Language of document : ECLI:EU:C:2017:868

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 15 novembre 2017 (1)

Cause riunite C523/16 e C536/16

MA.T.I. SUD S.p.A.

contro

Società Centostazioni S.p.A. (C523/16),

con l’intervento di:

China Taiping Insurance Co. Ltd

e

Duemme SGR S.p.A.

contro

Associazione Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza in favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNPR) (C536/16)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia)]

«Questione pregiudiziale – Appalti pubblici – Offerente che ha presentato una documentazione incompleta – Normativa nazionale che subordina la possibilità di integrare la documentazione al pagamento di una sanzione pecuniaria – Proporzionalità»






1.        Il diritto italiano ha trasposto l’articolo 51 della direttiva 2004/18/CE (2) in un modo che permetteva agli offerenti nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di sanare le irregolarità delle loro offerte ma, nel contempo, applicava agli stessi una sanzione pecuniaria proporzionale al valore del contratto, qualora le irregolarità riscontrate fossero essenziali.

2.        In sostanza, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il potere sanzionatorio e le norme per la fissazione dell’importo della sanzione pecuniaria, nell’ambito del meccanismo di «soccorso istruttorio con efficacia sanante a pagamento» siano conformi al diritto dell’Unione.

I.      Contesto normativo

1.      Diritto dell’Unione: direttiva 2004/18

3.        A termini dell’articolo 2:

«Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».

4.        L’articolo 51 così dispone:

«L’amministrazione aggiudicatrice può invitare gli operatori economici a integrare o chiarire i certificati e i documenti presentati ai sensi degli articoli da 45 a 50».

2.      Diritto italiano

1)      Decreto legislativo n. 163 del 2006, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (3) (in prosieguo: il «CCP»)

5.        L’articolo 38, comma 2 bis del suddetto decreto così recita:

«La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50 000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria.

In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere.

Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione.

In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara (…)».

6.        L’articolo 46 dispone che, nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati.

7.        L’articolo 230, comma 1, relativo ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nei settori speciali, assoggetta questi ultimi all’applicazione dell’articolo 38 del CCP.

2)      Decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50, recante modifica del codice dei contratti pubblici (4)

8.        La riforma del CCP, in vigore dal 2016, ha alleggerito, all’articolo 83, comma 9, le condizioni per l’imposizione della sanzione pecuniaria (che si applica solo in caso di regolarizzazione) riducendone l’importo massimo (da EUR 50 000 a EUR 5 000) (5).

II.    Fatti e questione pregiudiziale

1.      Causa C523/16

9.        La società Centostazioni S.p.A., che fa parte del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A., indiceva, nel gennaio 2016, una procedura aperta finalizzata all’affidamento delle attività di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché alla fornitura di energia presso gli immobili delle proprie stazioni ferroviarie, per un valore stimato di EUR 170 864 780,81.

10.      Il bando di gara rinviava agli articoli 38, comma 2 bis, e 46, comma 1 ter, del CCP in relazione alla possibilità di sanare le irregolarità essenziali delle offerte dei concorrenti. Il concorrente che intendesse avvalersi del soccorso istruttorio avrebbe dovuto pagare all’ente aggiudicatore una sanzione pecuniaria di importo pari ad EUR 35 000 per ciascun lotto.

11.      La società Centostazioni, in qualità di ente aggiudicatore, ha rilevato che la documentazione presentata dal raggruppamento temporaneo di imprese costituito dalla Ma.t.i. Sud S.p.A. e dalla Graded S.p.A. (in prosieguo: la «Ma.t.i. Sud»), era viziata da irregolarità essenziali (6). Detto ente invitava la società concorrente a sanare, entro il 23 marzo 2016, il vizio rilevato, infliggendole una sanzione di EUR 35 000.

12.      Mentre procedeva alla regolarizzazione, la Ma.t.i. Sud contestava la misura applicata e chiedeva l’annullamento della sanzione. L’ente aggiudicatore respingeva la domanda di annullamento e diffidava la concorrente al pagamento della sanzione, avvisando che, in caso contrario, avrebbe proceduto ad escutere la cauzione provvisoria.

13.      La Ma.t.i. Sud ha impugnato la suddetta decisione dinanzi al giudice del rinvio.

2.      Causa C536/16

14.      Nell’ottobre 2014, l’associazione Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza in favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNPR) indiceva una procedura aperta finalizzata alla sottoscrizione di un accordo quadro per la designazione di cinque gestori del suo portafoglio mobiliare.

15.      Il bando di gara rinviava all’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, in relazione alla possibilità di sanare le irregolarità essenziali delle offerte dei concorrenti. In caso di mancanza, incompletezza e di qualsiasi altra irregolarità essenziale relativa agli elementi o alle dichiarazioni rese, al concorrente sarebbe stata inflitta una sanzione pecuniaria di EUR 50 000, con la concessione di un termine di 10 giorni per sanare il vizio rilevato.

16.      L’ente aggiudicatore rilevava che la documentazione presentata dalla Duemme SGR S.p.A. era viziata da un’irregolarità essenziale (7), e chiedeva a tale società di procedere alla dovuta regolarizzazione, infliggendole nel contempo una sanzione pecuniaria di importo pari a EUR 50 000.

17.      Poiché la Duemme SGR rifiutava di pagare la sanzione, l’ente aggiudicatore la diffidava ad effettuare il pagamento, avvisando che, in caso contrario, avrebbe proceduto a detrarre l’importo dovuto dalla cauzione provvisoria.

18.      Il 9 gennaio 2015 la Duemme SGR ha impugnato la decisione che le infliggeva la suddetta sanzione dinanzi al giudice del rinvio.

