Language of document : ECLI:EU:T:2018:966

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

14 dicembre 2018 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo – Congelamento dei capitali – Possibile qualificazione di un’autorità di uno Stato terzo come autorità competente ai sensi della posizione comune 2001/931/PESC – Base fattuale delle decisioni di congelamento dei capitali – Obbligo di motivazione – Errore di valutazione – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Diritti della difesa – Diritto di proprietà»

Nella causa T‑400/10 RENV,

Hamas, con sede in Doha (Qatar), rappresentato da L. Glock, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da B. Driessen, M. Bishop e A. Sikora-Kalėda, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Repubblica francese, rappresentata da D. Colas e F. Fize, in qualità di agenti,

e da

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Castillo de la Torre, M. Konstantinidis e R. Tricot, successivamente da F. Castillo de la Torre, L. Baumgart e C. Zadra, in qualità di agenti,

intervenienti

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e intesa ad ottenere l’annullamento, in primo luogo, dell’avviso del Consiglio all’attenzione delle persone, gruppi e entità che figurano nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 de Consiglio relativo a misure restrittive specifiche contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2010, C 188, pag. 13), della decisione 2010/386/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2010, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2010, L 178, pag. 28), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 610/2010 del Consiglio, del 12 luglio 2010, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 1285/2009 (GU 2010, L 178, pag. 1), nei limiti in cui tali atti riguardano il ricorrente; in secondo luogo, della decisione 2011/70/PESC del Consiglio, del 31 gennaio 2011, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2011, L 28, pag. 57), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 83/2011 del Consiglio, del 31 gennaio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione n. 610/2010 (GU 2011, L 28, pag. 14), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in terzo luogo, della decisione 2011/430/PESC del Consiglio, del 18 luglio 2011, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2011, L 188, pag. 47), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 687/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga i regolamenti di esecuzione n. 610/2010 e n. 83/2011 (GU 2011, L 188, pag. 2), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in quarto luogo, della decisione 2011/872/PESC del Consiglio, del 22 dicembre 2011, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e che abroga la decisione 2011/430 (GU 2011, L 343, pag. 54), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 1375/2011 del Consiglio, del 22 dicembre 2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione n. 687/2011 (GU 2011, L 343, pag. 10), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in quinto luogo, della decisione 2012/333/PESC del Consiglio, del 25 giugno 2012, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, e che abroga la decisione 2011/872 (GU 2012, L 165, pag. 72), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 542/2012 del Consiglio, del 25 giugno 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 1375/2011 (GU 2012, L 165, pag. 12), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in sesto luogo, della decisione 2012/765/PESC del Consiglio, del 10 dicembre 2012, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e che abroga la decisione 2012/333 (GU 2012, L 337, pag. 50), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 1169/2012 del Consiglio, del 10 dicembre 2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e che abroga il regolamento di esecuzione n. 542/2012 (GU 2012, L 337, pag. 2), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in settimo luogo, della decisione 2013/395/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2013, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e che abroga la decisione 2012/765 (GU 2013, L 201, pag. 57), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 714/2013 del Consiglio, del 25 luglio 2013, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e abroga il regolamento di esecuzione n. 1169/2012 (GU 2013, L 201, pag. 10), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in ottavo luogo, della decisione 2014/72/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo e che abroga la decisione 2013/395 (GU 2014, L 40, pag. 56), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 125/2014 del Consiglio, del 10 febbraio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga il regolamento di esecuzione n. 714/2013 (GU 2014, L 40, pag. 9), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente; in nono luogo, della decisione 2014/483/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, e che abroga la decisione 2014/72 (GU 2014, L 217, pag. 35), e del regolamento di esecuzione (UE) n. 790/2014 del Consiglio, del 22 luglio 2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 125/2014 (GU 2014, L 217, pag. 1), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente e, in decimo luogo, della decisione (PESC) 2017/1426 del Consiglio, del 4 agosto 2017, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, e che abroga la decisione (PESC) 2017/154 (GU 2017, L 204, pag. 95), e del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1420 del Consiglio, del 4 agosto 2017, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2017/150 (GU 2017, L 204, pag. 3), nei limiti in cui tali atti si riferiscono al ricorrente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto da I. Pelikánová, presidente, V. Valančius, P. Nihoul (relatore), J. Svenningsen e U. Öberg, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti anteriori alla controversia e fatti posteriori alla proposizione del ricorso di cui trattasi

A.      Risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

1        Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001), che stabilisce strategie dirette a contrastare con ogni mezzo il terrorismo e, in particolare, il suo finanziamento. Il punto 1, lettera c), di tale risoluzione dispone, segnatamente, che tutti gli Stati congelino senza indugio i capitali, le altre attività finanziarie o le risorse economiche delle persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, li facilitano o vi partecipano, delle entità appartenenti a tali persone o da esse controllate e delle persone ed entità che agiscono in nome o agli ordini di tali persone ed entità.

2        Detta risoluzione non prevede un elenco di persone, entità o gruppi, ai quali debbano essere applicate tali misure.

B.      Diritto dell’Unione europea

3        Il 27 dicembre 2001, considerando che fosse necessaria un’azione dell’Unione europea per attuare la risoluzione 1373 (2001), il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93). In particolare, l’articolo 2 della posizione comune 2001/931 prevede il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici ed elencati nell’allegato di detta posizione comune.

4        Lo stesso giorno, per attuare a livello dell’Unione le misure descritte nella posizione comune 2001/931, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70), nonché la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 (GU 2001, L 344, pag. 83).

5        Il nome di «Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala armata di Hamas)» figurava negli elenchi allegati alla posizione comune 2001/931 e alla decisione 2001/927. Questi due atti sono stati regolarmente aggiornati, in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 e dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e il nome «Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala armata di Hamas)» è rimasto iscritto in detti elenchi.

6        Il 12 settembre 2003 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2003/651/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931 (GU 2003, L 229, pag. 42), e la decisione 2003/646/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e che abroga la decisione 2003/480/CE (GU 2003, L 229, pag. 22). Il nome dell’organizzazione iscritta negli elenchi allegati a tali atti è «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)».

7        Il nome di tale organizzazione è rimasto iscritto negli elenchi allegati agli atti successivi.

C.      Atti impugnati

1.      Atti del luglio 2010

8        Il 12 luglio 2010 il Consiglio ha adottato la decisione 2010/386/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931 (GU 2010, L 178, pag. 28), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 610/2010, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 1285/2009 (GU 2010, L 178, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del luglio 2010»).

