Language of document : ECLI:EU:C:2016:105

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 18 febbraio 2016 (1)

Causa C‑504/14

Commissione europea

contro

Repubblica ellenica

«Protezione della natura – Direttiva 92/43/CEE – Protezione degli habitat naturali e delle specie selvatiche – Presenza della tartaruga marina Caretta caretta nel golfo di Kyparissia – Sito di importanza comunitaria “Dune di Kyparissia” – Tutela delle specie»





I –    Introduzione

1.        Mentre la Corte, nella sua sentenza sul criceto comune nell’Alsazia (Francia), si è trovata di fronte a uno stato di conservazione della popolazione già quasi catastrofico (2), il presente procedimento riguarda una situazione più rosea. Le spiagge lungo il golfo di Kyparissia, sulla costa occidentale del Peloponneso, sono divenute negli ultimi anni la più importante area di nidificazione della tartaruga marina Caretta caretta all’interno dell’Unione, con un numero di nidi in continuo aumento (3). È possibile che questo sviluppo abbia anche contribuito alla valutazione dell’Unione internazionale per la conservazione della natura e delle risorse naturali (International Union for Conservation of Nature and Natural Resources; in prosieguo: la «IUCN») che, nel 2015, ha qualificato la popolazione delle tartarughe nel Mediterraneo come «least concern», riconoscendo così il livello di rischio più basso previsto nel suo sistema di valutazione (4).

2.        Per questi risultati ci si deve congratulare con la Grecia e con le organizzazioni non governative (in prosieguo: le «ONG») che da oltre vent’anni si dedicano alla protezione delle tartarughe.

3.        Tuttavia, la Commissione – alla luce della direttiva habitat (5) – ma anche il Comitato permanente istituito con la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (6), richiedono l’adozione di ulteriori misure di tutela (7). La critica della Commissione riguarda, nell’ambito della tutela delle specie, da un lato, i concreti regimi di protezione imposti e, dall’altro, le necessarie misure di tutela effettive. Posto che le spiagge interessate sono, al contempo, parte di una zona di conservazione in base alla direttiva habitat, la Commissione ritiene che siano violate anche le disposizioni in materia di protezione dei siti e ciò sia rispetto a determinati piani e programmi, sia rispetto al divieto generale di degrado.

4.        Nonostante il quadro complessivo positivo, ritengo che la critica della Commissione sia, in parte, fondata. I competenti enti greci ammettono, infatti, nel sito considerato, una serie di attività che incidono negativamente sia sulla riproduzione delle tartarughe sia sull’ecotipo dunale protetto. Al riguardo si tratta, in particolare, di determinate tipologie di utilizzo a fini turistici delle spiagge e di alcune strade e sentieri, ma anche della pesca e della costruzione di case.

II – Contesto normativo

5.        La direttiva habitat prevede l’individuazione di zone di conservazione, i cosiddetti siti di importanza comunitaria, finalizzate a garantire la protezione di determinati tipi di habitat (allegato I della direttiva) e di alcune specie animali e vegetali (allegato II).

6.        L’allegato I indica, in particolare, diversi ecotipi dunali, mentre nell’allegato II è menzionata la tartaruga marina Caretta caretta. Quest’ultima è classificata addirittura come prioritaria e, pertanto, come particolarmente meritevole di tutela.

7.        L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva habitat disciplina l’applicazione ratione temporis delle disposizioni sulla protezione dei siti:

«Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

8.        Nel 2006, su proposta della Grecia, la Commissione ha inserito il sito «Dune di Kyparissia» («Θίνες Κυπαρισσίας») al numero GR2550005 nell’elenco dei siti di importanza comunitaria previsto nell’articolo 4 della direttiva habitat (8). Con la legge n. 3937/2011, la Grecia ha dichiarato tale sito zona speciale di conservazione.

9.        La protezione dei siti è disciplinata nell’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, come segue:

«2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

(…)».

10.      Oltre alla protezione dei siti, la direttiva habitat contiene per determinate specie animali e vegetali, indicate nell’allegato IV, tra le quali la tartaruga marina Caretta caretta, divieti specifici finalizzati alla tutela delle specie, esposti nell’articolo 12:

«1.      Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a)      (…);

b)      perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

c)      (…);

d)      deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo».

III – Fatti, fase precontenziosa e conclusioni delle parti

11.      Lungo il golfo di Kyparissia si trova una spiaggia sabbiosa piuttosto lineare che corre in direzione nord‑sud per una lunghezza di circa 80 chilometri. Circa 20 chilometri di essa sono parte della zona di conservazione «Dune di Kyparissia».

12.      La zona di conservazione comprende una striscia larga tra i 300 e i 600 metri che si estende dal mare verso l’entroterra. Ivi si trova prima una spiaggia sabbiosa che, nella parte interna, si trasforma nel tipo di habitat 2110, dune mobili embrionali. In parte, ad essa si collega il tipo di habitat 2260, dune con vegetazione di sclerofille dei Cisto-Lavenduletalia. A sud di Vounaki, dietro la spiaggia e le dune mobili embrionali, si presentano addirittura due casi di ecotipo dunale prioritario, ossia 2270*, dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster, e 2250*, dune costiere con Juniperus spp. Infine, alle spalle della spiaggia, si trova anche il tipo di habitat 9540, pinete mediterranee di pini mesogeni endemici, che quanto a superficie raggiunge la superficie complessiva dell’ecotipo dunale e, in misura un po’ più contenuta, presso Vounaki, il tipo di habitat 5210, Matorral arborescenti di Juniperus spp (9).

13.      Nel caso di specie si discute prevalentemente di un parte, lunga circa 10 chilometri, tra le località di Elaia e di Kalo Nero. In base al formulario informativo standard relativo alla suddetta area (10), vi si trova una delle più importanti spiagge mediterranee utilizzate per scopi riproduttivi dalla tartaruga marina Caretta caretta. La parti concordano sul fatto che, attualmente, si tratta addirittura della più importante di tali spiagge.

14.      Le ONG che si dedicano alla protezione delle tartarughe si oppongono a diverse attività sulle spiagge e hanno presentato pertanto alla Commissione un ricorso contro la Grecia.

15.      In data 28 ottobre 2011, a seguito di contatti informali avuti con le autorità greche, la Commissione invitava la Grecia a esprimersi sulla contestata violazione degli articoli 6 e 12 della direttiva habitat. Nonostante le ulteriori informazioni inoltrate dalla Grecia, la Commissione continuava a ritenere che sussistesse una violazione delle suddette disposizioni e, in data 1o ottobre 2012, inviava alla stessa un parere motivato. Con esso fissava un termine per l’eliminazione delle violazioni che scadeva il 1o dicembre 2012.

16.      Posto che anche le risposte aggiuntive fornite dalla Grecia non convincevano la Commissione, quest’ultima proponeva – in data 12 novembre 2014 – il presente ricorso.

17.      La Commissione europea chiede di:

a)      dichiarare che la Repubblica ellenica ha violato gli obblighi ad essa incombenti

–        in forza dell’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della direttiva habitat

aa)      non avendo adottato le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione della specie a cui è destinata l’area stessa, e

bb)      avendo permesso (senza effettuare alcuna opportuna valutazione d’impatto, come previsto all’articolo 6, paragrafo 3), interventi che possono influenzare significativamente l’area di cui trattasi, singolarmente o congiuntamente con altri progetti, riducendo o danneggiando l’area di nidificazione della specie prioritaria Caretta caretta, presente in tale area, provocando perturbazioni della specie in parola e, da ultimo, riducendo e danneggiando gli ecotipi dunali 2110, 2220 e l’habitat prioritario 2250, nonché

–        in forza dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della stessa direttiva, non avendo adottato le misure necessarie a introdurre e ad applicare un efficace regime di rigorosa tutela della tartaruga marina Caretta caretta (specie prioritaria) nel golfo di Kyparissia in modo da evitare qualsiasi perturbazione di tale specie durante il periodo di riproduzione e ogni attività idonea a provocare deterioramento o distruzione dei suoi siti di riproduzione;

b)      condannare la Repubblica ellenica alle spese.

