Language of document : ECLI:EU:C:2016:973

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

21 dicembre 2016 (*)

«Impugnazione – Relazioni esterne – Accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco relativo a misure di liberalizzazione in materia di agricoltura e di pesca – Decisione che approva la conclusione di un accordo internazionale – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Legittimazione ad agire – Applicazione territoriale dell’accordo – Interpretazione dell’accordo – Principio di autodeterminazione – Principio dell’effetto relativo dei trattati»

Nel procedimento C‑104/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 19 febbraio 2016,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da H. Legal, A. de Elera-San Miguel Hurtado e A. Westerhof Löfflerová, in qualità di agenti,

ricorrente,

sostenuto da:

Regno del Belgio, rappresentato da C. Pochet e J.-C. Halleux, in qualità di agenti;

Repubblica federale di Germania, rappresentata da T. Henze, in qualità di agente;

Regno di Spagna, rappresentato da M. Sampol Pucurull e S. Centeno Huerta, in qualità di agenti;

Repubblica francese, rappresentata da F. Alabrune, G. de Bergues, D. Colas, F. Fize e B. Fodda, in qualità di agenti;

Repubblica portoghese, rappresentata da L. Inez Fernandes e M. Figueiredo, in qualità di agenti;

Confédération marocaine de l’agriculture e du développement rural (Comader), rappresentata da J.-F. Bellis, M. Struys, A. Bailleux, L. Eskenazi e R. Hicheri, avocats,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Front populaire pour la libération de la saguia-el-hamra et du rio de oro (Front Polisario), rappresentato da G. Devers, avocat,

ricorrente in primo grado,

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, E. Paasivirta e B. Eggers, in qualità di agenti,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič e J.L. da Cruz Vilaça, presidenti di sezione, J. Malenovský (relatore), E. Levits, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, C. Toader, C.G. Fernlund, C. Vajda, S. Rodin, F. Biltgen e K. Jürimäe, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 luglio 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 dicembre 2015, Front Polisario/Consiglio (T‑512/12; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:953), con la quale quest’ultimo ha accolto il ricorso del Front populaire pour la libération de la saguia-el-hamra et du rio de oro (Front Polisario) diretto all’annullamento parziale della decisione 2012/497/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2012, relativa alla conclusione dell’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca, alla sostituzione dei protocolli nn. 1, 2 e 3 e dei relativi allegati e a modifiche dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (GU 2012, L 241, pag. 2; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Carta delle Nazioni Unite

2        L’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945, enuncia quanto segue:

«I fini delle Nazioni unite sono:

(…)

2.      Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto del principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale;

(…)».

3        Il capitolo XI della Carta delle Nazioni Unite, intitolato «Dichiarazione concernente i territori non autonomi», comprende il suo articolo 73, che prevede quanto segue:

«I Membri delle Nazioni Unite, i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia, riconoscono il principio che gli interessi degli abitanti di tali territori sono preminenti, ed accettano come sacra missione l’obbligo di promuovere al massimo, nell’ambito del sistema di pace e di sicurezza internazionale istituito dalla presente Carta, il benessere degli abitanti di tali territori (…).

(…)».

 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati

4        Ai sensi dell’ultimo comma del preambolo della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, conclusa a Vienna il 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), le parti di tale convenzione «afferma[n]o che le regole del diritto internazionale consuetudinario continueranno a regolare le questioni non disciplinate dalle disposizioni [di detta] [c]onvenzione».

5        L’articolo 3 di tale convenzione, intitolato «Accordi internazionali che non rientrano nell’ambito della presente convenzione», enuncia quanto segue:

«Il fatto che la presente [c]onvenzione non si applichi né ad accordi internazionali conclusi fra Stati ed altri soggetti di diritto internazionale o fra questi altri soggetti di diritto internazionale, né ad accordi internazionali che non sono stati conclusi per iscritto, non pregiudica:

(…)

b)      l’applicazione a questi accordi di qualsivoglia regola posta dalla presente convenzione e alla quale essi fossero sottoposti in virtù del diritto internazionale indipendentemente dalla detta convenzione;

(…)».

6        A termini dell’articolo 26 della medesima convenzione, rubricato «Pacta sunt servanda»:

«Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere da esse eseguito in buona fede».

7        L’articolo 29 della medesima convenzione, intitolato «Applicazione territoriale dei trattati», stabilisce quanto segue:

«A meno che un’intenzione diversa non si ricavi dal trattato o non risulti per altra via, un trattato vincola ciascuna delle parti rispetto all’intero suo territorio».

8        L’articolo 30 della convenzione di Vienna, intitolato «Applicazione di trattati successivi aventi per oggetto la stessa materia», prevede, al suo paragrafo 2:

«Quando un trattato specifica che esso è subordinato a un trattato anteriore o posteriore o che non deve essere considerato come incompatibile con questo altro trattato, le disposizioni di quest’ultimo prevalgono».

9        Ai sensi dell’articolo 31 della stessa convenzione, intitolato «Regola generale di interpretazione»:

«1.      Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo.

2.      Ai fini dell’interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:

a)      ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato;

b)      ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato e accettato dalle parti come strumento in connessione col trattato.

3.      Si terrà conto, oltre che del contesto:

a)      di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del trattato o dell’applicazione delle sue disposizioni;

b)      di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione del trattato attraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo;

c)      di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti.

4.      Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l’intenzione delle parti».

10      Il successivo articolo 34, rubricato «Regola generale riguardante gli Stati terzi» così dispone:

«Un trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il suo consenso».

 Diritto dell’Unione

 Accordo di associazione

11      L’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, è stato firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 (GU 2000, L 70, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione») e approvato a nome di tali Comunità con la decisione 2000/204/CE, CECA del Consiglio e della Commissione, del 24 gennaio 2000 (GU 2000, L 70, pag. 1). Conformemente al suo articolo 96, esso è entrato in vigore il 1o marzo 2000, come risulta dall’informazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 2000, L 70, pag. 228).

12      L’articolo 1, paragrafo 1, dell’accordo di associazione così recita:

«È istituita un’associazione tra la Comunità e i suoi Stati membri, da una parte, e il Marocco, dall’altra».

13      Il titolo II di tale accordo, intitolato «Libera circolazione delle merci», comprende gli articoli da 6 a 30 dello stesso.

14      L’articolo 16 di detto accordo così recita:

«La Comunità e il Marocco attuano progressivamente una maggiore liberalizzazione nei reciproci scambi di prodotti agricoli e di prodotti della pesca».

15      L’articolo 17, paragrafo 1, del medesimo accordo stipulava, nella sua versione iniziale:

«I prodotti agricoli e i prodotti della pesca originari del Marocco beneficiano all’importazione nella Comunità delle disposizioni di cui rispettivamente ai protocolli n. 1 e n. 2».

16      Il titolo VIII dell’accordo di associazione, intitolato «Disposizioni istituzionali, generali e finali», comprende in particolare il suo articolo 94, ai sensi del quale:

«Il presente accordo si applica ai territori in cui si applicano i trattati che istituiscono la Comunità europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, alle condizioni in essi indicate, da una parte, e al territorio del Regno del Marocco, dall’altra».

 Accordo di liberalizzazione

17      L’accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e il Regno del Marocco in merito a misure di liberalizzazione reciproche per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca, alla sostituzione dei protocolli nn. 1, 2 e 3 e dei relativi allegati e a modifiche dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, è stato firmato a Bruxelles il 13 dicembre 2010 (GU 2012, L 241, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo di liberalizzazione»), prima di essere approvato a nome dell’Unione tramite la decisione controversa. Conformemente al suo tenore letterale, l’accordo è entrato in vigore il 1o ottobre 2012, come risulta dall’avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2012, L 255, pag. 1).

18      Come risulta dall’accordo di liberalizzazione e dai punti da 1 a 3 della decisione controversa, lo stesso ha per scopo l’attuazione della progressiva liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli e della pesca prevista all’articolo 16 dell’accordo di associazione, modificando talune pattuizioni di quest’ultimo accordo nonché taluni protocolli che l’accompagnano.

