Language of document : ECLI:EU:T:1998:214

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

16 settembre 1998 (1)

«Concorrenza — Remailing — Ricorso d'annullamento — Rigetto parziale di una denuncia — Interesse comunitario»

Nella causa T-110/95,

International Express Carriers Conference (IECC), organizzazione di categoria di diritto elvetico, con sede in Ginevra, con gli avv.ti Éric Morgan de Rivery, del foro di Parigi, e Jacques Derenne, dei fori di Bruxelles e Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Alex Schmitt, 62, avenue Guillaume,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal signor Francisco González Diaz, membro del servizio giuridico, e dalla signora Rosemary Caudwell, funzionaria nazionale distaccata presso la Commissione, e successivamente dalla signora Caudwell e dalla signora Fabiola Mascardi, funzionaria nazionale distaccata presso la Commissione, in qualità di agenti, assistite dall'avv. Nicholas Forwood, QC, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Goméz de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

sostenuta da

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla signora Stephanie Ridley, del Treasury Solicitor's Department, e, nel corso della fase orale, anche dall'avv. Nicholas Green, QC, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell'ambasciata del Regno Unito, 14, boulevard Roosevelt,

La Poste, con gli avv. Hervé Lehman e Sylvain Rieuneau, del foro di Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avv. Aloyse May, 31, Grand-Rue,

e

Post Office, con l'avv. Ulick Bourke, Solicitor of the Supreme Court of England and Wales, e nel corso della fase orale, anche con gli avv.ti Stuart Isaacs e Sarah Moore, barristers, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio legale Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione 17 febbraio 1995, con la quale la Commissione ha definitivamente respinto la denuncia proposta dalla ricorrente il 13 luglio 1988 nella parte relativa ad un accordo di fissazione dei prezzi stipulato nell'ottobre 1988 da diversi operatori pubblici nel campo dei servizi postali,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Terza Sezione ampliata),

composto dal signor B. Vesterdorf, presidente, dal signor C.P. Briët, dalla signora P. Lindh, e dai signori A. Potocki e J.D. Cooke, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 13 maggio 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

International Express Carrier Conference (IECC) e remailing (reinvio postale)

1.
    L'International Express Carrier Conference (IECC) è un'organizzazione che rappresenta gli interessi di talune imprese che forniscono servizi di corriere espresso. I suoi membri offrono, tra l'altro, i cosiddetti servizi di «remailing» consistenti nel trasportare corrispondenza proveniente da un paese A nel territorio di un paese B con lo scopo di depositarla presso l'operatore postale pubblico (in prosieguo: l'«OPP») locale, il quale la inoltra nel proprio territorio o a destinazione di un paese A o C.

2.
    I servizi di remailing vengono abitualmente classificati in tre categorie:

—    il «remailing ABC», che corrisponde alla situazione nella quale la corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata mediante il sistema postale internazionale classico verso un paese C, nel quale risiede il destinatario finale della corrispondenza;

—    il «remailing ABB», che corrisponde alla situazione nella quale la corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata al destinatario finale della corrispondenza, residente nello stesso paese B;

—    il «remailing ABA», che corrisponde alla situazione nella quale la corrispondenza originaria di un paese A è trasportata e introdotta da società private nel sistema postale di un paese B, per essere inoltrata mediante il sistema postale internazionale classico nel paese A, nel quale risiede il destinatario finale della corrispondenza.

3.
    Occorre aggiungere a questi tre tipi di remailing il cosiddetto «remailing non fisico». Tale tipo di remailing corrisponde alla situazione nella quale talune informazioni provenienti da un paese A sono inoltrate per via elettronica verso un paese B, in cui, tali e quali oppure previa elaborazione, vengono stampate su carta, e in seguito trasportate ed introdotte nel sistema postale del paese B o di un paese C, per essere inoltrate mediante il sistema postale internazionale classico verso un paese A, B o C, nel quale risiede il destinatario finale della corrispondenza.

Spese terminali e Convenzione dell'Unione postale universale

4.
    La Convenzione dell'Unione postale universale (UPU), adottata il 10 luglio 1964 nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e alla quale hanno aderito tutti gli Stati membri della Comunità europea, costituisce il quadro delle relazioni tra

le amministrazioni postali del mondo intero. E' in questo ambito che è stata creata la Conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni (in prosieguo: la «CEPT»), della quale fanno parte tutte le amministrazioni postali europee prese in considerazione nella denuncia della ricorrente.

5.
    Nei sistemi postali lo smistamento della corrispondenza «entrante» e la distribuzione di quest'ultima ai destinatari finali comportano ingenti costi per gli OPP. Per tale motivo i membri dell'UPU hanno adottato nel 1969 un sistema di tassi di compensazione fissi per tipo di corrispondenza, le cosiddette «spese terminali», modificando così un principio in vigore sin dalla fondazione dell'Unione secondo il quale ciascun OPP si assumeva i costi derivanti dallo smistamento e dalla distribuzione della corrispondenza entrante senza fatturarli agli OPP dei paesi di origine. Il valore economico del servizio di distribuzione fornito dalle diverse amministrazioni postali, la struttura dei costi di tali amministrazioni e le spese fatturate ai clienti potevano, dal canto loro, variare in misura sostanziale. La differenza tra i prezzi imposti per l'invio della corrispondenza nazionale e della corrispondenza internazionale nei vari Stati membri e la notevole entità delle «spese terminali» rispetto a tali prezzi differenti praticati a livello nazionale costituiscono elementi determinanti all'origine del fenomeno del remailing. Gli operatori che effettuano il remailing mirano, infatti, tra l'altro, a trarre vantaggio da tali differenze di prezzo proponendo alle società commerciali di trasportare la loro corrispondenza verso gli OPP che offrono il miglior rapporto qualità/prezzo per una determinata destinazione.

6.
    L'art. 23 della Convenzione UPU del 1984, divenuto l'art. 25 della Convenzione UPU del 1989, recita:

«1.    Nessun paese membro è tenuto a trasmettere né a distribuire ai destinatari gli invii della posta lettere che mittenti residenti sul suo territorio impostano o fanno impostare in un paese estero, allo scopo di beneficiare delle tariffe più basse che vi si applicano. Lo stesso vale per gli invii di questo tipo, impostati in grande quantità, sia che queste impostazioni vengano o meno effettuate allo scopo di beneficiare di tariffe più basse.

2.    Il paragrafo 1 si applica indistintamente sia agli invii preparati nel paese di residenza del mittente e successivamente trasportati attraverso la frontiera, sia a quelli confezionati in un paese estero.

3.    L'amministrazione interessata ha il diritto o di rispedire gli invii all'origine, o di gravarli delle proprie tariffe nazionali. Se il mittente rifiuta di pagare queste tariffe, essa può disporre di tali invii in conformità alla propria legislazione interna.

4.    Nessun paese membro è tenuto ad accettare, avviare o distribuire ai destinatari gli invii di posta lettere che i mittenti hanno impostato o fatto impostare in grandi quantità in un paese diverso da quello in cui sono

domiciliati. Le amministrazioni interessate hanno il diritto di rispedire tali invii all'origine o di consegnarli ai mittenti senza restituire la tassa pagata».

