Language of document : ECLI:EU:C:2008:60

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 31 gennaio 2008 1(1)

Causa C‑284/06

Finanzamt Hamburg-Am Tierpark

contro

Burda GmbH

(già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Normativa tributaria – Tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali distribuiti da una società di capitali – Direttiva 90/435/CEE – Nozione di “ritenuta alla fonte” – Compensazione della distribuzione di utili di una società di capitali con capitale proprio – Applicazione di disposizioni nazionali dirette a eliminare o ad attenuare la doppia imposizione dei dividendi – Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali»





I –    Introduzione

1.        Con la sua domanda, il giudice del rinvio chiede lumi alla Corte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (2), nonché, se del caso, degli artt. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE), 73 B e 73 D del Trattato CE (divenuti, rispettivamente, artt. 56 CE e 58 CE).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la società Burda GmbH, già Burda Verlagsbeteiligungen GmbH (in prosieguo: la «Burda»), al Finanzamt Hamburg‑Am Tierpark (in prosieguo: il «Finanzamt») relativamente alla tassazione degli utili che tale società ha distribuito nel 1998 per gli esercizi 1996 e 1997 a una delle sue società madri, la RCS International Services BV (in prosieguo: la «RCS»), stabilita nei Paesi Bassi.

II – Contesto normativo

A –    Diritto comunitario

3.        L’art. 2 della direttiva 90/435, nella versione applicabile ai fatti della controversia principale, così prevede:

«Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, il termine “società di uno Stato membro” designa qualsiasi società:

a)      che abbia una delle forme enumerate nell’allegato;

b)      che, secondo la legislazione fiscale di uno Stato membro, sia considerata come avente il domicilio fiscale in tale Stato e, ai sensi di una convenzione in materia di doppia imposizione conclusa con uno Stato terzo, non sia considerata come avente tale domicilio fuori della Comunità;

c)      che, inoltre, sia assoggettata, senza possibilità di opzione e senza esserne esentata, a una delle seguenti imposte:

(…)

–        Körperschaftsteuer in Germania,

(…)

o a qualsiasi altra imposta che venga a sostituire una delle imposte sopraindicate».

4.        L’art. 4 della direttiva 90/435 dispone:

«1. Quando una società madre, in veste di socio, riceve dalla società figlia utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione di quest’ultima, lo Stato della società madre:

–        si astiene dal sottoporre tali utili a imposizione,

–        o li sottopone a imposizione, autorizzando però detta società madre a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili e, eventualmente, l’importo della ritenuta alla fonte prelevata dallo Stato membro in cui è residente la società figlia in applicazione delle disposizioni derogatorie dell’articolo 5, nel limite dell’importo dell’imposta nazionale corrispondente.

(…)».

5.        Ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, gli utili distribuiti da una società figlia alla società madre, almeno quando quest’ultima detenga una partecipazione minima del 25% nel capitale della società controllata, sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

6.        L’art. 5, n. 3, della medesima direttiva prevede che, in deroga al n. 1, la Repubblica federale di Germania può, fino a quando applica agli utili distribuiti un’aliquota d’imposta sulle società inferiore di almeno 11 punti a quella applicata agli utili non distribuiti e comunque non oltre la metà del 1996, prelevare, a titolo d’imposta compensativa, una ritenuta alla fonte pari al 5% sugli utili distribuiti dalle società figlie stabilite sul suo territorio.

7.        L’art. 7 della direttiva 90/435 dispone:

«1. L’espressione “ritenuta alla fonte” utilizzata nella presente direttiva non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società figlia, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre.

2. La presente direttiva lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi».

B –    Normativa nazionale

1.      La legge relativa all’imposta sulle società

8.        L’art. 1 della legge del 1996 relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz 1996), nella versione applicabile ai fatti della controversia principale (in prosieguo: il «KStG 1996») (3), prevede, in particolare, che siano integralmente assoggettate all’imposta sulle società le società di capitali aventi gli uffici direttivi o la sede in Germania.

9.        Secondo l’art. 2 del KStG 1996, le società di capitali che non hanno né gli uffici direttivi né la sede in Germania sono parzialmente assoggettate all’imposta sulle società per i redditi prodotti in Germania.

10.      Ai sensi dell’art. 23 del KStG 1996, l’aliquota normale dell’imposta sulle società è pari al 45% del reddito imponibile.

11.      L’art. 27, n. 1, del KtSG 1996 prevede che «se una società di capitali integralmente assoggettata all’imposta [sulle società] distribuisce utili, l’imposta aumenta o si riduce, di conseguenza, in ragione dell’importo differenziale fra la tassazione del capitale proprio della società di capitali (tassazione della tesorizzazione) che si considera utilizzato, ai sensi dell’art. 28, per la distribuzione di dividendi, e la tassazione risultante dall’applicazione dell’aliquota del 30% sugli utili al lordo dell’imposta sulle società (tassazione della distribuzione)».

12.      L’art. 28 del KStG 1996 dispone:

«(…)

3. Gli elementi del capitale proprio utilizzabile si considerano utilizzati ai fini di una distribuzione secondo la sequenza di cui all’art. 30, fatti salvi i nn. 4, 5 e 7. L’importo a concorrenza del quale un elemento si considera utilizzato dev’essere determinato in funzione della sua imposizione ordinaria.

4. Qualora l’elemento o gli elementi del capitale, ai sensi dell’art. 30, n. 1, terzo periodo, punti 1 e 2, inizialmente considerati utilizzati ai sensi del n. 3, risultino successivamente insufficienti a compensare una distribuzione di utili, tale distribuzione dev’essere imputata all’elemento del capitale di cui all’art. 30, n. 2, punto 2, anche qualora detto elemento divenga negativo a seguito di tale imputazione».

13.      Secondo l’art. 29, secondo comma, del KStG 1996, il capitale proprio è suddiviso, al termine di ogni esercizio contabile, in capitale proprio distribuibile e capitale proprio residuo; il capitale proprio distribuibile costituisce la quota di capitale proprio eccedente il capitale sociale.

14.      L’art. 30 del KStG 1996 prevede:

«1. Al termine di ogni esercizio contabile, il capitale proprio distribuibile è suddiviso in funzione del regime impositivo. Ciascuna frazione dipende dalla suddivisione nel corso dell’esercizio contabile precedente. Nella suddivisione si devono presentare separatamente le frazioni corrispondenti:

[i)] ad elementi di reddito che, a decorrere dal 31 dicembre 1993, siano soggetti all’aliquota piena dell’imposta sulle società;

(…)

[iii)] ad incrementi patrimoniali non assoggettati all’imposta sulle società o che abbiano determinato un incremento del capitale proprio della società di capitali nel corso degli esercizi contabili anteriori al 1° gennaio 1977.

2. L’importo di cui al n. 1, [punto iii)], è suddiviso in:

1. capitale proprio costituito da redditi esteri prodotti nel corso degli esercizi contabili successivi al 31 dicembre 1976 (…);

2. incrementi patrimoniali diversi non assoggettabili all’imposta sulle società e non rientranti nelle categorie 3 e 4;

3. capitale proprio distribuibile costituito prima della fine dell’esercizio fiscale anteriormente al 1° gennaio 1977;

4. conferimenti degli azionisti che abbiano incrementato il capitale proprio nel corso degli esercizi contabili successivi al 31 dicembre 1976».

15.      La quota dei redditi menzionati all’art. 30, n. 1, [punto i)], del KStG 1996, assoggettata all’aliquota piena dell’imposta sulle società, ossia il 45%, è indicata con la denominazione «EK 45».

16.      Gli incrementi patrimoniali di cui all’art. 30, n. 1, [punto iii)], del KStG 1996, non soggetti all’imposta sulle società, sono indicati con la denominazione «EK 0» e, in funzione delle quattro categorie di cui all’art. 30, n. 2, del KStG 1996, con le denominazioni da «EK 01» a «EK 04».

17.      L’art. 40 del KStG 1996 dispone:

«Ai sensi dell’art. 27, l’imposta sulle società non è aumentata:

1. per le distribuzioni delle frazioni rientranti nell’ambito di applicazione delle disposizioni dell’art. 30, n. 2, punto 1 [EK 01];

2. per le distribuzioni delle frazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 30, n. 2, punto 4 [EK 04]».

18.      L’art. 44 del KStG 1996 prevede:

«1. Qualora un soggetto integralmente assoggettato all’imposta fornisca prestazioni per conto proprio, equivalenti, per gli azionisti, a redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punti 1 e 2, della legge relativa all’imposta sui redditi, tale soggetto è tenuto (…) a fornire agli azionisti, su loro domanda, un certificato redatto sull’apposito modulo amministrativo ufficiale, recante le seguenti indicazioni:

1. il nome e l’indirizzo dell’azionista;

2. l’importo delle prestazioni;

3. la data del pagamento;

4. l’importo dell’imposta sulle società detraibile in forza dell’art. 36, n. 2, punto 3, primo periodo, della legge relativa all’imposta sui redditi;

5. l’importo dell’imposta sulle società da rimborsare ai sensi dell’art. 52 [del KStG 1996]; è sufficiente che l’indicazione sia riferita a un’unica azione, a un’unica quota o a un unico diritto di godimento;

6. l’importo della prestazione per la quale si considera utilizzato l’elemento del capitale ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 1;

7. l’importo della prestazione per la quale si considera utilizzato l’elemento del capitale ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 4.

