Language of document : ECLI:EU:T:2020:494

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

15 ottobre 2020  (*)

«Diritto istituzionale – Statuto unico del deputato europeo – Deputati europei eletti in circoscrizioni italiane – Adozione, da parte dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia), della deliberazione n. 14/2018 in materia di trattamenti pensionistici – Modifica dell’importo delle pensioni dei deputati nazionali italiani – Corrispondente modifica, da parte del Parlamento europeo, dell’importo delle pensioni di taluni ex deputati europei eletti in Italia – Competenza dell’autore dell’atto – Obbligo di motivazione – Diritti quesiti – Certezza del diritto – Legittimo affidamento – Diritto di proprietà – Proporzionalità – Parità di trattamento»

Nelle cause riunite da T‑389/19 a T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T-414/19, da T-416/19 a T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19,

Maria Teresa Coppo Gavazzi, residente in Milano (Italia), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentati da M. Merola, avvocato,

ricorrenti,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da S. Seyr e S. Alves, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento delle note dell’11 aprile 2019, nonché, per quanto riguarda il ricorrente nella causa T‑465/19, di quella dell’11 giugno 2019, redatte, nel caso di ciascuno dei ricorrenti, dal Parlamento e riguardanti l’adeguamento dell’importo delle pensioni di cui i ricorrenti beneficiano a seguito dell’entrata in vigore, il 1º gennaio 2019, della deliberazione n. 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da J. Svenningsen, presidente, R. Barents, C. Mac Eochaidh (relatore), T. Pynnä e J. Laitenberger, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i loro ricorsi, i ricorrenti, ex membri del Parlamento europeo, eletti in Italia, o i loro superstiti chiedono che il Tribunale annulli le decisioni del Parlamento che adeguano il calcolo della loro pensione di anzianità o di reversibilità al calcolo dell’importo delle pensioni percepite dai membri della Camera Bassa della Repubblica italiana e, se del caso, riducono l’importo della loro pensione di anzianità o di reversibilità.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2        La regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati del Parlamento europeo (in prosieguo: la «regolamentazione SID»), nella sua versione in vigore fino al 14 luglio 2009, prevedeva al suo allegato III (in prosieguo: l’«allegato III»), in particolare:

«Articolo 1

1. Tutti i deputati al Parlamento europeo hanno diritto ad una pensione di cessata attività.

2. In attesa dell’istituzione di un regime pensionistico comunitario definitivo per tutti i deputati al Parlamento europeo e qualora il regime nazionale non preveda il pensionamento o il livello e/o le modalità della pensione prevista non coincidano esattamente con quelli applicabili ai deputati al parlamento nazionale dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo, può essere erogata, su richiesta del deputato interessato, una pensione provvisoria di cessata attività a carico del bilancio dell’Unione europea, sezione Parlamento.

Artìcolo 2

1. L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo.

2. Il deputato che beneficia delle disposizioni dell’articolo 1, paragrafo 2, è tenuto, aderendo al presente regime, a versare al bilancio dell’Unione europea un contributo calcolato in modo da corrispondere complessivamente a quello pagato da un Membro della Camera Bassa dello Stato membro in cui è stato eletto.

Articolo 3

1. La richiesta di adesione al presente regime pensionistico provvisorio deve essere presentata entro dodici mesi dall’inizio del mandato dell’interessato.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale l’adesione al regime pensionistico ha effetto è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

2. La richiesta di liquidazione della pensione deve essere presentata entro sei mesi dalla maturazione di tale diritto.

Dopo tale termine, la data a partire dalla quale ha effetto la prestazione pensionistica è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

3        Lo statuto dei deputati è stato adottato con decisione 2005/684/CE, Euratom, del Parlamento del 28 settembre 2005, che adotta lo statuto dei deputati del Parlamento europeo (GU 2005, L 262, pag. 1, in prosieguo: lo «statuto dei deputati»), ed è entrato in vigore il 14 luglio 2009, primo giorno della settima legislatura.

4        L’articolo 25 dello statuto dei deputati così dispone:

«1. Per quanto riguarda l’indennità, l’indennità transitoria e le diverse categorie di pensioni, i deputati già in carica e rieletti prima dell’entrata in vigore del presente statuto possono optare, per l’intera durata dell’attività parlamentare, per il regime nazionale in vigore.

2. I versamenti sono a carico del bilancio dello Stato membro.

(...)».

5        L’articolo 28 dello statuto dei deputati prevede quanto segue:

«1. Il diritto a pensione acquisito da un deputato al momento dell’entrata in vigore del presente statuto a norma della legislazione nazionale conserva piena efficacia.

(...)».

6        Con decisioni del 19 maggio e del 9 luglio 2008, l’Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato le misure di attuazione dello statuto dei deputati (GU 2009, C 159, pag. 1; in prosieguo: le «misure di attuazione»).

7        L’articolo 49 delle misure di attuazione, relativo ai diritti alla pensione di anzianità, prevede quanto segue:

«1. I deputati che hanno esercitato il loro mandato per almeno un anno completo hanno diritto, dopo la cessazione del mandato, a una pensione di anzianità a vita da versare a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui compiono i 63 anni di età.

L’ex deputato o il suo rappresentante legale, salvo casi di forza maggiore, presenta la domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro sei mesi dalla data di inizio del diritto. Trascorso tale termine, la data in cui diventa effettivo il godimento della pensione di anzianità è fissata al primo giorno del mese di ricevimento della domanda.

(...)».

8        In virtù dell’articolo 73, le misure di attuazione sono entrate in vigore il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009.

9        L’articolo 74 delle misure di attuazione precisa che, fatte salve le disposizioni transitorie previste al titolo IV, e in particolare dell’articolo 75 delle medesime misure di attuazione (in prosieguo: l’«articolo 75»), la regolamentazione SID scade il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati.

10      L’articolo 75, relativo in particolare alle pensioni di anzianità, così dispone:

«1. La pensione di reversibilità, la pensione di invalidità e la pensione di invalidità supplementare concessa ai figli a carico e la pensione di anzianità concessa in virtù degli allegati I, II e III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di detti allegati ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto.

Qualora l’ex deputato che beneficia della pensione d’invalidità deceda dopo il 14 luglio 2009, la pensione di reversibilità è versata al suo coniuge, membro stabile di un’unione di fatto o figli a carico, alle condizioni stabilite all’allegato I della regolamentazione SID.

2. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

11      Infine, l’articolo 75 deve essere letto in combinato disposto con il considerando 7 delle medesime misure di attuazione, il quale così recita:

«Occorre anche provvedere a che nelle disposizioni transitorie i beneficiari di talune prestazioni concesse sulla base della regolamentazione SID possano continuare a goderne dopo l’abrogazione di detta regolamentazione, in conformità del principio del legittimo affidamento. Occorre altresì garantire il rispetto dei diritti alla pensione acquisiti sulla base della regolamentazione SID prima dell’entrata in vigore dello statuto. Risulta infine necessario tenere in conto il regime specifico applicabile ai deputati che, durante un periodo transitorio e per quanto riguarda le condizioni finanziarie dell’esercizio del mandato, rientreranno nei regimi nazionali dello Stato membro di elezione in virtù dell’articolo 25 o 29 dello statuto».

B.      Diritto italiano

12      Il 12 luglio 2018, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati (Italia) ha adottato la deliberazione n. 14/2018, avente ad oggetto una nuova fissazione dell’importo degli assegni vitalizi e della parte di assegno vitalizio pro rata, nonché delle prestazioni di reversibilità, relative agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011 (in prosieguo: la «deliberazione n. 14/2018»).

13      L’articolo 1 della deliberazione n. 14/2018 così dispone:

«1. A decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, maturati, sulla base della normativa vigente, alla data del 31 dicembre 2011, sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione.

2. La rideterminazione di cui al comma 1 è effettuata moltiplicando il montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età anagrafica del deputato alla data della decorrenza dell’assegno vitalizio o del trattamento previdenziale pro rata.

3. Si applicano i coefficienti di trasformazione di cui alla tabella 1 allegata alla presente deliberazione.

4. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, non può comunque superare l’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare.

5. L’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione non può comunque essere inferiore all’importo determinato moltiplicando il montante contributivo individuale maturato da un deputato che abbia svolto il mandato parlamentare nella sola XVII legislatura, rivalutato ai sensi del successivo articolo 2, per il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età anagrafica di 65 anni vigente alla data del 31 dicembre 2018.

6. Nel caso in cui, a seguito della rideterminazione operata ai sensi della presente deliberazione, l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità rideterminati, risulti ridotto in misura superiore al 50 per cento rispetto all’importo dell’assegno vitalizio, diretto o di reversibilità, o della quota di assegno vitalizio del trattamento previdenziale pro rata, diretto o di reversibilità, previsto per ciascun deputato dal Regolamento in vigore alla data dell’inizio del mandato parlamentare, l’ammontare minimo determinato ai sensi del comma 5 è aumentato della metà.

7. L’Ufficio di Presidenza, su proposta del Collegio dei deputati Questori, può incrementare fino a un massimo del 50 per cento l’ammontare degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, e le quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, diretti e di reversibilità, rideterminati ai sensi della presente deliberazione, in favore di coloro che ne facciano domanda e per i quali ricorrano i seguenti presupposti:

a)       non percepiscano altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, ad esclusione di quelli eventualmente derivanti a qualsiasi titolo dall’immobile destinato ad abitazione principale;

b)       siano affetti da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione prodotta da strutture sanitarie pubbliche, ovvero, alternativamente, siano affetti da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità riconosciuta dalle autorità competenti, in misura pari al 100 per cento.

8. La documentazione comprovante il ricorrere dei presupposti di cui al comma 7 deve essere prodotta a cura del richiedente all’atto dell’istanza e, successivamente, entro il 31 dicembre di ciascun anno».

II.    Fatti

14      I ricorrenti, la sig.ra Maria Teresa Coppo Gavazzi e le altre persone fisiche i cui nomi figurano in allegato, sono o ex membri del Parlamento europeo, eletti in Italia, o, per quanto riguarda le sig.re Vanda Novati, Maria Di Meo, Leda Frittelli, Mirella Musoni, Jitka Frantova e Ida Panusa, nelle cause T‑397/19, T‑409/19, T‑414/19, T‑426/19, T‑427/19 e T‑453/19, coniugi superstiti di ex deputati europei, eletti in questo stesso Stato membro. Ciascuno di essi beneficia rispettivamente di una pensione di anzianità o di una pensione di reversibilità.

15      Sulla base delle regole della deliberazione n. 14/2018, l’importo della pensione di un certo numero di ex deputati italiani (o dei loro superstiti) è stato ridotto a partire dal 1° gennaio 2019.

16      A seguito della presentazione di ricorsi contro la deliberazione n. 14/2018 da parte dei deputati nazionali italiani interessati dalle dette riduzioni, la legittimità di tale decisione nazionale è attualmente esaminata dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati (Italia).

17      Con una nota inserita sui cedolini di pensione del mese di gennaio 2019, il Parlamento informava i ricorrenti del fatto che l’importo della pensione loro erogata avrebbe potuto essere rideterminato in esecuzione della deliberazione n. 14/2018 e che detto ricalcolo avrebbe potuto eventualmente comportare un recupero delle somme indebitamente versate.

18      Infatti, secondo il Parlamento, esso sarebbe stato tenuto ad applicare la deliberazione n. 14/2018 e, pertanto, a ricalcolare l’importo delle pensioni dei ricorrenti, alla luce dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale prevede che «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria [di anzianità] corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo» (in prosieguo: la «regola di pensione identica»).

19      Con una nota non datata del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della Direzione generale (DG) delle finanze del Parlamento, allegata ai cedolini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, il Parlamento li ha informati del fatto che il suo servizio giuridico aveva confermato, con il parere n. SJ‑0836/18 (in prosieguo: il «parere del servizio giuridico»), l’applicabilità automatica della deliberazione n. 14/2018 alla loro situazione. Tale nota aggiungeva che, non appena ricevute dalla Camera dei deputati (Italia) le informazioni necessarie, il Parlamento avrebbe provveduto a comunicare ai ricorrenti la nuova liquidazione dei loro diritti pensionistici e a recuperare l’eventuale differenza sulle successive 12 mensilità. Infine, detta nota informava i ricorrenti del fatto che la liquidazione definitiva dei loro diritti pensionistici sarebbe stata fissata con atto formale contro il quale sarebbe stato possibile proporre un ricorso a norma dell’articolo 72 delle misure di attuazione o un ricorso di annullamento a norma dell’articolo 263 TFUE.

20      Con note dell’11 aprile 2019 (in prosieguo, con riferimento al sig. Luigi Andrea Florio, nella causa T‑465/19: il «progetto di decisione»), il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle Finanze del Parlamento ha informato i ricorrenti che, come preannunciato nella sua nota del febbraio 2019, l’ammontare della loro pensione sarebbe stato adattato, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, a concorrenza della riduzione delle pensioni analoghe erogate in Italia agli ex deputati nazionali dalla Camera dei deputati (Italia) in applicazione della deliberazione n. 14/2018. I progetti di decisione precisavano altresì che l’importo delle pensioni dei ricorrenti sarebbe stato adattato a partire dal mese di aprile 2019 (e con effetto retroattivo al 1º gennaio 2019) in applicazione dei progetti di fissazione dei nuovi diritti a pensione trasmessi in allegato a tali lettere. Infine, i progetti di decisione concedevano ai ricorrenti un termine di 30 giorni, a decorrere dalla loro ricezione, per far valere le loro osservazioni. In mancanza di tali osservazioni, gli effetti dei progetti di decisione sarebbero stati considerati definitivi e avrebbero comportato, in particolare, la ripetizione degli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019.

21      Ad eccezione del sig. Florio, nella causa T‑465/19, nessun ricorrente ha formulato siffatte osservazioni, cosicché gli effetti delle note, di cui al punto 20 supra, sono divenuti definitivi nei loro confronti.

22      Con messaggio di posta elettronica del 14 maggio 2019, il sig. Florio trasmetteva le sue osservazioni al servizio competente del Parlamento.

23      Con lettera dell’11 giugno 2019 (in prosieguo: la «decisione finale»), il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento ha indicato che le osservazioni trasmesse dal sig. Florio non contenevano elementi tali da giustificare una revisione della posizione del Parlamento, quale espressa nei progetti di decisione. Di conseguenza, i diritti a pensione e il piano di recupero dell’indebito che ne derivava, come ricalcolati e comunicati in allegato al suddetto progetto di decisione, erano divenuti definitivi alla data della notifica della decisione finale.

III. Procedimento e conclusioni delle parti

24      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 27 giugno (cause da T‑389/19 a T‑393/19), il 28 giugno (cause T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T-414/19, T-416/19 e T‑417/19), il 1° luglio (cause T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19), il 2 luglio (cause T‑421/19, T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19), il 3 luglio (cause T‑418/19, T‑420/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑453/19), il 4 luglio (cause T‑454/19 e T‑463/19) e il 5 luglio 2019 (causa T‑465/19), i ricorrenti hanno proposto i ricorsi in esame.

25      Il 10 luglio (cause da T‑389/19 a T‑393/19, T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T-409/19 a T-414/19, T-416/19 e T‑417/19) e il 18 luglio 2019 (cause T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/18 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19), il Parlamento, ai sensi dell’articolo 68, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, ha chiesto la riunione delle cause.

26      II 19 luglio (cause da T‑389/19 a T‑393/19, T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑409/19 e T‑410/19) e il 22 luglio 2019 (cause da T‑411/19 a T-414/19, da T-416/19 a T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/18 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19), il Parlamento, ai sensi dell’articolo 69, lettera c), del regolamento di procedura, ha chiesto la sospensione dei procedimenti in attesa che il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati si pronunciasse sulla validità della deliberazione n. 14/2018.