19      A tale titolo, l’accordo di liberalizzazione ha, in particolare, modificato l’articolo 17, paragrafo 1, dell’accordo di associazione, che ora stabilisce quanto segue:

«Ai prodotti agricoli, ai prodotti agricoli trasformati, al pesce e ai prodotti della pesca originari del Marocco elencati nel protocollo n. 1 si applicano, all’importazione nell’Unione europea, le disposizioni contenute nel suddetto protocollo.

(…)».

20      L’accordo di liberalizzazione ha parimenti modificato il protocollo n. 1 dell’accordo di associazione, che prevede, ora, in sostanza, che i dazi doganali ad valorem e i dazi doganali specifici applicabili ai prodotti agricoli, ai prodotti agricoli trasformati, ai pesci e ai prodotti della pesca originari del Marocco e rientranti in tali due accordi siano eliminati o ridotti a livelli determinati.

 Fatti

21      Il Front Polisario è, secondo l’articolo 1 del suo statuto, «un movimento di liberazione nazionale, frutto della lunga resistenza saharawi contro le varie forme di occupazione straniera», costituito il 10 maggio 1973.

22      Il contesto storico e internazionale della sua creazione e la successiva evoluzione della situazione del Sahara occidentale, quali emergono, essenzialmente, dai punti da 1 a 16 della sentenza impugnata, possono essere così riassunti.

23      Il Sahara occidentale è un territorio dell’Africa nord-occidentale, che è stato colonizzato dal Regno di Spagna alla fin del XIX secolo prima di divenire una provincia spagnola ed essere poi inserito dall’Organizzazione delle Nazioni unite (ONU), nel 1963, nell’elenco dei territori non autonomi ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, ove compare a tutt’oggi.

24      Il 14 dicembre 1960, l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 1514 (XV), intitolata «Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi ed ai popoli coloniali» [in prosieguo: la «risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea generale dell’ONU»], che enuncia, in particolare, che «[t]utti i popoli hanno il diritto di libera determinazione[,] in base [al quale] essi determinano liberamente il proprio status politico», che «[n]ei territori di amministrazione fiduciaria, nei territori non autonomi e in tutti gli altri territori non ancora acceduti all’indipendenza, saranno adottate misure immediate per trasferire tutti i poteri alle popolazioni dei territori stessi, senza condizione o riserva alcuna, in conformità alla loro volontà e ai loro voti liberamente espressi», e che «[t]utti gli Stati sono tenuti a osservare fedelmente e strettamente le disposizioni della Carta delle Nazioni Unite (…) sulla base (…) del rispetto dei diritti sovrani e dell’integrità territoriale di tutti i popoli».

25      Il 20 dicembre 1966 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 2229 (XXI) sulla questione dell’Ifni e del Sahara spagnolo, nella quale essa ha «[r]ibadi[to] il diritto inalienabile de[l] popol[o] (…) del Sahara spagnolo all’autodeterminazione» e ha chiesto al Regno di Spagna, nella sua veste di potenza amministratrice, di definire quanto prima «le modalità dell’organizzazione di un referendum da svolgersi sotto l’egida dell’[ONU] per consentire alla popolazione autoctona del territorio di esercitare liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione».

26      Il 24 ottobre 1970 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 2625 (XXV), intitolata «Dichiarazione relativa ai principi del diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle Nazioni Unite», con la quale ha approvato tale dichiarazione, il cui testo è allegato alla suddetta risoluzione. Detta dichiarazione enuncia, in particolare, che «[o]gni Stato ha il dovere di rispettare [il diritto dei popoli all’autodeterminazione] in conformità con le disposizioni della Carta» e che «[i]l territorio di una colonia o di un altro territorio non autonomo ha, in virtù della Carta, uno status separato e distinto da quello dello Stato che l’amministra; questo status separato e distinto in virtù della Carta sussiste fintanto che il popolo della colonia o del territorio non autonomo non eserciti il suo diritto all’autodeterminazione conformemente alla Carta e, più in particolare, ai suoi scopi e principi».

27      Il 20 agosto 1974 il Regno di Spagna ha informato l’ONU del proprio intento di organizzare, sotto l’egida di tale organizzazione, un referendum nel Sahara occidentale.

28      Il 16 ottobre 1975 la Corte internazionale di giustizia, nella sua qualità di organismo giurisdizionale principale dell’ONU e a seguito di una domanda presentata dall’Assemblea generale dell’ONU nell’ambito dei suoi lavori relativi alla decolonizzazione del Sahara occidentale, ha rilasciato un parere consultivo (Sahara occidentale, parere consultivo, CIJ Recueil 1975, pag. 12; in prosieguo: il «parere consultivo sul Sahara occidentale»), al punto 162 del quale essa ha concluso quanto segue:

«Gli elementi e le informazioni a conoscenza della Corte mostrano l’esistenza, al momento della colonizzazione spagnola, di vincoli giuridici fra il Sultano del Marocco e alcune tribù che vivevano nel territorio del Sahara occidentale. Essi mostrano parimenti l’esistenza di diritti, inclusi taluni diritti relativi alla terra, che costituivano vincoli giuridici fra l’insieme mauritano, nel senso inteso dalla Corte, e il territorio del Sahara occidentale. Per contro, la Corte conclude che gli elementi e le informazioni a sua conoscenza non dimostrano l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale tra il Sahara occidentale, da un lato, e il Regno del Marocco o l’insieme mauritano, dall’altro. La Corte non ha pertanto rilevato l’esistenza di vincoli giuridici tali da modificare l’applicazione della risoluzione 1514 (XV) [dell’Assemblea generale dell’ONU] con riferimento alla decolonizzazione del Sahara occidentale e, in particolare, all’applicazione del principio di autodeterminazione mediante la libera e autentica espressione della volontà delle popolazioni del territorio (…)».

29      Al termine della sua analisi, la Corte internazionale di giustizia ha risposto come segue, in tale parere consultivo, alle domande che le erano state poste dall’Assemblea generale dell’ONU:

«La Corte è del parere,

(…)

che il Sahara occidentale (Rio de Oro e Sakiet el Hamra) non era un territorio di nessuno (terra nullius) al momento della colonizzazione da parte della Spagna.

(…)

che il territorio aveva, con il Regno del Marocco, taluni vincoli giuridici aventi i caratteri indicati al paragrafo 162 del presente parere;

(…)».

30      In un discorso pronunciato il giorno stesso della pubblicazione di detto parere consultivo, il re del Marocco ha ritenuto che «tutti a[vessero] riconosciuto che il Sahara [occidentale] era [in] possesso» del Regno del Marocco e che ad esso «incomb[eva] recuperare pacificamente tale territorio», facendo appello, a tal fine, all’organizzazione di una marcia a cui hanno partecipato 350 000 persone.

31      Il 6 novembre 1975 il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato la risoluzione 380 (1975) sul Sahara occidentale, nella quale esso ha «[d]eplora[to] lo svolgimento della marcia» annunciata e «[chiesto] al [Regno del] Marocco l’immediato ritiro dal territorio del Sahara occidentale di tutti i partecipanti a [tale] marcia».

32      Il 26 febbraio 1976 il Regno di Spagna ha informato il Segretario generale dell’ONU che, a partire da tale data, esso poneva fine alla propria presenza nel Sahara occidentale e che si riteneva svincolato da qualsiasi responsabilità di carattere internazionale relativa all’amministrazione di tale territorio.

33      Nel frattempo, era esploso un conflitto armato tra il Regno del Marocco, la Repubblica islamica di Mauritania e il Front Polisario.

34      Il 10 agosto 1979 la Repubblica islamica di Mauritania ha concluso un accordo di pace con il Front Polisario, in forza del quale ha rinunciato a qualsiasi rivendicazione territoriale sul Sahara occidentale.