3.      Questioni pregiudiziali

19.      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) ha sollevato, in entrambi i suddetti casi, le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, pur essendo facoltà degli Stati membri imporre il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante, sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, nel testo vigente alla data del bando di cui trattasi (…) laddove è previsto il pagamento di una “sanzione pecuniaria”, nella misura che deve essere fissata dalla stazione appaltante (“non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50 000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria”), sotto il profilo dell’importo eccessivamente elevato e del carattere predeterminato della sanzione stessa, non graduabile in rapporto alla situazione concreta da disciplinare, ovvero alla gravità dell’irregolarità sanabile;

2)      se, al contrario, il medesimo art. 38, comma 2-bis, del d. lgs n. 163 del 2006 (sempre nel testo vigente alla data sopra indicata) sia contrastante con il diritto comunitario, in quanto la stessa onerosità del soccorso istruttorio può ritenersi in contrasto con i principi di massima apertura del mercato alla concorrenza, cui corrisponde il predetto istituto, con conseguente riconducibilità dell’attività, al riguardo imposta alla Commissione aggiudicatrice, ai doveri imposti alla medesima dalla legge, nell’interesse pubblico al perseguimento della finalità sopra indicata».

III. Sintesi delle osservazioni delle parti

20.      La Duemme SGR asserisce che, in generale, la direttiva 2004/18 osta all’onerosità del soccorso istruttorio con efficacia sanante di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del CCP.

21.      Essa sostiene che detto meccanismo contrasta con il principio di massima apertura degli appalti alla concorrenza, in quanto costituisce un freno alla partecipazione delle imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni (8). Queste ultime dispongono di meno denaro rispetto alle grandi imprese, per cui i problemi di liquidità per far fronte alla sanzione possono tradursi in un ostacolo alla libera concorrenza.

22.      Tale società aggiunge che, sebbene gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE ammettano l’esistenza di misure nazionali restrittive, queste ultime non possono essere discriminatorie, devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale e risultare adeguate e proporzionate rispetto allo scopo perseguito. Il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante comporta, a suo avviso, un ostacolo ingiustificato alla libera concorrenza.

23.      La Duemme SGR dubita che la sanzione pecuniaria di EUR 50 000 e gli elementi di graduazione di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, siano compatibili con il principio di proporzionalità, in quanto non consentono alcuna modulazione in rapporto alle circostanze concrete dell’infrazione commessa.

24.      Infine, anche nell’ipotesi in cui lo Stato italiano sia autorizzato a imporre l’onerosità del soccorso istruttorio con efficacia sanante, l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP andrebbe oltre quanto richiesto dagli obiettivi e dagli scopi dell’articolo 51 della direttiva 2004/18 (che, ricorda, è stato abrogato).

25.      La CNPR ritiene che la normativa controversa miri ad aprire ulteriormente alla concorrenza le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. In contrasto con il regime precedente (in base al quale le irregolarità essenziali comportavano necessariamente e automaticamente l’esclusione del concorrente interessato), a partire dalla riforma introdotta con il decreto-legge n. 90 del 2014 si prevede la possibilità di sanare tali irregolarità. In tal modo, le condizioni materiali di partecipazione a tale tipo di procedure prevalgono sugli aspetti formali relativi alla presentazione dei documenti richiesti.

26.      La sanzione pecuniaria inflitta a chi non ottemperi i propri obblighi documentali, costituisce precisamente il contraltare di tale apertura alla concorrenza. La sanzione in parola, menzionata nel capitolato d’oneri, mira a compensare l’aggravio che un’amministrazione aggiudicatrice deve sopportare a causa del comportamento negligente del concorrente.

27.      La CNPR sostiene che la predeterminazione dell’importo della sanzione nel capitolato d’oneri garantisce la piena informazione degli interessati ed è in linea con i principi di parità di trattamento e di trasparenza. I requisiti sia formali che sostanziali, relativi alla partecipazione alle gare d’appalto devono essere resi pubblici, definiti in anticipo e con chiarezza, talché i concorrenti siano messi a conoscenza degli obblighi ad essi incombenti, compreso quello di depositare la documentazione essenziale e le conseguenze del loro eventuale inadempimento.

28.      Secondo la CNPR, il fatto che la sanzione sia fissata in relazione al valore dell’appalto e in funzione della gravità dell’irregolarità commessa garantisce il rispetto della proporzionalità della sanzione stessa. La fissazione di un limite minimo e massimo espressi in percentuale (con un tetto di EUR 50 000), consente all’ente aggiudicatore di apprezzare gli elementi del caso concreto, senza dimenticare che la sanzione è prevista solamente in caso di irregolarità essenziali.

29.      Da ultimo, la CNPR rileva che, pur ammettendo che l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP oltrepassi i limiti di cui all’articolo 51 della direttiva 2004/18, la Corte riconosce agli Stati membri un potere discrezionale nell’adozione delle misure destinate a garantire il rispetto dei principi di trasparenza e della parità di trattamento (9).

30.      Il governo italiano, dopo aver indicato che la normativa controversa è già stata modificata, si concentra sulla sua compatibilità con il diritto dell’Unione. A suo avviso, i dubbi espressi dal giudice del rinvio poggiano sull’argomento che l’articolo 51 della direttiva 2004/18 non contempla sanzioni pecuniarie, e altresì che il rischio di incorrere in una sanzione ostacola la partecipazione alle procedure di aggiudicazione.

31.      Secondo tale governo, il primo argomento deve essere respinto, giacché gli Stati membri possono non prevedere affatto un meccanismo di regolarizzazione, o prevederlo con maggiore o minore portata. Analogamente, tale governo non condivide il secondo argomento, per più ragioni:

–        perché la sanzione non è un onere disincentivante che gli offerenti devono sopportare in ogni caso, ma una semplice eventualità che dipende dalla loro volontà, poiché possono facilmente evitarla attraverso il diligente adempimento degli obblighi ad essi incombenti;

–        perché il meccanismo in questione ha una funzione proconcorrenziale, in quanto garantisce il rispetto delle regole di partecipazione alla gara, evitando che la sanatoria gratuita di offerte irregolari si traduca in uno strumento di discriminazione a danno delle imprese diligenti. Siffatto obiettivo è raggiunto con un mezzo ragionevole, giacché la sanzione si applica unicamente all’offerente che commetta irregolarità essenziali. In tal modo si stimola oltretutto la responsabilizzazione delle imprese, incentivandole a presentare offerte regolari e complete. Infine, si indennizza la stazione appaltante per l’onere supplementare che è costretta a sopportare a causa delle offerte irregolari;