18.      La Repubblica ellenica chiede di:

a)      respingere il ricorso;

b)      condannare la Commissione alle spese.

19.      La Commissione e la Grecia si sono espresse in primis, ciascuna di esse, in due memorie. Conclusa la fase scritta del procedimento in data 29 aprile 2015, la Commissione chiedeva, il 16 giugno 2015, l’ammissione di un nuovo mezzo di prova, ossia il parere 32/2015 del Consiglio di Stato greco sul progetto di decreto presidenziale in materia di designazione di un parco regionale lungo il golfo di Kyparissia.

20.      Le parti hanno infine svolto le loro difese orali all’udienza del 13 gennaio 2016.

IV – Analisi

21.      La Commissione contesta alla Grecia di aver violato, all’interno del sito «Dune di Kyparissia», gli obblighi previsti dalla direttiva habitat in materia di protezione dei siti e tutela delle specie. Allontanandomi dall’iter argomentativo della Commissione, analizzerò in primis la protezione dei siti, in quanto i deterioramenti eccepiti dalla Commissione possono, in questo ambito, essere valutati in termini generali, mentre la tutela delle specie riguarda soltanto la tartaruga marina Caretta caretta.

22.      Per entrambi i motivi di ricorso, occorre considerare che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, ossia al 1o dicembre 2012. La Corte non può tenere conto dei mutamenti intervenuti successivamente (11).

23.      Occorre tuttavia analizzare anzitutto l’ammissibilità del mezzo di prova dedotto dalla Commissione in un secondo momento.

A –    Sull’ammissibilità del parere depositato in un secondo momento

24.      In base all’articolo 128, paragrafo 2, primo e secondo periodo, del regolamento di procedura, in via eccezionale, le parti possono produrre prove o offerte di prova anche dopo la chiusura della fase scritta del procedimento, motivando il ritardo nella presentazione dei suddetti elementi.

25.      Il Consiglio di Stato greco ha redatto il parere relativo al progetto di decreto presidenziale a tutela di vari siti lungo il golfo di Kyparissia, che è stato poi presentato dalla Commissione in data 16 giugno 2015. Ivi sono affrontati, in particolare, i rischi per il sito «Dune di Kyparissia».

26.      Il parere reca, quale data di emanazione, l’8 aprile 2015. Sulla copia presentata dalla Commissione alla Corte, è riconoscibile una nota di approvazione, apposta a mano, del 15 aprile 2015. La Grecia ha infine citato il parere nella sua controreplica, presentata alla Corte in data 29 aprile 2015.

27.      La Commissione afferma, senza essere contraddetta, di essere venuta a conoscenza del suddetto parere solo dopo la conclusione della fase scritta del procedimento. Tale affermazione appare plausibile alla luce delle date succitate. Si deve ritenere che la Commissione ha saputo dell’esistenza del parere al più tardi con la controreplica. Essa ha dovuto poi procurarsi tale documento e valutarne la rilevanza ai fini del presente procedimento. Ne consegue che le affermazioni della Commissione sono sufficienti a spiegare perché essa abbia presentato il parere soltanto il 16 giugno 2015. La presa in considerazione di detto mezzo di prova non comporta inoltre, nel presente caso, un ritardo nel procedimento.

28.      La Grecia eccepisce che il parere non conterrebbe elementi nuovi e ritiene che non debba essere preso in considerazione anche in ragione del fatto che esso sarebbe stato redatto nell’ambito di un procedimento ancora in corso volto all’emanazione di un decreto presidenziale.

29.      Entrambi gli argomenti non mi convincono.

30.      Quali elementi contenga il parere e se essi siano o meno nuovi, ricade nell’ambito della sua valutazione. Ciò non può rilevare, tuttavia, ai fini dell’ammissibilità del suddetto mezzo di prova. Il parere conferma peraltro talune contestazioni mosse dalla Commissione, in particolare, rispetto alla crescente pressione sulla zona di conservazione.

31.      L’efficacia probatoria del parere non è messa in dubbio neppure dal fatto che esso è stato emanato nell’ambito di una procedura non ancora conclusa. A una diversa valutazione si perverrebbe, probabilmente, ove si trattasse di una bozza di parere, che necessita ancora di una definitiva approvazione. Ciò non si verifica, peraltro, nel caso di specie. Analogamente, anche in passato, la Corte si è già fondata su un parere siffatto (12).

32.      Occorre inoltre sottolineare che né il significato della fase precontenziosa del procedimento di inadempimento né il termine che qui rileva ai fini della valutazione di una violazione, il 1o dicembre 2012, escludono che possa essere preso in considerazione il parere. Infatti, è pur vero che ciò non può ampliare l’oggetto del procedimento, né sotto un profilo temporale, né sostanziale, tuttavia risulta opportuno, in linea di principio, comprovare le censure della Commissione che costituiscono oggetto del procedimento.

33.      Propongo pertanto alla Corte di ammettere il parere come mezzo di prova.

B –    Sulla protezione dei siti

34.      La protezione dei siti ai sensi dell’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, della direttiva habitat è applicabile, a norma dell’articolo 4, paragrafo 5, non appena il relativo sito è proposto dallo Stato membro ed è iscritto dalla Commissione nell’elenco delle zone di conservazione. Per il sito «Dune di Kyparissia» qui in esame, il regime di protezione trova quindi applicazione dal 19 luglio 2006, data della comunicazione della decisione in tal senso della Commissione (13).

35.      La Commissione contesta una violazione del divieto generale di degrado ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat (v., sul punto, infra sub 1) e dell’obbligo, sancito dall’articolo 6, paragrafo 3, di compimento di una valutazione di incidenza di determinati piani e progetti (v., sul punto, infra, sub 2).

1.      Sull’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat

36.      La Commissione contesta alla Grecia che diverse attività svolte sulla spiaggia tra Elaia e Kalo Nero sul golfo di Kyparissia sarebbero incompatibili con il divieto di degrado ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat. Posto che la Commissione contesta numerose attività, esporrò anzitutto in termini generali i presupposti del divieto di degrado e poi il rischio specifico per la tartaruga marina Caretta caretta sulle spiagge da essa utilizzate a fini riproduttivi, prima di analizzare le singole critiche mosse dalla Commissione.

a)      Sul criterio di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat

37.      Un’attività è compatibile con l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat solo se è garantito che non causa alcuna perturbazione idonea a pregiudicare significativamente gli obiettivi della direttiva in parola, in particolare i suoi obiettivi di conservazione (14). Nel procedimento per inadempimento una contestazione attinente a una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, è quindi fondata solo quando la Commissione ha dimostrato a sufficienza che lo Stato membro non ha adottato misure idonee a evitare che la gestione dei progetti – se intervenuta dopo la designazione della relativa zona di protezione – causi un degrado degli habitat naturali delle specie interessate e la perturbazione delle specie che possono generare effetti significativi alla luce dello scopo di tale direttiva, consistente nel garantire la conservazione della predetta specie (15).

38.      Al fine di accertare una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat, la Commissione non è tuttavia tenuta a provare un nesso di causa ed effetto tra la gestione di un progetto e una perturbazione significativa causata a danno della specie interessata. È invece sufficiente che essa comprovi la probabilità o il rischio che l’impianto causi perturbazioni significative per la specie citata.(16)

39.      È vero che la Corte ha applicato il criterio della probabilità o del rischio solo per esaminare le perturbazioni significative delle specie; tuttavia, non è dato riscontrare nessun motivo per il quale tale criterio non possa essere impiegato anche nel valutare altri tipi di perturbazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat, ovvero il degrado degli habitat protetti.

40.      Tale criterio si spiega, infatti, alla luce della circostanza che, quando sussiste un tale rischio, deve essere compiuta anche la valutazione ex ante di un progetto a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat (17). In questo caso, l’autorizzazione può essere concessa solo quando l’esame mostra che la zona non è, come tale, messa a rischio o quando il progetto è giustificato a norma dell’articolo 6, paragrafo 4. A tal fine, rilevano sia le specie che gli habitat protetti. Dato che i paragrafi 2 e 3 dell’articolo 6 dovrebbero garantire il medesimo livello di tutela (18), lo stesso criterio deve valere anche per la prova di una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2.

