Language of document : ECLI:EU:T:1998:242

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

15 ottobre 1998 (1)

«Antidumping — Regolamento (CEE) n. 2423/88 — Calcio-metallico — Ripresa di un'indagine antidumping — Diritti della difesa — Prodotto similare — Danno — Interesse della Comunità — Motivazione — Sviamento di potere — Inopponibilità di un regolamento antidumping ad un importatore»

Nella causa T-2/95,

Industrie des poudres sphériques, società di diritto francese, con sede in Annemasse (Francia), con l'avv. Chantal Momège, del foro di Parigi, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio Alex Schmitt, 7, val Sainte-Croix,

ricorrente,

contro

Consiglio dell'Unione europea, rappresentata inizialmente dai signori Ramón Torrent e Jorge Monteiro, in seguito dai signori Torrent e Yves Cretien, consiglieri giuridici, successivamente dai signori Torrent e Antonio Tanca, membro del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dal signor Philip Bentley, barrister of Lincoln's Inn, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della direzione degli affari giuridici della Banca europea per gli investimenti, 100, boulevard Konrad Adenauer,

convenuto,

sostenuto da

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Nicholas Khan e Xavier Lewis, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

Péchiney électrométallurgie, società di diritto francese, con sede a Courbevoie (Francia),

e

Chambre syndicale de l'électrométallurgie e de l'électrochimie, associazione di diritto francese, con sede a Parigi,

rappresentati inizialmente dagli avv.ti Jacques-Philippe Gunther e Hubert de Broca, del foro di Parigi, successivamente solo dall'avv. Gunther, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio degli avv.ti Loesch e Wolter, 11, rue Goethe,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda mirante all'annullamento del regolamento (CEE) del Consiglio 19 ottobre 1994, n. 2557, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU L 270, pag. 27) e, in subordine, a che sia dichiarata l'inopponibilità di tale regolamento alla ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dai signori J. Azizi, presidente, B. Vesterdorf, R. García-Valdecasas, R.M. Moura Ramos e M. Jaeger, giudici,

cancellieri: Blanca Pastor, amministratore principale e A. Mair, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 2 dicembre 1997,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

A — La pratica Extramet

1.
    Nel luglio 1987, la Chambre syndicale de l'électrométallurgie e de l'électrochimie (in prosieguo: la «Chambre syndicale»), associazione di diritto francese che opera per conto della società Péchiney électrométallurgie (in prosieguo: la «PEM»), società di diritto francese, ha presentato una denuncia presso la Commissione, con cui chiedeva l'adozione di misure antidumping nei confronti delle importazioni di calcio-metallico originarie della Repubblica popolare cinese e dell'Unione sovietica.

2.
    Il 26 gennaio 1988, la Commissione ha avviato una procedura antidumping in applicazione del regolamento (CEE) del Consiglio 23 luglio 1984, n. 2175relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni da parte di paesi non membri della Comunità economica europea (GU L 201, pag. 1).

3.
    Con regolamento (CEE) della Commissione 17 marzo 1989, n. 707, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e dell'Unione Sovietica (GU L 78, pag. 10), la Commissione ha imposto un dazio antidumping provvisorio del 10,7% sul prodotto di cui è causa.

4.
    Dopo una proroga del dazio provvisorio, il Consiglio, con regolamento (CEE) 18 settembre 1989, n. 2808, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e dell'Unione Sovietica e che decide la riscossione definitiva del dazio antidumping provvisorio istituito su dette importazioni (GU L 271, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2808/89»), ha imposto dazi del 21,8% e del 22% sul prodotto di cui trattasi.

5.
    Il 27 novembre 1989, la ricorrente, la cui ragione sociale era allora Extramet Industrie SA, ha presentato un ricorso mirante all'annullamento di questo regolamento.

6.
    Il ricorso è stato dichiarato ricevibile con sentenza della Corte 16 maggio 1991, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio (Racc. pag. I-2501; in prosieguo la «sentenza Extramet I»). Con sentenza 11 giugno 1992, causa C-358/89, Extramet Industrie/Consiglio (Racc. pag. I-3813; in prosieguo: la «sentenza Extramet II»), la Corte ha annullato il regolamento n. 2808/89con la motivazione che le istituzioni comunitarie non avevano, da un lato, effettivamente esaminato la questione se il produttore comunitario del prodotto cui si riferisce il regolamento di cui è causa, cioè la PEM, non avesse esso stesso contribuito con il suo rifiuto di vendita al danno subito e, dall'altro, non avevano provato che il danno rilevato non derivasse

dai fattori allegati dalla ricorrente, di modo che esse non avevano proceduto in maniera corretta alla determinazione del danno (punti 19 e 20 della sentenza).

7.
    Con decisione 31 marzo 1992, il consiglio della concorrenza francese ha condannato la PEM per un abuso di posizione dominante commesso tra l'ottobre 1982 e la fine del 1984 da parte della Société électrométallurgique du Planet (SEMPS), società rilevata dalla PEM nel dicembre 1985.

8.
    Con sentenza 14 gennaio 1993, la Cour d'appel di Parigi ha confermato questa decisione, pur ritenendo che dagli elementi sottoposti alla sua valutazione non risultava che, al di là del 1984, alla PEM fossero imputabili pratiche anticoncorrenziali.

B — Il prodotto

9.
    Il calcio-metallico primario è un elemento chimico fabbricato a partire dall'ossido di calcio (calce), o dal cloruro di calcio, che si presenta sotto forma di pezzi e di trucioli.

10.
    Esso viene prodotto in cinque paesi, in Francia (dalla PEM), in Cina, in Russia, in Canada e negli Stati Uniti d'America. I produttori utilizzano due processi di applicazione diversi: il processo elettrolitico e il processo alluminotermico.

11.
    Il processo elettrolitico, utilizzato in Cina e in Russia, comporta due fasi: l'elettrolisi del cloruro di calcio, nel corso della quale il calcio si deposita su un catodo di rame, formando una lega di rame-calcio, e la distillazione della lega rame-calcio, che consente di separare questi due metalli.

12.
    Il processo alluminotermico comporta una sola fase di riduzione dell'ossido di calcio (calce) mediante l'alluminio con condensazione dei vapori di calcio. Questo processo, relativamente flessibile nella sua effettuazione, viene utilizzato da tutti i produttori occidentali per i suoi costi ridotti di investimento e di gestione.

13.
    Nei due processi sopra indicati si ottiene un calcio-metallico primario che è utilizzato in quanto tale dalle industrie del piombo, del piombo-calcio e del ferro-leghe (40% del consumo totale del calcio-metallico), mentre serve come materia prima per la fabbricazione del calcio in granuli, da parte dell'industria siderurgica (46% del consumo totale) e per le applicazioni nei trattamenti del calcio ad alta temperatura (circa 11% del consumo totale).

14.
    La divisione del calcio-metallico primario viene effettuata con due processi:

—    la frantumazione meccanica a freddo dei trucioli o pezzi di calcio-metallico primario, adottata dalla PEM e dagli altri trasformatori comunitari per produrre il calcio-metallico in granuli;

—    il processo consistente in un forno di fusione unito ad un impianto di granulazione mediante atomizzazione del metallo liquido, il tutto funzionante sotto pressione di un gas inerte (argo), processo adottato dalla ricorrente per produrre il calcio-metallico in polvere sotto forma di granuli di metalli reattivi.

C — La società ricorrente Industrie des poudres sphériques

15.
    La società Industrie des poudres sphériques (in prosieguo: la «IPS»), già denominata Extramet Industrie, è un'impresa con sede ad Annemasse (Francia), specializzata nella produzione di calcio-metallico in granuli di metalli reattivi a partire dal calcio-metallico. Essa è stata creata nel 1982 in seguito alla scoperta nel 1980 di un procedimento di granulazione.

16.
    Al fine di rifornirsi di calcio-metallico essa si è rivolta, sin dall'inizio, al produttore comunitario, cioè innanzitutto alla Société électrométallurgique du Planet, successivamente, dopo la fusione, nel 1985, di questa impresa con la PEM, a quest'ultima.

D. Il procedimento amministrativo

17.
    In seguito alla sentenza Extramet II, la PEM in data 1° luglio 1992 ha inviato alla Commissione una memoria a sostegno di una riapertura dell'indagine e una nota di natura tecnica sulla valutazione del danno subito dall'industria comunitaria.

18.
    Ritenendo che l'indagine «ricominci de jure», la Commissione, con lettera 17 luglio 1992, ha invitato la ricorrente, a formulare le sue osservazioni sulla valutazione del danno subito dall'industria comunitaria. In questa lettera, essa ha precisato che aveva chiesto alla PEM di presentare le sue osservazioni sulla stessa questione.

19.
    Con lettera 14 agosto 1992, la ricorrente ha contestato la fondatezza dell'interpretazione accolta dalla Commissione circa la possibilità giuridica di ricominciare l'indagine. Essa ha chiesto che le fosse indirizzata una decisione nella debita forma, che potesse essere impugnata.

20.
    Con lettera 21 agosto 1992, essa ha confermato quest'ultima richiesta.

21.
    Il 14 ottobre 1992 essa ha ricevuto dalla Commissione la nota sul danno inviata a quest'ultima dalla PEM il 1° luglio 1992.

22.
    Il 14 novembre 1992 la Commissione ha pubblicato una comunicazione relativa alla procedura antidumping concernente l'importazione di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU C 298, pag. 3).

23.
    Con lettera 18 novembre 1992 la Commissione ha informato la ricorrente della pubblicazione della comunicazione e le ha chiesto di rispedirle taluni questionari entro 30 giorni. Essa ha indicato che il nuovo periodo d'indagine andava dal 1° luglio 1991 al 31 ottobre 1992.

24.
    Con lettera 23 dicembre 1992 la ricorrente ha presentato alla Commissione le sue osservazioni in merito alla nota sul danno depositata dalla PEM il 1° luglio 1992.

25.
    Con lettera 29 luglio 1993 la Commissione ha chiesto alla ricorrente di portare a sua conoscenza tutti i fatti che potessero consentirle di formarsi un convincimento, in particolare per quanto riguardava la questione del danno. Con lettera 12 agosto 1993 la ricorrente ha risposto che non aveva nuove informazioni da fornire su tale questione, in quanto la situazione non aveva subito alcuna modifica dopo la sua lettera del 23 dicembre 1992.

26.
    Il 21 aprile 1994 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 892, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU L 104, pag. 5; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»). Il dazio imposto ammontava a 2 074 ECU/tonnellata per il calcio-metallico originario della Cina e a 2 120 ECU/tonnellata per quello originario della Russia.

27.
    Il 31 maggio 1994 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sul regolamento provvisorio, facendo valere numerose riserve nei confronti di quest'ultimo. La Commissione ha risposto a queste osservazioni con una lettera del 14 giugno 1994.

28.
    L'11 agosto 1994, la Commissione ha comunicato alla ricorrente i principali fatti e considerazioni sulla base dei quali si intendeva proporre l'imposizione di un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Cina e della Russia.

29.
    Il 19 ottobre 1994, su proposta della Commissione, il Consiglio ha adottato ilregolamento (CE) n. 2557/94 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di calcio-metallico originario della Repubblica popolare cinese e della Russia (GU L 270, pag. 27; in prosieguo: il «regolamento controverso»). L'importo del dazio era mantenuto allo stesso livello di quello fissato dal regolamento provvisorio. Il Consiglio ha anche confermato i dazi antidumping istituiti con regolamento provvisorio.

Procedimento dinanzi al Tribunale

30.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 gennaio 1995, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

31.
    Lo stesso giorno essa ha presentato una domanda di provvedimenti urgenti per ottenere che fosse sospesa l'esecuzione del regolamento controverso. Questa

domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 24 febbraio 1995, causa T-2/95, IPS/Consiglio (Racc. pag. II-485).

32.
    Con ordinanza 28 aprile 1995 il presidente della Quarta Sezione ampliata del Tribunale ha ammesso la Commissione a intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta.

33.
    Con ordinanza 28 novembre 1995 il presidente della Quinta Sezione ampliata del Tribunale ha ammesso la PEM e la Chambre syndicale ad intervenire a sostegno delle conclusioni della convenuta ed ha accolto una domanda di trattamento riservato, nei confronti di tali intervenienti, dei dati indicati ai punti 9, 10, 14 e 15 della stessa ordinanza.

34.
    Il 16 aprile 1996, la PEM e la Chambre syndicale hanno presentato la loro memoria d'intervento. Il 17 giugno 1996 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni sulla memoria di intervento della PEM e della Chambre syndicale.

35.
    Con ordinanza 20 novembre 1996 il presidente della Quinta Sezione ampliata del Tribunale ha accolto una seconda domanda di trattamento riservato, nei confronti delle stesse parti intervenienti, dei dati indicati al punto 4 dell'ordinanza.

36.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di passare alla fase orale del procedimento.

37.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti del Tribunale all'udienza del 2 dicembre 1997.

Conclusioni delle parti

38.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

—    annullare il regolamento controverso;

—    in subordine dichiararlo inopponibile alla ricorrente;

—    condannare il Consiglio alle spese.

39.
    Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

40.
    La Commissione, interveniente, conclude che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese.

41.
    La PEM e la Chambre syndicale, intervenienti, concludono che il Tribunale voglia:

—    respingere il ricorso;

—    condannare la ricorrente alle spese causate dal loro intervento.

Sulla ricevibilità

Argomenti delle parti

42.
    Il Consiglio, nel suo controricorso, solleva un'eccezione d'irricevibilità. Esso rileva che, secondo la giurisprudenza costante, non è in generale ricevibile il ricorso di un importatore mirante all'annullamento di un regolamento che impone dazi antidumping. Anche se ammette che, in taluni casi, la Corte ha dichiarato che un regolamento che istituiva un dazio antidumping riguardava individualmente taluni operatori economici, i quali erano pertanto legittimati a presentare un ricorso d'annullamento, esso esprime i suoi dubbi circa la ricevibilità del presente ricorso, in quanto la ricorrente chiede in subordine che il regolamento adottato sia dichiarato ad essa inopponibile. Formulando questa domanda in subordine, la ricorrente ammetterebbe che i singoli possono far valere l'art. 173 del Trattato CE solo quando l'atto adottato ha il carattere di una decisione nei loro confronti.

43.
    Un regolamento che impone dazi antidumping non potrebbe avere la natura di decisione nei confronti di un importatore, ma potrebbe averla nei confronti di un esportatore, in quanto il dazio antidumping colpisce le importazioni del prodotto di quest'ultimo. Formulando la sua domanda in subordine, la ricorrente presupporrebbe che il Consiglio avrebbe potuto adottare una decisione che l'escludesse dal campo di applicazione del regolamento controverso.

44.
    Ora, poiché questo regolamento non può creare un regime di deroga a favore della ricorrente, esso non avrebbe natura di decisione nei suoi confronti. Ammettere la ricevibilità della domanda in via principale significherebbe ammettere erroneamente la possibilità di annullare una misura di portata generale su domanda di un singolo che era interessato solo nella sua qualità obiettiva di importatore. L'azione di un solo importatore impedirebbe così all'industria comunitaria di ottenere il ripristino di condizioni di concorrenza leale nei confronti di tutti gli operatori.

45.
    La Commissione sostiene che gli elementi costitutivi di una situazione particolare che caratterizzi la ricorrente rispetto a qualsiasi altro operatore economico, così come sono stati rilevati dalla sentenza Extramet I, non sussistano nella fattispecie.

Essa ritiene che la ricorrente non abbia dimostrato l'esistenza di una tale situazione particolare.

46.
    La legittimazione ad agire di un importatore dipendente non sarebbe un diritto spettante ad una persona o ad una società, bensì un diritto derivante da una situazione specifica, come risulterebbe dalla sentenza Extramet I. La ricorrente non potrebbe quindi limitarsi ad un semplice rinvio a questa sentenza. Infatti, la circostanza che il ricorso dell'ex società Extramet rivolto contro il regolamento n. 2808/89 sia stato dichiarato ricevibile nella causa C-358/89 non comporterebbe automaticamente che il ricorso della IPS, che è succeduta alla Extramet, sia ricevibile nella presente causa.

47.
    L'elemento che avrebbe distinto la situazione dell'Extramet rispetto a quella degli importatori indipendenti ricorrenti in altre cause sarebbe stato che la Extramet, in base alla formulazione della sentenza di cui trattasi (punto 17) «(incontrava) difficoltà a rifornirsi presso l'unico produttore comunitario (PEM), il quale (era) per giunta il suo principale concorrente per il prodotto finito». Ora, questo elemento mancherebbe nella fattispecie. Infatti, dalla decisione del consiglio della concorrenza francese del 31 marzo 1992 risulterebbe che nessun comportamento anticoncorrenziale poteva essere imputato alla PEM dopo il 1994. La situazione attuale si presenterebbe molto più come un rifiuto d'acquisto da parte della IPS che come un rifiuto di vendere da parte della PEM.

48.
    La ricorrente ritiene che la ricevibilità del ricorso non possa essere messa in causa dopo la sentenza Extramet I, la quale, per di più, sarebbe stata confermata dall'ordinanza del presidente del Tribunale 24 febbraio 1995.

Giudizio del Tribunale

49.
    Il solo criterio di ricevibilità accolto dalla Corte nella sentenza Extramet I era che l'atto riguardasse direttamente ed individualmente il ricorrente. La Corte ha ricordato (punto 13 della sentenza) che, benché alla luce dei criteri dell'art. 173, secondo comma, del Trattato i regolamenti istitutivi di dazi antidumping abbiano effettivamente, per la loro natura e per la loro portata, carattere normativo, in quanto si applicano a tutti gli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che le loro disposizioni possano riguardare individualmente determinati operatori economici. Ne consegue che i provvedimenti con cui sono istituiti dazi antidumping possono, in determinate circostanze e senza perdere la propria natura regolamentare, riguardare individualmente determinati operatori economici, i quali hanno pertanto titolo per chiederne l'annullamento in giudizio (punto 14 della sentenza). La Corte ha ritenuto che la ricorrente aveva fornito la prova dell'esistenza di un complesso di elementi atti a dimostrare il ricorrere di una situazione particolare che, in relazione al provvedimento di cui trattasi, la contraddistingueva rispetto a qualsiasi altro operatore economico.

50.
    Pertanto, l'argomento del Consiglio, basato in sostanza sul carattere regolamentare dell'atto impugnato rispetto agli importatori e sull'impossibilità di creare un regime di deroga avente natura di decisione a favore di un importatore, deve essere escluso.

51.
    Gli argomenti dedotti dalla Commissione a sostegno della sua eccezione di irricevibilità non possono essere accolti.

52.
    Infatti, contrariamente a quanto è stato sostenuto da quest'ultima, la Corte, nella causa C-358/89, non ha basato la ricevibilità del ricorso esclusivamente sulle difficoltà incontrate dalla Extramet per rifornirsi presso il solo produttore comunitario. Essa si è in realtà basata sui diversi elementi seguenti, costitutivi di una situazione particolare che contraddistingueva la società Extramet, in relazione al provvedimento in esame, rispetto a qualsiasi altro operatore economico (punto 17 della sentenza Extramet I): essa era la principale importatrice del prodotto oggetto della misura antidumping e, nel contempo, l'utilizzatrice finale di questo prodotto; inoltre, le sue attività economiche dipendevano in larghissima misura dalle suddette importazioni e subivano gravi ripercussioni in conseguenza del regolamento controverso, tenuto conto del ristretto numero di fabbricanti del prodotto considerato nonché della circostanza che essa incontrava difficoltà a rifornirsi presso l'unico produttore comunitario, il quale era per giunta il suo principale concorrente per il prodotto finito.

53.
    Per il resto, la Commissione non contesta che la PEM non è in grado di fornire calcio-metallico primario di qualità standard che presenti le caratteristiche volute dalla ricorrente, il che dimostra che quest'ultima continua ad incontrare effettivamente difficoltà nel rifornirsi presso la PEM.

54.
    Essendo tuttora attuali le circostanze che hanno giustificato la ricevibilità del ricorso nella causa C-358/89 (v. supra punto 52) occorre dichiarare il presente ricorso ricevibile.

Sul merito

I — Sulla domanda di annullamento del regolamento controverso

55.
    A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce sette motivi relativi, il primo, ad una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento del Consiglio 11 luglio 1988 (GU L 209, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di base», all'inosservanza dell'autorità della cosa giudicata e delle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo, il secondo, ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento di base nonché dei diritti della difesa, il terzo, ad una violazione degli artt. 4 e 2, n. 12, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione per quanto riguarda la similarità dei prodotti, il quarto, ad una violazione dell'art. 4 del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione del danno subito dall'industria comunitaria, il quinto, ad una violazione dell'art. 12 del regolamento

di base e ad un errore manifesto di valutazione, il sesto, ad una violazione dell'art. 190 del Trattato, e il settimo, ad uno sviamento di potere.

Sul primo motivo relativo ad una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di base, tale all'inosservanza dell'autorità della cosa giudicata e alle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo

Argomenti delle parti

56.
    Secondo la ricorrente, la sentenza Extramet II si opponeva ad una ripresa del procedimento dichiarato illegittimo, tanto più che la Commissione intendeva procedere ad una modifica del periodo d'indagine. Nessuna norma avrebbe vietato alla Commissione di avviare, in seguito ad una nuova denuncia, un nuovo procedimento di indagine sul mercato del calcio-metallico standard, relativamente ad un periodo più recente. Per contro, nessuna disposizione avrebbe autorizzato la Commissione a riprendere l'indagine così come essa ha fatto nella presente causa.

57.
    La ricorrente articola il suo primo motivo in tre parti. Innanzitutto, la ripresa dell'indagine non avrebbe un fondamento giuridico, poiché non è prevista nel regolamento di base. In secondo luogo, essa pregiudicherebbe l'autorità della cosa giudicata comportando, incompatibilmente con il principio della certezza del diritto, la regolarizzazione di un procedimento annullato dalla Corte. In terzo luogo, anche supponendo ammissibile in diritto comunitario il principio di una regolarizzazione, le condizioni di una ripresa dell'indagine, cioè di una regolarizzazione, non sarebbero state soddisfatte nella fattispecie.

— Prima parte: violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di base

58.
    La ricorrente sostiene da un lato che i poteri della Commissione nell'attuazione della procedura antidumping possono essere esercitati solo nell'ambito normativostrettamente definito dal regolamento di base e dall'altro che la Commissione ha ripreso l'indagine in mancanza di qualsiasi fondamento giuridico. Il regolamento di base conterrebbe solo disposizioni relative da un lato all'avvio di un'indagine e dall'altro alla chiusura di quest'ultima. Per quanto riguarda l'avvio di un'indagine, la Commissione non avrebbe mai sostenuto che le sia stata presentata una denuncia che giustificasse l'avvio di un nuovo procedimento. Per contro, la comunicazione pubblicata il 14 novembre 1992 farebbe esplicitamente riferimento alla sentenza Extramet II. Il documento depositato dalla PEM il 1° luglio 1992 non sarebbe una denuncia, ma una memoria a sostegno della «riapertura» dell'indagine.

