Language of document : ECLI:EU:C:2021:686

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GIOVANNI PITRUZZELLA

presentate il 2 settembre 2021(1)

Causa C262/20

VB

contro

Glavna direktsia „Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto“ kam Ministerstvo na vatreshnite raboti

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell'orario di lavoro – Direttiva 2003/88/CE – Limitazione della durata del lavoro notturno – Lavoratori del settore pubblico e privato – Parità di trattamento»






1.        Per assicurare la piena effettività della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, obiettivi perseguiti dalla direttiva 2003/88/CE (2), è necessario che gli Stati membri prevedano che la durata normale del lavoro notturno dei vigili del fuoco sia inferiore alla durata normale prevista per il lavoro diurno? È compatibile con le disposizioni contenute nella Carta dei diritti fondamentali una legislazione nazionale che preveda solo per i lavoratori del settore privato la durata massima del lavoro notturno a sette ore? Infine, è necessario che gli Stati membri prevedano espressamente la durata normale del lavoro notturno anche per i pubblici dipendenti?

2.        Queste sono, in sostanza, le questioni sollevate dalla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria) oggetto del presente giudizio che offrono alla Corte l’occasione di approfondire, con riferimento alla direttiva 2003/88 ma anche ad alcune disposizioni della «Carta» (in particolare gli articoli 20 e 31), il tema dei limiti al lavoro notturno, con particolare riguardo alle discipline in vigore negli Stati membri per i settori privato e pubblico.

3.        Nelle presenti conclusioni illustrerò le ragioni per le quali ritengo che la direttiva 2003/88 garantisce agli Stati membri ampi margini di discrezionalità per quanto riguarda la disciplina del lavoro notturno, ferme restando le prescrizioni minime imposte dalla direttiva stessa, il cui obiettivo è quello di assicurare la piena effettività della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

I.      Il quadro giuridico

A.      Diritto dell'Unione

4.        L'articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea stabilisce che la Carta «ha lo stesso valore giuridico dei trattati».

5.        L'articolo 20 della Carta recita:

«Tutte le persone sono uguali davanti alla legge».

6.        L'articolo 31, intitolato «Condizioni di lavoro giuste ed eque», prevede:

«1. Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

2. Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite».

7.        Ai sensi del settimo, ottavo e decimo considerando della direttiva 2003/88:

«(7) Alcuni studi hanno dimostrato che l’organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell’ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro.

(8) Occorre limitare la durata del lavoro notturno, comprese le ore straordinarie, e prevedere che il datore di lavoro che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni ne informi le autorità competenti, su loro richiesta.

[…]

(10) La situazione dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni esige che essi beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del lavoro e che i servizi e mezzi di protezione e prevenzione siano organizzati e funzionino efficacemente».

8.        L'articolo 8 della direttiva 2003/88, intitolato «Durata del lavoro notturno», recita come segue:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

а)      l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi le 8 ore in media per periodo di 24 ore;

b)      i lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali non lavorino più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno.

Ai fini della lettera b), il lavoro comportante rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali è definito dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno».

9.        L’articolo 12 della direttiva 2003/88, intitolato «Protezione in materia di sicurezza e di salute», stabilisce che:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

а)      i lavoratori notturni e i lavoratori a turni beneficino di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adattato alla natura del loro lavoro;

b)      i servizi o mezzi appropriati di protezione e prevenzione in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori notturni e dei lavoratori a turni siano equivalenti a quelli applicabili agli altri lavoratori e siano disponibili in qualsiasi momento».

B.      Normativa nazionale

10.      Secondo l'articolo 140 del Kodeks na truda (Codice del lavoro):

«(1) La durata normale settimanale del lavoro notturno per una settimana lavorativa di 5 giorni lavorativi non può superare le 35 ore. La durata normale del lavoro notturno in una settimana di 5 giorni lavorativi non può superare le 7 ore.

(2) Il lavoro notturno è il lavoro eseguito tra le 22.00 e le 6.00, periodo che si estende, per i lavoratori di età inferiore ai 16 anni, dalle 20.00 alle 6.00.

[…] ».

11.      L'articolo 142 della Zakon za Ministerstvo na vatreshnite raboti (la legge relativa al Ministero dell'Interno, DV n. 53 del 27 giugno 2014, in prosieguo: lo «ZMVR») stabilisce:

«(1)      I dipendenti del Ministero dell’Interno sono:

1. dipendenti pubblici - agenti di polizia e agenti del servizio antincendio e della protezione civile;

2. dipendenti pubblici;

3. agenti a contratto di lavoro privato.

[…]

(5)      Lo status degli agenti a contratto di lavoro privato è regolato dalle disposizioni del Codice del lavoro e dalla presente legge.»

12.      Secondo l’articolo 187 dello ZMVR:

«(1)      L'orario di lavoro normale per i dipendenti pubblici del Ministero dell'Interno è di 8 ore al giorno e 40 ore alla settimana per una settimana lavorativa di 5 giorni.

[…]

(3)      La durata del lavoro dei dipendenti pubblici è calcolata in giorni lavorativi su base giornaliera, mentre è calcolata su un periodo di tre mesi per coloro che fanno turni di 8, 12 o 24 ore. […] In caso di lavoro a turni, il lavoro notturno può essere eseguito dalle 22 alle 6 del mattino, ma la durata media del lavoro non deve superare le 8 ore per periodo di 24 ore.

[…]

(9)      Le procedure per l'organizzazione e la distribuzione dell'orario di lavoro dei dipendenti pubblici e la sua contabilità, la compensazione per il lavoro svolto dai dipendenti pubblici al di fuori del normale orario di lavoro, il sistema di servizio, il riposo e le pause per i dipendenti pubblici sono determinati da un decreto del Ministro dell'Interno.»

13.      L'articolo 188, paragrafo 2 dello ZMVR recita come segue:

«I dipendenti pubblici che lavorano tra le 22 e le 6 del mattino godono della protezione speciale prevista dal Codice del Lavoro».

14.      I decreti emessi dal ministro dell'Interno sulla base dell'articolo 187, paragrafo 9 dello ZMVR stabiliscono i dettagli dell'organizzazione e della distribuzione dell'orario di lavoro, la compensazione per il lavoro svolto al di fuori del normale orario di lavoro e le modalità di riposo e di pausa dei dipendenti pubblici del ministero dell'Interno.