–        perché l’articolo 38, comma 2 bis, non prevede un importo fisso né eccessivo della sanzione ma, al contrario, conferisce alla stazione appaltante un margine di discrezionalità per definire l’ammontare della sanzione tra massimo e minimo edittale, in rapporto al valore dell’appalto, permettendole in tal modo di graduare la sanzione in funzione delle circostanze del caso specifico e nel rispetto del principio di proporzionalità;

–        perché il fatto che la sanzione debba essere prevista dal bando di gara non significa che il suo importo debba essere unico. Tuttavia, anche se lo fosse, la proporzionalità sarebbe garantita dal fatto che l’importo della sanzione è calcolato non soltanto in funzione del valore dell’appalto, ma anche dall’esclusione delle irregolarità non essenziali. L’importo della sanzione non sarebbe eccessivo, nei limiti in cui sia individualizzato, garantendo nel contempo un effetto deterrente;

–        perché l’importo della sanzione viene calcolato in relazione al valore dell’appalto, entro la soglia segnalata ed è soggetto a controllo giurisdizionale. Il diritto italiano prevede in tale ambito una competenza estesa al merito, sicché il giudice può determinare direttamente l’ammontare della sanzione, riducendolo qualora lo consideri eccessivo.

32.      In via preliminare, la Commissione osserva che, sebbene la procedura di aggiudicazione oggetto della causa C‑523/16 rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/17 (10), la questione pregiudiziale di interpretazione è rilevante, giacché, per disposizione dell’articolo 230 del CCP, l’articolo 51 della direttiva 2004/18 è applicabile ai settori speciali di cui alla direttiva 2004/17/CE (11).

33.      La Commissione aggiunge che il carattere oneroso del soccorso istruttorio con efficacia sanante si inquadra nell’articolo 51 della direttiva 2004/18, la cui applicazione da parte degli Stati membri è facoltativa. Poiché il legislatore italiano ha deciso di trasporre tale disposizione, è necessario valutare se il regime sanzionatorio introdotto da tale istituto garantisca una corretta applicazione della facoltà prevista dalla disposizione in parola.

34.      La Commissione condivide la tesi del giudice del rinvio quando sostiene che la normativa italiana deve essere esaminata alla luce del principio di proporzionalità e dell’obiettivo di apertura del mercato alla concorrenza. Tuttavia, essa dubita che i principi di parità di trattamento e di non discriminazione siano rilevanti in quanto, dal momento che la sanzione è definita nel bando di gara, la stessa si applica indistintamente a tutti i partecipanti. Inoltre, il modo in cui viene fissato l’importo della sanzione mira precisamente ad evitare trattamenti arbitrari e discriminatori.

35.      In tale ottica, la Commissione ritiene che la ratio dell’articolo 51 della direttiva 2004/18 sia quella di dare alle amministrazioni aggiudicatrici un margine di flessibilità nella valutazione delle irregolarità puramente formali, al fine di evitare l’esclusione di concorrenti idonei. In tal modo, la norma in questione contribuisce a perseguire gli obiettivi del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici intesi ad assicurare che l’apertura delle procedure di aggiudicazione alla concorrenza sia la più ampia possibile.

36.      La Commissione evidenzia che, secondo quanto ha dichiarato la Corte, tale possibilità è volta a rettificare o a integrare irregolarità minori, che riguardano dati o elementi la cui anteriorità rispetto alla scadenza del termine fissato per presentare le offerte sia oggettivamente verificabile, siano permesse dal bando di gara e si applichino potenzialmente a tutti i concorrenti (12). A suo avviso, ciò accade nei due casi in esame.

37.      Secondo la Commissione, se uno Stato membro fa uso della facoltà prevista dall’articolo 51 della direttiva 2004/18, dovrà assicurarne la piena efficacia pratica (l’«effetto utile»), garantendo ai concorrenti il pieno esercizio dei diritti ad essi conferiti dalla direttiva. Il meccanismo sanzionatorio di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, può essere considerato lecito unicamente nella misura in cui mira a un fine legittimo che non preclude l’obiettivo perseguito dall’articolo 51 della direttiva o l’esercizio dei diritti da esso previsti e purché rispetti i principi della libertà di stabilimento, della libera prestazione dei servizi e di proporzionalità.

38.      Secondo la Commissione, una sanzione pecuniaria applicata ai concorrenti la cui partecipazione alla gara è subordinata all’obbligo di integrare o regolarizzare le dichiarazioni e i documenti da essi presentati, è tale da ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà garantite dagli articoli 49 TFUE e 56 TFUE, impedendo la partecipazione più ampia possibile dei concorrenti. Come rilevato dallo stesso giudice del rinvio, il confronto tra l’onere relativo al pagamento di una sanzione in caso di irregolarità minore e l’incertezza quanto alla possibilità di conseguire l’appalto può indurre i concorrenti, specialmente nel caso delle piccole e medie imprese, a non partecipare alla gara o, eventualmente, a desistere dalla partecipazione a seguito della presentazione delle offerte.

39.      Tuttavia, una siffatta restrizione può essere giustificata qualora persegua un obiettivo legittimo di interesse generale. Tra questi obiettivi è ravvisabile tanto l’intenzione di responsabilizzare le imprese (inducendole a condotte ispirate alla serietà e alla puntualità nella predisposizione dei documenti a corredo delle loro offerte), quanto quella di indennizzare l’amministrazione aggiudicatrice per l’onere inerente alla procedura, più complessa e prolungata, in caso di regolarizzazione.

40.      Ciononostante, a parere della Commissione, l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP non sembra idoneo al conseguimento dell’obiettivo perseguito per due motivi. Il primo attiene alla fissazione del limite massimo della sanzione e il secondo riguarda il margine discrezionale lasciato all’ente aggiudicatore nella determinazione dell’importo della sanzione.