59.
    L'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di base riguarderebbe solo la chiusura di un'indagine. Nella fattispecie, l'indagine iniziale sarebbe stata conclusa, in applicazione di questa disposizione, con l'adozione del provvedimento definitivo che

costituiva il regolamento n. 2808/89, annullato successivamente dalla sentenza Extramet II.

60.
    Infine, la Commissione non potrebbe basare la sua argomentazione sull'art. 14 del regolamento di base, che prevede un riesame dei dazi antidumping definitivi nell'ipotesi di un cambiamento sufficiente delle circostanze. Questa procedura di riesame si concepirebbe solo nell'ambito dei dazi antidumping definitivi regolarmente istituiti.

61.
    Basandosi sull'art. 176 del Trattato, il Consiglio osserva che l'annullamento del regolamento n. 2808/89 implicava semplicemente un obbligo di rimborso dei dazi riscossi in forza di quest'ultimo.

62.
    Esso fa presente che l'indagine è stata ripresa in seguito alla sentenza Extramet II ed alla memoria della PEM del 1° luglio 1992. Nel condurre l'indagine, la Commissione avrebbe voluto rispettare i diritti del produttore comunitario che aveva presentato una denuncia contenente elementi di prova sufficienti e l'aveva aggiornata mediante una memoria a sostegno di una riapertura dell'indagine, accompagnata da una nota sul danno. La Commissione avrebbe poi inteso rispettare i diritti degli altri interessati mettendoli in grado, da un lato, di presentare i dati relativi alle importazioni e alla vendita di calcio-metallico nella Comunità e, dall'altro, di far valere le loro osservazioni.

63.
    In tale situazione, essa avrebbe validamente ripreso l'indagine fin dall'inizio, in quanto tale indagine non era stata chiusa per effetto dell'annullamento del regolamento n. 2808/89. Nei confronti degli interessati, la procedura di ripresa si sarebbe svolta come una nuova indagine, sulla base di una denuncia aggiornata dalla memoria del 1° luglio 1992 e della nota ad essa allegata.

64.
    Basandosi sull'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di base, il Consiglio aggiunge che un'inchiesta è conclusa sia per chiusura sia per adozione di misure definitive. Ora, nella presente fattispecie, non vi sarebbe stato un atto esplicito di chiusura. Per quanto riguarda il primo provvedimento definitivo, che è stato annullato dalla Corte, si presume che esso non sia mai esistito. L'indagine avrebbe potuto quindi essere validamente ripresa.

— Seconda parte: inosservanza dell'autorità della cosa giudicata

65.
    La ricorrente sostiene che, riprendendo l'indagine, la Commissione non ha tenuto conto dell'autorità della cosa giudicata e ha snaturato la portata della sentenza Extramet II.

66.
    Annullando il regolamento n. 2808/89, la Corte non avrebbe solo annullato retroattivamente la fase finale della procedura antidumping, cioè il regolamento che fissa i dazi definitivi. Essa avrebbe in realtà annullato tutta la procedura svolta dalla Commissione sul mercato del calcio-metallico standard, per il periodo 1°

gennaio 1987-31 dicembre 1987, ivi comprese le fasi che hanno preceduto l'adozione del regolamento definitivo. Poiché l'annullamento ha una portata generale, l'indagine non sarebbe stata sospesa, ma si presume non sia mai esistita. Di conseguenza, se la Commissione avesse voluto di nuovo occuparsi della questione, avrebbe dovuto avviare una nuova procedura rispettando le forme richieste. Nell'ipotesi in cui le pratiche di dumping fossero continuate dopo l'adozione del regolamento annullato, che aveva chiuso la prima indagine, l'avvio di una nuova indagine, sulla base di una nuova denuncia, sarebbe stata la sola soluzione procedurale valida.

67.
    Secondo la ricorrente, se la Commissione potesse di volta in volta coprire le sue irregolarità, le procedure potrebbero durare anni senza alcuna certezza del diritto per le imprese.

68.
    Il Consiglio rileva che la Commissione ha consentito a tutti gli interessati di esercitare i loro diritti alle stesse condizioni che se fosse stata avviata una nuova procedura. Esso sottolinea che una comunicazione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, che questionari sono stati inviati agli interessati e che è stato utilizzato un nuovo periodo di riferimento. La Commissione avrebbe condotto verifiche presso parti che hanno collaborato all'indagine, gli interessati avrebbero potuto consultare il fascicolo non riservato e la Commissione avrebbe sentito le parti che ne hanno fatto domanda.

69.
    I nuovi dazi definitivi imposti a decorrere dal 22 ottobre 1994, cioè il giorno seguente la data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del regolamento controverso, si baserebbero su una nuova indagine relativa ad un periodo successivo alla data del regolamento annullato. Si tratterebbe in tal caso non di una regolarizzazione ma di una rettifica di pratiche di dumping che sarebbero continuate dopo l'adozione del regolamento annullato.

70.
    Il Consiglio osserva in subordine che tutti gli argomenti della ricorrente sono basati sull'asserita falsa qualificazione di «ripresa» dell'indagine, mentre si sarebbe trattato, secondo la Commissione, dell'«apertura» di una nuova indagine. Inoltre, la ricorrente non avrebbe dimostrato come una qualificazione di «apertura» di un'indagine avrebbe modificato lo svolgimento di quest'ultima nei suoi confronti (sentenza della Corte 10 luglio 1980, causa 30/78, Distillers Company/Commissione, Racc. pag. 2229, punto 26, e 27 giugno 1991, causa C-49/88, Al-Jubail Fertilizer e Saudi Arabian Fertilizer/Consiglio, Racc. pag. I-3187, punti 23 e 24).

71.
    La PEM e la Chambre syndicale sostengono che, in un procedimento amministrativo antidumping, la maggior parte degli atti che portano ad una decisione che costituisce il termine formale del procedimento non producono effetti giuridici e non possono quindi costituire oggetto di un ricorso d'annullamento. Questo varrebbe in particolare per l'atto di apertura del procedimento. Non

essendo impugnabili, gli atti di cui trattasi non potrebbero, di conseguenza, costituire oggetto di un annullamento.

72.
    La PEM e la Chambre syndicale osservano in subordine che, in forza dell'effetto retroattivo che si ricollega alle sentenze di annullamento, la constatazione di illegittimità risale alla data di decorrenza dell'efficacia di una norma annullata. Nella fattispecie poiché la data di decorrenza dell'efficacia del regolamento n. 2808/89 risale al 22 marzo 1989, data di entrata in vigore del regolamento 17 marzo 1989, n. 707, soprammenzionato, gli atti anteriori al 22 marzo 1989 non sarebbero stati pregiudicati dalla sentenza Extramet II. Ciò riguarderebbe in particolare la comunicazione di avvio dell'indagine del 26 gennaio 1988. La sentenza della Corte non avrebbe quindi annullato il procedimento avviato con tale comunicazione. Di conseguenza la Commissione avrebbe potuto riprendere l'indagine nell'ambito di questo procedimento (v. in tal senso, sentenza della Corte 26 aprile 1988, cause riunite 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Asteris e a./Commissione, Racc. pag. 2181, punto 30).

73.
    La ricorrente ritiene che la PEM fraintenda completamente le conseguenze dell'irricevibilità del ricorso intentato contro atti preparatori. La giurisprudenza non avrebbe mai impedito ad un'impresa di contestare la legittimità degli atti preparatori in un ricorso d'annullamento rivolto contro le decisioni definitive (v. sentenze della Corte 31 marzo 1993, cause riunite C-89/85, C-104/85, C-114/85, C-116/85, C-117/85 e da C-125/85 a C-129/85, Ahlström Osakeyhtiö/Commissione, Racc. pag. I-1307, e del Tribunale 23 febbraio 1994, cause riunite T-39/92 e T-40/92, CB e Europay/Commissione, Racc. pag. II-49). La ricorrente contesta poi l'affermazione della PEM secondo cui il procedimento precedente all'atto annullato continua a produrre i suoi effetti, in quanto l'annullamento decorre solo dal giorno dell'adozione dell'atto impugnato. Essa ritiene che questa soluzione finisca per ammettere regolarizzazioni in qualsiasi circostanza e per privare della loro portata i ricorsi d'annullamento.

— Terza parte: inosservanza delle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo

74.
    Secondo la ricorrente, la Commissione non ha tenuto conto delle condizioni in cui un atto nullo può essere regolarizzato. Anche supponendo che i principi del diritto comunitario non vietino che vi possa essere una regolarizzazione, sarebbe stato necessario che le condizioni di quest'ultima fossero soddisfatte. Ora, tale non sarebbe stato il caso nella fattispecie. Da un lato, non ci si sarebbe trovati in un settore in cui la regolarizzazione è ammissibile; dall'altro, le modalità della regolarizzazione non sarebbero state rispettate.

75.
    Nella presente causa, la regolarizzazione non sarebbe stata possibile, poiché la Corte non ha annullato il regolamento n. 2808/89 per motivi di forma e di procedura, ma per errori commessi nella valutazione del danno subito dall'industria comunitaria. Si tratterebbe quindi di un annullamento per erronea valutazione nel

merito di una delle condizioni fondamentali che giustificano l'adozione di dazi antidumping.

76.
    Certo, si potrebbe ricorrere ad una regolarizzazione di errori di procedura o di forma. Per contro, una regolarizzazione in seguito ad una violazione delle norme sostanziali sarebbe difficilmente ammissibile. Ora, nella fattispecie, la Corte non avrebbe esaminato nella sua sentenza gli altri motivi dedotti dalla ricorrente, benché questi ultimi incidessero sulle altre condizioni di merito del regolamento, in particolare sull'assenza di similarità dei prodotti. In tale situazione nessuno, neanche la Commissione, sarebbe autorizzato a dire come la Corte si sarebbe pronunciata sugli altri motivi dedotti.

77.
    La Commissione non avrebbe inoltre nemmeno rispettato le modalità di una regolarizzazione, poiché essa ha modificato il periodo d'indagine, che va dal 1° luglio 1991 al 31 ottobre 1992 in seguito alla ripresa dell'indagine, mentre copriva inizialmente il periodo 1° gennaio-31 dicembre 1987.

78.
    La ricorrente ritiene che, se l'obiettivo era di imporre nuovi dazi prendendo un altro periodo di riferimento, s'imponeva una nuova procedura.

79.
    Essa contesta l'argomento del Consiglio, della PEM e della Chambre syndicale secondo cui l'irregolarità procedurale non avrebbe avuto conseguenze, di modo che essa non giustificherebbe l'annullamento. Il fatto che la Commissione abbia ripreso l'indagine, invece di avviarne una nuova, avrebbe senz'altro inciso sulla situazione della ricorrente. Non ci si potrebbe trincerare dietro la circostanza che la Commissione avrebbe proceduto allo stesso modo di come avrebbe fatto se fosse stata avviata una nuova procedura.

80.
    Sarebbe quindi erroneo sostenere che il rimedio procedurale della ripresa dell'indagine non ha arrecato danno alla ricorrente. Infatti, l'avvio di una nuova procedura sarebbe stato subordinato alla presentazione di una denuncia. Una denuncia avrebbe potuto essere presentata solo dalla PEM, unico produttore comunitario. Ora, la PEM non avrebbe presentato alcuna denuncia. Al momento dei fatti, il consiglio della concorrenza francese aveva appena condannato la PEM per abuso di posizione dominante, in data 31 marzo 1992, e contro questa decisione pendevano alcuni ricorsi, nell'ambito dei quali la ricorrente sosteneva che la PEM aveva abusato della sua posizione dominante presentando una denuncia antidumping.

81.
    Di conseguenza, sarebbe stato particolarmente inopportuno, quando la prima procedura antidumping si era appena conclusa con una sentenza della Corte che annullava il regolamento definitivo, che la PEM presentasse immediatamente una nuova denuncia, fornendo così alla Cour d'appel di Parigi elementi a favore della tesi della IPS.

82.
    Il Consiglio osserva che non si trattava di una regolarizzazione di dazi annullati ma dell'imposizione di nuovi dazi a decorre dall'entrata in vigore del regolamento controverso. Esso non condivide la tesi della ricorrente secondo cui la Corte non avrebbe annullato il regolamento n. 2808/89 per motivi di forma e di procedura. A suo parere, risulta chiaramente dai punti 20 e 21 della sentenza Extramet II che si trattava di un errore di forma e non di sostanza. Anche se si trattasse della violazione di una regola di merito, la Commissione avrebbe ripreso l'indagine fin dall'inizio e avrebbe potuto pertanto imporre nuovi dazi antidumping.

83.
    A tal riguardo, il Consiglio fa presente che la Corte non ha annullato né l'avvio della procedura né l'avvio dell'indagine, ma solo il regolamento adottato dal Consiglio nell'ambito della procedura.

84.
    La PEM e la Chambre syndicale chiariscono che, in forza dell'art. 176 del Trattato, l'istituzione interessata è tenuta ad eliminare gli effetti giuridici dell'atto annullato. Nella fattispecie questo requisito sarebbe stato soddisfatto in quanto, in seguito alla sentenza della Corte, i dazi antidumping definitivi e provvisori che erano statiriscossi sono stati restituiti in applicazione dell'art. 16 del regolamento di base.

85.
    Basandosi sulla sentenza Asteris e a./Commissione, soprammenzionata, la PEM e la Chambre syndicale ritengono che l'istituzione da cui proviene l'atto annullato non debba limitarsi ad eliminare le conseguenze passate prodotte dall'atto illegittimo. Essa dovrebbe tener conto della sentenza di annullamento nel suo comportamento futuro controllando che l'illegittimità constatata dal giudice comunitario sia assente dall'atto destinato a sostituirsi all'atto annullato. Ora, nella presente causa, esaminando in maniera approfondita la questione del nesso di causalità tra l'esistenza del dumping e quella del danno, l'istituzione competente avrebbe assicurato la piena esecuzione della sentenza della Corte.

86.
    Un'irregolarità procedurale sarebbe motivo d'annullamento solo se, in mancanza di questa irregolarità, la decisione impugnata avrebbe potuto avere un contenuto diverso (sentenza della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite da 209/78 a 215/78 e 218/78, Van Landewyck/Commissione, Racc. pag. 3125, punto 47 e 23 aprile 1986, causa 150/84, Bernardi/Parlamento, Racc. pag. 1375, punto 28). Nella fattispecie il fatto che la Commissione abbia continuato l'indagine nell'ambito della procedura avviata il 26 gennaio 1988, senza avviare una nuova procedura, non avrebbe avuto alcuna influenza sul contenuto della decisione finale delle istituzioni competenti, in quanto la ricorrente sarebbe stata collocata nella stessa situazione, in cui si sarebbe trovata qualora la Commissione avesse avviato una nuova procedura, se non addirittura in una situazione migliore.

Giudizio del Tribunale

87.
    Dal regolamento di base risulta che la procedura antidumping comprende diverse fasi, tra le quali l'inchiesta. Nell'ambito di una procedura, possono aver luogo una o più inchieste.

88.
    Ai sensi dell'art. 7, n. 9, lett. b), del regolamento di base, una procedura viene conclusa o per chiusura dell'inchiesta senza imposizione di dazi e senza accettazione di impegni in base alle disposizioni dell'art. 9, del regolamento di base, o per scadenza o revoca di tali dazi, ovvero per scadenza degli impegni, conformemente agli artt. 14 e 15 del regolamento di base.

89.
    L'inchiesta avviata è conclusa solo se sono state adottate misure definitive o se l'indagine viene chiusa, in conformità all'art. 7, n. 9, lett. a), del regolamento di base senza che tuttavia la procedura cessi di esistere.

90.
    Mentre la procedura continua ad esistere, possono essere presentate domande di restituzione in forza dell'art. 16 del regolamento di base, e l'inchiesta può essere riaperta al fine di riesaminare i provvedimenti definitivi.

91.
    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l'assenza, nel regolamento di base, di disposizioni specifiche relative alle conseguenze giuridiche di una sentenza di annullamento non può essere interpretata nel senso che esclude ogni possibilità per le istituzioni di riprendere sia l'inchiesta sia la procedura nell'ambito della quale i provvedimenti definitivi annullati sono stati adottati. Infatti, ai sensi dell'art. 176 del Trattato, spetta all'istituzione interessata trarre le opportune conseguenze da una sentenza di annullamento. In tale situazione, l'annullamento di un atto che pone fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta necessariamente l'annullamento di tutto il procedimento precedente l'adozione dell'atto impugnato indipendentemente dai motivi, di merito o procedurali, della sentenza di annullamento (v. in tal senso, sentenze della Corte Asteris e a./Commissione, già citata, punto 30, e 13 novembre 1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I-4023, punto 34, e sentenze del Tribunale 14 febbraio 1990, causa T-38/89, Hochbaum/Commissione, Racc. pag. II-43, punto 13 e 15 luglio 1993, cause riunite T-17/90, T-28/91 e T-17/92, Camara Alloisio e a./Commissione, Racc. pag. II-841, punto 79).

92.
    In relazione a questi principi, la soluzione consistente nel dedurre dall'annullamento di un regolamento che istituisce dazi antidumping l'annullamento, come conseguenza necessaria, di tutto il procedimento amministrativo che l'ha preceduto, soluzione auspicata in via principale dalla ricorrente, è erronea in diritto.

93.
    Per valutare la fondatezza del motivo dedotto dalla ricorrente occorre determinare le conseguenze dell'illegittimità constatata dalla Corte nella sentenza Extramet II. A tal riguardo occorre ricordare che, per conformarsi alla sentenza di annullamento e dare ad essa piena esecuzione, l'istituzione è tenuta a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest'ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario (sentenza Asteris e a./Commissione, già citata, punto 27).

94.
    Nella sentenza Extramet II, la Corte ha annullato il regolamento n. 2808/89 in quanto le istituzioni comunitarie non avevano effettivamente esaminato la questione se il produttore comunitario, cioè la PEM, non avesse esso stessa contribuito con il suo rifiuto di vendita al danno subito ed non avevano provato che il danno rilevato non derivasse dagli elementi fatti valere allegati dalla Extramet. La Corte ha dedotto dalle sue constatazioni che le istituzioni non avevano proceduto in maniera corretta alla determinazione del danno (punto 19 della sentenza). Pertanto l'illegittimità rilevata dalla Corte non ha inciso sui provvedimenti preliminari preparatori dell'inchiesta, né in particolare sull'apertura della procedura ai sensi dell'art. 7, n. 1, del regolamento di base.

95.
    Ne deriva che la Commissione poteva validamente riprendere la procedura basandosi su tutti gli atti della procedura che non erano stati colpiti dalla nullità pronunciata dalla Corte, cioè la denuncia della PEM del luglio 1987, la consultazione del comitato consultivo e la decisione di apertura della procedura, per condurre un'indagine sullo stesso periodo di riferimento di quello preso in considerazione nel regolamento n. 2809/89 (annullato dalla sentenza Extramet II), indagine limitata alla questione se la PEM non avesse essa stessa contribuito, con il suo rifiuto di vendere, al danno subito dall'industria comunitaria. Tuttavia, avendo la Commissione deciso di condurre una nuova indagine che riguardava un altro periodo di riferimento, si pone la questione se nella fattispecie siano state rispettate le condizioni derivanti dal regolamento di base.

96.
    In via preliminare occorre ricordare che le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale per determinare il periodo da prendere in considerazione ai fini della constatazione del danno nell'ambito di una procedura antidumping (sentenze della Corte 28 novembre 1989, causa C-121/86, Epicheiriseon Metalleftikon Viomichanikon Kai Naftiliakon e a./Consiglio, Racc. pag. 3919, punto 20, e 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I-2069, punto 86).

97.
    Dall'art. 7, n. 1, del regolamento di base deriva che l'esistenza di elementi che dimostrano pratiche di dumping che causano un danno all'industria comunitaria è la condizione sostanziale necessaria e sufficiente per un'azione della Comunità in materia di dumping e in particolare per l'apertura dell'inchiesta.

98.
    Nella fattispecie, nessun elemento consentiva alla Commissione di supporre che le pratiche di dumping fossero cessate né che l'industria comunitaria non subisse più danni. Per contro, la Commissione ha ricevuto una memoria della PEM a sostegno della riapertura dell'indagine nonché una nota sulla valutazione del danno subito dall'industria comunitaria. Nella sua nota del 1° luglio 1992 la PEM ha attualizzato i dati contenuti nella sua denuncia del luglio 1987 fornendo un'analisi dettagliata dei vari elementi, che giustificano l'imposizione di misure antidumping, così il valore normale, il prezzo all'esportazione, il confronto di prezzi, il margine di dumping e il danno, per il periodo dal 1987 al 1991, cioè per il periodo più recente per il quale erano disponibili dati numerici.

99.
    Sulla base di queste considerazioni, poiché la procedura iniziale non era stata annullata dalla sentenza Extremet II e le politiche di dumping perduravano, la Commissione non ha oltrepassato il suo potere discrezionale decidendo di continuare la procedura già avviata nel 1989 e conducendo una nuova indagine sulla base di un altro periodo di riferimento.

100.
    Pertanto, il motivo della ricorrente relativo al fatto che la Commissione, nel riprendere l'indagine, avrebbe agito senza fondamento giuridico, non avrebbe osservato l'autorità della cosa giudicata, avrebbe snaturato la portata della sentenza della Corte e in ogni caso avrebbe violato le condizioni di regolarizzazione degli atti amministrativi, non è fondato.

101.
    Inoltre, occorre rilevare come la modifica del periodo d'indagine non abbia pregiudicato i diritti che l'IPS aveva tratto dall'avvio della procedura del 1989. Infatti, la Commissione ha comunicato alla IPS la sua intenzione di riprendere l'indagine e l'ha invitata, in data 17 luglio 1992, a comunicarle le sue osservazioni sulla questione del danno. Successivamente la Commissione ha trasmesso alla IPS, in data 14 ottobre 1992, la nota sul danno depositata dalla PEM e, dopo consultazione del comitato consultivo, ha annunciato la continuazione della procedura nella comunicazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 14 novembre 1992, nella quale ha indicato il prodotto e i paesi interessati, ha fornito una sintesi delle informazioni ricevute ed ha precisato che ogni informazione utile doveva esserle comunicata. Essa ha informato ufficialmente gli esportatori e importatori notoriamente interessati ed ha anche fissato il termine entro il quale gli interessati potevano far conoscere il loro punto di vista per iscritto e chiedere di essere sentiti oralmente. Infine, risulta chiaramente dai punti 4-7 dei 'considerando‘ del regolamento provvisorio che l'indagine ha riguardato contemporaneamente il dumping e il danno ed ha coperto il periodo 1° luglio 1991-31 ottobre 1992.

102.
    Di conseguenza, il primo motivo d'annullamento deve essere respinto.

Sul secondo motivo relativo ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento di base

103.
    La ricorrente articola il secondo motivo in tre parti. La prima si riferisce ad una violazione dei diritti della difesa: la nota sul danno depositata dalla PEM il 1° luglio 1992 sarebbe stata comunicata alla ricorrente solo il 14 ottobre 1992. La seconda parte si riferisce ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e all'inosservanza dell'art. 8 dello stesso regolamento: la Commissione non avrebbe trasmesso alla ricorrente taluni documenti presentati dalla PEM. La terza parte del motivo si riferisce ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e dei diritti della difesa: la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare alla ricorrente talune indicazioni essenziali, necessarie affinché essa potesse presentare osservazioni utili.