27      L’11 settembre (cause T‑391/19 e T‑392/19), il 12 settembre (causa T‑389/19), il 13 settembre (causa T‑393/19), il 16 settembre (cause T‑394/19, T‑403/19, T‑410/19, T‑412/19 e T‑416/19), il 17 settembre (cause T‑397/19, T‑398/19, T‑409/19 e T‑414/19), il 18 settembre (cause T‑390/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑411/19, T‑413/19, T‑417/19, T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, T‑425/19, da T‑429/19 a T‑431/19, T‑436/19 e T‑438/19), il 19 settembre (cause T‑426/19, T‑427/19, T‑435/19, T‑439/19, T‑442/19, T‑445/19 e T‑446/19), il 20 settembre (cause T‑432/19, T‑440/19, T‑448/19, T‑450/19, T‑451/19, T‑454/19 e T‑463/19 ), il 23 settembre (cause, T‑441/19, T‑444/19, T‑452/19 e T‑465/19), e il 24 settembre 2019 (causa T‑453/19), il Parlamento ha depositato i controricorsi.

28      In data 27 settembre (cause T‑389/19 e T‑390/19), 30 settembre (da T‑391/19 a T‑394/19, T‑397/19 e T‑398/19), 1° ottobre (cause T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19 e da T‑409/19 a T‑411/19), 2 ottobre (cause da T‑412/19 a T‑414/19, da T‑416/19 a T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19 e da T‑430/19 a T‑432/19), 3 ottobre (cause T‑425/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, e da T‑450/19 a T‑454/19) e 4 ottobre 2019 (cause T‑426/19, T‑427/19, T‑429/19, T‑463/19 e T‑465/19), il Tribunale ha interrogato le parti in merito alla possibilità, da un lato, di individuare un numero ridotto di cause pilota tra le 84 cause analoghe di cui era all’epoca investito e, dall’altro, di sospendere di conseguenza le altre cause fino al passaggio in giudicato della decisione che pone fine al procedimento nelle cause identificate come cause pilota. Peraltro, il Tribunale ha invitato il Parlamento a produrre, nella sua interezza, la regolamentazione SID.

29      Il 15 ottobre (causa T‑452/19), il 18 ottobre (cause T‑389/19, T‑390/19, da T‑410/19 a T‑414/19, T‑416/19, T‑418/19, T‑420/19 e T‑421/19), il 22 ottobre (cause da T‑391/19 a T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑409/19, T‑417/19, T‑422/19 e da T‑430/19 a T‑432/19), il 24 ottobre (cause da T‑425/19 a T‑427/19, T‑429/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, T‑450/19, T‑451/19, T‑453/19 e T‑454/19) e il 28 ottobre 2019 (cause T‑463/19 e T‑465/19), il Parlamento ha risposto al quesito del Tribunale e ha trasmesso una versione integrale della regolamentazione SID.

30      Il 21 ottobre 2019 i ricorrenti hanno risposto al quesito sottoposto dal Tribunale.

31      Con decisioni del 4 novembre (cause da T‑389/19 a T‑394/19, T‑397/19 e T‑398/19), del 5 novembre (cause T‑403/19 e T‑404/19), del 6 novembre (cause T‑406/19, T‑407/19, T‑409/19, T‑414/19 e T‑416/19), del 7 novembre (cause da T‑410/19 a T‑412/19, T‑417/19, T‑418/19 e T‑420/19), dell’8 novembre (cause T‑413/19, T‑421/19, T‑422/19 e T‑425/19), dell’11 novembre (cause T‑426/19, T‑427/19, da T‑429/19 a T‑431/19 e T‑452/19), del 12 novembre (cause T‑432/19, T‑435/19 e T‑436/19), del 13 novembre (cause da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19 e T‑448/19), del 14 novembre (cause T‑450/19, T‑451/19, T‑453/19 e T‑454/19) e del 15 novembre 2019 (cause T‑463/19 e T‑465/19) e a seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, le cause sono state riassegnate all’Ottava Sezione.

32      Con lettere del 5 e del 28 novembre 2019, il Parlamento ha informato il Tribunale del decesso del sig. Luigi Caligaris, ricorrente nella causa T‑435/19. Alla luce di tali circostanze, il 2 dicembre 2019 il Tribunale ha chiesto al difensore del ricorrente, quale seguito intendesse riservare al procedimento. Il 20 dicembre 2019, il difensore del sig. Caligaris ha informato il Tribunale che la sua vedova, sig.ra Paola Chiaramello, intendeva proseguire il procedimento. Il 30 settembre 2020, il difensore della sig.ra Chiaramello ha informato il Tribunale del decesso della sua cliente. Il 7 ottobre 2020, il difensore della sig.ra Chiaramello ha informato il Tribunale che il sig. Enrico Caligaris e la sig.ra Valentina Caligaris, eredi della sig.ra Chiaramello, intendevano proseguire il procedimento.

33      Il 28 novembre 2019 il Tribunale ha deciso che non era necessario un secondo scambio di memorie.

34      Il 3 dicembre (causa T‑389/19), il 4 dicembre (cause da T‑390/19 a T‑394/19), il 5 dicembre (cause T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T‑412/19, T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19 e da T‑438/19 a T‑441/19), il 6 dicembre (cause da T‑413/19, T‑414/19, T‑416/19 e T‑417/19), il 9 dicembre (cause T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19 T‑450/19, T‑451/19, T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19) e il 10 dicembre 2019 (cause T‑452/19 e T‑453/19), il Tribunale ha chiesto ai ricorrenti di prendere posizione sulla domanda di sospensione depositata dal Parlamento.

35      Il 3 dicembre (causa T‑389/19), il 4 dicembre (cause da T‑390/19 a T‑394/19), il 5 dicembre (cause T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T‑412/19, T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19 e da T‑438/19 a T‑441/19), il 6 dicembre (cause da T‑413/19, T‑414/19, T‑416/19 e T‑417/19), il 9 dicembre (cause da T‑442/19 a T‑444/19, T‑446/19, T‑448/19, T‑450/19, T‑451/19, T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19) e il 10 dicembre 2019 (cause T‑452/19 e T‑453/19), il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione sulla possibilità di riunire le cause da T‑389/19 a T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19.

36      Il 16 dicembre (cause da T‑389/19 a T‑394/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑409/19 a T‑414/19, T-416/19 e T-417/19), il 17 dicembre (cause T‑418/19, da T‑420/19 a T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, T‑444/19 e T‑445/19) e il 19 dicembre 2019 (cause T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19), il Parlamento ha depositato le sue osservazioni sulla proposta di riunione.

37      Con lettera del 18 dicembre 2019, la ricorrente nella causa T‑389/19 ha chiesto al Tribunale di rivedere la sua decisione del 28 novembre 2019 e di consentirle di depositare una replica.

38      L’8 gennaio 2020 i ricorrenti, ad eccezione di quelli di cui alle cause T‑409/19 e T‑446/19, hanno depositato le loro osservazioni sulla domanda di sospensione presentata dal Parlamento.

39      Il 9 gennaio 2020 i ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni sulla proposta di riunione.

40      In data, rispettivamente, 16 gennaio (cause da T‑389/19 a T‑393/19, T‑397/19, T‑398/19, T‑403/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, da T‑410/19 a T‑414/19, T‑418/19 e T‑420/19) e 17 gennaio (cause T‑394/19, T‑409/19, T‑416/19, T‑417/19, T‑421/19, T‑422/19, da T‑425/19 a T‑427/19, da T‑429/19 a T‑432/19, T‑435/19, T‑436/19, da T‑438/19 a T‑442/19, da T‑444/19 a T‑446/19, T‑448/19, da T‑450/19 a T‑454/19, T‑463/19 e T‑465/19), il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di non sospendere il procedimento.

41      Con decisione del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 21 gennaio 2020, le presenti cause, nonché la causa T-415/19, Laroni/Parlamento, sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento nonché della decisione che definisce il giudizio, conformemente all’articolo 68 del regolamento di procedura.

42      Il 23 gennaio 2020 il Tribunale ha chiesto al Parlamento di produrre tutti i documenti preparatori che avevano condotto all’adozione dell’articolo 75 e all’allegato III. Peraltro, il Tribunale ha interrogato il Parlamento in merito alla sua prassi amministrativa in materia di retribuzioni e pensioni. Il Parlamento ha risposto al quesito e ha trasmesso i documenti preparatori richiesti l’11 febbraio 2020.

43      Il 4 marzo 2020 i ricorrenti, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del regolamento di procedura, hanno chiesto che si svolgesse un’udienza

44      Il 20 aprile 2020, il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di far giudicare le presenti cause con priorità, conformemente all’articolo 67, paragrafo 2, del regolamento di procedura.

45      Con lettera del 30 aprile 2020, il Parlamento ha informato il Tribunale del decesso del sig. Giulietto Chiesa, ricorrente nella causa T‑445/19. Tenuto conto di dette circostanze, l’8 maggio 2020 il Tribunale ha chiesto al difensore del ricorrente quale seguito intendesse dare al procedimento. L’8 giugno 2020 il difensore del sig. Chiesa ha informato il Tribunale che la vedova, la signora Fiammetta Cucurnia, intendeva proseguire il procedimento.

46      Il 30 aprile 2020 il Tribunale ha chiesto alle parti di prendere posizione sulla possibilità di riunire i presenti ricorsi e la causa T-415/19, Laroni/Parlamento, alle cause riunite T‑345/19, Santini/Parlamento, T‑346/19, Ceravolo/Parlamento, T‑364/19, Moretti/Parlamento, T‑365/19, Capraro/Parlamento, T‑366/19, Sboarina/Parlamento, T‑372/19, Cellai/Parlamento, T‑373/19, Gatti/Parlamento, T‑374/19, Wuhrer/Parlamento, T‑375/19, Pisoni/Parlamento, e T‑385/19, Mazzone/Parlamento, nonché alle cause T‑519/19, Forte/Parlamento, T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

47      Su proposta dell’Ottava Sezione, il Tribunale ha deciso, il 15 maggio 2020, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

48      Il 19 maggio 2020 il Tribunale ha interrogato le parti su diversi aspetti delle presenti cause.

49      Rispettivamente il 2 e il 3 giugno 2020, il Parlamento e i ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni sulla proposta di riunione ai fini della fase orale del procedimento, come menzionata al precedente punto 46.

50      Il 5 giugno 2020 il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di riunire le presenti cause e la causa T-415/19, Laroni/Parlamento, alle cause riunite T‑345/19, Santini/Parlamento, T‑346/19, Ceravolo/Parlamento, T‑364/19, Moretti/Parlamento, T‑365/19, Capraro/Parlamento, T‑366/19, Sboarina/Parlamento, T‑372/19, Cellai/Parlamento, T‑373/19, Gatti/Parlamento, T‑374/19, Wuhrer/Parlamento, T‑375/19, Pisoni/Parlamento e T‑385/19, Mazzone/Parlamento, nonché alle cause T‑519/19, Forte/Parlamento, e T‑695/19, Falqui/Parlamento, ai fini della fase orale del procedimento.

51      Il 17 giugno 2020 i ricorrenti e il Parlamento hanno risposto ai quesiti loro rivolti dal Tribunale il 19 maggio 2020.

52      Con lettera del 1º luglio 2020, i ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di prolungare il loro tempo di discussione. Il 3 luglio 2020, il Tribunale ha parzialmente accolto tale istanza.

53      Con lettera del 2 luglio 2020, il Parlamento ha informato il Tribunale del decesso della sig.ra Frantova, ricorrente nella causa T‑427/19. Con lettere del 13 luglio 2020 e del 5 agosto 2020, anche il difensore della sig.ra Frantova ha informato il Tribunale del decesso della sua cliente e ha indicato che avrebbe trasmesso al Tribunale qualsiasi informazione necessaria relativa all’eredità e al seguito da riservare al procedimento. Il 16 settembre 2020, il difensore della sig.ra Frantova ha informato il Tribunale che la sig.ra Daniela Concardia, erede della ricorrente, intendeva proseguire il procedimento.

54      All’udienza del 7 luglio 2020 sono state sentite le difese orali delle parti e le risposte ai quesiti scritti e orali alle stesse rivolti dal Tribunale.

55      Con decisione dell’8 ottobre 2020, dopo aver sentito le parti, il presidente dell’Ottava Sezione ha deciso di separare la causa T‑415/19, Laroni/Parlamento, dalle altre cause, conformemente all’articolo 68, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

56      I ricorrenti chiedono, ad esclusione del sig. Florio, nella causa T‑465/19, che il Tribunale voglia:

–        dichiarare inesistenti o annullare le note dell’11 aprile 2019 menzionate al precedente punto 20;

–        ordinare al Parlamento la restituzione di tutte le somme indebitamente trattenute da maggiorarsi con gli interessi legali dalla data della trattenuta al saldo e con condanna del Parlamento europeo a dare attuazione all’emananda sentenza e ad assumere tutte le iniziative, atti o provvedimenti, necessari a garantire l’immediata integrale ricostituzione dell’originaria misura del trattamento pensionistico;

–        condannare il Parlamento alle spese.

57      Il sig. Florio, nella causa T‑465/19, chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare inesistente o annullare il progetto di decisione nonché ogni atto presupposto, connesso o consequenziale;

–        ordinare al Parlamento la restituzione di tutte le somme indebitamente trattenute da maggiorarsi con gli interessi legali dalla data della trattenuta al saldo e con condanna del Parlamento a dare attuazione all’emananda sentenza e ad assumere tutte le iniziative, atti o provvedimenti, necessari a garantire l’immediata integrale ricostituzione dell’originaria misura del trattamento pensionistico;

–        condannare il Parlamento alle spese;

58      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi in quanto in parte irricevibili e in parte infondati

–        condannare i ricorrenti alle spese.

IV.    In diritto

A.      Sull’oggetto dei ricorsi e sulla competenza del Tribunale

59      In via preliminare, occorre rilevare che i ricorrenti, nel loro atto introduttivo, hanno espressamente indicato di non voler contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 nell’ambito dei presenti ricorsi.

60      Tuttavia, all’udienza, il difensore dei ricorrenti ha affermato di fare riferimento alle difese orali dell’avv. Maurizio Paniz, avvocato dei ricorrenti nelle cause riunite Santini e a./Parlamento, T‑345/19, T‑346/19, da T‑364/19 a T‑366/19, da T‑372/19 a T‑375/19 e T‑385/19.

61      Orbene, poiché l’avv. Paniz ha contestato la validità della deliberazione n. 14/2018 nel corso delle sue difese orali e ha presentato, durante la fase orale del procedimento, elementi di prova a sostegno di tale tesi, occorre ricordare i limiti che si impongono alla competenza del Tribunale nell’ambito di un ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE.

62      A tal riguardo, conformemente all’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione europea non è competente a statuire sulla legittimità di un atto emanato da un’autorità nazionale (v., in tal senso, ordinanza del 28 febbraio 2017, NF/Consiglio europeo, T‑192/16, EU:T:2017:128, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

63      Tenuto conto di tale giurisprudenza, la valutazione della legittimità della deliberazione n. 14/2018 esula dalla competenza del Tribunale.

64      Inoltre, il Tribunale rileva che gli elementi di prova forniti dall’avv. Paniz nel corso della fase orale del procedimento e ai quali esso si è riferito in udienza sono irrilevanti ai fini dell’esito dei presenti ricorsi. Da un lato, l’avv. Paniz ha trasmesso una copia della decisione n. 2/2020 del 22 aprile 2020, con la quale il Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati ha parzialmente annullato l’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Tuttavia, tale annullamento non comporta alcuna conseguenza nel caso di specie, dal momento che il Parlamento non ha ricevuto alcuna domanda di applicazione e, di conseguenza, non ha applicato ai ricorrenti norme identiche a quelle di cui all’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Dall’altro, l’avv. Paniz ha altresì depositato una copia del dispositivo della sentenza del 25 giugno 2020 della Commissione contenziosa del Senato (Italia). Tuttavia, tale sentenza ha ad oggetto la decisione n. 6/2018 dell’Ufficio di presidenza del Senato (Italia), e non la deliberazione n. 14/2018. Orbene, è pacifico che, conformemente a quanto prescritto dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento ha applicato unicamente norme identiche a quelle della deliberazione n. 14/2018. Infine, il Tribunale constata che il Parlamento ha confermato in udienza che avrebbe applicato, in futuro, qualsiasi modifica del diritto italiano, e in particolare della deliberazione n. 14/2008, che potrebbe risultare dai procedimenti in corso dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, conformemente alla regola di pensione identica.

