Language of document : ECLI:EU:T:2022:725

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

23 novembre 2022 (*)

«Ambiente e protezione della salute umana – Regolamento (CE) n. 1272/2008 – Classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele – Regolamento delegato (UE) 2020/217 – Classificazione del biossido di titanio in polvere contenente l’1% o più di particelle con diametro inferiore o pari a 10 μm – Criteri di classificazione di una sostanza come cancerogena – Affidabilità e accettabilità degli studi – Sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro – Calcolo del sovraccarico polmonare in particelle – Errori manifesti di valutazione»

Nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 e nella causa T‑283/20,

CWS Powder Coatings GmbH, con sede in Düren (Germania), rappresentata da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

ricorrente nella causa T‑279/20,

sostenuta da

Billions Europe Ltd, con sede in Stockton-on-Tees (Regno Unito), e dalle altre parti intervenienti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentate da J.-P. Montfort, T. Delille e P. Chopova-Leprêtre, avvocati,

da

Ettengruber GmbH Abbruch und Tiefbau, con sede in Dachau (Germania),

Ettengruber GmbH Recycling und Verwertung, con sede in Dachau,

rappresentate da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

e da

TIGER Coatings GmbH & Co. KG, con sede in Wels (Austria), rappresentata da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

intervenienti nella causa T‑279/20,

Billions Europe Ltd, con sede in Stockton-on-Tees, e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (2), rappresentate da J.‑P. Montfort, T. Delille e P. Chopova-Leprêtre, avvocati,

ricorrenti nella causa T‑283/20,

sostenute da

Conseil européen de l’industrie chimique – European Chemical Industry Council (Consiglio Europeo delle Industrie Chimiche; Cefic), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentato da D. Abrahams, Z. Romata e H. Widemann, avvocati,

da

Conseil européen de l’industrie des peintures, des encres d’imprimerie et des couleurs d’art (Consiglio europeo dell’industria delle vernici, degli inchiostri da stampa e dei colori per belle arti; CEPE), con sede in Bruxelles,

British Coatings Federation Ltd (BCF), con sede in Coventry (Regno Unito),

American Coatings Association, Inc. (ACA), con sede in Washington, DC (Stati Uniti),

rappresentati da D. Waelbroeck e I. Antypas, avvocati,

e da

Mytilineos SA, con sede in Maroussi (Grecia),

Delfi-Distomon Anonymos Metalleftiki Etaireia, con sede in Maroussi,

rappresentate da J.-P. Montfort, T. Delille e P. Chopova-Leprêtre, avvocati,

intervenienti nella causa T‑283/20,

Brillux GmbH & Co. KG, con sede in Münster (Germania),

Daw SE, con sede in Ober-Ramstadt (Germania),

rappresentate da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

ricorrenti nella causa T‑288/20,

sostenute da

Billions Europe Ltd, con sede in Stockton-on-Tees, e dalle altre parti intervenienti i cui nomi figurano in allegato (3), rappresentate da J.‑P. Montfort, T. Delille e P. Chopova-Leprêtre, avvocati,

da

Sto SE & Co. KGaA, con sede in Stühlingen (Germania), rappresentata da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

e da

Rembrandtin Coatings GmbH, con sede in Vienna (Austria), rappresentata da R. van der Hout, C. Wagner e V. Lemonnier, avvocati,

intervenienti nella causa T‑288/20,

contro

Commissione europea, rappresentata, nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, da S. Delaude, R. Lindenthal e M. Noll-Ehlers e, nella causa T‑283/20, da A. Dawes, S. Delaude e R. Lindenthal, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Regno di Danimarca, rappresentato da M. Søndahl Wolff, in qualità di agente,

da

Repubblica francese, rappresentata, nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, da T. Stéhelin, W. Zemamta, G. Bain e J.-L. Carré e, nella causa T‑283/20, da E. de Moustier e M. Zemamta, in qualità di agenti,

da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato, nella causa T‑279/20, da M. Bulterman e C. Schillemans, nella causa T‑283/20, da M. Bulterman e J. Langer e, nella causa T‑288/20, da M. Bulterman, J. Langer e C. Schillemans, in qualità di agenti,

da

Regno di Svezia, rappresentato, nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, da C. Meyer-Seitz e, nella causa T‑283/20, da O. Simonsson, C. Meyer-Seitz, A. Runeskjöld, M. Salborn Hodgson, H. Shev, H. Eklinder e R. Shahsavan Eriksson, in qualità di agenti,

da

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da A. Hautamäki e J.-P. Trnka, in qualità di agenti,

intervenienti nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 e nella causa T‑283/20,

da

Repubblica di Slovenia, rappresentata da V. Klemenc, in qualità di agente,

interveniente nella causa T‑283/20,

da

Parlamento europeo, rappresentato da C. Ionescu Dima, W. Kuzmienko e B. Schäfer, in qualità di agenti,

e da

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da A.-L. Meyer e T. Haas, in qualità di agenti,

intervenienti nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto, in sede di deliberazione, da M.J. Costeira (relatrice), presidente, M. Kancheva, T. Perišin, P. Zilgalvis e I. Dimitrakopoulos, giudici,

cancelliere: S. Jund e I. Kurme, amministratrici

vista la fase scritta del procedimento, in particolare l’ordinanza dell’11 marzo 2022 di riunione delle cause T‑279/20 e T‑288/20 ai fini della fase orale del procedimento e della decisione che definisce il giudizio,

a seguito delle udienze del 12 maggio 2022, nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, e del 18 maggio 2022, nella causa T‑283/20,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i loro ricorsi fondati sull’articolo 263 TFUE, le ricorrenti, la CWS Powder Coatings GmbH (in prosieguo: la «prima ricorrente»), la Billions Europe Ltd e le altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (in prosieguo: le «seconde ricorrenti») e la Brillux GmbH & Co. KG e la Daw SE (in prosieguo: le «terze ricorrenti»), chiedono l’annullamento del regolamento delegato (UE) 2020/217 della Commissione, del 4 ottobre 2019, che modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, il regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele e che rettifica lo stesso regolamento (GU 2020, L 44, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), in merito alla classificazione e all’etichettatura armonizzate del biossido di titanio in polvere contenente ≥ 1% di particelle con diametro ≤ 10 μm.

I.      Fatti

2        Le ricorrenti sono fabbricanti, importatrici, utilizzatrici a valle e fornitrici di biossido di titanio.

3        Il biossido di titanio è una sostanza chimica inorganica, la cui formula molecolare è TiO2, che può trovarsi in natura o essere prodotta industrialmente e che è utilizzata, in particolare sotto forma di pigmento bianco, per le sue proprietà coloranti e coprenti, in vari prodotti, quali pitture, materiali di rivestimento, vernici, plastiche, carta laminata, cosmetici, medicinali o giocattoli.

4        Nel maggio 2016 l’agenzia nazionale francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro (ANSES, Francia; in prosieguo: l’«autorità francese competente») ha sottoposto all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), conformemente all’articolo 37, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE e che reca modifica al regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU 2008, L 353, pag. 1), un fascicolo contenente una proposta di classificazione e di etichettatura armonizzate del biossido di titanio in quanto sostanza cancerogena di categoria 1B per inalazione (Carc. 1B, H350i) (in prosieguo: la «proposta di classificazione»).

5        Il 31 maggio 2016 il fascicolo sottoposto all’ECHA dall’autorità francese competente è stato pubblicato, conformemente all’articolo 37, paragrafo 4, del regolamento n. 1272/2008. Diverse parti interessate hanno presentato le loro osservazioni entro il termine impartito.

6        Il 14 settembre 2017, conformemente all’articolo 37, paragrafo 4, del regolamento n. 1272/2008, il comitato per la valutazione dei rischi dell’ECHA (in prosieguo: il «CVR») ha adottato un parere relativo al biossido di titanio (in prosieguo: il «parere del CVR»). Il parere del CVR, adottato per consenso, ha concluso che la classificazione del biossido di titanio come sostanza cancerogena di categoria 2, con la menzione di pericolo «H351 (inalazione)», era giustificata.

7        Sulla base del parere del CVR, la Commissione europea ha elaborato un progetto di regolamento relativo alla classificazione e all’etichettatura armonizzate, in particolare del biossido di titanio, che è stato sottoposto a consultazione pubblica nel periodo compreso tra l’11 gennaio e l’8 febbraio 2019.

8        Il 18 febbraio 2020, sulla base del parere del CVR, la Commissione ha adottato il regolamento impugnato, con il quale ha proceduto, in particolare, alla classificazione e all’etichettatura armonizzate del biossido di titanio (considerando 2 e 5 del regolamento impugnato).

9        A tale riguardo, in primo luogo, il regolamento impugnato ha inserito, nell’allegato VI, parte 3, tabella 3, del regolamento n. 1272/2008, che contiene l’elenco delle classificazioni e delle etichettature armonizzate, una nuova linea contenente l’identificazione chimica «biossido di titanio (in polvere contenente ≥ 1% di particelle con diametro ≤ 10 μm)», la classe di pericolo «cancerogenicità», la categoria di pericolo «2», il codice di pittogramma di pericolo «GHS 08 Wng» e il codice di indicazione di pericolo «H351 (inalazione)» [articolo 1, punto 3, e allegato III, punto 2, lettera c), del regolamento impugnato].

10      Inoltre, il regolamento impugnato ha aggiunto, nell’allegato VI, parte 1, punto 1.1.3.1, del regolamento n. 1272/2008, la seguente nota [articolo 1, punto 3, e allegato III, punto 1, lettera a), del regolamento impugnato]:

«Nota W:

È stato osservato che il pericolo di cancerogenicità della sostanza sorge quando il quantitativo di polveri respirabili inalato è tale da compromettere in misura significativa i meccanismi polmonari di espulsione delle particelle.

La presente nota mira a descrivere la particolare tossicità della sostanza e non costituisce un criterio di classificazione a norma del presente regolamento» (in prosieguo: la «nota W»).

11      In secondo luogo, il regolamento impugnato ha aggiunto, nell’allegato VI, parte 1, punto 1.1.3.2, del regolamento n. 1272/2008, la seguente nota [articolo 1, punto 3, e allegato III, punto 1, lettera b), del regolamento impugnato]:

«Nota 10:

La classificazione come cancerogeno per inalazione si applica unicamente alle miscele sotto forma di polveri contenenti ≥ 1% di biossido di titanio sotto forma di, o incorporato in, particelle con diametro aerodinamico ≤ 10 μm».

12      In terzo luogo, il regolamento impugnato ha inserito, nell’allegato II, parte 2, del regolamento n. 1272/2008, un nuovo punto 2.12 relativo alle indicazioni EUH211 ed EUH212 che deve recare l’etichetta dell’imballaggio delle miscele, rispettivamente, liquide e solide, contenenti biossido di titanio. Tale punto 2.12 è formulato come segue (articolo 1, punto 1, e allegato I del regolamento impugnato):

«2.12. Miscele contenenti biossido di titanio

L’etichetta dell’imballaggio delle miscele liquide contenenti ≥ 1% di particelle di biossido di titanio di diametro aerodinamico pari o inferiore a 10 μm deve recare la seguente indicazione:

EUH211: “Attenzione! In caso di vaporizzazione possono formarsi goccioline respirabili pericolose. Non respirare i vapori o le nebbie”.

L’etichetta dell’imballaggio delle miscele solide contenenti ≥ 1% di biossido di titanio deve recare la seguente indicazione:

EUH212: “Attenzione! In caso di utilizzo possono formarsi polveri respirabili pericolose. Non respirare le polveri”.

Inoltre, l’etichetta dell’imballaggio delle miscele liquide e solide non destinate alla vendita al pubblico e non classificate come pericolose che sono etichettate con l’indicazione EUH211 o EUH212 deve recare l’indicazione EUH210».

13      In quarto luogo, il regolamento impugnato ha inserito, nell’allegato III, parte 3, del regolamento n. 1272/2008, relativo agli «elementi dell’etichetta e informazioni supplementari per talune miscele», dette indicazioni di pericolo EUH211 ed EUH212 in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea (articolo 1, punto 2, e allegato II del regolamento impugnato).

14      Inoltre, il regolamento impugnato ha introdotto, attualizzato o soppresso la classificazione e l’etichettatura armonizzate di alcune altre sostanze, sulla base di altri pareri adottati dal CVR (considerando 3, 4, 6 e 8 e articolo 1 del regolamento impugnato).

15      Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento impugnato, le modifiche al regolamento n. 1272/2008, relativo alla classificazione e all’etichettatura armonizzate del biossido di titanio in polvere contenente l’1% o più di particelle con diametro inferiore o pari a 10 μm (in prosieguo: la «classificazione e l’etichettatura contestate»), sono applicabili a decorrere dal 1° ottobre 2021.

