria alla presunzione di innocenza. Pertanto, tale censura dev’essere dichiarata irricevibile, conformemente all’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

176    Di conseguenza, la terza parte del secondo motivo va respinta in parte come infondata e in parte come irricevibile.

 La quarta parte, attinente ad una violazione del principio di responsabilità personale e di carattere individuale delle pene

–       Argomenti delle parti

177    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della responsabilità personale e il suo corollario, vale a dire il principio di personalità delle pene poiché, da un lato, ha riconosciuto l’esistenza e la responsabilità della presunta impresa formata dalla ricorrente stessa e dall’Arkema France e, dall’altro lato, l’ha condannata a pagare, anzitutto, un’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France e, in secondo luogo, un’ammenda a titolo personale, mentre avrebbe dovuto riconoscere l’esistenza di due entità economiche distinte in mancanza di elementi concreti idonei a comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. La violazione dei suddetti principi sarebbe confermata dai punti 313 e 315 della decisione impugnata, i quali fanno riferimento alle nozioni di coautore e di autore dell’infrazione. Pertanto, la Commissione avrebbe ingiustamente qualificato la ricorrente come coautrice dell’infrazione di cui trattasi.

178    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

179    La ricorrente afferma in sostanza che, imputandole la responsabilità dell’infrazione in parola, la Commissione ha violato i principi di responsabilità personale e di personalità delle pene.

180    In forza del principio del carattere individuale delle pene e delle sanzioni, una persona fisica o giuridica può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti (sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 63), principio applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo che possa concludersi con l’irrogazione di sanzioni in forza della normativa sulla concorrenza (sentenza del Tribunale 4 luglio 2006, causa T‑304/02, Hoek Loos/Commissione, Racc. pag. II‑1887, punto 118).

181    Tuttavia, come emerge dalla giurisprudenza esposta supra, al punto 50, tale principio deve conciliarsi con la nozione di impresa ai sensi dell’art. 81 CE. Pertanto, qualora l’entità economica violi le regole della concorrenza, è tenuta, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione.

182    Orbene, come già esposto supra, al punto 105, non è un atto di istigazione a commettere l’illecito compiuto dalla società controllante nei confronti della sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE che permette alla Commissione di adottare la decisione che impone ammende nei confronti di una società capogruppo (v., in tal senso, sentenza Michelin/Commissione, citata supra al punto 55, punto 292). Pertanto, la ricorrente è stata personalmente condannata per un’infrazione che si è presunto avesse commesso a causa dei legami economici e giuridici che la univano all’Arkema France e che le permettevano di determinare il comportamento di quest’ultima sul mercato.

183    Di conseguenza, l’imputazione della responsabilità dell’infrazione di cui trattasi alla ricorrente non viola il principio del carattere individuale delle pene e delle sanzioni.

184    A questo proposito, occorre respingere in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale dai punti 313 e 315 della decisione impugnata deriva che la Commissione l’ha ingiustamente considerata come coautrice o autrice dell’infrazione. Difatti, oltre al fatto che in tali punti la Commissione non ha adottato tali qualificazioni nei confronti della ricorrente, dal combinato disposto, in particolare, dei punti 367‑375, 386, 387, 396 e 415 della decisione impugnata emerge chiaramente che, secondo la Commissione, dal momento che la ricorrente esercitava un’influenza determinante sull’Arkema France e le due società costituivano quindi un’impresa ai sensi dell’art. 81 CE, le suddette società che componevano l’impresa, ai sensi dell’art. 81 CE, autrice dell’infrazione, andavano considerate responsabili della stessa.

185    Pertanto, la quarta parte del secondo motivo dev’essere respinta in quanto infondata.

 La quinta parte, attinente a una violazione del principio della legalità delle pene

–       Argomenti delle parti

186    La ricorrente afferma che, violando i principi di responsabilità personale e di personalità delle pene, la Commissione ha violato il principio di legalità delle pene. Essa sostiene di essere stata condannata nonostante l’assenza di qualsiasi disposizione di legge che sanzioni un’infrazione che non sia stata dimostrata contro un’impresa. Da un lato, l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 autorizzerebbe solo la Commissione a sanzionare le imprese «partecipanti a [un’]infrazione». Dall’altro lato, gli orientamenti prevedono che il potere sanzionatorio della Commissione dovrebbe essere esercitato solo «nei limiti previsti [dal regolamento n. 1/2003]».

187    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

188    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio della legalità delle pene irrogandole la sanzione, mentre l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, e le linee guida non prevedono una sanzione siffatta.

189    Secondo la giurisprudenza, il principio di legalità delle pene impone che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che essa reprime. Tale condizione si rivela soddisfatta allorché il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’aiuto di un’interpretazione che ne è data dai tribunali, quali atti e omissioni implicano la sua responsabilità penale (sentenza Evonik Degussa/Commissione e Consiglio, citata supra al punto 130, punto 39).

190    Occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese che commettano, in particolare, un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE.

191    Nel caso di specie, alla luce delle disposizioni citate supra, al punto 188 e poiché è stato considerato che la ricorrente e la sua controllata Arkema France formavano un’impresa, ai sensi dell’art. 81 CE, la Commissione, senza violare il principio della legalità delle pene, poteva imporre, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 50, un’ammenda alle persone giuridiche che facevano parte della suddetta impresa.

192    Pertanto, la quinta parte del secondo motivo va respinta in quanto infondata.

 La sesta parte, attinente a una violazione del principio di parità di trattamento

–       Argomenti delle parti

193    La ricorrente sostiene che il principio di parità di trattamento secondo il quale, conformemente alla giurisprudenza, situazioni analoghe non possono essere trattate in maniera diversa, è stato violato nel caso di specie per un duplice motivo.

194    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento in quanto, nella decisione Perossidi organici, la responsabilità dell’infrazione alla quale aveva partecipato l’Arkema France non le era stata imputata, mentre, al momento dei fatti oggetto della detta decisione, la gestione del gruppo Elf Aquitaine era la stessa che all’epoca dei fatti oggetto della decisione impugnata. Essa aggiunge, a questo proposito, che la Commissione ha in tal modo violato anche il principio di certezza del diritto.

195    In particolare, la ricorrente fa osservare che vanno respinti gli argomenti della Commissione secondo i quali il fatto che quest’ultima non le abbia precedentemente imputato la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi non le impedirebbe di procedere ad una simile imputazione nella decisione impugnata, e secondo i quali essa dispone di un ampio margine discrezionale in materia di ammende e non è vincolata dalla propria prassi decisionale. Da un lato, sarebbe incoerente che, in situazioni identiche, la Commissione possa o meno imputarle la responsabilità di un’infrazione. Dall’altro lato, tale facoltà non rientrerebbe nel potere discrezionale che le è riconosciuto per garantire un’efficace applicazione delle regole in materia di concorrenza, ma sarebbe puramente e semplicemente arbitrario, senza un possibile controllo da parte delle giurisdizioni dell’Unione.

196    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che è stato violato il principio di parità di trattamento tra la ricorrente stessa, da un lato, e l’Akzo Nobel e l’ELSA, dall’altro lato. Al riguardo, essa fa rilevare che, ai punti 378‑382 e 481‑483 della decisione impugnata, la Commissione prende in considerazione un complesso di indizi concreti comprovanti la presunzione di esercizio di un’influenza determinante nei confronti dell’EKA e dell’ELSA, senza però dedurre alcun indizio concreto nei suoi confronti per imputarle l’infrazione commessa dall’Arkema France. Ebbene, nulla giustificherebbe una tale disparità di trattamento.

197    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

198    Secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., sentenza della Corte 3 maggio 2007, causa C‑303/05, Advocaten voor de Wereld, Racc. pag. I‑3633, punto 56, e giurisprudenza ivi citata).

199    Per quanto riguarda la prima censura della ricorrente, secondo la quale la Commissione ha violato sia il principio di parità di trattamento sia il principio di certezza del diritto, poiché non le ha imputato la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi nella decisione Perossidi organici, tale argomento dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, da un lato, poiché la Commissione, tra l’adozione della decisione Perossidi organici e quella della decisione impugnata, aveva già imputato alla ricorrente la responsabilità delle infrazioni accertate in tre decisioni, vale a dire la decisione AMCA, la decisione Perossido di idrogeno e la decisione Metacrilati, la ricorrente non poteva ignorare le condizioni di tale imputazione. Dall’altro lato, occorre ricordare che, come già esposto supra, al punto 60, poiché la Commissione ha la facoltà, ma non l’obbligo, di imputare la responsabilità dell’infrazione ad una società controllante e poiché le condizioni di tale imputazione erano soddisfatte nel caso di specie, il solo fatto che la Commissione non abbia proceduto a siffatta imputazione nella decisione Perossidi organici non implicava che fosse tenuta ad effettuare la stessa valutazione nella decisione impugnata.

200    Inoltre, dev’essere respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo cui il fatto che la Commissione disponga di un margine di discrezionalità che l’autorizza ad imputare un’infrazione commessa da una controllata alla propria controllante risulterebbe arbitrario. Difatti, pur se, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 60, la Commissione dispone di un potere discrezionale per decidere se sia opportuno imputare la responsabilità di un’infrazione ad una controllante, tuttavia la sua decisione di procedere a tale imputazione non è sottratta, come nel caso di specie, al controllo dei giudici dell’Unione, ai quali spetta di verificare che ricorrano le condizioni di una siffatta imputazione.

201    Pertanto, la prima censura della ricorrente dev’essere respinta in quanto infondata.

202    Quanto alla seconda censura della ricorrente, secondo cui essa ha subito un trattamento discriminatorio nella decisione impugnata rispetto alla Akzo Nobel e all’ELSA, poiché, a differenza di quanto accaduto con queste ultime società, la Commissione ha omesso di dedurre elementi concreti nei confronti della ricorrente per imputarle la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi, essa va respinta in quanto infondata.

203    Per un verso, tale censura si basa su una lettura erronea della decisione impugnata. Infatti, così come ha dedotto indizi supplementari per comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante della Akzo Nobel sulla propria controllata EKA (punto 378 della decisione impugnata) e dell’ELSA sulla sua controllata Finnish Chemicals (punto 481 della decisione impugnata), la Commissione ha rilevato altresì taluni indizi comprovanti la presunzione di esercizio di un’influenza determinante della ricorrente sull’Arkema France (punto 386 della decisione impugnata).

204    Per altro verso, anche se nella decisione impugnata la Commissione avesse comprovato la presunzione di esercizio di un’influenza determinante solo nei confronti della Akzo Nobel e della sua controllata EKA, nonché nei confronti dell’ELSA e della sua controllata Finnish Chemicals, ma non nei confronti della ricorrente e della sua controllata, questo non metterebbe in discussione la legittimità della detta decisione. Infatti, come emerge dalla valutazione esposta supra, al punto 77, la Commissione non era tenuta a suffragare la suddetta presunzione, tenuto conto del fatto che la Elf Aquitaine possedeva la quasi totalità del capitale sociale della propria controllata. Pertanto, anche supponendo che le dette imprese si fossero trovate in una situazione analoga, il fatto che la Commissione abbia deciso di comprovare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante solo nei confronti di alcune di esse non può comportare l’annullamento della decisione impugnata.

205    Pertanto, occorre respingere in quanto infondate la seconda censura della ricorrente nonché la sesta parte nel suo complesso.

206    Poiché le sei parti del secondo motivo vanno respinte in parte come irricevibili e in parte come irrilevanti, il motivo va respinto nella sua integralità.

207    

 Il terzo motivo, attinente a uno snaturamento del complesso di indizi fornito dalla ricorrente

 Argomenti delle parti

208    La ricorrente sostiene che i motivi esposti dalla Commissione ai punti 400‑404 della decisione impugnata per respingere gli elementi del complesso di indizi da essa forniti dimostrano che la stessa ha snaturato alcuni di tali indizi ricorrendo ad estrapolazioni, a supposizioni e a presunzioni non dimostrate. Inoltre, l’affermazione della Commissione, contenuta al punto 404 della decisione impugnata, secondo cui i fatti del caso di specie sarebbero conformi a tali congetture, confermerebbe il fatto che essa ha snaturato i suddetti indizi.

209    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

210    Occorre anzitutto osservare che, a sostegno del presente motivo, la ricorrente non deduce alcun elemento concreto per suffragare la sua affermazione secondo la quale la Commissione ha snaturato il complesso di indizi da essa forniti per superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha considerato a torto che il complesso di indizi da essa apportato non superasse la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, va rilevato che tale motivo costituisce una riformulazione della quarta parte del primo motivo e, pertanto, occorre respingerlo per le stesse ragioni esposte supra, ai punti 95‑107, nei quali è stato dichiarato che l’insieme di indizi forniti dalla ricorrente non permetteva di superare la suddetta presunzione.

211    Di conseguenza, il terzo motivo va respinto in quanto infondato.

 Il quarto motivo, attinente all’esistenza di contraddizioni della motivazione della decisione impugnata

212    La ricorrente sostiene che la decisione impugnata contiene tre contraddizioni che ne determinano la nullità. Rispondendo ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, essa ha confermato di far valere, al riguardo, un difetto di motivazione. Il presente motivo si suddivide in tre parti.

 La prima parte, attinente ad una contraddittorietà della motivazione in ordine all’applicazione della nozione di impresa ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE

–       Argomenti delle parti

213    Secondo la ricorrente, esiste una contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata in ordine all’applicazione della nozione di impresa ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

214    In primo luogo, la ricorrente fa osservare che, sebbene dai punti 1 e 320 della decisione impugnata risulti che la Commissione ha valutato che i destinatari della decisione stessa fossero sanzionati a causa della loro partecipazione all’infrazione di cui trattasi, al tempo stesso quest’ultima rileva, in maniera contraddittoria, ai punti 69, 384 e 385 della medesima decisione, che essa non ha mai partecipato all’infrazione in parola.

215    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata contiene una contraddittorietà della motivazione riguardo al «perimetro» dell’impresa, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, accolto dalla Commissione.

