Language of document : ECLI:EU:C:2008:729

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 16 dicembre 2008 1(1)

Cause riunite C‑171/07 e C‑172/07

Apothekerkammer des Saarlandes,

Marion Schneider,

Michael Holzapfel,

Fritz Trennheuser,

Deutscher Apothekerverband eV (C‑171/07),


Helga Neumann-Seiwert (C‑172/07)

contro

Saarland,

Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Verwaltungsgericht des Saarlandes (Germania)]

«Libertà di stabilimento – Sanità pubblica – Farmacie – Normativa nazionale che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia – Distribuzione adeguata di medicinali al pubblico»





1.        Con le presenti questioni pregiudiziali il Verwaltungsgericht des Saarlandes (Germania) chiede alla Corte di precisare se gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una norma nazionale che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia.

2.        Secondo la normativa tedesca, la gestione di una farmacia è subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte dell’autorità competente. Tra le condizioni per il rilascio di tale autorizzazione figurano quelle secondo cui il richiedente deve, da un lato, essere abilitato ad esercitare la professione di farmacista e, dall’altro, gestire personalmente la farmacia sotto la propria responsabilità.

3.        I due rinvii pregiudiziali in esame sono stati effettuati nell’ambito di controversie che oppongono l’Apothekerkammer des Saarlandes (2), la sig.ra Schneider, i sigg. Holzapfel e Trennheuser (3) e il Deutscher Apothekerverband eV (4) (causa C‑171/07), nonché la sig.ra Neumann‑Seiwert (causa C‑172/07) (in prosieguo indicati congiuntamente «ricorrenti nella causa principale») al Saarland, rappresentato dal suo Ministerium für Justiz, Gesundheit und Soziales (ministero della Giustizia, della Sanità e degli Affari sociali; in prosiego: il «Ministerium»). Tali controversie vertono su una domanda di annullamento della decisione con cui tale ministero ha autorizzato una società per azioni, la DocMorris NV (in prosieguo: la «DocMorris»), a gestire una farmacia secondaria a Saarbrücken (Germania).

4.        Nelle presenti conclusioni esporrò i motivi per i quali ritengo che gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che non ostano a che uno Stato membro scelga di riservare esclusivamente ai farmacisti il possesso e la gestione delle farmacie (5).

I –    Contesto normativo

A –    Diritto comunitario

5.        L’art. 43, primo comma, CE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Ai sensi dell’art. 43, secondo comma, CE, la libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese.

6.        In virtù dell’art. 48, primo comma, CE, i diritti sanciti dall’art. 43 CE si estendono anche alle società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità europea.

7.        Ai sensi dell’art. 46, n. 1, CE, l’art. 43 CE non osta alle restrizioni giustificate da motivi di sanità pubblica.

8.        Ai termini dell’art. 47, n. 3, CE, la graduale soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento, per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche, è subordinata al coordinamento delle condizioni richieste per il loro esercizio nei singoli Stati membri. Tuttavia, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee hanno ammesso che l’effetto diretto degli artt. 43 CE e 49 CE, riconosciuto rispettivamente nelle sentenze Reyners (6) e van Binsbergen (7) a decorrere dal 1° gennaio 1970, data di scadenza del periodo transitorio, valesse anche per i professionisti della salute (8).

9.        Inoltre, le attività mediche, paramediche e farmaceutiche sono state oggetto di direttive di coordinamento. Per il settore farmaceutico si tratta, da un lato, della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/432/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti talune attività nel settore farmaceutico (9), e, dall’altro, della direttiva del Consiglio 16 settembre 1985, 85/433/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli in farmacia e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento per talune attività nel settore farmaceutico (10).

10.      Queste due direttive sono state abrogate e sostituite dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 settembre 2005, 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (11). A tenore del ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/36:

«La presente direttiva non coordina tutte le condizioni per accedere alle attività nel campo della farmacia e all’esercizio di tale attività. In particolare, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri. La presente direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle società l’esercizio di talune attività di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni».

11.      Infine, occorre citare l’art. 152, n. 5, CE, a norma del quale:

«L’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica (...)».

B –    Diritto nazionale

12.      Ai sensi dell’art. 1 della legge tedesca sulle farmacie (Apothekengesetz) (12), come modificata dal regolamento 31 ottobre 2006 (13) (in prosieguo: l’«ApoG»):

«1.      Conformemente all’interesse generale, le farmacie sono tenute a distribuire medicinali al pubblico nel rispetto della legislazione.

2.     Per la gestione di una farmacia e di farmacie secondarie fino ad un numero di tre è necessaria l’autorizzazione rilasciata dall’ufficio competente.

3.     Tale autorizzazione è valida esclusivamente per il farmacista al quale è rilasciata e per i locali menzionati nel certificato di autorizzazione».

13.      L’art. 2 dell’ApoG dispone:

«1.   L’autorizzazione dev’essere rilasciata su domanda qualora il richiedente:

1)      sia tedesco ai sensi dell’art. 116 della [legge fondamentale (Grundgesetz)], cittadino di un altro Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’accordo sullo Spazio economico europeo (…);

2)      abbia la piena capacità di agire;

3)      sia in possesso dell’abilitazione farmaceutica tedesca;

4)      abbia l’affidabilità necessaria alla gestione di una farmacia;

(…)

7)      non sia fisicamente inidoneo ad esercitare la professione di farmacista;

(…)».

14.      A tenore dell’art. 7, n. 1, dell’ApoG:

«L’autorizzazione obbliga alla conduzione di una farmacia sotto la piena responsabilità personale».

