Language of document : ECLI:EU:C:2024:300

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY M. COLLINS

presentate l’11 aprile 2024 (1)

Causa C710/22 P

JCDecaux Street Furniture Belgium

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Articolo 107, paragrafo 1, TFUE – Aiuto cui le autorità belghe hanno dato esecuzione a favore della JCDecaux Street Furniture Belgium – Mancato pagamento di canoni di locazione e di tasse per supporti pubblicitari installati nel territorio della città di Bruxelles (Belgio) – Vantaggio economico – Meccanismo di compensazione – Decisione della Commissione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato interno e ne dispone il recupero – Non contraddittorietà della motivazione – Controllo della Corte sulla valutazione dei fatti e degli elementi probatori – Esclusione, salvo il caso di snaturamento»






 Introduzione

1.        Con la presente impugnazione, la JCDecaux Street Furniture Belgium (in prosieguo: la «JCDecaux») chiede l’annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale dell’Unione europea nella causa T‑642/19 (2), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione (UE) 2019/2120 della Commissione europea, del 24 giugno 2019, relativa all’aiuto di Stato cui il Belgio ha dato esecuzione a favore della JCDecaux Belgium Publicité [SA.33078 (2015/C) (ex 2015/NN)] (3). In particolare, la presente causa offre alla Corte l’opportunità di pronunciarsi sulla natura e sulla portata del controllo giurisdizionale che essa è chiamata a esercitare nell’ambito di un’impugnazione.

 Fatti

2.        La città di Bruxelles (Belgio) e la JCDecaux hanno stipulato due contratti successivi, della durata di quindici anni ciascuno, aventi ad oggetto l’installazione nel territorio di tale città di pensiline pubblicitarie e di elementi di arredo urbano per l’informazione (in prosieguo: i «MUPI»), parte dei quali poteva essere utilizzata a fini pubblicitari (4).

3.        Il primo contratto, datato 16 luglio 1984 (in prosieguo: il «contratto del 1984») riguardava pensiline pubblicitarie e MUPI dei quali la JCDecaux rimaneva proprietaria. Esso prevedeva, in particolare, che quest’ultima non versasse alla città di Bruxelles alcun pagamento a titolo di canoni di locazione, canoni o tasse di occupazione per le pensiline e per i MUPI, ma dovesse fornire a quest’ultima una serie di prestazioni in natura, consistenti nella fornitura gratuita di cestini per la carta, servizi igienici pubblici e giornali elettronici e nella realizzazione di una cartina generale della città, di una cartina dei servizi turistici e alberghieri e di una cartina delle vie pedonali della città. Come corrispettivo, la JCDecaux era autorizzata a utilizzare a fini pubblicitari taluni supporti integrati alle pensiline e ai MUPI messi a disposizione o disgiunti da essi. Ciascuno di tali supporti poteva essere utilizzato per una durata quindicennale a partire dalla sua installazione constatata da un verbale in contraddittorio(5).

4.        Nel 1998 la città di Bruxelles ha indetto una gara d’appalto avente ad oggetto «la produzione, la fornitura, l’installazione, la messa in funzione, la manutenzione e la riparazione di [MUPI], di pensiline per passeggeri e di supporti di affissione, una parte dei quali pot[eva] essere utilizzata a fini pubblicitari». Al fine di rispettare i propri impegni contrattuali derivanti dal contratto del 1984 e di garantire la trasparenza della gara d’appalto, la città di Bruxelles ha indicato, nell’allegato 10 al capitolato speciale d’oneri di detto appalto (in prosieguo: l’«allegato 10»), 282 pensiline e 198 MUPI rientranti nel contratto del 1984 (in prosieguo: i «supporti elencati nell’allegato 10»), relativamente ai quali il diritto di sfruttamento della JCDecaux non era ancora scaduto ai sensi di tale contratto, indicando l’ubicazione e la data di scadenza del periodo di utilizzo di ciascuno di essi.

5.        A seguito dell’aggiudicazione della gara d’appalto da parte della JCDecaux, il 14 ottobre 1999 è stato stipulato un secondo contratto tra quest’ultima e la città di Bruxelles (in prosieguo: il «contratto del 1999»). Tale contratto, costituito da un buono d’ordine, dal capitolato speciale d’oneri e dai relativi allegati, ivi compreso l’allegato 10, ha sostituito il contratto del 1984. Esso prevedeva segnatamente che la città di Bruxelles diventasse proprietaria degli elementi di arredo urbano predisposti a fronte del pagamento di un prezzo netto forfettario per elemento fornito, completamente attrezzato, installato e operativo, e che la JCDecaux versasse un canone mensile per l’utilizzo di tali elementi di arredo urbano a fini pubblicitari.

6.        Nel corso dell’attuazione del contratto del 1999, taluni supporti elencati nell’allegato 10 sono stati rimossi prima delle rispettive date di scadenza previste dallo stesso allegato, mentre altri (in prosieguo: i «supporti controversi») sono stati mantenuti e hanno continuato a essere gestiti dalla JCDecaux oltre dette date. Per questi ultimi supporti la città di Bruxelles non ha chiesto alcun pagamento a titolo di canoni di locazione o di tasse. Tale situazione è cessata nell’agosto 2011, quando sono stati smantellati gli ultimi supporti elencati nell’allegato 10.

7.        Il 19 aprile 2011 la Clear Channel Belgium (in prosieguo: la «CCB») ha presentato alla Commissione una denuncia nella quale sosteneva che, continuando a sfruttare i supporti controversi oltre le date di scadenza previste senza pagare né canoni di locazione né tasse alla città di Bruxelles, la JCDecaux aveva beneficiato di un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno.

8.        Il 24 marzo 2015 la Commissione ha avviato il procedimento di indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e ha invitato il Regno del Belgio e le altre parti interessate a presentare le loro osservazioni. La Commissione ha ricevuto osservazioni dal Regno del Belgio, dalla CCB e dalla JCDecaux. Ulteriori discussioni e scambi hanno avuto luogo tra questi ultimi e la Commissione.

9.        Nelle proprie osservazioni, le autorità belghe hanno segnatamente precisato di aver acconsentito al mantenimento e allo sfruttamento dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10 al fine di preservare l’equilibrio economico del contratto del 1984, in quanto taluni supporti elencati in tale allegato erano stati ritirati in anticipo su richiesta della città di Bruxelles che, per motivi essenzialmente estetici, intendeva installare altri modelli. Secondo dette autorità, poiché la JCDecaux aveva subìto uno svantaggio a causa di tale ritiro anticipato, era accettabile che, per compensare siffatto svantaggio, essa potesse mantenere altri supporti per un periodo più lungo di quanto previsto e che per questi ultimi non fossero dovuti canoni di locazione o tasse(6). Le autorità belghe hanno riconosciuto l’esistenza di un limitato squilibrio tra il numero di supporti ritirati anticipatamente e il numero di supporti mantenuti oltre le rispettive date di scadenza. Calcolando la differenza tra i risparmi in termini di pagamento di canoni di locazione e tasse a cui la JCDecaux avrebbe rinunciato accettando tali ritiri anticipati e quelli in termini di pagamento di canoni di locazione e tasse che quest’ultima avrebbe ottenuto mantenendo altri supporti oltre dette date di scadenza, essa avrebbe beneficiato soltanto di un vantaggio finanziario dell’importo massimo compreso tra EUR 100 000 ed EUR 150 000 tra il dicembre 1999 e il 2011 (7). La misura in questione potrebbe quindi costituire un aiuto de minimis ai sensi del regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli [107 e 108 TFUE] agli aiuti d’importanza minore (de minimis) (8).

10.      Il 24 giugno 2019 la Commissione ha adottato la decisione controversa.

11.      Ai punti da 66 a 69 della decisione controversa, la Commissione ha circoscritto l’oggetto della propria analisi, precisando, in particolare, che, alla luce delle norme sulla prescrizione di cui all’articolo 17 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (9), quest’ultima si riferiva solo alla misura per la quale il mantenimento dei supporti controversi, oltre le date di scadenza previste dall’allegato 10 senza pagamento né di canoni di locazione né di tasse, costituiva un aiuto di Stato concesso alla JCDecaux dopo il 15 settembre 2001.

12.      Ai punti da 72 a 81 della decisione controversa, la Commissione ha esaminato le condizioni relative all’imputabilità allo Stato e al trasferimento di risorse statali. Essa ha segnatamente sottolineato che le autorità belghe non contestavano il fatto che la misura in questione fosse loro imputabile né che essa avesse comportato una perdita di introiti per la città di Bruxelles in termini di canoni di locazione e tasse non riscossi sui supporti controversi che sarebbero stati sostituiti con i supporti rientranti nel contratto del 1999.

13.      Ai punti da 82 a 96 della decisione controversa, la Commissione ha analizzato la condizione relativa all’esistenza di un vantaggio economico.

14.      A tal riguardo, anzitutto, la Commissione ha rilevato che, dal 1999 e man mano che scadevano le autorizzazioni fondate sul contratto del 1984, la JCDecaux aveva continuato a gestire supporti pubblicitari nel territorio della città di Bruxelles senza pagare canoni di locazione né tasse, mentre in forza del contratto del 1999 tali supporti avrebbero dovuto essere rimossi. In virtù del medesimo contratto, lo sfruttamento dei nuovi supporti pubblicitari di sostituzione implicava il pagamento di canoni di locazione e tasse (10).