35      Il 21 novembre 1979 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 34/37 sulla questione del Sahara occidentale, nella quale essa ha «[r]iafferma[to] il diritto inalienabile del popolo del Sahara occidentale all’autodeterminazione e all’indipendenza, conformemente alla Carta dell’[ONU] (…) e agli obiettivi della [sua] risoluzione 1514 (XV)», «[d]eplor[ato] vivamente l’aggravarsi della situazione derivante dalla persistenza dell’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco», «esorta[to] il Marocco ad impegnarsi a sua volta nel processo di pace e a porre fine all’occupazione del territorio del Sahara occidentale» e «[r]accomand[ato] a tal fine che il [Front Polisario], rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecip[asse] pienamente ad ogni ricerca di una soluzione politica equa, duratura e definitiva della questione del Sahara occidentale, conformemente alle risoluzioni e dichiarazioni dell’[ONU]».

36      Il conflitto tra il Regno del Marocco e il Front Polisario è proseguito fino a che, il 30 agosto 1988, entrambe le parti hanno in via di principio accettato talune proposte di accordo formulate, segnatamente, dal Segretario generale dell’ONU, che prevedevano, in particolare, la proclamazione di un cessate il fuoco, nonché l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione sotto il controllo dell’ONU.

37      Ad oggi, tale referendum non ha ancora avuto luogo e il Regno del Marocco controlla la maggior parte del territorio del Sahara occidentale, che un muro di sabbia costruito e sorvegliato dal suo esercito separa dal resto di tale territorio, controllato dal Front Polisario.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

38      Con un atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2012, il Front Polisario ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

39      A sostegno del suo ricorso, il Front Polisario ha dedotto undici motivi.

40      A sua difesa, il Consiglio ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato nonché la condanna alle spese del Front Polisario.

41      Con ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 6 novembre 2013 la Commissione europea è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

42      Nella sentenza impugnata, il Tribunale, in primo luogo, ha esaminato gli argomenti del Consiglio e della Commissione secondo i quali il ricorso era irricevibile per il motivo che, da un lato, il Front Polisario non aveva dimostrato l’esistenza di personalità giuridica e di capacità di agire in giudizio e, dall’altro, la decisione controversa non lo riguardava né direttamente né individualmente. Esso ha respinto tali due eccezioni di irricevibilità, rispettivamente, ai punti da 34 a 60 e da 61 a 114 della sentenza impugnata.

43      Per quanto riguarda la legittimazione ad agire del Front Polisario, il Tribunale ha ricordato, ai punti da 73 a 103 della sentenza impugnata, che la decisione controversa era diretta ad approvare la conclusione dell’accordo di liberalizzazione, prima di considerare che tale accordo «si applica[va] altresì» al Sahara occidentale. Successivamente, «alla luce di tale conclusione», come esposto al punto 104 di tale sentenza, esso ha rispettivamente dichiarato, ai punti da 105 a 110 e da 111 a 114 di detta sentenza, che il Front Polisario doveva essere considerato sia direttamente che individualmente interessato da detta decisione.

44      In secondo luogo, il Tribunale ha intrapreso l’esame degli undici motivi di annullamento dedotti dal Front Polisario a sostegno delle proprie conclusioni esponendo quanto segue, ai punti 116 e 117 della sentenza impugnata:

«116      Deve rilevarsi, in limine, che dagli argomenti dedotti dal [Front] Polisario a sostegno di tutti i propri motivi emerge che il suo ricorso mira all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui essa ha approvato l’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo cui essa si riferisce. Infatti, come emerge dalle considerazioni sopra esposte in merito all’incidenza diretta e individuale della decisione [controversa] sul [Front] Polisario, è proprio in quanto tale accordo trova applicazione altresì al Sahara occidentale che il [Front] Polisario risulta direttamente e individualmente interessato dalla decisione [controversa].

117      Va rilevato inoltre che il [Front] Polisario deduce vari motivi, tra i quali i primi due vertono sulla legittimità esterna della decisione [controversa], mentre tutti gli altri vertono sulla legittimità interna. In sostanza, il ricorrente lamenta un’illegittimità della decisione impugnata in quanto essa violerebbe il diritto dell’Unione nonché il diritto internazionale. Tutti i motivi di ricorso sollevano in realtà la questione dell’esistenza o meno di un divieto assoluto di stipulare, a nome dell’Unione, un accordo internazionale che possa applicarsi a un territorio di fatto controllato da uno Stato terzo, senza tuttavia che la sovranità di tale Stato sul territorio in questione sia riconosciuta dall’Unione e dai suoi Stati membri o, più in generale, da tutti gli altri Stati (in prosieguo: un «territorio conteso»), nonché, eventualmente, la questione dell’esistenza di un potere discrezionale delle istituzioni dell’Unione a tal proposito, dei limiti di tale potere e delle sue condizioni di esercizio».

45      Il Tribunale ha poi esaminato e respinto ognuno di tali motivi, ritenendo segnatamente che nessuno di essi consentisse di stabilire l’esistenza di un divieto assoluto per l’Unione di stipulare con uno Stato terzo un accordo che possa applicarsi a un «territorio conteso».

46      In tale contesto, il Tribunale si è, tuttavia, riservato di esaminare una serie di argomenti relativi, a suo avviso, alla questione subordinata delle condizioni alle quali le istituzioni dell’Unione possono approvare la conclusione di un siffatto accordo.

47      Infine, il Tribunale ha proceduto all’analisi di tale questione ai punti da 223 a 247 della sentenza impugnata. A tal riguardo, esso ha statuito, in sostanza, che il Consiglio, pur beneficiando di un ampio potere discrezionale nell’ambito della conduzione delle relazioni esterne dell’Unione, ha l’obbligo, quando intende approvare un accordo applicabile a un «territorio conteso» quale il Sahara occidentale e inteso a favorire l’esportazione verso l’Unione di prodotti originari di tale territorio, di esaminare in via preliminare tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e di assicurarsi, in particolare, che lo sfruttamento di tali prodotti non avvenga a danno della popolazione di detto territorio e non implichi la violazione dei diritti fondamentali delle persone interessate. Il Tribunale ha ritenuto che, nella specie, il Consiglio fosse venuto meno a tale obbligo.

48      Tali considerazioni hanno indotto il Tribunale a concludere, al punto 247 della sentenza impugnata, che il «Consiglio e[ra] venuto meno al proprio obbligo di esaminare tutti gli elementi della fattispecie preliminarmente all’adozione della decisione [controversa]» e, di conseguenza, ad annullare quest’ultima «nella parte in cui approva l’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo [di liberalizzazione]».

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

49      Con atto separato presentato presso la cancelleria della Corte al momento del deposito della sua impugnazione, il Consiglio ha chiesto di sottoporre la causa al procedimento accelerato previsto agli articoli da 133 a 136 del regolamento di procedura della Corte.

50      Con ordinanza del 7 aprile 2016 il presidente della Corte ha accolto tale istanza.

51      Con decisioni del 2, 13, 18 e 24 maggio 2016, il presidente della Corte ha ammesso rispettivamente il Regno di Spagna, la Repubblica portoghese, la Repubblica francese, la Repubblica federale di Germania e il Regno del Belgio ad intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Tuttavia, la Repubblica federale di Germania non ha successivamente partecipato ad alcuna fase del procedimento, mentre il Regno del Belgio non ha partecipato alla fase orale dello stesso.

52      Con ordinanza del 9 giugno 2016, il presidente della Corte ha ammesso la Confédération marocaine de l’agriculture e du développement rural (Comader) ad intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

53      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        statuire sulla causa, respingendo il ricorso, e

–        condannare il Front Polisario alle spese sostenute dal Consiglio in primo grado e nell’ambito del giudizio di impugnazione.

54      Il Front Polisario chiede che la Corte voglia:

–        in via principale, respingere l’impugnazione in quanto irricevibile;

–        in subordine, respingere l’impugnazione in quanto infondata;

–        in ulteriore subordine, nel caso in cui la Corte dovesse accogliere le conclusioni del Consiglio dirette all’annullamento della sentenza impugnata, statuire definitivamente sulla causa annullando la decisione controversa sulla base dei motivi respinti in primo grado, e

–        condannare il Consiglio alle spese sostenute dal Front Polisario in primo grado e nell’ambito dell’impugnazione.

