Language of document : ECLI:EU:T:2011:704

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

30 novembre 2011 (*)

«Dumping – Importazioni di silico‑manganese originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan – Ricorso di annullamento – Prezzo all’esportazione – Confronto tra il prezzo all’esportazione e il valore normale – Calcolo del margine di sottoquotazione – Responsabilità extracontrattuale»

Nella causa T‑107/08,

Transnational Company «Kazchrome» AO, con sede in Aktioubé (Kazakstan),

ENRC Marketing AG, con sede in Kloten (Svizzera),

rappresentate inizialmente dagli avv.ti L. Ruessmann e A. Willems, successivamente dagli avv.ti Willems e S. De Knop,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente dal sig. J.-P. Hix, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti G. Berrisch e G. Wolf, successivamente dai sigg. Hix e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. Berrisch,

e

Commissione europea, rappresentata dal sig. H. van Vliet e dalla sig.ra K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

convenuti,

sostenuti da

Euroalliages, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti J. Bourgeois, Y. van Gerven e N. McNelis,

interveniente,

aventi ad oggetto da un lato, la domanda di annullamento del regolamento (CE) del Consiglio 4 dicembre 2007, n. 1420, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silico-manganese originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan e chiude il procedimento riguardante le importazioni di silico-manganese originario dell’Ucraina (GU L 317, pag. 5), nella parte in cui verte sulle importazioni di silico‑manganese prodotto dalla Transnational Company «Kazchrome» AO, e, dall’altro, una domanda di risarcimento danni,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. O. Czúcz (relatore), presidente, dalla sig.ra I. Labucka e dal sig. D. Gratsias, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 maggio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 24 luglio 2006 la Euroalliages presentava alla Commissione delle Comunità europee una denuncia contro le importazioni di silico‑manganese (in prosieguo: il «SiMn») originario della Repubblica popolare cinese, del Kazakstan e dell’Ucraina.

2        Il 6 settembre 2006, la Commissione pubblicava l’avviso di apertura di un procedimento antidumping riguardante le importazioni di [SiMn] originarie della Repubblica popolare cinese, del Kazakstan e dell’Ucraina (GU C 214, pag. 14).

3        Le ricorrenti, la Transnational Company «Kazchrome» AO (in prosieguo: la «Kazchrome») e la ENRC Marketing AG (in prosieguo: la «ENRC») – rispettivamente, una società di diritto kazako che produce, in particolare, ferro‑silico‑manganese e una società di diritto svizzero operante nella commercializzazione di tale prodotto, entrambe facenti parte del gruppo controllato dalla Eurasian Natural Resources Corporation plc – criticavano, con lettera 14 settembre 2006, l’avvio dell’inchiesta per il motivo, in particolare, che, a loro avviso, la denuncia non conteneva elementi di prova sufficienti circa l’esistenza del dumping di cui costituiva oggetto il SiMn originario del Kazakstan e il grave pregiudizio che ne derivava per l’industria comunitaria.

4        Il 25 luglio 2007 la Commissione comunicava alle ricorrenti le sue conclusioni provvisorie. Impartiva alle parti interessate il termine dell’8 agosto 2007 per presentare il loro punto di vista su tale documento. Le ricorrenti presentavano le loro osservazioni il 14 agosto 2007.

5        Il 5 ottobre 2007 la Commissione redigeva il documento d’informazione finale. Alle parti interessate veniva impartito il termine del 15 ottobre 2007 per presentare il loro punto di vista su tale documento. Le ricorrenti presentavano le loro osservazioni il 15 ottobre 2007.

6        Con lettera 31 ottobre 2007 la Commissione inviava alle ricorrenti il documento d’informazione finale rivisto. Veniva impartito alle ricorrenti e alle altre parti interessate il termine delle 12.00 del 12 novembre 2007 per presentare osservazioni. Le ricorrenti presentavano le loro osservazioni iniziali il 7 novembre 2007. Il 12 novembre 2007 le ricorrenti presentavano le loro osservazioni complementari sul documento d’informazione finale rivisto.

7        Il 4 dicembre 2007 il Consiglio dell’Unione europea adottava il regolamento (CE) n. 1420/2007, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di [SiMn] originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan e chiude il procedimento riguardante le importazioni di [SiMn] originario dell’Ucraina (GU L 317, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

8        Il n. 1 dell’art. 1 del regolamento impugnato così dispone:

«È istituito un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silico‑manganese (incluso il ferro-silico-manganese) di cui ai codici NC 7202 30 00 ed ex 8111 00 11 (codice TARIC 8111 00 11 10), originario della RPC e del Kazakstan».

9        Conformemente al n. 2 dell’art. 1 del regolamento impugnato, l’aliquota del dazio antidumping applicabile al prezzo netto franco frontiera comunitaria, prima del dazio, per le importazioni originarie del Kazakstan è del 6,5%.

10      Con decisione della Commissione 4 dicembre 2007, 2007/789/CE, che sospende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento impugnato sulle importazioni di [SiMn] originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan (GU L 317, pag. 79), il dazio antidumping è stato sospeso per un periodo di nove mesi.

11      Con lettera 5 dicembre 2007 la Commissione rispondeva alle osservazioni delle ricorrenti del 7 e 12 novembre 2007.

12      La sospensione derivante dalla decisione 2007/789 veniva prorogata fino al 6 settembre 2009 con il regolamento (CE) del Consiglio 27 agosto 2008, n. 865, che proroga la sospensione del dazio antidumping definitivo istituito dal [regolamento impugnato] sulle importazioni di [SiMn] originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan (GU L 237, pag. 1).

 Procedimento e conclusioni delle parti

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 febbraio 2008, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

14      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 giugno 2008, la Euroalliages chiedeva di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio e della Commissione.

