Language of document : ECLI:EU:T:1999:48

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

11 marzo 1999 (1)

«Trattato CECA — Concorrenza — Accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate — Fissazione dei prezzi — Ripartizione dei mercati — Sistema di scambio di informazioni»

Nella causa T-141/94,

Thyssen Stahl AG, società di diritto tedesco, con sede in Duisburg (Germania), rappresentata, nel corso della trattazione scritta, dagli avv.ti Joachim Sedemund e Frank Montag, e, nel corso della fase orale, dagli avv.ti Montag e Barbara Balke, del foro di Colonia, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Aloyse May, 32, Grand-rue,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai signori Julian Currall e Norbert Lorenz, membri del servizio giuridico, e dal signor Géraud de Bergues, funzionario nazionale in distacco presso la Commissione, e successivamente dai signori Jean-Louis Dewost, direttore generale del servizio giuridico, Julian Currall e Guy Charrier, funzionario nazionale in distacco presso la Commissione, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Hans-Joachim Freund, del

foro di Francoforte, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, il ricorso diretto all'annullamento della decisione della Commissione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione ampliata),

composto dai signori C.W. Bellamy, facente funzioni di presidente, A. Potocki e J. Pirrung, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 23, 24, 25, 26 e 27 marzo 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine del ricorso

A — Osservazioni preliminari

1.
    Il presente ricorso è diretto all'annullamento della decisione della Commissione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1, in prosieguo: la «decisione»), con la quale era stata constatata la partecipazione di 17 imprese siderurgiche europee e una delle loro associazioni di categoria ad una serie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di scambio di informazioni riservate concernenti il mercato comunitario delle travi, in violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato CECA, ed erano state irrogate ammende a quattordici imprese del medesimo settore per infrazioni commesse nel periodo tra il 1. luglio 1988 e il 31 dicembre 1990.

2.
    La ricorrente è la più importante società produttrice di acciaio del gruppo Thyssen. Nel periodo 1989/1990, il suo fatturato era pari a 8,241 miliardi di marchi. Nel 1990 le sue vendite di travi all'interno della Comunità raggiungevano i 187,5 milioni di DM, ovvero 91 milioni di ECU.

3.
    Presentavano del pari un ricorso dinanzi al Tribunale altri dieci destinatarie della decisione, vale a dire la NMH Stahlwerke GmbH (in prosieguo: la «NMH», causa T-134/94), la Eurofer ASBL (in prosieguo: la «Eurofer», causa T-136/94), la ARBED SA (in prosieguo: la «ARBED», causa T-137/94), Cockerill-Sambre SA (in prosieguo: la «Cockerill-Sambre», causa T-138/94), la Unimétal — Société française des aciers longs SA (in prosieguo: la «Unimétal», causa T-145/94), la Krupp Hoesch Stahl AG (in prosieguo: la «Krupp Hoesch», causa T-147/94), la Preussag Stahl AG (in prosieguo: la «Preussag», causa T-148/94), la British Steel plc (in prosieguo: la «British Steel», causa T-151/94), la Siderúrgica Aristrain Madrid SL (in prosieguo: la «Aristrain», causa T-156/94) e la Empresa Nacional Siderúrgica SA (in prosieguo: la «Ensidesa», causa T-157/94).

4.
    Poiché le undici cause sono state riunite ai fini dell'istruzione e della trattazione orale con ordinanza del Tribunale 10 dicembre 1997, nella presente sentenza si farà riferimento ad un certo numero di documenti prodotti nelle cause parallele. Analogamente, dato che taluni argomenti sono stati sollevati dalle ricorrenti nel corso dell'udienza nell'ambito di una difesa orale comune, si farà riferimento alle «ricorrenti».

B — Rapporti tra l'industria siderurgica e la Commissione tra il 1970 e il 1990

Crisi degli anni '70 e creazione della Eurofer

5.
    A partire dal 1974 l'industria siderurgica europea veniva colpita da un calo della domanda, che dava origine a problemi di eccedenza dell'offerta e di sovraccapacità, nonché da una conseguente erosione dei prezzi.

    

6.
    Il 1. gennaio 1977 la Commissione adottava, in forza dell'art. 46 del Trattato CECA, il cosiddetto «Piano Simonet», in base al quale le singole imprese si impegnavano unilateralmente e volontariamente ad adeguare le proprie consegne ai livelli proposti nei programmi previsionali che venivano pubblicati ogni trimestre, ai sensi dell'art. 46, terzo comma, punto 2), del Trattato CECA. Tale sistema non riusciva a stabilizzare il mercato e, quindi, nel 1978 veniva sostituito dal «piano Davignon», che aggiungeva agli impegni volontari unilaterali, in particolare, prezzi indicativi e prezzi minimi (il cosiddetto accordo «Eurofer I»).

7.
    Gli impegni volontari unilaterali delle imprese nei confronti della Commissione venivano preliminarmente discussi tra le stesse imprese e l'associazione di categoria Eurofer, della quale nel 1977 la Commissione aveva incoraggiato la creazione. In realtà, la Commissione si era ampiamente avvalsa della Eurofer per gestire la crisi

della siderurgia, al punto che in una lettera del membro della Commissione signor Davignon al presidente della Eurofer si faceva riferimento alla «gestione comune dell'anticrisi per la quale hanno optato la Commissione e i produttori» (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 2).

Regime delle quote istituito dal 1980 al 1988

8.
    Poiché la situazione del mercato siderurgico aveva continuato a deteriorarsi, la Commissione adottava la decisione 31 ottobre 1980, 2794/80/CECA, che stabilisce una disciplina di quote di produzione di acciaio per le imprese dell'industria siderurgica (GU L 291, pag. 1, in prosieguo: la «decisione 2794/80»). Con tale decisione la Commissione dichiarava la stato di crisi manifesta, ai sensi dell'art. 58 del Trattato CECA, e stabiliva quote di produzione vincolanti per la maggior parte dei prodotti siderurgici, travi incluse.

9.
    Questo regime anticrisi può essere così sintetizzato: la Commissione stabiliva un obiettivo trimestrale di produzione comunitaria per le diverse categorie di prodotti e a ciascuna impresa veniva assegnata una quota di produzione ed una quota per le consegne a livello comunitario (cosiddetta quota «I»). Veniva, inoltre, stabilito che a ciascuna impresa sarebbe stata attribuita una quota di fornitura per ciascuno dei mercati nazionali (cosiddette quote «i»). La Eurofer si occupava della ripartizione delle quote «I» di ciascuna impresa in quote «i», nell'ambito degli accordi Eurofer II-Eurofer V. Se necessario, la Commissione interveniva in caso di disaccordo tra le imprese (v. arbitrato reso dal signor Davignon il 2 giugno 1982 in relazione alle quote «i» della Italsider, atto introduttivo nella causa T-151/94) allegato 3, documento 11.

10.
    Si deve del pari ricordare che i membri della Commissione signori Davignon e Andriessen indirizzavano alla Eurofer, con lettera in data 17 gennaio 1983 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3 documento 6), una diffida del seguente tenore:

«La Commissione apprezza il contributo di cooperazione apportato dalle imprese e dalle loro associazioni per la riuscita delle misure anticrisi, comprese quelle in materia di politica dei prezzi. Considera detta cooperazione un elemento essenziale della sua politica siderurgica e ne auspica il proseguimento.

Essa attira, tuttavia, l'attenzione delle associazioni, ed in particolare della Eurofer, sul fatto che queste ultime devono esercitare le loro attività nella stretta osservanza dell'ambito e dei limiti stabiliti dall'art. 48 del Trattato CECA.

La Commissione tiene a precisare di non poter accettare che le imprese siderurgiche o le loro associazioni anticipino o eludano le decisioni che la Commissione emanerà nell'elaborare la sua politica dei prezzi, né che le misure da essa adottate e le raccomandazioni da essa formulate nell'ambito della sua politica anticrisi siano prese a pretesto per stipulare intese o per adottare decisioni in

contrasto con il Trattato. Simili intese o decisioni ricadrebbero nella sfera del divieto di cui all'art. 65, sarebbero nulle e dovrebbero essere perseguite dalla Commissione.

(...)».

11.
    Il presidente della Eurofer, con lettera datata 8 febbraio 1983, rispondeva ai signori Davignon e Andriessen nei seguenti termini (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 7):

«Vorremmo ricordarvi (...) che, nel settore quantitativo, gli accordi di limitazione della produzione e della fornitura venivano conclusi su pressante richiesta della Commissione europea e del Consiglio. La vostra Commissione veniva tenuta al corrente di tutti i dettagli del loro funzionamento, e siamo ben decisi a continuare a procedere in tal senso.

Nel settore dei prezzi, la Commissione e il Consiglio non hanno smesso di insistere sulla necessità di un aumento destinato a consentire alle imprese siderurgiche di ottenere entrate sufficienti (...).

La Commissione è stata scrupolosamente informata di tutti gli sforzi realizzati per raggiungere l'obiettivo da essa perseguito, e da parte nostra siamo decisi a proseguire in futuro nella medesima direzione.

Confidiamo pertanto nel fatto che, qualora la nostra attività dovesse un giorno rischiare di oltrepassare l'interpretazione che la Commissione dà alle disposizioni del Trattato di Parigi, ce lo comunichiate immediatamente».

12.
    Poiché lo stato di crisi manifesta si era stabilmente radicato, i provvedimenti relativi alle quote emanati dalla Commissione venivano più volte prorogati e completati, tra il 1984 e il 1986, in particolare mediante l'adozione di un sistema di prezzi minimi per le travi e altri prodotti (decisione della Commissione 23 dicembre 1983, 3715/83/CECA, che fissa dei prezzi minimi per alcuni prodotti siderurgici, GU L 373, pag. 1). La Commissione adottava inoltre la decisione 17 dicembre 1982, 3483/82/CECA, relativa all'obbligo per le imprese della Comunità di dichiarare le consegne di taluni prodotti siderurgici (GU L 370, pag. 1; in prosieguo: la «decisione 3483/82»), che istituiva un «sistema di sorveglianza» nell'ambito del quale ciascuna impresa era obbligata a dichiararle le consegne per paese.

13.
    All'inizio del 1984 la Commissione consolidava il sistema delle quote, emanando la decisione 31 gennaio 1984, 234/84/CECA, che proroga il sistema di sorveglianza e la disciplina di quote di produzione di alcuni prodotti per le imprese dell'industria siderurgica (GU L 29, pag. 1; in prosieguo: la «decisione n. 234/84»). Il punto 9. del preambolo di tale decisione faceva riferimento ad una dichiarazione del Consiglio 22 dicembre 1983, secondo la quale «la stabilità delle correnti tradizionali

dei prodotti siderurgici nella Comunità è un elemento essenziale da preservare affinché la ristrutturazione del settore siderurgico avvenga in un contesto concorrenziale compatibile con la solidarietà imposta dalla disciplina delle quote di produzione». Di conseguenza, l'art. 15B di tale decisione prevedeva, nel caso in cui uno Stato membro avesse presentato una denuncia al riguardo, che la Commissione, dopo averne verificato la fondatezza, ottenesse dalle imprese che si fossero trovate all'origine delle perturbazioni constatate l'impegno scritto a compensare, nel trimestre successivo, lo squilibrio osservato nelle loro consegne tradizionali. Nel caso in cui un'impresa non avesse voluto sottostare a tale principio, la Commissione poteva ridurre la parte della quota di tale impresa che poteva essere consegnata nel mercato comune.

14.
    La politica di mantenimento dei flussi tradizionali e gli sforzi per mantenere i prezzi ad un livello accettabile erano oggetto di svariati scambi tra la Commissione e la Eurofer, e in particolare di:

—    una nota della Eurofer datata 2 luglio 1984, che riportava le spiegazioni fornite in occasione di un incontro tra i rappresentanti della Commissione e dell'industria, tenutasi a Bruxelles il 27 giugno 1984 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 8), che precisava, a proposito dell'attuazione dell'art. 15 B della decisione 234/84:

    «la Commissione ha instaurato il sistema dell'art. 15B in risposta alla preoccupazione dei governi nazionali. Esso non può in nessun modo sostituire il sistema di cui alla ”i” minuscola dell'accordo Eurofer IV. Al contrario, la Commissione ha necessità dell'Eurofer per le stime di mercato e per regolare tutti i dettagli. Senza la Eurofer, la Commissione sarebbe in grosse difficoltà (...). In generale, la Commissione si occupa solo dell'analisi globale della situazione, senza addentrarsi nei dettagli marginali (...). Per ilfuturo, la Commissione è disposta a prendere in considerazione un sistema basato su quote, ma avrebbe allora bisogno dell'appoggio totale della Eurofer»;

—    il resoconto di una riunione Commissione-Eurofer del 16 dicembre 1985, in presenza del membro della Commissione signor Narjes (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 10), che presentava, a proposito dei flussi tradizionali, il seguente brano:

    «La Commissione ha espresso la sua profonda preoccupazione circa i recenti sviluppi del mercato. Si è rammaricata del fatto che l'Eurofer V non fosse stato ancora concluso e ha sottolineato la responsabilità dei produttori per quanto riguarda i prezzi (...). La Commissione ha esortato i partecipanti a riesaminare le modalità di cooperazione tra loro, dal momento che considera che la Eurofer ha svolto un ruolo essenziale nell'attuazione dell'art. 58. Ha intenzione di definire al più presto i criteri di applicazione

dell'art. 15B, per far fronte alla situazione che si avrebbe nel caso in cui dovesse fallire l'Eurofer, o per agevolare un accordo privato»;

—    il resoconto di una riunione tra il signor Narjes e la Eurofer in data 10 marzo 1986 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 13) che, a proposito del mercato spagnolo, riportava quanto segue:

    «Narjes ha ricordato la decisione della Commissione riguardante la limitazione delle consegne alla Spagna (...). Per quanto riguarda la ripartizione del carico, era favorevole ad un accordo interno tra i produttori della Eurofer»;

—    il resoconto di una riunione tra il commissario Narjes e i delegati della Eurofer in data 16 maggio 1986 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 14) ove si leggeva che:

    «La Commissione ha insistito sulla necessità di uniformare rapidamente i prezzi pubblicati nella Comunità allo stesso livello e di evitare le differenze tra i prezzi pubblicati e i prezzi di mercato. I ribassi settoriali dovrebbero corrispondere alla realtà. E' stata data conferma del fatto che l'industria siderurgica francese fosse pronta ad aumentare i prezzi, ma anche della necessità del sostegno dei penetranti al riguardo. La Eurofer ha espresso la speranza che l'accordo Eurofer V costituisca la base adeguata per un generale ristabilimento dei prezzi».

15.
    Nello stesso periodo, la Commissione stipulava una serie di accordi internazionali, con il Regno di Svezia, il Regno di Norvegia e la Repubblica di Finlandia, intesi a garantire la stabilità dei flussi tradizionali degli scambi tra i detti paesi e la Comunità (il cosiddetto sistema degli «accordi»): si vedano le lettere della Commissione, prodotte in giudizio dalle parti nel corso dell'udienza, alle autorità svedesi in data 4 marzo 1986, 13 febbraio 1987 e 21 gennaio 1988, alle autorità norvegesi in data 4 marzo 1986, 11 marzo 1987 e 10 febbraio 1988 e alle autorità finlandesi in data 4 marzo 1986, 10 aprile 1987 e 12 febbraio 1988, scambiate, rispettivamente, nell'ambito dell'accordo 22 luglio 1972 tra gli Stati membri della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, da un lato, e il Regno di Svezia, dall'altro (GU 1973, L 350, pag. 76), dell'accordo 14 maggio 1973 tra gli Stati membri della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro (GU 1974, L 348, pag. 17), e dell'accordo 5 ottobre 1973 tra gli Stati membri della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, da un lato, e la Repubblica della Finlandia, dall'altro (GU 1974, L 348, pag. 1).

16.
    Un accordo analogo veniva applicato nei confronti del Regno di Spagna, per un periodo transitorio di tre anni, in forza del Protocollo n. 10 all'atto di adesione. La

Commissione fissava in tal modo, per ciascun anno 1986, 1987 e 1988, il livello delle consegne di prodotti siderurgici di origine spagnola sui mercati comunitari, eccezion fatta per il Portogallo. L'applicazione delle dette misure transitorie specifiche cessava il 31 dicembre 1988.

Avvenimenti precedenti la fine del regime di crisi manifesta, il 30 giugno 1988

17.
    La Commissione iniziava a preparare l'uscita dal regime di crisi e il ritorno a condizioni normali di mercato dal 1985. In un documento redatto dagli uffici della direzione generale Mercato interno e affari industriali della Commissione (DG III) nel corso dell'anno 1985 (documento III/534/FR, atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 5) si ricordava che «il sistema delle quote era ampiamente basato sul sistema volontario che era stato gestito dalla Eurofer» e sottolineava come fosse importante «che un accordo per il futuro sia concluso prima della metà dell'anno prossimo poiché, se ciò non avviene, si avrà una lotta per le quote di mercato nel corso della seconda metà dell'anno, che potrebbe avere degli effetti disastrosi sul prezzo e sugli utili delle imprese». Nello stesso documento si concludeva che «la Eurofer deve essere incoraggiata ad accettare le proprie responsabilità e ad avanzare proposte riguardo al modo in cui l'industria siderurgica dovrebbe uscire da un periodo di protezione per entrare nelle condizioni di libero mercato».

18.
    Nella sua comunicazione al Consiglio sull'introduzione di un sistema di quote in base all'art. 58 del Trattato CECA dopo il 31 dicembre 1985 [COM (85) 509 — atto introduttivo nella causa T-145/94, allegato 14], la Commissione descriveva nei dettagli un periodo transitorio prima del ritorno al gioco normale della concorrenza. Ritenendo che il peggio della crisi fosse passato, concludeva:

«Tuttavia la ristrutturazione della siderurgia non é ancora conclusa (...) E' pertanto necessario un periodo transitorio: limitato al massimo a 3 anni esso permetterà all'industria di passare progressivamente da un inquadramento progressivamente rigido, che attualmente si registra, ad un mercato pienamente concorrenziale conforme agli obiettivi del Trattato CECA. (...) la disciplina di quote, prevista a partire dal 1. gennaio 1986 (...) sarà l'ultima fase prima di un ritorno al mercato concorrenziale (...) la Commissione non desidera introdurre nella prossima decisione le disposizioni dell'art. 15 B della decisione 234/84/CECA, nella loro attuale forma. (...) La Commissione intende tuttavia proseguire, durante la prima fase del periodo transitorio, il controllo statistico del flusso dei prodotti siderurgici tra Stati membri, in base ai certificati di produzione e ai documenti di accompagnamento.

Tali controlli permetteranno di verificare che i flussi tradizionali tra gli Stati membri non subiscano turbe eccessivamente brusche. Laddove il controllo statistico evidenziasse tali turbe, la Commissione controllerebbe immediatamente se le imprese responsabili non abbiano proceduto in violazione delle regole del trattato, alla ricerca di nuovi clienti, in particolare le regole di prezzo».

19.
    Nella sua decisione 27 novembre 1985, 3485/85/CECA, che proroga il sistema di sorveglianza e di quote di produzione per taluni prodotti delle imprese dell'industria siderurgica (GU L 340, pag. 5), la Commissione indicava che, grazie al miglioramento delle condizioni del mercato:

«Sarà possibile smantellare progressivamente la disciplina di quote in due o tre anni al massimo. Nella sua riunione del 25 luglio 1985, il Consiglio ha già segnalato la necessità di ritornare in modo ordinato ad un mercato di libera concorrenza tra le imprese della Comunità».

20.
    Nel resoconto della riunione Commissione/Eurofer del 16 maggio 1986 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 14), redatto dalla Eurofer, alla rubrica «attuazione dell'art. 58 nel 1987» si precisava: «Per quanto riguarda il periodo successivo al 1987, i rappresentanti della Commissione hanno dichiarato che, da parte loro, non avevano ancora un'opinione sull'argomento». Lo stesso resoconto rivelava che i responsabili della Eurofer, riuniti dopo la partenza dei rappresentanti della Commissione, prevedevano da parte loro diverse possibilità:

«Una discussione iniziale ha mostrato come dovesse essere operata una scelta tra tre possibilità:

—    libertà totale e, in questo caso, come cooperare nel miglior modo possibile;

—    proroga dell'art. 58 e, in questo caso, come procedere con la Commissione;

—    nessuna applicazione dell'art. 58, ma accordo privato.

    In tal caso, che tipo di accordo (produzione, consegne) e che argomento (acciaio greggio, taluni prodotti, ecc.).

Ciascun membro ha convenuto che, ad ogni modo, l'obiettivo era quello di fissare un livello di prezzo che corrisponda alla convenienza per un gran numero di società.

Sono state espresse opinioni di diverso tipo, una, basata sull'esistenza di una sovraccapacità negli anni a venire, riteneva che fossero inevitabili accordi sulle quantità, un'altra, basata sulle esperienze passate, metteva in dubbio la capacità di tutte le società di accettare gli adattamenti necessari alla conclusione di un accordo privato dopo un lungo periodo di misure artificiali».

21.
    Nella sua decisione 5 dicembre 1986, 3746/86/CECA, che modifica la decisione n. 3485/85 (GU L 348, pag. 1), la Commissione rilevava che «L'introduzione dell'articolo 15 B si era resa necessaria nel momento di crisi più acuta dell'industria siderurgica. Attualmente non si giustifica più il mantenimento di questa disposizione che va quindi abrogata».

22.
    Nella sua comunicazione al Consiglio sulla politica siderurgica, presentata il 18 settembre 1987 [COM (87) 388 def/2 — GU 1987, C 272, pag. 3], la Commissione faceva in particolare le seguenti dichiarazioni:

«la Commissione è pronta a prorogare la disciplina di quote sulla cui attualizzazione tutti concordano, soltanto qualora essa sia corredata da incentivi alla chiusura e da impegni fermi da parte delle imprese e dei governi interessati.

(...)

Benché sussistano condizioni di crisi per i prodotti piatti e i profilati pesanti, la Commissione, conscia dell'elemento frenante che la disciplina di quote stessa può rappresentare, per quel che riguarda la ristrutturazione industriale, applicherà tale disciplina soltanto nella misura in cui otterrà da parte delle imprese impegni fermi per quel che riguarda un soddisfacente livello di chiusure, eseguite in base a uno scadenzario che non superi i tre anni.

(...)

In particolare:

(...)

— porrà fine alla disciplina durante l'anno 1988, qualora prima del 1. agosto 1988 le imprese non abbiano fatto uno sforzo supplementare (...)».

23.
    L'8 ottobre 1987 la Commissione dava mandato ad un gruppo di tre «saggi», i signori Colombo, Friderichs e Mayoux, di studiare se, in tre categorie di prodotti, tra i quali le travi, le imprese fossero pronte ad assumere impegni per una riduzione rapida e sufficiente delle capacità di produzione ritenute in eccesso.

24.
    Secondo la «relazione dei tre saggi» (GU C 9, del 14 gennaio 1988, pag. 6),

«Chiaramente le imprese che da sette anni sono state protette da un sistema di quote e si sono abituate alla riconduzione di esso non sono disposte ad assumere degli impegni di chiusura sufficienti per giustificare la riconduzione di questo sistema.

(...)

Di fronte alla situazione economica internazionale si può prevedere che la situazione attuale di prezzi relativamente elevati non durerà a lungo ed è certo che le eccedenze di capacità graveranno nuovamente sul mercato obbligando i siderurgisti a ristrutturarsi e a chiudere gli impianti.

La Commissione deve quindi agire con fermezza e pienamente consapevole delle sue responsabilità.

L'attuale sistema di quote può essere mantenuto soltanto se le imprese si impegnano fermamente a ridurre le capacità. Lasciando agire di colpo le forze di mercato, ciò provocherebbe un deterioramento dei prezzi che potrebbe gravare su tutte le imprese e rendere più difficile quindi la ristrutturazione prevista».

25.
    La relazione concludeva:

«Al termine del nostro lavoro, desideriamo sottolineare ancora una volta la gravità della crisi siderurgica, molto più profonda di quanto la maggioranza degli industriali voglia ammettere.

Questa crisi richiede un atteggiamento risoluto e senza ambiguità da parte delle autorità comunitarie per mettere l'industria davanti alle sue responsabilità.

E' infatti urgente che le imprese siderurgiche operino la ristrutturazione per far fronte alla concorrenza mondiale e diventino pienamente competitive in un mercato che sarà sempre più aperto».

26.
    Nel corso dell'anno 1987 la Commissione abbandonava del pari la sua teoria in materia di mantenimento dei «flussi tradizionali». Nell'allegato I alla sua comunicazione al Consiglio del 18 settembre 1987, già citata, essa esprimeva infatti l'opinione che «il mantenimento delle correnti commerciali tradizionali di prodotti siderurgici tra gli Stati membri, non sia nella logica dell'obiettivo della Comunità di creare un mercato interno aperto nel 1992».

27.
    La nuova politica siderurgica della Comunità veniva esposta nella comunicazione della Commissione sulla politica siderurgica presentata al Consiglio il 16 giugno 1988 [COM (88) 343 def, — GU 1988, C 194, pag. 23). In ordine alle misure da adottare, essa affermava:

«E' utile notare che il trattato di Parigi si basa, come situazione normale, sul principio della libera concorrenza ed incarica la Commissione, nell'art. 5, di intervenire direttamente sulla produzione soltanto se lo richiedono le circostanze. (...) Il trattato stipula inoltre che la concorrenza deve svolgersi in condizioni normali.

Non si deve inoltre dimenticare che il completamento del mercato interno entro il 1992 è un obiettivo primordiale anche per il mercato siderurgico. La sua realizzazione richiede un cambiamento radicale di strategia da parte degli imprenditori, la cui azione è ancora troppo sovente impostata in funzione delle esigenze dei mercati nazionali».

28.
    La Commissione così concludeva:

«Il mercato siderurgico è migliorato a tal punto da non giustificare più la disciplina di quote. Tale sistema si è anche rivelato inadeguato come strumento di incitamento alla ristrutturazione delle imprese (...) la Commissione [ritiene] che l'adattamento strutturale debba continuare rispettando le regole normali del mercato».

29.
    Nel corso della 1255a sessione del 24 giugno 1988, il Consiglio prendeva atto del fatto che la Commissione intendeva porre fine al regime delle quote per l'insieme dei prodotti siderurgici il 30 giungo 1988. Riferendosi alle misure accessorie e di sorveglianza del mercato previste dalla Commissione (statistiche mensili relative alla produzione e alle consegne, programmi di previsione, consultazione degli interessati), il Consiglio sottolineava che «non si deve utilizzare il sistema di sorveglianza per eludere l'art. 65 del Trattato CECA» (v. estratto della bozza di verbale della 1255a sessione del Consiglio, allegato 3 al controricorso nella causa T-151/94).

30.
    Il 4 maggio 1988 la Commissione aveva peraltro pubblicato un comunicato stampa [IP (88) 261, v. atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 5, documento 4] relativo all'ispezione che aveva appena effettuato nell'ambito della pratica relativa all'acciaio inossidabile (v. punto 36). Vi si leggeva in particolare che:

«E' la prima ispezione in materia di cartelli nel settore dell'acciaio condotta dalla Commissione in tredici anni. Poiché il sistema delle quote è stato già abolito per taluni prodotti, e poiché sono state avanzate proposte per porre fine al sistema delle quote il 30 giugno 1988, è evidente che la Commissione non può tollerare alcuna sostituzione del sistema comunitario da parte di accordi non ufficiali e illeciti conclusi dall'industria stessa».

31.
    Il regime di crisi terminava ufficialmente, nel caso delle travi, il 30 giugno 1988. L'accordo Eurofer V scadeva contemporaneamente. Il sistema di sorveglianza delle consegne tra Stati membri istituito con la decisione n. 3483/82, veniva tuttavia mantenuto in vigore sino al novembre 1988.

Sistema di sorveglianza applicato a decorrere dal 1. luglio 1988

32.
    Benché il regime di crisi manifesta fosse giunto a termine dal 30 giugno 1988, da una nota interna della DG III del 24 ottobre 1988, prodotta dalla convenuta in ottemperanza all'ordinanza del Tribunale 10 dicembre 1997, risulta che il Consiglio e la Commissione si erano accordati sulla necessità di agevolare l'adeguamento delle imprese ad eventuali mutamenti della domanda. A tale scopo, era stato convenuto che la Commissione avrebbe continuato a sorvegliare il mercato avvalendosi di tre strumenti:

—    la raccolta di statistiche mensili sulla produzione e sulle consegne di taluni prodotti;

—    il controllo dei mercati dei detti prodotti, nell'ambito dei programmi previsionali trimestrali;

—    la consultazione regolare delle imprese sulla situazione e sulle tendenze del mercato.

33.
    La Commissione attuava tale detta politica, in particolare, mediante la decisione 19 luglio 1988, 2448/88/CECA, che istituisce un sistema di sorveglianza relativamente a taluni prodotti per le imprese dell'industria siderurgica (GU L 212, pag. 1; in prosieguo: la «decisione n. 2448/88»), sistema nell'ambito del quale ogni impresa era tenuta a dichiarare alla Commissione le proprie consegne. Il sistema giungeva a scadenza il 30 giugno 1990, per essere sostituito da un regime di informazione individuale e volontario.

34.
    Le imprese continuavano così ad aver contatti stretti e regolari con la DG III, nel corso dei quali venivano discussi i parametri del mercato [produzione, consegna, giacenze, prezzi, esportazioni, importazioni (...)]. Tali contatti venivano stabiliti nelle sedi seguenti:

a)    nelle riunioni trimestrali ufficiali nelle quali si riunivano i rappresentanti dei produttori, degli utilizzatori e dei commercianti e quelli della Commissione, e nel corso delle quali erano discussi, ai sensi dell'art. 46 del Trattato, i programmi di previsione («forward programmes»). Tali riunioni avevano luogo, in particolare, il 4 maggio 1988, il 1. settembre 1988, il 3 novembre 1988, il 1. febbraio 1989, il 28 aprile 1989, il 1. settembre 1989, il 7 novembre 1989, il 7 febbraio 1990, il 3 maggio 1990, il 4 settembre 1990 e il 5 novembre 1990,

b)    nelle «riunioni consultive» («consultation meetings»), limitate ad un ristretto numero di rappresentanti dell'industria, membri o meno dell'Eurofer, e della Commissione, tenutesi, in particolare, il 27 ottobre 1988, il 26 gennaio 1989, il 28 aprile 1989, il 27 luglio 1989, il 26 ottobre 1989, il 25 gennaio 1990 e il 27 luglio 1990;

c)    le cosiddette «riunioni riservate» («restricted meetings»), limitate ad un numero ristrettissimo di rappresentanti dell'industria, membri o meno dell'Eurofer, e della Commissione, tenutesi l'8 dicembre 1988, il 21 marzo 1989, il 15 giugno 1989 e il 13 dicembre 1989;

d)    i cosiddetti «pranzi dell'acciaio» («steel lunches»), che riunivano in un quadro informale rappresentanti dell'Eurofer e della Commissione, in occasione delle riunioni consultive o delle riunioni riservate,

35.
    Lo scopo principale di tali diverse riunioni era quello di fornire alla Commissione le informazioni provenienti dall'industria necessarie all'applicazione dell'art. 46 del Trattato e del sistema di sorveglianza istituito con la decisione n. 2448/88. In esse si riunivano i funzionari della DG III (in particolare i signori Ortún, Kutscher, Evans, Drees, Aarts e Vanderseypen), il presidente del CDE, i presidenti delle commissioni prodotti dell'Eurofer, taluni rappresentanti di altre associazioni siderurgiche e taluni membri del personale dell'Eurofer. I rappresentanti dell'industria fornivano alla Commissione informazioni generali sulla situazione economica di ciascun prodotto. I dati, generali e per prodotto, scambiati in tali occasioni riguardavano il consumo reale, il consumo apparente, i prezzi, gli ordini, le consegne, le importazioni, le esportazioni e lo stato delle giacenze. Un breve resoconto delle suddette riunioni, meglio noto come «speaking notes», era inviato dalla Eurofer alla DG III, normalmente qualche giorno dopo la riunione in questione.

Decisione «acciaio inossidabile» del 18 luglio 1990

36.
    Il 18 luglio 1990 la Commissione adottava la decisione 90/417/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo 65 del trattato CECA concernente l'accordo e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di prodotti piatti di acciaio inossidabili laminati a freddo (GU L 220, pag. 28; in prosieguo: la «decisione acciaio inossidabile»), con la quale irrogava ammende di importo variante dai 25 000 ai 100 000 ECU a talune imprese siderurgiche, tra le quali la British Steel, la Thyssen Edelstahlwerke AG, società affiliata alla ricorrente, e la Ugine aciers de Châtillon et Gueugnon, controllata della Unimétal, per aver violato l'art. 65, n. 1, del Trattato avendo concluso un accordo sulle quote sui prezzi in data 15 aprile 1986.

Considerazioni effettuate dalla Commissione, a partire dal 1990, sul futuro del Trattato CECA

37.
    La Commissione avviava una riflessione sul futuro del Trattato CECA nel corso dell'anno 1990, come testimonia una bozza di comunicazione su tale argomento, datata 23 ottobre 1990, del signor Bangemann, membro della Commissione responsabile della politica industriale, ai membri della Commissione (allegato 10 all'atto introduttivo nella causa T-156/94). In tale documento, la Commissione privilegiava la possibilità della scadenza a termine, nel 2002, del Trattato CECA, «utilizzando la flessibilità che tale trattato offre per adattarne, per quanto possibile, l'applicazione alla situazione dei due settori, e organizzando progressivamente la ripresa (”phasing in”) di questi ultimi nel Trattato CEE nel 2002» (v. altresì la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo 15 marzo 1991, SEC (91) 407 definitivo, sul futuro del Trattato CECA, atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 1).

38.
    Nella comunicazione del settembre 1991 sulla politica della concorrenza CECA (VI/832/91) (memoria di replica nella causa T-151/94, allegato 5), la Commissione

proponeva «di uniformare per quanto possibile le procedure CECA e CEE in materia di concorrenza». Del pari, nella XXa Relazione sulla politica della concorrenza, pubblicata nel 1991, la Commissione faceva osservare in particolare che (punto 122): «[E'] venuto il momento di allineare per quanto possibile le norme di concorrenza del trattato CECA su quelle del trattato di Roma».

C — Procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

39.
    Il 16, il 17 e il 18 gennaio 1991 la Commissione effettuava sopralluoghi, sulla scorta di decisioni individuali adottate a norma dell'art. 47 del Trattato, negli uffici di sette imprese e di due associazioni di categoria. Accertamenti supplementari venivano effettuati il 5, il 7 e il 25 marzo 1991 e ulteriori informazioni venivano fornite da alcune delle imprese e associazioni di categoria di cui trattasi su richieste formulate dalla Commissione a norma dell'articolo 47 del Trattato CECA.

40.
    La Commissione inviava una comunicazione degli addebiti alle imprese ed alle associazioni interessate, tra le quali la ricorrente, il 6 maggio 1992. La ricorrente ad essa replicava con lettere 18 agosto e 20 dicembre 1992.

41.
    Le parti avevano inoltre la possibilità di presentare le proprie osservazioni nel corso dell'audizione svoltasi a Bruxelles dall'11 al 14 gennaio 1993, i resoconti della quale venivano loro inviati l'8 luglio e l'8 settembre 1993. In tale occasione il consigliere auditore, tenuto conto delle numerose allusioni fatte delle parti presenti a taluni contatti che sarebbero stati intrattenuti dalla DG III con i produttori di travi durante il periodo considerato dalla comunicazione degli addebiti, le invitava a comunicargli tutti gli elementi di prova al riguardo in loro possesso. La ricorrente aderiva al detto invito con lettera 16 febbraio 1993.

42.
    Con lettera 22 aprile 1993, il consigliere auditore comunicava alle parti interessate la propria intenzione di non procedere ad una seconda audizione.

43.
    Il 15 febbraio 1994, vale a dire alla vigilia della decisione, i negoziati allora in corso tra la Commissione ed i rappresentanti dell'industria siderurgica, intesi alla ristrutturazione della detta industria attraverso riduzioni volontarie delle capacità produttive, venivano interrotti, essendone stato constatato il fallimento.

44.
    Stando al processo verbale della 1189a riunione della Commissione (mattutina e pomeridiana), prodotto dalla convenuta su richiesta del Tribunale, la decisione veniva definitivamente adottata nel corso della seduta pomeridiana del 16 febbraio 1994.

45.
    A mezzogiorno del 16 febbraio 1994 il signor Van Miert, membro della Commissione responsabile delle questioni di concorrenza, indiceva una conferenza stampa nel corso della quale annunciava che la Commissione aveva appena adottato la decisione, indicando l'importo delle ammende irrogate alle ricorrenti

British Steel, Preussag e ARBED. Tali importi non corrispondevano a quelli riportati dalla decisione. Egli indicava del pari, dettagliatamente, taluni criteri adottati per la fissazione delle ammende e rispondeva alle domande dei giornalisti. Negava, in particolare, qualsiasi nesso tra la decisione ed il fallimento, il giorno precedente, dei negoziati sulle riduzioni volontarie delle capacità produttive.

46.
    Il 24 febbraio 1994, nel corso di un dibattito al Parlamento europeo, taluni parlamentari si interrogavano sui motivi che avevano indotto la Commissione ad adottare la decisione all'indomani del fallimento dei negoziati sulla ristrutturazione dell'industria. Il commissario Van Miert difendeva la posizione della Commissione e sottolineava che si trattava di due questioni diverse.

D — La decisione

47.
    La decisione, notificata alla ricorrente il 3 marzo 1994, unita alla lettera 28 febbraio 1994 a firma del signor Van Miert (in prosieguo: la «Lettera»), recava un dispositivo del seguente tenore:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno partecipato, nella misura descritta nella presente decisione, alle pratiche anticoncorrenziali, elencate per ciascuna di esse, che hanno impedito, limitato ed alterato il gioco normale della concorrenza sul mercato comune. Per le ammende inflitte, la durata dell'infrazione è indicata in mesi, ad eccezione dell'armonizzazione degli extra per la quale la partecipazione all'infrazione è contraddistinta da una ”x”.

(...)

Thyssen

a)    Scambio di informazioni riservate tramite la commissione travi e Walzstahl-Vereinigung (30)

b)    Fissazione dei prezzi nella commissione travi (30)

c)    Fissazione dei prezzi per il mercato tedesco (3)

d)    Fissazione dei prezzi per il mercato italiano (3)

e)    Fissazione del prezzi per il mercato danese (30)

f)    Ripartizione del mercato, ”metodo Traverso” (3 + 3)

g)    Ripartizione del mercato francese (3)

h)    Ripartizione del mercato italiano (3)

i)    Armonizzazione degli extra (x)

Articolo 2

Eurofer ha violato l'articolo 65 del trattato CECA organizzando lo scambio di informazioni riservate tra i propri membri in relazione alle infrazioni commesse da questi ultimi ed elencate all'articolo 1.

Articolo 3

Qualora non vi abbiano già provveduto, le imprese e le associazioni di imprese dicui agli articoli 1 e 2 sono tenute a porre immediatamente fine alle infrazioni descritte in detto articolo. A tal fine esse si astengono dal ripetere o dal continuare qualsiasi atto o comportamento specificato all'articolo 1 o all'articolo 2 e dall'adottare misure aventi effetto equivalente.

Articolo 4

Per le infrazioni indicate all'articolo 1, commesse dopo il 30 giugno 1988 (dopo il 31 dicembre 1989 (2) nel caso di Aristrain e Ensidesa), vengono inflitte le seguenti ammende:

(...)

Thyssen Stahl AG     6 500 000 ECU

(...)

Articolo 5

Le ammende inflitte ai sensi dell'articolo 4 devono essere versate entro tre mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione (...).

A decorrere dalla scadenza del termine sopraindicato l'ammenda produce interessi di pieno diritto al tasso applicato dal Fondo europeo di cooperazione monetaria per le sue operazioni in ECU il primo giorno feriale del mese nel quale è stata adottata la presente decisione e maggiorato di tre punti e mezzo, ossia 9,75%.

Le ammende il cui ammontare supera i 20 000 ECU possono tuttavia essere pagate in cinque rate annuali di identico ammontare.

—    Il pagamento della prima rata deve avvenire entro tre mesi dalla data della notifica della presente decisione.

—    Il pagamento della seconda, terza, quarta e quinta rata deve avvenire rispettivamente entro un anno, due anni, tre anni e quattro anni dalla data della notifica della presente decisione. All'ammontare di ogni rata devono essere aggiunti gli interessi, calcolati sull'intero rimanente dell'ammontare, applicando il tasso utilizzato dal Fondo europeo di cooperazione monetaria, le sue operazioni in ECU, il mese che precede la scadenza di ogni pagamento annuale. Questa facilitazione è subordinata alla presentazione, alla data indicata al primo trattino, di un garanzia bancaria che sia accettabile per la Commissione che copra il rimanente ammontare principale e gli interessi.

    In caso di ritardo nel pagamento, questo tasso verrà aumentato di 3,5 punti percentuali.

(...)

Articolo 6

Sono destinatarie della presente decisione:

(...)

— Thyssen Stahl AG

(...)».

48.
    Dopo aver ricordato l'art. 5 della decisione, la Lettera dispone:

«Qualora introduciate un ricorso dinanzi ai giudici comunitari, la Commissione non procederà ad alcuna misura di recupero fintanto che la causa sia pendente dinanzi a detti giudici alla duplice condizione che:

—    accettiate che il vostro debito, tra il momento della sua esigibilità e quello del pagamento, che dovrà avvenire nel mese successivo alla pronuncia della sentenza definitiva, produca interessi ai tassi seguenti:

    —    nel caso abbiate scelto di pagare in un'unica soluzione, al tasso di 7,75%,

    —    nel caso in cui abbiate scelto di pagare in rate annuali, per la prima rata al tasso del 7,75% e per le rate successive al tasso di cui all'art. 5 per ciascuna di esse, maggiorato di un punto e mezzo.

—    e forniate alla Commissione, entro la data di scadenza del termine di cui all'art. 5, primo trattino, della decisione, una garanzia accettabile per la Commissione che copra il debito tanto per il principale quanto per gli interessi (...)».

Procedimento dinanzi al Tribunale, sviluppi successivi alla presentazione del ricorso e conclusioni delle p arti

49.
    Il presente ricorso è stato proposto con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l'8 aprile 1994.

50.
    Con lettera 7 settembre 1994 inviata alla cancelleria, la Aristrain, ricorrente nella causa T-156/94, ha domandato se la Commissione avesse, nella fattispecie, ottemperato agli obblighi ad essa imposti dall'art. 23 dello Statuto (CECA) della Corte (in prosieguo: l'«art. 23»), relativo alla trasmissione dei documenti. Invitata a presentare le proprie osservazioni su tale richiesta, la Commissione ha risposto in sostanza, con lettera 12 ottobre 1994, di ritenere di aver ottemperato alle prescrizioni contenute nel detto art. 23.

51.
    La cancelleria del Tribunale ha chiesto alla Commissione, con lettera 25 ottobre 1994, di ottemperare agli obblighi che le incombevano ai sensi dell'art. 23. La Commissione ha depositato in cancelleria circa 11 000 documenti relativi alla decisione, presentati con una lettera in data 24 novembre 1994, nella quale ha fatto valere che i documenti, poiché contenevano segreti commerciali, nonché propri documenti interni, non avrebbero dovuto essere resi accessibili alle imprese interessate.

52.
    A seguito di una riunione informale con le parti, tenutasi il 14 marzo 1995, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha invitato le dette parti, con lettera della cancelleria 30 marzo 1995, a pronunciarsi per iscritto sui problemi di riservatezza così sollevati, nonché sull'eventuale riunione delle cause. Tenuto conto delle risposte incomplete delle parti, il Tribunale ha rivolto loro una seconda serie di quesiti, con lettera della cancelleria 21 luglio 1995 (25 luglio nel caso della British Steel). Il Tribunale ha invitato inoltre la convenuta a pronunciarsi su una nuova domanda della British Steel, in data 14 luglio 1995.

53.
    Nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale, pervenute tra il 6 e il 15 settembre 1995, le ricorrenti hanno, in particolare, precisato le loro domande di accesso ai documenti interni della Commissione, alla luce di un elenco dei detti documenti allegato ad una lettera che questa aveva inviato al Tribunale il 25 giugno 1995.

54.
    Con ordinanza 19 giugno 1996, cause riunite T-134/94, T-136/94, T-137/94, T-138/94, T-141/94, T-145/94, T-147/94, T-148/94, T-151/94, T-156/94 e T-157/94, NMH Stahlwerke e a./Commissione (Racc. pag. II-537; in prosieguo: l'«ordinanza 19 giugno 1996»), il Tribunale (Seconda Sezione ampliata, alla quale era stato nel frattempo assegnato il giudice relatore) ha statuito sul diritto d'accesso delle ricorrenti ai documenti trasmessi dalla convenuta emananti dalle stesse ricorrenti o da soggetti terzi al presente procedimento, classificati dalla Commissione come riservati nell'interesse di tali terzi. Per contro, il Tribunale si è riservato di pronunciarsi sulle domande delle ricorrenti relative all'accesso ai documenti di tale fascicolo classificati dalla convenuta quali documenti interni, nonché sulle loro domande dirette alla produzione di documenti non figuranti nel detto fascicolo, invitando nel contempo la convenuta a specificare, in maniera concreta e circostanziata, le ragioni per le quali riteneva che taluni documenti qualificati «interni», tra i quali i documenti che compongono tale fascicolo, non potessero essere comunicati alle ricorrenti.

55.
    La convenuta ha dato seguito a tale invito del Tribunale con lettere in data 11, 12 e 13 settembre 1996. Nelle medesime lettere ha suggerito di rinviare ciascuna delle cause al Tribunale in seduta plenaria, ai sensi dell'art. 14 del regolamento di procedura del Tribunale. Invitate a presentare le proprie osservazioni su quest'ultima richiesta, le ricorrenti hanno risposto con lettere inviate al Tribunale dal 4 al 18 ottobre 1996. Le ricorrenti nelle cause T-134/94, T-137/94, T-138/94, T-148/94, T-151/94 e T-157/94 si sono dichiarate contrarie a tale rinvio.

56.
    Con ordinanza 10 dicembre 1997, cause riunite T-134/94, T-136/94, T-137/94, T-138/94, T-141/94, T-145/94, T-147/94, T-148/94, T-151/94, T-156/94 e T-157/94, NMH Stahlwerke e a./Commissione (Racc. pag. II-2293, in prosieguo: l'«ordinanza 10 dicembre 1997»), il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) si è pronunciato sulle domande di accesso delle ricorrenti ai documenti classificati dalla Commissione come «interni», ordinando che fossero versati nel fascicolo della causa taluni documenti, trasmessi al Tribunale ai sensi dell'art. 23, relativi ai contatti stabiliti tra la DG III e l'industria siderurgica nel periodo d'infrazione accertato dalla decisione per stabilire l'importo delle ammende, nonché taluni documenti provenienti dalla direzione generale delle Relazioni esterne (DG I) relativi ai contatti stabiliti tra la Commissione e talune autorità nazionali scandinave. Il Tribunale ha del pari adottato alcuni provvedimenti istruttori, ordinando alla Commissione di produrre verbali o note riguardanti le riunioni tenutesi tra la DG III ed i rappresentanti dell'industria siderurgica nel periodo tra il luglio 1988 e il novembre 1990. Il Tribunale ha ordinato, infine, la riunione delle cause ai fini dell'istruttoria e della trattazione orale, senza rinviarle alla seduta plenaria.

57.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di dare inizio alla trattazione orale e di rivolgere taluni quesiti scritti alle parti, ai sensi dell'art. 64 del regolamento di procedura. In particolare, con lettera della cancelleria 26 novembre 1997, ha invitato la convenuta a produrre il testo del verbale definitivo della riunione della Commissione 16 febbraio 1994 (mattutina e pomeridiana), nella

parte relativa all'adozione della decisione impugnata. Con la medesima lettera il Tribunale ha inoltre chiesto alla Commissione di indicare per ciascuna ricorrente, nonché per le imprese Norsk Jernverk e Inexa Profil AB:

—    il fatturato preso in considerazione per irrogare l'ammenda a ciascuna impresa;

—    i diversi tassi da essa applicati al fatturato per calcolare l'ammenda di ciascuna impresa interessata;

—    gli argomenti o le considerazioni, specificati per ciascuna impresa, presi in considerazione con riguardo alle varie circostanze, aggravanti o attenuanti, per ottenere il risultato finale dell'ammenda.

58.
    La convenuta ha risposto a tali quesiti del Tribunale con lettera in data 19 gennaio 1998, depositata in cancelleria il 22 gennaio. Unitamente a tale lettera ha trasmesso al Tribunale due documenti, intitolati rispettivamente «Progetto di verbale della 1189a riunione della Commissione tenutasi a Bruxelles (Breydel) mercoledì 16 febbraio 1994 (mattutina e pomeridiana)» e «Progetto di verbale speciale della 1189a riunione della Commissione tenutasi a Bruxelles (Breydel) mercoledì 16 febbraio 1994 (mattutina e pomeridiana)», facendo valere che questi due documenti erano coperti dal segreto delle deliberazioni e che non dovevano essere comunicati alle parti ricorrenti.

59.
    Con lettera della cancelleria 27 novembre 1997, il Tribunale ha invitato del pari la ricorrente a precisare in quale misura essa persistesse nell'affermazione di non aver avuto accesso a taluni documenti a suo carico nel corso del procedimento amministrativo. La ricorrente ha replicato a tale domanda con lettera 19 gennaio 1998.

60.
    Il 14 gennaio 1998 il Tribunale ha tenuto una riunione informale con le parti per pianificare il corretto svolgimento dell'udienza. Esso ha, in particolare, indicato alle parti che esse avevano diritto all'accesso ai documenti trasmessigli ai sensi dell'art. 23, nei limiti indicati nelle ordinanze 19 giugno 1996 e 10 dicembre 1997 e secondo modalità che sarebbero state definite dalla cancelleria. Esso ha chiesto parimenti alle parti di indicargli, dopo aver avuto accesso al fascicolo, a quali ulteriori documenti intendessero far riferimento in udienza.

61.
    Le ricorrenti ARBED, Aristrain, Cockerill-Sambre, British Steel, Ensidesa, Preussag e Unimétal hanno consultato il detto fascicolo del Tribunale ed hanno ottenuto copia dei documenti da esse ritenuti necessari per la difesa. Con lettera 9 febbraio 1998, la Ensidesa ha presentato osservazioni su alcuni dei documenti di cui trattasi.

62.
    Con lettera della cancelleria 30 gennaio 1998, il Tribunale ha rivolto alla Commissione e alla Eurofer taluni quesiti supplementari relativi al sistema di

scambio mensile di informazioni sugli ordinativi e sulle consegne istituito da quest'ultima e descritto nella decisione con la definizione di «fast bookings». Le dette parti hanno replicato con lettere in data 18 e 23 febbraio rispettivamente.

63.
    Con lettera dalla cancelleria 6 febbraio 1998, il Tribunale ha inoltre rivolto taluni quesiti supplementari alla convenuta in ordine al metodo di calcolo delle ammende utilizzato nella fattispecie, ai quali quest'ultima ha risposto con lettera in data 20 febbraio 1998, depositata in cancelleria il 24 febbraio.

64.
    Con ordinanza 16 febbraio 1998 il Tribunale (Seconda Sezione ampliata) ha ordinato che fosse versato agli atti, e comunicato alle ricorrenti, il solo documento intitolato «Bozza di verbale della 1189a riunione della Commissione tenutasi a Bruxelles (Breydel) mercoledì 16 febbraio 1994 (mattutina e pomeridiana)» depositato in cancelleria il 22 febbraio 1998.

65.
    Con lettere in data 13 e 19 febbraio 1998, le ricorrenti hanno presentato domande comuni per l'adozione di misure istruttorie relative, in particolare, al calcolo delle ammende e dirette alla produzione dei documenti riguardanti l'adozione della decisione. La Commissione ha replicato ad esse con lettera 2 marzo 1998.

66.
    Con lettera della cancelleria 11 marzo 1998, il Tribunale ha invitato la convenuta, da un lato, a completare le sue risposte ai quesiti del Tribunale, datate 19 gennaio e 20 febbraio 1998, indicando, per ciascuna ricorrente, i calcoli aritmetici precisi che consentono di comprendere come siano stati determinati in concreto gli importi delle ammende e, d'altro lato, di produrre il verbale definitivo della riunione della Commissione (mattutina e pomeridiana) nel corso della quale è stata adottata la decisione, nonché gli allegati nella parte in cui riguardano la stessa decisione. La convenuta ha replicato a tale domanda con lettera 19 marzo 1998 ed ha depositato in cancelleria il verbale definitivo della riunione della Commissione 16 febbraio 1994, nonché gli allegati.

67.
    Con ordinanza 23 marzo 1998, il Tribunale ha ordinato che i signori Ortún eVanderseypen, funzionari della DG III, e il signor Kutscher, ex funzionario della DG III, fossero sentiti in qualità di testimoni sui contatti intercorsi tra la DG III e l'industria siderurgica nel corso del periodo d'infrazione preso in considerazione ai fini della fissazione dell'importo delle ammende, vale a dire dal 1. luglio 1988 alla fine del 1990.

68.
    All'udienza, svoltasi dal 23 al 27 marzo 1998, le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle risposte ai quesiti del Tribunale (Seconda Sezione ampliata), composto dai signori A. Kalogeropoulos, presidente, e C. P. Briët, C. W. Bellamy, A. Potocki e J. Pirrung, giudici. Le ricorrenti hanno presentato una difesa orale comune su taluni punti. Il Tribunale ha sentito, in qualità di esperto, il professor Steindorff, già segretario della delegazione tedesca all'epoca dei negoziati precedenti la firma del Trattato CECA. Il Tribunale ha del pari sentito, in qualità di testimoni, i signori Ortún, Vanderseypen e Kutscher, nonché, su richiesta della

Preussag, i suoi legali rappresentanti, i signori Mette e Kröll. Il Tribunale ha inoltre preso visione di una videoregistrazione della conferenza stampa del commissario Van Miert del 16 febbraio 1994, prodotta dalla Aristrain.

69.
    Un certo numero di nuovi documenti è stato depositato nel corso dell'udienza, su richiesta del Tribunale o dietro sua autorizzazione. Il Tribunale ha del pari invitato la Commissione a produrre taluni documenti concernenti le sue relazioni con le autorità nazionali scandinave nel corso degli anni 1989 e 1990. Tali documenti sono stati depositati in cancelleria insieme ad una lettera della Commissione in data 11 maggio 1998.

