Language of document : ECLI:EU:T:2016:689

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

30 novembre 2016 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’Ucraina – Congelamento dei capitali – Restrizioni all’ammissione ai territori degli Stati membri – Persona fisica che appoggia attivamente o che attua azioni che compromettono o minacciano l’Ucraina – Persona fisica che trae vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione – Errori manifesti di valutazione – Diritto di proprietà – Libertà d’impresa – Diritto al rispetto della vita privata – Proporzionalità»

Nella causa T‑720/14,

Arkady Romanovich Rotenberg, residente in San Pietroburgo (Russia), inizialmente rappresentato da D. Pannick, QC, M. Lester, barrister, e M. O’Kane, solicitor, in seguito da D. Pannick, M. Lester, S. Hey, H. Brunskill, solicitors, e Z. Al-Rikabi, barrister, e infine da D. Pannick, M. Lester e Z. Al-Rikabi,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da J.-P. Hix e B. Driessen, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda presentata ai sensi dell’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento parziale, da un lato, della decisione 2014/145/PESC del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, p. 16), come modificata, in primo luogo, dalla decisione 2014/508/PESC del Consiglio, del 30 luglio 2014 (GU 2014, L 226, pag. 23), in secondo luogo, dalla decisione (PESC) 2015/432 del Consiglio, del 13 marzo 2015 (GU 2015, L 70, pag. 47), in terzo luogo, dalla decisione (PESC) 2015/1524 del Consiglio, del 14 settembre 2015 (GU 2015, L 239, pag. 157), e, in quarto luogo, dalla decisione (PESC) 2016/359 del Consiglio, del 10 marzo 2016 (GU 2016, L 67, pag. 37), e, dall’altro, del regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6), come attuato, in primo luogo, dal regolamento di esecuzione (UE) n. 826/2014 del Consiglio, del 30 luglio 2014 (GU 2014, L 226, pag. 16), in secondo luogo, dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/427 del Consiglio, del 13 marzo 2015 (GU 2015, L 70, pag. 1), in terzo luogo, dal regolamento di esecuzione (UE) 2015/1514 del Consiglio, del 14 settembre 2015 (GU 2015, L 239, pag. 30), e, in quarto luogo, dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/353 del Consiglio, del 10 marzo 2016 (GU 2016, L 67, pag. 1), nella parte in cui tali atti riguardano il ricorrente,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, V. Tomljenović e D. Spielmann, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 giugno 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 17 marzo 2014, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisone 2014/145/PESC, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag.16).

2        Nella stessa data, il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2,TFUE, il regolamento (UE) n. 269/2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina (GU 2014, L 78, pag. 6).

3        In seguito, il Consiglio ha adottato, il 25 luglio 2014, la decisione 2014/499/PESC che modifica la decisione 2014/145 (GU 2014, L 221, pag. 15), e il regolamento (UE) n. 811/2014, che modifica il regolamento n. 269/2014 (GU 2014, L 221, pag. 11), in particolare per modificare i criteri in base ai quali le persone fisiche o giuridiche, entità o organismi, potevano essere oggetto delle misure restrittive in causa.

4        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/145, nella sua versione modificata dalla decisione 2014/499 (in prosieguo: la «decisione 2014/145 modificata») dispone quanto segue:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, o posseduti, detenuti o controllati da:

a)      persone fisiche responsabili di azioni o politiche, o che sostengono attivamente o realizzano dette azioni o politiche, che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina, o che ostacolano l’operato delle organizzazioni internazionali in Ucraina, e persone fisiche o giuridiche, entità o organismi ad esse associati;

b)      persone giuridiche, entità o organismi che sostengono, materialmente o finanziariamente, azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina;

c)      persone giuridiche, entità o organismi in Crimea o a Sebastopoli la cui proprietà è stata trasferita in violazione del diritto ucraino, o persone giuridiche, entità o organismi che hanno beneficiato di tale trasferimento, o

d)      persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che sostengono attivamente, materialmente o finanziariamente i dirigenti russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina orientale ovvero che traggono vantaggio dagli stessi,

elencati in allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

5        Le modalità di tale congelamento dei capitali sono definite nei paragrafi successivi del medesimo articolo.

6        L’articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 2014/145 modificata vieta l’ingresso o il transito sul territorio degli Stati membri alle persone fisiche che possiedono in sostanza i medesimi requisiti stabiliti all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e d), della stessa decisione.

7        Il regolamento n. 269/2014, come modificato dal regolamento n. 811/2014 (in prosieguo: il «regolamento n. 269/2014 modificato»), impone l’adozione di misure di congelamento dei fondi e stabilisce le modalità di tale congelamento in termini, in sostanza, identici a quelli della decisione 2014/145 modificata. Infatti, l’articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a d), di tale regolamento richiama essenzialmente l’articolo 2, paragrafo 1, lettere da a) a d), di suddetta decisione.

8        Considerata la gravità della situazione in Ucraina, il 30 luglio 2014 il Consiglio ha adottato, da una parte, la decisione 2014/508/PESC che modifica la decisione 2014/145 (GU 2014, L 226, pag. 23), e, dall’altra, il regolamento di esecuzione n. 826/2014, che attua il regolamento n. 269/2014 (GU 2014, L 226, pag. 16) (in prosieguo: gli «atti del luglio 2014»).

9        Con questi due atti, il nome del ricorrente, Arkady Romanovich Rotenberg, è stato aggiunto, rispettivamente, all’elenco allegato alla decisione 2014/145 modificata e a quello contenuto all’allegato I del regolamento n. 269/2014 modificato (in prosieguo: gli «elenchi in causa») per i seguenti motivi (in prosieguo: la «prima motivazione»):

«Rotenberg è una conoscenza di vecchia data del presidente Putin e suo ex sparring partner di judo.

Ha costruito la sua fortuna durante il mandato del presidente Putin. È stato favorito dai decisori russi nell’ambito dell’aggiudicazione di importanti contratti da parte dello Stato russo o di imprese di proprietà dello Stato. Alle sue società sono stati aggiudicati in particolare vari contratti altamente redditizi per la preparazione dei Giochi olimpici di Sochi.

È uno dei principali azionisti di Giprotransmost, società cui una società di proprietà statale russa ha aggiudicato un contratto di appalto pubblico per realizzare lo studio di fattibilità relativo alla costruzione di un ponte dalla Russia alla Repubblica autonoma di Crimea illegalmente annessa, consolidando pertanto la sua integrazione nella Federazione russa che a sua volta compromette ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina».

10      Il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 31 luglio 2014 un avviso all’attenzione delle persone ed entità oggetto degli atti del luglio 2014.

11      Stando a tale avviso, le persone e le entità interessate potevano presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta di riesame della decisione che aveva incluso i loro nomi negli elenchi allegati agli atti del luglio 2014.

12      Con lettere datate 4, 17 settembre e 2 ottobre 2014, il ricorrente ha presentato al Consiglio una richiesta di accesso alle informazioni e ai documenti che hanno determinato l’inserimento del suo nome negli elenchi in esame e una richiesta di riesame di tale inserimento (in prosieguo: la «domanda di riesame»).

13      Con lettera del 16 ottobre 2014, il Consiglio ha risposto alle richieste del ricorrente di cui al punto 12 supra. In particolare, ha precisato che la domanda di riesame era in corso di trattamento e che il ricorrente poteva aver accesso a taluni documenti, allegati a suddetta lettera.

14      Con lettera del 19 dicembre 2014, il Consiglio ha respinto la domanda di riesame, ha autorizzato il ricorrente ad avere accesso ad ulteriori documenti e gli ha notificato il nuovo progetto di motivazione che aveva intenzione di adottare per mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, fissandogli un termine per la presentazione di osservazioni. Tale progetto di motivazione afferma quanto segue:

«Rotenberg è una conoscenza di vecchia data del presidente Putin e suo ex sparring partner di judo.

Ha costruito la sua fortuna durante il mandato del presidente Putin. Il livello del suo successo economico è da attribuire all’influenza di decisori di importanza chiave che lo hanno favorito, in particolare nell’aggiudicazione di appalti pubblici.

Ha beneficiato della sua stretta relazione personale con i decisori russi, con l’aggiudicazione di importanti contratti da parte dello Stato russo o di imprese di proprietà dello Stato. Alle sue società sono stati aggiudicati in particolare vari contratti altamente redditizi per la preparazione dei Giochi olimpici di Sochi.

Egli è l’effettivo proprietario della società Volgomost la quale, a sua volta, tramite la società "MIK" controlla la società Giprotransmot. A Giprotransmot è stata aggiudicata da una società di proprietà statale russa un contratto di appalto pubblico per realizzare lo studio di fattibilità relativo alla costruzione di un ponte dalla Russia alla Repubblica autonoma di Crimea illegalmente annessa, consolidando pertanto la sua integrazione nella Federazione russa che a sua volta compromette ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina.

È presidente del consiglio di amministrazione della casa editrice Provescheniye, che ha in particolare realizzato il progetto “Ai bambini della Russia: recapito – Crimea”, una campagna di pubbliche relazioni destinata a convincere i bambini della Crimea di essere ormai cittadini russi che vivono in Russia, fornendo così sostegno alla politica di integrazione della Crimea in Russia condotta dal governo russo».

