Language of document : ECLI:EU:T:2011:600

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

18 ottobre 2011(*)

«Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati al Parlamento europeo – Regime di vitalizio integrativo – Diniego di un vitalizio integrativo volontario in parte sotto forma di capitale – Eccezione di illegittimità – Diritti quesiti – Legittimo affidamento – Proporzionalità»

Nella causa T‑439/09,

John Robert Purvis, residente in Saint-Andrews (Regno Unito), rappresentato dagli avv.ti S. Orlandi, A. Coolen, J.‑N. Louis e É. Marchal,

ricorrente,

contro

Parlamento europeo, rappresentato inizialmente dal sig. H. Krück, dalla sig.ra A. Pospíšilová Padowska e dal sig. G. Corstens, successivamente dal sig. N. Lorenz, dalla sig.ra Pospíšilová Padowska e dal sig. Corstens, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto l’annullamento della decisione del Parlamento europeo 7 agosto 2009 che ha negato al ricorrente un vitalizio integrativo volontario in parte sotto forma di capitale,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová (relatore), presidente, K. Jürimäe e dal sig. M. van der Woude, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Pocheć, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 marzo 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’Ufficio di presidenza del Parlamento europeo (in prosieguo: l’«Ufficio di presidenza») è un organo del Parlamento europeo. Ai sensi dell’art. 22, n. 2, intitolato «Attribuzioni dell’Ufficio di presidenza», del regolamento interno del Parlamento, nella versione applicabile alla fattispecie in esame (GU 2005, L 44, pag. 1), l’Ufficio di presidenza adotta, in particolare, le decisioni di carattere finanziario, organizzativo e amministrativo concernenti i deputati al Parlamento europeo (in prosieguo: i «deputati»).

2        Conseguentemente, l’Ufficio di presidenza ha adottato la regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati al Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»).

3        Il 12 giugno 1990 l’Ufficio di presidenza ha adottato la regolamentazione concernente il regime di vitalizio integrativo (volontario) dei deputati (in prosieguo: il «regime 12 giugno 1990»), di cui all’allegato VII della regolamentazione SID.

4        Il regime 12 giugno 1990, nella versione applicabile nel marzo 2009, prevedeva, segnatamente:

«Articolo 1

1. In attesa dell’adozione di uno statuto unico dei deputati e indipendentemente dai diritti pensionistici di cui agli allegati I e II, alla scadenza del loro mandato i deputati al Parlamento europeo che abbiano contribuito volontariamente, per almeno due anni, al regime di vitalizio integrativo volontario hanno diritto ad un vitalizio a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui hanno raggiunto il sessantesimo anno d’età.

(…)

Articolo 2

1. Il vitalizio è pari al 3,5% del 40% dello stipendio base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee per ogni anno completo di mandato e, per ogni altro mese completo, ad 1/12 di tale importo.

2. L’importo massimo del vitalizio non potrà superare il 70% (con un minimo non inferiore al 10,5%) del 40% dello stipendio base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee.

3. Il vitalizio è calcolato e versato in euro.

Articolo 3

Gli ex deputati o i deputati che cessano il proprio mandato prima di aver raggiunto l’età di 60 anni possono chiedere il versamento del vitalizio immediatamente, o in qualsiasi momento tra il termine del mandato e il 60° anno di età, purché abbiano compiuto 50 anni. In tal caso, il vitalizio versato sarà calcolato sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, moltiplicato per un coefficiente che viene determinato prendendo come riferimento l’età in cui il deputato inizia ad usufruire della pensione, come indicato nella seguente griglia: (…).

Articolo 4 (Pagamento di parte della pensione sotto forma di capitale)

1. Un massimo del 25% dei diritti pensionistici calcolati sulla base dell’articolo 2, paragrafo 1, può essere versato sotto forma di capitale agli affiliati o agli ex affiliati al regime di vitalizio integrativo (volontario).

2. Tale opzione deve essere esercitata prima della data d’inizio dei versamenti ed è irrevocabile.

3. Fatto salvo il massimale di cui al paragrafo 1, il pagamento in capitale non intacca né riduce i diritti pensionistici del coniuge superstite o dei figli a carico dell’affiliato.

4. Il versamento in capitale è calcolato sulla base dell’età del deputato nel momento in cui la pensione prende effetto, sulla base della seguente griglia (…).

5. Il capitale è calcolato e versato in euro. Il pagamento viene effettuato anteriormente al primo assegno pensionistico.

(…)».

5        Il fondo di vitalizio integrativo è stato creato con la costituzione, ad opera dei Questori del Parlamento europeo, dell’ASBL (associazione senza scopo di lucro) «Fondo pensioni – deputati del Parlamento europeo» (in prosieguo: l’«ASBL»), che, dal canto suo, ha creato una società d’investimento a capitale variabile (SICAV) di diritto lussemburghese, denominata «Fondo pensioni – Deputati del Parlamento europeo, Società d’investimento a capitale variabile», che è stata incaricata della gestione tecnica degli investimenti.

6        Lo statuto dei deputati è stato adottato con decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU L 262, pag. 1, in prosieguo: lo «statuto dei deputati») ed è entrato in vigore il 14 luglio 2009, primo giorno della settima legislatura.

7        Lo statuto dei deputati ha istituito un regime pensioni definitivo per i deputati europei, ai sensi del quale questi hanno diritto, senza contributi, ad una pensione d’anzianità al compimento dei 63 anni di età.

8        Lo statuto dei deputati dispone provvedimenti transitori applicabili al regime di vitalizio integrativo. L’art. 27 di detto statuto dispone, al riguardo, quanto segue:

«1. Successivamente all’entrata in vigore dello statuto, il fondo di vitalizio volontario istituito dal Parlamento continua a funzionare per i deputati o gli ex deputati che abbiano già acquisito diritti o aspettative a titolo di questo fondo.

2. I diritti e le aspettative acquisiti restano invariati. Il Parlamento può fissare condizioni e requisiti per l’acquisizione di nuovi diritti o aspettative.

3. I deputati che percepiscono l’indennità [introdotta dallo statuto] non possono acquisire nuovi diritti o aspettative a titolo del regime di vitalizio volontario.

4. I deputati eletti per la prima volta al Parlamento successivamente alla data di entrata in vigore del presente statuto non possono accedere al regime volontario.

(…)».

9        Con decisioni 19 maggio e 9 luglio 2008 l’Ufficio di presidenza ha adottato le misure di attuazione dello statuto dei deputati al Parlamento europeo (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «misure di attuazione»). In virtù dell’art. 73, le misure di attuazione sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello statuto, ossia il 14 luglio 2009.

10      L’art. 74 delle misure di attuazione dispone che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV, la regolamentazione SID giunge a scadenza il giorno in cui entra in vigore lo statuto.

11      L’art. 76 delle misure di attuazione, intitolato «Vitalizio integrativo», così dispone:

«1. Il vitalizio integrativo (volontario) concesso in virtù dell’allegato VII [della regolamentazione SID] continua a essere versato in applicazione di detto allegato ai titolari che beneficiavano del vitalizio prima dell’entrata in vigore dello statuto [dei deputati].

2. I diritti alla pensione maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] in applicazione dell’allegato VII succitato restano acquisiti. Sono onorati alle condizioni previste da detto allegato.

3. Dopo la data di entrata in vigore dello statuto [dei deputati] e in conformità dell’allegato VII succitato, possono continuare ad acquisire nuovi diritti i deputati eletti nel 2009 che:

a)       erano deputati in una legislatura precedente; e

b)       hanno già acquisito o si accingevano ad acquisire diritti nel regime di vitalizio integrativo; e

c)       per i quali lo Stato membro di elezione ha adottato una regolamentazione derogatoria a norma dell’articolo 29 dello statuto o che, a norma dell’articolo 25 dello statuto, hanno optato personalmente a favore del regime nazionale; e

d)       che non hanno diritto a una pensione nazionale o europea derivante dall’esercizio del loro mandato di deputati europei.

4.      I contributi al Fondo pensione complementare a carico dei deputati sono versati a partire dai loro fondi privati».

12      Il 9 marzo 2009, avendo constatato un deterioramento della situazione finanziaria del fondo pensioni integrativo, l’Ufficio di presidenza ha deciso:

–        «di nominare un gruppo di lavoro (…) per un incontro con i rappresentanti del Consiglio di amministrazione del Fondo di vitalizio integrativo volontario, per valutare la situazione;

–        (…) con effetto immediato, che, come misura provvisoria e cautelare, la possibilità di ricorrere agli articoli 3 e 4 dell’allegato VII della regolamentazione riguardante le spese e le indennità al Parlamento europeo sia sospesa;

–        (…) che le misure cautelari siano rivedute dall’Ufficio di presidenza in una prossima riunione, alla luce dei fatti accertati e dei risultati dei contatti e delle conclusioni del gruppo di lavoro».

13      Il 1° aprile 2009 l’Ufficio di presidenza ha deciso di modificare il regime 12 giugno 1990. Le modifiche comprendono, tra l’altro, le misure che seguono:

–        innalzamento, con effetto dal primo giorno della settima legislatura – ossia dal 14 luglio 2009 –, dell’età pensionabile da 60 a 63 anni (art. 1 del regime 12 giugno 1990);

–        abrogazione con effetto immediato della possibilità di versamento di una parte dei diritti di pensione sotto forma di capitale (art. 3 del regime 12 giugno 1990);

–        abrogazione con effetto immediato della possibilità di prepensionamento a partire dall’età di 50 anni (art. 4 del regime 12 giugno 1990).