15.      La Commissione ha poi rilevato che le autorità belghe avevano riconosciuto che, «nel complesso», la JCDecaux aveva beneficiato di un vantaggio economico e che esse ne contestavano semplicemente la portata. Per quanto riguarda il loro argomento relativo all’esistenza del meccanismo di compensazione, la Commissione ha ricordato, facendo riferimento alla sentenza Orange/Commissione (11), che era unicamente nei limiti in cui un intervento statale doveva essere considerato come una compensazione diretta a rappresentare la contropartita delle prestazioni effettuate dalle imprese incaricate di un servizio di interesse economico generale per assolvere obblighi di servizio pubblico, secondo i criteri elaborati dalla sentenza del 24 luglio 2003, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (12), che tale intervento non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Orbene, il contratto del 1984 e il contratto del 1999 sarebbero contratti puramente commerciali, le cui clausole non conferirebbero alla JCDecaux un compito di servizio pubblico. L’asserita compensazione, «anche supponendo che essa miri effettivamente a compensare lo svantaggio connesso a un potenziale obbligo di ritiro anticipato di alcuni supporti», implicherebbe quindi un vantaggio per la JCDecaux. Tale conclusione sarebbe tanto più evidente «se si considera che è difficile ritenere che [quest’ultima] abbia sofferto di uno svantaggio strutturale, in quanto [essa] ha di propria iniziativa accettato di ritirare questi supporti e considerando tra l’altro che le stesse autorità belghe hanno riconosciuto che la compensazione in questione eccedeva quanto richiesto dal presunto svantaggio» (13). La Commissione ha altresì fatto valere che nessuna delle circostanze menzionate ai punti 69 e 71 della sua comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (14) era presente nel caso di specie, ribadendo, in particolare, che la JCDecaux aveva accettato «di propria iniziativa» di ritirare alcuni supporti rientranti nel contratto del 1984 (15). Essa ha aggiunto che non si poteva ritenere che la città di Bruxelles si fosse comportata come un operatore privato in economia di mercato. Infatti, l’asserito meccanismo di compensazione non sarebbe stato oggetto di alcuna formalizzazione né di alcun controllo, da nessun elemento fornito alla Commissione risulterebbe che vi sia stata una qualche negoziazione tra la città di Bruxelles e la JCDecaux in merito a tale meccanismo e nulla indicherebbe che la città di Bruxelles abbia effettuato un’analisi circa «l’effettiva perdita di introiti per [la JCDecaux] legata alle sostituzioni anticipate di alcuni supporti oggetto del contratto del 1984 rispetto al beneficio derivante dal mantenimento di altri supporti, tra l’altro completamente ammortizzati (il costo di questi pannelli è stato infatti completamente rimborsato – compreso il margine [della JCDecaux] – dal loro gestore nel corso della durata legale del contratto del 1984) e oggetto dello stesso contratto» (16).

16.      Infine, la Commissione ha affermato che la sua posizione relativa all’esistenza di un vantaggio era confermata da una sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio) del 29 aprile 2016 (17), nella quale quest’ultima ha constatato che la JCDecaux non aveva rispettato le date di rimozione previste dall’allegato 10 per i supporti controversi, continuando a sfruttarli nelle aree demaniali della città di Bruxelles senza averne il titolo né il diritto. La cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) ha dichiarato che la JCDecaux aveva, in tal modo, posto in essere atti oggettivamente illeciti in contrasto con le oneste pratiche di mercato, in quanto lo sfruttamento all’interno della sua rete di supporti pubblicitari che non avrebbero dovuto esserci o che non avrebbero dovuto più trovarsi lì le conferiva un indebito vantaggio competitivo che aveva il potenziale effetto di allontanare gli inserzionisti dalla sua concorrente CCB.

17.      Sulla base delle considerazioni che precedono, la Commissione ha concluso che il mantenimento e lo sfruttamento da parte della JCDecaux, tra il 1999 e il 2011, dei supporti controversi oltre le date di scadenza stabilite dall’allegato 10, senza pagare né canoni di locazione né tasse, avevano avuto l’effetto di ridurre gli oneri che quest’ultima avrebbe normalmente dovuto sostenere nello svolgimento della sua attività e costituivano un vantaggio economico.

18.      Ai punti da 97 a 102 della decisione controversa, la Commissione ha esaminato la condizione relativa alla selettività del vantaggio. Essa ha segnatamente rilevato che la misura in questione era, per sua stessa natura, una misura individuale e che, in tal caso, l’individuazione del vantaggio consentiva, in linea di principio, una presunzione di selettività.

19.      Ai punti da 103 a 121 della decisione controversa, la Commissione ha constatato che la misura controversa era idonea a falsare la concorrenza e a incidere sugli scambi fra Stati membri. In particolare, essa ha respinto l’argomento delle autorità belghe secondo il quale tale misura poteva costituire un aiuto de minimis ai sensi del regolamento n. 1998/2006.

20.      Al punto 122 della decisione controversa, la Commissione ha concluso, dall’insieme delle considerazioni che precedono, che la misura in questione costituiva un aiuto, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

21.      Dopo aver constatato, ai punti 123 e 124 della decisione controversa, che la misura in questione, non essendole stata notificata, costituiva un aiuto di Stato illegale e, ai punti da 125 a 130 di tale decisione, che detto aiuto non poteva essere considerato compatibile con il mercato interno, la Commissione, ai punti da 131 a 144 di detta decisione, ha esaminato la questione dell’importo dell’aiuto incompatibile da recuperare. A questo proposito, essa ha precisato che il «principio generale» da applicare per il calcolo di tale importo consisteva nello stimare l’importo dei canoni di locazione e delle tasse che la città di Bruxelles avrebbe dovuto percepire in assenza della misura in questione, precisando che siffatto calcolo doveva essere «effettuato per ogni supporto oggetto del contratto del 1984 mantenuto dopo il 15 settembre 2001, prendendo a riferimento i canoni di locazione dovuti secondo il contratto del 1999 e le tasse generalmente applicabili ai supporti pubblicitari tra la data iniziale prevista per la rimozione (se successiva al 15 settembre 2001) o il 15 settembre 2001 (se la data iniziale prevista per la rimozione era anteriore al 15 settembre 2001) e la data in cui la rimozione è stata effettivamente effettuata» (18). Dopo aver ricordato che essa riteneva «infondata» la motivazione delle autorità belghe relativa al meccanismo di compensazione, essa ha ritenuto che «il vantaggio concesso a[lla] JCDecaux corrispond[esse] all’insieme dei risparmi realizzati dall’impresa per aver continuato a sfruttare i supporti del contratto del 1984 anziché sostituirli con supporti conformi al contratto del 1999» (19). Il calcolo dell’importo dell’aiuto dovrebbe quindi essere effettuato «senza applicare logiche di compensazione» e prendendo in considerazione, «per ogni supporto interessato e per ogni periodo rilevante, i canoni di locazione esistenti e le tasse risultanti dai regolamenti tributari del 2001 e seguenti, applicabili a un supporto di pari superficie» (20).

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

22.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2019, la JCDecaux ha proposto un ricorso diretto all’annullamento degli articoli da 1 a 4 della decisione controversa. Con ordinanza del 22 aprile 2020, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha ammesso l’intervento della CCB a sostegno delle conclusioni della Commissione.

23.      A sostegno del proprio ricorso, la JCDecaux ha dedotto quattro motivi, il primo dei quali in via principale e gli altri tre in subordine. Con il primo motivo, suddiviso in tre parti, essa faceva valere che la Commissione era incorsa in un errore manifesto di valutazione nonché in un errore di diritto per aver ritenuto che lo sfruttamento dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste dall’allegato 10 costituisse un vantaggio. Con la prima parte, essa addebitava alla Commissione di aver erroneamente escluso il meccanismo di compensazione. Con la seconda parte, essa sosteneva che la Commissione aveva considerato uno scenario controfattuale errato ritenendo che i canoni di locazione e le tasse avrebbero dovuto essere riscossi per i supporti controversi mantenuti oltre le rispettive date di scadenza. Con la terza parte, essa asseriva che la Commissione aveva erroneamente qualificato il contratto del 1984 come «puramente commerciale», rifiutando quindi di applicare i criteri stabiliti nella sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (21). Con il secondo motivo, essa sosteneva che un ipotetico aiuto di Stato sarebbe stato compatibile con il mercato interno ai sensi della comunicazione della Commissione sulla disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (22) e della decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (23). Il terzo motivo era suddiviso in due parti. Con la prima parte, essa addebitava alla Commissione di non aver risposto in maniera sufficiente agli elementi addotti dalle parti, di aver anticipato, in un comunicato stampa, l’importo dell’aiuto da recuperare e di aver violato le sue norme interne di procedura. Con la seconda parte, essa faceva segnatamente valere che era impossibile quantificare l’asserito vantaggio, dal momento che il contratto del 1984 non prevedeva il pagamento di alcun canone di locazione, canoni o tasse di occupazione. Con il quarto motivo, essa affermava che il presunto aiuto di Stato sarebbe stato in ogni caso prescritto.

24.      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto questi quattro motivi e, pertanto, il ricorso nella sua interezza; ha condannato la JCDecaux a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione e ha condannato la CCB a farsi carico delle proprie spese.

25.      Le considerazioni del Tribunale che rilevano ai fini della presente impugnazione sono essenzialmente quelle relative alle parti prima e seconda del primo motivo nonché alla seconda parte del terzo motivo.