9        Il nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» continuava ad essere iscritto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del luglio 2010»).

10      Il 13 luglio 2010, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone, gruppi e entità che figurano nell’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 (GU 2010, C 188, pag. 13; in prosieguo: l’«avviso del luglio 2010»).

11      Con tale avviso il Consiglio ha segnatamente informato le persone e le entità interessate, in primo luogo, di aver ritenuto che i motivi che giustificavano l’iscrizione del loro nome negli elenchi adottati ai sensi del regolamento n. 2580/2001 fossero sempre validi, cosicché lo stesso aveva deciso di mantenere il loro nome negli elenchi controversi del luglio 2010; in secondo luogo, che esse potevano chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche; in terzo luogo, che esse potevano rivolgere una domanda al Consiglio al fine di venire a conoscenza dei motivi del mantenimento del loro nome in detti elenchi; in quarto luogo, che esse potevano parimenti chiedere in qualsiasi momento al medesimo il riesame della decisione con la quale il loro nome era stato incluso negli elenchi in questione; in quinto luogo, che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse entro due mesi a partire dalla data di pubblicazione di detto avviso e, in sesto luogo, che esse avevano la possibilità di introdurre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione.

12      Il ricorrente non ha reagito a tale avviso.

2.      Atti del gennaio 2011

13      Con un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 20 novembre 2010, il Consiglio ha informato le persone, i gruppi e le entità interessati dal regolamento di esecuzione n. 610/2010 di avere ricevuto nuove informazioni pertinenti relative a tali iscrizioni e di avere modificato di conseguenza la sua motivazione relativa al menzionato regolamento. Secondo detto avviso, una richiesta volta ad ottenere la motivazione poteva essere inoltrata al Consiglio nelle due settimane successive alla data di pubblicazione dell’avviso.

14      Il Consiglio, il quale, a causa della proposizione del ricorso di cui trattasi il 12 settembre 2010, disponeva dell’indirizzo dell’avvocato del ricorrente, con lettera del 10 dicembre 2010 ha comunicato a tale avvocato i motivi per i quali intendeva mantenere il nome del ricorrente negli elenchi di congelamento dei capitali e gli ha indicato che lo stesso, entro un termine di un mese a decorrere dalla data di tale lettera, poteva rivolgergli osservazioni concernenti detto mantenimento e trasmettergli tutti i documenti giustificativi.

15      Il ricorrente non ha reagito né a tale avviso né a tale lettera.

16      Il 31 gennaio 2011, il Consiglio ha adottato la decisione 2011/70/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931 (GU 2011, L 28, pag. 57) e il regolamento di esecuzione (UE) n. 83/2011 che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 e abroga il regolamento di esecuzione n. 610/2010 (GU 2011, L 28, pag. 14) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del gennaio 2011»). Il nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del gennaio 2011»).

17      Con lettera del 2 febbraio 2011, il Consiglio ha comunicato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del gennaio 2011.

18      Tale motivazione era redatta nei seguenti termini.

19      In primo luogo il Consiglio riassumeva la cronistoria delle attività di «Hamas, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem». In particolare, tale organizzazione avrebbe commesso numerosi attentati contro obiettivi israeliani dal 1988 al 2010, qualificati come atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931.

20      In secondo luogo, il Consiglio rilevava che «Hamas-Izz al-Din al-Qassem» era stato oggetto, nel corso del 2001, di due decisioni adottate dalle autorità del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e di due decisioni adottate dalle autorità degli Stati Uniti d’America.

21      La prima decisione adottata dalle autorità del Regno Unito promanava dal Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno; in prosieguo: l’«Home Secretary»). Tale decisione del 29 marzo 2001 è stata adottata in forza dell’UK Terrorism Act 2000 (legge del Regno Unito del 2000 sul terrorismo) e vietava l’Hamas-Izz al-Din al-Qassem, considerato un’organizzazione coinvolta in atti di terrorismo (in prosieguo: la «decisione dell’Home Secretary»). La seconda decisione adottata dalle autorità del Regno Unito promanava dall’UK Treasury (Ministro delle Finanze). Con tale decisione del 6 dicembre 2001, l’UK Treasury ha congelato i beni di Hamas-Izz al-Din al-Qassem e ha dato istruzioni in tal senso in applicazione delle competenze conferitegli dall’articolo 4 del Terrorism (United nations Measures) Order 2001 [decreto sul terrorismo (misura delle Nazioni Unite) del 2001]. Il Consiglio rilevava che la decisione dell’Home Secretary era stata periodicamente riesaminata da una commissione governativa nazionale e che il decreto alla base della decisione dell’UK Treasury conteneva disposizioni in materia di controllo giurisdizionale di detta decisione e di ricorso avverso la medesima.

22      Le decisioni delle autorità degli Stati Uniti consistevano, da un lato, in una decisione del governo che qualificava Hamas come «organizzazione terroristica straniera», in applicazione della sezione 219 dell’US Immigration and Nationality Act (legge statunitense sull’immigrazione e sulla cittadinanza), come modificato, e, dall’altro, in una decisione che definiva Hamas quale «entità esplicitamente identificata come entità terroristica internazionale», in applicazione dell’Executive Order n. 13224 (decreto presidenziale 13224) (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni americane»). Il Consiglio osservava che la prima designazione era idonea ad essere soggetta ad un controllo giurisdizionale e la seconda ad un controllo amministrativo e giurisdizionale in applicazione della legislazione degli Stati Uniti.

23      Il Consiglio qualificava tali decisioni come «decisioni di autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

24      In terzo luogo, il Consiglio constatava che tali decisioni erano ancora in vigore e riteneva che i motivi che avevano giustificato l’iscrizione di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi di congelamento dei capitali restassero validi.

25      Nella sua lettera del 2 febbraio 2011, il Consiglio indicava, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame degli elenchi controversi del gennaio 2011 nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo, che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse entro un termine di due mesi a partire dalla data di detta lettera; in terzo luogo, che il ricorrente aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che esso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

3.      Atti del luglio 2011

26      Il 30 maggio 2011, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente una lettera, nella quale lo informava di avere ricevuto nuove informazioni pertinenti per la redazione degli elenchi delle persone, gruppi ed entità oggetto delle misure restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001 e di avere modificato la sua motivazione di conseguenza. Esso impartiva al ricorrente un termine di tre settimane per presentare le sue osservazioni.