Denuncia dell'IECC e accordo CEPT del 1987

7.
    Il 13 luglio 1988 l'IECC presentava una denuncia alla Commissione ai sensi dell'art. 3, n. 2, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d' applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato, (GU 1962, 13, pag. 204, in prosieguo: il «regolamento n. 17»). In sostanza la denunciante sosteneva, in primo luogo, che taluni OPP della Comunità europea e di paesi terzi avevano concluso, a Berna, nell'ottobre 1987, un accordo per la fissazione delle tariffe relative alle spese terminali (in prosieguo: l'«accordo CEPT») e, in secondo luogo, che taluni OPP tentavano d'applicare un accordo per la ripartizione dei mercati, basandosi sull'art. 23 della Convenzione UPU per rifiutarsi di distribuire la corrispondenza impostata da un cliente presso un OPP di un paese diverso dal paese di residenza.

8.
    Nella parte della denuncia relativa all'accordo CEPT, l'IECC esponeva più precisamente che, nell'aprile 1987, un gran numero di OPP comunitari, in occasione di una riunione nel Regno Unito, avevano esaminato l'opportunità di adottare una politica comune per combattere la concorrenza esercitata dalle società private che proponevano servizi di remailing. Un gruppo di lavoro costituito nell'ambito della CEPT aveva proposto successivamente, in sostanza, un aumento delle spese terminali, l'adozione di un codice di condotta comune e un miglioramento del servizio reso alla clientela. Nell'ottobre 1987 detto gruppo di lavoro avrebbe adottato quindi un nuovo accordo relativo alle spese terminali, l'accordo CEPT, che propone un nuovo tasso fisso, in realtà, superiore al precedente.

9.
    E' inoltre pacifico che il 17 gennaio 1995, al fine di sostituire l'accordo CEPT del 1987, quattordici OPP, dodici dei quali appartenevano alla Comunità europea, hanno firmato un accordo preliminare sulle spese terminali. Quest'ultimo, detto «accordo REIMS» (sistema di rimunerazione degli scambi di corrispondenza internazionale tra operatori postali pubblici tenuti a fornire un servizio universale), prevedeva, in sostanza, un sistema nell'ambito del quale l'amministrazione postale di destinazione avrebbe applicato nei confronti dell'amministrazione postale d'origine una percentuale fissa della propria tariffa interna per tutta la corrispondenza che le pervenisse. La versione finale di detto accordo è stata firmata il 13 dicembre 1995 e notificata alla Commissione il 19 gennaio 1996 (GU 1996, C 42, pag. 7).

Trattazione della denuncia da parte della Commissione

10.
    Gli OPP menzionati nella denuncia della ricorrente presentavano le loro risposte ai quesiti posti dalla Commissione nel novembre 1988. Nel periodo giugno 1989-febbraio 1991 veniva scambiata una copiosa corrispondenza tra, da un lato, l'IECC

e, d'altro lato, diversi funzionari della direzione generale Concorrenza (DG IV) e i gabinetti dei membri della Commissione Bangemann e Brittan.

11.
    Il 18 aprile 1991 la Commissione informava l'IECC di «aver deciso di instaurare un procedimento ai sensi delle disposizioni del regolamento n. 17 (...) sulla base degli artt. 85, n. 1, e 86 del Trattato CE».

12.
    Il 7 aprile 1993 essa comunicava all'IECC di aver adottato il 5 aprile 1993 una comunicazione degli addebiti che doveva essere inviata agli OPP interessati.

13.
    Il 26 luglio 1994 l'IECC invitava la Commissione, ai sensi dell'art. 175 del Trattato, ad inviarle una lettera, in conformità dell'art. 6 del regolamento della Commissione 25 luglio 1963, n. 99/63/CEE, relativo alle audizioni previste all'articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 17 del Consiglio (GU 1963, n. 127, pag. 2268, in prosieguo: il «regolamento n. 99/63»), nell'ipotesi in cui ritenesse che l'adozione di una decisione di divieto nei confronti degli OPP non fosse necessaria.

14.
    Il 23 settembre 1994 la Commissione inviava all'IECC una lettera nella quale dichiarava la propria intenzione di respingere la parte della denuncia riferentesi all'applicazione dell'art. 85 del Trattato all'accordo CEPT e le chiedeva di presentare le sue osservazioni, in conformità dell'art. 6 del regolamento n .99/63.

15.
    Con lettera 23 novembre 1994 l'IECC comunicava le proprie osservazioni riguardo a tale lettera della Commissione e nel contempo invitava l'istituzione a pronunciarsi sulla sua denuncia.

16.
    Il 15 febbraio 1995, ritenendo che la Commissione non si fosse pronunciata ai sensi dell'art. 175 del Trattato, l'IECC proponeva un ricorso per carenza, registrato con il numero T-28/95. Due giorni dopo, il 17 febbraio 1995, la Commissione faceva pervenire all'IECC la decisione finale recante rigetto della denuncia quanto all'applicazione dell'art. 85 del Trattato all'accordo CEPT, decisione che costituisce oggetto del ricorso in esame (in prosieguo: «decisione 17 febbraio 1995»).

17.
    Nella decisione 17 febbraio 1995 la Commissione precisa:

5. (...) La nostra principale obiezione al regime delle spese terminali definitodall'accordo CEPT del 1987 era che tale regime non si basava sui costi sostenuti dalle amministrazioni postali per trattare la corrispondenza internazionale entrante. (...) Di conseguenza, la comunicazione degli addebiti sottolineava che le tariffe applicate dalle amministrazioni postali per trattare la corrispondenza internazionale entrante dovevano essere fondate sui costi sostenuti da tali amministrazioni.

6. La Commissione ammetteva che potesse essere difficile calcolare tali costi in maniera precisa e dichiarava che le tariffe interne potevano considerarsi offrire un'indicazione appropriata al riguardo (...).

8. (...) La Commissione è stata tenuta al corrente delle fasi che hanno portato al 'regime REIMS‘ proposto. Il 17 febbraio 1995 quattordici OPP (...) hanno firmato un accordo preliminare sulle spese terminali, nella prospettiva di un'attuazione a decorrere dal 1. gennaio 1996. Secondo le informazioni fornite ufficiosamente dall'International Post Corporation, l'accordo preliminare sottoscritto di recente prevede un regime secondo il quale l'OPP ricevente fatturerebbe una percentuale fissa della sua tariffa interna, per ogni oggetto postale ricevuto, all'OPP d'origine.

9. La Commissione nota quindi che gli OPP si stanno adoperando attivamente per elaborare un sistema di nuove tariffe e ritiene in questa fase che le parti cerchino di venire incontro alle preoccupazioni della Commissione riguardo al diritto della concorrenza, condivise dalla Vostra denuncia relativa al vecchio sistema. E' poco verosimile che la prosecuzione del procedimento per infrazione relativo al sistema CEPT del 1987, che presto non sarà più in vigore, possa produrre un risultato più vantaggioso per i Vostri clienti. Infatti, il probabile risultato di una decisione di divieto consisterebbe semplicemente nel ritardare la riforma e la ristrutturazione radicali, ormai imminenti, del sistema di spese terminali, mentre il sistema modificato dovrebbe essere attuato in un prossimo futuro. Alla luce della sentenza emessa (...) nella causa Automec II, la Commissione ritiene che non sarebbe conforme all'interesse comunitario impiegare le sue limitate risorse per tentare di risolvere, nella fase attuale, l'aspetto della denuncia relativo alle spese terminali mediante una decisione di divieto.

(...)

