Language of document : ECLI:EU:C:2008:500

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate l’11 settembre 2008 1(1)

Causa C‑337/07

Ibrahim Altun

contro

Stadt Böblingen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Stoccarda (Germania)]

«Accordo di associazione CEE-Turchia – Decisione del Consiglio di associazione n. 1/80 – Art. 7, primo comma, primo trattino – Nozione di “inserimento nel regolare mercato del lavoro” – Ingresso nel territorio come rifugiato politico – Convenzione di Ginevra – Comportamento fraudolento»





1.        Nell’ambito della presente causa la Corte viene interrogata a proposito dell’interpretazione dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione del Consiglio di associazione (2) 19 settembre 1980, n. 1/80, relativa allo sviluppo dell’associazione (3).

2.        Ai sensi di tale disposizione, il familiare di un lavoratore turco che sia stato autorizzato a raggiungere quest’ultimo sul territorio dello Stato membro ospitante e che vi risieda da almeno tre anni ha il diritto di rispondere a qualunque offerta di lavoro su tale territorio.

3.        Più in particolare, il giudice del rinvio si chiede se il figlio di un lavoratore turco possa far valere i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 nel caso in cui il detto lavoratore sia entrato in qualità di rifugiato politico nel territorio dello Stato membro ospitante. Inoltre, il giudice si domanda se il figlio di un lavoratore turco possa godere dei suddetti diritti nel caso in cui il lavoratore turco, durante il triennio di residenza prescritto da tale disposizione, sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti. Infine, viene chiesto alla Corte di dichiarare se il figlio di un lavoratore turco possa perdere il beneficio dei diritti conferiti dalla suddetta disposizione nel caso in cui si accerti che il lavoratore turco ha acquisito lo status di rifugiato politico, e quindi il suo diritto di soggiorno, a seguito di dichiarazioni non veritiere.

4.        Nelle presenti conclusioni spiegherò perché, a mio avviso, le disposizioni della decisione n. 1/80 sono applicabili ad un lavoratore turco che sia entrato nel territorio dello Stato membro ospitante in qualità di rifugiato politico e al suo familiare. Inoltre, proporrò alla Corte di interpretare l’art. 7, primo comma, primo trattino, di tale decisione nel senso che il figlio di un lavoratore turco può far valere i diritti conferiti ai sensi della suddetta disposizione allorché tale lavoratore, nel corso del triennio prescritto, abbia lavorato per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti. Infine, suggerirò alla Corte di dichiarare che l’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 dev’essere interpretato nel senso che, nel caso in cui un lavoratore turco abbia ottenuto lo status di rifugiato politico a seguito di un comportamento fraudolento, il suo familiare può invocare i diritti conferiti dalla suddetta disposizione soltanto se il permesso di soggiorno di tale lavoratore sia stato oggetto di revoca successivamente allo scadere del triennio di coabitazione prescritto.

I –    Il contesto normativo

A –    Il diritto comunitario

1.      L’accordo di associazione

5.        Al fine di regolare la libera circolazione dei lavoratori turchi sul territorio della Comunità, il 12 settembre 1963 è stato concluso un accordo di associazione tra la Comunità e la Repubblica di Turchia. Tale accordo ha lo scopo di «promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti, tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell’economia turca ed il miglioramento del livello dell’occupazione e del tenore di vita del popolo turco» (4).

6.        La realizzazione progressiva della libera circolazione dei lavoratori turchi prevista dall’accordo deve avvenire secondo le modalità decise dal Consiglio di associazione, che ha il compito di garantire l’applicazione e lo sviluppo progressivo del regime di associazione (5).

2.      La decisione n. 1/80

7.        Il Consiglio di associazione ha quindi adottato la decisione n. 1/80 che mira, in particolare, a migliorare la situazione giuridica dei lavoratori e dei loro familiari rispetto al regime istituito con la decisione del Consiglio di associazione 20 dicembre 1976, n. 2/76. Tale ultima decisione prevedeva, a favore dei lavoratori turchi, un diritto progressivo di accesso all’impiego nello Stato membro ospitante, nonché, a favore dei figli dei suddetti lavoratori, il diritto di accedere all’istruzione in tale Stato.

8.        Le disposizioni applicabili ai diritti dei lavoratori turchi e a quelli dei loro familiari sono enunciate agli artt. 6 e 7 della decisione n. 1/80.

9.        L’art. 6 di tale decisione recita nel modo seguente:

«1.   Fatte salve le disposizioni dell’articolo 7, relativo al libero accesso dei familiari all’occupazione, il lavoratore turco, inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro ha i seguenti diritti:

–                rinnovo, in tale Stato membro, dopo un anno di regolare impiego, del permesso di lavoro presso lo stesso datore di lavoro, se dispone di un impiego;


 –       candidatura, in tale Stato membro, ad un altro posto di lavoro, la cui regolare offerta sia registrata presso gli uffici di collocamento dello Stato membro, nella stessa professione, presso un datore di lavoro di suo gradimento, dopo tre anni di regolare impiego, fatta salva la precedenza da accordare ai lavoratori degli Stati membri della Comunità;

–       libero accesso, in tale Stato membro, a qualsiasi attività salariata di suo gradimento, dopo quattro anni di regolare impiego.