14      Quale giustificazione di tali misure, al primo e al secondo ‘considerando’ della decisione 1° aprile 2009, l’Ufficio di presidenza ha invocato un significativo deterioramento del fondo pensioni a causa degli effetti dell’attuale crisi finanziaria ed economica, nonché la prospettiva secondo cui – dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati nel luglio 2009 e a causa della cessazione dei contributi a carico degli iscritti, oltre che del rendimento insufficiente degli investimenti – la liquidità a disposizione del fondo rischiava di divenire insufficiente, a partire dal 2010, per ottemperare agli obblighi di pagamento delle pensioni. Ad avviso dell’Ufficio di presidenza, il fondo pensioni correva dunque il pericolo di dover liquidare alcune attività, motivo per cui era necessario adottare misure per salvaguardarne il più possibile la liquidità.

15      L’amministrazione del Parlamento ha notificato questa decisione a tutti i deputati con messaggio di posta elettronica del 18 maggio 2009.

 Fatti

16      Il ricorrente, vale a dire il sig. John Robert Purvis, è stato deputato del Parlamento dal 1979 al luglio 1984 e dal luglio 1999 al luglio 2009. Egli aveva aderito al regime di vitalizio integrativo contribuendo al fondo per un decennio, dall’agosto 1999 al luglio 2009.

17      In data 8 gennaio 2009, l’unità «Remunerazione e diritti sociali dei deputati» del Parlamento ha trasmesso al ricorrente due calcoli previsionali in base ai quali, a partire dal 1° agosto 2009, egli avrebbe avuto diritto a una pensione mensile di EUR 2 706,20, oppure al 25% della sua pensione sotto forma di capitale, ossia EUR 81 429,56, unitamente a una pensione mensile di EUR 2 029,65.

18      Il 24 aprile 2009 il ricorrente ha chiesto il proprio vitalizio integrativo, calcolato a partire dal termine della sesta legislatura, in parte sotto forma di capitale e in parte sotto forma di rendita, conformemente ai succitati calcoli.

19      Con lettera del 7 agosto 2009 il ricorrente è stato informato del rigetto della sua domanda (in prosieguo: la «decisione impugnata»). In tale lettera, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» del Parlamento ha rilevato, segnatamente, che la possibilità di versare parte dei diritti pensionistici sotto forma di capitale era stata abolita dalla decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009, e concludeva che «posto che le vigenti normative non [consentivano] più il pagamento di una parte della pensione sotto forma di capitale, il suo diritto a pensione [era] stato calcolato, a partire dal 1° agosto 2009, senza tener conto della sua domanda di pagamento del 25% sotto forma di capitale».

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 ottobre 2009, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

21      Poiché il ricorrente ha prodotto nuovi elementi di prova durante l’udienza del 29 marzo 2011, al Parlamento è stato accordato un termine di due settimane per presentare le proprie osservazioni al riguardo. Il Parlamento ha presentato le sue osservazioni in data 8 aprile 2011. Su invito del Tribunale, con lettera del 25 maggio 2011, il ricorrente ha presentato le sue osservazioni in riferimento alle osservazioni del Parlamento dell’8 aprile 2011.

22      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare che le decisioni dell’Ufficio di presidenza 9 marzo e 1° aprile 2009 sono illegittime in quanto modificano il regime di vitalizio integrativo e aboliscono le modalità speciali di versamento di detto vitalizio;

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare il Parlamento alle spese.

23      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

1.     Sulle conseguenze che occorre trarre dalla presente sentenza

24      Il ricorrente afferma che, con decisione 17 giugno 2009, l’Ufficio di presidenza ha stabilito, in particolare, che la futura decisione nel presente procedimento sarà applicata a tutti i membri del fondo di vitalizio integrativo.

25      Il Parlamento sostiene che il presente ricorso gli è stato notificato soltanto il 19 novembre 2009 e che, pertanto, non può aver assunto siffatto impegno il 17 giugno 2009.

26      In proposito, è sufficiente rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, non spetta al giudice dell’Unione europea, nell’ambito del controllo di legittimità che esso esercita, rivolgere ingiunzioni alle istituzioni o sostituirsi a queste ultime, ma spetta all’amministrazione interessata adottare le misure che comporta l’esecuzione di una sentenza emessa nell’ambito di un ricorso di annullamento (sentenze del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T‑67/94, Ladbroke Racing/Commissione, Racc. pag. II-1, punto 200; 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punto 53, e 12 dicembre 2006, causa T‑155/04, SELEX Sistemi Integrati/Commissione, Racc. pag. II‑4797, punto 28).

27      Pertanto, nella parte in cui il ricorrente chiede al Tribunale di pronunciarsi sulle conseguenze che occorre trarre dalla presente sentenza, siffatta domanda dev’essere dichiarata irricevibile.

2.     Nel merito

28      A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce quattro motivi, relativi, in primo luogo, alla violazione dei diritti acquisiti e del principio di legittimo affidamento, in secondo luogo, alla violazione dei principi generali di parità di trattamento e di proporzionalità, in terzo luogo, alla violazione dell’art. 29 della regolamentazione SID e, in quarto luogo, alla violazione della buona fede nell’esecuzione dei contratti. Egli deduce altresì l’illegittimità riguardante, in particolare, la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009.

 Sul sistema dei motivi e dell’eccezione di illegittimità

29      Occorre innanzi tutto osservare che le parti concordano nel ritenere che la decisione impugnata costituisca l’oggetto del presente ricorso soltanto nella parte in cui al ricorrente viene rifiutata la possibilità di poter beneficiare del 25% della sua pensione sotto forma di capitale. Orbene, in proposito, la decisione impugnata è una decisione vincolata. Infatti, la direzione generale delle finanze del Parlamento non disponeva di alcuna discrezionalità e non poteva far altro che respingere la domanda del ricorrente fondata su tale disposizione, avendo la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 abrogato l’art. 4 del regime 12 giugno 1990, che prevedeva la possibilità per un deputato del Parlamento di beneficiare di una parte (fino al 25%) della sua pensione sotto forma di capitale.

30      Inoltre, come giustamente rilevato dal Parlamento, il ricorrente non formula alcun motivo d’impugnazione specifico contro la decisione impugnata limitandosi, con i suoi quattro motivi sul merito, a contestare il contenuto della detta decisione nella parte in cui gli viene negata la possibilità di poter beneficiare del 25% della sua pensione sotto forma di capitale. Orbene, come poc’anzi osservato, siffatto contenuto è determinato dalla decisione dell’Ufficio di presidenza del Parlamento 1° aprile 2009. Ciò posto, il ricorso potrà essere accolto soltanto se sarà ritenuta fondata l’eccezione di illegittimità. Al contrario, il ricorso dovrà essere respinto se riguardo a tale decisione non sarà ravvisabile alcuna illegittimità.

31      Pertanto, i quattro motivi invocati dal ricorrente devono essere interpretati come dedotti esclusivamente a sostegno dell’eccezione di illegittimità che, formalmente, è stata sollevata in maniera distinta.

 Sulla portata dell’eccezione di illegittimità

32      Il ricorrente fa valere che la decisione impugnata si fonda sulle decisioni dell’Ufficio di presidenza 9 marzo e 1° aprile 2009, che sarebbero entrambe illegittime in quanto aboliscono la possibilità dei deputati di beneficiare della pensione in parte sotto forma di capitale.

33      Il Parlamento ritiene che soltanto la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 possa essere interessata dall’eccezione di illegittimità. Ad avviso dell’istituzione, detta decisione sarebbe definitiva, «assorbendo» in tal modo la decisione provvisoria dell’Ufficio 9 marzo 2009.

34      Peraltro, le due parti sono concordi nel ritenere che l’eccezione di illegittimità riguardi unicamente l’abolizione della possibilità, prevista dall’ex art. 4 del regime 12 giugno 1990, di versare ai deputati una parte della pensione sotto forma di capitale. Per contro, l’innalzamento dell’età pensionabile nonché l’abolizione della possibilità di beneficiare del prepensionamento a partire dall’età di 50 anni, altresì previsti dalla decisione dell’Ufficio della presidenza 1° aprile 2009, non costituiscono l’oggetto della presente controversia.

35      In via preliminare va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, l’eccezione di illegittimità deve essere limitata a quanto indispensabile alla soluzione della controversia. Infatti, l’art. 241 CE non ha lo scopo di consentire ad una parte di contestare l’applicabilità di qualsiasi atto di carattere generale a sostegno di un qualsivoglia ricorso. Deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione (v. sentenza del Tribunale 2 ottobre 2001, cause riunite T‑222/99, T‑327/99 e T‑329/99, Martinez e a./Parlamento, Racc. pag. II‑2823, punto 136 e la giurisprudenza ivi citata).

36      La questione che si pone è, dunque, conoscere la data rilevante per stabilire il diritto applicabile e, conseguentemente, quali siano le decisioni considerate dall’eccezione di illegittimità. Al riguardo si possono considerare tre date: il 24 aprile 2009, data in cui il ricorrente ha presentato domanda per ottenere la pensione complementare, il 14 luglio 2009, data in cui ha cessato le sue funzioni facendo sorgere il proprio diritto alla pensione complementare, e il 7 agosto 2009, data di adozione della decisione impugnata.

37      Il Tribunale ritiene che si debba considerare la data del 14 luglio 2009. Infatti, la circostanza che fa sorgere il diritto al vitalizio integrativo è definita all’art. 1, n. 1, del regime 12 giugno 1990 come la data della cessazione delle funzioni di deputato (v. punto 4 supra), il che è pacifico per le parti. Inoltre, il ricorrente ha cessato le sue funzioni in tale data. Peraltro, occorre osservare che alla data del 24 aprile 2009 non era possibile stabilire con certezza i suoi diritti a pensione, giacché in tale ultima data il termine delle sue funzioni di deputato e la durata totale dei suoi versamenti contributivi non erano ancora certi, considerato che il ricorrente avrebbe potuto essere rieletto al Parlamento o, addirittura, cessare le sue funzioni di deputato prima del termine del suo mandato vuoi per dimissioni, vuoi per causa di morte. Ne consegue che, prima del 14 luglio 2009, qualsiasi calcolo dei diritti a pensione del ricorrente sarebbe dunque stato necessariamente provvisorio. Pertanto, occorre considerare la data di acquisizione dei diritti a pensione del ricorrente, ossia il 14 luglio 2009, come data rilevante per stabilire il diritto applicabile al caso di specie.