12. (...) Il regime REIMS sembra nondimeno fornire alternative, per lo meno per un periodo transitorio, alle clausole restrittive precedenti che preoccupavano la Commissione. Il regime REIMS garantisce, in particolare, nonostante eventuali imperfezioni, un nesso tra le spese terminali e la struttura delle tariffe interne (...).

13. Non v'è dubbio che la Commissione esaminerà approfonditamente il futuro regime REIMS e la sua attuazione alla luce delle norme della concorrenza. In particolare esaminerà la questione dell'interesse comunitario, per quanto riguarda sia il merito delle riforme sia il ritmo della loro attuazione (...)».

18.
    Il 6 aprile 1995 la Commissione inviava alla ricorrente una decisione recante rigetto della seconda parte della sua denuncia, in quanto si riferiva all'intercettazione del remailing ABA. Tale decisione costituisce oggetto della causa T-133/95.

19.
    Il 14 agosto 1995 la Commissione adottava una decisione relativa all'applicazione delle norme sulla concorrenza all'uso nei confronti della pratica consistente nel far leva sull'art. 23 della convenzione dell'UPU per l'intercettazione del remailing di tipo «ABC». Tale decisione è oggetto della causa T-204/95.

Procedimento

20.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 1995, la ricorrente ha proposto il ricorso in oggetto.

21.
    Con ordinanze 6 febbraio 1996 il presidente della Terza sezione ampliata del Tribunale ha ammesso l'intervento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, del Post Office e della Poste a sostegno delle conclusioni della Commissione.

22.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Terza Sezione ampliata) ha deciso di dare inizio alla fase orale del procedimento. Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha invitato talune parti a produrre documenti e a rispondere a determinati quesiti, sia per iscritto, sia oralmente all'udienza. Le parti hanno ottemperato a tali inviti.

23.
    Ai sensi dell'art. 50 del regolamento di procedura, le cause T-28/95, T-110/95, T-133/95 e T-204/95, promosse dalla medesima ricorrente e connesse per oggetto, sono state riunite ai fini della trattazione orale con ordinanza del presidente della Terza Sezione ampliata 12 marzo 1997.

24.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 13 marzo 1997.

25.
    Il 26 settembre 1997 la ricorrente ha chiesto la riapertura della fase orale ai sensi dell'art. 62 del regolamento di procedura. Su invito del Tribunale, la Commissione, il Post Office e La Poste hanno fatto sapere di ritenere che non ve ne fosse motivo. Il 26 febbraio 1998 la ricorrente ha nuovamente chiesto la riapertura della fase orale. Il Tribunale considera che, tenuto conto dei documenti prodotti dalla ricorrente, non vi sia motivo di accogliere tali domande. Infatti gli elementi nuovi indicati dalla ricorrente a sostegno delle stesse non contengono alcun dato decisivo per l'esito della controversia o si limitano a dimostrare l'esistenza di fatti palesemente successivi all'adozione della decisione impugnata e che non possono, di conseguenza, incidere sulla validità della detta decisione.

Conclusioni delle parti

26.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare la decisione della Commissione 17 febbraio 1995;

—    disporre qualsiasi altra misura che il Tribunale consideri idonea ad indurre la Commissione a conformarsi all'art. 176 del Trattato;

—    condannare la Commissione alle spese.

27.
    Nelle sue osservazioni sulle memorie d'intervento la ricorrente chiede inoltre che il Tribunale voglia:

—    dichiarare irricevibile la memoria d'intervento del Post Office;

—    condannare le parti intervenienti alle spese relative alle osservazioni sugli interventi;

—    ordinare la produzione dell'accordo preliminare REIMS.

28.
    La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

29.
    Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Post Office concludono per il rigetto del ricorso.

30.
    La Poste conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese del suo intervento.

Sulla ricevibilità della memoria d'intervento del Post Office

31.
    Secondo la ricorrente, la memoria d'intervento del Post Office non è conforme all'art. 116, n. 4, lett. a), del regolamento di procedura, in quanto non indica la parte a sostegno della quale è stato depositato, cosicché deve essere dichiarato irricevibile

32.
    Ai sensi dell'art. 37, n. 3, dello Statuto (CE) della Corte e dell'art. 116, n. 4, lett. a), del regolamento di procedura del Tribunale, le conclusioni di una memoria d'intervento non possono avere altro oggetto che il sostegno delle conclusioni di una delle parti. Ora, risulta dalla memoria d'intervento del Post Office che l'obiettivo dell'intervento era quello di sostenere le conclusioni della Commissione, nonostante la mancanza di dichiarazioni formali in tal senso. La ricorrente non poteva quindi avere seri dubbi circa la portata o lo scopo della memoria d'intervento. Occorre ricordare, inoltre, che la domanda d'intervento del Post Office conteneva, in conformità dell'art. 115, n. 2, lett. e), del regolamento di procedura, l'indicazione delle conclusioni a sostegno delle quali esso chiedeva di intervenire e che l'ordinanza 6 febbraio 1996, già citata, ha ammesso, nel punto 1 del dispositivo, l'intervento del Post Office «a sostegno delle conclusioni della convenuta». Pertanto, si deve respingere questo capo delle conclusioni.

Sulla ricevibilità della domanda diretta a far sì che il Tribunale ordini alla Commissione di adottare le misure idonee per conformarsi agli obblighi previsti dall'art. 176 del Trattato

33.
    Secondo una costante giurisprudenza, non compete al giudice comunitario rivolgere ingiunzioni alle istituzioni comunitarie o sostituirsi a queste ultime nell'ambito del controllo di legittimità che esercita. Tocca all'istituzione comunitaria interessata, ai sensi dell'art. 176 del Trattato, adottare le misure che l'esecuzione di una sentenza emessa su un ricorso di annullamento comporta.

34.
    Questo capo delle conclusioni è, pertanto, irricevibile.

Nel merito

35.
    A sostegno del suo ricorso d'annullamento la IECC fa valere sei motivi: il primo è relativo alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato; il secondo alla violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17 e dell'art. 85, n. 3, del Trattato; il terzo ad un errore di diritto e ad un errore manifesto di valutazione dei fatti; il quarto allo sviamento di potere; il quinto alla violazione dell'art. 190 del Trattato; infine il sesto motivo attiene alla violazione di taluni principi generali del diritto.

36.
    Occorre anzitutto esaminare, nel caso presente, il terzo motivo dedotto dalla ricorrente.

Sul terzo motivo, relativo ad un errore di diritto e ad un errore manifesto nella valutazione, da parte della Commissione, dell'interesse comunitario del caso di specie

Argomenti delle parti

37.
    Nella prima parte di tale motivo la ricorrente sostiene che la Commissione non era più in diritto di invocare l'insussistenza «d'interesse comunitario» per respingere la sua denuncia in quanto quest'ultima era stata definitivamente istruita e la Commissione aveva riconosciuto l'esistenza di un'infrazione dell'art. 85 del Trattato (conclusioni del giudice Edward, designato come avvocato generale, nella sentenza del Tribunale 18 settembre 1992, causa T-24/90, Automec/Commissione, Racc. pag. II-2223, in prosieguo: la «sentenza Automec II», punto 105). Infatti, la Commissione può decidere di non istruire approfonditamente una causa in due sole ipotesi: quando ritenga che non siano stati violati gli artt. 85 e 86 del Trattato oppure quando, in base ad un esame preliminare, ritenga che, in assenza di un interesse comunitario, il caso non meriti di essere trattato prioritariamente (sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-114/92, BEMIM/Commissione, Racc. pag. II-147). Superate tali fasi preliminari del procedimento, la Commissione non può più invocare il concetto di interesse comunitario.