41.      Una prova sulla base del suddetto criterio non dimostra, tuttavia, in modo necessariamente definitivo, che una misura – ad esempio la gestione di un progetto – sia inammissibile. Essa può invece essere confutata mediante un adeguato esame dell’impatto sulla zona o la misura può essere giustificata a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat (19).

b)      Sulla messa a rischio della tartaruga marina Caretta caretta sulle spiagge da essa utilizzate a fini riproduttivi

42.      Il comportamento riproduttivo della tartaruga marina Caretta caretta non è oggetto di controversia tra le parti. Al raggiungimento della maturità riproduttiva, essa ritorna, all’età di circa 20 anni, a deporre le uova ogni due‑tre anni sulla spiaggia su cui essa si è schiusa. In Grecia, il periodo di deposizione delle uova inizia a fine maggio e si conclude a fine agosto. La tartaruga esce di notte dall’acqua e cerca la parte più asciutta della spiaggia, dove scava una buca di 40‑60 centimetri e depone in media 120 uova. Due mesi più tardi, le uova si schiudono e i piccoli di tartaruga escono dalla sabbia per correre verso il mare.

43.      Oltremodo sensibili alle perturbazioni – dovute, ad esempio, a rumore e luce – sono, segnatamente, la deposizione delle uova e la schiusa dei piccoli di tartaruga. Questi ultimi sono molto vulnerabili e gran parte di essi muore prima di potersi riprodurre. In particolare, quando le uova si schiudono di notte, l’illuminazione proveniente dall’entroterra può evidentemente attirarli portandoli ad allontanarsi dalla loro strada verso il mare. Occorre inoltre vietare misure che possono incidere sull’idoneità della spiaggia a fungere da sito riproduttivo, quali ad esempio la realizzazione di costruzioni (20).

44.      Posto che il numero dei nidi della tartaruga marina Caretta caretta sulle spiagge controverse è, negli ultimi anni, aumentato, la Grecia afferma che la specie è sufficientemente protetta.

45.      La Commissione replica tuttavia, correttamente, che la deposizione di uova oggi osservata rispecchia il successo riproduttivo di circa 20 anni fa e si fonda quindi sulle misure di protezione all’epoca applicate. Peraltro, anche l’IUCN solleva una siffatta riserva alla propria valutazione positiva della popolazione di tartarughe nel Mare Mediterraneo (21).

46.      Occorre aggiungere che il successo riproduttivo oggi riscontrabile dipende, secondo le relazioni della ONG Archelon, apparentemente in modo marcato da misure di protezione attiva quali ad esempio, la demarcazione dei nidi o la costruzione di ripari. Tali misure sono però soltanto un palliativo. Gli obblighi di protezione della direttiva habitat nei confronti delle specie protette mirano invece primariamente a evitare perturbazioni e deterioramenti affinché esse possano riprodursi nel proprio ambiente naturale senza il sostegno dell’uomo.

47.      L’aumento dei nidi nulla dice peraltro circa i danni arrecati ad altri beni protetti del sito, quali ad esempio l’ecotipo dunale.

48.      Di conseguenza, la Corte respinge di norma l’argomento della mancata prova di un danno come irrilevante quando è possibile accertare una violazione degli obblighi di protezione (22).

49.      Occorre quindi analizzare le singole attività contestate.

c)      Sulle attività contestate

50.      L’esposizione del presente motivo di ricorso risente in effetti fortemente del fatto che la Commissione affronta gli stessi problemi in più passaggi del ricorso, facendo riferimento, a titolo di prova, spesso in modo molto generico, ad allegati voluminosi e, ivi, a fotografie la cui riproduzione è in parte pessima. Tuttavia, le contestazioni sono evidentemente note alla Grecia cosicché la sua difesa non ne è pregiudicata. Le considerazioni di cui trattasi riguardano inoltre la protezione dell’intero patrimonio naturale dell’Unione (23) rispetto a danni irreversibili. Leggendo l’atto con ragionevole attenzione, si evince che alcuni dei punti contestati mettono effettivamente in dubbio l’efficacia della protezione del sito. Nonostante le carenze del ricorso, la Corte dovrebbe quindi affrontare anche tali considerazioni.

i)      Sulla costruzione di case all’interno del sito

Sui progetti approvati presso Agiannaki e Vounaki

51.      La Commissione deduce che, nel 2006 e nel 2010, sono state costruite delle case all’interno del sito, presso Agiannaki, e che nei pressi di Vounaki sono stati approvati, nel 2012, i progetti relativi a tre altre case di villeggiatura (24) che sarebbero state costruite a partire dal 2013.

52.      La Grecia non contesta le suddette affermazioni e riconosce addirittura che le licenze edilizie già concesse continuano, in base al diritto greco, a poter essere utilizzate.

53.      Tali costruzioni ledono direttamente l’ecotipo dunale della zona di conservazione in cui sono realizzate. La loro presenza e il loro utilizzo comportano inoltre un serio rischio di perturbazione della tartaruga marina Caretta caretta all’atto della riproduzione, ad esempio, a causa del rumore o della luce. La circostanza dedotta dalla Grecia, ossia che nella zona di conservazione sarebbero stati ad oggi costruiti relativamente pochi edifici, non esclude un siffatto deterioramento.

54.      In base all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat, la Grecia avrebbe quindi dovuto, in linea di principio, adottare misure volte a impedire tali interventi nella zona di conservazione.

55.      Quanto agli edifici realizzati nel 2006, occorre tuttavia ricordare che la protezione dei siti è applicabile soltanto dal 19 luglio 2006. Posto che la Commissione non precisa quando la costruzione è stata realizzata, al riguardo è possibile accertare soltanto una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat derivante dall’autorizzazione del loro utilizzo.

56.      Per quanto attiene alle attività edilizie a partire dal 2013, esse non sono oggetto del presente procedimento, in quanto sono intervenute successivamente alla scadenza del termine del parere motivato.

57.      Non è possibile escludere sic et simpliciter che eventuali misure adottate dalla Grecia al fine di evitare i rimanenti deterioramenti contrastassero – quantomeno in parte – con il principio della certezza del diritto. È vero che il principio in parola non può giustificare il rilascio di una concessione edilizia in spregio della protezione dei siti. Posto però che la Commissione non fornisce alcuna indicazione sul momento in cui sono state rilasciate le autorizzazioni, è possibile che esse siano state concesse prima che divenisse applicabile la protezione dei siti, cioè prima del 19 luglio 2006, e per quanto attiene alle costruzioni del 2006 si deve addirittura ritenere che sia così (25).

58.      Tuttavia, come confermato nuovamente dalla Corte di recente, anche in questo caso l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat troverebbe applicazione a interventi diretti all’esercizio delle suddette autorizzazioni nella misura in cui essi siano stati compiuti dopo il 19 luglio 2006 (26). La certezza del diritto potrebbe però giustificare l’esercizio di un’autorizzazione legittima sulla base di un’applicazione analogica dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva habitat (27). Una tale giustificazione presupporrebbe però una valutazione dell’incidenza del rispettivo progetto edilizio tenendo conto degli obiettivi di conservazione della zona di conservazione al fine di compiere il necessario contemperamento (28).

59.      La Grecia, ove non ha impedito i suddetti progetti edilizi o il loro utilizzo, né li ha giustificati, ha di conseguenza violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat.

Sulla prevista costruzione di 50 residenze di lusso tra Agiannaki ed Elaia e di quattro residenze nei pressi di Elaia

60.      La Commissione si oppone inoltre al progetto di realizzare 50 residenze di lusso sulla spiaggia tra Agiannaki ed Elaia.

61.      Si deve in effetti ritenere che anche un tale progetto deteriorerebbe l’ecotipo dunale e comporterebbe perturbazioni significative a danno delle tartarughe, risultando così incompatibile con l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat. Se le autorità greche lo avessero approvato o tollerato, potrebbe anche essere ivi ravvisabile una violazione del divieto di degrado.