38      In tale contesto va precisato che la decisione che fissa i diritti a pensione dei deputati iscritti al regime di pensione complementare non è soltanto una decisione vincolata, nel senso che l’amministrazione del Parlamento non possiede alcun potere discrezionale nella determinazione dei diritti a pensione, ma riveste anche un carattere squisitamente dichiarativo riguardo al contenuto di tali diritti. Infatti, il testo dell’art. 1, n. 1, del regime 12 giugno 1990, secondo cui «(…) alla scadenza del loro mandato i deputati al Parlamento europeo che abbiano contribuito volontariamente, per almeno due anni, al regime di vitalizio integrativo volontario hanno diritto ad un vitalizio a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello in cui hanno raggiunto il sessantesimo anno d’età», può essere interpretato soltanto nel senso che i diritti a pensione dei deputati sono loro dovuti ipso iure, con la semplice applicazione del regime 12 giugno 1990, poiché le condizioni in esso previste sono soddisfatte. Ciò detto, gli unici effetti prodotti dalla decisione con cui il Parlamento fissa i diritti a pensione dei deputati iscritti al regime complementare consistono nell’informare i suddetti deputati della portata dei loro diritti pensionistici, offrendo altresì loro la possibilità, in caso di problemi circa l’esatto contenuto di tali diritti, di sottoporre l’applicazione del regime 12 giugno 1990 al vaglio dei giudici dell’Unione e di dimostrare presso l’amministrazione i pagamenti da effettuare in forza dei suddetti diritti.

39      Per contro, se la data di presentazione della domanda diretta a ottenere il vitalizio integrativo dovesse essere considerata rilevante, ciò rischierebbe di portare all’applicazione di diritti diversi a persone il cui diritto pensionistico nasce, tuttavia, nel medesimo momento. Infatti, nel caso in cui due deputati che hanno cessato le loro funzioni il 14 luglio 2009 presentino tali domande, uno prima del 9 marzo 2009 e l’altro dopo tale data, il primo di essi potrebbe beneficiare del versamento di una parte sotto forma di capitale, contrariamente all’altro. Orbene, secondo la giurisprudenza, viola il principio di parità di trattamento l’applicazione di un trattamento diverso a due categorie di persone le cui situazioni di fatto e di diritto non presentano differenze sostanziali (v. sentenza del Tribunale 29 novembre 2006, causa T‑135/05, Campoli/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑2‑297 e II‑A‑2‑1527, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

40      La medesima tesi consente di escludere la data di adozione della decisione impugnata, ossia il 7 agosto 2009. Infatti, la scelta della data di adozione della decisione sulla domanda diretta a ottenere il vitalizio integrativo farebbe dipendere il diritto applicabile dalla celerità dimostrata dall’amministrazione nell’esaminare la domanda dei deputati, introducendo, in tal modo, un elemento di arbitrarietà e aprendo perfino la strada a ipotesi di manipolazione o di abusi. In particolare, potrebbe accadere che due deputati, che cessano le loro funzioni contemporaneamente e che, altrettanto contemporaneamente, abbiano depositato la loro domanda di pensione, si vedano applicare diritti diversi, unicamente a motivo del fatto che il Parlamento ha statuito su tali domande in date diverse.

41      Alla luce dell’analisi che precede, occorre dunque ritenere che il 14 luglio 2009 sia la data rilevante per stabilire il diritto applicabile. Posto che la decisione dell’Ufficio di presidenza 9 marzo 2009 non produceva più alcun effetto giuridico in tale data, essa non poteva costituire il fondamento della decisione impugnata e, ai fini dell’analisi dell’eccezione di illegittimità, è necessario analizzare la legittimità soltanto della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009.

 Sul primo motivo

42      Il primo motivo dedotto dal ricorrente è suddiviso in due parti, relative, rispettivamente, alla violazione dei diritti acquisiti nonché alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento.

 Sulla prima parte, relativa alla violazione dei diritti acquisiti

43      Il ricorrente invoca la giurisprudenza secondo cui, in linea di principio, non è possibile rimettere in discussione diritti acquisiti. Egli fa valere che i suoi diritti pensionistici devono essere determinati proprio conformemente alla normativa in vigore alla data di cessazione delle sue funzioni di deputato. A suo parere, la soppressione della possibilità di usufruire parzialmente della pensione sotto forma di capitale viola l’art. 27, n. 2, dello statuto dei deputati e pregiudica le modalità di versamento dei diritti a pensione acquisiti, che non possono essere distinte dai medesimi diritti acquisiti a percepire una pensione. Il ricorrente sottolinea l’esistenza di un rischio che riguarderebbe espressamente i deputati, distinguendo di fatto il loro regime da quello dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: i «funzionari europei») e giustificando la propria osservazione secondo cui il parziale versamento della pensione sotto forma di capitale costituisce un elemento essenziale della pensione.

44      Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge che il ricorrente può far valere diritti acquisiti solo nel caso in cui la fattispecie costitutiva di un diritto si sia realizzata quando vigeva una normativa anteriore alla modifica apportata e contestata nel suo ricorso (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 marzo 1975, causa 28/74, Gillet/Commissione, Racc. pag. 463, punto 5, e sentenza Campoli/Commissione, cit. supra al punto 39, punto 78). Infatti, anche se tale giurisprudenza è relativa ai funzionari europei, il principio in essa enunciato può essere applicato in generale e, in particolare, al caso di specie. Del resto, anche le parti propongono un’applicazione del principio stabilito da tale giurisprudenza.

45      Inoltre, il regime di vitalizio integrativo dei deputati condivide con il regime pensionistico dei funzionari europei un elemento chiave tipico. Infatti, in linea di principio, quest’ultimo regime segue un modello di capitalizzazione, che potrebbe essere qualificato come regime basato su un fondo «virtuale», in quanto, benché in realtà i versamenti di tali funzionari confluiscano nel bilancio dell’Unione, i contributi a carico dei datori di lavoro non siano effettivamente pagati e le uscite per il versamento delle pensioni secondo tale regime siano coperte dal bilancio anzidetto, l’equilibrio attuariale del regime è calcolato come se esistesse un fondo pensioni. Ciò comporta, in particolare, che la totalità dei versamenti contributivi annui di un funzionario europeo e degli ipotetici contributi a carico del datore di lavoro debba corrispondere al valore attuariale dei diritti a pensione acquisiti da quest’ultimo nello stesso anno, caratteristica essenziale di un regime pensionistico «basato su un fondo». Le caratteristiche del regime pensionistico dei funzionari europei sono dunque assai simili a quelle del regime di vitalizio integrativo dei deputati, in quanto i due sistemi definiscono un calcolo attuariale nel cui ambito la quota contributiva annua deve corrispondere a un terzo dei diritti a pensione acquisiti nel medesimo anno (i contributi a carico del datore di lavoro, ossia, nella fattispecie, dal Parlamento, coprono i rimanenti due terzi).

46      Infine, come già osservato al punto 37 supra, la circostanza che fa sorgere il diritto al vitalizio integrativo è definita all’art. 1, n. 1, del regime 12 giugno 1990 ed è la data della cessazione delle funzioni di deputato. Orbene, il ricorrente ha cessato le sue funzioni il 14 luglio 2009; ne consegue che alla data di entrata in vigore della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009, notificata a tutti i deputati in data 18 maggio 2009, che, in particolare, aboliva la possibilità di versare una parte della pensione sotto forma di capitale, il ricorrente non aveva ancora acquisito il suo diritto alla pensione. Pertanto, non si può sostenere al riguardo una violazione dei suoi diritti acquisiti.

47      Gli altri argomenti illustrati dal ricorrente non consentono di rimettere in discussione questa conclusione.

48      In primo luogo, occorre respingere per diversi motivi l’argomento del ricorrente secondo cui la funzione di deputato presenta un rischio specifico se raffrontata a quella dei funzionari europei, vale a dire la necessità di un reinserimento professionale al termine del mandato di deputato, e in forza del quale il versamento parziale sotto forma di capitale consentirebbe di far fronte a tale rischio.

49      Innanzi tutto, la regolamentazione SID, al suo allegato V, prevedeva già un’indennità transitoria di fine mandato da versare ai deputati uscenti o da parte dello Stato membro d’origine o da parte del Parlamento medesimo. È vero che dalla regolamentazione SID non risulta espressamente che tale indennità fosse destinata a facilitare il reinserimento professionale al termine del mandato. Tuttavia, lo statuto dei deputati, che è in vigore dal 14 luglio 2009 e che ha abolito la suddetta normativa, continua a prevedere il versamento di un’indennità transitoria. In proposito, il tredicesimo ‘considerando’ della decisione del Parlamento sull’adozione dello statuto dei deputati afferma che «[l]’indennità transitoria di cui all’articolo 9, paragrafo 2 e all’articolo 13 [dello statuto] dovrebbe, in particolare, coprire il periodo tra la fine del mandato e l’avvio di una nuova attività professionale». Si può presupporre che la ratio dell’indennità transitoria non sia mutata con l’adozione dello statuto dei deputati e che, già prima dell’entrata in vigore del suddetto statuto, tale indennità mirasse pertanto a facilitare il reinserimento professionale. Dunque, tenuto conto dell’esistenza di siffatta indennità, non è, quanto meno, necessario giustificare le modalità di versamento speciali del vitalizio integrativo con il rischio di reinserimento professionale, anche se è plausibile che in passato il pagamento di una parte della detta pensione sotto forma di capitale effettivamente abbia potuto servire per tali scopi in casi concreti.