65      Se è vero che, sulla base dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale non può quindi controllare la validità della deliberazione n. 14/2018, esso è, per contro, competente ad esaminare la legittimità degli atti del Parlamento. Pertanto, nell’ambito dei presenti ricorsi di annullamento, il Tribunale può verificare se l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che istituiscono la regola di pensione identica, non violino le norme di rango superiore del diritto dell’Unione. Analogamente, il Tribunale può esaminare se l’applicazione delle disposizioni della deliberazione n. 14/2018 da parte del Parlamento, ai sensi della regola di pensione identica, sia conforme al diritto dell’Unione. Infine, il Tribunale è altresì competente ad assicurarsi che le note dell’11 aprile 2019, menzionate al punto 20 supra, e, la decisione finale per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, rispettino il diritto dell’Unione.

B.      Sulla ricevibilità del ricorso nella causa T453/19, Panusa/Parlamento

66      In udienza, il Parlamento ha eccepito l’irricevibilità del ricorso nella causa T‑453/19, Panusa/Parlamento, per il motivo che la decisione impugnata riguardante la ricorrente non avrebbe leso i suoi interessi. Infatti, tale decisione non avrebbe comportato alcuna diminuzione dell’importo della pensione ricevuta dalla ricorrente.

67      La sig.ra Panusa ha replicato, anche in udienza, che conservava, nonostante tutto, un interesse ad agire.

68      A tal proposito, in base ad una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto impugnato. Un tale interesse presuppone che l’annullamento dell’atto impugnato possa produrre di per sé conseguenze giuridiche e che il ricorso possa quindi, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che lo ha proposto (v. sentenza del 27 marzo 2019, Canadian Solar Emea e a./Consiglio, C‑237/17 P, EU:C:2019:259, punto 75 e giurisprudenza ivi citata). L’interesse ad agire deve essere esistente ed effettivo e deve essere valutato al giorno in cui il ricorso è proposto Esso deve tuttavia perdurare fino alla pronuncia della decisione del giudice, pena il non luogo a statuire (sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 42).

69      Nel caso di specie, il Parlamento ha sostenuto, senza essere contraddetto, che la decisione impugnata non aveva comportato alcuna diminuzione dell’importo della pensione percepita dalla ricorrente.

70      Di conseguenza, l’annullamento della decisione impugnata che la riguarda non può, di per sé, procurare un beneficio alla sig.ra Panusa. Pertanto, il ricorso nella causa T‑453/19, Panusa/Parlamento, deve essere respinto in quanto irricevibile.

C.      Nel merito

71      A sostegno dei loro ricorsi di annullamento, i ricorrenti deducono quattro motivi. Il primo motivo verte sull’incompetenza dell’autore delle note dell’11 aprile 2019, menzionate al precedente punto 20, e della decisione finale (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni impugnate») nonché sulla violazione dell’obbligo di motivazione. Il secondo motivo riguarda la carenza di base giuridica e l’erronea applicazione dell’articolo 75. Il terzo motivo verte su un errore di diritto quanto alla qualificazione della deliberazione n. 14/2018 e sull’erronea applicazione della «riserva di legge» prevista dall’articolo 75, paragrafo 2. Il quarto motivo riguarda la violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità e di uguaglianza, nonché una violazione del diritto di proprietà.

72      Prima di valutare la fondatezza di tali motivi, il Tribunale ritiene opportuno esaminare la domanda dei ricorrenti diretta ad ottenere l’accertamento dell’inesistenza delle decisioni impugnate.

73      A tal proposito, secondo una giurisprudenza costante, gli atti delle istituzioni dell’Unione si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici, anche se sono viziati da irregolarità, finché non siano stati annullati o revocati (v. sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punto 48, e del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione, T‑91/10, EU:T:2014:1033, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

74      Tuttavia, in deroga a questo principio, gli atti viziati da un’irregolarità la cui gravità sia così evidente che non può essere tollerata dall’ordinamento giuridico dell’Unione non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, neanche provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale deroga mira a salvaguardare l’equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legge (v. sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punto 49, e del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione, T‑91/10, EU:T:2014:1033, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

75      La gravità delle conseguenze che si ricollegano all’accertamento dell’inesistenza di un atto delle istituzioni dell’Unione esige che, per ragioni di certezza del diritto, l’inesistenza venga constatata soltanto in casi del tutto estremi (v. sentenze del 15 giugno 1994, Commissione/BASF e a., C‑137/92 P, EU:C:1994:247, punto 50, e del 9 dicembre 2014, Lucchini/Commissione, T‑91/10, EU:T:2014:1033, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

76      Occorre infine ricordare che le irregolarità che possono portare il giudice dell’Unione a considerare un atto giuridicamente inesistente differiscono dalle illegittimità il cui accertamento comporta, in linea di principio, l’annullamento degli atti sottoposti al controllo di legittimità previsto dal Trattato non già per la loro natura, bensì per la loro gravità e per il loro carattere flagrante. Infatti, devono essere considerati giuridicamente inesistenti gli atti viziati da irregolarità la cui gravità è evidente al punto da incidere sulle loro condizioni essenziali [v. sentenza del 9 settembre 2011, dm-drogerie markt/UAMI – Distribuciones Mylar (dm), T‑36/09, EU:T:2011:449, punto 86].

77      Orbene, le irregolarità fatte valere dai ricorrenti non sembrano di una gravità evidente al punto da dover considerare le decisioni impugnate giuridicamente inesistenti, e ciò per le ragioni di seguito specificate.

1.      Sul primo motivo, vertente sullincompetenza dellautore delle decisioni impugnate e su una violazione dellobbligo di motivazione

78      Il primo motivo si articola in due parti. La prima parte verte sull’incompetenza dell’autore delle decisioni impugnate. La seconda parte verte su un difetto di motivazione.

a)      Sulla prima parte del primo motivo, vertente sullincompetenza dellautore delle decisioni impugnate

79      Nell’ambito della prima parte, i ricorrenti sostengono, nella prima censura, che le decisioni impugnate avrebbero dovuto essere adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento e non dal capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG finanze del Parlamento. Tale soluzione si imporrebbe, secondo i ricorrenti, in particolare alla luce dell’articolo 11 bis, paragrafo 6, e dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno del Parlamento, quale applicabile al momento dei fatti, ossia durante l’ottava legislatura (in prosieguo: il «regolamento interno»). Secondo i ricorrenti, tali due disposizioni conferiscono una competenza generale all’Ufficio di presidenza del Parlamento per le questioni riguardanti i diritti finanziari dei deputati. È per tale ragione che l’Ufficio di presidenza del Parlamento avrebbe adottato la regolamentazione SID. Una conferma ulteriore di detta competenza generale dell’Ufficio di presidenza del Parlamento si rinverrebbe nel primo considerando delle misure di attuazione, il quale precisa che «[l]’applicazione degli aspetti finanziari dello Statuto [dei deputati] rientra interamente nelle competenze dell’Ufficio di presidenza». Orbene, secondo i ricorrenti, l’Ufficio di presidenza del Parlamento non si è mai pronunciato su una riduzione dei loro diritti a pensione. Tenuto conto di detti elementi, i loro diritti a pensione sarebbero stati ricalcolati da un organo, vale a dire il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati», del tutto privo di competenza con conseguente illegittimità delle decisioni impugnate.

80      Nella seconda censura, i ricorrenti affermano che le decisioni impugnate sarebbero illegittime anche nel senso che, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 28 del regolamento interno, esse non sarebbero state oggetto di una valutazione o di un’analisi da parte del collegio dei questori. Su tale punto, i ricorrenti affermano che il Parlamento non si sarebbe potuto limitare ad applicare la deliberazione n. 14/2018 e avrebbe dovuto necessariamente compiere operazioni aggiuntive per calcolare il nuovo importo dei diritti a pensione. Orbene, secondo i ricorrenti, tale adeguamento nell’attuazione della deliberazione n. 14/2018 a livello dell’Unione avrebbe dovuto formare oggetto di valutazioni interne, con la consultazione degli organi competenti in materia di diritti dei deputati e non avrebbe potuto essere delegato a un’unità del Parlamento.

81      Il Parlamento conclude per il rigetto della prima parte del primo motivo in quanto infondata.

82      Per quanto riguarda la prima censura, le parti concordano sul fatto che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno, l’Ufficio di presidenza del Parlamento disciplina le questioni finanziarie, organizzative e amministrative riguardanti i deputati su proposta del segretario generale del Parlamento o di un gruppo politico. Tuttavia, il Parlamento ritiene che tale disposizione limiti l’azione dell’Ufficio di Presidenza all’adozione di norme generali ed astratte, e non a quella di decisioni individuali. Per contro, i ricorrenti ritengono che le decisioni impugnate, anche se costituiscono atti di portata individuale, avrebbero dovuto essere adottate sulla base di detto articolo 25, paragrafo 3.

83      Su tale punto, risulta da una giurisprudenza costante che l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno attribuisce una competenza generale all’Ufficio di presidenza del Parlamento, in particolare, in materia di questioni finanziarie concernenti i deputati. Pertanto, tale disposizione costituisce la base sulla quale quest’ultimo può fondarsi per adottare, su proposta del segretario generale del Parlamento o di un gruppo politico, la regolamentazione riguardante le suddette questioni (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

84      Peraltro, è già stato altresì dichiarato che le misure di attuazione, adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, hanno in particolare lo scopo, come risulta dal loro considerando 3, di sostituire la regolamentazione SID riguardante le spese e le indennità dei deputati al Parlamento. In tal senso, le misure di attuazione disciplinano le questioni finanziarie riguardanti i deputati ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno (sentenza del 29 novembre 2017, Montel/Parlamento, T‑634/16, non pubblicata, EU:T:2017:848, punti 50 e 51).

85      Se è vero che l’Ufficio di presidenza del Parlamento dispone quindi della competenza per stabilire norme generali e astratte ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno e, per motivi analoghi, ai sensi dell’articolo 11 bis, paragrafo 6, del regolamento interno, ciò non implica tuttavia che esso sia altresì competente ad adottare decisioni individuali nel settore delle questioni finanziarie riguardanti i deputati.

86      Al contrario, all’amministrazione del Parlamento può essere affidata una competenza siffatta, senza incorrere in una violazione dell’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento interno, allorché l’Ufficio di Presidenza di tale istituzione ne abbia fissato i limiti e le modalità di esercizio (v., in tal senso, ordinanza del 6 settembre 2018, Bilde/Parlamento, C‑67/18 P, non pubblicata, EU:C:2018:692, punti 36 e 37).

87      Inoltre, alla luce di tale ripartizione delle competenze tra l’Ufficio di presidenza del Parlamento e l’amministrazione di tale istituzione, è già stato dichiarato, in particolare, che una decisione individuale che fissa i diritti a pensione dei deputati non è soltanto una decisione esercitata nell’ambito di una competenza vincolata, nel senso che tale amministrazione non ha alcun potere discrezionale nella determinazione dei diritti a pensione, ma che essa riveste anche un carattere esclusivamente dichiarativo per quanto riguarda il contenuto di tali diritti (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 38).

88      Di conseguenza, nulla vieta al Parlamento di attribuire alla sua amministrazione la competenza di adottare decisioni individuali, in particolare, nel settore dei diritti a pensione e in quello della fissazione dell’importo delle pensioni. Resta tuttavia da verificare se, nel caso di specie, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento disponesse di una siffatta competenza.

89      A tale riguardo, l’articolo 73, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1), stabilisce che ogni istituzione dell’Unione, nel rispetto delle condizioni previste dal rispettivo regolamento interno, delega le funzioni di ordinatore a membri del personale di livello adeguato. Essa stabilisce nelle proprie regole amministrative interne i membri del personale ai quali delega dette funzioni, i limiti dei poteri delegati e se le persone alle quali sono delegati tali poteri possono sottodelegarli.

90      Orbene, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG finanze di tale istituzione era stato nominato ordinatore subdelegato per la linea di bilancio 1030, relativa alle pensioni di anzianità di cui all’allegato III con la decisione FINS/2019-01 del direttore generale delle finanze del Parlamento del 23 novembre 2018. Peraltro, conformemente all’articolo 73, paragrafo 3, del regolamento 2018/1046, la decisione FINS/2019-01 indica espressamente che tale subdelega di competenza autorizza il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento a procedere, in particolare, all’accertamento degli impegni giuridici e degli impegni di bilancio, alla liquidazione delle spese e all’emissione degli ordini di pagamento, ma anche all’accertamento delle previsioni dei crediti, all’accertamento dei diritti da recuperare e all’emissione degli ordini di riscossione.

91      Inoltre, è pacifico che le regole fissate dalle misure di attuazione e dalla regolamentazione SID, come adottate dall’Ufficio di presidenza del Parlamento, non sono state modificate dal capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze di tale istituzione, ma che esse sono state soltanto applicate da quest’ultimo. Peraltro, la questione del rispetto, nel caso di specie, delle disposizioni di queste due normative da parte di quest’ultimo sarà valutata, di seguito, nell’ambito dell’esame degli altri motivi.

92      Contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento era quindi competente ad adottare le decisioni impugnate.

93      Per quanto riguarda la seconda censura, occorre respingere in quanto infondato l’argomento dei ricorrenti secondo cui i questori avrebbero dovuto essere consultati prima dell’adozione delle decisioni impugnate.

94      È vero che, come giustamente ricordano i ricorrenti, l’articolo 28 del regolamento interno prevede che i «questori sono incaricati di compiti amministrativi e finanziari concernenti direttamente i deputati, secondo direttive fissate dall’Ufficio di Presidenza, come pure degli altri compiti loro affidati». Tuttavia, tale disposizione deve essere letta alla luce dell’articolo 25, paragrafo 8, del regolamento interno, il quale precisa che «[l]’Ufficio di Presidenza adotta le direttive per i questori e può chiedere che essi svolgano determinati compiti».

95      Orbene, dalle memorie dei ricorrenti non risulta affatto che l’Ufficio di presidenza del Parlamento abbia adottato direttive o definito compiti determinati, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 8 e dell’articolo 28 del regolamento interno, che avrebbero imposto che i questori fossero stati consultati prima dell’adozione delle decisioni impugnate o, più in generale, che essi avrebbero dovuto essere gli autori delle decisioni impugnate, a carattere peraltro individuale. Pertanto, non si può contestare al Parlamento di non aver consultato i questori, laddove nessun testo lo esigeva in siffatte circostanze.

96      Infine, i ricorrenti contestano al Parlamento di aver applicato la deliberazione n. 14/2018, adeguandola al contempo per tener conto della situazione personale di ciascun ricorrente, ai fini del calcolo del nuovo importo delle pensioni. Orbene, un siffatto adeguamento della deliberazione n. 14/2018 avrebbe dovuto costituire oggetto di valutazioni interne, mediante la consultazione degli organi competenti in materia di diritti dei deputati e non avrebbe dovuto essere delegata ad un’unità del Parlamento.

97      Anche supponendo che il Parlamento abbia adeguato la deliberazione n. 14/2018, il che sarà esaminato in prosieguo nell’ambito degli altri motivi, è sufficiente, in ogni caso, ricordare che, come indicato ai precedenti punti da 90 a 95, il capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG delle finanze del Parlamento era competente ad adottare le decisioni impugnate e che non era previsto alcun obbligo di previa consultazione del collegio dei questori.