2.     Le ferie annuali e le assenze per maternità, infortunio sul lavoro, o malattia di breve durata sono assimilate ai periodi di regolare impiego. I periodi di involontaria disoccupazione, debitamente constatati dalle autorità competenti, e le assenze provocate da malattie di lunga durata, pur senza essere assimilate a periodi di regolare impiego, non pregiudicano i diritti acquisiti in virtù del periodo di impiego anteriore.

3.     Le modalità di applicazione dei nn. 1 e 2 sono definite dalle normative nazionali».

10.      L’art. 7 della decisione n. 1/80 dispone quanto segue:

«I familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro:

–                hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni;

–       beneficiano del libero accesso a qualsiasi attività dipendente di loro scelta se vi risiedono regolarmente da almeno cinque anni.

I figli dei lavoratori turchi che hanno conseguito una formazione professionale nel paese ospitante potranno, indipendentemente dal periodo di residenza in tale Stato membro e purché uno dei genitori abbia legalmente esercitato un’attività nello Stato membro interessato da almeno tre anni, rispondere a qualsiasi offerta d’impiego in tale Stato membro».

11.      L’art. 14, n. 1, della decisione n. 1/80 stabilisce che le disposizioni del capitolo II, sezione 1, della stessa, che contiene gli artt. 6 e 7, «vengono applicate fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di sicurezza e di sanità pubbliche».

3.      La direttiva 2004/83/CE

12.      La direttiva 2004/83/CE (6)  ha lo scopo di fissare regole minime per la qualificazione e lo status dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi come rifugiati per garantire che tutti gli Stati membri applichino criteri comuni per l’identificazione di tali soggetti (7).

13.      In forza dell’art. 38, n. 1, della direttiva 2004/83, gli Stati membri sono tenuti a conformarsi ad essa entro il 10 ottobre 2006. La direttiva è entrata in vigore il 20 ottobre 2004 (8).

B –    La convenzione di Ginevra

14.      La convenzione relativa allo status dei rifugiati (9) è stata firmata il 28 luglio 1951 a Ginevra e ratificata dalla Repubblica federale di Germania il 1° dicembre 1953. Essa ha per scopo di consentire ai rifugiati e agli apolidi l’accesso ad uno status nonché ad un riconoscimento internazionale.

15.      Infatti, ai sensi dell’art. 1, sezione A, paragrafo 2, di tale convenzione, il termine «rifugiato» si applica a chiunque, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra».

16.      L’art. 5 della convenzione di Ginevra stabilisce che «[n]essuna delle disposizioni della presente Convenzione può ledere gli altri diritti e vantaggi accordati ai rifugiati indipendentemente dalla Convenzione stessa».

II – La controversia nella causa principale

17.      La situazione del padre del ricorrente nella causa principale è la seguente.

18.      Ali Altun, cittadino turco, è entrato in Germania il 27 marzo 1996 richiedendo asilo. Con provvedimento del 19 aprile 1996, l’Ufficio federale per il riconoscimento dei rifugiati stranieri gli ha riconosciuto tale status. A tal fine, in data 23 maggio 1996, l’autorità competente per gli stranieri di Mönchengladbach gli ha rilasciato un documento di viaggio internazionale ed un permesso di soggiorno a tempo indeterminato in Germania.

19.      Ali Altun ha risieduto a partire dal 1° maggio 1999 a Stoccarda e, a partire dal 1° gennaio 2000, a Böblingen.

20.      Nel mese di luglio 1999 ha iniziato a lavorare presso un’agenzia di lavoro interinale a Stoccarda. In seguito, a partire dal 1° aprile 2000 è stato impiegato quale operaio in un’impresa di prodotti alimentari. In data 1° giugno 2002 tale impresa ha dichiarato fallimento e Ali Altun è stato sciolto dal suo contratto di lavoro e invitato a iscriversi come disoccupato presso l’Ufficio del lavoro. Il rapporto di lavoro tra Ali Altun e l’impresa di prodotti alimentari si è concluso formalmente il 31 luglio 2002.

21.      Dal 1° giugno 2002 al 26 maggio 2003 egli ha ottenuto alcuni sussidi di disoccupazione.

22.      Dal giugno 1999 Ali Altun, la cui famiglia era rimasta in Turchia, aveva richiesto il ricongiungimento familiare per sua moglie, i suoi figli e le sue figlie.

23.      Suo figlio, Ibrahim Altun, ricorrente nella causa principale, è giunto in Germania il 30 novembre 1999, dopo aver ottenuto il visto, andando a risiedere presso il padre. Il 9 dicembre 1999 ha ottenuto, dal servizio per gli stranieri del capoluogo del Land di Stoccarda, un permesso di soggiorno valido sino al 31 dicembre 2000. Tale permesso è stato prorogato dal comune di Böblingen in data 4 dicembre 2000 fino al 31 dicembre 2002, e una seconda volta in data 21 novembre 2002 fino all’8 dicembre 2003.

24.      Inizialmente, Ibrahim Altun si è iscritto come disoccupato presso l’Ufficio del lavoro. A partire dal 1° settembre 2003 egli ha preso parte a un’attività formativa per giovani disoccupati, che ha abbandonato in data 2 aprile 2004.

25.      Il 22 marzo 2003 Ibrahim Altun ha compiuto un tentativo di violenza sessuale ai danni di una ragazza sedicenne. Il 28 aprile 2003 è stato arrestato e posto in stato di custodia cautelare fino al 27 maggio 2003.