50      Inoltre, i deputati acquisiscono il diritto al vitalizio integrativo all’età pensionabile, fissata a 60 anni, conformemente all’art. 1 del regime 12 giugno 1990. Non sembra dunque necessario un versamento parziale della pensione sotto forma di capitale ai fini di un reinserimento professionale, giacché un deputato in pensione, in linea di principio, non deve ricominciare nuove attività professionali.

51      Infine, la modalità specifica di versamento di parte della pensione sotto forma di capitale è stata introdotta soltanto nel marzo 1999, ossia diversi anni dopo la creazione del suddetto regime 12 giugno 1990 e, poiché essa non apparteneva quindi inizialmente al regime di vitalizio integrativo, siffatta modalità specifica non può costituire un elemento essenziale del regime anzidetto.

52      In secondo luogo, il ricorrente fa valere la nota del segretario generale del Parlamento del 24 novembre 2005, in cui sarebbe stato richiamato il divieto della violazione dei diritti acquisiti. Si riporta di seguito il testo dei passaggi pertinenti di tale nota:

«21.  A partire dall’entrata in vigore dello [s]tatuto dei deputati, l’art. 27 di quest’ultimo costituirà il fondamento giuridico per il Fondo pensioni. In base al n. 2 del suddetto articolo, “i diritti e le aspettative acquisiti restano invariati. Il Parlamento può fissare condizioni e requisiti per l’acquisizione di nuovi diritti o aspettative”.

22.       Secondo tale prospettiva, e per un periodo temporaneo determinato, salvo il rispetto del fondamento giuridico dell’art. 199 CE, l’Ufficio di presidenza può modificare il regime pensionistico per il futuro ma deve conservare i diritti acquisiti, segnatamente quelli degli ex deputati che percepiscono già una pensione o che hanno contribuito al Fondo e sono ancora in attesa del versamento della pensione. Come emerge [da un’analisi della portata del principio del rispetto dei diritti acquisiti], tale principio non osta al fatto che per i deputati in carica la modifica dei parametri possa influire sui loro diritti pensionistici a partire dall’entrata in vigore delle modifiche».

53      In proposito, va osservato che la nota del segretario generale del Parlamento del 24 novembre 2005 conferma la posizione del Parlamento e non quella del ricorrente. Invero, come osservato dallo stesso ricorrente al punto 29 del ricorso, nella nota anzidetta viene fatta una distinzione fra tre categorie di persone: gli ex deputati che percepiscono già una pensione, gli ex deputati che hanno contribuito al fondo e sono ancora in attesa del versamento della pensione e i deputati in attività che contribuiscono attualmente al fondo. Il 24 novembre 2005, data di pubblicazione di detta nota, al pari del 1° aprile 2009, il ricorrente apparteneva alla terza categoria, ossia quella dei deputati in attività. Orbene, nella suddetta nota viene precisato con chiarezza che, anche se le due prime categorie beneficiano dell’applicazione del principio di tutela dei diritti acquisiti, tale principio non osta a che la modifica del regime pensionistico in futuro possa influire sui diritti a pensione dei deputati appartenenti alla terza categoria, e ciò a partire dall’entrata in vigore delle modifiche adottate dall’Ufficio di presidenza.

54      In terzo luogo, il ricorrente invoca l’art. 27, n. 2, dello statuto dei deputati, relativo alla protezione dei diritti acquisiti. Tuttavia, poiché il suddetto statuto è entrato in vigore soltanto il 14 luglio 2009, come ha sottolineato lo stesso ricorrente al punto 26 del ricorso, tale articolo non era applicabile alla decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009, la cui entrata in vigore è anteriore, a parte il fatto che, come constatato al punto 46 supra, il ricorrente non poteva dimostrare l’esistenza di alcun diritto acquisito da proteggere prima della cessazione delle sue funzioni di deputato, ossia il 14 luglio 2009. Ciò detto, il ricorrente non può trarre argomenti dall’art. 27, n. 2, dello statuto dei deputati.

55      In quarto luogo, il ricorrente solleva un argomento relativo all’assenza abusiva di misure transitorie. In proposito, è sufficiente osservare, in questa fase, che tale argomento non rileva nell’ambito del motivo che riguarda la violazione dei diritti acquisiti. Esso sarà analizzato nell’analisi del secondo motivo.

56      Tenuto conto di quanto suesposto, occorre respingere la prima parte del primo motivo, relativa alla violazione dei diritti acquisiti.

 Sulla seconda parte, relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

–       Sulla censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto

57      Riguardo alla violazione del principio della certezza del diritto, il ricorrente fa valere due argomenti principali. In primo luogo, egli sostiene che, adottando la decisione 1° aprile 2009, l’Ufficio di presidenza non avrebbe rispettato il principio di certezza del diritto legato al «contratto di vitalizio integrativo», nonché il principio di continuità dei contratti. In secondo luogo, l’Ufficio di presidenza non sarebbe stato competente a modificare il regime 12 giugno 1990 e, in terzo luogo, la decisione impugnata avrebbe avuto efficacia retroattiva.

58      In via preliminare, è opportuno constatare che il regime di vitalizio integrativo rientra esclusivamente nelle prerogative dei pubblici poteri, di cui il Parlamento è investito, per poter esercitare il compito che gli è conferito dai Trattati.

59      Infatti, in ogni sistema parlamentare, uno degli scopi fondamentali è garantire l’indipendenza, anche economica, dei deputati in quanto rappresentanti del popolo chiamati a servire l’interesse generale di quest’ultimo. Come indicato al quarto ‘considerando’ dello statuto dei deputati, le fonti del diritto primario non contemplano la libertà del deputato e la sua indipendenza. Tuttavia, l’art. 2 del regolamento interno del Parlamento prevede che «[i] deputati (…) esercitano liberamente il loro mandato». Parimenti, l’art. 2, n. 1, dello statuto dei deputati prevede che «[i] deputati sono liberi e indipendenti» e l’art. 9, n. 1, del suddetto statuto prevede che «[i] deputati hanno diritto a un’indennità adeguata, tale da garantire la loro indipendenza». Sebbene il suddetto statuto sia entrato in vigore soltanto il 14 luglio 2009 e, pertanto, non si applichi ai fatti del caso di specie, tali disposizioni, l’ultima in particolare, discendono da un principio generale tipico di ogni sistema democratico di rappresentanza parlamentare. Al riguardo è opportuno sottolineare che la garanzia di un’indennità economica adeguata, che garantisca l’indipendenza del deputato, non può limitarsi al periodo del mandato, dovendo altresì coprire in misura adeguata un periodo transitorio successivo al termine del mandato e prevedere una pensione in funzione della durata della carica del deputato del Parlamento. Siffatta concezione della garanzia dell’indipendenza economica dei deputati trova inoltre conferma nelle normative che riguardano i membri della Commissione e i membri degli organi giudicanti dell’Unione, per i quali sussiste una necessità analoga di garantire che essi possano esercitare le loro funzioni in maniera indipendente rispetto agli interessi particolari.

60      Ne consegue che il regime di vitalizio integrativo oggetto della presente controversia rientra nelle disposizioni di legge il cui oggetto, nell’interesse generale, è garantire l’indipendenza economica dei deputati. In proposito, va rammentato che prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, questi ultimi, in particolare per quanto riguardava il loro trattamento economico, erano soggetti a disposizioni nazionali (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 settembre 1981, causa 208/80, Bruce of Donington, Racc. pag. 2205, punti 12 e 21), che presentavano grosse disparità con particolare riferimento alle indennità di funzione e ai regimi pensionistici. Ciò posto, il regime di vitalizio integrativo è stato instaurato provvisoriamente in attesa dell’entrata in vigore di uno statuto unico dei deputati, allo scopo di garantire una copertura minima segnatamente ai deputati di Stati membri in cui il regime pensionistico previsto per loro era insufficiente. Tale funzione transitoria emerge del resto espressamente dall’art. 1, n. 1, del regime 12 giugno 1990, che instaura il regime di vitalizio integrativo «[i]n attesa dell’adozione di uno statuto unico dei deputati».

61      Pertanto, la creazione del regime di vitalizio integrativo e la relativa modifica in caso di necessità devono essere considerate misure di organizzazione interna destinate a garantire il buon funzionamento del Parlamento e, in quanto tali, rientrano nelle prerogative dei poteri pubblici di cui è investito il Parlamento per poter esercitare il compito che gli è conferito dai Trattati. Conseguentemente, i diritti e gli obblighi che derivano da tale regime per il Parlamento e per i deputati si pongono nell’ambito del rapporto statutario che li unisce e non sono dunque contrattuali, bensì di diritto pubblico. Peraltro, posto che l’ambito giuridico e, in particolare, i diritti e gli obblighi che possono derivare dall’adesione del ricorrente al regime di vitalizio integrativo sono stati determinati in maniera unilaterale dal Parlamento, la circostanza che il ricorrente abbia aderito volontariamente al detto regime non muta la natura del suo rapporto con il Parlamento, che resta disciplinato dal diritto pubblico.

62      Conseguentemente, si devono respingere gli argomenti del ricorrente relativi alla violazione del principio di certezza del diritto «connessa al contratto di vitalizio integrativo» e del principio di continuità dei contratti.

63      Occorre altresì respingere l’argomento del ricorrente sollevato nell’ambito della prima parte del primo motivo e relativo all’assenza di competenza dell’Ufficio di presidenza a modificare il regime 12 giugno 1990.