Sulla prima parte relativa ad una violazione dei diritti della difesa, collegata ad una comunicazione tardiva della nota depositata dalla PEM il 1° luglio 1992

— Argomenti delle parti

104.
    La ricorrente rileva che, tra il 10 luglio 1992, data in cui le è stato comunicato che l'indagine sarebbe stata ripresa, e il 18 novembre 1992, data in cui questa informazione le è stata confermata in seguito alla pubblicazione di una comunicazione in tal senso nella Gazzetta ufficiale, sono trascorsi tre mesi, durante i quali la Commissione non ha rispettato i suoi diritti della difesa. Essa avrebbe avuto conoscenza incidentalmente, il 10 luglio 1992, dell'esistenza della nota sul danno depositata dalla PEM il 1° luglio 1992. Essa sarebbe stata pertanto invitata a presentare le sue osservazioni sulla questione del danno entro il 17 agosto 1992, senza che tale nota le fosse comunicata. Essa infine sarebbe stata destinataria di questo documento solo il 14 ottobre 1992, cioè dopo la presentazione delle proprie osservazioni.

105.
    La questione che sorge non sarebbe quella intesa ad accertare se la «ripresa» di un'indagine necessitasse di una discussione in contraddittorio. Secondo la ricorrente, se fosse esatta la tesi del Consiglio, della PEM e della Chambre syndicale secondo cui l'inchiesta iniziata nel 1989 non era stata chiusa, sarebbe dovuto logicamente derivarne che la fase che ha preceduto l'apertura dell'inchiesta non aveva più ragione di esistere. Ci si sarebbe quindi ritrovati nella seconda fase di cui all'art. 7 del regolamento di base. In tale situazione, fin dalla ripresa dell'indagine, la procedura avrebbe dovuto essere in contraddittorio.

106.
    Il Consiglio osserva che, con lettera 17 luglio 1992, cioè due mesi prima della pubblicazione della comunicazione nella Gazzetta ufficiale, la Commissione aveva invitato la ricorrente a far conoscere le sue eventuali osservazioni sulla questione del danno causato dalle importazioni del prodotto di cui trattasi, e che la ricorrente le aveva risposto con lettera 14 agosto 1992. Esso rileva poi che la ricorrente non sostiene che essa non ha potuto formulare le sue osservazioni sulla nota della PEM del 1° luglio 1992. Il Consiglio fa presente che essa ha presentato le sue osservazioni con lettera indirizzata alla Commissione il 23 dicembre 1992.

107.
    La questione se la Commissione debba continuare a portare avanti un'indagine non sarebbe una questione sottoposta ad una discussione in contraddittorio, poiché il fine di un'indagine sarebbe di determinare se siano soddisfatte le condizioni per l'adozione di provvedimenti antidumping. Dalla giurisprudenza (sentenza della Corte 11 novembre 1981, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639) risulterebbe che la ripresa di un'indagine non è un atto impugnabile, poiché non incide sulla posizione delle parti in causa.

108.
    La PEM e la Chambre syndicale sostengono che proprio esponendo la sua interpretazione, in particolare sulla questione del nesso di causalità, la ricorrente avrebbe potuto eventualmente sperare di evitare la ripresa dell'indagine. Ora,

nonostante un invito esplicito contenuto nella lettera della Commissione del 17 luglio 1992, la ricorrente si sarebbe sempre rifiutata di far conoscere le sue osservazioni sulla questione del danno prima della pubblicazione, in data 14 novembre 1992, della comunicazione che annunciava la ripresa dell'indagine. Essa avrebbe quindi rinunciato ad opporsi a questa ripresa. La mancata comunicazione della nota della PEM del 1° luglio 1992 non potrebbe pertanto costituire una violazione dei diritti della difesa della ricorrente.

— Giudizio del Tribunale

109.
    La lettera della Commissione del 17 luglio 1992 presentava due aspetti. Da un lato, comunicava alla ricorrente, dopo la sentenza Extramet II che aveva annullato il regolamento definitivo n. 2808/89, l'indagine riprendeva de jure, e dall'altro, la invitava a presentare le sue osservazioni sulla questione del danno subito dall'industria comunitaria.

110.
    Per quanto riguarda il primo aspetto, la ricorrente ha potuto contestare, nelle sue lettere del 14 e 21 agosto 1992, la fondatezza della tesi della Commissione. A tal riguardo, come è stato ammesso dalla ricorrente all'udienza in risposta al quesito posto dal Tribunale, la conoscenza del contenuto della nota della PEM del 1° luglio 1992, di natura eminentemente tecnica, non era indispensabile e non le ha impedito di far valere il suo punto di vista sulla questione se la Commissione potesse giustamente riprendere l'indagine. Pertanto, la trasmissione della nota della PEM il 14 ottobre 1992 non ha costituito una violazione dei suoi diritti procedurali.

111.
    Per quanto riguarda il secondo aspetto della lettera del 17 luglio 1992, la ricorrente è stata in grado, quantomeno dopo il 17 luglio 1992, e in ogni caso dopo il 14 ottobre 1992, data in cui ha ricevuto la nota della PEM del 1° luglio 1992, e cioè un mese prima della pubblicazione, in data 14 novembre 1992, della comunicazione relativa alla procedura antidumping, di far valere il suo punto di vista circa l'esistenza delle condizioni sostanziali che giustificavano la ripresa dell'indagine, cosa che essa ha fatto una prima volta il 23 dicembre 1992, e, successivamente, nel corso del procedimento amministrativo, fino alla consultazione del comitato consultivo.

112.
    Di conseguenza, i diritti procedurali della ricorrente non sono stati violati per il fatto che la nota depositata dalla PEM il 1° luglio 1992le sia stata trasmessa il 14 ottobre 1992.

113.
    Inoltre, dal fascicolo non risulta che la ricorrente abbia chiesto per iscritto alla Commissione di prendere conoscenza della lettera della PEM del 1° luglio 1992, benché essa abbia avuto conoscenza della sua esistenza fin dal 19 luglio 1992. In mancanza di una tale richiesta, presentata in applicazione dell'art. 7, n. 4, lett. a), del regolamento di base, la Commissione, in virtù di quest'ultima disposizione, non

aveva alcun obbligo di portare a conoscenza della ricorrente il contenuto della lettera.

114.
    Pertanto la prima parte del motivo dev'essere respinta.

Sulla seconda parte relativa ad una violazione, da un lato, dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base in quanto la Commissione non avrebbe trasmesso alla ricorrente taluni documenti depositati dalla PEM e, dall'altro, dell'art. 8 del regolamento di base

— Argomenti delle parti

115.
    La ricorrente sostiene che la Commissione ha proceduto ad una erronea valutazione del carattere riservato di taluni documenti.

116.
    A causa di tale errore essa avrebbe poi opposto un rifiuto ingiustificato di comunicazione dei seguenti documenti:

—    una lettera della PEM alla Commissione in data 19 agosto 1993, alla quale erano allegati una lettera del 19 agosto 1993 della PEM al suo difensore, avv. Rambaud, un verbale della visita in data 17 agosto 1993 del rappresentante della PEM, signor Plasse, presso la fabbrica della ricorrente, controfirmato dal presidente di quest'ultima, e cinque lettere scambiate tra la PEM e la ricorrente tra il 10 e il 17 agosto 1993;

—    una lettera della PEM alla Commissione in data 11 agosto 1993 alla quale era allegata una lettera della ricorrente alla PEM del 4 agosto 1993;

—    una lettera della PEM alla Commissione del 5 agosto 1993 alla quale erano allegate tredici lettere scambiate tra la PEM e la ricorrente tra il 26 aprile 1993 e il 4 agosto 1993;

—    la nota concernente il lavoro tecnico effettuato presso la fabbrica PEM della Roche de Rame allegata alla lettera della PEM alla Commissione del 5 agosto 1993.

117.
    Tutti questi documenti sarebbero stati presentati dalla PEM nel corso dell'indagine, senza che, in nessun momento, la ricorrente ne fosse informata e senza che le condizioni previste dall'art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento di base fossero soddisfatte. Solo il 29 settembre 1993 essa avrebbe appreso che un certo numero di documenti riservati erano stati acquisiti agli atti. Essa avrebbe allora chiesto ripetutamente la comunicazione di questi documenti.

118.
    Essa sottolinea che, contrariamente alla regola enunciata all'art. 8, n. 2, lett. b), del regolamento di base, nessuna sintesi non riservata era allegata a tali documenti, ed in particolare alla lettera dalla PEM alla Commissione del 5 agosto 1993

concernente il lavoro tecnico effettuato presso la sua fabbrica di La Roche de Rame, alle note interne della PEM nonché alla lettera del 19 agosto 1993 della PEM all'avv. Rambaud.

119.
    Per quanto riguarda in particolare la lettera del 5 agosto 1993 non si potrebbe ritenere che le sue cinque righe introduttive costituissero un riassunto non riservato ai sensi del regolamento di base, mentre il documento di cui trattavasi era una nota tecnica di 18 pagine.

120.
    In ogni caso anche supponendo che questa nota tecnica o taluni suoi elementi non potessero essere riassunti in maniera non riservata, il rispetto dei diritti della difesa avrebbe imposto che alla detta lettera fosse unito un elenco degli allegati presentati dalla PEM alla Commissione, con la menzione «riservato, non trasmesso».

121.
    Per il resto la comunicazione di questa nota tecnica alla ricorrente sarebbe stata il risultato dell'ostinazione di quest'ultima e non risponderebbe a nessuno dei criteri richiesti, che si tratti della data, dell'autore o della portata della comunicazione stessa.

122.
    Anzitutto, solo in seguito a numerosi reclami sia presso la Commissione sia presso la PEM e il suo avvocato la ricorrente avrebbe finito per ricevere la nota tecnica, in data 21 maggio 1994, ossia il giorno della scadenza del termine per la presentazione delle sue osservazioni sul regolamento provvisorio. La ricorrente avrebbe allora dovuto protestare energicamente per ottenere dalla Commissione un termine supplementare di alcuni giorni, il che spiegherebbe che la sua memoria sia stata presentata il 27 maggio 1994.

123.
    Per quanto riguarda l'autore della trasmissione la ricorrente rileva che, benché l'obbligo di comunicazione incombesse alla Commissione, è alla fine la PEM che, nonostante il rifiuto del suo difensore, ha accettato di inviarle il documento. La Commissione non avrebbe quindi per niente assolto il compito che le spettava di valutare con tutta obiettività il carattere riservato o meno dei documenti.

124.
    Infine, per quanto riguarda il contenuto della trasmissione, la ricorrente sostiene che tre elementi molto riservati non le sono stati comunicati: il programma del forno della fabbrica, una corrispondenza circa il filo rafforzato e una fattura di un artigiano locale.

125.
    La ricorrente ritiene che la comunicazione della nota tecnica fosse essenziale nel contesto della causa, poiché consentiva di valutare la realtà degli sforzi compiuti dalla PEM per rifornirla.

126.
    Il Consiglio osserva che la ricorrente era a conoscenza dell'esistenza dei documenti, poiché ne ha presentato l'elenco all'allegato 53 del suo ricorso, elenco che la Commissione le aveva comunicato.

127.
    Grazie al fascicolo non riservato, la ricorrente sarebbe stata sufficientemente informata sul contenuto dei documenti per esercitare i suoi diritti della difesa. La nota tecnica del 5 agosto 1993 sarebbe stata comunicata alla ricorrente il 21 maggio 1994, ad eccezione di tre elementi molto riservati, cioè il programma del forno della fabbrica di La Roche de Rame, la corrispondenza relativa al filo rafforzato e una fattura di un artigiano locale, elementi che non potevano essere riassunti in maniera non riservata. Del resto la ricorrente avrebbe svolto osservazioni sulla nota tecnica nella sua memoria del 27 maggio 1994, in occasione delle sue osservazioni sul regolamento che imponeva dazi provvisori.

128.
    Per il resto la ricorrente non contesterebbe il carattere riservato dei documenti nei confronti degli esportatori e degli altri importatori.

129.
    La PEM e la Chambre syndicale condividono gli argomenti del Consiglio.

— Giudizio del Tribunale

130.
    La ricorrente addebita alla Commissione innanzi tutto di aver qualificato ingiustamente come riservati, quantomeno nei suoi confronti, un certo numero di documenti, in secondo luogo, di non averle comunicato un certo numero di atti che figuravano nel fascicolo e, per quanto riguarda le modalità di accesso al fascicolo, di averle comunicato in ritardo taluni documenti del fascicolo riservato e di non averle trasmesso una versione o un riassunto non riservati di taluni di questi documenti.

131.
    Queste tre censure riguardano essenzialmente i quattro documenti riportati nell'elenco dei documenti riservati inviato dalla Commissione alla ricorrente e menzionati sopra al punto 116.

132.
    Occorre rilevare che la ricorrente non sostiene che questi documenti non avessero carattere riservato nei confronti dei terzi. Essa si limita a sottolineare che essi non lo erano nei suoi confronti.

133.
    Per quanto riguarda la mancata comunicazione o il ritardo nella comunicazione di taluni documenti nonché l'assenza di una versione non riservata dei documenti classificati come riservati, occorre distinguere, da un lato, quelli che erano indicati nell'elenco fornito dalla Commissione alla ricorrente, e che erano conosciuti da quest'ultima e, dall'altro, quelli che, pur essendo indicati negli elenchi comunicati alla IPS non erano conosciuti da essa.

134.
    I documenti seguenti erano conosciuti dalla ricorrente: il verbale della visita del signor Plasse alla IPS il 17 agosto 1993, le cinque lettere scambiate tra PEM e IPS tra il 10 e 17 agosto 1993 e allegate alla lettera della PEM alla Commissione del 19 agosto 1993, la lettera della IPS alla PEM del 4 agosto 1993 allegata alla lettera della PEM alla Commissione dell'11 agosto 1993, le tredici lettere allegate alla

lettera della PEM alla Commissione del 5 agosto 1993 e la lettera della IPS alla PEM del 19 novembre 1992.

135.
    Poiché la Commissione le aveva qualificate come riservate e ne aveva comunicato un elenco alla ricorrente, e tenuto conto del fatto che quest'ultima disponeva degli originali o di una copia di questa corrispondenza, la Commissione non era obbligata né a comunicare una copia di questi documenti né a procedere all'elaborazione di una versione non riservata, quantomeno nei confronti della ricorrente. Infatti, fornendo l'elenco della corrispondenza tra la PEM e la ricorrente, presentata dalla PEM alla Commissione, quest'ultima ha messo la ricorrente in grado di far valere utilmente il suo punto di vista e di esercitare pienamente i suoi diritti procedurali.

136.
    Per quanto riguarda i documenti non conosciuti dalla ricorrente, cioè la lettera del 19 agosto 1993 della PEM al suo difensore, avv. Rambaud, le lettere di trasmissione della PEM alla Commissione del 5, 11 e 19 agosto 1993 e la lettera della PEM del 5 agosto 1993 relativa al lavoro tecnico effettuato presso la sua fabbrica di La Roche de Rame, la Commissione, in conformità all'art. 8, n. 4, del regolamento di base era tenuta a chiedere alla PEM una versione non riservata, a meno che l'elaborazione di un tale riassunto non fosse possibile.

137.
    Tuttavia, la mancata comunicazione di riassunti non riservati avrebbe potuto costituire una violazione dei diritti procedurali tale da giustificare l'annullamento del regolamento controverso solo se la ricorrente non avesse avuto una conoscenza sufficiente del contenuto essenziale del o dei documenti di cui trattasi, e, per tale motivo, non avesse potuto esprimere validamente il suo punto di vista sulla loro realtà o sulla loro pertinenza.

138.
    Ora, tale non è stato il caso nella fattispecie.

139.
    Per quanto riguarda in particolare le lettere della PEM alla Commissione del 5, 11 e 19 agosto 1993, la ricorrente non ha presentato una domanda scritta di comunicazione in conformità all'art. 7, n. 4, lett. c), del regolamento di base. Di conseguenza, la Commissione non era tenuta a trasmetterle. Infatti, nella sua lettera del 5 ottobre 1993 la ricorrente aveva indicato che aveva avuto conoscenzadell'elenco dei documenti inviati dalla PEM alla Commissione e che taluni di questi documenti le erano noti, trattandosi di sua corrispondenza con la PEM. Essa aveva quindi limitato la sua domanda di accesso al fascicolo riservato della Commissione ai tre documenti seguenti: la lettera della PEM all'avv. Rambaud del 19 agosto 1993, il verbale della visita del signor Plasse presso la ricorrente del 17 agosto 1993 e la lettera del 5 agosto 1993 della PEM alla Commissione relativa al lavoro tecnico effettuato dalla PEM nella sua fabbrica di La Roche de Rame.

140.
    Inoltre, la Commissione ha confermato all'udienza, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale, che le lettere del 5, 11 e 19 agosto 1993 della PEM alla Commissione

costituivano semplici lettere di trasmissione di corrispondenza scambiata tra la ricorrente e la PEM. In tale situazione, anche supponendo che la Commissione fosse tenuta a procedere alla comunicazione di questi documenti nonostante la mancanza di una richiesta scritta esplicita in tal senso, l'assenza di comunicazione non ha comportato nella fattispecie una violazione dei diritti procedurali della ricorrente.

141.
    Per quanto riguarda la lettera della PEM al suo avvocato del 19 agosto 1993, la ricorrente stessa ha riconosciuto all'udienza che essa era manifestamente riservata ai sensi della alla sentenza della Corte 18 maggio 1982, causa 155/79, AM & S Europe/Commissione (Racc. pag. 1575, punti 21-23; 25 e 28), relativa alla tutela delle comunicazioni tra un cliente e il suo difensore.

142.
    Per quanto riguarda la nota della PEM del 5 agosto 1993 relativa al lavoro tecnico effettuato presso la fabbrica PEM a La Roche de Rame, essa poteva giustamente essere qualificata come documento riservato ai sensi dell'art. 8 del regolamento di base, poiché conteneva informazioni riservate sui processi di fabbricazione della PEM. Tuttavia, per quanto la riguarda, occorre constatare che la Commissione non ha ottemperato ai suoi obblighi in materia di accesso al fascicolo. Infatti, innanzitutto, essa ha risposto con un notevole ritardo alle domande legittime della ricorrente. Inoltre, essa non ha fornito un vero riassunto non riservato della lettera di cui trattasi. Infine, essa non dimostra di aver fatto gli sforzi necessari per ottenere la comunicazione del documento di cui trattasi in una versione non riservata. Infatti, quando, finalmente la PEM ha deciso di trasmettere alla IPS il documento controverso in data 21 maggio 1994, lo ha fatto su domanda della ricorrente e non della Commissione.

143.
    Tuttavia, nonostante tutte queste irregolarità, la ricorrente ha potuto presentare le sue osservazioni sul suddetto documento in tempo utile il 27 maggio 1994, cioè prima dell'adozione del regolamento controverso. In tale situazione, le menzionate irregolarità non hanno impedito alla ricorrente di far valere il suo punto di vista sulla realtà o la pertinenza del documento.

144.
    Per quanto riguarda i tre elementi riservati, contenuti nella nota tecnica della PEM 5 agosto 1993, che non sono stati comunicati alla ricorrente né riassunti per lei, cioè, il piano del forno della fabbrica della PEM, una corrispondenza circa il filo rafforzato e una fattura di un artigiano locale, occorre rilevare, da un lato, che la ricorrente non contesta il loro carattere riservato e, dall'altro, che essa non contesta nemmeno l'impossibilità, fatta valere dalla Commissione, di procedere all'elaborazione di un riassunto non riservato. Infine, la ricorrente non fa valere di non essere stata in grado di esprimere il suo punto di vista circa la nota tecnica a causa della mancata comunicazione di questi tre elementi riservati.

145.
    Sulla base di queste considerazioni, la seconda parte del motivo deve essere respinta.

Sulla terza parte relativa ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e dei diritti della difesa, in quanto la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare alla ricorrente talune indicazioni essenziali affinché potesse presentare osservazioni utili

— Argomenti delle parti

146.
    La ricorrente sostiene che non è stata in grado di discutere taluni elementi necessari per giustificare l'istituzione dei dazi controversi. Durante tutta l'indagine, essa avrebbe contestato un certo numero di elementi presi in considerazione dalla Commissione per istituire dazi antidumping, in particolare la scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento e la sottoutilizzazione delle capacità produttive della PEM, senza aver mai disposto degli elementi sui quali si è basata la Commissione. La ricorrente ritiene che questa violazione dei suoi diritti procedurali sarebbe esistita anche se essa avesse potuto formalmente esprimere il suo punto di vista sugli aspetti controversi del fascicolo.

147.
    Ripetutamente la ricorrente avrebbe chiesto alla Commissione di spiegare sulla base di quali elementi avesse ritenuto che gli Stati Uniti costituivano il paese di riferimento, in quanto nessun elemento figurava nel fascicolo. A tal riguardo essa addebita alla Commissione non di averle rifiutato l'accesso al fascicolo, ma di non averle fornito indicazioni che giustificassero la scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento. Queste indicazioni sarebbero state tanto più importanti in quanto, adottando come base di calcolo i prezzi americani, la Commissione sarebbe pervenuta a margini esorbitanti ed a dazi antidumping che potevano solo rafforzare la posizione di monopolio del produttore comunitario. Già nel corso della prima indagine, la ricorrente avrebbe rimesso in discussione la scelta di questo paese e avrebbe chiesto che fosse preso in considerazione il valore costruito del prezzo del calcio-metallico.

148.
    La ricorrente fa valere che la Commissione avrebbe potuto comunicarle l'elenco dei clienti del produttore americano, affinché potesse verificare quale tipo di prodotto rivendeva, oppure comunicarle il volume delle sue vendite rispetto a quelle di filo rafforzato. Quest'ultimo elemento di per sé non avrebbe posto alcun problema di riservatezza e avrebbe consentito alla IPS di verificare se, come sosteneva la Commissione, il mercato americano potesse essere scelto come mercato di riferimento.

149.
    Inoltre, la ricorrente afferma di aver contestato durante l'indagine il tasso di utilizzo delle capacità produttive della PEM che, secondo questa impresa, si sarebbe stabilizzato leggermente al di sopra del 50%. A tal riguardo, essa avrebbe appreso durante l'inchiesta che, in realtà, taluni clienti non potevano esser riforniti dalla PEM.

150.
    Essa ritiene che il Consiglio non possa addebitarle di non aver presentato dati numerici per contestare il tasso del 50% determinato dalla Commissione. Infatti, sarebbe spettato alla Commissione comunicarle le informazioni che le consentissero di verificare che aveva proceduto ad una valutazione corretta dei fatti presi in considerazione.

151.
    La Commissione non avrebbe fornito la minima informazione sui cosiddetti sforzi fatti dalla PEM e sugli investimenti che essa avrebbe effettuato per tentare di rifornire la ricorrente. Quest'ultima si chiede quindi come la Commissione abbia potuto verificare essa stessa che la PEM aveva fornito elementi sufficienti comprovanti gli investimenti effettuati in attrezzature, considerato il carattere tecnico di questi dati, che sfuggiva perciò alla sua competenza.

