Language of document : ECLI:EU:T:2012:526

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

9 ottobre 2012 (*)

«FEAOG – Sezione “Garanzia” – FEAGA – Spese escluse dal finanziamento – Ortofrutticoli – Zucchero – Trasformazione degli agrumi – Latte – Seminativi – Rettifica finanziaria forfetaria – Proporzionalità – Obbligo di motivazione – Assenza di errore di valutazione»

Nella causa T‑426/08,

Repubblica italiana, rappresentata da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Rossi e F. Jimeno Fernández, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione 2008/582/CE della Commissione, dell’8 luglio 2008, che esclude dal finanziamento comunitario talune spese effettuate dagli Stati membri nell’ambito del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), sezione Garanzia, e nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) (GU L 186, pag. 39), nella parte in cui esclude dal finanziamento comunitario EUR 174 704 912,66 di spese effettuate dalla Repubblica italiana,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

composto dai sigg. J. Azizi (relatore), presidente, S. Frimodt Nielsen e M. van der Woude, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 ottobre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        In seguito a diverse indagini e procedimenti, la Commissione delle Comunità europee, in data 30 marzo 2008, ha adottato la relazione di sintesi concernente i risultati dei controlli relativi alla liquidazione dei conti del Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEOGA), sezione «Garanzia», ai sensi dell’articolo 31 del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 209, pag. 1) (in prosieguo: la «relazione di sintesi»).

2        L’8 luglio 2008, per i motivi esposti nella relazione di sintesi, la Commissione ha adottato la decisione 2008/582/CE che esclude dal finanziamento comunitario talune spese effettuate dagli Stati membri nell’ambito del FEAOG, sezione «Garanzia», e del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) (GU L 186, pag. 39; in prosieguo: la «decisione impugnata»). In tale decisione, la Commissione ha escluso dal finanziamento comunitario EUR 174 704 912,66 di spese sostenute dagli organismi pagatori italiani per gli esercizi finanziari 2001‑2006 e dichiarate a carico del FEAOG, sezione «Garanzia», o del FEAGA (in prosieguo, congiuntamente, il «Fondo») per mancata conformità alle norme comunitarie.

 Procedimento e conclusioni delle parti

3        La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui procede a rettifiche finanziarie forfetarie relative al regime delle restituzioni all’esportazione di ortofrutticoli e di zucchero, per un totale di EUR 508 397,82;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui procede a rettifiche finanziarie forfetarie e puntuali concernenti gli aiuti alla trasformazione degli agrumi per gli esercizi finanziari 2004 e 2005, per un totale di EUR 15 361 892,14;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui procede a rettifiche finanziarie forfetarie relative al regime delle quote latte per la campagna lattiera 2002‑2003, per un totale di EUR 13 676,821;

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui procede a rettifiche finanziarie forfetarie relative al regime di aiuti per superficie/seminativi per gli esercizi finanziari 2004, 2005 e 2006, per un totale di EUR 145 157 801,70.

4        La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

 In diritto

1.     Sul primo motivo relativo alla rettifica finanziaria imposta nel settore dell’esportazione di ortofrutticoli e di zucchero

 Contesto normativo 

5        L’articolo 9 del regolamento (CE) n. 2221/95 della Commissione, del 20 settembre 1995, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 386/90 del Consiglio per quanto riguarda il controllo fisico al momento dell’esportazione di prodotti agricoli che beneficiano di una restituzione (GU L 224, pag. 13), nella versione applicabile nella fattispecie, così dispone:

« 1. Se la dichiarazione d’esportazione è stata accettata da un ufficio doganale d’esportazione che non sia l’ufficio doganale di uscita, l’ufficio doganale di uscita dal territorio doganale della Comunità effettua un controllo di sostituzione alle condizioni di cui ai paragrafi da 2 a 6.

2. Se l’ufficio doganale di esportazione non ha sigillato il mezzo di trasporto o il collo,

a)      ferme restando le misure di controllo prese in forza di altre disposizioni, il controllo di sostituzione si effettua applicando, per quanto possibile, l’analisi di rischio;

b)      il numero di controlli di sostituzione non può essere inferiore al numero di giorni in cui i prodotti che beneficiano di restituzioni all’esportazione lasciano il territorio doganale della Comunità attraverso l’ufficio doganale di uscita in questione.

3. Qualora, tenuto conto delle disposizioni in vigore nel paese terzo di destinazione, sia stato apposto un bollo veterinario ed un sigillo doganale, il controllo di sostituzione viene eseguito unicamente quando vi sia sospetto di frode.

4. Il controllo di sostituzione viene effettuato verificando a vista se vi sia corrispondenza tra la merce e il documento che l’ha scortata dall’ufficio doganale d’esportazione all’ufficio doganale di uscita.

Viene prelevato un campione a fini di analisi soltanto se l’ufficio doganale di uscita non può verificare la corrispondenza tra la merce e il documento mediante controllo a vista e utilizzando le informazioni ricavate dagli imballaggi e dalla documentazione (…)».

6        L’articolo 9 bis del regolamento n. 2221/95 dispone che anteriormente al 1° aprile di ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione dettagliata sull’esecuzione e l’efficacia di detto regolamento.

 Giudizio del Tribunale

7        In forza dell’articolo 9 del regolamento n. 2221/95, i prodotti agricoli che beneficiano di una restituzione che non sono stati sigillati devono essere sottoposti a controlli di sostituzione da parte dell’ufficio doganale di uscita dal territorio doganale dell’Unione europea, se la dichiarazione è stata accettata da un ufficio doganale d’esportazione che non sia l’ufficio doganale di uscita. Tali controlli consistono nel verificare a vista se vi sia corrispondenza tra la merce e il documento che la accompagna dall’ufficio doganale d’esportazione all’ufficio doganale di uscita. Il numero di controlli di sostituzione che deve effettuare l’ufficio doganale di uscita non dev’essere inferiore al numero di giorni nel corso dei quali i prodotti oggetto di tali controlli gli sono presentati.

8        Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, per le spese connesse alle restituzioni all’esportazione di prodotti italiani, le autorità italiane non avessero effettuato il numero di controlli di sostituzione previsto dall’articolo 9, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 2221/95. Essa ha pertanto imposto una rettifica forfetaria del 5%, corrispondente all’importo di EUR 508 397,82, in ragione del rischio significativo di perdite per il Fondo dovuto all’assenza di controlli essenziali intesi a fornire garanzie sufficienti circa la regolarità delle domande. Detta rettifica riguardava tutte le spese di restituzione all’esportazione per prodotti italiani esportati senza essere stati sigillati dall’ufficio doganale di partenza, che avevano lasciato l’Italia tra il 22 luglio e il 31 dicembre 2001 attraverso gli uffici doganali di uscita di Ancona, Genova Nino Ronco, Trieste P.F. Nuovo e Trieste Pese, o tra il 1° gennaio 2002 e il 31 dicembre 2002 attraverso gli uffici doganali di uscita di Ancona, Ponte Chiasso, Tirano e Trieste P.F. Nuovo.

9        Con la prima parte del primo motivo, la Repubblica italiana contesta detta rettifica sostenendo di avere fornito, nel corso del procedimento amministrativo, prove documentali, anteriori alla concessione delle restituzioni all’esportazione, provenienti dalle autorità doganali di paesi terzi a dimostrazione della corrispondenza quantitativa e qualitativa tra dette merci e le dichiarazioni doganali. Tali prove di arrivo a destinazione attesterebbero l’importazione definitiva nei paesi terzi di destinazione. In considerazione di tali prove, la Repubblica italiana ritiene che la decisione impugnata non sia debitamente giustificata e che la Commissione non abbia dimostrato l’inefficacia e l’inattendibilità dei controlli di cui tratta la decisione impugnata per i prodotti per i quali le prove documentali summenzionate sono state fornite.

10      Alla luce di tali argomenti occorre anzitutto osservare che la Repubblica italiana non produce dinanzi al Tribunale la documentazione di arrivo da essa invocata, e si limita a presentare una tabella contenente i valori delle restituzioni di merci per le quali esisterebbe un documento di arrivo. Inoltre, la Repubblica italiana non garantisce che i controlli sulla base della documentazione di arrivo abbiano la stessa efficacia e attendibilità dei controlli di sostituzione, dato che essa afferma che le prove documentali prodotte presso l’ufficio doganale di arrivo si basano «di norma» sull’ispezione fisica delle merci che entrano nel territorio del paese terzo. Ne consegue che la Repubblica italiana non ha debitamente dimostrato la sua censura dinanzi al Tribunale.

11      Inoltre, si deve comunque osservare che la Repubblica italiana non contesta il fatto che le autorità italiane non abbiano effettuato il numero minimo di controlli di sostituzione richiesto durante il periodo compreso tra il 22 luglio e il 31 dicembre 2002. Essa adduce una mancanza di rischio per il Fondo, in quanto sarebbe possibile garantire la corrispondenza quantitativa e qualitativa tra dette merci e le dichiarazioni doganali sulla base della documentazione di arrivo. In tal modo, la Repubblica italiana ritiene, in sostanza, che anche un sistema di controlli diverso da quello previsto dall’articolo 9 del regolamento n. 2221/95 sia altrettanto efficace.

12      Tuttavia, come riconosciuto dalla giurisprudenza, quando un regolamento istituisce misure specifiche di controllo, gli Stati membri sono tenuti ad applicarle senza che sia necessario valutare la fondatezza della loro tesi secondo cui un diverso sistema di controllo sarebbe più efficace (sentenze della Corte del 22 giugno 1993, Germania/Commissione, C‑54/91, Racc. pag. I‑3399, punto 38, e del 9 settembre 2004, Grecia/Commissione, C‑332/01, Racc. pag. I‑7699, punto 62).

13      Pertanto, la dimostrazione fornita dalla Commissione del mancato rispetto da parte delle autorità italiane del numero minimo di controlli di sostituzione richiesto in forza dell’articolo 9 del regolamento n. 2221/95 è sufficiente a provare l’esistenza di un rischio per il Fondo, senza che si possa rimproverare alla Commissione di non avere preso in considerazione, nella decisione impugnata, la documentazione di arrivo che la Repubblica italiana le avrebbe presentato nel corso del procedimento amministrativo.

14      Per le ragioni che precedono, si deve respingere la censura della Repubblica italiana secondo la quale, alla luce della documentazione di arrivo, la Commissione non ha dimostrato l’inefficacia e l’inattendibilità dei controlli.

15      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che la Commissione avrebbe affermato, nel corso del procedimento di conciliazione, di essere favorevole ad escludere dalla base di calcolo della rettifica finanziaria le merci per le quali sussisteva la documentazione di arrivo. Infatti, dalla relazione dell’organo di conciliazione del 7 dicembre 2007 risulta che i servizi della Commissione erano disposti a prendere in considerazione gli effetti di attenuazione dei rischi che comportava la produzione della documentazione di arrivo relativa ai prodotti presentata prima del pagamento delle restituzioni all’esportazione, a condizione che fossero forniti documenti adeguati. La Commissione era quindi disposta a tenere conto di tale documentazione unicamente come fattore di attenuazione e a condizione che essa le fosse presentata o quanto meno che le fossero presentati documenti adeguati. Orbene, nella sua relazione, l’organo di conciliazione afferma che tali documenti non erano stati ancora forniti, e dal fascicolo depositato presso il Tribunale non risulta che tali documenti siano stati effettivamente messi a disposizione.

16      Con la seconda parte del primo motivo, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non avere motivato la decisione impugnata su un punto essenziale, non avendo trattato la questione riguardante la documentazione di arrivo ottenuta prima della concessione delle restituzioni.

17      Va ricordato al riguardo che la motivazione richiesta dall’articolo 253 CE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui promana l’atto, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo (v. sentenze della Corte del 14 luglio 2005, Paesi Bassi/Commissione, C‑26/00, Racc. pag. I‑6527, punto 113, e del Tribunale del 19 giugno 2009, Qualcomm/Commissione, T‑48/04, Racc. pag. II‑2029, punto 174 e la giurisprudenza ivi citata). Si deve inoltre ricordare che la censura vertente sulla carenza o sull’insufficienza della motivazione dev’essere distinta da quella concernente l’inesattezza dei motivi della decisione. Quest’ultimo aspetto rientra nell’esame della legittimità nel merito della decisione e non in quello della violazione di forme sostanziali, e non può quindi integrare una violazione dell’articolo 253 CE (v., in tal senso, sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punti 67 e 72; del 30 marzo 2000, VBA/Florimex e a., C‑265/97 P, Racc. pag. I‑2061, punto 114; e del 2 ottobre 2003, International Power e a./NALOO, C‑172/01 P, C‑175/01 P, C‑176/01 P e C‑180/01 P, Racc. pag. I‑11421, punto 145).

18      Orbene, con quest’ultima censura, la Repubblica italiana non rimprovera alla Commissione di non avere fatto apparire in maniera chiara e non equivoca il suo iter logico onde consentire la comprensione delle ragioni della decisione impugnata. Essa addebita alla Commissione il fatto di non avere tenuto conto di un punto essenziale nella sua decisione, e così facendo rimette in discussione la fondatezza della decisione impugnata. Tale censura rientra nella legittimità nel merito della decisione impugnata ed è connessa a quella richiamata al punto 9 supra. Per i motivi esposti ai punti 10 e seguenti, essa deve quindi essere respinta.

19      Con la terza parte del primo motivo, la Repubblica italiana ritiene che la decisione impugnata sia viziata da difetto di motivazione e di prova, in quanto la Commissione ha applicato una rettifica finanziaria sulle restituzioni all’esportazione imputate a carico del Fondo per l’esercizio finanziario 2003, mentre, a suo avviso, «[d]i tale esercizio non si era (…) mai trattato nel corso della procedura».

20      Nella fattispecie, è pacifico che le indagini della Commissione in ordine ai controlli di sostituzione effettuati sulle esportazioni di prodotti italiani abbiano avuto luogo durante il periodo compreso tra il 22 luglio 2001 e il 31 dicembre 2002. Inoltre, dalla decisione impugnata emerge che la rettifica forfetaria relativa a tali esportazioni riguardava le spese effettuate durante tale medesimo periodo, ma che essa si applicava agli esercizi finanziari 2001, 2002 e 2003.

21      In forza dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 296/1996 della Commissione, del 16 febbraio 1996, relativo ai dati che devono essere forniti dagli Stati membri ed alla contabilizzazione mensile delle spese finanziate dalla sezione garanzia del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che abroga il regolamento (CEE) n. 2776/88 (GU L 39, pag. 5), che è stato successivamente sostituito, senza che ne fosse modificato il contenuto, dall’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2006 della Commissione, del 21 giugno 2006, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, per quanto riguarda la tenuta dei conti degli organismi pagatori, le dichiarazioni delle spese e delle entrate e le condizioni di rimborso delle spese nell’ambito del FEAGA e del FEASR (GU L 171, pag. 1), le spese dichiarate per un dato mese devono corrispondere ai pagamenti ed agli incassi effettivamente realizzati nel corso di tale mese. Inoltre, tali disposizioni prevedono che per l’esercizio «n» sono prese in considerazione le spese effettuate dagli Stati membri dal 16 ottobre dell’anno «n – 1» fino al 15 ottobre dell’anno «n».