64      Infatti, secondo la giurisprudenza, allorché una normativa rientra nell’ambito delle misure di organizzazione interna del Parlamento, essa appartiene alla sfera della sua competenza e delle misure che è tenuto ad adottare in virtù dell’art. 199, primo comma, CE (v., in tal senso, sentenza Bruce of Donington, cit. supra al punto 60, punto 15). Orbene, come osservato poc’anzi, l’istituzione e, eventualmente, la modifica del regime di vitalizio integrativo vanno considerate alla stregua di misure di organizzazione interna destinate a garantire il buon funzionamento del Parlamento. In proposito, occorre sottolineare che il regime 12 giugno 1990 fa parte della regolamentazione SID, adottata dall’Ufficio di presidenza sulla base dell’art. 22, n. 2, del regolamento interno nella versione applicabile al caso di specie, che permette all’Ufficio di presidenza di disciplinare, inter alia, le questioni finanziarie, organizzative e amministrative riguardanti i deputati (v. punti 1‑3 supra). Il regolamento interno, a sua volta, è stato adottato ai sensi dell’art. 199, primo comma, CE, secondo cui il Parlamento stabilisce il proprio regolamento interno. Conseguentemente, non può essere accolto l’argomento del ricorrente relativo all’incompetenza dell’Ufficio di presidenza circa l’adozione della decisione 1° aprile 2009.

65      Inoltre, sempreché il ricorrente abbia voluto sollevare la censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto anche al di fuori del contesto contrattuale, si deve ricordare che l’esigenza fondamentale della certezza del diritto, nelle sue differenti manifestazioni, è intesa a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nel diritto comunitario (sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a., Racc. pag. I‑569, punto 20; sentenze del Tribunale 19 marzo 1997, causa T‑73/95, Oliveira/Commissione, Racc. pag. II‑381, punto 29, e 24 settembre 2008, causa T‑20/03, Kahla/Thüringen Porzellan/Commissione, Racc. pag. II‑2305, punto 136). Il principio della certezza del diritto osta, in particolare, a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione (sentenze della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 88, e 14 luglio 1983, causa 224/82, Meiko‑Konservenfabrik, Racc. pag. 2539, punto 12; sentenza del Tribunale 3 maggio 2007, causa T‑357/02, Freistaat Sachsen/Commissione, Racc. pag. II‑1261, punto 95). Dal fascicolo del presente procedimento non risulta che la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 abbia prodotto effetti prima della sua notifica a tutti i deputati, avvenuta il 18 maggio 2009. Invero, l’abrogazione della possibilità di versare una parte della pensione sotto forma di capitale si applicava soltanto a partire da tale data. Pertanto, i deputati che hanno cessato le loro funzioni prima della data anzidetta e che hanno dunque acquisito diritti al vitalizio integrativo, non sono stati lesi dalla detta decisione.

66      Di conseguenza, contrariamente alle affermazioni del ricorrente, la decisione impugnata non contiene elementi retroattivi.

67      Pertanto, occorre respingere in quanto infondata nella sua interezza la censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto.

–       Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

68      Innanzi tutto, il ricorrente sottolinea di aver contribuito per dieci anni al regime di vitalizio integrativo, basandosi su condizioni chiare e prestabilite tali da fargli credere legittimamente di poter ottenere una parte della sua pensione sotto forma di capitale. Pertanto, l’obiettivo perseguito dall’Ufficio di presidenza non può prevalere sul suo interesse rispetto alla conservazione dei suoi diritti acquisiti. Per di più, tale legittimo affidamento sarebbe stato rafforzato da calcoli previsionali della sua pensione, eseguiti nel gennaio 2009 dall’amministrazione del Parlamento, e da calcoli effettuati a titolo di esempio dall’ASBL in data 27 aprile 2001. Tutti questi calcoli indicherebbero la possibilità di ricevere una parte della pensione sotto forma di capitale. Infine, nella decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009, il Parlamento avrebbe ammesso di dover garantire il rispetto degli impegni assunti nei confronti degli iscritti al regime di vitalizio integrativo, e ciò a prescindere dalla situazione del fondo.

69      Secondo una giurisprudenza costante, affinché un singolo possa invocare la tutela del legittimo affidamento, l’amministrazione deve avergli fornito assicurazioni precise e aver suscitato in lui aspettative fondate. Rappresentano assicurazioni di tal genere informazioni precise, incondizionate e concordanti, che derivino da fonti autorizzate ed affidabili (v. sentenza del Tribunale 21 luglio 1998, cause riunite T‑66/96 e T‑221/97, Mellett/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1305, punti 104 e 107 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑273/01, Innova Privat‑Akademie/Commissione, Racc. pag. II‑1093, punto 26).

70      In primo luogo, il fatto che la possibilità di percepire il vitalizio integrativo in parte sotto forma di capitale esistesse all’epoca dell’iscrizione del ricorrente al regime di vitalizio integrativo, cioè a luglio 1999, non può essere considerato una garanzia, da parte del Parlamento, che le condizioni di tale regime non sarebbero state modificate in futuro.

71      In secondo luogo, per quanto riguarda le stime fornite dall’ASBL il 27 aprile 2001, occorre innanzi tutto osservare che esse non provengono dal Parlamento. Non si tratta dunque di una fonte amministrativa autorizzata e affidabile ai sensi della giurisprudenza, per cui i suddetti calcoli non sono tali da fondare il legittimo affidamento del ricorrente. Peraltro, in ogni caso, detti calcoli, che figurano sotto il titolo «Nota orientativa C», erano destinati a tutti i deputati o ex deputati, iscritti al regime di vitalizio integrativo, come risulta dalla formula introduttiva del documento. Inoltre, quest’ultimo conteneva soltanto esempi di calcolo e l’ASBL precisava chiaramente che tali stime non riguardavano i deputati ancora in carica. Da ultimo, nessun elemento di tali calcoli era nominativo, preciso o incondizionato. Si trattava, dunque, di una nota orientativa puramente indicativa, di portata generale, prodotta a titolo di esempio, che non poteva pertanto fondare il legittimo affidamento del ricorrente sulle modalità di versamento del vitalizio integrativo.

72      In terzo luogo, per quanto riguarda i calcoli forniti dall’amministrazione in data 8 gennaio 2009, nel titolo del documento trasmesso veniva espressamente indicato che si trattava di meri calcoli provvisori. Essi erano stati forniti con riferimento all’ipotesi in cui il ricorrente avesse ricevuto la pensione al termine della sesta legislatura, considerato che il 1° agosto 2009 è indicato come la data in cui i diritti a pensione sono acquisiti e che si è tenuto conto dei contributi versati dal ricorrente fino a luglio 2009. Ne deriva che i calcoli in parola erano teorici, posto che il Parlamento non poteva impegnarsi né in merito alla data di fine mandato del ricorrente, né in merito al mantenimento dello status quo delle disposizioni contenute nel regime 12 giugno 1990 tra cui, in particolare, le modalità speciali di versamento. Conseguentemente, i calcoli effettuati dall’amministrazione in data 8 gennaio 2009 non potevano costituire assicurazioni ai sensi della giurisprudenza citata al punto 69, supra. Pertanto, occorre rammentare che è stato già dichiarato che i conteggi relativi ai loro diritti a pensione, forniti a titolo informativo ai funzionari europei dai servizi competenti dell’autorità che ha il potere di nomina, non sono atti che attribuiscono dei diritti ai loro destinatari (sentenza della Corte 28 maggio 1970, cause riunite 19/69, 20/69, 25/69 e 30/69, Richez-Parise e a./Commissione, Racc. pag. 325, punti 18‑20). La suddetta giurisprudenza è applicabile, mutatis mutandis, al caso di specie.

73      In quarto luogo, è vero che nella sua riunione del 1° aprile 2009 l’Ufficio di presidenza non ha soltanto adottato la decisione in tale data, ma ha altresì assunto, a nome del Parlamento, la responsabilità giuridica di garantire «il mantenimento del diritto dei deputati affiliati al regime di vitalizio a una pensione aggiuntiva anche una volta esaurito il fondo pensionistico e, allo stesso modo, il trasferimento al Parlamento stesso dell’eventuale capitale restante nel fondo una volta liquidati tutti i diritti pensionistici». Tuttavia, tale impegno mira chiaramente soltanto a garantire i diritti pensionistici acquisiti dai deputati qualora, come probabile, il fondo pensione si esaurisca prima della liquidazione di tutti i diritti a pensione maturati dai suoi iscritti. Orbene, come illustrato ai punti 46‑51 supra, le modalità speciali di versamento non costituiscono parte di tali diritti acquisiti, per cui l’impegno assunto il 1° aprile 2009 dal Parlamento non può aver creato un legittimo affidamento del ricorrente in proposito.

74      Infine, il passaggio della nota del segretario generale del Parlamento del 24 novembre 2005, citato al punto 52 supra e richiamato dal medesimo ricorrente, indica espressamente l’eventualità che modifiche alla normativa riguardante il regime di vitalizio integrativo possano colpire i diritti al vitalizio integrativo dei deputati in carica, categoria a cui apparteneva il ricorrente. Ne consegue che le informazioni che il ricorrente ha ottenuto dall’amministrazione non potevano in ogni caso essere concordanti sul fatto che gli sarebbero state riconosciute le modalità speciali di versamento.

75      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che le informazioni di cui si avvale il ricorrente non erano precise, incondizionate e concordanti ai sensi della giurisprudenza citata al punto 69 supra e, dunque, non consentono, nella fattispecie, di dimostrare una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

76      Conseguentemente, occorre respingere la censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e, pertanto, va respinto integralmente il primo motivo.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità

 Sulla censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento

77      Il ricorrente sostiene che la decisione provvisoria dell’Ufficio di presidenza 9 marzo 2009 è discriminatoria, in quanto elimina la possibilità di usufruire di una parte della pensione sotto forma di capitale senza prevedere misure transitorie. In proposito, il ricorrente adduce due esempi, relativi alla modifica di regimi pensionistici dell’Unione per i quali il Consiglio avrebbe previsto misure transitorie non soltanto in merito all’acquisizione di nuovi diritti, ma anche riguardo ai requisiti di accesso al diritto alla pensione.