216    Anzitutto, ai punti 16 e 385 della decisione impugnata, la Commissione ha definito l’Arkema France come l’unica impresa responsabile dell’infrazione mentre, ai punti 375 e 415 della suddetta decisione, ha stimato opportuno imputare alla ricorrente l’infrazione commessa dall’Arkema France.

217    Inoltre, nella decisione impugnata esisterebbero contraddizioni tra i motivi dedicati al calcolo delle ammende che sono state imposte alla ricorrente. A questo proposito, la ricorrente afferma che, nella decisione impugnata, la Commissione le impone un’ammenda personale, sebbene essa non abbia preso parte all’infrazione e non ne fosse a conoscenza, e che le due ammende comminatele sono state calcolate in base a parametri specifici per l’Arkema France e sui quali essa non ha potuto esercitare alcuna influenza.

218    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

219    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara ed inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento volto ad analizzare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE deve essere valutato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e giurisprudenza ivi citata, e sentenza Hoek Loos/Commissione, citata supra al punto 178, punto 58).

220    È altresì giurisprudenza costante che, allorquando una decisione che applica l’art. 81 CE riguarda più destinatari e pone un problema di imputabilità dell’infrazione, essa deve contenere una motivazione sufficiente nei confronti di ciascuno dei destinatari, specie di quelli che, secondo il tenore della stessa decisione, dovranno sopportare l’onere conseguente all’infrazione (sentenza del Tribunale 28 aprile 1994, causa T‑38/92, AWS Benelux/Commissione, Racc. pag. II‑211, punto 26). Ne consegue che, per essere sufficientemente motivata nei confronti delle società controllanti autrici dell’infrazione, la decisione della Commissione deve contenere un’esposizione esauriente dei motivi atti a giustificare l’imputabilità dell’infrazione a tali società (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 80).

221    Nel caso di specie, senza bisogno di esaminare ognuno dei punti della decisione impugnata invocati dalla ricorrente, occorre rilevare che, dai punti 386 e 387 della decisione impugnata, esposti supra, ai punti 41 e 42, emerge senza alcuna ambiguità che è sulla base della constatazione secondo la quale la ricorrente e l’Arkema France costituivano un’impresa unica ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE che la Commissione ha deciso di imputare alla ricorrente l’infrazione commessa dall’Arkema France e di irrogarle ammende.

222    Orbene, anche se le contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata lamentate dalla ricorrente fossero confermate, resta pur vero che la motivazione contenuta nella detta decisione, per un verso, ha permesso alla ricorrente di conoscere le giustificazioni della sua condanna e delle ammende che le sono state inflitte, com’è dimostrato dal fatto che, in particolare, nei suoi due primi motivi essa contesta la legittimità della decisione impugnata nella parte in cui la Commissione le ha imputato la responsabilità dell’infrazione in parola, mentre nell’ottavo e nono motivo essa lamenta il fatto che un’ammenda le sia stata imposta in solido con l’Arkema France e a titolo personale, e, per altro verso, ha consentito al Tribunale di esercitare il suo controllo.

223    Inoltre, quanto al fatto che la ricorrente lamenta una contraddittorietà della motivazione, derivante dal fatto che le ammende ad essa inflitte all’art. 2, lett. c), ed e), della decisione impugnata sono state calcolate sulla base di «parametri specifici» dell’Arkema France, tale argomento dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, occorre rilevare in proposito che, oltre al fatto che la ricorrente non ha spiegato perché un simile calcolo delle ammende sarebbe contraddittorio, l’imposizione di un’ammenda personale e il fatto che quest’ultima sia calcolata in base a parametri specifici dell’Arkema France sono conseguenza diretta dell’applicazione degli orientamenti e non necessitano pertanto di una motivazione particolare nella decisione impugnata. La prima parte del quarto motivo va quindi respinta in quanto infondata.

 La seconda parte, relativa ad una contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata in ordine alla conoscenza, da parte della ricorrente, dell’infrazione di cui trattasi

–       Argomenti delle parti

224    La ricorrente sostiene che esiste una contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata in ordine alla conoscenza che essa poteva avere dell’infrazione commessa dall’Arkema France. Infatti, in un primo momento nella detta decisione la Commissione affermerebbe che la ricorrente era per forza informata dell’attività dell’Arkema France, a causa della presenza, nell’organico della ricorrente e dell’Arkema France, delle stesse persone e poi, in un secondo momento, al punto 401 della decisione impugnata, essa osserverebbe in maniera contraddittoria che la ricorrente aveva potuto ignorare la condotta anticoncorrenziale della propria controllata.

225    La Commissione contesta l’argomento della ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

226    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui alcuni motivi della decisione impugnata sarebbero contraddittori quanto alla sua conoscenza dell’infrazione di cui trattasi, occorre rilevare che, anche se tali contraddizioni fossero confermate, ciò sarebbe privo di incidenza sul fatto che, poiché l’Arkema France e la ricorrente costituivano una sola impresa ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, la Commissione poteva imputare, conformemente alla giurisprudenza esposta supra, ai punti 45‑55, la responsabilità dell’infrazione in parola alla ricorrente, indipendentemente dalla circostanza che essa ne fosse a conoscenza o che avesse partecipato direttamente alla suddetta infrazione, cosa che la Commissione non era tenuta ad accertare. Pertanto, un’eventuale contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata al riguardo sarebbe in ogni caso priva di incidenza sulla legittimità della decisione impugnata.

227    Di conseguenza, la seconda parte del quarto motivo dev’essere respinta in quanto ininfluente.

228    La terza parte, attinente ad una contraddittorietà della motivazione in ordine alla natura del controllo che una società controllante esercita sulla propria controllata per vedersi imputare l’infrazione commessa da quest’ultima

229    – Argomenti delle parti

230    La ricorrente deduce una doppia contraddizione nella motivazione della decisione impugnata.

231    In primo luogo, la ricorrente osserva che, al punto 407 della decisione impugnata, la Commissione afferma correttamente che l’imputazione della responsabilità di un’infrazione a una controllante è subordinata alla prova di un controllo effettivo da parte di quest’ultima sulla politica commerciale della propria controllata. Orbene, l’esame da parte della Commissione del complesso di indizi forniti dalla ricorrente, come risulta dai punti 403 e 404 della decisione impugnata, dimostrerebbe che la Commissione ha esteso l’ambito di applicazione di tale controllo effettivo della ricorrente al di là della politica commerciale della propria controllata.

232    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che i punti 403 e 404 della decisione impugnata sono in contraddizione con il punto 413 della decisione stessa, nel quale la Commissione sostiene di essersi basata, nella decisione Perossido di idrogeno, unicamente su una presunzione di esercizio di un’influenza determinante da parte della ricorrente sulla politica commerciale della propria controllata.

233    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

234    

–       Giudizio del Tribunale

235    Con le due censure sollevate la ricorrente afferma, in sostanza, che sussiste una contraddittorietà di motivazioni nella decisione impugnata in ordine alla natura del controllo che dev’essere esercitato da una società controllante sulla propria controllata affinché la Commissione possa imputarle la responsabilità di un’infrazione.

236    Nel caso di specie, va rilevato che, anche ove venissero confermate le contraddizioni nella motivazione, esse sarebbero prive di incidenza sull’osservazione secondo cui la Commissione non è venuta meno al proprio obbligo di motivazione al riguardo, poiché da un lato, come risulta dall’esame della quarta parte del primo motivo (v. supra, punti 95‑107), alla ricorrente è stata data la possibilità di conoscere i motivi che hanno indotto la Commissione a concludere che gli indizi da essa forniti non permettevano di superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante e, quindi, di contestarne la legittimità e, dall’altro lato, il Tribunale era in grado di esercitare il proprio controllo.

237    Pertanto, la terza parte del quarto motivo va respinta in quanto infondata e il quarto motivo va respinto nel suo complesso in parte in quanto infondato e in parte in quanto ininfluente.

 Il quinto motivo, attinente ad una violazione del principio di buona amministrazione

 Argomenti delle parti

238    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione.

239    In primo luogo, la Commissione non avrebbe esaminato con cura e imparzialità tutti gli elementi di fatto rilevanti e, in particolare, le informazioni che la ricorrente le aveva fornito nelle sue osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti, i quali dimostravano in maniera chiara e precisa l’autonomia economica dell’Arkema France sul mercato. Inoltre, la Commissione non avrebbe effettuato un esame individuale e concreto della situazione della ricorrente.

240    In secondo luogo, il principio di buona amministrazione imporrebbe alla Commissione di applicare alle imprese le norme che applica a se stessa. Orbene, al punto 358 della decisione impugnata la Commissione avrebbe ricordato che poteva a buon diritto basarsi su un complesso di indizi per dimostrare un’infrazione pur negando, di fatto, questa modalità di prova alla ricorrente nel caso di specie. Al riguardo, la ricorrente rinvia alla quarta e quinta parte del primo motivo.

241    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto rilevato dalla Commissione al punto 314 della decisione impugnata, il principio di buona amministrazione impone, come fatto valere dalla ricorrente stessa nelle sue osservazioni in risposta alla comunicazione degli addebiti, che la Commissione sospenda l’adozione della decisione impugnata in attesa che il Tribunale si pronunci sui ricorsi da essa proposti contro la decisione AMCA, la decisione Perossido di idrogeno e la decisione Metacrilati. In proposito, essa ricorda che il fatto di obbligare una ricorrente a proporre un nuovo ricorso di annullamento contro una decisione della Commissione può essere contrario all’esigenza di economia processuale, come dichiarato dal Tribunale nella sua sentenza 21 ottobre 2004, causa T‑36/99, Lenzig/Commissione (Racc. pag. II‑3597).

242    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

243    Secondo una costante giurisprudenza, il rispetto delle garanzie previste dall’ordinamento comunitario nei procedimenti amministrativi ha un’importanza ancor più fondamentale nei casi in cui le istituzioni dell’Unione dispongono di un potere discrezionale nell’esercizio delle loro funzioni. Tra queste garanzie, v’è in particolare l’obbligo dell’istituzione competente d’esaminare, con cura ed imparzialità, tutti gli elementi utili del caso (sentenza della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 14; sentenze del Tribunale 24 gennaio 1992, causa T‑44/90, La Cinq/Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 86, e 20 marzo 2002, causa T‑31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II‑1881, punto 99).

244    Nel caso di specie, occorre prendere in esame ognuna delle tre censure della ricorrente dirette a dimostrare che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione.

245    In primo luogo, va respinta in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione non ha esaminato con cura e imparzialità gli indizi da essa prodotti per superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante e non ha preso in esame la sua situazione concreta. Infatti, oltre al fatto che la ricorrente non deduce alcun argomento o prova specifica a sostegno di tale censura, dai punti 396‑415 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha esaminato e respinto esplicitamente gli argomenti sollevati dalla ricorrente per confutare la suddetta presunzione.

246    In secondo luogo, va respinta in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale, in sostanza, la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione in quanto, nel caso di specie, ha di fatto respinto la modalità di prova attraverso un complesso di indizi per superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante, pur avendo essa stessa fatto ricorso a tale modalità di prova. Difatti, in proposito occorre sottolineare che, come indicato nell’ambito della quarta parte del primo motivo (v. supra, punti 95‑107), è dopo aver esaminato il complesso di indizi forniti dalla ricorrente che la Commissione ha ritenuto che essi non fossero idonei a superare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante. Pertanto, la Commissione non ha violato il principio di buona amministrazione a questo riguardo.

247    In terzo luogo, va respinta in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione, conformemente ai principi di buona amministrazione e di economia processuale, avrebbe dovuto sospendere il procedimento avviato nei suoi confronti nella presente causa in attesa che il Tribunale si pronunci sui ricorsi promossi dalla ricorrente stessa contro la decisione AMCA, contro la decisione Perossido di idrogeno e contro la decisione Metacrilati. Occorre infatti rilevare che, oltre al fatto che le decisioni della Commissione si presumono valide finché non siano state annullate o revocate (sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I‑2555, punto 48), nessuna disposizione di legge impone alla Commissione di sospendere l’adozione di decisioni in cause vertenti su fatti diversi. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dalla sentenza Lenzig/Commissione, citata supra al punto 235 (punto 56), non deriva che la Commissione fosse tenuta, per ragioni di economia processuale, a sospendere l’adozione della decisione impugnata in attesa della pronuncia del Tribunale sui ricorsi proposti dalla ricorrente contro altre decisioni che la sanzionavano. Infatti, al punto 58 di tale sentenza il Tribunale ha dichiarato, in sostanza, che, in caso di rettifica di una decisione oggetto di ricorso, le parti possono essere autorizzate ad adeguare le proprie conclusioni a causa del sopraggiungere di questo fatto nuovo, poiché in tale circostanza «[s]arebbe infatti in contrasto con una sana amministrazione della giustizia e con l’esigenza di economia processuale costringere la ricorrente a proporre un nuovo ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale».

248    Pertanto, occorre respingere in quanto infondati la terza censura della ricorrente e il quinto motivo nel suo complesso.

 Il sesto motivo, attinente ad una violazione del principio di certezza del diritto

 Argomenti delle parti

249    La ricorrente afferma, in sostanza, che la decisione impugnata mette gravemente in pericolo la certezza del diritto che essa poteva legittimamente attendersi, considerata la costante giurisprudenza da essa invocata nell’ambito del primo motivo.

250    In primo luogo, l’imputazione alla ricorrente della responsabilità dell’infrazione di cui trattasi nella decisione impugnata sarebbe fondata su un criterio tanto nuovo quanto incomprensibile, che dipenderebbe dalla volontà della Commissione in mancanza di ogni prova concreta di un’eventuale intromissione della società controllante nella politica commerciale della propria controllata.

251    In secondo luogo, nella decisione impugnata la Commissione avrebbe condannato la ricorrente, per la prima volta e senza alcun fondamento giuridico, a due ammende, distinte ma cumulative, di cui una personale, per gli stessi fatti.

