Language of document : ECLI:EU:T:2005:420

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

24 novembre 2005 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di opposizione – Domanda di registrazione del marchio comunitario denominativo ARTHUR ET FELICIE – Marchio figurativo anteriore comprendente l’elemento denominativo “Arthur” – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T‑346/04,

Sadas SA, con sede in Tourcoing (Francia), rappresentata dall’avv. A. Bertrand,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. A. Folliard‑Monguiral e G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI ed interveniente dinanzi al Tribunale:

LTJ Diffusion SA, con sede in Colombes (Francia), rappresentata dagli avv.ti F. Fajgenbaum e S. Lederman,

avente ad oggetto il ricorso proposto avverso la decisione 7 giugno 2004 della prima commissione di ricorso dell’UAMI (procedimento R 393/2003‑1), relativa al procedimento di opposizione tra la Sadas SA e la LTJ Diffusion SA,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. O. Czúcz, giudici,

cancelliere: sig. I. Natsinas, amministratore,

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale in data 17 agosto 2004,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 31 gennaio 2005,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 gennaio 2005,

a seguito dell’udienza del 6 luglio 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 9 settembre 1996, la ricorrente presentava presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di registrazione di marchio comunitario, ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come successivamente modificato.

2        Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è costituito dal segno denominativo ARTHUR ET FELICIE.

3        I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione appartengono alle classi 16, 24 e 25 ai sensi dell’accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono, a seguito della successiva esclusione di talune voci operata dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione, alla descrizione seguente:

–        classe 16: «Cataloghi di vendita per corrispondenza»;

–        classe 24: «Tessuti per uso tessile; coperte e tovaglie»;

–        classe 25: «Abbigliamento, calzature (ad esclusione delle calzature ortopediche), cappelleria, tutti i detti prodotti per l’infanzia venduti per corrispondenza e in negozi specializzati di distribuzione dei prodotti del catalogo».

4        La domanda di registrazione veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 24/98, del 6 aprile 1998.

5        Il 2 luglio 1998, l’interveniente proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, avverso la registrazione del marchio richiesto. L’opposizione era fondata, da un lato, sulla registrazione francese n. 17 731, del 16 giugno 1983, rinnovata il 14 giugno 1993, e, dall’altro, sulla registrazione internazionale n. 539 689, del 31 maggio 1989, avente effetti in Germania, in Austria, in Spagna e nei paesi del Benelux. Tali due marchi figurativi anteriori si presentano come segue:

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6        L’opposizione veniva proposta nei confronti di parte dei prodotti designati nella domanda di marchio comunitario, vale a dire i prodotti appartenenti alle classi 24 e 25. L’opposizione di fondava su tutti i prodotti oggetto dei marchi anteriori, vale a dire gli «articoli tessili, articoli di prêt-à-porter e su misura, ivi compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole», appartenenti alla classe 25.

7        A sostegno dell’opposizione venivano dedotti gli impedimenti di cui all’art. 8, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 40/94.

8        Con decisione 8 ottobre 1999 (in prosieguo: la «decisione della divisione d’opposizione 8 ottobre 1999»), la divisione d’opposizione respingeva l’opposizione, sulla base del rilievo che i segni in conflitto non erano né identici né simili e che, non avendo l’interveniente dedotto alcun elemento idoneo a incidere sull’esame del rischio di confusione, come, ad esempio, documentazione che consentisse di valutare la notorietà dei marchi anteriori nei paesi di cui trattasi, non poteva sussistere rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, quale che fosse il grado di identicità o di somiglianza tra i prodotti oggetto dei marchi in questione, ragion per cui non occorreva procedere ad un raffronto dei prodotti stessi.

9        Avverso la decisione 8 ottobre 1999 della divisione d’opposizione, l’interveniente proponeva ricorso, in data 7 dicembre 1999, dinanzi all’UAMI, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94.

10      Con decisione 19 giugno 2002, la terza commissione di ricorso respingeva il ricorso nella parte riguardante l’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 ed annullava la decisione 8 ottobre 1999 della divisione d’opposizione nella parte in cui l’opposizione era stata respinta in considerazione dell’assenza di rischio di confusione tra i marchi in conflitto. La commissione di ricorso rilevava l’esistenza di elementi importanti di somiglianza tra i marchi medesimi e rinviava la controversia dinanzi alla divisione d’opposizione affinché quest’ultima si pronunciasse in merito all’esistenza di un rischio di confusione sulla base, segnatamente, del raffronto dei prodotti, del restringimento dell’elenco dei prodotti effettuato dalla ricorrente nonché della rilevanza della nuova documentazione sottoposta da entrambe le parti e considerata ricevibile dalla Commissione di ricorso.