15      Con lettera del 14 gennaio 2015, il ricorrente ha presentato al Consiglio osservazioni relative in particolare al suddetto progetto di motivazione.

16      Con lettera del 13 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di prorogare l’applicazione della decisione 2014/145 modificata e del regolamento n. 269/2014 modificato e di mantenere il suo nome negli elenchi in esame, sulla base di una nuova modificata motivazione, la quale faceva seguito alle osservazioni che quest’ultimo gli aveva presentato. Il Consiglio ha altresì allegato alla sua lettera documenti giustificativi pubblici e ha invitato il ricorrente a pronunciarsi su tale nuova motivazione entro il 26 febbraio 2015.

17      Il 13 marzo 2015, con l’adozione della decisione (PESC) 2015/432, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2015, L 70, pag. 47), e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/427, che attua il regolamento n. 269/2014 (GU 2015, L 70, pag. 1) (in prosieguo: gli «atti del marzo 2015»), il Consiglio ha prorogato fino al 15 settembre 2015 l’applicazione delle misure restrittive previste con gli atti del luglio 2014 e ha modificato gli elenchi in esame.

18      In seguito a tali modifiche, il nome del ricorrente è stato mantenuto negli elenchi in esame con la seguente motivazione (in prosieguo: la «seconda motivazione»):

«Rotenberg è una conoscenza di vecchia data del presidente Putin e suo ex sparring partner di judo.

Ha costruito la sua fortuna durante il mandato del presidente Putin. Il livello del suo successo economico è da attribuire all’influenza di decisori di importanza chiave che lo hanno favorito, in particolare nell’aggiudicazione di appalti pubblici.

Ha beneficiato della sua stretta relazione personale con le autorità russe, con l’aggiudicazione di importanti contratti da parte dello Stato russo o di imprese di proprietà dello Stato. Alle sue società sono stati aggiudicati in particolare vari contratti altamente redditizi per la preparazione dei Giochi olimpici di Sochi

È inoltre proprietario della società Stroygazmontazh, cui è stato aggiudicato un appalto pubblico per la costruzione di un ponte dalla Russia alla Repubblica autonoma di Crimea illegalmente annessa, consolidando in tal modo la sua integrazione nella Federazione russa, il che compromette ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina.

È presidente del consiglio di amministrazione della casa editrice Provescheniye, che ha in particolare realizzato il progetto “Ai bambini della Russia: recapito – Crimea”, una campagna di pubbliche relazioni destinata a convincere i bambini della Crimea di essere ormai cittadini russi che vivono in Russia, fornendo così sostegno alla politica di integrazione della Crimea in Russia condotta dal governo russo».

19      Il 14 marzo 2015, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone ed entità oggetto di misure restrittive previste dalla decisione 2014/145, modificata dalla decisione 2015/432, e dal regolamento n. 269/2014, attuato dal regolamento di esecuzione 2015/427 (GU 2015, C 88, pag. 3). Il contenuto di tale avviso coincideva, sostanzialmente, con quello dell’avviso menzionato supra, ai punti 10 e 11.

20      In pari data, il Consiglio ha pubblicato un secondo avviso, all’attenzione delle persone interessate alle quali si applicano le misure restrittive previste dal regolamento n. 269/2014, attuato dal regolamento di esecuzione 2015/427 (GU 2015, C 88, pag. 4), con il quale informava suddette persone sulle modalità e sulle finalità del trattamento dei dati personali che li riguardavano e della possibilità di adire il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) conformemente al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1).

21      Gli atti del marzo 2015 sono stati comunicati agli avvocati che rappresentano il ricorrente nell’ambito della presente causa con lettera del Consiglio in data 16 marzo 2015.

22      Il 14 settembre 2015, con decisione (PESC) 2015/1524, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2015, L 239, pag. 157) e con regolamento di esecuzione (UE) 2015/1514 che attua il regolamento n. 269/2014 (GU 2015, L 239, pag. 30) (in prosieguo: gli «atti del settembre 2015»), l’applicazione delle misure restrittive in esame è stata prorogata dal Consiglio fino al 15 marzo 2016, senza che la motivazione relativa al ricorrente sia stata modificata.

23      Gli atti del settembre 2015 sono stati comunicati agli avvocati che rappresentano il ricorrente nell’ambito della presente causa con lettera del Consiglio in data 15 settembre 2015.

24      Lo stesso giorno, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea due avvisi sostanzialmente identici a quelli di cui sopra, ai punti 19 e 20.

25      Il 10 marzo 2016, con decisione (PESC) 2016/359, che modifica la decisione 2014/145 (GU 2016, L 67, pag. 37) e con regolamento di esecuzione (UE) 2016/353, che attua il regolamento n. 269/2014 (GU 2016, L 67, pag. 1) (in prosieguo: gli «atti del marzo 2016»), l’applicazione delle misure restrittive in esame è stata prorogata dal Consiglio fino al 15 settembre 2016, senza che la motivazione relativa al ricorrente sia stata modificata.

26      Gli atti del marzo 2016 sono stati comunicati agli avvocati che rappresentano il ricorrente nell’ambito della presente causa con lettera del Consiglio in data 14 marzo 2016.

27      Il 12 marzo 2016, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea due avvisi sostanzialmente identici a quelli di cui sopra, ai punti 19 e 20.

 Procedimento e conclusioni delle parti

28      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 ottobre 2014, il ricorrente ha proposto un ricorso volto all’annullamento degli atti del luglio 2014, nella parte in cui lo riguardano. Il caso è stato registrato con il numero di ruolo T‑720/14.

29      Nel controricorso, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 dicembre 2014, il Consiglio in particolare ha invocato l’irricevibilità del presente ricorso, per ragioni di litispendenza, dal momento che esso sarebbe identico sotto tutti i profili ad un altro ricorso, registrato con il numero di ruolo T‑717/14, che il ricorrente aveva proposto lo stesso giorno del deposito del presente ricorso.

30      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 14 aprile 2015.

31      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 26 maggio 2015, il ricorrente ha richiesto di poter adattare il ricorso per ottenere anche l’annullamento degli atti del marzo 2015, nella parte in cui lo riguardano.

32      Il Consiglio ha presentato osservazioni su tale domanda con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 luglio 2015. In tale occasione, ha sostenuto che la suddetta memoria era parzialmente irricevibile, nella misura in cui taluni motivi e argomenti invocati nel ricorso contro gli atti del luglio 2014 non erano trasponibili alla domanda di annullamento degli atti del marzo 2015.

33      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 2 novembre 2015, il ricorrente ha richiesto di poter adattare il ricorso per ottenere anche l’annullamento degli atti del settembre 2015, nella parte in cui lo riguardano.

34      Il Consiglio ha presentato osservazioni su tale domanda con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 dicembre 2015. In tale occasione, ha sollevato in sostanza la medesima eccezione di irricevibilità esposta supra, al punto 32.

35      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 marzo 2016, il ricorrente ha chiesto di poter adattare il ricorso per ottenere anche l’annullamento degli atti del marzo 2016, nella parte in cui lo riguardano.

36      Il Consiglio ha presentato osservazioni su tale richiesta con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 maggio 2016.

37      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89, paragrafo 3, del suo regolamento di procedura, ha posto al Consiglio un quesito con richiesta di risposta scritta e di produzione di un documento.

38      Il Consiglio ha ottemperato a tali misure nel termine impartito.

39      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 29 giugno 2016.

40      In tale occasione, il Consiglio, in risposta a un quesito del Tribunale, ha ritirato la sua eccezione di irricevibilità fondata sulla sussistenza di litispendenza, considerato in particolare che la causa T‑717/14 era stata cancellata dal ruolo con ordinanza del Presidente della Nona Sezione del Tribunale del 14 novembre 2014, a seguito della rinuncia del ricorrente, e vista la giurisprudenza invocata da quest’ultimo (v. sentenza del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punti 31 e 32 e giurisprudenza ivi citata).

41      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti del luglio 2014, nella parte in cui lo riguardano;

–        annullare gli atti del marzo 2015, del settembre 2015 e del marzo 2016 (in prosieguo, congiuntamente: gli «altri atti impugnati»), nella parte in cui lo riguardano;

–        condannare il Consiglio alle spese.

42      Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        respingere le richieste di adattamento del ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese;

–        in via subordinata, in caso di annullamento, conservare gli effetti della decisione 2016/359, sulla base dell’articolo 264 TFUE, finché l’annullamento del regolamento di esecuzione 2016/353 sia effettivo.

 In diritto

43      A sostegno del ricorso, il ricorrente deduce cinque motivi, vertenti, in primo luogo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, in secondo luogo, su errori manifesti di valutazione, in terzo luogo, sulla violazione del principio di tutela dei dati personali, in quarto luogo, sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e, in quinto luogo, sulla violazione, senza giustificazione o proporzione, dei suoi diritti fondamentali, ivi compreso il diritto di proprietà, il diritto alla vita privata e alla libertà d’impresa.

44      Occorre pronunciarsi, in primo tempo, sulla domanda di annullamento degli atti del luglio 2014 e, in secondo tempo, sulle altre domande del ricorrente.