27      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

28      Il 18 luglio 2011, il Consiglio ha adottato la decisione 2011/430/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931 (GU 2011, L 188, pag. 47) e il regolamento di esecuzione (UE) n. 687/2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e che abroga i regolamenti di esecuzione n. 610/2010 e n. 83/2011 (GU 2011, L 188, pag. 2) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del luglio 2011»). Il nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del luglio 2011»).

29      Con lettera del 19 luglio 2011, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del luglio 2011 indicandogli, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse entro due mesi a decorrere dalla data di detta lettera; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

30      Detta motivazione era identica a quella degli atti del gennaio 2011, con la differenza che il riferimento alla decisione dell’UK Treasury era stato soppresso.

31      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

4.      Atti del dicembre 2011

32      Il 15 novembre 2011, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente una lettera, nella quale lo informava di avere ricevuto nuove informazioni pertinenti per la redazione degli elenchi delle persone, gruppi ed entità oggetto delle misura restrittive previste dal regolamento n. 2580/2001 e di avere modificato la motivazione di conseguenza. Esso impartiva un termine di due settimane per presentare le sue osservazioni.

33      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

34      Il 22 dicembre 2011, il Consiglio ha adottato la decisione 2011/872/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2011/430 (GU 2011, L 343, pag. 54) e il regolamento di esecuzione (UE) n. 1375/2011, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e abroga il regolamento di esecuzione n. 687/2011 (GU 2011, L 343, pag. 10) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del dicembre 2011»). Il nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del dicembre 2011»).

35      Con lettera del 3 gennaio 2012, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del dicembre 2011 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima del 29 febbraio 2012; in terzo luogo che lo stesso aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che esso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

36      In tale motivazione, il Consiglio ha integrato l’esposizione dei fatti considerati per qualificare il ricorrente (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem) come organizzazione terroristica con tre nuovi fatti, risalenti al 2011.

37      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

5.      Atti del giugno 2012

38      Il 25 giugno 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/333/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2011/872 (GU 2012, L 165, pag. 72), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 542/2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 1375/2011 (GU 2012, L 165, pag. 12) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del giugno 2012»). Il nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al‑Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del giugno 2012»).

39      Con lettera del 26 giugno 2012, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del giugno 2012 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano esserle trasmesse prima del 27 agosto 2012; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

40      Tale motivazione era identica a quella relativa agli atti del dicembre 2011.

41      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

6.      Atti del dicembre 2012

42      Il 10 dicembre 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/765/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2012/333 (GU 2012, L 337, pag. 50), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 1169/2012, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 542/2012 (GU 2012, L 337, pag. 2) (in prosieguo: gli «atti del dicembre 2012»). «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del dicembre 2012»).

43      Con lettera dell’11 dicembre 2012, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del dicembre 2012 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima dell’11 febbraio 2013; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

44      Tale motivazione era identica a quella relativa agli atti del giugno 2012.

45      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

7.      Atti del luglio 2013

46      Il 25 luglio 2013, il Consiglio ha adottato la decisione 2013/395/PESC, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2012/765 (GU 2013, L 201, pag. 57), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 714/2013, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e abroga il regolamento di esecuzione n. 1169/2012 (GU 2013, L 201, pag. 10) (in prosieguo: gli «atti del luglio 2013»). Il nome «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del luglio 2013»).

47      Con lettera del 26 luglio 2013, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del luglio 2013, indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima del 10 settembre 2013; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

48      Tale motivazione era identica a quella relativa agli atti del dicembre 2012.

49      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

8.      Atti del febbraio 2014

50      Il 10 febbraio 2014, il Consiglio ha adottato la decisione 2014/72/PESC, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2013/395 (GU 2014, L 40, pag. 56), e il regolamento di esecuzione (UE) n. 125/2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e abroga il regolamento di esecuzione n. 714/2013 (GU 2014, L 40, pag. 9) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del febbraio 2014»). Il nome «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del febbraio 2014»).

51      Con lettera dell’11 febbraio 2014, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del febbraio 2014 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima del 28 febbraio 2014; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

52      La motivazione di cui trattasi era identica a quella relativa agli atti del luglio 2013.

53      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

9.      Atti del luglio 2014

54      Il 22 luglio 2014, il Consiglio ha adottato la decisione 2014/483/PESC, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2014/72 (GU 2014, L 217, pag. 35) e il regolamento di esecuzione (UE) n. 790/2014, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e che abroga il regolamento di esecuzione n. 125/2014 (GU 2014, L 217, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti del luglio 2014»). Il nome «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi del luglio 2014»).

55      Con lettera del 23 luglio 2014, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi del luglio 2014 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima del 30 settembre 2014; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

56      Nella motivazione, il Consiglio ha aggiunto che la qualificazione del ricorrente come organizzazione terroristica straniera da parte della decisione americana fondata sull’articolo 219 della legge degli Stati Uniti sull’immigrazione e la cittadinanza era stata mantenuta tramite una decisione del 18 luglio 2012.

57      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

10.    Atti dell’agosto 2017

58      Il 4 agosto 2017 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2017/1426 che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione (PESC) 2017/154 (GU 2017, L 204, pag. 95) e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1420 che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2017/150 (GU 2017, L 204, pag. 3) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti dell’agosto 2017»). Il nome «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» veniva mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi dell’agosto 2017»).

59      Con lettera del 7 agosto 2017, il Consiglio ha inviato all’avvocato del ricorrente la motivazione che giustificava il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)» negli elenchi controversi dell’agosto 2017 indicando al medesimo, in primo luogo, che il ricorrente poteva inoltrargli in qualsiasi momento una domanda di riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931; in secondo luogo che le domande, per essere prese in considerazione in occasione dell’esame successivo, in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, dovevano essergli trasmesse prima del 4 settembre 2017; in terzo luogo che questi aveva la possibilità di proporre un ricorso dinanzi al giudice dell’Unione e, in quarto luogo, che lo stesso poteva chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche.

60      Tale motivazione ha subito importanti modifiche rispetto a quelle degli atti precedenti.

61      Il ricorrente non ha reagito a tale lettera.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti prima del rinvio

62      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 12 settembre 2010, il ricorrente ha proposto il ricorso di cui trattasi.

63      Nel ricorso, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’avviso del luglio 2010;

–        annullare gli atti del luglio 2010;

–        condannare il Consiglio alle spese.