15.      Infine, l’art. 8, n. 1, dell’ApoG precisa le modalità con le quali più persone possono gestire congiuntamente una farmacia. Tale disposizione esclude la sola partecipazione al capitale e vieta qualsiasi struttura giuridica che consenta a un terzo diverso dal titolare dell’autorizzazione di gestire la farmacia o di partecipare agli utili derivanti dalla sua gestione. Detta disposizione è così redatta:

«Più persone possono gestire congiuntamente una farmacia solo in forma di società semplice o in nome collettivo. In tali casi tutti i soci sono tenuti ad ottenere un’autorizzazione. La partecipazione a una farmacia sotto forma di società in partecipazione o di accordo di partecipazione, in cui la remunerazione del prestito concesso al titolare dell’autorizzazione o degli attivi comunque fornitigli dipenda dal fatturato o dagli utili registrati dalla farmacia, e in particolare i contratti di locazione il cui valore venga stabilito in funzione del fatturato o degli utili registrati, sono contrari alla legge».

II – Controversia principale e questioni pregiudiziali

16.      La DocMorris è una società per azioni con sede nei Paesi Bassi che possiede un’impresa di spedizione di medicinali. Con decisione 29 giugno 2006, il Ministerium la autorizzava, con effetto dal 1° luglio 2006, ad aprire una farmacia secondaria a Saarbrücken, a condizione che l’obbligo della direzione personale della farmacia in questione fosse posto sotto la responsabilità di un farmacista. Con decisione 28 giugno 2006, anch’essa con effetto dal 1° luglio 2006, il Ministerium concedeva alla DocMorris l’autorizzazione, per la menzionata farmacia di Saarbrücken, alla spedizione di farmaci venduti solo in farmacia. Con decisione 7 agosto 2006 il Ministerium ordinava l’esecuzione immediata dell’autorizzazione alla gestione di una farmacia secondaria concessa il 29 giugno 2006.

17.      Il 2 e il 18 agosto 2006 i ricorrenti nelle cause principali proponevano ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht des Saarlandes, chiedendo l’annullamento della decisione di autorizzazione del 29 giugno 2006.

18.      A sostegno della loro domanda i ricorrenti nelle cause principali hanno sostenuto che tale decisione è contraria all’ApoG, in quanto incompatibile con il cosiddetto principio del «Fremdbesitzverbot» (divieto di proprietà esterna), vale a dire la norma che riserva esclusivamente ai farmacisti il diritto di gestire una farmacia, quale risulta dal combinato disposto degli artt. 2, n. 1, punto 3, 7 e 8 dell’ApoG. Essi hanno inoltre fatto valere che il Ministerium non è competente a valutare se il diritto tedesco sia compatibile con il diritto comunitario, dato che tale competenza, conformemente al disposto dell’art. 234 CE, spetta alla Corte.

19.      Il Ministerium e la DocMorris hanno fatto valere, dal canto loro, che la regola dell’esclusione dei non farmacisti contenuta nella normativa tedesca è contraria all’art. 43 CE, che garantisce la libertà di stabilimento, dato che una farmacia stabilita in un altro Stato membro e gestita sotto forma di società di capitali non ha accesso al mercato tedesco delle farmacie. Tale limitazione non sarebbe necessaria per conseguire l’obiettivo di tutela della salute pubblica. Essi hanno inoltre sostenuto che il primato del diritto comunitario e il principio comunitario dell’effetto utile impongono non solo agli organi giurisdizionali, ma anche alle autorità nazionali l’obbligo di disapplicare le norme nazionali incompatibili con il diritto comunitario.

20.      Alla luce degli argomenti svolti dinanzi ad esso, il Verwaltungsgericht des Saarlandes ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni sulla libertà di stabilimento per le società di capitale (artt. 43 CE e 48 CE) debbano essere interpretate nel senso che ostano al principio secondo cui soltanto un farmacista può possedere una farmacia (“Frembesitzverbot”), come disciplinato agli artt. 2, primo comma, nn. 1‑4 e 7, 7, prima frase, e 8, prima frase, della [ApoG].

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione:

Se un’autorità nazionale, sulla base del diritto comunitario, con particolare riferimento all’art. 10 CE e al principio dell’effetto utile del diritto comunitario, sia autorizzata e tenuta a disapplicare le disposizioni nazionali da essa considerate in contrasto con il diritto comunitario anche se non si tratta di una violazione manifesta del diritto comunitario e non è stata finora accertata dalla Corte (…) un’incompatibilità tra le disposizioni nazionali di cui trattasi ed il diritto comunitario».

III – Analisi

A –    Sulla prima questione pregiudiziale

21.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte di dichiarare se gli artt. 43 CE e 48 CE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia.

22.      Per tale questione sono state proposte soluzioni fondate su due tesi diametralmente opposte. Da un lato, i ricorrenti nelle cause principali e i governi tedesco, ellenico, francese, italiano, austriaco e finlandese ritengono che tale normativa nazionale, pur costituendo una restrizione alla libertà di stabilimento tutelata dall’art. 43 CE, sia giustificata dall’obiettivo di protezione della salute pubblica. Dall’altro lato, il Saarland, la DocMorris, il governo polacco e la Commissione fanno valere che la libertà di stabilimento osta alla norma che vieta ai non farmacisti di possedere una farmacia, dato che tale norma non è né idonea a conseguire l’obiettivo di protezione della salute pubblica, né necessaria per raggiungere tale obiettivo. Poiché gli argomenti principali dedotti a sostegno di queste due tesi sono sostanzialmente identici a quelli esposti nell’ambito della citata causa Commissione/Italia, ripresi a loro volta nelle conclusioni da me presentate in quella causa, ritengo che in questa fase della mia trattazione non occorra riportare in dettaglio le osservazioni presentate alla Corte.

23.      Prima di esaminare se la norma che riserva esclusivamente alle persone abilitate all’esercizio della professione di farmacista la possibilità di possedere e gestire una farmacia sia conforme o meno agli artt. 43 CE e 48 CE, formulerò alcune osservazioni preliminari sulla natura delle rispettive competenze degli Stati membri e della Comunità in materia di sanità pubblica.

1.      Osservazioni preliminari sulla natura delle rispettive competenze degli Stati membri e della Comunità in materia di sanità pubblica

24.      Ai sensi dell’art. 152 CE, la Comunità non dispone di una competenza piena e illimitata in materia di sanità pubblica. Tale competenza rimane quindi ripartita tra la Comunità e gli Stati membri.