70.
    La fase orale del procedimento si è conclusa al termine dell'udienza del 27 marzo 1998. Poiché due membri della Sezione non potevano partecipare alla deliberazione dopo la scadenza del loro mandato il 17 settembre 1998, le deliberazioni del Tribunale sono state proseguite dai tre giudici, la firma dei quali compare nella presente sentenza, ai sensi dell'art. 32 del regolamento di procedura.

71.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare gli artt. 1, 3 e 4 della decisione nella parte in cui la riguardano;

—    in subordine, ridurre ad un importo adeguato l'ammenda irrogatale dall'art. 4 della decisione;

—    in ulteriore subordine, annullare la Lettera nella parte in cui fissa un tasso d'interesse diverso da quello indicato dall'art. 5 della decisione;

—    condannare la Commissione alle spese.

72.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

Sulla domanda diretta all'annullamento dell'art. 1 della decisione

73.
    A sostegno della propria domanda diretta all'annullamento dell'art. 1 della decisione, la ricorrente adduce molteplici argomenti che possono essere raggruppati nel modo seguente. Essa formula, in primo luogo, una serie di argomenti relativi alla violazione dei suoi diritti procedurali. In secondo luogo, essa avanza vari argomenti relativi alla violazione delle forme sostanziali da parte della Commissione nel corso del procedimento amministrativo. In una terza serie di argomenti, la ricorrente deduce la violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato (v. infra, punti 171 e 172).

A — Sulla violazione dei diritti procedurali della ricorrente

Sulla mancata trasmissione di tutti i documenti ai quali fa riferimento la decisione

Sintesi degli argomenti della ricorrente

74.
    La ricorrente contesta alla Commissione di aver violato i suoi diritti della difesa, in quanto la decisione si fonderebbe su svariati documenti, citati anche nella comunicazione degli addebiti, che non erano stati allegati né trasmessi in una fase successiva del procedimento amministrativo. La ricorrente sottolinea di aver denunciato, con lettera 20 dicembre 1992 e nel corso dell'audizione amministrativa, la mancata trasmissione della maggior parte di tali documenti.

75.
    Nella memoria di replica, la ricorrente ammette che «la maggior parte dei documenti considerati nella [presente] censura (...) le sono stati trasmessi il 19 gennaio 1993», e aggiunge di «desistere dalla censura per quanto riguarda i documenti considerati».

76.
    Invitata dal Tribunale a precisare in che misura e per quali specifici documenti mantenesse il motivo in esame, la ricorrente ha puntualizzato, con lettera depositata in cancelleria il 19 gennaio 1998, che essa desisteva per la parte in cui aveva fatto valere che i documenti di cui al paragrafo 17 dell'atto introduttivo non le erano stati comunicati prima dell'adozione della decisione, mantenendo tuttavia il motivo per la parte nella quale aveva imputato alla Commissione di non averle comunicato tali documenti con la comunicazione degli addebiti, impedendole così di avvalersene nel corso dell'audizione amministrativa.

Giudizio del Tribunale

77.
    Il Tribunale ricorda che i diritti della difesa invocati dalla ricorrente sono, nella fattispecie, garantiti dall'art. 36, primo comma del Trattato CECA, ai sensi del quale, prima di infliggere una delle sanzioni pecuniarie previste dal detto Trattato, la Commissione deve mettere l'interessato in grado di presentare le sue osservazioni. Nella fattispecie, per quanto riguarda il rispetto di tale garanzia, occorre operare una distinzione tra i documenti la cui mancata trasmissione è già stata denunciata nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992 e quelli per i quali tale critica è stata formulata per la prima volta nell'atto introduttivo di ricorso.

— Sui documenti la cui mancata trasmissione è stata denunciata nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992

78.
    Dall'allegato 3 alla comunicazione degli addebiti risulta che copia dei documenti riguardanti la ricorrente è stata inviata a quest'ultima dalla Commissione con lettera 6 maggio 1992. Un certo numero di documenti indicati nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992 è menzionato nelle stesso allegato 3.

79.
    Nell'allegato 2 alla comunicazione degli addebiti, la Commissione ha peraltro fornito alla ricorrente una lista di tutti i documenti che compongono il fascicolo della causa in esame, indicando quelli riguardo ai quali era disposta a concederle l'accesso. Tutti i documenti indicati nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992, ad eccezione di un complesso di documenti riguardanti lo scambio di informazioni per il tramite della Eurofer, trasmessile dalla Commissione con lettera 14 luglio 1992, sono stati classificati, nell'allegato 2 alla comunicazione degli addebiti, come «accessibili» o, per un certo numero di documenti interni della British Steel, come «parzialmente accessibili» alla ricorrente. Per quanto riguarda quest'ultima categoria, la ricorrente non ha contestato il fatto che gli addebiti si fondano unicamente sui brani accessibili.

80.
    Il 5 giugno 1992 la ricorrente ha avuto accesso al fascicolo nei modi indicati nella lettera della Commissione 6 maggio 1992. Essa ha quindi potuto ottenere copia di tutti i documenti classificati come «accessibili» o «parzialmente accessibili» dalla Commissione.

81.
    Nella risposta alla comunicazione degli addebiti del 18 agosto 1992, la ricorrente non ha lamentato la mancata trasmissione dei documenti, con la sola eccezione del «documento citato al punto 266» della detta comunicazione degli addebiti (pag. 5 della lettera di risposta). Solo nella lettera 20 dicembre 1992, ovvero più di sette mesi dopo la data della comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha inviato alla Commissione un elenco dei documenti che asseriva non esserle stati comunicati.

82.
    In occasione dell'audizione amministrativa svoltasi dall'11 al 14 gennaio 1993 il consigliere auditore ha preso in considerazione l'eventualità che una copia dei documenti citati nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992 le fosse (nuovamente) trasmessa e l'ha invitata a verificare se, alla luce di tali documenti, la sua risposta alla comunicazione degli addebiti dovesse essere modificata, aggiungendo che avrebbe valutato successivamente se l'intera pratica dovesse essere riesaminata (verbale dell'audizione, pag. 176).

83.
    Il 19 gennaio 1993 un rappresentante della ricorrente ha firmato una ricevuta recante la seguente dicitura:

«Following your access to files June 5, 1992, your letter dated December 20, 1992, and your request at the hearing January 12, 1993, the documents, listed in the above mentioned letter, have been given to the undersigned as of this date. All of these documents were available either in the appendix 3 to the Statement of Objections or in the files you consulted on June the 5th, 1992». («A seguito dell'accesso da voi avuto ai fascicoli del 5 giugno 1992, della vostra lettera 20 dicembre 1992, della vostra richiesta all'audizione del 12 gennaio 1993, i documenti, elencati nella lettera sopra citata, sono stati consegnati alla persona sotto indicata in data odierna. Tutti questi documenti figuravano nell'allegato 3 alla comunicazione degli addebiti o nei fascicoli da voi consultati il 5 giugno 1992»).

84.
    Dal controricorso della Commissione risulta tuttavia che, contrariamente a quanto indicato nella detta ricevuta, cinque documenti menzionati nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992 non le sono stati trasmessi il 19 gennaio 1993. Questi cinque documenti erano, nondimeno, classificati come «accessibili» nell'elenco unito all'allegato 2 della comunicazione degli addebiti, ad eccezione di uno di essi (una nota del fascicolo della British Steel relativa ad una riunione tenutasi il 14 settembre 1988, citata al punto 172 del preambolo della decisione) che non era stato usato a carico della ricorrente.

85.
    Pur avendo scritto al consigliere auditore il 16 febbraio 1993 a proposito dei contatti stabilitisi tra la DG III e l'industria siderurgica, e pur avendo ricevuto il resoconto dell'audizione non più tardi dell'8 settembre 1993, la ricorrente non ha risollevato la questione dell'accesso al fascicolo.

86.
    Il Tribunale ritiene che, alla luce di queste circostanze, la ricorrente non abbia comprovato di non essere stata messa in grado, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sui documenti menzionati nella lettera 20 dicembre 1992.

87.
    Ne consegue che gli argomenti relativi all'asserita mancata trasmissione dei documenti ai quali fa riferimento la decisione devono essere respinti nella parte in cui riguardano i documenti citati nella lettera della ricorrente 20 dicembre 1992.

— Sui documenti la cui mancata trasmissione è stata fatta valere per la prima volta nell'atto introduttivo del ricorso

88.
    Questa categoria comprende solo un numero esiguo di documenti, vale a dire: il prospetto delle consegne, in data 3 dicembre 1990, citato all'allegato 1, punto 26, della decisione; la nota manoscritta della Peine-Salzgitter menzionata al punto 63 del preambolo della decisione; l'insieme dei documenti citati al punto 115 del preambolo della decisione e il fax del responsabile degli affari giuridici della Eurofer inviato il 3 dicembre 1990 alla detta associazione (punto 140 del preambolo della decisione).

89.
    Per quanto riguarda i documenti acclusi alla comunicazione degli addebiti secondo il suo allegato 3, vale a dire tutti i documenti sopra menzionati ad eccezione del primo, occorre rilevare che la ricorrente non ha criticato la loro mancata comunicazione nella lettera 20 dicembre 1992. Si deve quindi presumere che essi siano stati effettivamente acclusi alla comunicazione degli addebiti. In ogni caso, tali documenti erano ripresi anche nell'allegato 2 della detta comunicazione, in quanto documenti accessibili alla ricorrente nei fascicoli della Commissione.

90.
    Quanto ai prospetti delle consegne datati 3 dicembre 1990, essi non sono stati presi in considerazione a carico della ricorrente né contengono nessun elemento a suo discarico, circostanza che peraltro la ricorrente non ha messo in discussione dopo

aver avuto ad essi accesso nell'ambito del procedimento contenzioso, a seguito dell'ordinanza 19 giugno 1996.

91.
    Ne consegue che gli argomenti che la ricorrente trae dall'asserita mancata trasmissione dei documenti ai quali si riferisce la decisione devono essere respinti nel loro complesso.

Sulla violazione del «principio dell'inchiesta d'ufficio» e del diritto ad un equo procedimento

92.
    Con una prima censura, la ricorrente addebita alla convenuta di non aver verificato in dettaglio, nonostante le richieste formulatele nel corso del procedimento amministrativo, in quale misura i funzionari della DG III avessero indotto le imprese ad attuare le pratiche che sono loro imputate nella decisione, né in che misura essi vi abbiano preso parte. L'affermazione, che compare al punto 312 del preambolo della decisione, secondo la quale la Commissione ha condotto al riguardo un'inchiesta approfondita sarebbe dubbia, tenuto conto della laconicità della risposta fornita, nei punti 312 e 315 del preambolo, all'esposizione dettagliata fatta dalla ricorrente nelle sue domande. Essa verrebbe per giunta contraddetta dallo scambio di corrispondenza interna tra la DG III e la direzione generale della Concorrenza (DG IV), prodotto dalla Commissione in allegato al controricorso.

93.
    La ricorrente sottolinea come gli stessi funzionari della DG IV responsabili della pratica di cui trattasi non abbiano mai consultato i fascicoli della DG III relativi agli incontri tra i rappresentanti svolta dalle imprese e la Commissione. Nella difesa orale comune svolta dalle ricorrenti all'udienza è stato particolarmente contestato alla convenuta di aver omesso, nel corso del procedimento amministrativo, da un lato, di esaminare le 26 note interne della DG III relative alle riunioni che hanno avuto luogo tra i produttori di acciaio nel periodo tra il luglio 1988 e il novembre 1989, nonché i documenti relativi ai contatti tra la Commissione e le autorità svedesi, che sono stati prodotti successivamente, in esecuzione dell'ordinanza 10 dicembre 1997, e, dall'altro, di acquisire le testimonianze dei signori Ortún, Kutscher e Vanderseypen.

94.
    Con una seconda censura, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver messo i risultati della sua inchiesta a disposizione delle imprese e di non aver offerto loro la possibilità, che costituirebbe una garanzia dei diritti della difesa, di esporre il loro punto di vista al riguardo prima dell'adozione della decisione, vuoi tenendo una seconda audizione vuoi offrendo loro l'occasione di presentare commenti per iscritto.

95.
    Il Tribunale sottolinea, preliminarmente, che le censure relative alla violazione del principio dell'inchiesta d'ufficio e dei diritti procedurali della ricorrente, in particolare per quanto riguarda il fatto che la Commissione avrebbe rifiutato di procedere a nuove audizioni, sono formalmente diverse dalla questione se la

convenuta potesse legittimamente ritenere che i documenti prodotti dalle ricorrenti dopo l'audizione non corroborassero le loro asserzioni. Tale questione verrà esaminata in seguito (v. infra, nella parte D, dedicata alla partecipazione della Commissione alle infrazioni addebitate alla ricorrente).

96.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la censura relativa all'asserita violazione del principio dell'inchiesta d'ufficio, il Tribunale rileva che la Commissione, da un lato, si è trovata di fronte ad affermazioni che avevano una sicura importanza per la difesa delle imprese interessate, come essa ha peraltro riconosciuto al punto 312 del preambolo della decisione, e, dall'altro, per quanto attiene al comportamento dei propri uffici, in una posizione privilegiata rispetto a tali imprese per verificarne la veridicità o la falsità.

97.
    Il Tribunale ritiene pertanto che dai principi di buona amministrazione e del contraddittorio discenda che la Commissione aveva l'obbligo di istruire tale aspetto della pratica con serietà, per accertare in quale misura le controverse affermazioni fossero o meno fondate. Compete tuttavia alla Commissione, e non alle ricorrenti, stabilire le modalità per procedere a tale istruzione.

98.
    Ora, risulta dal fascicolo che, con nota n. 002793 del 22 luglio 1991 (allegato 2 al controricorso), ovvero prima dell'invio della comunicazione degli addebiti, il signor Temple Lang, direttore della direzione D «Intese, abusi di posizione dominante e altre distorsioni della concorrenza III» della DG IV, si è rivolto al signor Ortún, direttore della «direzione E ”Mercato interno e affari industriali III” della DG III», nei seguenti termini:

«Desideriamo (...) chiarire il livello di informazioni scambiate tra la DG III e il CDE Eurofer in occasione delle riunioni di preparazione dei programmi previsionali per l'acciaio. Potreste descriverci:

—    le modalità di calcolo dei dati comunitari relativi all'acciaio greggio ed alle categorie di prodotti quando erano pubblicati;

—    i dati statistici ricevuti dalla DG III in occasione delle riunioni con la delegazione del CDE, nonché il loro grado di aggregazione e di periodicità?

Avete sentito parlare, nel corso delle vostre riunioni, del cosiddetto ”metodo Traverso”, il cui obiettivo sembra essere quello di adeguare la domanda e le consegne per mercato nazionale per le diverse categorie di prodotti?».

99.
    Nella nota di risposta n. 10018 del 12 settembre 1991 (allegato 3 al controricorso), il signor Ortún portava all'attenzione del signor Temple Lang in particolare quanto segue:

«2.    Quanto alle informazioni ricevute dalla Eurofer, oltre a copia delle statistiche rapide dell'Eurofer sugli ordini e le consegne di cui avete avuto

conoscenza, ricevevamo previsioni in allegato (...) I dati erano sempre aggregati al livello della CEE.

    Ricordo anche che la DG III aveva avuto cura (al momento della messa in moto del sistema previsionale per prodotti) di pubblicare solo previsioni di produzione (non di consegne), di arrotondarle e di modificare la loro definizione (...) allo scopo di allontanarsi dalle definizione adottate dalla Eurofer.

3.    Gli incontri con il CDE avevano luogo nell'ambito delle riunioni di gruppi di esperti della sorveglianza, in linea di massima ogni tre mesi, per commentare la situazione del mercato. Tali incontri hanno preso di recente un carattere più occasionale. L'ultimo incontro, in occasione del quale abbiamo consegnato la nota [speaking] qui allegata, risale al 19 luglio 1991. Consideriamo tali riunioni utili per garantire un controllo regolare del mercato (...)

4.    Quanto al cosiddetto ”metodo Traverso”, confesso che nessuno dei miei attuali collaboratori [ne] aveva sentito parlare (...)».

100.
    Il fascicolo trasmesso dalla Commissione al Tribunale ai sensi dell'art. 23 contiene anche una nota del signor Ehlermann, direttore generale della DG IV, al signor Perissich, direttore generale della DG III, del 27 gennaio 1993 (documento n. 9729, reso accessibile alla ricorrente in forza dell'ordinanza 10 dicembre 1997), così formulata:

«Nella vicenda in oggetto i miei servizi hanno consultato i vostri, in particolare in occasione della preparazione della comunicazione degli addebiti e in merito alle risposte scritte di talune imprese che fanno riferimento all'azione della DG III.

Risulta dall'audizione che ha avuto luogo dall'11 al 14 gennaio 1993, alla quale hanno partecipato rappresentanti dei vostri servizi, che le parti attribuiscono un'enorme importanza nelle loro difese all'argomento secondo il quale la Commissione, nella fattispecie la DG III, sarebbe stata al corrente delle pratiche incriminate in particolare attraverso ”speaking notes” redatte dall'industria.

Il consigliere auditore ha rifiutato alle parti e ai loro rappresentanti che ne facevano richiesta l'accesso ai fascicoli della DG III, ma ha suggerito loro di trasmettere alla DG IV, nel termine di due settimane dalla fine dell'audizione, documenti in loro possesso che siano idonei, per lo meno dal loro punto di vista, ad essere a loro discarico.

Per quanto riguarda questo punto particolare, vi sarei grato di voler verificare nuovamente se esistono nei vostri archivi documenti di tale natura (che si tratti di corrispondenza tra le imprese e la Commissione o di documenti provenienti dalle

imprese e messi a disposizione dei uffici della Commissione) e, se così fosse, di trasmettermene copie con le vostre osservazioni».

101.
    Il signor Perissich ha risposto al signor Ehlermann con nota n. 001836 del 12 febbraio 1993 (allegato 4 al controricorso), allegando alla propria nota quella del signor Ortún del 12 settembre 1991, già citata, nonché gli allegati di quest'ultima, rilevando che:

«Come potrete constatare dagli allegati, il carattere generico delle informazioni che compaiono in dette ”speaking notes” non consentiva in nessun caso ai miei servizi di sospettare che queste ultime potessero essere il risultato di eventuali pratiche contrarie al trattato CECA.

Lo scopo di tali riunioni con la Eurofer si è sempre limitato allo studio permanente dell'evoluzione dei mercati, come previsto dall'art. 46.1 del trattato.

Qualora lo desideriate, potremmo trasmettervi le speaking notes relative ad altri trimestri. Nessun altro documento, che possa a nostro parere essere messo in relazione con detto caso, si trova negli archivi della DG III».

102.
    Il signor Temple Lang ha inoltre trasmesso al signor Ortún, con nota 18 febbraio 1993 (documento n. 9763 del fascicolo trasmesso dalla Commissione al Tribunale ai sensi dell'art. 23, reso accessibile in forza dell'ordinanza 10 dicembre 1997), i documenti (speaking notes) consegnati alla DG IV dalle ricorrenti Preussag e Unimétal a seguito dell'audizione, chiedendogli di esaminarli e di fargli pervenire le sue osservazioni «sull'importanza da attribuire alle informazioni in essi contenute rispetto alle pratiche incriminate dei produttori di travi». Il signor Temple Lang ha del pari trasmesso al signor Ortún, con nota 23 febbraio 1993 (documento n. 9764 del fascicolo trasmesso dalla Commissione al Tribunale ai sensi dell'art. 23, reso accessibile in forza dell'ordinanza 10 dicembre 1997), i documenti inviati dalle ricorrenti Cockerill-Sambre, TradeARBED e British Steel, con richiesta di osservazioni.

103.
    Il signor Ortún ha trasmesso le proprie osservazioni al signor Temple Lang con nota 5 maggio 1993 (documento n. 9769 del fascicolo trasmesso dalla Commissione al Tribunale ai sensi dell'art. 23, reso accessibile in forza dell'ordinanza 10 dicembre 1997) confermando, in sostanza, le precedenti osservazioni della DG III.

104.
    Il fascicolo della Commissione (v. allegato 5 al controricorso) contiene del pari una nota riservata del signor Ortún al signor Schaub (DG IV) in data 19 febbraio 1993, che si presenta come un'«argomentazione sulle accuse» destinata a «replicare alle affermazione dei produttori sulla conoscenza e persino sul coinvolgimento della DG III [nelle] pratiche messe in discussione dalla Commissione (DG IV)».

105.
    A proposito dell'asserito coinvolgimento della DG III agli scambi di informazioni sulle quantità e al monitoraggio, in tale nota si rileva:

«Riunioni con esperti commerciali della Eurofer estese agli indipendenti non Eurofer avevano luogo nel quadro della decisione n.2448/88 sulla sorveglianza del mercato attuata al termine del sistema delle quote e fino al giugno 1990.

I risultati globalizzati delle realizzazione di produzione e di consegne delle imprese erano consegnati ai partecipanti per commenti e raffronti con le previsioni effettuate nell'ambito del Programma previsionale acciaio (PPA). Le tendenze del commercio estero per gli stessi prodotti erano del pari analizzate per completare la valutazione del mercato.

Tali riunioni consentivano anche di raccogliere, ai fini del PPA, le informazioni sulle future tendenze del mercato (in particolare delle esportazioni) per i prodotti oggetto della sorveglianza. Nel corso di dette riunioni non sono state fatte mai considerazioni su una possibile organizzazione del mercato per prodotto.

Le ”speaking notes”, di cui il rappresentante del CDE (generalmente il signor Traverso) si serviva nel corso di tali riunioni, erano preparate in precedenza nell'ambito dell'Eurofer in assenza di funzionari della DG III. La circostanza che la DG III ricevesse a margine di dette riunioni ”monitoring” tali speaking notes non può in alcun caso avallare pratiche contrarie al Trattato CECA.

(...)

Solo alla fine del monitoring e per ragioni pratiche i cosiddetti ”steel lunches” sono subentrati a tale tipo di riunioni. Lo scopo di tali incontri con la Eurofer si è sempre limitato allo ”studio continuo dell'evoluzione dei mercati”, come previsto dall'art. 46.1 del Trattato. Occorre del pari precisare che, a tale scopo, i nostri servizi hanno intrapreso contatti con le istanze interessate: associazioni di produttori indipendenti, di commercianti e di consumatori».

106.
    Riguardo all'asserita conoscenza, da parte della DG III delle pratiche concordate in materia di prezzo, nella medesima nota si afferma:

«a)    per quanto concerne i prezzi, le speaking-notes di cui trattasi si sono sempre limitate a mostrare un'evoluzione di indici molto generici (insieme di prodotti piatti, ad esempio) riguardanti il passato nonché una stima dell'evoluzione attesa per il futuro trimestre.

    Qui, del pari, il carattere molto generico delle informazioni non consentiva in nessun caso ai nostri servizi di sospettare l'esistenza di eventuali pratiche in contrasto con il trattato CECA.

b)    Armonizzazione degli extra

    La decisione 31/53/CECA impone alle imprese di notificare alla Commissione il loro listino nonché tutte le modificazioni (...) Essendo in

possesso di tutti i listini e ricevendo regolarmente le loro modifiche, i servizi della DG III hanno potuto constatare il parallelismo esistente nella struttura, nel livello e talvolta nelle date di pubblicazione degli extra di tariffa. Non essendo tale pratica in contrasto con le regole dell'art. 60, essa non è stata mai rilevata dai nostri servizi, né peraltro dai numerosi controlli ex art. 60 effettuati dalla DG IV».

107.
    Il Tribunale ritiene che risulti dal complesso di tali elementi che la Commissione ha debitamente preso in considerazione le osservazioni e i documenti presentati dalle imprese nel corso dell'audizione, i quali sono stati trasmessi alla DG III per commenti e spiegazioni. Per di più, la DG III è stato invitata d'ufficio dalla DG IV a fornire spiegazioni sull'asserito «coinvolgimento» nelle pratiche di cui trattasi, una prima volta nel corso dell'inchiesta amministrativa e, una seconda volta, dopo l'audizione.

108.
    E' bensì vero che i funzionari della DG IV incaricati dell'inchiesta sul caso «travi» non hanno avuto apparentemente contatti diretti con i funzionari della DG III che avevano assistito alle riunioni con i produttori, né hanno chiesto di poter esaminare i resoconti di tali riunioni e le altre note interne che si trovano negli archivi della DG III, quali sono stati prodotti su richiesta del Tribunale. Il Tribunale reputa tuttavia che non si possa rimproverare ad un ufficio della Commissione di aver dato credito, senza tentare di verificarle con altri mezzi, alle spiegazioni dettagliate e precise fornite, a sua richiesta, da un altro ufficio, nei confronti del quale peraltro non rientra tra i suoi compiti di effettuare controlli.

109.
    Ne consegue che la ricorrente non ha dimostrato che nella fattispecie non sia stata condotta alcuna inchiesta interna sufficientemente accurata. Si deve pertanto respingere, in quanto infondato, l'argomento relativo all'asserita violazione del «principio dell'inchiesta d'ufficio».

110.
    Riguardo, in secondo luogo, alla censura relativa all'asserita violazione dei diritti procedurali della ricorrente, in quanto, in particolare, la Commissione sarebbe stata tenuta a riaprire i contraddittori al termine della sua inchiesta interna, le prerogative della difesa, garantite in forza dell'art. 36, primo comma, del Trattato, non richiedono che la Commissione ribatta a tutti gli argomenti dell'interessato o effettui indagini ulteriori o proceda all'audizione di testimoni indicati dall'interessato, qualora ritenga che la pratica sia stata adeguatamente istruita (sentenze della Corte 16 maggio 1984, causa 9/83, Eisen und Metall Aktiengesellschaft/Commissione, Racc. pag. 2071, punto 32, e 12 novembre 1985, causa 183/83, Krupp/Commissione, Racc. pag. 3609, punto 7).

111.
    Nella fattispecie, le imprese interessate erano in condizioni di inviare i presunti documenti a discarico in loro possesso nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti. In ogni caso, l'audizione tenutasi l'11, il 12, il 13 e il 14 gennaio 1993 ha fornito loro l'occasione di esporre dettagliatamente la loro posizione e, per di più,

la Commissione ha offerto loro un'ulteriore occasione per esporre per iscritto il loro punto di vista (v. sentenza Krupp/Commissione, citata, punto 8).

112.
    Stando così le cose, la semplice circostanza che le ricorrenti abbiano prodotto taluni documenti dopo l'audizione e che la Commissione, a seguito di tale audizione, abbia deciso di aprire un'inchiesta interna non era di per sé tale da obbligarla a riaprire i contraddittori al termine della detta inchiesta.

113.
    Il Tribunale ritiene, peraltro, che la convenuta abbia rispettato sufficientemente i diritti della difesa delle imprese interessate, informandole dei risultati di tale inchiesta, mediante lettera del consigliere auditore 22 aprile 1993 nella quale si indicava che i documenti da esse forniti in seguito all'audizione non consentivano di concludere che la Commissione fosse al corrente delle loro pratiche e che essi non giustificavano l'organizzazione di una seconda audizione.

114.
    Il Tribunale ritiene, in particolare, che la Commissione non fosse tenuta a comunicare alle imprese interessate, nel corso del procedimento amministrativo, le note interne concernenti la sua inchiesta, né ad offrire loro l'opportunità di pronunciarsi al riguardo nel corso del procedimento amministrativo, dal momento che i detti documenti, per loro natura riservati, non contenevano manifestamente alcun elemento a discarico.

115.
    Infatti, in una situazione quale quella di cui trattasi, i diritti procedurali delle imprese interessate devono essere considerati sufficientemente garantiti dalla facoltà, ad esse offerta, di proporre un ricorso dinanzi al Tribunale e di contestare, in tale ambito, la correttezza della conclusione alla quale è pervenuta la Commissione nel punto 312 del preambolo della decisione, domandando nel contempo al Tribunale, ove necessario, di adottare i mezzi istruttori riguardo a tale aspetto della questione (v. ordinanza 10 dicembre 1997).

116.
    Occorre pertanto respingere, in quanto infondati, gli argomenti relativi alla violazione dei diritti procedurali della ricorrente.

Sulla corrispondenza testuale tra la decisione e la comunicazione degli addebiti

117.
    A parere della ricorrente, la decisione è stata adottata in violazione dei suoi diritti della difesa per il fatto che essa costituisce, pressoché integralmente, una ripetizione testuale della comunicazione degli addebiti. Infatti, questa corrispondenza pressoché testuale consentirebbe di concludere che la Commissione non abbia palesemente preso in considerazione gli argomenti addotti dalla ricorrente nel corso del procedimento amministrativo. Tale somiglianza costituirebbe, peraltro, una violazione dell'obbligo di motivazione sancito dall'art. 15 del Trattato CECA.

118.
    Per quanto riguarda i diritti della difesa della ricorrente, il Tribunale ritiene che la riproduzione testuale di taluni brani della comunicazione degli addebiti, di per sé, indichi soltanto che la Commissione ha mantenuto la propria opinione. In assenza, come nella fattispecie, di altri congrui elementi di prova pertinenti, un simile parallelismo tra i testi non comprova che la Commissione, nel valutare la pratica, abbia omesso di prendere debitamente in considerazione gli argomenti presentati dall'interessato per la sua difesa.

119.
    Con riguardo alla motivazione prescritta dall'art. 15 del Trattato CECA, anche se la Commissione non è tenuta a discutere tutti i punti di fatto e di diritto dedotti dalle imprese nel corso di un procedimento amministrativo (v., riguardo al Trattato CE, sentenze della Corte 17 gennaio 1984, cause riunite 43/82 e 63/82, VBVB e VBBB/Commissione, Racc. pag. 19, punto 22, e 21 febbraio 1984, causa 86/82, Hasselblad/Commissione, Racc. pag. 883, punto 17), occorre ricordare che la motivazione di ogni decisione che arreca pregiudizio deve consentire al giudice comunitario di esercitare il proprio sindacato di legittimità e di portare a conoscenza sia degli Stati membri sia dei cittadini interessati i criteri in base ai quali la Commissione ha applicato il Trattato. Tale obbligo può, se necessario, richiedere alla Commissione di pronunciarsi sugli argomenti essenziali addotti dalle parti nel corso del procedimento amministrativo (sentenza della Corte 17 gennaio 1995, causa C-360/92 P, Publishers Association/Commissione, Racc. pag. I-23, punti 39-49). E' giocoforza constatare, tuttavia, che la ricorrente non ha indicato, nel motivo in esame, nessun brano della decisione che, in conseguenza degli argomenti che essa aveva svolto nel corso del procedimento amministrativo, avrebbe dovuto essere modificato rispetto al brano corrispondente della comunicazione degli addebiti.

120.
    Ne consegue che l'argomento della ricorrente relativo alla corrispondenza testuale tra la decisione e la comunicazione degli addebiti deve essere respinto.

B — Sulla violazione delle forme sostanziali

Sintesi degli argomenti della ricorrente

121.
    All'udienza, nel corso di una presentazione comune fatta a nome di tutte le ricorrenti, sono state sollevate le seguenti censure, relative alla violazione delle forme sostanziali nel corso della procedura di adozione della decisione.

122.
    Le ricorrenti fanno osservare, preliminarmente, che, nel corso delle conferenza stampa indetta a mezzogiorno del 16 febbraio 1994, il commissario Van Miert ha affermato che la decisione era stata adottata, il che non sarebbe stato vero, e che egli ha fornito dati inesatti relativi a determinate ammende (v. allegato 1 all'atto introduttivo nella causa T-151/94). I comunicati stampa della Commissione, predisposti prima dell'adozione della decisione, avrebbero del pari contenuto degli errori, in particolare per quanto riguarda l'identità delle imprese condannate ad un'ammenda.

123.
    Le ricorrenti, pertanto, sollevano quattro censure principali, richiamando la sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C-137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I-2555; in prosieguo: la «sentenza PVC»), e le sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, cause riunite T-80/89, T-81/89, T-83/89, T-87/89, T-88/89, T-90/89, T-93/89, T-95/89, T-97/89, T-99/89, T-100/89, T-101/89, T-103/89, T-105/89, T-107/89 e T-112/89, BASF e a./Commissione (in prosieguo: la «sentenza CDPE», Racc. pag. II-729, punti 114 e 119) e 29 giugno 1995, causa T-31/95, Solvay/Commissione, (Racc. pag. II-1821, punto 50).

124.
    In primo luogo, non sarebbe stato raggiunto il quorum di presenze di nove membri, prescritto dall'art. 5 del regolamento interno della Commissione 17 febbraio 1993, all'epoca in vigore (93/492/Euratom, CECA, CEE, GU L 230, pag. 15; in prosieguo: il «regolamento interno del 1993»). A parere della ricorrenti, benché sembri risultare, a pag. 2 del verbale della riunione della Commissione 16 febbraio 1994, che al momento dell'adozione nel corso della seduta pomeridiana (punto XXV, pag. 43) fossero presenti nove membri, emerge in realtà dall'elenco delle persone menzionate per aver «assistit[o] alla seduta in assenza dei membri della Commissione», a pag. 40 del detto verbale, che solo sei commissari erano presenti nel corso di tale seduta. In mancanza del quorum, non si sarebbe pertanto potuta avere alcuna valida deliberazione per l'adozione della decisione ai sensi dell'art. 6 del regolamento interno del 1993.

125.
    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che la decisione non è stata adottata dalla Commissione nella forma in cui è stata loro notificata. Sarebbe quanto meno impossibile determinare il contenuto esatto della decisione che la Commissione ha inteso adottare il 16 febbraio 1994.

126.
    Infatti, secondo il verbale della riunione (pag. 43), la Commissione avrebbe approvato «nelle lingue facenti fede, la decisione riportata al documento C(94)321/2 e 3», mentre la versione della decisione notificata alle ricorrenti reca il numero C(94)321 definitivo. Peraltro, secondo l'elenco dei documenti interni trasmessi al Tribunale ai sensi dell'art. 23, allegato alla lettera della Commissione 27 giugno 1995, esisterebbe un'altra versione della decisione, recante il numero C(94)/321/4 e la data del 25 febbraio 1994.

127.
    Per di più, sarebbe lecito nutrire dubbi a proposito delle diverse versioni della decisione depositate nella cancelleria del Tribunale a seguito della richiesta fattane da quest'ultimo l'11 marzo 1998. Oltre al fatto che solo le versioni spagnola e italiana recano la menzione «versione facente fede» sul frontespizio, i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 sembrerebbero composti di più documenti preparati separatamente, redatti con un assortimento di caratteri diversi e una numerazione discontinua.

128.
    Avendo la Commissione accettato, nel corso dell'udienza, di eliminare il vincolo di riservatezza sui documenti interni relativi all'adozione della decisione, che si

trovano nelle cartelle nn. 57, 58 e 61 del fascicolo trasmesso al Tribunale ai sensi dell'art. 23, i patrocinanti delle ricorrenti sostengono di aver visto i loro dubbi rafforzati dalla scoperta di un certo numero di differenze, riassunte in un elenco depositato in udienza, tra i documenti interni che si trovano in tali cartelle ed i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3. Inoltre, esisterebbero rilevanti difformità tra i documenti che si trovano nella cartella n. 61 del fascicolo della Commissione, che secondo le ricorrenti costituisce il documento C(94)321/1 quale esaminato dalla Commissione nel corso della riunione mattutina del 16 febbraio 1994, e i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3. Tali differenze sono anch'esse riepilogate in un elenco depositato in udienza. Infine, sarebbero state apportate manualmente talune modifiche alla versione italiana del documento C(94)321/2, dopo il ricevimento di un fax dei servizi traduzione della Commissione il 16 febbraio 1994 tra le 17.09 e le 17.14, ovvero dopo la chiusura della riunione alle 16.25.

129.
    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che né la versione C(94)321 def., né le versioni C(94)321/2 e C(94)321/3 della decisione sono state autenticate a norma dell'art. 16 del regolamento interno del 1993. Infatti, nessuna di tali versioni sarebbe stata allegata al verbale ai sensi di tale disposizione, che prescriverebbe che esse vengano materialmente accluse ad esso. Inoltre, il verbale non farebbe alcun riferimento ai documenti ad esso allegati.

130.
    In ogni caso, il verbale non potrebbe essere considerato autentico ai sensi degli artt. 9 e 16 del regolamento interno del 1993, in assenza delle firme in originale del presidente e del segretario generale sul risguardo del documento.

131.
    In quarto luogo, le ricorrenti fanno valere che il verbale non reca la data del giorno in cui è stato firmato dal presidente e dal segretario generale della Commissione, talché non si potrebbe presumere che esso sia stato autenticato al momento della sua approvazione.

132.
    Infine, le ricorrenti invitano il Tribunale ad adottare misure istruttorie dirette, da un lato, a consentire loro di visionare la versione originale del verbale che si trova negli archivi della Commissione e, d'altro lato, ad accertare, determinare, una volta esaminate, ad esempio, le agende dei commissari e altri documenti simili, quali membri della Commissione fossero effettivamente presenti al momento dell'adozione della decisione nel corso della seduta pomeridiana del 16 febbraio 1994.

Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità

133.
    Il Tribunale ricorda che la ricorrente, nell'atto introduttivo di ricorso, non ha dedotto alcun motivo relativo ad irregolarità commesse nell'iter di adozione della decisione. Tuttavia, il verbale della riunione della Commissione del 16 febbraio 1994 e gli allegati di questo devono essere considerati alla stregua di elementi nuovi

emersi nel corso del procedimento, a seguito delle misure istruttorie e di organizzazione disposte dal Tribunale. Ora, l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura non vieta la proposizione di motivi nuovi fondati su tali elementi. Ne consegue che il motivo in esame è ricevibile.

Sull'assenza del quorum

134.
    L'art. 13, primo comma, del Trattato, aggiunto dall'art. H, punto 2, del Trattato sull'Unione europea, prescrive che le deliberazioni della Commissione siano presea maggioranza del numero dei suoi membri, che all'epoca erano 17. A norma dell'art. 13, secondo comma, del Trattato, la Commissione può tenere una seduta valida solo se è presente il numero dei membri stabilito nel regolamento interno.

135.
    L'art. 5 del regolamento interno della Commissione del 1993 disponeva che «le deliberazioni della Commissione non sono valide se non è presente la maggioranza del numero dei Membri previsto dal trattato». Ne consegue che il quorum di presenze necessarie nel corso della riunione perché le deliberazioni della Commissione fossero valide era pari a nove membri.

136.
    Ai sensi dell'art. 6 dello stesso regolamento, «la Commissione delibera su proposta di uno o alcuni dei suoi Membri. La Commissione procede a votazione su richiesta di uno dei Membri. La votazione verte sulla proposta originaria o una proposta modificata dal o dai Membri competenti o dal Presidente. Le deliberazioni della Commissione sono prese a maggioranza del numero dei Membri previsto dal trattato». Ne consegue, ancora una volta, che le deliberazioni della Commissione erano prese, all'epoca, con il voto favorevole di nove dei suoi membri.

137.
    Risulta dal verbale della 1189a riunione della Commissione tenutasi a Bruxelles il 16 febbraio 1994 (in prosieguo: il «verbale»), trasmesso al Tribunale in ottemperanza alle richieste in data 27 novembre 1997 e 11 marzo 1998, che tale riunione si è svolta in due sedute, una mattutina e una pomeridiana. Il punto XVII del verbale, discusso nel corso della seduta mattutina, recita:

«XVII.    Caso di applicazione dell'articolo 65 del Trattato CECA [C(94) 321; SEC (94) 267]

    Il signor Renaudiere, membro del gabinetto del signor van Miert, assiste alle deliberazioni su questo punto.

    Il signor van Miert espone alla Commissione i diversi elementi del caso che gli sono sottoposti. Sottolinea l'enorme gravità delle infrazioni constatate. Presenta alla Commissione le ammende che propone di irrogare alle imprese di cui trattasi.

    La Commissione approva la sostanza della decisione proposta dal signor van Miert e procede ad un approfondito dibattito sull'entità delle ammende. Concorda sul fatto di pronunciarsi in un momento successivo della presente riunione sulla decisione definitiva, una bozza della quale le sarà sottoposta dal signor van Miert.

    Le altre deliberazioni della Commissione su questo punto sono oggetto di un verbale speciale».

138.
    Il punto XXV del verbale, discusso nel corso della seduta pomeridiana, è del seguente tenore:

«XXV.    Caso di applicazione dell'articolo 65 del Trattato CECA (seguito del punto XVII [C(94) 321/2 e 3; SEC (94) 267]

        La Commissione prosegue le discussioni intavolate nel corso della seduta mattutina. Fissa le ammende inflitte alle imprese di cui trattasi nel modo seguente:

        ARBED SA:

11 200 000 ECU

        British Steel plc:

32 000 000 ECU

        Unimétal SA:

12 300 000 ECU

        Saarstahl AG:

4 600 000 ECU

        Ferdofin SpA:

9 500 000 ECU

        Thyssen Stahl AG:

6 500 000 ECU

        Preussag AG:

9 500 000 ECU

        Empresa Nacional Siderurgica SA:

4 000 000 ECU

        Siderurgica Aristrain Madrid SL:

10 600 000 ECU

        SA Cockerill Sambre:

4 000 000 ECU

        Krupp-Hoesch Stahl AG:

13 000 ECU

        NMH Stahlwerke GmbH:

150 000 ECU

        Norsk Jernverk AS:

750 ECU

        Inexa Profil AB:

600 ECU

        La Commissione stabilisce che le ammende di importo superiore a 20 000 ECU potranno essere oggetto di un pagamento rateizzato. Approva di conseguenza, nelle lingue facenti fede, la decisione riportata nel documento C(94) 321/2 e 3.

        La riunione si conclude alle 16.25».

139.
    Risulta dalla lettura congiunta dei punti XVII e XXV del verbale che la decisione non è stata definitivamente approvata al momento della deliberazione sul punto XVII, nel corso della seduta mattutina, bensì al momento della deliberazione sul punto XXV, nel corso della seduta pomeridiana.

140.
    Dall'elenco delle presenze che compare alla pag. 2 del verbale risulta, peraltro, che nove commissari erano presenti al momento della deliberazione della Commissione sul punto XXV, vale a dire: il signor Delors, Sir Leon Brittan, i signori Van Miert, Ruberti, Millan, Van den Broek, Flynn, Steichen e Paleokrassas. Il quorum prescritto dall'art. 5 del regolamento interno del 1993 era quindi raggiunto. Allo stesso modo, la decisione poteva essere adottata con il voto favorevole dei nove membri presenti, ai sensi dell'art. 6 del detto regolamento interno.

141.
    L'argomento delle ricorrenti si basa tuttavia su un elenco di presenti che compare alla pag. 40 del verbale, da cui emerge che i signori Budd e Santopinto, rispettivamente capo del gabinetto di Sir Leon Brittan e di quello del signor Ruberti, nonché la signora Evans, membro del gabinetto del signor Flynn, hanno «[a]ssisti[to] alla seduta in assenza dei membri della Commissione». Le ricorrenti ne evincono che, contrariamente a quanto indicato alla pag. 2 del verbale, Sir Leon Brittan, il signor Ruberti e il signor Flynn non erano presenti al momento dell'adozione della decisione considerata al punto XXV.

142.
    Tale argomento non può essere accolto. Infatti, dalla formulazione stessa dell'elenco figurante alla pag. 2 del verbale si evince che esso ha lo scopo di rilevare precisamente la presenza o l'assenza dei membri della Commissione nel corso della riunione considerata. Tale rilevazione riguarda sia la seduta mattutina che quella pomeridiana e costituisce quindi la prova della presenza dei membri della Commissione interessati durante entrambe tali sedute, salvo quando viene espressamente indicato che un membro era assente al momento della discussione su un punto specifico. Per contro, l'elenco che compare alla pagina 40 del verbale non ha lo scopo di attestare la presenza dei membri della Commissione, ma si riferisce soltanto alle persone eventualmente presenti, quali i capi di gabinetto. Ciò posto, le induzioni che la ricorrente pretende di trarre da tale elenco non possono prevalere sulla menzione espressa, alla pag. 2 del verbale, della presenza o dell'assenza dei membri della Commissione.

143.
    Il Tribunale ritiene, in ogni caso, che l'espressione «assistono alla seduta in assenza dei membri della Commissione», che compare a pag. 40 del verbale, debba essere intesa quale sinonimo di «assistono, nel caso in cui il membro fosse assente per un punto specifico».

144.
    Infatti, tale menzione deve essere ricondotta all'art. 8 del regolamento interno del 1993, che prevede che «(...) In caso di assenza di un Membro della Commissione, il suo Capo di Gabinetto può assistere alla riunione e, su invito del Presidente, esporre l'opinione del Membro assente (...)». L'elenco di cui alla pag. 40 non ha quindi lo scopo di sostituire quello della pag. 2, bensì di identificare le persone che sono autorizzate ad assistere alla riunione a norma del detto art. 8, e, se necessario, ad esporre in tale contesto la posizione del membro assente.

145.
    Il fatto che un capo di gabinetto possa, in assenza del membro della Commissione rappresentato, esprimere la posizione di quest'ultimo su un punto specifico non esclude tuttavia che il membro della Commissione di cui trattasi si sia ripresentato alla riunione al momento della discussione su un altro punto, senza che per questo il suo capo di gabinetto abbia abbandonato la sala riunioni dopo il suo ritorno. La menzione, a pag. 40 del verbale, della presenza dei signori Budd e Santopinto e della signora Evans durante la seduta pomeridiana può quindi spiegarsi con il semplice fatto che, stando alla pag. 2 del verbale, Sir Leon Brittan e i signori Ruberti e Flynn erano assenti al momento della discussione su taluni punti dell'ordine del giorno del pomeriggio, vale a dire i punti XXIII.B, XXIII.C e XXIV in parte (Sir Leon Brittan), e dei punti XXIII.B e XXIII.C in parte (Ruberti e Flynn). Tuttavia da ciò non consegue, contrariamente a quanto espressamente documentato nella pag. 2 del verbale, che questi tre membri della Commissione fossero assenti al momento della deliberazione sul punto XXV.

146.
    Questa interpretazione è corroborata dalla pag. 7 del verbale, in cui è riportato, per la seduta mattutina, un elenco delle persone che hanno assistito alla riunione «in assenza» dei membri della Commissione, equivalente a quello della pag. 40 per la seduta pomeridiana. Ebbene, ove l'interpretazione data dalle ricorrenti alla frase «(assistono) alla seduta in assenza dei membri della Commissione» fosse quella corretta, dalla menzione, su tale elenco, della presenza per tutta la mattina dei signori Kubosch e Budd, membri rispettivamente del gabinetto del commissario Bangemann e di quello di Sir Leon Brittan, deriverebbe che questi due membri della Commissione erano entrambi assenti per tutta la seduta mattutina. Palesemente non è questo il caso, dal momento che, stando alla pag. 2 del verbale, il signor Bangemann era presente nel corso della seduta mattutina riguardo ai punti I-XVIII, e Sir Leon Brittan per i punti XVII-XXII.

147.
    Da quanto precede risulta che il quorum di presenze prescritto era stato raggiunto al momento dell'adozione della decisione, il pomeriggio del 16 febbraio 1994.

148.
    Si deve aggiungere che l'art. 6 del regolamento interno del 1993 prevede che la Commissione delibera su proposta di uno o alcuni dei suoi Membri e procede a votazione solo su richiesta di uno dei membri. In mancanza di richiesta in tal senso, non era necessario che la Commissione procedesse ad un voto formale nel corso della seduta pomeridiana. In ogni caso, dato che, ai termini dello stesso art. 6, le decisioni della Commissione sono adottate a maggioranza dei membri previsti dal Trattato, vale a dire, all'epoca, nove membri, nulla impediva ai nove membri presenti il pomeriggio del 16 febbraio 1994 di decidere, all'unanimità, di adottare la decisione.

149.
    Ne consegue che la prima censura è infondata.

Sulla mancata corrispondenza formale tra la decisione adottata e quella notificata alla ricorrente

150.
    Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il dispositivo e la motivazione della decisione notificata al destinatario o ai destinatari devono corrispondere a quelli della decisione adottata dal collegio dei membri della Commissione, eccezion fatta per mere correzioni ortografiche o grammaticali che possono ancora essere apportate ad un atto definitivamente adottato dal Collegio (sentenza PVC, punti 62-70).

151.
    Risulta dal punto XXV del verbale che la Commissione ha adottato «nelle lingue facenti fede, la decisione riportata al documento C(94)321/2 e 3».

152.
    Ne consegue che il raffronto pertinente va effettuato mediante una lettura congiunta, da un lato, delle versioni C(94)321/2 e C(94)321/3 della decisione, adottate dalla Commissione il pomeriggio del 16 febbraio 1994, e, dall'altro, delle diverse versioni linguistiche della decisione notificate alle ricorrenti nelle lingue facenti fede.

153.
    Ebbene, la ricorrente non ha dedotto, né il Tribunale ha potuto discernere, difformità sostanziali tra le versioni C(94)321/2 e C(94)321/3 della decisione lette congiuntamente, quali sono state depositate dalla Commissione presso la cancelleria del Tribunale nelle quattro versioni facenti fede, e le versioni notificate alle ricorrenti. Pertanto, la circostanza che la decisione sia stata adottata sotto forma di due documenti, vale a dire C(94)321/2 e C(94)321/3, il secondo dei quali apportava al primo alcune modifiche, di cui talune manoscritte, è ininfluente, tanto più che, in sostanza, tali modifiche riguardano solo il pagamento rateizzato delle ammende e la decisione di non irrogare ammende di importo inferiore a 100 ECU. Del pari, la circostanza che in talune versioni linguistiche i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 abbiano una numerazione delle pagine discontinua o un assortimento di caratteri diversi è ininfluente, dal momento che l'elemento ideologico e l'elemento formale corrispondono alla versione della decisione notificata alle ricorrenti (sentenza PVC, punto 70).

154.
    Il Tribunale ritiene, al contrario, che le divergenze tra i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 siano testimonianza degli sforzi compiuti dalla Commissione per adottare formalmente la decisione solo dopo aver incorporato, in ciascuna delle versioni linguistiche, tutte le modifiche decise dal Collegio, in particolare riguardo al pagamento rateizzato delle ammende e al fatto di non irrogare ammende di importo inferiore ai 100 ECU.

155.
    Da quanto precede discende del pari che gli argomenti basati sul raffronto minuzioso tra taluni documenti che si trovano nelle cartelle 57, 58 e 61 del fascicolo della Commissione e i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 sono ininfluenti. Come il Tribunale ha appena constatato, il raffronto pertinente deve essere effettuato trai documenti C(94)321/2 e C(94)321/3, come prodotti dalla Commissione, da un lato, e la versione notificata alle ricorrenti, dall'altro, e non tra i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3, da un lato, e taluni progetti e altri documenti eventualmente anteriori

che si trovano nel fascicolo della Commissione, dall'altro. Riguardo, in particolare, al documento B contenuto nella cartella 61, il Tribunale ritiene che non sia stato affatto provato che questo documento, che sembra essere un documento di lavoro, costituisca il documento C(94)321 o corrisponda a quello esaminato dalla Commissione nel corso della riunione mattutina del 16 febbraio 1994. Comunque sia, il documento C(94)321 non è pertinente, dal momento che la versione definitiva della decisione adottata dalla Commissione è costituita dai documenti C(94)321/2 e C(94)321/3.

156.
    Il fatto che possa sussistere un'ambiguità in ordine al momento preciso dell'invio della traduzione di talune modifiche minori nella versione italiana è del pari privo di pertinenza, soprattutto per il fatto che la ricorrente non è destinataria della versione italiana della decisione.

157.
    E' infine provato che il documento C(94)321/4 è solo una versione non riservata della versione C(94)321 definitiva, nella quale talune cifre che costituiscono segreti commerciali dei destinatari sono state eliminate ai fini della notifica della decisione agli altri destinatari.

158.
    Ne consegue che la seconda censura è infondata.

Sulla mancata autenticazione della decisione

159.
    Per quanto riguarda la terza censura delle ricorrenti, secondo la quale le versioni C(94)321/2 e C(94)321/3 della decisione non sarebbero state debitamente autenticate ai sensi dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno del 1993, occorre ricordare che tale disposizione prevedeva che:

«Gli atti adottati in riunione o mediante procedimento scritto vengono allegati, nella o nelle lingue nelle quali fanno fede, al verbale della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati o (è) stato preso atto (nella loro adozione). Tali atti sono autenticati dalle firme del Presidente e del Segretario generale apposte sulla prima pagina del suddetto verbale».

160.
    L'art. 9, secondo comma, del regolamento interno del 1993, prevedeva, del pari, che i processi verbali della Commissione dovevano essere «autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale».

161.
    Si deve anzitutto rilevare che l'art. 16, primo comma, del regolamento interno del 1993, non definiva in che modo gli atti adottati durante la riunione dovessero essere «allegati» al verbale, a differenza, ad esempio, dell'art. 16 del regolamento interno della Commissione, nel testo risultante dalla decisione 8 marzo 1995, 95/148/CE, Euratom, CECA (GU L 97, pag. 82), che prevede che gli atti di cui trattasi siano uniti «inscindibilmente» al verbale.

162.
    Nella fattispecie, il verbale è stato ricevuto dal Tribunale accompagnato dai documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 nelle diverse lingue facenti fede, nella medesima forma nella quale gli agenti della Commissione affermano di averlo ricevuto dal segretario generale della Commissione, a seguito della richiesta del Tribunale in data 11 marzo 1998. Si deve quindi presumere che tali documenti siano stati «allegati» al verbale nel senso che sono stati uniti a quest'ultimo, pur non essendo stati ad esso materialmente acclusi.

163.
    Lo scopo dell'art. 16, primo comma, del regolamento interno del 1993, è quello di garantire che la Commissione abbia debitamente adottato l'atto nella forma in cui esso è stato notificato al destinatario. Ebbene, nella fattispecie, la ricorrente non ha dimostrato alcuna difformità sostanziale tra la versione della Commissione notificatale e la versione che, a detta della Commissione, è stata «allegata» al verbale.

164.
    Ciò posto, e tenuto conto della presunzione di validità inerente agli atti comunitari (sentenza del Tribunale 27 ottobre 1994, causa T-35/92, John Deere/Commissione, Racc. pag. II-957, punto 31), la ricorrente non ha dimostrato che i documenti C(94)321/2 e C(94)321/3 non sono stati «allegati» al verbale ai sensi dell'art. 16 del regolamento interno del 1993. Tali documenti devono, pertanto, essere considerati autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sulla prima pagina del detto verbale.

165.
    Quanto al fatto che il verbale prodotto dinanzi al Tribunale consista in una fotocopia che non reca le firme in originale del presidente e del segretario generale, va osservato che la prima pagina di questo documento è munita del timbro «per copia certificata conforme, il segretario generale Carlo Trojan», e che tale timbro reca la firma in originale del signor Trojan, segretario generale della Commissione in carica. Il Tribunale ritiene che tale certificazione della conformità della copia da parte del segretario generale della Commissione in carica costituisca prova sufficiente del fatto che la versione originale del verbale reca le firme in originale del presidente e del segretario generale della Commissione.