26.      Con sentenza dell’Amtsgericht Böblingen (Germania) del 16 settembre 2003 egli è stato condannato ad una pena di un anno e tre mesi di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.

27.      Il 20 novembre 2003 Ibrahim Altun ha chiesto al comune di Böblingen il rinnovo del proprio permesso di soggiorno sul territorio tedesco. Il comune ha respinto la domanda con provvedimento del 20 aprile 2004, invitandolo altresì a lasciare il territorio tedesco entro tre mesi dalla notifica di tale decisione, a pena di un rimpatrio forzato in Turchia.

28.      Il comune di Böblingen ha motivato la sua decisione dichiarando che Ibrahim Altun aveva compiuto un grave reato, il che per il diritto tedesco costituisce motivo di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Il comune ha inoltre precisato che egli non aveva acquisito lo status giuridico di cui all’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80.

29.      Il 5 ottobre 2004 è stato respinto il ricorso proposto contro tale decisione da Ibrahim Altun, il quale ha successivamente impugnato detto rigetto dinanzi al Verwaltungsgericht Stuttgart (Germania). Egli sostiene che la domanda di proroga del permesso di soggiorno non deve essere valutata unicamente sulla base delle norme nazionali, ma anche sotto il profilo dell’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80.

III – Le domande pregiudiziali

30.      In tali circostanze, il Verwaltungsgericht Stuttgart ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)   Se l’ottenimento dei diritti di cui all’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 […] richiede che il “titolare del diritto originario”, presso il quale il familiare risiede regolarmente per un periodo triennale, soddisfi i requisiti di cui all’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 del Consiglio di associazione durante l’intero periodo di tempo in questione.

2)      Se, affinché un familiare possa ottenere i diritti di cui all’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 […], è sufficiente che il “titolare del diritto originario”, nel corso di tale periodo, sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi presso diversi datori di lavoro e, alla fine, sia rimasto involontariamente disoccupato per sei mesi, rimanendo in tale stato anche in seguito, per un periodo di tempo più lungo.

3)      Se possa invocare l’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 […] anche chi, in qualità di familiare, abbia ottenuto il permesso di risiedere presso un cittadino turco il cui diritto di soggiorno e quindi di accesso al regolare mercato del lavoro di uno Stato membro si fonda soltanto sulla concessione dell’asilo politico, in quanto perseguitato politico in Turchia.

4)      Nel caso di risposta affermativa alla terza questione, se un familiare possa invocare l’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 […] qualora la concessione di asilo politico e il conseguente diritto di soggiorno e di accesso al regolare mercato del lavoro del “titolare del diritto originario” (in questo caso il padre) si fondi su circostanze non veritiere.

5)      Nel caso di risposta negativa alla quarta questione, se, in un simile caso, prima del diniego dei diritti di cui all’art. 7, prima frase, della decisione n. 1/80 […] al familiare sia necessario che i diritti del “titolare del diritto originario” (in questo caso il padre)  siano stati precedentemente ritirati o revocati».

IV – Analisi

31.      In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 ha effetto diretto, di modo che il cittadino turco che ne soddisfa le condizioni possa far valere direttamente dinanzi al giudice nazionale i diritti attribuitigli da tale disposizione (10). Inoltre, quando le condizioni di cui all’art. 7, primo comma, di tale decisione sono soddisfatte, non solo l’effetto diretto connesso a quest’ultima ha per conseguenza che al cittadino turco compete un diritto individuale in materia di lavoro direttamente dalla decisione n. 1/80, ma, inoltre, l’effetto utile di tale diritto implica necessariamente l’esistenza di un correlativo diritto di soggiorno parimenti basato sul diritto comunitario ed indipendente dal mantenimento delle condizioni di accesso a questi diritti (11).

32.      Nella causa principale non si nega che, ai sensi dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, Ibrahim Altun sia stato autorizzato a raggiungere il padre, Ali Altun, sul territorio dello Stato membro ospitante e abbia risieduto con lui per oltre tre anni. Ibrahim Altun rientra pertanto nell’ambito di tale disposizione.

33.      Tuttavia, con la terza questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se il figlio di un lavoratore turco possa far valere i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 allorché il suddetto lavoratore abbia fatto ingresso sul territorio dello Stato membro ospitante come rifugiato politico.

34.      Inoltre, con la prima e la seconda questione il giudice del rinvio si chiede se il figlio di un lavoratore turco possa godere di tali diritti qualora, nel corso del triennio di coabitazione con il lavoratore turco, quest’ultimo sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti.

35.      Infine, con la quarta e la quinta questione il giudice del rinvio si chiede se il figlio di un lavoratore turco possa perdere il beneficio dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, allorché sia dimostrato che il lavoratore turco ha acquisito lo status di rifugiato politico, e quindi il suo diritto di soggiorno, sulla base di dichiarazioni non veritiere.

A –    La terza questione

36.      Con la terza questione il giudice del rinvio si chiede se il fatto che un lavoratore turco sia entrato nel territorio tedesco come rifugiato politico influisca sull’applicazione della decisione n. 1/80. In sostanza, egli si domanda se la direttiva 2004/83 e la convenzione di Ginevra ostino all’applicazione di tale decisione.