62.      La Commissione non ha però dedotto una siffatta violazione.

63.      Rispetto al progetto in parola, nelle sue argomentazioni è dedotta soltanto una singola violazione attinente al fatto che sono già state realizzate le prime opere. Tuttavia, in base alle – incontestate – affermazioni della Grecia, sarebbe vietata ogni attività edilizia anteriore alla concessione di una licenza. La Commissione avrebbe quindi dovuto sostenere che la Grecia non ha dato adeguata applicazione al suddetto divieto. Essa però non l’ha fatto. Pertanto, il ricorso deve essere respinto su questo punto.

64.      Lo stesso vale nella parte in cui la Commissione afferma che la costruzione di quattro residenze presso Elaia «dovrebbe essere autorizzata». Un asserito intento, cui attualmente osta la sospensione di tutte le procedure di autorizzazione dedotta dalla Grecia, non può ancora violare di per sé il divieto di degrado.

Conclusione interlocutoria

65.      La Grecia ha quindi violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per aver autorizzato nella zona di conservazione la costruzione – nel 2010 – di case nei pressi di Agiannaki e l’utilizzo di altre case realizzate nel 2006 e per aver mantenuto in vigore l’autorizzazione rilasciata per la costruzione di tre case nei pressi di Vounaki.

ii)    Sull’ampliamento di vie di accesso e strade

66.      La Commissione si oppone inoltre a diverse strade, ovvero all’apertura di cinque nuove vie di accesso alla spiaggia, a una nuova strada che collega, parallelamente alla spiaggia e lungo un tratto di ferrovia già esistente, Kalo Nero ed Elaia, a una strada dietro la spiaggia di Kalo Nero, che sarebbe utilizzata come parcheggio e come camping, nonché all’asfaltatura di vie di accesso e strade esistenti.

Sulla costruzione di cinque vie di accesso alla spiaggia

67.      La Commissione, pur riconoscendo che le autorità greche hanno dichiarato illegali le nuove vie di accesso e hanno disposto sia la loro chiusura sia il ripristino dello stato dei luoghi, non ritiene tali interventi sufficienti.

68.      La Grecia si difende affermando che le vie di accesso alla spiaggia esistevano già a partire dall’inizio degli anni ‘70 e che tale circostanza sarebbe stata all’epoca anche accertata con provvedimento passato in giudicato. Da una relazione congiunta redatta da diverse autorità greche risulta tuttavia che per nessuna delle cinque vie di accesso l’esistenza è stata attestata prima del 2009, che almeno tre delle suddette vie di accesso non corrispondevano a quanto originariamente riscontrato e che, all’epoca, era stata accertata l’esistenza non di cinque, ma solo di quattro vie di accesso (29).

69.      La medesima relazione conferma però che le suddette vie di accesso erano state realizzate da un imprenditore privato al quale, per tale ragione, erano state comminate delle sanzioni pecuniarie (30). Interpreto le argomentazioni svolte dalla Grecia nel senso che le sanzioni in parola sembrano essere ancora oggi oggetto di contenzioso in sede giudiziale.

70.      Posto che le vie di accesso non sono state né realizzate, né autorizzate e nemmeno tollerate da enti greci, non è possibile contestare alla Grecia la loro costruzione. E nella misura in cui la loro legittimità richiede ancora un accertamento giudiziale, non è (ancora) possibile esigere dalla Grecia che provveda alla loro eliminazione.

71.      La Commissione contesta tuttavia alla Grecia, a ragione, di non impedire l’utilizzo di dette vie di accesso.

72.      La Grecia dimentica infatti che il divieto di degrado non si esaurisce nel vietare nuove attività dannose. Esso esige invece anche che lo Stato membro adotti misure adeguate per evitare che le attività provochino un degrado dell’habitat delle specie interessate nonché perturbazioni di tali specie atte a generare effetti significativi alla luce dello scopo di tale direttiva, consistente nel garantire la conservazione della predetta specie (31).

73.      La Grecia avrebbe quindi dovuto garantire che l’utilizzo delle strade non comportasse una perturbazione significativa delle tartarughe o un deterioramento delle dune. Lo Stato membro non ha però adempiuto tale obbligo.

74.      Le suddette strade e sentieri, rendendo più agevole l’accesso alla spiaggia per gli autoveicoli, comportano un notevole rischio di perturbazione delle tartarughe, in particolare mediante rumore e luce durante la deposizione delle uova e la schiusa dei piccoli. Essi inoltre aumentano il rischio che i veicoli transitino sulla spiaggia. Ciò può, in determinate condizioni, comportare direttamente la morte delle tartarughe. In ogni caso, la sabbia è resa così più compatta e lo scavo dei nidi più difficoltoso, se non impossibile. Persino le tracce dei veicoli sulla sabbia possono costituire ostacoli idonei a impedire ai cuccioli appena schiusi di raggiungere il mare indenni.

75.      Nella misura in cui gli accessi attraversano, nella rispettiva parte finale, l’ecotipo dunale, essi comportano un’immediata perdita di superfici tutelate dal diritto dell’Unione. Anche ammettendo che essi fossero esistiti già all’epoca dell’ampliamento della zona, si deve ritenere che il parcheggio non regolamentato delle auto dei visitatori della spiaggia al termine delle strade di accesso e ai loro lati comporti ulteriori danni al paesaggio dunale (32). Le strade di accesso alla spiaggia possono inoltre comportare un deterioramento degli ecotipi dunali (33). Esse agevolano, inoltre, il campeggio illegale tra le dune, che può arrecare ulteriori danni (34).

76.      La Grecia non può confutare tali contestazioni richiamandosi, genericamente, a taluni procedimenti giudiziari in corso. In linea di principio, infatti, deve essere possibile adottare, malgrado tali procedimenti, misure provvisorie a protezione del sito, ad esempio, mediante una limitazione dell’utilizzo delle vie di accesso.

77.      Non vi è però alcun elemento tale da indicare che la Grecia si sia occupata di dette misure di protezione o che essa fosse impossibilitata a farlo per ragioni di fatto o derivanti dal diritto dell’Unione.

78.      Su questo punto il ricorso è quindi fondato.

Sul collegamento tra Kalo Nero ed Elaia

79.      La Grecia afferma inoltre che un collegamento tra Kalo Nero ed Elaia lungo il tratto ferroviario esistente si collocherebbe molto lontano dalla spiaggia e non avrebbe nulla a che vedere con le vie di accesso. Intendo le suddette argomentazioni nel senso che la Grecia si assume la responsabilità per il tratto in parola, ma lo considera compatibile con il divieto di degrado.

80.      È tuttavia pacifico che il collegamento di cui trattasi si trova all’interno della zona di conservazione. In base a una carta geografica presentata dalla Grecia (35), esso non riguarda in effetti la spiaggia, ma diversi tipi di habitat protetti. Le vie di accesso alla spiaggia si diramano inoltre dal suddetto tratto, che è quindi anch’esso parte del sistema di accesso. Ne consegue che esso implica quantomeno la probabilità o il rischio di un deterioramento della zona di conservazione.

81.      Per evitare una condanna al riguardo, la Grecia avrebbe dovuto confutare detta contestazione della Commissione. A tal fine, lo Stato membro in parola avrebbe dovuto, ad esempio, presentare un’adeguata valutazione dell’incidenza comprovante che il collegamento non comporta alcun deterioramento del sito. Così però non è stato.

82.      Di conseguenza, anche su questo punto il ricorso va accolto.

Sull’asfaltatura di alcune strade e sentieri

83.      La Grecia afferma inoltre che l’asfaltatura di alcune strade e sentieri non agevolerebbe in alcun modo l’accesso alla spiaggia ma ridurrebbe invece solo il rumore e la polvere. Il suddetto argomento tuttavia non risulta convincente. Anche ammettendo che i menzionati sentieri di sabbia non debbano essere classificati all’interno di alcun tipo di habitat protetto e non appartengano direttamente ai potenziali siti per i nidi delle tartarughe, la loro asfaltatura ne agevola l’utilizzo e, di conseguenza, l’accesso alla spiaggia. Tale potenziamento delle strade aumenterebbe così il rischio di perturbazione delle tartarughe e di deterioramento delle dune.