25.      Le modalità di tale ripartizione di competenze, quali emergono dal testo dell’art. 152 CE, rivelano l’esistenza di una competenza congiunta a prevalenza nazionale (14).

26.      Il mantenimento di un titolo di competenza nazionale in materia di sanità pubblica è espressamente sancito all’art. 152, n. 5, CE, a norma del quale, lo ricordo, «[l]’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica».

27.      Il fatto che l’attribuzione alla Comunità di una competenza in materia sanitaria non comporti la declinazione della propria competenza da parte degli Stati membri si desume anche dalla natura delle competenze nazionali e comunitaria, quale risulta dall’art. 152 CE. Si tratta infatti sia di competenze complementari, laddove l’azione della Comunità integra le politiche nazionali in materia di sanità pubblica, sia di competenze coordinate, laddove l’azione comunitaria mira a coordinare le azioni nazionali in questo settore.

28.      Riassumendo, le disposizioni dell’art. 152 CE contengono i fondamenti di una politica di sanità pubblica poco integrata e parallelamente definiscono una sfera di competenza nazionale protetta.

29.      A mio parere, la Corte deve tenere conto nella giusta misura della scelta operata dagli autori del Trattato CE. In particolare, poiché la Corte è confrontata con una misura nazionale relativa all’organizzazione e alla fornitura di servizi sanitari e assistenza medica, la sua valutazione dovrebbe sempre tenere conto, secondo me, di ciò che può essere assimilato a una tutela costituzionale della competenza nazionale in tale settore (15).

30.      Ciò non significa naturalmente che gli Stati membri, nell’esercizio delle competenze loro attribuite, debbano essere considerati esenti dai vincoli comunitari. Sappiamo infatti che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il diritto comunitario, segnatamente le disposizioni del Trattato relative alle libertà di circolazione. Tali disposizioni comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dell’esercizio di queste libertà nell’ambito delle cure sanitarie (16).

31.      Si deve peraltro precisare che, allo stato attuale del diritto comunitario, le condizioni relative all’esercizio delle attività farmaceutiche non sono affatto tutte soggette a misure di coordinamento, né tanto meno a misure di armonizzazione, a livello comunitario, come testimonia il ventiseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2005/36. A tale riguardo ricordo che in quel contesto il legislatore comunitario ha precisato, ad esempio, che la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della dispensa dei medicinali dovrebbero continuare ad essere di competenza degli Stati membri. Ha inoltre puntualizzato che tale direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle società l’esercizio di talune attività di farmacista o sottopongono tale esercizio a certe condizioni. In questi settori non armonizzati la determinazione delle norme in materia resta di competenza degli Stati membri, a condizione che siano osservate le disposizioni del Trattato, e in particolare quelle riguardanti la libertà di stabilimento (17).

32.      Per poter essere mantenuta, una norma nazionale che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia deve quindi risultare conforme all’art. 43 CE, anche quando sia espressione di una competenza attribuita agli Stati membri in materia di sanità pubblica, e più in particolare in materia di organizzazione e di fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.

33.      Tuttavia, la circostanza che tale norma intervenga in un settore rimasto di competenza nazionale ed espressamente protetto dall’art. 152, n. 5, CE non è priva di conseguenze. Infatti, nel valutare la giustificazione di quella norma alla luce di un imperativo d’interesse generale quale la protezione della salute pubblica, la Corte dovrà tenere conto di tale tutela della competenza nazionale prevista dal Trattato. In quest’ottica essa potrà applicare la propria giurisprudenza secondo cui, in sede di valutazione del rispetto del principio di proporzionalità nell’ambito della sanità pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto (18).

34.      Fatte queste precisazioni, occorre anzitutto verificare se la norma tedesca diretta a vietare ai non farmacisti il possesso e la gestione di una farmacia costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

2.      Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

35.      La libertà di stabilimento istituita dagli artt. 43 CE e 48 CE conferisce alle società costituite conformemente alla normativa di uno Stato membro il diritto di accedere a un’attività autonoma in un altro Stato membro e di esercitarvi tale attività in via permanente alle stesse condizioni delle società aventi sede in detto Stato. Tale libertà fondamentale si estende alla costituzione e alla gestione di imprese e all’apertura di agenzie, succursali e filiali. L’art. 43 CE impone la soppressione delle misure discriminatorie.

36.      Risulta inoltre da una giurisprudenza costante che le misure che, ancorché applicabili senza distinzioni, vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio, da parte dei cittadini degli Stati membri, della libertà di stabilimento costituiscono restrizioni contrarie al Trattato (19).

37.      Secondo la normativa tedesca, la gestione di una farmacia è subordinata all’autorizzazione dell’autorità competente. Fra le condizioni per il rilascio di tale autorizzazione figurano quelle secondo cui il richiedente deve, da un lato, essere abilitato a esercitare la professione di farmacista e, dall’altro, gestire personalmente la farmacia sotto la propria responsabilità. Inoltre, più persone possono gestire congiuntamente una farmacia solo sotto forma di società semplice o in nome collettivo, nel qual caso tutti i soci devono ottenere l’autorizzazione e quindi essere farmacisti.

38.      Tali condizioni hanno l’effetto di impedire a una società di capitali quale la DocMorris di ottenere l’autorizzazione alla gestione di una farmacia in Germania. Dette condizioni possono essere considerate restrizioni alla libertà di stabilimento in ragione dei loro effetti sull’accesso al mercato di questo tipo di società. Infatti, ostacolando l’accesso di nuovi operatori sul mercato di cui trattasi, esse costituiscono ostacoli oggettivi alle libertà di circolazione di cui le società quali la DocMorris, in linea di principio, devono beneficiare.

39.      Una volta constatata l’esistenza di un ostacolo alla libertà di stabilimento, occorre verificare se il divieto di possedere e gestire una farmacia imposto ai non farmacisti possa considerarsi giustificato in base al diritto comunitario.