 Sulla domanda di annullamento degli atti del luglio 2014

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

45      Il ricorrente sostiene che la motivazione dell’inserimento del suo nome negli elenchi allegati agli atti del luglio 2014 è vaga e non dettagliata. Infatti, non gli sarebbe possibile comprendere qual è il criterio in applicazione del quale tale inserimento è stato deciso. In particolare, il Consiglio non avrebbe precisato se il ricorrente è stato considerato persona responsabile di azioni o di politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, come associato a persone rientranti in tale categoria o come persona che apporta un sostegno materiale e finanziario attivo ai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina o come persona che trae vantaggio da tali decisori. Il Consiglio non avrebbe neppure indicato di quali decisori si tratterebbe, né come questi avrebbero favorito il ricorrente.

46      Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

47      Va ricordato che l’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione europea e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo in base a ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contestualmente all’atto che gli arreca pregiudizio, e la sua mancanza non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

48      Pertanto, a meno che considerazioni imperative attinenti alla sicurezza dell’Unione o dei suoi Stati membri o alla conduzione delle loro relazioni internazionali ostino alla comunicazione di taluni elementi, il Consiglio è tenuto a portare a conoscenza di una persona o entità interessata da misure restrittive le ragioni specifiche e concrete per le quali ritiene che dette misure debbano essere adottate. Esso deve dunque menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica delle misure in parola e le ragioni che l’hanno indotto ad adottarle (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).

49      Peraltro, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione ed al contesto in cui esso è stato adottato. La necessità di motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie, segnatamente del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. Non è necessario che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, considerato che la sufficienza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

50      Nel caso di specie, la motivazione adottata nei confronti del ricorrente negli atti del luglio 2014 è esposta supra, al punto 9.

51      Occorre rilevare che, nonostante la prima motivazione non precisi in modo esplicito quali sono, tra i criteri applicabili, quelli su cui il Consiglio si è basato per inserire il nome del ricorrente negli elenchi in esame, emerge con sufficiente chiarezza dalla lettura di tale motivazione che esso ha utilizzato i criteri riguardanti:

–        le «persone fisiche responsabili di azioni o politiche, o che sostengono attivamente o realizzano dette azioni o politiche, che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina, o che ostacolano l’operato delle organizzazioni internazionali in Ucraina, e [le] persone fisiche o giuridiche, [le] entità o organismi ad esse associati» [criterio previsto all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/145 modificata, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 269/2014 modificato e, in sostanza, all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/145 modificata, in prosieguo: il «primo criterio pertinente»];

–        le «persone fisiche o giuridiche, (…) entità o (…) organismi che sostengono attivamente, materialmente o finanziariamente i dirigenti russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina orientale ovvero che traggono vantaggio dagli stessi» [criterio previsto all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della decisione 2014/145 modificata, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 269/2014 modificato e, in sostanza, all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2014/145 modificata, in prosieguo: il «secondo criterio pertinente»].

52      Infatti, quanto al primo criterio rilevante, come sostiene correttamente il Consiglio, il terzo comma della prima motivazione costituisce un’applicazione di tale criterio, poiché si riferisce al ruolo asseritamente svolto dal ricorrente nella società Giprotransmost, considerata quale aggiudicataria di un contratto di appalto pubblico per realizzare lo studio di fattibilità relativo alla costruzione di un ponte tra la Russia e la Crimea, e precisa che la costruzione di tale ponte consolida l’integrazione della Crimea nella Federazione russa.

53      Tale parte della prima motivazione permette dunque di comprendere che una delle ragioni dell’inserimento del nome del ricorrente negli elenchi in esame risiede nel fatto che il Consiglio ha ritenuto che il ricorrente, in virtù del suo asserito ruolo di azionista importante della società Giprotransmost, facesse parte delle persone che sostengono attivamente o attuano azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

54      Occorre rilevare, al pari del Consiglio, che il terzo comma della prima motivazione indica ragioni precise e concrete dell’inserimento del nome del ricorrente, poiché cita un’impresa specifica e si riferisce ad uno specifico appalto pubblico, vertente su un progetto che si reputa contribuirà a consolidare l’integrazione della Crimea nella Federazione russa, compromettendo così l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

55      Quanto al secondo criterio rilevante, risulta dai primi due commi della prima motivazione che il Consiglio ha ritenuto che il ricorrente traesse vantaggio delle sue relazioni personali con il presidente Putin, poiché, durante la presidenza di quest’ultimo, si è potuto aggiudicare importanti contratti da parte dello Stato russo o di imprese di proprietà dello Stato, in particolare nel contesto della preparazione dei Giochi Olimpici di Sochi (Russia).

56      Se è vero che tale parte della prima motivazione non precisa quali sono i decisori di cui trattasi e cita esclusivamente l’esempio dei contratti riguardanti i Giochi Olimpici, il riferimento esplicito al presidente Putin e l’esempio sopra menzionato consentono di ritenere che il Consiglio abbia fornito precisazioni sufficienti.

57      Poiché la lettura della prima motivazione ha permesso al ricorrente di comprendere le ragioni per le quali il suo nome era stato inserito negli elenchi in esame e poiché il Tribunale è in grado di esercitare il proprio controllo sulla fondatezza di tale motivazione, si deve concludere che il Consiglio ha ottemperato all’obbligo previsto all’articolo 296 TFUE.

58      La questione sulla fondatezza di tale motivazione non rientra nella valutazione del presente motivo, ma in quella del secondo. A tale riguardo, si deve rammentare che l’obbligo di motivare un atto costituisce una formalità sostanziale che dev’essere distinta dalla questione della fondatezza dei motivi, questione che ricade nella legalità sostanziale dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esprimere formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Se tali ragioni sono viziate da errori, questi ultimi inficiano la legalità sostanziale dell’atto, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur contenendo motivi erronei (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

59      Pertanto, deve essere respinto il primo motivo, nella parte in cui esso riguarda gli atti del luglio 2014.

 Sul secondo motivo di ricorso, relativo ad errori manifesti di valutazione

60      Il ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso errori manifesti di valutazione ritenendo che esistessero elementi concreti sufficienti a giustificare l’inserimento del suo nome negli elenchi in esame in applicazione del primo e del secondo criterio pertinenti. In tale contesto, egli ricorda che l’onere della prova è carico del Consiglio e che quest’ultimo non può fondarsi su presunzioni.

61      Quanto al primo criterio pertinente, il ricorrente sostiene che il Consiglio non ha dimostrato, prima dell’adozione degli atti del luglio 2014, che egli fosse azionista, o perfino azionista di maggioranza, di Giprotransmost. Dunque, tale criterio non gli sarebbe applicabile.

62      Quanto al secondo criterio pertinente, il ricorrente sostiene che non vi è alcuna prova che egli sia associato ai decisori russi responsabili della situazione in Ucraina e dell’annessione della Crimea e di Sebastopoli, i quali, per di più, non sarebbero, a loro volta, soggetti alle misure restrittive in causa. I riferimenti fatti dal Consiglio alle sue relazioni con il presidente Putin, alla sua fortuna e ai contratti pubblici che si sarebbe aggiudicato non sarebbero pertinenti, poiché non risulterebbe dimostrato che tali circostanze siano connesse con gli eventi all’origine dell’adozione di tali misure restrittive.

63      In particolare, il ricorrente sottolinea come i contratti ai quali si riferiscono gli atti del luglio 2014, segnatamente quelli relativi alla preparazione dei Giochi Olimpici di Sochi, sono stati conclusi molti anni prima che accadessero tali eventi, cosicché sarebbe stato impossibile per le imprese che avevano ottenuto tali contratti e per i loro azionisti prevedere che, con la conclusione di tali contratti, avrebbero rischiato di vedersi imporre misure restrittive in risposta ad una situazione priva di qualsiasi nesso con i suddetti contratti. Tale risultato sarebbe in particolare incompatibile con il principio di certezza del diritto.

64      Il Consiglio replica che la prima motivazione si basa su informazioni di fonte pubblica di cui egli disponeva già al momento dell’adozione degli atti del luglio 2014.

65      Per quanto riguarda il primo criterio pertinente, il Consiglio rileva che da fonti pubbliche è possibile stabilire che, nonostante il ricorrente non sia direttamente azionista di Giprotransmost, la controlla attraverso la società OAO Volgomost, di cui sarebbe proprietario effettivo. Tenuto conto delle informazioni derivanti da tali fonti pubbliche, il ricorrente non potrebbe limitarsi a negare il suo status di proprietario effettivo di Volgomost.

66      Per quanto riguarda il secondo criterio pertinente, il Consiglio rileva che non si richiede che le persone designate traggano personalmente vantaggio dalla situazione in Ucraina e dall’annessione della Crimea o di Sebastopoli. Infatti, sarebbe sufficiente che esse traggano vantaggio dai decisori responsabili di tali eventi. Secondo il Consiglio, ove così non fosse, il secondo criterio si confonderebbe con il primo.

67      Inoltre, la situazione politica ed economica esistente in Russia condurrebbe a ritenere che il successo economico del ricorrente, dovuto in particolare all’aggiudicazione di numerosi contratti pubblici, di cui non nega di aver beneficiato, dimostra che egli trae vantaggio dal regime e dai decisori responsabili della situazione in Ucraina e dell’annessione della Crimea e di Sebastopoli. Tali decisori includerebbero indubbiamente il presidente Putin, che il ricorrente non negherebbe di conoscere da molto tempo, e altri alti funzionari russi. A tale riguardo, il fatto che il presidente Putin e tali alti funzionari non siano essi stessi soggetti a misure restrittive non comprometterebbe la fondatezza dell’adozione di tali misure per quanto riguarda il ricorrente.