22      Pertanto, ai sensi di tali disposizioni, i pagamenti effettivamente realizzati dall’organismo pagatore italiano dopo il 16 ottobre 2002 rientrano nell’esercizio finanziario 2003. Le rettifiche imposte ai pagamenti effettuati nel corso di tale periodo incidono quindi sull’esercizio finanziario 2003.

23      Si deve pertanto respingere la censura della Repubblica italiana secondo la quale la Commissione non avrebbe dimostrato né motivato l’imposizione di una rettifica finanziaria con incidenza sull’esercizio finanziario 2003. Infatti, le disposizioni del quadro normativo citate al punto 21 supra fanno parte del contesto nel quale la decisione impugnata è stata adottata e la Repubblica italiana avrebbe dovuto conoscerle. Inoltre, dalla lettera della direzione generale Agricoltura della Commissione n. 11092 del 30 aprile 2007 risulta che la Commissione, nel corso del procedimento amministrativo, aveva comunicato alla Repubblica italiana rettifiche concernenti spese di restituzioni all’esportazione con riferimento agli esercizi finanziari 2001, 2002 e 2003 in ragione del numero insufficiente di controlli di sostituzione esercitati nel corso del periodo compreso tra il 18 luglio 2001 e il 31 dicembre 2002.

2.     Sul secondo motivo, relativo alle rettifiche imposte nel settore della trasformazione degli agrumi

–       Contesto normativo

24      Il regolamento (CE) n. 2202/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, che istituisce un regime di aiuti ai produttori di taluni agrumi (GU L 297, pag. 49), ha introdotto varie misure di sostegno finanziario a loro favore, tra cui, segnatamente, un regime comunitario di aiuto alle organizzazioni di produttori che consegnano all’industria di trasformazione taluni tipi di agrumi raccolti nella Comunità europea. Tale regime è fondato su contratti che vincolano, da un lato, le organizzazioni di produttori riconosciute (in prosieguo: le «OP») ai sensi del regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli (GU L 297, pag. 1), e, dall’altro, le imprese di trasformazione.

25      Il regolamento (CE) n. 2111/2003 della Commissione, del 1° dicembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 2202/96 del Consiglio (GU L 317, pag. 5), ha disciplinato, segnatamente, le modalità relative alla concessione degli aiuti alla trasformazione degli agrumi e alla gestione delle richieste di partecipazione al regime di aiuti, nonché il riconoscimento dei trasformatori, le comunicazioni indirizzate dai trasformatori alle autorità competenti e le modalità di presentazione e di gestione delle domande di aiuto inoltrate dalle organizzazioni di produttori.

26      L’articolo 27 del regolamento n. 2111/2003 così prevede:

«1. I seguenti controlli sono condotti per ciascuna organizzazione di produttori che consegna arance dolci, mandarini, clementine, satsuma, limoni, pompelmi e pomeli destinati alla trasformazione, per ciascun prodotto e per ogni campagna di commercializzazione:

a)      controlli fisici su almeno:

i)      il 5% delle superfici di cui all’articolo 9, primo comma, lettera a), e all’articolo 15, paragrafo 1, lettera a);

ii)      il 20% dei quantitativi consegnati alla trasformazione, al fine di verificare la concordanza con i certificati di consegna di cui all’articolo 17, paragrafo 2, e il rispetto dei requisiti minimi di qualità di cui all’allegato I;

b)      controlli amministrativi e contabili su almeno:

i)      il 5% dei produttori con cui sono stati stipulati contratti, al fine di verificare, in particolare, che le superfici, il raccolto totale, il quantitativo consegnato all’organizzazione di produttori e il quantitativo consegnato alla trasformazione corrispondano ai versamenti degli aiuti di cui all’articolo 23 e agli importi ricevuti;

ii)      il 10% degli accordi di cui all’articolo 15, paragrafo 3;

c)      controlli amministrativi e contabili al fine di verificare che i quantitativi consegnati all’organizzazione di produttori dai produttori di cui all’articolo 15, paragrafi 1 e 2, i quantitativi consegnati alla trasformazione, i certificati di consegna di cui all’articolo 17, paragrafo 2, e i quantitativi indicati nella domanda di aiuto corrispondano ai versamenti degli aiuti di cui all’articolo 23 e agli importi pagati dal trasformatore;

d)      controlli amministrativi sulla totalità delle domande di aiuto e dei documenti giustificativi e verifiche incrociate su tutte le parcelle dichiarate.

2. I seguenti controlli sono condotti per ciascun trasformatore di arance dolci, mandarini, clementine, satsuma, limoni, pompelmi e pomeli, per ciascuno stabilimento, prodotto ricevuto e per ogni campagna di commercializzazione:

a) controlli amministrativi e contabili su almeno:

i)      il 5% delle partite ricevute in forza di ciascuno dei due tipi di contratto (a breve termine o pluriennale), al fine di verificare la copertura contrattuale dei quantitativi in causa, la loro concordanza con i certificati di consegna di cui all’articolo 17, paragrafo 2, l’identificazione precisa del mezzo di trasporto utilizzato e il rispetto dei requisiti minimi di cui all’allegato I;

ii)      il 10% dei trasferimenti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera f);

b)      controlli fisici e contabili su almeno il 10% dei prodotti finiti, per verificare la resa della materia prima trasformata in termini di prodotto finito ottenuto nel quadro dei contratti e al di fuori di essi;

c)      controlli amministrativi e contabili al fine di verificare, sulla base delle fatture emesse e ricevute nonché dei dati contabili, che i quantitativi di prodotti finiti ottenuti dalle materie prime ricevute e i quantitativi di prodotti finiti acquistati corrispondano ai quantitativi di prodotti finiti venduti;

d)      almeno una volta all’anno, controlli fisici e contabili sulla totalità delle scorte di prodotti finiti, per verificarne la corrispondenza con i prodotti finiti fabbricati, acquistati e venduti.

Per i trasformatori o gli stabilimenti di trasformazione che non hanno beneficiato del regime di aiuti nel corso della campagna precedente, i controlli di cui alla lettera d) sono condotti almeno due volte nel corso della prima campagna in cui essi beneficiano del regime di aiuti».

 Giudizio del Tribunale

 Introduzione

27      Nella decisione impugnata, la Commissione ha imposto, ai sensi del suo documento n. VI/5330/97, del 23 dicembre 1997, intitolato «Linee guida per il calcolo delle conseguenze finanziarie nell’ambito della preparazione della decisione di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione Garanzia», una rettifica forfetaria del 25% delle spese della Repubblica italiana in materia di aiuti alla trasformazione degli agrumi con riferimento alle campagne 2003 e 2004. Tale rettifica ammontava a EUR 15 361 892,14.

28      Dalla relazione di sintesi emerge che la Commissione ha imposto detta rettifica in seguito a una missione in Calabria, regione che riceveva più della metà dell’aiuto alla trasformazione degli agrumi di cui beneficiava la Repubblica italiana. La Commissione ha giustificato detta rettifica per il fatto di aver constatato che, per un lungo periodo, i controlli essenziali erano stati effettuati soltanto in parte, o erano stati del tutto omessi.

29      Le gravi carenze individuate nel sistema di controllo relativamente alla trasformazione degli agrumi sono riassunte come segue nella relazione di sintesi: in primo luogo, assenza quasi completa di controlli amministrativi e contabili presso le organizzazioni di produttori per le tre campagne esaminate, in secondo luogo, dubbi concernenti i controlli fisici sulla qualità degli agrumi consegnati alla trasformazione a causa della categoria di qualità minima indicata su ciascun modulo di controllo, in terzo luogo, l’assenza degli essenziali controlli amministrativi e contabili presso i trasformatori, che avrebbero consentito di verificare la concordanza tra i quantitativi di agrumi consegnati alla trasformazione e i prodotti finiti, in quarto luogo, l’effettuazione di controlli fisici sulla qualità dei prodotti finiti soltanto per i quantitativi alla cui consegna erano presenti gli ispettori e, da ultimo, in quinto luogo, l’inutilità dei controlli delle superfici a causa della quasi completa assenza di controlli amministrativi e contabili.

30      Peraltro, sulla base di informazioni provenienti dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dalla stampa italiana su irregolarità diffuse nel settore degli ortofrutticoli in Calabria, e in seguito all’apertura di un’inchiesta da parte del Pubblico ministero di Palmi concernente una frode in detto settore e a indagini avviate nei confronti di organizzazioni di produttori e di funzionari pubblici responsabili della gestione del regime di aiuti, la Commissione ha ritenuto che vi fossero indizi molto convincenti dell’esistenza di irregolarità diffuse nel settore degli ortofrutticoli in Calabria, in particolare per quanto attiene al regime di trasformazione degli agrumi.

31      La Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che detta rettifica finanziaria non è debitamente motivata, è viziata da palese carenza d’istruttoria ed è sproporzionata.

 Sul difetto di motivazione

32      La Repubblica italiana sostiene che la riduzione forfetaria del 25% non è motivata in quanto, in sostanza, non si è verificata né l’ipotesi di totale inadempienza agli obblighi di controllo, né di diffusa irregolarità né di negligenza nella lotta alle prassi fraudolente o irregolari. Di conseguenza, la Repubblica italiana ritiene che la decisione impugnata, e in particolare la rettifica forfetaria del 25%, non possano essere motivate con l’esistenza di un rischio grave di danno finanziario per il Fondo. Peraltro, la Repubblica italiana considera che i rilievi della Commissione sul sistema di controlli attuati in Calabria non possano motivare la rettifica finanziaria del 25%, poiché non è chiaro se detti rilievi si riferiscano alla campagna 2003‑2004 o invece ad altri periodi.

33      Alla luce della portata dell’obbligo di motivazione esposta al punto 17 supra, si deve dichiarare che con la presente censura la Repubblica italiana non deduce un difetto di motivazione, ma contesta la fondatezza dei motivi della decisione impugnata. Detta censura è legata a quella fondata sulla violazione del principio di proporzionalità e non può quindi essere esaminata separatamente (v., in tal senso, sentenza della Corte del 24 febbraio 2005, Grecia/Commissione, C‑300/02, Racc. pag. I‑1341, punto 49).

34      Peraltro e comunque, anche se si dovesse ritenere che la censura della Repubblica italiana abbia ad oggetto un difetto di motivazione, si deve constatare che dalla relazione di sintesi, di cui alcuni passaggi sono stati riassunti ai punti 28‑30 supra, risultano in maniera adeguata i motivi per i quali la Commissione ha imposto detta rettifica finanziaria.

 Sul difetto di istruttoria

35      La Repubblica italiana addebita alla Commissione una «palese carenza di istruttoria», in quanto essa non avrebbe motivato in modo analitico e concreto le circostanze che giustificano l’imposizione di un tasso di rettifica del 25%.

36      Di nuovo, si deve constatare che con tale censura la Repubblica italiana contesta la legittimità nel merito della rettifica forfetaria del 25% delle spese per la trasformazione degli agrumi impostale nella decisione impugnata. Tale censura non è autonoma, ma dev’essere considerata parte integrante della censura vertente sulla violazione del principio di proporzionalità. Infatti, con tale addebito, la Repubblica italiana afferma che, poiché la Commissione non ha istruito il suo fascicolo con la necessaria diligenza, essa ha ritenuto erroneamente che le condizioni per l’imposizione di una rettifica forfetaria del 25% fossero soddisfatte nella fattispecie. Di conseguenza, tale censura e quella vertente sulla violazione del principio di proporzionalità devono essere esaminate congiuntamente.

37      Inoltre, se si dovesse considerare tale censura come un addebito autonomo, la si dovrebbe respingere in quanto irricevibile, poiché è stata dedotta per la prima volta in sede di replica. Infatti, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, è vietata la deduzione di motivi nuovi, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Nella fattispecie, detta censura non è basata su elementi di fatto o di diritto emersi durante il procedimento. Inoltre, si tratta di una censura indipendente, cosicché essa non costituisce una semplice estensione di un motivo esistente che va considerata ricevibile (v., in tal senso, sentenze della Corte del 19 maggio 1983, Verros/Parlamento, 306/81, Racc. pag. 1755, punto 9, e del 15 dicembre 2005, Italia/Commissione, C‑66/02, Racc. pag. I‑10901, punto 86).

 Sulla violazione del principio di proporzionalità

38      La Repubblica italiana reputa che, nell’imporle una rettifica finanziaria del 25% delle spese in materia di aiuti alla trasformazione degli agrumi, la Commissione abbia violato il principio di proporzionalità. A suo parere, la Commissione non ha dimostrato che le condizioni fissate dal documento n. VI/5330/97 per l’imposizione di una siffatta rettifica finanziaria fossero soddisfatte nella fattispecie.

39      A tale proposito, occorre rammentare che il principio di proporzionalità sancito all’articolo 5, paragrafo 3, CE, divenuto articolo 5, paragrafo 4, TUE, è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (v. sentenza della Corte dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, Racc. pag. I‑4999, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

40      Inoltre, il documento n. VI/5330/97 della Commissione prevede che «in caso di totale inadempienza o di gravi carenze di uno Stato membro nell’applicazione di un sistema di controllo nonché di comprovate e diffuse irregolarità e di negligenza nella lotta alle prassi fraudolente o irregolari, si giustifica una rettifica del 25% in quanto si può ragionevolmente presumere che la possibilità di presentare impunemente domande inammissibili causerà perdite estremamente elevate per il FEAOG».

41      Nella fattispecie, la Commissione ha applicato tale norma di comportamento amministrativo. Come riconosciuto dalla giurisprudenza, quando una norma di comportamento diretta a produrre effetti esterni è stata adottata dalla Commissione, è stata resa pubblica e non è incompatibile con norme di diritto dell’Unione di rango superiore, tale istituzione si autolimita, in forza di principi generali del diritto, nell’esercizio del suo potere discrezionale. Infatti, la Commissione non può discostarsi da tali norme, pena essere sanzionate, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punti 209‑211). Alla luce di ciò, la Commissione doveva applicare detta norma se le condizioni per la sua applicazione erano soddisfatte.

42      Nella fattispecie, la Repubblica italiana contesta il fatto che le condizioni di applicazione di tale norma siano state soddisfatte, cosicché l’imposizione di una rettifica finanziaria del 25% violerebbe il principio di proporzionalità.

43      A sostegno di tale contestazione, la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non avere chiaramente indicato nella decisione impugnata se i suoi rilievi sul sistema dei controlli attuati in Calabria sugli aiuti alla trasformazione degli agrumi riguardassero soltanto la campagna 2003‑2004 o se tali rilievi si riferissero invece ad altri periodi.

44      A tale proposito, si deve osservare che i passaggi della relazione di sintesi addotti dalla Repubblica italiana a sostegno di tale censura sono i seguenti:

«Nella sua relazione sul caso 07/IT/3391 l’organo di conciliazione ha ritenuto valide le critiche delle autorità italiane sul fatto che sono state prese in considerazione risultanze di audit posteriori nel redigere le conclusioni complessive, dopo la riunione bilaterale, sull’audit 2004. Tuttavia, le autorità italiane non hanno motivato ulteriormente la loro posizione riguardo a tale circostanza e pertanto l’organismo non è stato in grado di approfondire ulteriormente la questione. Lo stesso vale per il calcolo della proposta di rettifica di 13 200 EUR relativa al finanziamento del programma operativo di una [organizzazione di produttori] nel 2004».