3.      Sulla giustificazione della restrizione alla libertà di stabilimento constatata

40.      Una restrizione come quella prevista dalla normativa tedesca può essere considerata conforme al diritto comunitario se soddisfa le quattro condizioni seguenti. Essa deve, anzitutto, applicarsi in modo non discriminatorio. Inoltre, dev’essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Infine, dev’essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (20).

41.      In primo luogo, non rilevo alcun elemento discriminatorio nella normativa controversa, dato che quest’ultima si applica a tutti gli enti che intendano aprire e gestire una farmacia in Germania, senza distinzione in base al loro Stato membro di origine.

42.      In secondo luogo, la tutela della salute pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse generale che, in forza dell’art. 46, n. 1, CE, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento (21). Come dimostra l’art. 1, n. 1, dell’ApoG, la normativa tedesca che vieta a un non farmacista di possedere e gestire una farmacia risponde a preoccupazioni di sanità pubblica. Tale normativa può quindi essere giustificata dall’obiettivo di tutela della salute, in particolare nell’ottica di garantire l’adeguata distribuzione di medicinali al pubblico.

43.      Per quanto riguarda, in terzo luogo, l’idoneità di tale normativa a garantire il conseguimento dell’obiettivo di protezione della salute pubblica, occorre verificare se il divieto imposto ai non farmacisti di possedere e gestire una farmacia sia tale da soddisfare la finalità sopra menzionata.

44.      Gli argomenti di seguito esposti sono stati invocati a sostegno della tesi secondo cui tale divieto non sarebbe atto a conseguire l’obiettivo di protezione della salute pubblica.

45.      Secondo i sostenitori di questa tesi, occorrerebbe distinguere tra gli aspetti relativi all’esercizio, alla gestione o all’amministrazione delle farmacie da quelli attinenti ai rapporti con i terzi. L’obbligo di possedere la qualifica professionale di farmacista sarebbe giustificata per i secondi aspetti, ma non per i primi, dato che l’esigenza di protezione della salute pubblica riguarderebbe solo l’aspetto esterno dell’attività farmaceutica, vale a dire quello relativo ai rapporti con i terzi, e più precisamente con i fornitori e i pazienti.

46.      Inoltre, il criterio dell’idoneità potrebbe essere soddisfatto solo in presenza di indizi concreti atti a dimostrare che, quando il proprietario di una farmacia non sia un farmacista autorizzato e nella stessa sia presente solo un farmacista subordinato, il controllo o l’influenza esercitati dal proprietario su tale farmacista subordinato potrebbero compromettere l’autonomia e la responsabilità personale del farmacista e mettere a rischio il rispetto del norme professionali e deontologiche applicabili all’attività di farmacista. In realtà, le società di capitali non sarebbero, in generale, strutturalmente più inclini a realizzare profitti illeciti. Un farmacista personalmente responsabile e in un primo tempo pesantemente indebitato a causa dei costi sostenuti per aprire la farmacia potrebbe essere soggetto a una pressione molto superiore per quanto riguarda la sua sopravvivenza economica di quanto non lo sia un farmacista subordinato.

47.      Inoltre, anche ammettendo che le farmacie gestite sotto forma di società di capitali mirino realmente ad incrementare a dismisura i profitti, tale circostanza non potrebbe comportare rischi sanitari connessi alla distribuzione dei medicinali. Infatti, la distribuzione della maggior parte dei farmaci sarebbe subordinata a prescrizione medica e quindi autorizzata solo previa presentazione di una ricetta. Pertanto, quand’anche una farmacia intendesse vendere più medicinali a un paziente, essa non potrebbe farlo in mancanza della relativa prescrizione medica. Inoltre, la normativa tedesca avrebbe limitato in misura sempre maggiore la possibilità per i farmacisti di effettuare la sostituzione di medicinali, vale a dire sostituire un farmaco con un altro avente lo stesso principio attivo.

48.      Ritengo invece che la norma che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia sia atta a conseguire l’obiettivo di protezione della salute pubblica. Più precisamente, tale norma, secondo me, è tale da assicurare una distribuzione di medicinali al pubblico che offre sufficienti garanzie in termini di qualità e di varietà.

49.      A tale riguardo non mi convince l’argomento secondo cui occorrerebbe distinguere tra gli aspetti interni (proprietà, amministrazione e gestione della farmacia) e gli aspetti esterni (rapporti con i terzi) dell’attività farmaceutica. Infatti, una persona, al contempo proprietaria e datore di lavoro, che possieda una farmacia influisce inevitabilmente, a mio parere, sulla politica seguita da quest’ultima in materia di dispensa dei medicinali. Pertanto, la scelta del legislatore tedesco di collegare la competenza professionale alla proprietà economica della farmacia risulta giustificata dall’obiettivo di tutela della salute pubblica.

50.      Non si deve dimenticare che il compito del farmacista non consiste solo nella vendita di medicinali. La dispensa di medicinali richiede altresì, da parte del farmacista, altre prestazioni quali la verifica delle prescrizioni mediche, la realizzazione di preparati farmaceutici, o ancora la fornitura di informazioni e consigli per garantire il corretto impiego dei farmaci (22). Ritengo inoltre che il dovere di dare consigli incombente al farmacista rivesta grande importanza nel caso dei farmaci non soggetti a prescrizione medica, il cui numero è in costante aumento per effetto di decisioni adottate dagli Stati al fine di mantenere l’equilibrio dei conti pubblici. In tale contesto il paziente può fare affidamento solo sulle informazioni fornite da quel professionista della salute che è il farmacista.

51.      Poiché l’attività farmaceutica si caratterizza, come varie professioni della salute, per la ripartizione asimmetrica dell’informazione, è necessario che il paziente possa riporre piena fiducia nelle indicazioni del farmacista. Occorre quindi garantire la neutralità della consulenza farmaceutica, vale a dire una consulenza competente e obiettiva.

52.      Inoltre, il farmacista viene associato, per i motivi sopra esposti, a una politica generale di sanità pubblica, ampiamente incompatibile con una logica meramente commerciale, propria delle società di capitali, direttamente orientata alla redditività e al profitto. La particolarità del compito affidato al farmacista impone quindi di riconoscere e di garantire al professionista l’autonomia richiesta dalla natura della sua funzione.