(…)».

19.      L’art. 50, n. 1, punto 2, del KStG 1996 prevede in particolare che l’imposta sulle società dovuta per i redditi soggetti a ritenuta alla fonte è assolta mediante ritenuta alla fonte, quando il beneficiario sia solo parzialmente soggetto ad imposta e i redditi non derivino da un’attività commerciale, agricola o di silvicoltura.

20.      L’art. 51 del KStG 1996 dispone:

«Qualora l’azionista non sia assoggettato all’imposta sui redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punti 1‑3, o n. 2, punto 2, lett. a), della legge relativa all’imposta sui redditi, o qualora tali redditi non vengano presi in considerazione ai fini del calcolo della base imponibile ai sensi dell’art. 50, n. 1, punti 1 o 2, sono esclusi la detrazione o il rimborso dell’imposta sulle società dovuta ai sensi dell’art. 36, n. 2, punto 3, della legge relativa all’imposta sui redditi».

21.      A norma dell’art. 52 del KStG 1996:

«1.      L’imposta sulle società che non possa essere detratta conformemente all’art. 51 è rimborsata agli azionisti integralmente soggetti ma esentati dall’imposta sulle società, alle persone giuridiche di diritto pubblico e agli azionisti parzialmente assoggettati all’imposta sulle società ai sensi dell’art. 2, punto 1, [del KStG 1996] su loro richiesta, nella misura in cui tale imposta aumenti, conformemente all’art. 27, a causa del fatto che il capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 3, si considera utilizzato ai fini della distribuzione o di una prestazione analoga.

(…)».

2.      La legge relativa all’imposta sui redditi

22.      L’art. 20 della legge del 1990 relativa all’imposta sui redditi (Einkommensteuergesetz 1990) (4), nella versione applicabile ai fatti della causa principale (in prosieguo: l’«EStG 1990»), prevede:

«(…)

1. I redditi da capitale comprendono:

–        le distribuzioni di dividendi;

(…)

–        l’importo dell’imposta sulle società detraibile in forza dell’art. 36, n. 2, punto 3.

(…)».

23.      L’art. 36, n. 2, punto 3, dell’EStG 1990 dispone che è detraibile dall’importo dell’imposta sul reddito l’imposta sulle società assolta da una società di capitali o da una società di persone integralmente assoggettata all’imposta sulle società, nella misura dei tre settimi dei redditi ai sensi dell’art. 20, n. 1, punto 1 (dividendi) o 2, sempreché tali redditi non derivino da distribuzioni per le quali sia stato utilizzato capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 1, della legge relativa all’imposta sulle società.

24.      Ai sensi dell’art. 43, n. 1, dell’EStG 1990, i redditi da capitale di cui all’art. 20, n. 1, punti 1 e 2, della medesima legge sono assoggettati all’imposta sul reddito mediante prelievo sui redditi da capitale (imposta sui redditi da capitale).

C –    Diritto convenzionale

25.      L’art. 13, nn. 1 e 2, della convenzione conclusa il 16 giugno 1959 tra la Repubblica federale di Germania e il Regno dei Paesi Bassi, diretta a evitare le doppie imposizioni (5), è così redatto:

«1. Qualora un soggetto domiciliato in uno degli Stati contraenti percepisca dividendi provenienti dall’altro Stato contraente, il diritto di assoggettare ad imposta tali redditi spetta allo Stato di residenza.

2. Qualora nell’altro Stato contraente l’imposta dovuta sui redditi da capitale venga riscossa mediante prelievo (alla fonte), ciò non pregiudica il diritto ad effettuare il prelievo».

III – Fatti e questioni pregiudiziali

26.      La Burda è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco avente la sede e gli uffici direttivi in Germania. Essa è stata controllata, negli anni rilevanti per la causa principale, in parti uguali dalla RCS, stabilita nei Paesi Bassi, e dalla società di capitali Burda International Holding GmbH, con sede in Germania.

27.      Nel 1998, la Burda decideva di distribuire utili relativi agli esercizi 1996 e 1997 in parti uguali alle società madri. La distribuzione di tali utili veniva tassata, ai sensi dell’art. 27, n. 1, del KStG 1996, all’aliquota del 30%.

28.      Conformemente all’art. 44 del KStG 1996, solo la Burda International Holding GmbH riceveva un certificato di detraibilità dell’imposta sulle società per la distribuzione degli utili effettuata dalla Burda.

29.      Risulta dalla decisione di rinvio che, secondo un accertamento fiscale, la Burda aveva distribuito utili per un importo superiore a quello dei redditi imponibili. Il Finanzamt riduceva da DEM 6 049 925 a DEM 4 915 490 i diversi elementi del capitale proprio distribuibile soggetti all’imposta sulle società all’aliquota piena (EK 45) e, ai sensi dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, procedeva alla compensazione degli utili distribuiti che non erano più coperti, a seguito della riduzione effettuata, da capitale proprio distribuibile soggetto ad imposta, con il capitale proprio ai sensi dell’art. 30, n. 2, punto 2, del KStG 1996 (EK 02).

30.      Tale procedimento di compensazione determinava un aumento dell’imposta sulle società per i due esercizi controversi e, pertanto, la predisposizione, da parte del Finanzamt, di due cartelle esattoriali modificate.

31.      La Burda proponeva ricorso dinanzi al Finanzgericht Hamburg contro tali cartelle, contestando l’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 in ragione del fatto che la compensazione con l’EK 02 delle distribuzioni degli utili alla RCS era errata. In proposito, la Burda sosteneva di disporre di conferimenti in contanti rientranti nella categoria EK 04 che sarebbero stati sufficienti a finanziare la distribuzione degli utili e, in ogni caso, di non disporre di incrementi patrimoniali rientranti nell’EK 02.

32.      Con sentenza 29 aprile 2005, il Finanzgericht Hamburg accoglieva il ricorso della Burda. Esso riteneva, in sostanza, che occorresse applicare le disposizioni dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 nel senso che la quota della distribuzione versata alla RCS avrebbe dovuto essere imputata all’EK 04.

33.      Il Finanzamt presentava ricorso per cassazione contro detta sentenza dinanzi al Bundesfinanzhof. Quest’ultimo ha ritenuto che occorresse respingere l’interpretazione data dal Finanzgericht Hamburg all’art. 28, n. 4, del KStG 1996. Infatti, secondo il Bundesfinanzhof, l’ambito di applicazione di tale disposizione non può essere limitato agli azionisti aventi diritto alla detrazione e quindi non si possono escludere gli azionisti, quali la RCS, che non hanno diritto al credito d’imposta.

34.      Tuttavia, il Bundesfinanzhof ha espresso dubbi sulla questione se la determinazione dell’imposta sulle distribuzioni effettuate sull’EK 02 sia compatibile con la direttiva 90/435 ed eventualmente con le disposizioni del Trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali o alla libertà di stabilimento. Pertanto, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le due seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sussista una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva [90/435], nell’ipotesi in cui la normativa nazionale imponga, nella distribuzione di utili da parte di una società controllata alla propria società madre, la tassazione dei redditi e degli incrementi patrimoniali della società di capitali – che, in base alla legge nazionale, non sarebbero stati assoggettati a tassazione qualora fossero rimasti nella società controllata senza distribuzione alla società madre.

2)       In caso di soluzione negativa della prima questione: se sia compatibile con [gli artt. 52, 73 B e 73 D del Trattato CE] una normativa nazionale che preveda, in deroga, la compensazione della distribuzione degli utili di una società di capitali con quote di capitale proprio della società medesima, con conseguente imposizione fiscale, anche nei casi in cui tale società dimostri di aver distribuito dividendi ad azionisti non residenti sul territorio nazionale, ancorché per tali azionisti sia esclusa, in base alla legge nazionale – ed a differenza che per un’azionista residente su territorio nazionale – la possibilità di detrarre dalle imposte a proprio carico l’imposta sulle società determinata nei loro confronti».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

35.      La Burda, il governo tedesco e la Commissione delle Comunità europee hanno presentato osservazioni scritte, conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. Esse hanno inoltre svolto le loro difese orali all’udienza tenutasi il 13 giugno 2007.

V –    Analisi

A –    Osservazioni introduttive

36.      Considerata in particolare l’innegabile complessità del contesto giuridico e fattuale della causa principale, appare opportuno, in via preliminare e alla luce dei rilievi svolti dalle parti intervenute nel presente procedimento, formulare quattro osservazioni introduttive.

