Language of document : ECLI:EU:T:2012:13

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

18 gennaio 2012 (*)

«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario figurativo BASmALI — Marchio anteriore non registrato e segno anteriore BASMATI — Impedimento relativo alla registrazione — Articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 207/2009]»

Nella causa T‑304/09,

Tilda Riceland Private Ltd, con sede in Gurgaon (India), rappresentata da S. Malynicz, barrister, N. Urwin e D. Sills, solicitors,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da P. Geroulakos, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Siam Grains Co. Ltd, con sede in Bangkok (Thailandia), rappresentata da C. Thomas‑Raquin, avvocato

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 19 marzo 2009 (procedimento R 513/2008‑1), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Tilda Riceland Private Ltd e la Siam Grains Co. Ltd,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dai sigg. N.J. Forwood, presidente, F. Dehousse (relatore) e A. Popescu, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Heeren, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2009,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 gennaio 2010,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2009,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2010,

vista la controreplica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 7 luglio 2010,

visti i quesiti scritti del Tribunale alle parti,

viste le osservazioni depositate dalle parti presso la cancelleria del Tribunale l’11, il 13 e il 14 luglio 2011,

in seguito all’udienza del 7 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 4 novembre 2003 l’interveniente, Siam Grains Co. Ltd, presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        Il prodotto per il quale veniva richiesta la registrazione appartiene alla classe 30 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrisponde alla seguente descrizione: «Riso lungo».

4        La domanda di marchio comunitario veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 37/2004 del 13 settembre 2004.

5        Il 10 dicembre 2004 la United Riceland Private Ltd (divenuta Tilda Riceland Private Ltd; in prosieguo: la «ricorrente») presentava opposizione ex articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009) alla registrazione del marchio richiesto per il prodotto indicato al punto 3 supra.

6        L’opposizione si basava sul marchio anteriore non registrato o sul segno anteriore BASMATI, utilizzato nella normale prassi commerciale per il riso.

7        L’impedimento dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009). La ricorrente faceva in particolare valere che essa, ai sensi della normativa applicabile nel Regno Unito, poteva impedire l’uso del marchio richiesto mediante l’azione per abuso di denominazione (action for passing off).

8        Il 28 gennaio 2008 la divisione di opposizione respingeva integralmente l’opposizione. Essa rilevava, in particolare, che la ricorrente non aveva presentato documenti che descrivessero le modalità di commercializzazione del riso esportato dalla medesima verso il Regno Unito. Pertanto, la ricorrente non avrebbe adeguatamente provato di aver acquisito il «goodwill» necessario per ottenere il riconoscimento delle sue ragioni, in base alla normativa sull’abuso di denominazione applicabile nel Regno Unito.

9        Il 20 marzo 2008 la ricorrente proponeva un ricorso presso l’UAMI, ai sensi degli articoli 57‑62 del regolamento n. 40/94 (divenuti articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009), avverso la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione del 19 marzo 2009 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso. Essa dichiarava, in sostanza, che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, l’opponente doveva dimostrare di essere titolare del diritto posto a fondamento dell’opposizione. Orbene, nel caso di specie, la ricorrente non avrebbe dimostrato di essere titolare del diritto invocato. In particolare, la commissione di ricorso affermava che il termine «basmati» non era un marchio o un segno tutelato da diritti di proprietà, ma la mera designazione corrente di una varietà di riso. Il termine «basmati» sarebbe generico. Peraltro, la commissione di ricorso sottolineava che la proprietà tutelata dall’azione per abuso di denominazione non si riferiva al segno in esame, ma al «goodwill». La commissione di ricorso concludeva che la ricorrente non aveva dimostrato di essere proprietaria del segno «basmati» e che, pertanto, l’opposizione non soddisfaceva la condizione — prevista dal regolamento n. 40/94 — relativa all’esistenza di un diritto di proprietà.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese.