68      Quanto l’argomento del ricorrente che si fonda sulla mancanza di certezza del diritto, il Consiglio sostiene che si tratta di una questione priva di pertinenza. L’elemento decisivo sarebbe il fatto che l’aggiudicazione dei contratti menzionati negli atti del luglio 2014, altamente lucrativi per il ricorrente, non avrebbe potuto aver luogo senza il consenso degli alti funzionari del governo russo. Orbene, costoro sarebbero responsabili della situazione in Ucraina e dell’annessione della Crimea e di Sebastopoli, vuoi in virtù della loro responsabilità generale, vuoi in ragione delle decisioni specifiche che hanno adottato in tale contesto. Non sarebbe necessario alcun legame temporale tra i vantaggi ottenuti dal ricorrente e tali eventi.

69      Inoltre, l’appalto pubblico ottenuto da Giprotransmot rappresenterebbe un ulteriore esempio dei contratti sui quali il Consiglio si è basato nel momento in cui ha applicato al ricorrente il secondo criterio pertinente.

70      Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, per quanto riguarda le norme generali che definiscono le modalità delle misure restrittive, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare sanzioni economiche e finanziarie ai sensi dell’articolo 215 TFUE, conformemente a una decisione adottata in base al capo 2 del titolo V del Trattato UE, in particolare in base all’articolo 29 TUE. Poiché il giudice dell’Unione non può sostituire la sua valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo che esso esercita dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti nonché dell’assenza di un manifesto errore di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo ristretto si applica, in particolare, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali sono fondate decisioni siffatte (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 127 e giurisprudenza ivi citata).

71      Tuttavia, sebbene il Consiglio disponga quindi di un ampio margine di discrezionalità circa i criteri generali da considerare ai fini dell’adozione di misure restrittive, l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige che, nell’ambito del controllo della legittimità delle motivazioni su cui si fonda la decisione di iscrivere o di mantenere il nome di una determinata persona in un elenco di persone sottoposte a misure restrittive, il giudice dell’Unione si assicuri che detta decisione, la quale riveste portata individuale per tale persona, poggi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limita alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consiste invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, abbiano un fondamento sufficientemente preciso e concreto (v. sentenza del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punti 41 e 45, e del 26 ottobre 2015 Portnov/Consiglio, T/290/14, EU:T:2015:806, punto 38).

72      In caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 121, e del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 128).

73      Nel caso di specie, il nome del ricorrente è stato inserito negli elenchi in esame in applicazione del primo e del secondo criterio pertinenti.

–       Sull’applicazione al ricorrente del primo criterio pertinente

74      Quanto al primo criterio pertinente, occorre osservare che esso richiede che sia stabilita l’esistenza di un nesso, diretto o indiretto, tra le attività o le azioni della persona o dell’entità interessata e la situazione in Ucraina all’origine dell’adozione delle misure restrittive in esame. Ovvero, tali persone o tali entità devono, con la loro condotta, essersi resi responsabili di azioni o di politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

75      Il motivo addotto nei confronti del ricorrente che si riconnette al primo criterio pertinente consiste nel fatto che egli è stato considerato come importante azionista, o perfino azionista di maggioranza, di Giprotransmot, cui è stato aggiudicato lo studio di fattibilità relativo alla costruzione di un ponte tra la Russia e la Crimea. Secondo il Consiglio, l’aggiudicazione stessa di tale contratto consente di concludere che il ricorrente sostenga o attui azioni o politiche che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina.

76      Il ricorrente, dal canto suo, contesta di essere azionista, a maggior ragione azionista di maggioranza, di Giprotransmost, con la quale non avrebbe alcun legame.

77      Si deve osservare che il Consiglio non tenta nemmeno di dimostrare di disporre di prove che permettano di accertare che il ricorrente stesso fosse azionista, o perfino azionista di maggioranza, di Giprotransmost, come indicato nella prima motivazione.

78      Inoltre, a seguito delle contestazioni del ricorrente, contenute nelle lettere citate al punto 12 supra, relative alla suo status di azionista di Giprotransmost, il Consiglio ha adottato una spiegazione diversa, sostenendo che il ricorrente controllava la suddetta società attraverso la sua società madre, Volgomost, di cui era considerato il «proprietario effettivo», come risulterebbe da un articolo di giornale, citato dal Consiglio, formulato nei termini seguenti:

«Secondo il rapporto Interfax, l’azionista di maggioranza di OAO Giprotransmost è OOO MIK, interamente detenuta da OAO Volgomost. OAO Volgomost è a sua volta detenuta in maggioranza da cinque società cipriote: Tevaryso Trading Limited (19,91%), Eltores Investments (19,91%), Chrysanthemum Services Limited (19,69%), Sormenia Investments Ltd (19,63%) e E.C.C.P Investments Limited (14,57%). L’imprenditore, Arkady Rotenberg, è stato citato dalla stampa come proprietario effettivo di Volgomost. Secondo le informazioni del Kommersant newspaper, egli è il proprietario effettivo di Volgomost».

79      In primo luogo, occorre osservare che tale articolo si limita a fare riferimento ad altri articoli, rispetto ai quali non è fornita alcuna precisazione, da cui risulterebbe che il ricorrente è l’effettivo proprietario di Volgomost.

80      Orbene, tale prova indiretta non è sufficiente per considerare che il Consiglio ha adempiuto l’onere della prova posto a suo carico conformemente alla giurisprudenza (v. supra, punto 72).

81      In secondo luogo, si deve ricordare che il Consiglio, nella lettera del 19 dicembre 2014 menzionata supra al punto 14, ha affermato di voler modificare la parte della prima motivazione relativa a Giprotransmost, come segue:

«[Il ricorrente] è l’effettivo proprietario della società Volgomost la quale, a sua volta, tramite la società “MIK” controlla la società Giprotransmot. A Giprotransmot è stata aggiudicata da una società di proprietà statale russa un contratto di appalto pubblico per realizzare lo studio di fattibilità relativo alla costruzione di un ponte dalla Russia alla Repubblica autonoma di Crimea illegalmente annessa, consolidando pertanto la sua integrazione nella Federazione russa che a sua volta compromette ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina».

82      Il ricorrente, nella sua lettera del 14 gennaio 2015 menzionata supra al punto 15, ha contestato che tale modifica fosse corretta e fondata su sufficienti elementi di prova. Egli ha affermato di non avere legami con Volgomost e che gli articoli di giornale sui cui si basava il Consiglio facevano riferimento soltanto a voci in proposito.

83      A fronte di tali obiezioni, il Consiglio, nella sua lettera del 13 febbraio 2015 menzionata supra al punto 16, ha adottato una nuova motivazione, che non si riferisce al ruolo del ricorrente in Volgomost o Giprotransmost, ma in un’altra società, cioè Stroygazmontazh. Tale motivazione è stata infine adottata dagli atti del marzo 2015 (v. supra, punto 18).

84      In tali circostanze, il comportamento stesso del Consiglio conferma che esso non disponeva di prove sufficienti del fatto che il ricorrente controllasse Giprotransmot, al momento dell’adozione degli atti del luglio 2014. A tal proposito, si deve certamente rilevare che, come il Consiglio ha sottolineato in udienza, la prima e la seconda motivazione non sono in contraddizione l’una con l’altra, benché si riferiscano a due società diverse. Infatti, Giprotransmost è stata incaricata dello studio di fattibilità relativo alla costruzione del ponte in causa, mentre Stroygazmontazh è stata incaricata della sua costruzione. Tuttavia, è giocoforza constatare che tale osservazione del Consiglio non permette in alcun modo di provare che il ricorrente controllasse Giprotransmot.

85      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento che il Consiglio trae dal fatto che, nel ricorso relativo alla causa T‑717/14 (v. supra, punto 29), il ricorrente non avrebbe contestato la veridicità del suo ruolo all’interno di Giprotransmost, come indicato negli atti del luglio 2014, ma si sarebbe limitato a invocare l’irrilevanza di tale ruolo. Infatti, senza che occorra pronunciarsi sulla portata esatta delle asserzioni del ricorrente contenute in detto ricorso, che non fa parte del fascicolo della presente causa, è evidente che il Consiglio non disponeva di tale documento al momento dell’adozione degli atti del luglio 2014.

86      Pertanto, devono essere accolti gli argomenti del ricorrente volti a constatare la fondatezza della motivazione adottata nei suoi confronti negli atti del luglio 2014 quanto al primo criterio pertinente.

–       Sull’applicazione al ricorrente del secondo criterio pertinente

87      Quanto al secondo criterio pertinente, occorre osservare che esso non richiede che le persone o le entità interessate traggano personalmente vantaggio dall’annessione della Crimea o dalla destabilizzazione dell’Ucraina orientale. È sufficiente, come rileva il Consiglio, che essi traggano vantaggio da uno dei «decisori russi» responsabili di tali eventi, senza che sia necessario stabilire un nesso tra i vantaggi di cui beneficiano le persone designate e l’annessione della Crimea o la destabilizzazione dell’Ucraina orientale.

88      Infatti, se si dovesse dimostrare, ai fini dell’applicazione di tale criterio, la sussistenza di un tale nesso, detto criterio perderebbe ogni interesse rispetto al primo criterio pertinente, il quale richiede un nesso tra le azioni commesse dalle persone designate e la situazione registrata in Ucraina.