166.
    Ne consegue che la terza censura è infondata.

Sulla mancata indicazione della data della sottoscrizione del verbale

167.
    Per quanto riguarda la quarta censura mossa dalle ricorrenti, secondo la quale il verbale non indica la data della sua sottoscrizione da parte del presidente e del segretario generale della Commissione, è sufficiente constatare che il frontespizio del verbale depositato in Tribunale reca l'indicazione «Bruxelles, il 23 febbraio 1994», e la dicitura «il presente verbale è stato adottato dalla Commissione nel corso della sua 1190a riunione tenutasi a Bruxelles il 23 febbraio 1994», seguita dalle firme del presidente e del segretario generale e dalla certificazione, da parte del signor Trojan, della conformità della copia con l'originale del verbale. Si deve

pertanto constatare che il verbale è stato debitamente sottoscritto dal presidente e dal segretario generale, in ottemperanza al regolamento interno del 1993, il 23 febbraio 1994.

168.
    Anche la quarta censura è quindi infondata.

169.
    Per quanto riguarda, infine, le inesatte dichiarazioni del signor Van Miert nel corso della conferenza stampa tenutasi a mezzogiorno del 16 febbraio 1994, in cui si annunciava che la Commissione aveva appena adottato la decisione e si citavano gli importi di talune ammende non corrispondenti a quelli stabiliti nella decisione, esse non inficiano, di per sé, la regolarità dell'adozione della decisione da parte del Collegio dei commissari, dal momento che il sindacato giurisdizionale esercitato dal Tribunale può riguardare solo la decisione adottata dalla Commissione (v. sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T-30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II-1439, punto 136).

170.
    Risulta da quanto precede che i vari argomenti relativi alla violazione delle forme sostanziali da parte della Commissione, nel corso del procedimento amministrativo, devono essere integralmente respinti, senza che sia necessario ordinare le misure istruttorie richieste dalla ricorrente.

C — Sulla violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato

171.
    Nell'ambito degli argomenti relativi alla violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato, la ricorrente formula tre censure principali. In primo luogo, la ricorrente contesta i fatti in base ai quali la Commissione ha accertato le infrazioni enumerate nell'art. 1 della decisione, salvo quanto riguarda la ripartizione del mercato italiano di cui al punto 275, sesto trattino, della decisione. In secondo luogo, anche ammettendo che fossero provati tali fatti, essa ne contesta la qualificazione giuridica, facendo valere, in particolare, che la Commissione ha applicato a torto concetti giuridici desunti dall'art. 85, n. 1, del Trattato CE, disconoscendo il contesto giuridico, a suo parere ben diverso, del Trattato CECA. In terzo luogo, essa fa valere che i comportamenti addebitati alle imprese erano conosciuti alla DG III, se non da essa incoraggiati o quanto meno tollerati, cosicché l'art. 65, n. 1, del Trattato non sarebbe stato violato nella fattispecie. La ricorrente deduce del pari diversi vizi di motivazione.

172.
    Tenuto conto dell'interdipendenza degli argomenti avanzati dalla ricorrente, il Tribunale ritiene che occorra esaminare una ad una le varie infrazioni ad essa addebitate e che essa contesta, verificando anzitutto che sia provata la materialità dei fatti che le costituiscono, quindi che la qualificazione giuridica di tali fatti contenuta nella decisione sia giuridicamente fondata. Sarà esaminato nella successiva parte D se le attività della DG III siano tali da escludere il carattere di infrazione dei fatti così qualificati.

Sulla fissazione dei prezzi (prezzi obiettivo) nell'ambito della commissione travi

1. Sulla realtà dei fatti

173.
    Ai sensi dell'art. 1 della decisione, la Commissione imputa alla ricorrente di aver partecipato ad un'infrazione consistente nella fissazione dei prezzi nell'ambito della commissione travi. Il periodo considerato ai fini dell'ammenda è di 30 mesi, compreso tra il 1. luglio 1988 e il 31 dicembre 1990 (v. punti 80-121, 223-243, 311 e 314 del preambolo della decisione).

174.
    Nella fattispecie, la ricorrente non nega di aver partecipato alle riunioni della commissione travi descritte nella decisione, ma fa valere, in particolare, che nel suo ambito non si concludevano «accordi», ma si operavano semplici scambi di informazioni tra i membri relativamente alle loro «valutazioni» o «previsioni» in materia di prezzi. Essa argomenta, inoltre, che gli accordi e le pratiche concordate addebitatile non sono sufficientemente provati, richiamando nel contempo, in particolare, una perizia economica presentata dal perito, signor Bishop, in occasione dell'audizione amministrativa. Essa ritiene, infine, che la decisione non faccia trasparire a sufficienza la sua partecipazione alle infrazioni denunciate e che non contenga nessuna specificazione dei comportamenti ad essa imputati.

— Osservazioni preliminari

175.
    Prima di affrontare l'esame dettagliato degli accordi e delle pratiche concordate denunciati ai punti 80-121 e 223-237 del preambolo della decisione, occorre premettere che le prove devono essere valutate nel loro complesso, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto pertinenti (v. conclusioni del giudice Vesterdorf, designato come avvocato generale, nella sentenza 24 ottobre 1991, causa T-1/89, Rhône-Poulenc e a./Commissione, Racc. pag. II-867, in particolare pag. II-869 — conclusioni comuni alle cosiddette sentenze «polipropilene»; 24 ottobre 1991, cause T-2/89, T-3/89, Racc. pagg. II-1087, II-1177; 17 dicembre 1991, cause T-4/89, T-6/89, T-7/89, T-8/89, Racc. pagg. II-1523, II-1623, II-1711, II-1833; e 10 marzo 1992, cause T-9/89—T-15/89, Racc. pagg. II-499, II-629, II-757, II-907, II-1021, II-1155, II-1275).

176.
    Al riguardo, è pacifico, in primo luogo, che la commissione travi, al pari delle altre «commissioni prodotti» della Eurofer, è stata istituita dalla detta associazione nel corso del periodo di crisi manifesta per meglio coordinare il comportamento delle imprese siderurgiche, in particolare, nel quadro del sistema di quote «I» e «i» e degli accordi Eurofer I-V (v. supra, punti 9 e seguenti). Dopo la fine del periodo di crisi, questa commissione, in cui erano riuniti i principali produttori di travi della Comunità e che era dotata di una segreteria permanente, ha continuato a riunirsi regolarmente. Nella fattispecie, è principalmente tale sistema di riunioni regolari che costituisce il quadro di riferimento per la valutazione degli elementi di prova pertinenti (v. punti 30, 36, 37 e 212 del preambolo).

177.
    In secondo luogo, è pacifico che la ricorrente ha partecipato alle riunioni della commissione travi nei giorni 25 novembre 1987, 3 maggio, 19 luglio, 18 ottobre, 15 novembre e 13 dicembre 1988, 10 gennaio, 7 febbraio, 19 aprile, 6 giugno, 11 luglio, 3 agosto, 21 settembre e 12 dicembre 1989, 14 febbraio, 21 marzo, 16 maggio, 10 luglio, 11 settembre, 9 ottobre e 4 dicembre 1990 [punto 38, lett. f), del preambolo]. Ebbene, la partecipazione di un'impresa a riunioni nel corso delle quali sono state condotte attività anticoncorrenziali è sufficiente a dimostrare la sua partecipazione alle dette attività, in assenza di indizi atti a sostenere il contrario (v. sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-14/92, Montedipe/Commissione, Racc. pag. II-1155, punti 129 e 144).

178.
    In terzo luogo, è pacifico che le decisioni adottate nel corso delle riunioni erano comunicate al gruppo Eurofer/Scandinavia, che funzionava analogamente alla commissione travi e riuniva i principali produttori comunitari e scandinavi (v., in particolare, punti 81, 84, 86-88, 93, 187, 189, 191 e 192 del preambolo). E' del pari pacifico che la ricorrente ha partecipato, tra il 5 febbraio 1986 e il 31 ottobre 1990, alle 20 riunioni del gruppo Eurofer/Scandinavia citate al punto 178 del preambolo della decisione, ad eccezione di quella tenutasi il 25 luglio 1988 (v. punto 181 del preambolo).

179.
    In quarto luogo, per quanto riguarda più specificamente l'affermazione secondo la quale non si sarebbe trattato, nella fattispecie, di «accordi sui prezzi», ma di «scambi di informazioni sui prezzi previsti», pur se è vero che i processi verbali di cui trattasi contengono spesso espressioni quali «valutazioni» e «previsioni» diprezzo, si deve tener conto, nella valutazione del complesso delle prove, dei seguenti elementi:

a)    numerosi prospetti dei prezzi (ad esempio, quelli indicanti i prezzi fissati alle riunioni 25 luglio 1988, 18 ottobre 1988, 10 gennaio 1989 e 19 aprile 1989) sono state stabiliti con relativo ampio anticipo rispetto al trimestre considerato e contengono dati molto dettagliati, riguardanti, in particolare, le diverse categorie di prodotti, i diversi paesi, l'entità precisa degli aumenti previsti e dei ribassi. Tale tipo di prospetti non può essere considerato rispecchiare semplicemente «valutazioni» delle imprese sull'evoluzione del prezzo del mercato;

b)    in numerosi casi, la formulazione del verbale non è favorevole alla tesi della ricorrente: v. ad esempio espressioni quali «gli aumenti dei prezzi (...) porteranno ai seguenti livelli di prezzo» (riunione del 18 ottobre 1988); «i livelli dei prezzi seguenti sono previsti nel secondo trimestre 1989. Tali prezzi rappresentano degli aumenti rispetto al T1/89: [segue un prospetto molto dettagliato]» (riunione del 10 gennaio 1989); «Le previsioni T2/89 sono riportate sul terzo trimestre 1989; ovvero i seguenti livelli [segue un prospetto molto dettagliato]» (riunione del 19 aprile 1989); «i prezzi previsti e ottenuti nel terzo trimestre 1989 sono in questo contesto riportati nel quarto trimestre 1989» (riunione dell'11 luglio 1989);

c)    i processi verbali contengono del pari numerosi riferimenti al fatto che i prezzi «previsti» per il trimestre considerato erano stati «ottenuti» o «accettati» dai clienti (v. punti 94, 95, 97-99, 101, 102 e 118 del preambolo della decisione);

d)    i processi verbali delle riunioni della commissione travi vanno letti congiuntamente a quelli delle riunioni del gruppo Eurofer/Scandinavia, che sono servite soprattutto a trasmettere ai produttori scandinavi le decisioni adottate nel corso della precedente riunione della commissioni travi (v. punti 177 e seguenti del preambolo). Ebbene, risulta chiaramente dai processi verbali del gruppo Eurofer/Scandinavia che si trattava nella fattispecie di accordi sui prezzi (v. infra);

e)    le prove addotte dalla Commissione comprendono non solo i processi verbali della commissione travi e del gruppo Eurofer/Scandinavia, ma anche altri documenti espressione delle stesse imprese, ad esempio il telex della TradeARBED alla Thyssen del 22 settembre 1988, la nota interna della Peine Salzgitter del 13 gennaio 1989, la nota della TradeARBED in vista della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 31 gennaio 1990, le lettere della Peine Salzgitter alla Unimétal 6 novembre e 19 dicembre 1989, la lettera della TradeARBED alla Unimétal 7 febbraio 1990 e i documenti della British Steel citati nella decisione, in particolare ai punti 96, 100, 111, 112, 114, 115 e 117 del preambolo);

f)    la ricorrente non ha contestato la conclusione degli accordi di armonizzazione dei prezzi degli extra nel corso delle riunioni della commissione travi del 15 novembre 1988, 19 aprile 1989, 6 giugno 1989, 16 maggio 1990 e 4 dicembre 1990 (v. infra). Dato lo stretto nesso sussistente tra i prezzi base e gli extra, non è plausibile che i partecipanti abbiano concluso accordi sugli uni e non sugli altri;

g)    la ricorrente non ha contestato l'affermazione della Commissione che compare al punto 37 del preambolo della decisione, secondo la quale le versioni finali dei processi verbali della commissione travi sono state redatte con una certa prudenza.

180.
    Occorre esaminare ciascun accordo o pratica concordata di fissazione dei prezzi posto a carico della ricorrente alla luce di tali osservazioni di ordine generale.

— Accordi che si asseriscono conclusi nel 1986 e nel 1987

181.
    Al punto 223 del preambolo della decisione, la Commissione osserva, riferendosi ai punti 80-86, che «in varie occasioni nel 1986 e 1987 sono stati raggiunti accordi in materia di prezzi».

182.
    Benché la ricorrente non abbia espressamente contestato l'esistenza di tali accordi, è pacifico che essa non ha partecipato alle riunioni della commissione travi svoltesi prima del 25 novembre 1987 [punto 38, lett. f), del preambolo].

183.
    Il Tribunale ritiene pertanto che il punto 223 del preambolo della decisione sia troppo impreciso per essere interpretato nel senso che la Commissione imputerebbe alla ricorrente di aver preso parte ai detti accordi.

— Accordo riguardante i prezzi in Germania e Francia che si asserisce concluso prima del 2 febbraio 1988

184.
    Al punto 224 del preambolo della decisione la Commissione constata che ad una data imprecisata, precedente il 2 febbraio 1988, nel corso di una riunione della commissione travi è stato raggiunto un accordo per l'aumento dei prezzi in Germania e Francia. Essa si basa su un estratto del verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 2 febbraio 1988, ove si legge che: «Per quanto riguarda i prezzi, decisione di procedere in data 1o aprile ad un aumento di 20 DM sul mercato tedesco per le categorie 1, 2a, 2b2 e 2b3 e di 10 DM per la categoria 2b1; sul mercato francese l'aumento è di 50 FF per tutte le categorie tranne la 2c» (punto 87 del preambolo, documenti 674-678).

185.
    Il Tribunale ritiene che emerga dalla sua stessa formulazione che il verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 2 febbraio 1988 attesta l'esistenza di un accordo su aumenti dei prezzi sui mercati tedesco e francese. Il carattere consensuale di tali aumenti dei prezzi risulta, da un lato, con riguardo al termine «decisione» (in francese), dall'uso del singolare, e, dall'altro, dall'uniformità degli aumenti su ciascuno dei mercati considerati. E' peraltro pacifico che la ricorrente era presente alla detta riunione. La sussistenza dei fatti addotti dalla Commissione è pertanto sufficientemente provata.

— Prezzi obiettivo che si asseriscono fissati prima del 25 luglio 1988

186.
    Sempre al punto 224 del preambolo della decisione, la Commissione rileva che «altri prezzi obiettivo (per il quarto trimestre 1988) sono stati convenuti prima del 25 luglio 1988». Essa si basa su un prospetto allegato al verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 25 luglio 1988 che indica il «prezzo di mercato quarto trimestre 1988» suddiviso per ciascuna categoria, per la Germania, la Francia e il mercato belga/lussemburghese (punto 88 del preambolo).

187.
    Il Tribunale osserva, preliminarmente, che è il prospetto (documento n. 2507) allegato, secondo la Commissione, al verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 25 luglio 1988 a costituire il documento a carico, e non il verbale stesso. Il fatto che nessun rappresentante della ricorrente fosse presente a tale riunione è quindi ininfluente.

188.
    Il Tribunale constata che il prospetto controverso, redatto il 25 luglio 1988 o precedentemente, si riferisce ai prezzi in vigore durante il quarto trimestre del 1988. Esso è stato quindi stabilito con relativo ampio anticipo rispetto al trimestre di riferimento e offre prezzi precisi, suddivisi per paese e per categoria di prodotti. Il Tribunale ne desume che si tratta di prezzi dettagliati, che le parti avevano la comune intenzione di applicare, e non di una semplice ricapitolazione dei prezzi effettivi del mercato, attuali o previsti.

189.
    Tale documento, esaminato nel suo contesto fattuale, deve peraltro considerarsi portato a conoscenza del gruppo Eurofer/Scandinavia la notizia relativa a tale accordo. Informazioni dello stesso tipo sono state regolarmente trasmesse ai membri di tale gruppo, più volte al mese, per lo meno, sotto forma di prospetto allegato al verbale della riunione considerata.

190.
    E' pertanto dimostrata a sufficienza la sussistenza dei fatti asseriti dalla Commissione.

— Prezzi obiettivo che si asseriscono fissati il 18 ottobre 1988

191.
    Ai punti 225 e 226 del preambolo della decisione, la Commissione accerta l'esistenza di un accordo sui prezzi obiettivo da raggiungere nel corso del primo trimestre del 1989, che sarebbe stato stipulato nel corso della riunione della commissione travi tenutasi il 18 ottobre 1988. Essa si fonda sui seguenti elementi:

—    Il verbale della detta riunione, in cui sono menzionati, in particolare, gli aumenti di prezzo «stimati» di 25-40 DM nella Repubblica Federale di Germania, di 50-100 FF in Francia e di 200-800 BFR nel Benelux. I prezzi ai quali tali aumenti «porterebbero» sono riportati in un prospetto, suddivisi per paese e per categoria di prodotti e di clienti (punto 89 del preambolo);

—    il prospetto in base al quale sono stati determinati i prezzi obiettivo per il quarto trimestre del 1988 (documento n. 2507, allegato al verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 25 luglio 1988, punto 90 del preambolo);

—    un telex inviato dalla ricorrente alla TradeARBED il 22 settembre 1988 (punto 91 del preambolo);

—    il verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 3 novembre 1988 (documenti nn. 2488-2493), ove si legge che:

    «Sono previsti aumenti per il primo trimestre 1989, aumenti che sono peraltro attesi dal settore commerciale. Essi comportano incrementi pari a 25-40 DM in Germania, 50-100 FF in Francia, 200-800 BFR nel Benelux».

—    il fatto che «sono stati conclusi accordi per aumentare i prezzi armonizzando e incrementando gli extra».

192.
    Il Tribunale ritiene che gli elementi indicati ai punti 225 e 226 della decisione costituiscano, nel loro complesso, un insieme di indizi tra loro concordanti, atti a dimostrare i fatti addebitati.

193.
    Il Tribunale sottolinea, in particolare, come il verbale della riunione della commissione travi tenutasi il 18 ottobre 1988, alla quale ha preso parte la ricorrente, contenga prezzi dettagliati, ripartiti per prodotto e per mercato, applicati alle diverse categorie di clienti e utilizzi l'espressione «gli aumenti dei prezzi porteranno ai seguenti livelli di prezzo». Del pari, le cifre citate corrispondono a quelle indicate nel verbale della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 3 novembre 1988 (punto 200 del preambolo), alla quale ha partecipato anche la ricorrente, il che prova che la decisione della commissione travi del 18 ottobre 1988 è stata altresì comunicata al gruppo Eurofer/Scandinavia.

194.
    Peraltro il telex della ricorrente alla TradeARBED del 22 settembre 1998 costituisce un ulteriore indizio valido a favore del carattere consensuale dei prezzi nominati nel verbale della riunione del 18 ottobre 1988. In tale telex si legge quanto segue:

«Un colloquio sarebbe intrinsecamente utile in modo particolare dopo la riunione Eurofer/Scandinavia. Poiché tuttavia questa non è a breve scadenza, dovremmo immediatamente comunicare ai nostri amici i nostri obiettivi CE in termini di media e raccomandare un comportamento parallelo che per il programma Scandinavia consisterebbe nei seguenti aumenti:

    Svezia                 100 SKR—

    Norvegia                 100 NKR—

    Finlandia                  40 FM—

Per la categoria 2 c la decisione può attendere il 29 settembre».

195.
    Per quanto riguarda gli «obiettivi CE», si trattava di intenzioni comuni a numerose imprese. Infatti, l'autore del telex auspica, riguardo al «programma Scandinavia», il «comportamento parallelo» tra l'aumento medio previsto per la Comunità e quello che i partecipanti alla successiva riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia dovevano decidere di comune accordo (quest'ultima decisione veniva effettivamente adottata il 3 novembre 1988). Per di più, una successiva «decisione» è proposta al destinatario del telex per quanto riguarda i prezzi della categoria 2C, indice del fatto che si trattava di prezzi adottati di comune accordo.

196.
    La Commissione ha del pari correttamente ritenuto, al punto 225, settimo trattino, del preambolo della decisione, che, dal momento che le imprese riunite nel quadro della commissione travi concordavano extra armonizzati, sarebbe stato

sorprendente che le parti avessero lasciato decidere l'importo dei prezzi base al libero gioco della concorrenza (v. infra). Ora, è appunto nel corso della riunione del 18 ottobre 1988 che è stata esaminata una proposta della Usinor Sacilor tesa all'armonizzazione dei prezzi degli extra di qualità, prima di essere accettata, in linea di massima, in occasione della riunione tenutasi il 15 novembre 1988 (punto 122 del preambolo).

197.
    Peraltro, in conformità del ragionamento esposto al punto 226 del preambolo della decisione, il carattere vincolante, per lo meno moralmente, degli accordi accertati dalla Commissione è dimostrato dal fatto che nessuna delle partecipanti alla riunione ha manifestato l'intenzione di non applicare i prezzi proposti (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 232), e dalle successive dichiarazioni delle imprese secondo le quali i prezzi di cui trattasi erano stati accettati dalla clientela (v. i punti 94 e 95 del preambolo).

198.
    La Commissione ha quindi adeguatamente dimostrato la sussistenza dei fatti addebitati per quanto riguarda l'accordo sui prezzi obiettivo concluso il 18 ottobre 1988.

— Prezzi obiettivo che si asseriscono stabiliti nel corso della riunione del 10 gennaio 1989

199.
    Secondo il punto 227 del preambolo della decisione, nella riunione della commissione travi del 10 gennaio 1989 sono stati concordati i prezzi obiettivo per le consegne in Francia, Germania, Benelux e Italia, relativamente al secondo trimestre di quello stesso anno.

200.
    La Commissione si basa sul verbale di questa riunione (v. punto 95 del preambolo), in cui sono indicati gli aumenti per il trimestre di riferimento, specificati secondo i mercati e le categorie. Lo stesso documento riporta infine il «il livello dei prezzi attesi» derivanti da tali aumenti. La Commissione cita del pari una nota non datata del fascicolo della British Steel sui risultati di tale riunione nonché una nota interna della Peine-Salzgitter del 13 gennaio 1989 (punto 96 del preambolo).

201.
    Il Tribunale ritiene che i documenti citati ai punti 95 e 96 del preambolo della decisione comprovino a sufficienza i fatti addebitati.

202.
    Le parti si sono infatti avvalse nuovamente della tecnica già adottata nel corso della riunione del 18 ottobre 1988, inserendo nel verbale del 10 gennaio 1989, in maniera precisa e dettagliata, gli aumenti nonché i nuovi prezzi da essi risultanti per ciascun mercato e ciascuna categoria di prodotti e di clienti. Il Tribunale ritiene che tali indicazioni presuppongano un accordo sui prezzi di cui trattasi. Tale conclusione è confermata dagli altri due documenti menzionati dalla Commissione al punto 96 del preambolo della decisione, vale a dire la nota non datata della British Steel

(documenti nn. 2001-2003) e la nota della Peine Salzgitter del 13 gennaio 1989 (documenti nn. 3051 e 3052). La nota della British Steel reca prezzi per la Francia, la Germania ed i paesi del Benelux identici a quelli che compaiono nel verbale della riunione del 10 gennaio 1989. Essa menzione, di seguito, le «intenzioni relative ai prezzi», espressione che doveva significare, visto il carattere uniforme degli aumenti e dei nuovi prezzi da essi derivanti, intenzioni comuni ai membri della commissione travi. Secondo la nota della Peine Salzgitter del 13 gennaio 1989, gli aumenti erano stati già «previsti» in precedenza e sono stati «concretamente fissati» nel corso della riunione. Dopo aver presentato gli aumenti relativi alla Germania, tale nota prosegue: «Sono stati del pari decisi gli aumenti di prezzo selettivi per le diverse categorie nei principali altri paesi della Comunità (...)». Tale formulazione indica, anch'essa, l'esistenza di un concorso di volontà. Contrariamente a quanto dichiarato dalla ricorrente, non può pertanto trattarsi di un semplice scambio di informazioni sui prezzi.

203.
    Tale conclusione non è inficiata dal fatto che i nuovi prezzi per l'Italia indicati nella nota non datata della British Steel oltrepassino di 20 000 LIT per tonnellata quelli riportati nel verbale della riunione di cui trattasi. Tale difformità nella nota della British Steel, che riguarda soltanto i nuovi prezzi per l'Italia, deve infatti essere ricondotta ad un semplice errore nella trascrizione dei nuovi prezzi di cui trattasi.

— Prezzi obiettivo per i mercati italiano e spagnolo che si asseriscono decisi nel corso della riunione del 7 febbraio 1989

204.
    Secondo il punto 227 del preambolo della decisione, la commissione travi ha stabilito prezzi obiettivo per i mercati italiano e spagnolo alla riunione del 7 febbraio 1989.

205.
    La Commissione si basa sul verbale di tale riunione (v. punto 98 del preambolo), dal quale emergerebbe che sono stati fissati prezzi per due categorie di travi in Italia e prezzi per la Spagna e sono stati completati i dati che compaiono nel verbale della riunione del 10 gennaio 1989 (v. punto 95 del preambolo).

206.
    Il Tribunale ritiene che, nonostante le espressioni contenute nel verbale della riunione del 7 febbraio 1989 (documenti nn. 97-106), che qualificano le indicazioni di cui trattasi come «complementi alle previsioni di prezzi 2° trimestre 1989», molteplici elementi dimostrino che si trattava in realtà di prezzi concordati.

207.
    In primo luogo, i prezzi che sarebbero stati completati da tali indicazioni erano già stati fissati di comune accordo nel corso della riunione del 10 gennaio 1989 (v. supra). Nel corso della riunione del 7 febbraio 1989, i partecipanti hanno peraltro constatato che questi ultimi prezzi erano stati realizzati o lo sarebbero stati senza difficoltà (v. punto 98 del preambolo).

208.
    In secondo luogo, nel verbale si rileva che il nuovo livello dei prezzi della categoria 2c in Italia «preserva un'”armonia” tra i prezzi praticati nel complesso dei mercati

europei, da un lato, e prende in considerazione la concorrenza dei profilati composti saldati (prs), d'altro lato». Per quanto riguarda il mercato spagnolo, è indicato che i «prezzi previsti» del trimestre in corso sono «riportati» al trimestre successivo «per consolidare i livelli raggiunti». Risulta da tali formulazioni che esisteva un consenso tra le imprese per realizzare, mediante l'applicazione di tali prezzi, determinati obiettivi comuni. Tali imprese erano quindi necessariamente d'accordo per applicare tali prezzi.

209.
    La sussistenza dei fatti addebitati di cui al punto 227, secondo comma, del preambolo della decisione è pertanto sufficientemente dimostrata.

— Prezzi obiettivo che si asseriscono decisi nel corso della riunione del 19 aprile 1990

210.
    Secondo il punto 228 del preambolo della decisione, i prezzi obiettivo da praticare nel terzo trimestre 1989 sui mercati della Germania, della Francia, del Belgio, del Lussemburgo, dell'Italia e della Spagna, praticamente identici a quelli fissati per il trimestre precedente, sono stati concordati nel corso della riunione della commissione travi del 19 aprile 1989.

211.
    La Commissione si basa sul verbale di questa riunione, che dopo aver indicato i prezzi previsti erano stati ottenuti in Germania, in Francia ed in Italia, riporta i prezzi del trimestre successivo (punto 99 del preambolo).

212.
    Il Tribunale ritiene che la Commissione abbia adeguatamente provato che i prezzi riportati nel verbale del 19 aprile 1989 (documenti nn. 125-145) sono stati oggetto di un accordo.

213.
    In primo luogo, quanto al fatto che nel passaggio pertinente di detto documento si legge che le «previsioni T2/89 sono riportate sul terzo trimestre 1989», occorre ricordare che tali «previsioni» costituivano, in realtà, il risultato di un accordo nell'ambito della commissione travi, al quale le imprese interessate erano addivenute nel corso delle riunioni del 10 gennaio e del 7 febbraio 1989 (v. supra). Il «riporto» di tali «previsioni» aveva del pari carattere d'accordo, diretto questa volta al mantenimento del vecchio livello di prezzi. Tale conclusione è corroborata dalla constatazione, contenuta nel medesimo documento, secondo la quale i «prezzi previsti» per il secondo trimestre o le «previsioni» relative a tale trimestre erano stati «accettati (...) dalla clientela» (documento n. 126). Il riferimento al mercato tedesco, e cioè che le relative «previsioni» erano state «raggiunte», deve essere interpretato nel medesimo senso.

214.
    In secondo luogo, i prezzi per il trimestre successivo sono presentati, nel verbale della riunione del 19 aprile 1989, nella stessa maniera precisa e dettagliata in cui erano stati presentati, nei processi verbali precedenti, i prezzi del quarto trimestre del 1988 e quelli dei primi due trimestri del 1989. Tali dettagliate presentazioni non

possono essere interpretate nel senso che esse rispecchino semplici previsioni o stime.

— Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito con decorrenza dal mese di giugno del 1989

215.
    Ai punti 229 e 230 del preambolo della decisione, la Commissione dichiara l'esistenza di una pratica concordata di fissazione dei prezzi applicabile al Regno Unito a decorrere dal mese di giugno 1989, intervenuta su iniziativa della British Steel e accettata dalle sue concorrenti.

216.
    A sostegno di tale ragionamento, la Commissione richiama una nota interna della British Steel del 24 aprile 1989 (v. punto 100 del preambolo), nonché l'indicazione, contenuta nel verbale delle riunioni della commissione travi del 6 giugno e dell'11 luglio 1989, secondo la quale, a parere della British Steel, l'aumento dei prezzi era stato accettato dalla clientela (v. punti 101 e 102 del preambolo).

217.
    Il Tribunale ritiene che l'affermazione della Commissione, secondo la quale la British Steel ha annunciato alle altre imprese, il 19 aprile 1989, un aumento dei prezzi nel Regno Unito, invitandole a seguire tale aumento, è sufficientemente provata dalla nota del 24 aprile 1989 (documenti n. 1969 e 1970), citata al punto 100 del preambolo della decisione. E' del pari dimostrato che la ricorrente, che era presente alla riunione del 19 aprile 1989, ha ricevuto tanto l'annuncio della British Steel quanto l'invito di questa ad applicare i nuovi prezzi nel Regno Unito.

218.
    Il Tribunale ritiene del pari che la Commissione abbia sorretto con prove adeguate la propria affermazione secondo la quale la British Steel e le sue concorrenti si erano accordate sui prezzi (punto 230 del preambolo). La Commissione ha infatti correttamente dichiarato, al punto 229 del preambolo della decisione, che la cooperazione nella quale si inseriva il comportamento controverso aveva già dato luogo a vari accordi di fissazione dei prezzi per i mercati continentali CECA, ai quali la British Steel aveva aderito. L'operato di quest'ultima non può pertanto essere considerato un comportamento unilaterale nei confronti di un concorrente con il quale essa non aveva vincoli di cooperazione.

219.
    Infatti la British Steel, avendo accettato, in occasione di numerose riunioni precedenti della commissione travi, di vincolarsi, per lo meno moralmente, per quanto riguarda i prezzi continentali, poteva legittimamente aspettarsi dalle sue concorrenti che il suo invito a rispettare i nuovi prezzi nel Regno Unito sarebbe stato preso in considerazione da queste ultime nel momento in cui avessero deciso come comportarsi su tale mercato. Tale rilievo vale anche per la ricorrente, la cui partecipazione alle riunioni di cui trattasi non è posta in dubbio.

220.
    Il Tribunale ritiene, infine, che la Commissione abbia sufficientemente dimostrato che le imprese si sono effettivamente conformate alla richiesta della British Steel (punti 229 e 230 del preambolo). A tale proposito, la ricorrente non ha contestato

né le indicazioni della British Steel, secondo le quali i suoi aumenti di prezzo erano stati accettati dal mercato britannico, né l'affermazione della Commissione secondo la quale, all'epoca, i prezzi nel Regno Unito erano nettamente più elevati che nei mercati continentali della CECA (punto 229 del preambolo). Dato che, in tali circostanze, offerte a prezzi corrispondenti al livello continentale avrebbero impedito che la clientela locale accettasse i nuovi prezzi della British Steel, il fatto che aumenti di prezzo siano stati accettati «senza difficoltà» è sufficiente a dimostrare, in assenza di indizi contrari, che la ricorrente non si è opposta alla realizzazione degli aumenti controversi da parte della British Steel.

221.
    Si deve quindi constatare che gli accertamenti di fatto che sottendono il ragionamento svolto nei punti 229 e 230 del preambolo della decisione sono sorretti da prove sufficienti.

— Accordo che si asserisce raggiunto nel corso della riunione dell'11 luglio 1989, al fine di riportare al quarto trimestre, per il mercato tedesco, i prezzi obiettivo del terzo trimestre del medesimo anno

222.
    Al punto 231 del preambolo della decisione, la Commissione desume dal verbale della riunione della commissione travi, tenutasi l'11 luglio 1989 (v. punto 102 della decisione), che in quella sede è stata concordata l'applicazione in Germania, nel quarto trimestre 1989, di prezzi obiettivo identici a quelli del terzo trimestre dello stesso anno.

223.
    Il Tribunale ritiene che il verbale della riunione dell'11 luglio 1989 (documenti nn. 182-188) dimostri a sufficienza la sussistenza dei fatti addebitati dalla Commissione, relativi all'accordo sul mantenimento dei prezzi sul mercato tedesco nel corso del quarto trimestre del 1989.

224.
    Nel passaggio pertinente di questo documento si legge, sotto il titolo «Previsione circa l'evoluzione dei prezzi nel quarto trimestre 1989»:

«Da parte tedesca, si auspica, nei limiti in cui è previsto per il 1. ottobre 1989 un aumento degli extra di dimensione e di qualità dell'ordine di 20-25 DM la tonnellate, di non procedere ad aumenti del prezzo base. I prezzi attesi e ottenuti nel 3o trimestre 1989 sono riportati in questo contesto al 4o trimestre 1989. Uno scambio di informazioni relativo agli altri mercati comunitari avrà luogo in occasione della prossima riunione della commissione travi».

225.
    Dal modo in cui è formulato tale paragrafo emerge che solo i prezzi degli altri mercati dovevano costituire oggetto di un successivo «scambio di informazioni», mentre i prezzi del mercato tedesco sono stati «riportati» di comune accordo nel corso della riunione considerata.

226.
    In particolare, l'annuncio dei produttori tedeschi deve essere considerato nel contesto delle riunioni regolari della commissione travi e degli altri accordi dei qualiil Tribunale ha già constatato in precedenza l'esistenza. Così, i prezzi «riportati» erano stati essi stessi oggetto di un accordo nell'ambito della commissione travi il 19 aprile 1989 (v. supra, punti 210 e seguenti). Emerge quindi che le disposizioni adottate a proposito del mercato tedesco erano riconducibili alla prassi delle riunioni precedenti, consistente nel fissare i prezzi trimestrali successivi per il mercato della Comunità

227.
    Il Tribunale rileva, inoltre, che un accordo diretto a non aumentare i prezzi può costituire un accordo di fissazione dei prezzi ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

228.
    Occorre infine rilevare come la Commissione non contesti alle imprese di aver concluso un accordo per la fissazione di prezzi obiettivo nell'ambito della riunione del 3 agosto 1989. Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente non sono pertinenti nella parte in cui sono diretti a confutare tale ipotesi.

— Decisione, che si asserisce adottata nel corso della riunione del 12 dicembre 1989, riguardante i prezzi obiettivo da raggiungere nel primo trimestre del 1990

229.
    Ai termini del punto 232 del preambolo della decisione, la commissione travi ha deciso, nel corso della riunione del 12 dicembre 1989, di applicare anche nel primo trimestre 1990 i prezzi obiettivo che erano stati praticati nel quarto trimestre 1989.

230.
    Al riguardo, la Commissione si basa su un progetto di intervento orale di un rappresentante della TradeARBED in occasione di una riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 31 gennaio 1990 (documenti nn. 2414-2416, v. punto 107 del preambolo).

231.
    Il Tribunale prende atto che tale nota della TradeARBED (documento n. 2414) costituisce prova adeguata dell'esistenza dell'accordo controverso relativo al primo trimestre del 1990. E' pacifico che questo documento era una bozza di intervento orale pronunciato da un rappresentante della TradeARBED nel corso della riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia del 31 gennaio 1990. Ne consegue che l'informazione in esso contenuta, secondo la quale «[è] stato possibile mantenere in linea di massima (...) i prezzi del quarto trimestre 1989», deve essere interpretata nel senso che essa si riferisce, secondo prassi, agli accordi derivati dalla cooperazione nell'ambito della commissione travi.

232.
    La tesi della ricorrente, secondo la quale la nota di cui trattasi si riferirebbe ad un mero invito alla moderazione rivolto ai produttori nel corso della riunione del 12 dicembre 1989, è contraddetta non solo dal modo in cui vi è evocato il mantenimento dei prezzi [«E' stato possibile mantenere in linea di massima (...) i prezzi (...)»], ma anche per il fatto che i prezzi «mantenuti» vi sono definiti «prezzi programmati» e che la prassi di talune imprese consistente nell'«accett[are] quotazioni inferiori» è considerata «deplorevole».

233.
    Quanto alle divergenze sorte nel corso della stessa riunione, richiamate del pari dalla ricorrente, esse non riguardavano il livello dei prezzi del trimestre successivo, ma solo le quantità consegnate dalla British Steel e una proposta di ripartizione dei mercati avanzata, apparentemente, dalla Unimétal. Infine, il fatto che i prezzi esistenti siano stati meramente mantenuti in vigore, e non aumentati, non depone affatto nel senso che non esistesse un accordo, come neppure il fatto che i nuovi prezzi potevano non essere stati interamente rispettati (v. punto 108 del preambolo).

— Fissazione dei prezzi per la categoria 2 C nel mercato francese, rivelata dall'annuncio dell'Unimétal nel corso della riunione del 14 febbraio 1990

234.
    Al punto 233 del preambolo della decisione, la Commissione cita l'annuncio di un aumento dei prezzi della categoria 2 C sul mercato francese, fatto dalla Unimétal nel corso della riunione del 14 febbraio 1990. Secondo la Commissione, che rimanda alle considerazioni esposte ai precedenti punti 109 e 110 del preambolo, non si trattava di una decisione unilaterale della Unimétal, bensì di un accordo tra le imprese considerate.

235.
    Il Tribunale ritiene che i fatti addebitati alla ricorrente siano sufficientemente provati dagli elementi elencati ai punti 233, 109 e 110 del preambolo della decisione, considerati nel contesto delle riunioni della commissione travi.

236.
    Risulta infatti da tali elementi che la Unimétal era stata invitata da due concorrenti, la Peine Salzgitter e la TradeARBED, ad aumentare i suoi prezzi. A fronte di un divario esistente tra i prezzi in Francia e in Germania, si trattava, secondo le imprese, di «evitare distorsioni nel flusso degli scambi» (v. lettera del presidente della commissione travi alla Unimétal 6 novembre 1989, punto 109 del preambolo, documenti nn. 3009-3011), o di evitare che «il sistema dei prezzi in Germania» non fosse «perturba[to]» (v. fax della TradeARBED alla Unimétal del 7 febbraio 1990, punto 110 della decisione, documento n. 2413).

237.
    Poiché tale invito è stato accolto dalla Unimétal, quanto meno fino ad un determinato importo, l'aumento effettuato di conseguenza ha un carattere consensuale.

238.
    Inoltre, l'annuncio di un aumento di prezzo nella categoria considerata è stato fatto, nel corso della riunione del 14 febbraio 1990, in presenza non solo della TradeARBED e della Peine-Salzgitter, ma anche delle altre imprese che cooperano nell'ambito della commissione travi.

239.
    Peraltro l'aumento di cui trattasi non poteva spiegarsi in base a considerazioni economiche, dal momento che, nel fax citato, la TradeARBED aveva riconosciuto che il «contesto [era] in genere poco propizio ad un aumento dei prezzi». Ciò

posto, l'applicazione, da parte di tutte le imprese interessate, del prezzo annunciato era necessaria al mantenimento di quest'ultimo.

240.
    Tali elementi, reinseriti nel loro contesto, provano a sufficienza che, con il suo annuncio, la Unimétal intendeva garantirsi il sostegno di tutte le imprese partecipanti alla riunione del 14 febbraio 1990, tra le quali la ricorrente, per impedire che l'applicazione di prezzi meno elevati compromettesse la riuscita dell'«armonizzazione» prevista. Il fatto che accordi della stessa natura fossero stati conclusi nel corso delle riunioni precedenti, per i principali mercati della Comunità, consentiva alla Unimétal, e più in generale a tutte le imprese che consideravano che tale aumento effettuato nel loro interesse, di supporre che tale appello sarebbe stato seguito.

241.
    L'argomento della ricorrente, secondo il quale taluni degli elementi ai quali la Commissione fa riferimento nel presente contesto dimostrerebbero l'assenza di accordo per il primo trimestre del 1990, è stato già confutato dal Tribunale. Inoltre, esso non è tale da inficiare la constatazione di una fissazione dei prezzi per il trimestre successivo, di cui qui si tratta.

— Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito nel secondo trimestre del 1990

242.
    Emerge dal ragionamento svolto nei punti 220 e 234-236 del preambolo della decisione che la Commissione imputa alle imprese di cui trattasi, tra le quali la ricorrente, di essersi accordate, per il secondo trimestre del 1990, sui prezzi da applicare al Regno Unito, e di aver applicato i prezzi oggetto del detto accordo.

243.
    A sostegno del suo ragionamento, la Commissione fa accertato, in primo luogo, che la British Steel ha informato le destinatarie del suo fax del 14 febbraio 1990 dei prezzi da essa non considerati idonei a «perturbare» il mercato del Regno Unito (punto 234 del preambolo) e che era pertanto pronta a tollerare (punto 112, in fine, del preambolo). Il Tribunale ritiene che tale ipotesi sia sufficientemente confermata dalla lettura congiunta delle annotazioni manoscritte apposte sull'originale del detto fax del 14 febbraio 1990 (documento n. 1887) e dalla nota interna della British Steel del 20 febbraio 1990 (documento n. 1908). Tali note devono considerarsi rivelatrici dell'informazione telefonica promessa ai destinatari del fax. Esse attestano le «tolleranze di interpenetrazione», vale a dire i prezzi che non causerebbero un flusso di importazioni giudicato eccessivo. Nella nota citata, l'autore dichiara espressamente di aver informato il rappresentante della Unimétal dei prezzi «che a nostro parere non sono atti a perturbare il mercato».

244.
    La Commissione afferma, in secondo luogo, che l'annuncio della British Steel corrispondeva ad una «pratica concordata» (punto 235 del preambolo della decisione; v. anche punto 220), il che significa che, a suo parere, esso è stato fatto in un contesto che consentiva alla British Steel di ritenere che le altre imprese si sarebbero conformate ai prezzi annunciati. Il Tribunale ritiene che tale accertamento sia sufficientemente comprovato dagli elementi addotti dalla

Commissione. L'annuncio rientrava infatti «nel dialogo costante fra questa società e i suoi concorrenti in altri Stati membri» (punto 235 del preambolo). Come è stato già constatato (v. supra, punto 219), la partecipazione della British Steel ai precedenti accordi conclusi nell'ambito della commissione travi le consentiva di aspettarsi una certa reciproca solidarietà dalle sue concorrenti. Questa conclusione è suffragata, per lo meno per quanto riguarda le imprese tedesche interessate, vale a dire la Peine-Sazgitter, la Thyssen e la Saarstahl, dalla tabella (documento n. 1864) citata ai punti 235 e 55 del preambolo della decisione, che conferma che tali imprese e la British Steel si sforzavano di mantenere determinate proporzioni nei flussi di scambi tra i due paesi interessati e che ciascuna delle parti aveva quindi accettato di dare, secondo le circostanze, prove di solidarietà nell'interesse dell'altra parte. Deve pertanto essere respinto l'argomento della ricorrente secondo il quale la British Steel minacciava unilateralmente misure di ritorsione avverso le altre imprese in caso di comportamenti perturbatori.

245.
    La Commissione afferma, in terzo luogo, che le imprese di cui trattasi hanno effettivamente aumentato i loro prezzi, seguendo in tal modo la proposta della British Steel (punto 236 del preambolo). Tale ipotesi è dimostrata, secondo la Commissione, dal fatto che, benché la British Steel avesse criticato, in un primo tempo, offerte inferiori al suo listino, essa ha aumentato i propri prezzi solo pochi mesi dopo, a seguito della riunione del 16 maggio 1990 (v. punto 115 del preambolo). In assenza di indizi contrari, il Tribunale reputa che tale elemento, non contestato, provi sufficientemente che la British Steel è ampiamente riuscita a far rispettare i propri prezzi dalle sue concorrenti. Data la differenza tra i livelli dei prezzi tra il continente e il Regno Unito, la British Steel non avrebbe potuto, nel maggio 1990, prendere seriamente in considerazione un aumento senza essere sicura del comportamento solidale dei produttori continentali.

246.
    Le osservazioni contenute nelle note della British Steel del 17 e del 30 luglio 1990 (punto 117 del preambolo), di cui si avvale la ricorrente, non riguardano l'attuazione delle consegne effettuate dalla British Steel poco dopo la riunione del 14 febbraio 1990, per il secondo trimestre di tale anno. La nota del 17 luglio 1990 di riferisce alle indicazioni di prezzo fatte a seguito della riunione del 16 maggio 1990 e riguarda il trimestre successivo (v. infra). Quella del 30 luglio 1990 attesta la violazione di un accordo tra la British Steel e la TradeARBED e non fa menzione del comportamento della ricorrente.

247.
    Ne consegue che gli accertamenti di fatto che sottendono il ragionamento svolto dalla Commissione nei punti 234-236 del preambolo della decisione sono sufficientemente provati.

— Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito nel terzo trimestre del 1990

248.
    Risulta dal ragionamento sviluppato nel punto 237 del preambolo della decisione, letto alla luce del punto 220 (paragrafi 1 e 3), che la Commissione imputa alle

imprese di essersi concertate sui prezzi da applicare nel Regno Unito per il terzo trimestre del 1990 e di aver applicato i prezzi oggetto di questa concertazione.

249.
    Per quanto riguarda l'affermazione della Commissione secondo la quale la British Steel ha comunicato i suoi nuovi prezzi alle concorrenti invitando queste ultime a rispettarli, il Tribunale ritiene che questi due elementi risultino dal fax della detta impresa del 7 giugno 1990 (v. punto 115 del preambolo, documento n. 1798). La British Steel ha peraltro ripetuto lo stesso invito nel corso della riunione della commissione travi tenutasi il 10 luglio 1990 (v. punto 117 del preambolo, documenti nn.1964-1966). Riguardo a tali elementi di fatto, l'affermazione della Commissione è quindi sufficientemente provata.

250.
    Nei limiti in cui la Commissione conclude, in secondo luogo, per l'esistenza di un accordo, il Tribunale ha già constatato che, viste le precedenti attività della commissione travi, la British Steel poteva ragionevolmente aspettarsi dalle sue concorrenti un comportamento solidale in materia di prezzi sul mercato britannico e, in particolare, che il suo invito a rispettare i nuovi prezzi, fatto nel corso di una riunione con le concorrenti, sarebbe stato preso in considerazione da parte di queste ultime al momento di stabilire il loro comportamento su detto mercato. La Commissione ha quindi sufficientemente provato l'accordo da essa accertato.

251.
    Riguardo, infine, al rispetto da parte delle altre imprese dei prezzi stabiliti dalla British Steel, esso è sufficientemente provato dalla menzione, che compare nelverbale della riunione in data 11 settembre 1990 (punto 118 del preambolo, documenti nn. 1666-1679), ai termini della quale l'aumento del listino della British Steel sarebbe stato accettato dai clienti britannici. Se, infatti, le altre imprese non avessero rispettato, in larga misura, i nuovi prezzi annunciati dalla British Steel, non sarebbe affatto concepibile che tale aumento fosse accettato dalla clientela. Tale conclusione non è smentita dal fatto che, prima di risolversi a seguire le indicazioni della British Steel, le concorrenti avevano, in un primo tempo, applicato prezzi meno elevati (v. punto 117 del preambolo). Nemmeno il fatto che, nel corso di tale periodo, il comportamento della TradeARBED (e non della ricorrente) sia stato presentato dalla British Steel come una violazione dell'accordo tra le due imprese è idoneo a modificare il giudizio del Tribunale.

252.
    Ne consegue che i fatti accertati, sottesi al ragionamento sviluppato nel punto 237 del preambolo della decisione, sono sufficientemente provati.

253.
    Da tutto quanto precede deriva che dai documenti apportati dalla Commissione è sufficientemente provato l'insieme dei fatti addotti a sostegno del ragionamento che compare ai punti 224-237 del preambolo della decisione, relativo alla conclusione di accordi sui prezzi e ai comportamenti ad essi equiparati dalla Commissione quali «pratiche concordate».

— Perizia economica presentata dalla ricorrente

254.
    Il Tribunale ritiene che tale conclusione non sia smentita dall'argomento che la ricorrente trae dall'analisi dell'evoluzione dei prezzi presentata nel corso dell'audizione amministrativa dal perito signor Bishop (pagg. 113-127 del verbale dell'audizione). Secondo tale analisi, la teoria della Commissione, secondo la quale le imprese hanno concluso accordi in materia di prezzi, si scontra con la circostanza che i prezzi sul mercato non erano più elevati di quelli che ci si poteva aspettare in condizioni normali di concorrenza. Così, tra il 1987 e il 1991, i prezzi reali delle travi nella Comunità si sarebbero situati ad un livello storicamente basso, ad eccezione dell'anno 1989 nel quale, tuttavia, essi non sarebbero stati superiori a quelli praticati nel 1985, quando la domanda aveva raggiunto il suo livello minimo. Tale evoluzione dei prezzi non si spiegherebbe soltanto con gli incrementi di produttività realizzati all'epoca.

255.
    Nei limiti in cui, con il detto argomento, la ricorrente intenda contestare l'esistenza delle intese dichiarate ai punti 224-237 del preambolo della decisione, il Tribunale ha già stabilito che i fatti sulla scorta dei quali la Commissione ha constatato gli accordi e le pratiche concordate di cui trattasi sono sufficientemente provati dai documenti considerati, letti alla luce del contesto generale di cooperazione che esisteva all'epoca nell'ambito della commissione travi.

256.
    L'argomento della ricorrente, basato sull'evoluzione generale dei prezzi delle travi nella Comunità, non è, di per sé, idoneo a mettere in discussione la fondatezza di tali accertamenti di fatto. L'esperto stesso ha peraltro riconosciuto, nel corso dell'audizione, che scopo della sua analisi non era di commentare la comunicazione degli addebiti, ma solo quello di rispondere alla domanda se le mosse delle imprese avevano avuto successo (v. pag. 127 del verbale dell'audizione).

— Conclusioni

257.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che gli argomenti della ricorrente, nella parte in cui sono diretti contro le constatazioni di fatto esposte ai punti 224-237 del preambolo della decisione, devono essere respinti. Ne consegue altresì che la Commissione ha sufficientemente motivato tanto l'esistenza degli accordi e delle pratiche concordate addebitate alla ricorrente quanto la sua partecipazione individuale ai detti accordi e pratiche concordate e che la Commissione ha adeguatamente individuato le infrazioni di cui trattasi.

2. Sulla qualificazione giuridica dei fatti

258.
    A questo punto del ragionamento occorre valutare la qualificazione giuridica data dalla Commissione ai comportamenti menzionati ai punti 224-237 del preambolo della decisione avuto riguardo: a) alle categorie di intese di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato; b) allo scopo e agli effetti di tali comportamenti; e c) alla nozione di normale gioco della concorrenza ai sensi di questa disposizione.

a) Sulla qualificazione dei comportamenti censurati alla luce delle categorie di intese di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato

259.
    La ricorrente fa valere che, contrariamente alla valutazione effettuata nei punti 217-220 del preambolo della decisione, la prova di una pratica concordata ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato presuppone che la Commissione dimostri non solo che le imprese si siano concertate, ma anche che abbiano realmente posto in essere le pratiche oggetto di tale concertazione, in particolare, aumentando i loro prezzi in maniera uniforme (v. art. 65, n. 5, del Trattato, nonché, nell'ambito del Trattato CE, sentenza della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, Racc. pag. I-1307, punti 64 e 126 e seguenti). La Commissione non avrebbe apportato alcuna prova di tale tipo di comportamento. Peraltro, i documenti citati ai punti 223-237 del preambolo non dimostrerebbero il rispetto dei prezzi che si assumono.

260.
    Il Tribunale ricorda che, ai sensi dell'art. 4, lett. d), del Trattato:

«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell'acciaio e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente trattato, nell'interno della Comunità:

(...)

d)    le pratiche restrittive tendenti alla ripartizione o allo sfruttamento dei mercati».

261.
    L'art. 65, n. 1, del Trattato vieta «ogni accordo tra imprese, ogni decisione d'associazioni d'imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza e in particolare:

a)    a fissare o determinare i prezzi;

b)    a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

c)    a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d'approvvigionamento».

262.
    Nella fattispecie, i comportamenti imputati alla ricorrente nei punti 224-228, 231-233 del preambolo della decisione sono qualificati dalla Commissione come «accordi» per la fissazione dei prezzi, ai sensi della suddetta disposizione. Ora, dai fatti che il Tribunale ha appena accertato emerge che, in ciascuna delle occasioni prese in considerazione da tali punti della decisione, le imprese interessate, tra le quali la ricorrente, non si sono limitate ad un semplice scambio di informazioni sulle loro «previsioni» o «stime» di prezzo, ma hanno espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in una determinata maniera in materia di

prezzi, vale a dire, di far sì che fossero raggiunti oppure mantenuti i prezzi concordati nelle riunioni di cui trattasi. Il Tribunale ritiene che tale concorso di volontà costituisca un «accordo» ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato. A tale riguardo, il Tribunale non vede alcuna ragione per interpretare la nozione di «accordo» ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato in maniera diversa da quella di «accordo» ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (v. sentenza Rhône-Poulenc e a./Commissione, citata, punto 120).

263.
    Quanto ai comportamenti addebitati alla ricorrente per quanto riguarda i tre aumenti di prezzo sul mercato britannico, che nella decisione sono qualificati come «pratiche concordate» (v. punti 220 e 230, in fine), il Tribunale ritiene che questa nozione debba essere interpretata tenendo conto della finalità dell'art. 65, n. 1, e del contesto giuridico del Trattato.