Conclusione interlocutoria

84.      In sintesi, la Grecia ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat:

–        per non aver limitato l’utilizzo delle strade all’interno della zona di conservazione in modo tale da impedire deterioramenti del sito e perturbazioni significative della tartaruga marina Caretta caretta all’atto della riproduzione,

–        per aver costruito o quantomeno autorizzato un collegamento all’interno della zona di conservazione tra Kalo Nero ed Elaia parallelo al tratto ferroviario, e

–        per aver autorizzato l’asfaltatura di strade all’interno della zona di conservazione.

iii) Sul campeggio libero

85.      La Commissione contesta inoltre che, in una pineta tra le dune nelle vicinanze della spiaggia di Elaia, verrebbe praticato regolarmente il «campeggio libero», spesso con dei camper. Tale pratica costituisce in primis un problema per il mantenimento degli habitat forestali e dunali, ma nel contempo aumenta il rischio che, di notte, i camper disturbino le tartarughe sulla spiaggia.

86.      La Grecia sottolinea sì che il «campeggio libero» sarebbe rigorosamente proibito, ma ammette che è praticato già da molto tempo. Dal 2013 le aree interessate sarebbero tuttavia controllate e la situazione sarebbe quindi notevolmente migliorata.

87.      La Grecia riconosce così implicitamente che, sino al 1o dicembre 2012, data che qui rileva, il divieto di «campeggio libero» presso Elaia non veniva applicato con sufficiente efficacia.

88.      La Grecia, pertanto, ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per non aver dato sufficiente applicazione al divieto di «campeggio libero» all’interno della zona di conservazione.

iv)    Sulla gestione di bar‑ristoranti sulla spiaggia

89.      La Commissione contesta inoltre che tra Elaia e Kalo Nero sarebbero stati presenti almeno tre bar‑ristoranti sulla spiaggia, attivi in particolare di notte. Tale attività avrebbe disturbato, con luce e rumore, le tartarughe nella deposizione delle uova e avrebbe messo a rischio i piccoli appena schiusi.

90.      La Grecia si limita ad affermare che, nel 2013 e nel 2014, ossia dopo il decorso del termine che qui rileva, la gestione di bar‑ristoranti sulla spiaggia sarebbe stata vietata e che, successivamente a tale data, non ve ne sarebbero più stati in funzione. Così facendo, lo Stato membro in parola riconosce implicitamente che in precedenza, ossia prima del decorso del termine, non era adeguatamente vietata la perturbazione delle tartarughe mediante la gestione di bar‑ristoranti sulla spiaggia.

91.      La Grecia ha quindi violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per non aver sufficientemente limitato la gestione di bar‑ristoranti sulle spiagge all’interno della zona di conservazione utilizzate della tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

v)      Sull’utilizzo della spiaggia

92.      Un’altra critica della Commissione riguarda la presenza di attrezzatura balneare, in particolare ombrelloni e sdraio, che i noleggianti lascerebbero di notte in spiaggia, e di sentieri verso la spiaggia pavimentati in legno. Ciò ridurrebbe lo spazio a disposizione per i nidi e ostacolerebbe le tartarughe.

93.      La Grecia accetta implicitamente la suddetta critica ove si limita a sostenere che, dal 2013, e quindi dopo il decorso del termine che qui rileva, ombrelloni e sdraio sarebbero stati noleggiati soltanto al di fuori delle spiagge di Kalo Nero utilizzate a fini riproduttivi.

94.      La Grecia ha quindi violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per non aver limitato a sufficienza il noleggio di attrezzatura balneare e la creazione di sentieri pavimentati in legno sulle spiagge interne alla zona di conservazione utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

vi)    Sulla pulizia della spiaggia con mezzi pesanti

95.      La Commissione eccepisce inoltre che le spiagge sarebbero state parzialmente pulite con veicoli pesanti. Così facendo, la sabbia sarebbe compattata e le uova potrebbero essere distrutte.

96.      È pur vero che la Grecia deduce che le regole in vigore da metà 2013 sull’utilizzo delle spiagge ne vietano la pulizia con l’ausilio di veicoli durante il periodo di riproduzione delle tartarughe, ma la sabbia può essere compattata mediante il loro utilizzo anche al di fuori del suddetto periodo.

97.      Il motivo di ricorso in parola deve tuttavia essere respinto, dato che la Grecia afferma, senza essere contraddetta, che si è trattato di un singolo episodio isolato, verificatosi molto prima del primo invito a presentare osservazioni. La Commissione non fornisce poi alcun elemento sufficiente a indicare che, al decorso del termine previsto nel parere motivato, fossero necessarie altre misure volte a impedire le suddette attività di pulizia.

vii) Sull’inquinamento luminoso

98.      La Commissione contesta che, segnatamente nell’area di Kalo Nero, le tartarughe sarebbero perturbate dalla luce proveniente da ristoranti, alberghi e negozi nelle vicinanze della spiaggia e dall’illuminazione stradale. Ciò allontanerebbe, in particolare, le tartarughe appena schiuse dalla loro via verso il mare, ma disturberebbe anche le tartarughe nella deposizione delle uova.

99.      La Grecia replica che l’illuminazione spesso è presente già da lungo tempo e preannuncia che, in futuro, saranno adottate misure per evitare le suddette perturbazioni.

100. Come nel caso dei sentieri posti nelle vicinanze della spiaggia, anche a questo proposito gli Stati membri devono adottare misure adeguate a evitare le perturbazioni mediante attività preesistenti (36). Posto che tali misure sono state ad oggi soltanto annunciate, il ricorso è fondato anche su questo punto.

101. Pertanto, la Grecia ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per non aver sufficientemente limitato l’inquinamento luminoso sulle spiagge della zona di conservazione utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

viii) Sulla rimozione di sabbia tra Agiannaki ed Elaia

102. La Commissione contesta alla Grecia anche di aver autorizzato la rimozione di sabbia tra Agiannaki ed Elaia. La Grecia nega peraltro tale circostanza. Posto che la Commissione non precisa ulteriormente tale contestazione, il ricorso deve – sul punto – essere respinto.

ix)    Sull’ampliamento dell’utilizzo per uso agricolo delle dune

103. La Commissione contesta inoltre l’ampliamento dell’utilizzo delle dune per uso agricolo.

104. La Grecia afferma tuttavia che, negli ultimi vent’anni, l’utilizzo per uso agricolo si sarebbe invece ridotto. Anche il parere del Consiglio di Stato si limita ad evidenziare che, all’interno della zona di conservazione, sarebbero mantenuti taluni utilizzi ad uso agricolo, ma non parla di un loro ampliamento (37).

105. La Commissione fonda il proprio addebito soltanto su una fotografia contenuta nel parere motivato, il cui oggetto non risulta identificabile. Essa non è quindi idonea a smentire le affermazioni della Grecia. Pertanto, il ricorso deve essere respinto anche su questo punto.

106. La Commissione contesta inoltre che, tra il 20 febbraio e il 3 marzo 2013, le dune tra Elaia e Agiannaki sarebbero state arate. Tale intervento è stato effettuato però soltanto dopo il decorso del termine fissato dalla Commissione ed è quindi irrilevante ai fini del presente procedimento.