41.      Così, per quanto riguarda il primo motivo, la Commissione muove dalla premessa che le irregolarità sanabili nell’ambito dell’articolo 38, comma 2 bis, del CCP sono normalmente circoscritte a situazioni che non presentano particolari difficoltà e che devono essere regolarizzate entro il breve termine di dieci giorni. Tuttavia, il legislatore italiano non chiarisce in che modo la fissazione di un limite massimo assoluto di EUR 50 000 contribuisca al corretto svolgimento della procedura di aggiudicazione. Al contrario, tale importo, a causa del suo carattere dissuasivo, può ledere l’effetto utile della facoltà offerta dall’articolo 51 della direttiva 2004/18. Tale istituzione osserva che un limite massimo di EUR 5 000, come quello introdotto dal nuovo codice dei contratti pubblici, sia più ragionevole. Spetta in ogni caso al giudice nazionale verificare se il limite di EUR 50 000 risulti proporzionato rispetto agli oneri supplementari cui è sottoposto l’ente aggiudicatore e sia pertanto giustificato.

42.      In relazione al secondo motivo, la Commissione osserva che l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP non contiene alcun riferimento al principio di proporzionalità né all’eventuale obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di motivare nel bando di gara l’importo della sanzione prevista, in base alla quantità e alla tipologia delle irregolarità sanabili. Di fatto, gli importi di EUR 50 000 e 35 000, previsti per i procedimenti principali, sarebbero stati fissati in modo aleatorio e sproporzionato.

43.      Pertanto, la Commissione conclude asserendo che la determinazione dei suddetti importi discenderebbe non tanto dalla formulazione dell’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, quanto piuttosto dall’applicazione concreta di quest’ultimo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale articolo possa essere interpretato e applicato in conformità del principio di proporzionalità e in modo tale da garantire l’effetto utile dell’articolo 51 della direttiva 2004/18.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

44.      Le ordinanze di rinvio pregiudiziale sono pervenute alla cancelleria della Corte, rispettivamente, il 12 e il 24 ottobre 2016.

45.      Il 15 novembre 2016 è stata disposta la riunione delle cause C‑523/16 e C‑536/16.

46.      Hanno presentato osservazioni scritte la Duemme SGR, la CNPR, il governo italiano e la Commissione europea. Non è stato ritenuto necessario lo svolgimento di un’udienza.

V.      Valutazione

47.      Con il «soccorso istruttorio con efficacia sanante a pagamento» oggetto dei presenti rinvii pregiudiziali, il diritto italiano consentiva ai concorrenti delle gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici di correggere determinati difetti delle loro offerte. Quando tali irregolarità assumevano carattere essenziale, l’ente aggiudicatore infliggeva al loro autore una sanzione pecuniaria.

48.      La redazione iniziale del CCP non ammetteva la sanatoria delle irregolarità essenziali (13). La norma rilevante è stata modificata nel 2014, con il preciso intento di ammettere tale possibilità, sebbene con la condizione che al concorrente autore dell’irregolarità rilevata sarebbe stata applicata una sanzione pecuniaria caratterizzata dai seguenti fattori: i) l’importo della sanzione avrebbe oscillato tra l’uno per mille e l’uno per cento del valore dell’appalto, non potendo superare il limite massimo di EUR 50 000; ii) detto importo sarebbe stato preventivamente stabilito nel bando di gara, in misura uguale per tutti i concorrenti; e iii) il versamento della sanzione pecuniaria sarebbe stato garantito, in quanto l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe potuto detrarre l’importo corrispondente dalla cauzione provvisoria prestata dal concorrente per partecipare alla procedura di gara.

49.      Si tratta ora di stabilire se tale meccanismo, come era previsto dalla normativa nazionale, rispetti il disposto (articolo 51) della direttiva 2004/18, secondo cui l’amministrazione aggiudicatrice può invitare i concorrenti «a integrare o chiarire i certificati e i documenti» allegati alle loro offerte.

1.      Osservazioni preliminari

50.      Il giudice del rinvio menziona la direttiva 2014/24/UE (14) in quanto, benché non ancora trasposta nell’ordinamento italiano, era già in vigore nel momento in cui è stato approvato l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP. Ritengo tuttavia che tale direttiva non si applichi a nessuna delle due controversie in esame.

51.      La Corte ha dichiarato che «la direttiva applicabile è, in linea di principio, quella in vigore alla data in cui l’amministrazione aggiudicatrice sceglie il tipo di procedura da seguire risolvendo definitivamente la questione se sussista o meno l’obbligo di indire preventivamente una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico. Sono, al contrario, inapplicabili le disposizioni di una direttiva il cui termine di recepimento sia scaduto dopo tale data» (15).

52.      Poiché i bandi di gara degli appalti di cui si discute sono stati pubblicati nell’ottobre 2014 e nel gennaio 2016, prima che la direttiva 2014/24 venisse recepita dall’ordinamento italiano (il che è avvenuto il 18 aprile 2016, giorno in cui scadeva il termine di recepimento), l’applicazione di tale giurisprudenza impone di prendere in considerazione, in entrambi i casi, la direttiva 2004/18.

53.      La Commissione non dubita del fatto che la causa C‑536/16 sia disciplinata dalla direttiva 2004/18 (16), ma sostiene, come già esposto, che la gara oggetto della causa C‑523/16 si inquadra nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/17 (sui settori speciali). Orbene, la Commissione aggiunge che, in quanto il CCP estende l’applicazione del suo articolo 38 ai detti settori speciali, la soluzione del problema riconduce alla norma di carattere generale che, in Italia, ha trasposto l’articolo 51 della direttiva 2004/18.

54.      Per un motivo o per l’altro non ravviso alcun problema di irricevibilità nelle due questioni pregiudiziali sollevate, e ritengo opportuno risolverle, fornendo al giudice a quo i criteri di interpretazione della direttiva 2004/18 richiesti.

55.      Infine, mi sembra più logico invertire l’ordine di risposta alle questioni pregiudiziali sollevate, poiché la prima questione (sui limiti relativi all’importo della sanzione) presuppone una risposta affermativa alla seconda (relativa alla facoltà dello Stato membro di imporre la sanzione stessa).

2.      Sulla facoltà dello Stato di stabilire un meccanismo di «soccorso istruttorio con efficacia sanante a pagamento»

56.      Fatto salvo quanto segnalerò di seguito in ordine ai limiti della possibilità di sanare determinate irregolarità delle offerte, secondo la giurisprudenza della Corte sulla direttiva 2004/18, non riscontro in quest’ultima alcuna obiezione al fatto che gli Stati membri prevedano che le amministrazioni aggiudicatrici esigano il pagamento di un determinato importo (nel caso presente, a titolo di sanzione) (17) ai concorrenti i quali si trovino in tale situazione.