37.      Non sono di questo avviso.

38.      In primo luogo, va ricordato che la direttiva 2004/83 è entrata in vigore il 20 ottobre 2004 e che gli Stati membri avevano tempo sino al 10 ottobre 2006 per conformarsi ad essa (12). Sono pertanto del parere che tale direttiva non sia applicabile ai fatti di cui alla causa principale, dato che Ali Altun è giunto sul territorio tedesco il 27 marzo 1996.

39.      Inoltre, non ritengo che la convenzione di Ginevra osti all’applicazione della decisione n. 1/80 ai lavoratori turchi che abbiano fatto ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante come rifugiati.

40.      Ricordo che ai sensi dell’art. 5 della convenzione di Ginevra «[n]essuna delle disposizioni della presente Convenzione può ledere gli altri diritti e vantaggi accordati ai rifugiati indipendentemente dalla Convenzione stessa».

41.      Orbene, a mio parere la decisione n. 1/80 accorda diritti e vantaggi diversi da quelli riconosciuti dalla convenzione di Ginevra ai rifugiati politici di cittadinanza turca.

42.      Infatti, la Corte ha dichiarato che i motivi della concessione di un diritto di soggiorno ad un lavoratore turco non sono determinanti ai fini dell’applicazione della decisione n. 1/80 (13).

43.      Nella citata sentenza Kus la Corte ha dichiarato che qualora un lavoratore turco abbia svolto un’attività lavorativa da più di un anno con un regolare permesso di lavoro, si deve ritenere che soddisfi le condizioni di cui all’art. 6, n. 1, primo trattino, della suddetta decisione anche se il permesso di soggiorno gli è stato originariamente concesso per scopi diversi dallo svolgimento di un’attività lavorativa subordinata (14).

44.      Pertanto, a mio avviso un rifugiato politico turco può godere dei diritti conferiti dall’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, allorché soddisfi le condizioni prescritte dal suddetto articolo, essendo prima di tutto un lavoratore.

45.      Inoltre, contrariamente alla convenzione di Ginevra che non prevede diritti particolari per i familiari del rifugiato politico, la decisione n. 1/80 stabilisce la possibilità per i familiari del lavoratore turco (15), autorizzati a raggiungerlo, di acquisire alcuni diritti al fine di accedere al regolare mercato del lavoro.

46.      Pertanto, a mio avviso, dal momento in cui un rifugiato politico turco gode di un diritto di soggiorno e di un permesso di lavoro validi, e quindi di un accesso legale al mercato del lavoro, la decisione n. 1/80 gli è applicabile.

47.      Orbene, ai sensi del diritto tedesco, gli stranieri in possesso di un permesso di soggiorno di durata indeterminata non sono soggetti ad alcuna autorizzazione di lavoro (16). Pertanto, per il solo fatto di essere in possesso di un permesso di soggiorno di durata indeterminata, essi hanno diritto di presentarsi sul mercato del lavoro tedesco.

48.      Nella causa principale, le autorità tedesche hanno rilasciato ad Ali Altun un permesso di soggiorno illimitato ed hanno quindi acconsentito ad offrirgli lo status di lavoratore permettendogli di accedere al regolare mercato del lavoro.

49.      Da ciò deriva, a mio avviso, che Ali Altun può far valere i diritti conferitigli dall’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80 e, di conseguenza, anche i suoi familiari che soddisfino le condizioni indicate all’art. 7 della decisione possono invocare i diritti da essa attribuiti.

50.      Tenuto conto degli elementi che precedono, ritengo che le disposizioni della decisione n. 1/80 siano applicabili al lavoratore turco che abbia fatto ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante come rifugiato politico, nonché ai suoi familiari.

B –    La prima e la seconda questione

51.      Il giudice del rinvio si chiede se il figlio di un lavoratore turco possa godere dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 se, durante il triennio di coabitazione con tale lavoratore, quest’ultimo sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti.

52.      In sostanza, il giudice del rinvio chiede se, tenuto conto di tali circostanze, si possa ritenere che Ali Altun fosse inserito nel regolare mercato del lavoro ai sensi dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 e se lo stesso possa dirsi nel caso in cui il lavoratore turco non abbia lavorato regolarmente durante un periodo di tre anni.

53.      Ricordo innanzi tutto che, ai sensi dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della detta decisione «[i] familiari che sono stati autorizzati a raggiungere un lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro di uno Stato membro hanno il diritto di rispondere, fatta salva la precedenza ai  lavoratori degli Stati membri della Comunità, a qualsiasi offerta di impiego, se vi risiedono regolarmente da almeno tre anni».

54.      È giocoforza rilevare che, al contrario di quanto espressamente sancito dall’art. 6 della decisione n. 1/80, non vi è alcun elemento nella lettera dell’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione stessa che indichi che il lavoratore turco deve aver lavorato regolarmente durante il triennio di coabitazione con il suo familiare.

55.      Nella sentenza 26 novembre 1998, Birden (17), la Corte ha distinto tra la nozione di lavoratore, quella di inserimento nel regolare mercato del lavoro e quella di lavoro regolare.

56.      Da tale sentenza emerge che per lavoratore si intende una persona che presta, a favore di un’altra persona, attività reali ed effettive, in contropartita delle quali riceve una remunerazione, ad esclusione di attività talmente ridotte da porsi come puramente marginali ed accessorie (18).

57.      La Corte ha poi precisato che il concetto di «regolare mercato del lavoro» deve considerarsi riferito a tutti i lavoratori che si sono conformati alle prescrizioni legali e regolamentari dello Stato interessato e che hanno quindi il diritto di esercitare un’attività lavorativa nel suo territorio (19).