26.      Per quanto riguarda la prima parte del primo motivo, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva correttamente ritenuto che il mantenimento e lo sfruttamento da parte della JCDecaux dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10 costituissero un vantaggio economico ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE «anche se tale mantenimento era un meccanismo di compensazione del contratto del 1984» (24).

27.      A tal riguardo, in primo luogo, il Tribunale ha ricordato che la nozione di «aiuto di Stato» è una nozione giuridica oggettiva definita direttamente dall’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il quale non distingue gli interventi statali a seconda della loro causa o del loro scopo, ma li definisce in funzione dei loro effetti, cosicché il fatto che l’obiettivo della misura statale sia stato quello di preservare l’equilibrio economico del contratto del 1984 o che tale obiettivo sia stato conforme ai principi del diritto nazionale non consente di escludere ab initio la qualificazione di una siffatta misura come «aiuto di Stato» (25).

28.      In secondo luogo, il Tribunale ha dichiarato che il fatto che la JCDecaux avesse continuato a sfruttare i supporti controversi oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10 senza pagare né canoni di locazione né tasse alla città di Bruxelles aveva avuto come effetto l’alleviamento di tali oneri che avrebbero gravato sul suo bilancio (26). Esso ha rilevato che era infatti pacifico tra le parti che, dopo la conclusione del contratto del 1999, la JCDecaux poteva installare e usare sul territorio della città di Bruxelles elementi di arredo urbano solo alle condizioni previste da tale contratto, secondo le quali essa doveva pagare un canone di locazione e tasse. Il Tribunale ha parimenti constatato che, secondo l’allegato 10, in deroga alle clausole del contratto del 1999, i supporti elencati in tale allegato potevano continuare a essere sfruttati dalla JCDecaux alle condizioni previste dal contratto del 1984, ma soltanto fino alle date di scadenza previste dallo stesso allegato. Esso ha aggiunto che, dopo tali date, detti supporti dovevano essere sostituiti da nuovi supporti rientranti nel contratto del 1999 e quindi soggetti all’obbligo di pagamento delle tasse e del canone di locazione (27). Esso ha concluso che il fatto di continuare a sfruttare i supporti controversi alle condizioni stabilite dal contratto del 1984 dopo dette date aveva consentito alla JCDecaux di evitare di installare e di usare nuovi supporti rientranti nel contratto del 1999 e, di conseguenza, di pagare canoni di locazione e tasse che essa avrebbe dovuto pagare in base a tale ultimo contratto (28). Il Tribunale ha altresì ricordato alcune constatazioni effettuate dalla cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) nella sua sentenza del 29 aprile 2016 (29).

29.      In terzo luogo (30), il Tribunale ha ritenuto che la Commissione si fosse correttamente basata sulle sentenze Orange/Commissione (31) e Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (32).

30.      In quarto luogo, facendo sostanzialmente proprie le considerazioni svolte al riguardo dalla Commissione (33), il Tribunale ha confermato la conclusione di quest’ultima secondo la quale l’asserito meccanismo di compensazione non poteva essere considerato conforme al criterio del comportamento di un operatore privato in economia di mercato (34).

31.      Per quanto riguarda la seconda parte del primo motivo, il Tribunale ha concluso che la Commissione non era incorsa in un errore di valutazione nel ritenere che la JCDecaux avesse conseguito un risparmio in termini di canoni di locazione e di tasse costitutivo di un vantaggio (35). Con riferimento ai canoni di locazione non riscossi, il Tribunale ha ribadito che, dopo l’entrata in vigore del contratto del 1999, la JCDecaux poteva installare e sfruttare sul territorio della città di Bruxelles elementi di arredo urbano solo alle condizioni previste da detto contratto, ai sensi delle quali essa doveva versare tasse e un canone di locazione (36). In relazione alle tasse non riscosse, il Tribunale ha segnatamente respinto l’argomento della JCDecaux secondo il quale, in mancanza di un regime fiscale uniforme nel territorio nazionale, o anche nel territorio della regione di Bruxelles-Capitale, i regolamenti tributari adottati dalla città di Bruxelles non potevano costituire un sistema di riferimento. Esso ha ritenuto che, nell’ipotesi in cui dovesse essere interpretato come riguardante il carattere selettivo della misura, tale argomento dovesse essere respinto, dato che, quando si tratta di una misura individuale, la selettività del vantaggio economico è presunta (37). In ogni caso, durante il procedimento precontenzioso, le autorità belghe non hanno contestato che tali regolamenti costituissero il regime fiscale di riferimento (38). Il Tribunale ha altresì ritenuto che la Commissione avesse correttamente concluso che i regolamenti tributari adottati dalla città di Bruxelles a partire dal 2001 avrebbero dovuto applicarsi ai supporti controversi mantenuti in funzione oltre le loro rispettive date di scadenza e che l’esenzione applicata dalla città di Bruxelles prima dell’esercizio fiscale 2009 costituiva una deroga al sistema di riferimento che implicava un vantaggio mediante risorse statali da parte quest’ultima (39). Esso ha escluso la rilevanza, per quanto riguarda la qualificazione della misura in questione come aiuto di Stato, delle due sentenze del tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese, Belgio) del 4 novembre 2016 (40) secondo le quali la JCDecaux non era tenuta al pagamento di tasse comunali sulla pubblicità per quanto riguardava il contratto del 1999 (41).

32.      Per quanto concerne la seconda parte del terzo motivo, il Tribunale ha segnatamente rilevato che la Commissione aveva spiegato le ragioni per le quali, a suo avviso, il vantaggio di cui la JCDecaux aveva beneficiato era superiore a quello stimato dalle autorità belghe (42). Esso ha peraltro respinto l’argomento della JCDecaux vertente sull’impossibilità di quantificare detto vantaggio e sulla conseguente violazione dei suoi diritti della difesa in quanto fondati su una premessa errata secondo la quale il mantenimento e lo sfruttamento dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste avrebbero costituito un vantaggio solo nei limiti in cui avessero ecceduto quanto compensato dal meccanismo di compensazione (43).

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

33.      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 novembre 2022, la JCDecaux ha proposto la presente impugnazione. Essa chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di accogliere le conclusioni da essa presentate in primo grado annullando gli articoli da 1 a 4 della decisione controversa e di condannare la Commissione alle spese. Nella sua comparsa di risposta, depositata presso la cancelleria della Corte il 1º febbraio 2023, la Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la JCDecaux alle spese. La CCB ha rinunciato a depositare una comparsa di risposta.

34.      Durante l’udienza del 17 gennaio 2024, la JCDecaux, la Commissione e la CCB hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti scritti e orali della Corte. La CCB ha chiesto il rigetto dell’impugnazione, ma non si è pronunciata sulle spese.

 Analisi

35.      A sostegno della propria impugnazione, la JCDecaux deduce due motivi, vertenti, il primo, su una motivazione contraddittoria che inficerebbe la sentenza impugnata nonché su un errore di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione della nozione di «vantaggio economico» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e, il secondo, su un manifesto snaturamento dei fatti e del contesto normativo applicabile.

 Sul primo motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

36.      Con tale motivo, la JCDecaux sostiene, in via principale, che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha adottato una motivazione contraddittoria ed è incorso in un errore di diritto nel concludere per l’esistenza di un vantaggio economico. Essa rileva che, ai punti 31 e 40 di tale sentenza, il Tribunale ha ripreso le constatazioni effettuate dalla cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) nella sua sentenza del 29 aprile 2016, secondo le quali «essa non aveva ottenuto l’autorizzazione espressa della città di Bruxelles» e aveva usato «senza titolo né diritto» sul territorio di quest’ultima molti dei supporti elencati nell’allegato 10. Al punto 42 di detta sentenza, il Tribunale avrebbe concluso, «su questa sola base», che il mantenimento e lo sfruttamento da parte della JCDecaux dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10 costituivano un vantaggio economico. Secondo la JCDecaux, se la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) aveva constatato che detti supporti erano stati mantenuti «senza titolo né diritto», era perché aveva concluso nel senso della mancanza di autorizzazione esplicita, o neppure implicita, da parte della città di Bruxelles a procedere a una «interversione» (44) dei supporti pubblicitari. Orbene, in mancanza di una decisione o di un intervento delle autorità pubbliche, non potrebbe sussistere, per definizione, un aiuto di Stato, in quanto quest’ultimo richiederebbe «almeno» un atto positivo o negativo da parte di dette autorità. Supponendo che la JCDecaux abbia beneficiato di un vantaggio, quest’ultimo deriverebbe dal fatto che essa avrebbe sfruttato, di propria iniziativa, i supporti controversi occupando illegittimamente aree demaniali. Un siffatto comportamento non potrebbe, senza manifesta contraddizione, costituire la base per constatare l’esistenza di un vantaggio economico concesso dalle autorità pubbliche.

37.      In subordine, la JCDecaux addebita al Tribunale di aver viziato la sentenza impugnata con una seconda contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui, al punto 42 di tale sentenza, ha affermato che il vantaggio che le avrebbe concesso la città di Bruxelles costituiva un aiuto quand’anche il mantenimento dei supporti controversi fosse considerato «un meccanismo di compensazione del contratto del 1984». Essa critica il fatto che il Tribunale non abbia tratto alcuna conseguenza da tale affermazione, che metterebbe in discussione tanto la qualificazione giuridica adottata dalla Commissione quanto il metodo di calcolo dell’importo dell’aiuto da recuperare (45). Tale sentenza comporterebbe infatti il recupero dell’asserito vantaggio nella sua interezza, ossia senza tenere conto dei costi sostenuti dalla JCDecaux a causa del ritiro anticipato di taluni supporti elencati nell’allegato 10 e del danno contrattuale subìto. Secondo la JCDecaux, se il Tribunale ammette che il mantenimento dei supporti controversi poteva costituire una compensazione, allora il vantaggio economico complessivo eventualmente concesso non può costituire automaticamente un aiuto di Stato.