264.
    Nel suo parere 1/61 del 13 dicembre 1961 (Racc. pag. 491), la Corte ha sottolineato come lo scopo dell'art. 4, lett. d), del Trattato sia quello di impedire alle imprese di acquisire, avvalendosi di pratiche restrittive, una posizione che consenta loro di ripartire o di sfruttare i mercati. Secondo la Corte, tale divieto, specificato dall'art. 65, n. 1, del Trattato, è tassativo e caratterizza il sistema instaurato dal Trattato (pag. 504). La Corte ha peraltro sottolineato, a proposito del regime di pubblicità dei prezzi previsto dall'art. 60 del Trattato (v. infra), che il «Trattato parte dal concetto che la libera formazione dei prezzi è assicurata dalla libertà accordata alle imprese di stabilire da sé i loro prezzi e di pubblicare nuovi listini quando intendono modificarli. Se la congiuntura muta, i produttori sono costretti ad adeguare i loro listini ed è per questa via che ”il mercato esprime il prezzo”» (sentenza della Corte 21 dicembre 1954, causa 1/54, Francia/Alta Autorità, Racc. pag. 7, 31). Emerge del pari dalla giurisprudenza della Corte che, anche se il mercato dell'acciaio è un mercato oligopolistico, caratterizzato dal regime di cui all'art. 60 del Trattato che garantisce, mediante la pubblicazione obbligatoria dei listini dei prezzi e delle tariffe di trasporto, la trasparenza dei prezzi praticati dalle varie imprese, l'immobilità o il parallelismo dei prezzi che ne risultano non sono tuttavia, di per sé, in contrasto col Trattato, purché essi derivino non già da un accordo, sia pur tacito, fra operatori economici, «bensì dal gioco sul mercato delle forze e della strategia di unità economiche indipendenti ed opposte» (sentenza 15 luglio 1964, causa 66/63, Paesi Bassi/Alta Autorità, Racc. pag. 1035, 1063).

265.
    Si evince da questa giurisprudenza che il concetto secondo il quale ogni impresa deve stabilire autonomamente la politica che intende seguire sul mercato, senza collusioni con le sue concorrenti, è inerente al Trattato CECA e, in particolare, ai suoi artt. 4, lett. d) e 65, n. 1.

266.
    Il Tribunale ritiene pertanto che il divieto di «pratiche concordate» di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato CECA persegua, in linea di massima, il medesimo disegno dell'analoga proibizione di «pratiche concordate» sancito dall'art. 85, n. 1, del Trattato CE. Esso mira a garantire, in particolare, l'effetto utile del divieto sancito

dall'art. 4, lett. d), del Trattato prevedendo, tra i suoi divieti, una forma di coordinamento fra imprese che, senza essere stata spinta fino all'attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisca consapevolmente una pratica collaborazione fra le stesse ai rischi della normale concorrenza considerata dal Trattato (v. sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, causa ICI/Commissione, Racc. pag. 619, punto 64).

267.
    Con più particolare riguardo ai tre casi di aumento dei prezzi sul mercato britannico, individuati dalla Commissione come «pratiche concordate», occorre ricordare che: a) tali tre casi si inseriscono nel contesto di una consultazione regolare, nel corso di numerose riunioni e di comunicazioni scritte tra le imprese facenti parte della commissione travi, dirette, in particolare, a coordinare il loro comportamento in materia di prezzi sui diversi mercati nazionali; b) in ciascuna delle tre occasioni nelle quali si è trattato dei prezzi sul mercato britannico, la British Steel ha svelato alle sue concorrenti, nel corso di una riunione alla quale assisteva la maggior parte di esse, quale sarebbe stato il suo futuro comportamento sul mercato in materia di prezzi, esortandole ad adottare lo stesso comportamento, ed ha agito quindi con la precisa intenzione di influenzare le loro future attività concorrenziali; c) il contesto di regolare coordinazione nell'ambito della commissione travi era tale che la British Steel poteva ragionevolmente contare sul fatto che le sue concorrenti si sarebbero ampiamente conformate alla sua richiesta o, quanto meno, che esse ne avrebbero tenuto conto nel decidere la propria politica commerciale; d) gli elementi addotti dalla Commissione dimostrano come le imprese di cui trattasi si siano ampiamente conformate alle proposte della British Steel. In particolare, la ricorrente non ha avanzato alcun argomento atto a dimostrare che essa si sia opposta alle richieste della British Steel o che non abbia aderito alle azioni in materia di prezzi comunicate nel corso delle riunioni di cui trattasi.

268.
    Dal complesso di tali elementi emerge che, nei tre casi richiamati, le imprese in questione hanno sostituito ai rischi della normale concorrenza, di cui è menzione nel Trattato, una cooperazione pratica tra loro, giustamente considerata dalla Commissione alla stregua di «pratiche concordate» ai sensi dell'art. 65, n. 1.

269.
    Riguardo all'argomento della ricorrente secondo il quale la nozione di «pratica concordata» ai sensi dell'art. 65, n. 1 del Trattato presuppone che le imprese abbiano attuato le pratiche oggetto del loro accordo, in particolare aumentando uniformemente i loro prezzi, dalla giurisprudenza del Tribunale relativa al Trattato CE risulta che, per concludere nel senso dell'esistenza di una pratica concordata, non è necessario che la concertazione abbia avuto, nel senso inteso dalla ricorrente, ripercussioni sul mercato. E' sufficiente constatare, se del caso, che ciascuna impresa ha dovuto necessariamente tener conto, direttamente o indirettamente, delle informazioni ottenute nel corso delle dette riunioni con i suoi concorrenti (sentenza Rhône-Poulenc/Commissione, citata, punto 123). Questa giurisprudenza non è messa in discussione dai punti 64 e 126 e seguenti della citata Ahlström

Osakeyhtiö e a./Commissione, invocata dalla ricorrente, i quali riguardano questioni diverse.

270.
    Il Tribunale ritiene che tale giurisprudenza possa essere trasposta all'ambito di applicazione dell'art. 65 del Trattato CECA, dal momento che la nozione di pratica concordata assume in tale articolo il medesimo significato della nozione equivalente del Trattato CE.

271.
    Tale considerazione non è smentita dalla formulazione dell'art. 65, n. 5, del Trattato, ai termini del quale la possibilità, per la Commissione, di infliggere ammende in caso di «pratiche concordate» è prevista solo nell'ipotesi in cui gli interessati «abbiano attuato» pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1. A giudizio del Tribunale, infatti, le imprese attuano una pratica concordata, ai sensi della detta disposizione, qualora esse partecipino effettivamente ad un meccanismo diretto ad eliminare l'incertezza relativa al loro comportamento futuro e che implica, necessariamente, che ciascuna di esse tenga conto delle informazioni ottenute dai suoi concorrenti (v. sentenza Rhône-Poulenc, citata, punto 123). Non è quindi necessario che la Commissione dimostri che gli scambi di informazioni di cui trattasi hanno raggiunto un risultato specifico o siano stati concretamente posti in atto sul mercato considerato.

272.
    Questa interpretazione è confermata dal disposto dell'art. 65, n. 1, del Trattato, che vieta «ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza». Il Tribunale ritiene che tale divieto riguardi qualsiasi pratica concordata che «tenda» o «possa» compromettere il gioco normale della concorrenza, senza che sia necessario dimostrare, ai fini della constatazione dell'infrazione, un danno effettivo e concreto a tale gioco. Del resto, nella sentenza 20 marzo 1957, causa 2/56, Geitling e a./Alta Autorità (Racc. 1957, pag. 9; in prosieguo: la «sentenza Geitling I») la Corte ha precisato (pag. 40) che, per giungere alla constatazione che un accordo falsi o limiti la concorrenza, non vi è bisogno di valutare quali sarebbero i concreti effetti di tale norma, tale constatazione emerge già dal raffronto con l'ipotesi astratta dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

273.
    In ogni caso, anche supponendo che si debba accogliere l'interpretazione sostenuta dalla ricorrente, secondo la quale la nozione di pratica concordata presuppone un comportamento sul mercato conforme al risultato della concertazione, tale presupposto sarebbe soddisfatto, nella fattispecie, per quanto riguarda i tre movimenti di prezzo sul mercato del Regno Unito. E' infatti dimostrato che, in ciascuno dei casi, le imprese si sono ampiamente conformate alla richieste della British Steel, il che ha consentito l'effettiva imposizione dei nuovi prezzi.

274.
    Da tutto quanto precede discende che la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di alcun errore di diritto nella qualificazione dei comportamenti di cui trattasi alla

luce delle nozioni di «accordo» o di «pratiche concordate» di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato.

b) Sullo scopo e sull'effetto delle intese e delle pratiche concordate addebitate

275.
    Secondo il punto 238 del preambolo della decisione, tutti gli accordi e le pratiche concordate menzionate denunciate ai punti 223-237 «tendevano a» restringere la concorrenza ai sensi dell'articolo 65, n. 1, del Trattato. Al punto 221 del preambolo, la Commissione indica che lo «scopo» dei comportamenti di cui trattasi, tra gli altri, era quello «di aumentare e di armonizzare i prezzi». Al punto 222, la Commissione, dopo aver premesso che l'analisi di tale scopo rende superfluo dimostrare l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la concorrenza, sottolinea tuttavia che tale impatto è stato ben lungi dall'essere trascurabile.

276.
    La ricorrente ribatte che gli accordi e le pratiche concordate di cui trattasi non erano in contrasto con l'art. 65, n. 1, del Trattato, dal momento che nulla consentirebbe di dedurre che intese restrittive della concorrenza siano state effettivamente attuate durante il periodo interessato dall'ammenda. Essa richiama, in particolare, l'analisi della situazione di mercato presentata dal signor Bishop e la circostanza che, nel periodo tra il giugno 1988 e il dicembre 1991, la produzione comunitaria di travi è passata da 3,7 a 5,6 milioni di tonnellate l'anno, con variazioni di oltre il 50% nel periodo tra il luglio 1988 e l'inizio dell'anno 1992 tra le quote di mercato delle imprese. Inoltre, durante tale periodo, il commercio comunitario si sarebbe considerevolmente sviluppato, il che avrebbe portato ad una riduzione delle quote di mercato dei diversi produttori sui loro mercati interni. La ricorrente contesta inoltre alla Commissione di non essersi pronunciata su tale analisi economica, il che costituirebbe un vizio di motivazione.

277.
    In quanto l'art. 65, n. 1, del Trattato si riferisce a intese che «tendano» ad alterare il normale gioco della concorrenza, il Tribunale ritiene che questa espressione contenga in sé l'espressione «hanno per oggetto» di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato CE. La Commissione ha quindi correttamente affermato, nel punto 222 del preambolo della decisione, di non essere tenuta a dimostrare l'esistenza di un effetto pregiudizievole sulla concorrenza per dimostrare l'esistenza di una violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

278.
    Si deve, in ogni caso, constatare, alla luce dei numerosi indizi secondo cui gli aumenti dei prezzi concordati nella fattispecie sono stati raggiunti, che i comportamenti censurati, riguardanti i principali produttori comunitari di travi, hanno necessariamente avuto un effetto non trascurabile sul mercato, come ha rilevato la Commissione al punto 222 del preambolo.

279.
    Il Tribunale ritiene, infine, che il punto 222 del medesimo contenga una motivazione sufficiente quanto allo scopo e all'effetto dell'infrazione.

c) Sulla qualificazione dei comportamenti censurati alla luce del criterio relativo al «gioco normale della concorrenza»

Sintesi degli argomenti della ricorrente

280.
    La ricorrente fa valere che le conclusioni alle quali giunge la Commissione nei punti 239-241 del preambolo della decisione sono inficiate da un errore di diritto, in quanto essa ha interpretato l'art. 65, n. 1, del Trattato CECA analogamente all'art. 85, n. 1, del Trattato CE, in particolare per quanto riguarda la nozione di gioco «normale» della concorrenza, intesa alla luce degli artt. 46 e 48-60 del Trattato CECA. Inoltre, gli sviluppi che compaiono ai punti 239-241 del preambolo non soddisferebbero i requisiti di una motivazione sufficiente.

281.
    A parere della ricorrente, la Commissione ha a torto considerato costitutiva di una violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato, la mera comunicazione reciproca dei prezzi da parte delle imprese, anche laddove tali imprese non si sono accordate e non hanno fissato i prezzi in comune. In realtà uno scambio di informazioni che si inserisca nel quadro della normativa del Trattato CECA, che agli artt. 46 e 48-60 prevedrebbe soltanto una concorrenza regolata e limitata, non costituirebbe una violazione dell'art. 65. Lo stesso si avrebbe nel caso di un accordo tra imprese diretto a far cessare o a impedire violazioni dell'art. 60.

282.
    Richiamandosi all'art. 232 del Trattato CE, la ricorrente sottolinea come nella sentenza 18 maggio 1962, causa 13/60, Geitling e a./Alta Autorità (Racc. pag. 165; in prosieguo: la «sentenza Geitling II»), la Corte abbia solo considerato la possibilità di interpretare l'art. 65 del Trattato CECA alla luce dell'art. 85 del Trattato CE. In realtà, la Corte avrebbe tuttavia basato il proprio ragionamento sugli artt. 2-5 del Trattato CECA. Del pari, nella sentenza 13 aprile 1994, causa C-128/92, Banks (Racc. pag. I-1209), la Corte si sarebbe espressamente rifiutata di riconoscere un effetto diretto all'art. 65 del Trattato CECA, al contrario dell'art. 85 del Trattato CE. La prassi amministrativa della Commissione, che consiste nell'uniformare le norme sulla concorrenza dei Trattati CECA e CE (v. XXa Relazione sulla politica della concorrenza), non avrebbe ancora ricevuto l'avallo dei giudici comunitari.

283.
    Peraltro, il regime economico del Trattato CECA, quadro di riferimento per l'interpretazione della nozione di «gioco normale» della concorrenza, testimonierebbe di un orientamento pianificatore. Esso si distinguerebbe così nettamente dal quadro economico del Trattato CE, diretto a garantire che non sia alterata la concorrenza nell'ambito del mercato comune [art. 3, lett. g) del Trattato CE].

284.
    La ricorrente fa valere che, nel corso dei negoziati relativi al Trattato CECA, gli artt. 65 e 66 sono stati inseriti allo scopo di impedire, nell'ambito di un regime che si sostituiva al diritto d'occupazione, che l'industria della Ruhr acquisisse una

posizione dominante e di garantire che orientamenti di politica industriale fossero stabiliti dall'Alta Autorità e non, come in passato, da intese tra imprese. L'art. 65, n. 1, vieterebbe quindi solo le restrizioni della concorrenza che siano in contrasto con gli obiettivi di politica industriale sanciti dagli artt. 2-5 del Trattato CECA. Allo stesso tempo, l'intenzione degli autori del Trattato CECA sarebbe stata quella di assicurare agli acquirenti un uguale accesso alle fonti di produzione, il che avrebbe reso necessario l'inserimento dell'art. 60. Tutti questi obiettivi di politica industriale sarebbero estranei al Trattato CE. Inoltre gli autori del Trattato CECA sarebbe partiti dal presupposto che per le loro azioni è necessaria l'informazione delle imprese riguardo ai mercato e ai prezzi, con la mediazione dell'Alta Autorità, e che, di conseguenza, non violano l'art. 65 le informazioni fornite a monte a quest'ultima in base all'art. 46 e a seguito di uno scambio praticato a tal fine tra le imprese. Il carattere oligopolistico del mercato considerato, sottolineato dalla Commissione, confermerebbe che un regime di perfetta concorrenza non è stato affatto preso in considerazione.

285.
    La stessa Commissione avrebbe osservato, nella sesta relazione generale (volume II, capitolo II, paragrafo 1, n. 41), che la concorrenza sul mercato comune della CECA «non è (...) la concorrenza libera e anarchica che risulterebbe dalla semplice eliminazione degli ostacoli agli scambi, ma è una concorrenza regolata, che costituisce il risultato di un'azione deliberata e di un arbitrato permanente» (in corsivo nel testo originale).

286.
    La ricorrente trae del pari argomento dagli artt. 2, 3, 4 e 5 del Trattato CECA. Nel suo parere 1/61, citato, la Corte avrebbe affermato che l'art. 65 è una disposizione applicativa dell'art. 4, lett. d), del Trattato. Quest'ultimo prescriverebbe solo un minimo di concorrenza, cosicché una determinazione del prezzo da parte delle imprese sarebbe incompatibile con tale disposizione solo se essa oltrepassasse i limiti previsti dall'art. 65, n. 2, primo comma, lett. c), del Trattato (sentenza Geitling II, pag 201, pag. 207 e seguenti).

287.
    La Corte avrebbe desunto dagli artt. 2 e 5 del Trattato che la circostanza che un'impresa detenga il potere di fissare i prezzi è criticabile solo laddove sia eliminata qualsiasi concorrenza (sentenza Geitling II, pag. 201). L'art. 5, presupposto dell'art. 46 in quanto obbligherebbe la Comunità a chiarire e facilitare l'azione degli interessati, mostrerebbe che il Trattato presuppone che le condizioni «normali» di concorrenza sono quelle di un mercato «trasparente» e informato. Senza tale trasparenza del mercato non sarebbe possibile garantire a tutti i consumatori del mercato comune posti in condizioni equiparabili uguale accesso alle fonti di produzione, ai sensi dell'art. 3, lett. b), del Trattato.

288.
    Nonostante il suo carattere generale e tassativo, l'art. 4, lett. d), del Trattato non osterebbe a restrizioni della concorrenza ammesse da disposizioni specifiche. Di esse farebbero parte non solo l'art. 65, n. 2, come ammetterebbe la giurisprudenza, ma anche gli artt. 46-48 e 60.

289.
    Riguardo all'art. 60 del Trattato, la ricorrente sostiene che il n. 2 di tale articolo osta a un'effettiva concorrenza mediante i prezzi. In un mercato di prodotti omogenei e in una situazione di sovraccapacità, esso impedirebbe che le imprese abbiano un interesse a ridurre i propri prezzi in quanto tale riduzione, necessariamente applicabile a tutti i clienti dell'impresa interessata, provocherebbe movimenti paralleli immediati da parte dei suoi concorrenti e, pertanto, una riduzione del livello generale dei prezzi senza portare ad un aumento duraturo del volume delle vendite. In queste condizioni, a parere della ricorrente, il regime economico del Trattato non prevede né consente l'esistenza di una concorrenza che possa essere ristretta.

290.
    In ogni caso, l'art. 60 limiterebbe la concorrenza da un duplice punto di vista: da un lato, attraverso la repressione della concorrenza occulta, per via dell'obbligo, previsto dal suo n. 2, di pubblicare listini dei prezzi e, d'altro lato, attraverso il divieto di consegnare a prezzi diversi dal listino applicabile. Tenuto conto di questo obbligo, imposto alle imprese tanto in favore dei loro acquirenti [art. 3, lett. b), del Trattato] quanto in favore dei loro concorrenti (sentenza Francia/Alta Autorità, citata, pag. 24), gli scambi di informazioni tra le imprese sui futuri prezzi da esse applicati non restringerebbero il «gioco normale» della concorrenza ai sensi dell'art. 65.

291.
    Tale interpretazione dell'art. 60, n. 2, del Trattato sarebbe suffragata dal n. 1 del medesimo articolo. Poiché questa disposizione impone alle imprese di rispettare gli artt. 2, 3 e 4 del Trattato, la circostanza che esse escludano un utilizzo di parametri di concorrenza incompatibili con gli scopi ivi fissati non costituirebbe una restrizione del gioco normale della concorrenza. La ricorrente fa più in particolare valere che, se le imprese potessero porre in atto una concorrenza dissimulata, ciò comprometterebbe il regolare approvvigionamento del mercato comune, previsto dall'art. 3, lett. a), del Trattato.

292.
    Quanto alla responsabilità che incombe alla Commissione di far rispettare l'art. 60 del Trattato (v. punto 241 del preambolo della decisione), la ricorrente fa valere che tale disposizione ha un effetto diretto e che le imprese possono legittimamente impegnarsi a rispettarla, senza infrangere l'art. 65 del Trattato.

293.
    D'altra parte, l'art. 46 del Trattato prevedrebbe una stretta collaborazione tra la Commissione e le imprese, comprendente l'informazione reciproca nonché la definizione, da parte della Commissione, di obiettivi di azione economica. In tale contesto, l'art. 48 attribuirebbe un ruolo specifico alle associazioni. Nel caso concreto, tali disposizioni avrebbero imposto alle imprese di consultarsi su tutti i punti che, essendo idonei ad essere presi in considerazione dalla Commissione nel determinare i programmi previsionali o nel definire obiettivi generali, potevano essere oggetto di osservazioni da parte loro. La ricorrente fa valere che, per poter sottoporre simili informazioni alla Commissione, le imprese devono preliminarmente consultarsi sul loro contenuto, nel quadro delle loro associazioni.

Una tale concertazione sarebbe riconducibile all'art. 46 del Trattato in quanto la Commissione vi abbia partecipato attivamente o passivamente senza criticarla. Da un lato, essa corrisponderebbe all'art. 5 del Trattato in quanto quest'ultimo fa obbligo alla Commissione di chiarire l'azione degli interessati. D'altro lato, non si potrebbe pretendere che le imprese trovino esse stesse il modo per rispettare nel contempo gli artt. 46 e seguenti e l'art. 65 del Trattato.

294.
    Nella fattispecie, la Commissione avrebbe effettivamente partecipato allo scambio di informazioni censurato, in quanto essa avrebbe indotto le imprese ad agire nel modo in cui hanno agito e, in ogni caso, ne sarebbe stata informata e se ne sarebbe giovata. Di conseguenza, le imprese non avrebbero limitato il «gioco normale» della concorrenza.

295.
    Peraltro, il carattere autonomo del regime di concorrenza del Trattato CECA si giustificherebbe in base alle stesse considerazioni che hanno indotto la Corte a riconoscere al settore agricolo del Trattato CE un regime di concorrenza particolare (v. sentenze 15 maggio 1975, causa 71/74, Frubo/Commissione, Racc. pag. 563; 5 ottobre 1994, causa C-280/93, Germania/Consiglio, Racc. pag. I-4973, punti 59-61, e 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, 54/73, 55/73, 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 65-70).

296.
    Nell'ambito della difesa orale svolta in comune all'udienza, le ricorrenti hanno sottolineato, in particolare, come il principio di economia di mercato inerente al Trattato CE vada contrapposto al principio di economia regolata del Trattato CECA. Esse hanno citato a tal proposito l'opera del professor Paul Reuter, «La Communauté du charbon et de l'acier», (Parigi, LGDJ, 1953), secondo la quale «la concurrence établie par le traité n'est pas et ne peut pas être la libre concurrence, mais seulement la concurrence loyale e réglée» (pag. 143), secondo le norme «qui rapprochent [les] conditions de fonctionnement [des entreprises] de celles des services publics» (pag. 205). La concorrenza «normale» del Trattato CECA avrebbe solo un carattere subordinato, come dimostrerebbero le disposizioni relative alla pubblicazione dei listini in base a determinati punti di parità (art. 60, n. 2), all'obbligo di trasparenza (artt. 46-48) e alla possibilità di sospendere la concorrenza (artt. 61, 53 e 58). Nell'ambito del detto Trattato, la concorrenza costituirebbe solo uno degli strumenti (v. sentenza Banks, citata). In quanto la Commissione ha il compito di conciliare gli obiettivi del Trattato e, così, di stabilire l'applicazione e il contenuto delle regole di concorrenza (v. XX² Relazione sulla politica della concorrenza, punto 120), sarebbe tenuta ad agire in stretta cooperazione con le imprese.

297.
    La suddetta presentazione è stata completata, all'udienza, da un intervento del professor Steindorff. Quest'ultimo ha concluso nel senso della necessità di una valutazione rigorosa dell'art. 65, alla luce del Trattato CECA nel suo complesso, che sarebbe caratterizzato da determinati obiettivi politici legati alla specificità del settore. Le discussioni tra imprese rientranti nel sistema previsto dagli artt. 46-48

del Trattato non mai sarebbero mai state considerate una violazione dell'art. 65 (v. relazione della delegazione francese sul Trattato CECA e convenzione relativa alle disposizioni transitorie, 1951, nonché l'opera del professor Paul Reuter, citata). Esse farebbero in effetti parte del gioco normale della concorrenza a condizione che la Commissione le diriga o, in caso di iniziativa autonoma delle imprese, che queste ultime agiscano in buona fede e al fine di preparare le loro discussioni con la Commissione. L'art. 60 del Trattato sarebbe stato concepito nell'intento di limitare le vendite sottocosto e proteggere le relazioni esistenti tra i produttori e i clienti. Ricondotto nell'ambito del Trattato CE, tale sistema sarebbe incompatibile con l'art. 85 del medesimo. Tenuto conto delle difficoltà connesse all'attuazione dell'art. 60 del Trattato, riconosciute dalla Commissione, uno scambio sui prezzi che, ad ogni modo, si presume siano pubblicati, non sarebbe in contrasto con l'art. 65, n. 1, del Trattato.

Giudizio del Tribunale

298.
    L'argomentazione della ricorrente si basa su tre elementi principali: il contesto legislativo dell'art. 65, n. 1; l'art. 60 del Trattato; e gli artt. 46-48 del Trattato.

— Il contesto nel quale si inserisce l'art. 65, n. 1, del Trattato

299.
    Occorre anzitutto ricordare che, nella fattispecie, le imprese hanno concluso vari accordi relativi ai prezzi da applicare nel corso di un dato trimestre o che, quanto meno, dovevano essere considerati alla stregua dell'obiettivo che si sforzavano di raggiungere di comune accordo (v. punto 225, secondo comma, del preambolo della decisione). Quanto alle tre pratiche concordate relative ai prezzi sul mercato del Regno Unito, esse hanno consentito di garantire che il livello dei prezzi dei produttori continentali non compromettesse gli aumenti annunciati dalla British Steel. Non si tratta quindi di meri scambi di informazioni su «previsioni» o «stime» riguardo a futuri prezzi, come asserisce la ricorrente.

300.
    Tenuto conto dello scopo dell'art. 65, n. 1, del Trattato, che è quello di tutelare l'esigenza di autonomia delle imprese sul mercato per far rispettare il divieto, stabilito dall'art. 4, lett. d), di «pratiche restrittive tendenti alla ripartizione o allo sfruttamento dei mercati», tale coordinamento dei comportamenti, realizzato attraverso un accordo o una pratica concordata allo scopo di raggiungere determinati obiettivi di prezzo, deve essere considerato diretto a «fissare (...) i prezzi» ai sensi di detto art. 65, n. 1, e quindi in contrasto con la detta disposizione.

301.
    Del pari, le ragioni storiche che sono state all'origine dell'art. 65 del Trattato, anche considerando corretta la presentazione che ne fa la ricorrente, non possono giustificare una lettura di questa disposizione contraria alla sua finalità oggettiva, quale si evince dal suo disposto e dal contesto a che emana normativo a cui inerisce. D'altra parte la dichiarazione del governo francese del 9 maggio 1950, preliminare alla redazione del Trattato, recita quanto segue: «(...) al contrario di

un cartello internazionale diretto alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali mediante pratiche restrittive e al mantenimento di elevati profitti, l'organizzazione progettata garantirà la fusione dei mercati e l'espansione della produzione».

302.
    Con riguardo al carattere oligopolistico dei mercati presi in considerazione dal Trattato, se è pur vero che esso può, in certo modo, attenuare gli effetti della concorrenza (v. sentenza Geitling II, pagg. 209, 210), tale considerazione non giustifica un'interpretazione dell'art. 65 che autorizzi comportamenti di imprese che, come nella fattispecie, riducano ancor di più la concorrenza, in particolare, mediante attività di fissazione dei prezzi. Tenuto conto delle conseguenze che può avere la struttura oligopolistica del mercato, è ancor più necessario tutelare la concorrenza residua (v. per quanto riguarda l'applicazione dell'art. 65, n. 2, del Trattato, la sentenza Geitling II, pag. 210).

303.
    Quanto agli orientamenti pianificatori del Trattato, il Tribunale ha già ricordato che l'art. 4, lett. d) del Trattato, che trova la sua specificazione, in particolare, nell'art. 65, n. 1, dello stesso Trattato, prevede un divieto tassativo che caratterizza il sistema instaurato dal Trattato (parere 1/61, citato, pag. 504, sentenza Banks, citata, punti 11, 12 e 16). L'obiettivo della libera concorrenza presenta quindi, nell'ambito del Trattato, un carattere autonomo ed ha quindi lo stesso carattere imperativo degli altri obiettivi del Trattato previsti dagli artt. 2-4 (v. sentenze della Corte Francia/Alta Autorità, citata, pag. 23, e 21 giugno 1958, causa 8/57, Groupement des Hauts Fourneaux e Acéries belges/Alta Autorità, Racc. pag. 213, pag. 232).

304.
    Non può, del pari, essere accolta la tesi della ricorrente secondo la quale l'art. 65, n. 1, vieterebbe solo le restrizioni della concorrenza che siano in contrasto con obiettivi di politica industriale sanciti dal Trattato. Tale criterio non compare in questa disposizione, che al contrario vieta, in linea generale, le intese dirette a falsare il gioco normale della concorrenza (v. sentenza della Corte 15 luglio 1960, cause riunite 36/59, 37/59, 38/59 e 40/59, Präsident e a./Alta Autorità, Racc. pag 827, pag. 859).

305.
    Infine gli argomenti della ricorrente relativi ad un raffronto con il settore agricolo nell'ambito del Trattato CE non hanno alcuna pertinenza con il contesto della presente controversia.

— Art. 60 del Trattato

306.
    In ordine agli argomenti della ricorrente basati sull'art. 60 del Trattato, occorre ricordare che tale norma, che costituisce una specificazione delle disposizioni dell'art. 4, lett. b), del Trattato, vieta al n. 1:

« —    le pratiche di concorrenza sleale, in particolare i ribassi di prezzi meramente temporanei o meramente locali tendenti, nell'interno del mercato comune, al conseguimento di una posizione di monopolio;

—    le pratiche discriminatorie implicanti, nel mercato comune, l'applicazione da parte d'un venditore di condizioni disuguali ad operazioni equiparabili, specialmente in considerazione della cittadinanza degli acquirenti».

307.
    L'art. 60, n. 2, lett. a), del Trattato rende obbligatoria, ai fini sopra ricordati, la pubblicazione dei listini dei prezzi e delle condizioni di vendita praticate dalle imprese sul mercato comune. Ai sensi dell'art. 60, n. 2, lett. b), i modi di quotazione applicati non devono avere l'effetto di introdurre nei prezzi praticati da un'impresa sul mercato comune, ragguagliati al loro equivalente franco partenza dal punto scelto per la determinazione del suo listino, aumenti rispetto al prezzo previsto dal detto listino per un'operazione equiparabile, né ribassi su questo prezzo, l'ammontare dei quali ecceda, in particolare, la quantità che permette di pareggiare l'offerta fatta sul listino, determinato in base ad altro punto che procuri all'acquirente le condizioni più vantaggiose nel luogo di consegna.

308.
    Secondo una costante giurisprudenza, la pubblicità obbligatoria dei prezzi prevista dall'art. 60, n. 2, del Trattato ha lo scopo, in primo luogo, di impedire, per quanto possibile, le pratiche vietate, in secondo luogo, di permettere agli acquirenti di essere esattamente informati dei prezzi e di partecipare, inoltre, all'accertamento delle discriminazioni e, in terzo luogo, di consentire alle imprese di conoscere esattamente i prezzi praticati dai concorrenti, in modo da potervisi eventualmente allineare (v. sentenze della Corte, Francia/Alta Autorità, citata, pag. 24, e 12 luglio 1979, causa 149/78, Rumi/Commissione, Racc. pag. 2523, punto 10).

309.
    Si deve ammettere che il regime considerato dall'art. 60 del Trattato, e in particolare il divieto di discostarsi dal listino, anche temporaneamente, costituisce un'importante limitazione della concorrenza.

310.
    Il Tribunale ritiene tuttavia che, nella fattispecie, l'art. 60 del Trattato non sia pertinente ai fini della valutazione, sotto il profilo dell'art. 65, n. 1, dei comportamenti imputati alla ricorrente.

311.
    In primo luogo, in quanto gli argomenti della ricorrente si basano sull'idea che si tratti nella fattispecie di meri scambi di informazioni su «stime» o «previsioni» di prezzi futuri, essi sono irrilevanti dal momento che, come ha appena considerato il Tribunale, la ricorrente ha preso parte ad accordi e pratiche concordate diretti a fissare i prezzi.

312.
    In secondo luogo, è costante giurisprudenza che i prezzi che compaiono nei listini devono essere stabiliti per ciascuna impresa in maniera indipendente, senza accordo, sia pur tacito, tra le imprese (v. sentenze Francia/Alta Autorità, citata, pag. 31, e Paesi Bassi/Alta Autorità, citata, pag. 1063). In particolare, il fatto che le disposizioni dell'art. 60 tendano a limitare la concorrenza non impedisce l'applicazione del divieto delle intese previsto dall'art. 65, n. 1, del Trattato (sentenza Paesi Bassi/Alta Autorità, citata).

313.
    In terzo luogo, l'art. 60 del Trattato non prevede alcun contatto tra le imprese, precedente la pubblicazione dei listini, ai fini di una reciproca informazione sui loro futuri prezzi. Ora, poiché i detti contatti impediscono che tali listini siano fissati in modo indipendente, essi possono falsare il gioco normale della concorrenza, ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

314.
    Infine, quanto all'argomento secondo il quale la ricorrente poteva a buon diritto impegnarsi a rispettare le disposizioni dell'art. 60 del Trattato, escludendo una concorrenza dissimulata incompatibile con tale articolo, è sufficiente ricordare che nella fattispecie si tratta di accordi e pratiche concordate diretti a coordinare i prezzi, generalmente al rialzo, e non di scambi di informazioni diretti a far rispettare le disposizioni dell'art. 60 del Trattato.

315.
Inoltre, anche supponendo che all'epoca il sistema di cui all'art. 60 del Trattato non abbia funzionato nel modo previsto dal Trattato (v. documento di lavoro della Commissione accluso quale allegato 5, documento 2, al ricorso nella causa T-151/94), risulta dalla struttura complessiva degli artt. 4, 60 e 65 del Trattato che quest'ultimo tutela allo stesso tempo l'interesse all'applicazione di prezzi non discriminatori e pubblici e quello ad una concorrenza non falsata da accordi collusivi. Il Tribunale non può quindi accettare che il mancato rispetto da parte delle imprese interessate delle regole che tutelano il primo interesse conduca all'inapplicabilità di quelle a tutela del secondo. Incombeva alle stesse imprese di rispettare le disposizioni dell'art. 60 del Trattato, piuttosto che stabilire tra di loro una coordinazione privata dei prezzi, in presunta sostituzione di questa disposizione la cui attuazione pertiene alla responsabilità della Commissione.

316.
    In ogni caso, accordi tra produttori non possono essere equiparati al sistema dell'art. 60 del Trattato, quanto meno per il fatto che essi non consentono agli acquirenti di tenersi esattamente informati dei prezzi né di partecipare alla vigilanza sulle discriminazioni (v. sentenze Francia/Alta Autorità, citata, pag. 24, e Rumi/Commissione, citata, punto 10).

— Artt. 46-48 del Trattato

317.
    Quanto agli argomenti svolti sulla base degli artt. 5 e 46-48 del Trattato, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 5, secondo comma, primo trattino, del Trattato, la Comunità chiarisce e facilita l'azione degli interessati raccogliendo informazioni, organizzando consultazioni e definendo scopi generali. Secondo l'art. 5, secondo comma, terzo trattino, la Comunità assicura la costituzione, il mantenimento e il rispetto di condizioni normali di concorrenza ed esercita un'azione diretta sulla produzione e sul mercato soltanto quando le circostanze lo richiedano. L'art. 46 del Trattato dispone, in particolare, che la Commissione deve, ricorrendo alle consultazioni con le imprese, attendere ad uno studio continuo dell'evoluzione dei mercati e delle tendenze dei prezzi, e stabilire periodicamente programmi preventivi di carattere indicativo riguardanti la produzione, il consumo, l'esportazione e l'importazione. L'art. 47 del Trattato dispone che la Commissione

può raccogliere le informazioni necessarie per l'adempimento della sua missione, nel rispetto del segreto professionale. L'art. 48 del Trattato stabilisce, in particolare, che le associazioni di imprese possono svolgere ogni attività non contraria alle disposizioni del Trattato, che esse hanno il diritto di sottoporre alla Commissione le osservazioni dei loro membri nel caso in cui il Trattato prescriva la consultazione del comitato consultivo istituito dall'art. 18 del Trattato, e che esse sono tenute a fornire alla Commissione le informazioni sulla loro attività che quest'ultima reputi necessarie.

318.
    Nessuna delle disposizioni sopra citate consente alle imprese di contravvenire al divieto di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato concludendo accordi o ponendo in essere pratiche concordate di fissazione dei prezzi del tipo in esame nella fattispecie.

319.
    Quanto al resto, gli argomenti relativi all'asserita necessità, per le imprese, di scambiare tra loro informazioni nell'ambito della loro cooperazione con la DG III dopo il 1. luglio 1988, saranno esaminati dettagliatamente nella successiva parte D.

320.
    Fatta tale riserva, da quanto precede emerge che la Commissione non ha disconosciuto la portata dell'art. 65, n. 1, né ha applicato erroneamente le disposizioni dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE ai fatti del caso di specie. Del pari, le spiegazioni che la Commissione ha fornito ai punti 239-241 del preambolo della decisione constituiscono una motivazione sufficiente di tale aspetto della decisione.

321.
    Ne consegue che, con la stessa riserva, deve essere respinto il complesso degli argomenti diretti contro la qualificazione, nei punti 224-237 del preambolo, dei comportamenti imputati alla ricorrente come accordi o pratiche concordate di fissazione di prezzi obiettivo.

Sugli accordi inerenti all'armonizzazione degli extra

322.
    All'art. 1 della decisione, la Commissione contesta alla ricorrente di aver preso parte ad un comportamento qualificato come «armonizzazione degli extra». Emerge dai punti 122-142 (per la parte in fatto) e 244-252 (per la valutazione giuridica) del preambolo che le imprese di cui trattasi hanno stipulato, nel corso delle riunioni della commissione travi in data 15 novembre 1988, 19 aprile 1989, 6 giugno 1989, 16 maggio 1990 e 4 dicembre 1990, cinque successivi accordi di armonizzazione degli extra.

323.
    Pur non negando che si tratti di accordi relativi all'armonizzazione dei prezzi degli extra, la ricorrente fa valere che la Commissione non aveva il diritto di contestarle una violazione dell'art. 65 del Trattato. Dal 1976 quest'ultima avrebbe richiesto alle imprese informazioni sull'armonizzazione degli extra, in forza di un mandato basato sull'art. 65 del Trattato. Non avendo la Commissione reagito alle informazioni ricevute in tale occasione, le imprese potevano, a parere della ricorrente, partire dal presupposto che il loro comportamento fosse, avuto riguardo a tale

disposizione, ineccepibile. Peraltro, per rendere possibile alla fine del 1977 la fissazione del prezzo di importazione di base (v. comunicazione pubblicata nella GU L 353 del 31 dicembre 1977, pag. 1), il settore avrebbe realizzato, a richiesta della Commissione e d'accordo con questa, un'armonizzazione a breve termine di tutti i settori di extra per il complesso dei prodotti. Successivamente, la Commissione sarebbe stata tenuta al corrente dei risultati di tale armonizzazione mediante la comunicazione dei listini, che non avrebbe mai dato luogo a contestazioni da parte sua. La Commissione avrebbe così preso parte ai comportamenti delle imprese. La ricorrente ne inferisce che tali comportamenti sono rimasti nell'ambito tracciato dall'art. 60 del Trattato e che non possono quindi essere considerati una restrizione del gioco normale della concorrenza, ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

324.
    Il Tribunale rileva che la ricorrente non contesta nessuna delle constatazioni e delle considerazioni di fatto addotte nei punti 122-142 e 244-252 del preambolo della decisione, riguardanti la stipulazione degli accordi che vi sono menzionati e l'individuazione del loro obiettivo, che era non solo quello di armonizzare i prezzi degli extra, ma anche di aumentarli. Essa si limita ad affermare che la Commissione era a conoscenza di tali comportamenti e che vi prendeva anche parte.

325.
    Non può essere accolto l'argomento della ricorrente nei limiti in cui si riferisce al fatto che la Commissione si sarebbe informata nel 1976 sull'armonizzazione degli extra e non avrebbe manifestato reazioni alle informazioni allora ricevute dalle imprese. La ricorrente non ha fornito alcuna precisazione sulla natura delle dichiarazioni o informazioni che sono state oggetto di tale asserito scambio tra la Commissione e le imprese, né sul contesto di tali avvenimenti o sul nesso che essi potessero avere con comportamenti adottati più di undici anni dopo.

326.
    Se l'argomento della ricorrente si riferisce all'inchiesta condotta dalla Commissione presso il Groupement Belge de la sidérurgie, richiamata in una nota del 24 febbraio 1976 (allegato 5 ai ricorsi nelle cause T-137/94 e T-138/94), tale documento non è idoneo a suffragare le sue affermazioni. Se ne evince, infatti, che il rappresentante del Groupement aveva presentato le riunioni oggetto dell'inchiesta come «indispensabili per pervenire ad una certa trasparenza del mercato e ad un'omogeneità delle qualità». Nessuno di tali obiettivi presupponeva un'armonizzazione degli importi degli extra e, ancor meno, un aumento di tali importi. Inoltre il documento fa stato, nell'ambito dei contatti internazionali tra imprese, di una dichiarazione della stessa persona secondo la quale tali contatti non davano luogo ad «accordi sui prezzi».

327.
    Né può essere accolto l'argomento secondo il quale la Commissione avrebbe preso parte ai comportamenti controversi esigendo l'armonizzazione degli extra per poter fissare alla fine del 1977 i prezzi di importazione di base nel quadro degli accordi antidumping. Nessun elemento consente di supporre che gli accordi di

armonizzazione in oggetto nella fattispecie, conclusi più di dieci anni dopo tale azione, presentino una qualsivoglia relazione con quest'ultima.

328.
    Allo stesso modo, la circostanza che la Commissione abbia potuto rilevare analogie nei listini delle imprese non è, di per sé, sufficiente a dimostrare che essa fosse a conoscenza degli accordi considerati, e ancor meno che li approvasse.

329.
    Anche supponendo che l'armonizzazione della struttura degli extra (dimensioni, qualità, ecc.) possa avere una certa utilità nel contesto della pubblicazione dei listini a norma dell'art. 60 del Trattato, è necessario osservare che si tratta nella fattispecie di accordi riguardanti non solo la struttura, ma anche i prezzi degli extra e, in particolare, l'aumento di tali prezzi in cinque occasioni, tra il 15 novembre 1988 e il 4 dicembre 1990. Dato che l'art. 60 del Trattato non autorizza in alcun modo accordi in materia di prezzi, gli argomenti della ricorrente basati su tale disposizione non sono pertinenti.

330.
    Di conseguenza, e ferma restando la riserva riguardo all'argomento che verrà esaminato nella successiva parte D, devono essere integralmente respinte le censure della ricorrente inerenti alla constatazione da parte della Commissione, nei punti 122-142 e 244-252 del preambolo della decisione, di accordi riguardanti l'armonizzazione degli extra in violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

Sulla ripartizione dei mercati operata nell'ambito del «metodo Traverso»

331.
    Nell'art. 1 della decisione, la Commissione addebita alla ricorrente di aver partecipato ad una ripartizione dei mercati che essa definisce «metodo Traverso». Il periodo preso in considerazione ai fini dell'ammenda irrogata per tale partecipazione è di due volte tre mesi. I motivi che sono alla base di tale contestazione compaiono nei punti 72-79 (per la parte in fatto) e 254-259 (per la valutazione giuridica) del preambolo.

332.
    Ai punti 254-259 del preambolo, la Commissione dichiara, in particolare, che il sistema controverso «è stato istituito il 19 luglio 1988 o ad una data di poco precedente» e che «per il quarto trimestre 1988 e il primo trimestre 1990 è stato applicato». Grazie a tale sistema le imprese partecipanti, vale a dire la Peine-Salzgitter, la Thyssen, la Klöckner, la Saarstahl, la Unimétal, la Ferdofin, la Cockerill Sambre, la TradeARBED e la British Steel, avrebbero «cerca[t]o di adeguare domanda e offerta» (punto 254).

333.
    Secondo la Commissione, le imprese comunicavano i propri programmi di consegna al signor Traverso, all'epoca presidente del CDE (v. punto 31 del preambolo). Quest'ultimo poteva proporre a qualsiasi impresa le eventuali modifiche da lui ritenute opportune (punto 256). Distribuite in seguito alle imprese partecipanti, tali cifre divenivano «programmi di consegna» per ciascuna società e per ciascuno dei mercati considerati (punti 256 e 257). La Commissione sostiene peraltro che il

presidente del CDE e la Eurofer contattavano le imprese che non si conformavano alle cifre e ingiungevano loro di rispettare la struttura tradizionale degli scambi. Le imprese partecipanti avrebbero così dato vita a pratiche concordate vietate dall'art. 65, n. 1, del Trattato «[r]ivelandosi reciprocamente i propri programmi di consegna ed applicando le raccomandazioni del presidente del CDE» (punto 258 del preambolo).

334.
    La ricorrente smentisce di aver partecipato a tale sistema. Il fax citato al punto 74 del preambolo della decisione conterrebbe solo previsioni della Eurofer in materia di consegne. Inoltre lo scambio di corrispondenza tra la Unimétal e la British Steel, menzionato al punto 77 del preambolo della decisione, non consentirebbe di trarre conclusioni riguardo all'importanza che la ricorrente assegnava a tale sistema. Inoltre, dalla decisione risulterebbe (punto 75, secondo paragrafo) che la ricorrente, tra altre imprese, ha notevolmente oltrepassato la cifra prevista. Peraltro, la Commissione non avrebbe neanche dimostrato che il metodo Traverso sia stato ripreso all'inizio del 1990 (v. punti 78 e 79 del preambolo).

Giudizio del Tribunale

— Sulla prima fase del metodo Traverso (quarto trimestre del 1988)

335.
    Le conclusioni della Commissione, secondo le quali la ricorrente ha preso parte alla pratica concordata del cosiddetto «metodo Traverso» durante il quarto trimestre del 1988, si basano sulle seguenti prove:

—    un estratto del verbale della riunione della commissione travi tenuta il 19 luglio 1988 (v. punto 72 del preambolo, documento n. 2207);

—    un fax della Eurofer alle società ARBED/TradeARBED, British Steel, Cockerill Sambre, Usinor Sacilor, Ferdofin, Klöckner, Saarstahl, Thyssen e Peine-Salzgitter, pervenuto a quest'ultima il 4 agosto 1988, che fa riferimento ad una «tabella che presenta le forniture definitive previste comunicate alla fine dell'ultima riunione CDE tenuta il 27/28 luglio 1988 aParigi» (punto 74 del preambolo, documento n. 3380);

—    un promemoria interno (non datato) della Peine-Salzgitter che raffronta le forniture previste della Peine-Salzgitter, della Thyssen, della Klöckner, della Saarstahl, della Unimétal, della Ferdofin, della Cockerill-Sambre, della ARBED/TradeARBED e della British Steel per il quarto trimestre 1988 con le consegne effettive (punto 75 del preambolo);

—    un telex della Unimétal alla British Steel in data 29 novembre 1988 e la risposta di British Steel del 6 dicembre 1988 (punto 77 del preambolo, documenti nn. 1989 e 1986);

336.
    A giudizio del Tribunale, i documenti sopra menzionati dimostrano a sufficienza che le imprese interessate hanno dato vita ad una pratica concordata durante il quarto trimestre del 1988, rivelandosi reciprocamente i propri programmi di consegne con l'intenzione di applicare le raccomandazioni del presidente del CDE, in modo da adeguare l'offerta alla domanda. Infatti, la comunicazione delle «intenzioni di vendita» alla Eurofer è espressamente prevista nello schema riportato nel verbale della riunione del 19 luglio 1988, al pari dell'esame di tali cifre, tenuto conto delle stime di mercato e delle successive modifiche, proponibili dal signor Traverso, qualora le intenzioni comunicate avessero palesato «uno scarto significativo tra talune di queste intenzioni e i dati ex post» (punto 72, documento n. 2207). Conformemente a tale idea, «forniture definitive previste» sono state «comunicate» nel corso della riunione del CDE tenutasi il 27/28 luglio 1988 a Parigi (fax del 4 agosto 1988, punto 74 del preambolo, documento n. 3380). Peraltro, nella tabella indicata in tale fax (v. punto 75 del preambolo, documenti nn. 3383 e 3384), il totale delle «forniture previste» per ciascun mercato corrisponde alla cifra indicata a titolo di «nuova stima di mercato». Nello stesso fax è chiarito che, «oltre alle cifre esaminate a Parigi, sono stati effettuati dei trascurabili adeguamenti per il mercato inglese e danese».

337.
    Il Tribunale osserva peraltro che, nel corso della riunione del 19 luglio 1988, si è fatto riferimento all'«equilibrio che si impone» (v. punto 72 del preambolo della decisione). Nello stesso senso, il fax del 4 agosto 1988 è testimonianza dell'auspicio del presidente del CDE di non veder oltrepassare da parte delle società interessate il livello delle «forniture previste» allora comunicate «a fini di stabilità dei prezzi». Queste indicazioni dimostrano che le imprese interessate hanno accettato tali previsioni e che l'obiettivo del sistema era quello di far coincidere le «forniture previste» con le «stime di mercato» (v. punto 72, nonché tabella citata al punto 75 del preambolo).

338.
    Ebbene, tale obiettivo non si sarebbe potuto raggiungere se le imprese, ignorando le cifre definitive approvate nel caso dei loro concorrenti, non avessero potuto verificarne il rispetto. Tale verifica è stata peraltro effettuata, dopo la diffusione della tabella controversa, sia dalla Peine-Salzgitter (v. promemoria interno citato al punto 75 del preambolo) sia dalla British Steel e dalla Unimétal (v. telex menzionati al punto 77 del preambolo). Per di più, nulla indica che le dette imprese abbiano considerato anomala la diffusione di dati individuali tra concorrenti.

339.
    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il fax menzionato al punto 74 del preambolo della decisione non contiene solo le previsioni della Eurofer in materia di forniture. Del pari, il fatto che la ricorrente non abbia preso parte allo scambio di corrispondenza intercorso tra la Unimétal e la British Steel (punto 77 del preambolo) non impedisce che tale scambio possa essere preso in considerazione quale grave indizio tendente a dimostrare lo scopo

del metodo Traverso. Tale corrispondenza è infatti testimonianza del fatto che si presumeva che le cifre distribuite sarebbero state rispettate.

340.
    Per quanto riguarda la ricorrente, occorre ricordare che essa ha partecipato alla riunione della commissione travi del 19 luglio 1988 [punto 38, lett. f), del preambolo della decisione], che essa era destinataria del fax del 4 agosto 1988 e che le sue forniture previste comparivano nella tabella ad esso allegata. La sua partecipazione alla pratica concordata di cui trattasi è quindi sufficientemente provata.

341.
    D'altra parte, la circostanza che la ricorrente abbia oltrepassato le cifre approvate nell'ambito del detto sistema (v. punto 76 del preambolo) non osta a che la Commissione constati l'infrazione in linea di principio.

— Sulla seconda fase del metodo Traverso (primo trimestre del 1990)

342.
    Il Tribunale ritiene che la ripresa del metodo nel primo trimestre del 1990 sia sufficientemente dimostrata dai due documenti menzionati nel punto 78 del preambolo della decisione, vale a dire la lettera della Peine-Salzgitter al presidente del CDE del 31 gennaio 1990 (documenti nn. 3422 e 3423) e la nota informativa della British Steel del 20 luglio 1990 (documenti nn. 1964 e 1966).

343.
    Infatti il contenuto della lettera della Peine-Salzgitter del 31 gennaio 1990 corrisponde alle caratteristiche del metodo Traverso. Inviata al presidente del CDE, essa contiene «forniture previste» per i primi due trimestri del 1990, giustificate, in linea di massima, dalle cifre dei periodi precedenti, vale a dire da «dati ex post» ai sensi della terminologia utilizzata nel verbale della riunione del 19 luglio 1988 (v. punto 72 del preambolo). Una giustificazione particolare è stata proposta per il primo trimestre del 1990, nel senso di un riporto di consegne che non avevano potuto essere effettuate in precedenza.

344.
    Riguardo alla nota interna della British Steel, relativa alla riunione della commissione travi del 10 luglio 1990, essa evidenzia gli attacchi condotti dagli altri produttori a causa dell'andamento delle vendite della British Steel sul continente. A sua difesa, quest'ultima fa valere che le sue vendite nel trimestre precedente erano rimaste «within the Traverso guidelines» («conformi alle direttive ”Traverso”»).

345.
    Tale conclusione non è smentita dalla circostanza, sottolineata dalla ricorrente, che la British Steel fosse stata criticata benché essa si fosse avvalsa del rispetto delle «direttive ”Traverso”». Tale critica non può essere intesa nel senso che essa neghi l'esistenza o l'applicazione del metodo di cui trattasi.

346.
    Del pari, l'argomento addotto dalla ricorrente, secondo il quale un'alternativa a tale metodo, che si sarebbe rivelata scarsamente efficace, sarebbe stata proposta nel dicembre 1989 (v. punto 108 della comunicazione degli addebiti), non riguarda

affatto la ripresa del metodo all'inizio del 1990, evidenziata dalla lettera della Peine-Salzgitter e dalla nota interna della British Steel, già menzionate.

347.
    Quanto alla nota del fascicolo della British Steel sulla riunione del 21 marzo 1990, secondo la quale un collaboratore della Unimétal aveva rivelato il fallimento del sistema (v. punto 79 del preambolo), tale documento dimostra al massimo che, verso la fine del primo trimestre del 1990, al quale si limita la contestazione della Commissione, ci si poteva aspettare che tutte le imprese rispettassero le cifre diffuse. Ciò non impedisce tuttavia di concludere che, fino a tale «fallimento», il metodo abbia effettivamente funzionato.

348.
    Da tutto quel che precede consegue che l'attuazione e il funzionamento del metodo controverso, per il quarto trimestre del 1988 e il primo trimestre del 1990, come descritti nella decisione, sono sufficientemente provati. Lo stesso dicasi della partecipazione della ricorrente al detto sistema durante queste due fasi.

349.
    Con riserva delle considerazioni esaminate nella successiva parte D, si devono quindi integralmente respingere gli argomenti della ricorrente riguardo al metodo Traverso.

Sull'accordo recante ripartizione del mercato francese nel quarto trimestre del 1989

350.
    L'art. 1 della decisione accerta a carico della ricorrente una ripartizione del mercato francese e indica, a titolo di riferimento per l'ammenda, un periodo di tre mesi.