15      Con ordinanza 19 gennaio 2009, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ammetteva tale intervento per quanto riguarda la domanda di annullamento e lo respingeva per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni.

16      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Terza Sezione, alla quale di conseguenza la presente causa è stata attribuita.

17      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Le difese delle parti e le risposte ai quesiti loro rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 18 maggio 2011.

18      Le ricorrenti, in sostanza, concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui impone un dazio antidumping sulle importazioni di SiMn da esse prodotto e/o venduto;

–        condannare in solido il Consiglio e la Commissione a risarcire alle ricorrenti i danni, maggiorati degli interessi, derivanti in particolare dall’avvio dell’inchiesta e dall’adozione del regolamento impugnato;

–        condannare il Consiglio e la Commissione alle spese.

19      Il Consiglio conclude in sostanza che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

20      La Commissione conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibili sia la domanda di annullamento sia la domanda di risarcimento danni e respingerle;

–        in subordine, dichiarare infondate le due domande e respingerle;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

21      La Euroalliages conclude, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        respingere la domanda di annullamento;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

22      Nel corso dell’udienza, rispondendo ai quesiti del Tribunale, le ricorrenti hanno fatto presente, da un lato, che la loro domanda di annullamento era intesa a far annullare il regolamento impugnato unicamente nella parte in cui verte sulle importazioni di SiMn prodotto dalla Kazchrome e, dall’altro, che la domanda di risarcimento danni era rivolta unicamente nei confronti del Consiglio.

23      Peraltro, sempre in risposta ad un quesito del Tribunale, le ricorrenti hanno precisato che la loro domanda di trattamento riservato nei confronti della Euroalliage doveva essere intesa, per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni, nel senso che essa riguarda gli elementi fattuali di tale domanda e non l’argomentazione giuridica.

 In diritto

 Sulla domanda di annullamento

24      La Commissione contesta la ricevibilità della domanda di annullamento in quanto diretta nei suoi confronti per il motivo che il regolamento impugnato è stato adottato dal Consiglio.

25      Le ricorrenti non hanno dedotto argomenti a tale proposito.

26      È giocoforza constatare che la domanda intesa a far annullare il regolamento impugnato è irricevibile nella parte in cui è diretta nei confronti della Commissione, dato che il regolamento di cui trattasi è stato adottato unicamente dal Consiglio. Infatti, conformemente alla giurisprudenza, il ruolo della Commissione nei procedimenti antidumping si inserisce nell’ambito del processo decisionale del Consiglio. Essa è incaricata di condurre le inchieste e di decidere in base ad esse di porre termine al procedimento o al contrario di proseguirlo, adottando misure provvisorie e proponendo al Consiglio l’adozione di misure definitive come il regolamento impugnato. Il potere decisionale spetta tuttavia al Consiglio, che può astenersi da qualsiasi decisione se è in disaccordo con la Commissione o, al contrario, adottare una decisione sulla base delle proposte di quest’ultima (v. ordinanza della Corte 11 novembre 1987, causa 150/87, Nashua e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 4421, punti 6 e 7 e la giurisprudenza ivi citata).

27      A sostegno della loro domanda, le ricorrenti deducono dodici motivi o gruppi di motivi.

28      Si deve esaminare anzitutto il quarto gruppo di motivi, avente ad oggetto il confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, nonché il quinto gruppo di motivi, vertente sul calcolo della sottoquotazione dei prezzi

 Sul quarto gruppo di motivi, avente ad oggetto il confronto del prezzo all’esportazione con il valore normale

29      Le ricorrenti sostengono in particolare che il Consiglio è venuto meno al suo obbligo di motivazione e ha violato il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1995, n. 384/96, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), come modificato (in prosieguo: il «regolamento di base») [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 30 novembre 2009, n. 1225, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22)], in particolare l’art. 2, n. 10, lett. i) [divenuto art. 2, n. 10, lett. i), del regolamento n. 1225/2009], effettuando un adeguamento al ribasso del prezzo all’esportazione della Kazchrome a titolo delle asserite commissioni della ENRC in quanto quest’ultima avrebbe funzioni assimilabili a quelle di un agente operante sulla base di commissioni.

30      Il Consiglio sostiene che la motivazione fornita dal regolamento impugnato era sufficiente, in particolare in considerazione dei fatti e degli scambi intervenuti tra la Commissione e le ricorrenti durante il procedimento antidumping e che queste non dimostrano che esso sia incorso in un errore manifesto di valutazione nell’effettuare l’adeguamento contestato e quindi che abbia violato l’art. 2, n. 10, lett. i), del regolamento di base.

31      A questo proposito si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo riguardate direttamente e individualmente possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti del suddetto art. 253 CEoccorre tener conto non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v. sentenza della Corte 30 settembre 2003, causa C‑76/01 P, Eurocoton e a./Consiglio, Racc. pag. I‑10091, punto 88 e la giurisprudenza ivi citata).

32      L’art. 2, n. 10, del regolamento di base prevede:

«Tra il valore normale e il prezzo all’esportazione deve essere effettuato un confronto equo, allo stesso stadio commerciale e prendendo in considerazione vendite realizzate in date per quanto possibile ravvicinate, tenendo debitamente conto di altre differenze incidenti sulla comparabilità dei prezzi. (...)

Quando sono soddisfatte le condizioni specificate, possono essere applicati adeguamenti per i fattori qui di seguito elencati:

(...)

i) Commissioni

Si applica un adeguamento per le differenze relative alle commissioni pagate per le vendite in esame.

Nel termine “commissione” si intende incluso il rialzo ricevuto da un commerciante del prodotto o del prodotto simile, se le funzioni di tale commerciante sono analoghe a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni.

(...)».