78      Il Parlamento contesta tali argomenti.

79      Da una giurisprudenza costante deriva che sussiste violazione del principio della parità di trattamento quando due categorie di persone, le cui situazioni di fatto e di diritto non presentano differenze sostanziali, vengono trattate in modo diverso, o quando due situazioni diverse sono tratte in modo identico (sentenze del Tribunale 15 marzo 1994, causa T‑100/92, La Pietra/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑83 e II‑275, punto 50, e 16 aprile 1997, causa T‑66/95, Kuchlenz‑Winter/Commissione, Racc. pag. II‑637, punto 55; v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2004, causa T‑251/02, E/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑359 e II‑1643, punto 123).

80      In proposito, occorre osservare che la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 si applica allo stesso modo a tutti i deputati o ex deputati iscritti al regime di vitalizio integrativo. Infatti, tutti i deputati cui viene versato il vitalizio dopo l’entrata in vigore della detta decisione si trovano in situazioni di fatto e di diritto che non presentano differenze sostanziali e beneficiano di un trattamento identico.

81      Tuttavia, il ricorrente confronta la modifica del regime di vitalizio integrativo dei deputati con la modifica del regime pensionistico dei funzionari europei intervenuta in seguito all’entrata in vigore del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 22 marzo 2004, n. 723, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità (GU L 124, pag. 1), nonché la modifica del regime pensionistico dei membri della Commissione europea e dei membri degli organi giurisdizionali comunitari intervenuta in seguito all’entrata in vigore del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 30 aprile 2004, n. 1292, che modifica il regolamento n. 422/67/CEE, n. 5/67/Euratom relativo alla fissazione del trattamento del presidente e dei membri della Commissione, del presidente, dei giudici, degli avvocati generali e del cancelliere della Corte di giustizia, nonché del presidente, dei membri e del cancelliere del Tribunale di primo grado (GU L 243, pag. 23). Egli vuole in tal modo dimostrare che avrebbe dovuto beneficiare di misure transitorie, alla stregua delle persone oggetto di tali regolamenti.

82      Tuttavia, la situazione del ricorrente non è paragonabile a quella delle persone cui si riferiscono i regolamenti da lui richiamati. Infatti, in primo luogo, per quanto riguarda la modifica del regime pensionistico dei funzionari europei, il ricorrente si riferisce unicamente all’innalzamento della loro età pensionabile, introdotto dal regolamento n. 723/2004. In proposito, va rammentato che, come emerge dal punto 34 supra, né l’innalzamento dell’età pensionabile né l’abolizione della possibilità di beneficiare di un prepensionamento, previste dalla decisione dell’Ufficio della presidenza 1° aprile 2009, formano l’oggetto della presente controversia. Il ricorrente si trova pertanto in una situazione diversa da quella dei funzionari europei cui fa riferimento e, pertanto, non può fondarsi sul loro trattamento diverso.

83      In secondo luogo, come emerge dall’art. 1, n. 5, del regolamento n. 1292/2004, citato nel ricorso, le modifiche intervenute nel regime pensionistico dei membri della Commissione e degli organi giudicanti dell’Unione comportavano una diminuzione dei tassi di accumulo dei diritti a pensione e, conseguentemente, una diminuzione dell’importo stesso della pensione che queste persone potevano richiedere. Le misure transitorie adottate al riguardo hanno conservato il tasso di accumulo dei diritti a pensione per i membri delle istituzioni in parola in carica al 1° aprile 2004. Per contro, nella fattispecie, né l’importo della pensione del ricorrente né il tasso di accumulo dei diritti a pensione sono stati modificati dalla decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009. Invero, l’abolizione della possibilità di percepire una parte della pensione sotto forma di capitale elimina soltanto una modalità di pagamento della pensione, senza per questo influire sul valore attuariale della pensione a cui possono aspirare i deputati iscritti al regime di vitalizio integrativo.

84      Al riguardo, senza essere contraddetto dal ricorrente, il Parlamento ha osservato che la possibilità di versare una parte della pensione sotto forma di capitale era stata inizialmente ideata per essere, in abstracto, finanziariamente neutra rispetto al versamento integrale della pensione in mensilità. Del resto, la neutralità attuariale di tale modalità speciale di versamento è altresì sottolineata nelle informazioni inviate agli iscritti al regime di vitalizio integrativo, formulate il 27 aprile 2001 dall’ASBL con il titolo «Nota orientativa C» (v. punto 71 supra), che sono state prodotte dal ricorrente medesimo. Il passaggio in parola ha il seguente tenore:

«Inoltre, occorre tener conto del fatto che il prepensionamento e l’importo forfettario sono entrambi calcolati in modo da essere finanziariamente “neutri” per il Fondo. In altre parole, qualora tali opzioni possano rappresentare un “guadagno” per taluni iscritti – che, per esempio, abbiano esercitato le opzioni di “prepensionamento” e/o di “importo forfettario” e siano poi deceduti – sia l’una, sia l’altra opzione ovvero entrambe costituirebbero una “perdita” per altri iscritti sopravvissuti per un periodo eccezionalmente lungo».

85      Occorre dunque osservare che tale elemento è pacifico per entrambe le parti e che non occorre che il Tribunale lo verifichi. È quindi necessario partire dal presupposto secondo cui la diminuzione dell’importo annuo della pensione – in caso di versamento parziale sotto forma di capitale – come risulta dalla tabella di cui all’art. 4, n. 4, del regime 12 giugno 1990, esprime il giusto valore attuariale del versamento sotto forma di capitale. In proposito, va precisato che siffatta presunzione è valida a prescindere dall’età del deputato, in quanto, secondo la suddetta tabella, il valore del versamento sotto forma di capitale varia in funzione dell’età del deputato alla data in cui sorge il diritto alla pensione, tenendo quindi conto della sua singola aspettativa di vita.

86      Ne deriva che, contrariamente alle modifiche apportate al regime pensionistico dei membri della Commissione e degli organi giurisdizionali dell’Unione introdotte dal regolamento n. 1292/2004, le modifiche al regime di vitalizio integrativo dei deputati intervenute dopo l’entrata in vigore della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 non influivano sul valore attuariale della pensione su cui gli iscritti a tale regime potevano fare affidamento.

87      Pertanto, da un lato, i deputati e, dall’altro, i membri della Commissione e degli organi giurisdizionali dell’Unione possono legittimamente essere stati trattati in modo diverso per quanto riguarda l’adozione di misure transitorie, poiché si trovavano in situazioni di fatto e di diritto sostanzialmente diverse sotto il profilo dell’incidenza delle modifiche intervenute sul valore attuariale dei loro diritti pensionistici.

88      Ciò detto, occorre altresì respingere l’argomento del ricorrente, sollevato nell’ambito del primo motivo, secondo cui l’esercizio di un potere di valutazione da parte del Parlamento, quand’anche dimostrato, sarebbe abusivo considerata l’assenza di misure transitorie. Infatti, come emerge dall’analisi appena condotta, da un lato, il ricorrente non poteva avvalersi di diritti acquisiti alla data dell’entrata in vigore della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 (v. punto 46 supra) e, dall’altro, l’abolizione della possibilità di versamento della pensione in parte sotto forma di capitale non incideva sul valore attuariale della pensione su cui poteva fare affidamento (v. punto 86 supra).

89      Quindi, la censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento dev’essere respinta.

 Sulla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità

90      Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata lede in maniera sproporzionata i suoi interessi. Egli ritiene che la parte dei propri diritti a pensione versati sotto forma di capitale potesse essere ridotta e non abolita, senza causare problemi di finanziamento del fondo. Peraltro, egli chiede al Parlamento dati precisi circa il numero di membri, di ex membri e di loro aventi diritto interessati dalle decisioni dell’Ufficio di presidenza 9 marzo e 1° aprile 2009.

91      In via preliminare, occorre rammentare che, in forza del principio di proporzionalità, la legittimità di una normativa comunitaria è subordinata alla condizione che i mezzi che essa impiega siano idonei a realizzare l’obiettivo da essa legittimamente perseguito e non vadano al di là di ciò che è necessario per raggiungerlo, fermo restando che, qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere, in linea di principio, alla meno restrittiva (sentenza del Tribunale 5 giugno 1996, causa T‑162/94, NMB France e a./Commissione, Racc. pag. II‑427, punto 69).

92      Per di più, secondo un principio generale del diritto dell’Unione, la legittimità di un atto dev’essere valutata con riferimento alle circostanze di diritto e di fatto esistenti al momento in cui tale decisione è stata adottata (v. ordinanza del presidente del Tribunale 30 ottobre 2003, cause riunite T‑125/03 R e T‑253/03 R, Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑4771, punto 69 e giurisprudenza ivi citata; v., in tal senso, sentenza della Corte 17 maggio 2001, causa C‑449/98 P, IECC/Commissione, Racc. pag. I‑3875, punto 87, e sentenza del Tribunale 12 dicembre 2000, causa T‑296/97, Alitalia/Commissione, Racc. pag. II‑3871, punto 86). Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente in udienza, un eventuale ulteriore andamento positivo delle attività del fondo di vitalizio integrativo non può essere considerato ai fini dell’esame della proporzionalità delle misure adottate nell’ambito della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009.

–       Sulla legittimità dell’obiettivo perseguito

93      Per quanto riguarda la legittimità dell’obiettivo perseguito, in occasione dell’adozione della sua decisione 1° aprile 2009, l’Ufficio di presidenza ha addotto il perseguimento di quattro obiettivi, ossia:

–        garantire che i deputati che hanno versato contributi al fondo pensionistico volontario possano beneficiare di una pensione da esso erogata;

–        evitare per quanto possibile un eventuale impatto finanziario sui contribuenti europei;

–        assicurare un’equa distribuzione dei costi tenendo conto della necessità di spiegare al pubblico le decisioni prese;

–        preservare, per quanto possibile, la liquidità del fondo pensionistico.