11      Con decisione 22 aprile 2003 (in prosieguo: la «decisione della divisione d’opposizione»), la divisione d’opposizione accoglieva parzialmente l’opposizione. Essa rilevava, in primo luogo, che i marchi in questione non erano identici e che l’art. 8, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 non poteva trovare applicazione. In secondo luogo, essa riteneva che esistesse un rischio di confusione, comprensivo del rischio di associazione, per i prodotti appartenenti alla classe 25. La divisione d’opposizione rilevava, parimenti, che il marchio anteriore francese godeva di una certa notorietà sul mercato francese.

12      Avverso la decisione della divisione d’opposizione la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’UAMI, in data 18 giugno 2003, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94.

13      Con decisione 7 giugno 2004 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso respingeva il ricorso sulla base del rilievo che, in considerazione dei significativi elementi di somiglianza tra i marchi in questione, dell’identicità tra i prodotti corrispondenti nonché del carattere distintivo intrinsecamente elevato e della notorietà sul mercato del marchio anteriore, le differenze visive e fonetiche risultanti dalla presenza dei termini «et» e «Félicie» nel marchio richiesto non erano tali da escludere il rischio di confusione nel consumatore francese per i prodotti appartenenti alla classe 25.

Conclusioni delle parti

14      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        riformare la decisione impugnata;

–        annullare la decisione della divisione d’opposizione;

–        condannare l’interveniente alle spese.

15      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

16      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

–        confermare la decisione impugnata;

–        confermare la decisione della divisione d’opposizione;

–        condannare la ricorrente alle spese, a termini dell’art. 81 del regolamento n. 40/94.

 Sulla ricevibilità della documentazione prodotta per la prima volta dinanzi al Tribunale

17      L’interveniente deduce che gli allegati 15 e 21‑30 del ricorso costituiscono documenti nuovi che non erano già stati prodotti dinanzi all’UAMI. Conseguentemente, tali documenti sarebbero irricevibili.

18      Gli allegati 22‑24, 26 e 27 consistono in estratti da siti Internet, stampati successivamente al procedimento amministrativo innanzi all’UAMI. Nell’allegato 25 vengono indicati i risultati di un sondaggio effettuato nel periodo compreso tra il 22 ed il 28 luglio 2003 dall’istituto di rilevazioni Ipsos (in prosieguo: il «sondaggio Ipsos»), neanch’esso contenuto negli atti del procedimento amministrativo. Inoltre, dinanzi all’UAMI non è stato prodotto nemmeno l’allegato 16, contenente un’esposizione dei risultati di una ricerca su Internet effettuata in data 17 giugno 2003.

19      Conseguentemente, tali documenti, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione. Difatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. I detti documenti devono essere quindi respinti senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [sentenze del Tribunale 18 febbraio 2004, causa T‑10/03, Koubi/UAMI Flabesa (CONFORFLEX), Racc. pag. II‑719, punto 52; 29 aprile 2004, causa T‑399/02, Eurocermex/UAMI (forma di una bottiglia di birra), Racc. pag. II‑1391, punto 52, e 10 novembre 2004, causa T‑396/02, Storck/UAMI (forma di una caramella), Racc. pag. II‑3821, punto 24].

20      Gli allegati 15 e 21 riportano, rispettivamente, una decisione della prima commissione di ricorso del 25 luglio 2001 nonché una decisione del Tribunal de grande instance de Paris del 23 gennaio 2004. Benché prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, tali documenti non costituiscono prove propriamente dette, bensì riguardano la prassi decisionale dell’UAMI e la giurisprudenza nazionale, cui una parte può legittimamente richiamarsi, anche successivamente al procedimento dinanzi all’UAMI.

21      Gli allegati 28‑30, consistenti in documentazione richiesta dal regolamento di procedura del Tribunale, costituiti da un estratto del registro del commercio e delle società riguardante la ricorrente, da una copia di un documento attestante l’identità del suo rappresentante nonché da un attestato dei suoi poteri, sono ricevibili.