37.      In primo luogo, risulta dal KStG 1996 che gli utili conseguiti da una società di capitali, quale la Burda, sono assoggettati, in linea di principio, a un’aliquota dell’imposta sulle società che ammonta, in caso di tesorizzazione, al 45%, mentre, qualora tali utili siano distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi, l’imposta si riduce al 30%.

38.      In secondo luogo, il KStG 1996 classifica il capitale proprio distribuibile di una società di capitali, quale la Burda, da un lato, in quote di reddito soggette all’imposta sulle società (ossia a un’aliquota del 45% in caso di tesorizzazione e del 30% in caso di distribuzione) e, dall’altro, in incrementi patrimoniali esenti, in linea di principio, da tale imposta. La prima categoria è comunemente indicata con la denominazione «EK 45», mentre la seconda categoria è suddivisa in quattro sottocategorie, ossia EK 01, EK 02, EK 03 e EK 04, corrispondenti a diversi tipi di incrementi patrimoniali. Nondimeno, per quanto riguarda quest’ultima categoria, la distribuzione degli utili imputabili a incrementi patrimoniali è soggetta a un’aliquota d’imposta pari al 30%; non però la distribuzione dei redditi rientranti nelle sottocategorie EK 01 e EK 04, che sono esenti da imposta conformemente all’art. 40 del KStG 1996.

39.      In base al meccanismo sopra descritto, discende dall’art. 27, n. 1, del KStG 1996 che l’imposta sulle società dovuta da una società di capitali, quale la Burda, varia in ragione dell’importo differenziale tra, da un lato, la tassazione del capitale proprio non distribuito (tassazione della tesorizzazione) e, dall’altro, la tassazione risultante dall’applicazione dell’aliquota del 30% agli utili distribuiti (tassazione della distribuzione). Inoltre, in applicazione dell’art. 30 del KStG 1996, viene distribuito anzitutto il capitale proprio distribuibile soggetto all’imposta sulle società (categoria EK 45) e poi quello prodotto da incrementi patrimoniali (categorie EK 01‑EK 04).

40.      In terzo luogo, qualora risulti, in particolare a seguito di un accertamento fiscale, come quello effettuato nella causa principale, che, in pratica, l’importo dei redditi dichiarati come utilizzati per la distribuzione è inesatto, l’amministrazione tributaria procede a una rettifica, nel caso di specie una riduzione di tale importo. Detta riduzione dell’importo dei redditi distribuiti soggetti all’aliquota del 30% comporta, come nella causa principale, una riduzione della tassazione della distribuzione e, contemporaneamente, un aumento della tassazione della tesorizzazione all’aliquota del 45%. In tal caso, come ha rilevato il giudice del rinvio nella controversia principale, la società di capitali è debitrice di un’imposta più elevata.

41.      Tuttavia, e in quarto luogo, se il saldo del capitale proprio distribuibile rientrante nella categoria EK 45 non è sufficiente per coprire la rettifica chiesta dall’amministrazione tributaria e, pertanto, per coprire la distribuzione degli utili già effettuata, l’art. 28, n. 4, del KStG 1996 esige che la distribuzione venga imputata alla sottocategoria EK 02, in deroga alla sequenza di imputazione prevista dall’art. 30 del KStG 1996.

42.      Ne consegue che l’applicazione della deroga di cui all’art. 28, n. 4, del KStG 1996 consente, dopo la rettifica, di mantenere l’aliquota dell’imposta sulla distribuzione al 30%.

43.      In proposito, è pacifico che la deroga prevista dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996 è intesa ad evitare che i beneficiari della distribuzione possano, in applicazione del regime fiscale tedesco (6), trarre vantaggio da un credito d’imposta, concesso sulla base di un certificato fiscale redatto dalla società che ha effettuato la distribuzione, equivalente all’importo dell’imposta prelevata da quest’ultima, senza che, in realtà e a causa della rettifica, la società che ha effettuato la distribuzione venga assoggettata ad imposta. Infatti, qualora, dopo la rettifica, la distribuzione fosse stata imputata alla sottocategoria EK 01, che, come si è precisato in precedenza, fruisce, anche in caso di distribuzione, di un’esenzione dall’imposta, e anche se i certificati fiscali che consentono ai beneficiari della distribuzione di ottenere il credito d’imposta (equivalente all’importo della tassazione all’aliquota del 30% della società che ha effettuato la distribuzione) non possono più essere rimessi in discussione, detti beneficiari avrebbero ottenuto un indebito credito d’imposta. La distribuzione viene quindi imputata alla categoria EK 02, anche quando, come nella causa principale, il saldo di tale categoria sia negativo.

44.      Nel caso di specie, l’applicazione della deroga prevista dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996, nella fattispecie della distribuzione degli utili da parte della Burda a vantaggio della RCS, la società madre stabilita nei Paesi Bassi, è all’origine della controversia nel procedimento principale. Più precisamente, e come risulta dalla motivazione della decisione di rinvio, anche se il giudice del rinvio ritiene che l’art. 28, n. 4, del KStG 1996 sia effettivamente applicabile alla situazione controversa nella causa principale, lo stesso giudice rileva tuttavia che la RCS, in ragione della sua sede posta al di fuori del territorio tedesco, non dispone del certificato che le consentirebbe di ottenere un credito d’imposta equivalente all’importo dell’imposta sulle società pagato dalla Burda.

45.      In tale contesto il Bundesfinanzhof chiede, da un lato, se una tassazione degli utili distribuiti come quella che colpisce la categoria EK 02 costituisca una ritenuta alla fonte vietata dall’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 e, dall’altro, nel caso in cui la prima questione debba essere risolta in senso negativo, se la libertà di stabilimento e/o la libera circolazione dei capitali debbano essere interpretate nel senso che ostano all’applicazione congiunta di disposizioni come quelle degli artt. 27, n. 1, e 28, n. 4, del KStG 1996.

B –    Sulla prima questione pregiudiziale

46.      Prima di stabilire se una normativa fiscale come quella in discussione nella causa principale costituisca una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, vietata dalla medesima direttiva, vale la pena svolgere tre considerazioni preliminari.

47.      In primo luogo, per quanto riguarda alcuni aspetti della presente causa, non vi è dubbio che, come risulta dagli atti, il rapporto società madre‑controllata intercorrente tra la Burda e la RCS rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 90/435, dato che sussistono tutte le condizioni pertinenti. Si deve rilevare, in particolare, che la Burda è assoggettata all’imposta sulle società («Körperschaftsteuer») in Germania, conformemente all’art. 2, lett. c), di detta direttiva, e che esiste una partecipazione sufficiente, vale a dire pari o superiore al 25%, della RCS nel capitale sociale della Burda, conformemente all’art. 3, n. 1, lett. a), della medesima direttiva.

48.      In secondo luogo, è pacifico che la norma derogatoria all’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, prevista dal n. 3 dello stesso articolo a favore della Repubblica federale di Germania e che consente a quest’ultima, temporaneamente, di prelevare una ritenuta alla fonte del 5% sugli utili distribuiti, non deve essere applicata nella causa principale. Come precisa l’art. 5, n. 3, della direttiva 90/435, tale regime era applicabile fino alla metà del 1996 (7). Orbene, da un lato, risulta dalla decisione di rinvio che le distribuzioni in discussione nella causa principale sono state effettuate dalla Burda nel 1998 con riferimento agli esercizi 1996 e 1997. Dall’altro lato, né l’amministrazione tributaria tedesca, nella controversia principale, né il governo tedesco, nelle osservazioni presentate alla Corte, hanno fatto valere l’eventuale applicazione della deroga di cui all’art. 5, n. 3, della direttiva 90/435, e il governo tedesco ha peraltro affermato che, conformemente a detta direttiva, non era stata prelevata alcuna imposta sui redditi da capitali mobiliari, alla fonte, presso la Burda, la quale non ha contestato tale affermazione.

49.      In terzo luogo, si deve rilevare, al pari della Commissione, che il giudice del rinvio si interroga unicamente sulla questione se la tassazione delle distribuzioni basate sulla categoria EK 02 costituisca una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, senza chiedersi se la tassazione iniziale delle distribuzioni, vale a dire l’imposta assolta prima della rettifica effettuata dall’amministrazione tributaria tedesca, costituisca parimenti una ritenuta alla fonte ai sensi della disposizione citata. Tuttavia, come dimostrerà l’analisi seguente, non ritengo che l’esame della questione se la normativa controversa costituisca una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, possa essere svolto esclusivamente sulla base dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, come applicato nella causa principale, ma vada invece effettuato, trattandosi di qualificare una normativa fiscale determinata, in base al regime fiscale di cui detta disposizione fa parte.