15.      Pertanto, il decreto n. 8121z-407 dell'11 agosto 2014 (DV n. 69 del 19 agosto 2014, in prosieguo: il «decreto del 2014»), ha previsto all'articolo 31, paragrafo 2, la conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno mediante l'applicazione di un moltiplicatore; quindi le ore lavorate tra le 22 e le 6 del mattino dovevano essere moltiplicate per un coefficiente di 0,143 e il risultato doveva essere aggiunto al numero totale di ore lavorate in quel periodo.

16.      Questo decreto è stato abrogato dal decreto n. 8121h-592 del 25 maggio 2015 (DV n. 40 del 2 giugno 2015) e successivamente dal decreto n. 8121h-776 del 29 luglio 2016 (DV n. 60 del 2 agosto 2016), che non prevede più il sistema di valutazione delle ore di lavoro notturno previsto dall'articolo 31, paragrafo 2, dal decreto del 2014.

17.      Per quanto riguarda i lavoratori al di fuori del Ministero dell'Interno, l'articolo 9, paragrafo 2, decreto sulla struttura e sull’organizzazione delle retribuzioni (DV n. 9 del 26 gennaio 2007) recita come segue:

«Secondo i metodi di calcolo per la totalizzazione dell'orario di lavoro, le ore di lavoro notturno sono convertite in ore di lavoro diurno per mezzo di un coefficiente che riflette il rapporto tra la durata normale del tempo di lavoro diurno e quella del tempo di lavoro notturno, stabilito in vista della contabilità quotidiana dell'orario di lavoro per un determinato posto».

II.    Fatti, procedimento principale e questioni pregiudiziali

18.      VB è un dipendente dell’ufficio distrettuale della città di Lukovit (Bulgaria) presso la Direzione generale «Protezione antincendio e tutela della popolazione» del Ministero dell’Interno (in prosieguo: la «Direzione») e ricopre la posizione di «capoturno».

19.      Durante il periodo controverso, dal 3 ottobre 2016 al 3 ottobre 2019, VB ha prestato ventiquattro ore di servizio di guardia permanente, le quali sono state conteggiate complessivamente per un periodo di tre mesi. Per ogni trimestre a VB sono state conteggiate e retribuite tutte le ore straordinarie effettuate oltre il normale orario di lavoro per ciascun periodo.

20.      Fino al 25 maggio 2015, in ragione delle disposizioni nazionali all’epoca vigenti (decreto del Ministro dell’Interno del 2014), il servizio notturno svolto da VB veniva moltiplicato per 0,143 e il risultato sommato al numero totale di ore lavorate nel periodo contabile; in tal modo, sette ore di lavoro notturno venivano calcolate come otto ore di lavoro svolto.

21.      Il successivo decreto del 2015 non contiene più disposizioni di questo tipo. Di conseguenza, a partire dal 25 maggio 2015 e, dunque, nel corso del periodo controverso, la Direzione ha deciso di non applicare più il meccanismo di conversione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno nel computare il lavoro svolto.

22.      VB ha proposto ricorso dinanzi al Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit), giudice di primo grado nel sistema nazionale e odierno giudice del rinvio, chiedendo che la suddetta Direzione fosse condannata a versargli, a titolo di retribuzione delle ore straordinarie effettuate e non pagate, 1 683,74 lev (BGN) più gli interessi legali di mora.

23.      Egli fa valere che, nel corso del periodo compreso tra il 3 ottobre 2016 e il 3 ottobre 2019, ha svolto lavoro notturno per una durata totale di 1 784 ore che la Direzione avrebbe dovuto convertire in ore di servizio diurno applicando un coefficiente di 1,143.

24.      A suo avviso la Direzione avrebbe dovuto, a tal fine, applicare l’articolo 9, paragrafo 2, del decreto sulla struttura e sull’organizzazione delle retribuzioni (3), in forza del quale, in caso di computo complessivo dell’orario di lavoro, le ore di lavoro notturno sono convertite in ore di lavoro diurno mediante un coefficiente corrispondente al rapporto fra la normale durata del lavoro diurno e la durata del lavoro notturno per il rispettivo posto di lavoro.

25.      In questo contesto, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento in via principale e sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la protezione effettiva di cui all’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88/CE richieda che la durata normale del lavoro notturno del personale di polizia e dei vigili del fuoco sia inferiore alla durata normale prevista per il lavoro diurno.

2)      Se il principio di uguaglianza, sancito dagli articoli 20 e 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, richieda che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita dal diritto nazionale per i lavoratori del settore privato si applichi allo stesso modo ai pubblici dipendenti, compreso il personale di polizia e dei vigili del fuoco.

3)      Se l’obiettivo di limitare la durata del lavoro notturno, enunciato al considerando 8 della direttiva 2003/88/CE, possa essere validamente conseguito solo se la normativa nazionale fissa espressamente la durata normale del lavoro notturno anche per i pubblici dipendenti».

III. Analisi giuridica

A.      Applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

26.      L’applicazione del procedimento pregiudiziale d'urgenza è stata richiesta dal giudice del rinvio in ragione del gran numero di casi pendenti davanti ai tribunali bulgari simili a quello oggi esaminato e delle soluzioni divergenti adottate da questi tribunali.

27.      Tuttavia, poiché il presente caso non riguarda uno dei settori contemplati dal titolo V della terza parte del TFUE, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, l'articolo 107, paragrafo 1, del regolamento di procedura non può trovare applicazione in questo caso.

B.      Ammissibilità delle domande

28.      La direttiva 2003/88, fondata sull’articolo 153, paragrafo 2, TFUE, si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro al fine di garantire la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori e non si applica, ai sensi del paragrafo 5 dello stesso articolo, ad aspetti relativi alla retribuzione dei lavoratori, eccezion fatta per l’ipotesi particolare di ferie annuali retribuite, di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva stessa; essa, pertanto, in linea di principio, non si applica alla retribuzione dei lavoratori (4).

29.      Nel procedimento in via principale, la questione riguarda la determinazione del numero di ore di lavoro straordinario svolte dal ricorrente di notte, al fine di stabilire la sua retribuzione e ottenere il pagamento delle ore non pagate.

30.      La soluzione della controversia in via principale, nella prospettazione del giudice del rinvio, dipende dall'interpretazione da parte della Corte della nozione di «durata del lavoro notturno» di cui agli articoli 8 e 12 della direttiva 2003/88, nell'ambito della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.