II.    Conclusioni delle parti

16      La prima ricorrente, sostenuta dalle seconde ricorrenti, dalla Ettengruber GmbH Abbruch und Tiefbau, dalla Ettengruber GmbH Recycling und Verwertung e dalla TIGER Coatings GmbH & Co. KG, le seconde ricorrenti, sostenute dal Conseil européen de l’industrie chimique – European Chemical Industry Council (Consiglio Europeo delle Industrie Chimiche; Cefic), dal Conseil européen de l’industrie des peintures, des encres d’imprimerie et des couleurs d’art (Consiglio europeo dell’industria delle vernici, degli inchiostri da stampa e dei colori per belle arti; CEPE), dalla British Coatings Federation Ltd (BCF), dall’American Coatings Association, Inc. (ACA), dalla Mytilineos SA e dalla Delfi-Distomon Anonymos Metalleftiki Etaireia, e le terze ricorrenti, sostenute dalle seconde ricorrenti, dalla Sto SE & Co. KGaA e dalla Rembrandtin Coatings GmbH, chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte relativa alla classificazione e all’etichettatura contestate;

–        condannare la convenuta alle spese.

17      La Commissione, sostenuta dal Regno di Danimarca, dalla Repubblica francese, dal Regno dei Paesi Bassi, dal Regno di Svezia, dalla Repubblica di Slovenia e dall’ECHA, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

18      Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea chiedono, a sostegno della Commissione, il rigetto dell’eccezione di illegittimità sollevata nell’ambito del nono motivo nella causa T‑279/20 e nella causa T‑288/20.

III. In diritto

19      Dopo che le parti sono state sentite al riguardo e non hanno sollevato obiezioni, il Tribunale decide di riunire la causa T‑283/20 alle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 ai fini della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

20      A sostegno dei loro ricorsi, la prima e la terza ricorrente sollevano, rispettivamente nella causa T‑279/20 e nella causa T‑288/20, gli stessi nove motivi, che coincidono per la maggior parte con i sei motivi dedotti dalle seconde ricorrenti nell’ambito della causa T‑283/20. In sostanza, i motivi possono essere presentati come segue.

21      In primo luogo, nell’ambito del secondo motivo, della prima e della quinta parte del settimo motivo e dell’ottavo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 e degli argomenti sollevati dalle seconde ricorrenti nell’ambito delle loro memorie di intervento in tali cause, nonché del primo motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti e gli intervenienti a loro sostegno fanno valere, in sostanza, che la classificazione e l’etichettatura contestate sono viziate da errori manifesti di valutazione e che non rispettano i criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione di una sostanza come cancerogena.

22      In secondo luogo, nell’ambito del terzo e del quarto motivo, della settima e dell’ottava parte del settimo motivo e dell’ottavo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché del secondo motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che l’imposizione delle indicazioni EUH211 e EUH212 sull’etichetta delle miscele liquide e solide contenenti biossido di titanio viola l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1272/2008 nonché il principio della certezza del diritto.

23      In terzo luogo, nell’ambito del sesto motivo e della sesta parte del settimo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché del terzo motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti sostengono che la classificazione e l’etichettatura contestate violano il principio di proporzionalità.

24      In quarto luogo, nell’ambito del quinto motivo e della seconda parte del settimo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché del sesto motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti deducono la violazione dell’accordo interistituzionale del 13 aprile 2016 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea «Legiferare meglio» (GU 2016, L 123, pag. 1) e l’assenza di una valutazione d’impatto prima dell’adozione del regolamento impugnato.

25      In quinto luogo, nell’ambito della terza parte del settimo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché del quarto motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha esercitato, a torto, il suo potere discrezionale e che ha violato l’obbligo di diligenza. Tali motivi coincidono per la maggior parte con quelli menzionati al precedente punto 21, in quanto vertono su errori manifesti di valutazione.

26      In sesto luogo, nell’ambito del primo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, la prima ricorrente e le terze ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 53 quater del regolamento n. 1272/2008, nell’ambito della quarta parte del settimo motivo, deducono la violazione del principio della parità di trattamento e, nell’ambito del nono motivo, deducono, in subordine e in via di eccezione, l’inapplicabilità del regolamento n. 1272/2008 per violazione dell’articolo 290 TFUE.

27      In settimo luogo, nell’ambito del quinto motivo nella causa T‑283/20, le seconde ricorrenti deducono la violazione dell’articolo 37, paragrafo 4, del regolamento n. 1272/2008, del principio di buona amministrazione e del diritto di essere ascoltati.

A.      Considerazioni preliminari sulla classificazione e sull’etichettatura armonizzate delle sostanze nella classe di pericolo di cancerogenicità

28      In via preliminare, occorre constatare che, conformemente al suo considerando 1 e al suo articolo 1, paragrafo 1, il regolamento n. 1272/2008 ha lo scopo di garantire un elevato livello di protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente e la libera circolazione delle sostanze chimiche, delle miscele e di taluni articoli specifici nel mercato dell’Unione. Come risulta in particolare dai suoi considerando da 5 a 8, 10 e 27, l’obiettivo di tale regolamento è di determinare quali proprietà intrinseche di una sostanza permettano di classificarla come pericolosa, affinché i pericoli che tali sostanze (e le miscele che contengono tali sostanze) comportano possano essere adeguatamente identificati e resi noti. A tal fine, conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), detto regolamento mira, tra l’altro, ad «armonizza[re] i criteri per la classificazione delle sostanze e delle miscele e le norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose».

29      Inoltre, dai considerando da 4 a 8 del regolamento n. 1272/2008 risulta che il legislatore dell’Unione ha inteso contribuire all’armonizzazione globale dei criteri di classificazione ed etichettatura non solo nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, ma anche inserendo nel diritto dell’Unione i criteri del Sistema mondiale armonizzato di classificazione ed etichettatura delle sostanze chimiche (Globally Harmonised System of Classification and Labelling of Chemicals; in prosieguo: il «GHS») concordati sul piano internazionale. A tal fine, l’allegato I di detto regolamento riproduce in modo identico la quasi totalità delle disposizioni del GHS (sentenza del 22 novembre 2017, Commissione/Bilbaína de Alquitranes e a., C‑691/15 P, EU:C:2017:882, punto 42).

30      Per quanto riguarda la classificazione delle sostanze e delle miscele pericolose, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 1272/2008, una sostanza o una miscela che corrisponde ai criteri relativi ai pericoli fisici, per la salute o per l’ambiente definiti nell’allegato I è considerata pericolosa ed è classificata nelle rispettive classi di pericolo contemplate in detto allegato.

31      A tale riguardo, il titolo V del regolamento n. 1272/2008 prevede una procedura di armonizzazione, in tutta l’Unione, della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze, la quale ha ad oggetto le sostanze che soddisfano i criteri di cui all’allegato I per i pericoli di cui all’articolo 36, paragrafo 1, di tale regolamento, compreso il pericolo della cancerogenicità. Tale regolamento prevede altresì, in particolare agli articoli 5, 9 e 13, un obbligo di autoclassificazione imposto ai fabbricanti, agli importatori e agli utilizzatori a valle, che riguarda le sostanze nonché le miscele.

32      La procedura di armonizzazione della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze è anzitutto avviata, dai fabbricanti, dagli importatori e dagli utilizzatori a valle di una sostanza o dall’autorità competente di uno Stato membro, presentando una proposta dinanzi all’ECHA, conformemente all’articolo 37, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1272/2008. In seguito, il CVR adotta un parere sulla proposta presentata, dando modo alle parti interessate di formulare osservazioni, e l’ECHA trasmette tale parere e tutte le osservazioni alla Commissione, conformemente allo stesso articolo 37, paragrafo 4. Infine, qualora la Commissione ritenga che l’armonizzazione della classificazione e dell’etichettatura della sostanza di cui trattasi sia appropriata, essa adotta un atto delegato, conformemente all’articolo 37, paragrafo 5, e all’articolo 53 bis di tale regolamento, per modificare l’allegato VI includendo la sostanza in questione unitamente ai corrispondenti elementi di classificazione ed etichettatura nella sua tabella 3, parte 3, dell’allegato VI dello stesso regolamento.

33      Le suddette classificazione ed etichettatura armonizzate delle sostanze, in applicazione del titolo V del regolamento n. 1272/2008, mirano a determinare quali proprietà intrinseche di una sostanza permettano di classificarla come pericolosa, affinché i pericoli che tali sostanze, nonché le miscele che contengono simili sostanze, comportano possano essere adeguatamente identificati e resi noti.

34      Per quanto riguarda il pericolo della cancerogenicità, l’articolo 36, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1272/2008 prevede che, se una sostanza soddisfa i criteri di cui all’allegato I di tale regolamento per il pericolo della cancerogenicità, essa è di norma oggetto di classificazione ed etichettatura armonizzate. Tali criteri sono definiti nell’allegato I, parte 3, sezione 3.6, del regolamento n. 1272/2008.

35      In particolare, il punto 3.6.1.1 della parte 3 di tale allegato, nella sua versione iniziale, in vigore alla data dell’adozione del regolamento impugnato, prevedeva quanto segue:

«3.6.1.1. È cancerogena una sostanza o una miscela di sostanze che causa il cancro o ne aumenta l’incidenza. Le sostanze che hanno causato l’insorgenza di tumori benigni o maligni nel corso di studi sperimentali correttamente eseguiti su animali sono anche considerate cancerogene presunte o sospette per l’uomo, a meno che non sia chiaramente dimostrato che il meccanismo della formazione del tumore non è rilevante per l’uomo».

36      Lo stesso punto 3.6.1.1, nella sua versione risultante dal regolamento (UE) 2019/521 della Commissione, del 27 marzo 2019, recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, del regolamento (CE) n. 1272/2008 (GU 2019, L 86, pag. 1), prevede quanto segue:

«3.6.1.1. Il termine “cancerogenicità” designa l’induzione del cancro o l’aumento dell’incidenza del cancro dopo l’esposizione a una sostanza o miscela. Le sostanze e le miscele che hanno fatto insorgere tumori benigni o maligni nel corso di studi sperimentali correttamente eseguiti su animali sono considerate cancerogene presunte o sospette anche per l’uomo, a meno che non sia chiaramente dimostrato che il meccanismo della formazione del tumore non è rilevante per l’uomo.

La classificazione di una sostanza o miscela come pericolosa perché cancerogena si basa sulle sue proprietà intrinseche e non fornisce informazioni sul livello del rischio oncologico per l’uomo associato al suo uso».

37      Inoltre, il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008 così prevede:

«3.6.2.2.1. La classificazione di una sostanza come cancerogena si basa su studi ottenuti con metodi affidabili e accettabili e si applica alle sostanze dotate della proprietà intrinseca di provocare il cancro. Le valutazioni si basano su tutti i dati esistenti, su studi pubblicati sottoposti a peer review e su altri dati accettabili».

38      Inoltre, il punto 3.6.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008 prevede che, ai fini di tale classificazione, «le sostanze sono suddivise in due categorie secondo la forza probante dei dati e in base ad altre considerazioni» e che, «[i]n alcuni casi è prevista una classificazione specifica in funzione della via di esposizione, qualora sia possibile comprovare in modo conclusivo che altre vie di esposizione non presentano il rischio». Per quanto riguarda la categoria 2, dalla tabella 3.6.1 di tale punto 3.6.2.1 risulta che «[l]a classificazione di una sostanza nella categoria 2 si basa sui risultati di studi sull’uomo e/o su animali non sufficientemente convincenti per giustificare la classificazione della sostanza nelle categorie 1A o 1B, tenendo conto della forza probante dei dati e di altre considerazioni [di cui al punto 3.6.2.2]» e che «[t]ali dati possono essere tratti da studi che dimostrano la presenza di effetti cancerogeni limitati per l’uomo o per gli animali».

39      Inoltre, occorre ricordare che il regolamento n. 1272/2008 verte sulla valutazione dei pericoli delle sostanze e che tale valutazione deve essere distinta dalla valutazione dei rischi prevista dal regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1, e rettifica in GU 2007, L 136, pag. 3). La valutazione dei pericoli costituisce la prima tappa del processo di valutazione dei rischi, che rappresenta una nozione più precisa. Infatti, una valutazione dei pericoli inerenti alle proprietà intrinseche delle sostanze non deve essere limitata in considerazione di specifiche circostanze di utilizzazione, come nel caso di una valutazione dei rischi, e può essere validamente realizzata a prescindere dal luogo di utilizzo della sostanza (laboratorio o altro), dalle modalità con cui si produce il contatto e dai livelli dell’eventuale esposizione alla sostanza (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2011, Nickel Institute, C‑14/10, EU:C:2011:503, punti 81 e 82).