89      Tuttavia, nel caso di specie, a torto il Consiglio ha ritenuto di poter applicare al ricorrente il secondo criterio pertinente.

90      A tal proposito, in primo luogo, occorre osservare come la lettura della prima motivazione consente di identificare unicamente il presidente Putin quale decisore russo da cui il ricorrente si presume tragga vantaggio. Il riferimento ai «decisori russi», senza ulteriori precisazioni, è un’affermazione troppo vaga, che non è sufficiente a giustificare l’inserimento del ricorrente negli elenchi in esame (v., per analogia, sentenza del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 95).

91      In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, è necessario che, affinché possa applicarsi il secondo criterio pertinente, i decisori russi all’origine dei vantaggi di cui beneficiano le persone interessate avessero quantomeno già cominciato la preparazione dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina orientale. Solo qualora tale condizione sia soddisfatta si deve ritenere che i beneficiari di detti vantaggi non possano ignorare il coinvolgimento di tali decisori in tale preparazione e possano aspettarsi che le loro risorse, ottenute almeno in parte grazie ai detti vantaggi, siano oggetto di misure restrittive, per impedire che essi possano fornire sostegno ai decisori in questione.

92      Al contrario, come sostiene il ricorrente, qualora si potesse applicare il secondo criterio pertinente anche quando la condizione summenzionata non fosse soddisfatta, sarebbe pregiudicato il principio di certezza del diritto. Sul punto, va rilevato che le misure restrittive in esame rappresentano una risposta alle politiche e alle attività delle autorità russe riguardanti specificamente l’Ucraina, e non alla condotta in generale di tali autorità. Orbene, dette politiche e attività sono state attuate dalla fine di febbraio 2014.

93      Nel caso di specie, il Consiglio ammette che i contratti con lo Stato russo o con imprese di proprietà dello Stato russo di cui il ricorrente avrebbe beneficiato, in base agli articoli di giornale richiamati dal Consiglio, riguardano un periodo precedente a quello durante il quale i decisori russi, in particolare il presidente Putin, hanno cominciato a minacciare l’Ucraina. Tali contratti riguardano in particolare la preparazione dei Giochi Olimpici di Sochi, tenutisi durante l’inverno 2014.

94      Ammesso che si possa ritenere che la situazione della Russia sia tale che attività economiche della portata di quelle compiute dal ricorrente non siano possibili senza il consenso del presidente di detto paese, come avviene, secondo la giurisprudenza, in Bielorussia (sentenza del 12 maggio 2015, Ternavsky/Consiglio, T‑163/12, non pubblicata, EU:T:2015:271, punto 121), nel caso di specie, il Consiglio non ha provato che il ricorrente fosse stato favorito dal presidente Putin nel momento in cui quest’ultimo ha avviato le azioni nei confronti dell’Ucraina a cui le misure restrittive in esame intendono reagire. A tale riguardo, è opportuno precisare che, come risulta dai punti da 74 a 85 supra, relativi al primo criterio pertinente, il Consiglio non ha provato la sussistenza di un nesso tra il ricorrente e Giprotransmost, cosicché, contrariamente a quanto esso afferma, non può invocare il contratto aggiudicato a tale società come esempio dei vantaggi ottenuti dal ricorrente.

95      In tali circostanze, occorre accogliere il presente motivo di ricorso per quanto riguarda gli atti del luglio 2014 e annullare questi ultimi, senza che sia necessario esaminare né gli ulteriori argomenti che il ricorrente ha dedotto in tale contesto, né i suoi altri motivi di ricorso.

 Sulle domande di annullamento degli altri atti impugnati

96      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 26 maggio e il 2 novembre 2015 nonché il 24 marzo 2016, il ricorrente ha richiesto di poter adattare il ricorso al fine di ottenere anche l’annullamento degli altri atti impugnati, nelle parti che lo riguardano.

97      Quando ha adattato il ricorso al fine di ricomprendervi anche gli atti del marzo 2015, il ricorrente ha mantenuto i cinque motivi di ricorso che aveva fatto valere contro gli atti del luglio 2014, fornendo argomentazioni aggiuntive attinenti in particolare al fatto che il Consiglio aveva nel frattempo adottato motivazioni parzialmente differenti nei suoi confronti.

98      Poiché gli atti del settembre 2015 e del marzo 2016 si sono limitati a prorogare l’applicazione delle misure restrittive in esame, senza modificare la seconda motivazione relativa al ricorrente, egli, in occasione della sua seconda e terza domanda di adattamento del ricorso, non ha sollevato nuovi argomenti, ma si è limitato a mantenere quelli invocati precedentemente.

99      Il Consiglio non si oppone alla ricevibilità di tali domande in quanto tali, ma sostiene che taluni motivi di ricorso o argomenti fatti valere nel ricorso contro gli atti del luglio 2014 non sono trasponibili agli altri atti impugnati.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

100    Il ricorrente afferma che gli altri atti impugnati, alla stregua degli atti del luglio 2014, violano l’obbligo di motivazione nella parte in cui lo riguardano. In particolare, non gli sarebbe possibile comprendere quali siano i criteri che il Consiglio ha applicato per giustificare il suo mantenimento negli elenchi in esame, né in cosa e da chi sarebbe stato favorito.

101    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

102    La seconda motivazione accolta dal Consiglio nella parte che riguarda il ricorrente è stata riportata supra al punto 18.

103    Va osservato che i suoi primi tre commi corrispondono, in sostanza, ai primi due commi della prima motivazione, cosicché le considerazioni esposte ai punti da 55 a 57 supra si applicano per analogia per respingere gli argomenti del ricorrente relativi a tali commi.

104    Il quarto e il quinto comma della seconda motivazione identificano, dal canto loro, elementi più specifici e concreti sulle funzioni svolte dal ricorrente all’interno della società Stroygazmontazh e della casa editrice Prosvescheniye.

105    Senza voler anticipare il giudizio sulla fondatezza di tali ultimi due commi, è opportuno rilevare che questi definiscono in modo preciso il ruolo del ricorrente in quanto proprietario di Stroygazmontazh e presidente del consiglio di amministrazione di Prosvescheniye. Inoltre, per ciascuna di tali società, vi si indica che esse svolgono attività che possono essere facilmente associate al primo criterio pertinente.

106    Quanto a Stroygazmontazh, si tratta del fatto che essa si è aggiudicata un appalto pubblico per la costruzione di un ponte tra la Russia e la Repubblica autonoma di Crimea, consolidando così l’integrazione di quest’ultima nella Federazione russa.

107    Quanto a Prosvescheniye, si tratta dell’attuazione del progetto «Ai bambini della Russia: recapito – Crimea», una campagna di pubbliche relazioni destinata a convincere i bambini della Crimea di essere ormai cittadini russi che vivono in Russia, fornendo così sostegno alla politica di integrazione della Crimea nella Russia condotta dal governo russo.

108    Una tale motivazione consente di comprendere che, considerato il suo ruolo in ciascuna di tali società, sul ricorrente grava la responsabilità delle loro azioni, considerate dal Consiglio come riconducibili alle azioni oggetto del primo criterio pertinente, quelle cioè che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina.

109    In tali circostanze, la lettura della motivazione degli altri atti impugnati ha permesso al ricorrente di comprendere che il suo nome era stato mantenuto sugli elenchi in esame in virtù delle sue funzioni all’interno delle società summenzionate e delle loro attività, come confermato dal fatto che, nell’ambito del secondo motivo di ricorso, egli contesta proprio la fondatezza del ragionamento seguito dal Consiglio a tale riguardo. Del resto, dal momento che le ragioni della scelta del Consiglio sono state chiaramente indicate negli atti impugnati, il Tribunale è in grado di valutarne la fondatezza.

110    In forza della giurisprudenza richiamata supra al punto 58, si deve concludere che la motivazione degli altri atti impugnati è sufficiente e che la fondatezza di tale motivazione deve essere valutata nell’ambito dell’esame del secondo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo, vertente su errori manifesti di valutazione

111    Quanto alla parte della seconda motivazione che si trovava, in sostanza, già nella prima, il ricorrente invoca argomenti corrispondenti a quelli fatti valere nel ricorso e nella replica nei confronti degli atti di luglio 2014 (v. supra, punto 63), al contempo precisando che le sue società non hanno beneficiato di alcun favoritismo e contestando che il Consiglio possa ricorrere alla presunzione secondo la quale un uomo d’affari di successo in Russia può, per questo solo fatto, essere considerato un soggetto che trae vantaggio dai decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea o della destabilizzazione dell’Ucraina orientale.

112    Quanto al quarto comma della seconda motivazione, il ricorrente afferma che possedere Stroygazmontazh non implica che egli sia responsabile o di azioni che mettono in pericolo l’integrità territoriale dell’Ucraina o che sostenga tali azioni, poiché il progetto, affidato a tale società, di costruire un ponte tra la Russia e la Crimea era stato programmato molto prima dell’annessione di questa e non era stato deciso dalle medesime persone responsabili di tale annessione.