152.
    Il Consiglio sostiene che la corrispondenza tra il difensore della ricorrente e la Commissione, tra il 12 agosto e il 22 agosto 1994, dimostra che la ricorrente ha effettivamente discusso gli elementi da essa indicati.

153.
    Esso aggiunge che la Commissione deve comunicare soltanto gli elementi che sono chiesti da una parte interessata, e solo se sono pertinenti per la sua difesa e se è possibile accogliere la richiesta senza pregiudicare il principio di riservatezza. In ogni caso, la ricorrente avrebbe effettivamente condotto una discussione in contraddittorio sugli elementi pertinenti per la sua difesa.

154.
    Per quanto riguarda la questione del paese di riferimento, la PEM e la Chambre syndicale fanno presente che l'art. 8 del regolamento di base, relativo al trattamento riservato delle informazioni, si applica anche alle informazioni fornite dalle imprese del paese di riferimento. Per quanto riguarda le informazioni utilizzate per la determinazione del valore normale, sarebbe ovvio che esse sono essenzialmente di natura riservata.

— Giudizio del Tribunale

155.
    Occorre verificare se la ricorrente sia stata informata con sufficiente precisione sui fatti e considerazioni in base ai quali si intendeva proporre l'adozione di provvedimenti definitivi per quanto riguardava le importazioni di calcio-metallico originario della Cina e della Russia.

156.
    Il fascicolo non riservato della Commissione è stato consultato dalla ricorrente cinque volte, il 27 aprile 1993, il 4 ottobre 1993, il 17 maggio 1994, l'8 luglio 1994 e il 26 luglio 1994.

157.
    Successivamente, con lettera 11 agosto 1994 (allegato 115 al ricorso) inviata in conformità all'art. 7, n. 4, lett. b) e c), del regolamento di base, la Commissione ha comunicato al difensore della ricorrente i principali fatti e considerazioni sulla base dei quali intendeva proporre l'adozione di provvedimenti antidumping definitivi per

quanto riguardava le importazioni di calcio-metallico originario della Cina e della Russia.

158.
    Quanto alla scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento, occorre constatare che, nel regolamento provvisorio, la Commissione ha indicato dettagliatamente, nei 'considerando‘ 12-18, i motivi per cui riteneva che gli Stati Uniti costituissero una scelta appropriata e non irragionevole ai sensi dell'art. 2, n. 5, del regolamento di base.

159.
    D'altra parte, dal 'considerando‘ 15 del regolamento controverso risulta che le istituzioni hanno esaminato le critiche, da parte della IPS, della scelta del paese di riferimento in termini di rappresentatività delle vendite del produttore degli Stati Uniti preso in considerazione e di similarità dei prodotti.

160.
    In tale situazione, la ricorrente ha ricevuto dalla Commissione indicazioni sufficienti circa i criteri presi in considerazione per procedere alla scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento.

161.
    La sola censura che potrebbe essere rivolta contro la Commissione sarebbe di non aver fornito alla ricorrente gli elementi di prova atti a giustificare il carattere rappresentativo delle vendite di calcio-metallico del produttore degli Stati Uniti preso in considerazione ai fini del calcolo del valore normale sul suo mercato nazionale.

162.
    Tuttavia, il volume delle vendite effettuate da questo produttore sul suo mercato costituisce un dato riservato, cosa che non è contestata dalla ricorrente. Pertanto la Commissione non era tenuta a comunicarlo a quest'ultima.

163.
    La Commissione non poteva nemmeno far ricorso alle due altre modalità di comunicazione fatte valere dalla ricorrente (v. sopra punto 148), poiché non erano mai state proposte precedentemente.

164.
    Inoltre, occorre constatare da un lato, che la comunicazione alla ricorrente dell'elenco dei clienti del produttore degli Stati Uniti, al fine di consentirle di verificare quale tipo di prodotti esso rivende, comporterebbe la comunicazione di dati riservati, cosa che la ricorrente stessa ammette.

165.
    D'altra parte, la ricorrente non ha dimostrato che la comunicazione del volume delle vendite del produttore americano rispetto alle vendite di filo rafforzato non le avrebbe consentito, indirettamente, di conoscere il volume delle vendite di calcio-metallico del produttore di cui trattasi sul suo mercato nazionale.

166.
    Infine, essa non ha dimostrato che la mancata divulgazione di questi dati abbia potuto incidere sulle sue possibilità di difesa o sull'esito del procedimento, tanto più

che, come sottolinea giustamente il Consiglio, essa non ha mai opposto una proposta alternativa alla scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento.

167.
    Pertanto, la censura concernente la scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento deve essere respinta.

168.
    Per quanto riguarda la mancata comunicazione da parte della Commissione delle informazioni che dovevano consentire alla ricorrente di esaminare la fondatezza della valutazione relativa al tasso di utilizzo delle capacità produttive della PEM, dal regolamento provvisorio ('considerando‘ 29-31) risultano i seguenti elementi:

—    a decorrere dal 1989, il produttore comunitario ha investito in nuovi forni ed ha leggermente accresciuto la sua capacità produttiva (indice 103 nel 1990, 107 nel 1991 e 111 nel 1992, contro 100 nel 1989);

—    la produzione è stata stabile: indice 88 nel 1990, 94 nel 1991 e 101 nel 1992, contro 100 nel 1989;

—    il tasso di utilizzo delle capacità ha riflesso l'effetto positivo dell'istituzione di dazi antidumping nel 1989, poi si è stabilizzato a livello inferiore, leggermente al di sopra del 50%.

169.
    Nel regolamento controverso (punto 20), il Consiglio precisa che ha esaminato i dubbi espressi dalla IPS e i controlli ai quali la Commissione ha proceduto prima di pervenire alla conclusione che il tasso di utilizzo della capacità della PEM è rimasto basso, fluttuando tra il 50 e il 60% circa, nel corso del periodo in esame.

170.
    Da quanto precede risulta che la Commissione ha chiarito i parametri che essa ha utilizzato per giungere alla conclusione che il tasso di utilizzo delle capacità della PEM nel corso del periodo in esame, cioè il rapporto tra la produzione effettiva e la capacità produttiva della PEM, fluttuava tra il 50 e il 60%. Risulta anche che essa ha proceduto ad un riesame della questione quando, dopo l'adozione del regolamento provvisorio, è stato sostenuto, senza alcun elemento di prova, che taluni clienti non potevano essere riforniti dalla PEM.

171.
    In tale situazione, la censura della ricorrente relativa al fatto che la Commissione non le avrebbe fornito alcuna informazione che le consentisse di esaminare la fondatezza della valutazione che aveva fatto del tasso di utilizzo delle capacità produttive della PEM deve essere respinta.

172.
    Per quanto riguarda i documenti che sono serviti come base per i calcoli soprammenzionati, la Commissione non era tenuta a renderli accessibili alla ricorrente in forza dell'art. 8 del regolamento di base, in quanto essi presentavano un carattere riservato, non contestato dalla ricorrente, e un riassunto non riservato delle informazioni non era possibile.

173.
    Inoltre, la ricorrente non ha dimostrato come la mancata divulgazione di questi documenti abbia potuto incidere sulle sue possibilità di difesa o sulla conclusione del procedimento, tanto più che essa non ha mai fornito elementi probatori intesi a dimostrare che i calcoli della Commissione fossero errati.

174.
    Per quanto riguarda la censura relativa all'asserita mancanza di comunicazione delle informazioni circa gli sforzi fatti dalla PEM e gli investimenti da essa effettuati per cercare di rifornire la ricorrente, anch'essa dev'essere respinta per i motivi sopra enunciati ai punti 142-144 nell'ambito della seconda parte del motivo.

175.
    In merito alla questione se la ricorrente sia stata in grado di pronunciarsi sui fatti e considerazioni sulla base dei quali si intendeva proporre l'adozione di provvedimenti definitivi concernenti le importazioni di calcio-metallico originario della Cina e della Russia, occorre ricordare che la ricorrente ha chiesto di essere sentita, in conformità all'art. 7, n. 5, del regolamento di base. Questa audizione è avvenuta il 4 maggio 1993.

176.
    Inoltre, la ricorrente ha comunicato alla Commissione il suo punto di vista nel corso dell'indagine, così come risulta dalla cronistoria della corrispondenza tra l'avvocato della ricorrente e la Commissione, riassunta dal Consiglio nei seguenti termini:

—    lettera del 31 maggio 1994 (allegato 40 al ricorso): la ricorrente comunica le sue osservazioni non riservate sul regolamento provvisorio; in questo documento essa contesta la scelta degli Stati Uniti come paese di riferimento, il tasso di utilizzo del 50% delle capacità del produttore comunitario, l'utilità degli investimenti effettuati dalla PEM e il criterio di purezza del 96% preso in considerazione della Commissione; una risposta della Commissione le è stata inviata con lettera 14 giugno 1994;

—    lettera dell'11 luglio 1994 (allegato 42 al ricorso): la ricorrente risponde alla lettera della Commissione del 14 giugno 1994, confermando le critiche esposte nella sua lettera del 31 maggio 1994;

—    lettera 22 agosto 1994 (allegato 62 al ricorso): la ricorrente invia le sue osservazioni sulla lettera dell'11 agosto 1994 con la quale la Commissione ha esposto i principali fatti e considerazioni sulla base dei quali si intendeva proporre l'adozione di misure definitive; le osservazioni della ricorrente riguardano in particolare la scelta del paese di riferimento, il tasso di utilizzo delle capacità della PEM, il grado di purezza del calcio e gli sforzi effettuati dalla PEM per cercare di fornire un prodotto conforme.

177.
    Risulta quindi che la ricorrente ha avuto ampiamente l'occasione di pronunciarsi sulla scelta del paese di riferimento, sulla determinazione del tasso di utilizzo della

capacità produttiva della fabbrica della PEM, nonché sulle informazioni concernenti gli investimenti effettuati dalla PEM al fine di rifornire la IPS.

178.
    Pertanto, la terza parte del motivo dev'essere anch'essa respinta.

179.
    Il motivo stesso quindi dev'essere respinto nel suo insieme.

Sul terzo motivo relativo ad una violazione degli artt. 4, n. 4, e 2, n. 12, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

— Argomenti delle parti

180.
    La ricorrente sostiene che il Consiglio e la Commissione hanno giustamente concluso che il calcio-metallico originario della Cina e della Russia, da un lato, e quello fabbricato dalla PEM, dall'altro, siano sostituibili nel loro uso e pertanto simili ai sensi dell'art. 2, n. 12, del regolamento di base. La nozione di similarità sarebbe equivalente a quella di sostituibilità. E' quindi rispetto alle loro caratteristiche fisiche e tecniche e al loro uso che occorrerebbe analizzare la similarità dei prodotti di cui trattasi.

181.
    Secondo la ricorrente il calcio standard originario della Cina o della Russia e quello prodotto dalla PEM non possiedono le stesse caratteristiche fisiche, il primo si presenterebbe sotto forma di torniture (trucioli) brillanti ed omogenee, mentre il secondo sarebbe un calcio in pezzi eterocliti, di aspetto fibroso e poroso, sempre appannati in superficie.

182.
    Le caratteristiche tecniche dei prodotti sarebbero radicalmente diverse. Le analisi chimiche che accertano il tenore di alluminio e di magnesio dimostrerebbero che non si tratta degli stessi prodotti. Il calcio comunitario presenterebbe un tenore di ossigeno molto più elevato del calcio di origine cinese o russa. Infatti, dai vari tenori di ossigeno risulterebbe che il livello di ossidazione del calcio della PEM sarebbe da 4 a 5 volte superiore.

183.
    Ora, precisamente a causa della sua forte ossidazione rispetto al calcio degli altri produttori nel mondo, il calcio della PEM non potrebbe essere utilizzato dalla ricorrente. Infatti, il tasso di ossigeno troppo elevato comporterebbe un deposito di calce nei forni, che ostruirebbe gli impianti della ricorrente. Del resto la PEM ammetterebbe che il suo calcio contiene un tasso di ossigeno molto più elevato.

184.
    Per la ricorrente questa caratteristica del calcio della PEM è fondamentale. Essa lo sarebbe ancor di più per il fatto che, trattandosi di un prodotto industriale destinato alla fabbricazione di un prodotto derivato, e non di un prodotto destinato al consumatore finale, essa determinerebbe le condizioni di impiego del prodotto e avrebbe un'incidenza considerevole sul processo e sui costi di produzione. L'impatto economico della differenza fisica del contenuto di ossigeno sarebbe elevato.

185.
    L'argomento della PEM secondo cui la differenza tra i due prodotti deriverebbe non dal calcio stesso ma dal processo specifico utilizzato dalla ricorrente, non potrebbe essere ammesso sia per motivi di diritto sia per motivi di fatto.

186.
    La circostanza che altri utilizzatori possono impiegare il calcio-metallico della PEM proverebbe solo che uno stesso prodotto può essere usato per fini diversi e in condizioni differenti. Il calcio-metallico standard potrebbe appartenere a mercati differenti. Esso potrebbe essere utilizzato dalle industrie del piombo e del ferro-lega o come materia prima per la fabbricazione del calcio scomposto. Nel primo caso, gli scarti di purezza sarebbero indifferenti, così come il tasso di ossigeno. Per contro, il tasso di ossigeno sarebbe fondamentale nel secondo caso, il quale rappresenterebbe una parte importante degli impieghi del calcio.

187.
    Il calcio-metallico sarebbe una materia prima trasformata per essere utilizzata nei tre settori sopra indicati, cioè le industri del piombo (340 tonnellate, cioè 40% delle applicazioni del calcio), il trattamento degli acciai (570 tonnellate, cioè 46% delle applicazioni del calcio), la calciotermia (100 tonnellate, cioè 11% delle applicazioni del calcio). Il calci standard della PEM potrebbe essere utilizzato senza difficoltà dalle industrie del piombo, ma sarebbe invece inutilizzabile per la totalità della calciotermia e per quasi la metà dei prodotti che servono al trattamento dell'acciaio.

188.
    Il ragionamento della PEM sarebbe erroneo. Secondo la ricorrente, non si potrebbe passare dal calcio-metallico materia prima agli usi finali del prodotto derivato dalla materia prima, senza tener conto dell'utilizzazione nella fase intermedia per la fabbricazione del calcio-metallico scomposto. Ora, solo rispetto a questo mercato intermedio occorrerebbe esaminare le condizioni di impiego, poiché la discussione riguarderebbe l'importazione del calcio-metallico standard e non del calcio scomposto.

189.
    Tenuto conto di questi dati e della parte rilevante che rappresenterebbe il trattamento dell'acciaio nell'impiego del calcio, non si potrebbe concludere che le differenze di utilizzazione sono poco significative, se non marginali. Al contrario, per una sola delle tre applicazioni — le industri del piombo —, il calcio standard della PEM e il calcio standard di origine cinese o russa sarebbero simili. Per le altre due applicazioni, la PEM sarebbe obbligata a far ricorso ad un calcio ridistillato. Pertanto i due prodotti non potrebbero essere qualificati come simili dalle autorità comunitarie.

190.
    In conclusione, essi non sarebbero intercambiabili.

191.
    Secondo il Consiglio, un operatore quale la ricorrente, che sviluppa un nuovo processo al fine di ridurre un certo prodotto in granuli, non crea due prodotti differenti, ai sensi del regolamento di base, semplicemente perché, a differenza dei processi esistenti, il suo processo è particolarmente sensibile a talune impurità.

Differenze di qualità o di uso non sarebbero di per sé sole sufficienti a distinguere due prodotti. Occorrerebbe esaminare se le differenze di qualità o di uso siano percepite dal mercato in generale come elementi che distinguono due prodotti.

192.
    La ricorrente non sarebbe nell'impossibilità di utilizzare il prodotto PEM, ma per far ciò dovrebbe affrontare costi supplementari.

193.
    La ricorrente non potrebbe far valere differenze di costo nell'uso che essa fa del prodotto senza tener conto della circostanza che i prodotti cinese e russo sono ottenuti con un processo di elettrolisi che, in un'economia di mercato, comporterebbe costi di produzione più elevati.

194.
    Secondo il Consiglio, la questione dell'identità dell'elemento o composto chimico non andrebbe confusa con quella della presenza di impurità. Una variazione del livello d'impurità non inciderebbe necessariamente sulla similarità dei prodotti. Ora, il calcio-metallico prodotto dalla PEM sarebbe, come elemento chimico, identico al calcio-metallico prodotto dalla Cina e dalla Russia. Alle istituzioni non sarebbe risultato che il livello di variazione delle impurità avesse un'influenza sull'uso del prodotto standard della PEM da parte di trasformatori diversi dalla ricorrente.

195.
    Il calcio-metallico importato dalla Cina o dalla Russia sarebbe sostituibile al calcio-metallico fabbricato dalla PEM in tutti i settori, poiché, per l'86% dei consumatori industriali del calcio-metallico (industria del piombo, delle ferro/leghe e dell'acciaio) il calcio ottenuto mediante alluminotermia e, a fortiori, il calcio ottenuto mediante elettrolisi, soddisferebbero le loro esigenze tecniche. Per l'11% dei consumatori industriali (applicazioni in calciotermia), sarebbe preferibile un calcio elettrolitico, che la PEM potrebbe fornire sottoponendo il suo prodotto standard ad una distillazione. Per il 3% dei consumatori industriali (industria nucleare), sarebbe richiesto un prodotto di alta purezza, che la PEM potrebbe anche fornire con il suo calcio di qualità nucleare.

196.
    Basandosi sulla prassi decisionale della Commissione, la PEM e la Chambre syndicale sostengono che, finché vi siano prodotti simili, è sufficiente che prodotti comunitari e prodotti originari di paesi terzi presentino caratteristiche fisiche e tecniche fondamentali comuni nonché le stesse funzioni e possibilità fondamentali di impiego che li rendano ampiamente intercambiabili, anche se differenze di caratteristiche, di aspetto o di qualità attenuino il grado di intercambiabilità.

197.
    Nella fattispecie il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico originario della Cina o della Russia sarebbero prodotti simili.

198.
    Nonostante una lieve variazione del livello della purezza e, correlativamente, del tenore di ossigeno in funzione del processo di produzione utilizzato, il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico cinese o russo avrebbero caratteristiche fisiche e chimiche sufficientemente vicine per essere considerati prodotti simili.

199.
    I due prodotti avrebbero anche gli stessi utilizzatori finali.

200.
    Infine, i due processi di produzione consentirebbero di ottenere un calcio primario detto «standard», che sarebbe utilizzato principalmente o sotto forma massiccia, nell'industria del piombo e delle ferro/leghe, o sotto forma scomposta.

201.
    Per l'uso del calcio-metallico sotto forma massiccia (che rappresenta il 40% dei bisogni), il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico cinese o russo sarebbero del tutto intercambiabile. Per l'uso del calcio-metallico sotto forma scomposta nella produzione di reazioni calciotermiche, sarebbe necessario utilizzare calcio di purezza superiore. Tuttavia, questo calcio-metallico potrebbe provenire sia da produttori stabiliti in Cina e in Russia, che utilizzano il processo elettrolitico, sia da quelli che utilizzano il processo alluminotermico, tra cui la PEM. Infatti, quest'ultimo processo consentirebbe anche di ottenere un calcio di altissima purezza, con la sola differenza del prezzo, in quanto il calcio cinese o russo ha una grande purezza ed è meno caro, grazie al dumping. Il calcio-metallico comunitario e il calcio-metallico importato avrebbero infine le stesse funzioni e possibilità fondamentali di utilizzazione per l'86% delle applicazioni, in quanto la purezza più elevata del calcio-metallico impiegato, fino all'11% dei bisogni, in calciotermia potrebbe riscontrarsi sia presso la PEM sia presso i produttori stabiliti in Cina e in Russia. Questi prodotti sarebbero quindi simili ai sensi del regolamento di base.

Giudizio del Tribunale

202.
    L'art. 4, nn. 1 e 4, del regolamento di base stabilisce:

«Il pregiudizio è determinato soltanto se le importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni costituiscono, per via degli effetti del dumping o della sovvenzione, la causa del pregiudizio, ossia se arrecano o minacciano di arrecare un pregiudizio notevole ad una industria stabilita nella Comunità, oppure ritardano sensibilmente la creazione di siffatta industria (...)

(...)

L'effetto delle importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni è valutato in rapporto alla produzione comunitaria del prodotto simile (...)».

203.
    L'art. 2, n. 12, dello stesso regolamento precisa:

«(...) per ”prodotto simile” si intende un prodotto identico, cioè simile sotto ogni riguardo al prodotto considerato o, in mancanza di tale prodotto, un altro prodotto che presenti caratteristiche analoghe a quelle del prodotto considerato».

204.
    Occorre rilevare che le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale nell'analisi di situazioni economiche complesse (v., ad esempio, sentenza del

Tribunale 28 settembre 1995, causa T-164/94, Ferchimex/Consiglio, Racc. pag. II-2681, punto 66) e che la determinazione dei «prodotti simili» si inserisce in un tale ambito (sentenza del Tribunale 25 settembre 1997, causa T-170/94, Shanghai Bicycle/Consiglio, Racc. pag. II-1383, punto 63).

205.
    Alla luce di queste considerazioni occorre verificare se le istituzioni abbiano commesso un errore di fatto o di diritto o un errore manifesto di accertamento dei fatti che comporta un'erronea valutazione della similarità dei prodotti (v., in tal senso, sentenza della Corte 14 luglio 1988, causa 188/95, Fediol/Commissione, Racc. pag. 4193, punto 6).

206.
    Nella fattispecie il Consiglio, nell'esaminare la questione della similarità dei prodotti, ha preso in considerazione sia le differenze fisiche sia le differenze tecniche esistenti tra il prodotto della PEM e quello importato dalla Cina o dalla Russia nonché la loro incidenza sui produttori intermedi quali la ricorrente.

207.
    Le istituzioni comunitarie possono ritenere che un prodotto comunitario e un prodotto che costituisce oggetto di dumping siano simili, nonostante l'esistenza di differenze fisiche o tecniche o di altro tipo che limitano le possibilità di impiego da parte degli acquirenti finali. A tal riguardo la Corte ha dichiarato a proposito di dazi antidumping su fotocopiatrici a carta comune originarie del Giappone (v., ad esempio, sentenze della Corte 10 marzo 1992, causa C-171/87, Canon/Consiglio, Racc. pag. I-1237, punti 47, 48 e 52, causa C-174/87, Ricoh/Consiglio, Racc. pag. I-1335, punti 35, 36 e 40, e causa C-179/87, Sharp Corporation/Consiglio, causa C-179/87, Racc. pag. I-1635, punti 25, 26 e 30) che le istituzioni comunitarie non avevano commesso alcun errore di valutazione ritenendo, ai fini della determinazione del pregiudizio subito dall'industria comunitaria, che la «produzione comunitaria del prodotto simile» fosse quella comprendente tutte le fotocopiatrici, di tutte le categorie, escluse le macchine di cui non vi era produzione comunitaria, nonostante l'esistenza di differenze tecniche tra le varie fotocopiatrici.

208.
    Nel regolamento controverso ('considerando‘ 11 e 12), il Consiglio ha ritenuto, senza essere contraddetto dalla ricorrente, che, per quanto riguarda le applicazioni nelle industrie del piombo e delle ferro/leghe e nell'industria siderurgica, il calcio-metallico di qualità standard prodotto dalla PEM e quello importato dalla Cina o dalla Russia sono completamente intercambiabili e quindi simili ai sensi dell'art. 2, n. 12, del regolamento di base.