351.
    A sostegno di tale addebito, la Commissione cita, nei punti 63-71 (parte in fatto) e 260-262 (parte in diritto) del preambolo della decisione, l'esistenza di un accordo per la ripartizione delle forniture sul mercato francese, relativo al quarto trimestre del 1989. Tale accordo sarebbe stato stipulato nel corso della riunione della commissione travi del 21 settembre 1989 o intorno a tale data, tra le società Peine-Salzgitter, Thyssen, Saarstahl, Ferdofin, Cockerill-Sambre, TradeARBED, British Steel, Ensidesa e Unimétal. Secondo la Commissione, la Ensidesa non ha preso parte attivamente all'elaborazione del sistema, ma vi si è conformata.

352.
    La ricorrente nega la propria partecipazione alla riunione del 21 settembre 1989. La nota preparata dalla Walzstahl-Vereinigung (punto 66 del preambolo), che riporta le conclusioni di questa riunione, non costituirebbe quindi una prova a suo carico. Essa non proverebbe neppure la sua partecipazione ai preparativi del preteso accordo. Peraltro, il verbale della riunione in parola indicherebbe solo le forniture della Unimétal (punto 207 della comunicazione degli addebiti). Inoltre, il fatto che la ricorrente sia stata rappresentata nel corso della riunione del 13 settembre 1989 non sarebbe sufficiente a dimostrare la sua partecipazione all'asserito accordo del successivo 21 settembre. I documenti menzionati ai punti 67 e 68 del preambolo della decisione non dimostrerebbero neppure l'ipotesi della

sua partecipazione ad un accordo di ripartizione dei mercati. Infine un certo numero di imprese, tra cui la ricorrente, avrebbero ampiamente oltrepassato le quantità previste (punto 69 del preambolo).

353.
    Il Tribunale rileva che la Commissione adduce, a sostegno delle sue conclusioni:

a)     una riunione del 13 settembre 1989 tra i rappresentanti della Peine-Salzgitter, della Thyssen, della Saarstahl, della British Steel, della Unimétal, della TradeARBED e della Cockerill-Sambre/Steelinter, dedicata alla questione delle consegne di travi sul mercato francese nel quarto trimestre 1989 (punto 63 del preambolo);

b)    un documento redatto dalla Walzstahl-Vereinigung e rinvenuto negli uffici della Peine-Salzgitter (punto 63 del preambolo, documenti nn. 3140 e 3141), nonché una nota manoscritta (documento n. 3138) allegata a tale documento dalla Peine-Salzgitter;

c)    una nota interna della Peine-Salzgitter in data 19 settembre 1989 (punto 64 del preambolo, documento n. 3139);

d)    il verbale della riunione della commissione travi del 21 settembre 1989 (punto 65 del preambolo, documenti nn. 211-217);

e)    una nota in data 25 settembre 1989, redatta dalla Walzstahl-Vereinigung contenente le conclusioni della riunione del 21 settembre 1989 (punto 66 del preambolo, documenti nn. 207-210);

f)    un telex del 26 settembre 1989 inviato dalla Wahlstahl-Vereinigung alla Peine-Salzgitter, alla Thyssen, alla Saarstahl, alla Ferdofin, alla TradeARBED, alla British Steel, alla Ensidesa e alla Unimétal (punti 67 e 261 del preambolo, documento n. 3136);

g)    un breve resoconto dei risultati della riunione della commissione travi tenutasi il 7 novembre 1989, in cui si menziona un «auspicio affinché il ”sistema dei volumi T4-89 per il mercato francese” resti in vigore nel T 1-90 e sull'insieme dei mercati CECA» (punti 68 e 261, ultimo trattino, del preambolo della decisione, documenti nn. 224-229), nonché il verbale della stessa riunione (punto 71 del preambolo, documenti nn. 230-235).

354.
    La Commissione rileva inoltre, sulla base dei dati emersi dal monitoraggio delle consegne effettuate nel quarto trimestre del 1989, che la maggior parte delle società partecipanti o si è conformata al piano di consegne stabilito o ha consegnato quantità inferiori a quelle previste. Solo tre imprese (la Thyssen, la Ferdofin e la British Steel) avrebbero oltrepassato tali quantità in proporzioni rilevanti (punti 262 e 69 del preambolo).

355.
    Il Tribunale ritiene che le considerazioni svolte nei punti 261 e 262 del preambolo della decisione, sulla scorta degli elementi di prova menzionati nei punti 63-71, giustifichino sufficientemente la conclusione della Commissione secondo la quale, per il quarto trimestre del 1989, è stato stipulato un accordo relativo alla ripartizione del mercato francese, in riferimento alle quantità che compaiono nel telex del 26 settembre citato nel punto 67.

356.
    In primo luogo, dagli elementi menzionati nei punti 63 e 64 del preambolo risulta che, a seguito della riunione della commissione travi del 13 settembre 1989 dedicata, in particolare, alle forniture sul mercato francese e prima della riunione del 21 settembre 1989, le imprese interessate tentavano di pervenire a tale accordo.

357.
    La nota interna della Peine-Salzgitter in data 19 settembre 1989 (punto 64, documento n. 3139) rivela, infatti, che tali imprese avevano dato vita ad incontri per trovare, sulla base delle due proposte, un criterio di ripartizione. Il documento predisposto dalla Walzstahl-Vereinigung (documento n. 3141), al quale fa riferimento l'autore della nota, indica le precedenti consegne delle imprese interessate e, su questa base, due diversi criteri di ripartizione. Il primo compare nella rubrica «Mercato francese — travi — quarto trimestre del 1989», il secondo sotto il nome di «Alternativa Gaillard». Secondo la nota citata, la Peine-Salzgitter «concorda[va]» sulla percentuale corrispondente ai volumi di consegne precedentiad essa applicata, in funzione del «documento elaborato da[lla Walzstahl-Vereinigung]», che riconosceva come «base della ripartizione tra produttori Eurofer». Ritenendo che la «[l]a base deve tuttavia essere 33 000 t/mese», essa si è espressa a favore del primo criterio di ripartizione, escludendo il secondo (vale a dire l'«Alternativa Gaillard»), proposto da un collaboratore della Unimétal. Tale punto di vista compare anche nella nota manoscritta della stessa società menzionata al punto 63, ultimo comma, del preambolo della decisione (documento n. 3138). Dai due documenti suddetti risulta che le altre società interessate condividevano il rifiuto della «Alternativa Gaillard».

358.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, i documenti relativi alla riunione tenutasi il 21 settembre 1989, ovvero due giorni dopo la citata nota della Peine-Salzgitter del 19 settembre 1989, se è vero che il verbale di tale riunione non menziona le consegne che la Unimétal avrebbe dovuto effettuare, risulta tuttavia che tutti gli stabilimenti interessati, membri o no della Eurofer, avevano «dat[o] informazioni circa l'intenzione di ridurre le consegne» (v. nota redatta dalla Walzstahl-Vereinigung, punto 66 del preambolo, documenti nn. 207-210). Il Tribunale ritiene che quest'ultima indicazione possa essere ragionevolmente interpretata solo nel senso che attesta il buon esito dei tentativi fatti solo qualche giorno prima e diretti a raggiungere un accordo sui quantitativi da consegnare sul mercato francese. Tenuto conto del contesto di tali discussioni preliminari, si può escludere con sufficiente sicurezza che gli annunci fatti dalle imprese interessate riguardo alle loro consegne corrispondessero a decisioni da esse autonomamente adottate.

359.
    Il Tribunale ritiene, in terzo luogo, che il telex della Walzstahl-Vereinigung del 26 settembre 1989 (punto 67 del preambolo, documento n. 3136) comunicasse i dettagli dell'accordo così ottenuto alle parti di esso. Le imprese per le quali una quantità di consegne è indicata in tale telex sono quelle per le quali tale quantità era stata prevista nei documenti preparatori predisposti dalla Walzstahl-Vereinigung, con la sola eccezione della Klöckner che (con una quantità insignificante) compare solo nei detti documenti preparatori (punto 63 del preambolo). Da un attento esame delle cifre emerge peraltro che le due percentuali storiche, utilizzate in questi ultimi documenti per sette delle imprese interessate (Peine-Salzgitter, Thyssen, Saarstahl, Ferdofin, Cockerill-Sambre, ARBED e British Steel), sembrano essere state apparentemente utilizzate come base per stabilire la quota definitiva spettante a ciascuna di esse nell'ambito della quantità totale loro attribuita. Così, tali percentuali storiche ammontavano, nel caso della ricorrente, al 2,0 e 2,1%, e la sua quota definitiva, comunicata mediante il telex del 26 settembre 1989, al 2,1%.

360.
    Il fatto che le quantità indicate nel telex di cui trattasi siano in esso qualificate come «approssimative» non impedisce di concludere che tali quantità sono state oggetto di un accordo tra le imprese considerate.

361.
    Sembra peraltro che, nel corso della riunione del 7 novembre 1989, le imprese abbiano considerato che le cifre degli ordinativi per la consegna nel corso del trimestre controverso si situavano ad un livello «ragionevole» (v. resoconto sommario, citato al punto 68 del preambolo della decisione, nonché verbale citato al punto 71, documenti nn. 230-235), e hanno espresso l'«[a]uspicio affinché il ”sistema dei volumi T4-89 per il mercato francese” (restasse) in vigore nel T1-90 e sull'insieme dei mercati CECA». Letta nel suo contesto, questa affermazione implica che tale sistema, riguardante la ripartizione dei volumi per il mercato e per il trimestre indicato, era stato effettivamente attuato.

362.
    L'esistenza dell'accordo censurato dalla Commissione è pertanto sufficientemente provata.

363.
    Per le ragioni esposte nella sentenza pronunciata in data odierna nella causa T-148/94, Pressaug/Commissione, tale conclusione non è infirmata dalla testimonianza, resa in udienza, dei signori Mette e Kröll, collaboratori della Pressaug.

364.
    Riguardo alla partecipazione della ricorrente a tale accordo, occorre sottolineare che essa ha preso parte alla riunione del 13 settembre 1989 (punto 63 del preambolo della decisione) e che le cifre di consegna che la riguardano erano indicate nei documenti preparatori redatti dalla Walzstahl-Vereinigung. Contrariamente a quanto da essa affermato, la ricorrente ha del pari partecipato alla riunione del 21 settembre 1989. Infatti, nella risposta del 10 settembre 1991 alla richiesta di informazioni della Commissione, essa ha indicato di aver preso parte a tutte le riunioni della commissione travi a partire dal 25 novembre 1987,

ad eccezione della riunione del 7 novembre 1989 [v. anche punto 38, lett. f) del preambolo]. La tabella inviata dalla Walzstahl-Vereinigung il 26 settembre 1989 (punto 67 del preambolo) era indirizzata, tra le altre, alla ricorrente e il suo nome era in essa riportato, accompagnato dalla cifra di consegna. Dal complesso di tali elementi concordanti, il Tribunale conclude che la ricorrente ha preso parte all'accordo controverso. Infine, riguardo al fatto che le consegne della ricorrente nel trimestre in esame possano aver superato le quantità attribuitele, tale circostanza non è idonea a dimostrare che essa non abbia concluso l'accordo, ma solo che non l'abbia rispettato.

365.
    Da tutto quanto precede risulta che la stipulazione dell'accordo controverso, al pari della partecipazione ad esso della ricorrente, sono sufficientemente provate. Tale accordo era diretto ad una ripartizione dei mercati ai sensi dell'art. 65, n. 1, lett. c) del Trattato ed era quindi vietato da tale disposizione, con riserva delle condizioni che saranno esaminate nella successiva parte D.

Sugli scambi di informazioni all'interno della commissione travi (monitoraggio degli ordinativi e delle consegne) e per il tramite della Walzstahl-Vereinigung

366.
    Ai sensi dell'art. 1 della decisione, la ricorrente ha partecipato, per un periodo di trenta mesi, ad uno «[s]cambio di informazioni riservate tramite la commissione travi e Walzstahl-Vereinigung». Nei punti 39-60, per la parte in fatto, e 263-272, per la parte in diritto, la Commissione espone i dettagli dei detti metodi.

367.
    Lo scambio di informazioni tramite la commissione travi, comunemente definito «monitoring», constava di due parti relative, rispettivamente, agli ordini e alle consegne delle imprese partecipanti (punto 263). Esso veniva organizzato dalla segreteria della commissione travi (punto 47), assicurata all'epoca dalla Usinor Sacilor (punto 33), che raccoglieva le cifre e le ridistribuiva sotto forma di statistiche (punto 40).

368.
    Il monitoraggio degli ordini, istituito nel 1984, consentiva alle imprese partecipanti di informarsi regolarmente sugli ordini che avevano ricevuto per la consegna in un determinato trimestre (punto 39), nei seguenti paesi: Francia, Germania, Belgio/Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia/Irlanda/Danimarca. Per lo meno dall'inizio del 1989 tali statistiche erano riunite e diffuse ogni settimana dalla segreteria della commissione travi (punto 40).

369.
    Il monitoraggio delle consegne, che ha funzionato dall'inizio del 1989 per le statistiche relative al quarto trimestre del 1988, riguardava le consegne trimestrali dei partecipanti sui mercati della CECA (punto 41). Sono state scambiate statistiche ripartite per impresa per i seguenti mercati: la CECA nel suo insieme, la Germania, la Francia, il Regno Unito, il Benelux, l'Italia, la Grecia/l'Irlanda/la Danimarca, il Portogallo e la Spagna. Tali statistiche venivano distribuite un mese o due dopo la conclusione del trimestre di riferimento (punto 42).

370.
    Secondo la decisione, tali sistemi di monitoraggio sono stati sospesi alla fine di luglio del 1990 (punti 43-46 del preambolo), a seguito dell'adozione della decisione acciaio inossidabile, ma sono stati successivamente ripresi (punto 45). Così, dati individuali relativi agli ordini della ricorrente e di altre imprese partecipanti con consegna da effettuare nel quarto trimestre di quello stesso anno e nel primo trimestre del 1991 sono stati inviati alla segretaria della commissione travi e diffusi dalla Walzstahl-Vereinigung nel dicembre 1990 e nel gennaio 1991 (punto 46 del preambolo e allegato 1, sub 28, della decisione).

371.
    Tale scambio di informazioni all'interno della commissione travi era completato da uno scambio di informazioni per il tramite della Walzstahl-Vereinigung. La Commissione si riferisce, al riguardo, a due serie di tabelle datate, rispettivamente, 1. ottobre e 23 novembre 1990, che presentano le consegne effettuate e gli ordini registrati dalla ricorrente e da altre società sui vari mercati della Comunità. La prima serie di tabelle, preparata per la riunione della commissione travi del 9 ottobre 1990, riportava le quantità consegnate dal gennaio al luglio 1990 espresse su base mensile. Essa conteneva del pari numerose prospetti settimanali, tra il 2 giugno e il 22 settembre 1990, degli ordini da consegnare nel terzo e quarto trimestre dello stesso anno. Le tabelle del 23 novembre 1990, preparate per la riunione della commissione travi del 4 dicembre seguente, contenevano cifre analogamente articolate, ma più recenti, relative alle quantità consegnate tra gennaio e settembre del 1990 e gli ordini da consegnare nel quarto trimestre dello stesso anno (punti 47 e 48 del preambolo).

372.
    Nei punti 49-60 e 268 del preambolo della decisione, la Commissione afferma che gli scambi di informazioni sono stati di frequente accompagnati da discussioni nell'ambito della commissione travi, nel corso delle quali le imprese si lamentavano del comportamento delle concorrenti in materia di ordini o di esportazioni, nonché degli scostamenti tra ordini annunciati e consegne effettuate.

1. Sulla materialità dei fatti

373.
    La ricorrente sostiene, in primo luogo, che i produttori tedeschi hanno scambiato solo cifre aggregate, che non avrebbero consentito ai loro concorrenti di ricavare le quote di mercato individuali, le strategie in materia di prezzi o le tendenze attuali o future del mercato. In secondo luogo, essa smentisce di aver ripreso, tramite la Walzstahl-Vereinigung e a partire da dicembre 1990, lo scambio di informazioni sugli ordini da consegnare (punti 46 e 263 del preambolo della decisione). Tale addebito sarebbe incompatibile con il fatto che le tabelle menzionate al punto 75 della comunicazione degli addebiti contenevano solo cifre globali. In terzo luogo, non sarebbe suffragato da alcuna prova l'addebito formulato al punto 48 del preambolo, secondo il quale statistiche ripartite per impresa sono state diffuse dalla Walzstahl-Vereinigung.

374.
    Con riguardo, anzitutto, al monitoraggio degli ordini e delle consegne tra il luglio 1988 e il luglio 1990, il Tribunale rileva che dai documenti elencati nell'allegato I

della decisione risulta ampiamente che si trattava di uno scambio di cifre ripartite per impresa e per paese, e che la ricorrente vi ha partecipato.

375.
    Per quanto riguarda la ripresa del monitoraggio nel mese di dicembre dal 1990 (punto 46, ultima frase, del preambolo), il Tribunale rileva che le tabelle redatte in tale occasione sono state effettivamente ripartite per impresa (v. documenti nn. 293-295). Le tabelle aggregate citate al punto 75 della comunicazione degli addebiti, alla quale fa riferimento la ricorrente, sono anteriori di alcuni mesi e non riguardano la ripresa del monitoraggio nel dicembre 1990.

376.
    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, dall'analisi delle tabelle predisposte dalla Walzstahl-Vereinigung, datate 1. ottobre (documenti nn.1409-1414) e 23 novembre 1990 (documenti nn. 1447-1452), citate al punto 48 del preambolo, emerge che esse erano effettivamente ripartite per impresa. Le tabelle menzionate ai punti 79 e 82 della comunicazione degli addebiti, alla quale si riferisce la ricorrente, sono tabelle diverse.

377.
    Il Tribunale ritiene che la diffusione delle predette due serie di tabelle sia dimostrata dagli elenchi repertoriati nella parte iniziale dei fascicoli rinvenuti presso la Walzstahl-Vereinigung (documento n. 1394 relativo alla riunione del 9 ottobre 1990; documento n. 1433 relativo alla riunione del 4 dicembre 1990). Dalla nota del signor Vygen al signor Everard del 4 ottobre 1990 (punti 48 e 33 del preambolo, documenti nn. 1337-1339), si evince che prima di ogni riunione della commissione travi la Walzstahl-Vereinigung distribuiva ai propri membri «statistiche aggiornate». Ebbene, il contenuto delle tabelle controverse, che comprendono cifre relative a ordini e consegne su diversi mercati nel periodo appena trascorso, corrisponde effettivamente a tale definizione. Negli elenchi della Walzstahl-Vereinigung, già citati, (documenti nn. 1394 e 1433), tali tabelle sono riproposte con la denominazione «evoluzione» o «monitoraggio» delle «consegne e degli ordini delle officine tedesco-lussemburghesi». Peraltro, per quanto riguarda la riunione del 9 ottobre 1990, risulta dalla nota del signor Vygen, come sottolineato al punto 48, in fine, del preambolo della decisione, che il fascicolo relativo a tale riunione era stato già trasmesso alla TradeARBED il 2 ottobre 1990. Non è del resto plausibile che tale fascicolo sia stato inviato unicamente alla TradeARBED, né che la Walzstahl-Vereinigung si sia comportata diversamente per quanto riguarda la riunione del 4 dicembre 1990.

378.
    Le critiche mosse dalla ricorrente avverso le constatazioni di fatto effettuate dalla Commissione nella decisione sono pertanto infondate e devono essere integralmente respinte.

2. Sulla qualificazione giuridica dei fatti

Sintesi degli argomenti delle parti

379.
    La ricorrente contesta la rappresentazione dei fatti contenuta nei punti 266, 267, 269 e 271 del preambolo della decisione, secondo la quale lo scambio di informazioni individuali relative agli ordini ed alle consegne sarebbe contrario all'art. 65, n. 1, del Trattato. A suo parere, l'ipotesi di un operatore economico informato, che dispone di informazioni sulla produzione, sulle consegne e sui prezzi dei concorrenti, costituisce l'ipotesi normale alla luce del Trattato CECA. Lo scambio controverso dovrebbe servire quindi a realizzare ciò che l'art. 65 di questo Trattato considera il gioco «normale» della concorrenza, nozione che presupporrebbe l'esistenza di un mercato trasparente. A tale riguardo, la ricorrente ribadisce la propria tesi in ordine all'incidenza degli artt. 46, 48 e 60 del Trattato sull'interpretazione dello stesso art. 65. Nei limiti in cui la Commissione, nel concludere che gli scambi di cui trattasi erano vietati, si è basata su decisioni da essa adottate nell'ambito del Trattato CE [decisione della Commissione 2 dicembre 1986, 87/1/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'articolo 85 del trattato CEE (IV/31.128 - Acidi grassi), GU 1987, L 3, pag. 17; in prosieguo: la «decisione acidi grassi», e decisione della Commissione 17 febbraio 1992, 92/157/CEE, relativa ad un procedimento di applicazione dell'articolo 85 del trattato CEE (IV/31.370 e 31.446 - UK Agricultural Tractor Registration Exchange), GU L 68, pag. 19; in prosieguo: la «decisione UK Agricultural Tractor Registration Exchange»], essa avrebbe omesso di tener conto delle differenze fondamentali esistenti tra i due Trattati.

380.
    Peraltro, la ricorrente non avrebbe oltrepassato i limiti entro i quali la Commissione accetta i sistemi di scambio di informazioni secondo la sua comunicazione relativa agli accordi, le decisioni e le pratiche concordate tra imprese, pubblicata il 29 luglio 1968 (GU C 75, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione del 1968»). In ogni caso, la Commissione non avrebbe analizzato le difficoltà che possono sorgere nel distinguere tra informazioni neutrali dal punto di vista della concorrenza e comportamenti anticoncorrenziali, che essa avrebbe riconosciuto al punto II, n. 1, della comunicazione del 1968.

381.
    In risposta all'argomento della Commissione, secondo il quale gli effetti anticoncorrenziali dello scambio controverso sono stati rafforzati, in particolare, dall'attualità delle informazioni scambiate, la ricorrente fa valere che la Commissione stessa ha incoraggiato le imprese a badare all'attualità delle statistiche. Inoltre, l'intento anticoncorrenziale che la Commissione assume potersi far discendere dalla struttura oligopolistica del mercato sarebbe in ogni caso inerente al sistema del Trattato CECA.

382.
    In ogni caso, lo scambio di informazioni addebitato alla ricorrente sarebbe compatibile con l'art. 65 del Trattato, dal momento che la Commissione ne sarebbe stata messa al corrente e vi avrebbe preso parte nel quadro dell'art. 46 dello stesso Trattato, istituendo e applicando il sistema di vigilanza del mercato previsto dalla decisione n. 2448/88, nonché esigendo dalle imprese informazioni sugli ordini e sulle consegne.

383.
    La Commissione ritiene che lo scambio di informazioni attuato nella fattispecie dalle imprese fosse incompatibile con l'art. 65 del Trattato, per le ragioni esposte ai punti 263-272 del preambolo della decisione.

384.
    Nella sua risposta del 19 gennaio 1998 ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha tuttavia fatto valere che i sistemi di informazione controversi non costituivano un'infrazione autonoma all'art. 65, n. 1, del Trattato, ma facevano parte di infrazioni più ampie consistenti, in particolare, in accordi per la fissazione dei prezzi e per la ripartizione dei mercati. Essi avrebbero quindi violato l'art. 65, n. 1, del Trattato, nei limiti in cui hanno agevolato il perpetrarsi di tali infrazioni. All'udienza, la Commissione, pur esprimendo taluni dubbi sulla questione se la cosiddetta giurisprudenza «Trattori» della Corte e del Tribunale (sentenza della Corte 28 maggio 1998, causa C-7/95 P, Deere/Commissione, Racc. pag. I-3111, punti 88-90; sentenza del Tribunale Deere/Commissione, citata, punto 51) si possa direttamente trasporre al Trattato CECA, ha sottolineato come nella fattispecie non si tratti solo di uno scambio di informazioni, ma anche dell'utilizzo di tali informazioni a scopo collusivo, come risulta, in particolare, dai punti 49-60 del preambolo della decisione.

Giudizio del Tribunale

— Sulla natura dell'infrazione contestata alla ricorrente

385.
    Tenuto conto degli argomenti presentati dalla Commissione nella sua risposta scritta del 19 gennaio del 1998 e all'udienza, occorre innanzi tutto stabilire se l'infrazione contestata alla ricorrente nei punti 263-272 del preambolo della decisione costituisca un'autonoma infrazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato, o se, al contrario, il carattere di infrazione dei sistemi di scambio di informazioni controversi derivi dal fatto che essi hanno agevolato la perpetrazione di altre infrazioni accertate nella decisione. Tale questione è rilevante non solo per la qualificazione giuridica dei comportamenti di cui trattasi, ma anche per valutare la legittimità dell'irrogazione di una distinta ammenda che sanziona detti comportamenti (v. infra).

386.
    Nel punto 267 del preambolo della decisione, la Commissione afferma che le imprese hanno oltrepassato i limiti ammissibili in materia di scambio di informazioni in quanto, in primo luogo, le cifre scambiate sulle consegne e sulle ordinazioni ricevute da ciascuna società per le consegne sui diversi mercati sono di norma considerate strettamente riservate, e, in secondo luogo, le cifre relative alle ordinazioni venivano aggiornate ogni settimana e diffuse prontamente tra i partecipanti, mentre le cifre relative alle consegne venivano comunicate poco dopo la fine del trimestre in oggetto. La Commissione ne deduce che «[c]iascuna delle società partecipanti era pertanto al corrente, sia in generale che nei dettagli, delle consegne che i suoi concorrenti intendevano effettuare e delle loro reali consegne ed essendo pertanto in grado di accertare il comportamento che essi si

proponevano di adottare o avevano adottato sul mercato, poteva agire di conseguenza».

387.
    La Commissione afferma poi, ai punti 267 e 268 del preambolo, che tale era la ragion d'essere dello scambio, in quanto le informazioni scambiate servivano come base per le discussioni relative al flusso degli scambi descritti nei punti 49-60 del preambolo. A parere della Commissione, le imprese seguivano attentamente tali statistiche e verificavano se le consegne corrispondevano agli ordini annunciati. Nel corso di tali discussioni, le parti sarebbero giunte ad un «grado notevole di trasparenza». La Commissione aggiunge che, se si fosse trattato di uno scambio limitato a statistiche di valore puramente storico senza alcun impatto eventuale sulla concorrenza, tali discussioni sarebbero inspiegabili.

388.
    La Commissione conclude, al punto 269 del preambolo, che le parti hanno istituito un «sistema di solidarietà e cooperazione destinato a coordinare le attività delle imprese. I partecipanti allo scambio sostituivano così ai normali rischi della concorrenza la cooperazione sul piano pratico, portando a condizioni di concorrenza diverse da quelle che si sarebbero instaurate in una normale situazione di mercato».

389.
    Ai punti 270 e 271 del preambolo, la Commissione sottolinea che agli scambi di informazioni individuali suscettibili di influenzare il comportamento delle imprese nel mercato non si applica la sua comunicazione del 1968. Richiamando le sue decisioni acidi grassi e UK Agricultural Tractor Registration Exchange, adottate nell'ambito del Trattato CE, essa considera che lo scambio di informazioni avvenuto nella fattispecie, che comprendeva informazioni precise e aggiornate riguardanti gli ordini e le consegne dei produttori e che consentiva di determinare il comportamento delle diverse imprese in un ristretto oligopolio, era contrario all'art. 65, n. 1, del Trattato.

390.
    Da quanto precede risulta che la Commissione ha basato la propria valutazione giuridica, di cui ai punti 263-271 del preambolo della decisione, sulle caratteristiche proprie del monitoraggio e dello scambio di informazioni per il tramite della Walzstahl-Vereinigung, comprese le discussioni sui flussi degli scambi che hanno avuto luogo sulla base delle informazioni scambiate, esposte ai punti 49-60 del preambolo.

391.
    Sebbene dalla decisione emerga anche che il monitoraggio ha in realtà agevolato altre infrazioni accertate nei confronti delle imprese considerate, in particolare il «metodo Traverso» e l'accordo relativo al mercato francese del quarto trimestre del 1989, nulla nella stessa decisione indica che tale circostanza sia stata presa in considerazione nella valutazione giuridica del controverso sistema di scambio di informazioni sotto il profilo dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

392.
    Si deve quindi concludere che, nei punti 263-272 del preambolo, i controversi sistemi di scambio di informazioni sono stati considerati autonome infrazioni all'art.

65, n. 1, del Trattato. Occorre pertanto respingere gli argomenti addotti dalla Commissione nella sua risposta del 19 gennaio 1998 e all'udienza, nei limiti in cui essi tendono a modificare tale valutazione giuridica.

— Sul carattere anticoncorrenziale del monitoraggio

393.
    Il Tribunale ricorda che l'art. 65, n. 1, del Trattato si basa sul concetto secondo cui ciascun operatore economico deve determinare autonomamente la politica che intende perseguire sul mercato comune.

394.
    Il Tribunale rileva, nella fattispecie, che i dati diffusi, relativi agli ordini e alle consegne dei partecipanti sui principali mercati della Comunità, erano ripartiti per imprese e per Stati membri. Essi consentivano quindi di conoscere la posizione occupata da ciascuna impresa rispetto al totale delle vendite effettuate dai partecipanti, su tutti i mercati geografici considerati.

395.
    Grazie all'attualità e alla frequenza di diffusione dei dati, le imprese erano in grado di seguire attentamente ogni fase dell'evoluzione delle quote dei partecipanti sui mercati di cui trattasi.

396.
    Così, le cifre relative agli ordini con consegne da effettuare nel corso di un determinato trimestre (monitoraggio degli ordini) erano riunite e diffuse ogni settimana dalla segreteria della commissione travi (punto 40 del preambolo). Dai documenti individuati nell'allegato 1 della decisione emerge inoltre che il lasso di tempo intercorrente tra la data di riferimento di una tabella e quella nella quale quest'ultima era redatta o messa a disposizione delle imprese era normalmente inferiore a tre settimane. Del pari, le tabelle degli ordini enumerate nell'allegato 1 della decisione erano, a parte una sola eccezione (vale a dire la tabella di cui al punto 26 di tale allegato, la cui data risale a circa due mesi dopo il trimestre di riferimento), diffuse vuoi prima della fine del trimestre di riferimento, a volte persino diverse settimane prima, vuoi a qualche giorno di distanza da essa.

397.
    Quanto alle cifre relative alle consegne, esse erano diffuse, in ogni caso, meno di tre mesi dopo la fine del trimestre considerato.

398.
    Il sistema di cooperazione così caratterizzato era limitato ai soli produttori che vi avevano aderito, esclusi i consumatori e altri concorrenti.

399.
    Non è peraltro contestato che lo scambio riguardava prodotti omogenei (v. punto 269 del preambolo), per cui la concorrenza basata sulle caratteristiche dei prodotti vi svolgeva un ruolo limitato.

400.
    Per quanto riguarda la struttura del mercato, il Tribunale prende atto che, nel 1989, dieci delle imprese partecipanti al monitoraggio da parte della commissione travi incidevano per due terzi sul consumo apparente (punto 19 del preambolo).

In presenza di una tale struttura oligopolistica del mercato, di per sé idonea a ridurre la concorrenza, si rende ancor più necessario tutelare l'autonomia decisionale delle imprese nonché la concorrenza residua.

401.
    Gli elementi esposti nei punti 49-60 del preambolo della decisione confermano che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, in particolar modo dell'attualità e della ripartizione dei dati, destinati ai soli produttori, delle caratteristiche dei prodotti e del grado di concentrazione del mercato, i sistemi controversi incidevano in maniera netta sull'autonomia decisionale dei partecipanti.

402.
    In generale, le informazioni diffuse sono state oggetto di regolari discussioni all'interno della commissione travi. Tenuto conto, in particolare, degli elementi riassunti nel punto 268 del preambolo, emerge che critiche sono state formulate nei riguardi dei livelli degli ordini giudicati eccessivi (punto 51) e delle consegne degli interessati, in particolare destinate ad altri Stati membri (punti 51, 53 e 60), restando inteso che, in taluni casi, sono state analizzate le consegne tra due paesi o due zone (punti 53, 55 e 57). In tale contesto, le imprese si sono regolarmente riferite alle cifre passate (punti 51, 53, 57 e 58), utilizzando al riguardo l'espressione «flussi tradizionali» (punto 57). In occasione di tali discussioni, sono state formulate minacce a causa di comportamenti ritenuti eccessivi (punto 58) e, in molteplici occasioni, le imprese criticate hanno tentato di spiegare i loro comportamenti (punti 52 e 56). Emerge, infine, che la diffusione delle cifre delle consegne serviva del pari a rinvenire eventuali incongruenze con gli ordini annunciati (punto 54). In tal modo il monitoraggio delle consegne rafforzava l'efficacia del monitoraggio degli ordini (v. punto 268 del preambolo).

403.
    Ne consegue che le informazioni ricevute dalle imprese nell'ambito dei sistemi controversi erano atte ad influenzare i loro comportamenti in maniera rilevante, tanto per il fatto che ogni impresa sapeva di essere attentamente sorvegliata dai propri concorrenti quanto per il fatto che esse stesse potevano, se necessario, reagire al comportamento di questi ultimi, in base a elementi notevolmente più recenti e più precisi di quelli disponibili con altri mezzi [v. nota informativa della Peine-Salzgitter datata 10 settembre 1990, citata al punto 59 del preambolo della decisione, secondo la quale «[u]no scambio limitato alle cifre aggregate è per noi (parere espresso dal gruppo tedesco-lussemburghese il 30.8.1990) (praticamente) privo di valore, dal momento che non è più possibile ricavare il comportamento dei singoli concorrenti sul mercato». Per questa stessa ragione, al punto 267 del preambolo, la Commissione ben poteva affermare che questo tipo di informazioni è normalmente considerato strettamente riservato. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il Tribunale ritiene che tali dati, rivelatori delle quote recentissime di mercato detenute dai partecipanti e non di dominio pubblico, sono per la loro stessa natura dati riservati, com'è confermato dalla circostanza che eventuali imprese interessate potevano avvalersi dei dati diffusi dalla segreteria solo a condizioni di reciprocità (v. punto 45 del preambolo).

404.
    Il Tribunale rileva, peraltro, che tale controllo reciproco avveniva, per lo meno implicitamente, con riferimento alle cifre passate, in un contesto in cui, fino al gennaio 1987, la politica della Commissione era diretta al mantenimento dei «flussi tradizionali» degli scambi, espressione che è stata esplicitamente utilizzata dai partecipanti. Lo scambio era quindi diretto alla compartimentazioni dei mercati facendo riferimento ai detti «flussi tradizionali».

405.
    I dati diffusi nell'ambito del sistema organizzato dalla Walzstahl-Vereinigung, anch'essi riguardanti gli ordini da consegnare e le consegne effettuate, erano paragonabili a quelli testé analizzati, tanto per quanto riguarda la loro ripartizione quanto per la loro attualità (v. punto 48 del preambolo). Tale sistema ha funzionato nel corso del terzo e quarto trimestre del 1990 ed ha consentito ai membri della Walzstahl-Vereinigung di disporre di tabelle ripartite per impresa nel momento in cui essi ricevevano dalla segreteria della commissione travi solo dati aggregati (v. punto 48 del preambolo).

406.
    Ne consegue che i controversi sistemi di scambio di informazioni hanno notevolmente ridotto l'autonomia decisionale dei produttori partecipanti, sostituendo una cooperazione pratica tra di loro ai normali rischi della concorrenza.

407.
    Ne risulta del pari che al comportamento imputato alla ricorrente non si applica il punto II, n. 1, della comunicazione del 1968 che, stando al suo stesso disposto letterale, non si applica agli scambi di informazioni che limitano l'autonomia decisionale dei partecipanti o sono idonei ad agevolare un comportamento coordinato sul mercato. Peraltro, nella fattispecie si tratta di uno scambio di dati individualizzati, nell'ambito di un mercato oligopolistico di prodotti omogenei, diretto alla compartimentazione dei mercati in riferimento ai flussi tradizionali.

408.
    Nei limiti in cui, per giustificare i sistemi controversi e la propria partecipazione a questi ultimi, la ricorrente fa riferimento all'art. 60 del Trattato, il suo argomento non può essere accolto. Da un lato, questa disposizione è limitata al settore dei prezzi e non riguarda le informazioni sulle quantità immesse sul mercato. Dall'altro, la pubblicazione dei prezzi, come prevista dall'art. 60, n. 2, del Trattato, è considerata essere, tra l'altro, posta a vantaggio dei consumatori (v., in particolare, sentenza Francia/Alta Autorità, citata, pag. 24), mentre i vantaggi dei sistemi controversi erano limitati ai soli produttori partecipanti. Del pari, l'art. 47 del Trattato non autorizza in alcun caso la divulgazione da parte della Commissione di informazioni sui comportamenti concorrenziali delle imprese nel settore delle quantità a solo vantaggio dei produttori. Per le medesime ragioni, la ricorrente non può invocare un principio generale di trasparenza inerente al Trattato CECA, a maggior ragione per il fatto che si tratta, nella fattispecie, di dati riservati che, per loro stessa natura, costituiscono segreti commerciali.

409.
    Quanto agli argomenti relativi alla necessità di scambiare informazioni nel quadro della cooperazione con la Commissione, tratti dagli artt. 5 e 46-48 del Trattato

CECA nonché dalla decisione n. 2448/88, occorre rilevare che le dette disposizioni in nessun punto consentono espressamente uno scambio di informazioni tra imprese quale quello di cui trattasi. La questione se tale scambio sia stato implicitamente autorizzato dal comportamento della DG III sarà esaminata nella successiva parte D.

410.
    Fatta questa riserva, e tenuto conto del principio fondamentale del Trattato secondo il quale la concorrenza da esso prevista consiste nel gioco sul mercato delle forze e della strategia economiche indipendenti ed opposte (sentenza Paesi Bassi/Alta Autorità, citata), il Tribunale ritiene che la Commissione non abbia commesso alcun errore di diritto richiamandosi, nel punto 271 del preambolo della decisione, a talune decisioni da essa adottate nell'ambito del Trattato CE nel caso di mercati oligopolistici. Per quanto riguarda, in particolare, la decisione UK Agricultural Tractor Registration Exchange, occorre ricordare che tanto il Tribunale quanto la Corte hanno statuito che, in un mercato oligopolistico fortemente concentrato, lo scambio di informazioni sul mercato può consentire alle imprese di conoscere le posizioni sul mercato e la strategia commerciale dei loro concorrenti e, di conseguenza, può alterare sensibilmente la concorrenza in essere fra gli operatori economici (sentenza del Tribunale Deere/Commissione, citata, punto 51; sentenza della Corte Deere/Commissione, citata, punti 88-90). A giudizio del Tribunale, ciò si applica a maggior ragione quando, come nel caso di specie, le informazioni scambiate sono state oggetto di regolari discussioni tra le imprese partecipanti.

411.
    Il Tribunale sottolinea, infine, che tenuto conto, da un lato, della natura delle discussioni svoltesi all'interno della commissione travi e dei dati scambiati in tale ambito e, d'altro lato, del tenore della comunicazione del 1968, le imprese di cui trattasi non potevano nutrire ragionevoli incertezze riguardo al fatto che gli scambi considerati fossero diretti a impedire, limitare o alterare il gioco normale della concorrenza né, di conseguenza, sul fatto che gli scambi considerati fossero vietati ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato. La stessa conclusione emerge peraltro dalle considerazioni esposte dal Tribunale nella successiva parte D. In ogni caso, le asserite difficoltà che possono sussistere nel valutare se un comportamento sia vietato non incidono sul divieto stesso, che ha un carattere oggettivo. Il Tribunale ritiene, peraltro, che, nei punti 266-271 del preambolo della decisione, la Commissione abbia sufficientemente motivato il proprio assunto secondo il quale i sistemi controversi erano contrari al gioco normale della concorrenza.

412.
    Risulta da tutto quanto precede che gli argomenti della ricorrente relativi allo scambio di informazioni, da un lato, all'interno della commissione travi e, dall'altro, per il tramite della Walzstahl-Vereinigung devono essere integralmente respinti, con riserva delle considerazioni effettuate dal Tribunale nella successiva parte D.

Sulle pratiche relative ai diversi mercati

1. Fissazione dei prezzi sul mercato tedesco

413.
    Nell'art. 1 della decisione, la Commissione imputa alla ricorrente di aver preso parte ad un accordo per la fissazione dei prezzi sul mercato tedesco. Il periodo preso in considerazione ai fini dell'ammenda ammonta a tre mesi. Nel punto 273 del preambolo, la Commissione enumera vari comportamenti qualificati come pratiche restrittive sul mercato tedesco. Nel primo e nel terzo trattino, essa dichiara quanto segue:

«—    Peine-Salzgitter, Thyssen e TradeARBED hanno stretto vari accordi di fissazione dei prezzi a decorrere dal dicembre 1986 (v. 'considerando‘ 147 e 148);

    (...)

—    ad una riunione tenuta nel gennaio 1988 Peine-Salzgitter, TradeARBED, Hoesch, Saarstahl e Thyssen hanno adottato raccomandazioni comuni ei concordato certi aspetti fondamentali della loro futura politica in materia di prezzi (cfr. considerando 150)».

Nel quinto trattino, la Commissione espone quanto segue:

«—    in almeno due occasioni nel 1989 vari produttori hanno convenuto di limitare le loro consegne sul mercato tedesco al fine di stabilizzarlo. Tra tali produttori almeno Peine-Salzgitter ha partecipato alla prima di queste pratiche concordate (v. 'considerando‘ 153) (...)».

414.
    La ricorrente nega di aver preso parte ad un accordo per la fissazione dei prezzi sul mercato tedesco. Essa contesta alla Commissione di non aver specificato, nei punti 147-154 e 273 del preambolo della decisione, il periodo di tre mesi considerato per l'ammenda. Il testo della decisione non avallerebbe l'interpretazione fornita dalla Commissione nel controricorso, secondo la quale si trattava del secondo trimestre del 1989, ma consentirebbe piuttosto di desumere che il periodo pertinente si situi, ad esempio, nel primo trimestre del 1987.

415.
    Nelle sue memorie, la Commissione osserva che la stipulazione di un accordo riguardante il secondo trimestre del 1989 è confermata dalla nota della Peine-Salzgitter del 20 aprile 1989, menzionata nel punto 153 del preambolo, secondo la quale, durante il detto trimestre, i produttori partecipanti non intendevano esercitare pressioni sul mercato tedesco. A parere della Commissione, ciò può essere interpretato soltanto nel senso che gli extra non dovevano essere aumentati. L'ipotesi prospettata dalla ricorrente, secondo la quale il periodo rilevante potrebbe corrispondere al primo trimestre del 1987, al quale non si applica l'ammenda (punto 314 del preambolo), non troverebbe alcun riscontro nei punti 314, 273 o 147-153 del preambolo.

416.
    Nel corso dell'udienza, la Commissione ha tuttavia sostenuto che l'accordo contestato è quello risultante nel punto 273, terzo trattino, del preambolo, vale a dire l'accordo sui comportamenti da tenere «nelle prossime comunicazioni relative ai prezzi», sancito il 20 gennaio 1988. Tale accordo sarebbe palesemente rimasto in vigore almeno fino al 18 aprile 1989 (v. punto 152 del preambolo).

417.
    Il Tribunale rileva che la fissazione del prezzo sul mercato tedesco imputata alla ricorrente è indicata, nell'art. 1 della decisione, come successiva al 30 giugno 1988 (v. riferimento preciso ad un periodo di infrazione di tre mesi). Ebbene, tutte le pratiche restrittive alle quali si ritiene che la ricorrente abbia partecipato in tale mercato, secondo il punto 273 del preambolo della decisione, sono anteriori a tale data.

418.
    Questa considerazione vale altresì per il comportamento, menzionato nel terzo trattino del detto punto 273, al quale la Commissione ha fatto riferimento all'udienza. Dall'art. 1 della decisione, e in particolare dai brani dedicati alla TradeARBED e alla Hoesch, risulta che tale comportamento, anteriore al 30 giugno 1988, non è stato preso in considerazione ai fini dell'ammenda. Nessuna spiegazione è peraltro offerta nella decisione riguardo al periodo di vigenza dell'accordo stipulato il 20 gennaio 1988. Inoltre, la spiegazione fornita nel corso dell'udienza è incompatibile con l'indicazione, all'art. 1 della decisione, di un periodo pari ad un trimestre preso in considerazione per l'ammenda irrogata alla ricorrente, in quanto tale spiegazione avrebbe dovuto avere la conseguenza di far prendere in considerazione un periodo di almeno nove mesi (dal 30 giugno 1988 al 18 aprile 1989).

419.
    Quanto al riferimento, nelle memorie della Commissione, al comportamento rivelato da una nota informativa menzionata al punto 153 del preambolo (documenti nn. 3150-3152), occorre rilevare che tale punto 153 recita:

«Una nota informativa datata 20 aprile 1989 e redatta da Peine-Salzgitter per la successiva riunione con i rivenditori prevista per il 21 aprile 1989 indica che nell'ultima di tali riunioni tenutasi il 16 febbraio 1989 era stato convenuto che i produttori aderenti non avrebbero fatto pressioni sul mercato nel secondo trimestre 1989. L'autore osserva che le cose si sono in effetti svolte in tal modo».

420.
    La Commissione stessa ne desume, al punto 273, quinto trattino, del preambolo della decisione, che solo la «Peine-Salzgitter ha partecipato» a tale comportamento. Poiché il detto documento non fornisce i nomi delle altre imprese che, il 16 febbraio 1989, avrebbero convenuto di non esercitare pressioni nel mercato tedesco, esso non può essere assunto a carico alla ricorrente.

421.
    Neppure può essere accolto l'argomento della Commissione, nella parte in cui si riferisce al fatto, rivelato dallo stesso documento, che le imprese avevano concordato di non aumentare i prezzi degli extra. Mentre tale presunto accordo sui prezzi degli extra sarebbe stato concluso, secondo lo stesso documento, nel corso

dell'ultima riunione della commissione travi prima del 20 aprile 1989, vale a dire quella del 19 aprile di quello stesso anno, quello richiamato ai punti 153 e 273, quinto trattino, del preambolo è stato concluso il 16 febbraio 1989, nel corso di un incontro con i rivenditori. Per di più, l'accordo raggiunto all'interno della commissione travi nel corso della riunione del 19 aprile 1989 è richiamato separatamente nei punti 245 e 125 e nell'art. 1 della decisione, nel quadro di un complesso di comportamenti definiti «armonizzazione degli extra».

422.
    Ne consegue che l'addebito formulato nell'art. 1 della decisione, relativo allapartecipazione della ricorrente ad una fissazione del prezzo sul mercato tedesco, successiva al 30 giugno 1988, non trova alcun riscontro all'interno della motivazione della decisione. Occorre pertanto annullare l'art. 1 della decisione nella parte che riguarda detto addebito.

2. Fissazione dei prezzi sul mercato italiano

423.
    Nell'art. 1 della decisione, la Commissione contesta alla ricorrente di aver partecipato ad una fissazione dei prezzi sul mercato italiano. Il periodo considerato ai fini dell'ammenda è di tre mesi. Al punto 275 del preambolo, essa richiama un certo numero di comportamenti anticoncorrenziali posti in essere sul mercato italiano. Nel secondo e nell'ottavo trattino di tale brano, essa dichiara quanto segue:

«—    ulteriori accordi in materia di prezzi sono stati conclusi ad una data imprecisata di poco successiva a questa riunione [del 7 aprile 1987] (v. 'considerando‘ da 157 a 159). Dalla documentazione risulta che almeno Peine-Salzgitter e Ferdofin devono aver partecipato a tale accordo;

    (...)

—    nel corso di una riunione tenuta il 15 maggio 1990 sono stati fissati i prezzi fra TradeARBED, Peine-Salzgitter, Saarstahl, Unimétal, Thyssen e Ferdofin (v. 'considerando‘ 170 e 171)».

424.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non ha precisato quale sarebbe, nell'ambito del periodo che intercorre tra l'inizio del 1987 e la metà del 1990 (punti 275 e 155-171 del preambolo), il periodo di tre mesi interessato dall'accordo a cui essa avrebbe partecipato. In risposta agli argomenti svolti dalla Commissione nel controricorso, la ricorrente fa valere che nulla fa dimostra che i prezzi per il terzo trimestre siano stati stabiliti nel corso di una riunione tenutasi il 15 maggio 1990. Peraltro, i documenti menzionati ai punti 157 e 158 del preambolo non consentirebbero di concludere nel senso della partecipazione della ricorrente ad un'eventuale concertazione sui prezzi.

425.
    Il Tribunale ritiene, in primo luogo, che solo l'infrazione menzionata al punto 275, ottavo trattino, del preambolo della decisione corrisponda a quella dichiarata nell'art. 1, per quanto riguarda la fissazione dei prezzi sul mercato italiano. L'infrazione descritta ai punti 157 e 158 del preambolo, alla quale si riferisce la ricorrente, non vi corrisponde ed è anteriore al 30 giugno 1988.

426.
    In secondo luogo, si deve constatare che l'esistenza dell'accordo citato dalla Commissione, raggiunto nel corso di una riunione del 15 maggio 1990 alla quale la ricorrente ha partecipato (punto 17 del preambolo), è sufficientemente provata dal contenuto di una nota interna del 18 maggio 1990 redatta dalla segreteria della commissione travi (punto 170 del preambolo, documenti nn. 2266-2268). I prezzi in esso considerati non sono stati presentati come quelli previsti unicamente dalla società Ferdofin, ma come i prezzi del mercato italiano in generale. Inoltre essi non sono stati oggetto di una mera previsione, bensì, secondo la stessa nota, di una «conferma» in taluni casi e di un «leggero aumento» in altri. Infine, essi sono stati definiti come «risultato» dell'incontro del 15 maggio 1990, definizione che esclude l'ipotesi che la Ferdofin li abbia fissati autonomamente.

427.
    La deposizione resa in udienza dal signor Mette non influisce su tale constatazione per le ragioni esposte nella sentenza pronunciata in data odierna nella causa T-148/94, Pressaug/Commissione.

428.
    Ne consegue che gli argomenti della ricorrente riguardanti l'addebito relativo alla fissazione dei prezzi sul mercato italiano devono essere integralmente respinti.

Sulla fissazione dei prezzi sul mercato danese, nell'ambito delle attività del gruppo Eurofer/Scandinavia

429.
    L'art. 1 della decisione accerta a carico della ricorrente una sua partecipazione ad un'infrazione riguardante la fissazione dei prezzi sul mercato danese. Il periodo preso in considerazione ai fini dell'ammenda è di 30 mesi.

430.
    I motivi su cui si fonda il detto addebito compaiono ai punti 177-209 (per la parte in fatto) e 284-296 (per la parte in diritto) del preambolo della decisione. Rifacendosi principalmente ai processi verbali delle riunioni, la Commissione descrive una serie di comportamenti da essa qualificati come accordi per la fissazione dei prezzi obiettivo relativi ai mercati scandinavi, che sarebbero stati conclusi di trimestre in trimestre nel corso delle riunioni del gruppo Eurofer/Scandinavia, sulla base di un accordo-quadro unico e permanente (punti 288, 289, 291 e 294). Nella parte in cui tali accordi riguardano il mercato danese, la Commissione li considera accordi ai sensi dell'art. 65, n. 1, del Trattato (punti 286, 287, 292 e 293).

431.
    La ricorrente nega di aver partecipato ad accordi di fissazione dei prezzi sul mercato danese durante il periodo di cui trattasi. Essa asserisce, in particolare, che le riunioni del gruppo Eurofer/Scandinavia non sarebbero servite a fissare i prezzi

per il mercato danese secondo una «linea generale» (punto 287 del preambolo), ma a dibattere sulla situazione nei mercati della Comunità e nei mercati scandinavi, discutere le previsioni dei prezzi ed estendere lo scambio legittimamente praticato nell'ambito della Eurofer ai produttori scandinavi. Si sarebbe trattato, in particolare, di fornire informazioni sui listini dei prezzi in vigore per il mercato danese. Sarebbero stati comunicati, in particolare, gli aumenti dei prezzi tedeschi con riferimento al punto di parità di Oberhausen, che determinava, per effetto dell'art. 60 del Trattato, i prezzi di esportazione verso la Danimarca. Essendo, in generale, il livello dei listini dei produttori norvegesi e svedesi superiore a quello dei listini dei produttori comunitari, il listino di livello inferiore all'interno di quest'ultima categoria sarebbe stato necessariamente determinante per la concorrenza. L'applicazione generalizzata di tale listino non avrebbe quindi costituito un accordo sui prezzi. La ricorrente aggiunge che la Commissione era al corrente degli aumenti dei prezzi di cui trattasi e che le previsioni dibattute in seno al gruppo Eurofer/Scandinavia si sono regolarmente situate al di sotto dei listini prezzi applicabili.

432.
    Inoltre, nell'ambito di una difesa comune nel corso dell'udienza, le ricorrenti, riferendosi a taluni documenti relativi ai contatti intercorsi tra la DG I della Commissione e le autorità scandinave, trasmessi al Tribunale ai sensi dell'art. 23 e versati nel fascicolo della causa a seguito dell'ordinanza 10 dicembre 1997, nonché ai documenti, depositati all'udienza, relativi agli «accordi» tra la Comunità, da un lato, e la Norvegia, la Svezia e la Finlandia, d'altro lato (v. supra, punto 15), hanno fatto valere che tanto la Commissione quanto le autorità scandinave erano al corrente delle attività del gruppo Eurofer/Scandinavia e addirittura le incoraggiavano, essendo tali attività essenziali per l'attuazione dei detti «accordi». La ricorrente ritiene pertanto che non si siano verificate violazioni dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

433.
    Il Tribunale rileva, innanzi tutto, che la ricorrente non ha contestato in modo circostanziato l'analisi della Commissione secondo la quale i documenti descritti ai punti 184-209 del preambolo della decisione dimostrano sufficientemente l'esistenza di un sistema di riunioni nel corso delle quali sono stati raggiunti accordi sui prezzi obiettivo da applicare in Danimarca tra il 5 febbraio 1986 e il 31 ottobre 1990.

434.
    Dopo aver esaminato tali documenti, vale a dire i processi verbali e altri documenti riguardanti le riunioni del 5 febbraio 1986, 22 aprile 1986, 30 luglio 1986, 28 ottobre 1986, 3 febbraio 1987, 28 aprile 1987, 4 agosto 1987, 4 novembre 1987, 2 febbraio 1988, 25 luglio 1988, 3 novembre 1988, 1. febbraio 1989, 25 aprile 1989, 31 luglio 1989, 30 ottobre 1989, 31 gennaio 1990, 24 aprile 1990, 31 luglio 1990 e 31 ottobre 1990, menzionate nei punti 184-209 del preambolo, il Tribunale ritiene che esse confermino l'analisi della Commissione.