33      Nella specie, dal ‘considerando’ 67 del regolamento impugnato risulta che, poiché la Kazchrome ha esportato il prodotto di cui trattasi verso la Comunità con l’intermediazione della ENRC, definita società commerciale collegata situata in un paese terzo, il prezzo all’esportazione è stato calcolato in base al prezzo di rivendita pagato alla ENRC dal primo cliente indipendente nella Comunità.

34      Ai ‘considerando’ 73‑75 del regolamento impugnato, il Consiglio ha ritenuto che, al fine di effettuare un confronto equo tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, occorresse effettuare adeguamenti del prezzo all’esportazione, quale stabilito al ‘considerando’ 67, in particolare a titolo delle commissioni. A questo proposito ha affermato che, nel circuito delle vendite della Kazchrome verso la Comunità, la ENRC aveva funzioni simili a quelle di un agente che opera sulla base di commissioni e che la ENRC non faceva parte del canale di vendite interne della Kazchrome.

35      In risposta ad un quesito rivoltogli dal Tribunale nel corso dell’udienza, il Consiglio ha confermato che, come sembra risultare dalla formulazione del ‘considerando’ 74 del regolamento impugnato, il riferimento ivi figurante alla circostanza che la ENRC non faceva parte del canale di vendite interne della Kazchrome voleva solo indicare la ragione per la quale ha considerato che vi era una differenza tra le vendite interne e le vendite all’esportazione che giustificava l’adeguamento e non era inteso a fondare la qualificazione dei rapporti fra le ricorrenti come assimilabili a quelli esistenti tra un committente e un commissionario e, di conseguenza, a motivare l’esistenza di «commissioni» incluse nel prezzo all’esportazione. Questo elemento riguardava pertanto l’incidenza sulla comparabilità dei prezzi del fattore a titolo del quale l’adeguamento è stato operato e non la sua stessa esistenza.

36      Si deve pertanto rilevare che la conclusione del regolamento impugnato secondo la quale la ENRC aveva funzioni simili a quelle di un agente operante sulla base di commissioni riposa su due elementi menzionati al ‘considerando’ 74: il fatto che le ricorrenti sono entità giuridiche distinte e il fatto che esse opererebbero sulla base di un rapporto acquirente/venditore.

37      Peraltro, dal regolamento impugnato, come pure dalle precisazioni fornite dal Consiglio dinanzi al Tribunale, risulta che, con tali motivi, il Consiglio intendeva affermare che le ricorrenti intrattenevano un rapporto commerciale accertato in condizioni di concorrenza normali e che, in tali circostanze, la ENRC non poteva considerarsi operante come un dipartimento interno di vendite.

38      È tuttavia giocoforza constatare che, limitandosi a menzionare questi due elementi, la formulazione del regolamento impugnato non consente di conoscere le considerazioni di fatto e di diritto a fondamento della conclusione alla quale è pervenuto il Consiglio.

39      Infatti, da un lato, sebbene sia evidente che le ricorrenti sono entità giuridiche distinte e, quindi, che la ENRC non è un dipartimento interno di vendita, tale considerazione non è sufficiente a suffragare la conclusione secondo la quale le funzioni della ENRC non erano quelle di un dipartimento interno di vendite, ma quelle di un agente operante sulla base di commissioni.

40      Dall’altro lato, la semplice affermazione secondo la quale le ricorrenti «agivano in base ad un rapporto di venditore/acquirente» non consente di comprendere le ragioni per le quali il Consiglio ha considerato, nonostante gli elementi dedotti dalle ricorrenti, che la relazione commerciale tra esse intercorrente era basata su condizioni di concorrenza normali e che, di conseguenza, le funzioni della ENRC non erano quelle di un dipartimento interno di vendita, ma quelle di un agente operante sulla base di commissioni. Si deve rilevare infatti che, nel corso di tutta l’inchiesta, le ricorrenti deducevano elementi intesi a dimostrare che la ENRC non operava come un venditore collegato, ma come un dipartimento interno di vendita per le fabbriche della Kazchrome.

41      Inoltre, se è vero che il Consiglio sostiene a ragione che la questione se la motivazione del regolamento impugnato soddisfi i requisiti dell’art. 253 CE deve essere valutata con riferimento non solo alla sua formulazione (v. punto 31 supra), ma anche alla luce degli scambi intervenuti tra la Commissione e le ricorrenti durante il procedimento antidumping, tale considerazione non consente di constatare che nella specie sia stato rispettato l’obbligo di motivazione.

42      Si deve infatti rilevare che il Consiglio non ha fornito né nei nuovi atti scritti, né all’udienza, precisazioni circa i documenti del fascicolo in cui si troverebbero gli scambi pertinenti. Peraltro, precisazioni supplementari circa le ragioni per le quali la Commissione ha proposto al Consiglio di considerare che le ricorrenti intrattenevano una relazione acquirente/venditore non figurano né nel documento di informazione finale del 5 ottobre 2007 (‘considerando’ 72) né nel documento di informazione finale rivisto del 31 ottobre 2007 (‘considerando’ 74). Questi due documenti sono infatti redatti in modo identico al regolamento impugnato e non forniscono ulteriori precisazioni. Informazioni supplementari non figurano neppure nei documenti specificamente riguardanti le ricorrenti e inviati contemporaneamente ai due documenti qui sopra menzionati o successivamente, come la lettera della Commissione 5 dicembre 2007 inviata in risposta alle reazioni delle ricorrenti al documento di informazione finale rivisto.

43      È quindi giocoforza constatare che la valutazione del Consiglio, secondo cui la ENRC aveva, nel canale di vendita della Kazchrome verso la Comunità, funzioni simili a quelle di un agente operante sulla base di commissioni, è inficiato da difetto di motivazione.

44      Gli altri argomenti sollevati dal Consiglio nel corso del procedimento non sono tali da mutare questa valutazione.