209.
    Questa similarità dei prodotti riguarda quindi l'86% del mercato comunitario del calcio-metallico, in quanto le industrie del piombo e delle ferro leghe, da un lato, e l'industria siderurgica, dall'altro, rappresentano rispettivamente il 40% e il 46% di quest'ultimo.

210.
    Per quanto riguarda l'industria siderurgica, la ricorrente ritiene tuttavia in sostanza che, per valutare la similarità dei prodotti, non occorra prendere in considerazione gli acquirenti finali, bensì gli acquirenti intermedi, cioè le imprese trasformatrici del

calcio-metallico in calcio-metallico scomposto. Ora la ricorrente, in quanto impresa che trasforma il calcio-metallico in calcio-metallico scomposto, non potrebbe utilizzare il calcio-metallico di qualità standard prodotto dalla PEM. Questo prodotto e quello che proviene dalla Cina o dalla Russia non potrebbero quindi essere considerati simili.

211.
    Questo ragionamento è infondato.

212.
    Le istituzioni comunitarie — Consiglio e Commissione —, quando concludono che le importazioni di cui trattasi costituiscono oggetto di dumping, devono, in conformità all'art. 4, n. 4, del regolamento di base, determinare l'effetto di queste importazioni sui prodotti simili nella Comunità.

213.
    Infatti, la similarità dei prodotti di base (materie prime), cioè la loro intercambiabilità, dev'essere misurata tenendo conto, in particolare, delle preferenze degli utilizzatori finali, dato che la domanda del prodotto di base da parte delle imprese di trasformazione dipende dalla domanda degli utilizzatori finali.

214.
    Per contro, non è sufficiente esaminare le preferenze delle imprese trasformatrici che, per motivi tecnici o economici, possono preferire un prodotto di base piuttosto che un altro.

215.
    Occorre anche esaminare se i prodotti che incorporano questo prodotto di base siano o meno in concorrenza tra loro, in particolare quando, come nella fattispecie, il valore aggiunto del processo di trasformazione del prodotto di base è relativamente irrilevante rispetto al prezzo del prodotto finale.

216.
    Infatti, in un tale caso, un aumento della domanda del prodotto di base — nella fattispecie il calcio-metallico di origine cinese o russa —, dovuto ad una pratica di dumping, può comportare una diminuzione del prezzo del prodotto trasformato — il calcio scomposto prodotto dalla IPS —. A sua volta, questa situazione può comportare una diminuzione della domanda dell'altro prodotto trasformato, il calcio scomposto della PEM, diminuzione che, da parte sua, è atta a è tale da provocare una diminuzione della domanda dell'altro prodotto di base, il calcio-metallico prodotto dalla PEM.

217.
    Un pregiudizio viene quindi subito dai produttori di quest'ultimo prodotto di base, il cui uso non pone problemi particolari per l'utilizzatore finale.

218.
    Le imprese trasformatrici che utilizzano il prodotto di base della PEM possono infatti essere indotte a cessare di acquistare questo prodotto, per definizione più caro rispetto al prodotto di base proveniente dalla Cina o dalla Russia. Esse possono allora o rivolgersi ai produttori di questi paesi terzi, o, se sono integrate verticalmente come la PEM, ridurre i loro prezzi diminuendo la loro redditività e

subendo probabilmente perdite, cioè un danno ai sensi dell'art. 4 del regolamento di base (v. sentenza del Tribunale 14 luglio 1995, causa T-166/94, Koyo Seiko/Consiglio, Racc. pag. II-2129, punti 32-42, e in particolare, punti 35 e 36).

219.
    Alla luce di queste considerazioni occorre concludere che le istituzioni non hanno commesso né un errore di fatto, né una violazione degli artt. 4, nn. 1 e 4, e 2, n. 12, del regolamento di base, né un errore manifesto di valutazione ritenendo che il calcio-metallico prodotto dalla PEM e il calcio-metallico cinese e russo costituissero prodotti simili ai sensi dell'art. 2, n. 2, del regolamento di base.

220.
    Per quanto riguarda le applicazioni in calciotermia, risulta che è necessario utilizzare un calcio-metallico di una purezza superiore a quella del calcio-metallico scomposto di qualità standard del produttore comunitario. Tuttavia, queste applicazioni costituiscono solo una percentuale minore (11%) di tutte le applicazioni per le quali il prodotto di cui trattasi viene utilizzato nella Comunità. Pertanto, l'impossibilità di utilizzare il calcio-metallico scomposto di qualità standard della PEM in questo settore non può rimettere in discussione la fondatezza dell'analisi delle istituzioni circa la similarità del prodotto di cui trattasi.

221.
    Di conseguenza, il terzo motivo dev'essere respinto.

Sul quarto motivo relativo ad una violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

222.
    Secondo la ricorrente, la PEM non poteva far valere un pregiudizio ai sensi dell'art. 4 del regolamento di base, per i seguenti motivi: innanzi tutto, essa non aveva fatto nulla per tentare di rifornire la IPS; in secondo luogo, essa non poteva sostenere che le importazioni a prezzo di dumping l'avessero costretta a ridurre i prezzi del calcio scomposto; in terzo luogo, la maggior parte delle importazioni di cui trattasi era dovuta al fatto che la IPS non perveniva a rifornirsi presso la PEM.

223.
    Senza negare l'esistenza di un pregiudizio per l'industria comunitaria, la ricorrente si limita a contestare sia il nesso di causalità tra le importazioni che costituiscono oggetto di dumping e questo pregiudizio, sia la rilevanza di quest'ultimo. Occorre esaminare nell'ordine queste contestazioni.

1. Sul nesso di causalità

224.
    La ricorrente contesta l'esistenza di un nesso di causalità tra le importazioni che costituiscono oggetto di dumping e il danno subito dall'industria comunitaria. A sostegno della sua contestazione, essa afferma, da un lato, che la PEM non si è impegnata per rifornirla di calcio-metallico primario di qualità standard e, dall'altro, che la PEM era responsabile delle riduzioni dei prezzi del calcio-metallico primario all'origine del danno subito dall'industria comunitaria.

a) Sulla censura relativa al fatto che la PEM non si sarebbe impegnata a rifornire la ricorrente di calcio-metallico di qualità standard

Argomenti delle parti

225.
    Per quanto riguarda il primo punto, la ricorrente fa presente che, dopo due anni di tentativi, la PEM era sempre nell'impossibilità di rifornirla di un prodotto analogo al calcio-metallico cinese o russo, mentre:

—    essa conosceva fin dall'inizio della ripresa dei suoi rapporti la causa delle difficoltà incontrate dalla IPS nell'impiego del calcio-metallico di qualità standard da essa prodotto;

—    essa aveva dichiarato di essere in grado di rifornirla di un prodotto soddisfacente;

—    i produttori canadesi avevano impiegato solo alcune settimane per risolvere difficoltà tecniche analoghe;

—    la PEM sostiene di aver speso somme considerevoli in ricerche e in investimenti per cercare di rifornire la IPS;

—    il gruppo Péchiney è un gruppo importante, dotato di mezzi di ricerca considerevoli.

226.
    Questa impossibilità di fornire calcio standard sarebbe confermata dalla circostanza che la PEM ha definitivamente rinunciato a farlo, poiché gli ultimi esperimenti riguardavano calcio nucleare.

227.
    In realtà la PEM non avrebbe fatto nulla per cercare di rifornire la ricorrente, anzi avrebbe deliberatamente deciso di non rifornirla, come dimostrerebbero, oltre alla cronologia dei rapporti tra la IPS e la PEM e i fatti menzionati al punto precedente, gli elementi seguenti:

—    pur sapendo dal dicembre 1992, che il suo prodotto non era conforme al processo di fabbricazione dell'IPS a causa del suo elevato tenore di ossigeno, la PEM ha scritto nell'agosto 1993 che sfornava i suoi lingotti (di calcio) a caldo (il che contribuiva a ossidare il calcio);

—    la nota della PEM del 5 agosto 1993 sul lavoro tecnico effettuato nella sua fabbrica di La Roche de Rame, che descriveva gli investimenti effettuati per migliorare il suo prodotto, è rimasta a lungo riservata;

—    la PEM ha potuto procurarsi, nel corso degli esperimenti, informazioni delicate sulla IPS, che le hanno consentito di ottenere dazi antidumping

fissati ad un importo tale da neutralizzare il suo concorrente sul mercato (ciò sarebbe dimostrato dai passi compiuti dalla PEM alla vigilia dell'imposizione dei dazi antidumping definitivi nonché dall'abuso di posizione dominante commesso da questa impresa, consistente principalmente in uno sviamento di procedura — settimo motivo).

228.
    La ricorrente avrebbe chiesto ripetutamente nel corso dell'indagine che una perizia fosse disposta al fine di accertare quali adattamenti fossero stati effettuati dalla PEM e se essi potessero migliorare il suo prodotto. Questa perizia sarebbe sempre stata rifiutata. La ricorrente avrebbe quindi chiesto il parere di un perito indipendente, il signor Laurent, che avrebbe consegnato la sua relazione il 19 maggio 1995. Secondo quest'ultimo la PEM avrebbe conosciuto fin dall'origine l'incidenza nefasta dell'ossigeno contenuto nel suo calcio. Inoltre, essa avrebbe disposto, nelle proprie fabbriche, di tutti i mezzi idonei per porvi rimedio senza essere obbligata a tentare, presso la ricorrente, esperimenti di cui si poteva prevedere l'esito negativo. Infine, essa avrebbe complicato e ritardato le constatazioni più evidenti, poiché una metodologia rigorosa, seguita all'occorrenza da periti indipendenti, avrebbe consentito di evitare costosi esperimenti e di pervenire in poco tempo a conclusioni chiare.

229.
    Secondo il Consiglio, la questione dell'impossibilità per la PEM di rifornire la ricorrente comporta un elemento di fatto e un elemento di diritto. In effetti, si tratterebbe di determinare se la PEM non era in grado di rifornire la ricorrente, nel qual caso il punto di diritto sarebbe quello di accertare se, nonostante ciò, si possa ammettere l'esistenza di un danno. Il Consiglio ammette che la PEM non ha potuto fornire un prodotto di qualità standard adatto ai bisogni della ricorrente. Tuttavia, la ricorrente non potrebbe sostenere che il suo atteggiamento, quale risulta dal fascicolo, sia stato del tutto costruttivo.

230.
    Per quanto riguarda l'asserito rifiuto della PEM di effettuare gli adattamenti necessari al fine di poter rifornire la ricorrente, il Consiglio sostiene che dal fascicolo non risulta che la PEM non abbia adottato misure ragionevoli a tal fine.

Giudizio del Tribunale

231.
    L'argomento dalla ricorrente consiste nel sostenere che la PEM non ha fatto alcun tentativo di fornire alla IPS un calcio-metallico adatto ai suoi bisogni. Occorre esaminare l'insieme dei rapporti tra la ricorrente e la PEM per accertare se tale argomento sia materialmente fondato.

232.
    I rapporti tra la Extramet, divenuta successivamente IPS e la PEM sono stati interrotti dal 1985 al 1991, quantomeno per quanto riguarda il calcio.

233.
    Gli elementi del fascicolo consentono di ritracciare i rapporti tra la ricorrente e la PEM nel corso del periodo che va dal 1991 al 1994.

234.
    Nel luglio 1991, la IPS ha trasmesso alla PEM un ordinativo di 500 kg di calcio. La merce è stata fornita nello stesso mese, unitamente ad un campione di 50 kg di calcio metallico in cristalli. La ricorrente stessa ammette che essa si è astenuta dal continuare i rapporti commerciali in tale periodo per non influenzare il procedimento dinanzi al Consiglio della concorrenza, tenuto conto del fatto che il difensore della PEM si era servito di questo ordinativo per sostenere la sua posizione. Il 19 novembre 1992, cinque giorni dopo la pubblicazione della comunicazione del 14 novembre 1992 relativa alla procedura antidumping, essa ha scritto alla PEM per criticare la qualità del calcio fornita nel luglio 1991.

235.
    Nella fattispecie, non si può quindi ritenere che, per il periodo d'indagine che va dal 1° luglio 1991 al 31 ottobre 1992, la PEM fosse all'origine del proprio danno. Infatti, durante questo periodo la ricorrente, da un lato, non ha ritenuto opportuno riprendere i rapporti commerciali con la PEM e, dall'altro, si è rifornita di calcio-metallico proveniente dalla Cina e dalla Russia, nonostante l'imposizione di dazi antidumping.

236.
    Tuttavia, risulta dalla giurisprudenza (sentenza del Tribunale 11 luglio 1996, causa T-161/94, Sinochem Heilongjiang/Consiglio, Racc. pag. II-695, punto 88) che l'esame dei dati che si riferiscono al periodo successivo a quello dell'indagine può risultare necessario, qualora da essi emergano nuovi sviluppi che rendono manifestamente inadeguata ma prevista istituzione del dazio antidumping.

237.
    Occorre quindi esaminare gli argomenti con cui la ricorrente intende dimostrare che gli sviluppi successivi alla fine del periodo d'indagine erano tali da rendere manifestamente inadeguata l'istituzione dei dazi controversi.

238.
    A tal fine, devono essere presi in considerazione solo i fatti anteriori al 19 ottobre 1994, data di adozione del regolamento controverso. Devono invece essere esclusi i fatti successivi, indipendentemente dal fatto che confermino o sminuiscano la fondatezza dell'analisi delle istituzioni circa il nesso di causalità.

239.
    Il 21 dicembre 1992 il responsabile del settore «calcio» della PEM ha incontrato il presidente della IPS nella sede di quest'ultima.

240.
    Nel corso del colloquio, i due responsabili hanno raggiunto un accordo sui punti seguenti:

—    si ammetteva che il tenore di ossigeno potesse essere la causa delle difficoltà incontrate dalla IPS;

—    la PEM avrebbe offerto partite di calcio-metallico alla IPS per procedere ad esperimenti allo scopo di ridurre il tenore di ossigeno;

—    si riconoscevano altresì la particolare delicatezza dell'ossigeno e della campionatura nonché la scarsa affidabilità dei risultati ottenuti sino a quel momento: due aspetti che richiedevano uno sviluppo particolare per poter valutare in permanenza i progressi effettuati dalla PEM in termini di riduzione della percentuale di ossigeno nel calcio.

241.
    Le due imprese hanno allora proceduto nel 1993 a diversi esperimenti. Con lettera 26 aprile 1993, in considerazione dei risultati del primo esperimento, un primo progetto d'accordo commerciale è stato proposto dalla PEM alla IPS.

242.
    Con telex 3 maggio 1993, (allegato 15 alla memoria d'intervento della PEM), la IPS ha indicato che il tenore massimo di ossigeno rilevato sui campioni della PEM era dello 0,36% e non dello 0,4% e dello 0,5%, come risultava dalle prime analisi. Essa ha sottolineato che lo 0,36% corrispondeva al massimo da essa accettabile. Secondo la PEM, a quell'epoca, la purezza minima del calcio accettabile dalla IPS era del 97% e tutta la difficoltà consisteva nel determinare con molta precisione e senza rischio di errore il tasso di ossigeno nel calcio.

243.
    Con lo stesso telex del 3 maggio 1993, la IPS ha raccomandato di sottoporre al Centro europeo di ricerca in metallurgia delle polveri di Grenoble (in prosieguo: il «Cermep»), laboratorio di analisi a cui essa abitualmente si rivolgeva, la messa a punto di un metodo di analisi dell'ossigeno nel calcio. Il 4 giugno 1993, la PEM e la IPS hanno visitato questo laboratorio. Il metodo di analisi allora proposto dalla IPS è stato escluso. Diversi metodi di analisi sono stati presi in considerazione. La PEM e la IPS hanno infine raggiunto un accordo su un metodo consistente nell'ossidare tutto il calcio contenuto nel campione di metallo, al fine di determinare la calce di origine e quindi il tenore di ossigeno.

244.
    Il 6 maggio 1993 è stato concluso un accordo per la fornitura di cinque tonnellate di calcio in cristalli (piuttosto che in pezzi come nell'esperimento nell'aprile 1993). Un secondo esperimento è stato effettuato nel giugno 1993 sulla partita di 5 tonnellate di cristalli. L'esperimento con il calcio in cristalli ha avuto esito negativo, in quanto ha messo in rilievo un'incrostazione del recipiente doppia rispetto a quella del primo esperimento.

245.
    Con lettera 2 luglio 1993 la PEM ha confermato alla IPS la sua volontà di continuare i negoziati commerciali per pervenire ad un contratto di fornitura, pur manifestando preoccupazioni circa il metodo di controllo dell'ossigeno nel calcio. Essa ha anche manifestato l'intenzione di realizzare nella propria fabbrica progressi tecnologici al fine di ridurre in maniera sensibile il tasso di calce nel suo calcio. Questi progressi tecnologici sono consistiti nell'attrezzare i forni della fabbrica della PEM con un sistema di raffreddamento ad argo.

246.
    In data 15 luglio 1993 il Cermep ha comunicato all'IPS i risultati delle sue analisi, da cui emergeva che il calcio della PEM aveva un tenore di ossigeno dello stesso ordine di quello del calcio cinese o russo. Dopo aver espresso dubbi circa

l'affidabilità del metodo utilizzato dal Cermep, la PEM ha proposto la fornitura di una tonnellata di calcio raffreddato ad argo e non all'aria libera, per effettuare un nuovo esperimento. Nella sua lettera alla PEM dell'11 agosto 1993, la IPS ha condiviso lo scetticismo della PEM circa le analisi del Cermep e si è dichiarata d'accordo per chiedere a questo laboratorio di analizzare un altro campione.

247.
    Dal 13 al 16 settembre 1993, un terzo esperimento si è svolto presso la IPS su un quantitativo di 2 tonnellate di calcio raffreddato ad argo. L'esperimento è fallito. Tuttavia, poiché le termocoppie di regolazione delle zone alte e basse del forno di fusione erano state invertite dal personale della IPS al momento di svuotare gli impianti, la PEM ha considerato che la regolazione di questi impianti poteva non corrispondere a quanto necessario per accettare calcio di origine diversa da quello cinese o russo. Pur ammettendo che si trattava di un errore, la IPS non ha ritenuto che esso avesse inciso in alcun modo sul risultato.

248.
    Nel frattempo, e in seguito alla realizzazione da parte della IPS di analisi comparative tra il calcio standard della PEM e quello del produttore canadese, che tendevano a dimostrare che l'origine del problema di elevata ossidazione del calcio della PEM era la sua mancanza di compattezza, la PEM ha fatto effettuare analisi su questi due tipi di calcio. Pur avendo ottenuto i risultati contrari a quelli delle analisi effettuate dalla IPS, essa ha tentato di aumentare la compattezza dei suoi lingotti di calcio ed ha prodotto 6 tonnellate di calcio-metallico compatto fabbricato mediante una condensazione a doppio cono. Alla fine, questo prodotto non è stato offerto alla IPS poiché la caratterizzazione a posteriori del suo ossigeno dava da 0,4 a 0,5%, cioè una percentuale che superava ampiamente il livello di tolleranza del forno della IPS.

249.
    Un quarto esperimento si è svolto il 15 e 16 novembre 1993 su 5 tonnellate di calcio raffreddato ad argo, con l'accordo della IPS. Di fronte ad un nuovo fallimento, la PEM ha ritenuto che esperimenti più fruttuosi potessero essere effettuati presso la IPS a partire dal suo calcio nucleare (calcio N) [verbale della visita alla fabbrica della PEM del 28 novembre 1993, allegati 28 c) e 35 alle osservazioni della IPS sulla memoria d'intervento della PEM].

250.
    Essa ha quindi preparato per la IPS una partita di 5 tonnellate di calcio N di un livello medio di 0,22% al fine di confermare la linearità del rapporto tra il tasso di ossigeno e il tasso di incrostazione del forno della IPS. Questa partita è stata accettata dalla IPS solo nel febbraio 1995, in occasione di esperimenti effettuati dal 28 febbraio al 3 marzo 1995, cioè dopo l'adozione del regolamento controverso.

251.
    Parallelamente, nel corso del periodo che va dal dicembre 1993 all'aprile 1994, la PEM ha continuato la sua riflessione teorica su tutte le origini possibili dell'ossidazione del calcio (tenuta dei forni, carbonati residui della calce, ossigeno apportato da reazioni chimiche secondarie in funzione del vuoto e della temperatura, effetto sull'ossigeno del livello di alluminio nel calcio). Senza

contestare la realtà di queste azioni, la IPS si è lamentata di non aver ricevuto informazioni precise sulla portata e sui risultati di queste analisi e di questi esperimenti.

252.
    Con lettera 21 luglio 1994 (allegato 113 al ricorso), la PEM ha fatto alla IPS una nuova proposta commerciale. In sostanza, essa era disposta a partecipare alle spese di un esperimento relativo a 5 tonnellate di calcio pronte dalla fine del 1993 e, in caso di successo, si impegnava a consegnare alla IPS tra 100 e 150 tonnellate all'anno per cinque anni. Tenuto conto di questi volumi, essa concedeva alla IPS condizioni di prezzo particolarmente vantaggiose per un calcio nucleare N. Tuttavia, secondo la IPS, tali prezzi erano ancora molto superiori a quelli del calcio standard, e rischiavano di collocarla fuori dal mercato.

253.
    Alla fine del marzo 1994, la PEM ha investito, per tentare di soddisfare i bisogni della IPS, 1,5 milioni di FF nei seguenti settori: investimenti/forni, 0,5 milioni di FF; attrezzature per il dosaggio di ossigeno 0,1 milioni di FF; costi di ricerca e di sviluppo fuori struttura, 0,9 milioni di FF. Secondo la PEM, la voce relativa ai costi di ricerca e di sviluppo ha rappresentato, nel 1993, l'8% della voce annuale «analisi» del laboratorio centrale di ricerca della PEM, mentre le altre spese hanno rappresentato il 25% degli investimenti annuali della PEM nella sua fabbrica di La Roche de Rame.

254.
    La ricorrente afferma del resto che, in base alle dichiarazioni verbali dei tecnici della PEM, i costi di ricerca e di sviluppo erano equiparabili a costi generali e ripartiti forfettariamente sulle varie attività della società. In proposito è sufficiente constatare che essa non contesta la realtà di queste spese, ma contestasemplicemente, senza fornire alcuna prova, la loro imputazione all'uno o all'altra voce di bilancio.

255.
    In considerazione di quanto precede è dimostrato che il produttore comunitario PEM ha effettuato sforzi di adeguamento non trascurabili per soddisfare le necessità tecniche della ricorrente.

256.
    Pertanto, le istituzioni non hanno commesso errori di fatto o errori manifesti di valutazione dei fatti per quanto riguarda la volontà della PEM di rifornire la ricorrente. Se si ritenesse che gli sforzi effettuati dalla PEM non dimostravano la sua volontà di rifornire la IPS e che, di conseguenza, il nesso di causalità era interrotto a causa del comportamento dell'industria europea, si finirebbe col rendere impossibile l'imposizione di dazi antidumping sull'importazione delle materie prime che costituiscono oggetto di dumping, quando l'industria comunitaria non è in grado di rifornire taluni importatori a causa della specificità dei loro processi di produzione. Una tale soluzione sarebbe incompatibile con la finalità del regolamento di base, che mira a tutelare l'industria comunitaria contro le pratiche di prezzo sleali dei paesi terzi.