55      La Commissione chiede alla Corte di accogliere l’impugnazione.

56      Il Regno del Belgio, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica portoghese e la Comader chiedono altresì alla Corte di accogliere l’impugnazione.

 Sulle domande di riapertura della fase orale del procedimento

57      Conformemente all’articolo 82, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la fase orale del procedimento è stata chiusa dopo la presentazione delle conclusioni dell’avvocato generale, il 13 settembre 2016.

58      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 15 settembre 2016, il Consiglio ha indicato alla Corte che tali conclusioni concernevano a suo avviso una questione di diritto che non era stata né sollevata nella sua impugnazione, né evocata altrove, ossia quella dell’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al Sahara occidentale. Esso ha altresì suggerito alla Corte di disporre la riapertura della fase orale del procedimento nell’ipotesi in cui la causa dovesse essere decisa sulla base di tale questione.

59      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 22 settembre 2016, la Comader ha presentato una domanda di riapertura della fase orale del procedimento fondata su motivi analoghi a quelli dedotti dal Consiglio.

60      A tale riguardo, dall’articolo 252, secondo comma, TFUE risulta che l’avvocato generale ha l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che richiedono il suo intervento, fermo restando che la Corte non è vincolata né da tali conclusioni né dalla loro motivazione (v. sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 57, nonché del 6 ottobre 2015, Commissione/Andersen, C‑303/13 P, EU:C:2015:647, punto 33).

61      Di conseguenza, il disaccordo di una parte con dette conclusioni, qualunque siano le questioni ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (v. sentenze del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 62, nonché del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 26).

62      Ciò premesso, l’articolo 83 del regolamento di procedura consente alla Corte, sentito l’avvocato generale, di disporre in qualsiasi momento la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti.

63      Nella specie, occorre tuttavia constatare che gli argomenti in diritto ai quali si riferiscono il Consiglio e la Comader sono stati sollevati dalla Commissione nel suo controricorso, a sostegno del motivo con il quale il Consiglio e la Commissione contestano l’analisi della legittimazione ad agire del Front Polisario svolta dal Tribunale.

64      Inoltre, tali argomenti in diritto sono stati evocati in udienza e ampiamente discussi da ciascuna delle parti.

65      In tali circostanze, la Corte, sentito l’avvocato generale, dichiara che non si deve ordinare la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sull’impugnazione

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

66      Il Front Polisario eccepisce l’irricevibilità dell’impugnazione, facendo valere, in sostanza, che l’Unione non dispone della competenza richiesta per concludere un accordo internazionale giuridicamente applicabile al Sahara occidentale e che una rimessa in discussione della sentenza impugnata, che si limita ad annullare la decisione controversa «nella parte in cui approva l’applicazione [dell’]accordo [di liberalizzazione] al Sahara occidentale», non presenta quindi alcun interesse per il Consiglio.

67      Il Consiglio e la Commissione contestano la fondatezza di tale eccezione di irricevibilità affermando, in via principale, che un’istituzione dell’Unione quale il Consiglio può proporre un’impugnazione senza dover dimostrare un interesse ad agire. In subordine, essi sostengono che tale condizione è, comunque, soddisfatta nella specie poiché il Consiglio ha interesse ad ottenere l’annullamento della sentenza impugnata, nei limiti in cui, con quest’ultima, il Tribunale ha parzialmente annullato la decisione controversa.

 Giudizio della Corte

68      A norma dell’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione dinanzi alla Corte può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni dinanzi al Tribunale.

69      Inoltre, dall’articolo 56, terzo comma, del medesimo Statuto discende che per poter proporre un’impugnazione contro una sentenza del Tribunale, in una controversia diversa da quelle tra l’Unione e i suoi agenti, gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione non devono provare alcun interesse ad agire (v. sentenze del 22 febbraio 2005, Commissione/max.mobil, C‑141/02 P, EU:C:2005:98, punto 48, e del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 45).

70      Nella specie, ne consegue che il Consiglio, che è risultato soccombente nelle sue conclusioni dinanzi al Tribunale, non deve fornire la prova di alcun interesse ad agire per poter proporre la presente impugnazione.

71      Pertanto, l’eccezione di irricevibilità presentata dal Front Polisario nei confronti di tale impugnazione deve essere respinta.

 Nel merito

72      A sostegno della propria impugnazione, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, deduce sei motivi, dei quali il primo e il secondo vertono sull’errore di diritto commesso dal Tribunale, rispettivamente, nell’analisi della capacità di agire e della legittimazione ad agire del Front Polisario. Il terzo motivo verte sul fatto che il Tribunale ha travisato la portata del suo sindacato giurisdizionale sul potere discrezionale del Consiglio nell’ambito delle relazioni economiche esterne dell’Unione nonché le condizioni per l’esercizio di tale potere discrezionale. Il quarto motivo riguarda l’inosservanza del principio del ne ultra petita. Il quinto motivo attiene all’interpretazione e all’applicazione erronee della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nonché di talune norme del diritto internazionale. Infine, il sesto motivo verte sulla violazione dei requisiti applicabili all’annullamento parziale di un atto dell’Unione.

73      Occorre esaminare subito il secondo motivo dell’impugnazione, che mette in discussione l’analisi del Tribunale relativa alla legittimazione ad agire del Front Polisario, e, più nello specifico, nell’ambito di tale motivo, gli argomenti del Consiglio e della Commissione relativi al ragionamento che il Tribunale ha dedicato, ai punti da 73 a 103 della sentenza impugnata, alla questione preliminare di sapere se l’accordo di liberalizzazione si applicasse o meno al Sahara occidentale.

 Sentenza impugnata

74      A tale riguardo, il Tribunale ha innanzitutto esposto, in sostanza, ai punti 72 e 73 della sentenza impugnata, che, tenuto conto degli argomenti addotti dal Front Polisario al fine di dimostrare la sussistenza della sua legittimazione ad agire, l’esame di tale legittimazione richiedeva che si stabilisse previamente se l’accordo di liberalizzazione si applicasse o meno al Sahara occidentale.

75      Inoltre, il Tribunale ha considerato, ai punti da 74 a 88 della sentenza impugnata, che tale questione implicava a sua volta, in considerazione degli argomenti del Consiglio, della Commissione e del Front Polisario a tale proposito, l’interpretazione di detto accordo. Inoltre, esso ha considerato, ai punti da 89 a 94 e 98 della sentenza impugnata, che una siffatta interpretazione doveva essere effettuata conformemente alle regole del diritto internazionale generale di natura consuetudinaria ricordate all’articolo 31 della convenzione di Vienna. Per contro, il Tribunale ha in sostanza dichiarato, ai punti da 95 a 98 della sentenza impugnata, che il principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati, del quale l’articolo 34 della convenzione di Vienna costituisce una specifica espressione, non era rilevante ai fini dell’interpretazione dell’accordo di liberalizzazione, in considerazione delle circostanze proprie del ricorso sul quale era chiamato a statuire, a differenza di quanto aveva dichiarato la Corte nella sentenza del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91).

76      Infine, il Tribunale ha proceduto, ai punti da 99 a 102 della sentenza impugnata, all’interpretazione dell’ambito di applicazione territoriale dell’accordo di liberalizzazione, esponendo quanto segue:

«99      In conformità a[ll’]articolo [31 della convenzione di Vienna], si deve tener conto, segnatamente, del contesto nel quale si inserisce un trattato internazionale quale l’[accordo di liberalizzazione]. Il complesso degli elementi citati ai precedenti punti da 77 a 87 fanno parte di tale contesto e dimostrano che le istituzioni dell’Unione erano coscienti dell’applicazione, ad opera delle autorità marocchine, delle disposizioni dell’[accordo di associazione] anche alla parte del Sahara occidentale controllata dal Regno del Marocco e non vi si sono opposte. Al contrario, la Commissione ha cooperato, entro certi limiti, con le autorità marocchine ai fini di tale applicazione e ne ha riconosciuto i risultati, includendo talune imprese stabilite nel Sahara occidentale tra quelle inserite nell’elenco citato al precedente punto 74.