45      Il Consiglio sostiene che la fondatezza della sua valutazione risulta, da un lato, da un asserito elevato grado di formalismo del contratto di acquisto/vendita che vincola le ricorrenti [riservato] (1) e, dall’altro, da taluni elementi da queste dedotti nel ricorso per dimostrare che la ENRC non funzionerebbe come un agente operante sulla base di commissioni. Esso sostiene così che le funzioni della ENRC non potevano essere percepite come complementari a quelle della Kazchrome [riservato] e che la struttura del gruppo al quale le ricorrenti appartengono conferma che la relazione tra esse esistente poteva essere soltanto considerata come equivalente ad una relazione tra un mandante e un mandatario operante sulla base di commissioni. Orbene, secondo il Consiglio, il fatto che il contratto che disciplina le relazioni tra le ricorrenti sia, a suo parere, particolarmente formale era un fatto manifesto che non necessitava essere esplicitamente menzionato.

46      Tuttavia, quand’anche si ammettesse che l’asserito elevato grado di formalismo del contratto fosse manifesto, si deve rilevare che le ricorrenti avevano dedotto nel corso del procedimento antidumping tutta una serie di elementi relativi alla relazione intercorrente tra loro e alle funzioni della ENRC che, a loro avviso, dimostravano che quest’ultima aveva funzioni proprie di un dipartimento interno di vendita di un produttore. Orbene, è giocoforza constatare che, alla lettura del regolamento impugnato e dei documenti versati agli atti, non è possibile per le ricorrenti – e per il Tribunale – comprendere che la valutazione secondo la quale queste intrattenevano una relazione acquirente/venditore accertata in condizioni normali di concorrenza riposava sull’asserito formalismo del contratto che le vincolava né, a fortiori, quali fossero le ragioni per le quali tale formalismo giustificasse di per sé la valutazione contestata, nonostante le altre circostanze invocate. Si deve così, in particolare, osservare che in risposta al riferimento al contratto operato nel controricorso dal Consiglio, le ricorrenti sostengono nella replica che tale eventuale formalismo risponde a obblighi esterni privi di rapporti con la natura della relazione che esse intrattengono.

47      Alla luce di tali circostanze, il riferimento operato dal Consiglio al formalismo del contratto che vincola le ricorrenti deve considerarsi una motivazione nuova dedotta nella fase del ricorso contenzioso che non è idonea a porre rimedio al difetto di motivazione qui sopra constatato.

48      Altrettanto vale per quanto riguarda il riferimento operato dal Consiglio ad altri elementi menzionati dalle ricorrenti nel ricorso, che, secondo il Consiglio, confermerebbero la fondatezza della sua valutazione (v. punto 45 supra), ma che non sono stati menzionati né nel regolamento impugnato né negli scritti della Commissione nel corso del procedimento amministrativo. Peraltro, il Consiglio non deduce alcun elemento che consenta di constatare che le ricorrenti dovevano necessariamente comprendere che questi elementi sono quelli che lo hanno indotto ad adottare la sua posizione.

49      Va pertanto accolta la censura vertente su un difetto di motivazione sollevata dalle ricorrenti nell’ambito del loro quarto gruppo di motivi.

 Sul quinto gruppo di motivi, vertente sul calcolo della sottoquotazione

50      Il regolamento impugnato ha concluso che, per quanto riguarda il prodotto originario del Kazakstan, esisteva una sottoquotazione globale del 4,5% su una base media ponderata, cioè che i prezzi ai quali esso era venduto nella Comunità erano del 4,5% inferiori al prezzo dell’industria comunitaria (‘considerando’ 104).

51      Secondo il regolamento impugnato, il margine di sottoquotazione è stato calcolato, per tutti i paesi, comparando i prezzi «franco fabbrica» dell’industria comunitaria con i prezzi dei prodotti importati al momento dell’ingresso fisico nel territorio della Comunità, debitamente adeguati per tenere conto dei costi relativi alle operazioni di scarico e di sdoganamento (‘considerando’ 105).

52      Taluni prodotti delle ricorrenti, essendo stati trasportati per ferrovia dal Kazakstan ai porti di Klaïpeda (Lituania) o Kaliningrad (Russia), hanno attraversato la Lituania sotto il regime doganale di «transito esterno», prima di essere imbarcati e trasportati attraverso acque internazionali, fino al porto di destinazione, in genere Rotterdam (Paesi Bassi). Quindi, conformemente al metodo supra menzionato al punto 51, i prezzi di tali prodotti delle ricorrenti, ai fini del confronto con i prezzi dell’industria comunitaria, sono stati calcolati deducendo dai prezzi all’esportazione «franco sdoganamento» i costi corrispondenti al trasporto tra il punto della frontiera tra la Bielorussia e la Lituania attraverso il quale i prodotti sono entrati in quest’ultimo Stato e il porto di destinazione.

53      Le ricorrenti sostengono che, nel calcolare il margine di sottoquotazione facendo riferimento ai prezzi dei loro prodotti al momento del loro primo ingresso nel territorio terrestre della Comunità, mentre essi sono stati sdoganati altrove, il Consiglio ha violato, in particolare, l’art. 3, n. 2, del regolamento di base (divenuto art. 3, n. 2, del regolamento n. 1225/2009) ed è incorso in un errore manifesto di valutazione. Esse ricordano che l’art. 3, n. 2, del regolamento di base esige un esame obiettivo dell’effetto delle importazioni sui prezzi sul mercato comunitario e sostengono che il Consiglio ha violato tale disposizione dal momento che l’adeguamento operato sarebbe manifestamente iniquo e discriminatorio.