38.      La Commissione fa valere, anzitutto, che, con i suoi argomenti, la JCDecaux mira, in sostanza, a ottenere una nuova valutazione dei fatti e, più in particolare, della sua teoria del meccanismo di compensazione, che era stata respinta sia dal giudice nazionale sia dal Tribunale. Orbene, una siffatta nuova valutazione dei fatti esulerebbe dalla competenza della Corte in sede di impugnazione.

39.      Inoltre, riprendendo alcune delle considerazioni esposte nella sentenza impugnata e sintetizzate ai paragrafi da 27 a 30 delle presenti conclusioni, la Commissione sostiene che il Tribunale ha correttamente escluso la pertinenza del meccanismo di compensazione.

40.      Peraltro, per quanto riguarda il rinvio operato dalla JCDecaux alla sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 29 aprile 2016, la Commissione osserva che le valutazioni del diritto nazionale da parte del Tribunale sono valutazioni di fatto che, salvo in caso di snaturamento del diritto nazionale, sono sottratte al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Orbene, la JCDecaux si limiterebbe a contestare il contenuto e la portata di tale sentenza. In aggiunta, sarebbe inesatto sostenere che il Tribunale si sia basato unicamente su detta sentenza per accertare l’esistenza di un vantaggio. Quanto all’argomento della JCDecaux vertente sull’asserita inesistenza di un atto delle autorità pubbliche, esso sarebbe irricevibile, per il motivo che esso riguarda la condizione relativa all’imputabilità allo Stato della misura di cui trattasi, condizione che non sarebbe stata contestata in primo grado. In ogni caso, tale argomento sarebbe manifestamente infondato, dal momento che il caso di specie concerne una condotta negativa della città di Bruxelles, consistente nel consentire il proseguimento della gestione dei supporti controversi senza cercare di riscuotere canoni di locazione e tasse.

41.      Infine, la Commissione sottolinea che la qualificazione di una misura come aiuto di Stato e la quantificazione del relativo importo costituiscono due questioni distinte. Essa ritiene che la presa in considerazione della teoria della compensazione non possa sortire l’effetto di condurre a una «rivalutazione del meccanismo di calcolo del recupero dell’aiuto» stabilito nella decisione controversa. Essa aggiunge che, affinché la misura in questione si sottragga alla qualificazione come aiuto di Stato, la città di Bruxelles avrebbe dovuto procedere a una valutazione del danno asseritamente subìto dalla JCDecaux. Non essendo stata effettuata una siffatta valutazione da parte della città di Bruxelles, l’importo dell’aiuto da recuperare corrisponderebbe ai canoni di locazione e alle tasse che la JCDeacux avrebbe dovuto pagare durante il periodo di gestione dei supporti controversi oltre le date di scadenza previste fino alla loro effettiva rimozione. Pertanto, quand’anche esistesse il meccanismo di compensazione, quod non, esso non potrebbe mettere in discussione né la qualificazione giuridica del vantaggio di cui aveva beneficiato la JCDecaux né il calcolo dell’importo dell’aiuto da recuperare.

 Valutazione

42.      Rammento che, ai sensi dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata ai motivi di diritto. Il Tribunale è il solo competente, da un lato, ad accertare i fatti, salvo nel caso in cui l’inesattezza materiale dei suoi accertamenti risulti dagli atti del fascicolo che gli sono stati sottoposti, e, dall’altro, a valutare tali fatti. Detta valutazione, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al sindacato della Corte. Una volta che il Tribunale abbia accertato o valutato i fatti, la Corte è competente, ai sensi di detto articolo 256 TFUE, a esercitare un controllo sulla qualificazione giuridica di tali fatti e sulle conseguenze di diritto che il Tribunale ne ha tratto(46).

43.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, ritengo che gli argomenti addotti dalla JCDecaux a sostegno del primo motivo di impugnazione non mirino a ottenere dalla Corte una nuova valutazione dei fatti riguardante il meccanismo di compensazione o la giurisprudenza nazionale. Come sottolinea la JCDecaux nella propria replica, l’«obiezione di fondo» da essa sollevata non concerne né la valutazione dei fatti né l’interpretazione del diritto nazionale effettuate dal Tribunale, ma verte sull’esistenza di un’asserita «contraddittorietà fondamentale» che vizierebbe la motivazione della sentenza impugnata. A tal riguardo, ricordo che, secondo una costante giurisprudenza, la questione se la motivazione di una sentenza del Tribunale sia contraddittoria costituisce una questione di diritto che può essere sollevata nell’ambito di un’impugnazione(47).

44.      La contraddittorietà della motivazione dedotta in via principale dalla JCDecaux risiederebbe nel fatto che il Tribunale non può allo stesso tempo rilevare, fondandosi sulla sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 29 aprile 2016, che essa aveva sfruttato i supporti controversi senza averne titolo né diritto e confermare la conclusione della Commissione relativa all’esistenza di un aiuto di Stato, la quale, per definizione, implicherebbe una decisione o un intervento delle autorità pubbliche che conferisca un vantaggio. Quanto alla contraddittorietà della motivazione dedotta in subordine dalla JCDecaux, essa si riconduce al fatto che, al punto 42 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe ritenuto che l’asserito vantaggio costituiva un aiuto, pur riconoscendo che il mantenimento dei supporti controversi poteva rappresentare un meccanismo di compensazione del contratto del 1984. A mio avviso, tramite siffatti argomenti, la JCDecaux non mette in discussione né il contenuto né la portata della sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 29 aprile 2016, quali constatati dal Tribunale. Al contrario, essa fa proprie dette constatazioni per suffragare il proprio argomento addotto in via principale. Rilevo peraltro che, nelle sue memorie, la JCDecaux, pur ribadendo l’esistenza del meccanismo di compensazione, non contesta in alcun modo le valutazioni enunciate ai punti 25, 26 e da 34 a 41 della sentenza impugnata che convalidano la conclusione della Commissione secondo la quale detto meccanismo, quand’anche dimostrato, non esclude che sia stato conferito un vantaggio alla JCDecaux.

45.      A mio avviso, occorre parimenti respingere l’altra eccezione di irricevibilità opposta dalla Commissione, secondo la quale, con il suo argomento vertente sull’asserita mancanza di un atto delle autorità pubbliche, la JCDecaux contesterebbe per la prima volta in sede di impugnazione la condizione relativa all’imputabilità allo Stato della misura in questione. Se è vero che siffatto argomento non pare essere stato sollevato in tali termini dalla JCDecaux dinanzi al Tribunale, dall’atto d’impugnazione risulta tuttavia che esso non costituisce un motivo di diritto nuovo e autonomo, da dichiararsi irricevibile, poiché dedotto per la prima volta, ma semplicemente un argomento articolato a sostegno del motivo di diritto vertente su una presunta contraddizione nel ragionamento che ha indotto il Tribunale a confermare l’esistenza di un aiuto di Stato.

46.      Ciò premesso, non condivido l’affermazione della JCDecaux secondo la quale il Tribunale avrebbe concluso per l’esistenza di un vantaggio economico nel caso di specie «sulla sola base» delle constatazioni in questione della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles). Da un esame della valutazione del primo motivo dedotto dinanzi al Tribunale (48) risulta che quest’ultimo ha ritenuto che il fatto che la JCDecaux avesse mantenuto e continuato a sfruttare i supporti controversi oltre le rispettive date di scadenza previste nell’allegato 10 senza pagare né canoni di locazione né tasse avesse avuto come effetto un alleviamento degli oneri che avrebbero normalmente gravato sul suo bilancio. Tale valutazione si basava segnatamente su un esame delle clausole del contratto del 1984 e del contratto del 1999, compreso l’allegato 10, delle disposizioni pertinenti dei regolamenti tributari della città di Bruxelles citati nella decisione controversa nonché delle osservazioni presentate dalle autorità belghe nel corso del procedimento precontenzioso. Il Tribunale ha peraltro ritenuto che il meccanismo di compensazione affermato da dette autorità e dalla JCDecaux non escludesse l’esistenza di un vantaggio, e ciò per le diverse motivazioni sintetizzate ai paragrafi da 27 a 30 delle presenti conclusioni. I riferimenti effettuati in tale contesto dal Tribunale alle constatazioni della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) costituiscono quindi soltanto uno degli elementi di cui esso ha tenuto conto per concludere nel senso dell’esistenza di un siffatto vantaggio.