 Sul merito

22      A sostegno del ricorso la ricorrente deduce, sostanzialmente, un unico motivo, relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

23      La ricorrente deduce, principalmente, che la Commissione di ricorso ha omesso di prendere in considerazione una serie di fattori che avrebbero dovuto indurla a ritenere insussistente il rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Tali fattori sarebbero costituiti, in particolare, dal carattere distintivo intrinsecamente debole del marchio anteriore, in considerazione della registrazione di varie decine di marchi di abbigliamento contenenti il termine «Arthur», dalla notorietà sul mercato del segno richiesto già prima dell’inizio del procedimento di opposizione, dalla sussistenza di una coabitazione dei marchi di cui trattasi sul mercato francese, dalle differenze di struttura e di canali di distribuzione nonché di categorie di prodotti offerti in vendita dalla ricorrente e dall’interveniente e, infine, dal sondaggio Ipsos, da cui risulterebbe che il rischio di confusione dovrebbe essere totalmente escluso.

24      L’UAMI e l’interveniente sostengono che la Commissione di ricorso ha correttamente valutato l’esistenza del rischio di confusione.

25      Il Tribunale rammenta che, a termini dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione qualora, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussista rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Peraltro, a termini dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub. ii) e iii), del regolamento n. 40/94, per marchi anteriori devono essere intesi i marchi registrati in uno Stato membro ed i marchi registrati oggetto di registrazione internazionale con effetto in uno Stato membro, la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

26      Secondo costante giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate tra loro.

27      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere quindi valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti e servizi di cui trattasi da parte del pubblico interessato e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 31‑33 e giurisprudenza ivi citata].

 Sul pubblico pertinente

28      Nelle specie, i marchi sono costituiti da un marchio nazionale francese e da un marchio internazionale con effetti in Germania, in Austria, in Spagna e nei paesi del Benelux. La decisione impugnata si fonda unicamente sul marchio anteriore francese, cosa che le parti non contestano. Pertanto, l’esame del Tribunale deve limitarsi al rischio di confusione tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore francese (in prosieguo: il «marchio Arthur») e, pertanto, al territorio francese.

29      La ricorrente contesta la definizione del pubblico pertinente, che non sarebbe lo stesso per i prodotti commercializzati dall’interveniente e quelli commercializzati da essa ricorrente, in quanto solamente quest’ultimi sarebbero destinati ai bambini di età compresa tra i due e i dodici anni. Tale argomento non può essere accolto. Infatti, considerato che i prodotti di abbigliamento destinanti all’infanzia sono acquistati da adulti, i prodotti oggetto del marchio richiesto si rivolgono tanto agli adulti quanto ai bambini. Lo stesso ragionamento vale per i prodotti dell’interveniente, atteso che questi possono ricomprendere abbigliamento per l’infanzia.

30      Conseguentemente, atteso che i prodotti di cui trattasi sono tutti di consumo corrente, il pubblico pertinente è costituito dal consumatore medio francese, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

 Sul raffronto tra i prodotti

31      La commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti oggetto del marchio anteriore fossero identici a quelli rivendicati dalla ricorrente.

32      La ricorrente censura tale considerazione sottolineando che, benché i due marchi riguardino articoli di abbigliamento, gli articoli venduti dall’interveniente consistono quasi esclusivamente in biancheria intima (mutande, pigiami ecc.) per uomini, donne e bambini, mentre la ricorrente commercializza abbigliamento da passeggio e calzature destinati esclusivamente all’infanzia di età tra i due e i dodici anni. Conseguentemente, l’abbigliamento offerto dalla ricorrente e dall’interveniente non presenterebbero la stessa funzione. Inoltre, le modalità di commercializzazione non sarebbero le stesse, in quanto la ricorrente distribuerebbe i propri prodotti per corrispondenza e a distanza, laddove la distribuzione dei prodotti dell’interveniente avverrebbe principalmente in negozi specializzati e grandi magazzini. L’esigua percentuale (5%) di vendite realizzate dell’interveniente nel settore della vendita per corrispondenza così come l’esigua percentuale (5%) di vendite realizzate dalla ricorrente nei negozi specializzati non sarebbero sufficienti per poter ritenere identiche le modalità di commercializzazione.

33      Per poter valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi di cui trattasi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra i prodotti o i servizi. Tali fattori comprendono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, la loro utilizzazione nonché il loro carattere concorrente o complementare (v., per analogia, la sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 23).

34      Inoltre, qualora i prodotti oggetto del marchio anteriore ricomprendano i prodotti oggetto del marchio richiesto, tali prodotti sono considerati identici [v. sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. p. II‑4359, punti 32 e 33].