45      Non è quindi tanto la posizione della Commissione ad essere ambigua, quanto quella dell’organo di conciliazione. Infatti, dopo avere sostenuto che si doveva tenere conto della censura della Repubblica italiana relativa alla presa in considerazione delle risultanze di audit posteriori, l’organo di conciliazione ha ritenuto di non poterla esaminare in quanto la Repubblica italiana non aveva prodotto determinati elementi. L’organo di conciliazione afferma dunque che una questione avrebbe meritato di essere presa in considerazione, ma che non vi erano elementi sufficienti a tal fine.

46      La posizione ambivalente dell’organo di conciliazione non pregiudica però la chiarezza della posizione della Commissione. Infatti, al punto 4.1.2 della relazione di sintesi, ossia prima della conciliazione, la Commissione ha affermato che «[s]ono state constatate carenze e violazioni della normativa in materia per il periodo che va fino alla campagna di commercializzazione 2003‑2004» e al punto 4.1.5 di detta relazione che la rettifica finanziaria aveva ad oggetto soltanto gli esercizi finanziari 2004 e 2005.

47      La circostanza per cui la Commissione ha altresì precisato al punto 4.1.2 della relazione di sintesi che «[p]er la campagna 2004‑2005, l’indagine ha appurato anche carenze nel sistema di controllo della Calabria» e che essa «di conseguenza (…) si riserva[va] il diritto di proporre una rettifica finanziaria per questa campagna in un momento successivo, basandosi anche sulle risultanze della presente indagine» non pregiudica la valutazione precedente. Infatti, la presa in considerazione della campagna 2004‑2005 comportava una proposta di rettifica finanziaria indipendente da quella suggerita in seguito alla campagna 2003‑2004. In mancanza di tale proposta, la rettifica finanziaria imposta aveva ad oggetto soltanto la campagna 2003‑2004, il che è confermato dagli esercizi finanziari riportati nella tabella che figura al punto 4.1.5 della relazione di sintesi per l’imposizione della rettifica finanziaria. Se detta rettifica avesse riguardato anche la campagna 2004‑2005, la relazione di sintesi avrebbe dovuto indicare l’esercizio finanziario 2006 in sede di calcolo della rettifica finanziaria.

48      Ne consegue che la rettifica finanziaria di cui trattasi riguarda esclusivamente la Calabria e la campagna 2003‑2004. Si deve pertanto respingere la censura della Repubblica italiana vertente sulle imprecisioni temporali.

49      Inoltre, secondo la Repubblica italiana, la Commissione non poteva considerare che, nella fattispecie, sussistessero una totale inadempienza nell’attuazione del sistema di controllo e irregolarità diffuse, come previsto dal documento n. VI/5330/97 per l’applicazione di una rettifica forfetaria del 25%.

50      Tuttavia, alla luce delle lacune illustrate nella relazione di sintesi e riportate ai punti 28 e seguenti supra, il Tribunale considera che la Commissione poteva qualificarle come carenze gravi nell’attuazione del sistema di controllo e ritenere che dette irregolarità fossero molto diffuse. L’impatto di tali irregolarità risulta ancora più significativo, in quanto la regione Calabria riceve più della metà dell’aiuto alla trasformazione degli agrumi di cui beneficia la Repubblica italiana.

51      Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dai vari argomenti esposti dalla Repubblica italiana.

52      Invero, quanto al fatto che la Repubblica italiana sostiene che la regione Calabria ha successivamente completato i controlli oggetto dei rilievi della Commissione, occorre sottolineare che la circostanza per cui, al momento dell’audit, tali controlli erano carenti è sufficiente a dimostrare un rischio per il Fondo e a invertire l’onere della prova. L’argomento della Repubblica italiana secondo il quale tali controlli sono stati successivamente completati non consente di rimettere in discussione la sussistenza di un rischio per il Fondo, dato che l’argomento si basa su una semplice dichiarazione e che non si precisa quando tali controlli sarebbero stati completati. In altri termini, un’affermazione così vaga e priva di elementi a suo sostegno non è sufficiente a dimostrare l’assenza di rischio per il Fondo. Occorre inoltre rammentare che la legittimità di una decisione della Commissione è valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto di cui essa disponeva o poteva disporre al momento della sua adozione. Pertanto, anche ipotizzando la fondatezza di tale argomento, gli elementi di prova a sostegno di tale posizione avrebbero dovuto essere resi noti alla Commissione prima dell’adozione della decisione impugnata e non in un momento successivo.

53      Per quanto attiene all’affermazione della Repubblica italiana secondo cui per i controlli fisici essa avrebbe rispettato la percentuale di controlli imposta dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 2111/2003, si deve constatare che la critica della Commissione non verte sul numero di controlli fisici relativo alla qualità dei prodotti finiti, bensì sulla circostanza che essi siano stati effettuati per i soli quantitativi consegnati in presenza degli ispettori (v. punto 29 supra). La Commissione contesta quindi la qualità di tali controlli, in quanto le autorità italiane non hanno effettuato controlli su quantitativi di prodotti finiti diversi da quelli che erano già stati oggetto di una verifica in occasione del controllo dei quantitativi consegnati alla trasformazione.

54      Per quanto riguarda l’affermazione della Repubblica italiana secondo cui era stato effettuato un controllo dettagliato presso i trasformatori, con una verifica contabile e amministrativa globale, ed era stato eseguito un controllo dei registri ufficiali da parte di altre amministrazioni pubbliche nonché un controllo a campione da parte delle autorità regionali, occorre osservare che, in ogni caso, la Repubblica italiana non produce nessuna prova a sostegno di tali argomenti. In assenza di prove, la Commissione poteva ritenere che i principali controlli amministrativi e contabili non fossero stati effettuati presso i trasformatori. La circostanza secondo la quale, a partire dal 2007, la regione Calabria aveva impartito ulteriori disposizioni finalizzate al controllo non incide sulla regolarità della rettifica finanziaria di cui trattasi, poiché essa riguarda soltanto le colture 2003 e 2004.

55      Occorre peraltro sottolineare che la Repubblica italiana non espone argomenti precisi per contestare le argomentazioni fondate sull’assenza di controlli amministrativi e contabili presso le organizzazioni dei produttori.

56      Da ultimo, secondo la Repubblica italiana, la Commissione non poteva ritenere che nella fattispecie ci fosse stata negligenza nella lotta contro le prassi irregolari o fraudolente, condizione prevista dal documento n. VI/5330/97 per l’applicazione di una rettifica forfetaria del 25%.

57      A tale proposito è giocoforza constatare che la Repubblica italiana non dimostra che la Commissione ha ritenuto a torto che le autorità italiane non abbiano effettuato alcun controllo a livello dei produttori diretto a ridurre il rischio che fosse concesso un aiuto per quantitativi fittizi o che un aiuto eccessivo fosse accordato a soggetti non membri delle organizzazioni di cui trattasi. Dato che gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire, con tutti gli strumenti di cui dispongono, il pieno rispetto del diritto dell’Unione, tale assenza di controllo integra una negligenza nella lotta contro le prassi irregolari.

58      Parimenti, la circostanza secondo cui la Commissione ha affermato che «[n]ella grande maggioranza dei casi i controlli amministrativi e contabili sono stati eseguiti soltanto dopo la missione di audit», ossia a partire dall’ottobre del 2005, non è stata rimessa in discussione dalla Repubblica italiana. Tale circostanza è sufficiente a dimostrare detta negligenza.

59      In considerazione di quanto precede, si può dichiarare che le condizioni previste dal documento n. VI/5330/97 ai fini dell’imposizione di una rettifica forfetaria del 25% erano soddisfatte, indipendentemente dai casi di frode dedotti nel contesto del regime di trasformazione degli agrumi.

60      Di conseguenza, ai fini della regolarità della rettifica imposta non rileva il fatto che l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) abbia dato l’impulso alle indagini per frode, che le autorità italiane abbiano collaborato, che esse abbiano sospeso l’erogazione delle somme per le annualità 2005‑2006 e abbiano chiesto il recupero delle annualità pregresse, che alcuni riconoscimenti siano stati revocati e che esse abbiano ottenuto la sostituzione di tutti i funzionari implicati. Infatti, poiché tali argomenti non consentono di rimettere in discussione la sussistenza delle irregolarità dedotte dalla Commissione, devono essere considerati inconferenti.

61      Da ultimo, alla luce delle irregolarità accertate dalla Commissione per quanto riguarda i controlli amministrativi e contabili, in particolare all’interno delle organizzazioni di produttori, non era sproporzionato imporre una rettifica forfetaria del 25% degli aiuti concessi alla trasformazione degli agrumi in Calabria per gli anni 2003 e 2004. Infatti, gli obiettivi legittimi perseguiti dalla Commissione consistono nel controllo della regolarità delle spese effettuate dalla Repubblica italiana nel corso degli anni 2003 e 2004 in seguito all’attuazione di un regime di aiuti ai produttori di taluni agrumi ad opera del regolamento n. 2202/96, e nel loro recupero qualora tali spese siano irregolari. In considerazione della gravità delle irregolarità commesse, ossia l’effettuazione parziale o addirittura la mancata effettuazione dei controlli essenziali, il rischio di spese irregolari effettuate dalle autorità italiane a favore dei produttori di cui trattasi può essere considerato grave. Una rettifica forfetaria del 25% delle spese effettuate può quindi essere considerata necessaria per raggiungere l’obiettivo del recupero delle spese irregolari effettuate dalle autorità italiane. Ne consegue che tale rettifica è conforme al principio di proporzionalità.

 Conclusione

62      Sulla scorta dei motivi che precedono, si deve respingere il secondo motivo nella sua totalità.

3.     Sul terzo motivo, relativo alla rettifica finanziaria imposta nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

 Contesto normativo

63      L’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 3950/92 del Consiglio, del 28 dicembre 1992, che istituisce un prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 405, pag. 1), così dispone:

«A decorrere dal 1° aprile 1993 è istituito, per altri sette periodi consecutivi di dodici mesi, un prelievo supplementare a carico dei produttori di latte vaccino; tale prelievo si applica ai quantitativi di latte o di equivalente latte, consegnati ad un acquirente o venduti direttamente per il consumo nel corso del periodo di dodici mesi di cui trattasi, che superano un quantitativo da determinare.

Il prelievo è fissato al 115% del prezzo indicativo del latte».

64      L’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1392/2001 della Commissione, del 9 luglio 2001, recante modalità d’applicazione del regolamento n. 3950/92 (GU L 187, pag. 19), così prevede:

«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il prelievo sui quantitativi di latte o di equivalente latte commercializzati che superano i quantitativi di cui all’articolo 3 del regolamento (…) n. 3950/92 sia correttamente riscosso e, nel caso delle consegne, si ripercuota sui produttori interessati.

(…)

3. Lo Stato membro verifica concretamente l’esattezza della contabilizzazione dei quantitativi commercializzati di latte e di equivalente latte; a tal fine, esso procede ad accertamenti sui trasporti di latte durante le operazioni di raccolta nelle aziende e, in particolare, controlla sul posto:

a)      presso gli acquirenti, i conteggi di cui all’articolo 5, paragrafo 2, nonché l’attendibilità della contabilità di magazzino e degli approvvigionamenti di cui all’articolo 14, paragrafi 2 e 3, sulla base dei documenti commerciali e d’altro tipo attestanti l’uso che è stato fatto del latte e dell’equivalente latte raccolti;

(…)».

65      L’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001, così dispone:

«Per ciascuno dei periodi di cui all’articolo 1 del regolamento (…) n. 3950/92, i controlli devono essere conclusi entro 21 mesi dalla fine del periodo di cui trattasi. Tali controlli non possono essere inferiori:

a)      per quanto riguarda l’articolo 11, paragrafo 3, lettera a), al 40% del quantitativo di latte dichiarato per il periodo di cui trattasi;

b)      per quanto riguarda l’articolo 11, paragrafo 3, lettera b), al 5% del numero di produttori interessati.

Un controllo è considerato concluso quando è disponibile la relazione di controllo corrispondente.

Nel corso di un periodo di 5 anni, ogni acquirente deve essere stato oggetto di almeno un controllo».

66      L’articolo 14 del regolamento n. 1392/2001 prevede quanto segue:

«1. Il produttore è tenuto ad accertarsi che l’acquirente da lui rifornito sia riconosciuto. Gli Stati membri possono prevedere delle sanzioni in caso di consegna ad un acquirente non riconosciuto.

2. L’acquirente tiene a disposizione dell’autorità competente dello Stato membro, per almeno tre anni a decorrere dalla fine dell’anno di elaborazione dei documenti in parola, da un lato, una contabilità di magazzino nella quale, per singolo periodo di dodici mesi e per ogni produttore, siano indicati il rispettivo nome e indirizzo, i dati di cui all’articolo 5, paragrafo 2, stabiliti per ogni mese o periodo di quattro settimane per i quantitativi consegnati e, per ogni anno per gli altri dati e, dall’altro, i documenti commerciali, la corrispondenza e le altre informazioni complementari previste dal regolamento (CEE) n. 4045/89 del Consiglio (…) che permettano di controllare la suddetta contabilità di magazzino.

3. L’acquirente è responsabile della contabilizzazione, nel quadro del regime del prelievo supplementare, di tutti i quantitativi di latte e/o di altri prodotti lattiero-caseari che gli sono stati consegnati; a tal fine tiene a disposizione dell’autorità competente dello Stato membro, per almeno tre anni a decorrere dalla fine dell’anno di elaborazione dei documenti in parola, l’elenco degli acquirenti e delle imprese dedite al trattamento o alla trasformazione di latte o di altri prodotti lattieri che lo hanno rifornito in latte od altri prodotti lattieri, e registra, mese per mese, il quantitativo consegnato da ogni produttore.

4. In occasione della raccolta nelle aziende, il latte e/o gli altri prodotti lattiero-caseari devono essere scortati da un documento che ne individualizzi la consegna. Inoltre, l’acquirente conserva la registrazione di ogni consegna individuale per almeno tre anni, a decorrere dalla fine dell’anno di elaborazione dei documenti in parola.

5. Il produttore che effettua vendite dirette tiene a disposizione dell’autorità competente dello Stato membro, per almeno tre anni a decorrere dalla fine dell’anno di elaborazione dei documenti in parola, sia una contabilità di magazzino nella quale, per ogni periodo di dodici mesi, indicano, mese per mese e prodotto per prodotto, i quantitativi di latte e/o dei prodotti lattiero-caseari venduti direttamente al consumo e/o a grossisti, imprese di stagionatura o dettaglianti, sia il registro degli animali che utilizzano nell’azienda per la produzione di latte, conformemente all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, e i documenti giustificativi che permettano di controllare la suddetta contabilità di magazzino».

 Giudizio del Tribunale

 Introduzione

67      Nella decisione impugnata, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria di EUR 13 676 821 per la campagna 2002‑2003 in seguito a irregolarità accertate nei controlli dei prelievi sui quantitativi di latte e di equivalente latte commercializzati eccedenti le quote latte imposte dal quadro normativo.