38.
    Nella seconda parte la ricorrente contesta alla Commissione di aver commesso un errore di diritto e un errore manifesto nella valutazione dell'interesse comunitario.

Sostiene, infatti, che, nella fattispecie, esisteva un interesse comunitario a proseguire l'esame a causa della rilevanza dell'asserita infrazione per il corretto funzionamento del mercato comune, della probabilità di poterne accertare l'esistenza e della portata delle misure istruttorie necessarie (sentenza Automec II, punto 86). Sottolinea, inoltre, l'assenza di soluzioni alternative all'adozione da parte di una decisione di divieto della Commissione in quanto, per il carattere internazionale dell'accordo CEPT, le azioni giudiziarie a livello nazionale sarebbero inappropriate. In tali circostanze il rigetto di una denuncia costituirebbe un diniego di giustizia. Ricorda, infine, che la Commissione ha dichiarato nella comunicazione degli addebiti rivolta agli OPP che «sussiste un pericolo reale di ripresa della prassi alla quale l'impegno ha posto fine e che, di conseguenza, è necessario chiarire la situazione giuridica». Tale considerazione avrebbe dovuto quindi condurre la Commissione ad adottare una decisione di constatazione della violazione del diritto della concorrenza, tanto più che non si era ancora posto fine a detta violazione.

39.
    Nella terza parte del motivo essa contesta alla Commissione di aver commesso un errore di diritto e un errore manifesto di valutazione dei fatti nel riferirsi alla bozza di accordo REIMS per respingere la denuncia.

40.
    Anzitutto, la Commissione avrebbe commesso un errore di diritto rifiutandosi di emanare una decisione di divieto nei confronti dell'accordo CEPT, sulla base dell'attuazione della bozza di un accordo asseritamente sostitutivo di detto accordo. Avrebbe anche commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti dichiarando che la conseguenza di una decisione vietante l'accordo CEPT consisterebbe «semplicemente nel ritardare la riforma e la ristrutturazione radicali del sistema delle spese terminali», mentre risulterebbe dal fascicolo che è solo grazie alle pressioni della Commissione che gli OPP hanno accettato di riformare il sistema CEPT. Una decisione di divieto avrebbe quindi costretto gli OPP ad adottare immediatamente un nuovo regime.

41.
    La ricorrente ritiene, inoltre, che la Commissione abbia valutato in maniera scorretta la bozza di accordo REIMS poiché, al momento in cui ha adottato la decisione impugnata, l'accordo non aveva ancora ricevuto la stesura definitiva né era stato sottoscritto dalle parti interessate e poiché la stampa riferiva che alcune parti intendevano non sottoscriverlo. Così facendo, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione dei fatti (in questo senso, sentenza del Tribunale 18 maggio 1994, causa T-37/92, BEUC e NCC/Commissione, Racc. pag. II-285, punto 59), poiché non avrebbe dimostrato che la bozza di accordo REIMS avrebbe posto necessariamente fine all'infrazione constatata.

42.
    Fa valere, infine, che l'accordo REIMS prevede un periodo transitorio troppo lungo e comporta aspetti discriminatori. Esso manterrebbe, peraltro, in vigore un certo numero di disposizioni illegittime dell'accordo CEPT, senza tuttavia risolvere i problemi sollevati nella denuncia (sentenza BEUC e NCC/Commissione, già citata, punto 54).

43.
    La Commissione ricorda, in risposta alla prima parte del motivo, che secondo la sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T-5/93, Tremblay e a./Commissione, (Racc. pag. II-185), non è tenuta ad adottare una decisione di divieto, anche nell'ipotesi in cui abbia concluso che un comportamento costituisce una violazione delle regole della concorrenza.

44.
    Quanto alla seconda parte, ritiene che l'elenco dei criteri menzionati al punto 86 della sentenza Automec II, già citata, non sia esaustivo e che essa potesse tener conto del desiderio manifestato dagli OPP di orientarsi verso il regime REIMS.

45.
    La Commissione nega, infine, di aver commesso un qualsiasi errore di valutazione o un qualsivoglia errore di diritto nella valutazione dell'accordo REIMS.

Giudizio del Tribunale

46.
    Per costante giurisprudenza, l'art. 3 del regolamento n. 17 non conferisce a chi presenta una domanda a norma del detto articolo il diritto a una decisione della Commissione, ai sensi dell'art. 189 del Trattato, in merito all'esistenza o meno di un'infrazione dell'art. 85 o dell'art. 86 del Trattato (in particolare sentenza BEMIM/Commissione, già citata, punto 62). Inoltre, la Commissione può respingere una denuncia qualora accerti che la pratica non presenta un interesse comunitario sufficiente per giustificare la prosecuzione dell'esame della medesima (sentenza BEMIM/Commissione, già citata, punto 80).

47.
    Qualora la Commissione rigetti una denuncia per l'insussistenza di interesse comunitario, il sindacato di legittimità che il Tribunale deve effettuare è diretto a verificare se la decisione controversa non si basi su fatti materialmente inesatti e non sia viziata da errori di diritto, da manifesti errori di valutazione o da sviamento di potere (sentenza Automec II, punto 80).

48.
    Nella fattispecie la ricorrente sostiene, nella prima parte del suo motivo, che la Commissione non poteva respingere la denuncia per mancanza di interesse comunitario sufficiente senza commettere un errore di diritto, tenuto conto della fase avanzata dell'istruttoria. Tale argomento non può essere accolto.

49.
    Siffatta interpretazione, infatti, sarebbe contraria non solo alla lettera stessa dell'art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, a tenore del quale la Commissione «può» adottare una decisione circa l'esistenza dell'asserita infrazione, ma contrasterebbe, inoltre, con una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza della Corte 18 ottobre 1979, causa 125/78, GEMA/Commissione, Racc. pag. 3173, punto 17), secondo la quale l'autore di una denuncia non ha il diritto di ottenere una decisione della Commissione ai sensi dell'art. 189 del Trattato. Al riguardo è stato precisato nella sentenza BEMIM/Commissione, citata, che la Commissione può adottare un provvedimento di archiviazione di una denuncia per mancanza di sufficiente interesse comunitario non soltanto prima di aver avviato l'istruzione

della pratica, ma anche dopo aver adottato provvedimenti di istruzione, qualora concluda in tal senso in questa fase del procedimento (punto 81).

50.
    Nella seconda parte del suo motivo la ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione ha violato le norme di diritto relative alla valutazione dell'interesse comunitario.

51.
    Al fine di valutare l'interesse comunitario a procedere all'esame di una pratica, la Commissione deve tener conto delle circostanze del caso di specie e, segnatamente, degli elementi di fatto e di diritto esposti nella denuncia presentatale. Spetta, in particolare, alla Commissione, dopo aver valutato, con tutta l'attenzione necessaria, gli elementi di fatto e di diritto addotti dal denunciante, mettere a confronto tra loro la rilevanza dell'asserita infrazione per il funzionamento del mercato comune, la probabilità di poterne accertare l'esistenza e la portata delle misure d'indagine necessarie, al fine di adempiere, nel miglior modo possibile, il proprio compito di vigilanza sul rispetto degli artt. 85 e 86 del Trattato (sentenza Automec II, punto 86).