12      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

13      La ricorrente deduce, in sostanza, un unico motivo vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, motivo suddiviso in quattro censure. In primo luogo, la commissione di ricorso, basandosi su un’interpretazione esclusivamente letterale dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, avrebbe erroneamente tentato di imporre una «nozione comunitaria di “proprietà”» del marchio o del segno anteriore invocato. In secondo luogo, la commissione di ricorso sarebbe incorsa in errore nell’operare una distinzione tra la forma «estensiva» dell’azione per abuso di denominazione del Regno Unito, sulla quale si basava l’opposizione, e l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, che, secondo la commissione di ricorso, dovrebbe riferirsi ad un diritto esclusivo appartenente ad un solo operatore. In terzo luogo, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha commesso un errore in quanto ha preteso che l’opponente fornisse la prova della proprietà del segno anteriore, oltre a dimostrare la proprietà di un diritto immateriale. In quarto luogo, la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore concludendo che il termine «basmati» era generico.

14      L’UAMI sostiene, quanto alla prima e alla quarta censura dedotte dalla ricorrente, che i segni cui fa riferimento l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 devono rispondere a «criteri europei uniformi». La commissione di ricorso avrebbe giustamente ritenuto che il termine «basmati», utilizzato con riferimento al riso, non costituisse un diritto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94. Non sarebbe pertanto stato necessario applicare il diritto nazionale invocato a sostegno dell’opposizione. In particolare, il segno BASMATI non consentirebbe di adempiere la funzione essenziale di un marchio, consistente nell’identificare l’origine dei prodotti da esso contraddistinti. Quanto alla seconda e alla terza censura formulate dalla ricorrente, l’UAMI indica che la commissione di ricorso, avendo concluso che il termine «basmati» non costituiva un diritto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, poteva fondatamente respingere il ricorso sulla base di tale rilievo, senza che fosse necessario esaminare le condizioni poste dal diritto nazionale.

15      L’interveniente indica che la condizione secondo cui l’opponente deve essere titolare di un segno costituisce una «condizione indipendente», da interpretarsi indipendentemente dalle condizioni richieste dal diritto nazionale. Essa sostiene che la sua lettura dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 non osta alle opposizioni fondate sull’azione per abuso di denominazione, dal momento che l’opponente invoca un segno utilizzato da essa sola nel mercato e che le consente, grazie alla notorietà dalla stessa acquisita presso i propri clienti, di distinguere i suoi prodotti o le sue attività da quelli delle altre imprese. Infine, l’interveniente ricorda che il segno BASMATI è una designazione generica per una varietà di riso e non costituisce un segno idoneo a distinguere i prodotti di un’impresa da quelli delle altre. La commissione di ricorso avrebbe quindi semplicemente dedotto dalla natura generica del segno BASMATI che la ricorrente non era «titolare» di detto segno.

16      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, il titolare di un marchio non registrato o di un altro contrassegno utilizzato nella normale prassi commerciale e di portata non puramente locale può proporre opposizione alla registrazione di un marchio comunitario se e nella misura in cui, conformemente alla legislazione dello Stato membro applicabile, da una parte, sono stati acquisiti diritti a detto contrassegno prima della data di presentazione della domanda di marchio comunitario, o della data di decorrenza del diritto di priorità invocato per la presentazione della domanda di marchio comunitario e, dall’altra, questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo.

17      Ne consegue che una delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 è che l’opponente dimostri di essere titolare del segno su cui si fonda la sua opposizione. Tale condizione implica che l’opponente dimostri l’acquisizione di diritti su detto segno [v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 28 ottobre 2009, BCS/UAMI‑Deere (Combinazione dei colori verde e giallo), T‑137/08, Racc. pag. II‑4047, punto 73, e 22 giugno 2010, Montero Padilla/UAMI — Padilla Requena (JOSE PADILLA), T‑255/08, Racc. pag. II‑2551, punto 63]. Tali diritti devono consentire, secondo l’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, di vietare l’uso di un marchio successivo.