107. Poco plausibile mi sembra peraltro l’affermazione della Commissione a detta della quale la presenza di pecore sulla spiaggia metterebbe a rischio le tartarughe. La Grecia afferma, in modo convincente, che non si può trattare di un’attività di allevamento di pecore, dato che ivi non crescono piante di cui tali animali possano nutrirsi. Si deve invece ritenere che le pecore fotografate (38) siano state condotte sulla spiaggia nel loro spostamento tra due pascoli. Che le pecore possano danneggiare le uova delle tartarughe sino a 50 centimetri di profondità è improbabile.

x)      Sulle perturbazioni provenienti dal mare

108. La Commissione contesta, infine, anche l’autorizzazione dell’attività di pesca nelle acque dinanzi alla spiaggia. Essa si fonda, in proposito, sulla relazione della ONG Archelon, secondo la quale i pescatori del luogo posizionerebbero di notte, regolarmente, reti di centinaia di metri direttamente sulle spiagge, trasversalmente ad esse. All’inizio della deposizione delle uova, nel mese di maggio, e verso la fine del periodo della schiusa, nel mese di ottobre, navi di dimensioni maggiori pescherebbero inoltre utilizzando reti da traino, giungendo talvolta sino a un chilometro dalla spiaggia benché sia prescritta una distanza minima di almeno un miglio nautico e mezzo. È pur vero che tali violazioni sarebbero state individuate grazie a un controllo radar e punite, ma le sanzioni non risulterebbero dissuasive (39).

109. Secondo la Commissione vi sarebbe un notevole rischio che le tartarughe, dirette alla deposizione delle uova o al loro ritorno, possano cadere nelle reti e annegare.

110. La Grecia afferma invece che l’attività di pesca sarebbe quasi del tutto assente. Il rischio sarebbe molto limitato, tanto più che le tartarughe rinvenute morte non avrebbero presentato alcuna ferita corrispondente. Se le tartarughe dovessero cadere nelle reti, i pescatori le lascerebbero immediatamente libere.

111. Le affermazioni della Grecia però non convincono.

112. Le considerazioni svolte dalla Grecia in merito alla portata dell’attività di pesca sono eccessivamente generiche e non affrontano le specifiche affermazioni della Archelon.

113. La Grecia non nega le pratiche contestate in quanto tali.

114. È evidente che la pesca con reti nelle immediate vicinanze della spiaggia comporta rischi elevati per le tartarughe, data la loro presenza in loco, in gran numero, durante la deposizione delle uova. Pertanto, è inaccettabile, in particolare, la pesca con reti da posta a pali praticata a livello locale direttamente sulla spiaggia.

115. Tuttavia, anche la pesca con reti da traino a una distanza superiore mette a rischio le tartarughe. E le sanzioni applicate in caso di eccessiva vicinanza alla costa non risultano sufficienti a evitare la messa in pericolo delle stesse.

116. La Grecia ha quindi violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat per non aver sufficientemente limitato l’attività di pesca dinanzi alle spiagge della zona di conservazione utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

117. La Commissione si oppone inoltre all’utilizzo di imbarcazioni da diporto e di pedalò davanti alla spiaggia, ma le relazioni della ONG Archelon, genericamente citate in proposito, non contengono alcun elemento al riguardo. Sul punto, il ricorso deve quindi essere respinto.

xi)    Conclusione interlocutoria

118. Sintetizzando, la Grecia ha violato l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat:

–        per aver autorizzato nella zona di conservazione la costruzione – nel 2010 – di case nelle vicinanze di Agiannaki e l’utilizzo di altre case realizzate nel 2006 e per aver mantenuto in vigore l’autorizzazione rilasciata per la costruzione di tre case nei pressi di Vounaki,

–        per non aver limitato, nella zona di conservazione, l’utilizzo delle strade in modo tale da impedire deterioramenti del sito e perturbazioni significative della tartaruga marina Caretta caretta all’atto della riproduzione, per aver costruito o quantomeno autorizzato un collegamento tra Kalo Nero ed Elaia parallelo al tratto ferroviario e per aver autorizzato l’asfaltatura di talune strade,

–        per non aver dato sufficiente applicazione, nella zona di conservazione, al divieto di «campeggio libero»,

–        per non aver sufficientemente limitato, nella zona di conservazione, la gestione di bar‑ristoranti sulle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi,

–        per non aver limitato a sufficienza, nella zona di conservazione, il noleggio di attrezzatura balneare e la creazione di sentieri pavimentati in legno sulle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi,

–        per non aver sufficientemente limitato, nella zona di conservazione, l’inquinamento luminoso sulle spiagge nella zona di conservazione utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi, e

–        per non aver sufficientemente limitato, nella zona di conservazione, l’attività di pesca dinanzi alle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

2.      Sulla valutazione dell’incidenza

119. La Commissione contesta inoltre alla Grecia di non aver sottoposto determinate attività alla valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat. La disposizione in parola introduce una procedura di valutazione intesa a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito di cui trattasi, ma idoneo ad avere incidenze significative su quest’ultimo, venga autorizzato solo se non pregiudica l’integrità del sito stesso (40).

120. Mentre le attività descritte nella sezione IV.B.1., lettera c), sono state svolte indubbiamente dopo che è divenuto applicabile il divieto di degrado ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat, e quindi dopo il 19 luglio 2006 (41), una violazione dell’obbligo di procedere ad una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, presuppone che gli enti greci abbiano autorizzato la relativa attività dopo tale data. In alternativa, la Commissione poteva anche denunciare il compimento di determinate attività in assenza di qualsivoglia autorizzazione anche se, per loro natura, esse richiedono la valutazione della loro incidenza (42).

121. Tuttavia, per la maggior parte delle misure contestate, la Commissione non argomenta sui due suddetti punti. In particolare, essa non indica, in genere, la data in cui sarebbero state concesse eventuali autorizzazioni; nella maggior parte dei casi manca addirittura ogni indicazione circa il rilascio di un’autorizzazione.

122. Solo per quanto attiene al progetto di edificazione di tre case di villeggiatura presso Vounaki, è possibile evincere dagli atti che la relativa autorizzazione è stata rilasciata nel 2012 (43). Come già osservato, il suddetto progetto potrebbe comportare una perdita di superficie di dune oltre a perturbazioni a danno della tartaruga marina Caretta caretta. L’autorizzazione avrebbe pertanto richiesto una previa valutazione dell’incidenza.

123. La Grecia ha quindi violato l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva habitat, per aver autorizzato nel 2012 la costruzione di tre case di villeggiatura presso Vounaki nel sito «Dune di Kyparissia» senza aver preventivamente sottoposto tale progetto a un’adeguata valutazione dell’incidenza sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Per il resto, su questo punto il ricorso deve essere respinto.

C –    Sulla tutela delle specie

124. La Commissione contesta alla Grecia di aver violato l’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della direttiva habitat, per non aver emanato le misure necessarie per istituire e applicare un efficace regime di rigorosa tutela della tartaruga marina Caretta caretta nel golfo di Kyparissia al fine di evitare ogni perturbazione della suddetta specie durante il periodo riproduttivo e ogni attività che possa comportare un danneggiamento o la distruzione dei suoi siti di riproduzione.

125. In base all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva habitat, gli Stati membri devono adottare i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione (articolo 12, paragrafo 1, lettera b), oltre ad ogni deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo (articolo 12, paragrafo 1, lettera d). I suddetti requisiti valgono già a partire dalla scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat, e quindi dal 1994.

126. Un siffatto regime di rigorosa tutela deve essere effettivamente in grado di evitare ogni deliberata perturbazione della specie animale interessata, segnatamente durante il periodo di riproduzione nonché il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione delle specie animali indicate nell’allegato IV, lettera a), della direttiva habitat (44). Rispetto al requisito dell’intenzionalità, la Corte ha stabilito che, affinché tale requisito sia soddisfatto, occorre la prova del fatto che l’autore di una perturbazione di una specie animale protetta ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva habitat ha inteso arrecare una tale perturbazione o che, quanto meno, ne ha accettato la possibilità(45).

127. L’adempimento di tali obblighi impone agli Stati membri non solo l’adozione di un contesto normativo completo, bensì anche l’attuazione di misure di tutela concrete e specifiche (46). Tali misure di carattere preventivo devono essere coerenti e coordinate (47).