54      Il Consiglio sostiene che il regolamento di base non indica nei dettagli come l’analisi della sottoquotazione debba essere effettuata e afferma di disporre, di conseguenza, di un ampio margine discrezionale a tal riguardo. Esso considera che il metodo utilizzato per il calcolo dei prezzi all’importazione ai fini del calcolo della sottoquotazione non è manifestamente iniquo e discriminatorio e rispetta, di conseguenza, l’art. 3, n. 2, del regolamento di base.

55      Si deve osservare che dagli argomenti svolti dalle parti risulta che il modo più preciso per calcolare la sottoquotazione dei prezzi sarebbe quello di comparare i prezzi delle importazioni e quelli dei prodotti dell’industria comunitaria includendovi tutti i costi fino agli impianti dei clienti. Poiché questo approccio non è praticabile a causa dei numerosi calcoli che comporterebbe, le parti concordano nel considerare che una comparazione equa può essere effettuata comparando i prezzi «franco fabbrica», senza costi di trasporto, dei prodotti dell’industria comunitaria con i prezzi delle importazioni inclusivi di una parte dei suddetti costi al fine di tener conto del fatto che le importazioni non fanno concorrenza ai prodotti comunitari al loro prezzo «franco fabbrica» e che essi debbono essere trasportati su distanze più lunghe per giungere agli impianti dei clienti comunitari.

56      Le parti sono tuttavia in disaccordo per quanto riguarda la questione se il punto di riferimento a partire dal quale i costi di trasporto delle importazioni non debbono essere inclusi nei prezzi delle importazioni, al fine di assicurare il carattere equo della comparazione con i prodotti dell’industria comunitaria, sia il punto di sdoganamento, come sostenuto dalle ricorrenti, o il punto attraverso il quale le importazioni entrano per la prima volta nel territorio terrestre della Comunità, come sostenuto dal Consiglio.

57      Orbene, si deve osservare che, ai fini della presente causa, non è necessario prendere posizione sul punto di riferimento che sarebbe più appropriato in linea generale ed è sufficiente esaminare se, nelle circostanze della specie, la scelta accolta dal Consiglio non fosse manifestamente inappropriata.

58      Si deve, in limine, rilevare che l’art. 1, n. 1, del regolamento di base (divenuto art. 1, n. 1, del regolamento n. 1225/2009) prevede che «[u]n dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nella Comunità causi un pregiudizio». Tale disposizione, figurante all’art. 1, intitolato «Principi», fissa la regola essenziale per l’imposizione dei dazi antidumping secondo cui non è sufficiente che le merci importate costituiscano oggetto di dumping, ma occorre inoltre che la loro immissione in libera pratica provochi un pregiudizio. Proprio ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio il regolamento di base, all’art. 3, nn. 2 e 3 (divenuto art. 3, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1225/2009), prevede che deve essere effettuato un esame obiettivo dell’effetto delle importazioni sui prezzi dei prodotti simili sul mercato della Comunità e che a tal fine si deve esaminare se, per le importazioni oggetto di dumping, vi sia una notevole sottoquotazione del prezzo rispetto al prezzo di un prodotto simile o se tali importazioni abbiano comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti di prezzo che altrimenti sarebbero intervenuti.

59      Da ciò consegue che è con riferimento alla possibilità che si produca un pregiudizio a causa delle importazioni oggetto di dumping che si deve esaminare la questione se il Consiglio sia incorso in un errore manifesto di valutazione nel determinare il punto di riferimento rispetto al quale nella presente fattispecie si dovevano calcolare i prezzi dei prodotti delle ricorrenti da comparare con i prezzi dell’industria comunitaria. Il Consiglio stesso, del resto, riconosce il rapporto esistente tra la sottoquotazione e il nesso di causalità quando afferma che «il calcolo della sottoquotazione riveste una particolare importanza nell’ambito dell’esame dei prezzi delle importazioni al fine di valutare il nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio constatato» e che il presente gruppo di motivi «riguarda un aspetto tecnico che è pertinente per determinare sia il pregiudizio che il nesso di causalità».

60      Le ricorrenti sostengono che i prezzi delle importazioni avrebbero dovuto essere calcolati partendo dai prezzi all’esportazione «franco sdoganamento», e quindi al porto di sdoganamento e non al punto di ingresso nel territorio fisico della Comunità. Esse rilevano tra l’altro che la scelta di quest’ultimo punto è iniqua in quanto implica che merci per le quali il cliente paga un prezzo identico e che gli vengono consegnate al medesimo posto rechino o meno pregiudizio all’industria comunitaria a seconda che la strada seguita per il loro trasporto fino al porto di sdoganamento includa o meno un primo passaggio attraverso il territorio della Comunità, e questo anche se tale passaggio avviene sotto il regime doganale del «transito esterno» e non implica l’importazione delle merci.

61      Il Consiglio ribatte che le importazioni arrivano sul mercato comunitario quando entrano per la prima volta nel territorio della Comunità, mentre per i prodotti dell’industria comunitaria ciò avviene quando essi lasciano la fabbrica e, pertanto, è in questi due luoghi che è dato ritenere che i prodotti siano in concorrenza diretta gli uni con gli altri, rendendo così possibile un equo confronto.