53.      Pertanto, la qualità della distribuzione dei medicinali è, a mio parere, strettamente connessa all’autonomia di cui devono dare prova i farmacisti nell’esercizio della loro funzione.

54.      Decidendo di riservare la proprietà e la gestione delle farmacie esclusivamente ai farmacisti, il legislatore tedesco ha appunto voluto garantire l’autonomia di questi ultimi, rendendo la struttura economica delle farmacie impermeabile alle influenze esterne, provenienti ad esempio dai produttori di farmaci o dai grossisti. In particolare, esso ha tentato di prevenire i rischi di conflitti di interessi che, secondo la sua analisi, potrebbero derivare da un’integrazione verticale del settore farmaceutico, allo scopo, tra l’altro, di contrastare il fenomeno del sovraconsumo di farmaci e di garantire la disponibilità di una gamma sufficiente di medicinali presso le farmacie. Il legislatore tedesco ha inoltre ritenuto necessario l’intervento di un professionista che operi come filtro tra il produttore di farmaci e il pubblico al fine di controllare, autonomamente, la buona amministrazione dei medicinali.

55.      Un farmacista che sia proprietario della sua farmacia è economicamente autonomo, il che garantisce il libero esercizio della sua professione. Tale farmacista che ha il pieno controllo del suo strumento di lavoro può pertanto esercitare la sua professione con l’autonomia caratteristica delle professioni liberali. Egli è al contempo un imprenditore vicino alle realtà economiche che si ricollegano alla gestione della sua farmacia e un professionista della salute, attento a contemperare gli imperativi economici con considerazioni attinenti alla sanità pubblica, il che lo differenzia da un investitore puro.

56.      Ritengo quindi che la procedura preventiva applicata dal legislatore tedesco sia idonea a garantire la protezione della salute pubblica.

57.      Occorre infine verificare se la norma che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia sia necessaria per conseguire l’obiettivo di protezione della salute pubblica e se quest’ultimo non possa essere raggiunto mediante divieti o limitazioni di minore portata o che incidano in misura minore sulla libertà di stabilimento.

58.      Sono stati dedotti vari argomenti per sostenere che tale norma risulta sproporzionata rispetto all’obiettivo di protezione della salute pubblica.

59.      Infatti, sarebbe sufficiente che la direzione della farmacia, la consegna dei medicinali e la fornitura di consigli alla clientela fossero riservati a un farmacista subordinato. Quest’ultimo sarebbe in grado, al pari di un farmacista autonomo, di esercitare la sua professione conformemente agli obblighi che gli incombono. Esso sarebbe, a prescindere dalla forma giuridica del suo datore di lavoro, soggetto alle stesse norme professionali e deontologiche del farmacista autonomo. È vero che il farmacista subordinato sarebbe soggetto alle istruzioni del gestore, ma avrebbe l’obbligo di non osservare quelle incompatibili con la normativa professionale e deontologica applicabile ai farmacisti.

60.      Inoltre, il legislatore nazionale potrebbe adottare disposizioni che disciplinino i rapporti giuridici tra il gestore e il farmacista subordinato in modo da impedire che il controllo o l’influenza esercitate sul farmacista subordinato ne compromettano l’autonomia e la responsabilità personale, mettendo a rischio il rispetto delle norme professionali e deontologiche applicabili ai farmacisti. Si potrebbe altresì prevedere l’obbligo per il farmacista subordinato e il gestore di stipulare un’assicurazione di responsabilità professionale.

61.      Questa analisi sarebbe corroborata dalla citata sentenza Commissione/Grecia. Infatti, la normativa greca esaminata in quella decisione sarebbe equiparabile al provvedimento controverso nelle cause principali e non vi sarebbe alcuna differenza fondamentale tra la vendita di prodotti di ottica e la distribuzione di medicinali. In entrambe le attività la distribuzione inadeguata dei prodotti o i cattivi consigli potrebbero comportare dei rischi per la salute umana. Il ragionamento svolto dalla Corte nella menzionata sentenza andrebbe quindi applicato al caso in esame.

62.      Non condivido questa tesi.

63.      Si deve infatti ricordare che, secondo la Corte, in sede di valutazione del rispetto del principio di proporzionalità nell’ambito della sanità pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Poiché tale livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità e, di conseguenza, il fatto che uno Stato membro imponga norme meno severe di quelle imposte da un altro Stato membro non significa che queste ultime siano sproporzionate (23).

64.      Stabilendo la regola secondo cui solo un farmacista può possedere e gestire una farmacia, il legislatore tedesco si è avvalso di tale margine di discrezionalità optando per un sistema che consente, a suo giudizio, di garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica e, in particolare, l’adeguata distribuzione dei medicinali al pubblico.

65.      Al pari di altri Stati membri, questo stesso legislatore avrebbe anche potuto adottare un modello diverso e scegliere, fatti salvi i propri vincoli costituzionali interni, di proteggere la salute pubblica con altri mezzi, ad esempio subordinando l’apertura di nuove farmacie al rispetto di condizioni relative alla ripartizione geografica delle stesse, alla presenza di un certo numero di abitanti per farmacia, o ancora a norme concernenti il rispetto di una distanza minima tra due farmacie. Fra le altre misure destinate a garantire che l’obiettivo di protezione della salute prevalga sugli interessi economici, uno Stato membro potrebbe scegliere di mantenere il monopolio della vendita dei medicinali da parte dei farmacisti e/o decidere di regolamentare il prezzo dei medicinali.

66.      Riassumendo, si deve tenere presente che, conformemente al disposto dell’art. 152, n. 5, CE, e in mancanza di armonizzazione di tutte le condizioni di esercizio dell’attività farmaceutica all’interno della Comunità, gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale per definire il modello più rispondente ai loro obiettivi in termini di protezione della salute pubblica.