128. Sia il contesto normativo completo sia le misure di tutela di carattere preventivo coerenti e coordinate devono rispondere alle specifiche esigenze della tartaruga marina Caretta caretta all’atto della sua riproduzione. Al riguardo occorre ricordare che la deposizione delle uova e la schiusa dei piccoli di tartaruga sono particolarmente sensibili a concrete perturbazioni, ad esempio mediante rumore o luce. Le tartarughe appena schiuse sono estremamente vulnerabili e gran parte di esse muore prima di potersi riprodurre. In particolare, quando si schiudono di notte, l’illuminazione proveniente dall’entroterra riesce evidentemente ad attirarle impedendo loro di andare verso il mare. Devono inoltre essere vietate misure che pregiudicano l’idoneità della spiaggia a fungere da sito riproduttivo, ad esempio, la costruzione di edifici (48)

1.      Sul contesto normativo completo

129. La Commissione lamenta anzitutto la mancanza di un contesto normativo completo, fondandosi – nel farlo ‑ essenzialmente sul fatto che la Grecia avrebbe riconosciuto tale incompletezza nella fase precontenziosa.

130. La Grecia contesta tale affermazione, basandosi, al riguardo, su un gran numero di disposizioni che dovrebbero contribuire alla protezione della tartaruga marina Caretta caretta. Un decreto presidenziale in fase di preparazione a tutela del sito dovrebbe soltanto raccogliere e consolidare le disposizioni già esistenti.

131. La Commissione sostiene che la Grecia contraddirebbe, in tal modo, quanto da essa affermato nella fase precontenziosa: i passaggi citati dalla Corte indicano però soltanto che la Grecia ravvisava un certo vantaggio nell’emanare disposizioni aggiuntive ma non che essa le reputasse indispensabili.

132. L’accoglimento del ricorso presuppone, pertanto, la prova dell’esistenza di lacune nella normativa greca. Purtroppo, la Commissione si limita peraltro ad affermare che determinate disposizioni non sarebbero sufficienti o avrebbero carattere troppo generico. Tale affermazione non comprova, tuttavia, che l’insieme delle disposizioni citate dalla Grecia presenterebbe delle lacune.

133. Da un esame complessivo dei fatti in causa, emerge però che la normativa greca presentava lacune, quanto meno al momento che qui rileva. Ciò risulta infatti dalle esigenze delle tartarughe, dalle già accertate violazioni del divieto di degrado di cui all’articolo 6 paragrafo 2, della direttiva habitat, riferite alla loro tutela, e dalla più recente normativa greca.

134. Sarebbe relativamente facile garantire la necessaria tutela bloccando completamente, da maggio a ottobre, l’accesso alle spiagge di cui trattasi e vietando, quanto al resto, i progetti che possono danneggiare le tartarughe in maniera continuativa, quali, ad esempio, le costruzioni o la rimozione di sabbia.

135. Tuttavia, è anche possibile conciliare un utilizzo delle spiagge, in particolare a fini turistici, con la protezione delle tartarughe, risultato questo che la Grecia evidentemente si prefigge. Tuttavia, ciò richiede normative nettamente più complesse che stabiliscano nel dettaglio quali attività sono ivi ammesse e quali sono vietate (49).

136. Frattanto, la Grecia ha peraltro anche emesso disposizioni siffatte, ovvero decreti ministeriali volti ad evitare la concessione di autorizzazioni edilizie e a disciplinare l’utilizzo delle spiagge. A prescindere dal fatto che le disposizioni ivi previste possano effettivamente integrare il contesto normativo o siano invece ancora incomplete, esse non permettono però di superare le contestazioni della Commissione. Esse sono state infatti emanate per la prima volta nel maggio e nel luglio 2013, e quindi dopo il decorso del termine che qui rileva. Posto che – al 1o dicembre 2012 – regole analoghe non erano ancora presenti, il contesto normativo doveva considerarsi lacunoso.

137. Misure che devono, di norma, essere rinnovate, non sono peraltro adatte a creare un contesto normativo completo. Sussiste infatti il rischio che, in futuro, non si proceda a un loro tempestivo rinnovo (50).

138. Dalle violazioni accertate contro il divieto di degrado ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat, risulta inoltre che mancano regole efficaci volte a limitare l’utilizzo delle vie di accesso alla spiaggia e l’illuminazione nelle vicinanze della stessa in modo tale da evitare una perturbazione delle tartarughe in occasione della deposizione delle uova e della schiusa dei piccoli.

139. Tale conclusione trova conferma nel parere del Consiglio di Stato che accerta come gli obblighi assunti dalla Grecia a livello europeo impongano urgentemente una disciplina consolidata a protezione del sito (51).

140. La Grecia ha quindi violato l’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della direttiva habitat, per non aver creato un contesto normativo completo a protezione della tartaruga marina Caretta caretta nella zona di conservazione «Dune di Kyparissia».

2.      Sulle concrete misure di tutela

141. La Commissione contesta, oltre a un incompleto quadro normativo, anche l’insufficienza di concrete misure di tutela.

142. Al riguardo, tutte le violazioni già accertate contro l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva habitat costituiscono parimenti violazioni del divieto di perturbazione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b). Esse implicano, infatti, nel loro insieme, perturbazioni della tartaruga marina Caretta caretta. Le perturbazioni in parola sono state inoltre compiute, alla luce della giurisprudenza della Corte (52), intenzionalmente. L’importanza delle spiagge ai fini della riproduzione delle tartarughe, infatti, è ivi generalmente nota. È stata quindi quantomeno accettata la possibilità che le rispettive attività potessero comportare perturbazioni.

143. Le differenze quanto all’applicazione ratione temporis dell’articolo 6, paragrafo 2, e dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva habitat emergono ove si esamini il caso della nuova costruzione realizzata nel 2006. Mentre, rispetto a tale intervento, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 2 non può essere accertata in quanto non è chiaro se la casa sia stata costruita prima o dopo l’entrata in vigore della disposizione in parola (53), l’articolo 12 era applicabile già dal 1994. Tale costruzione violava, pertanto, il divieto di perturbazione della tartaruga marina Caretta caretta.

144. L’accertamento delle suddette violazioni attesta l’insufficienza delle concrete misure di tutela e il fatto che la Grecia ha violato, al riguardo, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva habitat.

145. Un deterioramento dei siti riproduttivi e delle aree di riposo non è invece dimostrato con riferimento a tutte le suddette attività. La Commissione non comprova, infatti, che sono interessate superfici della spiaggia in cui la tartaruga marina Caretta caretta costruisce i propri nidi. Non può pertanto essere accertata al riguardo nessuna violazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera d).

V –    Sulle spese

146. Ai sensi dell’articolo 138 paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, a norma dell’articolo 138, paragrafo 3, le spese sono compensate. È pur vero che la Grecia risulta in ampia misura soccombente, ma importanti motivi di ricorso della Commissione non sono accolti o lo sono solo in parte. Ciascuna delle parti, pertanto, dovrebbe essere condannata a sopportare le proprie spese.

VI – Conclusione

147. Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:

1)      Il parere del Consiglio di Stato greco dell’8 aprile 2015, presentato dalla Commissione il 16 giugno 2015, è ammesso come mezzo di prova.

2)      La Repubblica ellenica ha violato gli articoli 6, paragrafo 2, e 12 paragrafo 1, lettera b), della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, per aver, nel sito «Dune di Kyparissia» («Θίνες Κυπαρισσίας», Natura 2000-Code GR2550005),

–        autorizzato la costruzione – nel 2010 – di case nei pressi di Agiannaki e l’utilizzo di altre case realizzate nel 2006 e per aver mantenuto in vigore l’autorizzazione rilasciata per la costruzione di tre case nei pressi di Vounaki,

–        per non aver limitato l’utilizzo delle strade in modo tale da impedire deterioramenti del sito e perturbazioni significative della tartaruga marina Caretta caretta all’atto della riproduzione, per aver costruito o quantomeno autorizzato, nella zona di conservazione, un collegamento tra Kalo Nero ed Elaia parallelo al tratto ferroviario e per aver autorizzato, nella zona di conservazione, l’asfaltatura di talune strade,

–        per non aver dato sufficiente applicazione al divieto di «campeggio libero»,

–        per non aver sufficientemente limitato la gestione di bar‑ristoranti sulle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi,

–        per non aver limitato a sufficienza il noleggio di attrezzatura balneare e la creazione di sentieri pavimentati in legno sulle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi,

–        per non aver sufficientemente limitato l’inquinamento luminoso sulle spiagge nella zona di conservazione utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi e

–        per non aver sufficientemente limitato l’attività di pesca dinanzi alle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

3)      La Repubblica ellenica ha violato l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43 per aver autorizzato nel 2012 la costruzione di tre case di villeggiatura presso Vounaki nel sito «dune di Kyparissia» senza aver preventivamente sottoposto tale progetto a un’adeguata valutazione dell’incidenza sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.