100      Va altresì rammentato che esiste una divergenza tra le tesi rispettive dell’Unione e del Regno del Marocco in ordine allo status internazionale del Sahara occidentale. Se la tesi dell’Unione risulta sufficientemente e correttamente riassunta dal Consiglio e dalla Commissione (v. punti 74 e 75 supra), è pacifico che il Regno del Marocco ha una concezione totalmente diversa dei fatti. A suo avviso, il Sahara occidentale fa parte integrante del suo territorio.

101      Così, all’articolo 94 dell’[accordo di associazione], il riferimento al territorio del Regno del Marocco poteva essere inteso dalle autorità marocchine come inclusivo del Sahara occidentale o, quanto meno, della sua parte più rilevante controllata dal Regno del Marocco. Benché le istituzioni dell’Unione fossero coscienti, come rilevato, di detta tesi sostenuta dal Regno del Marocco, l’[accordo di associazione] non include alcuna clausola interpretativa né alcun’altra disposizione da cui risulti l’esclusione del territorio del Sahara occidentale dal suo ambito applicativo.

102      Si deve altresì tener conto del fatto che l’[accordo di liberalizzazione] è stato stipulato dodici anni dopo l’approvazione dell’[accordo di associazione] e quando l’accordo stesso era stato attuato nel corso di tutto il periodo indicato. Qualora le istituzioni dell’Unione avessero inteso opporsi all’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo di associazione, come modificato dalla decisione [controversa], avrebbero potuto insistere al fine di inserire, nel testo dell’[accordo di liberalizzazione], una clausola che escludesse una tale applicazione. La loro omissione sul punto specifico dimostra che esse accettano, quanto meno implicitamente, l’interpretazione dell’[accordo di associazione] e dell’[accordo di liberalizzazione], secondo cui tali accordi trovano applicazione altresì alla parte del Sahara occidentale controllata dal Regno del Marocco».

77      Tenuto conto di tale interpretazione, il Tribunale ha considerato, al punto 103 della sentenza impugnata, che l’accordo di liberalizzazione, ricondotto al suo contesto, doveva essere interpretato nel senso che esso «si applica[va] altresì al territorio del Sahara occidentale».

 Argomenti delle parti

78      Il Consiglio addebita al Tribunale di aver presunto, al punto 73 della sentenza impugnata, che, se l’accordo di liberalizzazione si applicava al Sahara occidentale, il Front Polisario poteva automaticamente risultare direttamente e individualmente interessato dalla decisione controversa. Orbene, una siffatta presunzione sarebbe errata in diritto. Come, infatti, il Tribunale stesso avrebbe in precedenza dichiarato nell’ordinanza del 3 luglio 2007, Commune de Champagne e a./Consiglio e Commissione (T‑212/02, EU:T:2007:194, punti da 90 a 94), una decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo internazionale tra l’Unione e uno Stato terzo sarebbe priva di qualsiasi effetto giuridico nel territorio dell’altra parte di tale accordo. Così, la situazione di un siffatto territorio sarebbe disciplinata dalle sole disposizioni adottate da quest’altra parte, nell’esercizio della sua competenza sovrana. Peraltro, gli effetti che tale accordo produce in detto territorio troverebbero la loro unica fonte nella circostanza che, decidendo di ratificare lo stesso accordo, detta altra parte ha dato il consenso ad essere vincolata da quest’ultimo e si è impegnata ad adottare le disposizioni atte a garantire l’esecuzione degli obblighi che ne conseguono. Pertanto, ammettere la ricevibilità di un ricorso di annullamento diretto contro la decisione del Consiglio relativa alla conclusione di un accordo internazionale nei limiti in cui tale ricorso concerne gli effetti di detto accordo internazionale nel territorio dell’altra parte dello stesso condurrebbe il giudice dell’Unione a eccedere la sua competenza pronunciandosi sulla legittimità, alla luce del diritto dell’Unione, dei diritti o degli obblighi derivanti, per uno Stato terzo, da un accordo al quale quest’ultimo ha liberamente e sovranamente acconsentito. Orbene, ciò sarebbe proprio quanto ha fatto il Tribunale nella specie, considerando l’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al Sahara occidentale come una condizione preliminare per la legittimazione ad agire del Front Polisario. Infine, il Consiglio sottolinea che la circostanza che il Sahara occidentale sia un «territorio conteso» in diritto internazionale è ininfluente sul ragionamento operato dal Tribunale in detta ordinanza, che condivide integralmente.

79      Da parte sua, la Commissione sostiene che la circostanza, evocata segnatamente al punto 87 della sentenza impugnata, che l’accordo di liberalizzazione sia applicato «de facto», in taluni casi, al Sahara occidentale, non può essere considerata né come un elemento del contesto né come una prassi successivamente seguita, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettera b), della convenzione di Vienna, che giustifichi un’interpretazione dell’articolo 94 dell’accordo di associazione nel senso che tali due accordi si applicano a detto territorio non autonomo. Inoltre, sebbene non sia stata inserita alcuna clausola che escludesse espressamente il Sahara occidentale dal loro ambito di applicazione, tenuto conto del disaccordo tra l’Unione e il Regno del Marocco riguardo allo status di tale territorio non autonomo, evocato dal Tribunale al punto 100 della sentenza impugnata, tale circostanza non giustificherebbe il fatto di statuire che detti accordi si applicano a tale territorio, alla luce dell’articolo 31, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Vienna, del principio dell’effetto relativo dei trattati codificato all’articolo 34 di tale convenzione e ricordato dalla Corte nella sentenza del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91), del diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, ripetutamente rammentato dall’Unione nelle sue posizioni a tale riguardo, nonché della prassi internazionale pertinente in materia di applicazione territoriale dei trattati.

80      Il Front Polisario risponde osservando che il Tribunale ha esaminato la questione dell’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al Sahara occidentale, non già allo scopo di trarne una qualsivoglia presunzione riguardo alla ricevibilità del ricorso, bensì al fine di determinare il contesto di fatto e di diritto nel quale la sua legittimazione ad agire doveva essere intesa. Il Consiglio e la Commissione avrebbero, infatti, a lungo sostenuto che tale accordo non era applicabile a detto territorio, prima di riconoscere, nella loro risposta ai quesiti scritti posti dal Tribunale e poi nell’udienza dinanzi a tale giudice, che il regime di preferenze tariffarie in esso contenuto era effettivamente applicato, in taluni casi, ai prodotti che ne sono originari. Orbene, tale elemento distinguerebbe fondamentalmente detto accordo dai due accordi comparabili conclusi dal Regno del Marocco con gli Stati Uniti d’America e con l’Associazione europea di libero scambio (EFTA).

 Giudizio della Corte

81      Come risulta dai punti 73, 88 e da 98 a 102 della sentenza impugnata, la conclusione del Tribunale figurante al punto 103 di tale sentenza, secondo cui l’accordo di liberalizzazione «si applica altresì al territorio del Sahara occidentale», si fonda non già su una constatazione di fatto, bensì su un’interpretazione giuridica di tale accordo, effettuata da detto giudice sulla base dell’articolo 31 della convenzione di Vienna.

82      Le posizioni del Consiglio e della Commissione dinanzi alla Corte a tale riguardo convergono in definitiva, nei limiti in cui detta conclusione del Tribunale costituisce il fulcro stesso delle argomentazioni rispettive di queste due istituzioni. La Commissione afferma, infatti, che l’accordo di liberalizzazione non poteva essere interpretato nel senso che era giuridicamente applicabile al territorio del Sahara occidentale. Quanto al Consiglio, esso sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel pronunciarsi sulla legittimità dei diritti o degli obblighi risultanti, per l’altra parte, da detto accordo al quale essa ha liberamente e sovranamente acconsentito. Orbene, l’analisi di tale dedotto errore di diritto implica, comunque, il previo esame della fondatezza della conclusione tratta dal Tribunale, al punto 103 della sentenza impugnata, riguardo all’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al territorio del Sahara occidentale. Infatti, in mancanza, non può essersi verificata alcuna incidenza sugli eventuali diritti e obblighi dell’altra parte di tale accordo, per quanto riguarda detto territorio.