64      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2010, la Commissione europea ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Con ordinanza del 7 febbraio 2011, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento.

65      Con lettera del 17 febbraio 2011, depositata nella cancelleria del Tribunale in pari data, il ricorrente ha fatto riferimento agli atti del gennaio 2011 e alla lettera del 2 febbraio 2011. Esso ha affermato che manteneva i motivi del ricorso avverso tali «atti» e che avrebbe sviluppato, nella replica, le sue critiche nei confronti dei motivi alla base del mantenimento del suo nome negli elenchi controversi del gennaio 2011, come notificati con la lettera del 2 febbraio 2011.

66      Sentite le altre parti, il Tribunale ha autorizzato il ricorrente, con lettera della cancelleria del 15 giugno 2011, ad adeguare, nella replica, i motivi e le conclusioni del ricorso in relazione agli atti del gennaio 2011, all’occorrenza alla luce della motivazione esposta nella lettera del 2 febbraio 2011. Il Tribunale non ha, per contro, autorizzato il ricorrente ad adeguare le proprie conclusioni con riferimento alla lettera del 2 febbraio 2011. Il termine per il deposito della replica è stato fissato al 27 luglio 2011.

67      Con lettera del 27 luglio 2011, il ricorrente ha fatto riferimento agli atti del luglio 2011 e alla lettera del 19 luglio 2011 come atti sostitutivi di quelli inizialmente impugnati. Esso ha rilevato che la pubblicazione o la notifica di tali atti faceva decorrere un nuovo termine di ricorso di due mesi e ha indicato i motivi per i quali non era stata depositata la replica.

68      La lettera del 27 luglio 2011 è stata acquisita agli atti come domanda di proroga del termine per il deposito della replica.

69      Con lettere della cancelleria del 16 settembre 2011, il Tribunale ha informato le parti di aver deciso di non accogliere detta domanda di proroga e ha fissato al 2 novembre 2011 il termine per il deposito della memoria d’intervento della Commissione.

70      Il 28 settembre 2011, il ricorrente ha depositato nella cancelleria del Tribunale una memoria integrativa. In tale memoria, il ricorrente ha indicato di «estendere le proprie conclusioni di annullamento ag[li atti del luglio 2011]», nella parte in cui lo riguardavano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem. Lo stesso ha indicato altresì che, tenuto conto del ricorso iniziale, della lettera del 17 febbraio 2011 e della memoria integrativa, il ricorso di cui trattasi doveva ormai essere considerato rivolto contro gli atti del luglio 2010, nonché contro gli atti del gennaio e del luglio 2011. Il ricorrente ha aggiunto di mantenere anche le conclusioni presentate contro l’avviso del luglio 2010 e ha precisato che le sue domande di annullamento s’indirizzavano contro gli atti in questione solamente nei limiti in cui lo riguardavano.

71      Il 28 ottobre 2011, la Commissione ha depositato la sua memoria d’intervento.

72      Con decisione del Tribunale dell’8 dicembre 2011, la memoria integrativa è stata acquisita agli atti.

73      Con lettera del 20 dicembre 2011, il Tribunale ha informato le parti che, tenuto conto della scadenza, prima del deposito della memoria integrativa, del termine di ricorso per annullamento contro gli atti del gennaio 2011, l’adeguamento in relazione a detti atti delle conclusioni del ricorso proposto, in sé ammissibile, poiché già richiesto e adeguatamente operato con la lettera del ricorrente del 17 febbraio 2011, sarebbe stato esaminato alla luce unicamente dei motivi e degli argomenti avanzati da tale parte prima della scadenza del termine di ricorso per annullamento contro detti atti, vale a dire quelli avanzati nell’atto introduttivo del giudizio.

74      Il Tribunale ha fissato al 17 febbraio 2012 il termine per il deposito delle osservazioni del Consiglio e della Commissione sull’adeguamento delle conclusioni tenuto conto degli atti del gennaio 2011, e al 5 marzo 2012, con proroga al 3 aprile 2012, il termine per il deposito delle osservazioni delle medesime parti in merito alla memoria integrativa.

75      Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 1o febbraio 2012, il ricorrente ha adeguato le sue conclusioni per tenere conto degli atti del dicembre 2011, nei limiti in cui lo riguardavano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

76      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 13 e il 16 febbraio 2012, la Commissione e il Consiglio, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del gennaio 2011, nei limiti in cui lo riguardavano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

77      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 3 aprile 2012, il Consiglio e la Commissione, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni in merito alla memoria integrativa.

78      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 28 giugno 2012, il ricorrente, su invito del Tribunale, ha depositato le proprie osservazioni in risposta a quelle del Consiglio e della Commissione del 3 aprile 2012.

79      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 10 luglio 2012, il ricorrente ha adeguato le sue conclusioni per tenere conto degli atti del giugno 2012, nei limiti in cui riguardavano Hamas, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

80      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 20 e il 23 luglio 2012, la Commissione e il Consiglio, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del giugno 2012.

81      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 5 e il 6 settembre 2012, la Commissione e il Consiglio, su invito del Tribunale, hanno risposto alle osservazioni del ricorrente del 28 giugno 2012.

82      Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale l’11 febbraio 2013, il ricorrente ha adeguato le sue conclusioni per tenere conto degli atti del dicembre 2012, nei limiti in cui lo riguardavano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

83      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale l’11 e il 13 marzo 2013, la Commissione e il Consiglio, su invito del Tribunale, hanno depositato osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del dicembre 2012.

84      Con lettera del 24 settembre 2013, il ricorrente ha adeguato le conclusioni del presente ricorso in relazione agli atti del luglio 2013, nei limiti in cui riguardavano Hamas, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

85      Con lettera del 4 ottobre 2013, il Tribunale ha invitato il Consiglio, che ha ottemperato alla richiesta con atto del 28 ottobre 2013, a produrre taluni documenti e ha posto taluni quesiti alle parti in vista dell’udienza.

86      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 28 e il 30 ottobre 2013, il Consiglio e la Commissione, su invito del Tribunale, hanno depositato osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del Consiglio del luglio 2013.

87      Il 28 febbraio 2014, il ricorrente ha adeguato le conclusioni del ricorso di cui trattasi per tenere conto degli atti del febbraio 2014, nei limiti in cui riguardavano Hamas, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

88      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 4 e il 5 marzo 2014, la Commissione e il Consiglio, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del febbraio 2014.