62      Si deve osservare che, come sostenuto dalle ricorrenti, i prezzi utilizzati dal Consiglio non riflettono i prezzi negoziati con i clienti nella Comunità, e cioè, generalmente, i prezzi cif (costo, assicurazione e nolo) al porto di sdoganamento e rappresentano solo un valore da esso costruito. Anche se è vero che ogni procedimento antidumping implica calcoli complicati, e sovente la presa in considerazione di valori costruiti, resta ciò non di meno il fatto che, siccome il valore utilizzato dal Consiglio ai fini dell’esame della sottoquotazione è stato calcolato nel corso dell’inchiesta sulla base delle informazioni fornite dalle ricorrenti, un siffatto valore non può essere stato preso in considerazione dai clienti al fine di decidere se acquistare presso l’industria comunitaria o presso le ricorrenti. Tale valore non poteva neanche essere stimato dai suddetti clienti, dal momento che nulla consente di considerare che essi fossero a conoscenza dell’esatto tragitto seguito dalle merci prima di giungere al punto di sdoganamento e che fossero di conseguenza a conoscenza del fatto che i prodotti erano, per una parte del loro tragitto, già transitati attraverso il territorio comunitario. Il Consiglio ha così riconosciuto, rispondendo ad un quesito del Tribunale in udienza, di non sapere se i clienti fossero a conoscenza del percorso delle merci, ma che, comunque, tale percorso non era di loro interesse e che l’unica cosa che per loro importava era il prezzo finale del prodotto al momento dell’ingresso nella loro fabbrica.

63      Da ciò consegue che sono i prezzi negoziati tra le ricorrenti e i clienti e non i prezzi in uno stadio intermedio del trasporto, sia pur esso avvenuto sul territorio comunitario, quelli che hanno potuto determinare la decisione dei clienti di acquistare i prodotti delle ricorrenti piuttosto che quelli dell’industria comunitaria. Infatti, anche se, come sostenuto dal Consiglio, ciò che interessa i clienti è il prezzo finale del prodotto quando arriva nella loro fabbrica, resta cionondimeno che, come sottolineato dalle ricorrenti in risposta ad un quesito del Tribunale in udienza, i clienti ben conoscono i costi di trasporto a partire dal porto di sdoganamento fino alle loro fabbriche e potevano quindi facilmente calcolare il prezzo finale a partire dai prezzi cif al porto di sdoganamento con esse convenuto.

64      Da ciò risulta altresì che, come affermato dalle ricorrenti, tutti i prodotti che esse o altri produttori di altri paesi esportatori hanno venduto ai clienti comunitari hanno prodotto il medesimo pregiudizio, quale che sia il tragitto seguito per il trasporto, se sono stati venduti ai clienti nello stesso posto e a un prezzo identico o molto simile.

65      Si deve inoltre rilevare che nel caso delle merci delle ricorrenti o di altri esportatori entrate nel territorio comunitario al porto di sdoganamento, il Consiglio ha considerato che i costi del trasporto tra i porti e gli impianti del cliente erano equivalenti a quelli del trasporto tra la fabbrica del produttore comunitario e questi stessi impianti. Orbene, il Consiglio non dimostra che la detrazione supplementare di una parte significativa dei costi di trasporto sostenuti prima dell’arrivo al porto di sdoganamento fosse indispensabile al fine di assicurare un equo confronto, cioè al fine di non includere nel prezzo delle importazioni costi non inclusi nel prezzo dell’industria comunitaria, quando le merci hanno attraversato la Lituania, in transito esterno, per qualche centinaio di chilometri prima di essere imbarcate e trasportate in acque internazionali.

66      Tale considerazione può essere illustrata facendo riferimento all’esempio proposto dal Consiglio stesso nella controreplica. Esso si chiede infatti per quale ragione i prezzi di una parte delle merci delle ricorrenti non dovrebbero essere calcolati con riferimento al loro passaggio alla frontiera tra la Lituania e la Bielorussia, mentre i prodotti dei produttori polacchi debbono anch’essi essere trasportati a partire dalle loro fabbriche in Polonia. Tuttavia, poiché i costi a partire dalla fabbrica in Polonia sono stati considerati equivalenti ai costi a partire dal porto di Rotterdam per le importazioni che sono arrivate direttamente in tale punto e ivi sono state sdoganate, non è assolutamente dimostrato che la detrazione nella specie dei considerevoli costi connessi con il trasporto tra la frontiera fra la Lituania e la Bielorussia e il porto di Rotterdam fosse indispensabile per assicurare un equo confronto tra i prezzi delle merci delle ricorrenti e i prezzi di quelle di un produttore polacco.

67      Alla luce di quanto sopra considerato si deve ritenere che il Consiglio sia incorso, nella specie, in un errore manifesto di valutazione allorché ha considerato che il confronto obiettivo tra i prezzi delle importazioni e quelli dell’industria comunitaria rendeva, nella specie, necessario che il punto di riferimento ai fini della determinazione dei prezzi delle prime fosse, per i prodotti delle ricorrenti instradati attraverso i porti di Klaïpeda e Kaliningrad, la frontiera tra la Bielorussia e la Lituania.

68      Infine, per quanto riguarda l’argomento del Consiglio secondo cui considerare che il punto di riferimento ai fini della determinazione dei prezzi delle importazioni era il porto di sdoganamento falserebbe il sistema in quanto incentiverebbe gli esportatori ad accordarsi con i loro clienti su uno sdoganamento più prossimo alle loro fabbriche, si deve ricordare che la conclusione che risulta dall’esame di cui sopra riguarda solo la presente fattispecie e che la Commissione e il Consiglio devono prendere in considerazione, nell’ambito del loro margine discrezionale, tutti gli elementi pertinenti di ciascuna causa, compresi indizi che consentano di considerare che, a differenza della presente fattispecie, la scelta delle vie di trasporto e dei punti di sdoganamento mira a falsare il confronto dei prezzi delle importazioni e dei prodotti comunitari.

69      Va pertanto accolta la censura con la quale si deduce un errore manifesto di valutazione sollevata dalle ricorrenti nell’ambito del loro quinto gruppo di motivi.