94      Occorre ritenere che, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza di regolamentare il regime di vitalizio integrativo (v. punto 64, supra), il Parlamento poteva legittimamente perseguire tali obiettivi.

–       Sull’idoneità delle misure adottate per realizzare l’obiettivo considerato

95      Per quanto riguarda l’idoneità delle misure adottate per realizzare l’obiettivo considerato, va rammentata la situazione economica del fondo pensioni all’inizio del 2009, come descritta, in particolare, ai punti 4‑6 della nota del segretario generale del Parlamento del 1° aprile 2009 ai membri dell’Ufficio di presidenza, nonché al primo e al secondo considerando della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009. Tale situazione era caratterizzata da un significativo deterioramento dovuto agli effetti della crisi finanziaria ed economica in corso e dalla prospettiva che, dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati nel luglio 2009, a motivo della cessazione dei versamenti degli iscritti e del rendimento insufficiente degli investimenti, la liquidità a disposizione del fondo rischiava di divenire insufficiente per poter ottemperare agli obblighi di pagamento delle pensioni.

96      In particolare, la variazione del valore delle attività del fondo dalla fine del 2006 fino all’inizio del 2009 ha subito un calo del 28,3%, come risulta dalla tabella che segue:

 

31/12/2006

30/06/2007

30/06/2008

30/09/2008

31/12/2008

28/02/2009

Valore delle attività (EUR)

202 153 585

218 083 135

189 406 299

180 628 488

159 047 636

144 973 916


97      Analogamente, l’aliquota di copertura delle pensioni da versare, che al 30 giugno 2007 era il 92%, non superava il 63% al 31 dicembre 2008.

98      Inoltre, secondo la nota del segretario generale del Parlamento del 1° aprile 2009, il costo mensile delle pensioni da versare era stimato a EUR 1 000 000 a partire dall’agosto 2009. Nella sua risposta ai quesiti scritti del Tribunale, il Parlamento precisava che, alla data del 1° aprile 2009, si prevedeva che 105 deputati iscritti al regime di vitalizio integrativo avrebbero presentato richiesta di pensione nel secondo semestre del 2009. Tale cifra sarebbe stata determinata tenendo conto unicamente degli iscritti prossimi ai 60 anni di età nel secondo semestre del 2009, nonché dell’aliquota media di rinnovamento dei deputati, che era il 50%. Nel caso in cui la totalità dei suddetti 105 deputati avesse chiesto di ricevere il 25% della pensione complementare sotto forma di capitale, ciò avrebbe rappresentato un costo supplementare di circa EUR 7 900 000 per il fondo, il che avrebbe costretto quest’ultimo a liquidare parte delle sue attività a prezzi fortemente ridotti a causa della crisi economica, tenuto conto della scarsa disponibilità di liquidità. In proposito, dai rapporti relativi alla liquidità del fondo pensioni al 28 febbraio 2009, forniti dal Parlamento, emerge che la liquidità accumulata dall’ASBL e dalla SICAV, ossia le disponibilità liquide immediate esenti da ulteriori costi, per onorare gli obblighi correnti, ammontavano, in tale data, a circa EUR 5 000 000.

99      Va osservato che i calcoli e le previsioni illustrati dal Parlamento sono plausibili. In particolare, appare realistico l’importo complessivo indicato di EUR 7 900 000 nel caso in cui la totalità dei 105 deputati che potevano presentare richiesta di pensione nella seconda parte del 2009 avesse domandato un pagamento sotto forma di capitale per il 25% della pensione. Invero, ciò corrisponde a una media di circa EUR 75 250 per iscritto, che si colloca nel medesimo ordine di grandezza del capitale di EUR 81 400 – leggermente superiore – che il ricorrente avrebbe potuto pretendere ai sensi dell’art. 4 del regime 12 giugno 1990 abrogato dalla decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009.

100    Alla luce di tutti i suddetti elementi, emerge che la decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 e, in particolare, l’abolizione della possibilità di percepire la pensione in parte sotto forma di capitale erano in grado di evitare nell’immediato una crisi di liquidità del fondo pensioni, nonché la liquidazione di titoli a condizioni sfavorevoli e un non trascurabile mancato guadagno. In tal modo, la suddetta decisione poteva realizzare il quarto obiettivo tra quelli di cui al punto 93, supra. Inoltre, siffatta misura avrebbe quantomeno potuto promuovere gli altri tre, anche se non fosse stata sufficiente a conseguirli. In ogni caso, essa non andava oltre quanto necessario per il raggiungimento di detti obiettivi, come richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 91 supra.

101    Il ricorrente non ha contestato in generale la situazione economica del fondo pensioni, come descritta ai punti 95‑98 supra, bensì ha fatto valere tre argomenti per contestare la necessità delle misure adottate nella decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009.

102    In primo luogo, il ricorrente richiama il parere di attuari esterni al Parlamento, espresso nell’ambito di uno studio realizzato da una società di consulenze attuariali. Tale studio, commissionato dal Parlamento e datato novembre 2007, analizza la situazione finanziaria del fondo pensioni nell’ottica delle incidenze risultanti dall’entrata in vigore dello statuto dei deputati a partire dal 2009. Il punto 4 del sunto di tale rapporto è così formulato:

«I fattori di conversione impiegati per il pagamento sotto forma di capitale, confrontati con i fattori di conversione corrispondenti che figurano nelle tabelle relative al Regno Unito, divisi per quattro, sono quasi privi di incidenza. Nel caso in cui un membro, raggiunta l’età pensionabile, scelga il pagamento sotto forma di capitale, ciò non comporterebbe alcun deficit nel finanziamento, né inciderebbe sull’aliquota di contribuzione versata dal Parlamento europeo e dai suoi membri».

103    In proposito, va osservato che tale studio è stato compiuto nel novembre 2007, in base a dati aggiornati al 30 giugno 2007. Come ivi espressamente precisato, esso si fonda su presunzioni che, con ogni probabilità, differiscono dall’effettiva evoluzione successiva. A titolo esemplificativo, gli autori dello studio partono dal presupposto fondato su una proiezione futura dell’evoluzione anteriore al 30 giugno 2007, secondo cui le attività del fondo avrebbero prodotto un rendimento annuo del 6,99%. Orbene, come risulta dalla tabella riprodotta al punto 96 supra, la variazione del valore delle attività è stata costantemente negativa dal 30 giugno 2007 fino al 28 febbraio 2009, di modo che l’evoluzione effettiva ha falsato le previsioni di rendimento.

104    Pertanto, le conclusioni dello studio attuariale, basate su dati manifestamente superati e su previsioni rivelatesi errate alla data del 1° aprile 2009, non rilevano in alcun modo nei confronti della situazione finanziaria del fondo pensioni complementare alla data di adozione della decisione dell’Ufficio di presidenza del medesimo giorno. In particolare, dette conclusioni non sono in grado di rimettere in discussione i calcoli previsionali effettuati a febbraio 2009 alla luce della situazione finanziaria presente in tale data.

105    Va dunque respinto l’argomento relativo al parere espresso dagli attuari.

106    In secondo luogo, in udienza il ricorrente ha prodotto il verbale di una riunione del consiglio di direzione della SICAV del 3 dicembre 2008. Al punto 10 di detto verbale, intitolato «Rapporto del comitato di investimento», è indicato quanto segue:

«È stato riferito e osservato che, dopo le elezioni europee di giugno 2009, il fondo dovrà approssimativamente versare da 6 a 7 milioni di EUR a titolo di pagamenti sotto forma di capitale ai nuovi pensionati del regime. Pertanto, [la banca che gestisce il fondo] necessiterà di sufficiente liquidità disponibile in seno al fondo, per far fronte a tali richieste di capitale nel mese di agosto 2009».

107    Ad avviso del ricorrente, da questo passaggio emerge che a partire da tale data sarebbero state adottate disposizioni per garantire la disponibilità, nell’agosto 2009, di liquidità sufficiente per rispondere alle richieste di pagamento sotto forma di capitale che ci si poteva aspettare dai nuovi pensionati tra gli iscritti al regime di vitalizio integrativo.

108    Orbene, come giustamente rilevato in udienza dal Parlamento, nonché nelle osservazioni dell’8 aprile 2011, il passaggio citato al punto 106 supra non fa che dimostrare che la messa a disposizione di ulteriore liquidità era necessaria per consentire al fondo pensionistico di affrontare le prevedibili richieste di pagamento sotto forma di capitale nell’agosto 2009 e che a tal fine si sarebbe dovuto procedere alla vendita di alcuni titoli. Invero, diversamente, non sarebbe stato necessario sottolineare la necessità di adottare disposizioni al riguardo. Per contro, tale passaggio non dimostra che la soppressione della possibilità di chiedere il pagamento di una parte della pensione sotto forma di capitale non avrebbe potuto evitare al fondo pensioni la liquidazione di titoli, nel 2009, a condizioni sfavorevoli.

109    Occorre dunque respingere l’argomento relativo al verbale della riunione del consiglio di direzione della SICAV del 3 dicembre 2008, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di tale mezzo di prova.