52.
    La Commissione non è tuttavia tenuta a mettere a confronto tra loro, nella sua valutazione dell'interesse comunitario, solo gli elementi enumerati dal Tribunale nella sentenza Automec II. Essa può quindi prendere in considerazione, nell'ambito di tale valutazione, altri elementi pertinenti. Infatti, la valutazione dell'interesse comunitario si basa necessariamente su un esame delle circostanze peculiari di ciascuna fattispecie, effettuato sotto il controllo del Tribunale.

53.
    Nella fattispecie risulta da una lettura complessiva della decisione impugnata che la Commissione ha respinto la denuncia, per quanto riguarda l'asserita violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, per insussistenza di interesse comunitario, dato che le imprese considerate dalla denuncia dovevano modificare i comportamenti denunciati nel senso da essa raccomandato.

54.
    Al riguardo il Tribunale ricorda che l'ampiezza degli obblighi della Commissione nel campo del diritto della concorrenza dev'essere esaminata alla luce dell'art. 89, n. 1, del Trattato, il quale costituisce in tale materia la manifestazione specifica del compito generale di vigilanza affidato alla Commissione dall'art. 155 del Trattato (sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 63).

55.
    Il compito di vigilanza conferitole nel campo del diritto della concorrenza comprende l'incarico di indagare sulle singole infrazioni e reprimerle, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80, 101/80, 102/80 e 103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 105).

56.
    Inoltre, l'art. 86 costituisce un'espressione dello scopo generale assegnato dall'art. 3, lett. g), del Trattato all'azione della Comunità, cioè l'instaurazione di un regime che garantisca che la concorrenza non venga falsata nel mercato comune (nello stesso senso, sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 38).

57.
    Tenuto conto di detto scopo generale e del compito affidato alla Commissione, il Tribunale considera che, con riserva di motivare siffatta decisione, la Commissione può decidere che non è opportuno dare seguito ad una denuncia relativa a pratiche contrarie all'art. 85, n. 1, del Trattato qualora i fatti esaminati le consentano legittimamente di ritenere che i comportamenti delle imprese interessate saranno modificati in un senso favorevole all'interesse generale.

58.
    In tale situazione compete alla Commissione, nell'ambito del suo compito di vigilanza sulla corretta applicazione del Trattato, decidere se sia consono all'interesse della Comunità incitare le imprese interessate dal procedimento amministrativo a modificare i loro comportamenti in considerazione delle censure formulate nei loro confronti (in questo senso, sentenza della Corte 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punto 15) ed esigere che esse garantiscano che detti comportamenti saranno effettivamente modificati nel senso da essa raccomandato piuttosto che dichiarare formalmente in una decisione che tali comportamenti imprenditoriali violano le norme del Trattato in materia di concorrenza.

59.
    Di conseguenza, la Commissione era legittimata a considerare che, nelle circostanze del caso di specie, fosse preferibile, tenendo conto della limitatezza delle sue risorse, favorire la riforma in corso del sistema delle spese terminali invece di sanzionare tale sistema con il divieto dell'accordo CEPT.

60.
    Per quanto riguarda l'asserita contraddizione tra la comunicazione degli addebiti e la decisione 17 febbraio 1995 in merito al rischio di recidiva degli OPP, è sufficiente rilevare che l'affermazione della Commissione riprodotta dalla ricorrente (v. supra, punto 38) si riferiva alle pratiche di intercettazione applicate dagli OPP in base all'art. 23 della Convenzione UPU, che costituisce oggetto delle cause T-133/95 e T-204/95. Detto argomento non è quindi pertinente nell'ambito della presente causa.

61.
    Poiché la Commissione ha scelto di incitare le imprese interessate a modificare i comportamenti denunciati nel senso da essa indicato nella comunicazione degli addebiti, la ricorrente non può invocare la mancanza di un'alternativa giurisdizionale nazionale all'adozione di una decisione di divieto dato che, adottando tale comportamento conforme alla sua politica nei riguardi del settore postale, nella fattispecie la Commissione ha risposto del pari alle censure mosse dalla ricorrente, nella sua denuncia e nella sua corrispondenza successiva, nei confronti del vecchio sistema tariffario.

62.
    Infine la ricorrente sostiene, nella terza parte del suo motivo, che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione riferendosi alla bozza di accordo REIMS per respingere la sua denuncia.

63.
    Tale affermazione non può essere accolta. Infatti, la Commissione non ha commesso errori considerando che, alla data dell'adozione della decisione, la bozza di accordo REIMS fornisse sufficienti garanzie di esito complessivamente positivo dell'iter negoziale tra gli OPP, diretto ad istituire un sistema fondato sui costi reali che questi sostengono nel trattamento della corrispondenza a livello nazionale. Malgrado la transitorietà e la potenziale imperfezione della bozza di accordo REIMS, peraltro riconosciute dalla Commissione, il documento da questa richiamato nella decisione impugnata già descriveva dettagliatamente il nuovo sistema basato sulle tariffe postali nazionali che sarebbe stato istituito a partire dal 1. gennaio 1996. Detto documento evidenziava lo stato intermediario, ma sicuro dell'iter negoziale tra tutti gli OPP interessati. In tale contesto occorre anche sottolineare che la Commissione non ha mai affermato che l'esistenza della bozza di accordo REIMS avesse fatto venir meno ipso facto gli aspetti anticoncorrenziali dell'accordo CEPT menzionati dalla denunciante.

64.
    Peraltro gli argomenti della ricorrente secondo i quali l'accordo preliminare REIMS prevederebbe un periodo transitorio troppo lungo e comporterebbe aspetti discriminatori non possono incidere sulla legittimità della decisione impugnata. Il Tribunale non può, infatti, esaminare dettagliatamente tutte le disposizioni dell'accordo preliminare REIMS, quale notificato successivamente alla Commissione, senza pregiudicare la valutazione che la Commissione deve ancora esprimere riguardo a detto accordo ai sensi dell'art. 85, nn. 1 e 3, del Trattato nell'ambito di detta notifica.

65.
    Inoltre i fatti all'origine della presente causa sono diversi da quelli esaminati dal Tribunale nella sentenza BEUC E NCC/Commissione, già citata. In detta sentenza il Tribunale aveva annullato la decisione della Commissione per errore nella valutazione dei fatti relativi alla cessazione dell'infrazione. Tale valutazione di fatto, specificamente pertinente a quella causa, non può essere trasposta alla presente controversia. Peraltro, si è già sottolineato supra, nel punto 63, che la Commissione non ha affatto affermato nella decisione impugnata che l'accordo preliminare REIMS avesse ipso facto posto termine all'accordo CEPT.