18      Peraltro, dal momento che la ricorrente richiama, a sostegno della sua opposizione, l’azione per abuso di denominazione prevista dal diritto del Regno Unito, occorre ricordare che la legislazione dello Stato membro applicabile, nel caso di specie, è il Trade Marks Act, 1994 (legge del Regno Unito sui marchi), il cui articolo 5, paragrafo 4, dispone segnatamente quanto segue:

«Un marchio non può essere registrato se, o nei limiti in cui, il suo uso nel Regno Unito può essere impedito:

a)      in virtù di qualunque norma giuridica [e segnatamente della disciplina in materia di abuso di denominazione (law of passing off)] che tutela un marchio non registrato o qualsivoglia altro segno utilizzato nella normale prassi commerciale (…)».

19      Da tale testo, nell’interpretazione datane dai giudici nazionali, risulta che l’opponente deve dimostrare, conformemente al regime giuridico dell’azione per abuso di denominazione prevista dal diritto del Regno Unito, la sussistenza di tre condizioni, vale a dire il goodwill acquisito (ossia la forza di attrazione della clientela), la presentazione ingannevole ed il pregiudizio causato al goodwill [v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 9 dicembre 2010, Tresplain Investments/UAMI — Hoo Hing (Golden Elephant Brand), T‑303/08, Racc. pag. II‑5659, punti 93 e 101 e le decisioni dei giudici nazionali citate].

20      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha respinto l’opposizione per il solo motivo che la ricorrente non avrebbe fornito la prova di essere titolare del segno posto a fondamento dell’opposizione. La commissione di ricorso ha così statuito che «il ricorso [era] infondato», che «[l’]opponente non [era] titolare del segno su cui si fonda[va] la sua opposizione» e che «[l]e motivazioni [erano] esposte in prosieguo» (punto 14 della decisione impugnata). Al termine del suo ragionamento, la commissione di ricorso ha concluso che, «poiché [l’]opponente non [aveva] fornito la prova di essere proprietaria, come da essa asserito, del nome [“]Basmati[”], l’opposizione proposta ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del [regolamento n. 40/94] non [era] fondata e il ricorso [doveva] essere respinto» (punto 29 della decisione impugnata). Per giungere a tale conclusione, la commissione di ricorso ha considerato che il segno controverso non costituiva un marchio, in particolare in quanto esso era generico e poiché la «proprietà» invocata dalla ricorrente atteneva solamente al goodwill. La commissione di ricorso non ha tuttavia respinto l’opposizione con la motivazione che il segno controverso, in quanto tale, non poteva essere posto a fondamento di un’opposizione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94. In particolare, dalla decisione impugnata non emerge che la commissione di ricorso avrebbe ritenuto che il termine «basmati», utilizzato con riferimento al riso, «non costitui[sse] un diritto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del [regolamento n. 40/94]», come indicato dall’UAMI nelle sue memorie. Gli argomenti dedotti dall’UAMI e dall’interveniente, volti a sostenere che il segno in esame non rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, sono quindi inoperanti.

21      In primo luogo, sebbene la decisione impugnata sia equivoca a tale riguardo, la commissione di ricorso sembra aver affermato che la ricorrente doveva fornire la prova di avere formalmente la «proprietà» del segno su cui si fondava l’opposizione. Orbene, come ricordato al punto 17 supra, la condizione secondo cui l’opponente deve essere titolare del segno invocato implica la prova dell’acquisizione di diritti sul segno medesimo. L’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 non precisa in che forma debba avvenire l’acquisizione di simili diritti. L’approccio apparentemente restrittivo adottato dalla commissione di ricorso è d’altronde in contraddizione con il fatto, menzionato dall’UAMI nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, che i segni di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 sono più spesso oggetto di uso che di registrazione.

