Language of document : ECLI:EU:T:2005:219

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

15 giugno 2005 (*)

«Aiuti concessi dagli Stati – Regime di aiuti alla ristrutturazione di piccole imprese agricole – Aiuti che incidono sugli scambi fra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza – Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà – Decisione condizionale – Termini applicabili al procedimento di verifica degli aiuti di Stato – Tutela del legittimo affidamento – Motivazione – Intervento – Conclusioni, motivi e argomenti della parte interveniente»

Nella causa T‑171/02,

Regione autonoma della Sardegna, rappresentata dai sigg. G. Aiello e G. Albenzio, avvocati dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

sostenuta da

Confederazione italiana agricoltori della Sardegna,

Federazione regionale coltivatori diretti della Sardegna,

Federazione regionale degli agricoltori della Sardegna,

con sede in Cagliari, rappresentate dagli avv.ti F. Ciulli e G. Dore,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 13 novembre 2001, 2002/229/CE, relativa al regime di aiuti al quale la Regione Sardegna (Italia) intende dare esecuzione ai fini della ristrutturazione di aziende in difficoltà nel comparto delle colture protette (GU 2002, L 77, pag. 29),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione ampliata),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dai sigg. A. W. H. Meij, M. Vilaras e N. J. Forwood, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1° luglio 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Con lettera 12 gennaio 1998 le autorità italiane notificavano alla Commissione il progetto di regime di aiuti previsto con delibera della Giunta regionale della Sardegna 2 dicembre 1997, n. 48/7, concernente l’approvazione di un «Piano regionale di ristrutturazione delle Aziende del comparto delle colture agricole protette (in prosieguo: il «progetto»). La Commissione riceveva tale notifica il 15 gennaio seguente.

2        Tale progetto prevedeva, in primo luogo, un regime di aiuti alla ristrutturazione.

3        Beneficiarie di quest’ultimo erano le piccole imprese agricole (PIA) sarde in difficoltà. I criteri che consentivano di determinare una difficoltà ai sensi del progetto riguardavano l’esistenza, per la PIA interessata, di una «perdita media di esercizio, considerate le ultime tre annate agrarie, almeno del 25% dell’utile sul capitale netto», da un lato, e di un «indebitamento relativo alle esposizioni debitorie scadute al 31 dicembre 1996, superiore al 30% del capitale aziendale», dall’altro. Secondo le autorità italiane, circa 500 PIA sarde soddisfacevano tali criteri.

4        Per essere ammesse a godere del regime di aiuti, le imprese beneficiarie dovevano soddisfare un insieme di condizioni, tra cui figuravano la «presentazione di un piano di ristrutturazione che evidenzi la possibilità, in condizioni di normale operatività, della remunerazione di tutti i fattori produttivi, nonché il raggiungimento di un utile di esercizio» e la «liquidazione di una parte delle attività, delle strutture e dei beni aziendali, se ciò fosse necessario al raggiungimento dell’equilibrio economico [e] finanziario dell’azienda».

5        Il settore in questione era quello delle colture agricole protette. I prodotti interessati consistevano in varie specie di ortaggi, frutta, funghi, piante e fiori coltivati in serra.

6        Gli aiuti progettati costituivano, in primo luogo, misure di ridimensionamento del debito delle imprese beneficiarie. Tali misure dovevano essere adottate o dagli istituti di credito dell’impresa interessata (rinuncia agli interessi e agli interessi moratori legati ai crediti scaduti al 31 dicembre 1996; rinuncia agli interessi moratori legati ai crediti in scadenza tra il 1° gennaio 1997 e la conclusione di un contratto di nuova rateizzazione), oppure dalle autorità regionali (parziale assunzione a proprio carico dell’importo principale del debito costituito dai crediti scaduti al 31 dicembre 1996; abbuono degli interessi relativi ai crediti che sarebbero scaduti o sorti successivamente al 31 dicembre 1996). La parte del costo di tali misure posta a carico delle autorità regionali ammontava al 75% del totale del debito costituito dai crediti scaduti al 31 dicembre 1996, al netto degli interessi moratori dovuti agli istituti di credito. La loro durata massima era fissata a quindici anni.

7        In secondo luogo, era prevista una sovvenzione a fondo perduto per vari interventi di investimento strutturale (installazione di dispositivi di protezione, aerazione, climatizzazione, isolamento, drenaggio e irrigazione, nonché adeguamento a norma o sostituzione degli impianti obsoleti). Tali misure di investimento erano descritte come «indispensabili» per la ristrutturazione. La parte del costo di dette misure posta a carico delle autorità regionali ammontava al 75% del totale delle spese ammissibili. La loro durata era descritta come quella «necessaria per la loro realizzazione».

8        In terzo luogo, erano previste misure di assistenza tecnica, di formazione professionale e di consulenza garantite dall’Ente regionale di sviluppo e assistenza tecnica in agricoltura. Le dette misure erano presentate come un «servizio istituzionale» la cui realizzazione «non presuppo[neva] costi aggiuntivi». La loro durata era qualificata come «illimitata».

9        L’importo complessivo delle risorse pubbliche destinate al finanziamento del regime di aiuti alla ristrutturazione ammontava a ITL 60 miliardi, ossia circa EUR 30 milioni. L’importo massimo dell’aiuto che poteva essere concesso a ciascuna impresa ammessa a beneficiarne era, a sua volta, limitato a ITL 600 milioni, ossia circa EUR 300 000.

10      In secondo luogo, il progetto riportava l’intenzione della Repubblica italiana di prevedere, a favore delle PIA in difficoltà finanziarie gravi e contingenti, aiuti al salvataggio «che [potevano] essere attuat[i] sotto forma di garanzia o di concessione di prestiti a tasso ordinario di importo minimo o comunque commisurat[i] al mantenimento in attività dell’azienda fino alla fase della ristrutturazione».

11      Con lettera 1° febbraio 1999 la Commissione notificava alla Repubblica italiana la sua decisione di avviare il procedimento d’indagine formale previsto all’art. 88, n. 2, CE. Le autorità italiane ricevevano tale lettera il 4 febbraio seguente.

12      Con lettera 14 settembre 2001 le autorità italiane chiedevano alla Commissione di adottare una decisione entro un termine di due mesi ai sensi dell’art. 7, n. 7, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1). La Commissione riceveva tale lettera il 17 settembre seguente.

13      Il 13 novembre 2001 la Commissione adottava la decisione 2002/229/CE, relativa al regime di aiuti al quale la Regione Sardegna (Italia) intende dare esecuzione ai fini della ristrutturazione di aziende in difficoltà nel comparto delle colture protette (GU L 77, pag. 29; in prosieguo: la «decisione»), che veniva pubblicata il 20 marzo 2002.

14      All’art. 1, la decisione dichiara il progetto incompatibile con il mercato comune e ne vieta l’esecuzione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

15      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2002 la Regione autonoma della Sardegna ha proposto il presente ricorso.

16      La causa è stata inizialmente attribuita alla Prima Sezione ampliata; successivamente, poiché il giudice relatore è stato assegnato alla Quarta Sezione a seguito della modifica della composizione delle Sezioni del Tribunale a partire dal 1° ottobre 2003, essa è stata attribuita alla Quarta Sezione ampliata.

17      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 agosto 2002 la Confederazione italiana agricoltori della Sardegna, la Federazione regionale coltivatori diretti della Sardegna e la Federazione regionale degli agricoltori della Sardegna hanno chiesto di intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Tale istanza di intervento è stata notificata alle parti. Queste ultime non hanno presentato osservazioni entro il termine impartito a tal fine.

18      Con ordinanza 9 dicembre 2002 il presidente della Prima Sezione ampliata del Tribunale ha accolto l’istanza di intervento. Le intervenienti hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale una memoria di intervento in data 5 febbraio 2003.

19      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 1° luglio 2004. In tale occasione, la Commissione ha dichiarato di rinunciare al capo della domanda diretto ad ottenere la dichiarazione di irricevibilità del ricorso in quanto tardivo, rinuncia di cui è stato preso atto nel verbale d’udienza.

20      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione;

–        condannare la Commissione alle spese.

21      Le intervenienti concludono che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione;

–        in subordine, annullare la decisione «per la parte in cui non prevede che gli aiuti contemplati sono legittimi fino all’importo di € 100 000 per ogni singola impresa»;

–        condannare la Commissione alle spese.

22      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare, da un lato, la ricorrente alle spese e, dall’altro, le intervenienti a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione a causa del loro intervento.

 In diritto

A –  Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento totale della decisione

23      A sostegno delle sue conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento totale della decisione, la ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, deduce sostanzialmente otto motivi vertenti rispettivamente:

–        sulla violazione del punto 4.1, primo comma, della comunicazione della Commissione 19 settembre 1997, 97/C 283/02 - Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU C 283, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»);

–        sulla violazione dell’art. 88 CE;

–        sull’eccessiva durata del procedimento amministrativo;

–        sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento;

–        sulla violazione dell’art. 253 CE;

–        su una mancanza di diligenza;

–        sulla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e degli orientamenti;

–        sulla violazione dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 659/1999.

24      Inoltre, le intervenienti chiedono al Tribunale di effettuare una «eventuale declaratoria, in via incidentale, di inapplicabilità di norme illegittime ai sensi dell’art. 241 del Trattato», e deducono sostanzialmente altri quattro motivi vertenti rispettivamente:

–        sulla violazione del diritto di essere sentiti;

–        sulla violazione dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE;

–        sulla violazione dell’art. 158 CE e della dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam;

–        sulla violazione della direttiva del Consiglio 17 aprile 1972, 72/159/CEE, relativa all’ammodernamento delle aziende agricole (GU L 96, pag. 1), e della direttiva del Consiglio 28 aprile 1975, 75/268/CEE, sull’agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate (GU L 128, pag. 1).

25      Questi due gruppi di motivi vanno esaminati l’uno dopo l’altro.

1.     Sui motivi comuni alla ricorrente e alle intervenienti

a)     Sul motivo riguardante la violazione del punto 4.1, primo comma, degli orientamenti


 Argomenti delle parti

26      Secondo la ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, la Commissione non ha rispettato il consueto termine di due mesi che essa si è imposta al punto 4.1, primo comma, degli orientamenti, per portare a termine il procedimento di verifica dei progetti di regimi di aiuti per la ristrutturazione di piccole e medie imprese (PMI).

27      La Commissione respinge tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

28      Il punto 4.1, primo comma, degli orientamenti indica in particolare che la Commissione «potrà autorizzare» i progetti di regimi di aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione di PMI o di PIA e che «si pronuncerà entro il consueto periodo di due mesi a decorrere dal ricevimento di tutte le informazioni necessarie, a meno che il regime non abbia i requisiti per poter usufruire della procedura di autorizzazione accelerata, nel qual caso la Commissione ha a disposizione venti giorni lavorativi».

29      I detti termini devono essere interpretati nel contesto delle disposizioni di procedura previste dal Trattato in materia di verifica degli aiuti di Stato. Infatti, le regole indicative che la Commissione può darsi al fine di precisare la prassi che essa intende seguire in tale ambito non possono discostarsi dalle disposizioni del Trattato (sentenze della Corte 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901, punto 22, e 13 giugno 2002, causa C‑382/99, Paesi Bassi/Commissione, Racc. pag. I‑5163, punto 24).

30      Ai fini della verifica dei nuovi aiuti che gli Stati membri progettano di istituire, l’art. 88 CE distingue tra una fase preliminare di esame ed un procedimento d’indagine formale.