47.      Ritengo che nessuna delle due contraddittorietà della motivazione dedotte dalla JCDecaux sia fondata.

48.      Infatti, da un lato, è vero che, nella sentenza del 29 aprile 2016, la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) ha constatato che la JCDecaux non aveva ottenuto «l’autorizzazione espressa della città di Bruxelles a procedere ad una “interversione” dei supporti pubblicitari» e che «[l]a mancata reazione da parte di [quest’ultima] al mantenimento [di MUPI] oltre la data autorizzata per ciascuno di essi non [poteva] essere interpretata come implicante un consenso implicito e certo dell’autorità pubblica alla deroga dei termini concordati per ciascun supporto». Tuttavia, occorre tenere presente che, in tale sentenza, la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) si è pronunciata esclusivamente alla luce della loi sur les pratiques du commerce et sur l’information et la protection du consommateur (legge sulle pratiche commerciali e sull’informazione e la tutela dei consumatori), del 14 luglio 1991 (49), dovendo giudicare se il fatto che la JCDecaux avesse mantenuto e continuato a gestire taluni supporti senza disporre delle necessarie autorizzazioni costituisse, ai sensi dell’articolo 94 di detta legge, un atto contrario agli usi leali in materia commerciale idoneo a ledere gli interessi professionali della sua concorrente CCB. In siffatto contesto, a mio avviso, le constatazioni della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) devono essere intese come riferite a una mancanza di autorizzazione ai sensi del diritto amministrativo belga (50). Ciò non esclude affatto che, sotto il profilo delle norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato (51), l’atteggiamento negativo, o quantomeno passivo, della città di Bruxelles, consistente nel non opporsi, con piena cognizione di causa, al mantenimento e allo sfruttamento, nel proprio territorio, di un certo numero di supporti pubblicitari da parte della JCDecaux oltre le date di scadenza previste e, soprattutto, nell’astenersi dal riscuotere i canoni di locazione e le tasse normalmente dovuti possa costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (52). Aggiungerei che la JCDecaux non può sostenere, come fa nella replica, che la Commissione, qualificando, nella comparsa di risposta, una tale condotta della città di Bruxelles come «atto negativo», introduca un nuovo argomento in sede di impugnazione. Infatti, la Commissione si limita a rispondere a un argomento dedotto dalla JCDecaux a sostegno della censura principale del suo primo motivo.

49.      Dall’altro lato, per quanto riguarda l’asserita contraddittorietà della motivazione dedotta in subordine, mi sembra che essa si basi su una lettura erronea da parte della JCDecaux del punto 42 della sentenza impugnata. Come confermato dalla Commissione in udienza rispondendo a un quesito della Corte, ciò che il Tribunale intendeva esprimere in tale punto è che, quand’anche l’effettività del meccanismo di compensazione e l’intenzione della città di Bruxelles di aderirvi fossero sufficientemente dimostrate, tale circostanza non impedirebbe di concludere che la JCDecaux ha beneficiato di un vantaggio economico, in particolare, poiché siffatto meccanismo non soddisfaceva la prima condizione della giurisprudenza risultante dalla sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (53) e non poteva essere considerato come un comportamento normale di un operatore in economia di mercato. Del resto, ciò risulta chiaramente dalla lettura congiunta del punto 42 della sentenza impugnata e delle considerazioni che lo precedono (54). Avendo negato la rilevanza del meccanismo di compensazione addotto, non si può neppure criticare il Tribunale per non aver riesaminato, sulla base di tale meccanismo, il metodo di calcolo dell’aiuto da recuperare stabilito nella decisione controversa.

50.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che il primo motivo di impugnazione sia ricevibile, ma infondato.

 Sul secondo motivo di impugnazione

 Argomenti delle parti

51.      Con tale motivo, che si articola in due parti, la JCDecaux sostiene che il Tribunale ha manifestamente snaturato i fatti e il contesto normativo applicabile nel considerare che i supporti controversi che erano stati mantenuti oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10 rientrassero ipso facto nel regime giuridico del contratto del 1999 e pertanto fossero soggetti al pagamento di canoni di locazione e di tasse.

52.      Con la prima parte, la JCDecaux contesta le considerazioni del Tribunale di cui ai punti 29 e 30 della sentenza impugnata. A tal riguardo, essa fa valere anzitutto che, conformemente ai «principi fondamentali del diritto contrattuale», i supporti installati in forza del contratto del 1984 restavano disciplinati da quest’ultimo fino alla loro effettiva rimozione, anche se essa si fosse verificata dopo le date di scadenza previste nell’allegato 10, rimanevano di sua proprietà ed erano sottratti a qualunque obbligo di pagamento di canoni di locazione o di tasse (55). Essa sottolinea di aver ottenuto il diritto di utilizzarli a fini pubblicitari come corrispettivo di un notevole investimento, consistente nella progettazione, nella produzione, nell’installazione e nella manutenzione delle pensiline e dei MUPI messi a disposizione dalla città di Bruxelles e che l’equilibrio economico di tale contratto si fondava su specifici obblighi contrattuali. La JCDecaux afferma poi che nessuna clausola del contratto del 1999 prevede la rimozione automatica dei supporti oggetto del contratto del 1984 o di qualsiasi altro elemento di arredo urbano esistente; al contrario, il contratto del 1999 prevedrebbe espressamente che i supporti installati nel 1999 possano, e addirittura debbano, coesistere con quelli elencati nell’allegato 10 senza che le disposizioni contrattuali applicabili a questi ultimi supporti ne risultino modificate. Essa aggiunge che non sussisteva neppure alcun obbligo di sostituire, supporto per supporto e nelle stesse sedi (56), i supporti oggetto del contratto del 1984 con nuovi supporti oggetto del contratto del 1999. Il mantenimento di taluni supporti rientranti nel contratto del 1984 e appartenenti alla JCDecaux non avrebbe quindi potuto evitare a quest’ultima di installare e gestire supporti diversi e appartenenti alla città di Bruxelles. Infine, la JCDecaux osserva che esistono differenze fondamentali tra detti contratti sotto il profilo della logica economica ad essi sottesa e delle rispettive condizioni. A suo avviso, il Tribunale non era legittimato a «presumere ipoteticamente» che, se essa avesse ritirato i supporti controversi alle date di scadenza previste nell’allegato 10, avrebbe poi installato nelle stesse sedi un numero identico di supporti rientranti nel contratto del 1999 e versato alla città di Bruxelles canoni di locazione e tasse corrispondenti a prestazioni significativamente diverse, disciplinate da quest’ultimo contratto. Nella replica, la JCDecaux aggiunge che dagli argomenti della Commissione nella comparsa di risposta risulta che la sentenza impugnata è viziata da una contraddittorietà della motivazione, in quanto non si può sostenere allo stesso tempo che i supporti installati in forza del contratto del 1984 rientrano in un regime giuridico diverso da quello del contratto del 1999 e che essi avrebbero dovuto essere soggetti al pagamento dei canoni di locazione e delle tasse previsti da quest’ultimo contratto.

53.      Con la seconda parte, la JCDecaux sostiene che, ai punti 53, 54 e 56 della sentenza impugnata, il Tribunale ha proceduto a uno snaturamento del regime giuridico applicabile per quanto riguarda la tassazione dello sfruttamento dei supporti controversi mantenuti oltre le date di scadenza previste nell’allegato 10.

54.      A tal riguardo, da un lato, la JCDecaux afferma che il Tribunale effettua «un’interpretazione ingiustificata del contesto normativo» per concludere, al punto 54 della sentenza impugnata, che la Commissione non era incorsa in errori di valutazione nell’adottare come sistema di riferimento i regolamenti tributari della città di Bruxelles citati al punto 56 di detta sentenza, fondando siffatta conclusione sulla circostanza che, durante il procedimento precontenzioso, le autorità belghe non avevano contestato il fatto che detti regolamenti tributari costituissero il regime fiscale di riferimento riguardante la tassazione dello sfruttamento di supporti pubblicitari nel territorio della città di Bruxelles. Il Tribunale avrebbe quindi omesso di tenere conto del fatto che i comuni godono di un’autonomia fiscale, sancita dall’articolo 170, paragrafo 4, della Costituzione belga (57) e che, pertanto, nel territorio nazionale, così come in quello della regione di Bruxelles-Capitale, non sussisteva un regime fiscale uniforme. La città di Bruxelles avrebbe d’altronde adottato regolamenti tributari in materia di pubblicità soltanto a decorrere dal 2001. La JCDecaux ne deduce che il Tribunale non poteva ritenere che solo i regolamenti tributari di tale città menzionati dalla Commissione costituissero un sistema di riferimento, tanto più che dalle due sentenze del tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) del 4 novembre 2016 (58) risulterebbe che i supporti pubblicitari oggetto del contratto del 1999 dovevano essere esentati dalla tassa sulla pubblicità.

55.      Dall’altro lato, la JCDecaux sostiene che il fatto di non aver dovuto pagare tasse per i supporti che essa utilizzava a fini pubblicitari nel territorio della città di Bruxelles non può costituire un vantaggio selettivo, dato che, per diversi anni, la CCB non aveva avuto supporti analoghi soggetti a una siffatta tassa. Essa aggiunge che nel momento in cui la CCB ha successivamente utilizzato simili supporti in tale territorio, essa ha contestato la legittimità del regolamento tributario del 15 dicembre 2008 dinanzi ai giudici belgi, i quali lo hanno dichiarato incostituzionale annullando le tasse riscosse a carico di tale concorrente per l’anno 2009. Essa rinvia, in proposito, a una sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 4 settembre 2018, della quale avrebbe accidentalmente scoperto l’esistenza e che sarebbe stata confermata in sede di impugnazione da una sentenza della Cour de cassation (Corte di cassazione, Belgio) del 1º ottobre 2021 (59).