67.      Nel verificare se una misura nazionale come quella in discussione nel caso in esame rispetti il principio di proporzionalità, la Corte deve assicurarsi, in definitiva, che gli Stati membri non abbiano superato i limiti del loro potere discrezionale. Essa verifica inoltre se altre misure non contribuirebbero in maniera altrettanto efficace a garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica.

68.      A tale riguardo ritengo che, riservando ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia, la Repubblica federale di Germania non abbia superato i limiti del suo potere discrezionale in materia di protezione della salute pubblica e che, di conseguenza, tale norma non vada al di là di quanto necessario per garantire un livello elevato di protezione della salute pubblica.

69.      Infatti, non sono convinto che le misure menzionate dinanzi alla Corte, e che, secondo le parti che si oppongono alla norma tedesca, dovrebbero sostituire quest’ultima, possano garantire un livello altrettanto elevato di protezione della salute pubblica.

70.      In generale, occorre anzitutto sottolineare che la norma diretta a vietare ai non farmacisti il possesso e la gestione delle farmacie costituisce una misura destinata a prevenire gli eccessi che ho indicato in precedenza, in particolare i rischi di conflitti di interessi che potrebbero derivare da un’integrazione verticale del settore farmaceutico e che potrebbero esercitare un’influenza negativa sulla qualità della distribuzione dei medicinali. Tale dimensione preventiva assume particolare importanza quando entra in gioco l’imperativo della tutela della salute pubblica. Orbene, l’istituzione di un regime di responsabilità sia del gestore non farmacista che dei farmacisti subordinati e di un regime di sanzioni nei confronti degli stessi non mi sembra sufficiente a garantire un livello di protezione della salute pubblica altrettanto elevato, dato che si tratta principalmente di misure destinate a correggere gli eccessi a posteriori, dopo che si sono effettivamente verificati (24).

71.      Inoltre, ritengo che il solo obbligo di presenza di un farmacista subordinato per svolgere compiti che comportano un rapporto con i terzi non sia tale da garantire, con il medesimo rigore in termini di qualità e di neutralità della dispensa dei medicinali, l’adeguata distribuzione di questi ultimi al pubblico.

72.      È vero che un farmacista subordinato è tenuto a rispettare le norme professionali e deontologiche che lo riguardano. Tuttavia, poiché non ha il controllo della politica commerciale della farmacia e di fatto è tenuto a seguire le istruzioni del suo datore di lavoro, non è escluso che un farmacista subordinato di una farmacia gestita da un non farmacista sia indotto a privilegiare l’interesse economico della farmacia rispetto alle esigenze connesse all’esercizio di un’attività farmaceutica. Infatti non si può escludere che un gestore non farmacista, che non dispone della competenza professionale sufficiente per valutare le implicazioni della dispensa dei medicinali, sia tentato di ridurre l’attività di consulenza ai pazienti o addirittura a eliminare le attività poco redditizie, quali la realizzazione di preparati farmaceutici. Ne conseguirebbe una diminuzione della qualità della dispensa dei medicinali alla quale il farmacista subordinato, tenuto ad applicare le istruzioni impartitegli dal suo datore di lavoro, difficilmente potrebbe opporsi.

73.      Soprattutto si deve ricordare che, a mio parere, la distinzione tra gli aspetti interni e gli aspetti esterni dell’attività farmaceutica presenta un carattere artificioso e mi sembra inevitabile che l’esercente, controllando la farmacia, ne determini la politica commerciale. Risulta quindi difficile garantire che l’esercente non farmacista non interferisca nel rapporto tra il farmacista e i clienti, anche indirettamente attraverso la gestione delle scorte di medicinali della farmacia. Così, un cattiva gestione di tali scorte avrebbe necessariamente ripercussioni sulla qualità della dispensa di medicinali.

74.      La norma tedesca risulta quindi necessaria in quanto implica che il farmacista proprietario di una farmacia sia personalmente responsabile dinanzi ai suoi pari delle proprie decisioni per quanto riguarda la qualità dei servizi professionali offerti nella sua farmacia, sia personalmente soggetto a tutte le disposizioni di legge, regolamentari e deontologiche che disciplinano l’esercizio della professione di farmacista e non subisca alcuna influenza da parte di terzi non farmacisti riguardo alla gestione dell’attività nella sua farmacia.

75.      Pertanto, il nesso tra la competenza professionale nel settore farmaceutico e la proprietà della farmacia consente al gestore di valutare correttamente le conseguenze delle sue decisioni commerciali sull’adempimento della funzione di interesse pubblico che gli incombe, ossia l’adeguata distribuzione di medicinali al pubblico.

76.      Infine, come rileva il governo tedesco, il fatto di collegare l’autorizzazione alla gestione di una farmacia alla persona del farmacista costituisce un modo efficace per garantire l’adeguata distribuzione di medicinali al pubblico, soprattutto perché il farmacista gestore si espone, in caso di colpa professionale, alla revoca non solo dell’abilitazione professionale, ma anche dell’autorizzazione a gestire la farmacia, con le gravi conseguenze economiche che ne derivano. Oltre alle conseguenze previste dal diritto disciplinare, gli errori professionali del farmacista mettono a rischio la sua esistenza economica, il che costituisce un ulteriore incentivo a gestire la farmacia privilegiando l’imperativo della sanità pubblica. La norma che impone di coniugare in un’unica persona la competenza e la deontologia professionale con la responsabilità economica della farmacia è quindi necessaria per garantire il rispetto dell’interesse pubblico.

77.      Alla luce di tali elementi, ritengo quindi che la norma tedesca che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia non vada al di là di quanto necessario per garantire un livello elevato di protezione della salute e in particolare per garantire una distribuzione di medicinali al pubblico diversificata e di qualità. Mi sembra quindi conforme all’art. 43 CE il fatto di esigere che la persona che detiene il controllo economico della farmacia, e che a tale titolo determina la politica commerciale della stessa, sia un farmacista.

78.      Ritengo che l’analisi sopra svolta in ordine all’adeguatezza e alla proporzionalità della norma che riserva ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia non possa essere rimessa in discussione, contrariamente a quanto sostengono la DocMorris e la Commissione, per il fatto che, in determinate circostanze, la normativa tedesca autorizza la gestione di una farmacia da parte di un non farmacista. Si possono configurare le seguenti ipotesi.