B.      Considerazioni preliminari sull’intensità del sindacato del Tribunale

40      Per quanto riguarda l’intensità del sindacato del Tribunale, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, per poter procedere alla classificazione di una sostanza a norma del regolamento n. 1272/2008, e in considerazione delle valutazioni scientifiche e tecniche complesse che essa deve operare, alla Commissione deve essere riconosciuto un ampio potere discrezionale (v. sentenza del 22 novembre 2017, Commissione/Bilbaína de Alquitranes e a., C‑691/15 P, EU:C:2017:882, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

41      L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. Infatti, da una costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (v. sentenza del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

42      In particolare, quando una parte deduce in giudizio un manifesto errore di valutazione commesso dalla competente istituzione, il giudice dell’Unione europea deve valutare se tale istituzione abbia esaminato, in modo accurato e imparziale, tutti gli elementi rilevanti della fattispecie sui quali si fondano le conclusioni che ne vengono tratte. Questo obbligo di diligenza è infatti inerente al principio di buona amministrazione e si applica in modo generale all’azione dell’amministrazione dell’Unione (v. sentenza del 22 novembre 2017, Commissione/Bilbaína de Alquitranes e a., C‑691/15 P, EU:C:2017:882, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

43      Inoltre, il limite al sindacato del giudice dell’Unione non incide sul suo dovere di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro affidabilità e la loro coerenza, nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2008, Paesi Bassi/Commissione, C‑405/07 P, EU:C:2008:613, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

44      Inoltre, per quanto riguarda la valutazione di studi scientifici, il Tribunale ha già rilevato che occorre riconoscere alla Commissione un ampio potere discrezionale per quanto riguarda tale valutazione, nonché la scelta degli studi che devono prevalere sugli altri, e ciò a prescindere dalla loro cronologia. Pertanto, non è sufficiente che il ricorrente invochi la vetustà di uno studio scientifico per rimetterne in discussione l’affidabilità, ma occorre altresì che esso fornisca indizi sufficientemente precisi e obiettivi tali da sostenere che eventuali recenti sviluppi scientifici rimetterebbero in discussione la fondatezza delle conclusioni di un simile studio (v., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2018, Deza/Commissione, T‑400/17, non pubblicata, EU:T:2018:712, punto 95).

45      Nella fattispecie, il regolamento impugnato, nella parte in cui procede alla classificazione e all’etichettatura contestate, è stato adottato dalla Commissione sulla base del parere del CVR e a seguito della proposta di classificazione, presentata all’ECHA dall’autorità francese competente (v. punti 4, 6 e 8 supra).

46      La classificazione e l’etichettatura contestate riguardano la sostanza con l’identificazione chimica «biossido di titanio (in polvere contenente ≥ 1% di particelle con diametro ≤ 10 μm)», che è stata classificata come cancerogena di categoria 2, per inalazione, vale a dire come sostanza sospettata di essere cancerogena per l’uomo, per inalazione (v. punto 9 supra).

47      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare, anzitutto, i motivi e gli argomenti relativi a errori manifesti di valutazione e alla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione di una sostanza come cancerogena.

C.      Sui motivi e sugli argomenti relativi a errori manifesti di valutazione e all’inosservanza dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione di una sostanza come cancerogena

48      Come esposto al precedente punto 21, con il secondo motivo, la prima e la quinta parte del settimo motivo e l’ottavo motivo nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 e con gli argomenti sollevati dalle seconde ricorrenti nell’ambito delle loro memorie di intervento in tali cause, nonché con il primo motivo nella causa T‑283/20, le ricorrenti e gli intervenienti a loro sostegno fanno sostanzialmente valere, da un lato, che la classificazione e l’etichettatura contestate sono viziate da errori manifesti di valutazione e, dall’altro, che non rispettano i criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione di una sostanza come cancerogena.

49      I presenti motivi e argomenti sono suddivisi in due parti. La prima parte verte su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e l’etichettatura di una sostanza come cancerogena, per quanto riguarda l’accettabilità e l’affidabilità dello studio Heinrich e a. (1995) (in prosieguo: lo «studio Heinrich») su cui si è fondato il parere del CVR. La seconda parte verte su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e l’etichettatura di una sostanza come cancerogena, in quanto la classificazione e l’etichettatura contestate non riguardano una sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro.

1.      Sulla prima parte, vertente su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e letichettatura di una sostanza come cancerogena, per quanto riguarda laccettabilità e laffidabilità dello studio Heinrich su cui si è basato il parere del CVR

50      Le ricorrenti fanno sostanzialmente valere che il parere del CVR si basa sullo studio Heinrich e che il CVR ha commesso diversi errori manifesti nella valutazione dell’affidabilità e dell’accettabilità di tale studio. La classificazione e l’etichettatura contestate non si fonderebbero quindi su studi ottenuti con metodi affidabili e accettabili, come richiesto dal punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008. Esse sostengono, in particolare, che lo studio Heinrich era stato considerato non affidabile dall’autorità francese competente, tenuto conto del fatto che esso era stato condotto solo su ratti femmina e aveva utilizzato una singola dose di prova eccessiva.

51      Le ricorrenti fanno inoltre valere che la classificazione e l’etichettatura contestate si basano su una cancerogenicità dovuta agli effetti di sovraccarico polmonare in particelle di biossido di titanio (in prosieguo: il «sovraccarico polmonare») e che il CVR ha commesso errori manifesti nella valutazione del livello di sovraccarico polmonare prodottosi durante lo studio Heinrich, concludendo erroneamente che non fosse eccessivo.

52      A tale riguardo, le seconde ricorrenti fanno valere, nell’ambito del loro ricorso nella causa T‑283/20 e delle loro memorie di intervento nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, che il CVR ha commesso un errore nella densità delle particelle da esso scelta per calcolare il sovraccarico polmonare. Al fine di verificare il livello di sovraccarico polmonare nello studio Heinrich, nonché nello studio Lee e a. (1985) (in prosieguo: lo «studio Lee»), il CVR avrebbe adottato il metodo proposto dagli studi Morrow (1988 e 1992) (in prosieguo: il «calcolo di sovraccarico di Morrow») e, su tale base, avrebbe ritenuto che il sovraccarico polmonare dello studio Lee fosse eccessivo e che quello dello studio Heinrich fosse accettabile. Tale conclusione sarebbe fondata su un errore materiale di fatto per quanto riguarda la densità delle particelle utilizzata dal CVR nel calcolo di sovraccarico di Morrow.

53      Infatti, ai fini dell’applicazione del calcolo di sovraccarico di Morrow agli studi Heinrich e Lee, il CVR avrebbe preso in considerazione lo stesso valore di densità di 4,3 g/cm³, corrispondente alla densità delle particelle primarie non agglomerate (in prosieguo: la «densità delle particelle»), mentre avrebbe dovuto prendere in considerazione la densità degli agglomerati di particelle (in prosieguo: la «densità degli agglomerati»), il cui valore sarebbe indicato in studi scientifici come pari a 1,6 g/cm³ per particelle nanometriche di tipo «P25». A tale riguardo, sarebbe dimostrato, in particolare dagli studi Laux e a. (2017), Gebel e a. (2012) e Pauluhn (2011), che le particelle di grandezza nanometrica si agglomerano e che la densità degli agglomerati è inferiore alla densità delle particelle, tenuto conto della minore densità degli spazi vuoti tra le particelle negli agglomerati. Inoltre, sarebbe dimostrato che la densità degli agglomerati per le particelle di biossido di titanio di tipo «P25» sarebbe di 1,6 g/cm³. Inoltre, poiché la densità degli agglomerati è inferiore a quella delle particelle primarie, gli agglomerati di particelle occupano un volume maggiore rispetto alle particelle non agglomerate. Di conseguenza, il volume di sovraccarico polmonare durante lo studio Heinrich sarebbe ben superiore rispetto a quello calcolato dal CVR. Se il CVR avesse utilizzato la densità corretta nel calcolo di sovraccarico di Morrow, vale a dire la densità degli agglomerati, avrebbe dovuto concludere che lo studio Heinrich era stato condotto in condizioni di sovraccarico polmonare eccessivo.

54      La Commissione contesta tali argomenti. In via preliminare, essa fa valere, da un lato, che l’argomento delle ricorrenti eccede l’ambito del sindacato giurisdizionale limitato, dato che le ricorrenti non sostengono che il CVR o la Commissione non hanno preso in considerazione tutti gli elementi pertinenti, ma si limitano a pervenire a una conclusione scientifica diversa da quella contenuta nel parere del CVR. Orbene, il Tribunale non potrebbe sostituire la propria valutazione a quella del CVR relativa a elementi di fatto di ordine scientifico e tecnico. Dall’altro lato, la Commissione sostiene che il parere del CVR non è fondato unicamente sullo studio Heinrich, ma anche sullo studio Lee, nonché su altri dati disponibili e su un approccio fondato sulla forza probante di tali dati, conformemente al punto 3.6.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008.

55      Per quanto riguarda l’errore manifesto di valutazione relativo alla densità delle particelle, la Commissione sostiene, in sostanza, che il CVR non ha commesso errori nel calcolo del sovraccarico polmonare dello studio Heinrich. In primo luogo, il CVR avrebbe applicato correttamente il valore di densità di 4,3 g/cm³, che sarebbe un valore standard di densità delle particelle di biossido di titanio, indipendentemente dalla loro grandezza o dalla loro forma. Il CVR avrebbe il diritto di basarsi su tale valore in un contesto in cui non era nota la portata reale dell’agglomerato e della sedimentazione delle particelle nello studio Heinrich. Allo stesso modo, anche le particelle più grosse testate nello studio Lee potrebbero agglomerarsi e la loro densità effettiva sarebbe probabilmente inferiore.

56      In secondo luogo e di conseguenza, utilizzando la densità standard di 4,3 g/cm³, sia per lo studio Heinrich sia per lo studio Lee, il CVR avrebbe evitato di introdurre un fattore di incertezza che avrebbe compromesso l’affidabilità dei confronti tra questi due studi.

57      In terzo luogo, la Commissione sostiene che, sebbene la densità di 1,6 g/cm³ fosse indicata nello studio Pauluhn (2011) come valore della densità degli agglomerati di particelle nanometriche di biossido di titanio, il CVR non poteva prendere in considerazione tale densità per lo studio Heinrich, dato che vi erano differenze tra gli studi e che, nello studio Heinrich, né la densità delle particelle né la portata dell’agglomerato e della sedimentazione delle particelle sarebbero note, cosicché non si potrebbe presumere che la densità degli agglomerati fosse di 1,6 g/cm³.

58      In quarto luogo, la Commissione sostiene che le condizioni di sovraccarico polmonare all’epoca dello studio Heinrich non sono state valutate dal CVR unicamente sulla base del calcolo di sovraccarico di Morrow, ma anche sulla base di altri punti di riferimento. Da un lato, il CVR avrebbe tenuto conto del fatto che il tempo di dimezzamento di clearance polmonare in tale studio era appena superiore a un anno e quindi vicino al limite raccomandato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Dall’altro, confrontando i livelli di esposizione negli studi Heinrich e Lee, il CVR avrebbe preso in considerazione la concentrazione della sostanza nonché il diametro aerodinamico mediano (MAD), che era compreso, nei due studi, nell’intervallo di valori raccomandati al punto 3.1.2.3.2 dell’allegato I di detto regolamento.

59      L’ECHA aggiunge che né la densità delle particelle né la portata dell’agglomerato delle particelle erano note all’epoca dello studio Heinrich, ma che tali elementi non facevano parte dei principali fattori da prendere in considerazione. Inoltre, la densità degli agglomerati nello studio Heinrich non potrebbe essere immediatamente presunta come pari a 1,6 g/cm³, tenuto conto delle differenze tra lo studio scientifico che ha indicato tale valore e lo studio Heinrich. Inoltre, anche le particelle di grandezza micrometrica utilizzate nello studio Lee tenderebbero ad agglomerarsi e, pertanto, la densità degli agglomerati, che era anch’essa sconosciuta, potrebbe parimenti essere inferiore. Pertanto, in assenza di informazioni sulla densità degli agglomerati di biossido di titanio negli studi Heinrich e Lee e al fine di calcolare il sovraccarico polmonare secondo il calcolo di sovraccarico di Morrow, occorrerebbe applicare la densità delle particelle di 4,3 g/cm³, ben nota per questi due studi.

60      L’ECHA aggiunge ancora che il grado di sovraccarico polmonare all’epoca dello studio Heinrich non poteva essere più elevato che nello studio Lee, tenuto conto del livello inferiore di esposizione quotidiana alla sostanza. Inoltre, i valori di MAD sarebbero molto prossimi ai valori indicati al punto 3.1.2.3.2 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, che sarebbero i valori raccomandati per gli studi di inalazione. Inoltre, un numero sufficiente di ratti nello studio Heinrich sarebbe sopravvissuto fino alla fine del periodo sperimentale per consentire di trarre conclusioni sulla cancerogenicità, il che sarebbe confermato anche dal tempo di emivita di clearance alla fine dello studio, che sarebbe prossimo a quello raccomandato dall’OCSE.