56.      La Commissione fa valere, anzitutto, che, con il suo argomento, la JCDecaux intende, in realtà, ottenere un riesame dei fatti, senza dimostrare che il Tribunale abbia proceduto a uno snaturamento dei fatti. In ogni caso, il secondo motivo sarebbe infondato in ciascuna delle sue due parti. Infatti, per quanto riguarda la prima parte, la Commissione riconosce che il contratto del 1999 non contiene alcuna clausola che preveda la rimozione automatica dei supporti pubblicitari oggetto del contratto del 1984. I supporti installati in forza del contratto del 1984 ed elencati nell’allegato 10 rimarrebbero soggetti alle disposizioni di tale contratto, anche dopo l’entrata in vigore del contratto del 1999, ma solo fino alle date di rimozione previste in detto allegato. Ciò che il Tribunale avrebbe affermato al punto 29 della sentenza impugnata, e che sarebbe stato chiarito ai punti 48 e 49 della stessa, è che la JCDecaux avrebbe dovuto pagare canoni di locazione per lo sfruttamento di questi ultimi supporti, com’era avvenuto per lo sfruttamento di quelli oggetto del contratto del 1999. La conclusione esposta al punto 30 della sentenza impugnata sarebbe quindi fondata. Con quest’ultima il Tribunale non avrebbe affatto ritenuto che i supporti controversi mantenuti oltre le date di scadenza previste dovessero ipso facto rientrare nel regime giuridico del contratto del 1999. Per quanto riguarda la seconda parte, la Commissione sostiene, anzitutto, che l’argomento della JCDecaux basato sull’articolo 170, paragrafo 4, della Costituzione belga è irricevibile, dal momento che l’interpretazione del diritto nazionale costituisce una valutazione di fatto che rientra nella competenza esclusiva del Tribunale. Inoltre, le autorità belghe non avrebbero contestato, nel corso del procedimento precontenzioso, che i regolamenti tributari della città di Bruxelles costituissero il sistema di riferimento. La Commissione poi, riferendosi al punto 63 della sentenza impugnata, afferma di non aver omesso di tenere conto delle due sentenze del tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) del 4 novembre 2016, ma di averne escluso la rilevanza ai fini dell’analisi della nozione di «aiuto di Stato», nei limiti in cui esse riguardavano arredi urbani oggetto del contratto del 1999 e appartenenti alla città di Bruxelles. Infine, essa sostiene che il fatto che la CCB abbia beneficiato di un’esenzione fiscale in altri comuni del Belgio non è rilevante ai fini dell’analisi del vantaggio economico di cui ha beneficiato la JCDecaux.

 Valutazione

57.      Oltre a quanto ho già illustrato al precedente paragrafo 42, la Corte ha precisato che la valutazione dei fatti e degli elementi di prova non costituisce, salvo il caso di loro snaturamento, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione e che un tale snaturamento sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili appare con tutta evidenza inesatta. Un siffatto snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza necessità di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove (60). Esso parimenti sussiste qualora il Tribunale abbia manifestamente oltrepassato i limiti di una valutazione ragionevole degli elementi di prova (61).

58.      Nel caso di specie, con la sua prima parte, la JCDecaux sostiene che la conclusione del Tribunale, al punto 30 della sentenza impugnata, secondo la quale «il fatto di continuare a sfruttare taluni supporti elencati nell’allegato 10 alle condizioni stabilite dal contratto del 1984 dopo le date di scadenza previste dallo stesso allegato [le] ha consentito (…) di evitare di installare e di usare nuovi supporti rientranti nel contratto del 1999 e, di conseguenza, di pagare canoni di locazione e tasse che essa avrebbe dovuto pagare, in base a tale contratto», si fonda su un manifesto snaturamento dei fatti e del contesto normativo applicabile. Da detto punto 30 risulta che tale conclusione è basata sul ragionamento in tre passaggi seguito dal Tribunale al punto 29 della sentenza impugnata.

59.      A tal riguardo, anzitutto, è mia opinione che, contrariamente a quanto afferma la JCDecaux, il Tribunale non abbia proceduto a uno snaturamento dei fatti quando ha constatato, in un primo passaggio, al punto 29 della sentenza impugnata, che «è pacifico tra le parti che, dopo la conclusione del contratto del 1999, [essa] poteva installare e usare sul territorio della città di Bruxelles arredi urbani solo alle condizioni previste da detto contratto, secondo le quali essa doveva pagare tasse e un canone di locazione». Al contrario, diversi elementi del fascicolo dimostrano chiaramente la fondatezza di tale considerazione. Infatti, da un lato, come illustrerò al successivo paragrafo 60, dopo le date di scadenza previste nell’allegato 10, il contratto del 1984 cessava di essere applicabile. Dall’altro lato, a partire dal 1999, l’installazione e l’utilizzo di nuovi supporti nel territorio della città di Bruxelles potevano aver luogo solo nell’ambito del regime stabilito dal contratto del 1999. A questo proposito, è pertinente rilevare che, come rammentato dalla Commissione in udienza, l’articolo 1, lettera g), del capitolato speciale d’oneri (62) prevedeva a favore dell’aggiudicatario – nella fattispecie la JCDecaux – il diritto esclusivo di gestire i supporti pubblicitari nel territorio della città di Bruxelles per tutta la durata di tale contratto. Poteva quindi trovare applicazione soltanto il regime previsto da detto contratto.

60.      Ritengo poi che la JCDecaux non dimostri che il secondo passaggio del ragionamento del Tribunale, al punto 29 della sentenza impugnata, secondo il quale risulta dall’«allegato 10 [che], in deroga alle clausole del contratto del 1999, i supporti elencati in tale allegato potevano continuare ad essere sfruttati dalla [stessa] alle condizioni previste dal contratto del 1984, ossia senza pagare né canoni di locazione né tasse, ma soltanto fino alle date di scadenza previste dallo stesso allegato», si fondi su una valutazione manifestamente erronea dei fatti o degli elementi di prova. Dall’argomento della JCDecaux risulta che essa contesta tale constatazione solo nei limiti in cui, a suo avviso, i supporti elencati nell’allegato 10 rimanevano soggetti al regime del contratto del 1984 fino alla loro effettiva rimozione, anche se successiva a tali date di scadenza. Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, non vi sono documenti del fascicolo che avvalorino, tanto meno in modo manifesto, una siffatta tesi. Al contrario, alcuni di essi la contraddicono direttamente. In tal senso, ricordo che, nella sua sentenza del 29 aprile 2016, la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) ha dichiarato che l’utilizzo da parte della JCDecaux, dei supporti controversi oltre le rispettive date di scadenza era avvenuto senza titolo né diritto, il che, a mio avviso, esclude, in linea di principio, che tale utilizzo abbia potuto essere disciplinato dal contratto del 1984. Peraltro, mi sembra che, se l’allegato 10 prevedeva una data di scadenza specifica per ciascuno dei supporti ivi elencati, ciò è dovuto al fatto che, al più tardi entro tale data, ciascuno dei supporti interessati doveva essere rimosso dalla sua ubicazione e che, a partire da quel momento, le disposizioni del contratto del 1984 non erano più applicabili nei suoi confronti. In altri termini, i supporti elencati nell’allegato 10 potevano coesistere con quelli installati in forza del contratto del 1999 senza che le clausole contrattuali applicabili ai primi supporti ne risultassero modificate soltanto fino a dette date di scadenza. Una prospettiva del genere, lungi dall’essere in contrasto con i «principi fondamentali del diritto contrattuale», come afferma la JCDecaux, mi sembra essere, in realtà, l’unica soluzione conforme a detti principi.

61.      Sono infine dell’avviso che la JCDecaux non dimostri neppure che il Tribunale, nell’affermare, in un terzo passaggio, al punto 29 della sentenza impugnata, che, dopo le date di scadenza previste nell’allegato 10, i supporti elencati in tale allegato «dovevano essere sostituiti da nuovi supporti rientranti nel contratto del 1999 e quindi soggetti all’obbligo di pagamento delle tasse e del canone di locazione», avrebbe proceduto a una valutazione manifestamente erronea degli elementi di prova. A mio avviso, ciò che il Tribunale intendeva esprimere tramite siffatte affermazioni era semplicemente che, dopo tali date, la JCDecaux doveva, da un lato, aver rimosso i supporti elencati nell’allegato 10 e, dall’altro, aver installato nuovi supporti conformemente al regime del contratto del 1999. A quest’ultimo riguardo, rilevo che dal buono d’ordine facente parte del contratto del 1999 risulta che la JCDecaux si era impegnata a «rispettare scrupolosamente tutte le condizioni dell’appalto», compresa l’installazione di 280 supporti di affissione per l’intero territorio della città di Bruxelles, «entro 8 mesi di calendario dal ricevimento del buono d’ordine». Contrariamente a quanto fa valere la JCDecaux, non ritengo che il Tribunale abbia per questo ritenuto che sussistesse un obbligo in capo a quest’ultima di sostituzione «automatica» e «luogo per luogo» di ognuno dei supporti controversi con un numero equivalente di supporti rientranti nel contratto del 1999 (63). Del resto, la Commissione non si è basata su una siffatta ipotesi nella decisione controversa.