68      Detta rettifica è stata imposta a causa dell’assenza del numero previsto di controlli in loco effettuati in Italia dalle autorità italiane entro il termine del 31 dicembre 2004 in Puglia, Abruzzo e Lazio, nonché nella provincia di Trento. Secondo la Commissione, la carenza di controlli comportava il rischio che il prelievo dovuto sui quantitativi di latte consegnati o venduti direttamente ed eccedenti le quote nazionali non venisse riscosso.

69      Pertanto, per quanto riguarda la Puglia, la Commissione ha ritenuto la situazione seria sia per i controlli a livello dei quantitativi di latte consegnato sia per quelli a livello dei quantitativi di latte venduto direttamente. Essa ha accertato che dei centodiciotto controlli programmati, solo ventuno erano stati ultimati entro i termini previsti. Altri cinquantasette erano stati completati più tardi, e i rimanenti controlli non erano stati effettuati. Di conseguenza, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 5% sia per le consegne che per le vendite dirette.

70      Per quanto riguarda la provincia di Trento, la Commissione ha constatato che i quattordici controlli previsti erano stati tutti ultimati in ritardo, ossia ad aprile e maggio 2005. Inoltre, essa ha accertato che le relazioni erano state inviate all’organismo pagatore nazionale, l’AGEA, solo nell’ottobre 2007. Di conseguenza, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 5% sia per le consegne che per le vendite dirette.

71      Per quanto concerne l’Abruzzo, la Commissione ha accertato che dei tredici controlli che dovevano essere condotti sulle consegne, soltanto cinque erano stati conclusi entro la scadenza stabilita. I restanti controlli erano stati effettuati entro la fine di maggio 2005. Per le vendite dirette, essa ha constatato che tutti i controlli programmati erano stati eseguiti in ritardo. Dato che le lacune accertate non erano della stessa gravità di quelle riscontrate in Puglia o nella provincia di Trento, la Commissione ha applicato una rettifica forfetaria del 2% per le consegne e una rettifica forfetaria del 5% per le vendite dirette.

72      Da ultimo, per quanto attiene al Lazio, la Commissione ha indicato che dei trentadue controlli che dovevano essere eseguiti sulle consegne, ventidue erano stati effettuati nei termini stabiliti e i restanti dieci erano stati ultimati entro la fine di maggio 2005. Quanto alle vendite dirette, dei quattro controlli richiesti, tre erano stati effettuati entro i termini stabiliti e uno in ritardo. Anche per questa regione, la Commissione ha ritenuto che le lacune accertate non fossero della stessa gravità di quelle riscontrate in Puglia o nella provincia di Trento. Pertanto, la Commissione ha imposto soltanto una rettifica forfetaria del 2% per le consegne.

1.     Sulla violazione degli articoli 11, 12 e 14 del regolamento n. 1392/2001

73      La Repubblica italiana ritiene che la Commissione abbia violato gli articoli 11 e 12 del regolamento n. 1392/2001, avendo quest’ultima considerato che il termine per effettuare i controlli richiamato all’articolo 12 di detto regolamento fosse un termine perentorio. Secondo la Repubblica italiana, tale termine rappresenterebbe semplicemente una scadenza a partire dalla quale la Commissione può verificare se il sistema dei controlli sia adeguato. Essa ritiene che, anche se i controlli si concludono oltre detto termine, non sussistano rischi per il Fondo, purché i controlli si concludano entro un lasso di tempo sufficientemente breve che ragionevolmente non incrementi la possibilità di occultare in modo definitivo i quantitativi prodotti. Interpretando in questo modo l’articolo 12 del regolamento n. 1392/2001 non vi sarebbero ritardi, tranne che per i casi della provincia di Trento e della regione Puglia.

74      Il Tribunale osserva che l’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001 dispone che, per ciascuno dei periodi di cui all’articolo 1 del regolamento n. 3950/92, i controlli devono essere conclusi entro 21 mesi dalla fine del periodo di cui trattasi. Tale disposizione impone il completamento dei controlli entro detto termine senza prevedere eccezioni. Pertanto, dal tenore letterale stesso di tale disposizione emerge che il termine per la realizzazione dei controlli è un termine perentorio.

75      Inoltre, l’imposizione di un termine preciso per la conclusione dei controlli concorre a perseguire l’obiettivo di limitare il rischio di mancata riscossione delle somme dovute. Infatti, detto termine precisa le modalità di esercizio dei controlli ed è teso a raggiungere l’obiettivo di dissuadere tanto gli acquirenti quanto i produttori che effettuano vendite dirette dal dichiarare quantitativi inferiori di consegna o di vendite dirette di latte, allo scopo di evitare la corresponsione del prelievo supplementare. Inoltre, siffatto termine limita il rischio che, di fatto, i dati necessari a tali controlli non siano più disponibili, e ciò nonostante l’obbligo imposto agli operatori di conservare taluni documenti per un periodo di tre anni (v. articolo 14 del regolamento n. 1392/2001). Detto termine impedisce altresì che i controlli siano differiti sine die, circostanza che può tradursi in assenza di controllo e quindi nel rischio di mancata riscossione di prelievi dovuti. Da ultimo, tale termine deve consentire la programmazione dei controlli futuri sulla base di un’analisi del rischio come quella prevista dall’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento, n. 1392/2001. Ne consegue che la qualificazione come termine perentorio del termine di cui all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001 discende anche dall’economia di tale disposizione.

76      Tale interpretazione della portata dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001 non può essere rimessa in discussione dagli argomenti dedotti dalla Repubblica italiana, secondo i quali, nella fattispecie, la Commissione avrebbe, essa per prima, preso in considerazione come scadenza per i controlli il 10 marzo 2005 invece del 31 dicembre 2004, avrebbe limitato le sue verifiche alle regioni il cui tasso di ritardo nei controlli superava una determinata soglia e avrebbe precisato che un sistema è inadeguato solo se i ritardi nei controlli sono tali da rendere in concreto impossibili o inutili i controlli stessi.

77      Infatti, per principio, la portata chiara e precisa di una disposizione non può essere modificata dall’applicazione fattane da una parte nel caso di specie.

78      Inoltre, nella fattispecie, non si può addebitare alla Commissione di avere essa per prima ritenuto che il termine di cui all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001 fosse un termine facoltativo.

79      Infatti, ai sensi degli articoli 11 e 12 del regolamento n. 1392/2001, il 31 dicembre 2004 costituiva, nella fattispecie, la scadenza per l’esecuzione, da parte delle autorità italiane, dei controlli richiesti da detto regolamento. Orbene, nella relazione di sintesi, la Commissione ha più volte indicato tale data quale data limite per il completamento dei controlli ai sensi di dette disposizioni del regolamento n. 1392/2001.

80      Peraltro, se è vero che la Commissione ha chiesto e preso in considerazione dati sui controlli effettuati dalle autorità italiane alla data del 10 maggio 2005, è giocoforza constare che si è tenuto conto di tali dati soltanto nella sua proposta anteriore alla conciliazione, ai fini della stima dell’importo della rettifica finanziaria, e ciò a causa della mancata disponibilità d’informazioni riguardanti i controlli effettuati dalle autorità italiane al 31 dicembre 2004. Inoltre, come emerge dalla posizione finale della Commissione nella relazione di sintesi, in seguito alla trasmissione dei dati mancanti sul numero delle relazioni che non erano state fornite alle autorità competenti dalle varie regioni italiane prima del 31 dicembre 2004, la rettifica finanziaria da imporre alla Repubblica italiana è stata rivista.

81      Da ultimo, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica italiana, dal fatto che la Commissione abbia determinato l’importo della rettifica finanziaria sulla base dei «peggiori contravventori», ossia le regioni con il maggior numero di controlli non completati, non si può dedurre che la Commissione abbia ritenuto che il termine per la realizzazione dei controlli fosse facoltativo. Infatti, la qualificazione di detto termine non può dipendere dal metodo di rettifica utilizzato nella fattispecie in caso di mancato rispetto di tale termine.

82      Pertanto, la censura della Repubblica italiana vertente sulla violazione degli articoli 11, 12 e 14 del regolamento n. 1392/2001 dev’essere respinta.

 Sulla messa a disposizione delle relazioni di controllo

83      La Repubblica italiana addebita altresì alla Commissione di avere inteso come costitutivo di un ritardo nell’esercizio dei controlli previsti il fatto di non avere messo a disposizione le relazioni di controllo presso l’AGEA, l’organismo pagatore italiano. Secondo la Repubblica italiana, i controlli devono considerarsi ultimati una volta che le amministrazioni regionali competenti abbiano terminato di redigere le loro relazioni di controllo, e non nel momento in cui esse siano disponibili presso l’AGEA. Pertanto, nella fattispecie, la Repubblica italiana precisa che le relazioni di controllo ben potevano essere state predisposte dalle amministrazioni regionali e, quindi, i controlli ultimati entro il 31 dicembre 2004, sebbene dette relazioni non fossero state ancora inviate all’AGEA o inserite nei suoi protocolli.

84      In proposito occorre ricordare che, in forza dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1392/2001, un controllo è considerato concluso quando è disponibile la relazione di controllo corrispondente.

85      La disponibilità o meno della relazione di controllo ai sensi della disposizione summenzionata deve essere interpretata in funzione dalla sua finalità. La finalità di una relazione di controllo consiste nel consentire alle autorità competenti di prendere le misure necessarie a seconda dei risultati dei controlli. Data tale finalità, la redazione di una relazione di controllo da parte delle autorità regionali italiane senza che essa sia stata debitamente registrata presso l’AGEA non equivale alla disponibilità di detta relazione ai sensi della succitata disposizione. Infatti, l’AGEA non può svolgere appieno la sua funzione di gestione delle quote in generale se le relazioni di controllo redatte dalle autorità regionali italiane non sono debitamente registrate nei suoi protocolli.

86      Inoltre, si deve comunque constatare che, anche se i controlli dovessero essere considerati ultimati una volta completata la redazione delle relazioni di controllo da parte delle amministrazioni regionali competenti, la Repubblica italiana non dimostra che, nella fattispecie, il numero di controlli ultimati al 31 dicembre 2004 era superiore a quello preso in considerazione dalla Commissione.

87      Pertanto, la Repubblica italiana deduce a torto un’errata valutazione dell’ultimazione dei controlli.

 Sul difetto di motivazione e sull’errata valutazione dei fatti

88      La Repubblica italiana ritiene che la decisione impugnata sia viziata da difetto di motivazione perché sarebbe difficile capire su quali elementi si sia basata la Commissione per concludere che le regioni Abruzzo, Lazio e Puglia e la provincia di Trento rappresentavano una fonte di rischio finanziario per il Fondo. Essa reputa che la Commissione abbia ignorato il fatto che, il 30 aprile 2005, i controlli fossero quasi del tutto ultimati ovunque. Orbene, secondo la Repubblica italiana, solo una rappresentazione che tenesse conto del concreto sviluppo dinamico della situazione avrebbe potuto fondare un’ipotetica censura di complessiva inaffidabilità del sistema dei controlli e di conseguente rischio finanziario per il Fondo. Il completamento di detti controlli priverebbe di qualsiasi fondamento la rettifica imposta. La mancata considerazione di detto sviluppo dinamico è stata qualificata come travisamento dei fatti dalla Repubblica italiana nelle sue memorie. Tuttavia, in udienza, la Repubblica italiana ha riqualificato detta censura come errore di valutazione dei fatti.

89      Inoltre, la Repubblica italiana sostiene che le carenze nei controlli nelle regioni Abruzzo, Lazio e Puglia e nella provincia di Trento non erano diverse da quelle nelle regioni italiane Basilicata, Marche e Molise, che non hanno dato luogo ad una rettifica finanziaria, cosicché l’imposizione di una rettifica finanziaria sulla base dei mancati controlli in Abruzzo, Lazio e Puglia e nella provincia di Trento non sarebbe comprensibile.

90      A tale proposito occorre rammentare, come esposto al punto 17 supra, che la motivazione di un atto deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico dell’istituzione da cui promana l’atto, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo. Ne consegue che il difetto o l’insufficienza di motivazione costituisce un motivo relativo alla violazione delle forme sostanziali, distinto, in quanto tale, dal motivo attinente all’inesattezza dei motivi della decisione, il cui controllo rientra nell’esame della fondatezza di quest’ultima.

91      Orbene, come illustrato ai punti 68 e seguenti supra, la Commissione, nella relazione di sintesi, ha esposto in forma chiara e non equivoca le ragioni per le quali ha ritenuto necessario imporre rettifiche in seguito ai controlli effettuati dalle autorità italiane nelle regioni Puglia, Abruzzo e Lazio e nella provincia di Trento. Occorre pertanto respingere la censura vertente sul difetto di motivazione.

92      Tuttavia, la Repubblica italiana contesta altresì la fondatezza dei motivi addotti. A tale proposito, occorre anzitutto rammentare che, per le ragioni esposte ai punti 74 e seguenti supra, non si può addebitare alla Commissione di avere valutato al 31 dicembre 2004 se i controlli richiesti fossero stati effettuati.

93      Inoltre, in considerazione del numero dei controlli non eseguiti entro i termini in Puglia, Abruzzo, Lazio e nella provincia di Trento, si doveva constatare che le autorità italiane non avevano proceduto a un controllo inteso a fornire garanzie sufficienti circa la regolarità dei prelievi da effettuare. Di conseguenza, il sistema di controllo predisposto dalle autorità italiane non poteva essere considerato attendibile. Tale inattendibilità comportava un rischio per il Fondo, come esposto nella relazione di sintesi e al punto 75 supra.

94      Per quanto attiene alle conseguenze di tali carenze e, in particolare, alle rettifiche finanziarie imposte nella fattispecie, occorre constatare che la Commissione ha preso in considerazione entità territoriali a rischio alla luce del numero di controlli che non erano stati ultimati al 31 dicembre 2004 all’interno di tali entità. Si deve peraltro osservare che essa non ha ignorato il fatto che un certo numero di controlli erano stati effettuati dopo il 31 dicembre 2004. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, la situazione dei controlli nelle regioni e nella provincia summenzionate non era «del tutto soddisfacente», dato che in tali territori un gran numero di controlli è stato ultimato in ritardo, che per la provincia di Trento sono state inviate all’AGEA relazioni di controllo con anni di ritardo e che, per la regione Puglia, al momento dell’adozione della relazione di sintesi i controlli non erano ancora stati completati. Il fatto che l’assenza di taluni controlli in altre regioni sia stata ritenuta non pericolosa non può rimettere in discussione le valutazioni che precedono.

95      Pertanto, si devono respingere le censure della Repubblica italiana vertenti sul difetto di motivazione e sull’errata valutazione dei fatti dedotte con il terzo motivo.

 Conclusione

96      Per tutti i motivi che precedono, occorre respingere il terzo motivo nella sua interezza.

4.     Sul quarto, quinto e sesto motivo, vertenti sulle rettifiche forfetarie degli aiuti alla superficie

 Contesto normativo

97      L’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 160, pag. 103), così dispone:

«La Commissione decide in merito alle spese non ammesse al finanziamento comunitario di cui agli articoli 2 e 3 qualora constati che alcune spese non sono state eseguite in conformità alle norme comunitarie.