50.      Ciò detto, e per quanto riguarda l’esame della prima questione posta dal giudice del rinvio, si deve ricordare che lo scopo della direttiva 90/435 consiste nell’eliminare, instaurando un regime comune di tassazione degli utili distribuiti, la penalizzazione delle società madri e controllate aventi sede in Stati membri diversi e facilitare così i raggruppamenti delle società su scala comunitaria (8). Tale direttiva mira quindi a prevenire la doppia imposizione degli utili distribuiti da una controllata alla società madre, quando siano stabilite in Stati membri diversi (9).

51.      In proposito, è utile rammentare, per quanto riguarda le modalità di imposizione degli utili distribuiti sotto forma di dividendi dalle società, che tali utili vengono generalmente tassati in due modi: da un lato, in quanto utili della società distributrice nell’ambito dell’imposta sulle società e successivamente a livello dell’azionista; dall’altro lato, mediante prelievo dell’imposta sul reddito dell’azionista che percepisce i dividendi e/o mediante la ritenuta alla fonte pagata dalla società distributrice per conto dell’azionista al momento della distribuzione dei dividendi.

52.      L’esistenza di due possibili modalità di imposizione può dare luogo, da un lato, a una doppia imposizione economica, ossia la duplice tassazione dello stesso reddito a carico di due contribuenti diversi, e, dall’altro, a una doppia imposizione giuridica, vale a dire la duplice tassazione del medesimo reddito in capo allo stesso contribuente in due Stati diversi. Si ha, ad esempio, una doppia imposizione economica quando gli utili della società distributrice sono tassati nell’ambito dell’imposta sulle società e, successivamente, in capo all’azionista assoggettato all’imposta sul reddito o all’imposta sulle società, relativamente agli utili distribuiti sotto forma di dividendi. La doppia imposizione giuridica si verifica, invece, quando l’azionista è assoggettato dapprima a ritenuta alla fonte sui dividendi percepiti e in seguito all’imposta sui redditi o sulle società riscossa in un altro Stato (10).

53.      Nell’ambito di applicazione ratione personae e ratione materiae della direttiva 90/435, l’art. 5, n. 1, di tale direttiva, vietando, in linea di principio, qualsiasi «ritenuta alla fonte», mira a prevenire la doppia imposizione giuridica degli utili distribuiti in capo alla società madre. In altre parole, si vieta, in linea di principio, allo Stato membro della fonte, cioè lo Stato membro sul cui territorio è stabilita la società controllata, di tassare i dividendi percepiti dalla società madre.

54.      Tale interpretazione può essere dedotta dalla definizione negativa data dall’art. 7, n. 1, della direttiva 90/435 alla «ritenuta alla fonte» ai sensi della direttiva, il quale precisa che tale espressione non comprende il pagamento anticipato o preliminare dell’imposta sulle società allo Stato membro in cui ha sede la società controllata, effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili alla società madre (11).

55.      In altre parole, mentre l’art. 5, n. 1, della citata direttiva vieta il prelievo alla fonte di un’imposta sui dividendi versati alla società madre stabilita in un altro Stato membro, tale divieto non si estende al pagamento da parte della controllata dell’imposta sulle società gravante sui redditi prodotti dalla sua attività economica, anche se tale imposta viene prelevata alla fonte e il suo pagamento viene effettuato in concomitanza con la distribuzione degli utili.

56.      Poiché, come si è rilevato in precedenza, in questo caso può sempre sussistere una doppia imposizione economica, la direttiva 90/435 prevede che, a parte il caso della liquidazione, lo Stato membro della società madre si astenga dal sottoporre gli utili a imposizione, oppure li sottoponga a imposizione, autorizzando però detta società madre a detrarre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla società figlia a fronte dei suddetti utili (12), senza che, inoltre, la citata direttiva pregiudichi l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi (13).

57.      Tali osservazioni consentono, a mio parere, di comprendere il motivo per cui, in mancanza di una definizione positiva della «ritenuta alla fonte», ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, la Corte ha affermato che tale espressione comprendeva ogni imposta sul reddito percepito nello Stato in cui i dividendi sono distribuiti, della quale, in primo luogo, il fatto generatore è il versamento di dividendi o di ogni altro rendimento di titoli; in secondo luogo, la base imponibile è il rendimento degli stessi; in terzo luogo, il soggetto passivo è il detentore di tali titoli (14).

58.      Nella causa principale, la Burda e la Commissione ritengono che il prelievo previsto dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996 soddisfi i tre criteri sopra citati, per cui tale prelievo dovrebbe essere vietato in forza dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435. Il governo tedesco sostiene invece che l’imposizione discussa nella causa principale grava solo sulla controllata stabilita in Germania, per cui, in particolare, non sarebbe soddisfatto il terzo criterio elaborato dalla Corte nella sua giurisprudenza.

59.      Da parte mia, ritengo che il prelievo previsto dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996 non debba essere valutato isolatamente, salvo snaturare le caratteristiche oggettive di tale imposizione. Infatti, non si deve dimenticare che tale imposta viene riscossa solo nel caso di un «errore» iniziale della controllata relativo alla distribuzione in eccesso di utili imputati al capitale proprio di tale società. In altre parole, se il prelievo, previa rettifica, previsto dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996, deve costituire una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, lo stesso dovrebbe valere (e a fortiori) per l’imposizione iniziale, vale a dire quella applicata prima della rettifica effettuata dall’amministrazione tributaria tedesca. La semplice rettifica, effettuata da un’amministrazione tributaria nazionale, di un’imposizione iniziale non può, a mio avviso, modificare la natura giuridica di tale imposizione ai sensi della direttiva 90/435.

60.      In proposito, è pacifico che la distribuzione degli utili effettuata dalla Burda è stata inizialmente assoggettata all’imposta sulle società all’aliquota del 30% mentre, se tali utili fossero rimasti presso detta società, sarebbero stati tassati all’aliquota del 45%. Pertanto tale imposizione, prima della rettifica, non riguarda i redditi tassati solo in caso di versamento di dividendi, bensì il reddito prodotto dall’attività economica della Burda in Germania. Inoltre, si tratta effettivamente del prelievo dell’imposta sulle società in capo alla controllata stabilita in Germania, e non sui dividendi pagati ai detentori delle partecipazioni nel capitale sociale della Burda, cioè le sue società madri.

61.      È senz’altro vero che, dopo la rettifica, l’imposta sulle società è stata imputata a redditi, quelli della categoria EK 02, che non sarebbero stati tassati o sarebbero stati tassati all’aliquota dello 0% in mancanza di distribuzione di utili.

62.      Tuttavia, nella causa principale, tale circostanza non mi sembra decisiva.

63.      Anzitutto, e in generale, si deve osservare che, per quanto riguarda l’«advance corporate tax» (ACT) britannica, la Corte ha precisato che essa costituiva un pagamento anticipato dell’imposta sulle società, anche se prelevata in occasione di una distribuzione di dividendi e calcolata in base all’importo di tali dividendi (15).

64.      Inoltre, si deve ricordare che la rettifica effettuata dall’amministrazione tributaria tedesca conformemente all’art. 28, n. 4, del KStG 1996 interviene dopo il pagamento dei dividendi a vantaggio degli azionisti, allo scopo di garantire il mantenimento dell’aliquota del 30% sugli utili inizialmente distribuiti dalla controllata e lasciando impregiudicata l’eventuale imputazione dell’imposta sulle società assolta dalla Burda all’imposta sulle società prelevata nei confronti degli azionisti sui loro utili. Insomma, l’imposizione stabilita dopo la rettifica non modifica l’onere fiscale complessivo della controllata avente sede in Germania e sembra costituire semmai una modalità contabile che consente, dopo il pagamento dei dividendi alle società madri, il mantenimento dell’aliquota dell’imposta sulle società pagata inizialmente dalla controllata.

65.      Infine, come ha precisato il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, senza essere contraddetto dalle altre parti che hanno presentato osservazioni nella presente causa, a parte il prelievo alla fonte dell’imposta sul reddito dei capitali mobiliari, che, in seguito alla trasposizione della direttiva 90/435 nel diritto nazionale, non è applicabile nella causa principale (v. paragrafo 48 delle presenti conclusioni), i dividendi percepiti dalla società madre non residente non erano oggetto di imposizione in Germania.

66.      Pertanto, anche dopo la rettifica, l’imposizione discussa nella causa principale viene sopportata dalla controllata e non dalle società madri.

67.      La Burda e la Commissione ritengono tuttavia che quest’ultima circostanza sia irrilevante. Esse considerano infatti, richiamandosi alle conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa che ha condotto alla citata sentenza Athinaïki Zythopoiïa (16), che il fatto che l’onere fiscale gravi sulla società controllata non può avere significato decisivo, ma occorre semmai fare riferimento all’effetto economico dell’imposizione della società controllata corrispondente a quello di una imposizione attuata nei confronti della società madre, poiché l’imposta viene trattenuta e versata direttamente all’amministrazione tributaria dalla società che distribuisce gli utili. Secondo la Burda e la Commissione, tale impostazione sarebbe stata avallata nella citata sentenza Athinaïki Zythopoiïa.