22      In secondo luogo, occorre considerare che l’accertamento dell’avvenuta acquisizione, da parte di un opponente, di diritti su un marchio non registrato o su un segno utilizzato nella normale prassi commerciale — e dunque della sua titolarità del segno invocato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94 — non può prescindere dal diritto nazionale invocato a sostegno dell’opposizione. Infatti, il diritto nazionale applicabile interviene in particolare, in tale contesto, per definire le modalità di acquisizione dei diritti sul segno posto a fondamento di un’opposizione proposta ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94.

23      La stessa commissione di ricorso, del resto, ha fatto espresso rinvio — al punto 24 della decisione impugnata — al diritto nazionale per dichiarare che la proprietà connessa all’azione per abuso di denominazione atteneva solamente al goodwill. Si deve inoltre rilevare che l’UAMI ha pubblicato, in allegato alle direttive relative ai procedimenti dinanzi all’UAMI [parte C, intitolata «Opposizione», capo 4, rubricato «Diritti non registrati (articolo 8, par. 4, [del regolamento n. 40/94])»], un elenco dei «diritti nazionali che costituiscono “diritti anteriori” ai sensi dell’[articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94]». Tale allegato precisa la natura dei «diritti nazionali» interessati nonché le loro modalità di acquisizione. Esso fa riferimento in tal senso, nel caso del Regno Unito, ai marchi non registrati ed ai segni utilizzati nella normale prassi commerciale «tutelat[i] da una qualsiasi norma di legge, inclusa quella [sull’azione per abuso di denominazione] (passing-off)».

24      Gli argomenti dell’UAMI relativi all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 53, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009) non possono modificare tale conclusione. Infatti, anche assumendo che non tutti i diritti anteriori possano essere invocati ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, come sostenuto dall’UAMI, ciò tuttavia non significa, da un lato, che il segno controverso sia escluso a priori dai segni rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione — circostanza non riconosciuta dalla commissione di ricorso — e, dall’altro, che il diritto nazionale non sia rilevante nel caso di specie per determinare le modalità di acquisizione di diritti sul segno invocato.

25      In terzo luogo, occorre sottolineare che l’articolo 5, paragrafo 4, del Trade Marks Act, 1994, precisa altresì, al suo secondo comma, che un soggetto legittimato ad impedire l’uso di un marchio deve essere considerato «titolare di un diritto anteriore». Ne consegue che, secondo il diritto applicabile nel Regno Unito, nell’ambito di un’azione per abuso di denominazione, la qualità di titolare di un diritto anteriore non può essere definita in maniera autonoma, come in sostanza fatto dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, senza tenere conto della capacità dell’opponente di impedire l’uso di un marchio.

26      Il fatto che la proprietà tutelata dall’azione per abuso di denominazione non riguardi una parola o un nome il cui uso da parte dei terzi sia limitato, ma la clientela stessa che viene pregiudicata dall’uso controverso [sentenza del Tribunale dell’11 giugno 2009, Last Minute Network/UAMI — Last Minute Tour (LAST MINUTE TOUR), T‑114/07 e T‑115/07, Racc. pag. II‑1919, punto 61], come indicato dalla commissione di ricorso, in sostanza, al punto 24 della decisione impugnata, non può modificare tale conclusione. Infatti, la circostanza che all’opponente possa essere formalmente ricondotta soltanto la clientela che viene pregiudicata non significa, tuttavia, che egli non abbia acquisito diritti sul segno invocato, diritti che gli consentono di impedire, eventualmente, l’uso di un marchio successivo. A tale riguardo, si deve sottolineare che, nell’ambito dell’azione per abuso di denominazione, è il segno utilizzato per designare beni o servizi ad acquisire notorietà sul mercato (v., in tal senso, sentenza LAST MINUTE TOUR, cit., punto 84). Peraltro, è l’uso del segno interessato a consentire ad una persona fisica o giuridica di essere «titolare di un diritto anteriore», ai sensi del diritto applicabile nel Regno Unito.