66.
    Per quanto riguarda l'argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe commesso un errore nel considerare che l'adozione di una decisione di divieto rischiava di far naufragare le trattative concernenti l'accordo REIMS, occorre ricordare la giurisprudenza costante secondo la quale il Tribunale deve limitarsi a verificare l'insussistenza di errori manifesti di valutazione nell'ambito del controllo delle conseguenze che la Commissione trae dai fatti sottoposti alla sua valutazione (sentenza BEMIM/Commissione, già citata, punto 72). Nell'ambito di tale controllo il Tribunale non può sostituire la propria valutazione a quella della

Commissione in merito alla precisa portata delle conseguenze concrete di fatti complessi (sentenza della Corte 18 marzo 1975, causa 78/74, Deuka, Racc. pag. 421, punti 9 e 10). Ora, nel caso in esame la Commissione poteva legittimamente ritenere che l'adozione di una decisione di divieto avrebbe complicato in misura sostanziale l'iter volto all'adozione dell'accordo preliminare REIMS. Essa non ha quindi commesso errori manifesti nel valutare le conseguenze dell'eventuale emanazione di una decisione di divieto. L'argomento della ricorrente secondo il quale gli OPP in passato avrebbero modificato il loro atteggiamento nei confronti del remailing solo dietro pressione della Commissione non scalfisce la correttezza di tale giudizio.

67.
    Deve essere del pari respinto l'argomento della ricorrente secondo il quale l'accordo preliminare REIMS manterrebbe in vigore talune disposizioni vietate dell'accordo CEPT, nonostante il fatto che il rinnovo di un analogo accordo restrittivo della concorrenza sia stato censurato nel punto 54 della sentenza BEUC e NCC/Commissione, già citata. Infatti, in detta causa il semplice rinnovo dell'accordo informale di cui trattavasi implicava che esso continuasse a sussistere immutato, senza ulteriori controlli da parte della Commissione, mentre nella fattispecie la bozza di accordo REIMS, formalmente sottoscritta dagli OPP erecante una modifica sostanziale dello stato di fatto preesistente, è oggetto di una minuziosa disamina da parte della Commissione sotto il profilo della sua compatibilità con l'art. 85 del Trattato nell'ambito della notifica sopra citata.

68.
    Per quanto riguarda l'argomento secondo il quale le risposte fornite dagli OPP alla comunicazione degli addebiti devono essere considerate rivelatrici del loro rifiuto di sottomettersi alla volontà della Commissione, occorre osservare che non si può esigere che un'impresa destinataria di una comunicazione degli addebiti manifesti, al momento della redazione della risposta alla medesima comunicazione, unicamente l'intenzione di aderire alla posizione della Commissione. Tale impresa deve, infatti, poter confutare le affermazioni giuridiche e fattuali della Commissione. Una interpretazione contraria priverebbe di significato il diritto di rispondere alla comunicazione degli addebiti previsto dall'art. 3 del regolamento n. 99/63 (sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T-30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II-1439, punto 35).

69.
    Alla luce di tutto quanto precede, il motivo deve essere interamente respinto.

Sul primo e sul secondo motivo, relativi, rispettivamente alla violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato e alla violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento n. 17 e dell'art. 85, n. 3, del Trattato

Argomenti delle parti

70.
    Nell'ambito del primo motivo la ricorrente espone, in sostanza, che la Commissione ha accertato nella comunicazione degli addebiti, e successivamente nella decisione 17 febbraio 1995, che l'accordo CEPT violava l'art. 85 del Trattato. L'istituzione

avrebbe, pertanto, violato detta disposizione omettendo di censurare gli OPP interessati e respingendo la sua denuncia. Essa si riferisce, al riguardo, alla sentenza della Corte 11 aprile 1989, causa 66/86, Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line Reeisebüro (Racc. pag. 803, punti 51 e 52), nella quale la Corte avrebbe vietato alle istituzioni comunitarie di favorire la formazione di accordi o di pratiche contrari al diritto della concorrenza.

71.
    Con il secondo motivo la ricorrente fa valere che, omettendo di imporre agli OPP di porre fine all'accordo CEPT di cui avrebbe riconosciuto il carattere restrittivo, la Commissione avrebbe accordato di fatto un'esenzione a tale accordo, in assenza di notificazione previa e senza che fossero ottemperate le condizioni sostanziali imposte dall'art. 85, n. 3, del Trattato. La ricorrente sottolinea inoltre che la Commissione non può invocare, nella propria decisione di rigetto, la complessità della pratica per astenersi dal sanzionare le infrazioni delle regole della concorrenza commesse dagli OPP.

72.
    La Commissione, da parte sua, rileva come risulti dall'art. 3 del regolamento n. 17 che il denunciante non ha il diritto di ottenere una decisione di constatazione di un'infrazione e di non essere tenuta a portare avanti un procedimento fino all'adozione di una decisione finale.

73.
    Secondo il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord l'esistenza di un eventuale errore di diritto nell'interpretazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato non avrebbe, in ogni caso, alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata, in quanto detta decisione non si fonda sull'esistenza di un'eventuale violazione di detta disposizione.

Giudizio del Tribunale

74.
    Il primo e il secondo motivo dedotti dalla ricorrente si fondano, in sostanza, sulla premessa che la Commissione abbia accertato, nella decisione 17 febbraio 1995, che l'accordo CEPT viola l'art. 85, n. 1, del Trattato. Ora, questa sola circostanza non è sufficiente per far ritenere che la Commissione abbia commesso, nella fattispecie, un errore di diritto non vietando, in una decisione formale, le pratiche denunciate. Infatti, come risulta dall'esame del motivo precedente, anche ammettendo che la Commissione consideri sussistenti i presupposti per l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, essa, da un lato, non è tenuta ad adottare una decisione che dichiari l'esistenza dell'infrazione, e, d'altro lato, può considerare, in una decisione di rigetto della denuncia che ha originato l'indagine, che non è consono all'interesse della Comunità dichiarare l'esistenza di tale infrazione.

75.
    Peraltro, deve essere respinto l'argomento della ricorrente secondo il quale, adottando la decisione di rigetto, la Commissione avrebbe «favorito» l'adozione o il mantenimento in vigore di un accordo restrittivo della concorrenza ai sensi della

sentenza Ahmed Saeed Flugreisen e Silver Line Reeisebüro, già citata. Non si può, infatti, equiparare il rigetto di una denuncia basata, in sostanza, sull'adozione dell'accordo REIMS, che viene incontro alle principali obiezioni formulate dalla Commissione e dalla denunciante, ad un «favore» accordato dalla Commissione all'accordo CEPT in tal modo sostituito.

76.
    L'argomento secondo il quale la Commissione non può invocare la complessità di una pratica restrittiva della concorrenza per respingere una denuncia non è pertinente. Occorre infatti osservare che detta istituzione si è legittimamente limitata a far richiamo alla complessità della pratica, nei punti 6 e 10 della decisione 17 febbraio 1995, per spiegare perché riteneva che i problemi connessi all'esistenza dell'accordo CEPT potessero essere risolti con maggiori probabilità mediante l'accordo preliminare REIMS, piuttosto che mediante una decisione di divieto. La decisione impugnata non può quindi essere in nessun caso interpretata come basata, in sé e per sé, sulla complessità della pratica per respingere la denuncia della ricorrente.

77.
    Il primo ed il secondo motivo devono pertanto essere interamente respinti.

Sul quarto motivo, relativo allo sviamento di potere

Argomenti delle parti

78.
    La ricorrente ritiene che la Commissione abbia commesso uno sviamento di potere utilizzando i suoi poteri in materia di concorrenza al fine di realizzare obiettivi di natura politica, vale a dire «garantire un buon clima politico nei rapporti tra la Commissione e le amministrazioni postali e, di conseguenza, i rispettivi Stati membri».