31.      Come correttamente osservato dalla Commissione, l’obiettivo principale delle questioni pregiudiziali poste alla Corte è stabilire se la normativa applicabile al personale del Ministero dell'Interno relativa alla durata normale del lavoro notturno debba essere interpretata alla luce delle disposizioni del Codice del lavoro previste per i lavoratori del settore privato e che fissano la durata normale del lavoro notturno a sette ore (ciò implicherebbe la conversione del lavoro notturno in lavoro diurno, il che avrebbe un impatto sulla retribuzione del ricorrente). Esiste pertanto un legame tra le questioni pregiudiziali e l’oggetto della controversia.

32.      Il fatto che la controversia in via principale verta, dunque, su una questione retributiva è privo di rilevanza, dato che spetta al giudice nazionale e non alla Corte risolvere tale questione nell’ambito del procedimento principale (5).

33.      Tenuto conto della presunzione di pertinenza delle questioni pregiudiziali, ritengo, pertanto, che le questioni poste alla Corte nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale richiedano una risposta nel merito.

C.      Finalità della direttiva e discrezionalità degli Stati membri

34.      La direttiva 2003/88 ha come obiettivo quello di fissare prescrizioni minime destinate a migliorare la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, obiettivo che viene raggiunto, tra l’altro, mediante il ravvicinamento delle disposizioni nazionali riguardanti l’orario di lavoro (6).

35.      Ai fini del raggiungimento dei predetti obiettivi, le disposizioni della direttiva 2003/88 fissano: periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale, un tetto di quarantotto ore per la durata media della settimana lavorativa (comprese le ore di lavoro straordinario), nonché la durata massima dell’orario di lavoro notturno.

36.      Attraverso le suddette previsioni è attuato l’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali, che, dopo avere riconosciuto, al suo paragrafo 1, che «ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose», dispone, al paragrafo 2, che «ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro, a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie retribuite». Tale diritto si collega direttamente al rispetto della dignità umana tutelata in modo più ampio nel titolo I della Carta (7).

37.      È in tale quadro sistematico che la Corte ha affermato che le regole enunciate dalla direttiva 2003/88 costituiscono disposizioni della normativa sociale dell’Unione che rivestono importanza particolare e di cui ogni lavoratore deve poter beneficiare quali prescrizioni minime necessarie per garantire la tutela della sua sicurezza e della sua salute (8).

38.      Tra queste tutele, la previsione di un limite massimo per la durata del lavoro notturno (9) non rientra solo nell’interesse individuale del lavoratore, ma anche in quello del datore di lavoro e nell’interesse generale (10). In particolare, il settimo e decimo considerando della direttiva 2003/88 sottolineano le conseguenze potenzialmente nocive del lavoro notturno e la necessità di limitarne la durata, al fine di assicurare un livello di protezione maggiore in materia di sicurezza e di salute dei lavoratori.

39.      La Corte ha precisato che occorre che l’effetto utile dei diritti riconosciuti ai lavoratori dalla direttiva 2003/88 venga integralmente assicurato, il che implica necessariamente l’obbligo per gli Stati membri di garantire il rispetto delle singole prescrizioni minime stabilite dalla direttiva stessa. Tale interpretazione, infatti, è l’unica conforme all’obiettivo della direttiva 2003/88 di garantire una tutela efficace della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendoli beneficiare effettivamente dei diritti che essa conferisce loro (11).

40.      Le prescrizioni previste dalla direttiva 2003/88, così come appena descritte, impongono agli Stati membri degli obblighi di risultato al fine di garantire l’effetto utile dei diritti conferiti ai lavoratori da quest’ultima.

41.      Tuttavia, dalla stessa direttiva, segnatamente dal suo considerando 15, si ricava che essa concede una certa flessibilità agli Stati membri nell’attuazione delle sue disposizioni (12).

42.      Ne consegue dunque che gli Stati membri dispongono di un certo margine di discrezionalità quanto alle modalità di attuazione di dette prescrizioni minime, pur essendo al contempo obbligati, come si evince esplicitamente dallo stesso considerando della direttiva 2003/88, ad assicurare il rispetto dei principi della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori (13).

D.      Le questioni pregiudiziali

1.      Osservazioni generali

43.      Dalla lettura della domanda di pronuncia pregiudiziale si evince che nello Stato membro da cui essa proviene è in corso un dibattito che coinvolge diversi gradi di giurisdizione in relazione alla disciplina applicabile al lavoro notturno dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno e, in particolare dei vigili del fuoco, categoria a cui appartiene il ricorrente in via principale.

44.      Gli elementi di fatto utili ai fini dell’analisi giuridica che mi sembra di poter dedurre dal fascicolo sono i seguenti.

45.      Il ricorrente in via principale è un membro del corpo dei vigili del fuoco, categoria che mi pare inclusa tra i dipendenti pubblici- agenti di polizia e agenti del servizio antincendio e della protezione civile del Ministero dell’Interno ai sensi dell’articolo 142 dello ZMVR.

46.      In Bulgaria esiste una disciplina generale per il lavoro notturno dettata dal codice del lavoro e una speciale per i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno (ZMVR).

47.      Lo ZMVR disciplina il rapporto di lavoro dei dipendenti del Ministero dell'Interno che sono: agenti di polizia e funzionari del servizio antincendio e della protezione civile, dipendenti pubblici, agenti contrattuali. Lo status dei dipendenti a contratto è regolato dalle disposizioni del Codice del lavoro e dello ZMVR (articolo 142).

48.      La disciplina dell’orario di lavoro (anche notturno) dei dipendenti pubblici (cui ritengo sia ascrivibile anche la categoria dei vigili del fuoco cui appartiene il ricorrente in via principale) è espressamente prevista dall’articolo 187 dello ZMVR, il quale per la disciplina di dettaglio rinvia a specifici decreti del Ministero dell’Interno.

49.      Il giudice del rinvio sottolinea che, ai sensi dell’articolo 187, paragrafo 1, dello ZMVR, la durata normale dell’orario di lavoro dei dipendenti del Ministero è di otto ore al giorno. Tale legge speciale, che si applica ai dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, non contiene alcuna disposizione esplicita che stabilisca la durata normale del servizio notturno, ma disciplina soltanto quale periodo temporale sia considerato notturno, vale a dire dalle ore 22:00 alle ore 6:00, analogamente a quanto stabilito dal Codice del lavoro.

50.      Tuttavia, l’articolo 188, paragrafo 2, dello ZMVR, osserva ancora il giudice del rinvio, rimanda espressamente alla tutela prevista dal Codice del lavoro, che comprende un orario di lavoro notturno più breve, ossia fino a sette ore.