61      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare, anzitutto, l’errore manifesto di valutazione, dedotto dalle ricorrenti, riguardante il valore della densità delle particelle. Tuttavia, preliminarmente occorre esaminare taluni argomenti della Commissione e dell’ECHA relativi all’intensità del sindacato del Tribunale e alla pertinenza dello studio Heinrich per la classificazione e l’etichettatura contestate, in quanto sono idonei a rendere inoperante l’argomento delle ricorrenti.

1)      Sull’intensità del sindacato del Tribunale

62      La Commissione sostiene, in via preliminare, che l’argomento delle ricorrenti eccede l’ambito del sindacato giurisdizionale limitato, dato che esse si limitano a giungere a una conclusione scientifica diversa da quella contenuta nel parere del CVR (v. punto 54 supra). Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’argomento delle ricorrenti non si limita a pervenire a una conclusione scientifica diversa da quella contenuta nel parere del CVR.

63      Infatti, le ricorrenti fanno valere che il parere del CVR e, di conseguenza, il regolamento impugnato sono viziati da un errore manifesto di valutazione per quanto riguarda la valutazione dell’affidabilità e dell’accettabilità dello studio Heinrich e, in particolare, la valutazione del livello di sovraccarico polmonare prodottosi durante tale studio. A tale riguardo, esse deducono in particolare un errore materiale di fatto, nonché la mancata presa in considerazione di tutti gli elementi pertinenti. Inoltre, le ricorrenti sostengono che, a causa dell’asserito errore, la classificazione e l’etichettatura contestate violano il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, in quanto quest’ultimo esige che la classificazione di una sostanza si basi su dati ottenuti da studi affidabili e accettabili.

64      Ne consegue che l’argomento delle ricorrenti solleva, al contempo, una questione legata alla verifica del rispetto della condizione stabilita al punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, relativa all’affidabilità e all’accettabilità degli studi sui quali deve basarsi la classificazione, e un errore manifesto nella valutazione di tale affidabilità e accettabilità per quanto riguarda lo studio Heinrich. Si tratta quindi di questioni che non sono sottratte al sindacato giurisdizionale, la cui intensità ha i limiti ricordati ai precedenti punti da 41 a 44.

65      Pertanto, si deve respingere l’argomento della Commissione secondo cui l’argomento delle ricorrenti nell’ambito della prima parte eccederebbe i limiti del controllo giurisdizionale.

2)      Sulla pertinenza dello studio Heinrich per la classificazione e l’etichettatura contestate

66      La Commissione sostiene che il parere del CVR non è fondato unicamente sullo studio Heinrich, ma anche sullo studio Lee nonché su altre informazioni disponibili (v. punto 54 supra). Inoltre, in risposta a un quesito del Tribunale, all’udienza del 12 maggio 2022 nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, la Commissione ha fatto valere che, tra i quattro studi per inalazione menzionati nel parere del CVR, gli studi Heinrich e Lee sono stati gli unici a rilevare effetti cancerogeni e sono stati quindi considerati pertinenti, in via principale, per valutare le proprietà del biossido di titanio.

67      In tali circostanze, occorre esaminare se lo studio Heinrich sia stato, di per sé, determinante per la classificazione e l’etichettatura contestate, altrimenti l’argomento delle ricorrenti diretto a contestare l’affidabilità e l’accettabilità di tale studio dovrebbe essere respinto in quanto inconferente.

68      Come ricordato al precedente punto 37, il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008 prevede in particolare che la classificazione di una sostanza come cancerogena si basa su studi ottenuti con metodi affidabili e accettabili e che le valutazioni si basano su tutti i dati esistenti, su studi pubblicati sottoposti a peer review e su altri dati accettabili.

69      Nel caso di specie e in primo luogo, occorre constatare che tanto la proposta di classificazione, presentata dall’autorità francese competente, quanto il parere del CVR sono basati, in sostanza, su studi sugli animali di laboratorio condotti per inalazione.

70      In secondo luogo, dal parere del CVR risulta che quest’ultimo ha menzionato quattro studi per inalazione negli animali, tra i quali ha messo in evidenza gli studi Lee e Heinrich. Questi due studi, che sono stati gli unici a rivelare lo sviluppo di tumori a seguito dell’esposizione al biossido di titanio, tra i quali, per il primo studio, tumori benigni e, per il secondo, tumori maligni, erano, secondo il CVR, gli «studi chiave della cancerogenicità per inalazione» che giustificavano un’analisi comparativa dei loro risultati. Per contro, gli altri due studi che non avevano rilevato tumori, vale a dire gli studi Muhle (1989) e Thyssen (1978), erano caratterizzati, secondo il CVR, da un livello o da una durata insufficiente di esposizione.

71      In terzo luogo, per quanto riguarda gli studi Lee e Heinrich, dai fascicoli delle presenti cause risulta che le valutazioni di tali studi da parte del CVR e della competente autorità francese non coincidono.

72      Per quanto riguarda l’autorità francese competente, essa ha fondato la sua proposta di classificazione del biossido di titanio come cancerogeno di categoria 1B per inalazione essenzialmente sullo studio Lee, al quale ha attribuito un punteggio di 2, corrispondente ad «attendibile con restrizioni», nella scala di valutazione di Klimisch (come descritta nell’articolo di Klimisch, H.J., Andreae, M., e Tillmann, U., «A Systematic Approach for Evaluating the Quality of Experimental Toxicological and Ecotoxicological Data», Regulatory Toxicology and Pharmacology, Elsevier, 1997, vol. 25, pagg. da 1 a 5) (in prosieguo: la «scala di valutazione di Klimisch»).

73      Per quanto riguarda lo studio Heinrich, l’autorità francese competente ha ritenuto che tale studio fosse di «minore qualità», tenuto conto della mancanza di informazioni sul grado di purezza della sostanza nonché dei difetti del protocollo di esposizione, dato che lo studio era stato realizzato unicamente su animali femmina e aveva testato un solo livello di esposizione, che era variato nel corso dell’esperimento. Essa gli ha attribuito il punteggio di 3, secondo la scala di valutazione di Klimisch. Secondo l’indicazione delle ricorrenti, non contestata su tale punto dalla Commissione o dall’ECHA, il punteggio di 3, secondo la scala di valutazione di Klimisch, corrisponde alla categoria «non attendibile». Tuttavia, l’autorità francese competente ha ritenuto che, nonostante tali carenze, gli effetti cancerogeni osservati nello studio Heinrich fossero da considerarsi «rilevanti», in quanto «coerenti» con quelli di altri studi.

74      Per quanto riguarda il CVR, esso ha fondato la sua proposta di classificazione del biossido di titanio come cancerogeno di categoria 2, per inalazione, essenzialmente sullo studio Heinrich. Infatti, dal parere del CVR risulta che quest’ultimo ha ritenuto che lo studio Lee non dovesse avere un’«influenza determinante» sulla classificazione del biossido di titanio, dato che le condizioni di esposizione all’epoca di tale studio erano state eccessive, avendo condotto a un arresto completo dei meccanismi di espulsione delle particelle a livello dei macrofagi alveolari dei polmoni (in prosieguo: i «meccanismi di espulsione delle particelle»), situazione che, secondo il CVR, corrispondeva a un’«esposizione eccessiva di dubbia rilevanza per gli esseri umani». Inoltre, nel parere del CVR si indica che quest’ultimo riteneva che tali condizioni di esposizione eccessive all’epoca dello studio Lee «invalidassero i risultati di tale studio, di per sé, a fini di classificazione».

75      Per quanto riguarda lo studio Heinrich, il CVR ha ritenuto che il livello di sovraccarico polmonare all’epoca di tale studio fosse stato nettamente inferiore a quello dello studio Lee, non avendo comportato l’arresto completo dei meccanismi di espulsione delle particelle e che, sebbene lo studio Heinrich non fosse stato realizzato conformemente alle raccomandazioni di prova standard, i suoi risultati fossero «sufficientemente attendibili, pertinenti e adeguati per la valutazione del potenziale cancerogeno del [biossido di titanio]».

76      Ne consegue che, tra i due studi che, secondo il CVR, erano gli studi chiave della cancerogenicità per inalazione, il CVR ha ritenuto che lo studio Heinrich prevalesse sullo studio Lee, dato che quest’ultimo non era, di per sé, decisivo o sufficiente a suffragare la proposta di classificazione del biossido di titanio, come inoltre ammesso dalla Commissione in risposta a un quesito del Tribunale, all’udienza del 12 maggio 2022 nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20.

77      In quarto luogo, occorre constatare che, oltre a questi due studi chiave, il parere del CVR menziona altri studi, ma lo fa solo come sostegno o complemento dei risultati dello studio Heinrich. Pertanto, il CVR ha indicato in particolare che i risultati dello studio Heinrich erano «coerenti» con i risultati dello studio Gebel (2012), che verteva sulla cancerogenicità per inalazione nel ratto di altre sostanze dette «particelle poco solubili a basso grado di tossicità».

78      Da quanto precede risulta che lo studio Heinrich è stato lo studio decisivo sul quale si è basato il parere del CVR, e quindi la classificazione e l’etichettatura contestate. Infatti gli altri studi, compreso lo studio Lee, sono stati presi in considerazione unicamente a titolo complementare, in quanto il CVR ha ritenuto che questi ultimi studi non fossero sufficienti, di per sé, a suffragare la sua proposta di classificazione.

79      Di conseguenza, si deve respingere l’argomento della Commissione secondo cui il parere del CVR non sarebbe fondato unicamente sullo studio Heinrich.

3)      Sull’errore manifesto di valutazione relativo al valore della densità delle particelle

80      Le seconde ricorrenti fanno valere, nell’ambito del loro ricorso nella causa T‑283/20 e delle loro memorie di intervento nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, che il CVR è incorso in un errore considerando un valore della densità delle particelle di 4,3 g/cm³ nell’applicare il calcolo di sovraccarico di Morrow allo studio Heinrich e che tale errore ha indotto il CVR a concludere, a torto, che tale studio era stato svolto in condizioni di sovraccarico polmonare accettabili.

81      In via preliminare e in primo luogo, occorre rilevare che tale studio è intitolato «Chronic inhalation exposure of wistar rats and two different strains of mice to diesel engine exhaust, carbon black and titanium dioxide» (Esposizione cronica per inalazione di ratti Wistar e di due diversi ceppi di topi ai gas di scarico dei motori diesel, al nero di carbonio e al biossido di titanio) e ha ad oggetto l’esposizione, per inalazione, dei ratti e dei topi al gas di scarico dei motori diesel, al nero di carbonio e al biossido di titanio.

82      In secondo luogo, per quanto riguarda la rilevanza del sovraccarico polmonare nel contesto della classificazione e dell’etichettatura contestate, occorre anzitutto ricordare che la sostanza classificata ha l’identificazione chimica «biossido di titanio (in polvere contenente ≥ 1% di particelle con diametro ≤ 10 μm)» e che è stata classificata come sostanza sospettata di essere cancerogena di categoria 2, per inalazione (v. punto 9 supra).

83      Occorre poi constatare che dal considerando 5 del regolamento impugnato risulta che la classificazione e l’etichettatura contestate si basano su una cancerogenicità per inalazione, associata all’inalazione di particelle di biossido di titanio respirabili, nonché alla ritenzione e alla scarsa solubilità di tali particelle nei polmoni. Inoltre, nella nota W si precisa che il regolamento impugnato ha aggiunto all’allegato VI del regolamento n. 1272/2008 (v. punto 10 supra) che «il pericolo di cancerogenicità [del biossido di titanio] sorge[va] quando il quantitativo di polveri respirabili inalato [era] tale da compromettere in misura significativa i meccanismi polmonari di espulsione delle particelle».

84      Infine, nel parere del CVR, quest’ultimo riconosce che i tumori osservati nei polmoni dei ratti durante gli studi Heinrich e Lee si sviluppavano solo in condizioni di «riduzione marcata dei meccanismi di espulsione delle particelle».

85      In terzo luogo, per quanto riguarda il calcolo di sovraccarico di Morrow, il CVR ha ritenuto che, anche se tale calcolo non era un concetto generalmente accettato, occorresse utilizzarlo al fine di valutare se il livello di sovraccarico polmonare al quale gli animali erano stati sottoposti durante gli studi Lee e Heinrich fosse stato marcato o eccessivo.