57.      L’articolo 51 della direttiva 2004/18 stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici possono «invitare gli operatori economici» a integrare o chiarire determinati certificati e documenti (18). Esso tace sui mezzi che devono essere forniti al rispetto, lasciando la relativa decisione alla discrezione degli Stati membri. Questi ultimi godono, a mio giudizio, di un ampio margine discrezionale nello scegliere i mezzi, conformemente alle proprie opzioni legislative (19), sempreché la normativa che adottano non entri in conflitto con il precetto in parola né con le restanti disposizioni di diritto dell’Unione.

58.      Entro il suddetto margine discrezionale, è possibile, a mio avviso, che la normativa nazionale autorizzi la regolarizzazione dei vizi formali delle offerte, imponendo nel contempo agli autori delle stesse il pagamento di un determinato onere finanziario, al fine di incentivare la corretta presentazione delle offerte e di ripercuotere su di essi (eventuali) costi aggiuntivi inerenti alla procedura di regolarizzazione. Tuttavia, risulterebbe contraria alla direttiva 2004/18 e ai principi cui essa si ispira (20), una norma nazionale di tal genere che, a causa dell’entità del detto onere, comportasse un ostacolo difficilmente sormontabile alla partecipazione delle imprese (soprattutto di piccole e medie dimensioni) alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, provocando altresì una restrizione della concorrenza auspicabile nell’ambito di tali procedure (21).

59.      Non capisco quindi come si possano nutrire dubbi di principio su un meccanismo che rende onerosa, per chi vi abbia dato causa, la correzione degli errori commessi durante la presentazione della propria offerta. Tornerò su questo punto, nell’ambito dell’esame delle caratteristiche dell’onus istituito dalla normativa italiana.

60.      Orbene, l’articolo 38, comma 2 bis, del CCP si riferisce alle «irregolarità essenziali» come a vizi sanabili. Tale disposizione potrebbe creare difficoltà qualora spianasse la strada alla possibilità di mantenere in gara offerenti che avrebbero dovuto essere esclusi per il fatto di non aver rispettato l’obbligo di presentare, in tempo utile e in forma appropriata, i documenti richiesti nel bando. Problemi, questi, che si aggravano nell’esaminare la giurisprudenza della Corte in materia.

61.      Si tratta infatti di un tema controverso (e delicato) sul quale la Corte si è pronunciata, stabilendo che, di regola, l’articolo 51 della direttiva 2004/18 «non può essere interpretato nel senso di consentire all’amministrazione aggiudicatrice di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, debbono portare all’esclusione dell’offerente» (22).

62.      La sentenza del 4 maggio 2017, Esaprojekt (23) ha recentemente contribuito a definire fino a che punto possano essere corretti gli errori materiali dell’offerta. Del contenuto di tale sentenza reputo degne di nota le seguenti affermazioni:

–        «Da un lato, quindi, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione impongono che gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte e implicano, dunque, che queste ultime siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. Dall’altro lato, l’obbligo di trasparenza ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà da parte dell’amministrazione aggiudicatrice» (24).

–        Inoltre, i detti principi «ostano a qualsiasi trattativa tra l’amministrazione aggiudicatrice e un offerente nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici, il che implica che, in linea di principio, un’offerta non possa essere modificata dopo il suo deposito, né su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice né dell’offerente. Ne consegue che l’amministrazione aggiudicatrice non può chiedere chiarimenti a un offerente la cui offerta essa ritiene imprecisa o non conforme alle specifiche tecniche del capitolato d’oneri» (25).

–        «La Corte ha tuttavia precisato che l’articolo 2 della direttiva 2004/18 non osta a che i dati relativi all’offerta possano essere corretti o completati su singoli punti, in particolare in quanto necessitano manifestamente di un semplice chiarimento, o al fine di correggere errori materiali manifesti» (26).

63.      È quindi consentito apportare «un chiarimento su singoli punti o una correzione di manifesti errori materiali», ma non «una modifica sostanziale e significativa dell’offerta iniziale, che si avvicina piuttosto alla presentazione di una nuova offerta». E analogamente è esclusa la comunicazione di «documenti non contenuti nell’offerta iniziale» quando la loro consegna in un momento successivo equivalga, in realtà, alla presentazione di una nuova offerta (27).

64.      Tale rettifica rimarrebbe altresì esclusa «se i documenti dell’appalto richiedessero la comunicazione del documento o dell’informazione mancante sotto pena di esclusione [poiché] spetta all’amministrazione aggiudicatrice osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati» (28).

65.      Il giudice del rinvio dovrà pertanto valutare, alla luce dei suddetti criteri di interpretazione dell’articolo 51 della direttiva 2004/18, se nelle circostanze dei casi in esame, la regolarizzazione richiesta a livello di documenti: a) riguardi irregolarità puramente formali, sicché non equivalga alla presentazione di una nuova offerta, né conceda a chi vi ha dato causa un vantaggio supplementare rispetto ai suoi concorrenti (29), e b) non si ponga in contrasto con le condizioni rigorosamente stabilite dal capitolato d’oneri come motivi di esclusione.

3.      Sull’importo della sanzione e sul principio di proporzionalità

66.      Il giudizio affermativo circa la compatibilità, in linea di principio, di un meccanismo di «soccorso istruttorio con efficacia sanante a pagamento» con l’articolo 51 della direttiva 2004/18 dev’essere immediatamente accompagnato da un’analisi puntuale delle caratteristiche singolari della sanzione di cui all’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, nella versione anteriore alla riforma del 2016, come applicata nella prassi nazionale, di cui danno prova i due casi oggetto delle controversie in esame.