51.      Il giudice del rinvio rileva inoltre che il disposto dell’articolo 187, paragrafo 3, dello ZMVR non prevede una durata normale del lavoro notturno di otto ore, ma si limita a precisare che, nel caso di lavoro articolato su turni, come nel caso di specie, è legittimo anche il lavoro notturno tra le 22:00 e le 06:00, fermo restando che, in media, le ore lavorative non possono essere superiori a otto in un periodo di ventiquattro ore.

52.      Pertanto, il giudice del rinvio ritiene che la durata normale del lavoro notturno per i dipendenti pubblici del Ministero dell'Interno dovrebbe essere di sette ore, affinché questi ultimi non siano sottoposti ad un trattamento meno favorevole rispetto ai dipendenti del settore privato.

53.      L’interpretazione del diritto nazionale appena descritta è stata, a quanto riferito dal giudice del rinvio, respinta dal giudice dell’impugnazione (l’Okrazhen sad Lovech – Tribunale regionale di Lovech, Bulgaria) che, a quanto si comprende, in un caso come quello di cui al procedimento principale rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel sistema nazionale.

54.      La posizione di fondo del giudice dell’impugnazione, espressa nelle sentenze da esso pronunciate in merito a domande identiche del personale di polizia e dei vigili del fuoco, si basa su due argomentazioni principali.

55.      La prima considerazione è che l’assenza, nelle norme giuridiche di rango inferiore adottate a seguito dell’abrogazione del decreto del 2014, di una normativa che preveda la trasformazione delle ore di lavoro notturno in ore di lavoro diurno con un rapporto di 7 a 8, rappresenta una decisione del legislatore e non una lacuna normativa. Si precisa inoltre che il carattere dubbio di una siffatta soluzione giuridica potrebbe indurre in futuro il legislatore a prendere le distanze da essa o a modificarla, ma che detto carattere non può costituire un argomento a favore di un’applicazione in via analogica della norma.

56.      La seconda argomentazione è che l’articolo 188, paragrafo 2, dello ZMVR non è direttamente applicabile, poiché rinvia alla tutela speciale prevista dal codice del lavoro.

57.      La giurisprudenza bulgara in materia è, pertanto, come riferisce il giudice del rinvio, contraddittoria cosicché, su istanza del Ministro della giustizia, è stato avviato un procedimento interpretativo dinanzi al Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria) che, tuttavia, non si è ancora pronunciato.

58.      La domanda di pronuncia pregiudiziale, pur superando come sopra detto il vaglio dell’ammissibilità, non consente una completa conoscenza dello stato del predetto dibattito al fine di verificare la piena compatibilità del diritto interno vigente, così come interpretato dai giudici nazionali, con il diritto dell’Unione europea.

59.      Aggiungo, peraltro, che l’analisi del fascicolo mi porta a ritenere che nel caso di specie si tratti prevalentemente di una questione giuridica che attiene al diritto interno dal momento che, nei limiti che preciserò, il diritto dell’Unione non impone in modo netto una o l’altra soluzione di quelle diverse prospettate dalle diverse giurisdizioni dello Stato membro.

60.      Nelle considerazioni che seguono mi limiterò a proporre una risposta alle questioni pregiudiziali sulla base di quanto posso dedurre dal fascicolo, tenendo conto del fatto che l’esposizione del giudice del rinvio risulta in diversi punti lacunosa.

2.      Sulla prima questione pregiudiziale

61.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 12, lettera a), della direttiva 2003/88 imponga che la durata normale del lavoro notturno degli agenti di polizia e dei vigili del fuoco sia inferiore alla durata normale del lavoro diurno.

62.      Lo scopo della direttiva 2003/88 è definito, come detto, all’articolo 1, paragrafo 1, il quale stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell'orario di lavoro.

63.      Per quanto riguarda il lavoro notturno in particolare, nel considerando 7 della direttiva vengono tenuti in conto i rischi inerenti a questo periodo di attività, secondo cui «Alcuni studi hanno dimostrato che l'organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell'ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro».

64.      Pertanto, l’articolo 12, lettera a), della direttiva, impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per garantire ai lavoratori notturni e ai lavoratori a turni un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adeguato alla natura del loro lavoro.

65.      I requisiti minimi per la durata del lavoro notturno sono stabiliti dall’articolo 8 della direttiva 2003/88, che impone agli Stati membri di garantire che l'orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non superi una media di otto ore per periodo di ventiquattro ore.

66.      Tuttavia la direttiva 2003/88 non contiene alcuna indicazione sul rapporto tra la durata del lavoro notturno e il lavoro diurno. Pertanto, l’articolo 8 della direttiva non osterebbe ad una disposizione nazionale che stabilisca la stessa durata del lavoro diurno e notturno, purché non venga superato il limite di otto ore per periodo di ventiquattro ore (lettera a).

67.      Per quanto attiene, in particolare, ad agenti di polizia e vigili del fuoco, nel caso in cui queste categorie di lavoratori possano essere ricondotti, com’è ragionevole ritenere (14), a «lavoratori notturni il cui lavoro comporta rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali», la lettera b), dell’articolo 8 della direttiva 2003/88, a specificazione di quanto contenuto nella lettera a), precisa che essi non devono lavorare «più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno». Anche per questi particolari lavoratori, dunque, la direttiva non fissa alcuna relazione tra durata massima del lavoro notturno e quello diurno.

68.      Per quanto riguarda, poi, l’obbligo di cui all’articolo 12, lettera a), della direttiva, poiché la disposizione non specifica alcun dettaglio, si deve ritenere che la direttiva lasci un ampio margine di discrezionalità agli Stati membri per quanto riguarda le misure appropriate da attuare (15).

69.      Questa discrezionalità deve, ovviamente, essere esercitata in modo da garantire l’effetto utile della direttiva e il raggiungimento degli obiettivi di protezione fissati dalla direttiva stessa. In ragione della maggiore penosità del lavoro notturno rispetto a quello diurno, la riduzione della durata media o massima del lavoro notturno rispetto a quello diurno potrebbe senz’altro rappresentare una soluzione corretta da parte degli Stati membri per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

70.      Ritengo, tuttavia, in linea con quanto argomentato dalla Commissione, che la riduzione della durata del lavoro notturno in rapporto alla durata del lavoro diurno è solo una delle soluzioni possibili per soddisfare i requisiti dell’articolo 12, lettera a). Anche la concessione di periodi di riposo supplementari o di tempo libero, ad esempio, potrebbe contribuire alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

71.      Sono dell’opinione pertanto che, in assenza di un obbligo specifico dettato dalla direttiva 2003/88 e in ragione della natura di armonizzazione minima della stessa, delle sue finalità e del margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri, non si possa dedurre dal generale obbligo imposto dell’articolo 12(a) della direttiva, una specifica prescrizione in capo agli Stati membri di fissare un limite alla durata normale del lavoro notturno inferiore a quello del lavoro diurno.