86      A tale riguardo, dal parere del CVR, nonché dalla risposta della Commissione a un quesito posto dal Tribunale tramite una misura di organizzazione del procedimento nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, risulta che il calcolo di sovraccarico di Morrow mette in relazione la quantità di particelle inalate e la riduzione del funzionamento dei meccanismi di espulsione delle particelle con il volume occupato dalle particelle nei macrofagi alveolari dei polmoni.

87      Inoltre, il CVR ha precisato, nel suo parere, che il calcolo di sovraccarico di Morrow consentiva di determinare che un sovraccarico polmonare adeguato presso gli animali da laboratorio si produceva quando una percentuale compresa tra il 6% e il 60% del volume dei macrofagi alveolari era occupata da particelle. Da un lato, il volume dei macrofagi alveolari occupato doveva essere superiore al 6%, per comportare una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle, essendo tale riduzione indispensabile per la comparsa di un’infiammazione cronica e per gli effetti cancerogeni osservati. Dall’altro, il volume occupato dalle particelle doveva essere inferiore al 60%, poiché, a tale livello, vi era un arresto quasi completo dei meccanismi di espulsione delle particelle, circostanza che dimostrava un sovraccarico polmonare eccessivo, che invalidava i risultati.

88      In quarto luogo, per quanto riguarda la valutazione del livello di sovraccarico polmonare nel corso degli studi Lee e Heinrich sulla base del calcolo di sovraccarico di Morrow, dal parere del CVR risulta che, anzitutto, quest’ultimo ha effettuato tale calcolo prendendo in considerazione, in sostanza, due elementi, vale a dire, in primo luogo, il «livello di esposizione», che tiene conto della dose e della concentrazione della sostanza in milligrammi per metro cubo e, in secondo luogo, la densità delle particelle in grammi per centimetro cubo. Per quanto riguarda lo studio Lee, il CVR ha indicato che i livelli di esposizione si collocavano a 10, 50 e 250 mg/m³ e che la densità di particelle era di 4,3 g/cm³. Per quanto riguarda lo studio Heinrich, il CVR ha considerato un livello di esposizione di 10 mg/m³ e la stessa densità di 4,3 g/cm³.

89      Il CVR ha poi indicato che, per l’esposizione alle particelle di biossido di titanio di una densità di 4,3 g/cm³, il sovraccarico polmonare accettabile (collocato, secondo il calcolo di sovraccarico Morrow, tra il 6% e il 60% del carico volumetrico dei macrofagi alveolari, come indicato al punto 87 supra) equivaleva a un carico compreso tra 6,5 e 65 mg di particelle per polmone di ratto.

90      Infine, basandosi su tali premesse, il CVR ha concluso che, nell’ambito dello studio Heinrich, il sovraccarico polmonare era stato di circa il 40% e pertanto nell’intervallo accettabile, mentre, nell’ambito dello studio Lee, il sovraccarico polmonare aveva superato il 60% del carico volumetrico dei macrofagi alveolari, il che corrispondeva a un arresto quasi completo dei meccanismi di espulsione delle particelle.

91      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare l’errore invocato dalle seconde ricorrenti, relativo alla densità delle particelle.

92      Nel caso di specie, è pacifico che gli studi Heinrich e Lee non indicavano la densità delle particelle testate. Gli studi indicavano solamente determinate caratteristiche di tali particelle, vale a dire, per quanto riguarda lo studio Lee, particelle di grandezza micrometrica e, per quanto riguarda lo studio Heinrich, particelle di grandezza nanometrica e di tipo «P25». Tali diverse caratteristiche delle particelle testate negli studi Lee e Heinrich sono del resto menzionate nel parere del CVR, in particolare, per quanto riguarda le particelle nanometriche di tipo «P25» testate in quest’ultimo studio.

93      È altresì pacifico che il CVR ha preso in considerazione il valore di densità di 4,3 g/cm³ nell’applicare il calcolo di sovraccarico di Morrow a questi due studi (v. punto 88 supra).

94      Inoltre, dalle memorie della Commissione e dell’ECHA, nonché dalle loro risposte a quesiti del Tribunale durante le udienze del 12 e del 18 maggio 2022, risulta che il valore di 4,3 g/cm³ è un valore standard, abitualmente indicato nella comunità scientifica come la densità delle particelle di biossido di titanio, circostanza che, del resto, le ricorrenti non contestano.

95      Tuttavia, le ricorrenti fanno valere che a torto il CVR ha adottato, ai fini del calcolo di sovraccarico di Morrow, la densità delle particelle di 4,3 g/cm³, mentre avrebbe dovuto tener conto della densità degli agglomerati di particelle nanometriche di biossido di titanio del tipo «P25», densità che, secondo gli studi scientifici indicati dalle ricorrenti, era di 1,6 g/cm³  (v. punto 53 supra).

96      La Commissione e l’ECHA sostengono, in sostanza, che il CVR ha giustamente preso in considerazione la densità delle particelle, dato che lo studio Heinrich non indicava né la densità delle particelle testate né l’estensione dell’agglomerato e della sedimentazione di tali particelle e che, in tali circostanze, era opportuno per il CVR prendere in considerazione il valore standard di densità delle particelle di biossido di titanio.

97      A tale riguardo, occorre rilevare che, indipendentemente dalla questione di stabilire quale sia il valore esatto di densità che doveva essere preso in considerazione dal CVR ai fini del calcolo di sovraccarico di Morrow, questione, in ogni caso, che non spetta al Tribunale esaminare, l’argomento delle ricorrenti solleva anzitutto la questione di stabilire se il CVR sia incorso in un errore manifesto di valutazione riguardo al tipo di densità adottato, in quanto ha tenuto conto della densità delle particelle invece di considerare la densità degli agglomerati di particelle nanometriche di biossido di titanio.

98      Nel caso di specie, non è contestato il fatto, invocato dalle ricorrenti, che le particelle di biossido di titanio e, in particolare, le particelle di grandezza nanometrica e di tipo «P25», come quelle testate nello studio Heinrich, tendono ad agglomerarsi. Infatti, la Commissione e l’ECHA non contestano tale punto preciso, come risulta dalle loro memorie e dalle loro risposte ai quesiti del Tribunale durante le udienze del 12 e del 18 maggio 2022. Inoltre, come sostengono le seconde ricorrenti nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, lo studio Heinrich menzionava gli agglomerati di particelle di biossido di titanio e indicava che essi erano «particolarmente adatti a produrre effetti tossici principalmente sui macrofagi alveolari e sulla clearance alveolare delle particelle». Per di più, riguardo ai vapori, vale a dire alle particelle in sospensione nell’aria, il cui ambiente è certamente diverso da quello dei polmoni, il parere del CVR menziona anche che le «particelle primarie, in particolare quelle di grandezza nanometrica, tendono ad agglomerarsi».

99      Inoltre, è pacifico tra le parti – come risulta dalle loro memorie, dalle loro risposte scritte a quesiti posti tramite misura di organizzazione del procedimento nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché dalle loro risposte ai quesiti del Tribunale durante le udienze del 12 e del 18 maggio 2022 – che la densità degli agglomerati di particelle nanometriche di biossido di titanio è inferiore alla densità delle particelle, dato che l’agglomerato crea spazi vuoti che sono meno densi del materiale. Di conseguenza, poiché la densità degli agglomerati è inferiore a quella delle particelle primarie, gli agglomerati di particelle occupano un volume maggiore rispetto alle particelle non agglomerate.

100    È certamente vero, come fanno valere la Commissione e l’ECHA senza che ciò sia contestato dalle ricorrenti, che lo studio Heinrich non forniva indicazioni sulla densità né sulla portata dell’agglomerato e della sedimentazione delle particelle di biossido di titanio testate. Tuttavia, considerando un valore di densità corrispondente alla densità delle particelle di 4,3 g/cm3 e, pertanto, una densità sempre maggiore rispetto alla densità degli agglomerati di particelle nanometriche di biossido di titanio (v. punto 99 supra), il CVR non ha tenuto conto di tutti gli elementi pertinenti del caso di specie, vale a dire le caratteristiche delle particelle testate nello studio Heinrich, in particolare la loro grandezza nanometrica e il loro tipo «P25», il fatto che tali particelle tendessero ad agglomerarsi nonché il fatto che la densità degli agglomerati delle particelle fosse inferiore alla densità delle particelle e che, di conseguenza, gli agglomerati di particelle occupassero un volume maggiore nei macrofagi alveolari dei polmoni (v. punti 98 e 99 supra).

101    Inoltre, contrariamente a quanto sembra sostenere l’ECHA, tali elementi erano pertinenti per il calcolo di sovraccarico di Morrow poiché il valore di densità era uno dei due valori per effettuare tale calcolo, adottato dal CVR al fine di valutare il livello di sovraccarico polmonare negli studi Lee e Heinrich (v. punto 88 supra). In risposta a un quesito del Tribunale durante l’udienza del 12 maggio 2022, la Commissione del resto ha ammesso che la densità era importante per il calcolo di sovraccarico di Morrow.

102    Ne consegue che la densità delle particelle era un elemento essenziale per il calcolo di sovraccarico di Morrow adottato dal CVR e che tale densità non poteva, a rischio evidente di screditare i risultati di detto calcolo, essere presunta come la densità delle particelle, mentre era noto che le particelle nanometriche in questione formavano agglomerati, che la densità degli agglomerati era inferiore e che, di conseguenza, il volume occupato dalle particelle nei polmoni era maggiore.

103    Pertanto, non prendendo in considerazione gli elementi indicati al precedente punto 100, il CVR ha omesso di prendere in considerazione tutti gli elementi pertinenti al fine di calcolare il sovraccarico polmonare nello studio Heinrich mediante il calcolo di sovraccarico di Morrow ed è pertanto incorso in un errore manifesto di valutazione. Tale errore priva di ogni plausibilità il risultato dell’applicazione di detto calcolo a tale studio e, di conseguenza, le conclusioni del CVR – secondo le quali il sovraccarico polmonare nell’ambito di detto studio era accettabile e i risultati dello studio medesimo erano sufficientemente attendibili, pertinenti e adeguati per la valutazione del potenziale cancerogeno del biossido di titanio (v. punti 75 e 90 supra) – sono anch’esse inficiate da un errore manifesto di valutazione. Di conseguenza, nei limiti in cui la Commissione ha fondato sul parere del CVR la classificazione e l’etichettatura contestate (v. punto 8 supra), essa è incorsa nello stesso errore manifesto di valutazione quando ha adottato il regolamento impugnato.

104    Gli argomenti della Commissione e dell’ECHA non rimettono in discussione tale conclusione.

105    In primo luogo, occorre respingere i loro argomenti secondo cui il CVR avrebbe il diritto di basarsi su una densità corrispondente alla densità delle particelle, in quanto nello studio Heinrich la densità delle particelle e la portata degli agglomerati di particelle non erano note. Tali argomenti non invalidano il fatto che il CVR non ha tenuto conto di tutti gli elementi necessari per determinare la densità, in particolare la grandezza nanometrica delle particelle di cui trattasi e la loro tendenza a formare agglomerati, circostanza di cui il CVR era a conoscenza e che era del resto menzionata nel suo parere (v. punto 98 supra).

106    Inoltre, occorre rilevare che la questione sollevata dall’errore manifesto di valutazione invocato dalle ricorrenti non è quella di stabilire se il CVR fosse in possesso degli elementi necessari per determinare la densità degli agglomerati, ma, per contro, quella di stabilire se il CVR abbia preso in considerazione tutti gli elementi pertinenti al fine di verificare il livello del sovraccarico polmonare nello studio Heinrich mediante il calcolo di sovraccarico di Morrow.

107    Orbene, come risulta dai precedenti punti 92 e 100, il CVR ha preso in considerazione un valore corrispondente alla densità delle particelle che non era indicato nello studio, trascurando al contempo elementi ivi indicati, in particolare la grandezza nanometrica delle particelle e la loro tendenza ad agglomerarsi, mentre era certo che tali elementi, e in particolare l’agglomerazione, avessero un impatto sul valore della densità e che il valore della densità, a sua volta, avesse un impatto sul volume occupato dalle particelle nei polmoni dei ratti, e quindi sul livello di sovraccarico polmonare.

108    Tali elementi erano determinanti nel caso di specie, poiché il calcolo di sovraccarico di Morrow, che il CVR ha deciso di adottare, mirava proprio a calcolare il volume dei macrofagi alveolari occupato dalle particelle nei polmoni dei ratti, al fine di determinare se lo studio Heinrich fosse stato realizzato in condizioni di sovraccarico polmonare marcato o di sovraccarico polmonare eccessivo e quindi di determinare se i risultati di tale studio potessero fungere da base per la classificazione del biossido di titanio.