79.
    Essa segnala, da un lato, di essere stata costretta più volte ad esortare la Commissione ad agire ai sensi dell'art. 175 del Trattato e che l'inattività di quest'ultima l'ha costretta ad inviare un gran numero di lettere a numerosi suoi responsabili. D'altro lato, considera che l'esistenza di pressioni politiche è dimostrata, tra l'altro, dalla risposta dell'amministrazione postale tedesca alla comunicazione degli addebiti, ai termini della quale «la denuncia stona nel clima di costruttiva cooperazione tra le autorità postali e la Commissione. Per attenuare i danni politici suggeriamo di non proseguire il procedimento in un prossimo futuro». Il contrasto tra svariate dichiarazioni pubbliche dei responsabili dalla Commissione, che promettevano un'applicazione rigorosa delle regole della concorrenza, il considerevole ritardo successivamente accumulato dalla Commissione nel trattare questo caso e, infine, la dichiarazione anonima di un responsabile della Commissione, pubblicata nella rivista The Economist, secondo la quale: «Nessuno si occupa di questa pratica (...)» proverebbero del pari l'esistenza di pressioni politiche.

80.
    La ricorrente ritiene del pari che per ragioni politiche la Commissione abbia tentato di coordinare la trattazione della sua denuncia e l'adozione del libro verde sui servizi postali nel 1992.

81.
    Infine, considera che l'atteggiamento della Commissione in questa pratica, contrario ad una prassi costante di intervento nei confronti di accordi di fissazione dei prezzi, può spiegarsi soltanto con la notevole pressione politica da essa subita.

82.
    La Commissione nega, da parte sua, che il rigetto della denuncia sia stato motivato da obiettivi di natura politica e controbatte che la ricorrente non ha prodotto alcuna prova tangibile dell'esistenza di un qualsiasi sviamento di potere.

Giudizio del Tribunale

83.
    Secondo una giurisprudenza consolidata, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati (sentenza della Corte 12 novembre 1996, causa C-84/94, Regno Unito/Consiglio, Racc. pag. I-5755, punto 69; sentenza Tremblay e a./Commissione, citata, punti 87 e seguenti).

84.
    Ora, non risulta né dagli elementi di fatto o dai documenti forniti, né dagli argomenti prospettati dalla ricorrente che la Commissione abbia sviato il procedimento amministrativo dal suo scopo dichiarato, quale espresso nella decisione 17 febbraio 1995.

85.
    Infatti, il lasso di tempo, relativamente lungo, per l'adozione della decisione di rigetto 17 febbraio 1995 e, in precedenza, il lasso di tempo per l'adozione della comunicazione degli addebiti del 1993 possono essere giustificati in larga parte dalla complessità dei risvolti economici delle questioni sollevate, dal numero degli OPP implicati nelle trattative relative all'accordo preliminare REIMS, dall'adozione parallela del libro verde sui servizi postali e dal tempo necessario per l'istituzione di un sistema sostitutivo, quale l'accordo preliminare REIMS.

86.
    Quanto ai diversi inviti ad agire rivolti dalla ricorrente alla Commissione, occorre rilevare che essi sono stati seguiti da prese di posizione di quest'ultima, ai sensi dell'art. 175 del Trattato, o non sono stati seguiti dalla proposizione di ricorsi per carenza da parte della ricorrente.

87.
    Le dichiarazioni anonime di presunti funzionari della Comunità pubblicati da una rivista come l'Economist devono, dal canto loro, essere considerate alla stregua di semplici affermazioni e non quali prove o rudimenti di prove dell'esistenza di uno sviamento di potere.

88.
    Poiché dall'esame effettuato dal Tribunale emerge che la Commissione ha valutato correttamente la mancanza di interesse comunitario a proseguire la sua indagine,

non risulta che detta istituzione abbia indebitamente privilegiato lo sforzo di elaborazione di un quadro normativo a scapito dell'applicazione delle norme sulla concorrenza. Occorre, infine, sottolineare che la decisione impugnata cita il libro verde sui servizi postali solo quale elemento comprovante che l'accordo preliminare REIMS viene incontro alle obiezioni sollevate riguardo all'accordo CEPT e non respinge la denuncia per il semplice fatto dell'adozione di detto libro verde.

89.
    Alla luce di quanto precede, il motivo deve essere respinto.

Sul quinto motivo, relativo alla violazione dell'art. 190 del Trattato

Argomenti delle parti

90.
    La ricorrente ritiene che, dopo quasi sette anni di procedimento comprendente l'adozione di una comunicazione degli addebiti, la Commissione fosse obbligata ad affrontare in modo particolarmente accurato ed esauriente i punti da essa sollevati presso detta istituzione. Ora, essa ritiene che la decisione impugnata non ottemperi affatto a tali rigorosi criteri. La decisione non indicherebbe, infatti, le ragioni per le quali non sussisterebbe un interesse comunitario all'emanazione di un divieto, eviterebbe di precisare perché gli effetti positivi dell'accordo REIMS sarebbero compromessi dall'emanazione di una decisione di divieto e non preciserebbe per quali motivi occorrerebbe necessariamente fare riferimento all'accordo REIMS per risolvere i problemi sollevati nella denuncia. Ricorda, inoltre, che se una decisione si discosta da una prassi decisionale precedente, la Commissione non può limitarsi ad adottare una decisione sommaria e deve esporre il proprio ragionamento in modo esplicito (sentenza della Corte 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 71).

91.
    La ricorrente fa riferimento, peraltro, al punto 86 della sentenza Automec II e considera che la Commissione non ha giustificato la propria valutazione dell'interesse comunitario in rapporto a nessuno dei criteri enunciati in tale sentenza.

92.
    Ritiene, infine, che non potesse considerarsi sufficientemente informata sulle ragioni dell'adozione della decisione poiché aveva ottenuto solo una copia della relazione provvisoria di sintesi dell'accordo REIMS in data 4 febbraio 1994 e non una copia dell'accordo provvisorio sottoscritto il 17 febbraio 1995.

93.
    La Commissione controbatte di aver motivato a sufficienza la propria decisione di rigetto, in quanto risulta chiaramente da quest'ultima che la sua principale obiezione nei confronti dell'accordo CEPT consisteva nel fatto che quest'ultimo non era fondato sui costi realmente sostenuti dagli OPP e che l'accordo REIMS mirava per l'appunto a creare un nesso tra le spese terminali e la struttura tariffaria nazionale.

Giudizio del Tribunale

94.
    Secondo una costante giurisprudenza la motivazione di una decisione individuale deve consentire, da un lato, al suo destinatario di conoscere le ragioni del provvedimento adottato, al fine di poter far eventualmente valere i propri diritti e di verificare se la decisione sia o no fondata, e al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo di legittimità (v. sentenze del Tribunale Tremblay e a./Commissione, già citata, punto 29, 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punti 75 e 76, e 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-961, punti 103 e 104).

95.
    Risulta inoltre dalla giurisprudenza che la portata dell'obbligo di motivazionedipende dalla natura dell'atto e dal contesto nel quale esso è stato adottato (sentenza della Corte 14 gennaio 1981, causa 819/79, Germania/Commissione, Racc. pag. 21, punto 19). In particolare, il Tribunale ha precisato nel punto 85 della sentenza Automec II che l'obbligo di motivazione sancito dall'art. 190 del Trattato costituisce uno strumento essenziale di controllo giurisdizionale in relazione all'uso che la Commissione fa della nozione di interesse comunitario allo scopo di respingere talune denunce.