3.      Sulla seconda questione pregiudiziale

72.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice nazionale chiede alla Corte se il principio di uguaglianza, sancito dagli articoli 20 e 31 della Carta, richieda che la durata normale del lavoro notturno di sette ore stabilita dal diritto nazionale per i lavoratori del settore privato si applichi allo stesso modo ai pubblici dipendenti, compreso il personale di polizia e dei vigili del fuoco.

73.      Come rilevato correttamente dalla Commissione, l’articolo 31 della Carta non riguarda il principio di uguaglianza, ma sancisce «il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque».

74.      Pertanto, condivido la proposta della Commissione di riformulare la seconda questione pregiudiziale come segue: «l’articolo 20 della Carta, che sancisce il principio di uguaglianza, e l’articolo 31 della stessa, impongono che il normale orario di lavoro notturno di sette ore si applichi anche ai lavoratori del settore pubblico, compresi i poliziotti e i vigili del fuoco?».

75.      La questione da risolvere riguarda dunque la compatibilità col diritto dell’Unione di una legislazione nazionale che, così come interpretata dai giudici nazionali, disciplini in modo differenziato la durata normale del lavoro notturno per il settore privato e per una particolare categoria di lavoratori del settore pubblico (i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, nel caso di specie i vigili del fuoco).

76.      Occorre innanzitutto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, i diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento giuridico sono destinati ad essere applicati in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione (16).

77.      È necessario, pertanto, valutare preliminarmente se le diposizioni nazionali vigenti nello Stato membro rappresentino l’attuazione del diritto dell’Unione (ai sensi dell’articolo 51 della Carta).

78.      La direttiva 2003/88 non prevede misure per armonizzare la durata del lavoro notturno, limitandosi ad indicare, all'articolo 8, i requisiti minimi che limitano la durata di tale lavoro: l’orario di lavoro normale dei lavoratori notturni non deve superare una media di otto ore per periodo di ventiquattro ore. Il legislatore dell’Unione fissa dunque un limite «medio» all’orario di lavoro «normale» dei lavoratori notturni.

79.      Solo nel caso in cui il lavoro implichi «rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali» il limite previsto dall’articolo 8, alla lettera b), diventa un limite «massimo»: i lavoratori non devono lavorare «più di 8 ore nel corso di un periodo di 24 ore».

80.      L’articolo 140, paragrafo 1, del Codice del lavoro bulgaro, invece, afferma che «la durata normale del lavoro notturno in una settimana di 5 giorni lavorativi non può superare le 7 ore». Questa disposizione, come ricordato dal giudice del rinvio, trova applicazione per i lavoratori del settore privato.

81.      Si può ritenere che, attraverso questa disposizione, la legislazione nazionale introduca un regime più favorevole di quello previsto dalla direttiva?

82.      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, in particolare nella sentenza TSN(17), le prescrizioni minime previste dalla direttiva non possono impedire ad uno Stato membro di adottare norme di protezione più rigorose di quelle che sono oggetto dell’intervento del legislatore dell’Unione, a condizione che non mettano in discussione la coerenza di tale intervento.

83.      Fissando la durata normale del lavoro notturno a sette ore, il Codice del lavoro attua l'obbligo di cui all'articolo 8 della direttiva, tenendo conto del margine di apprezzamento concesso sulla base delle prescrizioni minime previste da tale disposizione. La Carta dei diritti fondamentali è quindi applicata in conformità con il suo articolo 51 (18).

84.      Come, a mio avviso, correttamente argomentato dalla Commissione, la causa odierna differisce da quella della sentenza TSN (19) in quanto, nella causa TSN, è stato possibile distinguere tra i diritti alle ferie annuali derivanti dall'applicazione dell'articolo 7 della direttiva (come recepito dalla legislazione nazionale pertinente) e i diritti aggiuntivi conferiti dal contratto collettivo dell'impresa, in modo da poter stabilire chiaramente quale norma deriva dall'applicazione del diritto dell'Unione e quale rientra nel diritto nazionale. Ciò non è possibile nel caso di specie dal momento che, pur stabilendo un regime più favorevole rispetto alla durata massima prevista dall'articolo 8 della direttiva, l'articolo 140, paragrafo 1, del Codice del lavoro introduce il requisito minimo previsto dalla direttiva, senza che sia possibile determinare cosa derivi precisamente dai requisiti minimi della direttiva e cosa vada oltre.

85.      Ciò non esclude, tuttavia, come vedremo, che l’attuazione dell’obbligo di cui all’articolo 8 della direttiva 2003/88 per il lavoro privato sia derogata per altre e particolari categorie di lavoratori. Il fatto cioè che l’articolo 140 del codice del lavoro attui il requisito minimo previsto dalla direttiva non implica il venire meno per lo Stato membro della competenza ad esercitare la propria discrezionalità fissando per altri lavoratori, in ragione di oggettive caratteristiche della funzione svolta, un diverso limite alla durata del lavoro notturno, fermo restando il rispetto dei requisiti minimi previsti dalla direttiva 2003/88.

86.      I principi espressi agli articoli 20 e 31 della Carta devono essere letti congiuntamente, e fungono da parametri al fine di verificare che l’intervento legislativo nazionale assicuri condizioni di lavoro giuste ed eque a tutti i lavoratori.

87.      Il principio della parità di trattamento, sancito dall’articolo 20 della Carta, è un principio generale del diritto dell’Unione, e il principio di non discriminazione enunciato all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, ne è una particolare espressione. Tale principio impone al legislatore dell’Unione che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo (20).

88.      Una differenza di trattamento è giustificata quando si basa su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire quando si riferisce a una finalità giuridicamente ammissibile perseguita dalla normativa in causa, e quando tale differenza è proporzionata alla finalità perseguita dal trattamento in questione (21).

89.      Il carattere comparabile delle situazioni deve, poi, essere valutato non in modo generale ed astratto, ma in modo specifico e concreto alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano, in particolare considerando l’oggetto e la finalità della normativa nazionale che stabilisce la distinzione in questione, ed eventualmente, dei principi e degli obiettivi del settore cui si riferisce tale normativa nazionale  (22).