62.      Ritengo che la conclusione del Tribunale di cui al punto 30 della sentenza impugnata, riportata al paragrafo 58 delle presenti conclusioni, costituisca soltanto la logica conseguenza delle considerazioni sviluppate ai precedenti paragrafi da 59 a 61 e che non possa quindi considerarsi fondata su una valutazione manifestamente erronea dei fatti o degli elementi di prova. A mio avviso, e contrariamente a quanto afferma la JCDecaux, il Tribunale, dichiarando, al punto 30 della sentenza impugnata, che quest’ultima aveva potuto in tal modo evitare di pagare i canoni di locazione e le tasse che avrebbe dovuto pagare in forza del contratto del 1999, non ha dichiarato che i supporti controversi mantenuti in funzione e sfruttati dopo le date di scadenza previste nell’allegato 10 rientravano «ipso facto» nel regime del contratto del 1999. Come esposto dalla Commissione nelle sue memorie dinanzi alla Corte e in udienza, sotto un profilo giuridico, i supporti in parola non rientravano né nel contratto del 1984 né in quello del 1999. Resta il fatto che, come constatato in particolare dai giudici belgi, i supporti controversi, che sono stati mantenuti e utilizzati oltre le rispettive date di scadenza, lo sono stati illegittimamente. Dinanzi a tale situazione di fatto, che consentiva alla JCDecaux di generare notevoli introiti pubblicitari senza dover pagare canoni di locazione o tasse, spettava alla Commissione, al fine di valutare l’esistenza di un vantaggio, considerare, per riprendere l’espressione da essa utilizzata in udienza, uno «scenario controfattuale» (64). A mio avviso, il Tribunale non ha manifestamente ecceduto i limiti di una valutazione ragionevole dei fatti e degli elementi di prova convalidando, a tal riguardo, lo «scenario» preso in considerazione dalla Commissione e consistente nell’applicare, come riferimento, la disciplina in vigore all’epoca dei fatti controversi, vale a dire il regime giuridico del contratto del 1999. Ricordo infatti che, tenuto conto della clausola di esclusiva contenuta in tale contratto, si trattava dell’unico regime applicabile all’utilizzo, a fini pubblicitari, di supporti del tipo di quelli in questione nelle aree demaniali della città di Bruxelles.

63.      Aggiungerei che, come rilevato dalla Commissione e dalla CCB in udienza, il fatto che, nell’ambito del contratto del 1999, a differenza del contratto del 1984, si operi un trasferimento della proprietà degli elementi di arredo urbano a favore della città di Bruxelles non è di per sé decisivo per quanto riguarda la questione del pagamento dei canoni di locazione. Infatti, nel caso di specie, si tratta di canoni, non per la locazione vera e propria dell’arredo urbano, ma per l’utilizzo di supporti a fini pubblicitari nello spazio pubblico (65).

64.      La seconda parte è diretta contro i punti 53, 54 e 56 della sentenza impugnata e verte sul fatto che il Tribunale avrebbe proceduto a uno snaturamento del regime giuridico applicabile per quanto riguarda la definizione del sistema di riferimento e la tassazione dello sfruttamento dei supporti controversi.

65.      In via preliminare, rilevo che, come già verificatosi dinanzi al Tribunale, dall’argomentazione sviluppata dalla JCDecaux a sostegno di questa seconda parte del motivo non risulta chiaramente se essa metta in discussione le considerazioni relative all’esistenza di un vantaggio economico o quelle relative al carattere selettivo della misura (66). Quand’anche dovesse essere accolta la seconda ipotesi, ritengo che rimanga pienamente fondata la conclusione, al punto 53 della sentenza impugnata, secondo la quale l’argomento della JCDecaux deve essere respinto, giacché, quando si tratta di una misura individuale, la selettività del vantaggio economico è presunta(67). Nella specie, si è chiaramente in presenza di un aiuto individuale, non di un regime generale di aiuti.

66.      Ad ogni modo, ritengo che la JCDecaux non abbia prodotto alcun elemento da cui risulti manifestamente che, nei punti criticati della sentenza impugnata, il Tribunale abbia snaturato il contenuto del diritto nazionale pertinente o abbia effettuato constatazioni o valutazioni contrarie al contenuto di tale diritto.

67.      Per quanto riguarda il punto 54 della sentenza impugnata, dall’argomentazione della JCDecaux non sembra che essa metta in discussione in quanto tale la constatazione del Tribunale secondo la quale le autorità belghe non hanno contestato, nel corso del procedimento precontenzioso, che i regolamenti tributari della città di Bruxelles costituissero il regime fiscale di riferimento. In ogni caso, ritengo che il Tribunale, confermando la posizione della Commissione consistente nell’adottare detti regolamenti tributari come sistema di riferimento, non abbia effettuato una valutazione manifestamente in contrasto con il contenuto dell’articolo 170, paragrafo 4, della Costituzione belga. Se è vero che tale disposizione sancisce l’autonomia fiscale dei comuni in Belgio, ragion per cui il regime di tassazione per l’utilizzo dei supporti pubblicitari può variare da un comune all’altro, non vedo come tale circostanza potesse impedire alla Commissione di prendere in considerazione, per dimostrare l’esistenza di un vantaggio nel caso di specie, soltanto la normativa fiscale applicabile nel territorio della città di Bruxelles.

68.      Per quanto riguarda l’argomento della JCDecaux basato sulle due sentenze del tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) del 4 novembre 2016, condivido il parere della Commissione secondo il quale, al punto 63 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha ignorato tali sentenze, ma ne ha escluso la rilevanza in relazione alla qualificazione della misura in questione come aiuto di Stato. In queste sentenze, il tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) ha ritenuto che la JCDecaux non fosse debitrice della tassa sui supporti pubblicitari prevista dai regolamenti tributari del 20 dicembre 2010 e del 5 dicembre 2011, dal momento che l’articolo 9, primo trattino, di tali regolamenti tributari esentava da detta tassa i supporti pubblicitari appartenenti alla città di Bruxelles. Orbene, se è vero che i supporti oggetto del contratto del 1999 erano effettivamente di proprietà della città di Bruxelles, così non era per quelli rientranti nel contratto del 1984, che erano di proprietà della JCDecaux. Per quanto concerne i supporti controversi che quest’ultima ha mantenuto in funzione e ha continuato a sfruttare dopo le date di scadenza previste nell’allegato 10, essi restavano di sua proprietà ma, come illustrato al precedente paragrafo 60, il loro utilizzo non era più disciplinato dal contratto del 1984. Alla scadenza di dette date, erano quindi soggetti ai regolamenti tributari adottati dalla città di Bruxelles a partire dal 2001. Non si può pertanto addebitare al Tribunale un qualsivoglia snaturamento manifesto della normativa nazionale applicabile o della giurisprudenza nazionale ad essa relativa.

69.      Infine, concordo altresì con la Commissione quando afferma che la circostanza che, per diversi anni, la CCB non sia stata soggetta al pagamento di una tassa sui supporti pubblicitari da essa sfruttati nel territorio di altri comuni è irrilevante ai fini dell’analisi del vantaggio, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, di cui ha beneficiato la JCDecaux. In altri termini, il fatto che la CCB abbia comunque beneficiato di un’esenzione fiscale in comuni diversi dalla città di Bruxelles non significa che l’esenzione fiscale concessa alla JCDecaux in quest’ultima città debba sottrarsi alla qualificazione come aiuto di Stato. Il fatto che il Tribunale non abbia espressamente discusso tale questione nella sentenza impugnata non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di uno snaturamento manifesto dei fatti o del contesto normativo applicabile. Non può costituire un siffatto snaturamento nemmeno il fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto della sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles), del 4 settembre 2018, confermata in sede di impugnazione da una sentenza della Cour de cassation (Corte di cassazione) del 1º ottobre 2021, poiché non emerge dal fascicolo che dette sentenze siano state portate a sua conoscenza nel corso del procedimento dinanzi ad esso.

70.      In considerazione di quanto precede, il secondo motivo di impugnazione deve, a mio avviso, essere parimenti respinto in quanto infondato.

 Conclusione

71.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di respingere integralmente l’impugnazione e, conformemente all’articolo 184, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, di condannare la JCDecaux Street Furniture Belgium alle spese sostenute dalla Commissione europea. La Clear Channel Belgium, interveniente in primo grado, ha partecipato alla fase orale del procedimento dinanzi alla Corte, ma non ha chiesto la condanna della JCDecaux alle spese. In tali circostanze, conformemente all’articolo 184, paragrafo 4, del regolamento di procedura della Corte, si dovrebbe disporre che essa si farà carico delle proprie spese relative al procedimento di impugnazione.


1      Lingua originale: il francese.


2      Sentenza del 7 settembre 2022, JCDecaux Street Furniture Belgium/Commissione (T‑642/19, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2022:503).


3      GU 2019, L 320, pag. 119; in prosieguo: la «decisione controversa».


4      Più precisamente, come risulta dal punto 13 della decisione controversa, «[e]ntrambi i contratti riguardano l’installazione di arredi urbani remunerata da supporti di circa 2 m2 destinati a ricevere pubblicità». Tali supporti erano generalmente costituiti da due facciate, di cui una destinata alle affissioni pubblicitarie e l’altra riservata alla città di Bruxelles per l’erogazione di informazioni amministrative e socioculturali.


5      Di conseguenza, nel 1999, alla scadenza del contratto del 1984, alcuni supporti oggetto del contratto del 1984 potevano ancora essere utilizzati fino alla fine del loro periodo di utilizzo quindicennale.


6      Nel prosieguo delle presenti conclusioni si farà riferimento a tale accordo con l’espressione «meccanismo di compensazione». La JCDecaux si è pronunciata nel medesimo senso nelle proprie osservazioni, sottolineando, in particolare, che l’utilizzo dei supporti controversi non era disciplinato dal contratto del 1999 e che essi erano stati mantenuti nell’ambito dell’esecuzione del contratto del 1984 senza alcun trasferimento di risorse pubbliche. Essa ha parimenti sostenuto che né i supporti rientranti nel contratto del 1984 né quelli oggetto del contratto del 1999 erano assoggettati a una tassa.