252    In terzo luogo, la ricorrente sostiene, come ha già fatto valere nell’ambito della prima parte del quarto motivo, che, poiché i legami tra la ricorrente e l’Arkema France sono identici nella presente causa e in quella che ha portato la Commissione ad adottare la decisione Perossidi organici, è inspiegabile il fatto che la Commissione abbia adottato soluzioni completamente diverse in queste due cause.

253    La Commissione si oppone a tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

254    In primo luogo va respinta in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha violato il principio di certezza del diritto avendo deciso di imputarle la responsabilità dell’infrazione in parola secondo un criterio «nuovo» e «incomprensibile». Infatti, da un lato, come rilevato supra, al punto 197, prima di adottare la decisione impugnata la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità delle infrazioni sanzionate in tre decisioni, ossia la decisione AMCA, la decisione Perossido di idrogeno e la decisione Metacrilati. Di conseguenza, la ricorrente non può affermare a buon diritto che le condizioni di imputazione della responsabilità di un’infrazione ad una società controllante le erano ignote. Dall’altro lato, e comunque, come emerge dalla giurisprudenza indicata supra, ai punti 45‑55, la presunzione di esercizio di un’influenza determinante su cui la Commissione si è fondata nella decisione impugnata per sanzionare la ricorrente non è né «nuova» né «incomprensibile».

255    In secondo luogo, per quanto riguarda la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha violato il principio della certezza del diritto sanzionandola per la prima volta, e senza alcun fondamento giuridico, a due ammende distinte ma cumulative, di cui una ad essa personale, per gli stessi fatti, occorre anzitutto rilevare che, conformemente alle sanzioni previste dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese che commettono un’infrazione all’art. 81 CE. È pacifico che le sanzioni previste all’art. 15 del regolamento n. 17 e all’art. 23 del regolamento n. 1/2003 hanno lo scopo di reprimere comportamenti illeciti, come pure di prevenire il loro ripetersi (v. sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 218, e la giurisprudenza ivi citata).

256    Secondo la giurisprudenza, in via di principio, la responsabilità per l’impresa di cui trattasi incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva la medesima al momento in cui l’infrazione è stata commessa, pur se, alla data di adozione della decisione che ha constatato l’infrazione, la gestione dell’impresa era stata posta sotto la responsabilità di un’altra persona (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑279/98 P, Cascades/Commissione, Racc. pag. 9693, punto 78).

257    Tuttavia, per l’applicazione e l’esecuzione delle decisioni prese ai sensi dell’art. 81 CE, è necessario identificare un’entità dotata di personalità giuridica che sarà destinataria dell’atto (v., in tal senso, sentenze Akzo Nobel e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 59, e PVC II, citata supra al punto 60, punto 978). Infatti, quando la Commissione adotta una decisione in applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, essa deve identificare la o le persone, fisiche o giuridiche, potenzialmente responsabili del comportamento dell’impresa in causa e sanzionabili a tal titolo, alle quali indirizzare la decisione (v., in tal senso, sentenza della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm Gerätebau, Racc. pag. 2999, punto 11).

258    Inoltre, va ricordato che gli orientamenti adottati dalla Commissione per calcolare l’importo delle ammende garantiscono la certezza del diritto delle imprese, dato che determinano la metodologia che la Commissione si è imposta per la fissazione dell’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza della Corte 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331; in prosieguo: la «sentenza Danone della Corte», punto 23). L’amministrazione non può discostarsene, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (sentenza della Corte 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 91).

259    Ai sensi dei punti 9‑11 degli orientamenti, la determinazione dell’importo delle ammende avviene in due fasi. In un primo tempo, in forza dei punti 12‑26 dei citati orientamenti, la Commissione deve determinare un importo di base dell’ammenda che viene calcolato sulla base di una percentuale del valore delle vendite delle imprese in questione, moltiplicato per la durata della partecipazione all’intesa e al quale viene aggiunta una somma corrispondente ad una percentuale del valore di tali vendite al fine di dissuaderle dal prendere parte ad intese. In un secondo tempo, in forza dei punti 27‑29 degli orientamenti stessi, la Commissione può prendere in considerazione talune circostanze che comportano una riduzione o un incremento dell’importo delle ammende. Il punto 28 degli orientamenti indica, tra l’altro che, in sostanza, la recidiva può essere sanzionata con una maggiorazione del 100% dell’importo di base dell’ammenda per ogni infrazione identica o simile precedentemente accertata. Inoltre, i punti 30 e 31 degli orientamenti prevedono, in talune circostanze, un importo addizionale della maggiorazione. In particolare, ai sensi del punto 30 degli orientamenti, «[l]a Commissione presterà particolare attenzione all’esigenza di garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende» e, «a tal fine essa può aumentare l’ammenda da infliggere alle imprese che abbiano un fatturato particolarmente grande al di là delle vendite dei beni e servizi ai quali l’infrazione si riferisce». A questo proposito, va ricordato che il Tribunale ha dichiarato che, poiché un’impresa che dispone di un fatturato nettamente superiore a quello degli altri membri dell’intesa può mobilizzare più facilmente i fondi necessari per il pagamento della sua ammenda, la Commissione è legittimata a maggiorare a tal titolo la suddetta ammenda al fine di garantire un effetto dissuasivo sufficiente di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 241).

260    Nel caso di specie, da un lato occorre rilevare che, come emerge dai punti 18‑23 della presente sentenza, nella decisione impugnata la Commissione, conformemente alle disposizioni degli orientamenti il cui tenore è sintetizzato supra al punto 253, ha imposto un’ammenda, in primo luogo, di importo pari a EUR 22 700 000 all’Arkema France e alla ricorrente in solido, corrispondente all’importo di base dell’ammenda [v. art. 2, lett. c), della suddetta decisione], in secondo luogo, di importo pari a EUR 20 430 000 alla sola Arkema France, corrispondente ad una maggiorazione del 90% dell’importo di base dell’ammenda a titolo di recidiva [v. art. 2, lett. d), della suddetta decisione] e, in terzo luogo, di importo pari a EUR 15 890 000 alla sola ricorrente [v. art. 2, lett. e), della suddetta decisione], corrispondente alla maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda, legata all’importanza del suo fatturato, oltre alle vendite di beni cui l’infrazione si riferisce.

261    Dall’altro lato, occorre sottolineare che, sebbene la ricorrente e l’Arkema France formassero, all’epoca dell’infrazione in parola, un’impresa ai sensi dell’art. 81 CE, la detta impresa non esisteva più al momento dell’adozione della decisione impugnata dato che, come indicato supra, al punto 1, l’Arkema France non era più controllata dalla ricorrente a partire dal 2006.

262    Di conseguenza, è conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 che la Commissione poteva, da un lato, infliggere un’ammenda in solido alla ricorrente e all’Arkema France, le quali erano le due società, all’epoca dei fatti controversi, che componevano l’impresa, ai sensi dell’art. 81 CE, e dovevano rispondere dell’infrazione in parola e, dall’altro lato, al fine di tener conto della circostanza indicata supra, al punto 255, imporre una maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda ai sensi del punto 30 degli orientamenti alla sola ricorrente il cui fatturato particolarmente importante rispetto alle altre entità sanzionate al momento dell’adozione della decisione impugnata, come giustamente rilevato dalla Commissione ai punti 548 e 549 della decisione stessa, le permetteva di mobilizzare più facilmente i fondi necessari per il pagamento di un’ammenda.

263    Pertanto, irrogando un’ammenda in solido all’Arkema France e alla ricorrente, ammenda successivamente maggiorata del 70% dell’importo per la sola ricorrente, la Commissione ha agito conformemente al potere di fissare l’importo delle ammende che essa detiene in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che si è impegnata ad applicare conformemente al disposto degli orientamenti. La censura della ricorrente, secondo la quale la Commissione ha violato il principio della certezza del diritto condannandola, senza alcun fondamento giuridico, a due ammende distinte ma cumulative, deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

264    In terzo luogo, occorre respingere in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha violato il principio di certezza del diritto a causa del «ragionamento a geometria variabile» che essa avrebbe adottato nella decisione impugnata e nella decisione Perossido di idrogeno. Difatti, oltre alla circostanza che in queste due decisioni la Commissione ha imputato in modo identico la responsabilità delle infrazioni di cui trattasi alla ricorrente sul fondamento della presunzione di esercizio di un’influenza determinante, occorre ricordare che, come emerge dalla giurisprudenza indicata supra, al punto 60, anche ove la Commissione non avesse effettuato ad una simile imputazione in una decisione precedente, ciò non le impedirebbe affatto di procedervi in una decisione successiva.

265    Pertanto, il sesto motivo va respinto in quanto infondato.

 Il settimo motivo, attinente a uno sviamento di potere

 Argomenti delle parti

266    La ricorrente sostiene che, imputandole la responsabilità dell’infrazione in parola e condannandola a due ammende cumulative, la Commissione è incorsa in uno sviamento del potere che essa detiene in forza del regolamento n. 1/2003. Infatti, le sanzioni che le sono state inflitte sarebbero state stornate dal loro legittimo obiettivo secondo il suddetto regolamento, poiché la Commissione avrebbe cercato di massimizzare la sanzione di un’impresa diversa dalla ricorrente, ossia quella della sua controllata, la quale ha riconosciuto la propria responsabilità nell’infrazione di cui trattasi.

267    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

268    Secondo una costante giurisprudenza, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base a indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati (v. sentenza del Tribunale 16 settembre 1998, cause riunite T‑133/95 e T‑204/95, IECC/Commissione, Racc. pag. II‑3645, punto 188, e la giurisprudenza ivi citata).

269    Da un lato, quanto al fatto che la ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione è incorsa in uno sviamento di potere imputandole la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi, si deve ricordare che, come è stato visto nell’ambito delle cinque parti del primo motivo, la Commissione poteva a buon diritto procedere a tale imputazione, dal momento che l’Arkema France e la ricorrente costituivano un’impresa unica ai sensi dell’art. 81 CE.

270    Dall’altro lato, riguardo al fatto che la ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione è incorsa in uno sviamento di potere irrogandole un’ammenda personale all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata, va ricordato che, come rilevato in sede di esame della seconda parte del sesto motivo (v. supra, punti 249‑257), è in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, e conformemente al punto 30 degli orientamenti, che la Commissione ha imposto una maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda alla sola ricorrente.

271    Pertanto, il settimo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 L’ottavo motivo, attinente all’infondatezza dell’inflizione di un’ammenda personale alla ricorrente

 Argomenti delle parti

272    La ricorrente afferma, in sostanza, che l’ammenda ad essa comminata all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata è giuridicamente infondata.

273    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’ammenda di EUR 15 890 000 che le è stata irrogata è priva di fondamento giuridico e viola numerose disposizioni e diversi principi di diritto comunitario.

274    Anzitutto, l’irrogazione di un’ammenda personale alla ricorrente sarebbe contraria all’art. 81, n. 1, CE e all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Da un lato, poiché non sussisteva alcuna unità economica con l’Arkema France, l’ammenda personale imposta alla ricorrente non può essere giustificata, non avendo essa preso parte all’infrazione di cui trattasi. Dall’altro lato, sarebbe contraddittorio sostenere che la ricorrente e l’Arkema France formassero una sola e unica impresa e sanzionare la prima in modo personale, cosa che equivarrebbe ad ammettere l’esistenza di due imprese all’interno del medesimo gruppo. Inoltre, soltanto la partecipazione diretta ad un’infrazione implicherebbe una responsabilità che comporta una sanzione personale. In udienza, la ricorrente ha fatto altresì osservare che un’ammenda di questo tipo portava a sanzionarla due volte per una stessa infrazione, il che sarebbe in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

275    Inoltre, l’inflizione di un’ammenda personale alla ricorrente sarebbe contraria al punto 30 degli orientamenti, dato che tale punto fa riferimento unicamente alla possibilità di aumentare «l’ammenda da infliggere alle imprese» e che, nel caso di specie, l’unica impresa «rilevante», all’interno del gruppo Elf Aquitaine, sarebbe l’Arkema France.

276    Infine, la ricorrente ritiene innanzi tutto che l’ammenda personale che le è stata irrogata violi, in assenza di qualsiasi fondamento giuridico, la presunzione di innocenza, i principi dell’autonomia della persona giuridica, della legalità, della responsabilità personale e della personalità delle pene. Inoltre, la Commissione sarebbe incorsa al riguardo in una seconda violazione del principio di legalità, dal momento che il punto 30 degli orientamenti non precisa i parametri di calcolo dell’«aumento specifico dell’ammenda allo scopo di garantire l’effetto dissuasivo». L’aumento del 70% dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente sarebbe quindi del tutto infondato giuridicamente, in violazione del principio di legalità che esige un grado di precisione sufficiente di una disposizione repressiva. In udienza, la ricorrente ha fatto altresì rilevare che i suddetti orientamenti non possedevano, in ogni caso, la forza giuridica di una disposizione di legge.

277    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che, basando l’ammenda personale inflitta all’Arkema France, ai punti 545‑549 della decisione impugnata, sulla presunta necessità di garantire un effetto dissuasivo «a causa dell’entità considerevole del fatturato complessivo dell’impresa, oltre alle vendite di beni e servizi oggetto dell’infrazione», la Commissione ha violato il diritto comunitario sotto un duplice profilo.

278    Anzitutto, sarebbe per un verso iniquo imporre un’ammenda personale alla ricorrente a scopo dissuasivo, mentre la medesima ammenda viene calcolata in funzione dell’importo di base dell’ammenda inflitta all’Arkema France che comprende già una maggiorazione specifica a scopo dissuasivo. Per altro verso, l’imposizione di un’ammenda personale alla ricorrente sarebbe privo di rilevanza, dal momento che l’impresa costituita dall’Arkema France e dalla ricorrente, secondo la Commissione, non esisteva più dal 2006. Inoltre, la dissuasione è un fattore che la Commissione può prendere in considerazione nel calcolare l’importo dell’ammenda, ma tuttavia non costituisce il fondamento giuridico dell’ammenda stessa.