79.      Si tratta, anzitutto, in caso di inidoneità o di decesso del titolare dell’autorizzazione alla gestione della farmacia, della possibilità per quest’ultimo o per i suoi eredi di continuare, per un certo periodo, a gestire la farmacia nell’ambito di un contratto di locazione o di un accordo di gestione. Come osserva l’Apothekerkammer des Saarlandes, il legislatore tedesco, prevedendo questa possibilità, ha tentato di conciliare la norma che vieta ai non farmacisti di possedere e gestire una farmacia con l’esigenza di tutelare gli interessi della famiglia del farmacista, concedendo a quest’ultima il tempo di prendere una decisione sul futuro della farmacia. Ritengo che tale eccezione non sia tale da rimettere in discussione la coerenza della normativa tedesca in quanto, da un lato, detta eccezione ha una durata limitata e, dall’altro, la farmacia viene affidata a un gestore che deve possedere la qualifica di farmacista laureato. Risulta inoltre dall’art. 9, n. 2, dell’ApoG che il locatario deve essere in possesso dell’autorizzazione prevista dall’art. 1 della medesima legge e che il contratto di locazione-gestione non deve influire né sulla responsabilità professionale del locatario né sulla sua libertà decisionale.

80.      Si tratta poi del sistema di approvvigionamento interno di medicinali degli ospedali. Ai sensi dell’art. 14, nn. 1‑6, dell’ApoG, gli ospedali possono scegliere di affidare il proprio approvvigionamento di medicinali a una farmacia interna, vale a dire a una farmacia gestita nei locali dell’ospedale in questione e non accessibile al pubblico. In tal caso, la direzione dell’istituto ospedaliero deve ottenere l’autorizzazione a gestire una farmacia ospedaliera. Il rilascio di tale autorizzazione è soggetta in particolare all’assunzione di un farmacista rispondente alle condizioni stabilite dall’art. 2, n. 1, punti 1‑4, 7 e 8, e n. 3, in combinato disposto con il n. 2 o 2a dell’ApoG.

81.      È vero che, in questo caso, la farmacia non viene gestita da un farmacista. Tuttavia, a differenza delle farmacie commerciali, le farmacie ospedaliere hanno la funzione non di garantire la distribuzione dei medicinali al pubblico, ma unicamente quella di fornire medicinali ai servizi ospedalieri di cui fanno parte. Poiché le farmacie ospedaliere devono soddisfare le esigenze di tali ospedali in termini di farmaci, mi sembra opportuno che esse vengano gestite dalle direzioni degli istituti ospedalieri di cui fanno parte. Inoltre, i rischi di conflitti di interessi dovuti all’integrazione verticale dell’attività farmaceutica che si possono rilevare nei casi delle farmacie non si presentano nell’ambito del sistema di approvvigionamento interno di farmaci degli ospedali adottato dal legislatore tedesco. Ritengo quindi che tale sistema non sia tale da compromettere la coerenza della norma che riserva ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia aperta al pubblico.

82.      Inoltre, la circostanza che un farmacista possa gestire fino a tre farmacie secondarie in forza dell’art. 1, n. 2, dell’ApoG non mi sembra tale da rimettere in discussione la coerenza di questa norma. Infatti, il titolare dell’autorizzazione all’esercizio della farmacia principale resta soggetto, conformemente all’art. 7 dell’ApoG, all’obbligo di gestire personalmente e sotto la propria responsabilità quest’ultima e le farmacie secondarie. Egli mantiene quindi il pieno controllo su tutti gli esercizi, che, peraltro, vengono autorizzati in numero limitato.

83.      Infine, ritengo che vada respinto l’argomento secondo cui il ragionamento seguito dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Grecia con riferimento all’esercizio di negozi di ottica andrebbe applicato alle farmacie.

84.      Nel ricorso per inadempimento che aveva proposto contro la Repubblica ellenica, la Commissione chiedeva alla Corte di dichiarare che detto Stato membro era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 43 CE e 48 CE. Essa contestava allo Stato membro in questione, in primo luogo, di impedire a un ottico persona fisica diplomato di gestire più di un negozio di ottica e, in secondo luogo, la normativa nazionale che subordinava la possibilità per una persona giuridica di aprire un negozio di ottica alle seguenti condizioni:

–        l’autorizzazione ad aprire e gestire il negozio di ottica dev’essere rilasciata a nome di un ottico autorizzato, persona fisica; la persona che è titolare dell’autorizzazione a gestire il negozio deve partecipare per almeno il 50% al capitale sociale, nonché ai profitti e alle perdite; la società deve essere costituita in forma di società in nome collettivo o in accomandita, e

–        l’ottico in questione può partecipare a non più di un’altra società proprietaria di un negozio di ottica, a condizione che l’autorizzazione ad aprire e a gestire il negozio sia rilasciata a nome di un altro ottico autorizzato.

85.      Dopo avere constatato l’esistenza di restrizioni alla libertà di stabilimento (25), la Corte ha esaminato globalmente la questione se i vari aspetti contestati della normativa greca fossero o meno giustificati dall’obiettivo di protezione della salute pubblica. Essa ha rilevato che tale giustificazione non sussisteva in quanto non era rispettato il principio di proporzionalità.

86.      La Corte ha infatti ritenuto che «l’obiettivo di protezione della sanità pubblica invocato dalla Repubblica ellenica può essere raggiunto attraverso misure meno restrittive della libertà di stabilimento sia delle persone fisiche sia delle persone giuridiche, ad esempio attraverso il requisito della presenza di dipendenti o soci che siano ottici diplomati in ogni negozio di ottica, attraverso norme applicabili in materia di responsabilità civile per fatto altrui, nonché norme che impongano un’assicurazione di responsabilità professionale» (26).

87.      A mio parere, la Corte dovrebbe seguire un orientamento diverso per quanto riguarda l’attività di distribuzione dei medicinali, che si distingue, in ragione della portata del suo impatto sulla salute pubblica, dall’attività di vendita dei prodotti di ottica.