435.
    Il Tribunale constata, in particolare, l'esistenza di numerosi documenti riferentisi alla «programmazione» dei prezzi (punti 184, 192, 193 e 195), alla «fissazione» dei

prezzi o a prezzi «fissati» o «decisi» o «convenuti» (punti 184, 186, 187, 189, 190, 191, 192, 200, 201 e 204). Il Tribunale rileva del pari l'esistenza di numerosi documenti che riportano prezzi che dovevano essere «mantenuti» o «riportati» (punti 204, 205, 207 e 208), di proposte destinate ad essere «adottate» nel corso di una successiva riunione (punto 199), di domande rivolte alle imprese affinché si astenessero dall'indicare prezzi ai clienti prima di una successiva riunione (punti 198 e 201), di informazioni sulle decisioni adottate in materia di prezzi nel corso di talune riunioni (punti 187, 188, 189, 190, 191 197 e 205) e di informazioni sulla realizzazione dei prezzi decisi nel corso di una riunione precedente (punti 184, 193, 195, 200, 202, 203 e 204 del preambolo).

436.
    A titolo di esempio, il Tribunale ritiene che il tenore delle riunione del gruppo Eurofer/Scandinavia sia ampiamente confermato dalla nota del presidente di tale gruppo del 1. febbraio 1990, citata al punto 206 del preambolo della decisione:

«(...) Fino ad ora si è sentito parlare in termini positivi delle nostre riunioni e taluni rappresentanti di altri prodotti ci invidiano anche i risultati e l'intesa raggiunti dal nostro club.

Dico ciò per un motivo preciso, visto che nel primo trimestre non tutti hanno operato con la medesima correttezza specie nel settore laminati mercantili. Mi rivolgo quindi a Voi, rappresentanti del club Eurofer/Scandinavia e Vi invito per le nostre imprese a fare tutto il possibile perché si possa lasciare questa sala con la ferma volontà di stabilizzare il mercato e salvare così l'onore del nostro club».

437.
    Essendo sufficientemente dimostrata l'esistenza di accordi sui prezzi obiettivo per la Danimarca, non può essere accolto l'argomento della ricorrente secondo il quale le imprese si sarebbero limitate a dibattere riguardo alla situazione del mercato, a discutere le previsioni dei prezzi e, più in generale, a scambiare informazioni.

438.
    Tale valutazione è confermata anche dall'affermazione della ricorrente secondo la quale i listini stabiliti in riferimento al punto di parità di Oberhausen erano determinanti per la concorrenza sul mercato danese, e che era quindi normale comunicare le modifiche di tali listini ai membri del gruppo Eurofer/Scandinavia.

439.
    Occorre sottolineare che la tesi della ricorrente è contraddetta, in linea generale, dall'esistenza stessa di accordi riguardanti il mercato danese, conclusi all'interno del gruppo Eurofer/Scandinavia nel quadro delle attività riservate ai mercati scandinavi, accordi distinti da quelli conclusi nell'ambito della commissione travi per il mercato tedesco e per altri mercati comunitari. Almeno uno di questi accordi, concluso nel corso della riunione del 30 luglio 1986 (punto 188 del preambolo), prevede espressamente l'applicazione dei prezzi tedeschi al mercato danese. Tali accordi non sarebbero stati necessari se si fosse trattato solo di seguire l'applicazione dei prezzi tedeschi, tenuto conto del gioco della concorrenza e delle disposizioni applicabili.

440.
    Il Tribunale ritiene che la partecipazione della ricorrente agli accordi conclusi nell'ambito del gruppo Eurofer/Scandinavia sia sufficientemente dimostrata nei punti 285, 180 e 181 del preambolo della decisione. Da essi risulta che la ricorrente ha partecipato a tutte le riunioni di tale gruppo, eccezion fatta per la riunione del 25 luglio 1988. Secondo la motivazione della decisione, le attività di tale gruppo sono addebitate a tutte le imprese partecipanti (punti 287 e 289 del preambolo). La sola differenza riguarda il grado delle rispettive responsabilità delle imprese associate alla Eurofer e dei produttori scandinavi (punti 294 e 295 del preambolo).

441.
    Gli accordi di cui trattasi riguardavano la fissazione dei prezzi, ai sensi dell'art. 65, n. 1, lett. a), del Trattato, ed erano quindi vietati da questa disposizione.

442.
    Su questa valutazione non ha alcuna incidenza la circostanza, addotta dalla ricorrente, ma non dimostrata in alcun modo dinanzi al Tribunale, che i prezzi concordati fossero inferiori a quelli dei listini applicabili, né la circostanza che la Commissione fosse al corrente degli aumenti di prezzo in quanto tali.

443.
    Quanto alle censure sollevate nel corso dell'udienza, e relative alla cognizione delle attività del gruppo Eurofer/Scandinavia che la DG I aveva, o avrebbe dovuto avere, nel quadro degli «accordi» allora in vigore tra la Comunità e la Norvegia, la Svezia e la Finlandia, il Tribunale rileva, preliminarmente, che i documenti nn. 9773-9787, versati nel fascicolo in ottemperanza all'ordinanza 10 dicembre 1997, costituiscono elementi emersi nel corso procedimento, talché l'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale non vieta alla ricorrente di avanzare nuovi motivi che si basino sui detti documenti.

444.
    A questo proposito, con riguardo al periodo compreso tra il 1986 e il 1988, risulta dalle lettere e dai promemoria scambiati tra la Comunità e le autorità norvegesi, svedesi e finlandesi che, nel corso del detto periodo, erano in vigore tra le parti interessate taluni «accordi», diretti a preservare i flussi di scambi commerciali tradizionali, [v. punto c) delle lettere scambiate con la Norvegia il 4 marzo 1986, l'11 marzo 1987 e il 10 febbraio 1988; punto c) delle lettere scambiate con la Finlandia il 4 marzo 1986, il 10 aprile 1987 e il 12 febbraio 1988; punti 13-15 della lettera 4 marzo 1986 e punti 8-10 delle lettere 13 febbraio 1987 e 5 febbraio 1988, scambiate con la Svezia]. Secondo il punto V.10 della decisione acciaio inossidabile,ciò di fatto significava che le esportazioni delle imprese siderurgiche verso la Comunità dovevano essere mantenute ai livelli precedenti e che non era autorizzata nessuna modifica sul piano della distribuzione regionale, product mix o frequenza (la cosiddetta «triplice clausola»).

445.
    Il Tribunale ha preso in esame più specificamente: la comunicazione della Commissione al Consiglio 13 novembre 1986, sulla politica commerciale esterna nel settore siderurgico [COM(86) 585 def.], depositata dalle ricorrenti all'udienza; una nota del fascicolo del 30 maggio 1985 (documento n. 9774), relativa ad una riunione con le autorità svedesi, tenutasi il 29 maggio 1985, riguardante talune

forniture svedesi di barre di ferro e acciaio in Danimarca, da cui risulta che un rappresentante della DG I aveva colto l'occasione per richiamare l'attenzione delle autorità svedesi sull'importanza che la Commissione attribuiva al mantenimento del «gentlemen's agreement» tra la Eurofer e l'associazione delle fonderie svedesi per assicurare l'armonioso sviluppo degli scambi di prodotti siderurgici tra la Comunità e la Svezia; il memorandum del 30 maggio 1985, prodotto nel corso del procedimento amministrativo dalle imprese svedesi Ovako Profiler AB e SSAB Svenskt Stål AB, figurante nel fascicolo trasmesso al Tribunale a norma dell'art. 23 e reso accessibile alle ricorrenti con ordinanza del 10 giugno 1996; la nota manoscritta di una riunione tra la DG I e le autorità svedesi, che apparentemente ha avuto luogo il 4 dicembre 1985 o 1986; la nota di una riunione consultiva tra le autorità comunitarie e svedesi che ha avuto luogo il 20 novembre 1986 (documenti nn. 9777-9784) e la nota di una riunione del «Contact Group ECSC-Sweden» tenutasi l'11 e 12 giugno 1987.

446.
    Tenuto conto degli elementi emersi dai suddetti documenti, il Tribunale ritiene, in primo luogo, che non si possa escludere che le attività del gruppo Eurofer/Scandinavia abbiano tratto origine dalla comune preoccupazione delle autorità comunitarie e scandinave di contenere le esportazioni di prodotti siderurgici al loro livello tradizionale, nel quadro degli «accordi» citati. Dal fascicolo risulta infatti che tale obiettivo non avrebbe potuto essere raggiunto senza la cooperazione delle imprese interessate, in particolare nel quadro dei «gentlemen's agreements» conclusi tra le imprese facenti parte dell'Eurofer e le imprese siderurgiche scandinave.

447.
    In secondo luogo, dal fascicolo risulta del pari che tanto le imprese comunitarie quanto le imprese scandinave hanno favorito la conclusione di tali «gentlemen's agreements» o, per lo meno, di contatti diretti tra le imprese interessate, per la risoluzione dei problemi che si palesavano nel quadro di tali accordi. Peraltro, al punto X.12, lett. a) della decisione acciaio inossidabile, la Commissione ha espressamente ammesso che i detti accordi avevano limitato la libertà delle imprese interessate di vendere le quantità da esse auspicate e che la DG I, attraverso uno scambio di lettere, aveva indirettamente incoraggiato le imprese scandinave a concludere taluni accordi bilaterali con imprese della Comunità.

448.
    E' pur vero che gli accordi di cui trattasi non riguardavano accordi in materia di prezzi, ma mere limitazioni quantitative. Tuttavia, dato che, da un lato, il mercato danese era, all'epoca, considerato come facente tradizionalmente parte del mercato scandinavo dell'acciaio e, dall'altro, la pratica di prezzi sottocosto avrebbe avuto l'effetto di aumentare le quantità vendute, non si può escludere che gli accordi in materia di prezzi conclusi all'interno del gruppo Eurofer/Scandinavia fossero stati concepiti, almeno in parte, come un adeguato sostegno agli accordi conclusi per gli anni 1986, 1987 e 1988 tra la Commissione e i paesi scandinavi considerati, allo scopo di mantenere i flussi commerciali tradizionali.

449.
    Occorre tuttavia ricordare che nessuna disposizione del Trattato autorizza simili accordi in materia di prezzi e che né il Consiglio, né la Commissione, né le imprese sono autorizzate ad ignorare le disposizioni dell'art. 65, n. 1, del Trattato o ad esimersi dall'obbligo di rispettarle.

450.
    Ne consegue che, anche supponendo che gli accordi in materia di prezzi conclusi in seno al gruppo Eurofer/Scandinavia durante gli anni 1986, 1987 e 1988 siano stati conclusi nell'ambito di intese che limitano i flussi di scambio tra la Comunità e i paesi scandinavi e che la Commissione e/o le autorità scandinave li abbiano favoriti, per lo meno indirettamente, ciò non toglie che essi violano l'art. 65, n. 1, del Trattato in quanto riguardano la fissazione dei prezzi sul mercato danese.

451.
    Tuttavia, poiché gli accordi in questione tra la Comunità e i paesi scandinavi sono stati mantenuti in vigore fino al 31 dicembre 1988, si deve constatare che i malintesi che, secondo la decisione (punto 311 del preambolo), avrebbero potuto sussistere prima del 30 giugno 1988 possono essersi mantenuti almeno fino al 31 dicembre 1988, per quanto riguarda gli accordi Eurofer/Scandinavia. Il Tribunale terrà conto di questa circostanza nello stabilire l'ammenda (v. infra, sulla domanda in subordine, diretta all'annullamento dell'art. 4 della decisione o, quanto meno, alla riduzione dell'importo dell'ammenda).

452.
    Per quanto riguarda il periodo successivo al 31 dicembre 1988, risulta dalla lettera della Commissione 5 aprile 1989, inviata alle autorità norvegesi, e da quelle 4 aprile 1989 e 28 maggio 1990, inviate alle autorità svedesi, che sono state prodotte dalla convenuta, su richiesta del Tribunale, accluse ad una lettera dell'11 maggio 1998, che successivamente al 1. gennaio 1989 non esisteva più alcuna disposizione diretta a preservare i flussi tradizionali degli scambi tra la Comunità e i paesi considerati. Ne consegue che, in ogni caso, nulla giustificava, a partire dal 1. gennaio 1989, la stipulazione di accordi privati per la fissazione dei prezzi sul mercato danese tra le imprese di cui trattasi.

453.
    Per quanto riguarda, infine, il documento n. 9323, del 17 giugno 1989, citato dalle ricorrenti all'udienza, il Tribunale constata che esso riguarda una denuncia delle autorità belghe in ordine ad un'asserita violazione, da parte di talune imprese norvegesi, dell'art. 60 del Trattato, applicabile ai prodotti di cui trattasi a norma dell'art. 20 dell'accordo di libero scambio tra la Norvegia e la Comunità, e non ha quindi nulla a che vedere con l'infrazione addebitata alla ricorrente nel quadro degli accordi Eurofer/Scandinavia.

454.
    Conseguentemente, devono essere respinti gli argomenti della ricorrente relativi alla constatazione, nella decisione, di accordi per la fissazione dei prezzi sui mercati danesi.

Conclusioni

455.
    Con riserva degli accertamenti effettuati dal Tribunale, nei precedenti punti 422 e 451 e dell'argomentazione che verrà esaminata nella successiva parte D, l'esame degli argomenti relativi alla violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato non ha posto in luce alcun errore di fatto o di diritto commesso dalla Commissione nel constatare le infrazioni al detto articolo accertate nella decisione e contestate dalla ricorrente. Del pari, l'esame del Tribunale non ha posto in rilievo alcun vizio di motivazione, in particolare per quanto riguarda la partecipazione della ricorrente alle infrazioni addebitatele.

456.
    Ne consegue che i suddetti argomenti devono essere integralmente respinti.

D — Sul coinvolgimento della Commissione nelle infrazioni addebitate alla ricorrente

Sintesi degli argomenti della ricorrente

457.
    La ricorrente fa valere, nell'atto introduttivo, che per tutto il periodo considerato dalla decisione la DG III aveva preteso e ottenuto dalle imprese dati che queste ultime non potevano raccogliere se non scambiandosi informazioni nell'ambito della commissione travi e delle loro associazioni. La Commissione sarebbe stata al corrente di tali attività che, in ultima analisi, sarebbero dovute alla sua stessa iniziativa. La ricorrente ritiene pertanto che tali attività non possano costituire infrazioni all'art. 65, n. 1, del Trattato.

458.
    Essendo stati dedotti motivi analoghi da altre ricorrenti, il ruolo svolto dalla DG III nella presente fattispecie è stato oggetto di una difesa comune all'udienza. La ricorrente aderisce quindi agli argomenti svolti al riguardo a nome delle ricorrenti interessate. Occorre pertanto riunire i vari motivi e argomenti per esaminarli congiuntamente ai fini della presente sentenza.

459.
    Le ricorrenti, muovendo da una ricostruzione storica del coinvolgimento della Commissione nella gestione della crisi siderurgica a partire dagli anni '70 e dei suoi interventi dopo la fine del periodo di crisi, elaborano un argomento in base al quale la Commissione avrebbe dato vita, poi incoraggiato o, quanto meno, conosciuto i comportamenti imputati nella decisione e li avrebbe tollerati.

460.
    Deducendo, in varia forma, che la decisione avrebbe violato i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, la teoria dell'«estoppel» o l'adagio «nemo auditur turpitudinem suam allegans», le ricorrenti ritengono che, in tali circostanze, la Commissione non avesse fondati motivi per sanzionare i comportamenti delle imprese considerati nella decisione.

461.
    Riguardo al periodo di crisi, le ricorrenti si riferiscono, innanzi tutto, alle varie misure adottate dalla Commissione, a partire dal 1974, in base agli artt. 46, 47, poi 58 e seguenti del Trattato, per affrontare la crisi della siderurgia europea. Esse fanno, in particolare, riferimento al piano Simonet del 1977 e al piano Davignon del 1978, quindi alla decisione n. 2794/80, che stabilisce una disciplina di quote di

produzione di acciaio per le imprese dell'industria siderurgica, nonché a diverse misure accessorie (v. supra, punti 5 e seguenti).

462.
    Esse fanno valere, più in particolare, che il sistema delle quote istituito con la decisione n. 2794/80 venne concepito fin dall'inizio come facente parte di un complesso più ampio, basato sulla collaborazione orizzontale delle imprese, in particolare per quanto riguarda l'istituzione delle quote nazionali «i» che la Commissione voleva che fossero applicate dai produttori per poter attuare il proprio sistema di quote «I» previsto su base comunitaria.

463.
    L'associazione Eurofer sarebbe stata, in tale occasione, il principale intermediario tra la Commissione e i produttori, in particolare nell'ambito degli accordi Eurofer II-Eurofer V che, per tutta la durata del regime di crisi manifesta e fino al luglio 1988, sarebbero consistiti, essenzialmente, nella determinazione e nella gestione del sistema della quote di consegna «i» sui mercati nazionali, nonché nella fornitura di dati sulla produzione e sulle consegne. Gli accordi Eurofer avrebbero, del pari, previsto che i partecipanti si impegnassero a rispettare gli obiettivi di prezzo fissati in cooperazione con la Commissione.

464.
    Le ricorrenti sottolineano inoltre come gli scambi di informazioni fossero frequenti in tutto il settore dell'acciaio dopo che era stata dichiarato lo stato di crisi, facendo con ciò riferimento alla controversia conclusasi con la sentenza della Corte 10 luglio 1985, causa 27/84, Wirtschaftvereinigung Eisen- und Stahlindustrie/Commissione (Racc. pag. 2385), nella quale la Commissione avrebbe riconosciuto che una certa trasparenza era già in atto tra le grandi imprese siderurgiche facenti parte della Eurofer, cosicché talune informazioni provenienti da queste ultime non erano coperte dal segreto commerciale di cui all'art. 47 del Trattato.

465.
    Per quanto riguarda il periodo di crisi, le ricorrenti adducono a sostegno della propria esposizione, più in particolare, estratti dei seguenti documenti, alcuni dei quali sono stati già menzionati nei punti 5 e seguenti: la richiesta, da parte della Commissione, di un parere conforme del Consiglio sull'istituzione di un sistema di quote di produzione per la siderurgia [COM(80) 586 def., atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 3]; la risoluzione del Consiglio 3 marzo 1981, sulla politica di risanamento della siderurgia (v. comunicato stampa del Consiglio 26 e 27 marzo 1981, atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 4); l'allegato IV al documento III/534/85/FR della Commissione che approva gli accordi Eurofer (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 5); la lettera inviata il 17 gennaio 1983 dai signori Andriessen e Davignon alla Eurofer (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 6); la risposta inviata l'8 febbraio 1983 dal signor Etchegaray, presidente della Eurofer, ai signori Andriessen e Davignon (ricorso nella causa T-151/94, allegato 3, documento 7); la decisione n. 3483/82; il punto 302 del Diciannovesima Relazione generale sulle attività delle Comunità; la decisione n. 234/84; il verbale di una riunione tenutasi a Bruxelles il 27 giugno 1984 tra la Commissione e gli esperti della Eurofer (ricorso

nella causa T-151/94, allegato 3, documento 8); una nota preparata dalla Eurofer a seguito della riunione tra il membro della Commissione signor Narjes e i presidenti della Eurofer, tenutasi a Düsseldorf il 26 settembre 1985 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 9); il verbale di una riunione tenutasi il 16 dicembre 1985 tra il signor Narjes e la Eurofer (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 10); varie lettere da cui risulta la partecipazione della Commissione nell'arbitrato di controversie tra produttori riguardo al sistema delle quote «i» (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documenti 11 e 12); il verbale della riunione 10 marzo 1986 tra il signor Narjes e la Eurofer (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 13); il «rapporto dei tre saggi», citato; il verbale della riunione tenutasiil 16 maggio 1986 tra il signor Narjes e i dirigenti della Eurofer (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 14) e la comunicazione della Commissione al Consiglio sulla politica siderurgica, citata.

466.
    Benché il regime di crisi manifesta fosse giunto a termine il 30 giugno 1988, nella XXI² Relazione generale sulle attività delle Comunità europee si indicherebbe, al punto 278, che la Commissione era pronta a prevedere, per un periodo di tre anni a partire del 1. gennaio 1988, la proroga del sistema delle quote e l'attuazione di un piano concordato di riduzione delle capacità, proposto dalla Eurofer alla fine del 1986. Tuttavia, poiché la Commissione non aveva ottenuto gli impegni minimi per le chiusure, stabiliti nel dicembre 1987 quale condizione per la eventuale proroga del sistema, essa non ne aveva proposto la proroga del medesimo al Consiglio. Le ricorrenti ne inferiscono che, nel luglio 1988, fu posto termine al sistema delle quote non perché la Commissione riteneva che non vi fosse più uno stato di crisi manifesta, ma per sanzionare le imprese per la loro mancanza di collaborazione. Tali fatti dimostrerebbero, inoltre, che verso la metà del 1988 la Commissione considerava non contrario all'art. 65 del Trattato richiedere alle imprese di stipulare un accordo relativo alla riduzione concordata delle loro capacità, cosa che pure sarebbe altrettanto vietata quanto le misure in materia di prezzi, se si seguisse l'interpretazione rigorosa di tale articolo sostenuta nella decisione. La Commissione avrebbe quindi accettato che l'art. 65, n. 1, del Trattato possa essere oggetto di un'interpretazione flessibile.

467.
    Per quanto riguarda il periodo successivo al 30 giugno 1988, la Commissione avrebbe mantenuto in vigore, fino al novembre 1988, il sistema di sorveglianza delle consegne istituito con la decisione n. 3483/82. Essa avrebbe, del pari, adottato il sistema di sorveglianza istituito con la decisione n. 2448/88, che imponeva alle imprese la dichiarazione mensile della produzione e della consegna di taluni loro prodotti. Tale decisione avrebbe cessato di essere in vigore nel giugno 1990, ma la situazione non sarebbe concretamente cambiata, come dimostrerebbero due lettere inviate alla Eurofer, il 10 e il 12 settembre 1990, da due funzionari della Commissione (allegati 7 e 8 all'atto introduttivo nella causa T-137/94). Tutte queste misure avrebbero avuto lo scopo di aumentare la trasparenza del mercato al fine di agevolare l'adeguamento delle imprese alle eventuali modifiche della domanda, senza che tale trasparenza fosse considerata contraria all'art. 65 del Trattato.

468.
    In tale contesto, e in particolare in quello degli artt. 46-48 del Trattato e del sistema di sorveglianza istituito con la decisione n. 2448/88, i contatti tra la DG III e i produttori di travi si sarebbero persino intensificati nel periodo successivo al regime di crisi manifesta, venendosi ad aggiungere le riunioni «riservate» e «di consultazione» nonché i «pranzi dell'acciaio» alle riunioni trimestrali ufficiali nel corso delle quali si discutevano, in conformità degli artt. 46-48 del Trattato, i programmi previsionali.

469.
    Rifacendosi ai vari estratti delle «speaking notes» e di altri processi verbali di riunioni tenutesi dopo la cessazione del regime di crisi (v. allegato 3 all'atto introduttivo nella causa T-151/94), nonché alle note interne della DG III prodotte dalla Commissione in ottemperanza all'ordinanza 10 dicembre 1997, le ricorrenti sostengono che la Commissione conosceva e addirittura incoraggiava le attività di raccolta e di scambio di informazioni sugli ordini, sulle consegne, sul livello reale dei prezzi e sul livello previsto dei prezzi futuri, espletate dalla Eurofer e dalla commissione travi, al pari dell'armonizzazione degli extra e delle altre pratiche accertate nella decisione a carico delle imprese.

470.
    In tale contesto, i vari accordi e le varie pratiche concordate imputati alle ricorrenti, anche ammettendo che fossero dimostrati, dovrebbero essere considerati attività lecite, tenuto conto, in particolare delle disposizioni degli artt. 46-48 del Trattato e del sistema di sorveglianza istituito dalla decisione n. 2448/88.

471.
    Risulterebbe dai detti documenti che la Commissione, e più in particolare la DG III, apprezzavano moltissimo gli incontri con i produttori e le informazioni che le venivano fornite in tali occasioni; sotto le spoglie di scambi di informazioni generali, la Commissione incoraggiava, o per lo meno approvava, le frequenti iniziative dei produttori dirette a stabilizzare i prezzi e la produzione; conformemente alla prassi seguita durante il periodo di crisi manifesta per la ripartizione delle quote «I», su base trimestrale, tra i mercati nazionali (quote «i»), la Commissione comunicava ai produttori i propri punti di vista sull'evoluzione del mercato desiderata e lasciava alla Eurofer il compito di stabilire i dettagli pratici delle azioni da essa auspicate sul mercato; la Commissione stessa, nell'ambito della sua azione di risanamento del mercato, ha svolto un ruolo determinante nel tentativo di controllare le variazioni dei prezzi e della produzione intrapreso dai produttori e questi ultimi non avrebbero potuto tentare nulla senza la partecipazione o, quanto meno, l'approvazione della Commissione. Pur ammettendo che le «speaking notes» non rivelano informazioni dettagliate scambiate nell'ambito della commissione travi e utilizzate per stabilire le tendenze dei prezzi e le previsioni delle quantità, le ricorrenti sostengono che la Commissione sapeva, o doveva sapere, che i detti scambi di informazioni tra produttori erano indispensabili per preparare le discussioni con essa, come era avvenuto in un recente passato, e che, pertanto, essa avrebbe dovuto consigliare ai produttori di modificare il metodo di elaborazione delle loro previsioni. Le «speaking notes» conterrebbero anche numerose palesi allusioni alle discussioni sui prezzi e all'auspicio condiviso dalla Commissione e dai

produttori di mantenerne il livello. La Commissione avrebbe anche tentato di rinsaldare direttamente la disciplina dei prezzi, prevedendo, ad esempio, nel 1989, di introdurre un sistema che imponesse ai produttori di informarsi reciprocamente dei ribassi applicati (v. atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 5).

472.
    Benché sia stata comunicata al consigliere auditore una serie completa di processi verbali e di note relative alle numerose riunioni tra la Commissione e le imprese siderurgiche nel corso di questo periodo, dal punto 312 del preambolo della decisione emergerebbe che la Commissione ha evitato qualsiasi analisi dettagliata di tale documentazione, della quale essa negherebbe in blocco la pertinenza.

473.
    Le ricorrenti non contestano la circostanza che la Commissione abbia periodicamente fatto accenno all'art. 65 del Trattato, in particolare per ricordare che esso rimaneva integralmente applicabile durante il periodo di crisi. Tuttavia, in assenza di indicazioni pratiche da parte sua, tali meri riferimenti sarebbero stati privi di qualsiasi significato.

474.
    Così, ad esempio, la dichiarazione secondo la quale la Commissione non avrebbe accettato consultazioni sui prezzi o sulle quantità in contrasto con l'art. 65 del Trattato, inserita su richiesta del signor Kutscher al verbale della «riunione consultiva» del 26 gennaio 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 16), non avrebbe fornito indicazioni ai produttori riguardo alla maniera nella quale competeva ad essi di elaborare previsioni relative al mercato, necessarie alla Commissione, astenendosi nel contempo dal procedere alla «vigilanza» degli ordini e delle consegne o dallo scambiare informazioni sulle modifiche di prezzo.

475.
    La decisione stessa riconoscerebbe, al punto 311 del preambolo, che si sono potuti verificare «malintesi» sull'applicazione dell'art. 65 nel periodo di crisi. A parere delle ricorrenti, la confusione non è stata dissipata dopo il 30 giugno 1988. Al contrario, essa sarebbe stata aumentata dalla prosecuzione degli interventi della Commissione nel settore, abbinata alle dichiarazioni di quest'ultima in cui affermava, senza altra spiegazione, che trovavano applicazione le disposizioni dell'art. 65 del Trattato.

476.
    Alla luce di quanto sopra, il comunicato stampa pubblicato dalla Commissione il 4 maggio 1988 in occasione dell'apertura del procedimento «acciaio inossidabile», in cui si indica che quest'ultima non «avrebbe tollerato accordi illegali» (v. punto 305 del preambolo), sarebbe privo di utilità pratica. Il membro della Commissione signor Van Miert avrebbe del resto riconosciuto, nel corso della conferenza stampa del 16 febbraio 1994, che poteva sussistere una certa ambiguità nel corso del periodo susseguente al periodo di crisi manifesta. Indicazioni chiare avrebbero, pertanto, dovuto essere pubblicate per dissipare ogni malinteso (v., a titolo di esempio, nell'ambito del Trattato CE, le linee direttrici sull'applicazione delle regole di concorrenza CEE nel settore delle telecomunicazioni, GU 1991, C 233, pag. 2).

477.
    Solo nella decisione acciaio inossidabile, adottata il 18 luglio 1990, la Commissione avrebbe, per la prima volta, manifestato la propria disapprovazione riguardo al comportamento delle imprese durante il periodo considerato, condannando pratiche analoghe a quelle che aveva accettato e finanche incoraggiato. Tale condanna sarebbe quindi in contraddizione con l'atteggiamento precedente della Commissione, che aveva indotto le imprese a ritenere che le loro pratiche fossero conformi all'art. 65 del Trattato.

478.
    Le ricorrenti sostengono che alla fine del 1990 la Commissione ha modificato la sua interpretazione delle norme che disciplinano la concorrenza del Trattato CECA (v. supra, punti 37 e 38). Esse ritengono, tuttavia, che la Commissione non possa, senza violare il principio del legittimo affidamento, applicare retroattivamente alle imprese l'art. 65 del Trattato mentre, durante il periodo di cui trattasi, essa aveva accettato di non applicarlo alle pratiche controverse e aveva anzi incoraggiato tali pratiche, o, per lo meno, elaborato con le imprese pratiche analoghe.

479.
    In risposta all'argomento di principio della Commissione, secondo il quale la tolleranza amministrativa non potrebbe in alcun caso legittimare o giustificare un'infrazione, le ricorrenti richiamano le sentenze della Corte 12 novembre 1987, causa 344/85, Ferriere San Carlo/Commissione (Racc. pag. 4435), e 24 novembre 1987, causa 223/85, RSV/Commissione (Racc. pag. 4617).

480.
    Le ricorrenti criticano, per contro, l'applicazione alla presente fattispecie dell'orientamento giurisprudenziale risultante dalle sentenze della Corte 11 dicembre 1980, causa 1252/79, Lucchini/Commissione (Racc. pag. 3753, punto 9), e 28 marzo 1984, causa 8/83, Bertoli/Commissione (Racc. pag. 1649, punto 21), secondo il quale il lassismo della Commissione in materia di repressione non può legittimare un'infrazione. Nella fattispecie, la Commissione non avrebbe solo offerto prova di lassismo nei confronti dei produttori di travi, ma avrebbe tollerato, se non incoraggiato, con piena conoscenza di causa i comportamenti messi sotto accusa nella decisione.

481.
    All'udienza, le ricorrenti hanno altresì presentato un'analisi dettagliata delle «speaking notes» e dei documenti della DG III prodotti su richiesta del Tribunale. Esse hanno inoltre richiamato le testimonianze assunte dal Tribunale e, in particolare, quella del signor Kutscher.

Resoconto dell'audizione dei testimoni

482.
    Con ordinanza 23 marzo 1998, il Tribunale ha ordinato l'audizione dei signori Pedro Ortún, Guido Vanderseypen e Hans Kutscher, rispettivamente funzionari ed ex funzionario della DG III, sui contatti stabilitisi tra la detta DG III e l'industria siderurgica nel corso del periodo d'infrazione accertato ai fini della fissazione dell'importo delle ammende, vale a dire dal 1. luglio 1988 alla fine del 1990. I

testimoni sono stati sentiti dal Tribunale all'udienza del 23 marzo 1998 e hanno prestato il giuramento previsto dall'art. 68, n. 5, del regolamento di procedura.

483.
    Nella sua deposizione e nelle sue risposte ai quesiti del Tribunale, il signor Ortún, allora direttore della direzione E «acciaio» (successivamente denominata «Mercato interno e affari industriali III della DG III»), ha precisato che le riunioni consultive con l'industria siderurgica nel suo complesso, svoltesi dopo il 30 giugno 1988, in conformità del mandato conferito dal Consiglio alla Commissione il 24 giugno 1988, al pari delle riunioni riservate ai membri della Eurofer, avevano lo scopo di offrire alla Commissione una prospettiva il più possibile precisa della situazione e delle tendenze del mercato dei diversi prodotti, in modo da consentire la sorveglianza nell'ambito della decisione n. 2448/88 e di agevolare l'elaborazione dei programmi previsionali, e integravano le informazioni ottenute da altre fonti, quali i produttori non facenti parte della Eurofer, i consumatori, i rivenditori e gli esperti indipendenti incaricati dalla Commissione. Nel corso di tali riunioni interveniva di regola un rappresentante dell'industria in qualità di portavoce del settore per ciascun gruppo di prodotti e forniva informazioni sull'evoluzione della domanda, della produzione, delle consegne, delle giacenze, dei prezzi, delle esportazioni, delle importazioni e degli altri parametri del mercato per i mesi successivi. Secondo il signor Ortún, tali scambi permanenti di opinioni con l'industria sui principali parametri del mercato implicavano che i produttori si riunissero prima dei loro incontri con la DG III, per scambiare le loro sensazioni e opinioni sulle tendenze future del mercato dei diversi prodotti, comprese quelle in materia di prezzi, tuttavia la DG III, che non riceveva resoconti di tali riunioni interne, ignorava quali informazioni venissero scambiate in tale occasione, allo stesso modo in cui ignorava l'uso che ne facevano i produttori, e, d'altronde, non se ne preoccupava particolarmente. In risposta ai quesiti del Tribunale, il signor Ortún ha precisato che, dopo il giugno 1988, la Commissione non perseguiva né una politica di stabilità dei flussi tradizionali degli scambi tra Stati membri, né un obiettivo di aumento odi mantenimento dei prezzi, ma tentava solo di evitare che le fluttuazioni della congiuntura provocassero variazioni dei prezzi brusche e rilevanti, prive di nesso diretto con l'evoluzione della domanda. Egli ha del pari sottolineato come la DG III, pur non avendo come obiettivo, né come principale responsabilità, quello di verificare o di vigilare affinché le pratiche connesse agli scambi di informazioni tra produttori, previ alle riunioni con essa, fossero conformi alle norme di concorrenza del Trattato, abbia più volte ricordato loro che si dovevano conformare alle disposizioni dell'art. 65, e presupponeva, pertanto, che esse le rispettassero.

484.
    Nella sua deposizione e nelle risposte ai quesiti del Tribunale, il signor Kutscher, allora consigliere principale alla direzione E della DG III, ha in particolare affermato che, su richiesta del signor Narjes, allora membro della Commissione responsabile degli affari industriali, ha fatto inserire nel verbale della riunione consultiva del 26 gennaio 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 16) l'avvertimento così formulato: «se la Commissione dovesse scoprire l'esistenza di un accordo all'interno dell'industria, per quanto riguarda le quantità ed i prezzi, in contrasto con l'art. 65 del Trattato CECA, non mancherebbe di

intraprendere le misure adeguate, come previsto dalle disposizioni di questo articolo». Tale avvertimento, che il signor Kutscher afferma di aver già formulato, in termini pressoché identici, dinanzi al Comitato consultivo CECA, il 1. e il 20 giugno 1988 nonché nell'ottobre 1988, era destinato ad indicare chiaramente all'industria che il gioco della libera concorrenza doveva aveva pieno corso in esito al sistema delle quote, nel rigoroso rispetto delle disposizioni dell'art. 65 del Trattato e per evitare il ripetersi di un'intesa quale quella la cui esistenza è stata accertata nella decisione acciaio inossidabile.

485.
    Il signor Kutscher ha anche ammesso che la DG III era a conoscenza del fatto che le imprese facenti parte della Eurofer si riunivano prima degli incontri con la Commissione e che, in tali occasioni, esse discutevano in merito all'evoluzione dei diversi parametri del mercato, per giungere ad una sorta di consenso sulle future tendenze del mercato, in termini che formavano successivamente oggetto delle discussioni con la DG III. Stando alla sua testimonianza, sarebbe stato praticamente impossibile per la Commissione, o per un'associazione di categoria quale la Eurofer, interrogare individualmente ciascun produttore. Per fornire alla Commissione le informazioni di cui aveva bisogno, i produttori dovevano quindi riunirsi per scambiarsi le loro opinioni e le loro previsioni sulle tendenze dei prezzi, delle giacenze, delle importazioni, ecc. Era compito poi del presidente della riunione considerata di preparare una sintesi delle informazioni scambiate e di comunicarle alla Commissione, nel corso delle riunioni consultive.

486.
    Il signor Kutscher ha espressamente riconosciuto, in particolare, che, nel corso delle loro riunioni, le imprese si scambiavano le loro rispettive previsioni sui prezzi futuri dei vari prodotti, vale a dire le loro intenzioni individuali al riguardo. A suo parere, uno scambio di opinioni tra produttori sulle loro future intenzioni individuali in materia di prezzi non rientra nella sfera del divieto delle pratiche concordate di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato, anche se esso sia effettivamente seguito da un movimento generale dei prezzi conforme alle previsioni scambiate, purché tale scambio di opinioni rimanga nell'ambito delle considerazioni di natura congiunturale e non sfoci in alcun accordo, concertazione o collusione riguardo a tale movimento. Il signor Kutscher ha sottolineato, al riguardo, che, in un mercato come quello dell'acciaio, quando una congiuntura è favorevole, come si verificò nel 1988/89, un aumento di prezzi deciso autonomamente da un produttore è risaputo molto celermente e seguito quasi automaticamente ed autonomamente dalla maggior parte dei suoi concorrenti, senza che sia necessaria tra loro un'intesa, se tale aumento è conforme all'andamento congiunturale, poiché ciascuno di essi mira a trarre vantaggio dalla situazione favorevole.

487.
    Il signor Kutscher ha tuttavia sottolineato come la DG III non avesse nessuna nozione di accordi o pratiche concordate che eccedessero tale scambio di informazioni tra imprese e come i dubbi personali, che egli ha talvolta potuto nutrire al riguardo, siano stati dissipati dai suoi interlocutori. Su tale punto, il signor Kutscher si è riferito più particolarmente alla riunione consultiva del 27 luglio 1989

(v. promemoria di tale riunione datato 3 agosto 1989, prodotto dalla convenuta in ottemperanza all'ordinanza 10 dicembre 1997), nel corso della quale, reagendo ad un annuncio del signor Meyer, presidente della commissione travi, ai termini del quale il mercato era «in equilibrio e anzi consenti[va] ancora leggeri aumenti di prezzo a partire del 1. ottobre 1989», egli ha «ricordato l'interesse accordato dalla Commissione al rispetto integrale delle norme in materia di prezzo dell'art. 65 del Trattato». Il signor Kutscher ha affermato di essere stato rassicurato dalla risposta del rappresentante dell'industria, secondo la quale, «in questo caso specifico, le imprese considerate si sono limitate a informare il mercato e i clienti delle loro rispettive intenzioni di aumentare i prezzi». Sarebbe stato del resto consueto, all'epoca, che i produttori di acciaio comunicassero in anticipo, ai loro clienti importanti, le loro intenzioni individuali in materia di prezzi. Il signor Kutscher ha inoltre sottolineato che, nella fattispecie, nel 1988-1989, i modesti aumenti di prezzo annunciati nel corso di riunioni da parte dei produttori erano conformi all'andamento favorevole della congiuntura e che essi non consentivano quindi alla DG III di sospettare che si fossero il risultato di una concertazione. Il signor Kutscher ha inoltre aggiunto che, nel corso di numerose discussioni con i rappresentanti dell'industria siderurgica, eccettuato il già ricordato episodio con il signor Meyer, questi ultimi non avevano mai fornito la minima indicazione che potesse fargli pensare che essi si concertassero sui prezzi o sulle quantità, riguardo alle travi o agli altri prodotti siderurgici.

488.
    Nella sua deposizione e nelle risposte alle domande del Tribunale, il signor Vanderseypen, all'epoca assegnato alla direzione E della DG III, ha affermato in particolare che, come testimoniato dalla sua nota per il fascicolo del 7 aprile 1989, prodotta dalla convenuta in esecuzione dell'ordinanza 10 dicembre 1997, la DG III aveva avuto conoscenza della raccolta, effettuata dalla Eurofer presso i propri membri, di statistiche rapide consistenti in dati mensili aggregati relativi agli ordini e alle consegne, disponibili tra i dieci e i venti giorni seguenti il mese trascorso, ma non del sistema di monitoraggio degli ordini e delle consegne individuali delle imprese partecipanti che era stato istituito all'interno dell'Eurofer più o meno nello stesso periodo. Egli ha confermato che le statistiche rapide di cui trattasi, aggregate a livello delle imprese, erano ripartite per prodotto e per mercato nazionale di destinazione, cosicché nessuna delle imprese dichiaranti poteva ricavare la quota di mercato delle sue concorrenti. Egli ha precisato che la Commissione non ha mai ricevuto dalla Eurofer cifre ripartite per impresa, che essa non era al corrente della circolazione di tali cifre e, in risposta alla domanda se l'Eurofer procedesse a tali scambi, che i suoi interlocutori nel luglio 1990 gli avevano ancora risposto negativamente.

489.
    Quanto alle cifre relative alla tendenze dei prezzi, offerte nel corso delle riunioni di cui trattasi, il signor Vanderseypen ha precisato che, in linea di massima, gli ordini di prodotti siderurgici si trasformano in consegne in un termine di tre mesi. Tali indicazioni avrebbero quindi spesso potuto essere formate sulla base dei primi ordini rientrati per il trimestre seguente. Il riferimento ai prezzi contenuti nelle «speaking notes» non rispecchiava quindi necessariamente intenzioni, ma forse un

principio di realtà, vale a dire i prezzi ottenuti nei primi ordini che cominciavano ad arrivare nel portafoglio.

Giudizio del Tribunale

Osservazioni preliminari

490.
    Occorre anzitutto precisare che, per loro stessa natura, gli argomenti delle ricorrenti possono riguardare solo le infrazioni che sono contestate loro nell'ambito delle attività della commissione travi. Al riguardo, il loro argomento è suddiviso, in sostanza, in quattro filoni principali:

a)    durante il periodo di crisi manifesta, la Commissione avrebbe incoraggiato una stretta cooperazione orizzontale tra le imprese, in particolare nel contesto della gestione del sistema delle quote «i» sui mercati nazionali, degli accordi volontari in materia di prezzi e dei tentativi di accordi volontari di riduzione delle capacità. Essa avrebbe in tal modo suscitato l'impressione vuoi che tali comportamenti non fossero contrari all'art. 65, n. 1, del Trattato, vuoi che tale disposizione avesse un contenuto flessibile che dipende dalla politica della Commissione in un dato momento. La Commissione avrebbe, quanto meno, posto le imprese in uno stato di incertezza riguardo a quali comportamenti fossero vietati dall'art. 65, n. 1, del Trattato;

b)    alla fine del periodo di crisi, la Commissione non avrebbe fornito orientamenti pratici né orientamenti idonei a dissipare i malintesi di cui sopra, cosicché le imprese non potevano conoscere la portata esatta dell'art. 65, n. 1, del Trattato. La Commissione non avrebbe, inoltre, adottato misure transitorie, ma avrebbe, al contrario, uniformato le norme disciplinanti la concorrenza del Trattato CECA a quelle del Trattato CE, retroattivamente e senza nessun previo avvertimento;

c)    in ogni caso, dopo la fine del periodo di crisi, nel quadro delle numerose riunioni che hanno avuto luogo tra le imprese e la DG III per garantire l'attuazione degli artt. 46-48 del Trattato e del sistema di sorveglianza istituito con la decisione n. 2488/88, la Commissione avrebbe avuto nozione e avrebbe persino incoraggiato l'attività di raccolta e di scambio di informazioni, soprattutto per quanto riguarda gli ordini, le consegne, il livello reale dei prezzi e il livello previsto dei prezzi futuri. La Commissione avrebbe avuto così conoscenza e addirittura tollerato le pratiche contestate alle imprese nella decisione;

d)    ne conseguirebbe che le pratiche di cui trattasi erano lecite, sotto il profilo, in particolare, degli artt. 46-48 del Trattato.

Sul comportamento della Commissione durante il periodo di crisi

491.
    Come risulta dai precedenti punti 6 e seguenti, la Commissione, dopo l'inizio della crisi della siderurgia nella metà degli anni '70, ha perseguito attivamente una politica di adeguamento dell'offerta alla domanda, di mantenimento dei flussi tradizionali degli scambi, sia intra che extracomunitari, e di sostegno dei prezzi, allo scopo di consentire le ristrutturazioni necessarie, in termini di riduzioni di capacità, garantendo nel contempo il mantenimento in vita del maggior numero possibile di imprese. Essendo l'offerta eccedentaria rispetto alla domanda, la Commissione è stata costretta a gestire la scarsità di ordini attraverso l'imposizione di quote sulla base dei principi del «burden-sharing» e dell'«equality of sacrifice», espressione di una certa solidarietà tra le imprese di fronte alla crisi, ritenuta idonea a favorire gli adeguamenti strutturali in maniera ordinata.

492.
    Tale politica è stata attuata mediante una stretta collaborazione con l'industria, in particolare per il tramite della Eurofer, vuoi attraverso impegni volontari delle imprese nei confronti della Commissione, caratteristici degli anni 1977-1980, vuoi attraverso il sistema delle quote «I» e «i» e degli accordi Eurofer degli anni 1980-1988.

493.
    In tale occasione le imprese hanno elaborato, con il sostegno e, in ogni caso, sotto il controllo della DG III, pratiche analoghe, per diversi aspetti, a talune di quelle che sono loro contestate nella decisione. Esse hanno, in particolare, dato vita alla sorveglianza dei flussi tradizionali degli scambi, il cui mantenimento, che implicava la ripartizione dei mercati secondo linee nazionali, era peraltro espressamente sancito, fino al 1986, dall'art. 15 B della decisione n. 234/84. Esse hanno del pari istituito meccanismi di rilevamento e di prevenzione dei comportamenti perturbatori mediante la sorveglianza degli ordini e delle consegne, nonché mediante sistemi di adeguamento dell'offerta alla domanda e di sostegno dei prezzi.

494.
    La Commissione ha così dovuto autorizzare, avallare o incoraggiare comportamenti in apparenza contrari alle regole normali di funzionamento del mercato comune, che si ispirano al principio dell'economia di mercato (sentenza della Corte 18 marzo 1980, cause riunite 154/78, 205/78, 206/78, 226/78, 227/78, 228/78, 263/78 e 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, Valsabbia/Commissione, Racc. pag. 907, punto 80) e che possono pertanto ricadere nella sfera di applicazione del divieto di intese di cui all'art. 65 del Trattato. Così la Commissione, nel momento in cui auspicava un'armonizzazione e un aumento generale dei prezzi nella Comunità, non ha sollevato nessuna obiezione avverso un appello dei rappresentanti dell'industria siderurgica francese per la conclusione di un accordo per la fissazione dei prezzi sul mercato francese (v. resoconto della riunione tra il membro della Commissione signor Narjes e i rappresentanti della Eurofer del 16 maggio 1986, citato). Da taluni documenti ufficiali (v., ad esempio, decisione della Commissione 24 giugno 1981, 1831/81/CECA, che introduce un sistema di sorveglianza ed una nuova disciplina di quote di produzione di alcuni prodotti per le imprese dell' industria siderurgica, GU L 180, pag. 1, e resoconto della riunione tra il signor Narjes e la Eurofer del

10 marzo 1986, citata) risulta inoltre che la Commissione favoriva apertamente taluni «accordi privati», «concertazioni», «accordi interni» e «sistemi volontari» messi a punto dalle imprese.

495.
    Durante tale periodo, la Commissione ha apparentemente considerato tali accordi, pratiche e sistemi privati come esulanti dal divieto di cui all'art. 65 del Trattato, sempreché costituissero soltanto misure di attuazione o accessorie adottate dalle imprese in armonia con la sua politica generale. La teoria della Commissione alriguardo si trova già esposta nella citata lettera dei signori Davignon e Andriessen al presidente della Eurofer del 17 gennaio 1983, (v. supra, punto 10). Il sistema delle quote complementari «I» e «i», nell'ambito degli accordi Eurofer, ne è la manifestazione più palese.

496.
    Il punto VIII.13 della decisione acciaio inossidabile conferma che esiste, secondo la Commissione, «una differenza fondamentale tra accordi conclusi tra imprese previa consultazione della Commissione e volti essenzialmente a rendere più efficaci e meglio controllabili le misure adottate dalla Commissione da un lato e, dall'altro, accordi conclusi su iniziativa delle imprese stesse, senza consultare la Commissione (la quale ne è stata informata solo in via informale) e destinati non a mantenere restrizioni esistenti, bensì a crearne di nuove con ulteriori conseguenze economiche».

497.
    La Commissione afferma, del pari, nel punto 309 del preambolo della decisione, che «il fatto che la concorrenza sia stata limitata sotto certi aspetti dall'azione della Comunità non consente alle imprese di imporre restrizioni aggiuntive o di restringere altrimenti la concorrenza. Al contrario in tali circostanze è indispensabile che le imprese (...) si astengano da qualsiasi atto volto a ridurre ulteriormente la concorrenza».

498.
    Si deve tuttavia rilevare che l'unica infrazione connessa alle attività della commissione travi che è stata addebitata alla ricorrente con sufficiente precisione per il periodo precedente il 1° luglio 1988 consiste nell'accordo raggiunto nel corso di una riunione tenutasi in data imprecisata, precedente il 2 febbraio 1988 al quale fa riferimento il punto 224 del preambolo della decisione. Da quest'ultima risulta infatti che gli altri accordi all'interno della commissione travi riguardanti la fissazione dei prezzi, l'armonizzazione degli extra, il metodo Traverso e il mercato francese sono successivi al 30 giugno 1988. Dalla decisione risulta del pari che le infrazioni connesse con il monitoraggio degli ordini e delle consegne e con lo scambio di informazioni per il tramite della Walzstahl-Vereinigung si riferiscono al periodo successivo al 30 giugno 1988, dato che, in particolare, il monitoraggio delle consegne è iniziato solo a partire dal 18 ottobre 1988 (punto 41 del preambolo) e che tutte le prove addotte dalla Commissione per dimostrare l'oggetto e gli effetti degli scambi di informazioni sono successive al 30 giugno 1988 (v. punti 49-60 del preambolo e allegato I della decisione).

499.
    Per quanto riguarda quindi il solo accordo per la fissazione dei prezzi del 2 febbraio 1988, il Tribunale ha già ricordato la giurisprudenza della Corte secondo la quale il divieto di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato è tassativo e caratterizza il sistema instaurato dal Trattato (parere 1/61, citato, pag. 504). Indipendentemente dalla portata degli artt. 46-48, 58 o 61 del Trattato, tali disposizioni non autorizzano le imprese a concludere accordi per la fissazione dei prezzi vietati dall'art. 65, n. 1, dello stesso Trattato, né autorizzano la Commissione ad incoraggiare o tollerare tali accordi.

500.
    In ogni caso, la ricorrente non ha fornito al Tribunale elementi che consentano di dimostrare un nesso diretto tra l'accordo di cui trattasi e le misure adottate dalla Commissione in conformità delle disposizioni del Trattato durante il periodo di crisi.

501.
    Ne consegue che il comportamento della Commissione durante il periodo di crisi manifesta non è atto a incidere sulla qualificazione di infrazione, alla luce delle disposizioni dell'art. 65, n. 1, dell'accordo per la fissazione dei prezzi precedente il 2 febbraio 1988, al quale fa riferimento il punto 224 del preambolo della decisione.

502.
    Occorre tuttavia aggiungere che, nonostante la citata lettera dei signori Davignon e Andriessen alla Eurofer del 17 gennaio 1983, la prassi della Commissione durante il periodo di crisi manifesta era tale che non era facile stabilire quale essa considerava essere la portata esatta dell'art. 65 del Trattato. La Commissione ha pertanto correttamente precisato, al punto 311 del preambolo della decisione, che «dati i possibili malintesi sull'applicazione dell'articolo 65 nel periodo di crisi manifesta e di funzionamento del sistema di quote» essa aveva «deciso di non imporre ammende alle società per il loro comportamento fino al 30 giugno 1988».

Sul persistere, successivamente al periodo di crisi manifesta, dei malintesi riguardo all'interpretazione o all'applicazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato

503.
    Il Tribunale rileva anzitutto che, anche ammettendo che abbia potuto sussistere, dopo la fine del periodo di crisi manifesta, un margine di dubbio riguardo alla reale portata dell'art. 65, n. 1, del Trattato o riguardo alla posizione della Commissione a tal proposito, visto l'atteggiamento ambiguo da essa tenuto fino al 30 giugno 1988, tale circostanza non è idonea a incidere sulla qualificazione giuridica dei comportamenti contestati alla ricorrente per il periodo successivo a tale data.

504.
    Ad ogni buon contro, il Tribunale ritiene che, dopo la fine del periodo di crisi manifesta, la ricorrente non potesse nutrire seri dubbi riguardo all'atteggiamento della Commissione nei confronti dell'applicazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato, né riguardo alla portata di questa disposizione rispetto alle infrazioni contestatele.

505.
    A tal proposito, si deve rilevare come la Commissione si sia resa conto, verso la metà degli anni '80, del fatto che il sistema delle quote e le misure ad esso

accessorie, lungi dal favorire gli adeguamenti strutturali ritenuti indispensabili ad un duraturo risanamento del settore, avessero posto le imprese in una posizione quasi protetta (v., su tali questioni, «rapporto dei tre saggi», citato supra, punto 24). La Commissione ha quindi concluso per il fallimento del sistema delle quote, nella forma in cui era stato attuato dal 1980 e ha deciso di pianificare, in un periodo di due o tre anni, il ritorno ad un regime di normale concorrenza secondo le regole del Trattato. Essa prevedeva infatti che le forze del mercato avrebbero consentito di ottenere quanto non si era potuto raggiungere mediante misure interventiste, in quanto il ripristino del gioco della libera concorrenza, in un settore caratterizzato da sovraccapacità strutturale, avrebbe necessariamente comportato, in un termine più o meno breve, la scomparsa delle unità meno competitive (v. supra, punti 27 e 28).

506.
    La Commissione era autorizzata a porre termine al regime di crisi manifesta, dal momento che erano soddisfatte le condizioni formali prescritte dall'art. 58, n. 3, del Trattato. Di conseguenza, le regole normali di funzionamento del mercato comune del carbone e dell'acciaio, che si ispirano «al principio dell'economia di mercato» (sentenza Valsabbia e a./Commissione, citata, punto 80), tornavano automaticamente ad essere applicabili a decorrere dalla fine di tale regime.