70      Si deve osservare che, senza l’adeguamento applicato al prezzo all’esportazione della Kazchrome quale fissato al ‘considerando’ 67 del regolamento impugnato, i prodotti delle ricorrenti non sarebbero stati considerati oggetto di dumping o, quantomeno, il margine di dumping accertato sarebbe stato inferiore a quello calcolato nel regolamento impugnato e che è servito ai fini della determinazione del dazio antidumping imposto (‘considerando’ 170). Peraltro, dagli atti risulta che il calcolo dei prezzi delle esportazioni delle ricorrenti a destinazione della Comunità al momento del loro passaggio attraverso la frontiera tra la Bielorussia e la Lituania ha avuto per effetto una sottoquotazione dei prezzi rispetto a quelli dell’industria comunitaria che è alla base della conclusione secondo cui l’importazione dei prodotti della ricorrente era all’origine del pregiudizio subito dall’industria comunitaria (‘considerando’ 145 del regolamento impugnato). Da ciò risulta che le due censure accolte dal Tribunale vertono su valutazioni che costituiscono il fondamento necessario per l’imposizione di un dazio antidumping sulle importazioni di SiMn prodotto dalla Kazchrome.

71      In considerazione di quanto precede, il regolamento impugnato va annullato nella parte in cui verte sulle importazioni di SiMn prodotto dalla Kazchrome, senza che si renda necessario pronunciarsi sugli altri motivi e argomenti sollevati dalle ricorrenti.

 Sulla domanda di risarcimento

72      Con tale domanda le ricorrenti intendono ottenere il risarcimento di tre tipi di danni consistenti in una perdita di utili, nelle spese intraprese per il procedimento e nelle perdite in temini di quotazioni delle azioni subite dalla loro società controllante il 7 dicembre 2007.

73      Conformemente alla costante giurisprudenza, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità per illecito comportamento dei suoi organi dipende dalla sussistenza di un complesso di presupposti, e cioè l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (sentenze della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e del Tribunale 16 luglio 1998, causa T‑199/96, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. II‑2805, punto 48). Quando una di queste condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità non è integrata, il ricorso deve essere respinto, senza che sia necessario esaminare gli altri presupposti (v. sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata).

74      Nella specie si deve procedere all’esame iniziando dalla condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra gli asseriti illeciti e il danno invocato.

75      Per quanto riguarda, in primo luogo, il nesso di causalità tra la perdita di utili e gli illeciti invocati, le ricorrenti sostengono che, se la condotta illegittima della Commissione nell’aprire il procedimento contro il Kazakstan, portandolo a termine e proponendo misure, e l’illegittima adozione del regolamento impugnato da parte del Consiglio non vi fossero state, esse avrebbero realizzato utili ben più consistenti di quelli che effettivamente hanno realizzato sul mercato comunitario. Esse sostengono a questo proposito che le vendite della ENRC alla Comunità dimostrano, dopo l’avvio del procedimento antidumping e fino alla presentazione del ricorso, una considerevole riduzione del loro valore totale [riservato].

76      È giocoforza constatare che un semplice riferimento alla diminuzione del volume delle vendite non può essere sufficiente a dimostrare il nesso di causalità richiesto dalla giurisprudenza per l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità. Infatti, si deve constatare che dal fascicolo risulta che i volumi di importazioni e di vendite dell’industria comunitaria variano fortemente da un anno all’altro. In tal senso, in particolare, mentre le ricorrenti assumono che la differenza tra il volume delle vendite del 2006 e quello del 2007 è sufficiente a dimostrare il nesso di causalità, dagli argomenti da esse addotti nell’ambito della domanda di annullamento, in particolare dal motivo relativo al cumulo tra le loro importazioni e quelle della Repubblica popolare cinese, risulta che le loro esportazioni verso la Comunità nel 2004 [riservato] sono state inferiori a quelle del 2007 [riservato], quando all’epoca non era pendente alcuna inchiesta che le riguardasse. Parimenti, il confronto del fatturato delle esportazioni del 2006 [riservato] con quello del 2007 [riservato] e del fatturato delle esportazioni del 2002 e del 2003 [riservato] con quello del 2004 [riservato] dimostra che forti diminuzioni delle importazioni originarie del Kazakstan non sono unicamente la conseguenza dell’apertura di un procedimento antidumping o dell’imposizione di dazi antidumping.

77      Il confronto dei volumi di vendite indicati nel regolamento impugnato per altri paesi conferma la variabilità dei detti volumi a seconda delle annate sul mercato di cui trattasi. Infatti, la tabella figurante al ‘considerando’ 137 del regolamento impugnato e vertente sulle importazioni nella Comunità provenienti dal Sudafrica indica un aumento del 70% nel 2003 (81 330 tonnellate) rispetto al 2002 (47 808 tonnellate), seguito da una diminuzione del 27,76% nel 2004 (58 753 tonnellate) rispetto al 2003. La tabella figurante al ‘considerando’ 138 del regolamento impugnato e vertente sulle importazioni nella Comunità provenienti da paesi terzi diversi dalla Norvegia, dall’India, dal Sudafrica e dai paesi interessati dall’inchiesta indica un aumento del 28 % nel 2003 (108 539 tonnellate) rispetto al 2002 (84 904 tonnellate), seguito da un nuovo aumento del 15,05% nel 2004 (124 872 tonnellate) rispetto al 2003, mentre il confronto delle cifre relative agli anni 2004 e 2005 (63 178 tonnellate) evidenzia una diminuzione del 49,41%.

78      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il nesso di causalità tra le spese sostenute per la loro partecipazione al procedimento amministrativo e gli illeciti invocati, le ricorrenti sostengono che, se la Commissione non avesse, a torto, incluso il Kazakstan nell’inchiesta, esse non avrebbero sostenuto tali spese e che, se, una volta aperto il procedimento, la Commissione non avesse agito violando in modo grave e manifesto il suo potere discrezionale e/o sviando il suo potere, la loro cooperazione e le spese connesse avrebbero evitato loro l’imposizione di un dazio antidumping.