31      La fase preliminare di esame, istituita dall’art. 88, n. 3, CE, ha l’unico scopo di concedere alla Commissione un termine di riflessione e di indagine sufficiente per consentirle di formarsi una prima opinione sui progetti che le sono stati notificati al fine di concludere o che essi non costituiscono aiuti, oppure che sono compatibili con il mercato comune, o ancora che i dubbi esistenti a tale proposito impongono di procedere ad un esame approfondito (sentenze della Corte 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz, Racc. pag. 1471, punto 3, e 3 maggio 2001, causa C‑204/97, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I‑3175, punto 34). Considerato l’interesse dello Stato membro interessato ad essere informato rapidamente, detta fase preliminare ha, in linea di principio, carattere urgente e, in quanto tale, è delimitata entro un termine imperativo di due mesi dalla data di ricezione da parte della Commissione di una notifica completa (sentenze della Corte Lorenz, cit., punto 4, e 28 gennaio 2003, causa C‑334/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑1139, punti 49 e 50).

32      Per quanto riguarda il procedimento d’indagine formale, previsto dall’art. 88, n. 2, primo comma, CE, esso si rivela indispensabile qualora la Commissione non sia in grado di acquisire la convinzione, in esito alla fase preliminare di esame, che un progetto non costituisce un aiuto o che, pur costituendo un aiuto, è compatibile con il mercato comune. Pertanto, esso è diretto, da un lato, a consentire alla Commissione di essere completamente ragguagliata su tutti i dati della questione chiedendo, come è tenuta a fare, tutti i pareri necessari prima di adottare la sua decisione definitiva e, dall’altro, a tutelare i diritti dei terzi potenzialmente interessati mettendoli in condizione di esprimere la propria opinione (sentenze della Corte 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13; 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punto 17, e Portogallo/Commissione, cit., punto 33).

33      Ne consegue che un progetto di regime di aiuti alla ristrutturazione di PMI può essere autorizzato dalla Commissione entro il termine menzionato al punto 4.1, primo comma, degli orientamenti solo se, al termine del detto «consueto periodo di due mesi», vale a dire del termine impostole per l’esame preliminare, la Commissione ritenga che le misure previste da tale progetto non costituiscono aiuti, oppure che costituiscono aiuti la cui compatibilità con il mercato comune non suscita alcun dubbio. Se, per contro, la Commissione non è in grado di pervenire ad una tale conclusione, essa è tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale.

34      Del resto, tale interpretazione è confermata dai termini in cui è descritto il periodo di 20 giorni lavorativi previsto dalla comunicazione della Commissione 2 luglio 1992, 92/C 213/03, relativa alla procedura di approvazione accelerata per i regimi di aiuto alle [PMI] e per la modificazione di regimi esistenti (GU C 213, pag. 10), a cui gli orientamenti rinviano. Dal tenore letterale del secondo e dell’ultimo comma di tale comunicazione risulta infatti che, anche nel caso in cui un progetto di regime di aiuti soddisfi tutte le condizioni cui è soggetto il beneficio del termine di 20 giorni lavorativi, la Commissione si impegna solo «in linea di principio» a non opporre obiezioni una volta scaduto tale termine, conservando pertanto interamente la facoltà di «decidere», ossia, se del caso, di adottare una decisione di avviare il procedimento d’indagine formale e, al termine di tale procedimento, una decisione definitiva positiva, condizionale o negativa.

35      Poiché il punto 4.1, primo comma, degli orientamenti si limita quindi a rinviare al termine applicabile alla fase preliminare di esame prevista dall’art. 88 CE, come interpretato dalla Corte, occorre respingere il presente motivo considerato come motivo autonomo ed esaminare il motivo vertente sulla violazione di tale disposizione.

b)     Sul motivo riguardante la violazione dell’art. 88 CE


 Argomenti delle parti

36      Secondo la ricorrente, la Commissione ha scaglionato le sue richieste di informazioni complementari anziché raggrupparle e, per tale motivo, non ha tenuto conto dell’oggetto della fase preliminare di esame prevista dall’art. 88, n. 3, CE, che ha carattere urgente, in particolare qualora un progetto riguardi, come nel caso di specie, imprese in difficoltà.

37      Secondo le intervenienti, la Commissione ha deciso di avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, primo comma, CE dopo la scadenza del termine di due mesi impartitole a tal fine e, pertanto, nei confronti di un regime di aiuti divenuto, per tale ragione, esistente.

38      La Commissione respinge tali argomenti.

 Giudizio del Tribunale

39      Gli argomenti della ricorrente, che vertono sullo svolgimento della fase preliminare di esame, e quelli delle intervenienti, relativi alle condizioni in cui è stata adottata la decisione di avviare il procedimento d’indagine formale, devono essere valutati alla luce dei principi sanciti prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 659/1999. Infatti, quest’ultimo è entrato in vigore il 16 aprile 1999, quando il procedimento d’indagine formale era già pendente.

40      In primo luogo, come è stato ricordato in sede di analisi del motivo precedente, la fase preliminare di esame è delimitata entro un termine imperativo di due mesi dalla data di ricezione di una notifica completa da parte della Commissione. Affinché la notifica sia completa, è sufficiente che essa contenga, nella sua formula iniziale o a seguito delle risposte fornite dallo Stato membro interessato alle richieste della Commissione, le informazioni necessarie per consentire a quest’ultima di formarsi una prima opinione sulla compatibilità del progetto che le è stato notificato (sentenza della Corte 15 febbraio 2001, causa C‑99/98, Austria/Commissione, Racc. pag. I‑1101, punto 56).

41      Ne consegue che, anche se la Commissione non può impedire che il termine di due mesi inizi a decorrere chiedendo informazioni che non sono necessarie per formarsi una prima opinione (sentenza Austria/Commissione, cit., punti 61-65), essa, per contro, è legittimata, conformemente alla finalità dell’art. 88, n. 3, CE, ad avviare con lo Stato membro interessato un dialogo diretto a consentirgli di completare la sua notifica qualora le informazioni necessarie non vi siano riportate (sentenze della Corte 9 ottobre 1984, cause riunite 91/83 e 127/83, Heineken Brouwerijen, Racc. pag. 3435, punti 17 e 18; 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punti 27 e 28, e 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione, Racc. pag. I‑8855, punto 44; v. inoltre sentenza del Tribunale 15 marzo 2001, causa T‑73/98, Prayon-Rupel/Commissione, Racc. pag. II-867, punto 99).

42      Nel caso di specie, dopo aver ricevuto la notifica iniziale da parte delle autorità italiane il 15 gennaio 1998, la Commissione ha ritenuto di non disporre di tutti gli elementi necessari per formarsi una prima opinione. Con telex 9 marzo 1998 essa ha chiesto alla Repubblica italiana di inviarle una prima serie di informazioni complementari, entro un termine di quattro settimane. Inoltre, i funzionari dei suoi servizi hanno incontrato alcuni rappresentanti della ricorrente il 4 giugno 1998. Con telex 19 giugno 1998 la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di confermarle per iscritto le informazioni fornite in occasione di tale incontro e di trasmetterle le informazioni richieste il 9 marzo 1998, entro un termine di quattro settimane. La ricorrente ha risposto a tali richieste con lettera 27 agosto 1998, trasmessa dalle autorità italiane alla Commissione il 10 settembre seguente e ricevuta da quest’ultima il 15 dello stesso mese. La Commissione ha ritenuto di non disporre ancora di tutti gli elementi necessari. Con telex 19 ottobre 1998 essa ha chiesto alla Repubblica italiana di trasmetterle una seconda serie di informazioni complementari entro un termine di quattro settimane. La ricorrente ha risposto a tale richiesta con lettera 12 novembre 1998, trasmessa dalle autorità italiane alla Commissione il 16 novembre 1998 e ricevuta da quest’ultima il 19 dello stesso mese.

43      Pertanto, è trascorso un periodo superiore a dieci mesi tra la data in cui la Commissione ha ricevuto la notifica iniziale e quella in cui quest’ultima è divenuta completa.

44      Tuttavia, l’esame della corrispondenza scambiata in tale occasione porta a rilevare, anzitutto, che la notifica iniziale, costituita da cinque pagine, conteneva soltanto una descrizione incompleta e imprecisa del progetto di regime di aiuti alla ristrutturazione previsto dalla Repubblica italiana, in particolare dei criteri di ammissibilità a quest’ultimo, delle misure che dovevano figurare nel piano di ristrutturazione che ciascuna impresa ammessa a beneficiarne doveva presentare e degli aiuti individuali che potevano essere concessi alle imprese stesse. D’altra parte, essa prevedeva, in termini generici, la concessione di aiuti al salvataggio. Le autorità italiane hanno successivamente rinunciato a tale concessione, ma hanno informato la Commissione a tale proposito solo con lettera inviata il 10 settembre 1998.

45      È vero che in seguito, con telex 19 giugno e 19 ottobre 1998, la Commissione ha inoltrato richieste di informazioni nuove o complementari, ma ha anche reiterato alcune richieste presentate sin dal 9 marzo 1998, alle quali è stata data risposta solo con lettera inviata il 10 settembre 1998. In particolare, in tale occasione essa ha rinnovato la sua richiesta diretta ad ottenere la documentazione economica mancante nella notifica e di cui essa aveva segnalato la necessità in occasione della riunione tenutasi il 4 giugno 1998. La ricorrente stessa riconosce che, allo scopo di «chiarire la portata e gli effetti» del progetto, «ha avuto luogo tra gli uffici della Commissione e le autorità italiane un ponderoso scambio di corrispondenza» durante la fase preliminare di esame.

46      Infine, il progetto rivestiva indubbia rilevanza, poiché ambiva a risolvere le difficoltà di circa 500 imprese, ovvero circa un quarto delle PIA operanti nel settore delle colture in serra in Sardegna, e una certa complessità, in quanto era diretto ad attuare un regime di aiuti comprendente diverse misure finanziarie che, a seconda dei casi, dovevano essere poste a carico delle autorità regionali o degli istituti bancari creditori delle imprese in questione, nonché varie misure di investimento a favore di queste ultime.

47      Ciò premesso, giustamente la Commissione ha cercato, con le sue richieste successive, di ottenere dalle autorità italiane le informazioni necessarie per formarsi una prima opinione. Allorché uno Stato membro presenta una notifica incompleta e imprecisa e tarda poi a fornire i complementi e i chiarimenti legittimamente richiesti dalla Commissione, non può ammettersi che gli enti territoriali di tale Stato membro facciano valere il ritardo che ne è risultato.

48      In secondo luogo, la trasformazione di un aiuto nuovo in aiuto esistente è subordinata a due condizioni necessarie e sufficienti. La prima è che la Commissione ometta di avviare il procedimento d’indagine formale entro un termine di due mesi a decorrere dalla data di ricezione di una notifica completa e la seconda è che lo Stato membro interessato notifichi in via preliminare alla Commissione l’esecuzione del suo progetto (citate sentenze Lorenz, punti 4 e 6, e Austria/Commissione, punto 84).

49      Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che la Repubblica italiana non ha notificato alla Commissione alcun preavviso di esecuzione, per cui una delle due condizioni necessarie per la trasformazione del progetto in regime di aiuti esistente non è stata soddisfatta, tale progetto restava quindi un aiuto nuovo e, pertanto, la Commissione poteva legittimamente decidere di avviare il procedimento d’indagine formale a tale proposito (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7 giugno 2001, causa T‑187/99, Agrana Zucker und Stärke/Commissione, Racc. pag. II-1587, punto 39).

50      Pertanto, il detto motivo va integralmente respinto.

c)     Sul motivo riguardante l’eccessiva durata del procedimento amministrativo


 Argomenti delle parti

51      Ritenendo che il procedimento amministrativo abbia avuto una durata eccessiva, la ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, fa valere l’inosservanza di un termine ragionevole e la violazione dell’esigenza fondamentale di certezza del diritto.