88.      È vero che la Corte ha ammesso che la vendita di prodotti di ottica quali lenti a contatto non può essere considerata come un’attività commerciale analoga ad altre, poiché il venditore dev’essere in grado di fornire agli utilizzatori informazioni relative all’uso e alla manutenzione di tali prodotti (27). Essa ha quindi ritenuto che una normativa nazionale che vieta la vendita di lenti a contatto e di prodotti accessori negli esercizi commerciali che non sono diretti o gestiti da persone in possesso dei requisiti necessari per l’esercizio della professione di ottico è giustificata da motivi di tutela della salute pubblica (28).

89.      Tuttavia, poiché i medicinali sono prodotti che possono avere un’incidenza più grave sulla salute rispetto ai prodotti di ottica e possono altresì comportare, in caso di impiego errato, la morte dei loro consumatori, ritengo che la loro distribuzione debba essere corredata di garanzie particolari. Pertanto, mi sembra legittimo che uno Stato membro intenda conseguire un livello elevato di tutela della salute pubblica tentando di preservare la qualità e la neutralità della distribuzione dei medicinali.

90.      Dal momento che la dispensa dei medicinali non può essere messa sullo stesso piano, sotto il profilo della sanità pubblica, della vendita di prodotti di ottica, ritengo che uno Stato membro possa, senza incorrere in una violazione del principio di proporzionalità e per i motivi sopra esposti, riservare il possesso e la gestione delle farmacie esclusivamente ai farmacisti.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale

91.      Con tale questione il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare, in caso di soluzione affermativa della prima questione, se un’autorità nazionale, sulla base del diritto comunitario, con particolare riferimento all’art. 10 CE e al principio dell’effetto utile del diritto comunitario, sia autorizzata e tenuta a disapplicare le disposizioni nazionali da essa considerate in contrasto con il diritto comunitario, anche se non si tratta di una violazione manifesta del diritto comunitario e non è stata finora accertata dalla Corte un’incompatibilità tra le disposizioni nazionali di cui trattasi ed il diritto comunitario.

92.      Poiché propongo alla Corte di risolvere la prima questione in senso negativo, ritengo che non occorra risolvere la seconda questione.

IV – Conclusione

93.      Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che:

«Gli artt. 43 CE e 48 CE devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che riserva esclusivamente ai farmacisti la possibilità di possedere e gestire una farmacia, nei limiti in cui tale normativa è giustificata dall’obiettivo di garantire l’adeguata distribuzione dei medicinali al pubblico».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Si tratta della Camera professionale dei farmacisti del Saarland.


3 – Tutti e tre sono farmacisti.


4 – Si tratta dell’Unione professionale dei farmacisti tedeschi.


5 – Tale problematica è stata sollevata anche nell’ambito della causa C‑531/06, Commissione/Italia, pendente dinanzi alla Corte, in cui ho parimenti presentato conclusioni.


6 – Sentenza 21 giugno 1974, causa 2/74 (Racc. pag. 631).


7 – Sentenza 3 dicembre 1974, causa 33/74 (Racc. pag. 1299).


8 – Infatti, al primo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/362/CEE, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli di medico e comportante misure destinate ad agevolare l’esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi (GU L 167, pag. 1), si precisa che, in applicazione del Trattato CEE, qualsiasi trattamento discriminatorio basato sulla nazionalità, in materia di stabilimento e di prestazione di servizi, è vietato dopo la fine del periodo transitorio.


9 – GU L 253, pag. 34.


10 – GU L 253, pag. 37.


11 – GU L 255, pag. 22.


12 – BGBl. 1980 I, pag. 1993.


13 – BGBl. 2006 I, pag. 2407.


14 – Secondo l’espressione impiegata da Michel, V., «La compétence de la Communauté en matière de santé publique», Revue des affaires européennes, 2003‑2004/2, pag. 157.


15 – V. Michel, V., op. cit., pag. 177.


16 – V., in particolare, sentenza 11 settembre 2008, causa C‑141/07, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑6935, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).


17 – V., in tal senso, sentenza Commissione/Germania, cit. (punto 25 e giurisprudenza ivi citata).


18 – V., in particolare, sentenza Commissione/Germania, cit. (punto 51).


19 – V., sentenze 5 ottobre 2004, causa C‑442/02, CaixaBank France (Racc. pag. I‑8961, punto 11 e giurisprudenza ivi citata); 14 ottobre 2004, causa C‑299/02, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑9761, punto 15); 21 aprile 2005, causa C‑140/03, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑3177, punto 27), e 17 luglio 2008, causa C‑500/06, Corporación Dermoestética (Racc. pag. I‑5785, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


20 – V., in particolare, sentenze 5 giugno 2007, causa C‑170/04, Rosengren e a. (Racc. pag. I‑4071, punto 43), e Corporación Dermoestética, cit. (punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


21 – Sentenza Corporación Dermoestética, cit. (punto 37).


22 – Per un elenco delle diverse attività dei farmacisti, v. art. 45, n. 2, della direttiva 2005/36.


23 – Sentenza Commissione/Germania, cit. (punto 51 e giurisprudenza ivi citata).


24 – Gli argomenti dedotti a tale riguardo, a sostegno della loro tesi, dalle parti che si oppongono alla norma tedesca mi sembrano ampiamente teorici e sono peraltro stati smentiti dalla realtà della crisi finanziaria contemporanea. Infatti, l’esistenza nel sistema bancario di autorità di controllo e di regimi giuridici di responsabilità civile, commerciale o penale ha tragicamente dimostrato i suoi limiti e la sua incapacità di prevenire o controllare gli eccessi derivanti da una logica di remunerazione prioritaria del capitale investito.


25 – Sentenza Commissione/Grecia, cit. (punti 27‑29).


26 – Ibidem (punto 35).


27 – V., in tal senso, sentenza 25 maggio 1993, causa C‑271/92, LPO (Racc. pag. I‑2899, punto 11).


28 – Ibidem (punto 13).