98      La prima parte del primo motivo deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

b)      Sul secondo capo del primo motivo, vertente sulla violazione dellobbligo di motivazione

99      Nell’ambito della seconda parte, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate non sono motivate dal momento che il Parlamento si sarebbe limitato a sostenere che la deliberazione n. 14/2018 si applica automaticamente a livello dell’Unione senza illustrare chiaramente l’iter logico che ha condotto a tale conclusione e fondandosi, erroneamente, sull’articolo 75. Inoltre, il Parlamento avrebbe violato l’obbligo di motivazione anche in quanto l’adozione delle decisioni impugnate non sarebbe stata preceduta da una seria analisi interna, né da una valutazione da parte dell’Ufficio di presidenza del Parlamento o dei questori. Inoltre, i ricorrenti sostengono che queste stesse decisioni sembrano basarsi sul parere del servizio giuridico. Tuttavia, tale parere non sarebbe stato né citato nelle decisioni impugnate né allegato ad esse. Infine, i ricorrenti contestano al Parlamento, da un lato, di non aver analizzato in quale misura l’applicazione retroattiva di un regime pensionistico meno favorevole potesse essere compatibile con il diritto dell’Unione e, dall’altro, di essersi limitato ad affermare che esso era incompetente ad esaminare la validità della deliberazione n. 14/2018. In tal senso, il Parlamento avrebbe violato tanto l’articolo 296 TFUE quanto l’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

100    Il Parlamento chiede che la seconda parte del primo motivo venga respinta in quanto infondata.

101    A tal proposito, occorre rammentare che la motivazione prescritta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi gli obblighi di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE deve essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., in tal senso, sentenza del 17 marzo 2011, AJD Tuna, C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 58 e giurisprudenza ivi citata). Per quanto riguarda, in particolare, la motivazione delle decisioni individuali, l’obbligo di motivare tali decisioni ha quindi lo scopo, oltre che di consentire un controllo giurisdizionale, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per sapere se una decisione sia eventualmente affetta da un vizio che consenta di contestarne la validità (v. sentenza del 10 novembre 2017, Icap e a./Commissione, T‑180/15, EU:T:2017:795, punto 287 e giurisprudenza ivi citata).

102    Nel caso di specie, occorre verificare se le decisioni impugnate, ad eccezione di quella riguardante il sig. Florio la cui legittimità sarà esaminata ai punti 108 e 109 infra, siano validamente motivate ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 101.

103    A tale riguardo, il Tribunale rileva che, al primo paragrafo, le decisioni impugnate ricordano che l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ha adottato la deliberazione n. 14/2018, la quale prevede di ridurre, a partire dal 1º gennaio 2019, l’importo delle pensioni relative agli anni di mandato compiuti fino al 31 dicembre 2011.

104    Al secondo paragrafo, le decisioni impugnate si riferiscono all’articolo 75, ma anche all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale prevede che l’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato. Le decisioni impugnate menzionano quindi esplicitamente il loro fondamento giuridico.

105    Al terzo paragrafo, le decisioni impugnate precisano che, tenuto conto dell’adozione della deliberazione n. 14/2018 e delle disposizioni di cui al precedente punto 104, l’importo delle pensioni dei ricorrenti dovrà essere correlativamente adeguato per corrispondere all’importo delle pensioni pagate ai suoi membri dalla Camera dei deputati. A questo proposito, le decisioni impugnate rinviano alla nota del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG Finanze del Parlamento, come allegata ai bollettini di pensione dei ricorrenti del mese di febbraio 2019, in cui quest’ultimo annunciava che avrebbe comunicato ai ricorrenti la nuova fissazione dell’importo delle loro pensioni e avrebbe proceduto al recupero dell’eventuale differenza sui dodici mesi seguenti.

106    Al quarto e al quinto paragrafo delle decisioni impugnate, i ricorrenti vengono informati del fatto che l’importo della loro pensione sarà calcolato, a partire dal mese di aprile 2019, conformemente ai progetti di fissazione dei nuovi importi delle pensioni allegati a tali decisioni. Peraltro, sono indicati gli importi indebitamente percepiti per i mesi da gennaio a marzo 2019, e viene precisato come il Parlamento intenda recuperarli.

107    Infine, dal sesto all’ottavo paragrafo, le decisioni impugnate informano i ricorrenti della possibilità di presentare le loro osservazioni entro un termine di 30 giorni. Viene altresì precisato che, in mancanza di siffatte osservazioni entro detto termine, le decisioni impugnate sarebbero divenute definitive e che, in tal caso, esse avrebbero potuto formare oggetto di un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale sul fondamento dell’articolo 263 TFUE. Infine, esse menzionano la facoltà di presentare un reclamo scritto al segretario generale del Parlamento sulla base dell’articolo 72, paragrafo 1, delle misure di attuazione.

108    Per quanto riguarda specificamente il sig. Florio, nella causa T‑465/19, il Tribunale rileva che la decisione finale si limita ad indicare, in primo luogo, che il Parlamento non è competente a rimettere in discussione la validità della deliberazione n. 14/2018, in secondo luogo, che il parere del servizio giuridico costituisce un documento accessibile al pubblico sul sito Internet di tale istituzione e, in terzo luogo, che le osservazioni trasmesse dal sig. Florio il 14 maggio 2019 non contengono elementi tali da giustificare una revisione della posizione espressa nel progetto di decisione. Viene quindi precisato che, di conseguenza, l’importo della sua pensione di anzianità e il piano di rimborso che ne deriva, come ricalcolati e comunicati in allegato al detto progetto di decisione, sono divenuti definitivi alla data della notifica della decisione finale. Infine, la decisione finale menziona la possibilità di proporre un ricorso di annullamento nei confronti di quest’ultima sulla base dell’articolo 263 TFUE, ricorda la facoltà di presentare una denuncia al Mediatore europeo, ai sensi dell’articolo 228 TFUE, qualora il sig. Florio ritenesse di essere stato oggetto di un atto di cattiva amministrazione, e segnala che un reclamo scritto può essere presentato al segretario generale del Parlamento sulla base dell’articolo 72, paragrafo 1, delle misure di attuazione.

109    Se è vero, quindi, che la decisione finale è poco suffragata, l’esame del rispetto dell’obbligo di motivazione non può limitarsi a questo solo documento. Conformemente alla giurisprudenza ricordata al precedente punto 101, tale esame deve prendere in considerazione anche il contesto di fatto e di diritto in cui si inserisce l’adozione della decisione finale. Tale approccio è tanto più pertinente in quanto, da un lato, la decisione finale rinvia esplicitamente al progetto di decisione e, dall’altro, il sig. Florio si riferisce indifferentemente a tale progetto di decisione e alla decisione finale nel suo ricorso. Anche per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, occorre quindi prendere in considerazione gli elementi descritti ai precedenti punti da 103 a 107.

110    È vero che, come sostengono i ricorrenti, le ragioni che hanno indotto il Parlamento a ritenere che le norme della deliberazione n. 14/2018 si applichino anche ad essi sono effettivamente esposte solo nel parere del servizio giuridico. Così, ai punti da 9 a 14 e 16 di tale parere, il Parlamento chiarisce, in sostanza, che l’allegato III non crea un regime pensionistico autonomo, nel senso che tale istituzione è tenuta, in forza della regola di pensione identica, ad applicare le norme della deliberazione n. 14/2018.

111    Del pari, giustamente i ricorrenti affermano che il parere del servizio giuridico non è né menzionato né allegato alle decisioni impugnate o, per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, al progetto di decisione.

112    Tuttavia, tali due constatazioni dei ricorrenti non dimostrano che il Parlamento abbia violato l’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta.

113    L’obbligo di motivazione non impone che siano specificati tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, ancor meno quando le decisioni impugnate intervengono, come nel caso di specie, in un contesto noto al loro destinatario.

114    Al riguardo, i ricorrenti stessi riconoscono che l’esistenza del parere del servizio giuridico era menzionata nella nota del capo dell’unità «Retribuzione e diritti sociali dei deputati» della DG finanze del Parlamento allegata ai bollettini di pensione del mese di febbraio 2019. Orbene, da un lato, i ricorrenti erano tutti destinatari di detta nota e, dall’altro, le decisioni impugnate o, per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, il progetto di decisione vi rinviano esplicitamente.

115    I ricorrenti avrebbero potuto chiedere l’accesso al parere del servizio giuridico. Peraltro, la decisione finale conteneva un collegamento diretto verso la pagina Internet del Parlamento, in cui tale parere era accessibile al pubblico. In ogni caso, occorre constatare che tutti i ricorrenti hanno allegato il suddetto parere ai loro ricorsi in quanto allegato.

116    Da tali elementi si deduce che i ricorrenti hanno avuto libero accesso e una perfetta conoscenza del tenore del parere del servizio giuridico prima della proposizione dei loro ricorsi. In tal modo, essi hanno avuto la possibilità di informarsi sul contenuto di quest’ultimo per meglio comprendere le decisioni impugnate.

117    Dall’insieme di tali considerazioni risulta che il Parlamento ha esposto, in modo chiaro e univoco, le ragioni che l’hanno indotto ad applicare le regole della deliberazione n. 14/2018 e ad adottare le decisioni impugnate. Inoltre, i ricorrenti hanno potuto far valere i loro diritti dinanzi al Tribunale, come dimostra in particolare il tenore dei loro argomenti di fatto e di diritto esposti nell’ambito dei presenti ricorsi. Pertanto, occorre dichiarare che le decisioni impugnate sono adeguatamente motivate.

118    Si deve rammentare, infine, che l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, la quale attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. La motivazione di una decisione consiste difatti nell’esprimere formalmente i motivi su cui si fonda tale decisione. Siffatta motivazione può essere sufficiente pur esprimendo motivi erronei (v. sentenza del 31 maggio 2018, Korwin-Mikke/Parlamento, T‑352/17, EU:T:2018:319, punto 20 e giurisprudenza ivi citata). Le censure e gli argomenti diretti a contestare la fondatezza di un atto sono, quindi, irrilevanti nell’ambito di un motivo vertente sul difetto o sull’insufficienza di motivazione (v. sentenza del 19 dicembre 2019, ZQ/Commissione, T‑647/18, non pubblicata, EU:T:2019:884, punto 120 e giurisprudenza ivi citata).

119    Pertanto, è irrilevante l’argomento dei ricorrenti secondo cui l’adozione delle decisioni impugnate non sarebbe stata preceduta da una seria analisi interna, né da una valutazione da parte dell’Ufficio di presidenza del Parlamento o dei questori, in quanto non attiene alla motivazione delle decisioni impugnate. In ogni caso, tale argomento è stato dichiarato infondato nell’ambito della prima parte del primo motivo.

120    Allo stesso modo, non possono essere accolti gli argomenti dei ricorrenti secondo i quali il Parlamento, in primo luogo, avrebbe giustificato l’applicazione nei loro confronti della deliberazione n. 14/2018 basandosi, erroneamente, sull’articolo 75, in secondo luogo, a seguito del parere del servizio giuridico, avrebbe dichiarato di essere incompetente a controllare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 e, in terzo luogo, avrebbe dovuto verificare, mentre non lo avrebbe fatto, se l’applicazione asseritamente automatica e retroattiva della deliberazione n. 14/2018 nei confronti dei ricorrenti fosse conforme al diritto dell’Unione, e in particolare alle disposizioni della Carta. Argomenti del genere, infatti, non hanno alcun nesso con l’obbligo di motivazione. Tuttavia, la fondatezza di tali argomenti sarà esaminata, in prosieguo, nell’ambito degli altri motivi.

121    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del primo motivo e, conseguentemente, il primo motivo nel suo insieme.

2.      Sul secondo motivo, vertente sullassenza di una valida base giuridica e su unerronea applicazione dellarticolo 75 delle misure di attuazione

122    A sostegno del secondo motivo, i ricorrenti fanno valere sostanzialmente che le decisioni impugnate sono prive di una valida base giuridica. Infatti, l’allegato III non sarebbe più applicabile in quanto tale. Inoltre, l’articolo 75 non autorizzerebbe il Parlamento a modificare in senso sfavorevole il trattamento dei suoi ex deputati. Quest’ultima disposizione mirerebbe, al contrario, a preservare i diritti quesiti di tali ex deputati. Pertanto, a loro avviso, le decisioni impugnate si fondano erroneamente sull’allegato III e su detto articolo 75.

123    In ogni caso, secondo i ricorrenti, il Parlamento ha commesso un grave errore in sede di applicazione dell’articolo 75. Infatti, tale disposizione precluderebbe al Parlamento di ridurre l’ammontare delle pensioni dei suoi ex deputati. Inoltre, il rinvio al diritto nazionale, previsto dall’allegato III, sarebbe stato applicabile solo nel momento in cui l’ex deputato avesse scelto di aderire al regime pensionistico istituito da tale allegato e non successivamente, per modificare le regole di calcolo di tali pensioni. Infine, occorrerebbe tener conto, per analogia, dell’articolo 29 dello statuto dei deputati, che limita le normative degli Stati membri, derogatorie alle disposizioni di tale statuto nel settore delle pensioni di anzianità, ad una durata non superiore a due legislature del Parlamento.

124    Infine, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti hanno indicato di sollevare un’eccezione di illegittimità dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, qualora quest’ultimo dovesse essere interpretato nel senso di consentire al Parlamento di rimettere in discussione situazioni definitivamente maturate. Infatti, secondo i ricorrenti, una siffatta facoltà contravverrebbe all’articolo 28 dello statuto dei deputati.

125    Il Parlamento conclude per il rigetto del secondo motivo in quanto infondato.

126    In via preliminare, il Tribunale rileva che, ai sensi dell’articolo 74 delle misure di attuazione, la regolamentazione SID è scaduta il giorno dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, ossia il 14 luglio 2009. Tuttavia, in deroga a tale norma, l’articolo 74 delle misure di applicazione, in combinato disposto con l’articolo 75 di queste ultime, mantiene in vigore, in via transitoria, segnatamente la regola di pensione identica prevista all’allegato III. Pertanto, occorre constatare che le disposizioni di tale allegato non sono state abrogate e sono sempre applicabili, nel caso di specie nei riguardi dei ricorrenti.

127    Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento dei ricorrenti relativo all’applicazione, per analogia, dell’articolo 29 dello statuto dei deputati. È vero che l’articolo 29 dello statuto dei deputati prevede che le normative adottate dagli Stati membri, in deroga alle disposizioni di detto statuto, in particolare in materia di pensione di anzianità, sono applicabili durante un periodo transitorio che non può superare la durata di due legislature del Parlamento. Tuttavia, da tale articolo, che ha ad oggetto le normative degli Stati membri, non si può dedurre che il Parlamento sia, anch’esso, costretto a limitare qualsiasi deroga allo statuto dei deputati nel settore delle pensioni di anzianità per un periodo massimo che copre due legislature. E anche supponendo che la limitazione temporale prevista all’articolo 29 dello statuto dei deputati possa essere applicata agli articoli 74 e 75, ciò non potrebbe, in ogni caso, né invalidare tali due articoli né, pertanto, condurre all’annullamento delle decisioni impugnate. Infatti, non è trascorso un periodo equivalente a due legislature, ossia dieci anni, tra l’entrata in vigore delle misure di attuazione e la data di adozione delle decisioni impugnate. Le misure di attuazione sono entrate in vigore il 14 luglio 2009, mentre le decisioni impugnate sono state adottate l’11 aprile 2019 e, per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, l’11 giugno 2019. Pertanto, anche se la limitazione temporale prevista all’articolo 29 dello statuto dei deputati potesse essere applicata, per analogia, agli articoli 74 e 75, tale applicazione sarebbe, in ogni caso, priva di effetti nel caso di specie.

128    Fatte queste precisazioni, il Tribunale ritiene opportuno chiarire l’ambito di applicazione dell’articolo 75 prima di esaminare gli altri argomenti dei ricorrenti.

a)      Sullambito di applicazione dellarticolo 75 delle misure di attuazione

129    Il Tribunale rileva che l’articolo 75 comprende due paragrafi. Sebbene il paragrafo 1, primo comma, e il paragrafo 2 dell’articolo 75 riguardino entrambi i diritti pensionistici degli ex deputati, i loro ambiti di applicazione riguardano, rispettivamente, la situazione degli ex deputati che hanno iniziato a percepire la loro pensione prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, vale a dire il 14 luglio 2009, e quella degli ex deputati che hanno iniziato a percepirla dopo tale data.