52      La Commissione respinge tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

53      L’osservanza di un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale del diritto comunitario (sentenza del Tribunale 27 novembre 2003, causa T‑190/00, Regione Siciliana/Commissione, Racc. pag. II‑5015, punto 136). Inoltre, la fondamentale esigenza di certezza del diritto, la quale osta a che la Commissione possa ritardare indefinitamente l’esercizio dei suoi poteri, conduce il giudice a esaminare se lo svolgimento del procedimento amministrativo riveli l’esistenza di un’azione eccessivamente tardiva in capo a tale istituzione (sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punti 140 e 141, e sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑109/01, Fleuren Compost/Commissione, Racc. pag. II‑127, punti 145‑147).

54      Nel caso di specie, dallo svolgimento della fase preliminare di esame, descritto sopra al punto 42, risulta che è trascorso un periodo superiore a dodici mesi tra la ricezione della notifica iniziale da parte della Commissione, avvenuta il 15 gennaio 1998, e la ricezione da parte della Repubblica italiana della lettera di notifica della decisione di avviare il procedimento d’indagine formale, avvenuta il 4 febbraio 1999.

55      Tuttavia, detto periodo riguarda, per più di otto mesi, il tempo trascorso tra l’invio alla Repubblica italiana di una prima richiesta di informazioni complementari, il 9 marzo 1998, e la ricezione da parte della Commissione delle ultime informazioni richieste, il 19 novembre 1998. La ricorrente ha riconosciuto nelle sue memorie che lo scambio di corrispondenza nel detto intervallo aveva consentito di chiarire il tenore e la portata del progetto. Inoltre, essa ha ammesso in udienza che il fatto che tale scambio fosse perdurato nel tempo era dovuto in gran parte al carattere tardivo e incompleto delle sue risposte alle richieste di informazioni della Commissione. Alla luce di tali elementi e delle circostanze descritte sopra ai punti 44-46 non si può concludere che la fase preliminare di esame si sia protratta per un tempo irragionevole, né che la Commissione abbia agito in maniera eccessivamente tardiva.

56      Per quanto riguarda il procedimento d’indagine formale, esso è disciplinato, dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 659/99, avvenuta il 16 aprile 1999, dal termine indicativo di 18 mesi, prorogabile di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato, previsto dall’art. 7, n. 6, di tale regolamento. Il detto regolamento si applica a tutti i procedimenti amministrativi pendenti dinanzi alla Commissione al momento della sua entrata in vigore, fatte salve le disposizioni dello stesso per cui sono previste regole particolari di entrata in vigore (sentenza del Tribunale 10 aprile 2003, causa T‑369/00, Département du Loiret/Commissione, Racc. pag. II-1789, punti 50 e 51). Pertanto, tale disposizione è applicabile nel caso di specie.

57      Poiché il termine di 18 mesi previsto dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999 è solo indicativo, occorre esaminare se dallo svolgimento del procedimento d’indagine formale risulti che la Commissione non ha osservato un termine ragionevole o ha agito in maniera eccessivamente tardiva. Il detto procedimento si è svolto secondo la cronologia seguente:

–        4 febbraio 1999: ricezione, da parte della Repubblica italiana, della lettera della Commissione 1° febbraio 1999, con cui quest’ultima la informava della sua decisione di avviare il procedimento d’indagine formale e la invitava a presentare osservazioni entro il termine di un mese;

–        15 giugno 1999: ricezione, da parte della Commissione, delle osservazioni della Repubblica italiana;

–        3 luglio 1999: pubblicazione della comunicazione della Commissione 1999/C 187/02, contenente un invito a presentare osservazioni (GU C 187, pag. 2);

–        7 dicembre 1999: invio, da parte della Commissione, e ricezione, da parte della Repubblica italiana, di una richiesta di ulteriori chiarimenti, da trasmettere entro un termine di quattro settimane;

–        4 luglio 2000: ricezione, da parte della Commissione, di una domanda di «proroga del termine di chiusura della procedura» inviata dalla Repubblica italiana su richiesta della ricorrente;

–        11 luglio 2000: concessione, da parte della Commissione, di una proroga di due mesi al fine di trasmettere le informazioni richieste entro il 7 dicembre 1999;

–        9 febbraio 2001: ricezione, da parte della Commissione, delle informazioni da trasmettere entro il 7 dicembre 1999;

–        17 settembre 2001: ricezione, da parte della Commissione, di una richiesta di adottare una decisione definitiva entro due mesi, ai sensi dell’art. 7, n. 7, del regolamento n. 659/1999, trasmessa dalla Repubblica italiana su richiesta della ricorrente;

–        15 novembre 2001: notifica della decisione alla Repubblica italiana.

58      Da tale cronologia risulta che è trascorso un periodo di 17 mesi, inferiore a quello indicativo di 18 mesi previsto dall’art. 7, n. 6, del regolamento n. 659/1999, tra l’avvio del procedimento d’indagine formale e la richiesta di proroga del detto termine, e che fino alla chiusura dello stesso è trascorso un periodo complessivo di 33 mesi e mezzo.

59      Periodo quest’ultimo dovuto principalmente all’inosservanza del termine di un mese impartito alla Repubblica italiana per presentare le sue osservazioni (termine superato di tre mesi e mezzo), del termine di quattro settimane impartito per trasmettere le informazioni complementari richieste dalla Commissione (termine superato di sei mesi a mezzo fino alla richiesta di proroga) e della proroga di due mesi concessa per riunire e trasmettere le dette informazioni (termine superato di quasi cinque mesi). Se è vero che la Repubblica italiana aveva interesse a rispettare i detti termini, ma non ne aveva l’obbligo, il periodo trascorso a causa del suo comportamento le è comunque imputabile (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 marzo 1991, causa C‑305/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑1603, punto 30, e sentenza Regione Siciliana/Commissione, cit., punto 138).

60      Inoltre, anche se il periodo di sei mesi trascorso tra la ricezione delle osservazioni presentate dalla Repubblica italiana (il 15 giugno 1999) e l’invio di una richiesta di informazioni complementari da parte della Commissione (il 7 dicembre 1999) e il periodo di nove mesi trascorso tra la ricezione di tali informazioni (il 9 febbraio 2001) e l’adozione della decisione (il 13 novembre 2001) sembrano rilevanti, essi, tuttavia, non sono eccessivi tenuto conto, in particolare, delle circostanze descritte sopra ai punti 46 e 59 e dei numerosi dubbi espressi dalla Commissione nella sua decisione di avviare il procedimento d’indagine formale in merito alla compatibilità del progetto con il mercato comune. Pertanto, alla Commissione non può essere addebitata l’eccessiva durata del procedimento.

61      Tale motivo deve pertanto essere respinto.

d)     Sul motivo riguardante la violazione del principio di tutela del legittimo affidamento


 Argomenti delle parti

62      La ricorrente sostiene di aver riposto un legittimo affidamento nella compatibilità del progetto con il mercato comune a causa, da un lato, della ponderosa corrispondenza scambiata tra la Repubblica italiana e la Commissione durante il procedimento amministrativo e, dall’altro, della durata eccezionalmente lunga di quest’ultimo. Le intervenienti, da parte loro, affermano che un tale legittimo affidamento è stato ingenerato dal silenzio osservato dalla Commissione per sette mesi a decorrere dalla ricezione delle ultime informazioni richieste alla Repubblica italiana durante il procedimento d’indagine formale.

63      La Commissione respinge tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

64      Un legittimo affidamento sulla regolarità di un aiuto, in linea di principio e salvo circostanze eccezionali, può essere fatto valere solamente qualora il detto aiuto sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 88 CE (sentenza della Corte 20 settembre 1990, causa C‑5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3437, punti 14 e 16).

65      Affinché un aiuto sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 88 CE, occorre che tale procedura, che ha carattere sospensivo, sia stata condotta a termine. Ciò comporta che, qualora il procedimento d’indagine formale sia stato avviato conformemente all’art. 88, n. 2, primo comma, CE, occorre che esso sia stato poi concluso mediante una decisione positiva ai sensi dell’art. 7, nn. 1 e 3, del regolamento n. 659/1999. Pertanto, un legittimo affidamento sulla regolarità dell’aiuto in questione può essere fatto valere, in linea di principio, solo dopo che una siffatta decisione sia stata adottata dalla Commissione e che il termine per il ricorso avverso tale decisione sia scaduto (sentenza del Tribunale 14 maggio 2002, causa T‑126/99, Graphischer Maschinenbau/Commissione, Racc. pag. II-2427, punto 42).

66      Nel caso di specie, anche supponendo che la ricorrente, che non è un operatore economico, bensì l’ente territoriale autore del progetto di regime di aiuti, abbia il diritto di far valere un legittimo affidamento, si deve necessariamente rilevare che il progetto non è mai stato oggetto di una decisione positiva e che nessuno degli argomenti di fatto dedotti dalle parti costituisce una circostanza eccezionale che possa aver consentito alla ricorrente di fare affidamento, anche prima dell’adozione della decisione, sul fatto che la Commissione considerasse o avrebbe considerato il detto progetto compatibile con il mercato comune.

67      In primo luogo, lo scambio di corrispondenza effettuato durante il procedimento amministrativo è rimasto nei limiti del dialogo che ha consentito alla Commissione di ottenere da parte della Repubblica italiana le informazioni necessarie a formarsi una prima opinione (v. sopra, punti 41-47 e 55) e in seguito le informazioni complementari richieste in merito agli effetti del progetto sul mercato (v. sopra, punto 59). Inoltre, la lettura di tale corrispondenza conduce a rilevare che nelle sue lettere, del resto trasmesse dalla Repubblica italiana alla ricorrente, la Commissione si è sempre premurata di manifestare seri dubbi in merito a determinati aspetti del progetto e di riservarsi di fornire una valutazione definitiva, come essa ha del resto ricordato in udienza senza essere contestata.

68      In secondo luogo, il procedimento amministrativo non si è protratto in modo irragionevole, come risulta dall’esame del motivo precedente. Pertanto, la sua durata, a maggior ragione, non è eccezionale.

69      In terzo luogo, se è vero che, dopo aver ricevuto le ultime informazioni richieste, la Commissione non si è pronunciata per sette mesi, fino al momento in cui la Repubblica italiana le ha chiesto di pronunciarsi entro due mesi, ai sensi dell’art. 7, n. 7, del regolamento n. 659/1999, tale silenzio non poteva essere interpretato come un’approvazione implicita da parte di tale istituzione, essendo quest’ultima sempre obbligata a concludere il procedimento d’indagine formale mediante una decisione definitiva, conformemente all’art. 7, n. 1, dello stesso regolamento.

70      Di conseguenza, tale motivo dev’essere respinto.

e)     Sul motivo riguardante la violazione dell’art. 253 CE


 Argomenti delle parti

71      La ricorrente e le intervenienti sostengono che la decisione è viziata da una violazione dell’art. 253 CE in quanto contiene una motivazione insufficiente nella parte relativa alla descrizione del settore economico interessato e all’esame degli effetti del progetto sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza.

72      La Commissione respinge tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

73      La motivazione di un atto dev’essere adeguata alla natura di quest’ultimo e deve fare apparire chiaramente l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di comprenderne le ragioni e al giudice di controllarne la fondatezza, senza tuttavia che sia necessario che essa specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento della questione se essa soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del tenore di tale atto, ma anche del suo contesto giuridico e fattuale (sentenze della Corte 20 marzo 1957, causa 2/56, Geitling/Alta Autorità, Racc. pag. 9, in particolare pag. 37, e 22 giugno 2004, causa C‑42/01, Portogallo/Commissione, Racc. pag. I‑6079, punto 66).

74      Nel caso di una decisione adottata dalla Commissione nel quadro del controllo degli aiuti di Stato, ciò comporta in particolare che, sebbene dalle circostanze in cui un aiuto è stato concesso possa evincersi che è idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri e a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione è tenuta quanto meno a menzionare queste circostanze nella motivazione di tale decisione (sentenze della Corte 13 marzo 1985, cause riunite 296/82 e 318/82, Paesi Bassi e Leeuwarder Papierwarenfabriek/Commissione, Racc. pag. 809, punto 24, e 29 aprile 2004, causa C‑372/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑6709, punto 71).