4)      La Repubblica ellenica ha violato l’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 92/43 per aver autorizzato nel 2006, nei presso di Agiannaki, iniziative edili nelle vicinanze delle spiagge utilizzate dalla tartaruga marina Caretta caretta a fini riproduttivi.

5)      La Repubblica ellenica ha violato l’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e d), della direttiva 92/43 per non aver creato un contesto normativo completo a protezione della tartaruga marina Caretta caretta nella zona di conservazione «Dune di Kyparissia».

6)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

7)      La Commissione europea e la Repubblica ellenica sopporteranno le proprie spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – V. le mie conclusioni nella causa Commissione/Francia (Cricetus cricetus, C‑383/09, EU:C:2011:23, paragrafi da 73 a 76) e, rispetto ai progressi molto limitati compiuti da allora, la relazione del governo francese per l’anno 2015 presentata al Comitato permanente della Convenzione di Berna, T‑PVS/Files (2015) 46.


3 – V., da ultimo, la relazione presentata, per l’anno 2015, dalla ONG Archelon al Comitato permanente della Convenzione di Berna, T‑PVS/Files (2015) 53, pag. 4.


4 – http://www.iucnredlist.org/details/83644804/0.


5 – Direttiva del Consiglio 92/43/CEE, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7) nella versione della direttiva 2006/105/CE del Consiglio, del 20 novembre 2006 (GU L 363, pag. 368).


6 – Adottata a Berna, il 19 settembre 1979, Serie dei Trattati europei, n. 104; v, anche GU 1982, L 38, pag. 3.


7 – Sulla posizione del Comitato permanente, si veda la sua Recommendation No174 (2014) on the Conservation of the Loggerhead Sea Turtle (Caretta caretta) and of Sand Dunes and other Coastal Habitats in Southern Kyparissia Bay (Natura 2000 – GR 2550005 «Thynes Kyparissias», Peloponnesos, Greece).


8 – Decisione 2006/613/CE della Commissione, del 19 luglio 2006, che adotta, a norma della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea (GU L 259, pag. 1).


9 – In base alla mappatura del luglio 2014, allegato sub 1, n. 1, al controricorso.


10 – http://natura2000.eea.europa.eu/Natura2000/SDF.aspx?site=GR2550005.


11 – Sentenza Commissione/Francia (Cricetus cricetus, C‑383/09, EU:C:2011:369, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).


12 – V. sentenza Commissione/Grecia (Caretta caretta, C‑103/00, EU:C:2002:60, punto 28).


13 – V., in questo senso, sentenza Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a. (C‑43/10, EU:C:2012:560, punti 100 e 102).


14 – Sentenze Commissione/Francia (C‑241/08, EU:C:2010:114, punto 32), Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 126) e Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2016:8, punto 56).


15 – Sentenza Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 128) e Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2016:8, punto 57).


16 – Sentenza Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 142) e Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2016:8, punto 58).


17 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 43); Commissione/Italia (C‑179/06, EU:C:2007:578, punto 33), e Azienda Agro-Zootecnica Franchini e Eolica di Altamura (C‑2/10, EU:C:2011:502, punto 41).


18 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 36); Commissione/Francia (C‑241/08, EU:C:2010:114, punto 30), e Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 142).


19 – Sentenza Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punti 156 e 192).


20 – Sentenza Commissione/Grecia (Caretta caretta, C‑103/00, EU:C:2002:60, punto 38).


21 – http://www.iucnredlist.org/details/83644804/0.


22 – Sentenze Commissione/Grecia (Caretta caretta, C‑103/00, EU:C:2002:60, punto 31); Commissione/Grecia (Vipera schweizeri, C‑518/04, EU:C:2006:183, punto 21), e Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2016:8, punto 76).


23 – Sentenza Commissione/Regno Unito (C‑6/04, EU:C:2005:626, punto 25).


24 – Allegato all’atto di ricorso sub 17k (pagg. 449 e segg. degli allegati).


25 – V., supra, paragrafo 34.


26 – Sentenze Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punti 124 e 125); Grüne Liga Sachsen (C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 33), e Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2016:8, punti 51 e 52).


27 – V. le mie conclusioni nella causa Commissione/Bulgaria (Kaliakra, C‑141/14, EU:C:2015:528, paragrafo 87).


28 – Sentenze Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 157), e Grüne Liga Sachsen (C‑399/14, EU:C:2016:10, punti 56 e 57).


29 – Relazione del dicembre 2013, pagg. 357 e segg. degli allegati all’atto di ricorso (pagg. 28 e segg. della relazione); anche il parere del parere del Consiglio di Stato, pag. 37 e 38, cita peraltro talune strade costruite illegalmente.


30 – Relazione del dicembre 2013, pag. 357 e segg. degli allegati all’atto di ricorso (pagg. 26 e 27 della relazione).


31 – Sentenza Commissione/Spagna (orso bruno spagnolo, C‑404/09, EU:C:2011:768, punto 128).


32 – V. parere del Consiglio di Stato, pag. 33.


33 – V. parere del Consiglio di Stato, pag. 33.


34 – Sul punto, infra, paragrafi 85 e segg.


35 – Allegato al controricorso sub 1, «Χ.08a COMPARATIVE MAP HABITAT SEA 2014 & SEA 2002.jpg».


36 – V., supra, paragrafi da 71 a 73.


37 – V. parere del Consiglio di Stato, pag. 33.


38 – V. le fotografie sub 16 e 17 a pagg. 60 e 61 degli allegati dell’atto di ricorso.


39 – Allegato al ricorso sub 18, pagg. 495 e 496.


40 – Sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 34), nonché Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a. (C‑43/10, EU:C:2012:560, punto 110).


41 – V., supra, paragrafo 34.


42 – V. le mie conclusioni nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:60, paragrafi da 30 a 37).


43 – Allegato all’atto di ricorso sub 17k (pagg. 449 e segg. degli allegati).


44 – Sentenze Commissione/Francia (Cricetus cricetus, C‑383/09, EU:C:2011:369, punti da 19 a 21 e la giurisprudenza ivi citata), e Commissione/Cipro (Natrix n. cypriaca, C‑340/10, EU:C:2012:143, punto 62).


45 – Sentenza Commissione/Spagna (Lutra lutra, C‑221/04, EU:C:2006:329, punto 71).


46 – Sentenze Commissione/Irlanda (C‑183/05, EU:C:2007:14, punto 29), e Commissione/Cipro (Natrix n. cypriaca, C‑340/10, EU:C:2012:143, punto 60).


47 – Sentenze Commissione/Grecia (Vipera schweizeri, C‑518/04, EU:C:2006:183, punto 16); Commissione/Irlanda (C‑183/05, EU:C:2007:14, punto 30), e Commissione/Cipro (Natrix n. cypriaca, C‑340/10, EU:C:2012:143, punto 61).


48 – V., supra, paragrafo 43.


49 – Illustrative le contestazioni nella sentenza Commissione/Grecia (Caretta caretta, C‑103/00, EU:C:2002:60, punti da 34 a 38).


50 – Dinanzi al Comitato permanente della Convenzione di Berna, la ONG Archelon, citata alla nota 3, pagg. 8 e 9, ha addirittura sostenuto che la sospensione della procedura per il rilascio delle autorizzazioni edilizie sarebbe ammessa solo per un massimo di tre anni e scadrebbe, quindi, nel 2016 ove non sia tempestivamente adottata una corrispondente disciplina permanente sulla protezione dei siti.


51 – Pagg. 39 e 40 del parere.


52 – V., supra, paragrafo 126.


53 – V., supra, paragrafo 55.