130    Da un lato, l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, si applica agli ex deputati che hanno iniziato a beneficiare della loro pensione di anzianità prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Conformemente alla lettera di tale disposizione, questi ex deputati continuano, dopo tale data, a rientrare nel regime pensionistico istituito dall’allegato III. Di conseguenza, il calcolo e il versamento della loro pensione di anzianità si basano sulle regole di tale allegato.

131    Dall’altro lato, l’articolo 75, paragrafo 2, garantisce, alla sua prima frase, che i diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto dei deputati in applicazione dell’allegato III restino acquisiti. Tuttavia, se tali diritti alla pensione di anzianità restano acquisiti dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, la seconda frase dell’articolo 75, paragrafo 2, precisa che il beneficio effettivo di tale pensione è doppiamente condizionato. In primo luogo, gli ex deputati devono soddisfare le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. In secondo luogo, gli ex deputati devono aver presentato la loro domanda di liquidazione della pensione entro sei mesi dalla nascita del loro diritto, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III. Di conseguenza, il calcolo e il versamento della loro pensione di anzianità si basano, anche in questo caso, sulle norme dell’allegato III, ma il riconoscimento del beneficio effettivo di tali pensioni di anzianità è subordinato al rispetto dei requisiti fissati dall’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase.

132    Un’interpretazione sistematica dell’articolo 75 esclude quindi l’applicazione del paragrafo 1, primo comma, di tale disposizione agli ex deputati che hanno iniziato a percepire la loro pensione di anzianità dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Infatti, lo stesso tenore letterale dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, limita il suo ambito di applicazione ai soli ex deputati che, «prima» dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati, già percepivano una pensione di anzianità (v., in tal senso, sentenza del 12 maggio 2017, Costa/Parlamento, T‑15/15 e T‑197/15, non pubblicata, EU:T:2017:332, punto 42).

133    Questa stessa interpretazione sistematica porta, con assoluta coerenza, ad escludere l’applicazione dell’articolo 75, paragrafo 2, agli ex deputati che hanno iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Infatti, tali ex deputati non possono rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 75, paragrafo 2, salvo ritenere che i due paragrafi di tale articolo contengano norme simili e ridondanti. Per di più, sarebbe poco logico esigere, nuovamente, da tali ex deputati, sulla base dell’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, che essi abbiano presentato la loro domanda di liquidazione della pensione di anzianità entro il termine di sei mesi successivi al sorgere del loro diritto, mentre tale formalità ha dovuto necessariamente essere adempiuta prima del 14 luglio 2009, poiché essi percepivano già, prima di tale data, una siffatta pensione.

134    Di conseguenza, occorre esaminare gli argomenti dei ricorrenti distinguendo tra questi ultimi quelli che hanno iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009 da quelli che ne hanno beneficiato dopo tale data. Inoltre, poiché le parti concordano sul fatto che il diritto alla pensione di reversibilità di cui trattasi costituisce un diritto dipendente e derivato dal diritto alla pensione di anzianità dell’ex deputato deceduto, occorre fare riferimento, al fine di determinare quale paragrafo dell’articolo 75 sia applicabile, alla data a partire dalla quale tale ex deputato aveva iniziato a percepire la sua pensione di anzianità sulla base dell’allegato III.

b)      Sulla situazione dei ricorrenti che rientrano nellambito di applicazione dellarticolo 75, paragrafo 1, primo comma, delle misure di attuazione

135    Alla luce delle considerazioni che precedono, l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, è applicabile alla situazione dei ricorrenti che hanno iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009, ad esclusione dei ricorrenti nelle cause T‑390/19, T‑393/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑411/19, T‑413/19, T‑417/19, T‑425/19, T‑430/19, T‑436/19, T‑441/19, T‑442/19, T‑444/19, T‑445/19, T‑452/19 e T‑465/19. L’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, è altresì applicabile all’insieme dei ricorrenti che beneficiano di una pensione di reversibilità, ossia i ricorrenti nelle cause T‑397/19, T‑409/19, T‑414/19, T‑426/19 e T‑427/19. Infatti, i loro coniugi deceduti avevano tutti iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

136    A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, prevede che «[le] pension[i] di anzianità concess[e] in virtù [dell’allegato] III della regolamentazione SID continuano a essere versate in applicazione di dett[o] allegat[o] ai titolari che beneficiavano delle prestazioni prima dell’entrata in vigore dello statuto».

137    Peraltro, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, dal canto suo, sancisce la regola di pensione identica, al centro delle cause in esame, nei seguenti termini:

«L’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente a quelle della pensione percepita dai Membri della Camera Bassa del Parlamento dello Stato membro in rappresentanza del quale è stato eletto il deputato al Parlamento europeo».

138    La formulazione imperativa di tale disposizione – «[l]’importo e le modalità della pensione provvisoria corrispondono esattamente» – non lascia alcun margine al Parlamento per un metodo di calcolo autonomo. Fatto salvo il rispetto delle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, compresi i principi generali del diritto e la Carta, il Parlamento è tenuto a determinare il livello e le modalità della pensione di anzianità di un ex deputato europeo rientranti nell’ambito di applicazione dell’allegato III sulla base di quelle definite nel diritto nazionale applicabile, vale a dire, nel caso di specie, sulla base delle norme definite nella deliberazione n. 14/2018. Il Tribunale constata che le parti concordano su tale interpretazione.

139    Del pari, l’uso del presente indicativo «corrispondono esattamente» implica che tale obbligo di applicare le stesse norme relative al livello e alle modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato non si limita a disciplinare la situazione passata degli ex deputati, vale a dire prima dell’adozione dello statuto dei deputati, ma continua a esplicare i suoi effetti fino al versamento delle pensioni di anzianità.

140    Tale duplice interpretazione è rafforzata dall’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, il quale indica espressamente che le pensioni di anzianità «continuano a essere versate» in applicazione dell’allegato III. Anche in questo caso, il ricorso a una formulazione imperativa e al presente indicativo conferma, da un lato, la permanenza delle norme contenute nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, anche dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, e, dall’altro, l’assenza di un margine di manovra del Parlamento quanto alla loro applicazione.

141    Da quanto precede si deduce che l’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, letti in combinato disposto, esigono espressamente che il Parlamento applichi, in ogni momento, le stesse norme relative all’importo e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Come già indicato al precedente punto 138, il Parlamento può sottrarsi a tale obbligo solo nell’ipotesi in cui, alla luce del principio della gerarchia delle norme, l’attuazione di tali norme comporti la violazione di una norma di rango superiore del diritto dell’Unione.

142    Peraltro, anche se l’applicazione di tali norme implica, come nel caso di specie, una riduzione dell’importo delle pensioni, ciò non può tuttavia essere considerato lesivo dei diritti a pensione di anzianità maturati dai loro beneficiari.

143    Infatti, il combinato disposto dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III indica che i diritti alla pensione di anzianità maturati, derivanti dai contributi versati dagli ex deputati, costituiscono solo la base di calcolo di tali pensioni di anzianità. Per contro, nessuna disposizione dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, e dell’allegato III garantisce l’immutabilità dell’importo di tali pensioni. I diritti a pensione maturati, menzionati all’articolo 75, non devono essere confusi con un presunto diritto a percepire un importo fisso di pensione.

144    Tale interpretazione della regola di pensione identica non è inficiata dal considerando 7 delle misure di attuazione, al quale fanno riferimento i ricorrenti. Infatti, tale considerando si limita a precisare che i diritti a pensione maturati prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati sono garantiti dopo tale data. Per contro, tale considerando non indica che l’importo delle suddette pensioni non possa essere rivisto tanto verso l’alto quanto verso il basso. Tale considerando, quindi, si limita a confermare la sostanza dell’articolo 75, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

145    Tale interpretazione non è neppure inficiata dall’articolo 75, paragrafo 2, prima frase. È vero che, secondo tale disposizione, «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti». Tuttavia, al pari del considerando 7 delle misure di attuazione, detto articolo 75, paragrafo 2, prima frase, non prevede che l’importo delle pensioni di anzianità non possa essere modificato, a favore o a sfavore dei loro beneficiari. Inoltre, e come risulta dai precedenti punti 132 e 133, un’interpretazione sistematica di tale articolo 75 comporta, in ogni caso, l’inapplicabilità del suo secondo paragrafo agli ex deputati, come i ricorrenti menzionati al precedente punto 135, che hanno iniziato a percepire la loro pensione di anzianità prima del 14 luglio 2009.

146    Tale interpretazione non porta neppure, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti nella loro eccezione di illegittimità menzionata al precedente punto 124, a violare l’articolo 28 dello statuto dei deputati. Infatti, come giustamente rilevato dal Parlamento, è sufficiente constatare che l’articolo 28 dello statuto dei deputati si applica, secondo la sua lettera, solo ai diritti a pensione che i deputati hanno acquisito «a norma della legislazione nazionale». Orbene, nel caso di specie, le pensioni di anzianità dei ricorrenti non sono state acquisite a norma di una legislazione nazionale, ma sulla base delle disposizioni dell’allegato III. Inoltre, i ricorrenti stessi riconoscono, nelle loro memorie, che le loro pensioni non sono a carico della Repubblica italiana, ma del Parlamento. L’articolo 28 dello statuto dei deputati è quindi inapplicabile alle pensioni dei ricorrenti, dal momento che queste ultime rientrano in un regime pensionistico dell’Unione, e non in un regime pensionistico nazionale. La loro eccezione di illegittimità dev’essere respinta.

147    Infine, il Tribunale constata che la mancanza di immutabilità dell’importo delle pensioni versate ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III è confermata dalla prassi. Infatti, in risposta ai quesiti scritti del Tribunale, il Parlamento ha indicato, con elementi di prova a supporto, che, prima dell’adozione della deliberazione n. 14/2018, l’importo delle pensioni di anzianità di una decina di ex deputati europei, eletti in Italia, era già stato ridotto per tener conto della deliberazione n. 210/2017 dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. In senso contrario, il Parlamento ha precisato, altresì con elementi di prova a supporto, che il livello delle pensioni di anzianità di taluni ex deputati europei, eletti in Italia, era aumentato, tra il 2002 e il 2005, in applicazione dell’aumento dell’importo dell’indennità parlamentare deciso dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati.

c)      Sulla situazione dei ricorrenti che rientrano nellambito di applicazione dellarticolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione

148    Tenuto conto delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 129 a 134, l’articolo 75, paragrafo 2, è applicabile solo ai ricorrenti nelle cause T‑390/19, T‑393/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑411/19, T‑413/19, T‑417/19, T‑425/19, T‑430/19, T-436/19, T‑441/19, T‑442/19, T‑444/19, T‑445/19, T‑452/19 e T‑465/19.

149    A tal riguardo, occorre ricordare che l’articolo 75, paragrafo 2, dispone quanto segue:

«I diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti. I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

150    La prima frase dell’articolo 75, paragrafo 2, non può essere interpretata nel senso che garantisce l’immutabilità dell’importo della pensione degli ex deputati europei interessati. Infatti, il suddetto articolo 75, paragrafo 2, non sancisce un diritto acquisito che comporti un importo definitivo e non modificabile della pensione di anzianità.

151    In realtà, con la menzione secondo cui «[i] diritti alla pensione di anzianità maturati fino alla data di entrata in vigore dello statuto in applicazione dell’allegato III succitato restano acquisiti», il Parlamento si è limitato a confermare che tutti i diritti alla pensione di anzianità maturati, sulla base dei contributi versati fino al 14 luglio 2009, erano mantenuti dopo tale data. Orbene, dai precedenti punti da 142 a 144 nonché 146 e 147 risulta che detti diritti acquisiti servono unicamente come base di calcolo dell’importo della pensione. Per contro, l’espressione «diritti acquisiti» non può essere intesa nel senso che comporta un risultato definitivo e immutabile quanto al calcolo dell’importo di tali pensioni.

152    Inoltre, tale menzione consente altresì di distinguere i rispettivi ambiti di applicazione dell’articolo 49 dalle misure di attuazione e dell’articolo 75, paragrafo 2, per quanto riguarda gli ex deputati che, alla data del 14 luglio 2009, non avevano ancora cominciato a percepire la loro pensione di anzianità.

153    Infatti, come spiegato giustamente dai ricorrenti e dal Parlamento, i diritti alla pensione di anzianità maturati dall’entrata in vigore dello Statuto dei deputati rientrano esclusivamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 delle misure di attuazione. I diritti alla pensione di anzianità maturati fino a tale data sono disciplinati esclusivamente dall’articolo 75, paragrafo 2, e dall’allegato III. Dal 14 luglio 2009 non è quindi più possibile acquisire diritti a pensione sulla base di tali disposizioni. Ne risultano due regimi pensionistici successivi che comportano due tipi di diritti a pensione: i diritti a pensione di anzianità maturati fino al 14 luglio 2009, sulla base dell’articolo 75 e dell’allegato III, e i diritti a pensione di anzianità maturati, a partire dal 14 luglio 2009, sul fondamento dell’articolo 49 delle misure di applicazione. Sotto tale profilo, è pacifico tra le parti che gli ex deputati, interessati da tale cumulo di regimi, percepiscono due pensioni distinte e che solo la pensione di anzianità disciplinata dall’articolo 75, paragrafo 2, e dall’allegato III è stata oggetto di una riduzione del suo importo.

154    Precisando che i diritti alla pensione di anzianità maturati fino al giorno dell’entrata in vigore dello Statuto restano acquisiti dopo tale data, l’articolo 75, paragrafo 2, prima frase, indica quindi implicitamente, ma coerentemente con l’articolo 49 delle misure di attuazione, che tale garanzia non può riguardare nuovi diritti alla pensione di anzianità acquisiti dopo tale data, poiché, precisamente, una siffatta acquisizione è divenuta giuridicamente impossibile. Per contro, per tutte le ragioni esposte supra, l’articolo 75, paragrafo 2, prima frase, non può essere interpretato nel senso che esso afferma l’immutabilità dell’importo delle pensioni di anzianità.

155    Occorre poi rilevare che l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, indica, nella sua prima parte, che l’importo della pensione di anzianità è calcolato in applicazione delle norme di cui all’allegato III. La seconda parte di tale frase impone, inoltre, che siano soddisfatti due requisiti, vale a dire rispettare le pertinenti disposizioni del diritto nazionale applicabile in materia di concessione della pensione e aver presentato la domanda di liquidazione di tale pensione.

156    Il Tribunale rileva che l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, distingue chiaramente i «diritti alla pensione di anzianità maturati» dalle «pensioni». Da un lato, è evidente che l’aggettivo «maturati» non è associato al termine «pensioni», il che tende a confermare che non è impossibile rivedere il loro importo. Dall’altro lato, è vero che dette pensioni sono determinate sulla base di detti «diritti a pensione di anzianità maturati», ma lo sono «in applicazione» delle regole di calcolo stabilite dall’allegato III. Su tale punto, l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, si riferisce all’allegato III, quindi implicitamente all’articolo 2, paragrafo 1, di tale allegato. Pertanto, si rinvia alle considerazioni svolte ai precedenti punti da 138 a 141, secondo le quali il Parlamento ha l’obbligo, fatto salvo il rispetto delle norme di rango superiore del diritto dell’Unione, di applicare le norme relative all’importo e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro di cui trattasi.

157    Per quanto riguarda i due requisiti supplementari di cui all’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, è sufficiente constatare che essi non hanno lo scopo, come affermano i ricorrenti, di condizionare il beneficio di un’asserita protezione dei loro «diritti acquisiti», nel senso che l’importo delle pensioni non possa essere riveduto, bensì condizionano il beneficio effettivo di tali pensioni. Infatti, solo se un ex deputato soddisfa le condizioni previste al riguardo dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e se, inoltre, ha presentato la domanda di liquidazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III, egli potrà avere diritto al beneficio della sua pensione. Tali esigenze non hanno quindi alcuna relazione con una qualsivoglia garanzia di immutabilità dell’importo delle pensioni di anzianità.