27      Quanto al fatto, rilevato dall’interveniente in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, che l’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, del Trade Marks Act, 1994 non è stato menzionato dalla ricorrente nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, è sufficiente rilevare che l’azione per abuso di denominazione prevista dal diritto del Regno Unito era posta a fondamento dell’opposizione depositata dalla ricorrente dinanzi all’UAMI. A tale titolo, il diritto applicabile nel Regno Unito costituiva parte integrante della controversia sottoposta alla commissione di ricorso. Esso faceva dunque parte delle circostanze di fatto e di diritto alla luce delle quali il Tribunale deve esercitare il suo sindacato.

28      In quarto luogo, il fatto che la ricorrente abbia potuto, nei motivi a sostegno della sua opposizione, associare il termine «marchio» al segno invocato, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 19 della decisione impugnata, non può prescindere dal fatto che l’opposizione si basava, in particolare, su un segno usato nella normale prassi commerciale, oltre al fatto che tale circostanza può derivare dall’invocazione di un marchio non registrato a sostegno dell’opposizione. La commissione di ricorso ha del resto rilevato tale impedimento alla registrazione al punto 16 della decisione impugnata. In tale contesto, occorre considerare che la circostanza menzionata dalla commissione di ricorso, secondo cui il segno BASMATI non costituirebbe un marchio, non comporta tuttavia che la ricorrente non abbia acquisito diritti su tale segno, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 40/94, letto alla luce del diritto nazionale applicabile nella fattispecie. Più in particolare, quanto all’affermazione della commissione di ricorso secondo cui il termine «basmati» sarebbe generico, dalla giurisprudenza nazionale risulta che un segno utilizzato per designare beni o servizi può aver acquisito una notorietà sul mercato, ai sensi del diritto applicabile all’azione per abuso di denominazione, sebbene esso presentasse in origine un carattere descrittivo o fosse privo di carattere distintivo (sentenza LAST MINUTE TOUR, punto 26 supra, punto 84). Peraltro, dalla giurisprudenza nazionale emerge che un segno utilizzato per designare beni o servizi può avere acquisito una notorietà sul mercato, ai sensi del diritto applicabile all’azione per abuso di denominazione, sebbene esso sia utilizzato da più operatori nell’ambito della loro attività commerciale (Chocosuisse Union des fabricants suisses de chocolat & Ors v Cadbury Ltd. [1999] EWCA Civ 856). Tale forma, definita «estensiva», dell’azione per abuso di denominazione, riconosciuta dalla giurisprudenza nazionale, permette quindi a più operatori di disporre di diritti su un segno che ha acquisito notorietà sul mercato. La circostanza dedotta dalla commissione di ricorso, quand’anche sussistente, non è pertanto idonea, alla luce del diritto nazionale applicabile, a infirmare il fatto che l’opponente potrebbe aver acquisito diritti sul segno invocato.

29      Dall’insieme di tali considerazioni risulta che la commissione di ricorso ha commesso un errore nel respingere l’opposizione sulla base del rilievo che la ricorrente non avrebbe dimostrato di essere titolare del segno controverso, senza analizzare precisamente se la ricorrente avesse acquisito diritti sul suddetto segno in applicazione del diritto del Regno Unito.

30      Occorre, pertanto, accogliere il motivo unico dedotto dalla ricorrente e annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

31      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Quando vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

32      Nel caso di specie, l’UAMI e l’interveniente sono risultate soccombenti. Peraltro, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’UAMI e dell’interveniente alle spese.

33      Di conseguenza, l’UAMI dev’essere condannato a sopportare le proprie spese nonché due terzi delle spese sostenute dalla ricorrente e l’interveniente dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché un terzo delle spese sostenute dalla ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 19 marzo 2009 (procedimento R 513/2008‑1) è annullata.

2)      L’UAMI è condannato a sopportare le proprie spese nonché due terzi delle spese della Tilda Riceland Private Ltd.

3)      La Siam Grains Co. Ltd è condannata a sopportare le proprie spese nonché un terzo delle spese della Tilda Riceland Private.

Forwood

Dehousse

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 gennaio 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.