110    In terzo luogo, il ricorrente ha sostenuto che il valore della liquidità del fondo pensioni ammontava a circa EUR 8 000 000 al 28 febbraio 2009 e non a circa EUR 5 000 000, come afferma il Parlamento (v. punto 97 supra). In proposito, da un lato, in udienza egli ha prodotto la versione completa del rapporto sul valore dell’attivo del fondo pensioni al 28 febbraio 2009 (in prosieguo: il «rapporto 02/2009»), di cui fanno parte i rapporti sulla liquidità forniti dal Parlamento (v. punto 97 supra). A suo avviso, il rapporto 02/2009 dimostra una liquidità della SICAV pari a EUR 6 921 988 invece di EUR 3 869 848,69 indicati nel rapporto presentato dal Parlamento. Dall’altro, alle sue osservazioni del 25 maggio 2011 il ricorrente ha allegato uno scambio di corrispondenza datato marzo 2011. La prima lettera è stata inviata il 30 marzo 2011 all’amministratore del fondo pensioni da un membro del comitato per gli investimenti del fondo pensioni; in particolare, essa contiene il seguente passaggio:

«Il livello di liquidità totale alla fine di febbraio 2009 era di circa EUR 8 000 000:

Liquidità Sicav EUR 6 885 045 (comprensivi di EUR 3 869 848 (pagina 11 del pacchetto 2009 02 27 NAV)

Liquidità ASBL EUR 1 172 163».

111    In proposito, occorre osservare, in primo luogo, riguardo all’argomento del ricorrente secondo cui si dovrebbe tenere conto dell’importo di EUR 6 921 988 indicato in fondo alla riga «CASH amount» (importo liquidità) della tabella «Asset distribution» (distribuzione delle attività) presente nel rapporto 02/2009 per il calcolo della liquidità della SICAV, che, come già rilevato dal Parlamento in udienza, tale cifra non si riferisce evidentemente a liquidità immediatamente disponibili della SICAV, bensì a importi che essa possedeva in valute diverse su conti di investimento e che, dunque, non erano immediatamente disponibili, nell’insieme, senza ulteriori esborsi. Infatti, se non fosse stato così, ci si sarebbe dovuti aspettare che tali importi fossero ripresi nel rapporto sulla liquidità della SICAV, che faceva parte del rapporto 02/2009. Occorre invece osservare che l’importo di EUR 3 869 848,69 indicato nel rapporto sulla liquidità della SICAV fa parte dell’importo di EUR 6 921 988 indicato in fondo alla riga «CASH amount» della tabella «Asset distribution».

112    In secondo luogo, anche se il valore della liquidità dell’ASBL di EUR 1 172 163, indicato nella lettera del 30 marzo 2011 citata al punto 110 supra, corrisponde a quello contenuto nel rapporto 02/2009, l’importo di EUR 6 885 045 indicato per la liquidità della SICAV non corrisponde a nessuno dei dati presenti nel rapporto 02/2009. Poiché le parti non hanno contestato l’esattezza materiale delle cifre mostrate nel rapporto 02/2009, come prodotto in udienza dal ricorrente, e in assenza di qualsivoglia chiarimento da parte del ricorrente in merito alla base di calcolo dell’importo di EUR 6 885 045 e al motivo per cui tale cifra avrebbe dovuto prevalere rispetto ai dati contenuti nel rapporto 02/2009, le informazioni presenti nella detta lettera non sono in grado di rimettere in discussione le osservazioni formulate al punto 98 supra in merito al valore della liquidità del fondo pensione al 28 febbraio 2009.

113    In terzo luogo, occorre constatare che, contrariamente alle affermazioni del ricorrente nelle sue osservazioni del 25 maggio 2011, l’importo dei contributi versati dal Parlamento per il mese di febbraio 2009, analogamente a quello dei contributi dei membri del fondo pensione per quel mese, sono ripresi alla voce «Contributions» del rapporto sulla liquidità dell’ASBL, che fa parte del rapporto 02/2009.

114    Occorre dunque respingere gli argomenti riguardanti il rapporto 02/2009 e gli elementi forniti dal ricorrente in allegato alle sue osservazioni del 25 maggio 2011, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità di questi ultimi quali mezzi di prova.

–       Sulla scelta della misura meno restrittiva

115    Da ultimo, per quanto riguarda la scelta della misura meno restrittiva, il ricorrente deduce che è sproporzionato abolire ogni possibilità per gli iscritti al regime di vitalizio integrativo di ottenere una parte del loro vitalizio sotto forma di capitale quando sarebbe stato eventualmente possibile prevedere di limitare in anticipo o in maniera forfettaria la quota di pensione capitalizzabile.

116    In proposito, occorre osservare che i calcoli approssimativi di cui al punto 98 supra presuppongono che la totalità dei 105 ex deputati iscritti al regime di vitalizio integrativo che potevano chiedere di beneficiare della pensione nella seconda metà del 2009 avrebbe scelto di percepire la quota massima, ossia il 25%, della pensione sotto forma di capitale. È dunque vero che tali cifre corrispondevano alla peggiore delle ipotesi e che era possibile che le uscite effettive del fondo per il secondo semestre del 2009 sarebbero state inferiori. Tuttavia, in ogni caso, tale ipotesi non poteva essere esclusa. Inoltre, considerata la situazione economica del fondo pensionistico, come sopra descritta, s’imponeva un approccio cauto e che salvaguardasse al massimo la liquidità a breve termine del fondo. Ciò vale ancor più se si tiene conto della circostanza, osservata al punto 100 supra, che le misure adottate erano di fatto insufficienti per raggiungere tre dei quattro obiettivi cui si mirava, in particolare, il secondo che consisteva nell’evitare un eventuale impatto finanziario sui contribuenti europei. Va pertanto rammentato che la soppressione del versamento sotto forma di capitale era senza incidenza sotto il profilo attuariale. Per contro, altre misure che avrebbero potuto essere ipotizzabili, quali la riduzione delle pensioni o un aumento dei contributi, che, in maggior misura, avrebbero senz’altro potuto promuovere o anche raggiungere gli altri tre obiettivi, avrebbero comportato una diminuzione del valore attuariale delle pensioni a cui potevano aspirare gli iscritti. Conseguentemente, l’abolizione delle modalità speciali di versamento e, in particolare, della possibilità di versare parte del vitalizio sotto forma di capitale era la misura meno restrittiva per gli iscritti al regime di vitalizio integrativo.

117    Da quanto precede discende che l’abolizione della possibilità del versamento della pensione in parte sotto forma di capitale rispettava il principio di proporzionalità.

118    Occorre dunque respingere il secondo motivo.

 Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’art. 29 della regolamentazione SID

119    Il ricorrente afferma che l’Ufficio di presidenza ha violato l’art. 29 della regolamentazione SID non avendo consultato il segretario generale del Parlamento e il collegio dei Questori del Parlamento prima di adottare la decisione 1° aprile 2009.

120    In via preliminare, occorre richiamare l’art. 29 della regolamentazione SID, che precisa che «[i] [q]uestori e il [s]egretario generale provvedono, su istruzione del [p]residente, all’interpretazione e alla corretta applicazione [della regolamentazione SID]».

121    Da tale testo emerge con chiarezza che l’art. 29 riguarda unicamente l’interpretazione e l’applicazione della regolamentazione SID e non la relativa modifica. Inoltre, come già evidenziato al punto 64 supra, l’Ufficio di presidenza era competente a modificare la regolamentazione SID.

122    Va inoltre osservato che, come emerge dalla nota del segretario generale del Parlamento del 1° aprile 2009, la decisione è stata adottata nella medesima data dall’Ufficio di presidenza su proposta del suddetto segretario generale e che, ai sensi dell’art. 21, n. 2, del regolamento interno del Parlamento – nella versione applicabile al caso di specie – i Questori partecipano alle riunioni dell’Ufficio di presidenza con funzione consultiva.

123     Occorre dunque respingere il terzo motivo del ricorrente.

 Sul quarto motivo, relativo alla violazione del principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti

124    Il ricorrente, basandosi sull’esistenza di un rapporto contrattuale tra lui stesso e il Parlamento, fa valere che le decisioni dell’Ufficio di presidenza 9 marzo e 1° aprile 2009 sono non soltanto potestative, ma altresì equivalenti a una interruzione del contratto. Egli aggiunge che, malgrado l’origine contrattuale dei propri diritti, il Tribunale conserverebbe la propria competenza a valutare la legittimità della decisione impugnata, che è scindibile dal contratto che lo vincola al Parlamento.

125    Siffatto motivo riposa sulla premessa secondo cui i rapporti tra il ricorrente e il Parlamento sarebbero di natura contrattuale. Orbene, come illustrato ai punti 58‑61 supra, tali rapporti trovano collocazione nell’ambito di un vincolo statutario che unisce il ricorrente al Parlamento rientrando, dunque, nelle prerogative dei pubblici poteri di cui il Parlamento è investito per l’assolvimento dei compiti che gli sono stati affidati dai Trattati.

126    Conseguentemente, occorre respingere il quarto motivo.

127    Posto che i motivi dedotti dal ricorrente a sostegno della sua eccezione di illegittimità della decisione dell’Ufficio di presidenza 1° aprile 2009 sono stati respinti nel loro complesso, la detta eccezione dev’essere respinta. Ne deriva che la decisione 1° aprile 2009 costituiva un fondamento valido per la decisione impugnata. Pertanto, alla luce di quanto illustrato al punto 30 supra, il ricorso dev’essere integralmente respinto.

 Sulle spese

128    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      John Robert Purvis è condannato alle spese.

Pelikánová

Jürimäe

Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 18 ottobre 2011.

Firme

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulle conseguenze che occorre trarre dalla presente sentenza

2.  Nel merito

Sul sistema dei motivi e dell’eccezione di illegittimità

Sulla portata dell’eccezione di illegittimità

Sul primo motivo

Sulla prima parte, relativa alla violazione dei diritti acquisiti

Sulla seconda parte, relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento

–  Sulla censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto

–  Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità

Sulla censura relativa alla violazione del principio di parità di trattamento

Sulla censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità

–  Sulla legittimità dell’obiettivo perseguito

–  Sull’idoneità delle misure adottate per la realizzazione dell’obiettivo considerato

–  Sulla scelta della misura meno restrittiva

Sul terzo motivo, relativo alla violazione dell’art. 29 della regolamentazione SID

Sul quarto motivo, relativo alla violazione del principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.