279    Inoltre, la ricorrente ritiene che la Commissione non si potesse basare unicamente sul suo fatturato per infliggerle un’ammenda personale e che avrebbe dovuto considerare soltanto la minima proporzione del fatturato del prodotto di cui trattasi nel fatturato complessivo dell’impresa per determinare l’importo dell’ammenda. In proposito, essa ricorda che, secondo la giurisprudenza, l’entità considerevole del fatturato complessivo dell’impresa costituisce un criterio solo approssimativo e imperfetto per fissare l’importo dell’ammenda. Orbene, non essendo presente sul mercato del clorato di sodio nel SEE, la capacità economica della ricorrente a causare un pregiudizio alla concorrenza sarebbe del tutto inesistente.

280    Ancora, la ricorrente sostiene che la Commissione non poteva riferirsi alla decisione Metacrilati per giustificare la necessità di un’ammenda che le era stata inflitta a titolo personale, poiché la suddetta decisione costituisce attualmente oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale.

281    La ricorrente sostiene poi che è ingiusto calcolare l’ammenda che le è stata comminata a titolo personale sulla base dei fattori di gravità, durata ed effetto dissuasivo esposti ai punti 511‑523 della decisione impugnata, i cui parametri le sfuggono, dal momento che essa non era a conoscenza dell’infrazione di cui trattasi e non poteva influire sui parametri suddetti.

282    Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto, nel calcolo dell’ammenda che è stata inflitta alla ricorrente a titolo personale, di quattro fattori. Anzitutto, essa avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che l’Arkema France era coinvolta nell’infrazione in parola per un periodo di tempo inferiore a quello dell’EKA e della Finnish Chemicals. Inoltre, la Commissione avrebbe dovuto considerare la circostanza attenuante rilevata al punto 401 della decisione impugnata, relativa all’eventuale negligenza da essa dimostrata nei confronti della propria controllata. Sarebbe stato poi opportuno prendere in considerazione le irregolarità procedurali costitutive di una violazione dei diritti fondamentali elencate nel suo secondo motivo. Da ultimo, la Commissione avrebbe dovuto tener conto della cooperazione fornita dall’Arkema France durante la fase amministrativa del procedimento.

283    Infine, l’irrogazione di un’ammenda a titolo personale alla ricorrente violerebbe il principio della parità di trattamento sotto un duplice profilo.

284    Per un verso, la ricorrente sarebbe la sola società controllante, tra le altre società capogruppo oggetto della decisione impugnata, ossia l’Akzo Nobel, l’ELSA e l’Uralita, a vedersi infliggere un’ammenda personale a scopo dissuasivo, mentre tale ammenda si basa in maniera iniqua su una duplice presa in considerazione dell’effetto dissuasivo.

285    Per altro verso, la ricorrente fa osservare che dal punto 524 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha arrotondato al ribasso l’importo di base dell’ammenda inflitta all’Arkema France e alla ricorrente soltanto di EUR 54 000, mentre gli importi di base delle ammende comminate alla Finnish Chemicals e all’EKA sono stati arrotondati al ribasso rispettivamente di EUR 660 000 e di EUR 213 500. Orbene, è sul fondamento di questo primo importo di base che sarebbe stata calcolata l’ammenda inflitta alla ricorrente a titolo personale.

286    La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

287    La ricorrente contesta, in sostanza, l’ammenda di EUR 15 890 000 che la Commissione le ha comminato all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata. In tale contesto, essa solleva sei censure.

288    Con la prima censura, la ricorrente deduce tre argomenti relativi alla mancanza di fondamento giuridico che permettesse alla Commissione di infliggerle un’ammenda personale.

289    In primo luogo, quanto al fatto che la ricorrente sostiene che l’ammenda di EUR 15 890 000 che le è stata comminata all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata è priva di fondamento giuridico e viola l’art. 81, n. 1, CE e l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, poiché non esiste alcuna unità economica con l’Arkema France e che l’imposizione di tale ammenda è in contrasto con il punto 30 degli orientamenti, dal momento che il suddetto punto fa riferimento solo alla possibilità di aumentare «l’ammenda da infliggere alle imprese» e, nella fattispecie, la sola impresa «rilevante» all’interno del gruppo Elf Aquitaine sarebbe l’Arkema France, occorre osservare che tale argomento costituisce una riformulazione della seconda censura del sesto e del settimo motivo, che va respinta per le stesse ragioni esposte supra, ai punti 249‑257 e 264. Infatti, è in base al potere di fissazione dell’importo delle ammende, detenuto in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che si è impegnata ad applicare conformemente alle disposizioni degli orientamenti, che la Commissione ha inflitto alla ricorrente una maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda, tenuto conto del fatto che al momento dell’adozione della decisione impugnata il suo fatturato particolarmente importante le permetteva di mobilizzare più facilmente i fondi necessari per il pagamento dell’ammenda.

290    In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente in base al quale l’imposizione nei suoi confronti dell’ammenda di EUR 15 890 000 viola la presunzione di innocenza, i principi dell’autonomia della persona giuridica, della responsabilità personale e della personalità delle pene, va rilevato che, oltre al fatto che le violazioni da essa lamentate non sono suffragate da alcuna motivazione specifica, tale argomento dev’essere respinto per gli stessi motivi esposti nell’ambito della seconda parte del primo motivo (v. supra, punti 69‑73), nonché nell’ambito della terza (v. supra, punti 167‑174), della quarta (v. supra, punti 177‑183) e della quinta parte (v. supra, punti 186‑190) del secondo motivo. Infatti, poiché l’Arkema France e la ricorrente costituivano un’impresa unica ai sensi dell’art. 81 CE, la Commissione, senza violare i principi di autonomia della persona giuridica, della presunzione di innocenza, della responsabilità personale e della personalità delle pene, poteva imporre alla sola ricorrente una maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a causa del suo fatturato particolarmente elevato al momento dell’adozione della decisione impugnata.

291    In terzo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la violazione del principio di legalità sarebbe tanto più grave nel caso di specie in quanto il punto 30 degli orientamenti non specifica con sufficiente precisione la possibilità di imporre una maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda in una simile circostanza, va ricordato, da un lato, che gli orientamenti non costituiscono il fondamento normativo per la fissazione dell’importo dell’ammenda, bensì si limitano a precisare l’applicazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (v., per analogia, sentenza Danone della Corte, citata supra al punto 252, punto 28), e, dall’altro lato, che, mentre l’importo di base dell’ammenda è fissato in ragione dell’infrazione, la gravità di quest’ultima va accertata in funzione di altri elementi, in ordine ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità (sentenza Danone della Corte, citata supra al punto 252, punto 25). Pertanto, è in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e conformemente al punto 30 degli orientamenti, che la Commissione si è impegnata ad applicare, nell’ambito dell’esercizio del suo potere discrezionale che quest’ultima poteva imporre, una maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda alla ricorrente a causa del fatto che essa era in grado, in virtù del suo fatturato particolarmente importante, di mobilizzare fondi più facilmente per il pagamento dell’ammenda rispetto alle altre entità sanzionate nel caso di specie.

292    Pertanto, la Commissione ha agito nella fattispecie senza violare il principio di legalità. Occorre quindi respingere la prima censura della ricorrente in quanto infondata.

293    Con la seconda censura la ricorrente contesta, in sostanza, l’importo dell’ammenda personale che le è stata comminata all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata.

294    Infatti, in primo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui in sostanza è «iniquo» imporle un’ammenda personale a scopo dissuasivo, mentre la stessa ammenda è calcolata con riguardo all’importo di base dell’ammenda inflitta in solido all’Arkema France e alla ricorrente, e che già include una maggiorazione specifica a scopo dissuasivo, occorre ricordare, come emerge dal punto 523 della decisione impugnata, che l’ammenda di EUR 22 700 000 imposta in solido alla ricorrente e all’Arkema France corrisponde all’importo di base dell’ammenda, comprensivo di un importo addizionale del 19% del valore delle vendite dell’Arkema France (v. supra, punto 18), conformemente al punto 25 degli orientamenti, «al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione». Per contro, l’ammenda di EUR 15 890 000 irrogata alla sola ricorrente corrisponde al 70% dell’importo di base dell’ammenda e ha lo scopo, conformemente al punto 30 degli orientamenti, di «garantire l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende» per le imprese il cui fatturato, oltre alle vendite di beni e servizi oggetto dell’infrazione, è particolarmente considerevole.

295    Pertanto occorre rilevare che, da un lato, l’importo addizionale del 19% del valore delle vendite dell’Arkema France preso in considerazione nel calcolo dell’importo di base dell’ammenda, conformemente al punto 25 degli orientamenti e, dall’altro lato, la maggiorazione specifica imposta alla ricorrente in forza del punto 30 degli orientamenti, rispondono a due obiettivi dissuasivi distinti, di cui la Commissione poteva giustamente tener conto nel determinare l’ammenda da infliggere alla ricorrente. L’argomento di quest’ultima al riguardo va pertanto respinto in quanto infondato.

296    In secondo luogo, va respinto in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione avrebbe dovuto unicamente prendere in considerazione la minima proporzione del fatturato del prodotto di cui trattasi nel fatturato complessivo dell’impresa per stabilire l’importo dell’ammenda a titolo personale che le è stata comminata. Infatti, come emerge dal punto 30 degli orientamenti, è proprio nel caso in cui l’importo complessivo del fatturato dell’impresa interessata superi in modo «particolarmente importante» il valore delle vendite dei beni oggetto dell’intesa che la Commissione è legittimata ad imporre un importo addizionale a scopo dissuasivo.

297    Pertanto, la seconda censura della ricorrente va respinta in quanto infondata.

298    Con la terza censura la ricorrente sostiene che la Commissione non poteva riferirsi alla decisione Metacrilati per giustificare la necessità di infliggerle un’ammenda personale, in quanto la detta decisione costituisce attualmente oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale. Al riguardo, da un lato va rilevato che, come emerge dalla giurisprudenza citata supra, al punto 241, le decisioni della Commissione si presumono valide finché non siano state annullate o revocate. Pertanto, nessuna disposizione normativa osta a che, nella decisione impugnata, la Commissione faccia riferimento alla decisione Metacrilati per suffragare il proprio ragionamento. Dall’altro lato, e comunque, anche ove la decisione Metacrilati fosse annullata dai giudici dell’Unione, ciò sarebbe privo di incidenza sulla legittimità della decisione impugnata poiché, come indicato supra ai punti 256 e 257, è in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e conformemente al punto 30 degli orientamenti, che la Commissione ha imposto un’ammenda a titolo personale alla ricorrente nel caso di specie.

299    Di conseguenza, la terza censura della ricorrente va respinta in quanto infondata.

300    Con la quarta censura, la ricorrente sostiene che è iniquo calcolare l’ammenda personale che le è stata comminata sulla base dei fattori di gravità, di durata e di effetti dissuasivi specifici dell’Arkema France, i cui parametri le sfuggono, poiché non aveva avuto conoscenza dell’infrazione di cui trattasi e non poteva influire sui detti parametri.

301    Al riguardo, va rilevato che la ricorrente non deduce alcun argomento o prova idonei a rimettere in discussione il fatto che, come constatato supra, ai punti 256 e 257, è in forza dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e conformemente al punto 30 degli orientamenti che la Commissione ha irrogato un’ammenda personale alla ricorrente. Il fatto che quest’ultima abbia avuto conoscenza o meno dell’infrazione di cui trattasi e che l’ammenda personale che le è stata inflitta si basi su dati specifici dell’Arkema France non è suscettibile di inficiare tale conclusione.

302    Pertanto, la quarta censura va respinta in quanto infondata.

303    Con la quinta censura la ricorrente sostiene che la Commissione ha omesso di prendere in considerazione quattro fattori nel calcolo dell’ammenda personale che le è stata comminata. A suo avviso, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione, in primo luogo, il fatto che l’Arkema France era coinvolta nell’infrazione in parola per una durata inferiore a quella dell’EKA e della Finnish Chemicals, in secondo luogo, la circostanza attenuante riconosciuta dalla Commissione, al punto 401 della decisione impugnata, attinente all’eventuale negligenza dimostrata dalla ricorrente nei confronti della propria controllata, in terzo luogo, le irregolarità procedurali costitutive di una violazione dei suoi diritti fondamentali elencate nel secondo motivo e, in quarto luogo, la cooperazione fornita dall’Arkema France durante la fase amministrativa del procedimento.

304    Al riguardo occorre ricordare, come indicato supra al punto 254, che l’ammenda imposta alla ricorrente di EUR 15 890 000 corrisponde esclusivamente alla maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda prevista al punto 30 degli orientamenti. Orbene, ai sensi di tale punto, anche se le circostanze indicate supra al punto 207 fossero accertate, la Commissione non sarebbe stata affatto tenuta a prenderle in considerazione per applicare un simile tasso di maggiorazione.

305    Di conseguenza, la quinta censura va respinta in quanto infondata.

306    Con la sesta censura la ricorrente sostiene che il fatto che le sia stata comminata un’ammenda personale viola il principio della parità di trattamento sotto un duplice profilo.

307    In primo luogo, secondo la ricorrente il principio della parità di trattamento è stato violato essendo essa l’unica società controllante, tra le altre società capogruppo oggetto della decisione impugnata, ossia l’Akzo Nobel, l’ELSA e l’Uralita, che si è vista infliggere un’ammenda personale in forza del punto 30 degli orientamenti, mentre tale ammenda si basa in maniera iniqua su una duplice considerazione dell’effetto dissuasivo.

308    Al riguardo si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, il principio di uguaglianza e di non discriminazione impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza Advocaten voor de Wereld, citata al punto 196 supra, punto 56, e la giurisprudenza ivi citata).