67.      Prima di intraprendere tale analisi, ritengo opportuno considerare un dato normativo dal quale il giudice a quo potrebbe, ipoteticamente, trarre conseguenze di portata più ampia rispetto a quelle dallo stesso previste (secondo tale organo «[il nuovo CCP] non può, tuttavia, ricevere direttamente applicazione nella fattispecie (…), atteso che la procedura concorsuale in questione è stata bandita ben prima dell[a sua] entrata in vigore»). Mi riferisco precisamente a tale riforma, introdotta dall’articolo 38, comma 2 bis, del CCP, promulgata nel 2016 (30).

68.      Il giudice nazionale potrebbe eventualmente applicare il principio di retroattività in melius nei procedimenti tuttora pendenti e disciplinati dalla normativa più favorevole al sanzionato, nel caso in cui sussista la duplice condizione che: a) nel suo ordinamento interno, tale principio si applichi al diritto sanzionatorio amministrativo, e b) la sanzione prevista da tale articolo del CCP abbia effettivamente natura punitiva.

69.      Qualora siffatta applicazione retroattiva non fosse possibile, (e a prescindere dal fatto che, in conseguenza della soppressione della norma interna applicata nei due casi in esame, la sentenza con cui la Corte si pronuncerà su questi ultimi avrà un portata generale assai limitata (31)), si dovrà esaminare se i caratteri dello strumento sanzionatorio, come applicati nei casi in esame, perseguano effettivamente gli obiettivi che giustificano lo strumento medesimo in termini conformi al principio di proporzionalità.

70.      Nelle osservazioni della CNPR, del governo italiano e della Commissione si rileva che l’istituzione della sanzione per irregolarità essenziali mira, da un lato, a responsabilizzare il concorrente affinché predisponga diligentemente la documentazione che allegherà all’offerta e, dall’altro, a indennizzare l’amministrazione aggiudicatrice per l’aggravio provocatole dalla gestione di un fascicolo di gara che prevede la possibilità di sanare dette irregolarità.

71.      La duplice censura mossa in relazione a tale strumento, come definito dal CCP, riguarda il fatto che, da un lato, l’importo della sanzione è fissato a priori nello stesso bando di gara, senza prevedere una valutazione della gravità delle irregolarità commesse né delle condizioni economiche del concorrente che ne è l’autore. Dall’altro, gli importi fissati (fino ad un limite massimo di EUR 50 000) non rispettano il principio di proporzionalità. Per di più, l’importo eccessivo della sanzione è idoneo a dissuadere, specialmente le piccole e medie imprese, dal partecipare ad una gara d’appalto, restringendo la concorrenza.

72.      Quanto agli obiettivi che potrebbero giustificare l’imposizione delle sanzioni, ritengo che essi non corrispondano agli importi minimo e massimo delle stesse, come erano stabiliti dal CCP prima della modifica introdotta nel 2016. Forse quest’ultima, riducendo considerevolmente il tetto massimo assoluto a EUR 5 000, potrebbe riflettere, precisamente, la convinzione del legislatore nazionale circa il suo carattere eccessivo, come lascia intendere il giudice del rinvio.

73.      Ovviamente, l’argomento relativo all’aumento dei costi amministrativi non giustifica importi tanto elevati: si tenga presente che anche il limite minimo dell’uno per mille (e, a fortiori, quello dell’uno per cento), nei contratti soggetti alle direttive comunitarie, è di per sé elevato, considerate le soglie inferiori per l’applicazione delle stesse. Tale argomento non giustificherebbe neppure un importo unico, fissato a priori come una percentuale del valore del contratto, poiché sembrerebbe logico, seguendo tale linea di ragionamento, che venissero individuati ad casum i maggiori costi prodotti.

74.      La sproporzione è evidente in entrambi i casi in esame, che non sono altro che esempi di attuazione pratica della norma in questione: l’omessa firma di un dirigente o la mancata produzione di una dichiarazione giurata sui precedenti penali si traducono in sanzioni di EUR 35 000 e 50 000, rispettivamente. Trovo difficile ammettere che l’aumento dei costi per gli enti aggiudicatori, semplicemente per il fatto di individuare tali anomalie e invitare a porvi rimedio (32) corrisponda a tali cifre, che sembrano piuttosto pensate allo scopo di aumentare le proprie entrate (33). Concordo con il giudice del rinvio – cui spetta, da ultimo, valutare la proporzionalità – sul fatto che tali importi «appaiono oggettivamente esorbitanti in rapporto all’attività supplementare in concreto espletata [dall’amministrazione aggiudicatrice]».

75.      Neppure l’obiettivo di garantire la serietà delle offerte autorizza l’imposizione di sanzioni tanto sproporzionate. In primo luogo, poiché le stesse sono inflitte (come emerge dal capitolato d’oneri) a prescindere dal numero delle irregolarità commesse, ossia, indipendentemente dal tipo di elemento o di documento che manchi o debba essere integrato e della sua maggiore o minore importanza. La normativa uniforma le infrazioni e permette di prescindere dal loro grado di complessità (34).

76.      In secondo luogo, tale obiettivo deve essere equilibrato con quello di promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di offerenti, che si traduce in una maggiore concorrenza e, di norma, nel miglior servizio per la collettività pubblica interessata (35). Un onere sanzionatorio eccessivo scoraggerà (36) probabilmente la partecipazione di imprese dotate di una minore capacità finanziaria alle gare di importo elevato, visti i limiti percentuali poc’anzi indicati. Siffatto onere dissuaderà analogamente dette imprese dal rispondere a futuri inviti che includano la stessa disposizione sanzionatoria.

77.      Inoltre, un onere con tali caratteristiche disincentiverà in maggior misura gli «offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione può non essere comparabile a quello degli offerenti nazionali» (37).

78.      In definitiva, un istituto il cui scopo era precisamente quello di agevolare la correzione degli errori formali degli offerenti (modificando la regola interna previgente) e quindi di aumentare le loro possibilità di partecipare con esito positivo alle gare di aggiudicazione di appalti pubblici, si converte, alla fine, in un freno a questa stessa partecipazione, in quanto introduce oneri finanziari che sono sproporzionati rispetto alla finalità perseguita.

79.      Gli argomenti suesposti mi inducono a negare che, sotto tale aspetto, l’applicazione della normativa nazionale, oggi inoperante, rispetti il principio di proporzionalità.