257.
    Questa conclusione non è inficiata dagli argomenti dedotti dalla ricorrente.

258.
    Questa sostiene innanzi tutto che gli investimenti effettuati nella fabbrica della PEM corrispondevano ad un bisogno particolare della PEM. Tuttavia si deve constatare che tali investimenti erano anche destinati a soddisfare la domanda della IPS. A tal riguardo, secondo le indicazioni della ricorrente stessa, la sfornatura a caldo dei lingotti di calcio poteva contribuire all'ossidazione del calcio. Ora, anche supponendo che la PEM avesse eventualmente potuto risolvere prima questo problema, ciò non toglie che la sfornatura dei lingotti a freddo potesse risolvere, come è stato suggerito dalla ricorrente stessa, il problema di ossidazione del calcio-metallico della PEM.

259.
    Essa menziona anche la relazione di un perito da essa incaricato, il signor Laurent, da cui risultano incoerenze e diversioni inutili nella metodologia seguita per giungere alla soluzione del problema e una volontà molto precisa da parte della PEM di complicare e di ritardare constatazioni evidenti, quali la fonte del problema. Tuttavia, questa relazione è stata elaborata dopo l'adozione del regolamento controverso, di modo che le istituzioni non ne hanno potuto tenere conto. Inoltre, essa non è determinante, in quanto le sue conclusioni sono contraddette dalla relazione del prof. Winand, perito incaricato dalla PEM.

260.
    La ricorrente ritiene che il parere di quest'ultimo perito, in data 18 dicembre 1995, sia basato sull'analisi di una sola lettera della PEM alla IPS, quella del 20 maggio 1994, mentre quello del signor Laurent sarebbe basato sull'esame di tutto il fascicolo. A tal riguardo è sufficiente constatare che la lettera della PEM esaminata dal prof. Winand riprende gli elementi essenziali dei rapporti tra le due società per il periodo dal dicembre 1992 all'aprile 1994. Alla luce di queste considerazioni la relazioni del prof. Winand non merita minor credito di quella del signor Laurent.

261.
    La ricorrente non può addebitare alla Commissione di non essersi rivolta, in tale contesto, ad un perito indipendente al fine di accertare se la PEM si fosse realmente data da fare per fornirle un prodotto adatto. Da un lato, il regolamento di base non imponeva all'istituzione di ricorrere ad una tale misura prima di proporre misure definitive. D'altra parte, gli elementi di fatto che figurano nel fascicolo hanno costituito oggetto di verifiche da parte dei servizi della Commissione e di un dibattito in contraddittorio tra la PEM e la ricorrente. Infine, le istituzioni devono agire entro termini necessariamente limitati per l'adozione di misure definitive ed è sempre loro compito valutare, in via definitiva, i fatti dedotti dalle parti interessate in una procedura antidumping.

262.
    Alla luce di queste considerazioni, la Commissione non ha oltrepassato il potere discrezionale di cui disponeva in materia.

263.
    Di conseguenza, occorre respingere la presente censura.

b) Sulla censura relativa alla responsabilità della PEM per riduzioni di prezzo del calcio metallico scomposto che hanno causato il danno subito dall'industria comunitaria

Argomenti delle parti

264.
    La ricorrente sostiene che, come risulta dalle informazioni da essa fornite alla Commissione con lettera 25 agosto 1994, è la PEM, che, di propria iniziativa, ha ridotto i prezzi senza esservi costretta, poiché i prezzi della IPS sono sempre stati più elevati di quella della PEM contrariamente a quanto si afferma nel 'considerando‘ 19 del regolamento controverso. Infatti, gli studi sui prezzi della PEM comunicati alla Direzione generale della Commissione (DG IV) dimostrerebbero per contro che questa impresa ha condotto una politica di evizione della IPS allineando sistematicamente i suoi prezzi 10-15% al di sotto di quelli della IPS senza tener conto in alcun momento dei suoi costi reali.

265.
    Il Consiglio sostiene che i prezzi della PEM non sono prezzi che la PEM ha semplicemente comunicato, come avrebbe fatto la ricorrente alla DG IV, ma dati contabili verificati dalla Commissione in loco, presso la PEM. Per contro la ricorrente avrebbe rifiutato di fornire dati relativi ai suoi prezzi di rivendita e la Commissione avrebbe dovuto utilizzare i dati disponibili, cioè il fatto che il prezzo della PEM era diminuito del 17%. Così facendo, la Commissione avrebbe agito sulla base dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base.

266.
    Quanto all'argomento secondo cui essa non avrebbe comunicato i suoi prezzi di rivendita, la ricorrente sostiene che questi dati erano disponibili, poiché erano in possesso della DG IV fin dalla presentazione della denuncia il 12 luglio 1994, e che sono anche in possesso del Consiglio, essendo stati allegati al ricorso d'annullamento. Ora, essa non avrebbe ancora letto nulla che dimostri l'inesattezza di questi dati.

267.
    Per quanto riguarda la lettera della IPS alla DG IV del 25 agosto 1994, che la ricorrente fa valere a sostegno della sua affermazione secondo cui la PEM avrebbe per prima ridotto i prezzi, il Consiglio osserva che tale lettera è stata inviata alla DG IV della Commissione, senza copia per la Direzione generale Relazioni economiche esterne (DG I).

Giudizio del Tribunale

268.
    L'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base stabilisce:

«Qualora una parte interessata o un paese terzo rifiuti l'accesso alle informazioni necessarie oppure non le comunichi entro un ragionevole arco di tempo o ostacoli gravemente l'indagine, possono essere elaborate conclusioni finali o preliminari, affermative o negative, in base ai dati disponibili. Se la Commissione constata che una parte interessata o un paese terzo hanno fornito informazioni false o fuorvianti,

essa può non tener conto di tali informazioni e rigettare le eventuali richieste cui esse si riferiscono».

269.
    A sostegno della sua affermazione secondo cui è la PEM che, per prima, ha ridotto i prezzi e per tale motivo è causa del proprio danno, la ricorrente fa valere la sua lettera del 25 agosto 1994 alla DG IV, alla quale era allegata una tabella ricapitolativa dei prezzi praticati dalla ricorrente sul mercato del calcio scomposto.

270.
    Tuttavia, come il Consiglio giustamente, rileva, essa non ha trasmesso questa tabella alla DG I, unica direzione generale incaricata dell'istruzione delle procedure antidumping.

271.
    Ne risulta che la Commissione non è stata in grado di ottenere queste informazioni presso la ricorrente, in quanto quest'ultima si è sempre rifiutata di fornire dati relativi alle sue vendite sul mercato del calcio scomposto. Di conseguenza, la ricorrente non può far valere tali dati nel corso del procedimento nei confronti del regolamento controverso.

272.
    D'altra parte, la tabella di cui trattasi è stata fornita alla DG IV senza documenti probatori a sostegno. Per contro, i prezzi praticati dalla PEM sul mercato del calcio scomposto sono dati contabili verificati dalla Commissione in loco, presso la PEM. In tale situazione, posta di fronte al rifiuto della ricorrente di fornire dati relativi ai suoi prezzi di rivendita, la Commissione, in considerazione dei dati disponibili in applicazione dell'art. 7, n. 7, lett. b), del regolamento di base, ha potuto validamente ritenere che il prezzo della PEM fosse diminuito del 17% a causa delle pratiche di dumping dei produttori russi e cinesi.

273.
    Pertanto la presente censura va respinta.

2. Sulla rilevanza del danno

Argomenti delle parti

274.
    La ricorrente sostiene che la maggior parte delle importazioni di cui trattasi era dovuta al fatto che essa non riusciva a rifornirsi presso la PEM. Essa rileva che tra il 1989 e il 1993 ha effettuato tra il 62% e il 97% delle importazioni dei prodotti provenienti dalla Cina e dalla Russia nella Comunità, ossia il 70% in media, e, per il periodo d'indagine, il 65,7%, e non il 50% come afferma il Consiglio nel regolamento controverso. In tale situazione, la PEM non potrebbe far valere alcun danno derivante da queste importazioni poiché essa non è in grado di produrre calcio destinato allo stesso uso. Al massimo il danno eventualmente subito dalla PEM potrebbe riguardare il 30% importato da altri utilizzatori della Comunità.

275.
    Il Consiglio rileva che il danno dev'essere determinato tenendo conto non solo delle vendite di calcio-metallico importato, ma anche delle vendite di calcio trasformato

in granuli. Se così non fosse, si perverrebbe alla conclusione assurda che sarebbe impossibile ripristinare condizioni di concorrenza leale nel caso in cui un prodotto importato in dumping fosse sempre trasformato prima di essere rivenduto.

276.
    Anche supponendo che la PEM non sia in grado di rifornire la ricorrente con un prodotto conforme, le importazioni fatte dalla ricorrente causerebbero tuttavia un danno alla PEM, poiché il prodotto importato viene rivenduto sotto forma di granuli in concorrenza con il calcio in granuli venduto dalla PEM. I prezzi di dumping all'importazione si ripercuoterebbero sui prezzi di rivendita dei granuli (sferici) di calcio e, per tale motivo, causerebbero un danno alla PEM, che venderebbe anch'essa granuli di calcio (non sferici) sul mercato comunitario. A torto la ricorrente affermerebbe quindi che il danno può riguardare solo le importazioni effettuate da altri utilizzatori nella Comunità.

277.
    Per quanto riguarda l'affermazione della ricorrente secondo cui essa avrebbe importato tra il 62 e il 97% dei prodotti provenienti dalla Cina e dalla Russia, e non il 50% come indicato nel regolamento controverso, il Consiglio ritiene che, anche supponendo questi dati esatti, quod non, il danno sarebbe di conseguenza maggiore, poiché una maggiore quantità sarebbe rivenduta sotto forma di calcio in granuli (sferici) sul mercato.

278.
    Per quanto riguarda il danno della PEM sul mercato del calcio granulato, il Consiglio ritiene che la ricorrente non abbia dimostrato che esso ha commesso un errore manifesto nella valutazione del danno subito dall'industria comunitaria.

Giudizio del Tribunale

279.
    L'argomento della ricorrente pone un problema di fatto, cioè quello del volume esatto delle importazioni della ricorrente, e un problema di ordine giuridico, cioè quello della fondatezza della tesi della ricorrente secondo cui le sue importazioni non devono essere prese in considerazione per la determinazione del danno, a causa dell'impossibilità nella quale si trovava la PEM di rifornirla di calcio-metallico di qualità standard. Poiché il problema di fatto ha rilevanza per la soluzione della controversia solo se la tesi giuridica della ricorrente risulta esatta, occorre esaminare quest'ultima in primo luogo.

280.
    A tal riguardo, come risulta dal 'considerando‘ 19 del regolamento controverso, un'analisi esatta dell'impatto delle importazioni che costituiscono oggetto di dumping deve tener conto non solo delle vendite di calcio-metallico importato, ma anche delle vendite di calcio-metallico trasformato in granuli. Altrimenti, non sarebbe infatti possibile, ad esempio, ripristinare una concorrenza leale qualora un prodotto importato in dumping fosse trasformato prima di essere rivenduto.

281.
    Infatti, le importazioni effettuate dalla ricorrente sono tali da causare un danno alla PEM, poiché il prodotto importato è trasformato e poi rivenduto sotto forma di polveri in concorrenza con il calcio in granuli venduto dalla PEM. Ora, come è

stato dichiarato ai punti 212-219 sopra, i prezzi di dumping in tale importazione si ripercuotevano sui prezzi di rivendita delle polveri (sferiche) di calcio prodotte dalla ricorrente e, per tale motivo, causavano un danno alla PEM, che vende granuli di calcio (non sferici) sul mercato comunitario utilizzando calcio-metallico primario di origine comunitaria. La ricorrente ha quindi torto nell'affermare che il danno non poteva essere in relazione con le sue importazioni nella Comunità.

282.
    Alla luce di queste considerazioni, la questione dell'esattezza dei dati numerici circa le importazioni di calcio-metallico proveniente dalla Cina e dalla Russia non è pertinente per la soluzione della controversia. Infatti, se per ipotesi i dati numericidella ricorrente fossero esatti, la quantità da essa importata sarebbe stata più rilevante e il danno quantomeno della stessa entità, poiché la quantità importata sarebbe stata rivenduta sotto forma di granuli di calcio (sferici) sul mercato comunitario.

283.
    Ne deriva che anche la presente censura dev'essere respinta.

284.
    Pertanto il quarto motivo dev'essere respinto nel suo insieme.

Sul quinto motivo relativo ad una violazione dell'art. 12 del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

A — Introduzione

Argomenti delle parti

285.
    La ricorrente sostiene che il Consiglio ha erroneamente concluso che conveniva, nell'interesse della Comunità adottare misure definitive, mentre, in realtà, questo interesse non avrebbe richiesto l'istituzione di dazi antidumping, i quali erano tali da creare o da rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato europeo del calcio-metallico primario e del calcio metallico scomposto, facendo quasi scomparire la ricorrente dal mercato europeo del calcio metallico scomposto.

286.
    La creazione o il rafforzamento della posizione dominante della PEM sul mercato del calcio metallico risulterebbe dagli elementi seguenti:

—    impossibilità di procedere ad importazioni di calcio metallico cinese o russo, tenuto conto in particolare dell'importo e del carattere specifico e non ad valorem dei dazi istituiti;

—    impossibilità di rifornirsi presso produttori nordamericani;

—    costo proibitivo del calcio-metallico di qualità nucleare prodotto dalla PEM.

287.
    In tale situazione l'equilibrio degli interessi nella Comunità avrebbe richiesto, secondo la ricorrente, che il Consiglio verificasse se gli effetti positivi delle misure prevalessero sugli effetti negativi. Ora, comparati al rafforzamento reale della posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico e all'eliminazione anch'essa reale del suo principale concorrente IPS sul mercato del calcio scomposto, gli effetti positivi rilevati nel regolamento controverso sarebbero stati molto deboli.

288.
    Il Consiglio, richiamandosi ai criteri presi in considerazione nel regolamento controverso, ritiene che occorresse, nell'interesse della Comunità, adottare misure definitive antidumping.

289.
    A suo parere, l'esistenza di una posizione dominante del produttore comunitario non è stata dimostrata e pertanto l'argomento della ricorrente non è fondato in fatto.

290.
    La PEM e la Chambre syndicale condividono gli argomenti del Consiglio. Esse sostengono che l'assenza di misure sarebbe molto grave per la Comunità, poiché metterebbe direttamente in pericolo la sopravvivenza dell'unico produttore comunitario. Questa assenza indurrebbe molto verosimilmente la PEM ad acquistare il calcio-metallico in Cina e in Russia e cessare per tale motivo qualsiasi produzione comunitaria di calcio-metallico. A breve termine ciò implicherebbe un grave problema di impianto industriale per la PEM, che sarebbe costretta a chiudere la sua fabbrica di La Roche de Rame, con conseguenze negative per tutta una regione francese. A lungo termine, l'assenza di dazi antidumping darebbe via libera ai produttori stabiliti in Cina e in Russia per imporre i loro prezzi sul mercato comunitario del calcio-metallico. Costoro potrebbero pianificare una rarefazione dell'offerta, che sarebbe accompagnata da un'impennata dei prezzi, come avvenne per il molibdeno, il tungsteno e l'antimonio nel 1993/94. A più lunga scadenza, la situazione così creatasi permetterebbe ai produttori stabiliti in Cina e in Russia di impadronirsi del mercato del calcio-metallico scomposto, sul quale sarebbero già presenti, con il risultato che i trasformatori e gli utilizzatori comunitari di questo prodotto non potrebbero sfuggire ad uno stato di dipendenza.

Giudizio del Tribunale

291.
    Ai sensi dell'art. 12, n. 1, del regolamento di base, un dazio antidumping definitivo può essere istituito solo «quando dalla constatazione definitiva dai fatti risulta l'esistenza di dumping (...) e di un conseguente pregiudizio, e quando gli interessi della Comunità esigono un'azione comunitaria».

292.
    Secondo la giurisprudenza, la questione di stabilire se gli interessi della Comunità richiedono un'azione comunitaria presuppone la valutazione di situazioni economiche complesse, e il controllo giurisdizionale di una siffatta valutazione deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell'esattezza materiale dei fatti considerati nell'operare la scelta contestata, dell'assenza di errore

manifesto nella valutazione di tali fatti o di sviamento di potere (Sharp Corporation/Consiglio, soprammenzionata, punto 58).

293.
    Occorre quindi esaminare, innanzi tutto, se le istituzioni abbiano commesso un errore di fatto o un errore manifesto di valutazione dei fatti nell'analisi che le ha indotte a ritenere che l'istituzione di dazi antidumping non abbia creato o rafforzato una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio metallico.

B — Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico prima dell'imposizione dei dazi controversi

294.
    Il Tribunale ritiene che la prima questione che si pone sia quella intesa ad accertare se la PEM detenesse una posizione dominante prima dell'imposizione dei dazi controversi.

295.
    A tal riguardo occorre constatare che, come ha rilevato la Commissione, senza essere contraddetta dalla ricorrente, dal regolamento provvisorio (punti 26 e 32 dei 'considerando‘) risulta che le quote di mercato delle imprese che operavano sul mercato del calcio-metallico primario nella Comunità erano le seguenti negli anni 1989-1992:

    Anno        Cina e Russia        PEM        Altri

    1989            35,3 %            50,2 %        14,5 %

    1990            40,7 %            44,0 %        15,3 %

    1991            48,8 %            34,7 %        16,5 %

    1992            52,8 %            31,7 %        15,5 %

296.
    I suddetti dati evidenziano che, nel periodo 1989-1992, la PEM ha perduto il 18,5% del mercato comunitario, mentre le importazioni cinesi e russe hanno guadagnato il 17,5% del mercato e le altre fonti l'1%. Durante questo periodo la PEM non ha potuto quindi agire indipendentemente dai suoi concorrenti, poiché stava perdendo una parte rilevante della sua quota del mercato comunitario, sebbene nel 1989 fossero stati istituiti dazi antidumping sulle importazioni cinesi e russe.

297.
    In tale situazione e in mancanza di altri elementi probatori, non si può ritenere che il Consiglio abbia commesso un errore di fatto o un errore di valutazione quando ha stimato che la PEM non detenesse una posizione dominante sul mercato del calcio-metallico nella Comunità prima dell'introduzione dei dazi controversi.

C — Sulla posizione della PEM sui mercati del calcio-metallico primario e del calcio-metallico scomposto in seguito all'imposizione di dazi controversi

298.
    Il Tribunale ritiene che si ponga anche la questione se, in seguito all'istituzione dei dazi antidumping controversi, la PEM sia stata messa in grado di acquisire una

posizione dominante non solo sul mercato del calcio-metallico primario, ma anche sui mercati derivati del calcio scomposto.

299.
    Il regolamento controverso ('considerando‘ 30 e 31) esclude il rischio di una forte riduzione della concorrenza effettiva sul mercato comunitario basandosi sui seguenti elementi:

—    possibilità per gli utilizzatori intermedi di continuare ad acquistare il calcio-metallico cinese o russo a prezzi equi;

—    possibilità di acquistare calcio-metallico presso i produttori nordamericani;

—    possibilità di riesaminare la situazione sei mesi o al massimo un anno dopo l'istituzione dei dazi controversi.

1. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico primario

a) Sulla possibilità per gli utilizzatori intermedi di rifornirsi di calcio metallico importato dalla Cina o dalla Russia

Argomenti delle parti

300.
    La ricorrente sostiene che l'istituzione di un dazio antidumping «specifico» e non «ad valorem», può solo rafforzare la posizione dominante della PEM, poiché ha bloccato le importazioni di calcio-metallico cinese o russo nella Comunità. Del resto, in seguito all'istituzione dei dazi controversi, le importazioni di calcio russo sarebbero diminuite dell'84% (passando da 56,5 tonnellate al mese, nei primi quattro mesi del 1994, a 8,9 tonnellate al mese, negli otto mesi seguenti). Per quanto riguarda la Cina, la diminuzione delle importazioni sarebbe del 98% (da 29 tonnellate al mese a 5 tonnellate al mese).

301.
    Il Consiglio chiarisce che ha imposto i dazi sotto forma di dazi specifici al fine di minimizzare i rischi di elusione dei dazi mediante manipolazioni del prezzo. Infatti, in seguito all'adozione del regolamento n. 2808/89, i produttori stabiliti in Cina e in Russia avevano ridotto i loro prezzi all'esportazione al fine di assorbire i dazi imposti da questo regolamento. In caso di dazi specifici, se gli esportatori riducono i loro prezzi, l'importo del dazio riscosso non è ridotto. I dazi non sarebbero stati fissati in funzione di un prezzo limite all'importazione, il che avrebbe avuto come conseguenza di garantire un prezzo minimo per il calcio nella Comunità.

302.
    Secondo il Consiglio sarebbe pura speculazione allegare un'interazione delle importazioni di calcio-metallico cinese o russo, in quanto risulterebbe dalle statistiche sulle importazioni che 71 tonnellate di calcio russo sarebbero state messe in libera pratica durante il periodo che va dal maggio a dicembre 1994. Inoltre le importazioni temporanee non sarebbero colpite dai dazi. Comprese le importazioni temporanee, 298 tonnellate sarebbero state importate dalla Russia e 209 tonnellate

dalla Cina nel periodo dal maggio a dicembre 1994; dei suddetti quantitativi 219 tonnellate + 208 tonnellate = 427 tonnellate sarebbero importate in Francia.

303.
    Nonostante i dazi antidumping, la ricorrente rimarrebbe libera di continuare ad approvvigionarsi in Cina e in Russia. Per effetto del calcolo del valore normale sulla base dei prezzi interni praticati dal produttore americano, le fonti alternative di approvvigionamento in Cina e in Russia sarebbero state in qualche modo convertite, con l'imposizione dei dazi, in fonti provenienti da un paese ad economia di mercato.

Giudizio del Tribunale

304.
    L'argomento della ricorrente relativo alle conseguenze dell'imposizione di dazi specifici non può essere accolto. Infatti, come giustamente rileva il Consiglio, l'imposizione di un dazio specifico, contrariamente alla fissazione di dazi in funzione di un prezzo limite all'importazione, consente di minimizzare il rischio di elusione dei dazi mediante manipolazione dei prezzi, poiché l'importo dei dazi percepiti non è ridotto se gli esportatori riducono i loro prezzi. Questo modo di procedere consente di garantire un prezzo minimo per il calcio nella Comunità, pur rendendo possibili le importazioni a prezzi equi, cioè a prezzi che consentono al produttore comunitario di realizzare un adeguato margine di utile.

305.
    Alla luce di queste considerazioni, il Consiglio ha potuto giustamente ritenere che l'imposizione di un dazio specifico non avesse di per sé per l'effetto di impedire le importazioni provenienti dalla Cina e dalla Russia.