90.      Nel caso di specie, risulta difficile analizzare il carattere comparabile delle situazioni in quanto il giudice del rinvio propone un confronto tra categorie astratte, come i dipendenti pubblici e i lavoratori del settore privato, senza fornire alcuna informazione sulle condizioni di lavoro applicabili ai lavoratori notturni nell'ambito dei due regimi che permetterebbero un’analisi puntuale.

91.      La lettura delle disposizioni di diritto nazionale, come può comprendersi dal fascicolo, non consente di escludere interpretazioni differenti ma compatibili col diritto dell’Unione.

92.      Infatti, si è in presenza, a quanto comprendo, di norme di rango primario (il codice del lavoro e la legge relativa al Ministero dell’Interno) che disciplinano in modo parzialmente difforme l’organizzazione del lavoro nel settore privato e in quello pubblico. La legge relativa al Ministero dell’Interno delega poi a norme di rango secondario (decreti) gli aspetti di dettaglio della disciplina.

93.      Il rinvio di una disposizione all’altra, che nella prospettazione del giudice del rinvio sembra avere un valore decisivo, è molto ampio e non consente un’interpretazione univoca: l’articolo 188, paragrafo 2, dello ZMVR afferma che i dipendenti pubblici che effettuano lavoro notturno «godono della protezione speciale prevista dal Codice del lavoro». Questa disposizione tuttavia, a mio avviso, non consente da sola di ritenere applicabile quanto previsto dal Codice del lavoro per i lavoratori privati a tutti i lavoratori pubblici, quale che sia la funzione svolta, per diverse ragioni.

94.      Innanzitutto per la genericità del rinvio, in secondo luogo per il suo inserimento in un provvedimento che contiene disposizioni che possono condurre a diverse interpretazioni: il citato articolo 187, paragrafo 1, che fissa l’orario di lavoro normale per i dipendenti pubblici del Ministero in otto ore al giorno, senza fare alcuna distinzione tra lavoro diurno e notturno, precisando al paragrafo 3 che, in caso di lavoro notturno, «la durata media del lavoro non deve superare le 8 ore per periodo di 24 ore».

95.      A quanto risulta, poi, il paragrafo 9 dell’articolo 187 rinvia a decreti del Ministro dell’Interno, per stabilire i dettagli dell’organizzazione e della distribuzione dell’orario di lavoro, la compensazione per il lavoro svolto al di fuori del normale orario di lavoro e le modalità di riposo e di pausa dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno.

96.      L’ultima disposizione citata sembra confermare la volontà del legislatore dello Stato membro di esercitare la propria discrezionalità, nei limiti consentiti dalla direttiva 2003/88, in materia di orario di lavoro di quella particolare categoria di lavoratori che sono i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno, tra cui anche i vigili del fuoco, rinviando ad atti di normazione secondaria la disciplina di dettaglio che tenga conto delle particolari funzioni svolte e delle specifiche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

97.      Il quadro che ne emerge, frammentario e non univoco, sembra pertanto riferirsi a questioni di diritto interno che devono essere risolte in via esclusiva dal giudice nazionale.

98.      Non mi pare di poter, infatti, escludere che alcuna delle tesi interpretative prospettate possa in linea di principio essere incompatibile col diritto dell’Unione: se la questione riguarda unicamente l’aspetto retributivo (la conversione delle sette ore notturne in un numero superiore di ore diurne attraverso un moltiplicatore) esula dal campo di applicazione della direttiva 2003/88 e, in generale, dalle disposizioni vigenti in materia di orario di lavoro nel diritto dell’Unione.

99.      Se la questione è, invece, relativa alla protezione del lavoratore per evitare che un eccesso di ore di lavoro notturno possa pregiudicarne la salute, tutte le interpretazioni sono compatibili col diritto dell’Unione che, come visto, si limita a fissare un massimo di otto ore di lavoro nell’arco di ventiquattro ore se quest’ultimo è svolto tra le 22 e le 6 del mattino.

100. Se la questione attiene, invece, alla parità di trattamento e al principio di uguaglianza tra lavoratori, come detto, la comparazione deve essere svolta in modo specifico e puntuale prendendo in considerazione non già un generico status (lavoratore pubblico o privato) ma le concrete modalità di svolgimento della prestazione, le finalità delle disposizioni che stabiliscono trattamenti difformi, tenendo conto degli interessi pubblici coinvolti da contemperare con le esigenze di protezione del lavoratore.

101. Tale comparazione, come illustrato nella risposta alla prima questione pregiudiziale, dovrà tenere conto dell’intera disciplina dell’organizzazione del lavoro, dal momento che la durata del lavoro notturno è solo una delle componenti idonee a valutare un’efficace tutela della salute dei lavoratori (23). Fermo restando, infatti, il limite esterno fissato dall’articolo 8 della direttiva 2003/88, anche la concessione di periodi di riposo supplementari o di tempo libero, ad esempio, potrebbe contribuire alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

102. D’altra parte, la base giuridica della direttiva è l’articolo 153 del TFUE ed il suo obiettivo, come indicato nel considerando 2, è quello di sostenere e integrare l’azione degli Stati membri per migliorare l’ambiente di lavoro al fine di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori. Di conseguenza, anche altri parametri, come la durata del riposo o il numero di giorni di ferie annuali, possono contribuire a garantire un determinato livello di protezione, il che dimostra che il confronto dell’orario di lavoro non può rappresentare l’unico elemento rilevante per garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla direttiva.

103. Inoltre, il giudice nazionale, sul piano della comparabilità delle situazioni, non indica se, tra il personale che lavora in qualità di vigile del fuoco o agente di polizia in Bulgaria, vi siano dipendenti a contratto assunti in base al Codice del lavoro che svolgono gli stessi compiti dei dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno.

104. Del resto, la flessibilità concessa dalla direttiva agli Stati membri consente a questi ultimi di tenere conto, nelle disposizioni nazionali di trasposizione di detta direttiva, di esigenze connesse alla protezione di interessi di carattere generale, come la protezione dell’ordine pubblico, o di specificità proprie di attività particolari, le quali esigono un certo grado di flessibilità nell’organizzazione dell’orario di lavoro (24).

105. Si tratta di bilanciare, da un lato, la continuità di funzione di certe professioni, come gli agenti di polizia e i vigili del fuoco, e, dall’altro lato, l’efficienza del loro lavoro nel corso della notte, proprio in virtù dell’elevato rischio che caratterizza queste professioni.