75      Nel caso di specie, nella decisione si afferma, al punto 41 della motivazione, che gli aiuti previsti favoriscono la produzione di ortofrutticoli e di piante. Lette alla luce del punto 8 della motivazione, che elenca varie specie di ortofrutticoli, di piante e di fiori coltivati in serra da parte delle PIA sarde cui il progetto era destinato, tali indicazioni descrivono sufficientemente il settore economico in questione.

76      Inoltre, nella decisione sono indicati, al punto 41 della motivazione, alcuni dati numerici a sostegno del fatto che l’Italia è il principale produttore di ortaggi dell’Unione europea e che la Sardegna costituisce, al suo interno, un’importante zona produttiva. In tal modo, nella decisione sono menzionate le circostanze per cui il progetto è tale da incidere sugli scambi tra Stati membri.

77      Nella decisione si afferma poi, al punto 43 della motivazione, che gli aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà trasferiscono il carico legato all’adattamento strutturale di queste ultime su imprese più efficienti e che essi incoraggiano una corsa alle sovvenzioni. Inoltre, si fa riferimento ai punti 1.1 e 2.3 degli orientamenti, che trattano anch’essi tale questione. In tal modo, sono menzionate le circostanze per cui il progetto è tale da falsare o da minacciare di falsare la concorrenza.

78      Infine, ai punti 51 e 54 della motivazione della decisione dedicati alla valutazione della compatibilità del progetto rispetto alla condizione, prevista dal punto 3.2.2, sub ii), degli orientamenti, relativa alla prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza indotte dall’aiuto, tale motivazione viene completata menzionando in particolare il rischio che il progetto abbia l’effetto di aumentare sensibilmente la produzione e di incidere sui prezzi nel settore in questione.

79      Pertanto, non risulta che la motivazione della decisione non abbia consentito di comprendere quale fosse il settore interessato e quali fossero o potessero essere gli effetti del progetto sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza.

80      Pertanto, tale motivo dev’essere respinto.

f)     Sul motivo vertente sulla mancanza di diligenza della Commissione


 Argomenti delle parti

81      La ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, addebitata alla Commissione di essersi limitata a esaminare, in maniera astratta, gli eventuali effetti del progetto. Un’analisi concreta l’avrebbe condotta a concludere che, tenuto conto dell’importanza economica limitata del settore delle colture in serra in Sardegna, delle modeste dimensioni delle imprese destinatarie e dell’esiguo importo degli aiuti previsti, il detto progetto non comprometteva gli scambi e non falsava né minacciava di falsare la concorrenza.

82      La Commissione respinge tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

83      Benché il detto motivo verta formalmente su una mancanza di diligenza, dal suo esame sostanziale risulta che esso riguarda il merito della decisione e non le condizioni in cui quest’ultima è stata adottata. La ricorrente, del resto, ha confermato in udienza che faceva valere la «mancanza di diligenza e di fondatezza per quanto riguarda la valutazione della compatibilità del progetto», costitutiva di un «vizio di merito» in quanto, se la Commissione avesse «tenuto conto della situazione reale», «avrebbe visto che [era] impossibile, ad ogni modo, che [il progetto] falsasse la libera concorrenza».

84      Laddove la ricorrente fa esplicito riferimento ai punti 41 e 42 della motivazione della decisione, dedicati alla qualificazione del progetto, tale motivo va analizzato nel senso che verte o su un errore di diritto in quanto l’art. 87, n. 1, CE avrebbe imposto alla Commissione di determinare gli effetti reali del progetto sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza oppure su un errore di valutazione, in quanto le condizioni di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE relative agli scambi tra Stati membri e alla concorrenza non sarebbero state soddisfatte nel caso di specie.

85      Tuttavia, la Commissione non è tenuta a determinare l’incidenza reale ed effettiva di un progetto di aiuto o di un regime di aiuti, ma deve solamente esaminare se il detto progetto sia idoneo a incidere sugli scambi tra Stati membri e a falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4087, punto 49, e Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 44). Nel caso di specie, quindi, essa non ha commesso alcun errore di diritto esaminando l’incidenza del progetto sugli scambi tra Stati membri e sulla concorrenza nel modo indicato nell’ambito del motivo precedente.

86      Inoltre, né l’importo relativamente esiguo degli aiuti previsti né le dimensioni modeste delle imprese beneficiarie escludono, di per sé, che un progetto di regime di aiuti sia idoneo a incidere sugli scambi fra Stati membri e a falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte 17 settembre 1980, causa 730/79, Philip Morris/Commissione, Racc. pag. 2671, punti 11 e 12; 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑959, punto 43, e 29 aprile 2004, causa C‑372/97, Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 53). Lo stesso vale per l’importanza limitata del settore economico in questione (sentenze della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, punto 82, e causa C‑372/97, Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 60).

87      Infatti, possono entrare in gioco anche altri elementi, quali il particolare grado di esposizione alla concorrenza del settore economico in cui operano le imprese beneficiarie (sentenze della Corte 11 novembre 1987, causa 259/85, Francia/Commissione, Racc. pag. 4393, punto 24, e 29 aprile 2004, causa C‑372/97, Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 54). Orbene, il settore agricolo, segnatamente quello degli ortofrutticoli, è soggetto ad una forte concorrenza. In particolare, la sua struttura, caratterizzata dalla presenza di un numero elevato di operatori di dimensioni modeste, è tale che l’attuazione di un regime di aiuti aperto a gran parte di esse, come nel caso di specie, può avere ripercussioni sulla concorrenza anche se gli aiuti individuali concessi a titolo di tale regime sono di importo esiguo (sentenza nella causa C‑372/97, Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 57). Di conseguenza, gli argomenti fatti valere dalla ricorrente e dalle parti intervenienti non consentono, di per sé, di rilevare l’esistenza di un errore di valutazione a tale proposito.

88      Pertanto, considerato sotto questo punto di vista, tale motivo dev’essere respinto.

89      Laddove la ricorrente afferma di contestare la valutazione condotta in merito alla compatibilità del progetto in relazione all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, tale motivo va interpretato nel senso che verte su un errore manifesto di valutazione dato che il progetto non alterava le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse. L’applicazione di tale disposizione presuppone, infatti, anche la presa in considerazione dell’incidenza di una misura statale sugli scambi fra Stati membri e sulla concorrenza (sentenza della Corte 14 gennaio 1997, causa C‑169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑135, punto 20), come gli orientamenti ricordano, del resto, ai punti 2.4, secondo comma, e 3.2.2, sub ii).

90      Considerato sotto questo punto di vista, tale motivo si confonde con quello seguente, insieme al quale dev’essere esaminato.

g)     Sul motivo riguardante violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e degli orientamenti


 Argomenti delle parti

91      Secondo la ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, l’esame della compatibilità del progetto con il mercato comune, effettuato con riferimento all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, relativo agli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, ed agli orientamenti, è viziato da errori di diritto e da errori manifesti di valutazione.

92      Le intervenienti fanno valere, inoltre, che la Commissione ha violato i punti 3.2.3, 3.2.4 e 3.2.5 degli orientamenti.

93      La Commissione sostiene che tutti i detti argomenti devono essere respinti.

 Giudizio del Tribunale

94      Nell’applicazione dell’art. 87, n. 3, CE, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale (sentenze Philip Morris/Commissione, cit., punto 17, e Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 83).

95      Peraltro, al fine di esercitare tale potere, essa può darsi norme di massima per mezzo di atti quali gli orientamenti applicabili nel caso di specie, purché tali norme non si discostino dalle disposizioni del Trattato. Qualora la Commissione abbia adottato un tale atto, esso la vincola (sentenza Deufil/Commissione, cit., punto 22; sentenze della Corte 24 marzo 1993, causa C‑313/90, CIRFS e a./Commissione, Racc. pag. I‑1125, punto 36, e Paesi Bassi/Commissione, cit., punto 24).

96      Spetta pertanto al giudice accertare se la Commissione abbia rispettato le norme che si è autoimposta (sentenza del Tribunale 30 gennaio 2002, causa T‑35/99, Keller e Keller Meccanica/Commissione, Racc. pag. II-261, punto 77).

97      Tuttavia, dal momento che l’ampia discrezionalità conferita alla Commissione, che si concretizza eventualmente nelle norme di massima adottate dalla stessa, implica valutazioni complesse di ordine economico e sociale che devono essere effettuate in un contesto comunitario, il giudice esercita su queste ultime un sindacato ristretto. Esso si limita alla verifica dell’osservanza delle norme relative alla procedura e dell’obbligo di motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza di errori manifesti di valutazione e di sviamento di potere (sentenza Philip Morris/Commissione, cit., punto 24; sentenza della Corte 29 febbraio 1996, causa C‑56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑723, punto 11; sentenza del Tribunale 6 ottobre 1999, causa T‑110/97, Kneissl Dachstein/Commissione, Racc. pag. II-2881, punto 46).

98      Alla luce di quanto precede, la ricorrente e le intervenienti contestano, in primo luogo, la valutazione complessiva del progetto (punto 45 della motivazione della decisione), in secondo luogo, la valutazione della definizione di impresa in difficoltà adottata dal progetto riguardo al punto 2.1, primo comma, degli orientamenti (punto 46 della motivazione della decisione), in terzo luogo, la mancata valutazione della compatibilità del progetto in relazione alle norme speciali fissate dai punti 3.2.3, 3.2.4 e 3.2.5 degli orientamenti e, in quarto luogo, la sua valutazione riguardo alle norme generali fissate dal punto 3.2.2 degli orientamenti (punti 48-58 della motivazione della decisione).

–       Sulla valutazione complessiva del progetto

99      Secondo la ricorrente, la Commissione non avrebbe potuto basare la decisione impugnata sul fatto che l’attuazione del regime di aiuti alla ristrutturazione notificato dalla Repubblica italiana rischiava, a causa dell’automatismo delle misure previste dal progetto, di dar luogo alla concessione di aiuti individuali a PIA che non si trovavano in difficoltà e che non potevano, pertanto, esserne beneficiarie.

100    Tale argomento conduce, in primo luogo, ad esaminare se la Commissione possa addurre tale motivo a sostegno di una decisione che dichiara l’incompatibilità con il mercato comune di un progetto di regime di aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà e, in secondo luogo, a valutare se la Commissione, nel caso di specie, abbia potuto addurre tale motivo a sostegno della decisione.

101    La Commissione, ai sensi dell’art. 87, n. 3, CE e al termine della procedura prevista dall’art. 88, n. 2, CE, può dichiarare, con decisione positiva o condizionale, che un progetto di regime di aiuti è compatibile con il mercato comune. In tal caso, lo Stato membro interessato è esonerato dall’obbligo di notificarle gli aiuti individuali concessi a titolo di tale regime, fatte salve, eventualmente, le condizioni e gli obblighi imposti a tale proposito dalla Commissione. Quest’ultima dispone in materia di un ampio potere discrezionale (sentenze della Corte 5 ottobre 1994, causa C‑47/91, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4635, punto 21, e 16 maggio 2002, causa C‑321/99 P, ARAP e a./Commissione, Racc. pag. I‑4287, punto 72).

102    Nel valutare la qualificazione e la compatibilità con il mercato comune di un progetto del genere, la Commissione può limitare il suo esame alle caratteristiche generali di quest’ultimo, come risultano dalla notifica completa, senza essere tenuta ad esaminarne ogni singolo caso di applicazione (sentenze della Corte 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione, Racc. pag. 4013, punto 18; 17 giugno 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑3671, punto 48; Italia e Sardegna Lines/Commissione, cit., punto 51; 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8031, punto 67, e 29 aprile 2004, causa C‑278/00, Grecia/Commissione, Racc. pag. I‑8787, punto 24).