109    Pertanto, l’argomento della Commissione e dell’ECHA secondo cui, nelle circostanze del caso di specie, sarebbe «opportuno» per il CVR prendere in considerazione la densità delle particelle non è convincente e non consente di ovviare alla mancata considerazione di tutti gli elementi pertinenti ai fini del calcolo del sovraccarico polmonare, tanto più che tali elementi dimostravano che il valore di densità adottato dal CVR non rifletteva la realtà delle particelle testate nello studio Heinrich.

110    In secondo luogo, contrariamente a quanto sembrano sostenere la Commissione e l’ECHA, gli obiettivi di agevolare un raffronto tra gli studi Lee e Heinrich e di evitare di introdurre un fattore di incertezza in tale confronto non possono giustificare la mancata considerazione di tutti gli elementi necessari alla determinazione del valore di densità. Infatti, le esigenze di raffronto tra questi due studi non possono prevalere sull’esigenza, dedotta dallo stesso CVR, di esaminare, alla luce del calcolo di sovraccarico di Morrow, se, in tali studi, il sovraccarico polmonare fosse stato eccessivo o meno, poiché, in quest’ultima ipotesi, i risultati di detti studi non potrebbero, di per sé, giustificare la proposta di classificazione del biossido di titanio. Del resto, è per questa stessa ragione e in applicazione di questo stesso calcolo che il CVR ha ritenuto che il sovraccarico polmonare nello studio Lee fosse stato eccessivo (v. punto 74 supra).

111    In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomento dell’ECHA secondo cui anche le particelle di grandezza micrometrica, come quelle testate nello studio Lee, tenderebbero ad agglomerarsi, da un lato, è sufficiente rilevare che tale studio non è stato decisivo per la proposta di classificazione del CVR (v. punto 76 supra). Dall’altro, l’applicazione del calcolo di sovraccarico di Morrow a tale studio aveva dimostrato, secondo il CVR, che il sovraccarico polmonare era eccessivo, anche prendendo in considerazione il valore di densità delle particelle, sempre più elevato di quello della densità degli agglomerati. Pertanto, eventuali errori del CVR nella valutazione di tale studio non possono influire sull’errore manifesto di valutazione constatato al precedente punto 103.

112    In quarto luogo, per quanto riguarda gli argomenti della Commissione e dell’ECHA secondo cui la valutazione dello studio Heinrich da parte del CVR non è stata effettuata unicamente sulla base del calcolo di sovraccarico di Morrow, o addirittura non dipendeva da tale calcolo, occorre rilevare che tali argomenti sono contraddetti dal parere del CVR.

113    È vero che il CVR ha rilevato diversi elementi riguardanti le condizioni di esposizione durante gli studi Lee e Heinrich, e in particolare il tempo di dimezzamento di clearance polmonare e il livello di esposizione sulla base della dose e della concentrazione della sostanza. Esso ha ricordato tali elementi in un capitolo del suo parere intitolato «Conclusione generale», nel quale ha concluso che le condizioni di esposizione eccessive nello studio Lee «invalidavano i risultati di tale studio, di per sé, a fini di classificazione» e che i risultati dello studio Heinrich erano «sufficientemente attendibili, pertinenti e adeguati per la valutazione del potenziale cancerogeno del [biossido di titanio]» (v. punti 74 e 75 supra). In particolare, per quanto riguarda lo studio Lee, il CVR ha menzionato un tempo di dimezzamento di clearance polmonare eccessivo al livello di esposizione massimo di 250 mg/m³ e, per quanto riguarda lo studio Heinrich, ha rilevato che il livello di esposizione di 10 mg/m³ era relativamente basso.

114    Tuttavia, in tale conclusione generale, il CVR ha altresì ricordato che il sovraccarico polmonare nello studio Lee non era nell’intervallo accettabile, che aveva portato a un arresto quasi completo dei meccanismi di espulsione delle particelle, il che non avveniva nel caso dello studio Heinrich, in cui il sovraccarico polmonare era nell’intervallo accettabile (v. punto 90 supra).

115    Ne consegue che, al fine di verificare il livello di sovraccarico polmonare negli studi Lee e Heinrich e, più precisamente, il volume dei macrofagi alveolari occupato dalle particelle, il CVR ha adottato il calcolo di sovraccarico di Morrow ed è sulla base di tale calcolo che ha tratto le sue conclusioni per stabilire se il sovraccarico polmonare nello studio Heinrich fosse stato accettabile (v. punti da 87 a 90 supra).

116    In tali circostanze, se è certamente vero che il CVR ha menzionato la dose e la concentrazione della sostanza, nonché il tempo di dimezzamento di clearance polmonare, ciò non toglie che non è sulla base di tali elementi che esso ha tratto le sue conclusioni sul livello di sovraccarico polmonare nello studio Heinrich e quindi sull’accettabilità dei risultati di tale studio.

117    Allo stesso modo, gli argomenti della Commissione e dell’ECHA vertenti sul fatto che i valori di MAD erano comparabili tra i due studi in questione e che tali valori erano simili a quelli indicati al punto 3.1.2.3.2 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008 non possono essere accolti. Anche ammettendo, come sostiene la Commissione, che il valore di MAD possa influire sulla distribuzione e sul deposito delle particelle nelle vie respiratorie, si deve constatare che, in ogni caso, il valore di MAD non è stato preso in considerazione dal CVR per effettuare il calcolo di sovraccarico di Morrow e, pertanto, non può avere un’influenza determinante sulle conclusioni del CVR riguardanti il livello di sovraccarico polmonare nello studio Heinrich e l’accettabilità dei suoi risultati.

118    Inoltre, occorre respingere l’argomento dell’ECHA vertente sul numero di ratti che sono sopravvissuti fino alla fine del periodo sperimentale dello studio Heinrich, poiché risulta dal parere del CVR che quest’ultimo non ha ritenuto che tale dato fosse, di per sé, sufficiente per concludere che il livello di sovraccarico polmonare durante tale studio era accettabile.

119    Per le stesse ragioni, occorre respingere l’argomento della Commissione relativo al fatto che il CVR ha confermato la validità dello studio Heinrich sulla base dello studio Thompson e a. (2016). Anche supponendo che tale studio possa convalidare lo studio Heinrich, il che non è pacifico nel caso di specie, tale convalida non toglierebbe nulla al fatto che è sulla base del calcolo di sovraccarico di Morrow che il CVR ha tratto le sue conclusioni sull’accettabilità del livello di sovraccarico polmonare nello studio Heinrich.

120    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione e dall’ECHA, il calcolo di sovraccarico di Morrow è stato decisivo per suffragare le conclusioni del CVR secondo le quali il sovraccarico polmonare nel corso dello studio Heinrich era nell’intervallo accettabile e i risultati di detto studio erano sufficientemente attendibili, pertinenti e adeguati, poiché tali conclusioni erano viziate da un errore manifesto di valutazione, come rilevato al precedente punto 103.

121    Da tutti i suesposti rilievi risulta che, nei limiti in cui il regolamento impugnato, per quanto riguarda la classificazione e l’etichettatura contestate, si basa sul parere del CVR (v. punto 8 supra) e nei limiti in cui lo studio Heinrich è stato decisivo per la proposta di classificazione del biossido di titanio del CVR (v. punto 77 supra), l’errore manifesto di valutazione indicato al precedente punto 103 priva di ogni plausibilità la conclusione del CVR, che è stata seguita dalla Commissione nell’adottare il regolamento impugnato, secondo cui i risultati dello studio Heinrich erano sufficientemente attendibili e adeguati, ai sensi del punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, per suffragare la classificazione e l’etichettatura contestate.

122    Pertanto, la prima parte deve essere accolta, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti sollevati dalle ricorrenti nell’ambito di tale parte.

123    Tuttavia, ai fini di una buona amministrazione della giustizia, occorre proseguire l’esame del ricorso e statuire sulla seconda parte, per fornire una soluzione completa alla controversia.

2.      Sulla seconda parte, vertente su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e letichettatura di una sostanza come cancerogena, in quanto la classificazione e letichettatura contestate non riguardano una sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro

124    Nell’ambito della seconda parte, le ricorrenti fanno valere, in particolare, che la classificazione e l’etichettatura contestate violano il criterio stabilito dall’articolo 3, paragrafo 1, e dall’articolo 36, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1272/2008, in combinato disposto con il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I di tale regolamento, per la classificazione di una sostanza come cancerogena, in quanto non riguarda una sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro.

125    A tale riguardo, la prima ricorrente e le terze ricorrenti fanno in particolare valere, nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, che la classificazione e l’etichettatura contestate si basano unicamente sulla forma e sulla grandezza delle particelle di biossido di titanio, che non sono proprietà intrinseche del biossido di titanio, poiché sono modificabili e derivano dal trattamento di tale sostanza. Inoltre, nel suo parere, il CVR avrebbe ammesso che la classificazione e l’etichettatura contestate non riguardavano un pericolo intrinseco nel senso classico del termine. Per di più, il fatto che la tossicità osservata sarebbe una «tossicità delle particelle», derivante dal semplice accumulo nei polmoni delle particelle di una certa grandezza, risulterebbe dal parere del CVR nonché dal considerando 5 del regolamento impugnato, da cui emergerebbe che le responsabili della tossicità osservata erano le particelle depositate e non quelle solute delle molecole di biossido di titanio.

126    A quest’ultimo proposito, le seconde ricorrenti sostengono, nell’ambito del loro ricorso nella causa T‑283/20 e delle loro memorie di intervento nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, che il fatto che le responsabili della tossicità osservata siano le particelle depositate dimostra che si tratta di una «tossicità delle particelle», che non costituisce un pericolo intrinseco ai sensi del regolamento n. 1272/2008, ma che, per contro, è un concetto nuovo, non contemplato da tale regolamento.

127    Inoltre, le seconde ricorrenti fanno valere che lo sviluppo di tumori nei polmoni dei ratti, che è all’origine del parere del CVR e della classificazione e dell’etichettatura contestate, è un effetto che crea confusione o secondario, comune del resto ad altre polveri, che deriva da un sovraccarico polmonare eccessivo e non da un asserito potenziale cancerogeno del biossido di titanio.

128    La Commissione contesta tali argomenti. In primo luogo, nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, essa fa valere che certamente dal parere del CVR risulta che la forma del biossido di titanio è stata determinante per la classificazione. Tuttavia, la cancerogenicità di una data forma di polvere di biossido di titanio doveva essere considerata una proprietà intrinseca ai fini della classificazione secondo i criteri del regolamento n. 1272/2008. La nozione di proprietà «intrinseca» dovrebbe essere intesa nel senso che essa rinvia al pericolo intrinseco derivante sia da una sostanza sia da una determinata forma o da un determinato stato fisico di una sostanza, compresa la tossicità delle particelle, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, all’articolo 6, paragrafo 1, all’articolo 8, paragrafo 6, e all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento n. 1272/2008. L’enunciazione sistematica di tale regola nelle disposizioni di detto regolamento sottolineerebbe l’importanza primaria delle forme e degli stati fisici e dell’uso prevedibile delle sostanze. Infatti, sarebbe possibile che una sostanza sia pericolosa in una determinata forma e non in altra forma, come avverrebbe nel caso del biossido di titanio.

129    Inoltre, la Commissione fa valere che la grandezza delle particelle può essere rilevante per determinare il pericolo nell’ambito del regolamento n. 1272/2008, come risulta in particolare dalla parte della guida dell’ECHA relativa all’applicazione dei criteri del regolamento n. 1272/2008 riguardanti la classe di pericolo relativa alla tossicità specifica per determinati organi bersaglio, a esposizione ripetuta, denominata «STOT-RE».

130    Inoltre, la Commissione fa valere che, sebbene il parere del CVR abbia rilevato l’assenza di proprietà intrinseca nel senso classico del termine, esso ha infine concluso nel senso dell’esistenza di una tossicità intrinseca, pertinente per la classificazione e l’etichettatura armonizzate ai sensi del regolamento n. 1272/2008.

131    Inoltre, la Commissione sostiene, nell’ambito della causa T‑283/20, che gli effetti cancerogeni menzionati nel parere del CVR non sarebbero un «effetto che crea confusione», ma sarebbero dovuti alle caratteristiche fisico-chimiche delle particelle respirabili di biossido di titanio, in particolare alla loro grandezza e, pertanto, a proprietà intrinseche della sostanza. Inoltre, la cancerogenicità del biossido di titanio sarebbe stata dimostrata, in studi sugli animali, sulla base di un sovraccarico polmonare marcato, ma non eccessivo, che sarebbe pertinente per l’essere umano.

132    Inoltre, la Commissione sostiene, nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, che altre sostanze in forma di polvere sono già state oggetto di una classificazione, come nel caso della polvere di piombo o della polvere di nichel, che figurano nell’allegato VI, parte 3, del regolamento n. 1272/2008.