309    Orbene, occorre constatare nel caso di specie che, come rilevato dalla Commissione ai punti 548 e 549 della decisione impugnata senza essere contestata dalla ricorrente, il fatturato di quest’ultima è di gran lunga superiore a quello delle altre imprese alle quali è stata inflitta un’ammenda nella decisione impugnata, essendo tale fatturato pari a EUR 139 389 milioni mentre quelli dell’EKA, dell’ELSA e dell’Uralita ammontavano rispettivamente a EUR 550 milioni, EUR 509 000 milioni e EUR 1 095 milioni. Pertanto, a causa del suo fatturato nettamente superiore a quello delle altre imprese sanzionate, la ricorrente non si trovava in una situazione paragonabile a queste ultime, il che giustifica il fatto che la Commissione l’abbia trattata in maniera diversa rispetto alle suddette imprese.

310    Di conseguenza, la Commissione non ha violato il principio della parità di trattamento aumentando l’ammenda imposta alla ricorrente conformemente al punto 30 degli orientamenti. Pertanto, il primo argomento della ricorrente dev’essere respinto in quanto infondato.

311    In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale dal punti 524 della decisione impugnata deriva che la Commissione ha arrotondato al ribasso l’importo dell’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France soltanto di EUR 54 000, mentre gli importi delle ammende comminate alla Finnish Chemicals e all’EKA sono stati arrotondati al ribasso, rispettivamente, di EUR 666 000 e di EUR 213 500, va ricordato anzitutto che, in forza del punto 26 degli orientamenti, «[n]ella determinazione dell’importo di base dell’ammenda la Commissione utilizzerà (…) cifre arrotondate».

312    Inoltre, come emerge dalla lettura delle risposte della Commissione ai quesiti scritti del Tribunale, e dal documento interno da essa prodotto in proposito, che spiega la metodologia da essa utilizzata per arrotondare al ribasso gli importi delle ammende comminate alle entità oggetto della decisione impugnata, va rilevato, da un lato, che la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda dell’EKA e dell’Akzo Nobel da EUR 116 243 541 a EUR 116 000 000, quello della Finnish Chemicals da EUR 68 773 445 a EUR 68 000 000, quello dell’ELSA da EUR 42 322 120 a EUR 42 000 000, quello dell’Arkema France e della ricorrente da EUR 22 754 400 a EUR 22 700 000 e, infine, quello dell’Aragonesas e dell’Uralita da EUR 9 969 300 a EUR 9 900 000. Dall’altro lato, come spiega in sostanza la Commissione nel detto documento, dai suddetti arrotondamenti al ribasso risulta che essa ha arrotondato al ribasso gli importi di ognuna delle ammende in questione, al milione di euro inferiore, là dove l’arrotondamento al ribasso non comportava una riduzione superiore al 2% dell’importo della detta ammenda, e al centinaio di migliaia di euro inferiore, nel caso in cui l’arrotondamento al ribasso al milione di euro inferiore avrebbe implicato una riduzione superiore al 2% dell’importo dell’ammenda stessa.

313    Pertanto, anche se l’EKA e l’Akzo Nobel, la Finnish Chemicals e l’ELSA hanno beneficiato di riduzioni di ammenda, ossia rispettivamente di un importo pari a EUR 243 541, EUR 73 445 e EUR 322 120 euros, riduzioni maggiori, in termini assoluti, di quelle ottenute, da un lato, dall’Arkema France e dalla ricorrente, e dall’altro lato dall’Aragonesas e dall’Uralita, pari rispettivamente a EUR 54 400 e EUR 69 300, a seguito dell’applicazione del punto 26 degli orientamenti, è pur vero che la metodologia seguita dalla Commissione è stata applicata in maniera coerente per ciascuna delle imprese sanzionate e la metodologia stessa è obiettivamente giustificata in quanto la Commissione, conformemente al suo potere discrezionale nell’ambito della fissazione degli importi delle ammende, poteva considerare che l’arrotondamento al ribasso degli importi di tali ammende non avrebbe dovuto portare, comunque, a una riduzione dell’ammenda superiore al 2%.

314    Pertanto, si deve dichiarare che la Commissione non ha violato il principio della parità di trattamento in sede di arrotondamento al ribasso dell’importo dell’ammenda inflitta in solido alla ricorrente e all’Arkema France. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, l’ottavo motivo nel suo complesso va respinto in quanto infondato.

 Il nono motivo, attinente a una violazione dei principi e delle regole che hanno disciplinato il calcolo dell’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

315    La ricorrente contesta, in sostanza, l’importo dell’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France all’art. 2, lett. c), della decisione impugnata. Il presente motivo si suddivide in due parti.

 La prima parte, attinente a errori nel calcolo dell’importo dell’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

–       Argomenti delle parti

316    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha omesso di tenere conto di taluni elementi nel calcolo dell’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France all’art. 2, lett. c), della decisione impugnata.

317    Anzitutto, la ricorrente contesta l’importo dell’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France all’art. 2, lett. c), della decisione impugnata rinviando ai quattro argomenti da essa dedotti nell’ambito della quinta censura dell’ottavo motivo, nel quale essa contesta l’ammenda che le è stata inflitta all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata (v. supra, punto 297). Pertanto essa sostiene, in primo luogo, che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che l’Arkema France era coinvolta nell’infrazione in parola per una durata inferiore a quella dell’EKA e della Finnish Chemicals. In secondo luogo, la Commissione avrebbe dovuto tener conto della circostanza attenuante da essa rilevata, al punto 401 della decisione impugnata, attinente all’eventuale negligenza dimostrata dalla ricorrente nei confronti della propria controllata. In terzo luogo, la Commissione avrebbe dovuto considerare le irregolarità procedurali costitutive di una violazione dei diritti fondamentali elencati nel secondo motivo. In quarto luogo, secondo la ricorrente la Commissione avrebbe dovuto tener conto della cooperazione fornita dall’Arkema France durante la fase amministrativa del procedimento.

318    Inoltre, la ricorrente rinvia al primo argomento da essa dedotto nella sesta censura dell’ottavo motivo (v. supra, punto 278), con il quale essa sostiene che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento imponendo ad essa soltanto un’ammenda personale, mentre le altre società capogruppo nella decisione impugnata si sono viste infliggere unicamente un’ammenda in solido con le loro controllate.

319    La Commissione contesta tale argomento.

–       Giudizio del Tribunale

320    Innanzitutto, per quanto riguarda i quattro argomenti sollevati dalla ricorrente per contestare il calcolo dell’importo dell’ammenda comminata all’art. 2, lett. c), della decisione impugnata, in primo luogo occorre respingere in quanto infondato l’argomento secondo cui la suddetta ammenda dovrebbe essere ridotta a causa del fatto che la ricorrente è stata coinvolta nell’infrazione per un periodo di tempo inferiore rispetto all’EKA e alla Finnish Chemicals. Al riguardo va infatti rilevato che, come emerge espressamente dal punto 522 della decisione impugnata, la Commissione ha preso in considerazione, conformemente al punto 24 degli orientamenti, un fattore moltiplicatore di 5 per l’Arkema France e la ricorrente, corrispondente alla durata della loro partecipazione all’intesa di 4 anni e 8 mesi, mentre ha considerato un fattore moltiplicatore di 5,5 per l’EKA e la sua controllante nonché per la Finnish Chemicals e la sua controllante, a motivo della loro partecipazione all’infrazione di cui trattasi per un periodo di 5 anni e 4 mesi. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente su questo punto va respinto in quanto infondato.

321    In secondo luogo, laddove la ricorrente invoca la circostanza attenuante che la Commissione le avrebbe riconosciuto, al punto 401 della decisione impugnata, a causa della «eventuale negligenza» da essa dimostrata nei riguardi della propria controllata, va rilevato che tale argomento si fonda su una lettura erronea del suddetto punto. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, infatti, in esso la Commissione non indica che la negligenza dimostrata da quest’ultima nel vigilare sui comportamenti della propria controllata costituisce una circostanza attenuante, ma al contrario che «la mancanza di diligenza di cui hanno dato prova le direzioni dell’[Arkema France] e d[ella ricorrente] nell’esercizio delle loro funzioni, consistenti nel fatto che gli organi statutari e di gestione delle due società sostenevano di essere all’oscuro di tutte le azioni intraprese dai propri dipendenti, non può essere da queste utilizzato come argomento per sottrarsi alla responsabilità delle proprie azioni». Dall’altro lato, e comunque, la ricorrente non deduce alcun elemento contrario a sostegno della sua affermazione secondo la quale la Commissione ha considerato a torto che la sua «eventuale negligenza» nel vigilare sulla propria controllata potesse giustificare la concessione di una riduzione dell’ammenda. Pertanto, il suddetto argomento va respinto in quanto infondato.

322    In terzo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione le violazioni dei suoi diritti fondamentali da essa indicate nel suo secondo motivo per concederle una riduzione dell’ammenda comminatale in solido con l’Arkema France, va ricordato, come osservato in sede di esame del suddetto motivo (v. supra, punto 204), che la Commissione non ha commesso alcuna delle violazioni lamentate dalla ricorrente. Di conseguenza, anche questo argomento va respinto in quanto infondato.

323    In quarto luogo, quanto all’argomento secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto tener conto della cooperazione fornita dall’Arkema France durante la fase amministrativa del procedimento, va rilevato che nel presente motivo la ricorrente non deduce alcun argomento specifico per contestare le valutazioni operate dalla Commissione, ai punti 543 e 544 e da 561 a 580 della decisione impugnata, secondo cui, in sostanza, la cooperazione offerta dall’Arkema France non giustificava il fatto che essa si vedesse concedere una riduzione dell’ammenda nell’ambito o al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione. Pertanto, tale argomento va respinto in quanto infondato.

324    Inoltre, occorre respingere in quanto infondato l’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento essendo essa l’unica, tra le altre società capogruppo sanzionate, che si è vista comminare un’ammenda personale. Occorre infatti ricordare, come rilevato nell’ambito del sesto motivo (v. supra, punto 254), che l’ammenda inflitta alla ricorrente all’art. 2, lett. e), della decisione impugnata corrisponde alla maggiorazione del 70% dell’importo di base dell’ammenda che le è stata comminata in solido con l’Arkema France all’art. 2, lett. c), della stessa decisione, in ragione del fatto che il suo fatturato particolarmente importante rispetto a quello delle altre entità sanzionate al momento dell’adozione della decisione impugnata le consentiva di mobilizzare più facilmente i fondi necessari per pagare la suddetta ammenda. Orbene, essendo pacifico che le altre società capogruppo nella decisione impugnata non disponevano di un fatturato tale da giustificare una simile maggiorazione, va constatato che la ricorrente non versava in una situazione paragonabile alle suddette società tale da indurre la Commissione a trattarle in maniera identica.

325    Di conseguenza, la prima parte del nono motivo va respinta in quanto infondata.

 La seconda parte, attinente a una violazione del principio della parità di trattamento legato all’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

–       Argomenti delle parti

326    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento, tenuto conto del fatto che l’ammenda comminata in solido alla ricorrente stessa e all’Arkema France è la più elevata tra quelle inflitte alle imprese sanzionate nella decisione impugnata.

327    In primo luogo, come del resto la ricorrente ha fatto valere nell’ambito della sesta censura del suo ottavo motivo (v. supra, punto 279), l’arrotondamento al ribasso dell’importo di base dell’ammenda comminata in solido alla ricorrente e all’Arkema France era di gran lunga inferiore rispetto a quello degli importi di base delle ammende inflitte alla Finnish Chemicals e all’EKA.

328    In secondo luogo, l’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente non terrebbe sufficientemente conto, conformemente agli orientamenti, di due fattori. Da un lato, la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto del basso fatturato dell’Arkema France sul mercato SEE del clorato di sodio rispetto a quello dell’EKA che beneficia di un’immunità dalle ammende e della Finnish Chemicals che è stata condannata ad un’ammenda quattro volte inferiore rispetto a quella inflitta all’Arkema France. Dall’altro lato, la Commissione non avrebbe tenuto sufficientemente conto della limitata quota di mercato dell’Arkema France, pari al 9% sul mercato del clorato di sodio, rispetto, da un lato, a quella dell’EKA che è di cinque volte superiore e, dall’altro lato, a quella della Finnish Chemicals che è di tre volte superiore. A questo riguardo, la ricorrente fa altresì osservare che esiste solo una differenza di quattro punti tra le quote di mercato dell’Arkema France e quelle dell’Aragonesas e della Solvay.

329    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che l’ammenda ad essa comminata in solido con l’Arkema France non tiene sufficientemente conto del minor coinvolgimento dell’Arkema France nell’infrazione di cui trattasi rispetto a quello dell’EKA e della Finnish Chemicals.

330    La Commissione contesta i suddetti argomenti.

–       Giudizio del Tribunale

331    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura della ricorrente secondo cui l’arrotondamento al ribasso dell’importo di base dell’ammenda comminata in solido alla stessa e all’Arkema France è stato di gran lunga inferiore rispetto a quello degli importi di base delle ammende inflitte alla Finnish Chemicals e all’EKA, va osservato come tale censura sia del tutto identica alla sesta censura dell’ottavo motivo (v. supra, punto 279). Essa va pertanto respinta in quanto infondata per le stesse ragioni esposte supra, ai punti 305‑308, nei quali è stato constatato, in sostanza, che la metodologia di arrotondamento al ribasso dell’importo della suddetta ammenda era stata applicata in modo coerente per ciascuna delle imprese sanzionate nella decisione impugnata e che tale metodologia era obiettivamente giustificata.

332    In secondo luogo, va respinta in quanto infondata la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento in quanto non ha sufficientemente tenuto conto, da un lato, del basso fatturato dell’Arkema France sul mercato SEE del clorato di sodio rispetto all’EKA e alla Finnish Chemicals e, dall’altro lato, della limitata quota di mercato dell’Arkema France sul detto mercato.