103    La facoltà conferita allo Stato membro interessato di notificare un progetto di regime di aiuti e, qualora la Commissione l’abbia approvato dopo averne esaminato le caratteristiche generali, di essere esonerato dall’obbligo di notificare gli aiuti individuali concessi a titolo di quest’ultimo, fatti salvi, eventualmente, le condizioni e gli obblighi imposti a tale proposito, non può consentire, come sostiene correttamente la Commissione, la concessione di aiuti individuali che sarebbero stati dichiarati incompatibili se fossero stati oggetto di notifica individuale, salvo a privare di contenuto il principio di incompatibilità degli aiuti sancito dall’art. 87 CE. In particolare, tale facoltà non può condurre alla concessione di aiuti individuali che, pur essendo conformi ad uno degli scopi previsti dall’art. 87, n. 3, lett. a)-d), CE, non sarebbero tuttavia necessari per il conseguimento di tale scopo (citate sentenze Philip Morris/Commissione, punto 17, Agrana Zucker und Stärke/Commissione, punto 74, e Graphischer Maschinenbau/Commissione, punto 34).

104    La Commissione deve quindi verificare che i progetti di regimi di aiuti soggetti al suo esame siano concepiti in maniera tale da garantire che gli aiuti individuali che devono essere concessi in forza delle loro disposizioni siano riservati alle imprese che possono effettivamente beneficiarne.

105    Qualora risulti che così non è, spetta alla Commissione, nell’ambito del suo ampio potere discrezionale, tenerne conto e valutare, per quanto le informazioni di cui dispone lo consentano, se sia adeguato adottare una decisione condizionale o una decisione negativa (v., in tal senso, sentenza Spagna/Commissione, cit. sopra al punto 102, punto 87, e sentenza del Tribunale 22 novembre 2001, causa T‑9/98, Mitteldeutsche Erdöl-Raffinerie/Commissione, Racc. pag. II-3367, punto 116).

106    Nel caso di specie, la questione se la Commissione abbia potuto ritenere che i progetti non fossero concepiti in tal modo è connessa con quella dell’adeguatezza della definizione di impresa in difficoltà adottata dal progetto, come risulta dal punto 46 della motivazione della decisione. Pertanto, tali questioni vanno esaminate congiuntamente.

–       Sulla valutazione della definizione di impresa in difficoltà adottata dal progetto in relazione al punto 2.1, primo comma, degli orientamenti

107    La ricorrente e le intervenienti fanno valere che il punto 46 della motivazione della decisione, dedicato alla valutazione della definizione di impresa in difficoltà adottata dal progetto, è viziato da un errore di diritto o, almeno, da un errore manifesto di valutazione. La Commissione avrebbe commesso un errore di diritto discostandosi dagli orientamenti, il cui punto 2.1, primo comma, non richiederebbe che tale definizione sia fondata su criteri che consentano di rilevare la regolarità dell’aggravamento della situazione delle imprese che chiedono di essere ammesse a beneficiare di un aiuto alla ristrutturazione. Quanto meno, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione non rilevando che i criteri indicati dal progetto erano sufficienti a provare che le imprese interessate si trovavano in una situazione economica che giustificava la concessione di un aiuto alla ristrutturazione, nonostante l’eventuale miglioramento di tale situazione intervenuto alla fine del periodo di riferimento.

108    Il punto 2.1, primo comma, degli orientamenti precisa che la Commissione intende considerare in difficoltà le imprese incapaci di riprendersi con le risorse di cui dispongono od ottenendo i fondi necessari dagli azionisti o dal mercato. Tale punto fornisce diversi indicatori di tendenza che consentono di misurare l’aggravamento della situazione di tale impresa, a cui si aggiungono vari indicatori specifici che consentono di misurare la particolare gravità che la detta situazione può rivestire in determinati casi.

109    Dai termini della formulazione di tale punto risulta chiaramente che la Commissione non si è discostata dagli orientamenti avendo ricordato, precedentemente alla valutazione della definizione accolta nel caso di specie, l’importanza che essa ha abitualmente conferito agli indicatori che testimoniano l’aggravamento progressivo delle difficoltà subite dalle imprese destinate a beneficiare di un regime di aiuti alla ristrutturazione. Pertanto, l’argomento vertente su un errore di diritto su tale punto dev’essere respinto.

110    Inoltre, dalla lettura del punto 46 della motivazione della decisione risulta che, a sostegno della sua valutazione secondo cui la definizione di impresa in difficoltà accolta nel caso di specie dalle autorità italiane la conduceva a dubitare della compatibilità del progetto con il mercato comune, la Commissione ha rilevato, sostanzialmente, che i criteri utilizzati non erano pertinenti e affidabili poiché si basavano su una media.

111    I termini del punto 2.1, primo comma, degli orientamenti consentono di rilevare che l’importanza conferita dalla Commissione agli indicatori di tendenza non priva necessariamente di pertinenza altri tipi di indicatori, come quelli basati su una media del tipo di quelli indicati nel progetto. Tuttavia, in ogni caso, siffatti indicatori possono risultare pertinenti solo se consentono di rilevare l’esistenza di difficoltà reali e comprovate incontrate dalle imprese beneficiarie. In mancanza di ciò, infatti, gli aiuti non potrebbero essere ritenuti necessari per tali imprese e per la realizzazione dello scopo perseguito dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

112    Nel caso di specie, non può essere considerata manifestamente erronea la valutazione secondo la quale i criteri impiegati non consentivano di garantire che l’accesso al regime di aiuti sarebbe stato riservato ad imprese in difficoltà ai sensi del punto 2.1, primo comma, degli orientamenti. Infatti, gli argomenti della ricorrente e delle intervenienti a tale proposito non si basano su alcun elemento che consenta di rilevare l’esistenza di un errore manifesto di valutazione su tale punto.

–       Sulla mancata applicazione delle norme di cui ai punti 3.2.3, 3.2.4 e 3.2.5 degli orientamenti

113    Le norme indicate ai punti 3.2.3, 3.2.4 e 3.2.5 degli orientamenti, che, secondo le intervenienti, la Commissione non ha applicato, costituiscono «disposizioni speciali», fatte salve le quali si applicano le «condizioni generali» elencate al punto 3.2.2 dei detti orientamenti, come quest’ultimo indica al suo primo comma.

114    In primo luogo, le intervenienti ritengono che la Commissione, avendo preso atto dell’assenza di sovraccapacità nel settore ed avendo rinunciato a chiedere una riduzione di capacità (punto 53 della motivazione della decisione), avrebbe dovuto concludere che il progetto era conforme al punto 3.2.3 degli orientamenti e, di conseguenza, compatibile con il mercato comune.

115    Il punto 2.4, secondo comma, degli orientamenti indica in particolare che, nel caso in cui le imprese interessate da un progetto di aiuto alla ristrutturazione si trovino in un’area assistita, la Commissione terrà conto degli aspetti di carattere regionale ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. a) e c), CE secondo quanto indicato al punto 3.2.3 degli stessi orientamenti. Tale punto, intitolato «Condizioni per gli aiuti alla ristrutturazione nelle aree ammesse al beneficio degli aiuti regionali (aree assistite)», indica in particolare che, qualora un progetto di regime di aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà riguardi una regione assistita o svantaggiata, la Commissione si impegna a tenerne conto e, a tal fine, si lascia la possibilità, nonostante l’esistenza di una situazione di sovraccapacità strutturale nel settore in questione, di applicare con maggiore flessibilità la regola di riduzione delle capacità stabilita dagli orientamenti, ove ciò sia giustificato da esigenze di sviluppo regionale.

116    Per contro, da tale punto non risulta assolutamente che, qualora il settore interessato da un progetto di aiuto nuovo appaia esente da sovraccapacità e la Commissione rinunci di conseguenza ad imporre una riduzione delle capacità alle imprese beneficiarie, tale progetto, solo per questa ragione, debba essere ritenuto compatibile con il mercato comune.

117    Al contrario, permane la necessità che tale progetto soddisfi il principio sancito dal punto 3.2.1 degli orientamenti, in base al quale un progetto di aiuto nuovo alla ristrutturazione può essere autorizzato solo in quei casi in cui si possa dimostrare che tale approvazione è nell’interesse della Comunità e che, pertanto, soddisfa le condizioni di ripristino della redditività, di prevenzione di indebite distorsioni della concorrenza indotte dall’aiuto e di proporzionalità elencate dal punto 3.2.2 degli orientamenti. Sebbene la Commissione possa applicare «una maggiore flessibilità» a tale proposito, essa non può mostrarsi «totalmente permissiva» ai sensi di quanto disposto dal punto 3.2.3 degli orientamenti (sentenza del Tribunale 11 luglio 2002, causa T‑152/99, HAMSA/Commissione, Racc. pag. II‑3049, punto 114).

118    Nel caso di specie, pertanto, la constatazione secondo cui non risultava che il settore sardo delle colture in serra soffrisse di sovraccapacità non obbligava la Commissione a concludere per la compatibilità del progetto. Di conseguenza, l’argomento vertente su un errore di diritto su tale punto è infondato.

119    In secondo luogo, le intervenienti affermano che, poiché tutte le imprese beneficiarie del progetto erano PIA, la Commissione avrebbe dovuto applicare il punto 3.2.4 degli orientamenti.

120    Il punto 1.2 degli orientamenti indica che, in determinate circostanze, gli aiuti alla ristrutturazione possono essere giustificati, segnatamente, «dalle esigenze particolari e dai vantaggi economici di portata più generale riscontrabili nel caso delle [PMI] e delle [PIA]». Il punto 3.2.4 dei medesimi orientamenti, intitolato «Aiuti per la ristrutturazione di [PMI]», indica in particolare che, «nel caso delle [PMI], la Commissione non esigerà che gli aiuti alla ristrutturazione soddisfino le stesse condizioni rigorose richieste per gli aiuti alla ristrutturazione delle imprese di grandi dimensioni, soprattutto per quanto riguarda le riduzioni di capacità e gli obblighi di presentare relazioni».

121    Tali punti inducono a rilevare che la Commissione si è impegnata ad applicare in maniera flessibile le regole fissate dal punto 3.2.2 degli orientamenti quando esamina la compatibilità con il mercato comune di un progetto di aiuto alla ristrutturazione di PMI o PIA in difficoltà, come il progetto di cui trattasi nel caso di specie. Le norme in questione restano quindi applicabili, sebbene con maggiore flessibilità.

122    Pertanto, la questione se tali norme siano state applicate in maniera flessibile tenendo conto del vantaggio economico delle PIA e delle loro esigenze particolari (v. infra, punto 141) dovrà essere esaminata nell’ambito della valutazione della fondatezza delle considerazioni che hanno condotto la Commissione a concludere che il progetto non rispettava le dette norme.

123    In terzo luogo, le intervenienti sostengono che la Commissione non poteva rifiutarsi di valutare la compatibilità del progetto riguardo al punto 3.2.5 degli orientamenti adducendo il motivo, a loro avviso ininfluente, che le autorità italiane non ne avevano chiesto l’applicazione.

124    Il primo comma del punto 3.2.5 degli orientamenti, intitolato «Disposizioni applicabili soltanto agli aiuti per la ristrutturazione nel settore agricolo», dispone quanto segue:

«La Commissione, su richiesta dello Stato membro interessato, e in alternativa alle disposizioni generali contenute [negli orientamenti] riguardanti la riduzione della capacità, applicherà le disposizioni seguenti per gli operatori del settore agricolo (…)».

125    Nel caso di specie, nella decisione, la cui esattezza, in realtà, non è contestata a tale proposito, si rileva ai punti 33 e 52 della motivazione che le autorità italiane non hanno mai chiesto che la Commissione, che aveva attirato la loro attenzione su tale possibilità, applicasse le disposizioni stabilite dal punto 3.2.5 degli orientamenti. Di conseguenza, la Commissione non solo ha potuto, ma ha anche dovuto limitarsi ad applicare le disposizioni di cui al punto 3.2.2 degli orientamenti. Pertanto, l’argomento vertente su un errore di diritto in merito a tale punto è infondato.