133    A tale riguardo, il Regno di Danimarca e il Regno di Svezia aggiungono che diverse sostanze sono state classificate come cancerogene in base alle loro proprietà fisiche, in particolare le fibre ceramiche refrattarie e le fibre di amianto, la cui classificazione si basa sulla loro forma e sulla loro bassa solubilità.

134    L’ECHA aggiunge che gli esempi del piombo e del nichel citati dalla Commissione, nonché quello delle microfibre di vetro, illustrano casi in cui la grandezza delle particelle, tra le altre proprietà intrinseche pertinenti, è stata presa in considerazione per la classificazione, senza che tale approccio abbia avuto la conseguenza di rendere illegittima la classificazione.

135    In via preliminare, occorre anzitutto constatare che dal regolamento n. 1272/2008 risulta che la classificazione e l’etichettatura armonizzate mirano a determinare le proprietà intrinseche delle sostanze che devono condurre alla loro classificazione come prodotti pericolosi, affinché i pericoli di tali sostanze (e delle miscele che le contengono) possano essere correttamente identificati e resi noti (v. punto 28 supra).

136    Pertanto, la classificazione e l’etichettatura armonizzate, ai sensi del regolamento n. 1272/2008, riguardano la trasmissione di informazioni sui pericoli inerenti alle proprietà intrinseche delle sostanze (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 21 luglio 2011, Nickel Institute, C‑14/10, EU:C:2011:503, punto 81).

137    Inoltre, per quanto riguarda la classificazione di una sostanza come cancerogena, occorre ricordare che essa riguarda le sostanze dotate della proprietà intrinseca di provocare il cancro, conformemente all’articolo 36 del regolamento n. 1272/2008 e al punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I di tale regolamento (v. punti da 34 a 37 supra).

138    Infine, per quanto riguarda la nozione di «proprietà intrinseche», occorre rilevare che, sebbene tale nozione sia assente dal regolamento n. 1272/2008, essa deve essere interpretata nel suo senso letterale, come designante le «proprietà di una sostanza che le appartengono specificamente».

139    Infatti, tale interpretazione dell’espressione «proprietà intrinseche» è conforme agli obiettivi e all’oggetto della classificazione e dell’etichettatura armonizzate ai sensi del regolamento n. 1272/2008, da cui risulta che solo le proprietà specifiche di una sostanza devono condurre alla sua classificazione come prodotto pericoloso, affinché il pericolo legato a simili proprietà possa essere correttamente identificato e reso noto (v. punti 135 e 136 supra).

140    Tale interpretazione è altresì in linea con i criteri del GHS, integrati nel diritto dell’Unione (v. punto 29 supra), di cui il punto 1.1.1.6 e la nota 1 nonché il punto 1.1.3.1.1, nella loro versione del 2013 in vigore alla data di adozione del regolamento impugnato, operano, in particolare, una distinzione tra le proprietà intrinseche di una sostanza, sulle quali verte il processo di classificazione dei pericoli, e altre proprietà che non sono specifiche della sostanza.

141    Inoltre, tale interpretazione è conforme al fatto che la classificazione e l’etichettatura armonizzate ai sensi del regolamento n. 1272/2008 riguardano la valutazione dei pericoli, e non quella dei rischi, prevista dal regolamento n. 1907/2006. Come si evince dalla giurisprudenza ricordata nel precedente punto 39, la valutazione dei pericoli legati alle proprietà intrinseche di una sostanza non deve essere limitata in considerazione di specifiche circostanze d’uso, come nel caso di una valutazione dei rischi, e può essere effettuata in modo valido indipendentemente dal luogo di utilizzo della sostanza o dai possibili livelli di esposizione alla stessa.

142    È dunque alla luce di tale nozione di proprietà intrinseche che occorre interpretare l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 36, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1272/2008, in combinato disposto con il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I di tale regolamento, da cui risulta che la classificazione e l’etichettatura armonizzate di una sostanza come cancerogena possono essere fondate solo su proprietà intrinseche della sostanza che determinano la sua capacità intrinseca di provocare il cancro, vale a dire le proprietà specifiche della sostanza che determinano la sua capacità di provocare, di per sé, il cancro.

143    Nel caso di specie, occorre constatare che la classificazione e l’etichettatura contestate mirano a identificare e a rendere noto un pericolo di cancerogenicità di categoria 2, per inalazione, descritto nel parere del CVR sulla base, sostanzialmente, dei risultati dello studio Heinrich, nel corso del quale tumori maligni sono stati osservati nei polmoni dei ratti di laboratorio a seguito di un sovraccarico polmonare di particelle di biossido di titanio di grandezza nanometrica (v. punti 70 e 77 supra).

144    Il pericolo di cancerogenicità menzionato al precedente punto 143 è qualificato, dal parere del CVR, come «non intrinseco in senso classico», in quanto il CVR ha concluso che «il meccanismo di azione della cancerogenicità nei ratti non poteva essere considerato una tossicità intrinseca in senso classico». Inoltre, dalla nota W risulta che la Commissione ha ritenuto necessario far accompagnare la classificazione e l’etichettatura contestate da una descrizione della «particolare tossicità della sostanza» (v. punto 10 supra).

145    Detta natura «non intrinseca in senso classico» o «particolare» del pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate deriva da diversi elementi, menzionati nel parere del CVR e nel regolamento impugnato.

146    Infatti, e in primo luogo, il pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate è connesso unicamente a determinate particelle di biossido di titanio respirabili, qualora siano presenti in presenti in un certo stato fisico, una certa forma, grandezza e quantità. È per tale motivo che la Commissione ha ritenuto necessario «definire le particelle di biossido di titanio respirabili nella voce relativa a tale sostanza» (v. considerando 5 del regolamento impugnato), discostandosi dalla proposta del CVR di classificare la sostanza con il nome chimico «biossido di titanio» senza ulteriori descrizioni fisico-chimiche.

147    Così, dall’identificazione chimica della sostanza, che figura nella voce della tabella 3 dell’allegato VI, parte 3, del regolamento n. 1272/2008, aggiunta dal regolamento impugnato, risulta che il pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate è connesso unicamente a particelle di biossido di titanio che, cumulativamente, hanno una forma e uno stato fisico determinati (polvere), una certa grandezza (diametro aerodinamico inferiore o pari a 10 micrometri), sono presenti in una certa quantità (1% o più) e sono respirabili (via di esposizione per inalazione).

148    In secondo luogo, il pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate si manifesta solo in condizioni di sovraccarico polmonare, vale a dire in caso di inalazione di grandi quantità di particelle, dando luogo a una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle nel polmone.

149    Occorre infatti rilevare che la nota W indica espressamente che la cancerogenicità «sorge quando il quantitativo di polveri respirabili inalato è tale da compromettere in misura significativa i meccanismi polmonari di espulsione delle particelle». Allo stesso modo, al considerando 5 del regolamento impugnato si precisa che la cancerogenicità è associata all’inalazione di particelle di biossido di titanio respirabili, nonché alla ritenzione e alla bassa solubilità di tali particelle nei polmoni (v. punto 83 supra).

150    Inoltre, dal parere del CVR risulta che i tumori sono stati osservati nei ratti sempre in condizioni di sovraccarico polmonare. Del resto, è proprio in considerazione di tale contesto di sovraccarico polmonare che il CVR ha ritenuto necessario utilizzare il calcolo di sovraccarico di Morrow al fine di valutare se il sovraccarico polmonare, al quale gli animali sono stati sottoposti negli studi Lee e Heinrich, fosse stato marcato o eccessivo (v. punto 85 supra).

151    In terzo luogo, il pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate corrisponde, secondo i termini stessi del parere del CVR, a una «tossicità delle particelle», le cui responsabili «sono le particelle depositate, e non quelle solute delle molecole di biossido di titanio». Inoltre, dal parere del CVR risulta che lo sviluppo dei tumori che è stato osservato nei ratti non era innescato dal contatto diretto delle particelle di biossido di titanio con le cellule epiteliali del polmone, bensì dall’elevato carico di particelle nei macrofagi alveolari dei polmoni e dalla sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle che ne deriva, circostanza che provocava reazioni infiammatorie marcate e prolungate.

152    Tali valutazioni sono corroborate dalla nota W, da cui risulta che la cancerogenicità si manifesta a seguito di una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle nel polmone, quando le particelle sono inalate in quantità sufficienti per produrre tale effetto.

153    Inoltre, dal parere del CVR risulta che la tossicità osservata, che non è esclusiva delle particelle di biossido di titanio, ma è comune ad altre particelle poco solubili a basso grado di tossicità, non è connessa né ai pericoli specifici di determinate fibre, individuati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) (in prosieguo: le «fibre OMS»), né a una tossicità specifica supplementare delle particelle di biossido di titanio a causa dei rivestimenti di superficie.

154    È alla luce degli elementi indicati ai precedenti punti da 146 a 153 che, anzitutto, il CVR ha concluso che «il meccanismo di azione della cancerogenicità nei ratti non poteva essere considerato una tossicità intrinseca in senso classico», inoltre, ha ritenuto che essa dovesse comunque essere presa in considerazione nell’ambito della classificazione e dell’etichettatura armonizzate ai sensi del regolamento n. 1272/2008 e, infine, la Commissione ha seguito tale parere, adottando il regolamento impugnato e ritenendo necessario inserire la nota W per descrivere la «particolare tossicità della sostanza» (v. punto 144 supra).

155    La questione che si pone, nel caso di specie, è stabilire se la Commissione, adottando il regolamento impugnato, sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’applicazione del criterio di «sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro», previsto al punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008.

156    È vero che il pericolo di cancerogenicità oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate è associato a particelle di biossido di titanio aventi determinate proprietà, vale a dire una certa grandezza, una certa forma e una bassa solubilità (v. punto 83 supra). Tuttavia, si deve constatare che, secondo il parere del CVR, responsabili della tossicità osservata non sono le proprietà delle particelle di biossido di titanio in sé, bensì il deposito e la ritenzione di tali particelle nei macrofagi alveolari dei polmoni in quantità sufficienti a dar luogo a un sovraccarico polmonare che comporta la sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle nel polmone (v. punti 151 e 152 supra).

157    Pertanto, anche ammettendo che le proprietà delle particelle, quali la loro grandezza, la loro forma e la loro bassa solubilità, abbiano un ruolo nel loro accumulo nel polmone, e indipendentemente dalla questione di stabilire se dette proprietà siano intrinseche ai sensi del regolamento n. 1272/2008, come sostenuto dalla Commissione, resta il fatto che il meccanismo di azione della cancerogenicità descritta nel parere del CVR che, secondo quest’ultimo, non poteva essere considerato una tossicità «intrinseca in senso classico», non indica una capacità intrinseca delle particelle di biossido di titanio di provocare il cancro.

158    Infatti, uno degli elementi chiave della tossicità osservata è la quantità di particelle inalate, che deve essere sufficiente a provocare una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle ed è tale riduzione a essere indispensabile per la comparsa di un’infiammazione cronica, la quale, a sua volta, comporta gli effetti cancerogeni osservati (v. punti da 146 a 153 supra). Orbene, non si può ritenere che un accumulo di particelle nel polmone in quantità sufficienti a provocare una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle, che si verifica solo quando determinate quantità di particelle sono inalate, rientri nelle proprietà intrinseche delle particelle di cui trattasi.

159    Pertanto, contrariamente al tenore letterale del secondo comma della nota W, quest’ultima non si limita a descrivere una «particolare tossicità» della sostanza, che «non costitui[rebbe] un criterio di classificazione a norma del [regolamento n. 1272/2008]». Tale nota descrive invece un pericolo che non rientra nel criterio di classificazione per il pericolo della cancerogenicità, di cui al punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, secondo il quale la sostanza deve essere dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro.

160    Pertanto, adottando la conclusione del CVR secondo cui «il meccanismo di azione della cancerogenicità nei ratti non poteva essere considerato una tossicità intrinseca in senso classico», ma che doveva essere presa in considerazione nell’ambito della classificazione e dell’etichettatura armonizzate ai sensi del regolamento n. 1272/2008, la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’applicare il criterio di classificazione di una sostanza come cancerogena stabilito all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 36, paragrafo 1, del regolamento n. 1272/2008, in combinato disposto con il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008.

161    Si deve dunque constatare che il regolamento impugnato, nei limiti in cui riguarda la classificazione e l’etichettatura contestate, è stato adottato in violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, e dell’articolo 36, paragrafo 1, del regolamento n. 1272/2008, in combinato disposto con il punto 3.6.2.2.1 dell’allegato I di tale regolamento.