83      Occorre, quindi, verificare la fondatezza del ragionamento tramite il quale il Tribunale, dopo aver descritto il contesto nel quale l’accordo di liberalizzazione era stato concluso, ai punti 99 e 100 della sentenza impugnata, ha successivamente determinato l’ambito di applicazione di tale accordo alla luce delle disposizioni dell’accordo di associazione, al punto 101 di tale sentenza, ha poi esaminato l’accordo di liberalizzazione stesso, al punto 102 di detta sentenza, prima di trarne la conclusione espressa al punto 103 della medesima sentenza.

84      A tale proposito, per quanto riguarda, in primo luogo, il punto 101 della sentenza impugnata, occorre constatare che il Tribunale ha interpretato l’ambito di applicazione territoriale dell’accordo di liberalizzazione alla luce dell’articolo 94 dell’accordo di associazione, ai sensi del quale lo stesso si applica «al territorio del Regno del Marocco». Più specificamente, il Tribunale ha esposto che il riferimento al Regno del Marocco figurante a tale articolo poteva essere inteso dalle autorità di detto Stato come ad includere il Sahara occidentale e che, sebbene il Consiglio e la Commissione siano stati consapevoli di una siffatta posizione, l’accordo di associazione non includeva alcuna clausola interpretativa ne alcun’altra disposizione avente come conseguenza l’esclusione di tale territorio dal suo ambito di applicazione.

85      In tal modo, il Tribunale ha dichiarato che, tenuto conto, anzitutto, della posizione del Regno del Marocco secondo la quale il Sahara occidentale era parte integrante del suo territorio, poi, del fatto che il Consiglio e la Commissione erano a conoscenza di tale posizione al momento della conclusione dell’accordo di associazione e, infine, dell’assenza di pattuizioni che escludevano il Sahara occidentale dall’ambito di applicazione territoriale di tale accordo, si doveva ritenere che le parti dell’accordo di associazione fossero tacitamente concordi nell’interpretare i termini «territorio del Regno del Marocco» di cui all’articolo 94 dello stesso nel senso che tale articolo includeva altresì detto territorio.

86      Orbene, occorre rilevare che, per poter trarre conseguenze giuridiche corrette dall’assenza di pattuizioni che escludano il Sahara occidentale dall’ambito di applicazione territoriale dell’accordo di associazione, nel contesto dell’interpretazione di tale accordo, il Tribunale era tenuto a rispettare non soltanto le regole d’interpretazione in buona fede enunciate all’articolo 31, paragrafo 1, della convenzione di Vienna, ma altresì quella prevista al paragrafo 3, lettera c), di tale articolo, ai sensi della quale l’interpretazione di un trattato deve essere effettuata tenendo conto di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti di tale trattato (sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 43; v. anche, in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 291 e giurisprudenza ivi citata).

87      Sebbene la portata delle diverse regole pertinenti di diritto internazionale applicabili nella specie, ossia il principio di autodeterminazione, la regola codificata all’articolo 29 della convenzione di Vienna nonché il principio dell’effetto relativo dei trattati, coincida parzialmente, ciascuna di tali regole possiede la sua autonomia, in modo tale che esse devono essere tutte esaminate in successione.

88      A tale riguardo, occorre rilevare, innanzitutto, che il principio consuetudinario di autodeterminazione ricordato, in particolare, all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite è, come enunciato dalla Corte internazionale di giustizia ai punti da 54 a 56 del suo parere consultivo sul Sahara occidentale, un principio di diritto internazionale applicabile a tutti i territori non autonomi e a tutti i popoli non ancora acceduti all’indipendenza. Esso costituisce, inoltre, un diritto opponibile erga omnes nonché uno dei principi essenziali del diritto internazionale (Timor est, [Portogallo c. Australia], sentenza, CIJ Recueil 1995, pag. 90, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

89      A tale titolo, detto principio fa parte delle norme di diritto internazionale applicabili nelle relazioni tra l’Unione e il Regno del Marocco, di cui si imponeva al Tribunale la presa in considerazione.

90      Conformemente a detto principio, come precisato dalla risoluzione 2625 (XXV) dell’Assemblea generale dell’ONU, menzionata al punto 26 della presente sentenza, «[i]l territorio di una colonia o di un altro territorio non autonomo ha, in virtù della [Carta delle Nazioni Unite], uno status separato e distinto».

91      Più in particolare, l’Assemblea generale dell’ONU, nelle sue diverse risoluzioni dedicate al Sahara occidentale, ha ripetutamente espresso la sua preoccupazione di «consentire alla popolazione autoctona del territorio di esercitare liberamente il proprio diritto all’autodeterminazione», come rilevato dalla Corte internazionale di giustizia ai punti 62, 64 e 68 del suo parere consultivo sul Sahara occidentale.

92      In considerazione dello status separato e distinto riconosciuto al territorio del Sahara occidentale, in forza del principio di autodeterminazione, rispetto a quello di qualsiasi Stato, compreso il Regno del Marocco, i termini «territorio del Regno del Marocco» figuranti all’articolo 94 dell’accordo di associazione non possono, come sostenuto dalla Commissione e come in sostanza rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 71 e 75 delle sue conclusioni, essere interpretati in modo da includere il Sahara occidentale nell’ambito di applicazione territoriale di detto accordo.

93      Nella specie, sebbene il Tribunale abbia constatato, al punto 3 della sentenza impugnata, che il Sahara occidentale figurava dal 1963 nell’elenco dei territori non autonomi ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, tale giudice non ha tuttavia tratto le conseguenze dallo status di cui dispone così il Sahara occidentale, in forza del diritto internazionale, riguardo all’inapplicabilità dell’accordo di associazione a tale territorio.

94      Inoltre, si deve rilevare che la norma consuetudinaria codificata all’articolo 29 della convenzione di Vienna prevede che, a meno che un’intenzione diversa non si ricavi dal trattato o non risulti per altra via, un trattato vincola ciascuna delle parti rispetto all’intero «suo territorio».

95      Dalla suddetta regola, collocata nella prospettiva dell’interpretazione dell’articolo 94 dell’accordo di associazione, risulta quindi che un trattato vincola, di norma, uno Stato, seguendo il senso ordinario da attribuire al termine «territorio», combinato con l’aggettivo possessivo «suo» che lo precede, rispetto allo spazio geografico sul quale tale Stato esercita la pienezza delle competenze riconosciute alle entità sovrane dal diritto internazionale, ad esclusione di ogni altro territorio, come un territorio che può trovarsi sotto la sola giurisdizione o sotto la sola responsabilità internazionale di detto Stato.

96      A tale riguardo, e come fatto valere a giusto titolo dalla Commissione, dalla prassi internazionale risulta che, quando un trattato è applicabile non soltanto al territorio di uno Stato, ma altresì al di là di questo, detto trattato lo prevede espressamente tale applicabilità, a prescindere che il territorio si trovi «sotto [l]a giurisdizione» di tale Stato, come enunciato ad esempio all’articolo 2, paragrafo 1, della convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, adottata a New York il 10 dicembre 1984, oppure che si tratti di un territorio «di cui [detto Stato] cura le relazioni internazionali», come stabilito ad esempio dall’articolo 56, paragrafo 1, della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

97      Così, anche la norma consuetudinaria codificata all’articolo 29 della convenzione di Vienna ostava a priori a che il Sahara occidentale fosse considerato come rientrante nell’ambito di applicazione territoriale dell’accordo di associazione.