VI.    Conclusione

80.      Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) nei seguenti termini:

«1)      L’articolo 51 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, non osta a una normativa nazionale che subordina al pagamento di un importo la sanatoria di determinate irregolarità formali in cui sia incorso l’offerente nel formulare la propria proposta, sempreché si garantisca il rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento, che la sanatoria non permetta la presentazione di ciò che in realtà sarebbe una nuova offerta e che l’onere sia proporzionato agli obiettivi che lo giustificano.

2)      In circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, l’articolo 51 della direttiva 2004/18, interpretato conformemente ai principi del diritto dell’Unione che hanno ispirato le disposizioni applicabili ai contratti pubblici, non permette di infliggere agli offerenti sanzioni pecuniarie il cui importo non possa essere inferiore all’uno per mille né superiore all’uno per cento del valore della gara, con un limite massimo di EUR 50 000».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).


3      Nella versione risultante dal decreto-legge n. 90 del 2014 [decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 90, misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari (14G00103) (GUo144 del 24 giugno 2014), convertito dalla legge n. 114/2014 (legge dell’11 agosto 2014, n. 114, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge del 24 giugno 2014, n. 90 (GU 190 del 18 agosto 2014)].


4      Decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici (GU 91 del 19 aprile 2016).


5      Occorre segnalare che nel 2017 è stata introdotta un’ulteriore modifica del CCP, più radicale, relativamente a tale materia, sebbene essa non possa influire sul trattamento delle presenti questioni pregiudiziali, giacché, in considerazione della sua data di promulgazione (successiva alla chiusura del procedimento scritto dinanzi alla Corte), non è stata oggetto della discussione in contraddittorio tra le parti, diversamente da quanto accaduto con la riforma del 2016. Invero, il decreto legislativo del 19 aprile 2017, n. 56 ha riformulato l’articolo 89, comma 3, eliminando definitivamente il carattere oneroso del soccorso istruttorio dalla data della sua entrata in vigore (il 20 maggio 2017). A partire da tale momento, quindi, gli operatori economici possono sanare le irregolarità relative alla mancanza di qualsiasi requisito formale delle loro offerte (con l’eccezione di quelle relative all’offerta economica e all’offerta tecnica), senza incorrere in sanzioni o altri oneri analoghi.


6      In concreto, rilevava che la dichiarazione contenente l’impegno a conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa capogruppo (Ma.t.i. Sud) era priva della sottoscrizione del legale rappresentante di tale impresa.


7      In pratica, la concorrente non aveva allegato le dichiarazioni giurate relative all’assenza di precedenti penali a carico del suo vicepresidente e dell’amministratore delegato, come richiesto dal capitolato d’oneri.


8      Si basa sul «Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici» [COM(2011)15 definitivo] per rilevare che previsione del CCP contrasta con l’obiettivo di «riduzione degli oneri amministrativi nella fase di selezione», volto a favorire l’accesso delle piccole e medie imprese alle procedure di selezione.


9      Essa invoca la sentenza del 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF (C‑425/14, EU:C:2015:721), punti 26 e 28.


10      Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1).


11      Secondo la Commissione (nota 5 delle osservazioni scritte), nella causa C‑536/16, «l’ente appaltante (…) sembra rientrare tra gli enti appaltanti previsti all’allegato IV della direttiva 2004/17 e l’oggetto dell’appalto sembra rientrare nell’ambito di applicazione degli articoli 3, paragrafo 1, e 20, paragrafo 1, di tale direttiva».


12      Cita la sentenza del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647).


13      Ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 1, della versione previgente del CCP, veniva ammessa unicamente la sanatoria di irregolarità «semplici».


14      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65).


15      Sentenza del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz (C‑324/14, EU:C:2016:214, punto 83).


16      Si potrebbe eventualmente esprimere una riserva in ordine a tale affermazione, alla luce delle caratteristiche soggettive (la stazione appaltante era un’associazione di previdenza sociale e assistenza per i ragionieri e i periti commerciali, con personalità giuridica di diritto privato) e degli elementi oggettivi del bando (è stato pubblicato al fine di selezionare cinque gestori del patrimonio mobiliare di tale associazione). Tuttavia, in nessuna delle osservazioni presentate viene messa in discussione l’applicazione della direttiva 2004/18 alla fattispecie, probabilmente perché, nel capitolato d’oneri, la CNPR affermava di «agire, a tal fine, come organismo di diritto pubblico» e altresì perché il bando si riferiva costantemente alla disciplina dei contratti pubblici in Italia, cosicché le decisioni dell’organismo di cui trattasi sono state impugnate dinanzi al giudice amministrativo nazionale.


17      Nelle osservazioni della Duemme SGR si menziona la discussione tra le stesse autorità italiane, intorno alla vera natura di tale onere: per alcuni esso costituisce inequivocabilmente una sanzione amministrativa, come indica il suo titolo; secondo altri (in concreto, per l’Autorità nazionale anticorruzione, secondo la sua determinazione dell’8 gennaio 2015), si tratterebbe di un mero strumento di natura indennitaria. Anche il giudice del rinvio si riferisce ad «alcuni commentatori» e alla sentenza di un altro tribunale amministrativo, secondo i quali la sanzione potrebbe essere «ridefinita», piuttosto, come un’indennità.


18      L’articolo 56, paragrafo 3, della (successiva) direttiva 2014/24 è più preciso al riguardo: «Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza».


19      In Italia sono state espresse posizioni favorevoli all’una o all’altra opzione, come dimostra il fatto che nel parere n.o855/2016, del 1o aprile 2016, emesso anteriormente all’approvazione del decreto legislativo n. 50 del 2016, il Consiglio di Stato (Italia) aveva proposto al governo di sopprimere l’onerosità dell’istituto del soccorso istruttorio. In tale momento, detta raccomandazione non è stata accolta integralmente (sebbene siano state mitigate le sanzioni), a differenza di quanto accaduto in epoca successiva, nel 2017, con il già menzionato decreto legislativo n. 56/1017.