113    Per quanto riguarda il suo ruolo all’interno della casa editrice Prosvescheniye, cui fa riferimento il quinto comma della seconda motivazione, il ricorrente contesta che le attività di questa siano legate all’integrazione della Crimea nella Russia e afferma di non poter essere ritenuto responsabile del contenuto della pubblicazione menzionata dal Consiglio, considerate in particolare le migliaia di pubblicazioni effettuate da detta casa editrice.

114    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

115    In via preliminare, occorre rilevare che, quanto ai primi tre commi della seconda motivazione, si applicano le considerazioni esposte supra ai punti da 87 a 94, cosicché si deve concludere che il Consiglio ha commesso un errore manifesto di valutazione decidendo di mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in esame sulla base dei motivi esposti nei detti commi, in applicazione del secondo criterio pertinente.

116    Tuttavia, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, considerata la natura preventiva delle misure restrittive in esame, qualora, nel contesto del suo controllo sulla legittimità della decisione impugnata, il giudice dell’Unione concluda che almeno uno dei motivi adottati dal Consiglio nei confronti di una persona oggetto di tali misure è sufficientemente preciso e concreto, che è dimostrato e che di per sé costituisce un fondamento adeguato per giustificare la loro adozione o il loro mantenimento, la circostanza che altri di questi motivi non lo siano non basterà per giustificare l’annullamento degli atti che contengono tali misure (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 maggio 2015, Ternavsky/Consiglio, T‑163/12, non pubblicata, EU:T:2015:271, punto 124 e giurisprudenza ivi citata).

117    Occorre, pertanto, verificare se il quarto o il quinto comma della seconda motivazione siano basati su elementi di prova sufficienti e permettano dunque di giustificare, in applicazione del primo o del secondo criterio pertinente, il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi in esame.

118    Si ricordi, che il quarto comma della seconda motivazione afferma quanto segue:

«[Il ricorrente] è inoltre proprietario della società Stroygazmontazh, cui è stato aggiudicato un appalto pubblico per la costruzione di un ponte dalla Russia alla Repubblica autonoma di Crimea illegalmente annessa, consolidando in tal modo la sua integrazione nella Federazione russa, il che compromette ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina».

119    Come sottolinea il Consiglio, il ricorrente non contesta la correttezza degli elementi di fatto menzionati in tale comma. Egli non nega neppure di essere proprietario di Stroygazmontazh, né che tale società si sia aggiudicata un appalto pubblico per la costruzione di un ponte tra la Russia e la Crimea. In ogni caso, le prove prodotte dal Consiglio, anteriori all’adozione degli atti del marzo 2015, dimostrano tali constatazioni.

120    Per contro, il ricorrente contesta la conclusione di cui al quarto comma della seconda motivazione, secondo cui la costruzione del ponte di cui trattasi consolida l’integrazione della Crimea nella Federazione russa e compromette quindi ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina.

121    A tal proposito, occorre osservare, come sottolinea il Consiglio, che attualmente è impossibile raggiungere direttamente la Crimea dalla Russia per via terrestre, mentre il ponte consentirà tale accesso diretto e agevolerà gli scambi tra la Russia e la Crimea, non soltanto nel settore dei beni e dei servizi, ma anche dal punto di vista militare. Ne consegue che il Consiglio poteva correttamente considerare che, vista l’evoluzione politica e militare nella regione, caratterizzata da azioni della Russia che hanno portato allo svolgimento di un presunto referendum sullo status della Crimea, e poi al riconoscimento da parte della Russia dei risultati di tale referendum e all’annessione illegale della Crimea, la costruzione del ponte di cui trattasi avrebbe consolidato l’integrazione della Crimea nella Russia, compromettendo ulteriormente l’integrità territoriale dell’Ucraina.

122    Lo scenario apertosi con tali azioni intraprese dalla Russia costituisce un mutamento rilevante che conferisce alla costruzione del ponte in causa implicazioni completamente nuove. Pertanto, è totalmente irrilevante l’argomento del ricorrente secondo cui la costruzione del ponte tra la Russia e la Crimea era già stata presa in considerazione in precedenza.

123    Ne consegue che il quarto comma della seconda motivazione costituisce un’applicazione corretta del primo criterio pertinente nei confronti del ricorrente.

124    Sebbene, in applicazione della giurisprudenza richiamata supra al punto 116, la fondatezza di uno dei motivi accolti dal Consiglio sia sufficiente per giustificare il mantenimento del ricorrente negli elenchi in esame, occorre esaminare, ad abundantiam, anche gli argomenti di quest’ultimo relativi al motivo enunciato al quinto comma della seconda motivazione.

125    Detto comma così recita:

«[Il ricorrente] È presidente del consiglio d’amministrazione della casa editrice Provescheniye, che ha in particolare realizzato il progetto “Ai bambini della Russia: recapito – Crimea”, una campagna di pubbliche relazioni destinata a convincere i bambini della Crimea di essere ormai cittadini russi che vivono in Russia, fornendo così sostegno alla politica di integrazione della Crimea in Russia condotta dal governo russo».

126    Il ricorrente non contesta di essere il presidente di tale casa editrice ma afferma, da una parte, che le attività di tale casa editrice non implicano che egli sostenga l’integrazione della Crimea nella Russia e, dall’altra, che egli non ha avuto alcun ruolo a questo proposito.

127    Orbene, in primo luogo, si deve osservare che, come sottolinea correttamente il Consiglio, l’esistenza di tale progetto e la sua vasta portata, che ha registrato una produzione di più di 2,5 milioni di libri, sono dimostrate da vari documenti di fonte pubblica, provenienti in particolare dal sito Internet del Consiglio pubblico del ministero dell’Educazione e delle Scienze del sedicente governo della Crimea e ugualmente dal proprio sito Internet di Prosvescheniye, nonché da una dichiarazione della società di pubbliche relazioni AGT Communications, che ha partecipato alla campagna in causa. A tal proposito, si deve rilevare come il Consiglio disponesse di tali documenti prima di adottare gli atti del marzo 2015, come risulta dalla lettera del 19 dicembre 2014 (v. supra, punto 14).

128    Il progetto di cui trattasi, come esprime il suo stesso titolo (Ai bambini della Russia: recapito – Crimea), consiste in una campagna di pubbliche relazioni destinata a convincere i bambini della Crimea di essere ormai cittadini russi che vivono in Russia. Essa fornisce così sostegno alla politica di integrazione della Crimea nella Russia condotta dal governo russo.

129    In particolare, risulta dai documenti prodotti dal Consiglio che, secondo il citato ministero dell’Educazione e delle Scienze, il progetto di cui trattasi è stato attuato «a seguito dell’ordine emesso dal presidente della Russia» e «nel quadro dell’allineamento della Crimea e Sebastopoli alle norme scolastiche russe». Allo stesso modo, il Consiglio si è basato su un documento della società di pubbliche relazioni AGT Communications, che ha partecipato alla campagna in esame, da cui risulta che i manuali prodotti da Prosvescheniye erano stati consegnati «nel quadro dell’allineamento del sistema scolastico della Crimea alle norme russe» e che la campagna prevedeva «concorsi di disegno per bambini sul tema “Noi viviamo in Russia”».

130    Pertanto, il primo argomento del ricorrente dev’essere respinto.

131    In secondo luogo, si deve osservare che il ricorrente, in quanto presidente del consiglio di amministrazione di Prosvescheniye, non poteva ragionevolmente ignorare la linea editoriale delle pubblicazioni della casa editrice che dirigeva. A tal proposito, occorre rilevare che il potere d’influenza e la responsabilità che si suppone derivino da siffatta funzione comportano necessariamente una partecipazione del ricorrente alla campagna condotta da tale società (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punti 58 e 59). Pertanto, il Consiglio poteva correttamente ritenere che il ricorrente a tale titolo soddisfacesse il primo criterio pertinente.

132    Pertanto, il secondo argomento del ricorrente dev’essere anch’esso respinto.

133    Ne consegue che il quinto comma della seconda motivazione costituisce anch’esso un’applicazione corretta del primo criterio pertinente alla situazione del ricorrente.

134    Date le precedenti considerazioni, occorre constatare che il secondo motivo di ricorso non è fondato per quanto riguarda il quarto e il quinto comma della seconda motivazione, mentre è fondato per quanto riguarda i primi tre commi. In tali circostanze, conformemente alla giurisprudenza ricordata supra al punto 116, il presente motivo non consente al ricorrente di ottenere l’annullamento degli altri atti impugnati.

 Sul terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di tutela dei dati

135    Il ricorrente afferma, in sostanza, che la pubblicazione da parte del Consiglio di affermazioni non dettagliate, infondate e inesatte, gravemente lesive della sua reputazione, che attesterebbero il suo coinvolgimento in casi di corruzione e di attività criminali, viola i principi in materia di tutela dei dati personali, come sanciti in particolare nel regolamento n. 45/2001. Egli precisa che, nonostante il Consiglio non abbia utilizzato i termini «corruzione» o «crimine», i nuovi motivi a lui addebitati implicano da parte sua una condotta criminosa.

136    Il Consiglio, oltre a contestare gli argomenti del ricorrente nel merito, aggiunge che i dati asseritamente inesatti relativi alla partecipazione del ricorrente in Giprotransmost sono stati eliminati con l’adozione degli atti del marzo 2015. Poiché il ricorrente non ha spiegato come la sua argomentazione relativa a tale società sia trasponibile ai nuovi motivi, tale motivo di ricorso sarebbe irricevibile.