Prima che sia adottata una decisione di rifiuto del finanziamento, i risultati delle verifiche della Commissione e le risposte dello Stato membro interessato costituiscono oggetto di comunicazioni scritte, in base alle quali le due parti cercano di raggiungere un accordo circa la soluzione da individuare.

In assenza di accordo, lo Stato membro può chiedere che sia avviata una procedura volta a conciliare le rispettive posizioni nel termine di quattro mesi e il cui esito costituisce oggetto di una relazione alla Commissione, che la esamina prima di una decisione di rifiuto del finanziamento.

La Commissione valuta gli importi da rifiutare tenendo conto, in particolare, della gravità dell’inosservanza constatata. La Commissione tiene conto a tal fine del tipo e della gravità dell’inosservanza nonché del danno finanziario causato alla Comunità (…)».

98      L’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 prevede quanto segue:

«1. La Commissione decide gli importi da escludere dal finanziamento comunitario qualora constati che alcune spese, di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, non sono state eseguite in conformità delle norme comunitarie, secondo la procedura di cui all’articolo 41, paragrafo 3.

2. La Commissione valuta gli importi da rifiutare tenendo conto, in particolare, della gravità dell’inosservanza constatata. La Commissione tiene conto a tal fine del tipo e della gravità dell’inosservanza, nonché del danno finanziario causato alla Comunità.

3. Prima che sia adottata una decisione di rifiuto del finanziamento, i risultati delle verifiche della Commissione e le risposte dello Stato membro interessato costituiscono oggetto di comunicazioni scritte, in base alle quali le parti cercano di raggiungere un accordo sulle misure da adottare.

In assenza di accordo, lo Stato membro può chiedere che sia avviata una procedura volta a conciliare le rispettive posizioni nel termine di quattro mesi, il cui esito costituisce oggetto di una relazione alla Commissione, che la esamina prima di adottare una decisione di rifiuto del finanziamento (…)».

99      L’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 3508/92 del Consiglio, del 27 novembre 1992, che istituisce un sistema integrato di gestione e di controllo di taluni regimi di aiuti comunitari (GU L 355, pag. 1), recita:

«Dopo averne informato in tempo utile le autorità competenti interessate, gli agenti della Commissione possono effettuare:

–        qualsiasi esame o controllo per quanto concerne l’insieme delle misure adottate per l’istituzione e l’attuazione del sistema integrato (…)».

100    L’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001 (GU L 270, pag. 1), così dispone:

«Dopo aver informato in tempo utile le autorità competenti, rappresentanti autorizzati, nominati dalla Commissione, possono procedere a:

–        esami o controlli relativi alle misure adottate per istituire ed attuare il sistema integrato (…)».

101    L’articolo 15 del regolamento (CE) n. 2419/2001 della Commissione, dell’11 dicembre 2001, che fissa le modalità di applicazione del sistema integrato di gestione e di controllo relativo a taluni regimi di aiuti comunitari istituito dal regolamento n. 3508/92 (GU L 327, pag. 11), così dispone:

«I controlli amministrativi e in loco sono effettuati in modo da consentire l’efficace verifica del rispetto delle condizioni di concessione degli aiuti».

102    L’articolo 22 del regolamento n. 2419/2001 dispone quanto segue:

«1. La determinazione della superficie delle parcelle agricole si effettua con qualsiasi mezzo appropriato, definito dalla competente autorità e atto a garantire una precisione almeno equivalente a quella richiesta dalle disposizioni nazionali per le misurazioni ufficiali. La tolleranza di misurazione può essere definita dall’autorità competente come una tolleranza che non può superare il 5% della superficie della parcella agricola o una fascia di 1,5 m rispetto al perimetro della parcella agricola. In termini assoluti la tolleranza massima per ciascuna parcella agricola non può comunque essere superiore a 1,0 ha.

2. La superficie totale di una parcella agricola può essere presa in considerazione, purché sia interamente utilizzata secondo le norme usuali dello Stato membro o della regione interessata. Negli altri casi, viene considerata la superficie realmente utilizzata.

Per le regioni in cui taluni elementi, come le siepi, i fossi e i muri, rientrano per tradizione nelle buone pratiche agricole di coltivazione od uso del suolo, gli Stati membri possono stabilire che la superficie corrispondente sia considerata parte di una superficie interamente utilizzata, a condizione che non superi una larghezza totale che gli Stati membri devono determinare. Tale larghezza deve corrispondere alla larghezza tradizionale nelle regioni interessate e non deve superare i due metri.

Previa notificazione alla Commissione, uno Stato membro può autorizzare una larghezza superiore a due metri se tali superfici sono state prese in considerazione in sede di fissazione delle rese delle regioni di cui trattasi.

3. Lo Stato membro verifica l’ammissibilità delle parcelle agricole con qualsiasi mezzo appropriato. A tal fine è richiesta, se necessario, la presentazione di prove supplementari».

103    L’articolo 23 del regolamento n. 2419/2001 prevede quanto segue:

«1. In relazione al campione di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera a) gli Stati membri possono ricorrere al telerilevamento, anziché ai controlli in loco tradizionali, alle condizioni fissate dal presente articolo. Se del caso si applicano le disposizioni contenute negli articoli 17, 18, 19 e 20, nella prima frase dell’articolo 21 e nell’articolo 22.

2. Le zone da controllare mediante telerilevamento sono scelte sulla base di un’analisi dei rischi oppure a caso (…)».

104    L’articolo 31, paragrafo. 2, del regolamento n. 2419/2001 prevede che «se la superficie dichiarata nella domanda di aiuto per superficie è superiore a quella determinata, per lo stesso gruppo di colture, nel corso dei controlli amministrativi o dei controlli in loco, l’importo dell’aiuto viene calcolato in base alla superficie determinata per quel gruppo di colture».

105    L’articolo 30 del regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 (GU L 141, pag. 18), così dispone:

«1. La determinazione della superficie delle parcelle agricole si effettua con qualsiasi mezzo appropriato definito dalla competente autorità e atto a garantire una precisione almeno equivalente a quella richiesta dalle disposizioni nazionali per le misurazioni ufficiali. L’autorità competente può definire una tolleranza di misurazione non superiore al 5% della superficie della parcella agricola o a una fascia di 1,5 m rispetto al perimetro della parcella agricola. In termini assoluti, la tolleranza massima per ciascuna parcella agricola non può comunque essere superiore a 1,0 ha.

2. Può essere presa in considerazione la superficie totale di una parcella agricola, purché sia interamente utilizzata secondo le norme usuali dello Stato membro o della regione interessata. Negli altri casi viene considerata la superficie realmente utilizzata.

Per le regioni in cui taluni elementi, come le siepi, i fossi e i muri, rientrano per tradizione nelle buone pratiche agricole di coltivazione o uso del suolo, gli Stati membri possono stabilire che la superficie corrispondente sia considerata parte di una superficie interamente utilizzata, a condizione che non superi una larghezza totale che gli Stati membri devono determinare. Tale larghezza corrisponde tassativamente alla larghezza tradizionale nelle regioni interessate e non supera i due metri.

Previa notifica alla Commissione, uno Stato membro può autorizzare una larghezza superiore a due metri se le aree a seminativi interessate sono state prese in considerazione in sede di fissazione delle rese delle regioni in questione.

3. Ad integrazione del paragrafo 2, nel caso delle parcelle dichiarate ai fini del regime di pagamento unico, rientrano nella superficie totale di una parcella agricola gli elementi di cui agli atti elencati nell’allegato III del regolamento (…) n. 1782/2003 e gli elementi che possono rientrare nelle buone condizioni agronomiche e ambientali di cui all’articolo 5 e all’allegato IV di tale regolamento.

4. L’ammissibilità delle parcelle agricole è verificata con qualsiasi mezzo appropriato. A tal fine è richiesta, se necessario, la presentazione di prove supplementari».

106    L’articolo 50, paragrafo 2, del regolamento n. 796/2004 prevede che «nel caso di una domanda di aiuto a titolo del regime di pagamento unico, qualora vi sia una discrepanza tra i diritti all’aiuto dichiarati e la superficie dichiarata, il calcolo del pagamento si basa sul valore inferiore».

107    L’articolo 51 del regolamento n. 796/2004 così prevede:

«Qualora, in relazione a un gruppo di colture, la superficie dichiarata ai fini di qualsiasi regime di aiuto per superficie, a eccezione di quelli per le patate da fecola e le sementi in conformità rispettivamente degli articoli 93 e 99 del regolamento (…) n. 1782/2003, sia superiore alla superficie determinata conformemente all’articolo 50, paragrafi da 3 a 5 del presente regolamento, l’importo dell’aiuto è calcolato sulla base della superficie determinata, da cui è sottratta due volte l’eccedenza constatata, se questa è superiore al 3% o a due ettari ma inferiore al 20% della superficie determinata.

Se l’eccedenza constatata è superiore al 20% della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per superficie relativamente al gruppo di colture di cui trattasi.

2. Qualora, relativamente alla superficie globale determinata oggetto di una domanda unica di aiuto, fatta eccezione per le patate da fecola e le sementi in conformità rispettivamente degli articoli 93 e 99 del regolamento (…) n. 1782/2003, la superficie dichiarata superi di oltre il 30% la superficie determinata in conformità dell’articolo 50, paragrafi da 3 a 5 del presente regolamento, l’aiuto a cui l’agricoltore avrebbe avuto diritto nel quadro dei regimi di aiuto in questione ai sensi dell’articolo 50, paragrafi da 3 a 5 del presente regolamento, non è concesso per l’anno civile considerato.

Se la differenza è superiore al 50%, l’agricoltore è escluso ancora una volta dal beneficio dell’aiuto per un importo corrispondente alla differenza tra la superficie dichiarata e la superficie determinata in conformità dell’articolo 50, paragrafi da 3 a 5. Tale importo è detratto dai pagamenti degli aiuti nel quadro di uno qualsiasi dei regimi di cui ai titoli III e IV del regolamento (…) n. 1782/2003, a cui l’agricoltore avrebbe diritto in virtù delle domande presentate nel corso dei tre anni civili successivi a quello di accertamento. Se l’importo non può essere detratto integralmente da tali pagamenti, il saldo restante viene annullato.

3. Ai fini del presente articolo, qualora un agricoltore che presenta domanda di aiuto per le colture energetiche conformemente all’articolo 88 del regolamento (…) n. 1782/2003 o che dichiara superfici come ritirate dalla produzione, conformemente all’articolo 55, lettera b) o all’articolo 107, paragrafo 3, primo trattino dello stesso regolamento, non consegni il quantitativo previsto di una qualunque materia prima agricola, si considera che non abbia adempiuto ai suoi obblighi per quanto riguarda le parcelle destinate alle colture energetiche o ritirate dalla produzione in relazione a una superficie calcolata moltiplicando la superficie coltivata e da lui utilizzata per la produzione di materie prime per la percentuale delle mancate consegne della materia prima in questione».

 Giudizio del Tribunale

 Introduzione

108    Nella decisione impugnata, in seguito a indagini svolte dai suoi servizi nel 2005, la Commissione ha ritenuto che i metodi di controllo applicati dalla Repubblica italiana nell’ambito degli aiuti alla superficie fossero carenti. Essa ha imposto rettifiche forfetarie in seguito all’accertamento di tali carenze.

109    In particolare, per quanto riguarda le carenze nei controlli effettuati dalle autorità italiane nell’ambito degli aiuti alla superficie sulla base di ortofoto scattate nell’anno di detti controlli, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 2% su tutte le spese per gli anni 2003 e 2004 e una rettifica forfetaria del 2% sulle spese relativi agli aiuti «per superfici» erogate ai sensi dell’articolo 69 e del titolo IV del regolamento n. 1782/2003 per il 2005.

110    Per quanto concerne le carenze nei controlli effettuati dalle autorità italiane nell’ambito degli aiuti alla superficie sulla base di ortofoto scattate negli anni precedenti detti controlli, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 5% sulle spese relative all’aiuto «per superfici» erogate ai sensi dell’articolo 69 e del titolo IV del regolamento n. 1782/2003 e una rettifica del 2% sulle spese erogate ai sensi del regime del pagamento unico.

 Sulla considerazione dei controlli di qualità effettuati dalle autorità italiane

111    La Repubblica italiana addebita, in sostanza, alla Commissione di non avere tenuto conto del fatto che i controlli di secondo livello, denominati anche controlli di qualità, effettuati dalle autorità italiane, non costituiscono la ripetizione dei controlli di primo livello, e di non avere tenuto in considerazione i risultati positivi di detti controlli, di cui essa aveva informato la Commissione nel corso del procedimento, inviandole la relazione dell’AGEA del 22 ottobre 2007. L’avere ignorato detti risultati comporterebbe una violazione dell’obbligo d’istruttoria sancito dall’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e dall’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005 nonché dell’obbligo di motivazione incombente alla Commissione e avrebbe come conseguenza un travisamento dei fatti. In udienza, la Repubblica italiana ha precisato che la censura vertente sul travisamento dei fatti doveva essere intesa come avente ad oggetto un errore di valutazione dei fatti.

112    A tale proposito si deve osservare che, con lettere del 17 agosto 2005 e del 3 gennaio 2006, la Commissione ha comunicato alle autorità italiane che le ispezioni effettuate dal 16 al 20 maggio 2005 e dal 26 al 30 settembre 2005 nel quadro della verifica del sistema integrato di gestione e di controllo per i seminativi in Italia avevano rivelato lacune nei controlli effettuati dalle autorità italiane. Nella lettera del 3 gennaio 2006, la Commissione ha in particolare criticato il metodo di controllo utilizzato dalle autorità italiane, in quanto esso non era sufficientemente preciso.

113    Inoltre, in esito a una riunione bilaterale tenutasi il 14 luglio 2006, la Commissione ha confermato alle autorità italiane, nella lettera del 5 ottobre 2006, che la verifica del sistema di controllo italiano aveva consentito di rilevare che tale sistema non era totalmente attendibile. Essa ha quindi mostrato che, in numerosi casi, non era stata operata una corretta distinzione tra le differenti colture e che non erano stati individuati gli elementi inammissibili alle misure di sostegno finanziario. Inoltre, essa ha constatato che il sistema informatico utilizzato per verificare l’ammissibilità delle domande di aiuto conteneva indicazioni errate in seguito all’inserimento inesatto dei confini delle colture e di elementi inammissibili sul supporto cartaceo dell’ortofoto. Con lettera del 16 marzo 2007, la Commissione ha presentato proposte di rettifiche finanziarie in considerazione delle carenze summenzionate.

114    In seguito a tale proposta, le autorità italiane hanno adito l’organo di conciliazione che, nelle sue conclusioni, ha in particolare affermato che il rischio eventualmente derivante da una carenza nei controlli di primo livello poteva essere valutato soltanto dopo aver esaminato la validità dei controlli di qualità in atto. Esso ha invitato le autorità italiane a trasmettere immediatamente ai servizi della Commissione una descrizione completa della metodologia applicata nella realizzazione dei controlli qualitativi e dati concernenti la loro frequenza e i risultati ottenuti. In seguito a tali conclusioni, la Commissione ha rivisto le rettifiche proposte.