58.      Infine, la Corte ha ricordato che secondo la propria costante giurisprudenza la regolarità dell’occupazione presuppone una situazione stabile e non precaria nel mercato del lavoro di uno Stato membro ed implica, a tale titolo, l’esistenza di un diritto di soggiorno non contestato (20).

59.      La distinzione tra i due ultimi concetti può sembrare poco chiara. Un soggetto che svolge un lavoro regolare soddisfa automaticamente la seconda condizione, ossia quella di essere inserito nel regolare mercato del lavoro. Infatti, un lavoratore turco che svolga un regolare lavoro dipendente sul territorio di uno Stato membro ha necessariamente ottenuto il diritto di svolgere tale attività e si suppone che abbia rispettato la legislazione di tale Stato membro che ne regola l’ingresso sul suo territorio nonché lo svolgimento di un’attività lavorativa.

60.      Tuttavia, sebbene collegati, i due concetti debbono essere tenuti distinti, come dimostra la giurisprudenza della Corte.

61.      Nella sentenza 23 gennaio 1997, Tetik (21), e nell’ambito dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, la Corte ha dichiarato che nel caso di un lavoratore turco che abbia svolto un lavoro regolare durante più di quattro anni in uno Stato membro e abbandoni tale attività lavorativa per cercarne un’altra nello stesso Stato membro, non si può ritenere che egli abbia abbandonato definitivamente il mercato del lavoro di tale Stato, a condizione che continui ad esservi inserito nel regolare mercato del lavoro. La Corte ha inoltre precisato che tale condizione è soddisfatta qualora il lavoratore assolva tutte le formalità eventualmente richieste nello Stato membro interessato, in particolare iscrivendosi all’ufficio di collocamento presso i servizi competenti (22).

62.      Soltanto l’indisponibilità definitiva del lavoratore turco, o il fatto che abbia definitivamente abbandonato il mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, per esempio collocandosi a riposo, può escluderlo dal regolare mercato del lavoro (23).

63.      Da tale giurisprudenza, a mio parere, deriva che il concetto di inserimento nel regolare mercato del lavoro significa che il lavoratore turco deve avere accesso legale al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante. Questo non vuole dire, quindi, che tale lavoratore debba effettivamente svolgere un’attività lavorativa.

64.      Ritengo che tale soluzione sia applicabile all’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 e, a maggior ragione, nel caso di periodi di disoccupazione involontari.

65.      In primo luogo, la coerenza nell’interpretazione di una medesima nozione esige, a mio avviso che il concetto di «inserimento nel regolare mercato del lavoro» di cui all’art. 7, primo comma, della decisione stessa venga interpretato nello stesso modo del concetto utilizzato all’art. 6, n. 1, della decisione stessa.

66.      In secondo luogo, tale interpretazione è a mio parere conforme all’obiettivo e all’economia della decisione n. 1/80.

67.      Infatti, tale decisione è volta a favorire gradualmente l’integrazione nello Stato membro ospitante dei cittadini turchi che rispondono ai requisiti previsti da una delle disposizioni di tale decisione e che, pertanto, beneficiano dei diritti loro attribuiti dalla decisione stessa (24).

68.      La prima fase consiste nel concedere alcuni diritti in modo progressivo al lavoratore turco in base alla durata del suo rapporto di lavoro. Difatti, l’art. 6 della decisione n. 1/80 stabilisce che il lavoratore turco, dopo un anno di regolare impiego, ha il diritto di rinnovare il contratto di lavoro presso lo stesso datore di lavoro; dopo tre anni di regolare impiego, ha il diritto di candidarsi ad un altro posto di lavoro, nella stessa professione, presso un altro datore di lavoro; e infine, dopo quattro anni di regolare impiego, ha diritto di libero accesso a qualsiasi attività salariata di suo gradimento.

69.      Successivamente, e questa è la seconda fase, al fine di rafforzare l’integrazione del lavoratore turco nel mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 prevede la possibilità che i suoi familiari siano autorizzati a raggiungerlo per stabilirvi la loro residenza ai fini del ricongiungimento familiare. Inoltre, allo scopo di rafforzare l’inserimento della cellula familiare del lavoratore turco, tale articolo accorda ai familiari il diritto di esercitare, dopo un certo tempo, un’attività lavorativa nello Stato membro (25).

70.      In tal modo, l’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 intende creare le condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare nello Stato membro ospitante permettendo innanzi tutto la presenza dei familiari presso il lavoratore migrante e consolidandovi poi la loro posizione con il diritto, loro concesso, di accedere al mercato del lavoro (26).

71.      A mio avviso, queste condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare, e quindi alla corretta integrazione del lavoratore turco nel mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, potrebbero essere compromesse se si richiedesse al suddetto lavoratore non solo di essere inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro per tre anni, ma anche di svolgere un lavoro regolare durante tutto questo periodo.

72.      Tale interpretazione, difatti, in un caso come quello di cui alla causa principale, porterebbe a negare i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 ad un familiare del lavoratore turco per il fatto che tale lavoratore, durante i tre anni trascorsi sul territorio dello Stato membro ospitante, ha lavorato soltanto due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti.