68.      Confesso di non essere persuaso da tale argomentazione.

69.      In primo luogo, l’impostazione suggerita dalla Burda e dalla Commissione tende a ignorare la distinzione, insita nella stessa direttiva 90/435, tra, da un lato, una ritenuta alla fonte che grava, nello Stato membro in cui viene effettuata la distribuzione degli utili, sulle società madri stabilite in un altro Stato membro, e, dall’altro lato, un pagamento anticipato dell’imposta sulle società che grava, nello Stato membro della distribuzione, sulla società controllata stabilita nel territorio di quest’ultimo. Orbene, anche dopo la sentenza Athinaïki Zythopoiïa, cit., la Corte ha ribadito che uno dei criteri di identificazione di una ritenuta alla fonte consisteva nel fatto che il soggetto passivo era il detentore dei titoli, ossia la società madre residente in uno Stato membro diverso da quello in cui viene effettuata la distribuzione degli utili (17).

70.      In secondo luogo, e quand’anche si dovesse adottare l’impostazione economica proposta dalla Burda e dalla Commissione, non ne conseguirebbe però che il prelievo su cui si controverte nella causa principale costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435, analoga a quella che è stata oggetto della citata sentenza Athinaïki Zythopoiïa.

71.      Si deve ricordare che, in quella causa, la Corte ha dichiarato che si configura una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, qualora una disposizione di legge nazionale preveda, in caso di distribuzione di utili da parte di una controllata alla società capogruppo, che, per determinare il reddito imponibile della controllata, devono essere reincorporati nella base imponibile gli utili netti complessivi realizzati da quest’ultima, compresi i redditi assoggettati ad imposizione speciale comportante l’estinzione del debito fiscale nonché i redditi non imponibili, mentre tali due categorie di redditi non sarebbero imponibili, in base alla legge nazionale, se gli stessi fossero rimasti presso la controllata e non fossero stati distribuiti alla capogruppo (18).

72.      Quest’analisi si basa chiaramente sul fatto che l’oggetto della ritenuta alla fonte non sono gli utili della controllata, bensì la distribuzione di tali utili alla società madre. Nella causa decisa con la sentenza Athinaïki Zythopoiïa, cit., l’inclusione dei redditi che erano stati assoggettati a un’imposizione speciale comportante estinzione del debito fiscale, nonché dei redditi non imponibili, nella base imponibile della controllata unicamente in occasione della distribuzione degli utili comportava un aumento dell’onere fiscale sopportato, in definitiva, dalle società madri.

73.      Orbene, come ho già sottolineato, l’applicazione a posteriori dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, ossia dopo che sia intervenuta la distribuzione effettiva dei dividendi agli azionisti da parte della controllata, non modifica né il regime fiscale cui tale società è stata assoggettata prima della rettifica stabilita dall’amministrazione tributaria né l’onere fiscale globale cui tale società è sottoposta, dato che gli utili distribuiti continuano a essere tassati all’aliquota del 30%. Detta applicazione non incide neppure sulla distribuzione iniziale dei dividendi pagati alle società madri per i due esercizi in discussione nella causa principale.

74.      Inoltre, il fatto che gli azionisti non residenti in Germania non beneficino di un credito d’imposta equivalente all’importo dell’imposta sulle società pagato dalla Burda non dipende dall’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, ma consegue in realtà all’applicazione delle disposizioni del KStG 1996 relative all’imposizione iniziale degli utili distribuiti all’aliquota del 30%, inferiore a quella dovuta in caso di tesorizzazione di detti utili in seno alla controllata, senza che l’esclusione di tale beneficio a vantaggio delle società madri non residenti possa, a mio parere, alterare la natura giuridica di tale imposizione ai sensi della direttiva 90/435. In proposito, la questione se lo Stato membro sul cui territorio si effettua la distribuzione debba accordare, in una situazione del genere, un credito d’imposta alle società madri non residenti non attiene al problema della qualifica della normativa in discussione nella causa principale come ritenuta alla fonte ai sensi della direttiva 90/435, ma va riferita semmai alla seconda questione posta dal giudice del rinvio, concernente l’interpretazione delle libertà fondamentali di circolazione sancite dal Trattato.

75.      Tengo inoltre a far notare come il fatto che l’onere fiscale della controllata sia eventualmente aumentato in quanto, con la distribuzione in eccesso di utili effettuata dalla Burda, verrà considerata tesorizzata e quindi sottoposta all’aliquota del 45% una quota maggiore di utili imputati al capitale proprio (v. paragrafo 40 delle presenti conclusioni) costituisce una circostanza indipendente dall’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996.

76.      Pertanto, considerata in particolare la differenza tra le circostanze che caratterizzano la causa principale e quella sfociata nella sentenza Athinaïki Zythopoiïa, cit., ritengo che quest’ultima non possa essere applicata, per analogia, al caso in esame.

77.      Per tutti questi motivi, ritengo che l’applicazione di una disposizione di diritto nazionale, quale l’art. 28, n. 4, del KStG 1996, nell’ambito dell’economia del regime fiscale di cui essa fa parte, non costituisca una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435.

78.      Osservo inoltre che, qualora fosse questa la risposta della Corte alla prima questione posta dal giudice del rinvio, non occorrerebbe interpretare la deroga, richiamata anche dal governo tedesco, prevista all’art. 7, n. 2, della direttiva 90/435, in forza della quale, lo ricordo, tale direttiva «lascia impregiudicata l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali intese a sopprimere o ad attenuare la doppia imposizione economica dei dividendi, in particolare delle disposizioni relative al pagamento di crediti di imposta ai beneficiari dei dividendi» (19). In ogni caso, tale deroga all’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435 non mi sembra applicabile nella causa principale. Infatti, come ha rilevato giustamente la Commissione nella sua risposta al quesito scritto posto dalla Corte, mentre l’ambito di applicazione della direttiva 90/435 riguarda i rapporti tra una controllata e la società madre residenti in Stati membri diversi, il credito d’imposta a favore degli azionisti della controllata, previsto dalla normativa fiscale e che secondo il governo tedesco è conforme alle condizioni di cui all’art. 7, n. 2, di detta direttiva, viene riconosciuto, a seguito del rilascio di un certificato fiscale, solo alle società madri stabilite sul territorio tedesco.

79.      L’evocazione di tale problema mi porta ora ad esaminare la seconda questione posta dal giudice del rinvio.

C –    Sulla seconda questione pregiudiziale

80.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio si domanda, in sostanza, se, nel caso in cui l’imposizione controversa nella causa principale non costituisca una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 90/435, tale imposizione sia compatibile con la libertà di stabilimento (art. 52 del Trattato) o la libera circolazione dei capitali (artt. 73 B e 73 D del Trattato) quando si applichi a una società madre non residente che non possa, a differenza delle società madri residenti, beneficiare di un credito d’imposta equivalente all’importo dell’imposta sulle società pagato dalla controllata (la Burda) residente in Germania.

81.      Prima di suggerire una risposta a tale questione, occorre svolgere alcune osservazioni in merito all’applicabilità delle due libertà di circolazione evocate dal giudice del rinvio.

82.      Si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, quando un cittadino di uno Stato membro detiene nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività, si applicano le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, e non quelle in materia di libera circolazione dei capitali (20).

83.      Come ho già avuto occasione di rilevare in un altro procedimento, la distinzione tra queste due libertà non è sempre agevole, soprattutto nell’ambito di un rinvio pregiudiziale in cui il giudice nazionale si trova in una posizione migliore per valutare, in concreto, i diritti conferiti a un azionista in forza delle partecipazioni da lui detenute nel capitale della società di cui trattasi (21).

84.      Ho già osservato nelle presenti conclusioni che la controversia principale riguarda una società stabilita in Germania, la Burda, controllata al 50% da una società non residente, la RCS. Come ha rilevato giustamente la Commissione, tale partecipazione comporta normalmente un diritto di veto sulle decisioni strategiche della controllata e consente quindi, in linea di principio, alla società che detiene tale partecipazione di esercitare una sicura influenza sull’attività della controllata (22). Inoltre, la decisione di rinvio non fa riferimento ad alcun indizio di natura contrattuale, quale un patto tra azionisti, tale da inficiare il controllo comune sulla controllata da parte delle sue società madri.

85.      Risulta da quanto precede che le disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento sono applicabili a una situazione come quella di cui alla causa principale. In tale contesto, l’eventuale pregiudizio alla libera circolazione dei capitali sarebbe semplicemente una conseguenza dell’asserito ostacolo alla libertà di stabilimento. Occorre quindi analizzare la presente questione pregiudiziale alla luce dell’art. 52 del Trattato, pur tenendo presente che analogo ragionamento varrebbe per l’art. 73 B del Trattato.

86.      Secondo una giurisprudenza costante, la libertà di stabilimento implica per i cittadini comunitari l’accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, alle stesse condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento per i cittadini di questo. Essa comprende inoltre, per le società costituite a norma delle leggi di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o la sede principale nel territorio della Comunità, il diritto di svolgere la loro attività nello Stato membro di cui trattasi mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (23).