79      Si deve, in primo luogo, osservare che, come affermato dal Consiglio, le spese sostenute ai fini della partecipazione al procedimento amministrativo possono al massimo derivare dall’apertura dell’inchiesta e dal suo svolgimento e non dall’adozione del regolamento impugnato stesso.

80      In secondo luogo, va ricordato che, conformemente alla giurisprudenza, il danno deve risultare direttamente dall’illecito dedotto e non dalla scelta del ricorrente circa il modo di reagire all’atto asseritamente illegittimo. È stato così considerato che il semplice fatto che il comportamento illegittimo abbia costituito una condizione necessaria (conditio sine qua non) del sopravvenire del danno, nel senso che questo non si sarebbe prodotto in assenza di tale comportamento, non è sufficiente a stabilire un nesso di causalità (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 12 dicembre 2007, causa T‑113/04, Atlantic Container Line e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 31‑40).

81      Orbene, la partecipazione a un procedimento antidumping dei produttori‑esportatori (o di altre parti interessate) non è richiesta (ordinanza del Tribunale 14 marzo 1996, causa T‑134/95, Dysan Magnetics e Review Magnetics/Commissione, Racc. pag. II‑181, punto 27) ed essi sono liberi di valutare l’opportunità e l’interesse di partecipare nonché l’intensità della loro partecipazione e i costi a tal fine sostenuti. Essi sono peraltro liberi di scegliere, in particolare, di partecipare unicamente chiedendo al loro personale di raccogliere le informazioni pertinenti e di farsi rappresentare dal personale del loro servizio giuridico o di ricorrere ai servizi di uno studio legale.

82      Ad ogni modo, come sostenuto dal Consiglio, le spese invocate corrispondenti al lavoro del personale delle ricorrenti non possono essere considerate presentare un nesso diretto con l’inchiesta, dal momento che gli stipendi del personale dovevano essere corrisposti a prescindere dall’esistenza di un procedimento antidumping in corso. Inoltre, le ricorrenti non sostengono neppure che le persone che hanno partecipato al procedimento siano state assunte per seguirne lo svolgimento o che sarebbero state licenziate in assenza di un carico di lavoro supplementare derivante dalla necessità di seguire l’inchiesta.

83      Per quanto riguarda gli onorari degli avvocati, basta rilevare che le ricorrenti si limitano ad invocare tali spese senza neppure tentare di dimostrare che esse erano indispensabili e che non erano dovute alla loro scelta circa il modo di reagire all’apertura dell’inchiesta.

84      Alla luce delle circostanze di cui sopra, si deve ritenere che le ricorrenti non dimostrino l’esistenza di un nesso di causalità tra gli illeciti dedotti e i primi due tipi di pregiudizio che esse invocano. La domanda di risarcimento danni deve, di conseguenza, essere respinta per quanto riguarda tali asseriti danni senza che si renda necessario esaminare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata o l’effettività dei pregiudizi invocati.

85      Per quanto riguarda, in terzo luogo, il pregiudizio consistente nelle perdite sofferte a causa del calo del corso delle azioni della società controllante delle ricorrenti il 7 dicembre 2007, è giocoforza constatare che esso non è in alcun modo menzionato nell’ambito dei loro argomenti sul nesso di causalità. Orbene, in forza dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’art. 53, primo comma, del medesimo Statuto, e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve, in particolare, contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tali elementi devono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni (ordinanze del Tribunale 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II‑523, punto 20; 21 maggio 1999, causa T‑154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑1703, punto 49, e sentenza del Tribunale 15 giugno 1999, causa T‑277/97, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. II‑1825, punto 29). Per quanto riguarda quest’ultimo pregiudizio invocato, la domanda di risarcimento danni va pertanto respinta in quanto irricevibile.

86      Alla luce di quanto sopra, la domanda di risarcimento danni va respinta in toto.

 Sulla domanda di misure di organizzazione del procedimento e istruttorie

87      Le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di invitare il Consiglio e la Commissione a produrre tutta una serie di documenti relativi a talune delle censure da esse sollevate, nonché di disporre la designazione di un esperto economista indipendente incaricato di redigere una relazione su più aspetti della controversia.

88      Alla luce di quanto sopra, non vi è luogo di chiedere la produzione dei documenti menzionati dalle ricorrenti né di designare un esperto economista indipendente.

 Sulle spese

89      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti nella parte in cui il ricorso è diretto contro la Commissione, vanno condannate alle spese di quest’ultima.

90      Peraltro, a tenore dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se queste soccombono rispettivamente su uno o più capi. Nelle circostanze del caso di specie si deve disporre che le ricorrenti sopporteranno la metà delle loro spese e che il Consiglio sopporterà l’altra metà delle loro spese nonché le proprie spese.

91      Conformemente all’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente diversa da quelle indicate al primo e al secondo comma di tale disposizione sopporti le proprie spese. Nelle circostanze del caso di specie si deve disporre che la Euroalliage sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 4 dicembre 2007, n. 1420, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di silico-manganese originario della Repubblica popolare cinese e del Kazakstan e chiude il procedimento riguardante le importazioni di silico-manganese originario dell’Ucraina, è annullato nella misura in cui si applica alle importazioni di silico‑manganese prodotto dalla Transnational Company «Kazchrome» AO.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      La Transnational Company «Kazchrome» e la ENRC Marketing AG sopporteranno la metà delle proprie spese nonché le spese della Commissione europea.

4)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporterà la metà delle spese della Transnational Company «Kazchrome» e della ENRC Marketing nonché le proprie spese.

5)      La Euroalliages sopporterà le proprie spese.

Czúcz

Labucka

Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 novembre 2011.

Firme


*Lingua processuale: l’inglese.


1 – Dati riservati occultati.