35      Si deve rammentare che il raffronto dei prodotti deve vertere su quelli oggetto della registrazione dei marchi di cui trattasi e non su quelli per i quali il marchio sia stato effettivamente utilizzato, a meno che, a seguito di una domanda presentata ai sensi dell’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, risulti che il marchio anteriore sia stato utilizzato solamente per parte dei prodotti per i quali era stato registrato. In tal caso, il marchio anteriore viene considerato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione, unicamente per tale parte di prodotti. Orbene, nella specie, non è stata proposta una domanda in tal senso. Conseguentemente, i prodotti oggetto del marchio anteriore che devono essere presi in considerazione, nell’ambito del raffronto dei prodotti, sono costituiti da tutti quelli per i quali tale marchio è stato registrato.

36      Nella specie, i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato sono costituiti dagli «articoli tessili, articoli di prêt-à-porter su misura, ivi compresi gli stivali, le scarpe e le pantofole», appartenenti alla classe 25. I prodotti rivendicati dalla ricorrente, oggetto della presente controversia, sono costituiti da «abbigliamento, calzature (ad esclusione delle calzature ortopediche), cappelleria, tutti i detti prodotti per l’infanzia venduti per corrispondenza ed in negozi specializzati distributori dei prodotti del catalogo», parimenti appartenenti alla classe 25.

37      Si deve rilevare che questi ultimi prodotti sono ricompresi nei primi. Infatti, i prodotti per i quali il marchio anteriore è stato registrato non si limitano né ad una categoria di età né a una determinata modalità di commercializzazione.

38      Infatti, come correttamente rilevato dall’UAMI, atteso che i prodotti oggetto del marchio anteriore possono essere parimenti destinati all’infanzia, il riferimento al detto pubblico specifico nella domanda di marchio comunitario non incide sull’identicità dei prodotti di cui trattasi. Inoltre, considerato che nell’atto di registrazione del marchio anteriore non viene precisata alcuna specifica modalità di commercializzazione, i prodotti oggetto di tale marchio possono essere parimenti distribuiti attraverso una rete di vendita per corrispondenza, segnatamente su catalogo, al pari dei prodotti oggetto del marchio richiesto.

39      Si deve conseguentemente rilevare che la commissione di ricorso, affermando che i prodotti designati dai marchi in conflitto sono identici, non è incorsa in alcun errore.

 Sul raffronto dei segni

40      Come emerge da costante giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o logica dei marchi in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47 e giurisprudenza ivi citata].

41      Secondo la ricorrente, i segni di cui trattasi non sono simili, contrariamente a quanto sostenuto dall’UAMI e dall’interveniente.

42      I segni da porre a raffronto sono i seguenti:

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ARTHUR ET FELICIE

marchio anteriore

marchio richiesto


43      Si deve rilevare che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha solamente ravvisato «rilevanti elementi di somiglianza esistenti tra i due marchi». La motivazione su cui si fonda la conclusione della commissione di ricorso contenuta nella decisione della divisione di opposizione così recita:

«È infatti evidente che i due marchi hanno in comune il termine “Arthur”. Tale termine è l’unico vocabolo del marchio anteriore e costituisce l’elemento visivo e fonetico d’effetto della domanda di marchio comunitario. Ancorché la calligrafia utilizzata per il marchio anteriore sia specifica, gli effetti dell’aspetto figurativo del marchio anteriore non devono essere sovrastimati. Nel marchio anteriore, il vocabolo “Arthur” resta perfettamente leggibile e costituisce, al tempo stesso, l’elemento dominante e distintivo del marchio de quo. Certamente, l’aggiunta del vocabolo “Félicie” nella domanda di marchio comunitario costituisce un elemento di differenziazione, ma il suo impatto risulta mitigato per effetto della sua posizione finale. L’attenzione del consumatore medio e normalmente attento sarà anzitutto ed essenzialmente captata dall’elemento di effetto, vale a dire dal termine “Arthur”. Sul piano logico, la [c]ommissione [di ricorso] non può escludere l’ipotesi che la domanda di marchio comunitario possa suggerire, nella mente del pubblico, un’estensione della gamma di prodotti designati con il marchio Arthur. La domanda di marchio comunitario verrebbe percepita quale variante del marchio anteriore per indicare che il marchio si rivolge ora anche ad una clientela femminile. Conseguentemente, la [c]ommissione [di ricorso] ritiene che tra i due marchi sussistano rilevanti elementi di somiglianza».