106. Tale bilanciamento di interessi è espresso all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 89/391 (25), il quale esclude determinate attività dall’ambito di applicazione della medesima direttiva e, indirettamente, da quello della direttiva 2003/88. Il criterio utilizzato non si fonda sull’appartenenza dei lavoratori a uno dei settori del pubblico impiego previsti da tale disposizione, ma esclusivamente sulla natura specifica di taluni compiti particolari svolti dai lavoratori nell’ambito della salute, della sicurezza e dell’ordine pubblico. Tale natura giustifica una deroga alle norme in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, a motivo della necessità assoluta di garantire un’efficace tutela della collettività (26).

107. Nel caso in cui appaia possibile un raffronto di tali situazioni, spetterebbe comunque al giudice del rinvio, che è il solo competente a valutare i fatti, determinare se la finalità in questione possa giustificare la differenza di trattamento e se la misura che dà luogo alla differenza di trattamento non vada oltre quanto necessario per raggiungere tale finalità (27). Una differenza di trattamento, come detto, è giustificata se si fonda su un criterio obiettivo e ragionevole, vale a dire qualora essa sia rapportata a un legittimo scopo perseguito dalla normativa in questione e tale differenza sia proporzionata allo scopo perseguito dal trattamento di cui trattasi (28).

108. L’assenza di un’oggettiva giustificazione alla scelta del legislatore di differenziare il trattamento in materia di lavoro notturno tra diverse categorie di lavoratori comparabili potrebbe portare a un contrasto con il diritto europeo e, eventualmente, all’obbligo per il giudice nazionale di disapplicare la disposizione normativa nazionale su cui si basa la disparità di trattamento.

109. In altre parole, il principio d’interpretazione conforme consentirebbe al giudice nazionale di prendere in considerazione il diritto nazionale nel suo complesso e di applicare i metodi d’interpretazione da esso riconosciuti, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo  (29).

110. Pertanto, sono dell’opinione che l’articolo 20 della Carta, che sancisce il principio di uguaglianza, e l’articolo 31 della stessa, che sancisce il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque, non impongono che il normale orario di lavoro notturno di sette ore, previsto in uno Stato membro per i lavoratori del settore privato, si applichi indistintamente anche ai lavoratori del settore pubblico, compresi gli agenti di polizia e i vigili del fuoco. È nella discrezionalità dello Stato membro fissare una durata diversa, sempre nei limiti massimi previsti dall’articolo 8 della direttiva 2003/88, a condizione che vi sia un’oggettiva giustificazione alla scelta del legislatore di differenziare il trattamento in materia di lavoro notturno tra diverse categorie di lavoratori che siano comparabili in modo specifico e concreto.

4.      Sulla terza questione pregiudiziale

111. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede se la realizzazione dell’obiettivo di cui all’ottavo considerando della direttiva 2003/88, vale a dire limitare la durata del lavoro notturno, richieda che una normativa nazionale stabilisca espressamente la durata normale del lavoro notturno, anche per i dipendenti del settore pubblico.

112. È necessario sottolineare, come ha fatto notare la Commissione, che i considerando non sono di per sé vincolanti. Nella fattispecie, questo considerando mira a chiarire il contenuto dell’articolo 8 della direttiva, che fissa la durata massima del lavoro notturno a otto ore per periodo di ventiquattro ore.

113. Pertanto, viene condivisa la proposizione della Commissione di riformulare la terza questione pregiudiziale come segue: «l’articolo 8 della direttiva, letto in combinato disposto con l’ottavo considerando, richiede che la legislazione nazionale stabilisca espressamente la durata normale del lavoro notturno, anche per i dipendenti del settore pubblico?».

114. L’articolo 8 della direttiva impone agli Stati membri di non superare una durata fissa di lavoro notturno, cioè otto ore per periodo di ventiquattro ore. Tuttavia, non impone agli Stati membri di stabilire la durata normale del lavoro notturno. A tale proposito, le parole «occorre limitare la durata del lavoro notturno» del considerando 8 della direttiva devono essere interpretate nel senso che la direttiva deve indicare la durata massima del lavoro notturno.

115. Pertanto, la direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di decidere se stabilire una durata normale del lavoro notturno, e se applicarla a determinati lavoratori o a tutti i lavoratori, a seconda della natura dell’attività in questione. Gli Stati membri hanno la facoltà di decidere tale durata sulla base di uno studio preliminare del suo impatto sulla salute e sulla sicurezza, conformemente alle prescrizioni minime del diritto dell’Unione. Da quest’ultimo punto di vista, la direttiva 2003/88 esige unicamente che le prescrizioni minime stabilite dall’articolo 8 della direttiva per la durata del lavoro notturno siano soddisfatte.

116. Del resto, come già in precedenza esposto, la direttiva lascia un ampio margine di manovra agli Stati membri proprio per tenere conto delle esigenze specifiche dei diversi settori. Esistono infatti importanti differenze tra i settori che richiedono un funzionamento ventiquattro ore su ventiquattro, cioè senza interruzioni, o almeno durante la notte o parte di essa, e i settori che invece non richiedono tale continuità di funzione.

117. Sotto questo profilo, dunque, l’articolo 187 dello ZMVR sembra essere in linea con le prescrizioni minime della direttiva 2003/88.

118. Pertanto, a mio avviso, l'articolo 8 della direttiva, letto in combinato disposto con il considerando 8, non richiede che la legislazione nazionale stabilisca espressamente la durata normale del lavoro notturno anche per i dipendenti del settore pubblico.

IV.    Conclusioni

119. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rayonen sad Lukovit (Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria) nei termini seguenti:

1) La direttiva 2003/88 si limita a indicare la durata massima delle ore di lavoro notturno, e, in particolare, l’articolo 12, lettera a) non impone agli Stati membri di fissare un orario di lavoro notturno più breve di quello diurno. Gli Stati membri sono liberi di adottare le misure che ritengono più idonee al raggiungimento dell’effetto utile della direttiva.

2) L’articolo 20 della Carta, che sancisce il principio di uguaglianza, e l’articolo 31 della stessa, che sancisce il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque, non impongono che il normale orario di lavoro notturno di sette ore, previsto in uno Stato membro per i lavoratori del settore privato, si applichi indistintamente anche ai lavoratori del settore pubblico, compresi gli agenti di polizia e i vigili del fuoco. È nella discrezionalità dello Stato membro fissare una durata diversa, sempre nei limiti massimi previsti dall’articolo 8 della direttiva 2003/88, a condizione che vi sia un’oggettiva giustificazione alla scelta del legislatore di differenziare il trattamento in materia di lavoro notturno tra diverse categorie di lavoratori che siano comparabili in modo specifico e concreto.