89      Il 21 settembre 2014, il ricorrente ha adeguato le sue conclusioni per tenere conto degli atti del luglio 2014, nei limiti in cui lo riguardavano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

90      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale il 23 ottobre e il 3 novembre 2014, il Consiglio e la Commissione, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni sull’adeguamento delle conclusioni operato in relazione agli atti del luglio 2014.

91      Risulta dalle considerazioni che precedono che, con il ricorso di cui trattasi, il ricorrente chiedeva al Tribunale di annullare:

–        l’avviso del luglio 2010 e gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014, nei limiti in cui lo riguardano, incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem;

–        condannare il Consiglio alle spese.

92      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiedeva che il Tribunale volesse:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

93      Con sentenza del 17 dicembre 2014, Hamas/Consiglio (T‑400/10; in prosieguo: la «sentenza iniziale», EU:T:2014:1095), il Tribunale ha:

–        dichiarato irricevibile la domanda di annullamento dell’avviso del luglio 2010;

–        annullato gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014, nei limiti in cui riguardavano il ricorrente (incluso Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem);

–        mantenuto gli effetti degli atti del luglio 2014 per tre mesi dalla pronuncia di detta sentenza o, se fosse stata proposta impugnazione entro il termine fissato all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, finché la Corte non avesse statuito sulla medesima;

–        condannato il Consiglio a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal ricorrente, mentre la Commissione avesse sopportato le proprie.

94      Per giungere a tale decisione, il Tribunale ha accolto il quarto e il sesto motivo diretti avverso gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, relativi, rispettivamente, all’insufficiente considerazione dell’evoluzione della situazione nel tempo e alla violazione dell’obbligo di motivazione. Il Tribunale ha ritenuto, ai punti 101 e 125 della sentenza iniziale, che l’elenco degli atti terroristici che il ricorrente avrebbe commesso a far data dal 2005, stilato nelle motivazioni degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, avesse avuto un peso decisivo per il mantenimento, da parte del Consiglio, del congelamento dei suoi capitali. Ai punti 110 e 127 della sentenza iniziale, il Tribunale ha dichiarato che il riferimento a qualunque nuovo atto terroristico che il Consiglio avesse inserito in una motivazione in occasione di un riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 doveva essere stato oggetto di un esame e di una decisione nazionale di un’autorità competente. Dopo aver rilevato, in particolare ai punti 109 e 131 della sentenza iniziale, che il Consiglio aveva fondato le sue affermazioni relative agli atti terroristici che il ricorrente avrebbe commesso a partire dal 2005 non su siffatte decisioni, bensì su informazioni attinte dalla stampa e da Internet, il Tribunale ha, di conseguenza, annullato gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

95      Al punto 141 della sentenza iniziale, il Tribunale ha parimenti annullato gli atti del luglio 2010 e del gennaio 2011, poiché essi erano caratterizzati dalla medesima assenza di riferimenti a decisioni di autorità competenti relative ai fatti imputati al ricorrente ed erano dunque inficiati dalla medesima violazione dell’obbligo di motivazione.

96      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 20 febbraio 2015, il Consiglio ha impugnato la sentenza iniziale; l’impugnazione è stata iscritta a ruolo con il numero C‑79/15 P.

97      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte l’11 maggio 2015, la Repubblica francese ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio. La Corte ha ammesso tale intervento.

98      Con sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas (C‑79/15 P; in prosieguo: la «sentenza sull’impugnazione», EU:C:2017:584), la Corte ha annullato la sentenza iniziale.

99      Nella sentenza sull’impugnazione, la Corte ha dichiarato quanto segue:

–        il Tribunale non era incorso in un errore di diritto ritenendo che le decisioni americane e/o la decisione del ministro dell’Interno non costituissero, di per sé sole, una base sufficiente su cui fondare gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014 (punto 33);

–        il Tribunale era incorso in un errore di diritto statuendo che il Consiglio aveva violato l’articolo 1 della posizione comune 2001/931 nel fondarsi, nelle motivazioni degli atti dal luglio 2010 al luglio 2014, su elementi tratti da fonti diverse dalle decisioni nazionali adottate da autorità competenti (punto 50);

–        il Tribunale aveva commesso, per questo motivo, un errore di diritto nella sua constatazione della violazione, da parte del Consiglio, dell’obbligo di motivazione (punto 53).

100    Dato che il Tribunale si è pronunciato solo sul quarto e sul sesto motivo della domanda del ricorrente diretta ad ottenere l’annullamento degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 e dato che gli altri motivi dedotti dinanzi al Tribunale pongono, in parte, questioni di valutazione di fatti, la Corte, nella sentenza sull’impugnazione, ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale e ha riservato le spese (punto 56).

III. Procedimento e conclusioni delle parti dopo il rinvio

101    La causa rinviata dinanzi al Tribunale è stata iscritta a ruolo presso la cancelleria di quest’ultimo con il numero T‑400/10 RENV ed è stata assegnata, il 27 settembre 2017, alla Prima Sezione.

102    Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 3 settembre, il 4 e il 5 ottobre 2017, il ricorrente, il Consiglio e la Commissione hanno fatto valere le loro osservazioni sul prosieguo del procedimento, in conformità all’articolo 217, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

103    Nelle sue osservazioni, il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014, nei limiti in cui lo riguardano, «incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem»;

–        condannare il Consiglio alla totalità delle spese, incluse quelle relative al procedimento dinanzi alla Corte.

104    Nelle loro osservazioni, la Commissione e il Consiglio chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso manifestamente infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

105    Con atto separato depositato presso la cancelleria il 3 ottobre 2017, il ricorrente, sulla base dell’articolo 86 del regolamento di procedura, ha depositato una memoria di adattamento del ricorso intesa a tenere conto degli atti dell’agosto 2017.

106    Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 27 ottobre e il 23 novembre 2017, il Consiglio e la Commissione, su invito del Tribunale, hanno depositato le loro osservazioni sulla memoria di adattamento del 3 ottobre 2017.

107    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere la memoria di adattamento in quanto manifestamente irricevibile;

–        in subordine, respingerla in quanto infondata;

–        condannare il ricorrente alle spese sostenute dal Consiglio in primo grado, nel giudizio di impugnazione e nell’ambito del presente procedimento di rinvio.