44      La ricorrente fa valere che il marchio di cui richiede la registrazione consiste in un marchio complesso, costituito da tre termini e depositato in carattere tipografici in stampatello del tipo «carattere semplice», laddove il marchio anteriore è composto da un unico termine, depositato sotto forma di autografo manoscritto unito in cui tra i due capi della lettera «a» si riconosce un punto. La diversa presentazione del termine comune «Arthur», avente debole carattere distintivo intrinseco, nonché la presenza del termine «Félicie» nel marchio richiesto costituirebbero elementi di differenziazione essenziali. Peraltro, la posizione ad effetto del termine «Arthur» nel marchio richiesto risulterebbe ampiamente mitigata dalla forte presenza dei termini «et» e «Félicie», ancorché questi figurino in posizione finale.

45      Tali argomenti non possono essere raccolti.

46      L’elemento denominativo «Arthur» dev’essere considerato quale elemento dominante del marchio anteriore, in quanto gli elementi figurativi restano secondari, atteso che il punto è trascurabile e la calligrafia particolare non consente di identificare l’origine dei prodotti designati indipendentemente dal vocabolo «Arthur». Quanto al marchio richiesto, esso è costituito dalla congiunzione di coordinazione «et» nonché dai due termini, «Arthur» e «Félicie», che, a priori, indipendentemente dalla loro posizione, non potrebbero essere distinti. Tuttavia, atteso che tale marchio s’inizia con il termine «Arthur», quest’ultimo può essere considerato quale elemento dominante del marchio richiesto.

47      Su piano visivo, atteso che gli elementi figurativi del marchio anteriore sono secondari rispetto al suo elemento denominativo, il raffronto dei segni può essere effettuato sulla base del solo elemento denominativo, sempre nel rispetto del principio secondo cui la valutazione del rischio di confusione, per quanto attiene alla somiglianza dei segni, dev’essere fondata sull’impressione complessiva da questi prodotta. Conseguentemente, considerato che il marchio anteriore Arthur è interamente ricompreso nel marchio richiesto ARTHUR ET FELICIE, la differenza derivante dall’aggiunta dei termini «et» e «Félicie» nella parte finale del marchio richiesto non è sufficientemente rilevante per escludere la somiglianza creata dalla coincidenza dell’elemento dominante del marchio richiesto, ossia il termine «Arthur». Inoltre, poiché la registrazione del marchio ARTHUR ET FELICIE è stata richiesta ai fini di un marchio denominativo, nulla ne impedisce l’utilizzazione con grafie diverse, quale ad esempio, una grafia di forma analoga a quella del marchio anteriore. Ne consegue che i segni in conflitto devono essere considerati simili sotto il profilo visivo.

48      Sul piano fonetico, la ricorrente deduce che la pronuncia del marchio ARTHUR ET FELICIE, contenente sei sillabe, è «molto più ricca e prolungata» rispetto a quella del marchio Arthur, contenente due sillabe. Pertanto, i marchi si differenzierebbero fortemente sia a livello dei rispettivi ritmi e sequenze, sia con riguardo al numero dei loro elementi denominativi.

49      Tali argomenti non possono essere accolti. Infatti, l’inclusione completa del segno impiegato dal marchio anteriore nell’elemento dominante del marchio richiesto consente di concludere nel senso di una rilevante somiglianza fonetica (vedi, in tal senso, sentenza del Tribunale 6 ottobre 2004, cause riunite da T‑117/03 a T‑119/03 e T‑171/03, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE et NLCollection), Racc. pag. II-3471, punto 37].

50      Sul piano logico, la ricorrente deduce che il marchio ARTHUR ET FELICIE indica, a differenza del marchio Arthur, una coppia mista.

51      Si deve rilevare che il marchio anteriore è costituito dal nome proprio maschile Arthur, laddove il marchio richiesto è costituito dallo stesso nome proprio maschile, da una congiunzione di coordinazione e da un nome proprio femminile. Considerato che i due marchi comprendono lo stesso nome proprio maschile, una certa somiglianza sul piano logico non può essere esclusa, benché il marchio richiesto sembri far riferimento ad una coppia. Infatti, l’aggiunta al nome proprio Arthur di un nome proprio femminile può suscitare l’impressione che si tratti di un’estensione o di una variante del marchio composto dal solo nome proprio Arthur.

52      Conseguentemente, si deve affermare che la commissione di ricorso non è incorsa in errore laddove ha ritenuto che tra i segni di cui trattasi sussistessero rilevanti elementi di somiglianza.

53      Occorre inoltre procedere alla valutazione complessiva dei segni di cui trattasi al fine di poter determinare se tra i medesimi sussista un rischio di confusione.