87.      La Corte ha inoltre dichiarato che ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto l’art. 52 del Trattato (24). La libertà di stabilimento è volta pertanto a garantire il beneficio del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, vietando ogni discriminazione fondata sul luogo della sede delle società (25).

88.      Per stabilire se una disparità di trattamento fiscale sia discriminatoria e pertanto vietata, in linea di principio, dall’art. 52 del Trattato, occorre esaminare anzitutto la comparabilità oggettiva della situazione delle società interessate in base alla normativa fiscale controversa (26).

89.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio sembra ritenere che la situazione controversa nella causa principale conduca ad applicare la stessa norma, ossia l’art. 28, n. 4, del KStG 1996, a situazioni diverse (27). Esso ricorda che l’obiettivo perseguito da tale disposizione consiste nell’evitare che una società, avente sede in Germania e che ha inizialmente distribuito in eccesso utili imputati al capitale proprio, possa essere esentata retroattivamente dall’imposta sulle società prelevata sulla distribuzione di tali utili qualora essi siano imputati, dopo la rettifica effettuata dall’amministrazione tributaria tedesca, a redditi esenti da tale imposizione, quando le sue società madri abbiano già beneficiato in precedenza di un credito d’imposta in seguito alla distribuzione iniziale, ma in eccesso, degli utili tassati al 30%. Orbene, secondo il giudice del rinvio, applicare l’art. 28, n. 4, del KStG 1996 a una situazione come quella della controversia principale, anche quando una società madre non residente, quale la RCS, non possa ottenere un credito d’imposta equivalente all’importo dell’imposta sulle società pagato dalla Burda, sarebbe sproporzionato rispetto all’obiettivo perseguito da detta disposizione. Secondo il giudice del rinvio, la Repubblica federale di Germania potrebbe essere tenuta, in forza delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, a rinunciare, a vantaggio della controllata, a tassare i redditi provenienti dalla categoria EK 02, che si considera utilizzata per la distribuzione degli utili, qualora detta controllata dimostrasse di avere effettuato la detta distribuzione a vantaggio di società madri non residenti, che non possono quindi ottenere il credito d’imposta equivalente alla frazione dell’imposta sulle società pagata dalla Burda.

90.      Mentre la Burda condivide quest’analisi, il governo tedesco ritiene invece che non si configuri alcuna disparità di trattamento della Burda, a seconda che essa distribuisca utili alla sua società madre residente o alla sua società madre non residente, o della RCS. In proposito, il governo tedesco osserva che, conformemente alla ripartizione della competenza fiscale tra lo Stato membro della fonte dei dividendi e lo Stato membro di residenza della società madre, riconosciuta sia dalla direttiva 90/435 che dal diritto primario, in linea di massima spetterebbe allo Stato membro di residenza della società madre, per evitare la doppia imposizione, compensare, in capo a tale società, il pagamento dell’imposta sulle società versata dalla controllata che ha distribuito gli utili. Il governo tedesco, pur ammettendo che, in base al sistema di prevenzione della doppia imposizione adottato nello Stato membro di residenza della società madre, l’imposta che deve essere pagata dalla società madre può essere superiore a quella che verrebbe pagata in una situazione puramente nazionale, considera tuttavia che tale situazione costituisca unicamente il risultato della coesistenza di sistemi fiscali diversi e non una lesione delle libertà di circolazione sancite dal Trattato. La Commissione condivide in sostanza l’argomento svolto dal governo tedesco, facendo notare tuttavia che nel caso di specie non occorrerebbe risolvere il problema del trattamento fiscale delle società madri, dato che l’imposizione in esame nella causa principale interessa unicamente la controllata avente sede in Germania.

91.      Innanzi tutto, si deve rilevare che il giudice del rinvio concentra la sua attenzione unicamente sulle conseguenze dell’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, vale a dire sull’imposizione della Burda risultante dalla rettifica effettuata conformemente a tale disposizione, in relazione all’impossibilità per una società madre non residente di imputare alla propria imposizione l’imposta assolta dalla Burda. Nondimeno, come si è già rilevato nell’esame della prima questione pregiudiziale, l’impossibilità di accordare un credito d’imposta alla società madre non residente corrispondente alla frazione dell’imposta sulle società pagata dalla Burda non attiene all’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996, ma sussiste anche prima della rettifica prevista da tale disposizione per quanto riguarda l’imposta sulle società inizialmente prelevata nei confronti della Burda a titolo degli utili distribuiti. A mio parere non si può ignorare il contesto in cui va applicato il citato art. 28, n. 4.

92.      Ai fini della soluzione da fornire al giudice del rinvio, mi sembra utile distinguere il trattamento fiscale della controllata che effettua la distribuzione degli utili da quello riservato alla società madre.

93.      Per quanto riguarda la controllata, si deve constatare che l’onere fiscale complessivo che grava su di essa in forza del KStG 1996 non è assolutamente diverso a seconda che tale società distribuisca utili a una società madre residente o a una società madre non residente. A prescindere dalla circostanza che ciò avvenga prima o dopo la rettifica prevista dall’art. 28, n. 4, del KStG 1996, l’onere fiscale della controllata stabilita in Germania è indipendente dal luogo della sede delle società madri.

94.      Non penso neppure che si possa suggerire, come tenta di fare la Burda, che l’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 determini, nei confronti della controllata, un trattamento uguale di situazioni diverse. Infatti, la controllata non si trova in una posizione diversa, in base alla normativa dello Stato di residenza, nel caso di specie la Repubblica federale di Germania, a seconda che distribuisca i propri utili a una società madre non residente o a una società madre residente.

95.      In altre parole, anche se esistesse un trattamento uguale di situazioni diverse, la differenza tra le situazioni potrebbe essere rilevata solo a livello delle società madri.

96.      In proposito, risulta dalla motivazione della decisione di rinvio che il giudice a quo si interroga sostanzialmente sulla questione di stabilire se l’art. 52 del Trattato vieti allo Stato membro della fonte dei dividendi di applicare la stessa disposizione fiscale, nella fattispecie l’art. 28, n. 4, del KStG 1996, indipendentemente dal fatto che una società madre residente e una società madre non residente si trovino in situazioni diverse (trattamento uguale di situazioni diverse). Detto giudice presta quindi meno attenzione alla questione se, in conseguenza dell’applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, la società madre non residente, nella specie la RCS, debba poter beneficiare di un credito d’imposta al pari della società madre residente in Germania, in quanto si dovrebbe ritenere che queste due società si trovino in una situazione analoga rispetto all’applicazione della normativa di tale Stato membro (trattamento diverso di situazioni analoghe).

97.      Tuttavia, come osserverò in prosieguo, mi sembra che la soluzione della presente questione pregiudiziale richieda un’analisi della ripartizione del potere impositivo tra lo Stato membro della fonte degli utili distribuiti e lo Stato membro di residenza della società madre per quanto riguarda la prevenzione della doppia imposizione economica.

98.      Il presupposto sulla base del quale viene formulata la seconda questione pregiudiziale, secondo cui, per quanto riguarda l’applicazione della normativa fiscale dello Stato della fonte degli utili distribuiti, le società madri residenti e le società madri non residenti nel medesimo Stato si trovano in situazioni diverse, non appare, di per sé, errato.

99.      Analoga valutazione è stata espressa nella sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. Nella causa decisa con tale sentenza, infatti, la Corte doveva risolvere in particolare la questione se sussistesse una disparità di trattamento fiscale discriminatoria, posta in essere dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, in quanto Stato membro della fonte della distribuzione degli utili, tra, da un lato, la situazione di una società residente nel Regno Unito, che percepiva dividendi da un’altra società residente e alla quale era accordato in tale Stato membro un credito d’imposta corrispondente alla frazione dell’importo dell’«advance corporate tax» (ACT) pagato da quest’ultima, e, dall’altro, quella di una società non residente che percepiva dividendi da una società residente e non beneficiava di tale credito d’imposta, se non in forza di un’eventuale convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione economica conclusa tra il suo Stato membro di residenza e il Regno Unito.

100. Sulla questione della ripartizione delle competenze tra lo Stato membro della fonte degli utili distribuiti e lo Stato membro di residenza della società madre in materia di prevenzione della doppia imposizione economica, la Corte ha ricordato, per quanto riguarda i rapporti tra una controllata e la società madre rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 90/435, che l’art. 4 di tale direttiva, in combinato disposto con l’art. 3 della stessa, impone a ogni Stato membro di esentare da imposta gli utili che una società madre residente percepisce da una controllata stabilita in un altro Stato membro o di autorizzare tale società madre a detrarre dall’importo della sua imposta la frazione dell’imposta della controllata relativa a tali utili (28).