98      Pertanto, da detta norma consuetudinaria discende altresì che un trattato, in deroga alla regola generale ricordata al punto 94 della presente sentenza, può vincolare uno Stato rispetto a un altro territorio se una siffatta intenzione si ricava da tale trattato o risulta per altra via.

99      Nella specie, il Tribunale ha presunto in modo erroneo che, nei limiti in cui il Consiglio e la Commissione erano a conoscenza della posizione del Regno del Marocco, secondo cui l’accordo di associazione poteva essere applicato al Sahara occidentale, tali istituzioni avessero tacitamente accettato detta posizione, com’è stato esposto al punto 85 della presente sentenza.

100    Infine, è importante sottolineare che, in forza del principio di diritto internazionale generale dell’effetto relativo dei trattati, del quale la regola di cui all’articolo 34 della convenzione di Vienna costituisce un’espressione particolare, i trattati non devono né nuocere né operare a vantaggio di soggetti terzi senza il loro consenso (v. sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punti 44 e 52).

101    Nella specie, il Tribunale, com’è stato ricordato al punto 75 della presente sentenza, ha, in sostanza, dichiarato, ai punti da 95 a 97 della sentenza impugnata, che detto principio non era rilevante ai fini dell’esame del ricorso sul quale era chiamato a statuire, a differenza di quanto aveva dichiarato la Corte nella sentenza del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91), perché le circostanze proprie di tale ricorso si distinguevano da quelle caratterizzanti la causa che ha dato luogo a quest’ultima sentenza.

102    Più in particolare, il Tribunale ha rilevato, ai punti 96 e 97 della sentenza impugnata, che l’Unione non aveva concluso alcun accordo di associazione vertente sui prodotti originari del Sahara occidentale diverso da quello che la vincolava al Regno del Marocco, mentre, nella causa all’origine della sentenza del 25 febbraio 2010, Brita (C‑386/08, EU:C:2010:91), essa aveva concluso un accordo di associazione non soltanto con lo Stato d’Israele, ma anche con l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) che agiva in nome e per conto dell’Autorità palestinese della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

103    Orbene, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, il principio dell’effetto relativo dei trattati doveva essere preso in considerazione nell’ambito di una siffatta interpretazione, poiché un’applicazione al Sahara occidentale dell’accordo di associazione, concluso tra l’Unione e il Regno del Marocco, avrebbe fatto sì che tale accordo riguardasse un «terzo».

104    Occorre ricordare, infatti, che, nel suo parere consultivo sul Sahara occidentale, al quale il Tribunale stesso ha fatto riferimento al punto 8 della sentenza impugnata, la Corte internazionale di giustizia ha considerato che, da un lato, il Sahara occidentale «non era un territorio di nessuno (terra nullius) al momento della colonizzazione da parte del Regno di Spagna» e, dall’altro, che gli elementi e le informazioni a sua conoscenza «non dimostra[va]no l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale» tra tale territorio e il Regno del Marocco.

105    Più specificamente, a tale riguardo, la Corte internazionale di giustizia ha sottolineato, nel suo parere consultivo sul Sahara occidentale, che la popolazione di tale territorio godeva, in forza del diritto internazionale generale, del diritto all’autodeterminazione, come esposto ai punti 90 e 91 della presente sentenza, fermo restando che, dal canto suo, l’Assemblea generale dell’ONU, al punto 7 della sua risoluzione 34/37 sulla questione del Sahara occidentale, citata al punto 35 della presente sentenza, ha raccomandato che il Front Polisario, «rappresentante del popolo del Sahara occidentale, partecipi pienamente ad ogni ricerca di una soluzione politica equa, duratura e definitiva della questione del Sahara occidentale», come indicato dal Tribunale al punto 14 della sentenza impugnata e come ricordato dinanzi alla Corte dalla Commissione.

106    Tenuto conto di tali elementi, il popolo del Sahara occidentale deve essere considerato come un «terzo» ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati, come, in sostanza, rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 105 delle sue conclusioni. In caso d’inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione, l’attuazione di tale accordo può incidere su detto terzo in quanto tale, senza che sia necessario determinare se una siffatta attuazione sia idonea a nuocergli o, al contrario, ad operare a suo vantaggio. È sufficiente, infatti, rilevare che, in un caso come nell’altro, detta attuazione deve avere il consenso di un siffatto terzo. Orbene, nella specie, dalla sentenza impugnata non emerge che il popolo del Sahara occidentale abbia manifestato tale consenso.

107    In tali circostanze, ritenere che il territorio del Sahara occidentale rientri nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione è contrario al principio di diritto internazionale dell’effetto relativo dei trattati, il quale è applicabile nelle relazioni tra l’Unione e il Regno del Marocco.

108    Alla luce delle precedenti considerazioni, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare, ai punti 101 e 103 della sentenza impugnata, che si dovesse considerare che l’Unione e il Regno del Marocco fossero stati tacitamente concordi nell’interpretare i termini «territorio del Regno del Marocco» figuranti all’articolo 94 dell’accordo di associazione nel senso che essi includevano il territorio del Sahara occidentale.

109    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il punto 102 della sentenza impugnata, occorre constatare che il Tribunale ivi ha ritenuto che, se il Consiglio e la Commissione avessero inteso opporsi all’applicazione dell’accordo di liberalizzazione al territorio del Sahara occidentale, essi avrebbero potuto chiedere che una clausola che escludesse una tale applicazione fosse inserita in detto accordo, prima di aggiungere che la loro «omissione» su tale punto dimostrava che essi accettavano implicitamente di considerare tale accordo, insieme all’accordo di associazione, come applicabile a detto territorio.

110    A tale riguardo, l’articolo 30, paragrafo 2, della convenzione di Vienna codifica la regola secondo la quale, quando un trattato specifica che esso è subordinato a un trattato anteriore o posteriore o che non deve essere considerato come incompatibile con questo altro trattato, le disposizioni di quest’ultimo prevalgono.

111    Orbene, l’accordo di liberalizzazione, come risulta dai punti 18, 20 e 21 della sentenza impugnata, è un accordo che ha ad oggetto la modifica di un accordo anteriore tra l’Unione e il Regno del Marocco, ossia l’accordo di associazione, e, più specificamente, le disposizioni previste da tale accordo in materia di liberalizzazione degli scambi di prodotti derivanti dall’agricoltura e dalla pesca. A tal fine, l’accordo di liberalizzazione, come risulta dai medesimi punti della sentenza impugnata, ha modificato quattro dei 96 articoli dell’accordo di associazione, tra i quali non figura l’articolo 94 di quest’ultimo, e ha sostituito tre dei cinque protocolli che corredano tale accordo. Dette modifiche hanno un carattere tassativo, come confermato dallo scambio di lettere tra l’Unione e il Regno del Marocco in forma del quale è intervenuto l’accordo di liberalizzazione.

112    Ne discende che l’accordo di associazione e l’accordo di liberalizzazione costituiscono trattati successivi conclusi tra le stesse parti e che l’accordo di liberalizzazione, in quanto trattato posteriore vertente su taluni aspetti specifici e limitati di una materia già ampiamente disciplinata da un accordo anteriore, deve essere considerato come subordinato a quest’ultimo.

113    Tenuto conto di un siffatto legame particolare, che non è rimesso in discussione dinanzi alla Corte, si deve ritenere, conformemente alla regola codificata all’articolo 30, paragrafo 2, della convenzione di Vienna, che le disposizioni dell’accordo di associazione che non sono state modificate esplicitamente dall’accordo di liberalizzazione devono prevalere ai fini dell’applicazione di quest’ultimo, così da prevenire qualsiasi incompatibilità tra essi.

114    Ne consegue che l’accordo di liberalizzazione non poteva essere inteso, al momento della sua conclusione, nel senso che il suo ambito di applicazione territoriale includeva il territorio del Sahara occidentale, e che non fosse necessario farvi figurare una clausola che escludesse espressamente tale territorio da detto ambito di applicazione.