507.
    Il Tribunale ritiene, inoltre, che tale mutamento della politica della Commissione sia stato chiaramente portato a conoscenza degli interessati e sia stato accompagnato da adeguate misure transitorie.

508.
    L'eliminazione del regime delle quote è stata pubblicamente annunciata diversi anni prima che divenisse efficace, vale a dire dal 1985. Essa si trova chiaramente esposta in numerosi documenti ufficiali risalenti al periodo 1985-1988 e, inoltre, è stata specificamente portata a conoscenza degli ambienti interessati, in particolare nel contesto delle riunioni Commissione/Eurofer (v. supra, punti 17 e seguenti).

509.
    Le imprese sapevano, in particolare, dal settembre 1985, se non da prima, di essere entrate in un regime transitorio. La Commissione ha così accettato di prorogare per diversi anni il regime delle quote per consentire all'industria di adeguarsi progressivamente ad un ritorno a condizioni normali di concorrenza. Essa ha fatto realizzare uno studio da un gruppo di tre saggi, che ha confermato i suoi punti di vista nonché lo stato di accecamento degli industriali quanto alla gravità della crisi e alla loro necessità di adattarsi alla concorrenza mondiale. Ancora nel 1988, essa era disposta a prorogare tale regime fino alla fine del 1990, purché gli imprenditori del settore siderurgico le avessero fornito impegni di chiusura per almeno il 75% delle eccedenze da essa valutate. Infine, anche dopo il ritorno al regime normale di concorrenza, la Commissione ha adottato varie misure destinate ad accompagnare la transizione e, in particolare, il sistema di sorveglianza istituito con la decisione n. 2448/88. Non si può pertanto assumere, come fanno alcune delle ricorrenti, che la Commissione abbia erroneamente posto le imprese in una

situazione impossibile e le abbia abbandonate ex abrupto e senza preparazione al gioco del mercato.

510.
    Il Tribunale rileva del resto che, da parte sua, la Eurofer esaminava i mezzi per fare fronte alla nuova politica della Commissione, come risulta dal verbale della riunione del 16 maggio 1986, di cui sono citati alcuni stralci al precedente punto 20.

511.
    Inoltre, è stata più volte richiamata l'attenzione delle imprese sulla necessità di rispettare le regole della concorrenza contenute nel Trattato, e, più in particolare, sulle prescrizioni imperative dell'art. 65 del medesimo. Sono stati inviati loro segnali molto chiari, in particolare, in occasione del comunicato stampa 4 maggio 1988 e nel corso del procedimento amministrativo relativo alla pratica dell'acciaio inossidabile. Dichiarazioni o avvertimenti sono stati, peraltro, ufficialmente menzionati nei processi verbali di talune riunioni tra i rappresentanti della Commissione e dell'industria, su esplicita richiesta dei funzionari della Commissione (v. infra, punti 531 e 532).

512.
    Occorre sottolineare, peraltro, che, come il Tribunale ha testé constatato, la presente causa riguarda accordi o pratiche concordate relativi alla fissazione dei prezzi, alla ripartizione dei mercati e allo scambio di informazioni sugli ordini e sulle consegne delle imprese partecipanti, ripartiti per paese e per impresa, finalizzato a coordinare le loro attività commerciali e ad influenzare i flussi di scambi nel periodo successivo alla fine del periodo di crisi. A giudizio del Tribunale, le imprese non potevano nutrire seri dubbi riguardo alla questione se tali comportamenti violassero l'art. 65, n. 1, del Trattato.

513.
    Trattandosi di palesi violazioni dell'art. 65, n. 1, del Trattato, il Tribunale ritiene, del pari, che non fosse affatto necessario che la Commissione «uniformasse» le regole di concorrenza del Trattato CECA a quelle del Trattato CE per poterle accertare, con la conseguenza che sono irrilevanti gli argomenti delle ricorrenti che si basano sulle riflessioni concernenti il futuro del Trattato CECA a cui essa ha dato vita a partire dal 1990.

514.
    Da quanto precede risulta che le ricorrenti non possono fondatamente far valere presunti malintesi riguardo all'applicazione o alla portata dell'art. 65, n. 1, del Trattato dopo la fine del regime di crisi manifesta.

Sul coinvolgimento della DG III nelle infrazioni constatate dopo la fine del regime di crisi manifesta

515.
    Per istruire più in dettaglio tale aspetto del ricorso, il Tribunale ha disposto, con ordinanza 10 dicembre 1997, la produzione delle note, dei promemoria o verbali redatti dai funzionari della DG III in relazione a riunioni intercorse tra essi e i rappresentanti dell'industria siderurgica durante il periodo di applicazione del sistema di sorveglianza istituito dalla decisione della Commissione n. 2448/88. Il Tribunale ha inoltre sentito, in qualità di testimoni, i signori Ortún, Vanderseypen

e Kutscher sui contatti intercorsi tra la DG III e l'industria siderurgica durante il periodo d'infrazione accertato dalla decisione ai fini della fissazione dell'importo dell'ammenda.

516.
    Né i documenti presentati al Tribunale dalle parti, né le misure istruttorie e di organizzazione del procedimento da esso ordinate hanno consentito di dimostrare che la DG III fosse a conoscenza delle infrazioni all'art. 65 del Trattato imputate alla ricorrente, né, a fortiori, che essa abbia ad esse dato impulso o che le abbia incoraggiate o tollerate.

517.
    In particolare, nulla dimostra che la Commissione sia stata a conoscenza degli accordi e delle pratiche concordate di fissazione dei prezzi obiettivo e di ripartizione dei mercati messi in discussione nella decisione, né dei sistemi di scambio di informazioni che andassero oltre quelli da essa organizzati nel contesto delle riunioni di preparazione dei programmi previsionali e, più specificamente, del sistema di monitoraggio degli ordini e delle consegne descritto nei punti 39-60 e 263-272 del preambolo della decisione, o del sistema di scambio delle statistiche individuali organizzato per il tramite dell'Eurofer, descritto nei punti 143 e 144 del preambolo.

518.
    A tal riguardo, si deve ricordare che, nel corso della sua 1255² sessione, tenutasi a Lussemburgo il 24 giugno 1988 (v. allegato 3 al controricorso nella causa T-151/94), il Consiglio:

—    ha preso atto del fatto che la Commissione richiedeva che il sistema delle quote per tutti i prodotti scadesse il 30 giugno 1988;

—    ha auspicato talune misure per consentire alle imprese di adeguarsi più facilmente ad eventuali mutamenti della domanda, ossia: la raccolta di statistiche mensili relative alla produzione e alle consegne sulla base dell'art. 47 del Trattato, il controllo regolare, nell'ambito dei programmi previsionali di cui all'art. 46 del Trattato, dell'evoluzione dei mercati e la consultazione regolare degli interessati sulla situazione e le tendenze del mercato;

—    ha sottolineato, nella stessa occasione, che nessuno doveva utilizzare il sistema di sorveglianza per eludere l'art. 65 del Trattato.

519.
    La Commissione, pertanto, ha istituito un meccanismo di sorveglianza del mercato, in collaborazione con la Eurofer, sulla base della decisione n. 2448/88.

520.
    E' pur vero che, in tale contesto, la Commissione perseguiva un obiettivo generale di conservazione dell'equilibrio tra l'offerta e la domanda e, di conseguenza, di stabilità del livello generale dei prezzi, destinato a consentire alle imprese siderurgiche di riavvicinarsi ai profitti (v., ad esempio, nota interna della DG III del 24 ottobre 1988, relativa alla riunione con l'industria del 27 ottobre 1988,

promemoria della DG III del 10 maggio 1989 relativo alla riunione consultiva del 27 aprile 1989, promemoria della DG III del 28 ottobre 1989 relativo alla riunione consultiva del 26 ottobre 1989 e nota interna della DG III dell'8 novembre 1989 relativa ad una riunione con i produttori del 7 novembre 1989).

521.
    La Commissione favoriva, pertanto, le consultazione dei produttori sul mercato allo scopo di ottenere informazioni dirette sulle tendenze del mercato e di creare così una maggiore trasparenza dell'informazione disponibile (v. nota interna della DG III del 24 ottobre 1988, citata), per agevolare l'adeguamento delle imprese ad eventuali mutamenti della domanda.

522.
    Tali ampi e dettagliati scambi di informazioni, che coinvolgevano i responsabili delle vendite delle imprese, erano ritenuti più aderenti alla realtà commerciale (v. nota interna del 24 ottobre 1988, citata) e riguardavano, in particolare, i parametri dell'offerta e della domanda nonché il livello e l'evoluzione passata e futura dei prezzi dei vari prodotti siderurgici sui vari mercati nazionali. La Commissione faceva inoltre regolarmente appello al senso di moderazione o di autodisciplina dei produttori invitandoli, ad esempio, a limitare l'offerta in caso di un'evoluzione sfavorevole della congiuntura.

523.
    Come dimostra tuttavia l'analisi che segue, da nessun elemento del fascicolo risulta che la Commissione abbia incoraggiato o tollerato, in tale occasione, i diversi comportamenti collusivi contestati alla ricorrente nella decisione.

— Accordi per la fissazione dei prezzi

524.
    Con riguardo, innanzi tutto, agli accordi per la fissazione dei prezzi contestati alla ricorrente, il Tribunale ha già rilevato che non si tratta nella fattispecie, come quest'ultima assume, di meri scambi di informazioni su «previsioni» di prezzo, ma piuttosto di accordi recanti fissazione dei prezzi. Nessun elemento del fascicolo consente di ritenere che la Commissione fosse a conoscenza di simili accordi.

525.
    In numerosi documenti relativi alle riunioni tra l'industria e la DG III sono riportate previsioni in materia di prezzi.

526.
    E' del pari vero che, ex post, emerge dall'insieme dei documenti prodotti dinanzi al Tribunale che talune informazioni offerte alla DG III riguardo ai futuri prezzi delle travi erano il risultato degli accordi intervenuti all'interno della commissione travi (v., in particolare, verbali delle riunioni della commissione travi in data 18 ottobre 1988, 10 gennaio, 19 aprile, 6 giugno e 11 luglio 1989 in relazione ai verbali e «speaking notes» riguardanti le riunioni consultive del 27 ottobre 1988, del 26 gennaio, 27 aprile e 27 luglio 1989).

527.
    Il Tribunale ritiene tuttavia che, all'epoca, i funzionari della DG III non fossero in grado di avvedersi del fatto che, tra le numerose informazioni fornite loro dalla Eurofer riguardo, in particolare, alla situazione generale del mercato, delle

giacenze, delle importazioni e esportazioni e delle tendenze della domanda, le informazioni in materia di prezzi erano il risultato di accordi tra le imprese.

528.
    A tale proposito, si deve sottolineare che, nonostante il numero assai elevato di riunioni e di contatti tra le imprese e la DG III, nessuna delle ricorrenti ha affermato di aver informato la DG III, sia pure ufficiosamente, della sua partecipazione ai comportamenti qualificati come infrazioni nella decisione. Del pari, nessun verbale delle riunioni della commissione travi è stato comunicato alla DG III, pur se le imprese avrebbero dovuto sapere che la DG III avrebbe massimamente tenuto conto delle informazioni dettagliate contenute in tali processi verbali.

529.
    Dai documenti del fascicolo, e in particolare dalle «speaking notes» relative alle riunioni tra la Commissione e l'industria, nonché dalle misure istruttorie e di organizzazione del procedimento ordinate dal Tribunale, risulta tutt'al più che la DG III era al corrente del fatto che le imprese facenti parte dell'Eurofer si incontravano, prima delle riunioni con la Commissione, e che in tali occasioni discutevano dell'evoluzione dei vari parametri del mercato, fino a raggiungere un qualche accordo in ordine alle future tendenze del mercato, in termini che formavano poi oggetto delle discussioni con la DG III.

530.
    Pur se è vero, come ha riconosciuto espressamente il signor Kutscher nel corso della sua audizione in qualità di testimone, che la DG III era a conoscenza del fatto che, nell'ambito di tali incontri, le imprese si scambiavano le loro rispettive previsioni in ordine ai futuri prezzi, ovvero le loro intenzioni individuali al riguardo, egli ha parimenti espresso l'opinione che tale scambio di opinioni tra produttori non ricadesse nella sfera dell'art. 65, n. 1, del Trattato, pur essendo di fatto seguito da un movimento generale dei prezzi conforme alle previsioni scambiate, purché tale scambio di opinioni rimanesse nell'ordine delle considerazioni di natura congiunturale e non sfociasse in un accordo o collusione su tale movimento.

531.
    Peraltro il verbale della riunione consultiva del 26 gennaio 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 16) contiene un avvertimento espresso, fatto inserire dal signor Kutscher, nel quale si dichiara che la Commissione, qualora avesse scoperto l'esistenza di un accordo in seno all'industria, per quanto riguarda le quantità ed i prezzi, in contrasto con l'art. 65 del Trattato CECA, non avrebbe mancato di adottare le misure del caso. Nel corso della sua audizione in qualità di testimone, il signor Kutscher ha spiegato, in particolare, di aver reso tale dichiarazione su espressa richiesta del signor Narjes, per segnalare chiaramente all'industria che il gioco della libera concorrenza doveva essere pienamente applicato al termine del sistema delle quote, nel rigoroso rispetto delle disposizioni dell'art. 65 del Trattato, e per evitare il ripetersi di un'intesa quale quella la cui esistenza è stata accertata nella decisione acciaio inossidabile.

532.
    Il signor Kutscher ha inoltre affermato, senza essere contraddetto sul punto dalle ricorrenti, di aver reso tre dichiarazioni analoghe dinanzi al Comitato consultivo CECA, il 1. e il 20 giugno 1988, nonché nell'ottobre 1988.

533.
    Dal promemoria della DG III relativo alla riunione consultiva del 27 luglio 1989 emerge che, in riferimento ad un annuncio di aumento dei prezzi che gli sembrava sospetto, il signor Kutscher aveva «ricordato l'importanza attribuita dalla Commissione al rispetto integrale delle disposizioni (...) dell'art. 65 del Trattato». La risposta del rappresentante della commissione travi, secondo la quale le imprese interessate dal detto aumento si erano «limitate a informare il mercato e i clienti delle loro rispettive intenzioni di aumentare i prezzi», ha suscitato l'impressione che si trattasse di un comportamento autonomo.

534.
    Da quanto precede risulta che le ricorrenti non hanno dimostrato che i funzionari della DG III fossero a conoscenza degli accordi e delle pratiche concordate di fissazione dei prezzi contestate loro nella decisione, né che, a fortiori, li avessero tollerati o incoraggiati.

Accordi sull'armonizzazione degli extra

535.
    E' stato già accertato in precedenza, ai punti 324 e seguenti, che la Commissione non era al corrente delle pratiche di armonizzazione dei prezzi degli extra poste in essere dalle imprese. Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che nella speaking note dell'Eurofer relativa alla riunione consultiva del 27 luglio 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 18) si affermasse che «gli extra di qualità e dimensioni probabilmente aumenteranno», e che tale pronostico avesse apparentemente costituito la base dell'affermazione della Commissione, nel programma previsionale acciaio per il terzo trimestre del 1989 (GU 1989, C 178, pagg. 2-9), secondo cui «non si prevedono altri importanti movimenti verso l'alto [per prezzi dei profilati pesanti] nei prossimi mesi eccetto per gli extra di presso per i quali si sta attualmente procedendo all'armonizzazione in tutta Europa».

— Accordi per la ripartizione dei mercati

536.
    Dai documenti del fascicolo non risulta che le imprese siano state incoraggiate dalla Commissione a concertarsi allo scopo di regolare o stabilizzare il mercato, in particolare per la conclusione di accordi riconducibili al metodo Traverso o relativi al mercato francese per il quarto trimestre del 1989.

537.
    Quanto al metodo Traverso, nessun elemento del fascicolo consente di ipotizzare che la Commissione fosse a conoscenza di questo sistema, la cui iniziale attuazione nel luglio 1988 è intervenuta prima dell'inizio delle riunioni consultive, a partire dall'ottobre 1988.

538.
    Per quanto riguarda gli accordi relativi al mercato francese per il quarto trimestre del 1989, le ricorrenti hanno fatto riferimento, in particolare, al verbale della riunione consultiva del 1. settembre 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 32), da cui emerge, riguardo alla discussione sulla situazione del mercato francese, che «è stato lanciato un appello ai produttori nazionali affinché dessero prova di moderazione per non destabilizzare gli altri mercati della Comunità». Occorre tuttavia sottolineare che, a differenza delle speaking notes che erano trasmesse per conoscenza alla Commissione, il verbale di cui trattasi è un documento redatto unilateralmente dalla Eurofer, del quale la Commissione non era al corrente fino al presente procedimento, e che la nota interna della DG III relativa alla stessa riunione non fa alcun riferimento a tale appello alla moderazione. Il Tribunale ritiene pertanto che il documento di cui trattasi sia privo di valore probatorio. In ogni caso, l'appello alla moderazione di cui fa menzione è espresso in termini generali che non fanno presumere che avesse alla base un accordo di ripartizione del mercato francese.

539.
    In quanto le ricorrenti hanno fatto riferimento, nella difesa orale comune, alla menzione in tale verbale secondo cui «il presidente [della riunione] ha convenuto che il programma previsionale dovrebbe essere considerato come una linea direttrice per un comportamento ragionevole sul mercato», il Tribunale rileva che lo stesso documento riporta, immediatamente prima dell'osservazione di cui trattasi, un altro commento secondo il quale «in assenza di un sistema di quote, è solo possibile fare un appello per un comportamento ragionevole, senza garanzia quanto al risultato». Tale commento è rivelatore della circostanza che, nelle intenzioni della Commissione, il comportamento ragionevole o l'autodisciplina che essa si aspettava da parte dell'industria doveva essere il risultato dell'azione di ciascun attore considerato individualmente e non il prodotto di una qualsiasi concertazione tra produttori.

540.
    E' bensì vero che la speaking note relativa alla riunione consultiva del 27 aprile 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 17) riporta quanto segue, a proposito della situazione del mercato delle barre di rinforzo (pag. 8): «Taluni mutamenti nei flussi tradizionali del commercio che si producono in seguito alle offerte proposte dai produttori italiani sui mercati tedesco e francese minacciano fortemente la stabilità dei prezzi in tale settore, dato l'effetto immediato di tali offerte sul livello dei prezzi. Ciò potrebbe causare seri danni alla vergella e deve essere quindi attentamente sorvegliato». Del pari, la speaking note relativa alla riunione consultiva del 27 luglio 1989 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 18) menziona anch'essa, tra un certo numero di «fattori negativi» che influenzano l'andamento dei prezzi sul mercato dei prodotti lunghi, «l'aumento delle interpenetrazioni».

541.
    Tali indicazioni non sono tuttavia sufficienti a dimostrare che la Commissione perseguisse, all'epoca, la vecchia politica della conservazione dei flussi tradizionali degli scambi, né che essa approvasse, sia pure tacitamente, una simile politica

condotta dai produttori stessi. Da un lato, infatti, si tratta di menzioni isolate, e per ciò stesso atipiche, nelle speaking notes e nei processi verbali delle numerosissime riunioni dell'epoca. Dall'altro, esse sono di natura descrittiva, si limitano a riflettere la valutazione dell'industria riguardo alla situazione congiunturale e sfociano, al massimo, in una mera prescrizione di «attenta vigilanza», senza che sia neppure prevista una qualsiasi azione sul mercato in risposta alla «minaccia» di cui trattasi.

— Scambi di informazioni sugli ordini e sulle consegne

542.
    Dal fascicolo risulta non solo che la Commissione non era a conoscenza dello scambio di informazioni sugli ordini e sulle consegne effettuato dalla commissione travi, ma anche che la Eurofer ha scientemente dissimulato, tanto alla DG III quanto alla DG IV, l'esistenza di sistemi di scambio di informazioni relativi ai datiindividualizzati.

543.
    Si deve osservare, a tal proposito, che, nel corso della riunione ristretta tra i rappresentanti della DG III e dell'industria tenutasi il 21 marzo 1989 (v. verbale di tale riunione, atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 3, documento 24), il signor von Hülsen, direttore generale della Eurofer, ha informato la DG III dell'istituzione, all'interno della stessa associazione, di un sistema di indagini statistiche accelerate relative ai dati mensili aggregati riguardanti gli ordini e le consegne, ma non l'istituzione del monitoraggio degli ordini e delle consegne, malgrado il fatto che i primi risultati di esso fossero stati discussi per la prima volta tra le imprese partecipanti nel corso della riunione della commissione travi del 9 febbraio 1989.

544.
    Il signor Vanderseypen, sentito in qualità di testimone all'udienza, ha confermato che le statistiche rapide di cui trattasi, aggregate a livello delle imprese, erano ripartite per prodotto e per mercato nazionale di destinazione, cosicché nessuna impresa poteva ricavare la quota di mercato delle concorrenti. Egli ha precisato che la Commissione non aveva mai ricevuto dalla Eurofer cifre ripartite per impresa e che essa non era al corrente della circolazione di tali cifre all'interno dell'Eurofer.

545.
    Ebbene, risulta dai documenti enumerati negli allegati 1 e 2 della decisione che, tanto nell'ambito del monitoraggio descritto nei punti 39-60 del preambolo della decisione quanto nell'ambito dello scambio di informazioni per il tramite dell'Eurofer descritto nei punti 143-146 dello stesso preambolo, sono state scambiate statistiche individualizzate per impresa e per mercato nazionale, in particolare, per gli ordini e le consegne delle imprese Peine-Salzgitter, Thyssen, Usinor Sacilor, Cockerill Sambre, ARBED, British Steel e Endisesa.

546.
    Con lettera 22 giugno 1990 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 4, documento 1), il signor Temple Lang, direttore presso la DG IV, ha evocato il problema generale della raccolta e dello scambio di informazioni e di dati statistici all'interno dell'Eurofer. Egli ha ricordato che, in occasione della riunione del comitato statistico acciaio dell'11 giugno 1990, «la Commissione, vista la soluzione

inusuale di procedere alla raccolta delle informazioni, [aveva] considerato necessario avvertire i membri del comitato e in particolare il rappresentante della Eurofer riguardo all'applicabilità dell'art. 65 del Trattato». Egli ha ricordato inoltre «la posizione della Commissione riguardo alla circostanza che le statistiche fossero stabilite in comune e riguardo allo scambio di informazioni tra imprese o per il tramite di un terzo soggetto», sottolineando la differenza «tra un accordo per la raccolte di informazioni statistiche generalizzate e non attuali e la raccolta di statistiche attuali e dettagliate che non sarebbero in altro modo disponibili per i concorrenti». Ha aggiunto che i membri del comitato erano già stati informati nel corso della riunione del 7 luglio 1989 grazie all'invio di una copia della comunicazione del 1968 ed ha pertanto domandato al direttore generale della Eurofer una serie di informazioni «per poter verificare se le [sue] attività nel preparare in comune statistiche [potevano] nuocere alla concorrenza effettiva», e in particolare la «descrizione del metodo di raccolta e di distribuzione di statistiche all'interno della [sua] associazione».

547.
    Dalla risposta del direttore generale della Eurofer in data 24 luglio 1990 (atto introduttivo nella causa T-151/94, allegato 4, documento 1) risulta tuttavia che la DG IV, malgrado la sua esplicita richiesta, non è stata informata della natura e delle dimensioni esatte dello scambio di informazioni — vale a dire del fatto che si trattava di dati individuali di ordini e di consegne, ripartiti per impresa e per paese — che avveniva nell'ambito dell'Eurofer, nonché tra i membri della commissione travi di quest'ultima.

548.
    Nello stesso tempo, il 30 luglio 1990, ovvero meno di una settimana dopo la risposta della Eurofer alla richiesta di informazioni da parte della DG IV, l'amministrazione della Eurofer ha indirizzato, in particolare al presidente e alla segreteria della commissione travi, una lettera intitolata «Comunicazione e scambio di statistiche» (documento n. 1681 del fascicolo della Commissione), riprodotta testualmente al punto 44 del preambolo della decisione:

«La decisione recentemente adottata dalla Commissione in materia di prodotti piatti di acciaio inossidabile e alcuni contatti stabiliti dalla DG IV con la direzione generale di Eurofer hanno richiamato l'attenzione sullo scambio di statistiche e loro comunicazione ad opera del nostro ufficio o delle segreterie della commissione competente e sulla loro compatibilità con l'articolo 65 del trattato CECA.

In attesa di un esame approfondito della situazione sotto il profilo giuridico, abbiamo deciso di sospendere la distribuzione di qualsiasi documento che riveli dati individuali sulla produzione, consegne o ordini e Vi invitiamo a voler-Vi astenere da analoghi scambi o comunicazioni nel quadro del Vostro comitato.

La presente richiesta non riguarda ovviamente la rilevazione di dati individuali da parte di un organismo indipendente, ossia Eurofer, e la comunicazione di risultati aggregati senza menzione di dati individuali, come è nostra prassi. Tali statistiche

sono perfettamente legali perché mirano evidentemente a fornire informazioni globali sullo sviluppo dell'economia e del mercato. Continueremo pertanto a fornirle ed è Vostra facoltà procedere in termini analoghi».

549.
    Si deve pertanto constatare che la Eurofer ha scientemente occultato alla Commissione, pur avendo ricevuto al riguardo un'esplicita richiesta di informazioni da parte della DG IV, lo scambio o la diffusione di statistiche individuali, di cui era a conoscenza, che avveniva all'interno delle sue commissioni prodotti, e in particolare all'interno della commissione travi, invitando nel contempo le dette commissioni ormai ad astenersene.

550.
    E' peraltro dimostrato che, dopo aver dato seguito, in un primo tempo, alla richiesta della Eurofer del 30 luglio 1990, le imprese partecipanti alla commissione travi, d'accordo con l'amministrazione dell'Eurofer, hanno rapidamente ripreso lo scambio di dati individualizzati per impresa, ad eccezione della British Steel che si è rifiutata di fornire simili informazioni (v. punti 44-46 del preambolo).

— Altri accordi

551.
    La ricorrente non ha asserito, ed ancor meno dimostrato, che la DG III fosse a conoscenza di altri accordi che le sono imputati nella decisione, eccettuati gli accordi Eurofer/Scandinavia, che sono stati oggetto di un esame specifico da parte del Tribunale.

— Conclusioni

552.
    Da tutto quel che precede il Tribunale conclude che, a partire dal 1988, le imprese siderurgiche e la loro associazione di categoria Eurofer hanno trasmesso alla Commissione indicazioni relativamente generiche e imprecise, pur conducendo a loro volta, a complemento dei loro accordi restrittivi della concorrenza, discussioni assai precise e dettagliate, individualizzate a livello delle imprese, l'esistenza e il tenore delle quali sono stati occultati tanto alla DG III quanto alla DG IV. Le imprese erano pienamente consapevoli della differenza intercorrente tra le due categorie di informazioni e hanno scientemente fatto in modo che le une, ma non le altre, fossero portate a conoscenza della Commissione.

553.
    Il Tribunale ritiene, di conseguenza, che le imprese abbiano violato le regole di concorrenza del Trattato nell'erigere uno schermo destinato a celarle dal controllo dei funzionari della DG III responsabili della sorveglianza del mercato. Esse non possono pertanto eccepire l'asserita conoscenza che questi ultimi avrebbero avuto, o avrebbero dovuto avere, delle loro pratiche per esimersi dal loro obbligo di rispettare l'art. 65, n. 1, del Trattato.

554.
    In ogni caso, le disposizioni dell'art. 65, n. 4, del Trattato, che dichiarano «nulli di pieno diritto» gli accordi e le decisioni vietati a norma del n. 1, hanno un contenuto obiettivo e si impongono tanto alle imprese quanto alla Commissione, che non può

esonerarne queste ultime (v. parere 1/61 della Corte, citato). Pertanto, una tolleranza o un lassismo dell'amministrazione non può incidere sul carattere illecito di una violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato (sentenze Lucchini/Commissione e Bertoli/Commissione, citate).

555.
    Lo stesso dicasi, in particolare, quando l'atteggiamento di tolleranza di cui trattasi, supponendo anche che sia dimostrato, promani dalla direzione generale della Commissione responsabile degli affari industriali, e non da quella responsabile degli affari della concorrenza. Se le imprese avevano il minimo dubbio riguardo alla liceità dei loro comportamenti, incombeva loro di prendere contatto con i servizi della DG IV per chiarire la questione.

556.
    La lettera del presidente della Eurofer al signor Davignon dell'8 febbraio 1983 (v. supra, punto 11) non è evidentemente idonea a esimerli dalle loro responsabilità per comportamenti risalenti ad un altro periodo e assoggettati ad un regime radicalmente diverso. Essa non può neppure far gravare sulla Commissione un obbligo implicito di reagire immediatamente al minimo sospetto di comportamento anticoncorrenziale. In ogni caso, la detta lettera si basa sul presupposto che la Commissione fosse stata «scrupolosamente informata» di «tutti i dettagli» delle pratiche Eurofer, il che non è avvenuto nella fattispecie.

Sulla liceità delle attività imputate alla ricorrente sotto il profilo, in particolare, degli artt. 46-48 del Trattato

557.
    Il Tribunale ha già constatato che le disposizioni degli artt. 46-48 del Trattato ostavano alla conclusione degli accordi e delle pratiche concordate in esame nella fattispecie (v. supra, punti 317-321).

558.
    Peraltro, le ricorrenti stesse hanno riconosciuto, in particolare nella loro difesa orale comune, riferendosi al parere del prof. Reuter, che, anche se le misure adottate dalla Commissione nell'ambito di tali articoli, in «collaborazione» con gli interessati e con il loro accordo, «costituivano palesemente pratiche concordate», è soltanto in quanto «l'Alta Autorità prende parte alla concertazione e addirittura la dirige» che esse non ricadono nella sfera dell'art. 65 del Trattato.

559.
    Analogamente, nella difesa orale svolta all'udienza a nome delle ricorrenti, il professor Steindorff ha precisato, riguardo agli scambi di informazioni tra imprese avvenuti in preparazione delle riunioni con la Commissione, che tali scambi preliminari esulano dal divieto di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato solo qualora sia la Commissione a dirigerli. Secondo il prof. Steindorff, le imprese devono agire in buona fede e ritenere che, in tali scambi, esse preparino soltanto la discussione con la Commissione che, a sua volta, agisce nell'ambito dell'art. 46 del Trattato.

560.
    Il Tribunale ritiene che ciò non si sia verificato nella fattispecie. Risulta, al contrario, dal fascicolo che, nel momento in cui hanno compreso che la

Commissione non intendeva esercitare oltre alcuna azione per il mantenimento della stabilità dei flussi tradizionali degli scambi, le imprese destinatarie della decisione hanno deciso di sostituirsi ad essa ed hanno iniziato ad agire alla stregua di un'intesa limitata. Dopo la fine del sistema delle quote, il 30 giugno 1988, le imprese in questione si sono adoperate per sostituire i meccanismi pubblici istituiti durante il regime di crisi con misure private adottate collettivamente, in particolare nell'ambito della commissione travi.

561.
    Tale reazione non era affatto necessaria e non è stata provocata o suscitata dal sistema di sorveglianza e di consultazione istituito dalla DG III dopo il luglio 1988.

562.
    Il Tribunale rileva, peraltro, che le infrazioni, e in particolare gli scambi di informazioni censurati nella decisione, erano segrete e che non esiste nessun indizio atto a dimostrare che gli acquirenti, gli altri produttori o la Commissione ne fossero informati. Gli elementi del fascicolo già analizzati indicano, al contrario, che le imprese si sono preoccupate di dissimulare le loro azioni nei confronti della Commissione, al punto, in particolare, di organizzare una riunione speciale delle commissioni della Eurofer dedicata alla redazione dei processi verbali delle riunioni.

563.
    Si deve pertanto concludere che, al termine del regime di crisi manifesta, i produttori di travi nominati nella decisione, agendo di concerto e contro l'espressa volontà della Commissione, manifestata in particolare nel comunicato stampa del 4 maggio 1988 relativo alla pratica dell'acciaio inossidabile, hanno segretamente sostituito alla gestione pubblica del settore il loro sistema di organizzazione collettiva del mercato, allo scopo di eludere o di attenuare gli effetti del normale gioco della concorrenza. Tale comportamento è vietato dall'art. 65, n. 1, del Trattato.

564.
    Peraltro, la questione se le imprese dessero luogo ad una pratica concordata vietata dall'art. 65, n. 1, del Trattato limitandosi ad una discussione generale e ad uno scambio reciproco di intenzioni in materia di prezzi, quale quello descritto dal signor Kutscher, allo scopo di informare la Commissione delle tendenze del mercato, non è rilevante ai fini della presente sentenza. In primo luogo, infatti, non era questo l'obiettivo degli accordi e delle pratiche concordate controversi. In secondo luogo, la Commissione non ha messo sotto accusa tale tipo di comportamenti nella decisione. In terzo luogo, nella fattispecie, i contatti tra produttori che precedevano gli scambi di opinioni con la Commissione sui principali parametri e sulle tendenze del mercato non implicavano in alcun modo la perpetrazione delle infrazioni accertate nella decisione. Infine, in quanto lericorrenti non hanno rivelato in tutta franchezza le loro manovre alla Commissione, non possono pretendere di sfuggire al divieto dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

565.
    Si deve quindi respingere il complesso dei motivi e degli argomenti delle ricorrenti relativi alle attività della DG III, dedotti a sostegno delle conclusioni dirette all'annullamento dell'art. 1 della decisione.

E — Sullo sviamento di potere

566.
    La ricorrente fa riferimento, nell'atto introduttivo, ai dibattiti della commissione industria del Parlamento europeo del 24 febbraio 1994, nel corso dei quali alcuni parlamentari avrebbero sospettato la Commissione di aver stabilito l'entità delle ammende e la data di adozione della decisione in modo da influenzare il comportamento delle imprese nel quadro dei negoziati, allora in corso, sulle misure di riduzione delle capacità nell'industria siderurgica. Essa aggiunge che, se tale sospetto si rivelasse esatto, sarebbe dimostrato che l'entità dell'ammenda è stata determinata per ragioni diverse da quelle oggettive.

567.
    Tale argomento va ricondotto al motivo, formalmente dedotto da alcune ricorrenti, relativo allo sviamento di potere, in quanto, invece di esercitare i propri compiti a norma del Trattato, in particolare dell'art. 58 di questo, la Commissione avrebbe deciso di «costringere» i produttori a procedere alle ristrutturazioni da essa ritenute indispensabili e avrebbe «sanzionato» il rifiuto di questi con l'irrogazione di pesanti ammende nella decisione, adottata l'indomani dell'interruzione delle trattative di cui trattasi.

568.
    Il Tribunale ricorda che, parallelamente al procedimento amministrativo, espletato dalla DG IV nella presente causa, la DG III ha condotto negoziati con l'industria siderurgica diretti ad una ristrutturazione profonda di quest'ultima, finanziata parzialmente mediante fondi comunitari. Tali negoziati sarebbero stati interrotti, in mancanza di accordo tra le parti, alla vigilia della decisione, ovvero il 15 febbraio 1994, nel corso di una riunione alla quale avrebbero assistito i rappresentanti dell'industria nonché i membri della Commissione Bangemann e Van Miert.

569.
    Secondo una costante giurisprudenza, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 24; sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-143/89, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. II-917, punto 68, e 24 settembre 1996, causa T-57/91, NALOO/Commissione, Racc. pag. 1019, punto 327).

570.
    Perseguire e reprimere infrazioni in materia di concorrenza costituisce un obiettivo legittimo dell'azione della Commissione in conformità delle disposizioni fondamentali degli artt. 3 e 4 del Trattato. Dal momento che è effettivamente acquisita la prova di tali infrazioni, e che è dimostrato che le ammende sono state calcolate in maniera obiettiva e proporzionata, la decisione che irroga tali ammende, ai sensi dell'art. 65, n. 5, del Trattato, può essere considerata viziata da sviamento di potere solo in circostanze eccezionali.

571.
    Nella fattispecie, né la coesistenza di negoziati paralleli, risalenti agli anni '80, o addirittura agli anni '70, tra la Commissione e l'industria sulla ristrutturazione della siderurgia europea, né la «coincidenza» tra il fallimento dei negoziati e l'adozione della decisione, e le interrogazioni a cui essa ha dato luogo da parte di alcuni membri del Parlamento europeo o giornalisti, costituiscono, di per sé stesse, un indizio di sviamento di potere.

572.
    Quanto al resto, il Tribunale non ha riscontrato, nel fascicolo trasmessogli ai sensi dell'art. 23, alcun indizio idoneo a dimostrare che il presente procedimento di applicazione dell'art. 65 del Trattato sia stato utilizzato allo scopo di costringere l'industria siderurgica a ristrutturarsi, o di sanzionare la sua mancata cooperazione in materia. Non v'è del resto alcuna ragione di supporre che il procedimento non abbia seguito un corso normale, dalle prime ispezioni nel gennaio 1991 fino all'adozione della decisione il 16 febbraio 1994, passando per la comunicazione degli addebiti alle imprese interessate il 6 maggio 1992, l'analisi delle loro risposte inviate verso il mese di agosto 1992, la loro audizione nel gennaio 1993, l'inchiesta interna svolta su richiesta degli interessati nel gennaio-febbraio 1993, l'invio del resoconto dell'audizione in due parti, l'8 luglio e l'8 settembre 1993, e la preparazione del progetto di decisione, con traduzione nelle diverse lingue e consultazione dei diversi servizi interessati. La ricorrente non ha inoltre contestato l'affermazione della Commissione secondo la quale l'audizione è stata rinviata dal settembre 1992 al gennaio 1993, ovvero di circa quattro mesi, su richiesta di talune delle imprese, per consentire ai patrocinanti di queste ultime di predisporre la loro difesa nell'ambito di un procedimento antidumping avviato nei loro confronti, in quel periodo, dalle autorità americane.

573.
    Infine, l'argomento secondo il quale la decisione non sarebbe stata adottata in questi termini se le trattative con l'industria siderurgica non fossero state interrotte alla vigilia non è sostenuto da nessun indizio.

574.
    L'argomento della ricorrente relativo allo sviamento di potere deve essere, di conseguenza, respinto in quanto infondato.

Sulla domanda in subordine, diretta all'annullamento dell'art. 4 della decisione o, quanto meno, alla riduzione dell'entità dell'ammenda

A — Osservazioni preliminari

575.
    L'art. 4 del dispositivo della decisione irroga alla ricorrente un'ammenda di 6 500 000 ECU per le infrazione descritte all'art. 1. I criteri presi in considerazione per stabilire il livello generale delle ammende e l'entità delle ammende individuali compaiono, rispettivamente, ai punti 298-317 e 319-324 del preambolo della decisione.

576.
    In risposta ai quesiti del Tribunale, la Commissione ha fornito alcune spiegazioni riguardo alle modalità di calcolo delle ammende e ha prodotto vari prospetti che

chiarivano tale calcolo per ciascuna delle imprese interessate (v. allegato 6 alla risposta del 19 gennaio 1998, la risposta del 20 febbraio 1998 e i prospetti prodotti il 19 marzo 1998).

577.
    Da tali elementi risulta che la Commissione ha stabilito l'ammenda in funzione di un «tasso base» corrispondente al 7,5% delle vendite comunitarie di travi dell'impresa interessata nel corso dell'anno 1990. Tale percentuale è suddivisa tra i tre tipi di infrazione considerati al punto 300 del preambolo della decisione, secondo i seguenti criteri: fissazione dei prezzi: 3%, di cui 2,5% per le intese sui prezzi di base e 0,5% per quelle recanti armonizzazione degli extra; ripartizione dei mercati: 3%; scambio di informazioni: 1,5%.

578.
    La Commissione ha ponderato queste percentuali in funzione, in particolare, della durata e della portata geografica di ciascuna infrazione.

579.
    Così, per regolare le ammende in funzione della durata di ciascuna infrazione, la Commissione ha applicato un coefficiente ottenuto dividendo il numero di mesi effettivi accertati a titolo di periodo di infrazione per il numero massimo di 30 mesi, salvo per quanto riguarda gli accordi di armonizzazione dei prezzi degli extra. Del pari, per graduare le ammende in funzione della portata geografica di ciascuna infrazione, in quanto talune infrazioni riguardano unicamente uno o più mercati nazionali, la Commissione ha applicato una percentuale corrispondente alla quota spettante al mercato (o ai mercati) di cui trattasi nell'apparente consumo comunitario totale (Germania: 21%; Francia: 17%; Regno Unito: 17%; Spagna: 15%; Italia: 14%; Paesi Bassi: 7%; Unione economica belga-lussemburghese: 6%; Danimarca: 2%).

580.
    A ciascuna infrazione sono state quindi applicate, all'occorrenza, determinati coefficienti di maggiorazione o di riduzione al fine di tener conto di eventuali circostanze aggravanti o attenuanti.

581.
    Infine, l'importo totale risultante dal suddetto calcolo dettagliato è stato maggiorato di un terzo, nel caso della ricorrente, della British Steel e della Unimétal, per «recidiva».

582.
    Stando alla risposta della Commissione del 19 marzo 1998, l'ammenda della ricorrente è stata calcolata nel modo seguente, in base ad un fatturato preso in considerazione di 91 milioni di ECU:

a) Accordi per la fissazione dei prezzi

Milioni di ECU
Commissione travi 91 x 2,5%
x 3/30
2,2750
Mercato tedesco 91 x 2,5% x
21%
x 3/30
0,0478
Mercato italiano 91 x 2,5% x
14%
x 3/30
0,0319
Mercato danese 91 x 2,5% x
2%
x 3/30
0,0455
Armonizzazione degli extra 91 x 0,5%
0,4550
Totale
2,8552
b) Accordi per la ripartizione dei mercati

Metodo Traverso 91 x 3% x 6/30
0,5460
Mercato francese 91 x 3% x 17% x 3/30
0,0464
Mercato italiano 91 x 3% x 14% x 3/30
0,0382
Totale
0,6306
c) Scambio di informazioni

91

x

1,5%

x

30/30

1,3650

Totale a)+b)+c)

4,8508

Maggiorazione del 33% per «recidiva»    
1,6010
Totale
6,4518
Importo finale dell'ammenda

6,5000

B — Sull'assenza di colpa della parte ricorrente, sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e sulla mancata adozione di misure transitorie dopo la fine del regime di crisi manifesta

583.
    Con un primo gruppo di argomenti, la ricorrente fa valere che l'art. 4 della decisione deve essere annullato per l'insussistenza di colpa da parte sua, per violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e per mancata adozione di misure transitorie dopo la fine del regime di crisi manifesta. Al riguardo, essa fa valere, in sostanza, gli argomenti già avanzati riguardo all'asserito coinvolgimento della Commissione alle infrazioni denunciate. In particolare, la Commissione nei punti 298-317 del preambolo della decisione, avrebbe omesso di prendere in esame le conseguenze della propria partecipazione allo scambio di informazioni organizzato nell'ambito della commissione travi.

584.
    La ricorrente avrebbe agito in buona fede e nell'ignoranza dell'illiceità, da essa contestata, degli scambi di informazioni praticati nell'ambito della commissione

travi e del gruppo Eurofer/Scandinavia. Soltanto a seguito di talune discussioni avviate a metà del 1990 con la Commissione le imprese e le loro associazioni avrebbero avuto dubbi in ordine alla compatibilità di tali scambi con l'art. 65, n. 1, del Trattato.

585.
    I documenti ai quali fa riferimento il punto 307 del preambolo della decisione, vale a dire la nota interna della Usinor Sacilor citata al punto 105, il fax del responsabile degli affari giuridici della Eurofer, citato al punto 140, e la nota interna della Peine-Salzgitter, citata al punto 59, non sarebbero elementi opponibili alla ricorrente né dimostrerebbero del resto che la ricorrente abbia agito con la consapevolezza dell'illiceità del suo comportamento.

586.
    La ricorrente aggiunge che solo nel 1991 la Commissione ha modificato la sua valutazione riguardo ai sistemi di scambi di informazioni nell'ambito del Trattato CECA, allineando la sua prassi a quella seguita nell'ambito del Trattato CE (v. supra, punto 38). Fino ad allora, le imprese avrebbero potuto legittimamente ritenere che tali sistemi fossero compatibili con l'art. 65, n. 1, del Trattato CECA.

587.
    La ricorrente fa valere, infine, che la Commissione non ha tenuto conto della necessità per le imprese e i loro collaboratori di adattarsi, al termine del sistema delle quote, ad una situazione di libera concorrenza. La Commissione avrebbe dovuto, a suo parere, prevedere misure transitorie, come proposto dal gruppo dei «tre saggi» da essa designato (v. XXI² Relazione generale sulle attività delle Comunità europee, punto 278).

588.
    Il Tribunale ha già accertato che l'asserito coinvolgimento della Commissione nelle infrazioni addebitate alla ricorrente non è affatto dimostrato nella fattispecie (v. supra, parte D). Il Tribunale ha del pari stabilito che la ricorrente non poteva ignorare l'illiceità dei comportamenti di cui trattasi, quanto meno a partire dal 30 giugno 1988, e che la Commissione non ha illegittimamente «uniformato» le regole di concorrenza del Trattato CECA a quelle del Trattato CE. Ne consegue che gli argomenti relativi alla sua buona fede e alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento devono essere respinti.

589.
    Anche supponendo che i tre documenti redatti, rispettivamente, dalla Usinor Sacilor, dalla Peine-Salzgitter e dalla Eurofer, citati al punto 317 del preambolo della decisione, non possano essere considerati a carico della ricorrente, si deve ricordare ancora una volta come le infrazioni consistenti in accordi per la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati, del tipo di quelli riguardo ai quali è stata debitamente dimostrata la partecipazione della ricorrente, siano espressamente previste dall'art. 65, n. 1, del Trattato e presentino quindi un carattere manifesto.

590.
    Riguardo agli scambi di informazioni riservate, risulta dagli accertamenti del Tribunale (v. supra, punto 407) che essi avevano uno scopo analogo ad una ripartizione dei mercati in riferimento ai flussi tradizionali. La ricorrente non

poteva ragionevolmente supporre che tali scambi esulassero dall'art. 65, n. 1, del Trattato. Al contrario, il fatto che i membri della commissione travi fossero consapevoli della loro illiceità può essere desunto dal doppio sistema di monitoraggio istituito all'interno della Eurofer, di cui uno, relativo ai dati aggregati, era spontaneamente portato a conoscenza della DG III e della DG IV, mentre l'altro, relativo ai dati individuali, era riservato alle sole imprese partecipanti, tra le quali la ricorrente (v. supra, punti 542 e seguenti).

591.
    Dalle constatazioni effettuate dal Tribunale (v. supra, punto 509) risulta del pari che la Commissione non era tenuta a prevedere specifiche misure transitorie dopo la cessazione del regime di crisi manifesta, il 30 giugno 1988.

592.
    Ne consegue che devono essere respinti gli argomenti relativi alla buona fede della ricorrente, alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e alla mancata adozione di misure transitorie dopo il 30 giugno 1988.

C — Sul carattere sproporzionato dell'ammenda

Sintesi degli argomenti delle parti

593.
    A sostegno del motivo relativo al carattere sproporzionato dell'ammenda, la ricorrente deduce un vizio di motivazione ed errori di valutazione.

594.
    Essa fa innanzi tutto valere che i ragionamenti che compaiono ai punti 301-316 del preambolo della decisione sono troppo vaghi per consentire di risalire ai criteri con cui la Commissione è giunta a stabilire l'entità delle ammende individuali. Sarebbe, del pari, impossibile comprendere perché alla ricorrente sia stata irrogata un'ammenda superiore a quella di imprese quali la Saarstahl, la Cockerill-Sambre o l'Ensidesa, che pure, durante il periodo 1988/89, avrebbero effettuato consegne più rilevanti delle sue in ambito CECA (v. tabella 11 al punto 19 del preambolo).

595.
    Il punto 316 del preambolo della decisione, inoltre, non lascerebbe apparire in che modo si sia tenuto conto della durata e della gravità dell'infrazione. Con più particolare riguardo alla durata dell'infrazione, la ricorrente fa valere che la decisione non specifica l'ultima infrazione accertata nei suoi confronti per ciascuna categoria di infrazione.

596.
    La ricorrente contesta del pari alla Commissione di aver mancato al suo obbligo di motivare non indicando, nel preambolo della decisione, i fattori presi in considerazione per la fissazione dell'ammenda annunciati dal commissario Van Miert nel corso della sua conferenza stampa del 16 febbraio 1994. La Commissione non avrebbe, in particolare, indicato da nessuna parte, nella decisione, che un'ammenda supplementare («supplementary fine») era stata inflitta alla ricorrente in conseguenza del fatto che quest'ultima era da considerarsi «recidiva» («habitual offender»), qualificazione che la ricorrente ritiene completamente infondata.

597.
    Quanto agli errori di valutazione, la ricorrente fa valere, in primo luogo, che la Commissione ha erroneamente valutato la sua situazione economica. Da un lato, il suo capitale sociale ammonterebbe a 875 milioni di DM e non a 2 miliardi di DM, come indicherebbe erroneamente al punto 11, lett. b), del preambolo. Considerando che il capitale è un fattore determinante per la valutazione delle dimensioni e della potenza economica di un'impresa (v. sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 120; in prosieguo: la «sentenza Pioneer»), il calcolo della Commissione sarebbe quindi basato su dati errati.

598.
    Dall'altro, nella sua valutazione della situazione economica dell'industria siderurgica (v. punto 301 del preambolo), la Commissione non avrebbe tenuto conto della situazione finanziaria della ricorrente. Ebbene, dall'esercizio sociale 1987/1988 (nel corso del quale le sue vendite di travi sarebbero risultate in perdita per 7,9 milioni di DM), e fatta eccezione per gli esercizi 1988/1989 e 1989/1990 (che avrebbero prodotto solo utili minimi, rispettivamente pari a 4 e 4,6 milioni di DM), la produzione di travi della ricorrente sarebbe in passivo. Le perdite registrate, che non avrebbero smesso di progredire dall'esercizio 1990/1991, le avrebbero peraltro fatto decidere di chiudere la catena di laminatoi per travi il 1. aprile 1993. Nella sua replica, la ricorrente aggiunge che tale analisi deve condurre ad una riduzione dell'ammenda, in conformità della giurisprudenza della Corte (v. sentenza Pioneer, citata, punto 129) e della prassi della Commissione [v., in particolare, la sua decisione 5 dicembre 1983, 83/667/CEE, relativa ad una procedura a norma dell'articolo 85 del Trattato CEE (pratica n. IV/30.671 — IPTC Belgium), GU L 376, pag. 7)]. Non sarebbe sufficiente tenere conto di tale situazione solo ai fini della fissazione di un termine di pagamento (v. art. 5 della decisione).

599.
    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha esagerato le asserite conseguenze economiche delle infrazioni (v. punti 302-304 del preambolo). Vista, infatti, la situazione economica della ricorrente, sarebbe escluso che tali infrazione abbiano potuto procurarle un utile, come dimostrerebbe anche la relazione del perito signor Bishop.

600.
    In terzo luogo, i documenti menzionati nel punto 307 del preambolo della decisioneper dimostrare, quale circostanza aggravante, che talune imprese «erano consapevoli del fatto che il loro comportamento era o avrebbe potuto essere contrario all'articolo 65 del trattato», non proverebbero che questo riguardava la ricorrente, dal momento che si tratterebbe di documenti interni alle imprese ed all'associazione da cui provengono. Dalla decisione acciaio inossidabile (v. punto 305 del preambolo) non risulterebbe inoltre che la ricorrente era cosciente dell'illiceità del suo comportamento.

601.
    Nell'ambito della loro difesa orale comune all'udienza, le ricorrenti hanno inoltre fatto valere che:

a)    la Commissione non ha chiarito a sufficienza in che misura i comportamenti controversi hanno avuto un effetto anticoncorrenziale, mentre l'art. 65 del Trattato esige la prova di tale effetto. In particolare, le spiegazioni offerte ai punti 302 e 303 del preambolo, riguardo agli utili supplementari che si asseriscono ottenuti in conseguenza degli aumenti dei prezzi concordati, sarebbero contraddette da quelle proposte dal signor Kutscher nella sua testimonianza. A parere di quest'ultimo, infatti, tali aumenti potevano essere occasionati dalla situazione congiunturale di quel periodo;

b)    la Commissione avrebbe dovuto tenere conto, quali circostanze attenuanti, da un lato, del fatto che i comportamenti controversi non erano diretti a limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, ai sensi dell'art. 65, n. 5, del Trattato e, dall'altro, delle differenze tra il Trattato CECA e il Trattato CE;

c)    la Commissione avrebbe irrogato a torto un'ammenda specifica per i sistemi di scambio di informazioni, dal momento che, dinanzi al Tribunale, questi ultimi sono stati qualificati come accessori ad altre infrazioni;

d)    la Commissione avrebbe, ingiustificatamente, irrogato ammende di un livello generale superiore a quello scelto nella decisione acciaio inossidabile e nella sua decisione 30 novembre 1994, 94/815/CE, relativa ad una procedura d'applicazione dell'articolo 85 del Trattato CE (Caso IV/33.126 e 33.322 — Cemento) (GU L 343, pag. 1; in prosieguo: la «decisione cemento» o la «pratica cemento»);

e)    la Commissione avrebbe applicato due volte, una prima volta su scala comunitaria e una seconda volta in funzione dei diversi mercati nazionali, i tassi parziali attribuiti ai diversi elementi di infrazione riguardanti, da un lato, gli accordi per la fissazione dei prezzi e, dall'altro, gli accordi per la ripartizione dei mercati, cosicché i tassi base effettivi dell'ammenda sarebbero pari al 13% e non al 7,5%, come essa assume.

602.
    In ordine alla maggiorazione dell'ammenda della ricorrente, dell'Unimétal e della British Steel per «recidiva», la Commissione ha sostenuto, in risposta ai quesiti del Tribunale (v. paragrafo 33 della sua risposta in data 19 gennaio 1998) e all'udienza, che la decisione acciaio inossidabile non ha costituito un elemento decisivo. A suo parere, il fatto che le imprese interessate siano state oggetto dell'ispezione menzionata al punto 305 del preambolo e che esse abbiano ricevuto, alla fine del 1988, una comunicazione degli addebiti nell'ambito del medesimo procedimento avrebbe dovuto servire loro da avvertimento specifico e differenzia la loro posizione da quella delle altre imprese colpite da sanzioni nella fattispecie.

Giudizio del Tribunale

603.
    A norma dell'art. 65, n. 5, del Trattato:

«Alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d'eseguire, [...] un accordo o una decisione nulli di pieno diritto [...] oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora al massimo uguali al doppio del volume d'affari ottenuto con i prodotti oggetto dell'accordo, della decisione o della pratica contrari alle disposizioni del presente articolo, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, ad un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d'affari annuo delle imprese in argomento, per quanto concerne l'ammenda, e fino al 20% del volume d'affari giornaliero, per quanto concerne le penalità di mora».