–       Sulla valutazione del progetto riguardo alle disposizioni di cui al punto 3.2.2 degli orientamenti

126    Per poter essere dichiarato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, un progetto di aiuto alla ristrutturazione di un’impresa in difficoltà dev’essere connesso a un piano di ristrutturazione mirante a ridurne o a riorientarne le attività (sentenze della Corte 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 67; 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 45, e sentenza Prayon-Rupel/Commissione, cit., punto 70).

127    Il punto 3.2.2 degli orientamenti, che attua tale esigenza, impone in particolare che il piano di ristrutturazione rispetti tre condizioni materiali. È imperativo, in primo luogo, che esso consenta di ripristinare l’efficienza economico-finanziaria dell’impresa beneficiaria entro un lasso di tempo ragionevole e sulla base di ipotesi realistiche [punto 3.2.2, sub i)], in secondo luogo, che prevenga le indebite distorsioni della concorrenza indotte dall’aiuto [punto 3.2.2, sub ii)] e, in terzo luogo, che sia proporzionato ai costi ed ai benefici della ristrutturazione [punto 3.2.2, sub iii)].

128    Poiché le dette condizioni sono cumulative, è sufficiente che una sola non sia soddisfatta perché un progetto di aiuto alla ristrutturazione sia dichiarato incompatibile dalla Commissione (sentenze Francia/Commissione, cit. sopra, al punto 126, punti 49 e 50; Grecia/Commissione, cit., punti 100 e 101, e HAMSA/Commissione, cit., punto 79).

129    Inoltre, lo Stato membro interessato, per adempiere al suo obbligo di collaborazione nei confronti della Commissione, è tenuto a fornire tutti gli elementi atti a consentire a detta istituzione di accertare che ricorrano le condizioni della deroga di cui chiede di poter beneficiare (sentenze della Corte 28 aprile 1993, causa C‑364/90, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2097, punto 20, e Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punti 81-85).

130    Infine, la legittimità di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata dal giudice in funzione degli elementi di cui tale istituzione disponeva o poteva disporre quando ha adottato la decisione stessa (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 16, e 29 aprile 2004, causa C‑277/00, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑3925, punto 39).

131    Nel caso di specie, le autorità italiane hanno notificato un progetto di regime di aiuti destinato a consentire la ristrutturazione di circa 500 PIA. Tale progetto doveva garantire che i piani individuali di ristrutturazione presentati dalle PIA che chiedevano di essere ammesse a beneficiarne soddisfacessero le condizioni fissate dal punto 3.2.2 degli orientamenti. La Commissione, ai punti 48-58 della motivazione della decisione, ha considerato che così non era.

132    La ricorrente e le intervenienti sostengono, anzitutto, che la valutazione del progetto riguardo al punto 3.2.2, sub i), degli orientamenti è viziata da errori manifesti di valutazione.

133    Dal tenore letterale del punto 3.2.2, sub i), degli orientamenti, intitolato «Ripristino della redditività», risulta che la condizione da esso prevista riunisce due requisiti. Da un lato, il ripristino della redditività deve fondarsi soprattutto su fattori interni e, pertanto, potrà basarsi solo accessoriamente su fattori esterni, a condizione che questi ultimi siano realistici. Dall’altro, esso dev’essere realizzabile entro un lasso di tempo ragionevole e risultare duraturo.

134    Per quanto riguarda il primo di tali requisiti, la Commissione ha rilevato, ai punti 49 e 50 della motivazione della decisione, che il ripristino della redditività era basato in particolare su due fattori esterni relativi, l’uno, all’ipotesi secondo cui i redditi dovevano aumentare a causa delle campagne promozionali che si supponeva avrebbero creato nuovi sbocchi e, l’altro, all’ipotesi secondo cui i redditi non dovevano diminuire per la mancata incidenza dell’incremento della produzione sui prezzi. La Commissione ha affermato che la prima di tali ipotesi risultava non dimostrata e che la seconda non era verificabile e, per di più, non era realistica.

135    Secondo le dichiarazioni delle autorità italiane e della ricorrente, il progetto si basava «essenzialmente su misure interne» che dovevano tradursi in un incremento della produzione delle imprese beneficiarie pari quasi al 40% del volume e in un aumento dei loro redditi superiore al 50%, e «in maniera rilevante» su un fattore esterno relativo alla «domanda crescente di prodotti del territorio».

136    La decisione, i cui punti 49 e 50 della motivazione riguardano tale fattore esterno, potrebbe dare a prima vista l’impressione che la Commissione abbia omesso di esaminare i fattori interni. Tuttavia, da una lettura più attenta risulta che la Commissione, implicitamente ma necessariamente, ha riconosciuto l’importanza e la pertinenza di tali fattori. Infatti, è solo perché aveva ammesso che questi ultimi potevano consentire un aumento dell’offerta pari al 40% che la Commissione si è posta la questione se tale aumento, in mancanza di una domanda sufficiente, non potesse provocare un crollo dei prezzi e ostacolare il ripristino della redditività che si prevedeva dovesse garantire. Per tale motivo, la Commissione ha chiesto di ottenere informazioni economiche relative all’esistenza di sbocchi e all’incidenza dell’incremento della produzione sui prezzi, come, del resto, essa ha confermato in udienza senza essere contestata.

137    Tuttavia, le autorità italiane non hanno mai fornito informazioni precise in merito agli sbocchi e, in particolare, alle campagne promozionali che intendevano organizzare, secondo quanto comunicato alla Commissione durante il procedimento amministrativo. Orbene, è evidente che la Commissione non poteva basare la sua valutazione su una semplice affermazione (v., per analogia, sentenza Italia/Commissione, cit. sopra al punto 74, punto 84).

138    Interrogata a tale proposito in udienza, la ricorrente ha ammesso, peraltro, che tali campagne promozionali costituivano solo un’«ipotesi».

139    Inoltre, le autorità italiane non hanno mai fornito informazioni convincenti in merito agli effetti sui prezzi dell’incremento della produzione che esse avevano descritto alla Commissione. Sostanzialmente, infatti, esse hanno fornito, con lettera 26 gennaio 2001, lo studio di mercato richiesto dalla Commissione il 19 giugno 1998, il 19 ottobre 1998 e il 7 dicembre 1999. Tale studio, che accerta in particolare una tendenza all’aumento relativo del prezzo di vendita del pomodoro detto «da mensa» e di quello del peperone rosso nella Provincia di Cagliari tra il 1995 e il 1997, consente di prevedere quale potrebbe essere l’ulteriore evoluzione del prezzo di questi due prodotti, nella detta provincia, a parità delle altre condizioni. Per contro, si poteva ritenere, senza incorrere in un errore manifesto, che tale studio non fornisse indicazioni probanti sull’evoluzione futura del prezzo di tali prodotti e degli altri prodotti interessati, nella Provincia di Cagliari e nel resto della Sardegna, tenendo conto dell’incremento superiore al 40% della produzione previsto, in tale regione, a seguito dell’attuazione del progetto.

140    Del resto, interrogata a tale proposito in udienza, la ricorrente non ha contestato il carattere insoddisfacente di tale studio e si è limitata a spiegare che dovevano essere presi in considerazione altri elementi, quali l’obiettivo di incoraggiamento, di razionalizzazione e di specializzazione delle PIA perseguito dal progetto.

141    Tuttavia, tale argomento non può essere accolto. Infatti, solo in presenza di dati precisi e convincenti la Commissione può adempiere all’obbligo che le incombe, ai sensi del punto 3.2.4 degli orientamenti, di agire in maniera flessibile quando determina se un progetto relativo a PMI o a PIA soddisfi la condizione del ripristino della redditività fissata dal punto 3.2.2, sub i), degli stessi orientamenti.

142    Risulta pertanto, in primo luogo, che la Repubblica italiana ha omesso di trasmettere le informazioni che avrebbero consentito alla Commissione di accertare che il progetto era idoneo a ripristinare la redditività delle PIA beneficiarie sulla base di ipotesi realistiche, nonostante le ripetute richieste di tale istituzione, e, in secondo luogo, che quest’ultima ha dovuto, per tale ragione, pervenire alla conclusione, senza incorrere a tale proposito in errori manifesti di valutazione, che le informazioni a sua disposizione non consentivano di fugare i dubbi che nutriva in merito.

143    Dal momento che non si può considerare che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere che gli elementi a sua disposizione non le consentissero di concludere che il progetto soddisfaceva la detta condizione di ripristino della redditività, e considerato che le condizioni fissate dal punto 3.2.2 degli orientamenti sono cumulative (v. sopra, punti 127 e 128), il presente motivo dev’essere respinto senza che occorra esaminare gli argomenti relativi alla valutazione del progetto rispetto alle altre condizioni elencate da tale punto (sentenze Francia/Commissione, cit. sopra al punto 126, punto 50; Grecia/Commissione, cit., punto 101, e HAMSA/Commissione, cit., punto 108).

h)     Sul motivo riguardante la violazione dell’art. 7, n. 4, del regolamento n. 659/1999


 Argomenti delle parti

144    Secondo la ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, la Commissione ha erroneamente adottato una decisione negativa ai sensi dell’art. 7, n. 5, del regolamento n. 659/1999, anziché adottare una decisione condizionale ai sensi dell’art. 7, n. 4, del medesimo regolamento.

145    La Commissione respinge tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

146    L’art. 7 del regolamento n. 659/1999, intitolato «Decisioni della Commissione che concludono il procedimento d’indagine formale», dispone in particolare quanto segue:

«1.      Fatto salvo [il ritiro della notifica da parte di uno Stato membro interessato], il procedimento d’indagine formale si conclude con una decisione ai sensi dei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.

(…)

4.      La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l’aiuto compatibile con il mercato comune e ad obblighi che consentano di controllare il rispetto della decisione stessa (in seguito denominata «decisione condizionale»).

5.      La Commissione, se constata che l’aiuto notificato non è compatibile con il mercato comune, decide che all’aiuto in questione non può essere data esecuzione (in seguito denominata «decisione negativa»).

6.      Le decisioni adottate a norma dei paragrafi 2, 3, 4 e 5 devono intervenire non appena risultino eliminati i dubbi di cui all’articolo 4, paragrafo 4. Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro 18 mesi dall’avvio della procedura. Questo termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.

7.      Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 6, e se lo Stato membro interessato ne fa richiesta, la Commissione, entro 2 mesi, prende una decisione in base alle informazioni in suo possesso. Se del caso, qualora le informazioni fornite non siano sufficienti per stabilire la compatibilità, la Commissione prende una decisione negativa».

147    L’applicazione di tali disposizioni al caso di specie induce a ricordare che, il 14 settembre 2001, la Repubblica italiana ha chiesto alla Commissione di adottare una decisione ai sensi dell’art. 7, n. 7, del regolamento n. 659/1999 e che, il 13 novembre 2001, la Commissione ha adottato la decisione, in cui ha rilevato, sostanzialmente, che le informazioni fornite dalla Repubblica italiana non le consentivano di fugare tutti i dubbi che nutriva in merito alla compatibilità del progetto con il mercato comune.

148    L’esame del motivo vertente sulla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e degli orientamenti ha portato a concludere che la valutazione che ha indotto la Commissione a considerare che il progetto non soddisfaceva la condizione di ripristino della redditività prescritta dal punto 3.2.2, sub i), degli orientamenti (punti 49 e 50 della motivazione della decisione) non può essere considerata manifestamente erronea (v. sopra, punti 132-142).