115    In una relazione del 22 ottobre 2007, l’AGEA ha fornito una descrizione dei controlli di qualità. Secondo tale descrizione, detti controlli consistevano nel ripetere in maniera indipendente tutte le operazioni effettuate in occasione del primo controllo.

116    Da ultimo, nella relazione di sintesi, la Commissione ha rilevato differenze tra le misurazioni delle particelle agricole effettuate dalle autorità italiane e quelle effettuate dai suoi servizi, ciò che dimostra che il metodo utilizzato dalle autorità italiane non dava un risultato sufficientemente preciso in alcuni casi e, di conseguenza, non rispettava i requisiti di cui agli articoli 15 e 22 del regolamento n. 2419/2001 e agli articoli 23 e 30 del regolamento n. 796/2004. Inoltre, nella sua posizione finale contenuta nella relazione di sintesi, la Commissione ha affermato di avere tenuto conto, nella proposta di rettifica finanziaria, dei controlli di qualità condotti dalle autorità italiane, ma che il rischio non poteva essere valutato sulla base di tali controlli, poiché questi ultimi erano effettuati seguendo la stessa procedura criticata di cui ai controlli di primo livello. Nella decisione impugnata, la Commissione ha imposto le rettifiche descritte supra ai punti 109 e seguenti.

117    Alla luce di quanto precede, la Repubblica italiana ritiene a torto che la Commissione non abbia mai contestato la validità del sistema di controllo utilizzato in Italia e che abbia rilevato soltanto errori puntuali commessi durante la concreta applicazione di detto sistema.

118    In considerazione di quanto precede, nemmeno si può addebitare alla Commissione di non avere ottemperato agli obblighi procedurali ad essa incombenti in forza dell’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e dell’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005. In particolare, non si può rimproverare alla Commissione di non avere preso in considerazione i controlli di qualità effettuati dalle autorità italiane o il parere dell’organo di conciliazione. Infatti, l’efficacia dei controlli operati dalle autorità italiane era al centro dell’istruttoria condotta dalla Commissione. La Commissione ha fatto espressamente riferimento ai controlli di qualità nella relazione di sintesi, ha valutato la metodologia seguita ed è giunta a considerare che tali controlli fossero stati effettuati secondo la stessa procedura impiegata per i controlli di primo livello, e ha valutato la loro efficacia paragonandone i risultati a quelli dei propri controlli. Pertanto, la Commissione ha tenuto conto dei controlli di qualità effettuati dalle autorità italiane e non le si può addebitare un difetto di istruttoria.

119    Inoltre, la Repubblica italiana lamenta a torto che la Commissione non ha indicato la ragione per cui aveva ritenuto che i controlli di qualità italiani e i loro risultati non fossero attendibili, poiché la Commissione ha indicato, nella relazione di sintesi, che essi non sono stati presi in considerazione in quanto applicavano la stessa metodologia criticata per i controlli di primo livello.

120    Infine, riguardo al fatto che la Repubblica italiana addebita alla Commissione di non avere esaminato correttamente i controlli di secondo livello, in particolare ignorando l’esistenza e le modalità di attuazione di tali controlli di qualità e i loro risultati positivi, occorre osservare che nella relazione del 22 ottobre 2007 l’AGEA ha indicato che i controlli di qualità operati dalle autorità italiane erano controlli indipendenti non semplicemente formali, ma anche sostanziali.

121    Tuttavia, in detta relazione l’AGEA ha precisato che, nel corso dei controlli di qualità, tutte le operazioni effettuate in occasione del primo controllo erano ripetute in maniera indipendente, e questo nel caso sia del sopralluogo in campo sia del successivo riporto a video. I controlli di qualità consistevano quindi nella ripetizione e nella valutazione quantitativa e qualitativa di tutte le operazioni relative alla fase di lavoro oggetto di verifica della qualità. L’AGEA ha altresì affermato che, poiché la metodologia di controllo italiana non prevedeva misurazioni dirette delle superfici in campo, nemmeno la verifica di qualità, in tale fase di controllo, le prevedeva, né con il GPS [Global Positioning System (sistema di posizionamento globale via satellite)] né con altri sistemi. Infine, l’AGEA ha precisato che, per quanto atteneva alla fase di riporto a video nel sistema d’identificazione geografica, le verifiche riguardavano in particolare l’esattezza e la precisione della digitalizzazione del confine catastale e la corretta sovrapposizione della mappa catastale, il corretto e congruente riporto di tutti i poligoni rilevati in campo e presenti sull’ortofoto sovrapposta alla mappa catastale, la corretta memorizzazione delle informazioni relative al codice utilizzo, al codice varietà e allo stato di coltivazione, nonché la corretta eliminazione delle eventuali aree non eleggibili.

122    Alla luce di tale relazione dell’AGEA, la Commissione poteva ritenere, senza commettere errori, che la metodologia seguita per i controlli di qualità dalle autorità italiane fosse la stessa applicata ai controlli di primo livello. Errori dovuti alla metodologia dei controlli di primo livello non potevano quindi essere corretti mediante i controlli di qualità.

123    Inoltre, la Commissione non ha commesso errori di valutazione per quanto concerne le modalità di attuazione dei controlli di qualità italiani e i loro risultati, dal momento che essa ha constatato, in seguito alla sua missione di verifica sul posto, che detti controlli di qualità non avevano consentito di evitare numerosi errori. Infatti, la revisione da parte della Commissione dei controlli effettuati dalle autorità italiane sulla base delle ortofoto dell’anno di cui trattasi ha evidenziato numerosi casi caratterizzati dall’assenza di separazione evidente tra le colture e dalla mancata eliminazione degli elementi inammissibili. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la percentuale molto rilevante delle particelle erroneamente valutate o con una differenza di misurazione indicasse trascuratezza nei lavori di informatizzazione dei risultati dei controlli in loco. Per i controlli sulla base delle ortofoto di anni precedenti, la Commissione ha indicato che le visite in loco effettuate in occasione delle sue missioni avevano messo in evidenza, da un lato, rilievi inesatti dei limiti delle colture e la considerazione di elementi inammissibili e, dall’altro, una digitalizzazione non corretta dei rilievi effettuati dall’ispettore. La Commissione non avrebbe potuto pervenire a tali constatazioni se i controlli di qualità fossero stati del tutto efficaci.

 Sul campione di particelle oggetto delle verifiche della Commissione

124    La Repubblica italiana ritiene che la Commissione sia venuta meno all’obbligo di istruttoria in quanto, a differenza di un controllo precedente, essa ha esteso a tutte le particelle del territorio italiano l’ipotesi secondo la quale esse presentavano o potevano presentare le medesime carenze riscontrate in un ristrettissimo campione di aziende, tutte scelte tra quelle che presentavano caratteristiche tali da massimizzare la probabilità di errore. Il campione così selezionato non sarebbe statisticamente rappresentativo. Tale assenza di esame sulla base di un campione rappresentativo della situazione reale sul terreno violerebbe l’articolo 7, paragrafo 4, del regolamento n. 1258/1999 e l’articolo 31 del regolamento n. 1290/2005. Infatti, la Commissione non avrebbe esaminato i fatti rilevanti. Secondo la Repubblica italiana, il livello di rischio finanziario per il Fondo e la necessità di procedere a una rettifica forfetaria dipendono dall’entità, determinata statisticamente, dei controlli carenti rispetto al totale dei controlli realizzati.

125    Quanto al fatto che la Repubblica italiana contesta l’approccio mirato della Commissione, consistente nel verificare, sulla base dei risultati di un controllo precedente, le situazioni maggiormente idonee a presentare carenze, occorre ricordare che il FEAOG finanzia unicamente gli interventi effettuati in conformità alle norme comunitarie nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli (v. sentenza del Tribunale del 4 settembre 2009, Austria/Commissione, T‑368/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 70 e la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, se un finanziamento non è concesso in conformità a tali norme, dev’essere recuperato.

126    D’altronde, è già stato dichiarato che la Commissione è obbligata non già a dimostrare esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle amministrazioni nazionali o l’inesattezza dei dati da queste trasmessi, bensì a corroborare con elementi probatori i dubbi seri e ragionevoli da essa espressi a proposito di tali controlli e di tali dati (v. sentenza Austria/Commissione, punto 125 supra, punto 71 e la giurisprudenza ivi citata).

127    Di conseguenza, la Commissione poteva adottare l’approccio mirato in questione. Infatti, quest’ultimo consente un’allocazione efficace delle risorse della Commissione con l’obiettivo di minimizzare il rischio di perdite finanziarie. Tale approccio è tanto più giustificato non essendo la Commissione obbligata a dimostrare esaurientemente l’insufficienza dei controlli effettuati dalle autorità italiane. Pertanto, la Repubblica italiana addebita a torto alla Commissione di essere venuta meno al suo obbligo di istruttoria a causa di detto approccio mirato.

128    La Repubblica italiana reputa inoltre che i risultati dei controlli effettuati dalla Commissione non siano rappresentativi e che essi non possano quindi essere estrapolati a livello di tutta l’Italia. Essa afferma in particolare che l’approccio della Commissione non è coerente, poiché il livello di rischio finanziario per il Fondo deriva proprio dall’entità, statisticamente determinata, dei controlli carenti rispetto al totale dei controlli effettuati. Ciò varrebbe soprattutto, anzi esclusivamente, in caso di rettifiche forfetarie. In assenza di un campione rappresentativo della proporzione presuntiva (ma verosimile) tra controlli regolari e situazioni irregolari, non sarebbe possibile sapere quale sia il livello globale di rischio che il Fondo corre né, prima ancora, stabilire se si debba procedere a una rettifica forfetaria o analitica.

129    A tale proposito occorre rammentare che la Commissione ha fondato le rettifiche imposte nella fattispecie, in particolare, su lacune nei metodi di controllo applicati dalle autorità italiane. Se è vero che tali lacune sono state certamente rilevate in seguito a indagini effettuate nelle regioni più a rischio, dalla decisione impugnata non emerge che la Commissione abbia proceduto, sulla base dei risultati delle sue verifiche dei metodi di controllo delle autorità italiane, a un’estrapolazione statistica delle somme da recuperare a livello di tutto il territorio.

130    Infatti, dalla relazione di sintesi risulta che, alla luce delle carenze metodologiche nei controlli effettuati dalle autorità italiane, illustrate dalla circostanza per cui tali controlli non hanno consentito di individuare alcuni errori, la Commissione, in applicazione delle proprie linee guida contenute nel documento n. VI/5330/97, ha imposto una rettifica finanziaria ritenendola il mezzo più appropriato per valutare il rischio.

131    Orbene, la Commissione poteva considerare che un approccio forfetario per la determinazione dell’importo degli aiuti da recuperare fosse giustificato, in quanto le irregolarità riguardavano i metodi di controllo e risultava impossibile determinare il loro impatto reale sulle spese irregolari e quindi sulle perdite finanziarie subite dal Fondo. Invero, la legittimità di un siffatto approccio forfetario è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza (sentenze della Corte del 18 settembre 2003, Regno Unito/Commissione, C‑346/00, Racc. pag. I‑9293, punti 53‑54, e del 24 aprile 2008, Belgio/Commissione, C‑418/06 P, Racc. pag. I‑3047, punto 136). Tale approccio comporta che la rettifica sia valutata a seconda del rischio che può comportare per il Fondo l’insufficienza di cui trattasi, circostanza che si valuta in particolare tenendo conto della gravità di detta insufficienza.

132    Inoltre, in considerazione di quanto esposto, non si può rimproverare alla Commissione di non aver proceduto allo stesso modo impiegato in un audit precedente. Il fatto che in un audit precedente si sia ritenuto che i controlli fossero generalmente soddisfacenti non consente infatti di rimettere in discussione le constatazioni effettuate dalla Commissione in seguito ai controlli oggetto della decisione impugnata.

133    Pertanto, si deve respingere la censura della Repubblica italiana secondo la quale la Commissione non avrebbe correttamente esaminato i fatti rilevanti, poiché essa non ha considerato i risultati delle insufficienze accertate come statisticamente rappresentativi per tutte le regioni italiane e poiché poteva legittimamente concentrare i suoi controlli sulle aziende più a rischio.

 Sul valore irrisorio delle perdite dovute alle irregolarità evidenziate

134    La Repubblica italiana ritiene che la Commissione abbia violato gli obblighi di motivazione e di istruttoria ad essa incombenti, poiché la decisione impugnata non consentirebbe di comprendere in che modo gli errori accertati dalla Commissione, la cui percentuale media sarebbe dello 0,38% delle superfici dichiarate stando a documenti allegati alle memorie della Repubblica italiana, abbiano potuto portare alla conclusione che il sistema italiano di controllo fosse talmente carente da presentare un rischio di perdita per il Fondo e che tali carenze giustificassero l’applicazione delle rettifiche del 2% e del 5% imposte nella fattispecie. In proposito, la Repubblica italiana fa riferimento alla lettera della Commissione del 16 marzo 2007, nella quale quest’ultima avrebbe affermato che le differenze constatate non comportavano necessariamente un impatto finanziario, per il fatto di rientrare in numerosi casi nei margini di tolleranza tecnica ammessa dall’articolo 30 del regolamento n. 796/2004.

135    In via preliminare, occorre respingere la domanda della Commissione di dichiarare irricevibili i documenti prodotti dalla Repubblica italiana concernenti la percentuale media degli errori accertati dalla Commissione. Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, la produzione di tali documenti non viola il principio del contraddittorio, in quanto la stessa ha potuto prendere posizione in ordine a detti documenti, perlomeno in udienza. Inoltre, tali documenti sono stati prodotti a sostegno del motivo vertente sul difetto di motivazione e sul difetto di esame, che era già stato dedotto nell’atto di ricorso. Pertanto, non si può ritenere che tali documenti siano stati prodotti a sostegno di un motivo nuovo. La Commissione richiama quindi a torto, per evitare che si tenga conto di detti documenti, la giurisprudenza secondo la quale la produzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata a meno che detti motivi non siano fondati su elementi di fatto o di diritto emersi nel corso del procedimento (sentenza della Corte del 5 novembre 2002, Commissione/Belgio, C‑471/98, Racc. pag. I‑9681, punto 41).

136    Inoltre, per quanto riguarda il difetto di motivazione dedotto dalla Repubblica italiana, si deve rammentare che, come esposto al punto 17 supra, l’obbligo di motivazione è un obbligo di forma che non verte sull’esattezza dei motivi. Orbene, dalla relazione di sintesi emergono i motivi per i quali la Commissione nella fattispecie ha ritenuto che gli errori accertati giustificassero le rettifiche imposte. Infatti, come illustrato ai punti 97 e seguenti supra, la Commissione nella relazione di sintesi ha considerato che, alla luce delle lacune nei metodi di controllo utilizzati dalle autorità italiane, sussisteva per il Fondo un rischio che giustificava le rettifiche imposte. Al punto 12.2.5 della relazione di sintesi, la Commissione ha espressamente esposto le ragioni per le quali ha imposto i tassi di rettifica. Pertanto, la Repubblica italiana deduce a torto un difetto di motivazione fondato sull’assenza di precisione della decisione impugnata relativamente alle condizioni che, alla luce del documento n. VI/5330/97, avrebbero potuto giustificare l’applicazione di una rettifica ai tassi imposti nella fattispecie.