108    Il 27 marzo 2018, il Tribunale (Prima Sezione), in conformità all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto taluni quesiti scritti alle parti principali e le ha invitate a produrre determinati documenti. Le parti hanno ottemperato a tali richieste nel termine impartito.

109    Il 15 maggio 2018, il Tribunale ha autorizzato il ricorrente a esporre le proprie osservazioni sulle risposte apportate dal Consiglio. Il ricorrente ha risposto entro il termine impartito.

110    Su proposta della Prima Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, di rinviare la causa alla Prima Sezione ampliata.

111    Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti del Tribunale sono state sentite all’udienza dell’11 luglio 2018.

IV.    In diritto

A.      Considerazioni preliminari sull’oggetto del ricorso, nonché sulla portata e sulla ricevibilità delle osservazioni del ricorrente del 28 giugno 2012

1.      Sulle domande di adattamento delle conclusioni del ricorso concernenti gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014

112    Come risulta dall’esposizione dei fatti, gli atti del luglio 2010 sono stati abrogati e sostituiti, in via successiva, dagli atti del gennaio, del luglio e del dicembre 2011, del giugno e del dicembre 2012, del luglio 2013 nonché del febbraio e del luglio 2014.

113    Il ricorrente ha successivamente adeguato le proprie conclusioni iniziali affinché il suo ricorso fosse inteso ad ottenere l’annullamento di questi diversi atti.

114    Esso ha peraltro esplicitamente mantenuto le sue conclusioni di annullamento degli atti abrogati.

115    Secondo l’articolo 86, paragrafo 1, del regolamento di procedura, quando un atto di cui si chiede l’annullamento è sostituito o modificato da un altro atto avente il medesimo oggetto, il ricorrente, prima della chiusura della fase orale della procedura, può adattare il ricorso per tener conto di questo elemento nuovo. Ai sensi del paragrafo 2 della stessa disposizione, tale domanda deve essere presentata entro il termine previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE.

116    Nella specie, le domande di adattamento del ricorso menzionate al punto 112 supra vertono su atti che abrogano e sostituiscono atti il cui annullamento è stato chiesto in precedenza nell’ambito del ricorso. Inoltre, esse sono state presentate prima della chiusura della fase orale del procedimento antecedente il rinvio, il 20 novembre 2014, ed entro il termine previsto all’articolo 263, sesto comma, TFUE. Le domande di adattamento del ricorso sono dunque ricevibili.

117    In conformità ad una giurisprudenza costante in materia di ricorsi diretti avverso misure successive di congelamento dei capitali, e contrariamente a quanto afferma la Commissione nella sua memoria di intervento in relazione agli atti del luglio 2010, una parte ricorrente conserva un interesse ad ottenere l’annullamento di una decisione che impone misure restrittive, la quale sia stata abrogata e sostituita da una decisione successiva, in quanto l’abrogazione di un atto di un’istituzione non equivale ad un’ammissione della sua illegittimità e produce un effetto ex nunc, a differenza di una sentenza di annullamento, in forza della quale l’atto annullato è eliminato retroattivamente dall’ordinamento giuridico ed è considerato come mai esistito (sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 35; v., parimenti, sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punti da 45 a 48 e la giurisprudenza ivi citata, e del 30 settembre 2009, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2009:372, punti 47 e 48 e la giurisprudenza ivi citata).

118    Di conseguenza, il ricorrente conserva un interesse ad agire nei confronti degli atti dal luglio 2010 al luglio 2014, sebbene essi siano stati abrogati e sostituiti nel corso del procedimento.

119    Il ricorso di cui trattasi è pertanto ricevibile nella parte in cui riguarda gli atti dal luglio 2010 al luglio 2014.

2.      Sulla ricevibilità della domanda di annullamento dell’avviso del luglio 2010

120    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, obietta che la domanda di annullamento dell’avviso del luglio 2010 è irricevibile, in quanto quest’ultimo si limita ad invitare le persone ed entità ad esercitare i loro diritti, senza incidere sulla loro situazione giuridica. Di conseguenza, esso non costituirebbe un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE, come interpretato dalla giurisprudenza.

121    Conformemente all’articolo 263, paragrafo 1, TFUE, sono suscettibili di ricorso gli atti «destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi».

122    Secondo una costante giurisprudenza, costituiscono atti o decisioni che possono essere oggetto di un ricorso di annullamento soltanto i provvedimenti destinati a produrre effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica [v. ordinanza del 14 maggio 2012, Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione, C‑477/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:292, punti 50 e 51 e la giurisprudenza ivi citata].

123    Nella specie, il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi del luglio 2010 è stato effettuato con gli atti del luglio 2010.

124    Come risulta dal punto 11 supra, l’avviso del luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta ufficiale all’indomani dell’adozione degli atti del luglio 2010, era inteso unicamente a informare le persone e le entità i cui capitali restavano congelati in esecuzione di questi ultimi delle possibilità che venivano loro offerte di chiedere alle autorità nazionali competenti l’autorizzazione ad utilizzare i capitali congelati per necessità specifiche, di domandare al Consiglio la motivazione alla base del mantenimento del loro nome negli elenchi controversi del luglio 2010, di chiedere a tale istituzione un riesame della sua decisione di mantenimento e, infine, di proporre ricorso dinanzi al giudice dell’Unione.

125    Ciò considerato, l’avviso del 2010 non ha prodotto effetti giuridici vincolanti idonei a incidere sugli interessi del ricorrente modificandone in misura rilevante la situazione in diritto.

126    Il ricorso deve pertanto essere dichiarato irricevibile in relazione all’avviso del 2010.

3.      Sulla portata e sulla ricevibilità delle osservazioni del ricorrente del 28 giugno 2012

127    Il 28 giugno 2012 il ricorrente, aderendo all’invito in tal senso del Tribunale, ha depositato le proprie osservazioni in risposta a quelle del Consiglio e della Commissione, del 3 aprile 2012, relative alla memoria integrativa.

128    Avendo il ricorrente intitolato le proprie osservazioni «memoria di replica», il Consiglio, nelle sue osservazioni del 6 settembre 2012, ha obiettato che il ricorrente non poteva essere autorizzato a depositare una replica sull’intera controversia quale dedotta inizialmente in giudizio con il deposito del ricorso e in relazione alla quale lo stesso non aveva depositato una replica nel termine impartito.

129    Secondo il Consiglio, lo scambio di memorie vertenti sul merito della controversia sarebbe necessariamente cessato con il deposito, da parte del ricorrente, della memoria integrativa e, da parte del Consiglio, delle sue osservazioni su tale memoria.