96.
    Il Tribunale ritiene che nel caso specifico la Commissione abbia rispettato tale obbligo di motivazione. Infatti, la decisione 17 febbraio 1995 espone circostanziatamente le ragioni specifiche del rigetto della denuncia, riferendosi precisamente al contesto della pratica. Lungi dal riferirsi astrattamente alla nozione di interesse comunitario, la decisione precisa chiaramente nel punto 12 che la denuncia dev'essere respinta poiché l'accordo preliminare REIMS viene incontro all'obiezione principale della Commissione nei confronti dell'accordo CEPT.

97.
    Deve essere del pari respinto l'argomento secondo il quale la Commissione non avrebbe giustificato la propria decisione in relazione i tre criteri enunciati nel punto 86 della sentenza Automec II. Infatti, si è considerato supra, nell'ambito dell'esame del terzo motivo, che la Commissione non era tenuta ad esaminare l'opportunità del rigetto della denuncia solo in base a detti criteri. Pertanto, essa non può essere obbligata a motivare la sua decisione di rigetto unicamente in funzione di detti criteri.

98.
    Inoltre, nella sentenza BAT e Reynolds/Commissione, già citata (punti 23 e 24), la Corte ha considerato che il procedimento amministrativo costituisce, fra l'altro, l'occasione, per le imprese interessate, per adeguare gli accordi o le pratiche criticate alle norme del Trattato e che questa possibilità presuppone il diritto delle imprese e della Commissione di intavolare negoziati riservati onde determinare le modifiche che possono far venir meno gli addebiti mossi dall'istituzione. Pertanto gli interessi legittimi dei denuncianti sono pienamente salvaguardati qualora essi siano informati del risultato di detti negoziati, in considerazione del quale la Commissione si propone di archiviare le denunce, senza avere per questo il diritto di accedere agli specifici documenti che sono stati oggetto di dette trattative. In ogni caso, la ricorrente ha ancora possibilità di far valere le proprie osservazioni

sull'accordo preliminare REIMS in occasione dell'esame di detto accordo alla luce dell'art. 85, nn. 1 e 3, del Trattato nell'ambito della predetta notifica dell'accordo medesimo.

99.
    Avendo la Commissione correttamente motivato la propria decisione per quanto concerne le ragioni per le quali l'esistenza dell'accordo preliminare REIMS giustificava l'insussistenza di interesse comunitario a proseguire la sua indagine, il Tribunale ritiene che detta istituzione abbia del pari sottolineato sufficientemente i motivi per i quali l'adozione di una decisione di divieto avrebbe ridotto la determinazione degli OPP a partecipare congiuntamente all'iter negoziale dell'accordo preliminare REIMS.

100.
    Peraltro, il punto 12 della decisione impugnata fornisce spiegazioni sufficienti per quanto riguarda il carattere speculativo delle informazioni relative all'accordo preliminare REIMS di cui la Commissione era in possesso. I limiti nei quali la Commissione poteva legittimamente invocare tali informazioni asseritamente speculative sono stati valutati nell'ambito del terzo motivo, respinto in precedenza.

101.
    Per il complesso di tali ragioni, occorre respingere il quinto motivo.

Sul sesto motivo, relativo alla violazione di taluni principi generali del diritto

102.
    La ricorrente va valere, nella prima parte del motivo, che la Commissione ha violato i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento in quanto non ha vigilato, come aveva lasciato sperare, sul rispetto del diritto della concorrenza. Essa ricorda che la Commissione aveva precisato nella causa che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. II-755, punto 29), che «nessuno può legittimamente attendersi di eludere le conseguenze di azioni passate semplicemente modificando la propria condotta per l'avvenire».

103.
    Nella seconda parte essa sostiene che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità nel chiudere il procedimento. L'esiguità dei mezzi impiegati e il carattere aleatorio dell'accordo REIMS sarebbero, infatti, sproporzionati in confronto all'evidente violazione del diritto della concorrenza costituita dall'accordo CEPT.

104.
    Nella terza parte essa assume che la Commissione ha violato il principio di non discriminazione in quanto ha dato alla sua denuncia un trattamento diverso da quello riservato a pratiche che sollevavano problemi analoghi.

105.
    Infine, nella quarta parte del motivo, ritiene che la Commissione abbia violato il principio di buona amministrazione obbligandola più volte ad esperire i rimedi giuridici appropriati.

106.
    La Commissione si limita a ricordare che risulta dalla sentenza Tremblay e a./Commissione, già citata, che il denunciante non gode del diritto di ottenere una decisione riguardo all'esistenza di un'infrazione e non può pertanto nutrire alcun legittimo affidamento nel fatto che otterrà una decisione di tal fatta. Essa nega, peraltro, di aver mancato di osservare i principi generali invocati dalla ricorrente.

Giudizio del Tribunale

107.
Per quanto riguarda la prima parte del motivo, non si può ritenere che la Commissione abbia violato il principio della certezza del diritto o il principio della tutela del legittimo affidamento, in quanto, come risulta dalla giurisprudenza citata dalla Commissione, il denunciante non può considerarsi titolare del diritto di ottenere dalla Commissione una decisione di condanna. Risulta, peraltro, dal giudizio espresso dal Tribunale sul terzo motivo che, adottando la decisione 17 febbraio 1995, la Commissione ha legittimamente invocato la nozione di interesse comunitario per respingere la denuncia, senza travalicare i limiti del suo potere discrezionale.

108.
    La critica formulata nella seconda parte del motivo fa, in realtà, rinvio alla questione della misura in cui la Commissione avesse il diritto di invocare l'esistenza dell'accordo preliminare REIMS per respingere la denuncia della ricorrente. Detta critica deve, pertanto, essere respinta per gli stessi motivi enunciati supra, nell'ambito della valutazione della terza parte del terzo motivo.

109.
    Per quanto riguarda la terza parte del motivo in esame, occorre rilevare che la ricorrente non ha comprovato che in una situazione identica a quella sussistente nella fattispecie la Commissione, contrariamente a quanto ha fatto nella presente controversia, abbia censurato le imprese interessate. La ricorrente, di conseguenza, non ha dimostrato l'asserita violazione del principio di non discriminazione.

110.
    Risulta, infine, da quanto precede, nonché dal fatto che la Commissione ha legittimamente invocato l'insussistenza di interesse comunitario, che la Commissione non ha violato il principio di buona amministrazione.

111.
    Per tutte queste ragioni il sesto motivo deve essere respinto.

Sulla domanda di produzione di documenti

112.
    Nelle sue osservazioni sulle memorie d'intervento, la ricorrente ha concluso che il Tribunale voglia ordinare la produzione dell'accordo preliminare REIMS.

113.
    Nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento il Tribunale ha richiesto la produzione di detto documento. Si è ottemperato a tale richiesta.

Sulle spese

114.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente e la Commissione e l'interveniente La Poste hanno concluso in tal senso, la ricorrente va condannata alle spese. Il Post Office, che non ha formulato conclusioni sulle spese, sopporterà le proprie spese.

Il Regno Unito sopporterà le proprie spese, ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, di detto regolamento.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1.
    Il ricorso d'annullamento è respinto.

2.
    La ricorrente sopporterà le proprie spese nonché le spese della Commissione e quelle della Poste.

3.
    Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Post Office sopporteranno le loro spese.

Vesterdorf
Briët
Lindh

Potocki

Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 settembre 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: l'inglese.