101. Per quanto riguarda i rapporti intercorrenti tra una controllata e la società madre non rientranti nell’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva 90/435 e in relazione ai quali la Corte ha interpretato l’art. 43 CE, la Corte ha affermato che la situazione degli azionisti beneficiari residenti nello Stato membro della fonte della distribuzione degli utili e quella degli azionisti beneficiari residenti in un altro Stato membro non sono necessariamente comparabili per quanto riguarda l’applicazione della normativa fiscale dello Stato membro di residenza della società distributrice (29).

102. In proposito, qualora la società distributrice e l’azionista beneficiario non risiedano nello stesso Stato membro, la Corte ha stabilito una distinzione tra gli obblighi che incombono allo Stato membro di residenza dell’azionista beneficiario e quelli dello Stato membro di residenza della società distributrice, vale a dire lo Stato membro della fonte degli utili distribuiti, per quanto riguarda la prevenzione o l’attenuazione dell’imposizione a catena e della doppia imposizione economica (30). Più precisamente, la Corte ha osservato in particolare che richiedere che lo Stato della fonte degli utili assicuri che gli utili distribuiti ad un azionista non residente non siano colpiti da un’imposizione a catena o da una doppia imposizione economica, esonerando tali utili dall’imposta in capo alla società distributrice o concedendo al detto azionista un beneficio fiscale corrispondente all’imposta versata su tali utili da parte della società distributrice, significherebbe infatti che il detto Stato debba rinunciare al suo diritto di assoggettare ad imposta un reddito generato da un’attività economica esercitata nel suo territorio (31).

103. Pertanto, se lo Stato membro della fonte degli utili distribuiti esercita la sua competenza fiscale unicamente sulle società madri residenti sul suo territorio, concedere loro un credito d’imposta corrispondente alla frazione dell’imposta sulle società pagata dalla società generatrice degli utili distribuiti, escludendo le società madri non residenti, non costituisce un trattamento fiscale discriminatorio di queste ultime.

104. La situazione sarebbe diversa se, unilateralmente o per via convenzionale, lo Stato membro della fonte degli utili esercitasse una competenza fiscale non solo sugli utili prodotti sul suo territorio, ma anche sul reddito proveniente da detto Stato membro percepito dalle società beneficiarie non residenti. Spetterebbe in tal caso a detto Stato membro, conformemente alle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento, vigilare affinché, in relazione al meccanismo previsto dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o attenuare la doppia imposizione, le società azioniste non residenti siano assoggettate ad un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società azioniste residenti (32). Peraltro, ciò si è verificato forse nella causa decisa con la sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit., per effetto di convenzioni dirette a prevenire la doppia imposizione concluse dal Regno Unito, secondo cui, quando una società non residente in tale Stato aveva diritto nel medesimo Stato membro ad un credito d’imposta integrale o parziale, essa era assoggettata all’imposta sul reddito per i dividendi che essa percepiva da una società residente (33).

105. La dicotomia evidenziata nella sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation può essere validamente trasposta alla presente causa.

106. Nel caso in cui la Repubblica federale di Germania esercitasse una competenza fiscale sul reddito proveniente dalla distribuzione degli utili percepiti dalla società madre non residente, incomberebbe a tale Stato membro, in relazione al meccanismo di prevenzione della doppia imposizione economica previsto dalla legislazione fiscale tedesca, concedere a una società madre non residente un trattamento equivalente a quello di cui beneficia una società madre residente in Germania che percepisca redditi da una controllata stabilita in questo stesso Stato. Infatti, la disparità di trattamento fondata sul luogo della sede della società madre non sembra assolutamente giustificata, in quanto appare basata su un motivo di ordine puramente economico riferito al rischio di perdita di entrate fiscali (34). In ogni caso, quand’anche la legislazione nazionale dovesse essere considerata diretta a prevenire la perdita della possibilità di tassare redditi generati sul territorio nazionale, una volta che lo Stato membro di cui trattasi abbia scelto di esonerare, concedendo un credito d’imposta, le società madri stabilite sul suo territorio in relazione ai redditi percepiti da una controllata stabilita nello stesso territorio, esso non può invocare l’esigenza di garantire una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta, nell’ambito dell’esercizio della sua competenza fiscale, delle società madri stabilite in un altro Stato membro (35).

107. In pratica, la Repubblica federale di Germania potrebbe quindi continuare a prelevare l’imposta sulle società dalla controllata stabilita sul suo territorio, in quanto si tratta unicamente di assoggettare quest’ultima al pagamento di un’imposta su redditi generati da un’attività economica esercitata sul territorio tedesco, consentendo tuttavia alla società madre non residente nei confronti della quale la Repubblica federale di Germania esercita la sua competenza fiscale di beneficiare di un trattamento equivalente a quello riservato alla società madre residente.

108. Nel caso in cui, invece, la Repubblica federale di Germania non esercitasse alcuna competenza fiscale sul reddito proveniente da tale Stato membro percepito dalla società madre non residente, si porrebbe anche l’ulteriore questione di determinare se la Repubblica federale di Germania sia tenuta, in forza dell’art. 52 del Trattato, ad escludere l’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 ad una situazione come quella in discussione nella causa principale, come suggerisce il giudice del rinvio.

109. A tale riguardo, ricordo che l’applicazione dell’art. 28, n. 4, del KStG 1996 consente di mantenere, dopo la rettifica, l’aliquota dell’imposta sulle società pagata dalla Burda. Tale imposta viene prelevata sul reddito generato dall’attività economica della Burda sul territorio tedesco. Escludere l’applicazione del citato art. 28, n. 4, in una situazione come quella della controversia principale equivarrebbe a consentire a una società stabilita in Germania, controllata da una società residente sul territorio di un altro Stato membro, di sottrarsi, a posteriori, al prelievo dell’imposta sulle società gravante sulla sua attività economica, giacché in tal caso si presupporrebbe che la distribuzione sia stata imputata a redditi esenti da detta imposta. In tal caso, lo Stato membro della fonte degli utili dovrebbe rinunciare al suo diritto di tassare un reddito generato da un’attività economica esercitata sul suo territorio. Orbene, tale rinuncia comporterebbe certamente una violazione della competenza fiscale degli Stati membri e della regola secondo cui spetta a ciascuno Stato membro organizzare, nel rispetto del diritto comunitario, il proprio sistema d’imposizione degli utili distribuiti e definire, in tale ambito, la base imponibile nonché l’aliquota d’imposizione che vengono applicati alla società distributrice, nei limiti in cui essa è assoggettata all’imposta nel detto Stato membro (36).

110. Inoltre non si può escludere che l’ipotesi formulata dal giudice del rinvio conduca, in definitiva, lo Stato membro della fonte degli utili a eliminare la doppia imposizione economica, anche se, in linea di principio, spetterebbe allo Stato membro di residenza della società madre attenuare o prevenire tale doppia imposizione, nell’ambito della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.

111. È vero che potrebbero verificarsi conseguenze sfavorevoli per la società madre qualora lo Stato membro sul cui territorio tale società risiede escludesse, ad esempio, la possibilità per quest’ultima di ottenere un credito d’imposta corrispondente alla frazione dell’imposta sulle società pagata dalla controllata nello Stato membro della fonte della distribuzione degli utili. Infatti, come è noto, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via unilaterale o convenzionale, i criteri per ripartire il loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare la doppia imposizione (37), senza che, in assenza di misure di unificazione o di armonizzazione a livello comunitario, essi siano tenuti a pervenire a questo risultato (38).

112. Benché tale questione non sia oggetto del presente rinvio pregiudiziale, essa troverebbe tuttavia una soluzione soddisfacente in una situazione come quella di cui alla causa principale, che rientra nell’ambito di applicazione ratione personae e ratione materiae della direttiva 90/435, il cui art. 4 obbliga lo Stato membro di residenza della società madre a esentare gli utili percepiti da detta società o a concedere a quest’ultima la possibilità di detrarre dalla sua imposta la frazione dell’imposta pagata dalla controllata a fronte di tali utili nello Stato di residenza di quest’ultima.

113. Spetta al giudice nazionale verificare quale delle due ipotesi formulate rispettivamente ai paragrafi 106 e 108 delle presenti conclusioni si verifichi nella causa principale, tenendo conto di tutte le disposizioni della sua normativa fiscale e, se del caso, di tutte le disposizioni pertinenti della convenzione per prevenire la doppia imposizione conclusa con il Regno dei Paesi Bassi.