306.
    Per quanto riguarda la questione se le istituzioni abbiano commesso un errore di fatto o un errore manifesto di valutazione dei fatti circa la possibilità di continuare ad approvvigionarsi in Cina e in Russia, non può essere preso in considerazione quanto è effettivamente successo dopo l'imposizione dei dazi antidumping. Infatti, si deve unicamente valutare se le istituzioni potessero ritenere, tenuto conto degli elementi di cui disponevano all'atto dell'adozione del regolamento controverso, che dopo l'istituzione dei dazi antidumping la Cina e la Russia sarebbero ancora rimaste una fonte di approvvigionamento per gli utilizzatori europei.

307.
    Il solo argomento opposto ad una tale previsione si riferisce all'aumento dei prezzi all'importazione dopo l'istituzione dei dazi controversi. Esso non è tuttavia tale da rimettere in discussione la previsione iniziale del Consiglio. Infatti, è pacifico che il livello dei dazi è stato calcolato sulla base del prezzo di produzione medio delproduttore comunitario, maggiorato di un margine di utile del 5%, il che significa che le imprese trasformatrici concorrenti della PEM, ivi compresa la ricorrente, dovevano poter continuare ad approvvigionarsi in Cina e in Russia senza dovere pertanto subire uno svantaggio concorrenziale sui mercati dei prodotti trasformati, a meno che, beninteso, i loro costi di produzione non fossero sostanzialmente più elevati di quelli della PEM. Ora, poiché la ricorrente non ha comunicato i suoi costi

di produzione alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo preliminare all'adozione dei dazi controversi, non si può addebitare alle istituzioni comunitarie di non aver tenuto conto di questo elemento nella valutazione dell'interesse comunitario.

308.
    Inoltre, se si vuole mantenere una concorrenza non falsata nel mercato comune, non si può rinunciare ad imporre dazi antidumping per il solo motivo che essi causerebbero l'eliminazione delle imprese concorrenti che hanno i costi di produzione più elevati. Infatti, poiché l'istituzione di un regime che assicuri che la concorrenza non sia falsata nel mercato comune previsto all'art. 3, lett. g), del Trattato ha come fine essenziale di rendere possibile una corretta allocazione delle risorse economiche, non si può giustificare l'eliminazione di imprese economicamente vitali per garantire la sopravvivenza di un'impresa che ha costi di produzione più elevati.

309.
    Le istituzioni non hanno quindi commesso un errore di fatto né un errore manifesto di valutazione ritenendo che gli utilizzatori intermedi di calcio-metallico comunitario potessero continuare a rifornirsi in Cina e in Russia.

310.
    Di conseguenza, la presente censura dev'essere respinta.

b) Sulla possibilità per la IPS di approvvigionarsi presso i fornitori nordamericani

Argomenti delle parti

311.
    La ricorrente sostiene in sostanza che i fornitori nordamericani non potevano costituire fonti di approvvigionamento alternative tenuto conto delle difficoltà che essa avrebbe incontrato per approvvigionarsi presso di loro.

312.
    Infatti, il produttore americano fabbricherebbe essenzialmente per proprio uso e importerebbe esso stesso quantitativi non trascurabili di calcio cinese o russo. Sarebbe anche produttore di filo rafforzato — prodotto contenente calcio senza altro additivo — ed esporterebbe una parte di questa produzione verso l'Europa. Ora il filo rafforzato e il calcio in pezzi sarebbero classificati nello stesso codice doganale, il che aumenterebbe anormalmente le statistiche di quest'ultimo prodotto. Inoltre esisterebbero negli Stati Uniti tre altri produttori di filo rafforzato che utilizzerebbero polvere di calcio e che riesporterebbero verso l'Europa prodotti finiti sotto lo stesso codice doganale del calcio-metallico. Sarebbe quindi impossibile analizzare concretamente le statistiche dei prodotti importati in Europa in provenienza dagli Stati Uniti. Del resto, la disponibilità del calcio in pezzi provenienti dagli Stati Uniti non avrebbe subito modifiche. Secondo la ricorrente l'ordinativo che essa avrebbe trasmesso nel dicembre 1994 sarebbe stato onorato solo nel dicembre 1995.

313.
    Il produttore canadese, dal canto suo, perseguirebbe una strategia volta a ricentrare la sua attività sul suo prodotto guida, cioè sul magnesio. Inoltre, contrariamente a

quanto afferma il Consiglio, non si rileverebbe alcun aumento delle importazioni rispetto agli anni che hanno preceduto l'introduzione dei dazi antidumping. Infatti, 47 su 126 tonnellate sarebbero state importate dal Canada, nel 1994, per far fronte a un fabbisogno specifico di 700 tonnellate. Il surplus delle importazioni provenienti dal Canada, cioè 79 tonnellate, sarebbe un dato comparabile alle 61 tonnellate indicate dal Consiglio per il 1992. Questo produttore avrebbe poi sospeso le sue forniture. Nel 1995 egli non avrebbe fatto alcuna offerta nonostante diverse richieste della IPS. Nel 1996 avrebbe proposto 100 tonnellate, ma senza menzionare il prezzo. Egli perseguirebbe quindi una strategia consistente nel fornire solo quando gli conviene, e nel privilegiare il settore del magnesio rispetto a quello del calcio. Tutti questi elementi sarebbero stati documentati ripetutamente presso la DG IV.

314.
    Alla luce di queste considerazioni, gli utilizzatori e trasformatori di calcio-metallico primario sarebbero del tutto dipendenti dal produttore europeo.

315.
    Il Consiglio osserva che le statistiche Eurostat dimostrano un netto aumento delle importazioni provenienti dagli Stati Uniti. Per il 1994, una quantità di 76 tonnellate sarebbe stata immessa in libera pratica, contro 18 tonnellate nel 1993, 49 tonnellate nel 1992 e 60 tonnellate nel 1991. Le stesse statistiche dimostrerebbero anche un netto aumento delle importazioni provenienti dal Canada. Per il 1994, un quantitativo di 126 tonnellate di calcio-metallico sarebbe stato immesso in libera pratica contro 61 tonnellate nel 1992, 30 tonnellate nel 1991 e 49 tonnellate nel 1988. Questi dati metterebbero in dubbio le affermazioni della ricorrente secondo cui, da un lato, il produttore americano fabbricherebbe essenzialmente per proprio uso e, dall'altro, il produttore canadese perseguirebbe attualmente una strategia di ricentramento sul magnesio. Gli Stati Uniti e il Canada costituirebbero quindi due delle altre fonti di approvvigionamento.

Giudizio del Tribunale

316.
    Il Tribunale ricorda che il Consiglio ha ritenuto ('considerando‘ 30 del regolamento controverso) che i trasformatori comunitari, ivi compresa la IPS, potessero continuare ad approvvigionarsi negli Stati Uniti e nel Canada.

317.
    Come già detto sopra al punto 306, al fine di verificare se le istituzioni abbiano commesso su tale punto un errore di fatto o un errore manifesto di valutazione dei fatti, non si può tener conto di avvenimenti posteriori all'istituzione dei dazi antidumping. Si deve invece tener conto dei soli elementi di cui le istituzioni disponevano quando fu adottato il regolamento controverso.

318.
    A sostegno della sua censura, la ricorrente fa valere in sostanza un solo argomento, relativo al fatto che, dopo l'istituzione dei dazi antidumping, essa avrebbe incontrato difficoltà ad approvvigionarsi presso i produttori nordamericani. A tal riguardo occorre constatare, da un lato, che la ricorrente non ha richiamato, nel

corso del procedimento amministrativo preliminare all'adozione del regolamento controverso, né difficoltà relative alla qualità dei prodotti nordamericani né difficoltà relative ai prezzi praticati dai produttori nordamericani, né problemi relativi alle capacità produttive di questi ultimi e, dall'altro, in ogni caso, che i dati numerici delle importazioni di calcio metallico proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada dopo l'istituzione dei primi dazi antidumping nel 1989, ma prima del regolamento controverso, dimostrano, ad esempio, come è ammesso dalla ricorrente stessa nell'allegato 18 alle sue osservazioni alla memoria d'intervento della PEM che i quantitativi importati nel 1990 (78 tonnellate) sono aumentati nel 1991 (90 tonnellate) e nel 1992 (110 tonnellate), per diminuire poi nel 1993 (67 tonnellate), a causa delle esportazioni dei produttori russi e cinesi, che costituivano oggetto di dumping, ma che non erano assoggettate, durante il 1993, a dazi antidumping.

319.
    Alla luce di queste considerazioni le istituzioni potevano giustamente ritenere che lo stesso processo di aumento delle importazioni si sarebbe sviluppato non appena l'istituzione dei dazi antidumping specifici avesse ripristinato condizioni di concorrenza leale nella Comunità.

320.
    Pertanto, la presente censura dev'essere respinta.

c) Sulla possibilità di riesaminare la situazione del mercato sei mesi o al massimo, un anno dopo l'istituzione dei dazi controversi

Argomenti della ricorrente

321.
    La ricorrente mette in dubbio l'utilità della possibilità, considerata nel regolamento controverso ('considerando‘ 31), di riesaminare la situazione sei mesi dopo la sua entrata in vigore, se le condizioni di concorrenza lo richiedessero, se tale non è il caso, un anno dopo l'introduzione dei dazi controversi. Poiché le condizioni del mercato sono a suo parere completamente diversa dopo l'adozione dei dazi provvisori, essa non vede in quale situazione un riesame possa aver luogo.

Giudizio del Tribunale

322.
    Mediante il 'considerando‘ che prevede il riesame di cui trattasi, il Consiglio ha creato uno strumento che consente eventualmente di modificare, ossia di sopprimere, i dazi controversi, se il loro mantenimento dovesse rischiare di comportare un deterioramento sostanziale delle condizioni di concorrenza nella Comunità. Lungi dall'essere inutile, la previsione di una revisione conferma che le istituzioni comunitarie hanno tenuto conto dei timori concernenti un'eventuale deterioramento delle condizioni di concorrenza nella Comunità dopo l'istituzione dei dazi controversi e che, nel bilanciare gli interessi in causa, esse hanno debitamente preso in considerazione gli obiettivi della politica comunitaria e della concorrenza.

323.
    Ne deriva che la presente censura deve essere respinta.

d) Conclusione

324.
    Alla luce di queste considerazioni occorre concludere che le istituzioni non hanno ecceduto il loro potere discrezionale quando hanno stimato che l'introduzione dei dazi antidumping contestati non fosse tale da creare o rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico primario nella Comunità.

2. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico scomposto

Argomenti delle parti

325.
    La ricorrente sostiene che la PEM è il suo maggiore concorrente sul mercato del calcio-metallico scomposto. Dopo l'imposizione dei dazi controversi, la ricorrente avrebbe perso il 76% delle sue quote di mercato nella Comunità. L'introduzione di questi dazi avrebbe quindi consentito alla PEM di acquisire su questo mercato la stessa posizione dominante che aveva sul mercato del calcio primario, in quanto il mercato europeo dev'essere considerato come il mercato geografico di riferimento, tenuto conto delle barriere all'entrata che sarebbero state create con l'istituzione dei dazi.

326.
    Il Consiglio osserva che non è anormale che un importatore perda quote di mercato a causa dell'imposizione di dazi antidumping. Di fronte alle allegazioni della ricorrente, la quale afferma di essere «quasi sparita dal mercato» e sostiene ripetutamente che la PEM godrebbe di una posizione dominante, esso ribadisce le sue precedenti osservazioni e rileva, inoltre, che una parte notevole dell'attività della ricorrente consiste nella granulazione del calcio importato in regime di importazione temporanea (senza pagamento di dazi), operazione che la PEM non potrebbe effettuare con il suo calcio. Ora, secondo le statistiche Eurostat, questa parte dell'attività della ricorrente non sarebbe stata ridotta a causa dell'imposizione dei dazi, ma si sarebbe persino accresciuta.

Giudizio del Tribunale

327.
    La ricorrente non ha dimostrato che, tenuto conto delle possibilità di approvvigionamento al di fuori della Comunità sottolineate nel regolamento controverso, il Consiglio abbia potuto prevedere, in considerazione delle informazioni allora disponibili, la creazione di un'eventuale posizione dominante della PEM sul mercato del calcio scomposto in seguito all'istituzione dei dazi antidumping.

328.
    Essa si limita a sostenere, senza presentare elementi di prova a sostegno della sua affermazione, che dopo l'adozione del regolamento ha perduto il 76% della sua quota di mercato nel settore del calcio scomposto. Essa non presenta nemmeno

elementi da cui risulti che l'asserita riduzione della sua quota di mercato sia dovuta ai dazi antidumping controversi e non alla sua incapacità di produrre a prezzi concorrenziali.

329.
    Alla luce di queste considerazioni, le istituzioni non hanno oltrepassato il loro potere discrezionale ritenendo che l'istituzione dei dazi antidumping contestati non fosse tale da creare o rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico scomposto nella Comunità.

330.
    Pertanto la presente censura dev'essere respinta.

D — Sulla presa in considerazione degli interessi degli utilizzatori intermedi, tra cui la ricorrente, degli utilizzatori finali e del comportamento della PEM nell'esame dell'interesse della Comunità a istituire i dazi controversi

331.
    La ricorrente sostiene che le istituzioni avrebbero dovuto bilanciare gli interessi, il che avrebbe richiesto di verificare se gli effetti positivi delle misure antidumping prevalessero sugli effetti negativi, cioè sull'asserita posizione dominante che la PEM avrebbe acquisito. A tal riguardo essa critica gli argomenti dedotti dal Consiglio nel regolamento controverso per giustificare l'interesse della Comunità ad istituire i dazi antidumping, concernenti: a) la possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando del regime del perfezionamento attivo, b) la presa in conto degli effetti sulla PEM delle importazioni che costituiscono oggetto di dumping, c) l'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori intermedi, d) l'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul fatturato della PEM in relazione a quello della IPS, nonché e) la mancata presa in considerazione del sottoutilizzo delle capacità produttive della PEM edell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni di prezzo.

332.
    Benché sia stato constatato che l'istituzione dei dazi antidumping non era tale da creare o rafforzare una posizione dominante della PEM sul mercato del calcio-metallico primario e scomposto nella Comunità (v. sopra punti 324 e 329) occorre esaminare le critiche formulate dalla ricorrente contro questi ultimi argomenti.

1. Sulla possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando del regime del perfezionamento attivo

333.
    Il regolamento controverso ('considerando‘ 30) menziona la possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando del regime del perfezionamento attivo. A tal riguardo, la ricorrente fa rilevare che essa è sempre stata presente sui mercati esteri, ma che lo stesso vale per la PEM. Questo argomento non potrebbe quindi essere utilizzato a favore di una delle parti e non dell'altra.

334.
    A tal riguardo è sufficiente constatare che il regime del perfezionamento attivo si applica per definizione solo alle importazioni di calcio-metallico e non alla

produzione comunitaria. Il fatto che la PEM sia presente sui mercati di esportazione non rimette quindi in discussione la constatazione, effettuata dal Consiglio nel regolamento controverso, che gli utilizzatori intermedi comunitari potranno continuare non solo ad acquistare calcio-metallico cinese o russo a prezzi equi per trasformarlo e rivenderlo nella Comunità, ma anche ad acquistare questo calcio a prezzi di dumping senza l'imposizione di dazi antidumping, per trasformarlo nell'ambito de regime di deposito doganale e per rivenderlo sui mercati esteri. Questa parte non trascurabile dell'attività della ricorrente rimarrà intatta dopo l'istituzione dei dazi controversi. Poiché la situazione della ricorrente, considerata in qualità di importatore di calcio-metallico cinese o russo, e quella della PEM, considerata in qualità di produttore comunitario di calcio metallico, sono differenti dal punto di vista delle possibilità di sfruttamento del regime del perfezionamento attivo, giustamente le istituzioni comunitarie hanno preso in considerazione questa differenza nel valutare l'interesse della Comunità ad istituire i dazi controversi.

335.
    Di conseguenza la presente censura dev'essere respinta.

2. Sulla presa in considerazione degli effetti sulla PEM delle importazioni che costituiscono oggetto di dumping

336.
    Nel regolamento controverso ('considerando‘ 28) il Consiglio ha ritenuto che i dazi antidumping fossero tali da impedire la scomparsa della fabbrica della PEM. La ricorrente sostiene che anch'essa è stabilita nella stessa regione francese, impiega un numero di dipendenti comparabili a quello dell'unità della PEM che si dedica al calcio, non ha mai fatto parte di un gruppo nazionalizzato, e si batte con tutte le sue forze sviluppando nuovi prodotti per cercare di non scomparire.

337.
    A tal riguardo, occorre constatare che la ricorrente si limita a mettere in rilievo l'esistenza di un certo numero di caratteristiche comuni alla sua fabbrica ed a quella della PEM, nonché il fatto che essa non è integrata in un gruppo nazionalizzato, senza dimostrare tuttavia che questi fattori non sono stati presi in conto dalle istituzioni. Per contro, al 'considerando‘ 30 del regolamento controverso, il Consiglio rileva l'incidenza dei dazi controversi su diverse categorie di utilizzatori, tra cui la ricorrente.

338.
    Pertanto, la presente censura dev'essere respinta.

3. Sull'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori intermedi

339.
    Per quanto riguarda l'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori intermedi ('considerando‘ 30 del regolamento controverso) la ricorrente si limita ad addebitare al Consiglio di aver fatto astrazione totale dell'esistenza dei produttori intermedi di cui uno sarebbe quasi scomparso dal mercato europeo e

l'altro si sarebbe rafforzato a tal punto che controllerebbe attualmente da solo i prezzi del calcio sul mercato europeo, sia che si tratti del calcio-metallico sia che si tratti del calcio granulato.

340.
    Inoltre, la ricorrente ritiene che il Consiglio non potesse, senza fornire ulteriori chiarimenti, limitarsi ad indicare che l'istituzione dei dazi avrebbe avuto solo un effetto minimo sugli utilizzatori finali poiché il costo di una tonnellata di piombo sarebbe aumentato solo dello 0,3% e il costo di una tonnellata di acciaio, prima della laminatura, di meno dello 0,2%. Essa sostiene che il risultato netto della PEM nel 1993 era lo 0,31% del suo fatturato. In tale situazione se si fosse applicata una riduzione dello 0,3% su tutti i prezzi di vendita dei prodotti della PEM, quest'ultima sarebbe stata in «rosso» nel 1993.

341.
    Per quanto riguarda gli utilizzatori intermedi, è sufficiente constatare che i loro interessi sono stati presi in considerazione dal Consiglio, come è stato indicato ai punti 304-310, 316-320 e 333-335, con riferimento alla loro possibilità approvvigionarsi di calcio-metallico al di fuori della Comunità e di utilizzare il regime del perfezionamento attivo.

342.
    Circa la riduzione dello 0,3% del prezzo di vendita dei prodotti della PEM occorre rilevare che la ricorrente non ha dimostrato come essa rimettesse in discussione la valutazione del Consiglio, secondo cui l'istituzione dei dazi controversi avrebbe avuto solo un effetto minimo sugli utilizzatori finali poiché, a suo parere il costo di una tonnellata di piombo sarebbe aumentato solo dello 0,3% e il costo di una tonnellata di acciaio, prima della laminatura, di meno dello 0,2%.

343.
    Ne deriva che la presente censura dev'essere respinta.

4. Sull'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul fatturato della PEM in relazione a quello della IPS

344.
    La ricorrente si chiede su quali criteri il Consiglio si sia basato per decidere che fosse nell'interesse comunitario tutelare un produttore comunitario a danno di un altro. Il calcio-metallico rappresenterebbe lo 0,05% del fatturato della PEM, mentre il calcio granulato rappresenterebbe l'85% del fatturato della ricorrente.

345.
    Tuttavia, il Tribunale ritiene, da un lato, che non si possono giustificare pratiche di dumping con la considerazione secondo cui solo il produttore comunitario può sovvenzionare la sua produzione con i benefici che provengono dalla sua produzione di altri prodotti e, dall'altro, che il fine della normativa antidumping è di mantenere condizioni di concorrenza leale per i vari settori di produzione, quando subiscono un danno dovuto alle importazioni in dumping.

346.
    Pertanto la presente censura dev'essere respinta.

5. Sulla mancata presa in considerazione del sottoutilizzo delle capacità produttive della PEM e dell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni di prezzo

347.
    Secondo la ricorrente il 'considerando‘ 28 del regolamento controverso, in cui si parla di «già precaria situazione dell'industria comunitaria» e di «effetti negativi» sulla concorrenza di un'eventuale interruzione della sua produzione, non può giustificare l'imposizione dei dazi controversi, tenuto conto dello scarso impegno e delle incoerenze della PEM nei suoi asseriti tentativi di rifornire la IPS, mentre i quantitativi richiesti da quest'ultima avrebbero coperto ampiamente l'asserito sottoutilizzo delle capacità produttive degli impianti della PEM.

348.
    Infine, essa sostiene che la PEM ha avviato una politica di guerra dei prezzi praticando, negli anni '80, riduzioni sistematiche rispetto ai prezzi dei prodotti provenienti dalla Cina e dalla Russia.

349.
    Sarebbe quindi perlomeno abusivo pretendere con tali argomenti che la bilancia pendesse a favore dell'adozione dei dazi antidumping.

350.
    Queste censure devono essere respinte per le ragioni esposte nell'ambito del quarto motivo relativo al danno subito dall'industria comunitaria (v. punti 231-263 e 268-273).

351.
    Da tutto quanto precede deriva che il quinto motivo dev'essere respinto nel suo insieme.

Sul sesto motivo relativo ad una violazione dell'art. 190 del Trattato

Argomenti delle parti

352.
    La ricorrente ritiene che il Consiglio sia venuto meno al suo obbligo di motivazione in relazione alla denuncia da essa presentata il 12 luglio 1994 presso la Commissione nei confronti della PEM per abuso di posizione dominante. Nessun riferimento a questa denuncia sarebbe stato fatto nel regolamento controverso. Tale omissione, tenuto conto dei precedenti nella causa, sarebbe sufficiente a comportare l'annullamento del regolamento per difetto di motivazione su un punto essenziale. Il Consiglio avrebbe in effetti dovuto prendere posizione sulla denuncia.

353.
    La ricorrente fa presente che la sua denuncia era particolarmente documentata e che essa aveva presentato la relazione di un perito sui rapporti tra la PEM e la IPS negli anni 1992-1995. In questa relazione si troverebbero evidenziati le oscillazioni di comportamento della PEM, l'assenza di un metodo rigoroso, la sistematica diffusione in anticipo da parte della PEM di false aspettative di risultati, l'invio precipitoso di un certo numero di proposte commerciali senza garanzia di conformità né di capacità di fornitura, senza dubbio per provare ad un terzo la sua capacità di soddisfare le richieste della IPS.

354.
    Infine, la DG IV avrebbe comunicato alla DG I le sue reticenze circa l'adozione di misure antidumping, a causa delle questioni di concorrenza sollevate in tale pratica.

355.
    Il Consiglio sostiene che avrebbe preso in considerazione fattori rientranti nella politica della concorrenza e non sarebbe stato quindi tenuto a menzionare la denuncia del 12 luglio 1994 nella motivazione del regolamento controverso, dato che avrebbe previsto un riesame.