149    Poiché le condizioni menzionate dal punto 3.2.2 degli orientamenti sono cumulative (v. sopra, punti 127, 128 e 143) e le informazioni fornite dalla Repubblica italiana non consentono quindi di stabilire la compatibilità del progetto con il mercato comune, la Commissione era legittimata ad adottare una decisione negativa, ai sensi dell’art. 7, n. 7, del regolamento n. 659/1999.

150    Pertanto, tale motivo dev’essere respinto.

2.     Sugli altri motivi delle intervenienti

151    L’art. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte dispone che le conclusioni dell’istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti. L’art. 116, n. 4, del regolamento di procedura dispone che la memoria d’intervento deve contenere, in particolare, le conclusioni dell’interveniente dirette al sostegno o al rigetto, totale o parziale, delle conclusioni di una delle parti, nonché i motivi e gli argomenti dedotti dall’interveniente.

152    Tali disposizioni conferiscono all’interveniente il diritto di esporre in maniera autonoma non solo argomenti, ma anche motivi, purché siano diretti al sostegno delle conclusioni di una delle parti principali e non siano totalmente estranei alle considerazioni su cui si basa la controversia come costituita tra ricorrente e convenuto, il che avrebbe per effetto di modificarne l’oggetto (v. sentenze della Corte 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, Racc. pag. 3, in particolare pag. 37; 17 marzo 1993, causa C‑155/91, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑939, punto 24, e 15 luglio 2004, causa C‑501/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑6717, punti 131‑157; sentenza del Tribunale 1° dicembre 1999, cause riunite T‑125/96 e T‑152/96, Boehringer/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-3427, punto 183).

153    Pertanto spetta al Tribunale, per statuire sulla ricevibilità dei motivi dedotti da un interveniente, verificare che essi siano collegati all’oggetto della controversia come definita dalle parti principali.

154    Per quanto riguarda una controversia introdotta da un ente territoriale e relativa alla compatibilità con il mercato comune di un regime di aiuti alla ristrutturazione di un settore economico progettato da tale ente, non si può contestare che le imprese che possono beneficiare di tale regime e i loro rappresentanti si trovano naturalmente in una situazione tale da consentire loro di completare utilmente l’argomentazione dell’ente ricorrente, in particolare per quanto riguarda le difficoltà che gli aiuti sono destinati a risolvere e gli effetti che essi possono avere. Il collegamento dei loro motivi all’oggetto della controversia, pertanto, non dev’essere oggetto di una valutazione restrittiva.

155    Peraltro, qualora risulti che un ricorso la cui ricevibilità è controversa deve essere comunque respinto nel merito, il giudice, per ragioni di economia del procedimento, può pronunciarsi subito sulla sostanza dello stesso (v., in tal senso, sentenze della Corte 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer, Racc. pag. I‑1873, punto 52, e 23 marzo 2004, causa C‑233/02, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2759, punto 26). Allo stesso modo, qualora risulti che un motivo il cui collegamento all’oggetto della controversia è discutibile dev’essere comunque dichiarato irricevibile per un’altra ragione o infondato, il giudice può respingere il detto motivo senza pronunciarsi sulla questione se l’interveniente sia andato oltre il suo ruolo di sostegno delle conclusioni di una delle parti principali (v., ad esempio, sentenza della Corte 24 gennaio 2002, causa C‑118/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑747, punti 64 e 65).

156    I motivi dedotti nel caso di specie dalle intervenienti devono essere esaminati alla luce di tali principi.

a)     Sul motivo riguardante la violazione del diritto di essere sentiti

 Argomenti delle parti

157    Sostanzialmente, secondo le intervenienti, la Commissione potrebbe aver violato il diritto di essere sentiti, che costituisce una delle garanzie processuali previste dall’art. 88, n. 2, CE. Infatti, la decisione non consentirebbe di determinare se altri Stati membri abbiano presentato, in quanto interessati, osservazioni in merito alla compatibilità del progetto con il mercato comune. Orbene, se così fosse, occorrerebbe rilevare che la Repubblica italiana non è stata messa in condizione di rispondervi.

158    La Commissione, che non ha risposto per iscritto a tale motivo nelle sue memorie, ha fatto valere in udienza che, complessivamente, i motivi sollevati dalle intervenienti erano in gran parte irricevibili poiché non corrispondevano a quelli della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

159    La lettura della decisione, la cui esattezza a tale proposito non è contestata dalle intervenienti, induce a rilevare che tale motivo, che del resto risulta essere meramente speculativo, è infondato in fatto. In realtà, la decisione indica al punto 4 della motivazione che la Commissione, nel corso del procedimento d’indagine formale, non ha ricevuto osservazioni da parte degli interessati.

160    Orbene, la nozione di interessati, secondo la definizione fornita dall’art. 1, lett. h), del regolamento n. 659/1999, comprende in particolare qualsiasi Stato membro, tranne quelli che progettano di concedere o che hanno concesso nuovi aiuti e che sono qualificati, a tale titolo, come Stati membri interessati.

161    Pertanto, dalla decisione si evince che nessuno Stato membro, agendo in qualità di interessato, ha presentato osservazioni relative alla compatibilità del progetto con il mercato comune, che la Commissione avrebbe potuto comunicare alla Repubblica italiana.

162    Ciò premesso, il motivo dev’essere respinto senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità per quanto riguarda sia il suo collegamento con l’oggetto della controversia sia la possibilità che i potenziali beneficiari di un regime di aiuti avrebbero di far valere una violazione del diritto di essere sentiti conferito allo Stato membro interessato nell’ambito del procedimento previsto dall’art. 88, n. 2, CE.

b)     Sul motivo riguardante la violazione dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE

 Argomenti delle parti

163    Le intervenienti fanno valere che la Commissione ha violato, per averne negato l’applicazione, l’art. 87, n. 2, lett. b), CE, relativo agli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

164    La Commissione non ha risposto per iscritto a tale motivo nelle sue memorie, ma ha fatto valere in udienza che, complessivamente, i motivi dedotti dalle intervenienti erano in gran parte irricevibili poiché non corrispondevano a quelli della ricorrente. Da parte sua, la ricorrente ha affermato che tali motivi non modificavano assolutamente l’oggetto della controversia.

 Giudizio del Tribunale

165    Il detto motivo è manifestamente infondato. Infatti, l’art. 87, n. 2, lett. b), CE deroga al principio generale dell’incompatibilità degli aiuti con il mercato comune e, come tale, deve costituire oggetto di interpretazione restrittiva, in base alla quale solo danni direttamente causati da calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali possono giustificare l’applicazione di tale disposizione (sentenza Grecia/Commissione, cit., punto 81). Inoltre, come è stato rilevato precedentemente, la legittimità di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata dal giudice in funzione degli elementi di cui tale istituzione disponeva o poteva disporre quando ha adottato la decisione stessa.

166    Orbene, nel caso di specie, dall’esame della corrispondenza scambiata durante il procedimento amministrativo emerge che le autorità italiane non hanno mai comunicato, né a maggior ragione dimostrato, alla Commissione che il progetto attuava aiuti destinati a ovviare ai danni di cui all’art. 87, n. 2, lett. b), CE. Al contrario, tali autorità hanno sempre presentato il progetto in questione come diretto ad attuare un regime di aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà. Come tale, quest’ultimo doveva essere esaminato in relazione agli orientamenti, che, al punto 2.4, primo comma, escludono espressamente dal loro ambito di applicazione gli aiuti di cui all’art. 87, n. 2, lett. b), CE.

167    D’altra parte, la ricorrente ha confermato in udienza che, nonostante eventi qualificati dalla stessa come calamità siano stati, insieme ad altri fattori, quali la natura insulare della Sardegna, all’origine delle difficoltà delle PIA sarde, il progetto intendeva comunque «andare oltre una mera compensazione» dei danni causati da tali eventi.

168    Pertanto, non si può contestare alla Commissione di aver ritenuto, al punto 44 della motivazione della decisione, che il progetto non si proponesse di concedere aiuti ai sensi dell’art. 87, n. 2, lett. b), CE e, quindi, di aver escluso l’applicazione di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza 28 aprile 1993, Italia/Commissione, cit. sopra al punto 129, punto 20; sentenza della Corte 19 settembre 2002, causa C‑113/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7601, punti 68 e 69, e Germania/Commissione, cit. sopra al punto 130, punto 40).

169    Alla luce di ciò, tale motivo dev’essere respinto senza che sia necessario pronunciarsi sul suo collegamento con l’oggetto della controversia.

c)     Sul motivo vertente sulla violazione dell’art. 158 CE e della dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam

 Argomenti delle parti

170    Le intervenienti addebitano alla Commissione di aver violato l’art. 158 CE e la dichiarazione n. 30 per non aver preso in considerazione, nella decisione, il fatto che il progetto fosse diretto a realizzare gli obiettivi contemplati dai detti testi. In particolare, esse menzionano alcune decisioni in cui la Commissione avrebbe tenuto conto del ritardo di sviluppo economico e sociale causato dall’insularità.

171    La Commissione afferma che tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile in quanto non è stato sollevato dalla ricorrente e, in ogni caso, deve essere respinto in quanto infondato. Da parte sua, la ricorrente ha fatto valere in udienza che tale motivo non modificava in alcun modo l’oggetto della controversia.

 Giudizio del Tribunale

172    Il detto motivo, sebbene sia distinto da quelli dedotti dalla ricorrente, è ricevibile. Infatti, la ricorrente ha dedotto un motivo vertente sulla violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e degli orientamenti. Orbene, nel valutare un progetto di nuovi aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà relativo ad una regione assistita o svantaggiata, la Commissione tiene conto dell’art. 158 CE secondo quanto descritto ai punti 1.3, secondo comma, e 3.2.3 degli orientamenti. Pertanto, se la Commissione, come sostengono le intervenienti, non avesse preso in alcun modo in considerazione il fatto che il progetto era diretto a realizzare gli obiettivi dell’art. 158 CE, avrebbe necessariamente violato l’art. 87, n. 3, lett. c), CE e gli orientamenti.

173    Riguardo al merito, occorre rilevare che l’art. 158 CE dispone al primo comma che, per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale e, al secondo comma, che in particolare la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali.

174    Come è stato rilevato precedentemente, la Commissione si è autoimposta, al punto 3.2.3 degli orientamenti, di tener conto degli obiettivi dell’art. 158 CE e degli effetti regionali di un progetto di nuovi aiuti a portata settoriale, quando esamina se un progetto di regime di aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà possa essere dichiarato compatibile con il mercato comune in forza della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

175    Tuttavia, il mero fatto che un progetto di nuovi aiuti sia diretto a realizzare gli obiettivi previsti da una disposizione del Trattato diversa dalla deroga di cui all’art. 87, n. 3, CE fatta valere dallo Stato membro interessato non implica, di per sé, che tale progetto soddisfi le condizioni di applicazione di tale deroga (v., in tal senso, sentenze della Corte 25 giugno 1970, causa 47/69, Francia/Commissione, Racc. pag. 487, punto 13, e 21 ottobre 2003, cause riunite C‑261/01 e C‑262/01, van Calster e a., Racc. pag. I‑12249, punto 47).

176    Al contrario, nel caso di specie, le condizioni fissate dal punto 3.2.2 degli orientamenti continuavano ad essere applicabili, anche se in maniera flessibile, e dall’esame dei motivi precedenti è emerso che la Commissione, tenuta a pronunciarsi entro un termine di due mesi alla luce delle informazioni in suo possesso, ha potuto rilevare che la Repubblica italiana non aveva fornito elementi convincenti che consentissero di verificare che il progetto soddisfaceva tali condizioni e, in considerazione dei dubbi esistenti a tale proposito, concludere il suo esame mediante decisione definitiva negativa.