158    Il Tribunale constata, infine, che il Parlamento è l’unico destinatario dell’obbligo, posto dall’allegato III, di applicare le norme relative all’importo e alle modalità delle pensioni di anzianità fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Per contro, l’obbligo di rispettare i due requisiti, descritti al precedente punto 157, è rivolto, dal canto suo, unicamente ai beneficiari di dette pensioni.

d)      Conclusione

159    Nel caso di specie, il Parlamento non ha modificato né l’articolo 75 né l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Tali disposizioni sono rimaste invariate. Parimenti, il Parlamento non ha rimesso in discussione i diritti alla pensione di anzianità maturati dai ricorrenti prima del 14 luglio 2009.

160    In concreto, in applicazione dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento si è limitato ad adeguare l’importo e le modalità delle pensioni di anzianità o di reversibilità dei ricorrenti per tener conto delle nuove regole di calcolo fissate dalla deliberazione n. 14/2018. Pertanto, sono state modificate solo le regole di calcolo dell’importo di tali pensioni di anzianità o di reversibilità, in applicazione delle nuove prescrizioni della deliberazione n. 14/2018. I ricorrenti non hanno peraltro sostenuto che il Parlamento aveva male applicato le norme della deliberazione n. 14/2018.

161    Del resto, e a titolo di raffronto, il Tribunale constata che la possibilità di una revisione dell’importo delle pensioni è già stata ammessa dalla giurisprudenza nell’ambito del contenzioso della funzione pubblica dell’Unione. Secondo quest’ultima, occorre operare una distinzione netta tra la determinazione del diritto a pensione e il pagamento delle prestazioni che ne derivano. Infatti, secondo la giurisprudenza, i diritti quesiti in termini di fissazione della pensione non sono violati quando le variazioni negli importi effettivamente versati derivino da evoluzioni legislative o regolamentari che non ledono il diritto a pensione propriamente detto (v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2006, Campoli/Commissione, T‑135/05, EU:T:2006:366, punti 79 e 80 e giurisprudenza ivi citata).

162    Alla luce delle considerazioni che precedono, il Parlamento ha soddisfatto l’obbligo ad esso incombente ai sensi dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III applicando le norme della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, adottando le decisioni impugnate. Quanto alla questione se tale applicazione da parte del Parlamento delle regole della deliberazione n. 14/2018 violi o meno norme di rango superiore del diritto dell’Unione diverse dall’articolo 75 o dall’allegato III, essa sarà esaminata nell’ambito del quarto motivo.

163    Dall’insieme di tali elementi risulta che il Parlamento poteva validamente basarsi sull’articolo 75 e sulle norme dell’allegato III, senza violarne le disposizioni, per adottare le decisioni impugnate.

164    Ne consegue che il secondo motivo dev’essere respinto.

3.      Sul terzo motivo, vertente su un errore di diritto relativo alla qualificazione della deliberazione n. 14/2018 e su unerronea applicazione della «riserva di legge» prevista dallarticolo 75, paragrafo 2, delle misure di attuazione

165    A sostegno di tale terzo motivo, i ricorrenti affermano che l’articolo 75, paragrafo 2, si limiterebbe a rinviare al diritto nazionale adottato sotto forma di «legge». Questo ambito riservato al legislatore sarebbe pensato per proteggere la funzione legislativa, prima ancora del singolo parlamentare. Orbene, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe una semplice decisione interna della Camera dei deputati, senza forza di legge. A tale titolo, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe applicabile solo alle persone nei confronti delle quali la Camera dei deputati esercita le sue competenze regolamentari, vale a dire il suo personale e i membri di tale camera in carica fino alla fine del loro mandato.

166    In secondo luogo, il rinvio di cui all’articolo 75, paragrafo 2, alla «legislazione nazionale» riguarderebbe unicamente le condizioni fissate dallo Stato membro interessato ai fini dell’ottenimento, da parte di un ex deputato europeo, di un diritto a pensione di anzianità. Per contro, secondo i ricorrenti, detto rinvio non consentirebbe al Parlamento di modificare i metodi di calcolo di dette pensioni.

167    In terzo luogo, le decisioni impugnate violerebbero l’articolo 17 della Carta e l’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»). Infatti, le disposizioni di cui trattasi garantirebbero che nessuno possa essere privato della sua proprietà se non nelle condizioni previste dalla «legge».

168    Il Parlamento conclude per il rigetto del terzo motivo in quanto infondato.

169    In via preliminare, nella parte in cui i ricorrenti contestano al Parlamento di aver violato il loro diritto di proprietà, poiché la diminuzione dell’importo della loro pensione non sarebbe stata prevista da una «legge», si deve constatare che tale argomento si confonde con l’argomento sviluppato nell’ambito del quarto motivo. Vi si fa quindi rinvio.

170    Occorre poi respingere tale terzo motivo in quanto inconferente per quanto riguarda i ricorrenti di cui al precedente punto 135. Infatti, come è stato esposto nell’ambito del secondo motivo, e in particolare al suddetto punto 135 supra, tali ricorrenti non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 75, paragrafo 2, bensì in quello dell’articolo 75, paragrafo 1, primo comma, dal momento che hanno iniziato a percepire la loro pensione prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Pertanto, un’eventuale violazione da parte del Parlamento dell’articolo 75, paragrafo 2, non può, in ogni caso, comportare l’annullamento delle decisioni impugnate che riguardano detti ricorrenti.

171    L’esame di tale terzo motivo è dunque limitato ai soli ricorrenti indicati al precedente punto 148, vale a dire a quelli nelle cause T‑390/19, T‑393/19, T‑404/19, T‑406/19, T‑407/19, T‑411/19, T‑413/19, T‑417/19, T‑425/19, T‑430/19, T‑436/19, T‑441/19, T‑442/19, T‑444/19, T‑445/19, T‑452/19 e T‑465/19.

172    L’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, recita:

«I titolari che hanno maturato diritti in detto regime previdenziale beneficiano di una pensione calcolata sulla base dei diritti da loro acquisiti in applicazione dell’allegato III succitato purché soddisfino le condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato e abbiano presentato la domanda di cui all’articolo 3, paragrafo 2, dell’allegato III succitato».

173    Come rilevato ai precedenti punti da 155 a 157, l’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, distingue, da un lato, le modalità di calcolo dell’importo delle pensioni di anzianità, che sono disciplinate esclusivamente dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, e, dall’altro, i requisiti da soddisfare per beneficiare dell’effettivo versamento di dette pensioni, tra i quali, in particolare, quello di soddisfare le «condizioni previste a tal fine dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato». Peraltro, dal precedente punto 158 risulta che l’obbligo di rispettare i suddetti requisiti ha come destinatari i beneficiari delle pensioni di anzianità, e non il Parlamento.

174    Da un lato, anche supponendo che l’espressione «legislazione nazionale», utilizzata all’articolo 75, paragrafo 2, seconda frase, riguardi unicamente atti legislativi nazionali, è comunque irrilevante, nel caso di specie, che la deliberazione n. 14/2018 non abbia la forma di una «legge» alla luce del diritto italiano. Infatti, la deliberazione n. 14/2018 non ha lo scopo, per ammissione stessa dei ricorrenti, di modificare i requisiti che condizionano il beneficio effettivo delle pensioni di anzianità, quali, ad esempio, aver raggiunto l’età legale a partire dalla quale un ex deputato è autorizzato a percepire la sua pensione di anzianità, o ancora non esercitare talune funzioni giudicate incompatibili dal legislatore italiano. Come indicato dagli stessi ricorrenti e come attesta il suo titolo – «Rideterminazione della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata nonché dei trattamenti di reversibilità (...)» –, la deliberazione n. 14/2018 ha semplicemente adeguato le modalità di calcolo delle pensioni di anzianità.

175    Dall’altro lato, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, che disciplina proprio il calcolo dell’importo di dette pensioni rinviando al diritto dello Stato membro interessato, non precisa che tale diritto nazionale debba assumere la forma di una «legge». Ancora più in generale, nessuna disposizione dell’allegato III fa riferimento alla «legislazione» dello Stato membro interessato.

176    Pertanto, il presente motivo si basa su una lettura manifestamente erronea dell’articolo 75, paragrafo 2, in quanto tale disposizione, al pari dell’articolo 75, paragrafo 1, non richiede che le modalità di calcolo delle pensioni siano fissate, nel diritto dello Stato membro interessato, da una «legge». È quindi irrilevante che la deliberazione n. 14/2018 non sia stata adottata sotto forma di legge.

177    Conseguentemente, il terzo motivo dev’essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, vertente sulla violazione di diversi principi generali del diritto dellUnione

178    Il quarto motivo si articola in tre parti. La prima verte sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento nonché su quella del diritto di proprietà. La seconda parte riguarda la violazione del principio di proporzionalità. La terza parte ha ad oggetto la violazione del principio di uguaglianza.

179    In via preliminare, il Tribunale constata che, come osserva in sostanza il Parlamento, quest’ultimo è tenuto, ai sensi dell’articolo 75 e dell’allegato III, a calcolare e, se del caso, ad aggiornare l’importo delle pensioni corrisposte agli ex deputati europei, eletti in Italia, rientranti in tali disposizioni, traendo le conseguenze dalla deliberazione n. 14/2018 finché tale decisione nazionale è in vigore, il che si verifica attualmente, non essendo tale deliberazione stata abrogata o revocata dalla Camera dei deputati, né avendo essa formato oggetto di annullamento da parte del Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati.

180    Nell’attuazione dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il Parlamento, in quanto istituzione dell’Unione, è tuttavia tenuto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, a rispettare le disposizioni di quest’ultima. Ciò vale, da un lato, nonostante la circostanza che, al momento dell’adozione della deliberazione n. 14/2018, la Camera dei deputati non attuasse il diritto dell’Unione e non fosse quindi tenuta a rispettare le disposizioni contenute nella Carta e, dall’altro, come sottolineato dalla Corte in un contesto contrattuale (sentenza del 16 luglio 2020, ADR Center/Commissione, C‑584/17 P, EU:C:2020:576, punto 86), anche se il diritto italiano non assicura le stesse garanzie conferite dalla Carta e dai principi generali del diritto dell’Unione.

181    Di conseguenza, al fine di determinare l’importo delle pensioni dei ricorrenti, il Parlamento avrebbe potuto svincolarsi dalle nuove modalità di calcolo delle pensioni degli ex deputati della Camera dei deputati, come disciplinate dalla deliberazione n. 14/2018, solo qualora l’applicazione della deliberazione n. 14/2018 avesse condotto il Parlamento a violare la Carta o taluni principi generali del diritto dell’Unione [v., in tal senso e per analogia, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru, C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198, punto 88, del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 59, 73 e 78, nonché del 25 luglio 2018, Generalstaatsanwaltschaft (Condizioni di detenzione in Ungheria), C‑220/18 PPU, EU:C:2018:589, punto 59].

182    In tali circostanze, fermo restando che il Tribunale non è competente a valutare direttamente la legittimità della deliberazione n. 14/2018, né, in particolare, la sua conformità con la Carta, esso è tenuto unicamente ad esaminare nella fattispecie, alla luce degli argomenti dei ricorrenti, se l’applicazione da parte del Parlamento delle modalità di calcolo nuovamente previste in tale decisione nazionale comportasse la violazione, da parte di tale istituzione, delle disposizioni della Carta e dei principi generali del diritto dell’Unione fatta valere da detti ricorrenti.

a)      Sulla prima parte del quarto motivo, vertente sulla violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento nonché su quella del diritto di proprietà

183    Nell’ambito della prima parte, i ricorrenti affermano, in primo luogo, che le decisioni impugnate lederebbero l’immutabilità dei loro diritti acquisiti e il legittimo affidamento che il quadro normativo vigente nella pendenza del loro mandato avrebbe creato in capo a loro. Più precisamente, il Parlamento avrebbe violato i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento nel ritenere che la deliberazione n. 14/2018 si applichi automaticamente ai regimi pensionistici dei ricorrenti. I ricorrenti sostengono che dalla giurisprudenza e, segnatamente, dalla sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600), emergerebbe al contrario che gli interventi peggiorativi sul regime dei diritti pensionistici dovrebbero far salvi i trattamenti già maturati. Non solo: il Parlamento avrebbe modificato detti diritti acquisiti in maniera retroattiva e in modo del tutto imprevedibile. Avendo maturato i loro diritti pensionistici nella vigenza della regolamentazione SID, i ricorrenti sarebbero peraltro ormai soggetti terzi, estranei così al potere normativo del Parlamento e della Camera dei deputati. Inoltre, posto che il regime pensionistico come organizzato dall’allegato III avrebbe implicato la scelta volontaria dei deputati di aderirvi, la violazione dei diritti pensionistici perpetrata dalle decisioni impugnate renderebbe ancor più grave la violazione del principio del legittimo affidamento.

184    In risposta a un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti hanno altresì sollevato un’eccezione di illegittimità dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, qualora tali due disposizioni dovessero essere interpretate nel senso che autorizzano il Parlamento, in violazione dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, ad adottare misure aventi un’incidenza retroattiva sui diritti a una pensione definitivamente acquisiti.

185    I ricorrenti affermano poi che le decisioni impugnate, comportando una riduzione dell’importo delle pensioni, ledono il loro diritto di proprietà senza che un qualche interesse generale lo giustifichi o che un siffatto interesse sia quantomeno menzionato dal Parlamento. Inoltre, le decisioni impugnate non analizzerebbero l’onere finanziario imposto ai ricorrenti e non bilancerebbero gli interessi in gioco. Pertanto, le decisioni impugnate violerebbero l’articolo 17 della Carta prevedendo una modifica retroattiva dei regimi pensionistici dei ricorrenti senza che ciò sia giustificato da un obiettivo legittimo.

186    Il Parlamento chiede il rigetto della prima parte del quarto motivo in quanto infondata.

1)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di certezza del diritto

187    Il principio di certezza del diritto, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che le norme giuridiche siano chiare e precise ed è inteso a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nel diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento, T‑439/09, EU:T:2011:600, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

188    Occorre esaminare l’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti determinando se, come essi sostengono, l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III autorizzino il Parlamento ad adottare misure aventi un’incidenza retroattiva sui diritti a pensione definitivamente acquisiti, sebbene una siffatta interpretazione violi il principio della certezza del diritto.

189    Tale eccezione di illegittimità deve essere respinta, in quanto parte dalla premessa errata secondo cui il Parlamento sarebbe autorizzato a modificare i diritti alla pensione di anzianità acquisiti. Orbene, né l’articolo 75 né l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III gli conferiscono un siffatto potere. Al contrario, tali disposizioni richiedono il rispetto di tali diritti alla pensione di anzianità acquisiti.

190    Tuttavia, ciò non comporta che l’importo di dette pensioni sia stato definitivamente stabilito prima dell’entrata in vigore dello statuto dei deputati e che sia immutabile.

191    Infatti, come risulta dalle considerazioni esposte nell’ambito dell’esame del secondo motivo, ai precedenti punti da 126 a 161, occorre distinguere i «diritti a pensione acquisiti» e le «pensioni» dall’«importo delle pensioni». Se i «diritti a pensione» sono definitivamente acquisiti e non possono essere modificati, e se le pensioni continuano ad essere corrisposte, nulla osta a che l’importo delle pensioni sia adeguato al rialzo o al ribasso. Al contrario, alla luce delle disposizioni dell’articolo 75 e della regola di pensione identica, il Parlamento è tenuto a calcolare l’importo di dette pensioni applicando le stesse norme relative al livello e alle modalità delle pensioni fissate dal diritto dello Stato membro interessato.

192    I ricorrenti non hanno quindi dimostrato che l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III violino il principio della certezza del diritto. L’eccezione di illegittimità è quindi infondata.

193    Occorre poi verificare se l’adozione delle decisioni impugnate, sulla base di tali disposizioni, abbia violato il principio della certezza del diritto.