115    Di conseguenza, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nello statuire che si dovesse considerare che il Consiglio e la Commissione avevano accettato che l’accordo di associazione e l’accordo di liberalizzazione si applicassero al territorio del Sahara occidentale, per il motivo che essi avevano omesso di inserire, nel secondo di tali accordi, una clausola che escludesse una siffatta applicazione.

116    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, è erroneamente che il Tribunale ha dichiarato, al punto 103 della sentenza impugnata, che l’accordo di liberalizzazione doveva essere interpretato nel senso che esso si applicava al territorio del Sahara occidentale, e più specificamente alla parte di tale territorio controllato dal Regno del Marocco, poiché una siffatta interpretazione non può essere giustificata né dal testo dell’accordo di associazione, né da quello dell’accordo di liberalizzazione, né, infine, dalle circostanze che hanno caratterizzato la conclusione di tali due accordi, quali evocate ai punti 101 e 102 della sentenza impugnata.

117    Tale valutazione non è rimessa in discussione dall’analisi effettuata dal Tribunale al punto 99 della sentenza impugnata, sulla base degli elementi di fatto evocati ai punti da 77 a 87 di tale sentenza.

118    Le constatazioni e le valutazioni effettuate dal Tribunale a tali punti lasciano emergere, innanzitutto, che il Consiglio e la Commissione erano consapevoli, al momento della conclusione dell’accordo di liberalizzazione, del fatto che le autorità marocchine applicassero le disposizioni dell’accordo di associazione al Sahara occidentale da vari anni. Poi, tali due istituzioni non si sono in nessun momento opposte a detta applicazione e la Commissione vi ha cooperato in una certa misura. Infine, il regime di preferenze tariffarie istituito dall’accordo di associazione e modificato dall’accordo di liberalizzazione è, in taluni casi, applicato «de facto» ai prodotti originari del Sahara occidentale a partire dalla conclusione del secondo di tali accordi, come è stato ricordato dal Consiglio e dalla Commissione nelle loro memorie e in udienza.

119    Come risulta peraltro dal punto 102 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che tale prassi successiva alla conclusione dell’accordo di associazione giustificava un’interpretazione di detto accordo e dell’accordo di liberalizzazione nel senso che il territorio del Sahara occidentale rientrava nell’ambito di applicazione di tali accordi.

120    A tale riguardo, occorre sottolineare che, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della convenzione di Vienna, si deve in particolare tenere conto, ai fini dell’interpretazione di un trattato, al contempo, sia del suo contesto, sia di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione di tale trattato attraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo.

121    Nella specie, come risulta dai punti 77, 83 e 87 della sentenza impugnata, il Consiglio e la Commissione avevano sottolineato, come pure il Front Polisario, che, sebbene il regime di preferenze tariffarie previsto dagli accordi di associazione e di liberalizzazione fosse applicato in taluni casi ai prodotti originari del Sahara occidentale, tale applicazione rivestiva un carattere «de facto».

122    Orbene, si deve constatare che il Tribunale non ha verificato, contrariamente a quanto prescritto dall’articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della convenzione di Vienna, se una siffatta applicazione, in taluni casi, rivelasse l’esistenza di un accordo tra le parti diretto a modificare l’interpretazione dell’articolo 94 dell’accordo di associazione.

123    Inoltre, un’asserita volontà dell’Unione rivelata da una prassi successiva e consistente nel considerare ormai gli accordi di associazione e di liberalizzazione come giuridicamente applicabili al territorio del Sahara occidentale avrebbe necessariamente implicato l’ammissione che l’Unione intendeva eseguire tali accordi in modo incompatibile con i principi di autodeterminazione e dell’effetto relativo dei trattati, nonostante quest’ultima ricordasse ripetutamente l’esigenza di rispettare tali principi, come sottolineato dalla Commissione.

124    Orbene, una siffatta esecuzione sarebbe necessariamente inconciliabile con il principio di buona fede nell’esecuzione dei trattati, che nondimeno costituisce un principio vincolante del diritto internazionale generale applicabile ai soggetti di tale diritto che siano parti contraenti di un trattato (v., in tal senso, sentenze del 16 giugno 1998, Racke, C‑162/96, EU:C:1998:293, punto 49, nonché del 23 gennaio 2014, Manzi e Compagnia Naviera Orchestra, C‑537/11, EU:C:2014:19, punto 38).

125    Ne consegue che il Tribunale ha parimenti commesso un errore di diritto nello statuire che la prassi successiva evocata ai punti 99 e 102 della sentenza impugnata giustificasse un’interpretazione di detti accordi nel senso che essi si applicavano giuridicamente al territorio del Sahara occidentale.

126    Poiché, quindi, il Tribunale ha erroneamente dichiarato che l’accordo di liberalizzazione doveva essere interpretato nel senso che esso si applicava giuridicamente al territorio del Sahara occidentale, prima di assumere tale conclusione come premessa della sua analisi della legittimazione ad agire del Front Polisario, com’è stato indicato ai punti 43, 44 e 74 della presente sentenza, l’impugnazione deve essere accolta, senza che sia necessario esaminare ancora gli altri motivi e argomenti del Consiglio e della Commissione.

127    Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sul ricorso

128    L’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea prevede che, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale e può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

129    Nella specie, la Corte deve statuire definitivamente sulla controversia, giacché lo stato degli atti lo consente.

130    A tale riguardo, l’articolo 263, quarto comma, TFUE prevede due ipotesi in cui ad una persona fisica o giuridica è riconosciuta legittimazione ad agire per proporre ricorso contro un atto di cui essa non sia destinataria. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che l’atto la riguardi direttamente ed individualmente. Dall’altro lato, questa persona può proporre ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se esso la riguarda direttamente.

131    Nella specie, occorre constatare innanzitutto che l’argomentazione addotta dal Front Polisario al fine di dimostrare la propria legittimazione ad agire per l’annullamento della decisione impugnata riposa sull’affermazione secondo la quale l’accordo di liberalizzazione, di cui detta decisione ha approvato la conclusione, è nella prassi applicato, in taluni casi, al Sahara occidentale sebbene quest’ultimo non faccia parte del territorio del Regno del Marocco.

132    Come discende dalla motivazione esposta ai punti da 83 a 125 della presente sentenza, l’accordo di liberalizzazione deve tuttavia essere interpretato, conformemente alle regole pertinenti di diritto internazionale applicabili nei rapporti tra l’Unione e il Regno del Marocco, nel senso che non si applica al territorio del Sahara occidentale.

133    Pertanto, senza che sia necessario esaminare il resto dell’argomentazione con la quale il Consiglio e la Commissione contestano la ricevibilità del ricorso, si deve dichiarare che il Front Polisario non può in ogni caso essere considerato, tenuto conto degli argomenti da esso invocati, come avente la legittimazione ad agire per l’annullamento della decisione impugnata.

134    Di conseguenza, il ricorso deve essere respinto in quanto irricevibile.

 Sulle spese

135    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese.

136    L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, che si applica al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, prevede che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

137    Nella specie, poiché il Consiglio ha chiesto la condanna del Front Polisario e quest’ultimo è rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese sostenute da tale istituzione.

138    L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, stabilisce che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

139    Nella specie, il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Repubblica portoghese nonché la Commissione, che aveva la qualità di interveniente in primo grado, supporteranno le proprie spese.

140    Infine, l’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, anch’esso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, dispone, in particolare, che la Corte può decidere che una parte interveniente diversa da uno Stato membro o da un’istituzione sopporti le proprie spese.

141    Nella specie, occorre disporre che la Comader sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 10 dicembre 2015, Front Polisario/Consiglio (T‑512/12, EU:T:2015:953) è annullata.

2)      Il ricorso del Front populaire pour la libération de la saguia-el-hamra et du rio de oro (Front Polisario) è respinto in quanto irricevibile.

3)      Il Front populaire pour la libération de la saguia-el-hamra et du rio de oro (Front Polisario) sopporta le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

4)      Il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica portoghese, la Commissione europea e la Confédération marocaine de l’agriculture e du développement rural (Comader) sopportano le proprie spese.

Firme


** Lingua processuale: il francese.