114. In base a tutte queste considerazioni, ritengo che gli artt. 52 e 73 B del Trattato debbano essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che assoggetta all’imposta sulle società gli utili distribuiti da una società di capitali, anche quando tale distribuzione venga imputata, dopo una rettifica effettuata in applicazione di detta normativa, a redditi diversi da quelli che hanno formato oggetto della distribuzione iniziale, pure quando tale società dimostri di avere distribuito dividendi a una società madre non residente che, a differenza di una società madre residente, non possa legittimamente detrarre dall’imposta a suo carico, in forza del diritto nazionale, la frazione dell’imposta sulle società pagata dalla società di capitali. La situazione sarebbe diversa qualora lo Stato membro sul cui territorio è stabilita la società di capitali abbia esercitato la sua competenza fiscale sul reddito proveniente da tale Stato percepito dalla società madre non residente, nel qual caso lo Stato in questione dovrebbe concedere alla società madre non residente un trattamento equivalente a quello di cui beneficia una società madre residente in detto Stato e che percepisce redditi dalla società di capitali stabilita in questo stesso Stato membro. Spetta al giudice del rinvio verificare quale di tali ipotesi ricorra nella causa principale, tenendo conto di tutte le disposizioni della sua normativa fiscale e, se del caso, di tutte le disposizioni pertinenti della convenzione per prevenire la doppia imposizione conclusa con il Regno dei Paesi Bassi.

VI – Conclusione

115. In base alle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali poste dal Bundesfinanzhof:

«1)      Una disposizione di diritto nazionale che mantenga l’aliquota dell’imposta sulle società inizialmente pagata da una società di capitali sulla distribuzione di utili alle sue società madri imputando, in occasione di una rettifica effettuata conformemente a detta disposizione, la distribuzione così realizzata a redditi della società di capitali diversi da quelli oggetto della distribuzione iniziale, non costituisce, nell’ambito dell’economia del regime fiscale di cui detta disposizione fa parte, una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/435/CEE, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi.

2)      Gli artt. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) e 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE) devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che assoggetta all’imposta sulle società gli utili distribuiti da una società di capitali, anche quando tale distribuzione venga imputata, dopo una rettifica effettuata in applicazione di detta normativa, a redditi diversi da quelli che hanno formato oggetto della distribuzione iniziale, pure quando tale società dimostri di avere distribuito dividendi a una società madre non residente che, a differenza di una società madre residente, non possa legittimamente detrarre dall’imposta a suo carico, in forza del diritto nazionale, la frazione dell’imposta sulle società pagata dalla società di capitali.

La situazione sarebbe diversa qualora lo Stato membro sul cui territorio è stabilita la società di capitali abbia esercitato la sua competenza fiscale sul reddito proveniente da tale Stato percepito dalla società madre non residente, nel qual caso lo Stato in questione dovrebbe concedere alla società madre non residente un trattamento equivalente a quello di cui beneficia una società madre residente in detto Stato e che percepisce redditi simili da una società di capitali stabilita in questo stesso Stato membro.

Spetta al giudice del rinvio verificare quale di tali ipotesi ricorra nella causa principale, tenendo conto di tutte le disposizioni della sua normativa fiscale e, se del caso, di tutte le disposizioni pertinenti della convenzione conclusa il 16 giugno 1959 tra la Repubblica federale di Germania e il Regno dei Paesi Bassi diretta a evitare la doppia imposizione».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 225, pag. 6. Rilevo che tale direttiva è stata parzialmente modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 2003, 2003/123/CE (GU 2004, L 7, pag. 41), la quale tuttavia non è applicabile ratione temporis alla causa principale.


3 – BGBl. 1996 I, pag. 340.


4 – BGBl. 1990 I, pag. 1898.


5 – BGBl. 1960 II, pag. 1781.


6 – V. art. 36 dell’EStG 1990, parzialmente riprodotto al paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


7 – V. anche, in tal senso, sentenza 17 ottobre 1996, cause riunite C‑283/94, C‑291/94 e C‑292/94, Denkavit e a. (Racc. pag. I‑5063, punto 38).


8 – V., in particolare, sentenza 25 settembre 2003, causa C‑58/01, Océ Van der Grinten (Racc. pag. I‑9809, punti 45 e 80).


9 – V., in tal senso, sentenza 4 ottobre 2001, causa C‑294/99, Athinaïki Zythopoiïa (Racc. pag. I‑6797, punto 5).


10 – V. le mie conclusioni nella causa Amurta, decisa con la sentenza 8 novembre 2007, causa C‑379/05 (Racc. pag. p.I‑9569, paragrafi 23 e 24).


11 – A mio parere, l’art. 7, n. 1, della direttiva 90/435, che fornisce una definizione negativa della nozione di ritenuta alla fonte, non può essere interpretato come una disposizione derogatoria al divieto, imposto allo Stato membro in cui ha luogo la distribuzione, di prelevare una ritenuta alla fonte ai sensi della medesima direttiva. Tale disposizione contribuisce, al contrario, a circoscrivere la nozione di ritenuta alla fonte precisando l’ambito di applicazione ratione materiae della direttiva 90/435. Pertanto, a mio avviso, l’art. 7, n. 1, di tale direttiva non può essere interpretato restrittivamente.


12 – Art. 4, n. 1, della direttiva 90/435. V. anche sentenza 12 dicembre 2006, causa C‑446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation (Racc. pag. I‑11753, punto 104).


13 – Art. 7, n. 2, della direttiva 90/435.


14 – Sentenze 8 giugno 2000, causa C‑375/98, Epson Europe (Racc. pag. I‑4243, punto 23); Océ Van der Grinten, cit. (punto 47), e Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. (punto 108).


15 – Sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation, cit. (punto 88).


16 – Conclusioni presentate il 10 maggio 2001 (paragrafo 32).


17 – V. citate sentenze Océ Van der Griten (punto 47) e Test Claimants in the FII Group Litigation (punto 108).


18 – V. punto 29 e dispositivo della sentenza citata.


19 – Pro memoria, nella sentenza Océ Van der Grinten, cit. (punti 86‑89), la Corte ha infatti dichiarato che l’art. 7, n. 2, della direttiva 90/435 poteva autorizzare una ritenuta alla fonte, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della medesima direttiva.


20 – V. in tal senso, in particolare, sentenze 18 luglio 2007, causa C‑231/05, Oy AA (Racc. pag. I-6373, punto 20); 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑8995, punto 13), e 6 dicembre 2007, causa C‑298/05, Columbus Container Services (Racc. pag. I‑10451, punto 29).


21 – V. paragrafo 51 delle mie conclusioni presentate il 29 marzo 2007 nella causa Columbus Container Services, decisa con la sentenza citata.


22 – V. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 23 febbraio 2006, causa T‑282/02, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione (Racc. pag. II‑319, punto 67). Va rilevato che tale sentenza è stata oggetto di un’impugnazione, su altri punti, decisa con la sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑202/06 P, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione (Racc. pag. I‑12129).


23 – V., in particolare, sentenze 21 settembre 1999, causa C‑307/97, Saint-Gobain ZN (Racc. pag. I‑6161, punto 35); 13 dicembre 2005, causa C‑446/03, Marks & Spencer (Racc. pag. I‑10837, punto 30), e 12 dicembre 2006, causa C‑374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (Racc. pag. I‑11673, punto 42).


24 – V., in tal senso, sentenza 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia (Racc. pag. 273, punto 18), nonché citate sentenze Marks & Spencer (punto 37); Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (punto 43), e Oy AA (punto 30).


25 – V. sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 43), e Oy AA, cit. (punto 30).


26 – V., in tal senso, sentenze 29 aprile 1999, causa C‑311/97, Royal Bank of Scotland (Racc. pag. I‑2651, punto 26) e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 46).


27 – Ricordo che, secondo una giurisprudenza costante, una discriminazione consiste sia nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe che nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse. V. citate sentenze Royal Bank of Scotland (punto 26) e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (punto 46).


28 – Sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 53).


29 – Ibidem (punto 57).


30 – Ibidem (punto 58).


31 – Ibidem (punto 59) (il corsivo è mio).


32 – Ibidem (punto 70). V. anche sentenza Amurta, cit. (punto 39).


33 – Punti 15, 69 e 70.


34 – V., in particolare, sentenze 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen (Racc. pag. I‑4071, punto 59), e Marks & Spencer, cit. (punto 44).


35 – V., in tal senso, sentenza Amurta, cit. (punti 58 e 59).


36 – V., in tal senso, sentenza Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation, cit. (punto 50).


37 – V., in particolare, sentenza 12 maggio 1998, causa C‑336/96, Gilly (Racc. pag. I‑2793, punti 24 e 30), e citate sentenze Saint‑Gobain ZN (punto 57) e Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (punto 52).


38 – V., a tale riguardo, sentenza 14 novembre 2006, causa C‑513/04, Kerckhaert e Morres (Racc. pag. I‑10967, punti 22‑24), a proposito dell’applicabilità della libera circolazione dei capitali, in cui la Corte ha dichiarato che l’art. 73 B, n. 1, del Trattato non osta alla normativa di uno Stato membro che, nell’ambito dell’imposta sul reddito, assoggetta alla stessa aliquota d’imposta uniforme i dividendi di azioni di società stabilite sul territorio del detto Stato e i dividendi di azioni di società stabilite in un altro Stato membro, senza prevedere la possibilità di imputare l’imposta prelevata mediante ritenuta alla fonte in quest’altro Stato membro.