137    Da ultimo, per quanto attiene alla critica della Repubblica italiana secondo cui la Commissione non avrebbe debitamente esaminato i fatti rilevanti, occorre osservare che tale censura è legata a quella di merito vertente sull’adeguatezza della rettifica finanziaria imposta nella decisione impugnata alla Repubblica italiana, che sarà valutata infra ai punti 156 e seguenti.

 Sull’impiego degli strumenti GPS

–       Sul rispetto del principio del contraddittorio

138    La Repubblica italiana deduce una violazione del principio del contraddittorio in ragione del fatto che, durante le indagini, i servizi della Commissione non l’avrebbero informata dell’uso esclusivo degli strumenti GPS per effettuare i controlli.

139    A tale proposito, secondo il Tribunale non è credibile che le autorità italiane non sapessero che gli strumenti GPS sarebbero stati utilizzati per i controlli della Commissione. Infatti, per ammissione della stessa Repubblica italiana, strumenti GPS erano già stati utilizzati nel corso di un audit precedente in Italia e, per giunta, gli strumenti GPS utilizzati nella fattispecie erano stati messi a disposizione dei rappresentanti della Commissione dalle autorità italiane. In tali circostanze, queste ultime avrebbero dovuto sapere che detti strumenti sarebbero stati utilizzati per i controlli della Commissione.

140    Peraltro, dalla lettera della Commissione alle autorità italiane dell’11 luglio 2005, avente ad oggetto la missione di controllo in Italia dal 26 al 30 settembre 2005, emerge che la Commissione ha espressamente chiesto che, per il 28 e 29 settembre 2005, le fossero messi a disposizione strumenti GPS al fine dei controlli in loco. La Repubblica italiana sostiene quindi a torto che la Commissione non ha mai fatto presente alle autorità italiane l’intenzione di utilizzare strumenti GPS per i suoi controlli.

141    Da ultimo, e in ogni caso, si deve ricordare che il principio del contraddittorio, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione e che fa parte, segnatamente, dei diritti della difesa, esige che la parte interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace la propria posizione sull’esistenza e sulla rilevanza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione per suffragare l’asserita infrazione del Trattato (v. sentenza del Tribunale del 4 settembre 2009, Italia/Commissione, T‑211/05, Racc. pag. II‑2777, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata). Nell’ambito dei procedimenti FEAOG, è stato dichiarato che detto principio richiedeva che la decisione finale e definitiva sulla liquidazione dei conti fosse emanata al termine di uno specifico procedimento contraddittorio che garantisse debitamente agli Stati membri interessati la possibilità di esporre le loro ragioni (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 dicembre 2000, Germania/Commissione, C‑245/97, Racc. pag. I‑11261, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).

142    Anche a dover supporre che, nella fattispecie, le autorità italiane non fossero state informate, prima dell’audit, dell’uso che i servizi della Commissione avrebbero fatto degli strumenti GPS, tale circostanza non comporterebbe una violazione del principio del contraddittorio, poiché dette autorità potevano contestare nel corso del procedimento i risultati dell’audit effettuato sulla base di detti strumenti. Orbene, la Repubblica italiana non produce alcun elemento atto a dimostrare che essa non ha potuto contestare, nel corso del procedimento amministrativo, i risultati dell’audit effettuato sulla base degli strumenti GPS.

143    La censura della Repubblica italiana vertente sulla violazione del principio del contraddittorio deve pertanto essere respinta.

–       Sul difetto d’istruttoria

144    A sostegno della censura secondo la quale la Commissione non ha proceduto ad un’istruttoria completa, la Repubblica italiana afferma anzitutto che, avendo essa scelto come strumento di controllo degli aiuti alla superficie il telerilevamento, ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 2419/2001 per gli anni 2003 e 2004 e dell’articolo 30 del regolamento n. 796/2004 per il 2005, i servizi della Commissione avrebbero dovuto valutare l’efficacia del sistema di controllo utilizzando la stessa metodologia.

145    Questo argomento dev’essere respinto. Infatti, nessuna delle disposizioni citate impone alla Commissione un tale obbligo. Inoltre, la Commissione può verificare l’efficacia degli strumenti di controllo predisposti dalle autorità italiane con tutti i mezzi legali disponibili. Tale potere discende dall’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 3508/92 e dall’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento n. 1782/2003, che prevedono che, dopo avere informato in tempo utile le autorità competenti interessate, gli agenti della Commissione possono effettuare qualsiasi esame o controllo per quanto concerne l’insieme delle misure adottate per l’istituzione e l’attuazione del sistema integrato.

146    La Repubblica italiana afferma poi che gli audit effettuati dalla Commissione non potevano dare risultati attendibili perché gli strumenti GPS utilizzati per detti audit non erano stati previamente testati dal Centro comune di ricerca della Commissione (CCR) a Ispra, a differenza di quelli utilizzati per un audit precedente recante il riferimento AA/2004/14. Inoltre, tale mancata certificazione delle risultanze fornite dagli strumenti GPS, a causa dell’assenza di test, implica, secondo la Repubblica italiana, che le autorità italiane non avevano alcun onere di contestare specificamente dette risultanze nel corso degli audit o nelle successive fasi del procedimento. La deduzione di tale circostanza sarebbe sufficiente a privare di valore i dati forniti dagli strumenti GPS di cui trattasi.

147    A tale proposito, secondo il Tribunale, il fatto che gli strumenti GPS utilizzati dalla Commissione nella fattispecie non siano stati testati dal CCR non è sufficiente a dimostrare l’erroneità dei risultati ottenuti tramite detti strumenti. Inoltre, poiché non si contesta che tali strumenti GPS siano stati forniti dalle autorità italiane, queste ultime avrebbero dovuto, in ottemperanza all’obbligo di leale cooperazione sancito dall’articolo 10 CE, sincerarsi che gli strumenti GPS messi a disposizione della Commissione fossero attendibili. A maggior ragione dato che, per lo meno per una delle missioni in loco, la Commissione aveva annunciato che detti strumenti dovevano essere messi a sua disposizione (v. punto 139 supra). Se le autorità italiane avessero avuto il minimo dubbio in ordine all’affidabilità dei citati strumenti, spettava in primo luogo a loro verificarne l’affidabilità. Dato che dette autorità non hanno proceduto a tali verifiche, i loro argomenti al riguardo non possono essere condivisi.

148    La Commissione poteva altresì considerare, senza commettere errori o venire meno all’obbligo d’istruttoria, come avvenuto nella relazione di sintesi, che il rilievo delle posizioni e le misurazioni da parte dei suoi servizi per mezzo di strumenti GPS fossero più attendibili della stima a vista delle distanze praticata nella fattispecie dagli ispettori delle autorità italiane.

149    Inoltre, la Repubblica italiana non produce nessun elemento di prova a dimostrazione dell’inaffidabilità delle verifiche effettuate per mezzo degli strumenti GPS. Se la Repubblica italiana avesse veramente ritenuto che i risultati delle verifiche effettuate dalla Commissione fossero errati a causa dell’utilizzo degli strumenti GPS di cui trattasi, essa avrebbe dovuto fornire prove al riguardo. Orbene, si deve necessariamente constatare che né durante il procedimento amministrativo né dinanzi al Tribunale la Repubblica italiana ha dimostrato che i rilievi effettuati sulla base degli strumenti GPS utilizzati dai servizi della Commissione fossero errati.

150    La Repubblica italiana non può d’altronde affermare che la mancata certificazione degli strumenti GPS la dispensava dal contestare specificamente i risultati ottenuti per mezzo di tali strumenti nel corso degli audit o durante le fasi successive del procedimento. Infatti, dalla mancata certificazione degli strumenti GPS essa non poteva dedurre che i risultati ottenuti per mezzo di questi ultimi erano errati.

151    Occorre pertanto respingere la censura della Repubblica italiana fondata sul difetto d’istruttoria da parte della Commissione riguardo all’uso degli strumenti GPS per gli audit in questione.

152    Tale conclusione non è rimessa in discussione dagli argomenti della Repubblica italiana stando ai quali la Commissione avrebbe giudicato la metodologia di controllo italiana affidabile ed efficace sul piano operativo in occasione di un audit precedente, ma inadeguata negli audit oggetto della presente causa.

153    Invero, oltre al fatto che la Repubblica italiana non descrive con precisione al Tribunale la metodologia di controllo oggetto dell’audit precedente, cosicché il suo paragone con quella di cui trattasi nella fattispecie non è chiaro, il Tribunale considera che, anche se risultasse che la Commissione aveva adottato in audit precedenti una posizione diversa in ordine all’attendibilità del metodo di controllo italiano, ciò non comporta affatto l’erroneità dei risultati degli audit che i servizi della Commissione hanno condotto nella fattispecie per mezzo degli strumenti GPS.

154    La conclusione esposta al punto 149 supra non è rimessa in discussione nemmeno dall’assenza di obiezioni sostanziali da parte della Corte dei conti dell’Unione europea sul metodo di controllo o sulla misurazione delle superfici in occasione di visite effettuate in Italia concernenti domande di aiuti.

155    Infatti, nelle sue memorie, la Commissione ha correttamente considerato che, in mancanza di precisazioni e di documenti che consentano di verificare la rilevanza del parere della Corte dei conti per la questione sollevata nella fattispecie, tale argomento non poteva rimettere in discussione la valutazione che precede.

 Sull’adeguatezza delle rettifiche

–       Introduzione

156    La Repubblica italiana ritiene che le rettifiche delle spese relative agli aiuti alla superficie che le sono state imposte dalla decisione impugnata siano sproporzionate. A sostegno di tale censura, la Repubblica italiana deduce, in sostanza, quattro argomenti. In primo luogo, essa reputa che la Commissione abbia erroneamente omesso di calcolare le rettifiche finanziarie in base al criterio del riferimento, per la campagna del 2005, ai soli aiuti alla superficie accoppiati alla produzione. In secondo luogo, essa addebita alla Commissione di non aver escluso i diritti speciali dal calcolo delle rettifiche finanziarie. In terzo luogo, essa rimprovera alla Commissione di non aver escluso dal calcolo delle rettifiche finanziarie le particelle destinate ad un uso unico del suolo. In quarto luogo, essa ritiene che le rettifiche finanziarie siano state a torto imposte senza tenere conto della tolleranza tecnica e della compensazione all’interno dei gruppi di colture previsti dal quadro normativo.

157    Si deve ricordare in proposito che il principio di proporzionalità impone che gli strumenti istituiti da una disposizione di diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerli (v. punto 39 supra).

158    Occorre peraltro sottolineare, come constatato da una costante giurisprudenza, che, per quanto attiene all’importo della rettifica finanziaria, la Commissione può spingersi fino a rifiutare la presa in carico da parte del FEAOG di tutte le spese sostenute, se constata che non ci sono meccanismi di controllo sufficienti (sentenza della Corte del 20 settembre 2001, Belgio/Commissione, C‑263/98, Racc. pag. I‑6063, punto 125). Del pari, se, nel contesto della sua missione di liquidazione dei conti, la Commissione, invece di negare il finanziamento della totalità delle spese, tenta di fissare norme intese a differenziare, secondo il grado di rischio che presentano per il FEAOG, diversi livelli di carenza di controllo, lo Stato membro deve dimostrare che tali criteri sono arbitrari e iniqui (sentenze della Corte del 4 luglio 1996, Grecia/Commissione, C‑50/94, Racc. pag. I‑3331, punto 28, e del Tribunale del 28 marzo 2007, Spagna/Commissione, T‑220/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 102).

–       Sulla considerazione di aiuti diversi dagli aiuti alla superficie accoppiati alla produzione

159    La Repubblica italiana ritiene che, per la campagna 2005, l’importo della rettifica forfetaria per gli aiuti alla superficie sia sproporzionato, poiché la Commissione ha calcolato tale importo sulla base dell’importo totale degli aiuti «per superfici» erogati e non sulla base dei soli importi erogati a favore dei «regimi di aiuto alla superficie accoppiati alla produzione», che rappresentano soltanto l’11% di detto importo totale.

160    Alla luce di tale censura, va precisato che il regolamento n. 1782/2003 ha istituito un sistema di sostegno al reddito del produttore che è disaccoppiato dalla produzione di talune colture, da cui la denominazione di «spese disaccoppiate» di tali aiuti. Il sistema di sostegno al reddito disaccoppiato per ogni azienda agricola raggruppa un certo numero di pagamenti diretti esistenti prima dell’adozione del regolamento n. 1782/2003 in un pagamento unico. Il sistema disaccoppiato non ha però completamente sostituito il regime di aiuto alla produzione. Quindi, il titolo IV del regolamento n. 1782/2003 prevede regimi di aiuti che non rientrano in quello del pagamento unico. L’articolo 69 del regolamento n. 1782/2003 prevede, peraltro, la possibilità, per gli Stati membri, di erogare un pagamento supplementare per tipi specifici di agricoltura ritenuti importanti per tutelare o valorizzare l’ambiente, ovvero per migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli.

161    Nella fattispecie, dalla relazione di sintesi emerge che per il 2005 la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 2% sulle spese relative all’aiuto «per superfici» erogate in forza dell’articolo 69 e del titolo IV del regolamento n. 1782/2003 a causa di carenze nell’interpretazione delle immagini rilevate in occasione dei controlli effettuati dalle autorità italiane sulla base delle ortofoto dell’anno di cui trattasi. Inoltre, per lo stesso anno, la Commissione ha imposto una rettifica forfetaria del 5% sulle spese relative all’aiuto «per superfici» erogate in forza dell’articolo 69 e del titolo IV del regolamento n. 1782/2003 e una rettifica del 2% sulle spese erogate a titolo del regime del pagamento unico a causa delle carenze ravvisate nella procedura di controllo basata su ortofoto degli anni precedenti.

162    La Commissione ha quindi distinto le spese disaccoppiate (regime di pagamento unico di cui al titolo III del regolamento n. 1782/2003) dalle spese accoppiate (regime di cui all’articolo 69 e al titolo IV del regolamento n. 1782/2003). Tale distinzione si rinviene negli importi presi in considerazione al fine di determinare gli importi delle rettifiche imposte. Infatti, dalla tabella allegata alla lettera della Commissione alle autorità italiane del 14 maggio 2008 risulta che la Commissione ha distinto i due tipi di spese. Orbene, la Repubblica italiana non presenta alcun elemento che consenta di rimettere in causa l’esattezza degli importi presi in considerazione in detta tabella ai fini di determinare, per il 2005, la somma delle spese accoppiate.

163    Di conseguenza, non si può addebitare alla Commissione di non avere distinto, in occasione del calcolo della rettifica finanziaria per la campagna 2005, le spese relative agli aiuti disaccoppiati da quelle afferenti agli aiuti accoppiati.

–       Sulla considerazione dei diritti speciali

164    La Repubblica italiana ritiene altresì che il principio di proporzionalità sia stato violato in quanto la rettifica forfetaria delle spese relative al regime di pagamento unico è stata calcolata sulla base di un importo che comprende «diritti speciali» contemplati dall’articolo 47 del regolamento n. 1782/2003, ossia diritti attribuiti indipendentemente dalla superficie.