137    In primo luogo, si deve accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio.

138    Infatti, il ricorrente non spiega come la sua argomentazione su Giprotransmost sia applicabile agli altri atti impugnati, i quali non menzionano tale società. Pertanto, le condizioni previste dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, che coincidono, in sostanza, con quelle risultanti dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, non sono soddisfatte.

139    A tal proposito, occorre ricordare che, in applicazione di tali disposizioni, a pena d’irricevibilità, i motivi e gli argomenti invocati a sostegno di una domanda di adattamento del ricorso devono essere esposti in maniera sufficientemente chiara e precisa, per permettere al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire su tale domanda (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 giugno 2013, Versalis/Commissione, C‑511/11 P, EU:C:2013:386, punto 115, e del 13 settembre 2013, Anbouba/Consiglio, T‑592/11, non pubblicata, EU:T:2013:427, punto 72).

140    In secondo luogo e in ogni caso, tale motivo è inconferente. Infatti, anche supponendo che il Consiglio abbia trattato dati personali relativi alla partecipazione del ricorrente in Giprotransmost in modo non conforme al regolamento n. 45/2001, tale circostanza non potrebbe portare all’annullamento degli altri atti impugnati. Per contro, il ricorrente, se riuscisse a provare l’esistenza di un tale trattamento, potrebbe invocare la violazione del detto regolamento, nell’ambito di un’azione risarcitoria.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

141    Il ricorrente addebita al Consiglio di non avergli consentito l’accesso alle prove su cui intendeva basarsi per mantenere l’inserimento del suo nome sugli elenchi in esame e di non essere stato precedentemente ascoltato a tal proposito. Egli ritiene che le affermazioni del Consiglio sul fatto che le sue società sarebbero state favorite e si sarebbero aggiudicate contratti lucrativi senza l’indizione di una gara sono emerse soltanto in corso di causa.

142    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

143    Occorre ricordare che il diritto fondamentale al rispetto dei diritti della difesa nel corso di un procedimento che precede l’adozione di una misura restrittiva è espressamente sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

144    Si deve del pari ricordare che, in base ad una giurisprudenza costante, il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri ed è sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che è stato peraltro ribadito anche dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

145    Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, l’efficacia del controllo giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto segnatamente la legittimità dei motivi su cui si è basata un’autorità dell’Unione per l’inserimento del nome di una persona o di un’entità negli elenchi dei destinatari delle misure restrittive adottate dalla suddetta autorità, implica che quest’ultima è tenuta, per quanto possibile, a comunicare tali motivi alla persona o all’entità interessata o al momento in cui tale inserimento è deciso, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

146    L’osservanza di quest’obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice dell’Unione, sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto dell’Unione in esame, a cui è tenuto ai sensi del Trattato (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

147    Orbene, conformemente agli obblighi sanciti da tale giurisprudenza, l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della decisione 2014/145 e l’articolo 14, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 269/2014 prevedono che il Consiglio trasmetta la sua decisione e i motivi dell’inserimento nell’elenco alla persona fisica o giuridica, entità o organismo interessate, o direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dandole la possibilità di presentare osservazioni. Qualora siano avanzate osservazioni o presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la propria decisione e ne informa la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo interessato.

148    Inoltre, si deve osservare, da una parte, che, come risulta dall’articolo 6, terzo comma, della decisione 2014/145, quest’ultima deve essere costantemente riesaminata e, dall’altra, che, secondo l’articolo 14, paragrafo 4, del regolamento n. 269/2014, l’elenco allegato a quest’ultimo è esaminato ad intervalli regolari e quanto meno ogni 12 mesi.

149    Nel caso di specie, occorre notare che, con gli altri atti impugnati, il nome del ricorrente è stato mantenuto negli elenchi in esame con una motivazione parzialmente diversa da quella contenuta negli atti del luglio 2014.

150    In tale contesto, occorre ricordare che, sebbene, secondo la giurisprudenza, il Consiglio non fosse tenuto a sentire il ricorrente anteriormente al suo primo inserimento, affinché le misure restrittive nei suoi confronti beneficiassero di un effetto sorpresa (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punti da 110 a 113 e giurisprudenza ivi citata), esso era tenuto in via di principio a sentirlo prima di decidere di mantenerlo sugli elenchi in esame. Tuttavia, il diritto ad essere sentiti anteriormente all’adozione di atti che mantengono misure restrittive nei confronti di persone già oggetto di tali misure deve essere necessariamente rispettato laddove il Consiglio abbia posto a carico di tali persone nuovi elementi e non qualora un tale mantenimento si fondi sugli stessi motivi che hanno giustificato l’adozione dell’atto iniziale con cui erano state imposte le misure restrittive in esame (v. in tal senso, e per analogia, sentenza del 7 aprile 2016, Central Bank of Iran/Consiglio, C‑266/16 P, EU:C:2016:208, punto 33).

151    Poiché la motivazione relativa al ricorrente negli altri atti impugnati è stata parzialmente modificata, il Consiglio era obbligato a sentirlo anteriormente all’adozione degli atti del marzo 2015.

152    A tal proposito, come è già stato osservato supra ai punti da 14 a 16, con lettera del 19 dicembre 2014, il Consiglio ha trasmesso allo studio legale che nella presente causa rappresenta il ricorrente il nuovo progetto di motivazione che intendeva adottare per il mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti, fissandogli un termine per la presentazione di osservazioni.

153    Tale progetto di motivazione (v. supra, punto 14), salvo il quarto comma, coincideva in sostanza con la seconda motivazione, accolta negli atti del marzo 2015. Detto comma, per contro, menzionava il fatto che il ricorrente fosse l’effettivo proprietario di Volgomost che, a sua volta, controllava Giprotransmost. Quanto a quest’ultima società, venivano riprese le considerazioni esposte negli atti del luglio 2014.

154    Il 14 gennaio 2015, il ricorrente ha sottoposto al Consiglio osservazioni relative in particolare a detto progetto di motivazione. In tale occasione, il ricorrente ha sostenuto che i motivi erano vaghi e non pertinenti alla luce dei criteri previsti affinché una persona possa essere oggetto di misure restrittive. In particolare, da una parte, egli ha negato di essere l’effettivo proprietario di Volgomost contestando le prove che il Consiglio invocava a tale riguardo e, dall’altra, ha contestato che il suo ruolo all’interno di Prosvescheniye potesse giustificare il suo mantenimento negli elenchi in esame.

155    Con lettera del 13 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di mantenere il suo nome negli elenchi in esame, sulla base della seconda motivazione, la quale faceva seguito alle osservazioni che quest’ultimo aveva presentato. Il Consiglio ha anche allegato alla sua lettera alcuni documenti giustificativi pubblici e ha invitato il ricorrente a pronunciarsi, entro il 26 febbraio 2015, su tale nuova motivazione.

156    Il ricorrente non ha risposto a tale invito.

157    Dai fatti come sopra richiamati si può concludere che il Consiglio ha adempiuto gli obblighi previsti dalla giurisprudenza relativi al rispetto dei diritti della difesa del ricorrente nel corso del procedimento che ha portato all’adozione degli atti del marzo 2015.

158    Inoltre, occorre osservare che, se è vero che il Consiglio aveva oramai a disposizione l’indirizzo del ricorrente, che figurava nell’atto introduttivo del presente ricorso, il fatto che il Consiglio si sia rivolto ai suoi avvocati non ha determinato la violazione dei diritti della difesa.

159    Infatti, il ricorrente non fa neppure valere che la scelta del Consiglio di comunicare i progetti della nuova motivazione da adottare nei suoi confronti ai suoi avvocati abbia comportato una violazione dei suoi diritti che giustifichi l’annullamento degli atti del marzo 2015 nella parte che lo riguardano (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 122 e giurisprudenza ivi citata).

160    Quanto all’argomento del ricorrente secondo cui solamente nel corso del procedimento giurisdizionale il Consiglio ha menzionato il favoritismo di cui le sue società avrebbero beneficiato e la mancanza di gare di appalto per i contratti pubblici che le sue società si sono aggiudicate, occorre osservare che i progetti di motivazione ricevuti dal ricorrente si riferiscono alla circostanza secondo cui egli sarebbe stato favorito nell’aggiudicazione di tali contratti, in virtù dei suoi rapporti con i decisori russi. D’altronde, il ricorrente, nella sua lettera del 14 gennaio 2015, ha contestato di essere stato favorito. Pertanto, egli non può a tal proposito invocare una violazione dei suoi diritti della difesa.

161    Quanto agli atti del settembre 2015 e del marzo 2016, a parte il fatto che il ricorrente non fa valere argomenti specifici, è sufficiente notare che la motivazione adottata dal Consiglio non ha subito modifiche, cosicché quest’ultimo non era obbligato a sentirlo in via preliminare, in virtù della giurisprudenza richiamata supra al punto 150.