356.
    Secondo il Consiglio, l'esame della denuncia dimostra che la ricorrente non faceva valere in essa alcun elemento che non avesse già dedotto nell'ambito dell'indagine antidumping.

Giudizio del Tribunale

357.
    Risulta da una giurisprudenza costante che la motivazione prescritta dall'art. 190 del Trattato deve far apparire in forma chiara e non equivoca l'iter logico seguito dall'autorità comunitaria da cui promana l'atto, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato per difendere i propri diritti, e permettere al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo. Tuttavia, non si può esigere che la motivazione dei regolamenti specifichi i vari elementi di fatto o di diritto, talvolta molto numerosi e complessi, che costituiscono oggetto dei regolamenti qualora questi siano in armonia con il contesto normativo di cui fanno parte (sentenze della Corte 26 giugno 1986, causa 203/85, Nicolet Instrument, Racc. pag. 2049, punto 10, 7 maggio 1987, causa 240/84, NTN Toyo Bearing e a./Consiglio, Racc. pag. 1809, punto 31, e causa 255/84, Nachi Fujikoschi/Consiglio, Racc. pag. 1861, punto 39, 13 ottobre 1992, cause riunite C-63/90 e C-67/90, Portogallo e Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-5073, punto 16, e sentenza del Tribunale 13 luglio 1995, cause riunite T-466/93, T-469/93, T-473/93, T-474/93 e T-477/93, O'Dwyer e a./Consiglio, Racc. pag. II-2071, punto 67).

358.
    Per quanto riguarda più in particolare la motivazione dei regolamenti che istituiscono dazi antidumping, le istituzioni non sono in via principio tenute a rispondere a denunce presentate, ai sensi dell'art. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), da importatori del prodotto che costituisce oggetto dei dazi antidumping e fondate su un'eventuale violazione delle regole di concorrenza del Trattato da parte dei produttori comunitari. E' sufficiente che l'iter logico seguito dalle istituzioni nei regolamenti appaia in maniera chiara e non equivoca.

359.
    Nel caso di specie occorre constatare inoltre che gli elementi essenziali della denuncia del 12 luglio 1994 erano conosciuti dalle istituzioni comunitarie, poiché erano stati fatti valere nell'ambito dell'indagine antidumping e sono stati trattati nel regolamento controverso.

360.
    Infatti, in questa denuncia, la ricorrente si limita in sostanza a menzionare pratiche abusive della PEM consistenti, da un lato, nel rifiuto di rifornirla di calcio-metallico di qualità standard e, dall'altro, nella presentazione della denuncia antidumping e nello sviamento della procedura antidumping.

361.
    Per quanto riguarda le asserite pratiche abusive della PEM consistenti nella realizzazione di esperimenti volti a complicare inutilmente la ricerca di una soluzione ai problemi tecnici della ricorrente e a ritardare così il suo approvvigionamento di calcio-metallico di qualità standard, il Consiglio le ha esaminate nei 'considerando‘ 22-25 del regolamento controverso.

362.
    Con riferimento a questa parte della denuncia non sussiste quindi alcun difetto di motivazione del regolamento controverso.

363.
    Per quanto riguarda l'asserito sviamento della procedura antidumping esso andrebbe sostanzialmente ricercato nel fatto che la PEM avrebbe deliberatamente ingannato la Commissione durante la procedura antidumping facendole credere che subiva un pregiudizio e si sarebbe servita della procedura antidumping per conoscere la posizione e i costi dei suoi concorrenti sui mercati di cui trattasi. Su tale punto occorre constatare che sia dalla descrizione della procedura contenuta nei punti 'considerando‘ 1-17 del regolamento provvisorio e nei 'considerndo‘ 2-5 del regolamento controverso, sia dalla struttura di quest'ultima nel suo insieme risulta che il Consiglio non ha considerato né la presentazione della denuncia antidumping né l'attivazione di un procedimento dinanzi alle istituzioni come atti volti a creare o a rafforzare una posizione dominante sul mercato del calcio.

364.
    Infatti, la Commissione ha menzionato, nei 'considerando‘ 1-7 del regolamento provvisorio, la sua verifica dei dati forniti sia dalla PEM sia, nella misura del possibile, dalla ricorrente, nonché l'audizione di tutte le parti interessate, ivi compresa la ricorrente, durante tutto lo svolgimento della procedura, fino alla consultazione del comitato consultivo.

365.
    Infine, poiché la ricorrente non ha fatto valere né una violazione delle regole fissate dal regolamento di base in materia di riservatezza nei confronti dei dati che essa aveva fornito nel corso del procedimento amministrativo né un errore manifesto di valutazione nella determinazione del livello dei dazi controversi, il Consiglio non era tenuto a pronunciarsi esplicitamente su questo aspetto della denuncia.

366.
    Pertanto il regolamento controverso non è viziato da un difetto di motivazione in relazione alla seconda parte della denuncia.

367.
    Di conseguenza, il sesto motivo dev'essere respinto.

Sul settimo motivo relativo ad uno sviamento di potere

Argomenti delle parti

368.
    La ricorrente sostiene che la Commissione si è resa complice dell'uso di una procedura antidumping a fini anticoncorrenziali.

369.
    Sul mercato della materia prima, la PEM sarebbe il solo produttore comunitario e rappresenterebbe quindi l'industria comunitaria. Essa interverrebbe anche sull'insieme dei mercati derivati e in particolare sul mercato del calcio scomposto, in cui la IPS sarebbe il suo maggiore concorrente. Ora, fin dalla prima comparsa della ricorrente su questo mercato, la PEM avrebbe costantemente cercato di allontanarla con qualsiasi mezzo.

370.
    La ricorrente afferma che, nella sua denuncia presentata il 12 luglio 1994 nonché nelle sue osservazioni di risposta, ha dimostrato come la PEM abbia in effetti utilizzato la procedura antidumping solo al fine di rafforzare la sua posizione dominante e di eliminare un concorrente.

371.
    A causa del precedente costituito dalla sentenza Extramet II, in cui la Corte aveva addebitato alle istituzioni di non aver preso in considerazione, nella valutazione del danno, il comportamento anticoncorrenziale della PEM, la ricorrente sperava che, in questa nuova procedura antidumping, la Commissione procedesse con maggiore circospezione ed esaminasse con tutta obiettività i suoi argomenti. Tutto ciò non è avvenuto, anzi il contrario. Il modo in cui sarebbe svolta questa procedura a partire dal luglio 1992 proverebbe ampiamente la collusione della PEM e della Commissione, e la complicità di quest'ultima in tale sviamento di procedura.

372.
    A sostegno del suo motivo la ricorrente fa valere le irregolarità di procedura criticate nel primo e secondo motivo, cioè la ripresa irregolare dell'indagine, le difficoltà incontrate per ottenere il rimborso dei dazi annullati e quella per avere accesso al fascicolo. Essa fa valere poi gli errori commessi dalla Commissione nella valutazione delle condizioni sostanziali, richiamate nel terzo e quarto motivo, in particolare per quanto riguarda la possibilità per la IPS di utilizzare il calcio-metallico di qualità nucleare prodotto dalla PEM, gli sforzi intrapresi dalla PEM per adattare i suoi impianti, la ripresa dei soli argomenti tecnici della PEM ed il rifiuto di ordinare una perizia sugli sforzi compiuti dalla PEM per rifornire la IPS. Infine, essa menziona la mancata presa in considerazione della denuncia che aveva presentato il 12 luglio 1994 ai sensi dell'art. 86 del Trattato, circostanza denunciata nel sesto motivo, nonché gli interventi personali che taluni funzionari della DG I avrebbero compiuto, contemporaneamente alla PEM, presso taluni membri influenti del comitato antidumping.

373.
    Il Consiglio osserva che nel settimo motivo la ricorrente fa una sintesi degli altri motivi e ne deduce che la Commissione si è resa complice di uno sviamento di procedura effettuato dalla PEM al solo fine di consolidare la sua asserita posizione dominante. La ricorrente rivolgerebbe quindi gravi accuse alle istituzioni, senza fornire alcuna prova.

374.
    La Commissione sottolinea che le insinuazioni della ricorrente sono insufficienti per conferire una qualsiasi sostanza al suo motivo.

375.
    Essa fa presente che, in base alla lettera dell'art. 12, n. 1, del regolamento di base, una proposta di imposizione di dazi definitivi deve essere fatta al Consiglio «previa consultazione» del comitato consultivo e che, ai sensi dell'art. 6, n. 1, dello stesso regolamento, il comitato consultivo è presieduto dalla Commissione. La ricorrente avrebbe del resto presentato osservazioni al comitato. Per quanto riguarda il riferimento a «interventi personali», con il quale la ricorrente potrebbe sottintendere che funzionari della Commissione avrebbero ecceduto in taluni loro comportamenti i limiti dell'esercizio normale dei loro compiti, la Commissione sottolinea che è impossibile prendere posizione su insinuazioni vaghe, non corredate di alcuna indicazione sulla data dei presunti interventi, sull'identità delle persone in oggetto o sulla natura delle accuse.

Giudizio del Tribunale

376.
    Risulta dalla giurisprudenza costante che una decisione o un atto comunitario sono viziati da sviamento di potere soltanto se risulta, sulla base di indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, che sono stati adottati per conseguire scopi diversi da quelli in essi indicati (sentenze della Corte 11 luglio 1990, causa C-323/88, Sermes, Racc. pag. I-3027, punto 33, e sentenza del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-167/94, Nölle/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2589, punto 66).

377.
    Come sottolinea giustamente il Consiglio, la ricorrente, nel suo settimo motivo, si limita a fare una sintesi degli altri motivi d'annullamento senza fornire elementi nuovi in relazione a quelli già svolti nell'ambito di questi ultimi. Le censure contenute in questi motivi, essendo state escluse nell'ambito dell'esame degli stessi, devono esserlo anche nell'ambito del presente motivo.

378.
    L'affermazione della ricorrente secondo cui taluni funzionari della DG I avrebbero effettuato interventi personali, contemporaneamente alla PEM, presso taluni membri influenti del comitato antidumping, non è accompagnata da alcuna precisione in merito alla data dei presunti interventi, all'identità delle persone in oggetto o alla natura delle accuse. Essa non dimostra che la Commissione si sia resa complice dell'uso di una procedura antidumping a fini anticoncorrenziali e che per tale motivo abbia commesso uno sviamento di potere.

379.
    Pertanto il settimo motivo dev'essere respinto.

II — Sulla domanda in subordine intesa a dichiarare l'inopponibilità alla ricorrente del regolamento controverso

Argomenti delle parti

380.
    La ricorrente chiede in subordine che il regolamento sia dichiarato ad essa inopponibile per errore manifesto di valutazione in quanto il Consiglio ha istituito dazi antidumping di portata generale nei confronti di tutte le importazioni di calcio metallico originario della Cina e della Russia.

381.
    Infatti, essa non potrebbe utilizzare il calcio standard della PEM senza subire un aumento dei suoi costi di produzione di più del 70%, il che comporterebbe che il calcio-metallico del produttore comunitario e il calcio proveniente dalla Cina o dalla Russia non sono simili. Inoltre il produttore comunitario non potrebbe far valere un danno a causa delle importazioni della IPS, in quanto queste ultime rappresentano tra il 62 e il 97% delle importazioni cinesi e russe tra il 1989 e il 1993. Anche supponendo che la PEM possa far valere un danno, quest'ultimo non potrebbe in ogni caso provenire dalle importazioni della ricorrente.

382.
    La ricorrente interverrebbe, in quanto trasformatore, unicamente sul mercato del calcio finemente scomposto. Ora la PEM deterrebbe il 48% di questo mercato. Da parte loro, i trasformatori di calcio-metallico importato dalla Cina e dalla Russia rappresenterebbero meno del 13% del mercato. Del resto, questi trasformatori avrebbero la scelta del loro fornitore. Essi sarebbero liberi di rifornirsi presso la PEM per evitare il pagamento dei dazi, il che rafforzerebbe maggiormente la posizione di fornitore della PEM. Non si potrebbe pertanto concludere che la ricorrente goda di un vantaggio anticoncorrenziale nei confronti di questi trasformatori. Per contro, il pagamento dei dazi le conferirebbe uno svantaggio nella concorrenza nei confronti della PEM, il che sarebbe precisamente il fine perseguito da quest'ultima.

383.
    Il regolamento di base non conterrebbe alcuna disposizione che vieti esplicitamente di sottrarre un importatore determinato al pagamento dei dazi antidumping.

384.
    Tenuto conto poi dell'ampio potere discrezionale riconosciuto dalla giurisprudenza alle istituzioni comunitarie nell'attuazione della normativa antidumping, nulla si opporrebbe a che la IPS costituisca oggetto di un trattamento specifico.

385.
    Secondo il Consiglio, se la domanda in subordine fosse fondata, quod non, la ricorrente avrebbe essa stessa un vantaggio anticoncorrenziale nei confronti degli altri trasformatori di calcio metallico importato dalla Cina e dalla Russia, che dovrebbero pagare i dazi.

386.
    La domanda non sarebbe fondata poiché il regolamento di base non consentirebbe al Consiglio di escludere un determinato importatore dal campo di applicazione di un regolamento che istituisce dazi antidumping. La sola deroga possibile sarebbe quella che esiste nell'ipotesi in cui un fornitore, cioè un esportatore, assuma un impegno in forza dell'art. 10 del regolamento di base.

387.
    Anche se il regolamento di base non contiene alcuna disposizione che vieti di sottrarre un determinato importatore al pagamento dei dazi antidumping, le

disposizioni dell'art. 8, n. 2, dell'accordo relativo all'attuazione dell'art. 6, dell'accordo generale sulle tariffe doganali e il commercio (GATT) prevederebbero che i dazi antidumping devono essere riscossi in maniera non discriminatoria. L'ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni non potrebbe dispensarle dal rispetto di questo principio.

Giudizio del Tribunale

388.
    Nessuna disposizione del regolamento di base vieta esplicitamente di sottrarre un determinato imprenditore al pagamento dei dazi antidumping. Tuttavia, sia le disposizioni dell'art. 8, n. 2, dell'accordo relativo all'attuazione dell'art. VI del GATT (GU L 71, pag. 90) sia i principi generali di diritto comunitario si oppongono a che i dazi antidumping siano percepiti in maniera discriminatoria. L'ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni non può dispensarle dal rispetto di questo principio.

389.
    Di conseguenza, l'argomento della ricorrente non può esser accolto. La mancata imposizione di dazi antidumping alla ricorrente avrebbe avuto un effetto discriminatorio nei confronti della PEM e degli altri trasformatori. Infatti, se la ricorrente potesse procedere a importazioni che costituiscono oggetto di un dumping senza essere sottoposta ai dazi antidumping, la fabbrica della PEM potrebbe presto o tardi, come rileva il regolamento controverso senza essere seriamente contestato dalla ricorrente, essere costretta a interrompere la sua produzione. Ora, ciò sarebbe incompatibile con gli obiettivi della normativa antidumping e dei dazi antidumping controversi, e collocherebbe la PEM e gli altri trasformatori in una situazione svantaggiosa sul piano della concorrenza, in quanto non potrebbero, contrariamente alla ricorrente, acquistare calcio-metallico cinese o russo a prezzi di dumping al fine di potere far concorrenza alla ricorrente sul mercato del calcio-metallico scomposto.

390.
    I due altri argomenti dedotti dalla ricorrente, relativi all'impossibilità di sfruttare il calcio standard della PEM ed all'assenza di un danno subito da quest'ultima (v. sopra punto 381) non possono, dal canto loro, essere accolti, per i motivi indicati nell'esame del terzo e quarto motivo, nell'ambito del quale il Tribunale ha dichiarato che le istituzioni non hanno commesso né un errore di fatto né un errore di diritto né un errore manifesto di valutazione nella determinazione del prodotto simile o nell'esame del danno subito dall'industria comunitaria (v. sopra punti 202-221, 231-263, 268-273 e 279-283).

391.
    Pertanto, la domanda in subordine dev'essere respinta.

392.
    In considerazione di tutto quanto precede il ricorso dev'essere respinto nel suo insieme.

Sulle spese

393.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente è risultata soccombente nelle sue conclusioni per cui occorre condannarla alle spese sostenute dal Consiglio, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, in conformità alle conclusioni in tal senso del convenuto.

394.
    Gli intervenienti, la PEM e la Chambre syndicale, hanno concluso per la condanna della ricorrente alle spese collegate al loro intervento.

395.
    Nelle circostanze della fattispecie, occorre condannare la ricorrente a sostenere le spese affrontate dalla PEM.

396.
    Per quanto riguarda la Chambre syndicale essa è intervenuta nel presente procedimento solo in qualità di associazione che difende gli interessi generali dell'industria comunitaria, e non in qualità di produttore comunitario direttamente interessato dalle pratiche di dumping dei produttori russi e cinesi. Alla luce di queste considerazioni non è giustificato che la ricorrente sopporti le spese collegate al suo intervento. La Chambre syndicale sopporterà dunque le proprie spese.

397.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura le istituzioni che sono intervenute nella controversia sopportano le proprie spese. La Commissione sopporterà quindi le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1.
    Il ricorso è respinto.

2.
    La ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dal Consiglio, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, nonché le spese sostenute dall'interveniente Péchiney électrométallurgie.

3.
    La Chambre syndicale de l'électrométallurgie et de l'électrochimie e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

Azizi
Vesterdorf
García-Valdecasas

Moura-Ramos

Jaeger

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 ottobre 1998.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Azizi

Indice

     Fatti all'origine della controversia

II - 3

         A — La pratica Extramet

II - 3

         B — Il prodotto

II - 4

         C — La società ricorrente Industrie des poudres sphériques

II - 5

         D. Il procedimento amministrativo

II - 5

     Procedimento dinanzi al Tribunale

II - 6

     Conclusioni delle parti

II - 7

     Sulla ricevibilità

II - 8

         Argomenti delle parti

II - 8

         Giudizio del Tribunale

II - 9

     Sul merito

II - 10

         I — Sulla domanda di annullamento del regolamento controverso

II - 10

             Sul primo motivo relativo ad una violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di base, tale all'inosservanza dell'autorità della cosa giudicata e alle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo

II - 11

                 Argomenti delle parti

II - 11

                     — Prima parte: violazione degli artt. 5 e 7, n. 9, del regolamento di base

II - 11

                     — Seconda parte: inosservanza dell'autorità della cosa giudicata

II - 12

                     — Terza parte: inosservanza delle condizioni di regolarizzazione di un atto amministrativo

II - 14

                     Giudizio del Tribunale

II - 16

             Sul secondo motivo relativo ad una violazione degli artt. 7 e 8 del regolamento di base

II - 19

                     Sulla prima parte relativa ad una violazione dei diritti della difesa, collegata ad una comunicazione tardiva della nota depositata dalla PEM il 1° luglio 1992

II - 19

                     — Argomenti delle parti

II - 20

                     — Giudizio del Tribunale

II - 21

                     Sulla seconda parte relativa ad una violazione, da un lato, dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base in quanto la Commissione non avrebbe trasmesso alla ricorrente taluni documenti depositati dalla PEM e, dall'altro, dell'art. 8 del regolamento di base

II - 22

                     — Argomenti delle parti

II - 22

                     — Giudizio del Tribunale

II - 24

                     Sulla terza parte relativa ad una violazione dell'art. 7, n. 4, del regolamento di base e dei diritti della difesa, in quanto la Commissione avrebbe rifiutato di comunicare alla ricorrente talune indicazioni essenziali affinché potesse presentare osservazioni utili

II - 26

                     — Argomenti delle parti

II - 26

                     — Giudizio del Tribunale

II - 28

             Sul terzo motivo relativo ad una violazione degli artt. 4, n. 4, e 2, n. 12, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

II - 31

                 — Argomenti delle parti

II - 32

                 Giudizio del Tribunale

II - 35

             Sul quarto motivo relativo ad una violazione dell'art. 4, n. 1, del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

II - 38

                 1. Sul nesso di causalità

II - 38

                     Argomenti delle parti

II - 38

                     Giudizio del Tribunale

II - 40

                     Argomenti delle parti

II - 45

                     Giudizio del Tribunale

II - 46

                 2. Sulla rilevanza del danno

II - 47

                     Argomenti delle parti

II - 47

                     Giudizio del Tribunale

II - 48

             Sul quinto motivo relativo ad una violazione dell'art. 12 del regolamento di base e ad un errore manifesto di valutazione

II - 49

                 A — Introduzione

II - 49

                 Argomenti delle parti

II - 49

                 Giudizio del Tribunale

II - 50

                 B — Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico prima dell'imposizione dei dazi controversi

II - 50

                 C — Sulla posizione della PEM sui mercati del calcio-metallico primario e del calcio-metallico scomposto in seguito all'imposizione di dazi controversi

II - 51

                 1. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico primario

II - 52

                     a) Sulla possibilità per gli utilizzatori intermedi di rifornirsi di calcio metallico importato dalla Cina o dalla Russia

II - 52

                     Argomenti delle parti

II - 52

                     Giudizio del Tribunale

II - 52

                     b) Sulla possibilità per la IPS di approvvigionarsi presso i fornitori nordamericani

II - 54

                     Argomenti delle parti

II - 54

                     Giudizio del Tribunale

II - 55

                     c) Sulla possibilità di riesaminare la situazione del mercato sei mesi o al massimo, un anno dopo l'istituzione dei dazi controversi

II - 56

                     Argomenti della ricorrente

II - 56

                     Giudizio del Tribunale

II - 56

                     d) Conclusione

II - 56

                 2. Sulla posizione della PEM sul mercato del calcio metallico scomposto

II - 56

                     Argomenti delle parti

II - 56

                     Giudizio del Tribunale

II - 57

                 D — Sulla presa in considerazione degli interessi degli utilizzatori intermedi, tra cui la ricorrente, degli utilizzatori finali e del comportamento della PEM nell'esame dell'interesse della Comunità a istituire i dazi controversi

II - 58

                 1. Sulla possibilità per la ricorrente di procedere a vendite all'estero beneficiando del regime del perfezionamento attivo

II - 58

                 2. Sulla presa in considerazione degli effetti sulla PEM delle importazioni che costituiscono oggetto di dumping

II - 59

                 3. Sull'effetto del dazio antidumping sugli utilizzatori finali e sugli utilizzatori intermedi

II - 59

                 4. Sull'incidenza dei dazi introdotti dal regolamento controverso sul fatturato della PEM in relazione a quello della IPS

II - 60

                 5. Sulla mancata presa in considerazione del sottoutilizzo delle capacità produttive della PEM e dell'imputabilità a quest'ultima delle riduzioni di prezzo

II - 60

             Sul sesto motivo relativo ad una violazione dell'art. 190 del Trattato

II - 61

                 Argomenti delle parti

II - 61

                 Giudizio del Tribunale

II - 61

             Sul settimo motivo relativo ad uno sviamento di potere

II - 63

                 Argomenti delle parti

II - 63

                 Giudizio del Tribunale

II - 65

             II — Sulla domanda in subordine intesa a dichiarare l'inopponibilità alla ricorrente del regolamento controverso

II - 65

                 Argomenti delle parti

II - 65

                 Giudizio del Tribunale

II - 66

     Sulle spese

II - 67


1: Lingua processuale: il francese.

Racc.