333    Per un verso, occorre rilevare che la ricorrente non deduce argomenti né prove volti a dimostrare che, tenuto conto degli elementi da essa considerati per determinare l’ammenda imposta solidalmente alla ricorrente stessa e all’Arkema France, la Commissione avrebbe applicato in modo discriminatorio le disposizioni degli orientamenti nella decisione impugnata. Per altro verso, anche se esiste una notevole differenza tra l’importo dell’ammenda comminata all’Arkema France e alla ricorrente e gli importi delle ammende inflitte solidalmente all’EKA e all’Akzo Nobel nonché all’ELSA e alla Finnish Chemicals, malgrado il fatto che l’Arkema France disponesse di una quota di mercato del clorato di sodio nel SEE inferiore rispetto a quella dell’EKA e della Finnish Chemicals, ciò si giustifica a causa del fatto che l’EKA e l’Akzo Nobel hanno ottenuto un’esenzione totale dall’ammenda e che il limite del 10% del fatturato della Finnish Chemicals, la quale ha ottenuto una riduzione del 50% dell’ammenda nell’ambito dell’applicazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, era inferiore della metà circa a quello della ricorrente (v. le tabelle figuranti ai punti 524 e 552 della decisione impugnata).

334    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la censura della ricorrente secondo cui l’ammenda che la Commissione le ha inflitto in solido con l’Arkema France non tiene sufficientemente conto del minor coinvolgimento di quest’ultima nell’infrazione rispetto a quello dell’EKA e della Finnish Chemicals, va rilevato che, oltre a non dedurre nei suoi atti alcun argomento o prova a sostegno di tale censura, la ricorrente non contesta i motivi esposti dalla Commissione al punto 536 della decisione impugnata per respingere gli argomenti della ricorrente sul punto, secondo i quali, in particolare, «essa ha mantenuto contatti frequenti con i propri concorrenti per tutta la durata della sua partecipazione all’intesa», «questi contatti iniziali dimostrano già la sua partecipazione attiva agli accordi anticoncorrenziali [di cui trattasi]», o ancora che l’affermazione della ricorrente secondo la quale «essa non ha potuto svolgere un ruolo di mediatore tra l’EKA e la Finnish Chemicals a causa della sua limitata quota di mercato è chiaramente smentit[a] dagli elementi di prova dedotti [nella decisione impugnata]».

335    Pertanto, vanno respinti in quanto infondati la terza censura e, conseguentemente, il nono motivo nel suo complesso.

 Il decimo motivo, attinente alla violazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione

336    La ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in errori di fatto e di diritto non concedendole una riduzione di ammenda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione. Tale motivo si divide in due parti.

 La prima parte, relativa al rifiuto di concedere una riduzione di ammenda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione

–       Argomenti delle parti

337    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato la comunicazione del 2002 sulla cooperazione non riducendo l’ammenda imposta solidalmente alla stessa e all’Arkema France, a causa del fatto che le prove dedotte da quest’ultima erano insufficienti. Al riguardo essa considera che, essendo vincolata dalle disposizioni di tale comunicazione, la Commissione non era legittimata a negare, vuoi in maniera immotivata vuoi in maniera astratta e «capricciosa», qualsiasi riduzione per le due ammende comminate alla ricorrente.

338    In primo luogo, come risulterebbe dai punti 554, 561, 581 e 584 della decisione impugnata, sarebbe pacifico che l’Arkema France fosse la prima impresa, dopo l’EKA, ad aver fornito prove dell’intesa alla Commissione.

339    In secondo luogo, secondo la ricorrente, dalla stessa motivazione della decisione impugnata emerge che, contrariamente alle valutazioni formulate dalla Commissione ai punti 568‑580 della decisione impugnata, la Commissione si è basata sulle prove dedotte dall’Arkema France per dimostrare l’infrazione di cui trattasi. Al riguardo essa rinvia, nella decisione impugnata, ai punti 38 e 46 e alla nota n. 63, al punto 76 e alla nota n. 116, al punto 94 e alla nota n. 136, al punto 98 e alla nota n. 142, ai punti 243 e 251 e alla nota n. 302, ai punti 254, 255, 259, 260, 273, 314, 344, 355, 589, 593 e 594 e alle note nn. 118, 259, 293, 337, 540 e 542. Inoltre, secondo la ricorrente, le prove dedotte dall’Arkema France hanno permesso di confermare un certo numero di fatti relativi all’infrazione di cui trattasi, come emerge dai punti 568, 569, 571‑573, 575 e 576 della decisione impugnata. Inoltre, dal punto 344 della decisione impugnata, in limine, emergerebbe che l’Aragonesas ha ritenuto che le informazioni fornite dall’Arkema France avessero un valore aggiunto significativo.

340    La Commissione si oppone agli argomenti della ricorrente.

341    

–       Giudizio del Tribunale

342    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato le disposizioni della comunicazione del 2002 sulla cooperazione non concedendo all’Arkema France una riduzione dell’ammenda compresa fra il 30 e il 50%, mentre quest’ultima era la prima impresa, dopo l’EKA che ha ottenuto l’immunità dall’ammenda, a fornirle elementi di prova aventi un valore aggiunto significativo.

343    Ai sensi del punto 20 della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, «[l]e imprese che non soddisfano i requisiti [per ottenere una esenzione dalle ammende] possono beneficiare di una riduzione dell’importo di un’ammenda che sarebbe altrimenti stata inflitta».

344    Il punto 21 della comunicazione del 2002 sulla cooperazione dispone che, «[a]l fine di poter beneficiare di [una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi del punto 20 della suddetta comunicazione], un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, e deve inoltre cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova».

345    Al punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, vengono previste tre forcelle di riduzione dell’importo dell’ammenda. Difatti, la prima impresa che soddisfa la condizione di cui al punto 21 della stessa comunicazione ha diritto di ottenere una riduzione dell’ammenda compresa fra il 30 e il 50%, la seconda impresa ha diritto ad una riduzione compresa fra il 20 e il 30%, e le imprese successive hanno diritto ad una riduzione dell’ammenda massima del 20%.

346    Il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, dispone che «[a]l fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione terrà conto della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 [della detta comunicazione] le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato» e che «[l]a Commissione potrà anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire della data del suo contributo».

347    Secondo la giurisprudenza, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai propri servizi. In tale contesto, la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette (sentenze della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 81, e del Tribunale 28 aprile 2010, cause riunite T‑456/05 e T‑457/05, Gütermann e Zwicky/Commissione, Racc. pag. II‑1443, punto 219).

348    Inoltre, nell’ambito della valutazione della cooperazione fornita dai membri di un’intesa, solo un errore manifesto di valutazione da parte della Commissione può essere censurato, poiché essa gode di un ampio potere discrezionale nel valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese (sentenza SGL Carbon/Commissione, citata supra al punto 340, punto 88). Va altresì rammentato che, se è vero che la Commissione è tenuta a motivare per quali ragioni ritiene che elementi di prova forniti dalle imprese nel quadro della comunicazione sulla cooperazione costituiscano un contributo che giustifica o meno una riduzione dell’ammenda inflitta, spetta, in compenso, alle imprese che desiderino contestare la decisione della Commissione a tal riguardo dimostrare che essa, in mancanza di tali informazioni fornite volontariamente da queste imprese, non sarebbe stata in grado di provare la sostanza dell’infrazione e di adottare una decisione con conseguenti ammende (sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, citata supra al punto 60, punto 297).

349    Inoltre, la riduzione delle ammende, nel caso della cooperazione di imprese che partecipino ad infrazioni al diritto della concorrenza, trova il suo fondamento nella considerazione secondo cui tale cooperazione facilita il compito della Commissione mirante a dichiarare l’esistenza di un’infrazione e, se del caso, a porvi fine (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, citata supra al punto 45, punto 399, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑338/94, Finnboard/Commissione, Racc. pag. II‑1617, punto 363). Tenuto conto della ragion d’essere della riduzione, la Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso (sentenza Gütermann e Zwicky/Commissione, citata supra al punto 341, punto 220).

350    Ancora, risulta dalla giurisprudenza che, quando un’impresa, nell’ambito della cooperazione, si limita a confermare in maniera meno circostanziata ed esplicita informazioni già fornite da un’altra impresa nell’ambito della cooperazione, il grado della cooperazione fornita da tale impresa, quand’anche possa presentare una certa utilità per la Commissione, non può essere considerato equiparabile a quello della prima impresa che ha trasmesso le dette informazioni. Infatti, una dichiarazione che si limiti a corroborare, in una certa misura, una dichiarazione di cui la Commissione disponeva già non agevola in misura significativa l’assolvimento dei compiti di quest’ultima e quindi non è sufficiente a giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione della cooperazione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 301; 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407; in prosieguo: la «sentenza Danone del Tribunale», punto 455, e Gütermann e Zwicky/Commissione, citata supra al punto 341, punto 222).

351    Infine, la collaborazione di un’impresa alle indagini non dà diritto ad alcuna riduzione dell’ammenda qualora tale collaborazione non abbia oltrepassato quanto l’impresa era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T‑12/89, Solvay/Commissione, Racc. pag. II‑907, punti 341 e 342, e sentenza del Tribunale Groupe Danone/Commissione, citata supra al punto 344, punto 451).

352    Nel caso di specie occorre rilevare in via preliminare che, come emerge dal punto 561 della decisione impugnata, è pacifico che l’Arkema France è la seconda impresa, dopo l’EKA, ad aver depositato una domanda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione. Occorre pertanto esaminare se, come sostiene la ricorrente, dalla lettura di ognuno dei punti della decisione impugnata da essa indicati ed esposti supra, al punto 333, emerga che l’Arkema France ha fornito alla Commissione elementi di un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione del 2002 sulla cooperazione.

353    In primo luogo, quanto alla censura della ricorrente secondo cui, in sostanza, essa avrebbe dovuto ottenere una riduzione dell’ammenda conformemente alla comunicazione del 2002 sulla cooperazione, essendo essa la prima impresa a fornire le informazioni indicate ai punti 38, 46, 344, 355 e 589 della decisione impugnata, nonché alla relativa nota n. 63, va rilevato che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che tali informazioni non avessero un valore aggiunto significativo.

354    Innanzi tutto, per quanto riguarda i punti 38 e 46 della decisione impugnata, nonché la relativa nota n. 63, va osservato che essi riguardano informazioni dedotte dall’Arkema France relative alle sue capacità di produzione nonché al valore delle vendite e alle quote di mercato delle imprese presenti sul mercato SEE del clorato di sodio. Orbene, poiché le dette informazioni non oltrepassano, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 344, quanto l’Arkema France era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, bisogna rilevare che esse non hanno un valore aggiunto significativo.

355    Inoltre, per quanto riguarda il punto 344 della decisione impugnata, va osservato che la Commissione vi riporta un argomento dedotto dall’Aragonesas secondo cui «[g]li elementi di prova dedotti dalla Commissione si basano essenzialmente sulle domande [ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione] presentate dall’EKA, dalla Finnish Chemicals e dall’[Arkema France]». A questo riguardo occorre osservare che, dato che al suddetto punto la Commissione si limita a richiamare un argomento formulato dall’Aragonesas, tale argomento non può essere considerato come il riconoscimento, da parte della Commissione, del fatto che l’Arkema France le abbia fornito informazioni dotate di un valore aggiunto significativo o come prova del fatto che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione escludendo che le informazioni dedotte dall’Arkema France avessero un valore aggiunto significativo.

356    Ancora, quanto al punto 355 della decisione impugnata, la Commissione in sostanza vi osserva che «le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante debbono, in linea di principio, essere considerate come elementi di prova particolarmente affidabili». In proposito, occorre osservare che una valutazione generale di questo tipo da parte della Commissione non permette di concludere che le informazioni fornite dall’Arkema France abbiano, nella fattispecie, agevolato il compito della Commissione in maniera significativa permettendole di accertare i fatti dell’infrazione e, pertanto, che esse avessero un valore aggiunto significativo.

357    Inoltre, per quanto riguarda il punto 589 della decisione impugnata, la Commissione in esso rileva che «ai fini della valutazione del valore delle prove dedotte dalla Finnish Chemicals, occorre sottolineare che al momento in cui [essa] ha preso contatto con la Commissione, [quest’ultima] già disponeva di elementi di prova che le erano stati forniti dall’EKA, [dalla] Finnish Chemicals (nella sua risposta alla richiesta di informazioni datata 10 settembre 2004) e [dall’Arkema France]». In proposito si deve rilevare che, se il tenore del suddetto punti poteva essere interpretato nel senso che la Commissione ha ritenuto che l’Arkema France avesse fornito «elementi probatori», una simile interpretazione non può tuttavia essere ammessa nel caso di specie, tenuto conto del contesto in cui tale valutazione è stata formulata dalla Commissione e delle osservazioni che essa del resto ha operato nella decisione impugnata. Infatti, anzitutto, poiché tale valutazione della Commissione è stata effettuata in sede di valutazione del valore aggiunto significativo delle informazioni fornite dalla Finnish Chemicals, essa è diretta a sottolineare che è alla luce delle informazioni già disponibili nel suo fascicolo che la Commissione è tenuta ad esaminare se le informazioni dedotte dalla Finnish Chemicals possiedano un valore aggiunto significativo, ma non che l’Arkema France ha fornito informazioni di valore aggiunto significativo. Inoltre, la suddetta valutazione non inficia le osservazioni formulate dalla Commissione ai punti 561‑580 della decisione impugnata, secondo le quali occorre respingere tutti gli argomenti della ricorrente e dell’Arkema France esposti nella decisione impugnata, diretti a sostenere che quest’ultima ha fornito elementi informativi aventi un valore aggiunto significativo. Infine, e comunque, la valutazione operata dalla Commissione al punto 589 della decisione impugnata non è idonea a dimostrare che, alla luce delle informazioni fornite dall’Arkema France, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che le suddette informazioni non avessero un valore aggiunto significativo.

358    In secondo luogo, per quanto riguarda i punti 76, 254, 255, 259 e 273 della decisione impugnata, nonché le relative note nn. 116 e 337, ai quali la ricorrente fa rinvio, va osservato che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione ritenendo che esse non avessero un valore aggiunto significativo.