20      In particolare, quelli «della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi nonché (…) quelli che ne derivano», cui rinvia la sentenza del 10 novembre 2016, Ciclat (C‑199/15, EU:C:2016:853, punto 25). Inoltre, l’articolo 2 della direttiva 2004/18 obbliga le amministrazioni aggiudicatrici a trattare gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e ad agire con trasparenza. Tali principi sono messi in evidenza nel secondo e nel quarantaseiesimo considerando della direttiva medesima.


21      Nella sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa (C‑305/08, EU:C:2009:807, punto 37), la Corte ha dichiarato che «uno degli obiettivi della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici è costituito dall’apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile (v. in particolare, in tal senso, sentenza [del 13 dicembre 2007,] Bayerischer Rundfunk e a., [C‑337/06, EU:C:2007:786], punto 39) e che è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto (sentenza 19 maggio 2009, causa C‑538/07, Assitur, [EU:C:2009:317], punto 26). Occorre aggiungere, in proposito, che siffatta apertura alla concorrenza più ampia possibile è prevista non soltanto con riguardo all’interesse comunitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, bensì anche nell’interesse stesso dell’amministrazione aggiudicatrice considerata, la quale disporrà così di un’ampia scelta circa l’offerta più vantaggiosa e più rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata».


22      Tale formula è ripetuta nelle sentenze del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda (C‑42/13, EU:C:2014:2345, punto 46), e del 10 novembre 2016, Ciclat (C‑199/15, EU:C:2016:853, punto 30). Anche le sentenze del 29 marzo 2012, SAG ELV Slovensko e a. (C‑599/10, EU:C:2012:191); del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647), e del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz (C‑324/14, EU:C:2016:214), tra le altre, hanno affrontato i problemi derivanti dall’applicazione dell’articolo 51 della direttiva 2004/18.


23      Causa C‑387/14, EU:C:2017:338.


24      Ibidem, punto 36.


25      Ibidem, punto 37.


26      Ibidem, punto 38.


27      A mio avviso occorre interpretare in tal senso il punto 45 della sentenza del 4 maggio 2017, Esaproject (C‑387/14, EU:C:2017:338) poiché, in tale causa, l’omissione riguardava precisamente la documentazione comprovante l’esperienza, conformemente ai requisiti indicati nel capitolato d’oneri, cui era stato posto rimedio in termini che avevano poco a che fare con quelli dell’offerta iniziale. In altre occasioni (sentenza del 10 ottobre 2013, Manova, C‑336/12, EU:C:2013:647, punti 39 e 40), la Corte ha riconosciuto all’amministrazione aggiudicatrice la possibilità di richiedere nuovi documenti, come il bilancio pubblicato affinché «i dati contenuti in tale fascicolo siano corretti o completati in maniera puntuale, purché tale richiesta riguardi elementi o dati (…), la cui anteriorità rispetto alla scadenza del termine fissato per presentare candidatura sia oggettivamente verificabile».


28      Sentenza del 10 ottobre 2013, Manova (C‑336/12, EU:C:2013:647, punto 40). In termini analoghi, la sentenza del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda (C‑42/13, EU:C:2014:2345) ha stabilito che l’esclusione dell’offerente era valida, poiché la imponevano le modalità precisate nel capitolato d’oneri. In tale sentenza la Corte ha esaminato le possibilità di rettificare le omissioni conformemente agli articoli 2 e 51 della direttiva 2004/18, con riferimento all’articolo 38 del CCP nella versione anteriore alla riforma del 2014. La Corte ha affermato che l’articolo 2 della direttiva 2004/18 non ostava all’esclusione, poiché ciò era previsto dal capitolato d’oneri: «[i]n particolare, nei limiti in cui l’amministrazione aggiudicatrice ritenga che tale omissione non costituisca un’irregolarità meramente formale, essa non può permettere a tale offerente di rimediare successivamente a tale omissione, in qualsivoglia modo, dopo la scadenza del termine stabilito per il deposito delle offerte» (punto 45).


29      Sembra avere tale carattere la mancanza della firma del rappresentante legale dell’impresa offerente nella causa C‑523/16. Quanto alla causa C‑536/16, l’omissione della dichiarazione giurata relativa all’assenza di precedenti penali potrebbe assimilarsi al vizio (giudicato insanabile) che è stato oggetto della sentenza del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda (C‑42/13, EU:C:2014:2345). Orbene, come ho sottolineato nella nota precedente, il contesto giuridico interno di tale causa era diverso e, soprattutto, l’insanabilità derivava dallo stesso capitolato d’oneri, a differenza di quanto accade nel caso in esame.


30      Come ho accennato in precedenza, la modifica ha comportato, per quanto rileva nella specie, una riduzione del limite massimo assoluto a EUR 5 000 e la previsione che la sanzione si applichi soltanto in caso di regolarizzazione. È stata inoltre eliminata la disposizione che prevedeva la copertura della sanzione con la cauzione provvisoria versata dall’offerente.


31      La Corte deve indubbiamente fornire una risposta al giudice del rinvio. Tuttavia tale risposta verte, in realtà, sulla compatibilità di una normativa e di una prassi nazionali non più in vigore, con una direttiva (la direttiva 2004/18) a sua volta abrogata.


32      L’amministrazione aggiudicatrice deve comunque valutare i documenti presentati e l’adeguatezza dell’offerta al capitolato d’oneri. Una volta individuata l’irregolarità, essa invita l’offerente a correggerla, impartendogli il termine di dieci giorni a tal fine. Non si tratta quindi di un aumento di lavoro supplementare che possa considerarsi eccessivo.


33      Nell’ordinanza di rinvio si afferma perfino che la misura adottata sembrerebbe «incentiva[re] una sorta di “caccia all’errore” da parte delle amministrazioni appaltanti».


34      Il giudice del rinvio sottolinea inoltre che la «colpa» dell’errore imputato al candidato potrebbe essere legata, talvolta, «alla maggiore o minore chiarezza espositiva» delle prescrizioni imposte dall’amministrazione aggiudicatrice.


35      V., in tal senso, il precedente paragrafo 58 e la giurisprudenza citata alla nota 21.


36      Nel parere n. 855/2016, il Consiglio di Stato alludeva all’effetto di «deterrente indubbiamente responsabilizzante per le imprese» di tale meccanismo.


37      Sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo (C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 46).