130    Si deve rilevare che, indubbiamente, le osservazioni del ricorrente del 28 giugno 2012, depositate su invito del Tribunale, non possono costituire una replica, ai sensi dell’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, nella presente causa.

131    Infatti, come risulta dai punti da 67 a 70 supra, nella presente causa il ricorrente non ha depositato alcuna replica nei termini impartiti e la domanda di proroga del termine per il deposito della stessa, dedotta dal Tribunale dalla lettera del ricorrente del 27 luglio 2011, è stata respinta.

132    Ciò non toglie che, se è vero che le osservazioni del 28 giugno 2012 non possono essere prese in considerazione nel ricorso di cui trattasi per la parte in cui esso è diretto all’annullamento degli atti del luglio 2010 e del gennaio 2011 (v., sotto quest’ultimo profilo, il punto 73 supra), esse sono ricevibili nell’ambito della domanda di annullamento degli atti del luglio 2011 (introdotta con il deposito della memoria integrativa), nei limiti in cui rispondono alle osservazioni del Consiglio sui motivi nuovi della memoria integrativa diretti contro gli atti del luglio 2011, nonché nell’ambito delle domande di annullamento degli atti successivi del Consiglio.

133    Del resto, il Tribunale ha invitato il ricorrente a depositare osservazioni proprio perché ha ritenuto necessario consentirgli di rispondere, in tale contesto, alle osservazioni del Consiglio, del 3 aprile 2012, in merito alla memoria integrativa.

134    Infine, risulta dagli stessi termini del punto 1 delle osservazioni del 28 giugno 2012 che esse sono volte unicamente a rispondere alle osservazioni del Consiglio, del 3 aprile 2012, in merito alla memoria integrativa.

135    Alla luce di tali precisazioni relative alla portata delle osservazioni del 28 giugno 2012, occorre respingere le obiezioni del Consiglio quanto alla ricevibilità di dette osservazioni.

4.      Sulla domanda di adattamento delle conclusioni del ricorso concernenti gli atti dell’agosto 2017

136    Con una memoria di adattamento del 3 ottobre 2017, il ricorrente ha chiesto che il ricorso venga esteso agli atti dell’agosto 2017.

137    Nelle sue osservazioni su tale memoria, il Consiglio ha fatto valere che tale domanda era irricevibile, in quanto, da un lato, contrariamente a quanto prevedeva l’articolo 86, paragrafo 1, del regolamento di procedura, al quale rinviava l’articolo 218 del medesimo regolamento, l’adattamento del ricorso avrebbe avuto luogo dopo la chiusura della fase orale del procedimento, il 21 novembre 2014, e, dall’altro, che gli atti dell’agosto 2017 non sostituivano atti contestati nella presente causa.

138    In udienza, il Consiglio ha dichiarato di rimettersi, in relazione a tale eccezione di irricevibilità, alla valutazione del Tribunale.

139    In ogni caso, occorre osservare che, poiché rientra nell’ordine pubblico, la ricevibilità dei ricorsi può essere esaminata d’ufficio dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza del 22 febbraio 2006, Standertskjöld-Nordenstam e Heyraud/Commissione, T‑437/04 e T‑441/04, EU:T:2006:62, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

140    Secondo l’articolo 218 del regolamento di procedura, quando la Corte di giustizia annulla una sentenza del Tribunale e rinvia a quest’ultimo la decisione della causa, il procedimento dinanzi al Tribunale, adito con la decisione di rinvio, salvo quanto disposto dall’articolo 217 dello stesso regolamento, si svolge conformemente alle disposizioni, secondo i casi, del titolo terzo o del titolo quarto di detto regolamento.

141    Poiché il titolo quarto del regolamento di procedura riguarda il contenzioso relativo ai diritti di proprietà intellettuale, occorre fare riferimento, nella specie, al titolo terzo del regolamento di procedura. In tale titolo terzo del regolamento di procedura, l’articolo 86, paragrafo 1, enuncia due condizioni di ricevibilità di una domanda intesa ad ottenere un adattamento del ricorso. Da un lato, l’adattamento del ricorso deve essere stato chiesto prima della chiusura della fase orale del procedimento. Dall’altro, gli atti interessati dalla domanda di adattamento devono sostituire e modificare uno o più atti dei quali è stato chiesto in precedenza l’annullamento.

142    Senza che sia necessario pronunciarsi sulla prima condizione, occorre rilevare che la seconda condizione non è soddisfatta nella specie. Infatti, gli atti abrogati dagli atti dell’agosto 2017 non erano presi in considerazione né dal ricorso né dalle memorie di adattamento depositate in precedenza.

143    Il ricorrente sostiene che dovrebbe essere adottata una conclusione diversa sulla base della sentenza del 28 gennaio 2016, Klyuyev/Consiglio (T‑341/14, EU:T:2016:47, punto 33), nella quale il Tribunale avrebbe accolto una domanda di adattamento presentata in una situazione analoga.

144    A tal riguardo, occorre sottolineare che la sentenza citata dal ricorrente non è pertinente su tale punto, in quanto, in tale causa, diversamente che nel caso di specie, la seconda condizione imposta dall’articolo 86 del regolamento di procedura era soddisfatta, poiché le attività prese in considerazione dalla memoria di adattamento modificavano atti che erano stati impugnati, effettivamente, nell’atto introduttivo del giudizio.

145    Da tali elementi risulta che la domanda di adattamento del ricorso formulata dal ricorrente il 3 ottobre 2017 deve essere respinta in quanto irricevibile.

B.      Sulla domanda di annullamento degli atti del luglio 2010

146    A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti del luglio 2010, il ricorrente deduce, nel ricorso, quattro motivi, il primo relativo ad un manifesto errore di valutazione; il secondo, ad una violazione dei diritti della difesa; il terzo, ad una violazione del diritto di proprietà e, il quarto, ad una violazione dell’obbligo di motivazione.

1.      Sul primo motivo, relativo ad un manifesto errore di valutazione per quanto attiene all’applicabilità al ricorrente delle misure di congelamento dei capitali

147    Nel primo motivo, il ricorrente sostiene che, come gli Stati e i governi legittimi, esso si sottrae, in linea di principio, alla possibilità di iscrizione negli elenchi di congelamento dei capitali.