162    Infine, quanto al fatto, parimenti invocato dal ricorrente, che il Consiglio non gli abbia concesso un’audizione, occorre rilevare che né la normativa di riferimento né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono agli interessati il diritto ad una siffatta audizione (v. sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

163    Di conseguenza, si deve respingere il quarto motivo di ricorso nella parte in cui sostiene le conclusioni volte all’annullamento degli altri atti impugnati.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione, senza giustificazione o proporzione, dei diritti fondamentali, ivi compreso il diritto di proprietà, il diritto alla vita privata e la libertà d’impresa

164    Il ricorrente afferma che l’inserimento e il mantenimento del suo nome negli elenchi in esame costituiscono una limitazione ingiustificata e sproporzionata dei suoi diritti fondamentali, tra i quali figurano, in particolare, il diritto di proprietà, il diritto alla vita privata e la libertà d’impresa. Egli aggiunge che il Consiglio non ha spiegato come il mantenimento di misure restrittive nei suoi confronti possa esercitare una pressione sui decisori russi responsabili dell’annessione della Crimea.

165    Il Consiglio contesta gli argomenti del ricorrente.

166    Occorre ricordare che il diritto di proprietà fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione ed è sancito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali. Quanto al diritto al rispetto della vita privata, esso è riconosciuto all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali. Allo stesso modo, la libertà d’impresa è sancita dall’articolo 16 di tale Carta.

167    Nel caso di specie, le misure restrittive che colpiscono in particolare il ricorrente costituiscono misure cautelari, non intese a privare tali persone della loro proprietà, del diritto al rispetto della loro vita privata o della loro libertà di impresa. Tuttavia, le misure in esame implicano incontestabilmente una restrizione dell’esercizio del diritto di proprietà e pregiudicano la vita privata e la libertà di impresa del ricorrente (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

168    Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, tali diritti fondamentali non fruiscono, nel diritto dell’Unione, di una tutela assoluta, ma vanno considerati in relazione alla loro funzione nella società (v. sentenza del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 113 e giurisprudenza ivi citata).

169    A tal proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, da una parte, «[e]ventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla (…) Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà» e, dall’altra, «[n]el rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui».

170    Pertanto, per essere conforme al diritto dell’Unione, una limitazione all’esercizio dei diritti fondamentali in esame deve rispondere ad una triplice condizione (sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 197).

171    In primo luogo, la limitazione deve essere prevista dalla legge. In altri termini, la misura in questione deve avere un fondamento normativo (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 198 e giurisprudenza ivi citata).

172    In secondo luogo, la limitazione deve perseguire un obiettivo di interesse generale, riconosciuto come tale dall’Unione (sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 199).

173    In terzo luogo, la limitazione non deve essere eccessiva. Da un lato, essa deve essere necessaria e proporzionata allo scopo perseguito. Dall’altro, il «contenuto essenziale», ossia la sostanza, del diritto o della libertà in questione non deve essere leso (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 200 e giurisprudenza ivi citata).

174    Nel caso di specie, tali tre criteri sono soddisfatti.

175    Infatti, in primo luogo, le misure restrittive in esame disposte nei confronti del ricorrente dagli altri atti impugnati sono «previste dalla legge», poiché sono enunciate in atti che rivestono segnatamente una portata generale e dispongono di una base giuridica chiara nel diritto dell’Unione nonché di una motivazione sufficiente per quel che riguarda sia la portata che le ragioni che ne giustificano l’applicazione al ricorrente (v. supra, punti da 103 a 110) (v., per analogia, sentenza del 5 novembre 2014, Mayaleh/Consiglio, T‑307/12 e T‑408/13, EU:T:2014:926, punto 176 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, nel corso dell’esame del secondo motivo di ricorso, è stato stabilito che tale motivazione, nonostante taluni errori, consentiva di concludere che il Consiglio poteva legittimamente mantenere il nome del ricorrente negli elenchi in esame (v. supra, punti da 115 a 134).

176    In secondo luogo, le misure restrittive in esame mirano a esercitare pressione sulle autorità russe affinché pongano fine alle loro azioni e alle loro politiche di destabilizzazione dell’Ucraina. Orbene, si tratta di un obiettivo che rientra tra quelli perseguiti nel quadro della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e previsti all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b) e c), TUE, quali il consolidamento e il sostegno della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell’uomo e dei principi di diritto internazionale nonché la preservazione della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale e della protezione delle popolazioni civili.

177    A tal proposito, occorre sottolineare che, il 27 marzo 2014, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 68/262, intitolata «Integrità territoriale dell’Ucraina», con la quale ha ricordato l’obbligo incombente su tutti gli Stati, ai sensi dell’articolo 2 della carta delle Nazioni Unite, di astenersi, nelle loro relazioni internazionali, dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di ogni Stato, e di risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici. Essa ha espresso apprezzamento per gli sforzi incessanti in particolare dispiegati da organizzazioni internazionali e regionali per ridurre le tensioni in Ucraina. Nel testo di tale risoluzione, l’Assemblea generale ha in particolare riaffermato l’importanza della sovranità, dell’indipendenza politica, dell’unita e dell’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ha esortato tutte le parti ad affrontare, con mezzi pacifici, la situazione in Ucraina, a dare prova di moderazione, ad evitare ogni atto unilaterale e ogni dichiarazione incendiaria in grado di accrescere le tensioni e a partecipare in pieno agli sforzi internazionali di mediazione.

178    In terzo luogo, si deve ricordare che il principio di proporzionalità, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Pertanto, qualora debba scegliere tra più misure appropriate, l’istituzione deve ricorrere a quella meno restrittiva e gli inconvenienti cagionati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

179    A tal proposito, la giurisprudenza precisa che, per quanto riguarda il controllo giurisdizionale del rispetto del principio di proporzionalità, si deve riconoscere un ampio potere discrezionale al legislatore dell’Unione nei settori che richiedono da parte di quest’ultimo scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto ai quali esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Pertanto, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tali settori, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (v. sentenza del 28 novembre 2013, Consiglio/Manufacturing Support & Procurement Kala Naft, C‑348/12 P, EU:C:2013:776, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

180    Nel caso di specie, data l’importanza degli obiettivi perseguiti dalle misure restrittive in esame, le conseguenze negative che risultano dalla loro applicazione al ricorrente non sono manifestamente sproporzionate (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 71, e del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 116).

181    Ciò vale a maggior ragione ove si consideri che, nell’ambito dell’esame del secondo motivo di ricorso, è stato accertato che le misure restrittive nei confronti del ricorrente erano state mantenute con gli altri atti impugnati, in quanto la sua situazione permetteva di considerare che egli soddisfacesse i requisiti per l’applicazione del primo criterio pertinente, poiché era tra le persone responsabili di politiche e di azioni che compromettevano o minacciavano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, o la stabilità o la sicurezza in Ucraina.

182    Con riferimento alla necessità delle misure restrittive in esame, è d’uopo constatare che misure alternative e meno vincolanti, quali un sistema di previa autorizzazione o un obbligo di giustificazione a posteriori dell’uso dei capitali versati, non consentono di raggiungere altrettanto efficacemente gli scopi perseguiti, ossia l’esercizio di una pressione sui decisori russi responsabili della situazione in Ucraina, in particolare alla luce della possibilità di eludere le restrizioni imposte (v., per analogia, sentenza del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 117 e giurisprudenza ivi citata).

183    Inoltre, si deve ricordare che l’articolo 2, paragrafi 3 e 4, della decisione 2014/145 e l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 269/2014 prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare bisogni fondamentali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di scongelare capitali, altri proventi finanziari o altre risorse economiche.

184    Allo stesso modo, conformemente all’articolo 1, paragrafo 6, della decisione 2014/145, l’autorità competente di uno Stato membro può autorizzare l’ingresso delle persone indicate nel suo territorio, in particolare per ragioni umanitarie urgenti.

185    Infine, la presenza del nome del ricorrente negli elenchi in esame non può essere qualificata come sproporzionata a causa di un asserito carattere potenzialmente illimitato. Tali elenchi, infatti, sono oggetto di un riesame periodico diretto a garantire che le persone e le entità che non rispondono più ai criteri per comparirvi ne siano cancellate (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 12 marzo 2014, Al Assad/Consiglio, T‑202/12, EU:T:2014:113, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

186    Ne consegue che le restrizioni ai diritti fondamentali del ricorrente derivanti della misure restrittive in esame non sono sproporzionate e non possono comportare l’annullamento degli altri atti impugnati.

187    Il presente motivo di ricorso dev’essere pertanto respinto.

188    Alla luce di tutte le considerazioni precedenti, occorre annullare gli atti del luglio 2014, nella parte in cui riguardano il ricorrente, e respingere il ricorso per il resto. In tali circostanze non è necessario statuire sul capo delle conclusioni presentato dal Consiglio in via subordinata (v. supra, punto 42, ultimo trattino), poiché non occorre annullare il regolamento di esecuzione 2016/353 nella parte che riguarda il ricorrente.

 Sulle spese

189    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Nel caso di specie, le conclusioni del ricorrente devono essere accolte nella parte che riguarda l’annullamento degli atti del luglio 2014, mentre devono essere respinte per quanto riguarda gli altri atti impugnati, cosicché si deve disporre che ogni parte sopporta le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione 2014/145/PESC del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, cosi come modificata dalla decisone 2014/508/PESC del Consiglio, del 30 luglio 2014, e il regolamento (UE) n. 269/2014 del Consiglio, del 17 marzo 2014, concernente misure restrittive relative ad azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, come attuato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 826/2014 del Consiglio, del 30 luglio 2014, sono annullati, nella parte in cui riguardano il sig. Arkady Romanovich Rotenberg.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Berardis

Tomljenović

Spielmann

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 novembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.