162    Inoltre, il fatto che la classificazione e l’etichettatura contestate vertano sulla categoria 2 della classe di pericolo della cancerogenicità (v. punto 46 supra) non rimette in discussione tali conclusioni. Infatti, il criterio di classificazione per la classe di pericolo della cancerogenicità, indicato al precedente punto 160, è sempre lo stesso per le due rispettive categorie di pericolo, in quanto queste due categorie differiscono solo in funzione della forza probante dei dati e del peso degli indici, conformemente alle disposizioni del punto 3.6.2.1 e della tabella 3.6.1 dell’allegato I del regolamento n. 1272/2008, ricordate al precedente punto 38.

163    Gli argomenti dedotti dalla Commissione e dagli intervenienti a suo sostegno non rimettono in discussione tali conclusioni.

164    In primo luogo, la Commissione sostiene, in sostanza, che la nozione di capacità o di proprietà «intrinseca» dovrebbe essere intesa nel senso che essa rinvia al pericolo intrinseco derivante sia da una sostanza sia da una determinata forma o da un determinato stato fisico di una sostanza o di una miscela, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, all’articolo 6, paragrafo 1, all’articolo 8, paragrafo 6, e all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento n. 1272/2008.

165    A tale riguardo, occorre osservare che l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafo 1, l’articolo 8, paragrafo 6, e l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento n. 1272/2008, invocati dalla Commissione, non riguardano direttamente la procedura di armonizzazione della classificazione e dell’etichettatura delle sostanze, prevista al titolo V di detto regolamento, né tantomeno si inseriscono nei criteri stabiliti per la classificazione e l’etichettatura armonizzate di una sostanza come cancerogena.

166    Per contro, tali disposizioni riguardano l’obbligo, menzionato al precedente punto 31, di autoclassificazione di una sostanza o di una miscela da parte del fabbricante, dell’importatore o dell’utilizzatore a valle, quando la sostanza o miscela in questione non hanno una classificazione armonizzata e presentano proprietà pericolose. Per tale motivo le informazioni pertinenti al fine di determinare se una sostanza comporti un pericolo, nonché la valutazione di tali informazioni, e, se del caso, l’applicazione dei criteri di classificazione per ciascuna classe di pericolo devono riguardare le forme o gli stati fisici in cui la sostanza è immessa sul mercato o è utilizzata dalle persone o dalle imprese a cui un simile obbligo è imposto.

167    Inoltre, anche ammettendo che, come sostenuto dalla Commissione, la classificazione e l’etichettatura armonizzate possano riguardare un pericolo intrinseco derivante da una certa forma o da un certo stato fisico di una sostanza, resta il fatto che, per rispettare i criteri stabiliti per la classificazione e l’etichettatura armonizzate, è essenziale che il pericolo derivi dalle proprietà intrinseche della sostanza o dalle proprietà intrinseche di un certo stato fisico o da una determinata forma della sostanza, situazione che non si verifica nel caso di specie, per le ragioni indicate ai precedenti punti 157 e 158.

168    In secondo luogo, la Commissione sostiene che la classificazione e l’etichettatura contestate sono basate su caratteristiche fisico-chimiche delle particelle di biossido di titanio, senza tuttavia dedurre alcun argomento concreto idoneo a rimettere in discussione il fatto che la tossicità osservata è attribuita, secondo i termini stessi del parere del CVR, non alle particelle in quanto tali, bensì al loro deposito nel polmone in quantità che danno luogo a una sensibile riduzione dei meccanismi di espulsione delle particelle, situazione che si verifica solo se si raggiunge una determinata soglia di esposizione.

169    Inoltre, come risulta dal parere del CVR, la cancerogenicità osservata non è attribuita né ai soluti delle molecole di biossido di titanio, né al contatto diretto delle particelle di biossido di titanio con le cellule epiteliali del polmone, né alla morfologia fibrosa, né a un rivestimento di superficie di tali particelle rilevante dal punto di vista tossicologico (v. punti 151 e 153 supra).

170    In terzo luogo, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione e dagli intervenienti a suo sostegno, la classificazione e l’etichettatura contestate non sono simili alle classificazioni e alle etichettature armonizzate alle quali si riferiscono.

171    Così, per quanto riguarda il piombo, occorre osservare che sia il piombo massiccio sia la polvere di piombo sono oggetto di una classificazione e che, in entrambi i casi, la classificazione è stata effettuata per la classe di pericolo «tossico per la riproduzione», con la differenza che per il piombo in polvere è stato stabilito un limite di concentrazione specifico (v. allegato VI, parte 3, tabella 3, del regolamento n. 1272/2008).

172    Parimenti, sia il nichel massiccio sia la polvere di nichel sono stati entrambi classificati nella classe di pericolo della cancerogenicità, categoria 2, con la differenza che la polvere di nichel è stata anche classificata come «pericolosa per l’ambiente acquatico» (v. allegato VI, parte 3, tabella 3, del regolamento n. 1272/2008).

173    Ne consegue che le classificazioni del nichel e del piombo nonché delle loro rispettive polveri non sono paragonabili a quelle del biossido di titanio, di cui solo le particelle di una determinata grandezza, ma non la sostanza massiccia, sono oggetto della classificazione e dell’etichettatura contestate, che, oltretutto, riguardano una diversa classe di pericolo per la salute.

174    Per quanto riguarda le fibre di amianto, è la sostanza stessa, e non le sue particelle di una determinata grandezza, a essere classificata come cancerogena (v. allegato VI, parte 3, tabella 3, del regolamento n. 1272/2008).

175    Per quanto riguarda le microfibre di vetro, dai pareri del CVR del 4 dicembre 2014, sulla cui base esse sono state classificate [v. regolamento (UE) 2016/1179 della Commissione, del 19 luglio 2016, recante modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, del regolamento n. 1272/2008 (GU 2016, L 195, pag. 11)], emerge che la classificazione di tali fibre come cancerogene risulta da una tossicità determinata, in sostanza, dalla loro forma e dalla loro grandezza, ma anche dalla loro chimica di superficie e dalla loro persistenza biologica. Ne consegue che tale classificazione non è paragonabile a quella del biossido di titanio, le cui particelle testate avevano un rivestimento di superficie minore o inesistente dal punto di vista tossicologico (v. punto 153 supra).

176    Per quanto riguarda le fibre ceramiche refrattarie, esse sono state classificate come cancerogene, di categoria 1B (v. allegato VI, parte 3, tabella 3, del regolamento n. 1272/2008). Come risulta dalla risposta della Commissione a un quesito posto mediante misura di organizzazione del procedimento nell’ambito delle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20, nonché dalla sua risposta a un quesito del Tribunale durante l’udienza del 12 maggio 2022, tale classificazione è stata basata su un meccanismo di azione della cancerogenicità connesso alle proprietà di tali fibre, quali la lunghezza, il diametro e la persistenza biologica, al pari delle fibre OMS. Orbene, contrariamente alle fibre ceramiche refrattarie, le particelle di biossido di titanio testate non avevano come caratteristica la persistenza biologica e avevano una morfologia non fibrosa, che non soddisfaceva i criteri dell’OMS relativi alle fibre OMS, come risulta dal parere del CVR (v. punto 153 supra).

177    Pertanto, gli esempi sopra menzionati illustrano solo casi in cui la forma e la grandezza delle particelle sono state, certamente, prese in considerazione, ma in cui, tuttavia, certe proprietà specifiche delle sostanze in questione sono state determinanti ai fini della loro classificazione, situazione che non corrisponde al caso di specie. Pertanto, la classificazione e l’etichettatura contestate non sono simili ad alcuno degli esempi menzionati, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione.

178    Tenuto conto di quanto precede, occorre accogliere la seconda parte, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti delle ricorrenti nell’ambito di tale parte.

179    Dall’insieme dei suesposti rilievi risulta che devono essere accolti il secondo motivo e la prima e la quinta parte del settimo motivo e gli argomenti sollevati dalle seconde ricorrenti nell’ambito delle loro memorie di intervento nelle cause riunite T‑279/20 e T‑288/20 nonché il primo motivo nella causa T‑283/20, vertenti su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e l’etichettatura di una sostanza come cancerogena.

180    Di conseguenza, il regolamento impugnato deve essere annullato nella parte relativa alla classificazione e all’etichettatura contestate, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti delle ricorrenti.

 Sulle spese

181    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute, nella causa T‑279/20, dalla prima ricorrente e dalle seconde ricorrenti, dalla Ettengruber GmbH Abbruch und Tiefbau, dalla Ettengruber GmbH Recycling und Verwertung e dalla TIGER Coatings, nella causa T‑283/20, dalle seconde ricorrenti e da Cefic, CEPE, BCF, ACA, Mytilineos e Delfi-Distomon e, nella causa T‑288/20, dalle terze ricorrenti e dalle seconde ricorrenti, dalla Sto SE & Co. e dalla Rembrandtin Coatings, conformemente alle conclusioni delle medesime.

182    Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera f), del regolamento di procedura, il termine «istituzioni» designa le istituzioni dell’Unione menzionate nell’articolo 13, paragrafo 1, TUE, nonché gli organi od organismi creati dai Trattati o da un atto emanato per la loro attuazione e che possono essere parti in giudizio dinanzi al Tribunale. Ai sensi dell’articolo 100 del regolamento n. 1907/2006, l’ECHA è un organismo dell’Unione. Ne consegue che il Regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia, la Repubblica di Slovenia, il Parlamento, il Consiglio e l’ECHA si faranno carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause riunite T279/20 e T288/20 e la causa T283/20 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      Il regolamento delegato (UE) 2020/217 della Commissione, del 4 ottobre 2019, che modifica, ai fini dell’adeguamento al progresso tecnico e scientifico, il regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele e che rettifica lo stesso regolamento, è annullato nella parte relativa alla classificazione e all’etichettatura armonizzate del biossido di titanio in polvere contenente l’1% o più di particelle con diametro inferiore o pari a 10 μm.

3)      La Commissione europea è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute, nella causa T279/20, dalla CWS Powder Coatings GmbH, dalla Billions Europe Ltd e dalle altre parti intervenienti i cui nomi figurano in allegato, dalla Ettengruber GmbH Abbruch und Tiefbau, dalla Ettengruber GmbH Recycling und Verwertung e dalla TIGER Coatings GmbH & Co. KG, nella causa T283/20, dalla Billions Europe e dalle altre parti ricorrenti i cui nomi figurano in allegato, dal Conseil européen de l’industrie chimique – European Chemical Industry Council (Consiglio Europeo delle Industrie Chimiche; Cefic), dalConseil européen de l’industrie des peintures, des encres d’imprimerie et des couleurs d’art(Consiglio europeo dell’industria delle vernici, degli inchiostri da stampa e dei colori per belle arti; CEPE), dalla British Coatings Federation Ltd (BCF), dall’American Coatings Association, Inc. (ACA), dalla Mytilineos SA e dalla Delfi-Distomon Anonymos Metalleftiki Etaireia e, nella causa T288/20, dalla Brillux GmbH & Co. KG, dalla Daw SE, dalla Billions Europe e dalle altre parti intervenienti i cui nomi figurano in allegato, dalla Sto SE & Co. KGaA e dalla Rembrandtin Coatings GmbH.

4)      Il Regno di Danimarca, la Repubblica francese, il Regno dei Paesi Bassi, il Regno di Svezia, la Repubblica di Slovenia, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) si faranno carico ciascuno delle proprie spese.

Costeira

Kancheva

Perišin

Zilgalvis

 

      Dimitrakopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 23 novembre 2022.

Firme


Indice


I. Fatti

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Considerazioni preliminari sulla classificazione e sull’etichettatura armonizzate delle sostanze nella classe di pericolo di cancerogenicità

B. Considerazioni preliminari sull’intensità del sindacato del Tribunale

C. Sui motivi e sugli argomenti relativi a errori manifesti di valutazione e all’inosservanza dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione di una sostanza come cancerogena

1. Sulla prima parte, vertente su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e l’etichettatura di una sostanza come cancerogena, per quanto riguarda l’accettabilità e l’affidabilità dello studio Heinrich su cui si è basato il parere del CVR

1) Sull’intensità del sindacato del Tribunale

2) Sulla pertinenza dello studio Heinrich per la classificazione e l’etichettatura contestate

3) Sull’errore manifesto di valutazione relativo al valore della densità delle particelle

2. Sulla seconda parte, vertente su errori manifesti di valutazione e sulla violazione dei criteri stabiliti dal regolamento n. 1272/2008 per la classificazione e l’etichettatura di una sostanza come cancerogena, in quanto la classificazione e l’etichettatura contestate non riguardano una sostanza dotata della proprietà intrinseca di provocare il cancro

Sulle spese


*      Lingue processuali: il tedesco e l’inglese.


1      L’elenco delle altre parti intervenienti è allegato solo alla versione notificata alle parti.


2      L’elenco delle altre parti ricorrenti è allegato solo alla versione notificata alle parti.


3      L’elenco delle altre parti intervenienti è allegato solo alla versione notificata alle parti.