7      Nelle proprie osservazioni scritte, la CCB ha affermato che il vantaggio economico di cui avrebbe beneficiato la JCDecaux per l’utilizzo dei supporti controversi oltre le rispettive date di scadenza era superiore a EUR 2 150 000, esclusi gli interessi.


8      GU 2006, L 379, pag. 5.


9      GU 2015, L 248, pag. 9.


10      Punto 84 della decisione controversa.


11      Sentenza del 26 ottobre 2016 (C‑211/15 P, EU:C:2016:798, punti da 41 a 44).


12      Sentenza del 24 luglio 2003 (C‑280/00, EU:C:2003:415).


13      Punto 89 della decisione controversa.


14      GU 2016, C 262, pag. 1.


15      Punti 91 e 93 della decisione controversa.


16      Punto 94 della decisione controversa.


17      Sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 29 aprile 2016 (Nona Sezione) nella causa 2011/AR/140.


18      Punto 132 della decisione controversa.


19      Punto 134 della decisione controversa.


20      Punto 137 della decisione controversa. I regolamenti tributari di cui trattasi sono menzionati al punto 138 della decisione controversa nonché alle note a piè pagina 46 e 49 di quest’ultima. V. altresì punto 56 della sentenza impugnata.


21      Sentenza del 24 luglio 2003 (C‑280/00, EU:C:2003:415).


22      GU 2012, C 8, pag. 15.


23      GU 2012, L 7, pag. 3.


24      Punto 42 della sentenza impugnata.


25      Punti da 24 a 26 della sentenza impugnata.


26      Punto 28 della sentenza impugnata.


27      Punto 29 della sentenza impugnata.


28      Punto 30 della sentenza impugnata.


29      Punto 31 della sentenza impugnata.


30      Punti da 34 a 36 della sentenza impugnata.


31      Sentenza del 26 ottobre 2016 (C‑211/15 P, EU:C:2016:798).


32      Sentenza del 24 luglio 2003 (C‑280/00, EU:C:2003:415). Il Tribunale ha esaminato più dettagliatamente la questione relativa alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza risultante da tale sentenza ai punti da 66 a 75 della sentenza impugnata. Esso ha constatato che la Commissione non era incorsa in un errore di valutazione quando ha dichiarato, al punto 88 della decisione impugnata, che il contratto del 1984 era un contratto puramente commerciale, cosicché la prima di tali condizioni non era soddisfatta.


33      V. paragrafo 15 delle presenti conclusioni.


34      Punti da 37 a 41 della sentenza impugnata.


35      Punto 65 della sentenza impugnata.


36      Punti 48 e 49 della sentenza impugnata.


37      Punto 53 della sentenza impugnata.


38      Punto 54 della sentenza impugnata.


39      Punto 61 della sentenza impugnata.


40      Sentenze del tribunal de première instance de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles) del 4 novembre 2016 (RG 2012/9807/A + 2012/9808/A e RG 2012/14576/A e 2014/5965/A).


41      Punto 63 della sentenza impugnata.


42      Punto 93 della sentenza impugnata.


43      Punto 95 della sentenza impugnata.


44      Dalla sentenza della cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) del 29 aprile 2016 risulta che, facendo riferimento alla «teoria dell’interversione», la JCDecaux intende spiegare che essa ha «mantenuto alcuni vecchi arredi oltre la loro scadenza solo per compensare la sostituzione anticipata di vecchi arredi che potevano rimanere in funzione con nuovi arredi».


45      A tal riguardo, la JCDecaux menziona, più precisamente, i punti da 83 a 89 della sentenza impugnata.


46      Sentenza del 12 maggio 2022, Klein/Commissione (C‑430/20 P, EU:C:2022:377, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


47      Sentenza del 16 luglio 2009, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland/Commissione (C‑385/07 P, EU:C:2009:456, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).


48      Punti da 17 a 76 della sentenza impugnata.


49      Moniteur belge del 29 agosto 1991.


50      Nella sua sentenza, la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) ha segnatamente rilevato che «l’installazione di arredo urbano su aree demaniali e il suo utilizzo a fini pubblicitari richiedono l’autorizzazione dell’autorità pubblica, la quale può assumere varie forme; in mancanza di autorizzazione, l’installazione e l’utilizzo avvengono senza titolo né diritto e sono pertanto illeciti». Essa ha altresì ricordato che «[c]iascun supporto forma oggetto di un’autorizzazione rilasciata per un luogo e per un periodo determinato» e che «[l]e autorizzazioni e i supporti non sono intercambiabili a discrezione del loro titolare». La cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) ha peraltro osservato che «la CCB [agiva] in giudizio contro [la JCDecaux], autrice della pratica controversa, e non contro la città di Bruxelles» e che «non si [trattava], nel caso di specie, di controllare il modo in cui [quest’ultima eseguiva] il contratto del 1984 e l’appalto pubblico del 1999».


51      Nella sua sentenza del 29 aprile 2016, la cour d’appel de Bruxelles (Corte d’appello di Bruxelles) sottolinea che essa «non è tenuta a esaminare se [la JCDecaux] abbia ricevuto aiuti di Stato né a valutarli».


52      Sentenza del 12 ottobre 2000, Spagna/Commissione (C‑480/98, EU:C:2000:559, punti da 19 a 21). V. anche punto 68 della comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.


53      Sentenza del 24 luglio 2003 (C‑280/00, EU:C:2003:415).


54      V. punti 25, 26, da 28 a 41 e da 68 a 75 della sentenza impugnata. Nell’ambito della presente impugnazione, la JCDecaux non mette in discussione le considerazioni con le quali il Tribunale ha in tal senso escluso la rilevanza dell’asserito meccanismo di compensazione.


55      Secondo la JCDecaux, la città di Bruxelles avrebbe potuto tuttalpiù chiedere giudizialmente la rimozione dei supporti controversi e/o un risarcimento dei danni. Inoltre, essa avrebbe potuto riscuotere, nei confronti della JCDecaux, il canone che aveva specificamente introdotto il 17 settembre 2001 per l’occupazione delle sue aree demaniali a fini commerciali.


56      La JCDecaux osserva, al tal proposito, che la modificazione dei siti sul piano logistico e la regolamentazione urbanistica ha reso spesso necessaria la ricerca di nuove ubicazioni.


57      Ai sensi di tale disposizione, «[n]essun onere e nessuna imposta possono essere istituiti dall’agglomerato, dalla federazione di comuni e dal comune se non con decisione del loro consiglio».


58      Sentenze del tribunal de première instance de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles) del 4 novembre 2016 (RG 2012/9807/A + 2012/9808/A e RG 2012/14576/A e 2014/5965/A).


59      Sentenza n. F.19.0012.F della Cour de cassation (Corte di cassazione) del 1º ottobre 2021 (BE:CASS:2021:ARR.20211001.1F.7).


60      Sentenza del 23 marzo 2023, PV/Commissione (C‑640/20 P, EU:C:2023:232, punti 77 e 78 e giurisprudenza ivi citata).


61      Sentenze del 2 ottobre 2014, Strack/Commissione (C‑127/13 P, EU:C:2014:2250, punto 79), e del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione (C‑90/15 P, EU:C:2017:123, punto 48).


62      Tale articolo è così formulato: «Durante il periodo di validità del contratto d’appalto, l’amministrazione aggiudicatrice si impegna a non far eseguire né [ad] autorizzare prestazioni relative ad arredi dotati di supporti pubblicitari, identici o simili a quelli descritti nel presente capitolato speciale d’oneri, da parte di altri imprenditori o dei propri servizi in tutto il proprio territorio».


63      Rilevo che nel buono d’ordine è altresì previsto che, «[q]ualora si tratti di sostituire gli arredi esistenti con un nuovo modello di pensilina o con un supporto espositivo, [la JCDecaux si è impegnata] a eseguire i lavori di sostituzione entro un termine da 48 a 72 ore, a seconda delle condizioni climatiche». Tale buono d’ordine contempla un allegato in cui «figurano elenchi dettagliati delle ubicazioni delle pensiline e di quelle dei supporti per le affissioni in funzione, al fine di (…) consentire [alla JCDecaux] di definire la [sua] proposta di installazione, tenendo conto della situazione degli arredi esistenti e delle date di rimozione dei supporti in funzione».


64      V. punto 67 della comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE: l’esistenza o meno di un vantaggio «può essere valutat[a] facendo un raffronto tra la situazione finanziaria in cui l’impresa si trova in seguito alla misura e quella in cui essa si troverebbe in assenza della misura».


65      In udienza, la CCB ha precisato, senza essere contraddetta dalla JCDecaux, che quest’ultima usava a fini pubblicitari, nel territorio del comune limitrofo di Uccle (Belgio), supporti installati su arredi urbani di sua proprietà e pagava canoni di locazione per tale utilizzo.


66      Nel suo controricorso dinanzi al Tribunale, la Commissione aveva già formulato un’osservazione del genere. La JCDecaux aveva risposto, nella replica, che i suoi argomenti non vertevano sul carattere selettivo della misura e che, con il ricorso, essa «[contestava] in modo semplice e chiaro la rilevanza dell’uso, da parte della Commissione, del regolamento tributario del 2001 sui supporti pubblicitari della città al fine di dimostrare l’esistenza di un vantaggio a favore della JCDecaux (quod non) e come base per il calcolo dell’importo di un eventuale aiuto da recuperare da parte dello Stato belga».


67      Sentenza del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 60).