165    In seguito alla risposta della Commissione a un quesito scritto del Tribunale in cui essa ha descritto le modalità di esclusione dei «diritti speciali» dal calcolo della rettifica in questione, la Repubblica italiana ha dichiarato, in udienza, di rinunciare alla censura fondata sull’inclusione di «diritti speciali» nell’importo preso in considerazione per il calcolo delle rettifiche delle spese relative al regime di pagamento unico. Non è più necessario, quindi, che il Tribunale si pronunci su tale censura.

–       Sulla considerazione della particelle destinate ad un uso unico

166    La Repubblica italiana considera che l’analisi dei dati rilevati nel corso dei controlli effettuati per le campagne 2003, 2004 e 2005 mostra che più della metà delle particelle catastali afferenti alle aziende campione è destinata ad un unico uso del suolo. Per tali particelle, secondo la Repubblica italiana, alla luce dell’articolo 22 del regolamento n. 2419/2001 e dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 796/2004, si doveva presumere che le superfici coltivate coincidessero con le superfici catastali. La Repubblica italiana reputa, di conseguenza, che le particelle destinate a un uso unico del suolo avrebbero dovuto essere escluse dal calcolo di eventuali rettifiche finanziarie. La mancata esclusione di tali superfici dal calcolo delle rettifiche finanziarie nella fattispecie comporta, a suo parere, una violazione del principio di proporzionalità.

167    Riguardo a tale censura, si deve osservare che tanto l’articolo 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2419/2001 quanto l’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento n. 796/2004 stabiliscono che la superficie totale di una parcella agricola può essere presa in considerazione solo purché sia interamente utilizzata secondo le norme usuali dello Stato membro o della regione interessata. Tali disposizioni precisano che, per le regioni in cui taluni elementi, come le siepi, i fossi e i muri, rientrano per tradizione nelle buone pratiche agricole di coltivazione od uso del suolo, gli Stati membri possono stabilire che la superficie corrispondente sia considerata parte di una superficie totale utilizzata, a condizione che non superi una larghezza totale che gli Stati membri devono determinare. Tale larghezza deve corrispondere alla larghezza tradizionale nelle regioni interessate e non deve superare i due metri. Tuttavia, previa notificazione alla Commissione, uno Stato membro può autorizzare una larghezza superiore a due metri se tali superfici sono state prese in considerazione in sede di fissazione delle rese delle regioni di cui trattasi.

168    Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica italiana, da dette disposizioni non può desumersi che le particelle destinate a un uso unico del suolo coincidano presumibilmente con le superfici catastali. Soltanto se la particella è interamente utilizzata secondo le norme usuali dello Stato membro o della regione interessata, la sua superficie totale, come indicata nel catasto, può essere presa in considerazione.

169    Occorre d’altronde rammentare che nella relazione di sintesi la Commissione ha in particolare addebitato alla Repubblica italiana la mancata esclusione di elementi inammissibili. L’uso unico del suolo non consente di rimettere in discussione la fondatezza di tale critica. Infatti, dalla circostanza per cui una particella agricola è utilizzata per una monocoltura non si può dedurre che tale particella non contenga alcun elemento inammissibile quale un bosco, un fabbricato, ecc.

170    Pertanto, la Repubblica italiana deduce a torto una violazione del principio di proporzionalità per il fatto che le particelle destinate a un uso unico del suolo non siano state escluse dal calcolo delle rettifiche finanziarie impostele nell’ambito dei seminativi dalla decisione impugnata.

–       Sulla considerazione dei margini di tolleranza tecnica e della compensazione all’interno dei gruppi

171    La Repubblica italiana reputa sproporzionate le rettifiche impostele per gli aiuti alla superficie, in quanto né il margine di tolleranza tecnica previsto dall’articolo 22 del regolamento n. 2419/2001 per gli anni 2003 e 2004 e dall’articolo 30 del regolamento n. 796/2004 per il 2005, né la compensazione all’interno del gruppo prevista dall’articolo 31 del regolamento n. 2419/2001 per gli anni 2003 e 2004 e dall’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento n. 796/2004 per il 2005 sarebbero stati debitamente presi in considerazione. La percentuale delle superfici qualificate a torto come ammissibili dall’amministrazione italiana sarebbe estremamente esigua, cosicché non si potrebbe ritenere che il sistema dei controlli in loco fosse talmente insufficiente da presentare un rischio di perdita per il Fondo.

172    In particolare, la Repubblica italiana afferma che, sia per le domande di pagamento nell’ambito dei diritti ordinari sia per quelle nell’ambito del pagamento unico, il 69% delle stesse riguardava aziende aventi una superficie ammissibile superiore a quella cui si riferivano i propri diritti. Orbene, ai sensi dell’articolo 50, paragrafo 2, del regolamento n. 796/2004, nel caso di una domanda di aiuto nell’ambito del regime di pagamento unico, qualora vi sia una discrepanza tra i diritti all’aiuto dichiarati e la superficie dichiarata, il calcolo del pagamento si basa sul valore inferiore. Inoltre, la Repubblica italiana ritiene che l’errore medio riscontrato risulterebbe pari allo 0,38% delle superfici dichiarate.

173    Occorre anzitutto osservare che la Repubblica italiana non contesta che per più del 30% delle domande di pagamento relative ai diritti ordinari o al regime di pagamento unico che sono state oggetto di un controllo da parte delle autorità italiane, le aziende di cui trattasi non possedevano superfici ammissibili superiori a quelle cui si riferivano i diritti detenuti. Si deve poi sottolineare che le percentuali menzionate supra dalla Repubblica italiana non sono state determinate sulla base di tutte le aziende richiedenti, ma soltanto sulla base di quelle oggetto di un controllo da parte dell’AGEA, e che gli errori riscontrati traggono origine, in particolare, nell’attuazione, da parte delle autorità italiane, di un sistema di controllo che, a causa della sua metodologia, non permetteva di individuare sistematicamente tutti gli errori (v. punto 122 supra). Ne consegue che l’argomento della Repubblica italiana secondo il quale, nella fattispecie, non sussisteva alcun rischio per il Fondo dev’essere respinto.

174    Va poi ricordato che, per i motivi esposti al punto 131 supra, la Commissione poteva procedere a una valutazione forfetaria delle rettifiche da apportare. Tale rettifica deve tuttavia essere proporzionata alla gravità delle irregolarità accertate.

175    Nella specie, dal momento che la Repubblica italiana non ha dimostrato che la Commissione ha ritenuto a torto che, nell’ambito della verifica dei controlli sulla base delle ortofoto dell’anno di cui trattasi, sussistessero numerosi casi in cui mancava una separazione evidente delle colture o in cui non erano stati esclusi dal sistema elementi inammissibili, che incidevano sull’attendibilità della digitalizzazione e dei controlli in loco, non era sproporzionato imporre una rettifica forfetaria del 2% per gli anni 2003 e 2004 e una rettifica del 2% per il 2005 quanto alle spese accoppiate.

176    Del pari, considerate le carenze nella procedura di controllo italiana basata sull’utilizzo di ortofoto degli anni precedenti, per il fatto che esse non permettono di escludere rilievi inesatti dei confini delle colture ed elementi inammissibili, e una digitalizzazione scorretta dei rilievi effettuati dagli ispettori, non era sproporzionato imporre una rettifica forfetaria del 5% sulle spese accoppiate alla superficie e una rettifica del 2% sulle spese erogate nell’ambito del regime di pagamento unico.

177    In particolare, la rettifica del 5% sulle spese accoppiate menzionate al punto precedente è giustificata per tutte le campagne di cui trattasi, poiché la metodologia di controllo utilizzata dalle autorità italiane era idonea a incidere sia sul controllo dei confini delle colture sia sulla mancata esclusione di elementi inammissibili. A tali elementi si aggiungono le carenze riscontrate nella digitalizzazione dei dati nel sistema di controllo. Per contro, per le spese erogate nell’ambito del regime di pagamento unico, dato che esse non dipendevano più dai confini delle colture, la mancata esclusione di elementi inammissibili e gli errori nella digitalizzazione potevano giustificare una rettifica forfetaria del 2%.

178    Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica italiana secondo il quale le carenze rilevate dagli audit non riguardavano la determinazione della superficie delle aziende agricole, e pertanto concernevano soltanto il regime della politica agricola comune applicabile agli esercizi precedenti il 2006. Infatti, nella relazione di sintesi, la Commissione ha considerato che, per quanto attiene alla procedura di controllo basata sull’utilizzo di ortofoto di anni precedenti, la procedura di controllo attuata dalle autorità italiane era carente, poiché non aveva consentito di escludere sistematicamente elementi inammissibili dalle superfici prese in considerazione. Di conseguenza, la Repubblica italiana ritiene a torto che le carenze rilevate dagli audit non riguardassero la determinazione della superficie delle aziende agricole.

179    Peraltro, la Repubblica italiana non può rimproverare alla Commissione di avere affermato, nella lettera del 16 marzo 2007, che le differenze constatate tra le dimensioni delle particelle risultanti dalle ortofoto digitali e quelle accertate definitivamente a seguito delle ispezioni comunitarie non comportavano necessariamente un impatto finanziario in quanto le differenze riscontrate rientravano nei margini di tolleranza tecnica ammessi dalla regolamentazione comunitaria. Infatti, come esposto dalla Commissione, la Repubblica italiana ha travisato un passaggio della lettera del 16 marzo 2007. In tale lettera, la Commissione afferma infatti che «[s]ebbene le differenze constatate non comportino necessariamente un impatto finanziario, il tasso molto elevato di particelle mal valutate ovvero che presentano una differenza di misurazione denota una grave negligenza nei lavori di digitalizzazione dei risultati dei controlli in loco, il che si traduce, a sua volta, in un rischio concreto per il Fondo». La Commissione non fa alcun riferimento ai margini di tolleranza tecnica, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica italiana.

180    La conclusione esposta al punto 176 supra non può essere rimessa in discussione nemmeno dall’argomento prospettato dalla Repubblica italiana, secondo il quale gli errori rilevati a livello delle particelle catastali non possono essere utilizzati come criterio per la rettifica finanziaria, poiché l’articolo 51 del regolamento n. 796/2004 prevede che il calcolo dell’importo dell’aiuto è effettuato a livello di «gruppo di colture», quindi dopo aver operato, all’interno dello stesso gruppo, le opportune compensazioni.

181    Oltre al fatto che tale argomento è difficilmente comprensibile, si deve necessariamente constatare che la Repubblica italiana non indica in che misura tali considerazioni consentano di dimostrare che gli inadempimenti sono stati constatati a torto dalla Commissione in seguito agli audit, o che portano all’imposizione di rettifiche inadeguate. In particolare, la Repubblica italiana non spiega come una compensazione all’interno di un gruppo di colture possa, nella fattispecie, neutralizzare gli inadempimenti accertati dalla Commissione. In assenza di una siffatta dimostrazione, tale argomento non può rimettere in discussione la valutazione operata supra e dev’essere respinto.

 Sullo sviamento di potere

182    Con il sesto motivo, la Repubblica italiana sostiene che la Commissione è incorsa in uno sviamento di potere, concentrando i controlli sulle situazioni maggiormente atte a presentare carenze. Essa afferma che la Commissione ha preordinato un metodo di controllo che non poteva non pervenire a una conclusione negativa, e che, se il metodo di controllo influenza il risultato, la funzione di controllo è esercitata in modo oggettivamente non coerente con la sua finalità, e quindi in modo sviato.

183    Si deve anzitutto osservare che la Repubblica italiana deduce tale sesto motivo vertente su uno sviamento di potere per la prima volta nella replica, alla luce degli argomenti presentati dalla Commissione nel controricorso. Orbene, come illustrato al punto 37 supra, è vietata la deduzione di motivi nuovi, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Nella fattispecie, detta censura non è fondata su elementi di fatto o di diritto emersi durante il procedimento, ma su argomenti presentati dalla Commissione. Inoltre, essa non può essere considerata un’estensione di un motivo esistente, dato che la Repubblica italiana la qualifica come motivo di ricorso ulteriore. Ne consegue che tale motivo è irricevibile.

184    Inoltre, occorre rammentare che, come riconosciuto da una giurisprudenza costante, un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato CE per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza della Corte del 15 maggio 2008, Spagna/Consiglio, C‑442/04, Racc. pag. I‑3517, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata, e sentenza Qualcomm/Commissione, punto 17 supra, punto 161).

185    Orbene, nella fattispecie, la Repubblica italiana non dimostra in base a indizi oggettivi, pertinenti e concordanti che la Commissione ha adottato un metodo di controllo per raggiungere un fine diverso da quello di verificare se il Fondo finanziasse unicamente gli interventi effettuati in conformità alle norme comunitarie nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati agricoli. Infatti, la Repubblica italiana nemmeno indica altri fini che la Commissione avrebbe perseguito né una procedura elusa. Pertanto, tale motivo nuovo è, peraltro, anche infondato.

2.     Conclusione

186    Per tutte le ragioni che precedono, occorre respingere il quarto, quinto e sesto motivo della Repubblica italiana e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

187    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

188    Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente in tutti i suoi motivi, va condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Repubblica italiana sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

Azizi

Frimodt Nielsen

van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 ottobre 2012.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sul primo motivo relativo alla rettifica finanziaria imposta nel settore dell’esportazione di ortofrutticoli e di zucchero

Contesto normativo

Giudizio del Tribunale

2.  Sul secondo motivo, relativo alle rettifiche imposte nel settore della trasformazione degli agrumi

–  Contesto normativo

Giudizio del Tribunale

Introduzione

Sul difetto di motivazione

Sul difetto di istruttoria

Sulla violazione del principio di proporzionalità

Conclusione

3.  Sul terzo motivo, relativo alla rettifica finanziaria imposta nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

Contesto normativo

Giudizio del Tribunale

Introduzione

1.  Sulla violazione degli articoli 11, 12 e 14 del regolamento n. 1392/2001

Sulla messa a disposizione delle relazioni di controllo

Sul difetto di motivazione e sull’errata valutazione dei fatti

Conclusione

4.  Sul quarto, quinto e sesto motivo, vertenti sulle rettifiche forfetarie degli aiuti alla superficie

Contesto normativo

Giudizio del Tribunale

Introduzione

Sulla considerazione dei controlli di qualità effettuati dalle autorità italiane

Sul campione di particelle oggetto delle verifiche della Commissione

Sul valore irrisorio delle perdite dovute alle irregolarità evidenziate

Sull’impiego degli strumenti GPS

–  Sul rispetto del principio del contraddittorio

–  Sul difetto d’istruttoria

Sull’adeguatezza delle rettifiche

–  Introduzione

–  Sulla considerazione di aiuti diversi dagli aiuti alla superficie accoppiati alla produzione

–  Sulla considerazione dei diritti speciali

–  Sulla considerazione della particelle destinate ad un uso unico

–  Sulla considerazione dei margini di tolleranza tecnica e della compensazione all’interno dei gruppi

Sullo sviamento di potere

2.  Conclusione

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.