Sugli argomenti avanzati dalla ricorrente

— Sulla motivazione della decisione per quanto riguarda l'ammenda

604.
    Da una giurisprudenza costante risulta che la motivazione prescritta dall'art. 15 del Trattato deve, da un lato, permettere all'interessato di conoscere i motivi posti a fondamento del provvedimento adottato, al fine di sostenere, eventualmente, i suoi diritti e di stabilire se la decisione sia o meno giustificata e, dall'altro, permettere al giudice comunitario di esercitare il suo controllo. L'obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione delle circostanze della fattispecie, segnatamente del contenuto dell'atto di cui trattasi, della natura dei motivi dedotti e del contesto in cui esso è stato emanato (sentenza NALOO/Commissione, citata, punti 298 e 300).

605.
    Per quanto riguarda una decisione di irrogazione di ammende a molteplici imprese per un'infrazione alle norme comunitarie che disciplinano la concorrenza, la portata dell'obbligo di motivazione deve essere valutata alla luce della circostanza che la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze proprie al caso di specie, il suo contesto e l'effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (ordinanza della Corte 25 marzo 1996, causa C-137/96 P, SPO e a./Commissione, Racc. pag. I-1611, punto 54). Inoltre, nel fissare l'importo di ciascuna ammenda, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e non la si può considerare tenuta ad applicare, a tale scopo, una formula matematica precisa (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59).

606.
    Nella fattispecie, il Tribunale ritiene che la decisione contenga, ai punti 300-312, 314 e 315 del preambolo, un'esposizione sufficiente e pertinente degli elementi presi in considerazione per valutare la gravità, in linea generale, delle varie infrazioni accertate. Tali indicazioni sono inoltre completate, per quanto riguarda lo scambio di informazioni considerato nel punto 300, dagli elementi circostanziati di cui ai punti 49-60 e 266-272 del preambolo.

607.
    La Commissione ha peraltro concluso, nel punto 314 del preambolo della decisione, nel senso dell'esistenza di un'infrazione di lunga durata, qualificazione che la ricorrente non ha contestato in quanto tale. L'art. 1 della decisione riporta nei dettagli la durata presa in considerazione per ciascuna infrazione ed enuncia in tal modo il principio secondo il quale le ammende parziali corrispondenti alle diverse infrazioni sono ripartite in funzione della durata di queste ultime. A giudizio del Tribunale, si tratta di una motivazione sufficiente.

608.
    Il Tribunale ha precisato, nella sentenza 6 aprile 1995, causa T-148/89, Tréfilunion/Commissione (Racc. pag. II-1063, punto 142), che è auspicabile che le imprese — per poter decidere con piena cognizione di causa in merito al proprio atteggiamento — siano poste in grado di conoscere in dettaglio, mediante qualunque sistema che la Commissione ritenga opportuno, il metodo di calcolo dell'ammenda loro inflitta da una decisione per un'infrazione alle regole di concorrenza, senza che, a tal fine, esse debbano proporre ricorso giurisdizionale contro la detta decisione.

609.
    Ciò vale a maggior ragione allorché, come nella fattispecie, la Commissione ha utilizzato formule aritmetiche precise per il calcolo delle ammende. In siffatta ipotesi, è auspicabile che le imprese interessate e, ove necessario, il Tribunale, siano messi in condizioni di controllare che il metodo di calcolo utilizzato e i passaggi seguiti dalla Commissione siano privi di errori e compatibili con le disposizioni e i principi applicabili in materia di ammende, in particolare con il divieto di discriminazioni.

610.
    Si deve tuttavia rilevare che tali dati, forniti su richiesta delle parti o del Tribunale, ai sensi degli artt. 64 e 65 del regolamento di procedura, non costituiscono una motivazione supplementare o a posteriori della decisione, bensì la traduzione in cifre dei criteri enunciati nella decisione, ove questi ultimi siano idonei ad essere quantificati.

611.
    Nella fattispecie, benché la decisione non contempli indicazioni relative al calcolo dell'ammenda, la Commissione ha fornito in corso di causa, su richiesta del Tribunale, i dati aritmetici riguardanti, in particolare, la graduazione dell'ammenda tra le diverse infrazioni poste a carico delle imprese.

612.
    Per quanto attiene all'argomento della ricorrente in cui si lamenta la mancata menzione dell'ultima infrazione della quale si è tenuto conto per ciascuna delle categorie di infrazione, risulta dall'analisi dei fatti effettuata dal Tribunale nella precedente parte V che la Commissione ha debitamente giustificato, riferendosi vuoi ai comportamenti degli interessati, vuoi ai periodi di riferimento interessati da tali comportamenti, la durata dei comportamenti illeciti accertati nell'art. 1 della decisione.

613.
    Ne consegue che, fatto salvo l'aspetto relativo alla maggiorazione dell'ammenda a titolo di «recidiva», che sarà esaminato più particolarmente di seguito (punti 614-625)), gli argomenti della ricorrente relativi alla carenza di motivazione devono essere respinti.

— Sulla maggiorazione dell'ammenda per «recidiva»

614.
    I punti 305 e 306 del preambolo della decisione sono del seguente tenore:

«305    Nel comunicato stampa emesso in data 2 maggio 1988 all'epoca dell'accertamento sul caso Prodotti piatti di acciaio inossidabile sfociato nella decisione 90/417/CECA, la Commissione ha avvertito chiaramente che non avrebbe tollerato accordi illegali tra le industrie del settore.

306    Inoltre ad alcune società appartenenti alle imprese coinvolte (British Steel, Thyssen e Usinor Sacilor) con tale decisione sono state inflitte ammende per aver partecipato al cartello dei prodotti piatti di acciaio inossidabile. Tale decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee nell'agosto 1990 ed ampiamente discussa nella stampa sia generale che specializzata. L'atteggiamento della Commissione nei confronti di accordi e pratiche concordate illegali risultava quindi chiaro almeno nel maggio 1988».

615.
    Dagli elementi di risposta forniti dalla Commissione nel corso del processo risulta che per le tre imprese menzionate al punto 306, vale a dire la British Steel, la Unimétal e la ricorrente, l'importo totale dell'ammenda di base, ottenuto addizionando importi parziali imputabili alle diverse infrazioni elencate al n. 1, è stato maggiorato di un terzo a causa della recidività, tenuto conto della pratica acciaio inossidabile conclusa con la decisione 18 luglio 1990, del comportamento delle dette imprese.

616.
    Il Tribunale ritiene che i punti 305 e 306 del preambolo della decisione non contengano una motivazione atta a consentire alle imprese interessate di comprendere che le loro ammende sono state in tal modo aumentate a causa della recidiva, né l'entità di tale aumento o le ragioni per le quali la Commissione ha considerato quest'ultimo giustificato.

617.
    Il Tribunale rileva, peraltro, che la nozione di recidiva, come è intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che una persona abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stata punita per violazioni analoghe. Nella fattispecie, l'unico elemento di tale natura riguarda il fatto che una società affiliata della ricorrente è stata sanzionata dalla decisione acciaio inossidabile del 18 luglio 1990. Ebbene, il periodo di infrazione accertato nel caso di specie nei confronti della ricorrente, estendentesi dal 30 giugno 1988 alla fine del 1990, è in massima parte antecedente a quest'ultima decisione.

618.
    Ne consegue che, nei limiti in cui la maggiorazione dell'ammenda inflitta in particolare alla ricorrente è giustificata dalla considerazione che la Commissione l'aveva già sanzionata per infrazioni analoghe nella decisione acciaio inossidabile, la decisione è inficiata da un errore di diritto, non potendo questa circostanza essere utilizzata quale circostanza aggravante per quanto riguarda infrazioni commesse prima dell'adozione di quest'ultima decisione.

619.
    Il Tribunale rileva, inoltre, che, nella misura in cui la Commissione si basa sulla circostanza di aver «avvertito» le imprese mediante il comunicato stampa pubblicato nella vicenda acciaio inossidabile (punto 305 del preambolo), siffatta considerazione non consente di differenziare la situazione delle tre imprese interessate dall'aumento controverso da quella delle altre destinatarie della decisione.

620.
    La Commissione ha tuttavia spiegato, dinanzi al Tribunale, che la circostanza di essere stata oggetto di un'ispezione nell'ambito della pratica acciaio inossidabile, nonché quella di aver ricevuto, alla fine del 1988, una comunicazione degli addebiti nel medesimo procedimento, sarebbe dovuta servire da avvertimento particolarmente chiaro alle tre imprese interessate.

621.
    Il Tribunale constata, da un lato, che l'ispezione effettuata nel maggio 1988 non comporta, di per sé, un avvertimento sufficientemente definito, al pari della valutazione di comportamenti debitamente constatati, per essere equiparata, nel presente contesto, ad una decisione costitutiva del primo elemento di una recidiva. Le verifiche previste dall'art. 47, primo comma, del Trattato, infatti, non sonodirette a constatare una incompatibilità giuridica, ma hanno soltanto lo scopo di consentire alla Commissione di raccogliere la documentazione necessaria per accertare la verità e la portata di una determinata situazione di fatto e di diritto (v. sentenza della Corte 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic/Commissione, Racc. pag. 2033, punto 21).

622.
    D'altro lato, benché il punto 305 del preambolo della decisione faccia riferimento all'ispezione allora effettuata, nessun elemento della decisione attesta l'esistenza di spiegazioni offerte specificamente alle tre imprese interessate, nell'ambito della detta ispezione, né, in particolare, della motivazione connessa ai mandati o alle decisioni di verifica. Nulla consente quindi di comprendere in cosa la situazione delle tre imprese interessate si differenziasse da quella degli altri produttori.

623.
    Si deve peraltro rilevare che nella decisione non consta alcun riferimento alla comunicazione degli addebiti nella vicenda acciaio inossidabile. Ora, la motivazione di una decisione deve figurare nel testo stesso della decisione e spiegazioni successivamente fornite dalla Commissione non possono, salve circostanze eccezionali, essere prese in considerazione (v., da ultimo, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-334/94, Sarrió/Commissione, Racc. pag. II-1439, punto 350).

624.
    In ogni caso, per sua stessa natura, la comunicazione degli addebiti costituisce soltanto un atto preparatorio sprovvisto di carattere decisionale e non fa nascere, per l'impresa interessata, l'obbligo di modificare o di riconsiderare le proprie pratiche commerciali (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punti 17-19; v. altresì sentenza del Tribunale 18 dicembre 1992, cause riunite T-10/92, T-11/92, T-12/92 e T-15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-2667, punto 34). Per di più, la Commissione non ha precisato dinanzi al Tribunale né la data né il contenuto della comunicazione degli addebiti sulla quale si basa.

625.
    Ne consegue che l'art. 4 della decisione deve essere annullato nella parte in cui infligge alla ricorrente una maggiorazione dell'ammenda intesa a sanzionare il carattere di recidività del suo comportamento.

— Sulla situazione economica della ricorrente e dell'industria siderurgica

626.
    Il Tribunale rileva che l'argomento relativo alla modesta entità del capitale sociale della ricorrente è irrilevante, dal momento che l'ammenda che le è stata irrogata è stata calcolata in proporzione al suo fatturato, in conformità del dettato dell'art. 65, n. 5, del Trattato.

627.
    Per quanto riguarda l'argomento secondo il quale l'ammenda della ricorrente avrebbe dovuto essere ridotta in quanto la sua produzione di travi sarebbe stata in perdita, salvo che dal 1988 al 1990, il Tribunale ricorda che, nel punto 301 del preambolo della decisione, la Commissione si è riferita alla situazione delle imprese all'epoca dell'adozione della decisione, considerando che «[i]n linea generale i produttori di acciaio non registrano attualmente alcun profitto». E' pacifico, inoltre, che la difficile situazione economica delle imprese siderurgiche all'epoca dell'adozione della decisione è stata presa in considerazione mediante, in particolare, i termini di pagamento previsti nell'art. 5.

628.
    Il Tribunale ritiene che la Commissione abbia, in linea di massima, facoltà di adottare tale soluzione, che tiene conto della situazione attuale delle imprese pur mantenendo le ammende al livello da essa ritenuto adeguato (v. sentenza della Corte 10 dicembre 1957, causa 8/56, ALMA/Alta Autorità, Racc. pagg. 177, 189).

629.
    Del pari, la circostanza che la ricorrente non abbia ottenuto soltanto utili da essa definiti «minimi» tra il 1988 e il 1990 e che, al di fuori di tale periodo, la sua produzione di travi sia stata largamente in perdita, non è sufficiente, di per sé, a dimostrare che la Commissione abbia commesso un errore di valutazione. Le cifre indicate dalla ricorrente confermano che il periodo preso in considerazione ai fini dell'ammenda è stato caratterizzato da un netto miglioramento rispetto agli anni precedenti e le ha consentito di ottenere un utile malgrado lo stato di sovraccapacità strutturale del mercato.

630.
    In ogni caso, l'ammettere un obbligo che imponga alla Commissione di tenere conto, nella determinazione dell'ammenda, della situazione economica in perdita di un'impresa si risolverebbe nel procurare un ingiustificato vantaggio concorrenziale alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato (sentenza 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 55; sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-319/94, Fiskeby Board/Commissione, Racc. pag. II-1331, punto 76).

631.
    Si devono quindi respingere gli argomenti relativi alla situazione economica dell'impresa e dell'industria siderurgica.

— Sull'impatto economico delle infrazioni

632.
    L'argomento della ricorrente secondo il quale, nei punti 302-304 del preambolo della decisione, la Commissione avrebbe esagerato l'impatto economico delle infrazioni è da considerare analogo all'argomento di altre ricorrenti nelle cause parallele, che contestano del pari alla Commissione, in sostanza, di non aver seriamente studiato gli effetti economici dell'intesa sul mercato e di essersi basata su semplici congetture, mentre essa sarebbe tenuta ad esaminare l'impatto economico delle infrazioni per valutarne la gravità e a prendere in considerazione, se necessario, il carattere limitato di tali infrazioni (sentenze della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223, punti 51 e seguenti, e Suiker Unie e a./Commissione, citata, punti 614 e seguenti), soprattutto nell'ambito di un mercato regolamentato come quello della CECA. A parere della ricorrente, lo studio del prof. Bishop dimostra che le pratiche di cui trattasi nella fattispecie non hanno avuto nessun impatto significativo sul livello della concorrenza.

633.
    Nella loro difesa orale comune dedicata a tale aspetto della causa, le ricorrenti hanno abbinato tale argomento alla tesi secondo la quale l'art. 65, n. 5, del Trattato riguarderebbe solo i comportamenti aventi un effetto anticoncorrenziale, e non quelli aventi solo una finalità anticoncorrenziale.

634.
    Le ricorrenti hanno del pari richiamato la testimonianza del signor Kutscher secondo la quale, in un periodo di congiuntura economica favorevole, come era quello tra il 1988 e il 1990, è normale e quasi automatico vedere aumentare i prezzi delle imprese, tentando ciascuna di queste di trarre vantaggio dagli aumenti decisi dalle concorrenti, per cui non si poteva evincere dai profitti realizzati all'epoca dalle imprese che esse si concertassero sui prezzi. Secondo le ricorrenti, tale testimonianza contraddice le considerazioni esposte ai punti 302-304 del preambolo della decisione.

635.
    Come il Tribunale ha già precisato (v. supra, punti 272 e 277), non è necessario, per la constatazione di un'infrazione all'art. 65, n. 1, del Trattato, dimostrare che il comportamento di cui trattasi abbia avuto un effetto anticoncorrenziale. Lo stesso vale per l'irrogazione di un'ammenda ai sensi dell'art. 65, n. 5, del Trattato.

636.
    Ne consegue che l'effetto che ha potuto avere un accordo o una pratica concordata sul normale gioco della concorrenza non è un criterio determinante nella valutazione dell'importo adeguato dell'ammenda. Come ha giustamente rilevato la Commissione, elementi che abbiano riguardo all'aspetto intenzionale, quindi lo scopo di un comportamento, possono di fatto avere un effetto più rilevante di quelli relativi ai suoi effetti (v. conclusioni del giudice Vesterdorf, designato come avvocato generale nelle sentenze polipropilene, Racc. 1991, pag. II-1022 e seguenti), soprattutto quando si riferiscano ad infrazioni intrinsecamente gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei mercati. Il Tribunale ritiene che tali elementi ricorrano nella fattispecie.

637.
    La convenuta riconosce tuttavia che la valutazione degli effetti di un'infrazione può essere pertinente, in materia di ammende, allorché la Commissione si basa espressamente su di un effetto e non giunge a dimostrarlo o a fornire buone ragioni per tenerne conto (v., del pari, in questo senso, conclusioni del giudice Vesterdorf, designato quale avvocato generale nelle sentenze polipropilene, Racc. pag. II-1023).

638.
    Al riguardo, la Commissione ha spiegato, nei punti 222 e 293 del preambolo della decisione, che le imprese di cui trattasi rappresentavano una parte rilevante del mercato comunitario delle travi, essendo coinvolti tutti i grandi produttori di travi, e che l'effetto delle infrazioni era pertanto lungi dall'essere trascurabile. La Commissione si è del pari riferita, in particolare nel punto 222, agli stessi documenti dei produttori, che rispecchiano la loro opinione, in base alla quale gli aumenti dei prezzi di cui trattasi erano stati accettati dai consumatori. Al punto 303 del preambolo, la Commissione ha quantificato l'aumento globale degli introiti così ottenuti in almeno 20 milioni di ECU per i primi due trimestri del 1989.

639.
    Il Tribunale ritiene pertanto che la Commissione abbia legittimamente potuto tener conto del notevole impatto economico delle infrazioni sul mercato al momento del calcolo dell'ammenda.

640.
    Tuttavia, occorre rilevare che, nella sua testimonianza resa all'udienza, il signor Kutscher, che ha acquisito una considerevole esperienza nel settore dell'acciaio nell'ambito delle sue funzioni presso la DG III, ha espresso l'opinione secondo la quale ci si poteva normalmente attendere aumenti dei prezzi dell'ordine di grandezza di quelli constatati nella fattispecie sul mercato, all'epoca dei fatti, vista la favorevole congiuntura economica di quel periodo. Il signor Kutscher ha segnalato che tale stato di fatto era una delle ragioni per le quali egli non aveva sospettato l'esistenza di un cartello organizzato dai produttori.

641.
    Si deve inoltre prendere atto che il metodo di lavoro adottato dalla Commissione nell'ambito della preparazione dei programmi previsionali e del sistema di sorveglianza di cui alla decisione n. 2448/88 ha indotto le imprese a incontrarsi prima delle loro riunioni con la DG III e a scambiare le loro opinioni sulla situazione economica del mercato e sulle tendenze future, in particolare in materia

di prezzi, per poterne presentare una sintesi alla DG III. Tali riunioni preparatorie, che coinvolgevano i principali responsabili commerciali delle imprese interessate, erano d'altra parte necessarie al successo del sistema di sorveglianza, non essendo la Commissione in grado di raccogliere direttamente e far analizzare, in tempo utile, i dati individuali forniti dalle imprese, come ha confermato all'udienza il signor Kutscher. E' del pari pacifico che i dati forniti dalle imprese in occasione di tali riunioni erano utili alla DG III, in particolare per la preparazione dei programmi previsionali.

642.
    Risulta inoltre dalla testimonianza del signor Kutscher che, in quel periodo, la DG III vedeva di buon occhio il fatto che, dopo un lungo periodo in perdita, l'industria siderurgica, ancora fragile, ricominciasse a conseguire utili, riducendo così il rischio di un ritorno al regime di crisi manifesta.

643.
    Il Tribunale ritiene che, comportandosi in tal modo nell'ambito del sistema di sorveglianza, tra la metà del 1988 e la fine del 1990, la DG III abbia introdotto una certa ambiguità nella portata del concetto di «giuoco normale della concorrenza» ai sensi del Trattato CECA. Anche se non è necessario, ai fini della presente sentenza, pronunciarsi sulla questione di sapere fino a che punto le imprese potevano scambiare dati individuali per preparare riunioni consultive con la Commissione senza, per questo, infrangere l'art. 65, n. 1, del Trattato, non essendo tale lo scopo delle riunioni della commissione travi, resta tuttavia il fatto che gli effetti delle infrazioni commesse nella fattispecie non possono essere determinati raffrontando semplicemente la situazione derivante dagli accordi restrittivi della concorrenza con quella che sarebbe esistita in assenza di ogni contatto tra le imprese. Nella fattispecie, è più pertinente raffrontare, da un lato, la situazione derivante dagli accordi restrittivi della concorrenza e, dall'altro, la situazione auspicata e accettata dalla DG III, nella quale si prevedeva che le imprese si riunissero e affrontassero discussioni generalizzate, in particolare a proposito delle loro previsioni di prezzi futuri.

644.
    Al riguardo, non si può escludere che, anche in assenza di accordi del tipo di quelli conclusi nella fattispecie all'interno della commissione travi, scambi di opinioni tra imprese sulle loro «previsioni» di prezzi, del tipo di quelli considerati leciti dalla DG III, avrebbero potuto facilitare l'adozione, da parte delle imprese considerate, di un comportamento concertato sul mercato. Così, anche supponendo che le imprese si fossero limitate ad uno scambio di opinioni generiche e non vincolante a proposito delle loro aspettative in materia di prezzi, al solo scopo di preparare le riunioni consultive con la Commissione, e avessero chiarito a quest'ultima l'esatta natura delle loro riunioni preparatorie, non è escluso che tali contatti tra imprese, accettati dalla DG III, avrebbero potuto rafforzare un certo parallelismo di comportamento sul mercato, in particolare per quanto riguarda gli aumenti dei prezzi provocati, almeno parzialmente, dalla congiuntura economica favorevole del 1989.

645.
    Il Tribunale ritiene pertanto che, nel punto 303 del preambolo della decisione laCommissione abbia esagerato l'impatto economico degli accordi per la fissazione dei prezzi accertati nella fattispecie rispetto al gioco della concorrenza che sarebbe esistito in assenza di tali infrazioni, tenuto conto della congiuntura economica favorevole e della libertà lasciata alle imprese di portare avanti discussioni generiche in materia di previsioni di prezzi, tra di loro e con la DG III, nell'ambito delle riunioni regolarmente organizzate da quest'ultima.

646.
    Tenendo conto di tali considerazioni, il Tribunale ritiene, nell'ambito dell'esercizio della sua competenza di merito, che si debba ridurre del 15% l'ammenda irrogata alla ricorrente per i vari accordi e pratiche concertate per la fissazione dei prezzi. Per contro, non va operata la stessa riduzione per gli accordi relativi alla ripartizione dei mercati né per gli scambi di informazioni sugli ordini e sulle consegne, ai quali non si applicano le stesse considerazioni.

— Sulla circostanza aggravante connessa alla consapevolezza dell'illiceità dei comportamenti censurati

647.
    A giudizio del Tribunale, i tre elementi di prova specificamente riportati nel punto 307 del preambolo della decisione, costituiti dalle note interne redatte rispettivamente dalla Usinor Sacilor, dalla Peine Salzgitter e dalla Eurofer, non sono addotti a titolo di circostanza aggravante specifica a carico delle tre interessate, ma sono piuttosto diretti a dimostrare, insieme ai punti 305 e 306, che le imprese destinatarie della decisione erano nel loro complesso consapevoli di infrangere il divieto di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato. Per le ragioni già esposte (v. supra, punto 588 e parte D), il Tribunale ritiene che la ricorrente non potesse ignorare che il suo comportamento era illecito.

648.
    Ciò posto, il Tribunale statuisce, nell'ambito dell'esercizio della sua competenza di merito, che non si può escludere la circostanza aggravante presa in considerazione a tale titolo contro la ricorrente nel punto 307 del preambolo della decisione, senza che sia necessario verificare se i tre documenti ivi menzionati possano esserle opposti.

— Sull'ammenda irrogata alla ricorrente per la partecipazione ai sistemi di scambio di informazioni

649.
    Per le ragioni esposte nei precedenti punti 385 e seguenti, il Tribunale ha già stabilito che la partecipazione della ricorrente ai sistemi di scambio di informazioni, illustrati nei punti 263-272 del preambolo della decisione, dev'essere considerata un'infrazione autonoma all'art. 65, n. 1, del Trattato. Ne consegue che la Commissione ha correttamente tenuto conto di questa distinta infrazione nel calcolare l'ammenda da infliggere alla ricorrente.

— Sulla duplice applicazione del tasso base preso in considerazione ai fini dell'ammenda

650.
    All'udienza, le ricorrenti hanno fatto valere che l'applicazione del tasso base del 7,5% del fatturato ha effettivamente dato luogo in applicazione di un tasso base reale pari al 13%, vale a dire 2,5% per gli accordi sui prezzi nell'ambito della commissione travi, 0,5% per l'armonizzazione degli extra, 2,5% per gli accordi sui prezzi sui vari mercati nazionali individuali, 3% per gli accordi per la ripartizione dei mercati conclusi nell'ambito della commissione travi, 3% per gli accordi per la ripartizione dei diversi mercati nazionali, 1,5% per lo scambio di informazioni.

651.
    Dalle indicazioni fornite dalla Commissione nel corso del procedimento risulta effettivamente che, come hanno fatto valere le ricorrenti, l'ammenda poteva teoricamente ammontare al 13% del fatturato, in conseguenza della somma dei diversi tassi menzionati al precedente punto 650. Tuttavia, nei suoi calcoli, la Commissione ha altresì graduato l'entità delle ammende in funzione della durata e della portata geografica di ciascuna infrazione, cosicché, in pratica, le ammende irrogate alle imprese sono lungi dal raggiungere il tasso base pari al 7,5% e, a maggior ragione, quello del 13%. Di conseguenza, l'argomento delle ricorrenti è ininfluente sull'entità delle ammende effettivamente inflitte loro. Ciò vale a maggior ragione in quanto l'ammenda irrogata alla ricorrente per la sua partecipazione alle varie infrazioni relative alla ripartizione dei mercati è di gran lunga inferiore al tasso centrale teorico del 3% preso in considerazione dalla Commissione per tale categoria di infrazioni. Se è pur vero che, secondo i calcoli della Commissione, la frazione dell'ammenda irrogata per gli accordi di fissazione dei prezzi ha leggermente oltrepassato il tasso centrale teorico del 3%, è sufficiente osservare che ciò non si verifica più a seguito della valutazione effettuata dal Tribunale.

652.
    Ciò posto, anche supponendo che talune infrazioni si sovrappongano parzialmente (ad esempio, gli accordi sui prezzi nell'ambito della commissione travi e taluni accordi di prezzo sui diversi mercati nazionali) e che sussista una relazione tra talune infrazioni (ad esempio tra il monitoraggio degli ordini e delle consegne e taluni accordi per la ripartizione dei mercati), il Tribunale statuisce, nell'esercizio della sua competenza anche di merito, che non si può ridurre, a tale titolo, l'ammenda irrogata alla ricorrente, dal momento che l'entità globale dell'ammenda, quale fissata qui di seguito, costituisce, a parere del Tribunale, una sanzione commisurata al complesso delle infrazioni di cui trattasi.

653.
    Il Tribunale ritiene, analogamente, che non si debba graduare l'ammenda irrogata alla ricorrente a titolo dei vari accordi e pratiche concordate per la fissazione dei prezzi all'interno della commissione travi in funzione della durata o della portata geografica delle varie infrazioni accertate a suo carico per l'anno 1990.

654.
    E' bensì vero che le considerazioni svolte ai punti 232-237 del preambolo della decisione non contengono, di per sé, gli elementi atti a dimostrare che i partecipanti alle riunioni della commissione travi abbiano concluso un accordo, o

che abbiano dato vita ad una pratica concordata per la fissazione dei prezzi, nel corso del quarto trimestre del 1990.

655.
    Inoltre, le infrazioni specifiche accertate dalla Commissione per il 1990, nei punti 232-237 del preambolo della decisione, riguardano solo l'applicazione di un accordo di prezzi obiettivo relativo al primo trimestre del 1990 (punto 232), un accordo riguardante il mercato francese (punto 233) e due pratiche concordate riguardanti il mercato britannico (punti 234-237), e sembrano quindi avere una portata geografica inferiore a quella presa in considerazione per gli anni 1988 e 1989.

656.
    Tuttavia, risulta dai punti 118-121 del preambolo della decisione e dai documenti in essa citati che, dopo aver evocato, nel corso della riunione dell'11 settembre 1990, il principio e le modalità di un aumento moderato dei prezzi destinato ad essere «applicato probabilmente il 1. gennaio» 1991, i membri della commissione travi hanno proseguito le loro discussioni nel corso della riunione del 9 ottobre 1990, fino a giungere ad un consenso su un aumento dell'ordine di 20-30 DM sui mercati continentali, nel corso del primo trimestre del 1991 (v. verbale di questa riunione, documenti nn. 346-354 del fascicolo). Nel verbale della riunione si legge che «sul piano dei prezzi, malgrado qualche difficoltà per taluni paesi, i livelli T3/90 possono essere riportati nel quarto trimestre con applicazione integrale dei nuovi scarti».

657.
    Il Tribunale ritiene pertanto che si debba respingere l'argomento avanzato sul punto dalle ricorrenti all'udienza.

— Sul livello generale delle ammende accolto nella decisione rispetto ad altre decisioni CECA della Commissione e rispetto alle disposizioni dell'art. 65, n. 5, del Trattato

658.
    Nella loro difesa orale comune all'udienza, le ricorrenti hanno fatto riferimento, per contestare il livello generale delle ammende, alla decisione acciaio inossidabile. Tale argomento non può essere accolto.

659.
    In primo luogo, le infrazioni prese in considerazione per l'ammenda irrogata nella decisione acciaio inossidabile erano state commesse tutte nel corso del periodo di crisi manifesta. In secondo luogo, le imprese non hanno dimostrato, nella fattispecie, che i funzionari della DG III fossero a conoscenza dei comportamenti dichiarati nella decisione, con la conseguenza che la corrispondente circostanza attenuante, riconosciuta nella decisione acciaio inossidabile, non può essere accolta nella presente causa. In terzo luogo, tenuto conto dell'avvertimento costituito, in particolare, dal comunicato stampa citato al punto 305 del preambolo della decisione, non si può parlare, come fu fatto all'epoca dell'adozione della decisione acciaio inossidabile, di un eventuale malinteso sulla portata dell'art. 65, n. 1, del Trattato.

660.
    Quanto all'argomento secondo il quale l'effetto combinato della decisione acciaio inossidabile e di altre decisioni della Commissione intervenute negli anni '70 e '80 consentiva di ritenere che la sua politica non consistesse nell'irrogare pesanti ammende nell'ambito dell'applicazione delle disposizioni dell'art. 65, n. 1, del Trattato, è sufficiente osservare che il fatto che la Commissione abbia sanzionato, in passato, determinati tipi di infrazioni con ammende di un determinato livello non può privarla della possibilità di innalzare tale livello entro i limiti indicati dall'art. 65, n. 5, del Trattato, ove ciò sia necessario per garantire l'efficacia della politica comunitaria della concorrenza (v., per analogia, sentenza Pioneer, punto 109).

661.
    Non può neppure essere accolto l'argomento, prospettato in udienza, secondo il quale il livello generale delle ammende sarebbe eccessivo tenuto conto delle differenze tra il Trattato CE e il Trattato CECA. Benché talune disposizioni del Trattato CECA, in particolare l'art. 60, limitino, di per sé, il libero gioco della concorrenza, il limite massimo del 10% del fatturato annuo dell'impresa di cui trattasi, previsto dall'art. 65, n. 5, di questo Trattato per le restrizioni più gravi della concorrenza, è identico al limite massimo previsto dall'art. 15, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204). Il Tribunale ricorda, inoltre, che nella fattispecie l'art. 65, n. 5, del Trattato consente di irrogare ammende che possono raggiungere il doppio del fatturato relativo al prodotto considerato.

662.
    Nella parte in cui, nella difesa orale comune, le ricorrenti hanno sottolineato il fatto che le infrazioni non erano dirette a limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, ai sensi dell'art. 65, n. 5, del Trattato, il Tribunale rileva che la Commissione giustamente non ne ha tenuto conto quale circostanza attenuante. Infatti tali restrizioni hanno, nell'economia dell'art. 65, n. 5, del Trattato, la funzione di circostanze aggravanti che consentono di oltrepassare il consueto limite del doppio del fatturato relativo al prodotto considerato. Ebbene, nella fattispecie, l'ammenda è di gran lunga inferiore a tale limite.

— Sul raffronto tra le ammende irrogate nella decisione e quelle irrogate nella decisione cemento

663.
    Nell'ambito della difesa orale comune, si è altresì sostenuto che, nella decisione cemento, la Commissione ha irrogato ammende dell'ordine del 4% del fatturato per infrazioni considerate gravi e durate dieci anni. Le ricorrenti ne deducono, basandosi su una recente comunicazione della Commissione (Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell'articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA, GU 1998, C 9, pag. 3, in prosieguo: gli «orientamenti»), che, nella detta pratica cemento, la Commissione ha applicato, prima di far intervenire aumenti connessi alla durata della infrazioni, un'ammenda base pari al 2%. Ebbene, sulla base del medesimo calcolo, il tasso base raggiungerebbe, nella fattispecie, il 6%. L'entità delle ammende dovrebbe quindi, secondo le ricorrenti, essere ricondotta a un terzo.

664.
    Il Tribunale ritiene che non si possa fare alcun raffronto diretto tra il livello delle ammende contenute nella decisione e quello contenuto nella decisione cemento.

665.
    Anzitutto, il calcolo effettuato nella decisione, che è precedente agli orientamenti, non è stato effettuato facendo ricorso al metodo in essi contenuto e che implica un'ammenda base ed aumenti commisurati alla durata.

666.
    In secondo luogo, la decisione cemento è anch'essa anteriore ai detti orientamenti e in essa non viene indicato che sarebbe stato seguito il metodo da essi previsto.

667.
    In terzo luogo, il Tribunale ritiene che il contesto fattuale e giuridico del caso di specie sia troppo diverso da quello della pratica cemento affinché un raffronto dettagliato sia utile ai fini della determinazione dell'ammenda che deve essere irrogata alla ricorrente nella presente fattispecie.

668.
    Da quanto precede risulta che, fatto salvo quanto segue, il complesso degli argomenti della ricorrente riguardanti l'entità delle ammende deve essere respinto.

Sull'esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza anche di merito

669.
    Occorre ricordare che il Tribunale ha già annullato l'art. 1 della decisione nella parte in cui constata la partecipazione della ricorrente ad un accordo per la fissazione dei prezzi sul mercato tedesco (v. supra, punto 422). L'ammenda irrogata dalla Commissione per questa infrazione è stata stabilita in 47 800 ECU.

670.
    Per le ragioni esposte al precedente punto 451, si deve inoltre escludere il periodo compreso tra il 1. luglio e il 31 dicembre 1988 ai fini del calcolo dell'ammenda relativa all'infrazione consistente nella fissazione di prezzi sul mercato danese, il che corrisponde, nel caso della ricorrente, ad una riduzione dell'ammenda pari a 9 100 ECU, secondo il metodo seguito dalla Commissione.

671.
    Il Tribunale ha del pari annullato la maggiorazione dell'ammenda inflitta alla ricorrente per l'asserito carattere recidivo del suo comportamento, quantificato dalla Commissione nella somma di 1 601 000 ECU, per le ragioni in precedenza esposte (punti 614 e seguenti).

672.
    Infine, per le ragioni già indicate ai punti 640 e seguenti, il Tribunale ritiene che occorra ridurre del 15% l'importo totale dell'ammenda irrogata per gli accordi e le pratiche concordate per la fissazione dei prezzi, per il fatto che la Commissione, in qualche modo, ha esagerato gli effetti anticoncorrenziali delle infrazioni accertate. Tenendo conto delle riduzioni già menzionate per quanto riguarda gli accordi sui mercati tedesco e danese, tale riduzione ammonta secondo il metodo di calcolo utilizzato dalla Commissione a 419 745 ECU.

673.
    In applicazione del metodo di calcolo della Commissione, l'ammenda irrogata alla ricorrente deve essere ridotta di 2 077 645 ECU.

674.
    Per sua natura, la fissazione di un'ammenda ad opera del Tribunale, nell'esercizio della sua competenza anche di merito, non corrisponde a un calcolo aritmetico preciso. Il Tribunale non è tenuto ad attenersi ai calcoli della Commissione, ma deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie.

675.
    Il Tribunale ritiene che l'approccio generale adottato dalla Commissione per determinare il livello delle ammende (v. supra, punto 577) sia giustificato dalle circostanze della fattispecie. Infatti, le infrazioni consistenti nel fissare i prezzi e ripartire i mercati, espressamente vietate dall'art. 65, n. 1, del Trattato, devono essere considerate particolarmente gravi dal momento che esse comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato. Del pari, i sistemi di scambio di informazioni riservate imputati alla ricorrente perseguivano uno scopo analogo a quello di una ripartizione dei mercati secondo i flussi tradizionali. Tutte le infrazioni prese in considerazione ai fini dell'ammenda sono state commesse, dopo la fine del regime di crisi, quando le imprese avevano già ricevuto avvertimenti in proposito. Come il Tribunale ha rilevato, l'obiettivo principale degli accordi e delle pratiche di cui trattasi era appunto quello di impedire o di falsare il ritorno al gioco normale della concorrenza, che era inerente alla scomparsa del regime di crisi manifesta. Inoltre, le imprese erano a conoscenza della loro illiceità e li hanno scientemente occultati alla Commissione.

676.
    Tenuto conto, da un lato, di quel che precede, e, d'altro lato, dell'entrata in vigore, il 1. gennaio 1999, del regolamento (CE) del Consiglio 17 giugno 1997, n. 1103, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro, l'importo dell'ammenda deve essere fissato a 4 000 000 euro.

Sulla domanda diretta all'annullamento dell'art. 3 della decisione

677.
    La ricorrente fa valere che l'obbligo impostole dall'art. 3 della decisione di astenersi dal ripetere o dal perpetuare gli atti o i comportamenti specificati all'art. 1 e dall'adottare qualsiasi misura d'effetto equivalente deve essere dichiarato nullo in conseguenza dell'annullamento dell'art. 1 della decisione. Tale disposizione sarebbe, inoltre, priva di senso per quanto riguarda la ricorrente, dal momento che essa avrebbe dismesso la propria produzione di travi nel 1993, circostanza della quale la Commissione sarebbe stata informata.

678.
    Il Tribunale ritiene che la Commissione potesse correttamente inserire, nel dispositivo della decisione, l'ingiunzione prevista dall'art. 3, dato che, in particolare, la ricorrente ha contestato le infrazioni di cui trattasi e non si è impegnata a non reiterare il suo comportamento anticoncorrenziale. La circostanza che la ricorrente abbia dismesso la propria produzione di travi non preclude alla Commissione di

prevedere un'ingiunzione ai termini della quale l'obbligo di «porre immediatamente fine alle infrazioni» riguarda solo le imprese e le associazioni considerate solo «[q]ualora non vi abbiano già provveduto».

679.
    Il capo della domanda riguardante l'annullamento dell'art. 3 del dispositivo deve essere quindi respinto.

Sulla domanda in subordine diretta all'annullamento della Lettera

680.
    La ricorrente fa valere che la Lettera prevede, nel caso di ricorso giurisdizionale, una maggiorazione del tasso di interesse previsto dall'art. 5 della decisione di un punto e mezzo in caso di pagamento rateizzato (intendendosi con tale tasso quello utilizzato dal Fondo europeo di cooperazione monetaria nell'ambito delle sue operazioni in ECU il mese precedente la scadenza di ciascun pagamento annuale, in prosieguo: il «tasso FECOM»). Tale differenza obbligherebbe la ricorrente a sopportare un onere finanziario notevolmente più ingente di quello che avrebbe sopportato se essa non avesse impugnato la decisione e non sarebbe stata adeguatamente motivata. Tale differenza costituirebbe inoltre uno sviamento di potere poiché, senza essere giustificata da ragioni economiche, essa sarebbe diretta ad impedire alle imprese di avvalersi del loro diritto alla tutela giurisdizionale, garantito dagli artt. 33 e 36 del Trattato, o a penalizzarle in caso di fallimento del loro ricorso. Infine, essa violerebbe il principio della parità di trattamento, in quanto creerebbe una discriminazione tra le imprese a seconda del fatto che esse impugnino o no la decisione dinanzi al Tribunale. Al riguardo, la ricorrente sostiene che la situazione delle imprese che hanno proposto un ricorso e chiesto la sospensione della riscossione dell'ammenda durante la durata del procedimento deve essere raffrontata con la situazione delle imprese che accettano la decisione e pagano l'ammenda entro i termini. Per contro, essa non può, a suo parere, essere raffrontata con quella delle imprese che, senza aver impugnato la decisione, non rispettano i detti termini. Nulla infatti consentirebbe di supporre che le imprese che hanno proposto un ricorso non ottempereranno alla sentenza del Tribunale, o se del caso della Corte, che respinga tale ricorso. Secondo la ricorrente, solo in caso contrario che una maggiorazione del tasso di interesse sarebbe giustificata.

681.
    Dal dettato dell'art. 5 della decisione e della Lettera, nonché dalle spiegazioni fornite in corso di causa dalla convenuta, risulta che un'impresa che abbia scelto di pagare l'ammenda a rate e di proporre un ricorso è assoggettata ad un tasso di base FECOM fino alla scadenza di ciascuna rata, dopodiché può scegliere di pagare la rata scaduta oppure di passare, per tale rata, al tasso FECOM maggiorato dell'1,5% fino alla pronuncia della sentenza. Di conseguenza, l'applicazione di un tasso d'interesse maggiorato di un punto e mezzo percentuale non dipende dalla proposizione di un ricorso dinanzi al Tribunale, ma soltanto dall'eventuale ritardo nel pagamento dell'ammenda, connesso al fatto che l'interessato non ha pagato alla scadenza e ha preferito accettare l'offerta, fatta

dalla Commissione nella Lettera, di sospendere l'esazione dell'ammenda fino alla pronuncia della sentenza.

682.
    Si deve, al riguardo, sottolineare che, ai sensi dell'art. 39 del Trattato, i ricorsi proposti dinanzi al Tribunale non hanno effetto sospensivo. Ne consegue che la Commissione non può essere tenuta a trattare allo stesso modo un'impresa che, avendo proposto o no un ricorso, adempia il pagamento dell'ammenda alla data normale di esigibilità, eventualmente avvalendosi delle modalità di pagamento rateizzato al tasso d'interesse preferenziale che, come nella fattispecie, le sia stato offerto dalla Commissione, e un'impresa che desideri differire tale pagamento fino alla pronuncia della sentenza definitiva. Salvo che in circostanze eccezionali, l'applicazione di interessi moratori al tasso normale deve essere considerata giustificata in quest'ultimo caso (v. sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punto 141, e ordinanze del presidente della Corte 6 maggio 1982, causa 107/82 R, AEG/Commissione, Racc. pag. 1549, e 7 marzo 1986, causa 392/85 R, Finsider/Commissione, Racc. pag. 959).

683.
    Si deve del pari rilevare che la possibilità offerta alle imprese interessate di pagare la loro ammenda in cinque rate annuali soggette, fino alla data di esigibilità, al tasso di base FECOM, insieme alla possibilità di ottenere una sospensione dei provvedimenti di riscossione in caso di ricorso, costituisce un vantaggio rispetto alla formula tradizionalmente utilizzata dalla Commissione in caso di ricorso proposto dinanzi al giudice comunitario. Infatti, risulta dalla linea di condotta generale adottata dalla Commissione che il tasso di interesse da essa preteso in caso di sospensione del pagamento dell'ammenda è pari al tasso applicato dal FECOM alla sue operazioni in ECU il mese precedente l'adozione della decisione di cui trattasi, maggiorato di un punto e mezzo. Ebbene, l'opzione del pagamento rateizzato, ritardando la data di esigibilità dei quattro quinti dell'ammenda, ha l'effetto di rinviare nel tempo l'applicazione di questo tasso.

684.
    Il capo della domanda diretto all'annullamento della Lettera deve pertanto essere respinto in quanto infondato, senza che sia necessario statuire sulla questione se la detta lettera costituisca una decisione autonoma, impugnabile nell'ambito di un ricorso d'annullamento.

Sulle spese

685.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi. Poiché il ricorso è stato accolto soltanto parzialmente, il Tribunale ritiene che sia fatta un'equa valutazione delle circostanze decidendo che la parte ricorrente sopporterà le proprie spese nonché la metà delle spese sostenute dalla Commissione e che quest'ultima sopporterà l'altra metà delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1.
    L'art. 1 della decisione della Commissione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 65 del Trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi, è annullato nella parte in cui accerta a carico della ricorrente la sua partecipazione ad un accordo per la fissazione dei prezzi sul mercato tedesco della durata di tre mesi.

2.
    L'importo dell'ammenda inflitta alla ricorrente nell'art. 4 della decisione 94/215 è fissato in 4 400 000 Euro.

3.
    Il ricorso è respinto per il resto.

4.
    La ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché la metà delle spese sostenute dalla convenuta. La convenuta sopporterà la metà delle proprie spese.

Bellamy

Potocki
Pirrung

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 marzo 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

C.W. Bellamy

Indice

     Fatti all'origine del ricorso

II - 2

         A — Osservazioni preliminari

II - 2

         B — Rapporti tra l'industria siderurgica e la Commissione tra il 1970 e il 1990

II - 3

             Crisi degli anni '70 e creazione della Eurofer

II - 3

             Regime delle quote istituito dal 1980 al 1988

II - 4

             Avvenimenti precedenti la fine del regime di crisi manifesta, il 30 giugno 1988

II - 8

             Sistema di sorveglianza applicato a decorrere dal 1. luglio 1988

II - 12

             Decisione «acciaio inossidabile» del 18 luglio 1990

II - 14

             Considerazioni effettuate dalla Commissione, a partire dal 1990, sul futuro del Trattato CECA

II - 14

         C — Procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione

II - 15

         D — La decisione

II - 16

     Procedimento dinanzi al Tribunale, sviluppi successivi alla presentazione del ricorso e conclusioni delle parti

II - 19

     Sulla domanda diretta all'annullamento dell'art. 1 della decisione

II - 23

        A — Sulla violazione dei diritti procedurali della ricorrente

II - 24

             Sulla mancata trasmissione di tutti i documenti ai quali fa riferimento la decisione

II - 24

                 Sintesi degli argomenti della ricorrente

II - 24

                 Giudizio del Tribunale

II - 24

                     — Sui documenti la cui mancata trasmissione è stata fatta valere per la prima volta nell'atto introduttivo del ricorso

II - 26

             Sulla violazione del «principio dell'inchiesta d'ufficio» e del diritto ad un equo procedimento

II - 27

             Sulla corrispondenza testuale tra la decisione e la comunicazione degli addebiti

II - 33

         B — Sulla violazione delle forme sostanziali

II - 34

             Sintesi degli argomenti della ricorrente

II - 34

             Giudizio del Tribunale

II - 36

                 Sulla ricevibilità

II - 36

                 Sull'assenza del quorum

II - 37

                 Sulla mancata corrispondenza formale tra la decisione adottata e quella notificata alla ricorrente

II - 40

                 Sulla mancata autenticazione della decisione

II - 42

                 Sulla mancata indicazione della data della sottoscrizione del verbale

II - 43

         C — Sulla violazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato

II - 44

             Sulla fissazione dei prezzi (prezzi obiettivo) nell'ambito della commissione travi

II - 44

                 1. Sulla realtà dei fatti

II - 45

                     — Osservazioni preliminari

II - 45

                     — Accordi che si asseriscono conclusi nel 1986 e nel 1987

II - 47

                     — Accordo riguardante i prezzi in Germania e Francia che si asserisce concluso prima del 2 febbraio 1988

II - 48

                     — Prezzi obiettivo che si asseriscono fissati prima del 25 luglio 1988

II - 48

                     — Prezzi obiettivo che si asseriscono fissati il 18 ottobre 1988

II - 49

                     — Prezzi obiettivo che si asseriscono stabiliti nel corso della riunione del 10 gennaio 1989

II - 51

                     — Prezzi obiettivo per i mercati italiano e spagnolo che si asseriscono decisi nel corso della riunione del 7 febbraio 1989

II - 52

                     — Prezzi obiettivo che si asseriscono decisi nel corso della riunione del 19 aprile 1990

II - 53

                     — Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito con decorrenza dal mese di giugno del 1989

II - 54

                     — Accordo che si asserisce raggiunto nel corso della riunione dell'11 luglio 1989, al fine di riportare al quarto trimestre, per il mercato tedesco, i prezzi obiettivo del terzo trimestre del medesimo anno

II - 55

                     — Decisione, che si asserisce adottata nel corso della riunione del 12 dicembre 1989, riguardante i prezzi obiettivo da raggiungere nel primo trimestre del 1990

II - 56

                     — Fissazione dei prezzi per la categoria 2 C nel mercato francese, rivelata dall'annuncio dell'Unimétal nel corso della riunione del 14 febbraio 1990

II - 57

                     — Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito nel secondo trimestre del 1990

II - 58

                     — Fissazione dei prezzi applicabili nel Regno Unito nel terzo trimestre del 1990

II - 59

                     — Perizia economica presentata dalla ricorrente

II - 60

                     — Conclusioni

II - 61

                 2. Sulla qualificazione giuridica dei fatti

II - 61

                     a) Sulla qualificazione dei comportamenti censurati alla luce delle categorie di intese di cui all'art. 65, n. 1, del Trattato

II - 62

                     b) Sullo scopo e sull'effetto delle intese e delle pratiche concordate addebitate

II - 66

                     c) Sulla qualificazione dei comportamenti censurati alla luce del criterio relativo al «gioco normale della concorrenza»

II - 67

                     Sintesi degli argomenti della ricorrente

II - 67

                     Giudizio del Tribunale

II - 71

                     — Il contesto nel quale si inserisce l'art. 65, n. 1, del Trattato

II - 71

                     — Art. 60 del Trattato

II - 72

                     — Artt. 46-48 del Trattato

II - 74

             Sugli accordi inerenti all'armonizzazione degli extra

II - 75

             Sulla ripartizione dei mercati operata nell'ambito del «metodo Traverso»

II - 77

                 Giudizio del Tribunale

II - 78

                     — Sulla prima fase del metodo Traverso (quarto trimestre del 1988)

II - 78

                     — Sulla seconda fase del metodo Traverso (primo trimestre del 1990)

II - 80

             Sull'accordo recante ripartizione del mercato francese nel quarto trimestre del 1989

II - 81

             Sugli scambi di informazioni all'interno della commissione travi (monitoraggio degli ordinativi e delle consegne) e per il tramite della Walzstahl-Vereinigung

II - 85

                 1. Sulla materialità dei fatti

II - 86

                 2. Sulla qualificazione giuridica dei fatti

II - 87

                     Sintesi degli argomenti delle parti

II - 87

                     Giudizio del Tribunale

II - 89

                     — Sulla natura dell'infrazione contestata alla ricorrente

II - 89

                     — Sul carattere anticoncorrenziale del monitoraggio

II - 91

             Sulle pratiche relative ai diversi mercati

II - 94

                 1. Fissazione dei prezzi sul mercato tedesco

II - 94

                 2. Fissazione dei prezzi sul mercato italiano

II - 97

             Sulla fissazione dei prezzi sul mercato danese, nell'ambito delle attività del gruppo Eurofer/Scandinavia

II - 98

             Conclusioni

II - 103

         D — Sul coinvolgimento della Commissione nelle infrazioni addebitate alla ricorrente

II - 104

             Sintesi degli argomenti della ricorrente

II - 104

             Resoconto dell'audizione dei testimoni

II - 109

             Giudizio del Tribunale

II - 113

                 Osservazioni preliminari

II - 113

                 Sul comportamento della Commissione durante il periodo di crisi

II - 114

                 Sul persistere, successivamente al periodo di crisi manifesta, dei malintesi riguardo all'interpretazione o all'applicazione dell'art. 65, n. 1, del Trattato

II - 116

                 Sul coinvolgimento della DG III nelle infrazioni constatate dopo la fine del regime di crisi manifesta

II - 118

                     — Accordi per la fissazione dei prezzi

II - 120

                     Accordi sull'armonizzazione degli extra

II - 122

                     — Accordi per la ripartizione dei mercati

II - 122

                     — Scambi di informazioni sugli ordini e sulle consegne

II - 124

                     — Altri accordi

II - 126

                     — Conclusioni

II - 126

                 Sulla liceità delle attività imputate alla ricorrente sotto il profilo, in particolare, degli artt. 46-48 del Trattato

II - 127

         E — Sullo sviamento di potere

II - 129

     Sulla domanda in subordine, diretta all'annullamento dell'art. 4 della decisione o, quanto meno, alla riduzione dell'entità dell'ammenda

II - 130

         A — Osservazioni preliminari

II - 130

         B — Sull'assenza di colpa della parte ricorrente, sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e sulla mancata adozione di misure transitorie dopo la fine del regime di crisi manifesta

II - 132

         C — Sul carattere sproporzionato dell'ammenda

II - 134

             Sintesi degli argomenti delle parti

II - 134

             Giudizio del Tribunale

II - 136

                 Sugli argomenti avanzati dalla ricorrente

II - 137

                     — Sulla motivazione della decisione per quanto riguarda l'ammenda

II - 137

                     — Sulla maggiorazione dell'ammenda per «recidiva»

II - 139

                     — Sulla situazione economica della ricorrente e dell'industria siderurgica

II - 141

                     — Sull'impatto economico delle infrazioni

II - 142

                     — Sulla circostanza aggravante connessa alla consapevolezza dell'illiceità dei comportamenti censurati

II - 145

                     — Sull'ammenda irrogata alla ricorrente per la partecipazione ai sistemi di scambio di informazioni

II - 145

                     — Sulla duplice applicazione del tasso base preso in considerazione ai fini dell'ammenda

II - 146

                     — Sul livello generale delle ammende accolto nella decisione rispetto ad altre decisioni CECA della Commissione e rispetto alle disposizioni dell'art. 65, n. 5, del Trattato

II - 147

                     — Sul raffronto tra le ammende irrogate nella decisione e quelle irrogate nella decisione cemento

II - 148

                 Sull'esercizio, da parte del Tribunale, della sua competenza anche di merito

II - 149

     Sulla domanda diretta all'annullamento dell'art. 3 della decisione

II - 150

     Sulla domanda in subordine diretta all'annullamento della Lettera

II - 151

     Sulle spese

II - 152


1: Lingua processuale: il tedesco.

Racc.


2: —     Data riportata nelle versioni francese e spagnola della Decisione. Le versioni tedesca e inglese riportano la data 31 dicembre 1988.