73.      Se si tiene conto della congiuntura economica attuale, che può rivelarsi difficoltosa per i soggetti in cerca di lavoro, e lo è di certo in particolare per i cittadini dei paesi terzi, e alla luce dello scopo dell’art. 7 della decisione n. 1/80 che, lo ricordo, è quello di rafforzare l’inserimento della cellula familiare del lavoratore turco creando condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare per favorire in tal modo l’integrazione di tale lavoratore, ritengo che la suddetta interpretazione comporterebbe una limitazione eccessiva della portata dell’art. 7 della decisione stessa.

74.      A mio avviso, quindi, non occorre che il lavoratore turco abbia lavorato regolarmente durante un periodo di tre anni perché il suo familiare possa godere dei diritti che gli vengono conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione.

75.      Il giudice del rinvio si chiede inoltre se sia necessario che il lavoratore turco sia stato inserito nel regolare mercato del lavoro durante i tre anni di coabitazione con il familiare affinché quest’ultimo possa godere dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80.

76.      Nella sentenza 11 novembre 2004, Cetinkaya (27), il giudice del rinvio si chiedeva se un cittadino turco, familiare di un lavoratore turco che rispondeva alla condizione della residenza comune, potesse perdere i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 per il solo fatto che, in un dato momento, tale lavoratore aveva cessato di essere inserito nel regolare mercato del lavoro.

77.      La Corte ha dichiarato che i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, della suddetta decisione possono essere esercitati dal familiare dopo il periodo di residenza presso il lavoratore turco inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro ospitante, anche se, trascorso tale periodo, il detto lavoratore non è più inserito nel regolare mercato del lavoro (28).

78.      A mio parere, da tale giurisprudenza deriva che è necessario che la condizione dell’inserimento nel regolare mercato del lavoro sia stata effettiva almeno durante il triennio di residenza comune con il familiare.

79.      Nella causa principale, non si nega che Ibrahim Altun abbia risieduto presso il padre almeno per tre anni. Nel corso di tale triennio, come spiegato dal giudice del rinvio, Ali Altun ha svolto un’attività lavorativa per due anni e sei mesi prima di restare disoccupato nel corso dei sei mesi restanti. Inoltre, nelle osservazioni del ricorrente nella causa principale è indicato che Ali Altun ha trovato un nuovo lavoro il 7 ottobre 2004 (29).

80.      Pertanto, ritengo che Ali Altun fosse inserito nel regolare mercato del lavoro durante i tre anni di coabitazione con il figlio, Ibrahim Altun, e che quest’ultimo possa godere dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80.

81.      Alla luce degli elementi che precedono, sono del parere che il figlio di un lavoratore turco possa far valere i diritti conferiti ai sensi della suddetta disposizione qualora quest’ultimo sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti.

C –    La quarta e la quinta questione

82.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un familiare possa godere dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 quando il lavoratore turco abbia fatto ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante come rifugiato politico e la concessione di tale status si basi su dichiarazioni non veritiere.

83.      Nella sua domanda il giudice del rinvio spiega che «sussistono numerosi indizi del fatto che le affermazioni [di Ali Altun] nell’ambito del procedimento per il riconoscimento del diritto di asilo non possono rispondere a verità» (30).

84.      Nelle osservazioni presentate alla Corte, la Commissione delle Comunità europee sostiene che la Corte non è competente a statuire su tali questioni, tenuto conto del loro carattere ipotetico (31).

85.      È fuor di dubbio che il giudice del rinvio non precisa se il permesso di soggiorno di Ali Altun sia oggetto di un procedimento di annullamento dinanzi ai giudici interni, né se effettivamente l’oggetto della controversia nella causa principale verta sulla domanda di annullamento del permesso di soggiorno del figlio di Ali Altun; ciononostante, a mio avviso la situazione di quest’ultimo è strettamente connessa a quella del padre. Infatti, in forza della decisione n. 1/80, è innanzi tutto la situazione del lavoratore turco che consente al suo familiare di acquisire diritti. Di conseguenza, un elemento in grado di mutare la situazione del lavoratore turco potrebbe ripercuotersi su quella del suo familiare. Ritengo pertanto che si debba rispondere alle suddette questioni pregiudiziali.

86.      Il giudice del rinvio chiede se il fatto che le autorità competenti considerino che lo status di rifugiato politico di Ali Altun e il conseguente permesso di soggiorno siano stati accordati sulla base di dichiarazioni non veritiere privi Ibrahim Altun del beneficio dei diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80.

87.      A mio parere, il comportamento fraudolento di un lavoratore turco al momento del suo ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante come rifugiato politico priva il figlio di tale lavoratore del godimento dei diritti stessi, nel caso in cui le autorità revochino il diritto di soggiorno del suddetto lavoratore prima dello scadere del triennio di residenza prescritto.

88.      Occorre anzitutto ricordare che nella sentenza 5 giugno 1997, Kol (32), la Corte ha dichiarato che periodi di occupazione compiuti successivamente al rilascio di un permesso di soggiorno del quale l’interessato ha fruito solo grazie a un comportamento fraudolento che ne ha determinato la condanna non possono essere considerati regolari ai sensi dell’art. 6, n. 1, della decisione n. 1/80, in quanto il cittadino turco non soddisfaceva le condizioni per la concessione di un siffatto permesso, che diveniva pertanto revocabile dopo la scoperta della frode (33).