359    Anzitutto, quanto al punto 76 della decisione impugnata e alla relativa nota n. 116, la Commissione vi descrive il funzionamento generale dell’intesa che era caratterizzata in particolare da «contatti frequenti sotto forma di riunioni bilaterali o multilaterali e di conversazioni telefoniche, senza peraltro seguire uno schema specifico». La Commissione inoltre rileva che, «secondo [l’Arkema France], subito all’inizio dell’intesa è stato stabilito un elenco dei clienti comuni e dei volumi di vendita che ognuno dei produttori di clorato di sodio membri dell’intesa era autorizzato a fornire loro» e che «tuttavia [l’Arkema France] non ha presentato l’elenco in questione alla Commissione». Al riguardo, oltre al fatto che dalla richiesta orale di immunità dell’EKA emerge che quest’ultima aveva già informato la Commissione circa la natura dei contatti esistenti tra le imprese in questione, questa informazione, che l’Arkema France non ha suffragato con alcuna prova documentale, non aveva un valore aggiunto significativo ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 343.

360    Inoltre, quanto al punto 254 della decisione impugnata e alla nota n. 305, la Commissione vi rileva che l’Arkema France ha dichiarato che «[il suo rappresentante, il sig. L.,] pensa di ricordare una riunione tra la Finnish Chemicals e [l’Arkema France] al fine di capire perché le regole di ripartizione applicabili [al cliente] MODO non fossero più rispettate» e che, «nel corso di tale riunione, che [il sig. L.] ritiene essersi svolta durante il primo trimestre del 1999 in Finlandia, la Finnish Chemicals ha dichiarato di essere diventata fornitore esclusivo di [MODO] a seguito di un accordo tra la propria casa madre e MODO, infrangendo così l’accordo esistente tra l’EKA, la Finnish Chemicals e [l’Arkema France] a proposito di tale cliente». A questo riguardo, occorre rilevare che, al punto 255 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che, «ciononostante, poiché il contratto tra MODO e la Finnish Chemicals era stato concluso solo nel settembre 1999, [essa] ritiene che [il sig. L.] abbia confuso le date e i luoghi da lui indicati e che in realtà si riferisca alla riunione del 9 novembre 1999 a Copenhagen». Pertanto, oltre al fatto che l’informazione fornita verbalmente dall’Arkema France è, per sua stessa ammissione, incerta, («[il sig. L.] pensa di ricordare») ma anche imprecisa, va comunque rilevato che la Commissione osserva espressamente, al punto 255 della decisione impugnata, che la suddetta informazione è errata, il che del resto non viene contestato dalla ricorrente. Pertanto, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione escludendo che tale informazione potesse avere un valore aggiunto significativo.

361    Ancora, per quanto riguarda il punto 259 della decisione impugnata, la Commissione vi riporta i rendiconti delle spese di viaggio del rappresentante dell’Arkema France, il sig. L., che coprono il periodo compreso tra i mesi di ottobre e dicembre 1999 e che gli sono stati forniti dall’Arkema France. In tale punto viene altresì spiegato che tali documenti contengono l’indicazione «15/12 EKA Roissy» e che l’Arkema France da ciò deduce che «tale indicazione potrebbe riferirsi a una riunione con i rappresentanti dell’EKA all’aeroporto Roissy‑Charles‑de‑Gaulle a Parigi il 15 dicembre 1999». Va rilevato che, al suddetto punto la Commissione ha osservato che l’EKA non ricorda tale riunione. Pertanto, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che tale informazione, della quale l’Arkema France non è sicura e che non è stata suffragata da prove, non avesse un valore aggiunto significativo. In proposito, occorre sottolineare che il fatto che la Commissione, tenuto conto della mancanza di elementi di prova sufficienti a corroborare tale informazione, non abbia incluso la riunione che si sarebbe svolta all’aeroporto Roissy‑Charles‑de‑Gaulle nell’elenco delle riunioni e delle telefonate riguardanti l’intesa (v. allegato I della decisione impugnata), conferma che la suddetta informazione non ha un valore aggiunto significativo.

362    In merito poi al punto 273 della decisione impugnata, la Commissione vi precisa che l’Arkema France riferisce di una riunione tra l’EKA, la Finnish Chemicals e l’Arkema France «nella primavera 2000». Orbene, va rilevato che al suddetto punto la Commissione osserva altresì che né l’EKA né la Finnish Chemicals hanno confermato che tale riunione abbia avuto luogo. Per di più, la Commissione rileva come, sulla base delle informazioni fornite dall’EKA come esposte al punto 283 della decisione impugnata, si debba constatare che in realtà si tratta della riunione svoltasi il 9 febbraio 2000. Pertanto, oltre al fatto che questa informazione fornita dall’Arkema France è imprecisa, la Commissione ha sottolineato, senza che la ricorrente lo abbia contestato, che essa non è stata suffragata da altri elementi che permettessero alla Commissione di dimostrarla. Pertanto, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione escludendo che tale informazione avesse un valore aggiunto significativo.

363    Infine, riguardo alla nota n. 337 della decisione impugnata, va rilevato che la Commissione vi precisa il contenuto del punto 284 della detta decisione, nel quale la Commissione ha osservato in particolare che, «benché vi fossero ancora state alcune telefonate e riunioni tra concorrenti nel gennaio e nel febbraio 2000 (…), il livello di cooperazione [abituale], consistente essenzialmente in tentativi di ripartirsi i volumi di vendita e di fissare i prezzi, non è stato ripristinato [nel 2000] a causa della perdita di reciproca fiducia e per qualunque altro motivo connesso menzionato dai concorrenti nelle loro diverse dichiarazioni». Nella nota n. 337 della detta decisione la Commissione, riguardo alla data di conclusione dell’intesa, spiega che «l’EKA e [l’Arkema France] rinviano ai loro rispettivi programmi [di rispetto del diritto della concorrenza] presentati nel 1999 e nel 2000» e che «la Finnish Chemicals indica che i contatti con i concorrenti sono divenuti obsoleti dopo la conclusione del contratto con [il cliente] MODO». Al riguardo, va altresì rilevato che la Commissione, al punto 575 della decisione impugnata, indica che il rappresentante dell’Arkema France, il sig. L., «si è limitato a confermare la dichiarazione dell’EKA riguardo all’effetto dell’adozione dei programmi [di rispetto del diritto della concorrenza] senza fornire al riguardo nuovi elementi di prova». Inoltre, al punto 593 della decisione impugnata e nella nota n. 540, la Commissione osserva che, «nel momento in cui ha ricevuto la risposta alla domanda di informazioni e alla domanda di [cooperazione] della Finnish Chemicals, il suo fascicolo conteneva già alcune informazioni provenienti da due fonti indipendenti [l’EKA e l’Arkema France], le quali indicavano che l’infrazione non era terminata prima della primavera 2000». Infine, al punto 594 della decisione impugnata, nonché alla nota n. 542, la Commissione precisa che essa «aveva già dedotto da[l] contributo [dell’EKA]» che nella primavera 2000 quest’ultima aveva preso le distanze dall’intesa.

364    Alla luce delle osservazioni operate dalla Commissione ai punti della decisione impugnata indicati supra al punto 356, si deve considerare che l’informazione fornita dall’Arkema France al riguardo non aveva un valore aggiunto significativo nel momento in cui essa l’ha fornita alla Commissione. Difatti, oltre alla circostanza che l’informazione dell’Arkema France, secondo la quale l’intesa è cessata dopo la presentazione dei programmi di rispetto del diritto della concorrenza, non è precisa riguardo alla data esatta considerata dalla Commissione per stabilire la cessazione dell’infrazione, ossia il 9 febbraio 2000 [art. 1, lett. e), della decisione impugnata], è sulla base delle precisazioni fornite dall’EKA, come emerge dal punto 290 della decisione impugnata, che la Commissione ha potuto stabilire che l’infrazione era cessata con la riunione dell’associazione professionale CEFIC tenutasi il 9 febbraio 2000.

365    In terzo luogo, per quanto riguarda, nella decisione impugnata, il punto 94 e la relativa nota n. 196, il punto 98 e la relativa nota n. 142, il punto 243 e la relativa nota n. 293, il punto 251 e la relativa nota n. 302, il punto 260, il punto 593 e la relativa nota n. 540, il punto 594 e la relativa nota n. 542, nonché le note nn. 118 e 259, va rilevato che essi riportano informazioni che, come emerge dalla decisione impugnata, erano già in possesso della Commissione al momento in cui l’Arkema France ha depositato la sua domanda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione, o erano informazioni insufficientemente precise o comprovate per consentire alla Commissione di dimostrare i fatti dell’infrazione, oppure, infine, erano informazioni che la Commissione poteva procurarsi conformemente all’art. 18 del regolamento n. 1/2003.

366    Anzitutto, per quel che riguarda il punto 94 della decisione impugnata e la relativa nota n. 136, la Commissione vi indica che, «[s]econdo la Finnish Chemicals, il 17 maggio [1995] presso l’hotel SAS Royal di Copenhagen si è svolta una riunione alla quale hanno preso parte [l’EKA, la Finnish Chemicals e l’Arkema France]». La Commissione fa osservare che i rendiconti delle spese di viaggio del rappresentante dell’Arkema France, il sig. D., hanno confermato la sua presenza a tale riunione. In proposito, da un lato, va rilevato che dai punti 95 e 96 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha accertato l’esistenza di tale riunione tenendo in considerazione gli elementi di prova forniti dalla Finnish Chemicals, cosa che la ricorrente non contesta. Infatti, al punto 96 della decisione impugnata, la Commissione precisa che gli appunti presi durante la riunione del 17 maggio 1995 dal rappresentante della Finnish Chemicals, il sig. S., «dimostrano la partecipazione del[l’Arkema France] all’intesa». Dall’altro lato, e comunque, va rilevato che la produzione dei soli rendiconti delle spese di viaggio del rappresentante dell’Arkema France, che permettono di confermare la sua presenza alla riunione di cui trattasi, costituisce una cooperazione che non oltrepassa, ai sensi della giurisprudenza indicata supra al punto 344, quanto essa era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003. Pertanto, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che l’Arkema France non avesse fornito elementi aventi un valore aggiunto significativo al riguardo.

367    Inoltre, per quanto riguarda il punto 98 della decisione impugnata e la relativa nota n. 142, la Commissione vi spiega in particolare che «l’EKA riferisce altresì che, verso il 1995, è stato deciso assieme alla Finnish Chemicals e al[l’Arkema France] di “procedere ad un notevole rialzo di prezzi che ha funzionato” per il Portogallo tenuto conto della svalutazione dello scudo» e aggiunge che «gli elementi di prova presentati dall’EKA dimostrano che nel 1995 l’impresa ha aumentato le tariffe praticate ai propri clienti portoghesi del 31% e del 44% rispetto ai prezzi applicati nel 1993». Inoltre, la Commissione indica che «anche [l’Arkema France] parla di un vantaggioso rialzo di prezzi». Pertanto, dalla lettera della decisione impugnata deriva che tale rialzo dei prezzi nel 1995 è stato stabilito sulla base di informazioni verbali e di documenti forniti dall’EKA, il che non viene contestato dalla ricorrente. Di conseguenza, anche se l’informazione verbale fornita dall’Arkema France conferma quella dell’EKA, si deve constatare, al pari della Commissione, che tale informazione non può essere considerata, conformemente alla giurisprudenza citata supra, al punto 344, come dotata di un valore aggiunto significativo, dal momento che l’Arkema France non ha fornito dettagli relativi al suddetto rialzo dei prezzi in aggiunta a quelli dedotti dall’EKA.

368    Ancora, quanto al punto 243 della decisione impugnata e alla relativa nota n. 293, la Commissione vi rileva che «[n]elle loro dichiarazioni, l’EKA e l’[Arkema France] hanno indicato che nel febbraio o nel marzo 1999 aveva avuto luogo una riunione tra i loro rappresentanti» e che «[l’Arkema France] ha confermato che il sig. [W.] rappresentava l’EKA durante tale riunione». Al riguardo va osservato che, al detto punto la Commissione riprende espressamente le informazioni verbali fornite dall’EKA. Si deve inoltre rilevare che al punto 243 della decisione impugnata la Commissione ha altresì sottolineato che, «benché non sia stato possibile stabilire con certezza assoluta che la riunione ha avuto luogo, la Commissione ritiene verosimile che le discussioni tra i concorrenti siano continuate così come descritto dall’EKA». Pertanto, oltre al fatto che è sulla base delle sole informazioni fornite dall’EKA che la Commissione ha potuto venire a conoscenza della suddetta riunione e del suo tenore, essa ritiene, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che tale informazione non permetta di dimostrare con certezza i fatti dell’infrazione. Pertanto, si deve rilevare che la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione escludendo che l’informazione fornita dall’Arkema France al riguardo avesse un valore aggiunto significativo.

369    Per quanto riguarda poi il punto 251 della decisione impugnata e la relativa nota n. 302, la Commissione vi rileva che «la Finnish Chemicals ha informato la Commissione riguardo a una riunione svoltasi a Copenhagen il 9 novembre 1999» alla presenza dei rappresentanti dell’Arkema France e della Finnish Chemicals. Inoltre, si precisa che l’Arkema France «ha confermato che tale riunione si era effettivamente svolta e [di aver] trasmesso alla Commissione i rendiconti delle spese di viaggio del suo rappresentante, il sig. L.], i quali dimostrano che egli si è recato a Copenhagen il 9 novembre 1999». Al riguardo si deve osservare, da un lato, che la produzione dei soli rendiconti delle spese di viaggio del rappresentante dell’Arkema France, che consentono di confermare la sua presenza alla riunione di cui trattasi, costituisce una cooperazione che non oltrepassa, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 344, quanto essa era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003. Dall’altro lato, al punto 252 della decisione impugnata, la Commissione riprende alla lettera le informazioni precise fornite dalla Finnish Chemicals che riportano il contenuto delle discussioni svoltesi nel corso della suddetta riunione, mentre il punto 254 della decisione impugnata riporta le dichiarazioni imprecise dell’Arkema France riguardo alla riunione stessa. Infine, dai suddetti punti emerge che le informazioni fornite dall’Arkema France non hanno consentito di avvalorare taluni elementi del fascicolo della Commissione nel giorno in cui sono stati forniti, ma che sono le informazioni prodotte dalla Finnish Chemicals ad aver consentito alla Commissione di dimostrare i suddetti fatti. Pertanto, la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che le informazioni prodotte dall’Arkema France al riguardo non avevano un valore aggiunto significativo.