 Sul rischio di confusione

54      Secondo costante giurisprudenza, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (v., per analogia, sentenza della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 24). I marchi aventi un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono quindi di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v., per analogia, sentenza Canon, cit., punto 18, e sentenza della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 20).

55      Per determinare il carattere distintivo di un marchio e quindi valutare se esso abbia un carattere distintivo elevato, il giudice nazionale deve valutare globalmente i fattori che possano dimostrare che il marchio è divenuto atto a identificare i prodotti o servizi per i quali è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese (v., per analogia, sentenze della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779, punto 49, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 22).

56      Nell’effettuare tale valutazione, occorre prendere in considerazione, in particolare, le qualità intrinseche del marchio, ivi compreso il fatto che esso sia o meno privo di qualsiasi elemento descrittivo dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica i prodotti o i servizi come provenienti da un’impresa determinata grazie al marchio nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni di categoria (v., per analogia, sentenze Windsurfing Chiemsee, cit., punto 51, e Lloyd Schuhfabrik Meyer, cit., punto 23).

57      Il carattere distintivo del marchio anteriore, e in particolare la sua notorietà, costituisce quindi un elemento che va preso in considerazione per valutare se la somiglianza tra i segni o tra i prodotti o i servizi sia sufficiente per provocare un rischio di confusione [v., per analogia, sentenza Canon, cit., punto 24; sentenze del Tribunale 22 ottobre 2003, causa T‑311/01, Éditions Albert René/UAMI – Trucco (Starix), Racc. pag. II‑4625, punto 61, e 22 giugno 2004, causa T‑66/03, «Drie Mollen sinds 1818»/UAMI – Manuel Nabeiro Silveira (Galáxia), Racc. pag. II‑1765, punto 30].

58      Nella specie, la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio anteriore Arthur possedesse un forte potere distintivo sia intrinseco sia derivante dall’uso intensivo che ne era stato fatto. Infatti, all’epoca del suo deposito, vale a dire nel 1983, non risultava dimostrata l’esistenza in Francia di altri marchi costituiti dal nome proprio Arthur – singolarmente o in combinazione con un altro termine – ai fini della designazione di prodotti appartenenti alla classe 25, atteso che tutti i marchi menzionati dalla ricorrente sono stati depositati successivamente. Non risultava nemmeno dimostrato che tale nome proprio facesse parte di nomi propri correntemente utilizzati nel settore della moda. A parere della commissione di ricorso, non potendo essere individuata alcuna relazione logica tra il nome proprio Arthur e i prodotti designati dal marchio anteriore, quest’ultimo presentava un carattere intrinseco che non poteva essere considerato debolmente distintivo. Inoltre, la commissione di ricorso ha rilevato che il marchio medesimo, per effetto dell’uso che ne era stato fatto successivamente alla sua registrazione, aveva innegabilmente acquisito una certa notorietà per quanto attiene, in particolare, alla maglieria ed alla biancheria intima sia per gli adulti sia per l’infanzia.

59      La ricorrente contesta il carattere distintivo intrinsecamente elevato del marchio anteriore. Per conto, essa non contesta la notorietà posseduta, di per sé, dal marchio anteriore sul mercato, bensì unicamente il fatto che la notorietà sarebbe di per sé sufficiente a creare il rischio di confusione.

60      Si deve rammentare che un marchio può possedere carattere distintivo elevato sia intrinsecamente sia per effetto della sua notorietà sul mercato. Pertanto, atteso che la ricorrente non ha contestato la notorietà del marchio anteriore, riconosciuta dall’UAMI a seguito dell’esame delle prove prodotte spontaneamente al riguardo dall’interveniente, tale notorietà dev’essere considerata dimostrata ed il marchio anteriore gode, quindi, di una protezione più ampia rispetto ai marchi di carattere distintivo più ridotto, ancorché non possieda carattere distintivo intrinsecamente elevato. Ciò premesso, non occorre esaminare se il marchio anteriore possieda carattere distintivo intrinsecamente debole per effetto della pretesa coesistenza di varie decine di marchi di abbigliamento tutti comprendenti il termine «Arthur», come sostenuto dalla ricorrente.

61      In ogni caso, se è vero che il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione (v., per analogia, sentenza Canon, cit., punto 24), si tratta solamente di uno tra vari altri elementi che rilevano nell’ambito di tale valutazione. In tal senso, anche in presenza di un marchio anteriore di carattere distintivo ridotto, può sussistere un rischio di confusione, per effetto, in particolare, di una somiglianza dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 61].