89.      Ritengo questa giurisprudenza applicabile nell’ambito dell’art. 7 di tale decisione. Abbiamo infatti visto che il suddetto articolo subordina l’ottenimento dei diritti da esso conferiti, in particolare, alla condizione che il lavoratore turco sia inserito nel regolare mercato del lavoro, ossia che possa legalmente accedere al mercato del lavoro dello Stato membro ospitante.

90.      Orbene, se risulta che il lavoratore turco ha ottenuto il suo permesso di soggiorno e il suo permesso di lavoro unicamente a causa di un comportamento fraudolento, l’accesso al mercato del lavoro non si può considerare regolare, poiché le condizioni per la concessione del permesso di soggiorno, che consentono di accedere al mercato del lavoro, non sono soddisfatte.

91.      In una ipotesi di questo tipo, a mio avviso, la possibilità che il familiare goda dei diritti conferitigli dall’art. 7 della decisione n. 1/80 dipende dal fatto che si accerti se egli aveva acquisito o meno i suddetti diritti al momento della revoca del permesso di soggiorno del lavoratore turco.

92.      Difatti, come ho già spiegato al paragrafo 30 delle conclusioni da me presentate nella causa che ha dato origine alla già citata sentenza Derin, a decorrere dal momento in cui si realizzano le condizioni di cui all’art. 7, primo comma, della suddetta decisione, tale disposizione conferisce ai familiari del lavoratore turco diritti autonomi di accesso al lavoro nello Stato membro ospitante, che sono indipendenti dal mantenimento di tali condizioni (34).

93.      Ritengo pertanto che, una volta che il familiare li abbia acquisiti, i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80, non possono essere rimessi in discussione a causa del fatto che il lavoratore turco ha potuto tenere, in passato, un comportamento fraudolento e che le autorità competenti, per tale ragione, hanno proceduto a revocare il suo permesso di soggiorno dopo l’acquisizione dei suddetti diritti.

94.      A mio avviso, la certezza del diritto osta a che, a causa del comportamento fraudolento adottato dal lavoratore turco al momento di richiedere il diritto di soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante, il familiare di tale lavoratore si veda revocare i diritti acquisiti in forza di tale disposizione.

95.      Per contro, dal momento in cui i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 non sono ancora acquisiti all’atto della revoca del diritto di soggiorno del lavoratore turco, le autorità competenti hanno la possibilità di negare il godimento dei diritti attribuiti ai familiari del lavoratore turco dal suddetto articolo.

96.      Tenuto conto dell’insieme degli elementi che precedono, sono dell’avviso che l’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 debba essere interpretato nel senso che, quando un lavoratore turco ha ottenuto lo status di rifugiato politico a seguito di un comportamento fraudolento, il suo familiare può far valere i diritti conferiti da tale disposizione soltanto se il permesso di soggiorno del lavoratore è stato oggetto di revoca successivamente allo scadere del triennio di coabitazione prescritto.

97.      Aggiungo che, dato che la domanda di proroga del soggiorno di Ibrahim Altun era stata respinta perché quest’ultimo aveva commesso un reato grave, si pone il problema di accertare se i diritti che tale disposizione gli conferisce non possano essere limitati a causa di tale reato.

98.      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che i diritti conferiti dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 possono essere limitati solo in due circostanze.

99.      In primo luogo, tali diritti possono essere limitati nel caso in cui l’interessato abbia lasciato il territorio dello Stato membro ospitante per un periodo di tempo significativo e senza motivi legittimi (35).

100. In secondo luogo, le autorità competenti possono decidere di revocare i detti diritti, in attuazione dell’art. 14 della decisione n. 1/80, quando l’interessato costituisca un pericolo effettivo e grave per l’ordine pubblico, la sanità o la sicurezza pubbliche (36).

101. Per quel che riguarda l’applicazione dell’art. 14, la Corte ha dichiarato che un provvedimento di espulsione fondato su tale disposizione può essere preso soltanto se il comportamento personale dell’interessato rivelava un rischio concreto di nuove gravi perturbazioni dell’ordine pubblico (37). Essa ha altresì precisato che un provvedimento del genere non può quindi essere automaticamente emanato a seguito di una condanna penale e a scopo di prevenzione generale (38).

102. Al riguardo la Corte ha chiarito che, nell’esaminare la legittimità di un provvedimento di espulsione emesso nei confronti di un cittadino turco, il giudice nazionale deve prendere in considerazione i dati di fatto successivi all’ultimo provvedimento dell’autorità competente che possano comportare il venir meno o una rilevante attenuazione della minaccia attuale che il comportamento dell’interessato potrebbe costituire per l’ordine pubblico (39).

103. Infine, i provvedimenti di ordine pubblico adottati dallo Stato membro ospitante debbono rispettare il principio di proporzionalità (40), ossia essere idonei a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito senza spingersi oltre quanto necessario per raggiungerlo.

104. Spetterà pertanto al giudice del rinvio accertare i suddetti elementi di fatto al fine di verificare se il comportamento di Ibrahim Altun riveli un rischio concreto di nuove gravi perturbazioni.

V –    Conclusione

105. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere al Verwaltungsgericht Stuttgart nel modo seguente:

«1)      Le disposizioni della decisione 19 settembre 1980, n. 1, relativa allo sviluppo dell’associazione, adottata dal Consiglio di associazione istituito dall’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro, sono applicabili al figlio di un lavoratore turco allorché tale lavoratore abbia fatto ingresso nel territorio dello Stato membro ospitante come rifugiato politico.