370    Inoltre, per quanto riguarda il punto 260 della decisione impugnata, la Commissione vi rileva che «la Finnish Chemicals ha dichiarato [tramite il suo rappresentante, il sig. S.], che i rappresentanti [dell’Arkema France] e della Finnish Chemicals si erano incontrati un’altra volta il 21 dicembre 1999 (…) a Stoccolma» e che «tale riunione è confermata anche dai rendiconti delle spese di viaggio del sig. [L.] trasmessi da[ll’Arkema France]». Al riguardo occorre rilevare che, oltre alla circostanza che, come risulta dal detto punto, la Commissione ha dimostrato l’esistenza di tale riunione soltanto sulla base delle informazioni fornite dalla Finnish Chemicals, la produzione dei soli rendiconti delle spese di viaggio del rappresentante dell’Arkema France, che permettono di confermarne la presenza alla riunione di cui trattasi, costituisce una cooperazione che, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 344, non va oltre quanto essa era tenuta a fare in forza dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003.

371    Quanto poi alla nota n. 118 della decisione impugnata, la Commissione vi rileva che «[l’Arkema France] ha confermato l’esistenza del meccanismo di spartizione del mercato e del regime di compensazione descritti dall’EKA». Al riguardo occorre osservare che, oltre al fatto che dal detto punto risulta che la Commissione si è basata sulle dichiarazioni verbali dell’EKA per dimostrare i fatti dell’infrazione, il che non viene contestato dalla ricorrente, la semplice conferma verbale e imprecisa di tale informazione non può essere considerata, come deriva dalla giurisprudenza citata supra al punto 343, come dotata di un valore aggiunto significativo.

372    Infine, per quanto riguarda il punto 207 della decisione impugnata e la relativa nota n. 259, la Commissione vi osserva che «si deve sottolineare che nell’ambito delle discussioni tra la Finnish Chemicals e l’[Arkema France] riguardo a[l cliente] MODO, il sig. [L., rappresentante dell’Arkema France], ha telefonato al sig. [B.] (rappresentante della Quadrimex, importatore della Finnish Chemicals in Francia) per discutere dei volumi perduti da[ll’Arkema France]» e che «durante tali telefonate, il 2 e il 5 ottobre 1998, il sig. [L.] si è lamentato dell’aggressività scandinava e ha reclamato una compensazione in volumi per [l’Arkema France]». Al riguardo, dai documenti citati alla nota n. 257 della decisione impugnata e dal punto 4.3.1.20, intitolato «1998 – Conflitto relativo al cliente MODO», ai punti 205‑216 della decisione suddetta, deriva che, per dimostrare l’esatta natura dei contatti intervenuti tra i concorrenti a proposito dell’approvvigionamento del cliente MODO, delle date dei suddetti contatti e dei volumi ripartiti, la Commissione si è completamente fondata sulle precise informazioni ad essa fornite dalla Finnish Chemicals. La Commissione pertanto non è incorsa in un errore manifesto di valutazione escludendo che l’informazione fornita dall’Arkema France al riguardo potesse avere un valore aggiunto significativo.

373    In quarto luogo, quanto ai punti 568, 569, 571-573, 575 e 576 della decisione impugnata, invocati dalla ricorrente, va osservato che da essi emerge che la Commissione disponeva di tali informazioni «provenienti da due fonti» nel momento in cui l’Arkema France gliele ha fornite (punto 568 della decisione impugnata), che essa «ha confermato l’esistenza del sistema di ripartizione in termini generali, ma non ha fornito elementi di prova scritti risalenti al periodo cui i fatti si riferiscono, cosa che avrebbe rafforzato la capacità della Commissione di dimostrare i fatti di cui trattasi» (punto 569 della decisione impugnata), che le informazioni fornite dall’Arkema France riguardo ai contatti con i suoi concorrenti sono state «elementar[i] e non le hanno permesso di dimostrare i fatti di cui trattasi» (punto 571 della decisione impugnata), che le informazioni relative al rialzo dei prezzi dal 1993 al 1995 hanno confermato «in termini assai generali» le informazioni già a sua disposizione» (punto 572 della decisione impugnata), che le informazioni relative all’approvvigionamento del cliente MODO erano «già state ben dimostrat[e] dai documenti prodotti dall’EKA» (punto 573 della decisione impugnata), che l’Arkema France si è «limitat[a] a confermare la dichiarazione dell’EKA riguardo all’effetto dell’adozione di programmi di adeguamento, senza apportare elementi di prova nuovi al riguardo» (punto 575 della decisione impugnata), nonché che la valutazione della Commissione secondo la quale «anche se [l’Arkema France] ha potuto confermare alcuni aspetti del funzionamento dell’intesa in modo assai generale, tuttavia non lo ha fatto in un modo tale da rafforzare la capacità della Commissione di provare l’infrazione» (punto579 della decisione impugnata). Pertanto, va rilevato che nessuno dei suddetti punti dimostra che le informazioni fornite dall’Arkema France avessero un valore aggiunto significativo.

374    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve concludere che la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione non concedendo all’Arkema France una riduzione dell’ammenda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione. Di conseguenza, la prima parte del decimo motivo va respinta in quanto infondata.

 La seconda parte, attinente alla violazione del principio di parità di trattamento

–       Argomenti delle parti

375    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento non concedendo all’Arkema France, a differenza di quanto accaduto con la Finnish Chemicals, alcun «credito» per le informazioni che essa le ha fornito e a proposito delle quali peraltro, ai punti 568, 569, 571, 572, 573, 575 e 576 della decisione impugnata, la Commissione ha ammesso che permettevano di confermare i fatti dell’infrazione. Questa disparità di trattamento avrebbe avuto l’effetto di «incrementare» le ammende comminate alla ricorrente, la quale avrebbe dovuto beneficiare assieme all’Arkema France di una riduzione dell’importo dell’ammenda tra il 30 e il 50% rispetto alle ammende inflitte alle imprese interessate e in particolare alla Finnish Chemicals.

376    La Commissione contesta tale argomento.

–       Giudizio del Tribunale

377    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio di parità di trattamento avendo accordato alla Finnish Chemicals, ma non all’Arkema France, una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione del 2002 sulla cooperazione.

378    Secondo la giurisprudenza ricordata supra, al punto 196, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

379    Nel caso di specie, poiché, da un lato, come concluso in esito all’esame della prima parte del decimo motivo (v. supra, punto 367), la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che le prove fornite dall’Arkema France non avessero un valore aggiunto significativo e, dall’altro lato, la ricorrente non contesta, in tale ambito, la valutazione della Commissione secondo la quale le informazioni prodotte dalla Finnish Chemicals avevano, da parte loro, un valore aggiunto significativo, occorre constatare che l’Arkema France e la Finnish Chemicals non si trovavano in una situazione identica riguardo alla concessione di una riduzione dell’ammenda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione.

380    Occorre pertanto dichiarare che la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione abbia violato il principio della parità di trattamento non concedendo alcuna riduzione dell’ammenda all’Arkema France in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione.

381    Di conseguenza, occorre respingere la seconda parte del decimo motivo in quanto infondata e, conseguentemente, il decimo motivo nel suo complesso, nonché il primo capo delle conclusioni della ricorrente.

4.     Sulle conclusioni, sollevate in subordine, dirette alla riforma degli importi delle ammende

 Argomenti delle parti

382    Nell’ambito del suo undicesimo motivo, la ricorrente sostiene che, nell’ipotesi in cui il Tribunale non annullasse la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda, le ammende ad essa inflitte dovrebbero essere annullate o ridotte.

383    In primo luogo, la ricorrente sostiene che non sarebbe equo infliggerle l’ammenda più elevata tra quelle comminate alle imprese considerate dalla decisione impugnata, mentre la responsabilità dell’Arkema France nell’infrazione è considerevolmente inferiore a quella dell’EKA e della Finnish Chemicals. Al riguardo, essa sottolinea che i due principali attori dell’intesa erano l’EKA e la Finnish Chemicals, come risulta dalla motivazione della decisione impugnata e che era proprio per effetto della lotta tra questi due concorrenti per la spartizione dei mercati nordici che le altre parti dell’intesa come l’Arkema France sono state indotte a reagire e a proteggere i loro mercati nelle rispettive aree.

384    In secondo luogo, la ricorrente osserva che, nell’ambito del suo potere discrezionale generale il Tribunale deve tener conto, da un lato, della minore responsabilità dell’Arkema France nell’infrazione in parola rispetto a quella dell’EKA e della Finnish Chemicals e, dall’altro lato, dei fattori da essa fatti valere nelle prime due censure dell’ottavo motivo (v. supra, punti 267‑273), nelle prime due parti del nono motivo (v. supra, punti 310‑312 e 320‑323) nonché nel decimo motivo (v. supra, punti 331‑333 e 368).

385    La Commissione contesta l’argomento della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

386    Secondo la giurisprudenza, quanto al controllo esercitato dal giudice dell’Unione sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza, occorre rammentare che, al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l’atto impugnato, la competenza giurisdizionale anche di merito conferita, ai sensi dell’art. 229 CE, al Tribunale dall’art. 31 del regolamento n. 1/2003, legittima tale giudice a riformare l’atto impugnato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l’importo dell’ammenda (v. sentenza della Corte 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione, Racc. pag. I‑7415, punto 86, e la giurisprudenza ivi citata).

387    Per quanto riguarda, in primo luogo, la domanda di riforma dell’importo dell’ammenda comminata in solido alla ricorrente e all’Arkema France a causa del fatto che essa non terrebbe sufficientemente conto del minor coinvolgimento dell’Arkema France nell’intesa rispetto all’EKA e alla Finnish Chemicals, il Tribunale ritiene che tale domanda non possa essere accolta poiché, come rilevato supra al punto 328, la ricorrente non apporta alcun argomento o prova che dimostri che l’Arkema France abbia svolto un ruolo minore nell’intesa il quale possa giustificare la concessione, in suo favore, di una riduzione dell’importo dell’ammenda a tale titolo.

388    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la domanda di riforma delle ammende comminate in solido all’Arkema France e alla ricorrente nonché a titolo personale alla ricorrente, tenuto conto degli argomenti sollevati nelle prime due censure dell’ottavo motivo, nelle prime due parti del nono motivo e nel decimo motivo, alla luce dell’insieme delle motivazioni esposte supra e in assenza di altri argomenti fatti valere dalla ricorrente al riguardo, il Tribunale considera che nulla giustifichi una simile riduzione.

389    Pertanto, la seconda parte delle conclusioni della ricorrente dev’essere respinta, e con essa il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

390    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Elf Aquitaine SA è condannata alle spese.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Firme

Indice

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Le conclusioni, formulate in via principale, dirette all’annullamento della decisione impugnata

Il primo motivo, attinente a una violazione delle norme che disciplinano l’imputabilità della responsabilità di un’infrazione all’interno di gruppi societari

La prima parte, relativa ad un errore di diritto nell’imputazione della responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi alla ricorrente

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La seconda parte, attinente alla violazione dei principi di autonomia giuridica ed economica delle società

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La terza parte, attinente all’errore riguardante il fatto che gli indizi presi in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata non comprovano la presunzione di esercizio di un’influenza determinante

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La quarta parte, attinente al fatto che la Commissione ha ritenuto a torto che la ricorrente non avesse fornito un complesso di indizi diretti a confutare la presunzione di esercizio di un’influenza determinante

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La quinta parte, attinente alla trasformazione della presunzione di esercizio di un’influenza determinante in presunzione assoluta

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Il secondo motivo, attinente alla violazione di sei principi fondamentali, derivante dall’imputazione della responsabilità del comportamento illecito di cui trattasi alla ricorrente

La prima parte, attinente ad una violazione dei diritti della difesa della ricorrente

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La seconda parte, attinente ad una violazione del principio della parità delle armi

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

La terza parte, attinente a una violazione della presunzione di innocenza

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La quarta parte, attinente ad una violazione del principio di responsabilità personale e di carattere individuale delle pene

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La quinta parte, attinente a una violazione del principio della legalità delle pene

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La sesta parte, attinente a una violazione del principio di parità di trattamento

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Il terzo motivo, attinente a uno snaturamento del complesso di indizi fornito dalla ricorrente

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il quarto motivo, attinente all’esistenza di contraddizioni della motivazione della decisione impugnata

La prima parte, attinente ad una contraddittorietà della motivazione in ordine all’applicazione della nozione di impresa ai sensi dell’art.  81, n. 1, CE

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La seconda parte, relativa ad una contraddittorietà della motivazione nella decisione impugnata in ordine alla conoscenza, da parte della ricorrente, dell’infrazione di cui trattasi

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

–  Giudizio del Tribunale

Il quinto motivo, attinente ad una violazione del principio di buona amministrazione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il sesto motivo, attinente ad una violazione del principio di certezza del diritto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il settimo motivo, attinente a uno sviamento di potere

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

L’ottavo motivo, attinente all’infondatezza dell’inflizione di un’ammenda personale alla ricorrente

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Il nono motivo, attinente a una violazione dei principi e delle regole che hanno disciplinato il calcolo dell’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

La prima parte, attinente a errori nel calcolo dell’importo dell’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La seconda parte, attinente a una violazione del principio della parità di trattamento legato all’ammenda comminata in solido all’Arkema France e alla ricorrente

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Il decimo motivo, attinente alla violazione della comunicazione del 2002 sulla cooperazione

La prima parte, relativa al rifiuto di concedere una riduzione di ammenda in forza della comunicazione del 2002 sulla cooperazione

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

La seconda parte, attinente alla violazione del principio di parità di trattamento

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

2.  Sulle conclusioni, sollevate in subordine, dirette alla riforma degli importi delle ammende

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese



* Lingua processuale: il francese.