62      Si deve ancora esaminare l’affermazione della ricorrente secondo cui la pretesa coesistenza del marchio anteriore e del marchio francese ARTHUR ET FELICIE della ricorrente escluderebbe qualsiasi rischio di confusione nella specie.

63      Certamente, non è del tutto escluso che tale coesistenza possa eventualmente ridurre il rischio di confusione tra i due marchi in conflitto, rilevato dagli organi dell’UAMI. Tuttavia, una siffatta eventualità può essere presa in considerazione solamente nel caso in cui, quanto meno nell’ambito del procedimento dinanzi all’UAMI riguardante gli impedimenti relativi alla registrazione, il richiedente del marchio comunitario abbia debitamente dimostrato che tale coesistenza si fondava sull’assenza di un rischio di confusione, nella mente del pubblico interessato, tra il marchio francese ARTHUR ET FELICIE ed il marchio anteriore dell’interveniente dedotto in sede di opposizione, sempreché il marchio francese ARTHUR ET FELICIE e i marchi in conflitto siano identici [v., in tal senso, sentenza 11 maggio 2005, causa T‑31/03, Grupo Sada/UAMI – Sadia (GRUPO SADA), Racc. pag. II‑1667, punto 86].

64      Nella specie, è sufficiente rilevare che il marchio francese della ricorrente e il marchio anteriore dell’interveniente non sono identici. La ricorrente non ha peraltro dimostrato che tale coesistenza si fondasse sull’assenza di un rischio di confusione. Dagli atti di causa emerge che il marchio francese è stato registrato nel 1994 e che l’interveniente ha proposto, nel 1998, nei confronti del marchio francese ARTHUR ET FELICIE azione di contraffazione dinanzi al Tribunal de grande instance de Paris. Quest’ultimo, con decisione 23 gennaio 2004, ha annullato tale marchio. La decisione è stata successivamente confermata dalla sentenza 11 maggio 2005 della Cour d’appel de Paris. Ciò dimostra chiaramente che tale pretesa coesistenza non risulta plausibile. Tale considerazione non è rimessa in discussione dalla circostanza che l’azione di contraffazione è stata proposta solamente quattro anni dopo la registrazione del marchio francese ARTHUR ET FELICIE, considerato che la ricorrente non ha dimostrato che l’interveniente fosse a conoscenza del detto marchio già prima del 1998, sin dal momento del suo deposito.

65      Peraltro, non sono sufficienti gli argomenti della ricorrente relativi alla notorietà del marchio richiesto secondo cui, dal giorno del deposito del marchio ARTHUR ET FELICIE in Francia e dalla commercializzazione di prodotti di abbigliamento del proprio catalogo con tale marchio a decorrere dal 1994, essa avrebbe sfruttato pacificamente il marchio medesimo senza alcun incidente e, più in particolare, senza che alcuna rivendicazione da parte di una qualche impresa terza ne perturbasse lo sfruttamento. Tra il 1994 ed il 1998 più di undici milioni di cataloghi sarebbero stati distribuiti in Francia, generando un fatturato di oltre euro 35 milioni per il marchio ARTHUR ET FELICIE, il quale sarebbe quindi divenuto un vero marchio conosciuto, associato dal pubblico al catalogo Vertbaudet e alla ricorrente, dimostrando in tal modo l’assenza di un rischio di confusione.

66      A tal riguardo, la ricorrente si richiama al sondaggio Ipsos, dal quale risulterebbe l’insussistenza di rischi di confusione nella mente del pubblico tra i marchi in conflitto. Ciò sarebbe d’altronde confermato da una ricerca su Internet, considerato che non sarebbe stata scoperta alcuna ricorrenza congiunta dei due marchi. Orbene, come già rilevato in precedenza, tali documenti sono stati prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale e devono essere, pertanto, respinti.

67      Per quanto attiene alle modalità di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi, è infondato l’argomento della ricorrente secondo cui i prodotti oggetto del marchio anteriore vengono venduti quasi esclusivamente in negozi specializzati e grandi magazzini, laddove il marchio richiesto si riferisce unicamente a prodotti venduti per corrispondenza. Infatti, come già rilevato nell’ambito del raffronto dei prodotti, nulla osta a che i prodotti oggetto del marchio anteriore vengano parimenti venduti per corrispondenza. Dagli atti di causa emerge, d’altronde, che l’interveniente realizza circa il 5% delle proprie vendite per corrispondenza. Inoltre, si deve rammentare che il raffronto tra i prodotti di cui trattasi deve essere effettuato sulla base della descrizione dei prodotti oggetto della registrazione del marchio anteriore. Orbene, tale descrizione non limita minimamente le modalità di commercializzazione dei prodotti oggetto del marchio anteriore.