194    Dall’esame del secondo motivo emerge che l’articolo 75 prevede, in modo chiaro e preciso, che l’importo delle pensioni di anzianità sia calcolato secondo le prescrizioni dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, il quale stabilisce la regola di pensione identica e dispone che «[l’]importo e le modalità [delle pensioni di anzianità] corrispondono esattamente» a quelle che ricevono, nel caso di specie, i membri della Camera dei deputati.

195    Tali norme, che non sono state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati, prevedono quindi esplicitamente l’ipotesi di una revisione, al rialzo o al ribasso, dell’importo delle pensioni di anzianità per tener conto delle pertinenti evoluzioni del diritto dello Stato membro interessato. Inoltre, occorre ricordare che, nell’ambito dell’esame del secondo motivo, si è concluso che l’adozione delle decisioni impugnate era conforme alle disposizioni dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

196    L’applicazione retroattiva di un atto senza che sia violato il principio di certezza del diritto presuppone che un’indicazione sufficientemente chiara, vuoi nella sua lettera, vuoi nei suoi obiettivi, consenta di concludere che tale atto non disponga esclusivamente per l’avvenire (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Panasonic Italia e a., C‑472/12, EU:C:2014:2082, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

197    È vero che le decisioni impugnate sono state adottate l’11 aprile 2019 e, per quanto riguarda il sig. Florio, nella causa T‑465/19, l’11 giugno 2019, e che esse producono i loro effetti anteriormente a tali date, vale a dire al 1º gennaio 2019. Tuttavia, tali elementi non sono sufficienti, di per sé, a dimostrare che il Parlamento abbia violato il principio della certezza del diritto applicando i nuovi importi delle pensioni a partire da tale data.

198    Il fatto che gli importi delle pensioni dei ricorrenti siano stati modificati dal 1º gennaio 2019 si spiega con l’obbligo, gravante sul Parlamento ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di applicare alle pensioni le stesse modalità fissate dal diritto dello Stato membro interessato. Orbene, la determinazione del punto di partenza dell’applicazione delle nuove regole di calcolo di dette pensioni fa incontestabilmente parte di tali «modalità».

199    A tal riguardo, risulta esplicitamente dall’articolo 1, n. 1, della deliberazione n. 14/2018 che «[a] decorrere dal 1° gennaio 2019 gli importi [delle pensioni] sono rideterminati secondo le modalità previste dalla presente deliberazione».

200    Di conseguenza, in forza dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, i ricorrenti non avevano più il diritto di pretendere, a partire dal 1º gennaio 2019, il beneficio della loro pensione, come calcolata prima di tale data. Al contrario, a partire dal 1º gennaio 2019, solo le pensioni il cui importo era stato adeguato nel rispetto delle regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018, erano esigibili e pagabili.

201    È vero che sarebbe stato preferibile che le decisioni impugnate fossero state adottate prima del 1º gennaio 2019 e non dopo tale data. Tuttavia, tale circostanza è irrilevante nel caso di specie. L’obbligo di applicare, con effetto a tale data, le nuove regole di calcolo alle pensioni dei ricorrenti non deriva dalle decisioni impugnate, ma dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. In tal senso, le decisioni impugnate si limitano a trarre le conseguenze derivanti direttamente dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III e che implicano, pertanto, che le somme indebitamente versate tra il 1º gennaio 2019 e la loro data di adozione, rispettivamente l’11 aprile 2019 e l’11 giugno 2019, devono essere rimborsate.

202    Da tali elementi risulta che i ricorrenti non hanno dimostrato che il principio della certezza del diritto sia stato violato nel caso di specie. Infatti, le norme dell’allegato III comportavano che i nuovi importi delle pensioni dei ricorrenti entrassero in vigore il 1º gennaio 2019. Orbene, le norme dell’allegato III sono ampiamente anteriori al 1º gennaio 2019 e non successive a tale data. Inoltre, i ricorrenti non hanno sostenuto, e nessun elemento del fascicolo ne attesta, che il Parlamento aveva applicato tali nuovi importi prima del 1º gennaio 2019, vale a dire prima della data stabilita a tal fine dalla deliberazione n. 14/2018. Infine, come indicato al precedente punto 17, nel gennaio 2019 il Parlamento aveva informato i ricorrenti di una possibile applicazione delle norme della deliberazione n. 14/2018 nei loro confronti. Del pari, come indicato al precedente punto 19, nel febbraio 2019 il Parlamento aveva confermato ai ricorrenti l’applicabilità automatica di questa stessa deliberazione alla loro situazione. Così facendo, i ricorrenti erano stati informati della modifica delle regole applicabili al calcolo dell’importo della loro pensione prima che le decisioni impugnate fossero adottate.

203    Tale conclusione non è inficiata dalla sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600), alla quale fanno riferimento i ricorrenti. A tal riguardo, si deve constatare, da un lato, che il ricorrente in tale causa non aveva ancora acquisito il suo diritto ad una pensione. Dall’altro, detto ricorrente non lamentava una qualsivoglia riduzione dell’importo della sua pensione, bensì il rigetto della sua domanda di poter beneficiare di una parte della sua pensione complementare sotto forma di capitale. Pertanto, le circostanze della sentenza del 18 ottobre 2011, Purvis/Parlamento (T‑439/09, EU:T:2011:600), non hanno alcun rapporto con la situazione dei ricorrenti nei presenti ricorsi. Inoltre, nei limiti in cui questi ultimi deducono da tale sentenza che non possono essere pregiudicati i diritti a pensione maturati, è sufficiente ricordare che, come menzionato in particolare al precedente punto 191, i loro diritti a pensione maturati sono stati rispettati dal Parlamento e che solo l’importo della loro pensione è stato modificato.

204    La prima censura, relativa alla violazione del principio della certezza del diritto, deve quindi essere respinta.

2)      Sulla censura relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

205    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto di far valere la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione ha fatto sorgere nei suoi confronti fondate aspettative. Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate e affidabili. Per contro, nessuno può invocare una violazione di tale principio in mancanza di assicurazioni precise che gli abbia fornito l’amministrazione. Infine, le assicurazioni fornite devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenza del 3 dicembre 2019, Repubblica ceca/Parlamento e Consiglio, C‑482/17, EU:C:2019:1035, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

206    Anzitutto, occorre respingere, per ragioni simili a quelle esposte ai precedenti punti da 189 a 191, l’eccezione di illegittimità dei ricorrenti con la quale essi sostengono che, se l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III dovessero essere interpretati nel senso che autorizzano il Parlamento ad adottare misure aventi un’incidenza retroattiva sui diritti alla pensione definitivamente acquisiti, una siffatta interpretazione violerebbe il principio di tutela del legittimo affidamento.

207    Infatti, tale eccezione di illegittimità si basa sull’erronea premessa secondo cui il Parlamento sarebbe autorizzato a modificare i diritti alla pensione di anzianità acquisiti, mentre così non è. Solo la modifica dell’importo di dette pensioni è consentita sulla base dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

208    Peraltro, i ricorrenti non hanno né dimostrato né sostenuto che il Parlamento ha fornito loro assicurazioni diverse da quelle contenute nell’articolo 75 e nell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Orbene, è evidente che tali due articoli non prevedono l’immutabilità dell’importo delle pensioni dei ricorrenti.

209    Infatti, l’esame del secondo motivo, in particolare ai precedenti punti da 138 a 141, ha evidenziato che l’unica assicurazione precisa e incondizionata data ai ricorrenti dal Parlamento consisteva nel garantire loro il beneficio di una pensione il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione percepita dai membri della camera bassa dello Stato membro in cui essi sono stati eletti, nel caso di specie i membri della Camera dei deputati.

210    Applicando fedelmente le norme della deliberazione n. 14/2018 ai fini dell’adozione delle decisioni impugnate, il Parlamento non si è quindi discostato dalla garanzia che aveva fornito ai ricorrenti quando questi ultimi hanno aderito al regime pensionistico organizzato dall’allegato III.

211    La seconda censura, relativa alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, deve quindi essere respinta.

3)      Sulla censura relativa alla violazione del diritto di proprietà

212    Secondo la giurisprudenza, il diritto di proprietà, come garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, costituisce un diritto fondamentale del diritto dell’Unione, il cui rispetto è una condizione di legittimità degli atti dell’Unione. Inoltre, tale disposizione, che enuncia il diritto di ogni individuo di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, enuncia una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 23 maggio 2019, Steinhoff e a./BCE, T‑107/17, EU:T:2019:353, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

213    Tuttavia, occorre ricordare che il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta non è assoluto e che il suo esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione. Ne consegue, come risulta dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, che possono apportarsi restrizioni all’esercizio del diritto di proprietà, a condizione che tali restrizioni siano previste dalla legge, che rispondano effettivamente agli obiettivi di interesse generale perseguiti e non costituiscano, rispetto allo scopo prefissato, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa del diritto così garantito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punti 51 e 53 e giurisprudenza ivi citata).

214    Per determinare, infine, la portata del diritto fondamentale al rispetto della proprietà, occorre prendere in considerazione, alla luce dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, l’articolo 1 del protocollo addizionale n. 1 alla CEDU, il quale sancisce tale diritto (v. sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

215    Nel caso di specie, occorre ricordare che le decisioni impugnate applicano, conformemente alla regola di pensione identica, il nuovo metodo di calcolo stabilito dalla deliberazione n. 14/2008 alle pensioni di anzianità o di reversibilità dei ricorrenti. L’esame della legittimità della deliberazione n. 14/2018 alla luce del diritto italiano è riservato alle autorità italiane competenti, mentre spetta al giudice dell’Unione esaminare se, applicando le norme di tale decisione nelle decisioni impugnate, il Parlamento abbia violato le disposizioni della Carta (v. punti da 61 a 65 nonché punto 182 supra). Per quanto riguarda più in particolare la censura in esame, relativa a una violazione del diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, è giocoforza constatare che i ricorrenti non deducono alcun elemento concreto secondo il quale tale diritto garantisce un livello di protezione diverso, o addirittura superiore, rispetto alle garanzie assicurate dal diritto italiano. Il Tribunale constata che la legittimità della deliberazione n. 14/2018 è attualmente in corso di esame dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati e che il Parlamento ha indicato in udienza che, in futuro, esso applicherà alle pensioni dei ricorrenti, conformemente alla regola di pensione identica, qualsiasi modifica della deliberazione n. 14/2018, adottata dalle autorità italiane competenti.

216    Nel caso di specie, è pacifico che il Parlamento non ha privato i ricorrenti di una parte dei loro diritti a pensione, ma si è limitato ad applicare la riduzione dell’importo di tali pensioni prevista dalle disposizioni applicabili in materia. Inoltre, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella che precisava, per ciascun ricorrente, la portata di tale riduzione. Secondo i dati trasmessi dal Parlamento, le percentuali di riduzione oscillano, a seconda della situazione personale di ciascun ricorrente, tra il 9% e il 65%. Quattro ricorrenti si sono visti applicare una riduzione pari o superiore al 50% e i nuovi importi della loro pensione in questione si collocano tra EUR 1 569,14 e EUR 1 985,42. Occorre constatare che le pensioni di questi quattro ricorrenti sono connesse a mandati dell’ex deputato interessato per una durata rispettiva di cinque o dieci anni, e che la nuova modalità di calcolo si effettua sulla base dei contributi individuali, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, della deliberazione n. 14/2008. In ogni caso, i ricorrenti non sviluppano argomenti circostanziati e individuali relativi all’entità della riduzione dell’importo della pensione nel loro caso specifico. Essi si limitano a dedurre argomenti di natura più generale secondo i quali il diritto di proprietà escluderebbe le riduzioni dell’importo delle pensioni nel caso di specie a causa della loro asserita retroattività e dell’asserita mancanza di interesse pubblico prevalente. Occorre peraltro ricordare che la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P et C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

217    A tal riguardo, occorre aggiungere quanto segue.

218    Si è già dichiarato che, quando una normativa prevede il pagamento automatico di una prestazione sociale, come una pensione di anzianità o di reversibilità, essa genera un interesse patrimoniale che rientra, per le persone che soddisfano le condizioni in essa previste, nell’ambito di applicazione dell’articolo 17 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Le pensioni dei ricorrenti rientrano quindi nell’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 17 della Carta.

219    Peraltro, anche se le decisioni impugnate non comportano una pura e semplice privazione delle pensioni dei ricorrenti, resta il fatto che esse ne riducono l’importo. In tal senso, le decisioni impugnate restringono il diritto di proprietà dei ricorrenti (v., in tal senso, Corte EDU, 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico c. Portugal, CE:ECHR:2015:0901DEC001334114, punti da 31 a 33 e giurisprudenza ivi citata). Del resto, il Parlamento ha ammesso l’esistenza di una siffatta restrizione durante l’udienza.

220    Occorre quindi verificare se tale restrizione rispetti il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti, se sia prevista dalla legge, se risponda ad un obiettivo di interesse generale e se sia necessaria a tal fine.

221    A tal riguardo, il fatto che il Parlamento non abbia proceduto a tale verifica non ha alcuna incidenza per le cause di specie. Infatti, una siffatta verifica non costituisce una formalità procedurale obbligatoria alla quale il Parlamento sarebbe stato vincolato prima di adottare le decisioni impugnate. È importante unicamente che gli effetti concreti di tali decisioni non ledano il contenuto essenziale del diritto di proprietà dei ricorrenti.

222    In primo luogo, il diritto di proprietà, come sancito dall’articolo 17 della Carta, non può essere interpretato nel senso che conferisce il diritto a una pensione di un determinato importo (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

223    In secondo luogo, la restrizione al diritto di proprietà dei ricorrenti di cui trattasi nel caso di specie è prevista dalla legge.

224    Da un lato, le decisioni impugnate si basano sull’articolo 75 e sull’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. A tal riguardo, è stato rilevato supra al punto 195, che le norme dell’allegato III non erano state modificate dopo l’entrata in vigore dello statuto dei deputati. Inoltre, l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III richiede che l’importo delle pensioni sia adeguato, al ribasso o al rialzo, per tener conto delle evoluzioni legislative o regolamentari pertinenti nello Stato membro interessato. Pertanto, le decisioni impugnate, pur adeguando l’importo delle pensioni dei ricorrenti, non hanno modificato il contenuto del diritto alla pensione come definito dal diritto dell’Unione.

225    Dall’altro, il Tribunale constata che le nuove regole di calcolo di tali pensioni sono fissate, con sufficiente chiarezza e precisione, dalle disposizioni della deliberazione n. 14/2018, il che del resto non viene contestato dai ricorrenti. Inoltre, la circostanza, evidenziata dai ricorrenti, che la deliberazione non abbia la forma di una «legge» nel diritto italiano non ha alcuna rilevanza. Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «legge» deve essere intesa nella sua accezione «sostanziale» e non «formale». Di conseguenza, essa include l’insieme rappresentato dal diritto scritto, compresi i testi di rango infralegislativo, nonché la giurisprudenza che la interpreta [v. Corte EDU, 18 gennaio 2018, Fédération nationale des associations et syndicats de sportifs (FNASS) e altri c. Francia, CE:ECHR:2018:0118JUD 004815111, punto 160 e giurisprudenza ivi citata].

226    In terzo luogo, il Parlamento afferma che la giustificazione della restrizione al diritto di proprietà dei ricorrenti figura nella deliberazione n. 14/2018, poiché è l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati che ha scelto di adeguare il metodo di calcolo delle pensioni versate ai membri di tale camera. Più precisamente, la deliberazione n. 14/2018 sarebbe giustificata dall’obiettivo di adeguare l’importo delle pensioni versate a tutti i deputati al sistema di calcolo contributivo. Peraltro, secondo il Parlamento, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulterebbe che gli Stati dispongono di un ampio potere discrezionale, in particolare per quanto riguarda l’adozione di politiche di risparmio di denaro pubblico o di leggi che introducono misure di austerità imposte da una grave crisi economica.