2)      L’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 dev’essere interpretato nel senso che il figlio di un lavoratore turco può far valere i diritti conferiti da tale disposizione quando il suddetto lavoratore, durante il triennio prescritto, sia stato lavoratore dipendente per due anni e sei mesi prima di rimanere disoccupato nel corso dei sei mesi restanti.

3)      L’art. 7, primo comma, primo trattino, della decisione n. 1/80 dev’essere interpretato nel senso che, quando un lavoratore turco abbia ottenuto lo status di rifugiato politico a seguito di un comportamento fraudolento, il suo familiare può far valere i diritti conferiti da tale disposizione solo se il permesso di soggiorno del lavoratore è stato oggetto di revoca successivamente allo scadere del triennio di coabitazione prescritto».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Il Consiglio di associazione è stato istituito con l’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia, firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, nonché dagli Stati membri della CEE e dalla Comunità, dall’altro. Tale accordo è stato concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE (GU 1964, n. 217, pag. 3685; in prosieguo: l’«accordo di associazione»).


3 – La decisione n. 1/80 può essere consultata in Accordi di associazione e protocolli CEE-Turchia e altri testi di base, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Bruxelles, 1992.


4 – Art. 2, n. 1, dell’accordo di associazione.


5 – V. art. 6 dell’accordo di associazione.


6 – Direttiva del Consiglio 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12).


7 – V. sesto ‘considerando’.


8 – V. art. 39.


9 – Raccolta dei Trattati delle Nazioni unite, vol. 189, pag. 150, n. 2545, 1954, nella versione modificata dal protocollo relativo allo status dei rifugiati stipulato il 31 gennaio 1967 a New York (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»).


10 – V. sentenze 17 aprile 1997, causa C‑351/95, Kadiman (Racc. pag. I‑2133, punto 28); 16 marzo 2000, causa C‑329/97, Ergat (Racc. pag. I‑1487, punto 34), e 22 giugno 2000, causa C‑65/98, Eyüp (Racc. pag. I‑4747, punto 25).


11 – V. sentenza Ergat, cit. (punto 40).


12 – V. artt. 38, n. 1, e 39 della direttiva.


13 – V. sentenza 24 gennaio 2008, causa C‑294/06, Payir e a. (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 40 e 45). V. anche sentenza 16 dicembre 1992, causa C‑237/91, Kus (Racc. pag. I‑6781, punti 21 e 22).


14 – V. punto 23.


15 – La Corte ha fornito una definizione ampia della nozione di «familiare». Infatti, nella sentenza 30 settembre 2004, causa C-275/02, Ayaz (Racc. pag. I‑8765) essa ha dichiarato che il figliastro minore di ventun anni o a carico di un lavoratore turco dev’essere considerato come un familiare e può quindi godere dei diritti conferitigli dall’art. 7, primo comma, della decisione n. 1/80 (punto 48). In particolare la Corte ha basato il suo ragionamento sul fatto che tale disposizione non contiene alcun elemento idoneo a lasciar pensare che la portata della nozione di «familiare» sia limitata, per quanto riguarda il lavoratore turco, alla sua famiglia iure sanguinis. Essa ha poi affermato che nell’ambito dell’accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e il Regno del Marocco, firmato a Rabat il 27 aprile 1976 e approvato, a nome della Comunità, con regolamento (CEE) del Consiglio 26 settembre 1978, n. 2211 (GU L 264, pag. 1), la suddetta nozione comprende gli ascendenti del lavoratore marocchino e del coniuge con lui residenti nello Stato membro ospitante (punti 46 e 47).


16 – V.art. 284, paragrafo 1, del codice tedesco della previdenza sociale III (Sozialgesetzbuch III).


17 – Causa C‑1/97 (Racc. pag. I‑7747).


18 – Sentenza Birden, cit. (punto 25).


19 – Ibidem (punto 51).


20 – Ibidem (punto 55).


21 – Causa C‑171/95 (Racc. pag. I‑329).


22 – Punti 40 e 41. V. anche sentenza 7 luglio 2005, causa C‑383/03, Dogan (Racc. pag. I‑6237, punto 19).


23 – V. sentenza 10 febbraio 2000, causa C‑340/97, Nazli (Racc. pag. I‑957, punti 37-39).


24 – V., in particolare, sentenza 18 luglio 2007, causa C‑325/05, Derin (Racc. pag. I‑6495, punto 53).


25 – V. sentenza Kadiman, cit. (punti 34 e 35).


26– Ibidem (punto 36).


27 – Causa C‑467/02 (Racc. pag. I‑10895).


28 – V. punto 32 della detta sentenza.


29 – V. pag. 8 delle osservazioni


30 – V. pag. 11 della decisione di rinvio.


31 – Punto 46.


32 – Causa C‑285/95 (Racc. pag. I‑3069).


33 – Punto 26.


34 – V. sentenza Ayaz, cit. (punto 41). V. anche le già citate sentenze Ergat (punto 38) e Cetinkaya (punto 30).


35 – V. sentenza Cetinkaya, cit. (punti 36 e 38).


36 – Ibidem.


37 – V. sentenza Derin, cit. (punto 74).


38 – Ibidem.


39 – V. sentenza Cetinkaya, cit. (punto 47).


40 – V. sentenza Derin, cit. (punto 74).