3) L'articolo 8 della direttiva, letto in combinato disposto con il considerando 8, non richiede che la legislazione nazionale stabilisca espressamente la durata normale del lavoro notturno anche per i dipendenti del settore pubblico. Gli Stati membri sono liberi di prevedere le misure più appropriate che assicurino il raggiungimento dell’effetto utile delle disposizioni della direttiva.


1      Lingua originale: l’italiano.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, 2003/88/CE, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 2003, L 299, pag. 9).


3      Che non ricomprende nel suo campo di applicazione i dipendenti pubblici del Ministero dell’Interno.


4      V. sentenza del 30 aprile 2020, Készenléti Rendőrség (C‑211/19, EU:C:2020:344, punto 23).


5      V. sentenza del 21 febbraio 2018, Matzak (C‑518/15, EU:C:2018:82, punti 25 e 26).


6      V., in tal senso, sentenze del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa (C‑306/16, EU:C:2017:844, punto 45) e del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 23).


7      V., in tal senso, anche le conclusioni dell'avvocato generale Tanchev nella causa King (C‑214/16, EU:C:2017:439, paragrafo 36).


8      V. sentenze del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 24) e del 1° dicembre 2005, Dellas e a. (C‑14/04, EU:C:2005:728, punto 49 e giurisprudenza ivi citata); ordinanza del 4 marzo 2011, Grigore (C‑258/10, non pubblicata, EU:C:2011:122, punto 41).


9      V. sentenza del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco) (C‑580/19, EU:C:2021:183, punti 24 e 25).


10      V. le conclusioni dell'avvocato generale Bot nella causa Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften (C‑684/16, EU:C:2018:338, paragrafo 52).


11      V., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, Commissione/Regno Unito (C‑484/04, EU:C:2006:526, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


12      V. sentenza del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa (C‑306/16, EU:C:2017:844, punto 46).


13      V. sentenze del 17 marzo 2021, Academia de Studii Economice din Bucureşti (C‑585/19, EU:C:2021:210, punto 49), del 9 marzo 2021, Stadt Offenbach am Main (Servizio di pronto intervento in regime di reperibilità di un vigile del fuoco) (C‑580/19, EU:C:2021:183, punto 26), del 9 marzo 2021, Radiotelevizija Slovenija (Periodo di reperibilità in un luogo isolato) (C‑344/19, EU:C:2021:182, punto 25), e del 14 maggio 2019, CCOO (C‑55/18, EU:C:2019:402, punti 36 e 37 nonché giurisprudenza ivi citata). A conferma dell’ampia discrezionalità degli Stati membri in assenza di indicazioni risultanti dai termini e dal contesto delle disposizioni della direttiva 2003/88, purché siano rispettati gli obiettivi perseguiti da tale direttiva, v. sentenza dell'11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure (C‑254/18, EU:C:2019:318, punto 31). In quel caso si trattava del periodo di riferimento per il calcolo della durata della settimana lavorativa.


14      Anche se, lo si ricorda, il secondo paragrafo dell’articolo 8 della direttiva 2003/88 stabilisce che tali lavoratori siano definiti «dalle legislazioni e/o prassi nazionali o da contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, tenuto conto degli effetti e dei rischi inerenti al lavoro notturno».


15      La costante giurisprudenza della Corte ha dimostrato che la direttiva lascia agli Stati membri ampia discrezionalità per l’attuazione delle sue disposizioni. V., in tal senso, sentenze del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 35), del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa (C‑306/16, EU:C:2017:844, punti 39 e 48), sentenza dell'11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure (C‑254/18, EU:C:2019:318, punti 23 e 35).


16      V. sentenza del 6 novembre 2018, cause riunite Bauer e Willmeroth (C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871, punti 52 e 53).


17      V. sentenza del 19 novembre 2019, TSN e AKT (C‑609/17 e C‑610/17, EU:C:2019:981, punti 48 e 49).


18      Osservazioni della Commissione europea, punto 50.


19      La causa, come noto, riguarda un contratto collettivo che va oltre i requisiti minimi previsti dalla direttiva in materia di ferie retribuite (4 settimane) vietando il riporto delle ferie quando l'interessato ha ottenuto un congedo per malattia. In quell’occasione la Corte ha concluso che «quando gli Stati membri conferiscono, o consentono alle parti sociali di concedere, diritti a ferie annuali retribuite eccedenti la durata minima di quattro settimane prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, tali diritti o, ancora, le condizioni di eventuale riporto di questi ultimi in caso di malattia intervenuta durante le ferie rientrano nell’esercizio della competenza conservata dagli Stati membri, senza essere disciplinati da tale direttiva né rientrare nell’ambito di applicazione di quest’ultima».


20      V. sentenza del 14 settembre 2010, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punti 54 e 55).


21      V. sentenza del 29 ottobre 2020, Veselības ministrija (C‑243/19, EU:C:2020:872, punto 37) e sentenza del 17 ottobre 2013, Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 77).


22      V. sentenza del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) (C‑451/16, EU:C:2018:492, punto 42 e giurisprudenza citata). In tal senso, v. anche sentenza del 26 gennaio 2021, Szpital Kliniczny im. dra J. Babińskiego Samodzielny Publiczny Zakład Opieki Zdrowotnej w Krakowie (C‑16/19, EU:C:2021:64, punto 43).


23      Sulla necessità di considerare l’insieme delle circostanze pertinenti, quali la natura del lavoro e le condizioni di quest’ultimo per valutare l’incidenza di una specifica disposizione della direttiva 2003/88 sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori, v. sentenza dell'11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure (C‑254/18, EU:C:2019:318, punto 39). In quel caso si trattava del periodo di riferimento per il calcolo della durata della settimana lavorativa.


24      V. sentenza dell'11 aprile 2019, Syndicat des cadres de la sécurité intérieure (C‑254/18, EU:C:2019:318, punto 39).


25      Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 0001 – 0008).


26      V. sentenza del 12 gennaio 2006, Commissione/Spagna (C‑132/04, non pubblicata, EU:C:2006:18, punto 24).


27      V. sentenza del 5 giugno 2018, Montero Mateos (C‑677/16, EU:C:2018:393, punto 52).


28      V. sentenza del 29 ottobre 2020, Veselības ministrija (C‑243/19, EU:C:2020:872, punto 37) e sentenza del 9 marzo 2017, Milkova (C‑406/15, EU:C:2017:198, punto 55).


29      V. sentenze del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 117), e dell’8 maggio 2019, Praxair MRC (C‑486/18, EU:C:2019:379, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).