227    A tal riguardo, il Tribunale rileva che, tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, l’adozione delle decisioni impugnate dipende necessariamente dalle scelte operate dalle autorità italiane competenti. Pertanto, la valutazione dell’obiettivo di interesse generale perseguito non può prescindere dagli scopi che hanno presieduto all’adozione della deliberazione n. 14/2018.

228    Su questo punto, occorre constatare che l’obiettivo invocato dal Parlamento è esplicitamente menzionato nel preambolo della deliberazione n. 14/2018. Infatti, viene ivi precisato che tale decisione mira a «procedere ad una rideterminazione secondo il metodo di calcolo contributivo della misura degli assegni vitalizi, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata e dei trattamenti di reversibilità maturati sulla base della normativa vigente alla data del 31 dicembre 2011» e a «evitare che il ricalcolo del trattamento in essere possa determinarne un importo superiore a quello erogato attualmente».

229    Inoltre, gli stessi ricorrenti riconoscono, nei ricorsi, che «in ambito nazionale l’applicazione della [d]eliberazione n. 14/2018 s’iscrive in un più ampio intervento e risponde alla ratio di generare un risparmio di spesa in favore delle casse statali [italiane]». Tale affermazione è confermata da una delle loro risposte ai quesiti scritti del Tribunale. Essi vi dichiarano che «la decurtazione prevista dalla [deliberazione] n. 14/2018 risponde alla ratio di generare un risparmio di spesa in favore delle casse statali [italiane]».

230    Da tali elementi si deduce che la deliberazione n. 14/2018 ha lo scopo di razionalizzare le spese pubbliche in un contesto di rigore di bilancio. Orbene, il giudice dell’Unione ha già riconosciuto che un siffatto obiettivo costituisce un obiettivo di interesse generale tale da giustificare una limitazione dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 56 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso e per analogia, sentenza del 14 dicembre 2018, FV/Consiglio, T‑750/16, EU:T:2018:972, punto 108).

231    Tale obiettivo legittimo deve altresì essere constatato per quanto riguarda le decisioni impugnate, dal momento che l’adozione di queste ultime non presenta alcuna ragion d’essere autonoma, ma, al contrario, come precisato al precedente punto 227, dipende dalle scelte operate dalle competenti autorità italiane. Inoltre, le decisioni impugnate perseguono allo stesso tempo l’obiettivo legittimo, esplicitamente affermato dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III, di concedere ai ricorrenti pensioni il cui livello e le cui modalità sono identici a quelli della pensione che percepiscono i membri della Camera dei deputati.

232    In quarto luogo, per quanto riguarda la necessità della deliberazione n. 14/2018 e, di conseguenza, quella delle decisioni impugnate, la Corte ha già dichiarato che, tenuto conto del contesto economico particolare che imperversa da diversi anni, gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale in sede di adozione di decisioni in materia economica e si trovano nella posizione migliore per definire le misure idonee a realizzare l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 57). Parimenti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha già considerato che la decisione di legiferare in materia di prestazioni sociali comporta di norma un esame di questioni di ordine politico, economico e sociale. Ne discende che agli Stati viene lasciato un ampio margine di valutazione, in particolare per l’adozione di politiche di risparmio di denaro pubblico o di leggi che introducono misure di austerità imposte da una grave crisi economica (v., in tal senso, Corte EDU, 10 luglio 2018, Achille Claudio Aielli e altri c. Italia e Giovanni Arboit e altri c. Italia, CE:ECHR:2018:0710DEC002716618, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

233    Orbene, i ricorrenti non hanno dimostrato che le regole fissate dalla deliberazione n. 14/2018 non erano necessarie per raggiungere gli obiettivi perseguiti, quali descritti ai precedenti punti 230 e 231. I ricorrenti non hanno neppure menzionato l’esistenza di altre misure meno restrittive che avrebbero consentito di raggiungere i detti obiettivi.

234    Inoltre, risulta dai punti 13 e 16 del parere del servizio giuridico che la deliberazione n. 14/2018 contiene un certo numero di disposizioni che garantiscono la sua proporzionalità, e in particolare l’articolo 1, paragrafi 6 e 7, di tale deliberazione. A tal riguardo, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, il Parlamento ha fornito una tabella nella quale risulta che esso ha applicato le norme di cui all’articolo 1, paragrafo 6, della deliberazione n. 14/2018 a favore di dodici ricorrenti. Conformemente a tali regole, il nuovo importo della loro pensione, quale era stato ricalcolato, è stato aumentato della metà. Parimenti, in udienza, il Parlamento ha sostenuto, senza essere contraddetto dai ricorrenti, che nessuno di essi aveva chiesto l’applicazione delle norme di cui all’articolo 1, paragrafo 7, della deliberazione n. 14/2018. Orbene, tali norme consentono di aumentare l’importo della pensione di persone che non percepiscono altri redditi annui di ammontare superiore alla misura annua dell’assegno sociale, affette da patologie gravi che richiedano la somministrazione di terapie salvavita o da stati patologici sottesi a situazioni di invalidità al 100%.

235    Quanto alle conseguenze delle decisioni impugnate per i ricorrenti, il Tribunale non esclude, certamente, che esse possano raggiungere una determinata soglia di gravità. Tuttavia, di per sé, tale soglia di gravità non consente di concludere che le decisioni impugnate generano inconvenienti sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti, in particolare considerando l’entità delle riduzioni dell’importo delle pensioni in questione, i nuovi importi assoluti delle pensioni valutati in relazione alla durata del mandato dell’ex deputato europeo interessato e il fatto che il nuovo metodo di calcolo prende in considerazione il contributo individuale di quest’ultimo. Peraltro, nessuna delle conseguenze elencate dai ricorrenti nelle loro memorie è suffragata o provata. In mancanza di elementi concreti, non si può quindi constatare che i ricorrenti sopporterebbero, ciascuno, un onere individuale esorbitante rispetto all’obiettivo perseguito. In ogni caso, la valutazione della legittimità di un atto dell’Unione alla luce dei diritti fondamentali non può basarsi su affermazioni relative alle conseguenze di tale atto in un caso particolare (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P et C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 153 e giurisprudenza ivi citata.

236    Occorre quindi respingere la terza censura, relativa alla violazione del diritto di proprietà, e, di conseguenza, la prima parte del quarto motivo nel suo complesso.

b)      Sulla seconda parte del quarto motivo, relativa alla violazione del principio di proporzionalità

237    Nell’ambito della seconda parte, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate costituirebbero un pregiudizio sproporzionato al loro diritto di proprietà, quale garantito dall’articolo 17 della Carta. Infatti, ciascuno dei ricorrenti sopporterebbe ingiustamente un onere individuale eccessivamente gravoso in assenza di una causa giustificativa dello stesso.

238    Il Parlamento chiede il rigetto della seconda parte del quarto motivo in quanto infondata.

239    A tal riguardo, poiché i ricorrenti si limitano a ribadire che le decisioni impugnate costituiscono un pregiudizio sproporzionato e non giustificato al loro diritto di proprietà, la seconda parte del quarto motivo deve essere respinta per gli stessi motivi esposti ai precedenti punti da 222 a 235.

c)      Sulla terza parte del quarto motivo, relativa alla violazione del principio di uguaglianza

240    Nell’ambito della terza parte, i ricorrenti sostengono che le decisioni impugnate violerebbero il principio di uguaglianza. Esse tratterebbero in maniera identica gli ex deputati rientranti nel campo di applicazione dell’allegato III e i deputati italiani destinatari diretti della deliberazione n. 14/2018. Orbene, esisterebbero differenze importanti tra i regimi pensionistici di queste due categorie di deputati. Da una parte, il regime previsto dall’allegato III sarebbe un regime pensionistico fondato sull’adesione volontaria, mentre l’adesione dei deputati italiani di cui trattasi al regime pensionistico nazionale opererebbe in maniera automatica. Dall’altra, la deliberazione n. 14/2018 mirerebbe a ridurre le spese a carico della Repubblica italiana, mentre le pensioni dei ricorrenti sarebbero coperte dai necessari finanziamenti stanziati nel bilancio del Parlamento.

241    Le decisioni impugnate tratterebbero altresì in maniera diversa gli ex deputati europei eletti in Italia rispetto agli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, pur rientrando tutti nello stesso allegato III.

242    Infine, in risposta a un quesito scritto del Tribunale, i ricorrenti hanno altresì sollevato un’eccezione di illegittimità dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Infatti, secondo i ricorrenti, se si dovesse ritenere che la regolamentazione SID consenta al Parlamento di rimettere in discussione i diritti a pensione definitivamente acquisiti, ne risulterebbe un’artificiale identità di trattamento in presenza di situazioni dissimili.

243    Il Parlamento chiede il rigetto della terza parte del quarto motivo in quanto infondata.

244    A tal proposito, secondo una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che un trattamento siffatto sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del 26 novembre 2013, Kendrion/Commissione, C‑50/12 P, EU:C:2013:771, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

245    Occorre constatare che, in sostanza, da un lato, i ricorrenti contestano al Parlamento di averli assimilati ai deputati della Camera dei deputati, mentre le loro rispettive situazioni sarebbero diverse. Dall’altro, sarebbe altresì in violazione del principio di uguaglianza che il Parlamento avrebbe trattato i ricorrenti diversamente da altri ex deputati europei che, tuttavia, rientrerebbero nello stesso regime giuridico, vale a dire l’allegato III.

246    Tali censure dirette, nei ricorsi, contro le decisioni impugnate non derivano tuttavia da queste ultime, bensì dalle regole fissate dall’articolo 75 e dall’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. Pertanto, i loro argomenti devono essere valutati unicamente con riferimento a tali due articoli, i quali, del resto, formano oggetto dell’eccezione di illegittimità dei ricorrenti.

247    I ricorrenti sostengono, nella loro eccezione di illegittimità, che, se si dovesse ritenere che la regolamentazione SID consenta al Parlamento di rimettere in discussione i loro diritti a pensione definitivamente acquisiti, allora l’articolo 75 e l’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III violerebbero il principio della parità di trattamento.

248    A tal riguardo, l’eccezione di illegittimità deve essere respinta per ragioni simili a quelle esposte ai punti da 189 a 191 supra. Infatti, tale eccezione di illegittimità si basa sull’erronea premessa secondo cui il Parlamento sarebbe autorizzato a modificare i diritti alla pensione di anzianità acquisiti, mentre così non è. Solo la modifica dell’importo di dette pensioni è consentita sul fondamento dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

249    Peraltro, nessuno degli argomenti dedotti dai ricorrenti è in grado di dimostrare l’illegittimità dell’articolo 75 o dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III.

250    In primo luogo, i ricorrenti addebitano al Parlamento di non trattarli allo stesso modo degli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, che hanno anch’essi scelto di aderire al regime pensionistico di cui all’allegato III. I ricorrenti sarebbero stati così oggetto di un trattamento differenziato, mentre si troverebbero nella stessa situazione di questi altri ex deputati, poiché tutti avrebbero assunto le stesse funzioni durante lo stesso periodo.

251    Secondo una giurisprudenza costante, gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché la comparabilità di queste ultime devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi (v., sentenza del 16 dicembre 2008, causa C‑127/07, Arcelor Atlantique e Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

252    A tal proposito, è pacifico che il regime pensionistico di cui all’allegato III è stato concepito per garantire un’identità di trattamento, in particolare, tra gli ex deputati europei, eletti in Italia, e i membri della Camera dei deputati. Tale obiettivo è esplicitamente affermato all’articolo 1, paragrafo 2, e all’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III. L’identità di trattamento costituisce quindi la caratteristica centrale del regime istituito dall’allegato III. Inoltre, come menzionato al precedente punto 209, tale identità è stata l’unica assicurazione precisa e incondizionata che il Parlamento aveva fornito ai ricorrenti quando hanno aderito al regime di cui all’allegato III.

253    Lo scopo e l’oggetto dell’allegato III consistono quindi, nel caso di specie, nel garantire un’identità di trattamento tra gli ex deputati europei, eletti in Italia, e i membri della Camera dei deputati.

254    Pertanto, i ricorrenti non si trovano nella stessa situazione degli ex deputati europei, eletti in Francia o in Lussemburgo, i quali hanno anche scelto di aderire a tale regime pensionistico. Infatti, le pensioni degli ex deputati europei, eletti in tali due Stati membri non sono destinate ad essere disciplinate dalle norme stabilite dal diritto italiano, ma da altre norme nazionali loro specificamente applicabili.

255    In secondo luogo, i ricorrenti affermano che il Parlamento li avrebbe trattati allo stesso modo degli ex membri della Camera dei deputati, mentre le loro rispettive situazioni divergerebbero su tre punti. Anzitutto, l’adesione al regime pensionistico istituito dall’allegato III sarebbe volontaria, mentre l’adesione al regime pensionistico italiano sarebbe automatica per quanto riguarda i membri della Camera dei deputati. Inoltre, la deliberazione n. 14/2018 avrebbe lo scopo di ridurre le spese a carico della Repubblica italiana, mentre tale obiettivo sarebbe inapplicabile ai ricorrenti. Infine, ne deriverebbe un problema di tutela giurisdizionale effettiva, dal momento che un ex deputato europeo, eletto in Italia, che non sia stato anche membro della Camera dei deputati, non sarebbe in grado di far valere, dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, l’illegittimità della deliberazione n. 14/2018 e la sua estensione agli ex deputati europei.

256    Alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’allegato III, quali descritti ai precedenti punti 252 e 253, gli argomenti dei ricorrenti non incidono sulla validità dell’articolo 75 e dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’allegato III sotto il profilo del principio della parità di trattamento.

257    Infatti, secondo la giurisprudenza ricordata al precedente punto 244, il principio della parità di trattamento non richiede una perfetta identità delle situazioni affinché possa essere applicato uno stesso trattamento. È unicamente necessaria la comparabilità di tali situazioni. Orbene, nessuno dei tre argomenti dedotti dai ricorrenti consente di ritenere che la situazione di questi ultimi sia fondamentalmente diversa da quella degli ex membri della Camera dei deputati.

258    Ad abundantiam, il Tribunale constata che la tesi dei ricorrenti equivale, in sostanza, a rifiutare qualsiasi identità di trattamento tra loro e i membri di tale camera. Orbene, seguire tale tesi priverebbe l’allegato III di ogni effetto utile rimettendo in discussione l’essenza stessa di tale regime pensionistico. Essa porterebbe paradossalmente a che le pensioni dei ricorrenti non possano più essere calcolate e versate, poiché, precisamente, il livello e le modalità di concessione di dette pensioni dipendono dalle norme previste dal diritto italiano.

259    Infine, per quanto riguarda specificamente l’impossibilità per taluni ricorrenti di contestare la legittimità della deliberazione n. 14/2018 dinanzi al Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati, il Tribunale rileva che tale ostacolo procedurale non deriva dal diritto dell’Unione, ma è inerente al diritto italiano. In ogni caso, il Tribunale rimane incompetente, nell’ambito di un ricorso proposto sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, a valutare direttamente la conformità del diritto italiano alla luce dei diritti fondamentali, e in particolare del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

260    Di conseguenza, occorre respingere la terza parte del quarto motivo, nonché quest’ultimo nel suo insieme, e, quindi, i ricorsi in toto, senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità del primo capo della domanda nella causa T‑465/19 né su quella del secondo capo della domanda (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punto 52).

 Sulle spese

261    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono risultati soccombenti, devono essere condannati a sopportare le proprie spese e quelle del Parlamento, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso nella causa T453/19, Panusa/Parlamento, è respinto in quanto irricevibile.

2)      Gli altri ricorsi sono respinti.

3)      La sig.ra Maria Teresa Coppo Gavazzi e gli altri ricorrenti i cui nomi sono riportati in allegato sopporteranno, oltre alle loro spese, quelle sostenute dal Parlamento europeo.

Svenningsen

Barents

Mac Eochaidh

Pynnä

 

Laitenberger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 2020.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

                        M. van der Woude


* Lingua processuale: l’italiano.


1 L’elenco degli altri ricorrenti è allegato soltanto alla versione notificata alle parti.