177    Tale conclusione non è inficiata dal fatto che, in alcune decisioni precedentemente adottate nell’ambito del controllo degli aiuti di Stato, la Commissione abbia tenuto conto dei dati relativi all’insularità in una maniera che del resto non è precisata dalle intervenienti. Infatti, la legittimità di una decisione della Commissione che rileva che un nuovo aiuto non soddisfa le condizioni di applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE dev’essere valutata solo nell’ambito di tale deroga, e non in base a una prassi decisionale precedente della Commissione, anche ammettendo che quest’ultima sia dimostrata (v., per analogia, sentenza della Corte 30 settembre 2003, cause riunite C‑57/00 P e C‑61/00 P, Freistaat Sachsen e a./Commissione, Racc. pag. I‑9975, punti 52 e 53).

178    Per quanto riguarda il riferimento alla dichiarazione n. 30, esso non è pertinente. Infatti, la decisione impugnata costituisce un atto di portata individuale la cui adozione rientra nella responsabilità incombente alla Commissione di garantire il rispetto dell’art. 87 CE e l’attuazione dell’art. 88 CE, e non nell’esercizio del potere legislativo comunitario che implica l’adozione di «misure specifiche», «se giustificate, a favore [delle] regioni [insulari], per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque», oggetto di tale dichiarazione.

179    Pertanto, tale motivo dev’essere respinto.

d)     Sul motivo riguardante la violazione delle direttive 72/159 e 75/268

 Argomenti delle parti

180    Le intervenienti addebitano alla Commissione di non aver fatto riferimento, nella decisione, alle disposizioni delle direttive 72/159 e 75/268. Tali direttive consentirebbero, rispettivamente, di dichiarare compatibili con il mercato comune aiuti finanziari ed aiuti all’investimento come quelli di cui trattasi nella fattispecie e di realizzare gli obiettivi della politica agricola comune nelle zone agricole più svantaggiate. Il regolamento (CEE) del Consiglio 12 marzo 1985, n. 797, relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie (GU L 93, pag. 1), che le completerebbe, attribuirebbe inoltre, all’art. 18, piena competenza agli Stati membri per adottare misure specifiche regionali, tra cui potrebbero rientrare le misure previste dal progetto. L’insieme di tali disposizioni avrebbe consentito alla Commissione di escludere l’applicazione degli orientamenti e di non opporsi all’attuazione del progetto.

181    La Commissione risponde che tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile e, in ogni caso, respinto in quanto non pertinente. Da parte sua, la ricorrente ha fatto valere in udienza che il detto motivo non modificava assolutamente l’oggetto della controversia.

 Giudizio del Tribunale

182    La decisione è stata adottata il 13 novembre 2001 al termine di una fase preliminare di esame iniziata il 15 gennaio 1998 e di un procedimento d’indagine formale avviato con decisione ricevuta dalla Repubblica italiana il 4 febbraio 1999.

183    La direttiva 75/268 è stata abrogata dall’art. 41, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 20 maggio 1997, n. 950, relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agricole (GU L 142, pag. 1), che è entrato in vigore il settimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, il 2 giugno 1997. Inoltre, il regolamento (CEE) n. 797/85 è stato abrogato dall’art. 40, n. 1, del regolamento del Consiglio 15 luglio 1991, n. 2328, relativo al miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie (GU L 218, pag. 1), che è entrato in vigore il terzo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, il 6 agosto 1991. Pertanto, le intervenienti non possono basare su tali atti alcun argomento, dal momento che, per di più, esse non fanno mai valere gli atti che li hanno sostituiti.

184    Per quanto riguarda la direttiva 72/159, le intervenienti si limitano ad affermare che i suoi artt. 8 e 14 «non contrastano con la compatibilità [del progetto] e consentono di disapplicare gli orientamenti», ma non spiegano, né tanto meno dimostrano, in che modo la Commissione avrebbe dovuto, o almeno potuto, decidere diversamente da come ha fatto. Del resto, le disposizioni menzionate non riguardano i progetti di nuovi aiuti alla ristrutturazione di imprese in difficoltà notificati alla Commissione ai fini di una verifica ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, come il progetto oggetto della decisione. Al contrario, l’art. 8 della direttiva 72/159 riguarda i «regim[i] selettiv[i] di incoraggiamento delle aziende agricole in grado di svilupparsi [che gli Stati membri istituiscono]» al fine di «favorirne le attività e lo sviluppo in condizioni razionali», secondo le modalità previste dagli artt. 1-10 della medesima direttiva. Da parte sua, l’art. 14 della stessa direttiva riguarda «aiuti agli investimenti» vietati o, a titolo di deroga, autorizzati «alla condizione [di essere] concessi in conformità delle disposizioni [degli] articoli [87-89 CE]».

185    Alla luce di ciò, tale motivo dev’essere respinto senza che sia necessario pronunciarsi sul suo collegamento con l’oggetto della controversia.

e)     Sulla domanda diretta ad ottenere che il Tribunale effettui una «eventuale declaratoria, in via incidentale, di inapplicabilità di norme illegittime ai sensi dell’art. 241 del Trattato»

186    Tale domanda, che va analizzata come un motivo a sostegno delle conclusioni del ricorso (ordinanza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑289/99 P, Schiocchet/Commissione, Racc. pag. I‑10279, punto 25), deve contenere, ai sensi dell’art. 116, n. 4, lett. b), del regolamento di procedura, gli argomenti dedotti dal suo autore. Un’enunciazione astratta, non resa esplicita da indicazioni sufficientemente chiare e precise per consentire alle parti di rispondervi e al Tribunale di esercitare il suo controllo, non soddisfa tale requisito (sentenza della Corte 15 dicembre 1961, cause riunite 19/60, 21/60, 2/61 e 3/61, Fives Lille Cail e a./Alta Autorità, Racc. pag. 547, in particolare pag. 575, e ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II- 523, punto 20).

187    Orbene, nel caso di specie le intervenienti non eccepiscono, neanche sommariamente, l’illegittimità di alcun atto comunitario. In particolare, sebbene facciano valere che una parte delle disposizioni del regolamento n. 659/1999 sarebbe incompatibile con il principio della certezza del diritto, esse non precisano quali siano le disposizioni di cui trattasi e, inoltre, non ne contestano esplicitamente la legittimità.

188    Alla luce di ciò, tale motivo non soddisfa i requisiti minimi di presentazione stabiliti dal regolamento di procedura e, pertanto, dev’essere dichiarato irricevibile, senza che sia necessario pronunciarsi sul suo collegamento con l’oggetto della controversia.

189    Essendo stati respinti tutti i motivi dedotti a sostegno delle conclusioni dirette a ottenere l’annullamento totale della decisione, anche le dette conclusioni devono essere respinte.

B –  Sulle conclusioni dirette a ottenere l’annullamento parziale della decisione, nella parte in cui non prevede che gli aiuti contemplati siano legittimi fino all’importo di EUR 100 000

1.     Argomenti delle parti

190    A sostegno delle loro conclusioni dirette a ottenere l’annullamento parziale della decisione, le intervenienti deducono un motivo unico vertente sulla violazione della regola de minimis.

191    La Commissione ritiene che tali conclusioni non siano dirette a sostegno di quelle della ricorrente, in quanto queste ultime mirano a ottenere l’annullamento totale e non parziale della decisione e che, pertanto, devono essere dichiarate irricevibili; secondo la Commissione, il motivo su cui si basano non è collegato all’oggetto della controversia in quanto non ha alcun rapporto con i motivi dedotti dalla ricorrente e, pertanto, anch’esso dev’essere dichiarato irricevibile; in ogni caso, secondo l’istituzione convenuta, il medesimo motivo è ininfluente in quanto la regola de minimis era inapplicabile al caso di specie.

192    Da parte sua, la ricorrente ha fatto valere in udienza che le conclusioni presentate in subordine dalle intervenienti erano comprese nelle proprie e che il motivo dedotto a sostegno di tali conclusioni presentate in subordine non modificava assolutamente l’oggetto della controversia.

2.     Giudizio del Tribunale

193    Dall’art. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte e dall’art. 116, n. 4, del regolamento di procedura risulta che, anche se un interveniente non può presentare conclusioni che eccedano quelle a sostegno delle quali interviene (sentenza del Tribunale 27 settembre 2000, causa T‑184/97, BP Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-3145, punto 39), esso, per contro, può sostenere tali conclusioni anche solo parzialmente.

194    Nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione nella parte in cui si dichiara, all’art. 1, che il progetto è incompatibile con il mercato comune. Chiedendo in subordine l’annullamento della decisione nella parte in cui non viene circoscritta tale dichiarazione di incompatibilità agli aiuti di importo uguale o superiore a EUR 100 000, le intervenienti non aggiungono conclusioni nuove a quelle della ricorrente. Infatti, le loro conclusioni in subordine sono dirette al sostegno parziale di quelle della ricorrente, conformemente all’art. 116, n. 4, del regolamento di procedura, e sono pertanto ricevibili.

195    Inoltre, come è stato rilevato precedentemente, l’art. 40, quarto comma, dello Statuto della Corte e l’art. 116, n. 4, del regolamento di procedura conferiscono all’interveniente il diritto di esporre in maniera autonoma non solo argomenti, ma anche motivi, purché siano diretti al sostegno delle conclusioni di una delle parti principali e non siano totalmente estranei alle considerazioni su cui si basa la controversia come costituita tra ricorrente e convenuto, in modo tale da modificarne l’oggetto.

196    Nel caso di specie, la ricorrente ha dedotto un motivo vertente, sostanzialmente, sul fatto che il progetto prevedeva aiuti di importo esiguo, che non incidevano sugli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e non alteravano le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE (v. supra, punti 81-90). Le intervenienti, da parte loro, deducono un motivo vertente sulla violazione della regola de minimis.

197    Orbene, la regola de minimis fa riferimento alla condizione dell’incidenza sugli scambi tra Stati membri di cui all’art. 87, n. 1, CE e precisa il modo in cui la Commissione esamina tale condizione, affermando il principio secondo cui un aiuto di importo esiguo non ha un impatto sensibile sugli scambi tra Stati membri (sentenza Paesi Bassi/Commissione, cit., punti 3 e 25).

198    Pertanto, il motivo delle intervenienti è collegato all’oggetto della controversia ed è, quindi, ricevibile.

199    Per quanto riguarda il merito, la regola de minimis non si applica agli aiuti concessi ad imprese che operano nel settore agricolo, come del resto indicano gli orientamenti ai punti 2.3, secondo comma, e 3.2.5, lett. c), primo comma. Orbene, nel caso di specie è pacifico che il progetto prevedeva di concedere aiuti a siffatte imprese. Pertanto, il motivo vertente sulla violazione di tale regola è ininfluente (sentenze Spagna/Commissione, cit. sopra al punto 168, punto 35, e Grecia/Commissione, cit., punto 74).

200    Tale motivo deve quindi essere respinto, così come le conclusioni dirette a ottenere l’annullamento parziale della decisione.

201    Di conseguenza, il ricorso dev’essere interamente respinto.

 Sulle spese

202    L’art. 87 del regolamento di procedura dispone, al n. 2, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’art. 87, n. 4, del regolamento di procedura dispone che il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa da uno Stato membro e da un’istituzione sopporti le proprie spese.

203    Nel caso di specie, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese, fatta eccezione per quelle sostenute dalla Commissione a seguito dell’intervento. Occorre inoltre statuire che le intervenienti sopporteranno le proprie spese e, poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le spese sostenute dalla stessa a seguito del loro intervento.

Per questi motivi,


IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)



dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Regione autonoma della Sardegna è condannata alle spese, fatta eccezione per quelle di cui al seguente punto 3.

3)      La Confederazione italiana agricoltori della Sardegna, la Federazione regionale coltivatori diretti della Sardegna e la Federazione regionale degli agricoltori della Sardegna sopporteranno le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione a seguito del loro intervento.

Legal

Tiili

Meij




Vilaras

 

       Forwood




Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 giugno 2005.


Il cancelliere

 

       Il presidente




H. Jung

 

       H. Legal


* Lingua processuale: l’italiano.