68      Si deve d’altronde rilevare che, nel settore dell’abbigliamento, accade spesso che lo stesso marchio si configuri in modo diverso a seconda del tipo di prodotti che designa. È altresì abituale che una stessa impresa utilizzi sottomarchi, ovvero contrassegni derivanti da un marchio principale, che condividono con quest’ultimo un elemento dominante comune, al fine di distinguere le sue varie linee di prodotti (uomo, donna, moda giovane) [sentenze del Tribunale Fifties, cit., punto 49, 3 luglio 2003, causa T‑129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 57, e NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection, cit., punto 51]. Ciò premesso, è verosimile che il pubblico destinatario ritenga che l’abbigliamento contraddistinto dai marchi in conflitto appartenga, in effetti, a due distinte gamme di prodotti, ma che provenga, tuttavia, dalla stessa impresa di confezioni (v., in tal senso, sentenza Fifties, cit., punto 49). Conseguentemente, correttamente la commissione di ricorso ha rilevato che il pubblico pertinente potesse ritenere che i prodotti designati dal marchio ARTHUR ET FELICIE appartenessero ad una nuova gamma di prodotti e fossero commercializzati dal titolare del marchio Arthur ovvero da un’impresa ad esso economicamente collegata (v., in tal senso, la sentenza BUDMEN, cit., punto 57). Infatti, è pacifico che l’interveniente abbia declinato il proprio marchio, per taluni prodotti di biancheria femminile, in un marchio figurativo comprendente l’elemento denominativo «La fiancée d’Arthur».

69      Ciò premesso, in considerazione dell’identicità dei prodotti di cui trattasi, di una certa somiglianza dei segni corrispondenti e dell’elevato carattere distintivo del marchio anteriore, quanto meno per effetto della sua notorietà sul mercato, si deve rilevare che la commissione di ricorso non ha commesso errori laddove ha ritenuto, in conclusione, che sussistesse un rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Peraltro, contrariamente a quanto fatto valere dalla ricorrente in udienza e come emerge chiaramente dall’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 nonché da costante giurisprudenza, non è necessario accertare l’esistenza di una confusione effettiva, bensì di un rischio di confusione.

70      Infine, per quanto attiene alle decisioni e alla giurisprudenza nazionale richiamata dalle parti, è sufficiente rilevare che il regime comunitario dei marchi rappresenta un sistema autonomo, costituito da un complesso di obiettivi e di norme specifiche e autosufficienti, ove la sua applicazione resta indipendente da ogni sistema nazionale [sentenza del Tribunale 5 dicembre 2000, causa T-32/00, Messe München/UAMI (elettronica), Racc. pag. II-3829, punto 47]. Conseguentemente, la registrabilità di un segno quale marchio comunitario deve essere valutata unicamente sulla base della pertinente normativa comunitaria.

71      Per quanto attiene alla prassi dell’UAMI, dalla giurisprudenza emerge che le decisioni riguardanti la registrazione di un segno come marchio comunitario che le commissioni di ricorso debbono adottare in forza del regolamento n. 40/94 rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, la legittimità delle decisioni di tali commissioni deve essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, quale interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle stesse commissioni [sentenze del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 66; 20 novembre 2002, cause riunite T‑79/01 e T‑86/01, Bosch/UAMI (Kit Pro e Kit Super Pro), Racc. pag. II‑4881, punto 32, e 9 marzo 2005, causa T‑33/03, Osotspa/UAMI – Distribution & Marketing (HAI), Racc. pag. II-763, punto 69].

72      Conseguentemente, il motivo unico di ricorso dedotto dalla ricorrente dev’essere respinto, senza che il Tribunale debba pronunciarsi sulla ricevibilità delle domande dirette all’annullamento ed alla conferma della decisione della divisione d’opposizione.

 Sulle spese

73      A termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alla spese, se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’UAMI, conformemente alla domanda formulata in tal senso. La domanda dell’interveniente relativa alle spese riguarda unicamente le spese sostenute dinanzi all’UAMI. Conseguentemente, l’interveniente dovrà sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese, ad esclusione di quelle sostenute dall’interveniente.

3)      L’interveniente sopporterà le proprie spese.

Jaeger

Tiili

Czúcz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 novembre 2005.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      M. Jaeger


* Lingua processuale: il francese.