148    A tal riguardo, il ricorrente sottolinea di aver ottenuto la sua legittimità dalle urne, di costituire un partito politico attualmente al potere e di aver partecipato nel 2007 ad un governo di unione nazionale, fermo restando che queste tre circostanze implicano che esso stesso debba beneficiare dell’eccezione che sarebbe riconosciuta agli Stati e ai governi legittimi.

149    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la fondatezza di tale motivo.

150    Occorre rilevare che, secondo l’articolo 1, paragrafo 1, della posizione comune 2001/931, le misure adottate in materia di congelamento dei capitali si applicano alle persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici.

151    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931, si intende per «atto terroristico» un atto intenzionale che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un’organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di intimidire seriamente la popolazione o di costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o al fine di destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale.

152    Fra gli atti che si ritiene siano stati commessi al fine di destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale, l’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931 menziona segnatamente gli attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso, attentati gravi all’integrità fisica di una persona, il sequestro di persona e cattura di ostaggi, nonché la fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco.

153    Da tali disposizioni emerge che, secondo la posizione comune 2001/931, l’elemento pertinente per stabilire se occorra applicare le norme in essa contenute ad una persona o entità è connesso agli atti da esse commessi e non alla natura di tale persona o di tale entità.

154    Ciò premesso, non si può ritenere che le circostanze menzionate dal ricorrente, ossia la detenzione di un potere a seguito di elezioni, la natura politica dell’organizzazione o la partecipazione ad un governo consentano di sottrarsi all’applicazione delle norme contenute nella posizione comune 2001/931.

155    In ogni caso, anche ammesso che l’argomento del ricorrente, secondo il quale le misure di congelamento dei capitali previste dalla posizione comune 2001/931 non possano essere applicate a Stati o a governi legittimi, sia fondato, il ricorrente non si trova in una situazione che gli consente di rivendicare l’applicazione di tale asserita eccezione.

156    Infatti, il ricorrente non costituisce uno Stato ai sensi del diritto internazionale, poiché tale nozione è utilizzata, in tale settore del diritto, per designare entità territoriali e non organizzazioni come quella formata dal medesimo.

157    Quanto alla qualità di governo legittimo, essa conferisce, se del caso, ai governi, una certa protezione, senza tuttavia che essa possa estendersi ai gruppi o alle organizzazioni che, come afferma di fare il ricorrente, delegano taluni dei loro membri (v., per analogia, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata).

158    In tali circostanze, occorre respingere il primo motivo in quanto infondato.

2.      Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa

159    Con il suo secondo motivo, il ricorrente sostiene che il Consiglio, omettendo di comunicargli, prima di adottare gli atti del luglio 2010, gli elementi a suo carico, e non consentendogli di essere sentito, in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») e all’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ha violato il principio del rispetto dei diritti della difesa.

160    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la fondatezza del motivo.

161    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, deve essere effettuata una distinzione fra, da un lato, l’iscrizione del nome di una persona o di un’entità su un elenco di congelamento dei capitali, e, dall’altro, il mantenimento di una siffatta iscrizione ai fini della determinazione degli obblighi imposti dal principio del rispetto dei diritti della difesa.

162    Quando iscrive per la prima volta il nome di una persona o di un’entità in un elenco previsto all’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, il Consiglio non è tenuto a comunicare previamente a tale persona o a tale entità i motivi su cui intende fondarsi (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61).

163    Tale regola si spiega con il fatto che, per essere efficace, una siffatta decisione deve poter beneficiare di un effetto sorpresa (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61).

164    Pertanto, nell’ambito di una prima iscrizione, è sufficiente, in linea di principio, comunicare alla persona o all’entità interessata i motivi della decisione in concomitanza con l’adozione della decisione o immediatamente dopo l’adozione di tale decisione, consentendole di essere sentita in tale momento (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61).

165    Diversamente avviene nel caso delle decisioni che mantengono l’iscrizione del nome di una persona o di un’entità su un siffatto elenco, poiché, in tal caso, un effetto sorpresa non è più necessario.

166    Ai sensi della giurisprudenza, gli obblighi differiscono, in relazione a siffatte decisioni, a seconda che la motivazione contenga o meno elementi nuovi.

167    In presenza di elementi nuovi, l’adozione della misura deve essere preceduta da una comunicazione, alla persona o all’entità interessata, degli elementi a carico, consentendole di essere sentita al riguardo (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 63, e del 28 luglio 2016, Tomana e a./Consiglio e Commissione, C‑330/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:601, punto 67).

168    Per contro, tale obbligo non si applica in assenza di siffatti elementi (v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2013, Makhlouf/Consiglio, T‑383/11, EU:T:2013:431, punti 43 e 44, e del 18 settembre 2017, Uganda Commercial Impex/Consiglio, T‑107/15 e T‑347/15, non pubblicata, EU:T:2017:628, punto 97), poiché, in tal caso, si presume che la persona o l’entità interessata sia venuta a conoscenza dei motivi anteriori e abbia avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni.

169    Nella specie, risulta che gli atti del luglio 2010 rientrano in quest’ultima categoria, poiché i motivi sottesi a tali atti non sono diversi da quelli menzionati nella motivazione inerente agli atti adottati il 22 dicembre 2009, ossia la decisione 2009/1004/PESC del Consiglio, che aggiorna l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931 (GU 2009, L 346, pag. 58) e il regolamento di esecuzione (UE) n. 1285/2009 del Consiglio, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001, e abroga il regolamento (CE) n. 501/2009 (GU 2009, L 346, pag. 39), il quale è stato messo a disposizione del ricorrente tramite l’avviso, concernente il regolamento di esecuzione n. 1285/2009, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 23 dicembre 2009 (GU 2009, C 315, pag. 11; in prosieguo: l’«avviso del dicembre 2009»).

170    Per quanto riguarda l’avviso del dicembre 2009, occorre ricordare che la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del dispositivo e di una motivazione generica di misure di congelamento dei capitali è stata reputata sufficiente, alla luce del fatto che una pubblicazione dettagliata delle censure a carico delle persone e delle entità interessate potrebbe essere in contrasto con ragioni imperative d’interesse generale, ma anche pregiudicare i loro interessi legittimi, fermo restando, tuttavia, che la motivazione specifica e concreta di tale decisione dev’essere inoltre formalizzata e portata a conoscenza degli interessati mediante qualsiasi altro strumento appropriato (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 147).

171    Nel caso di misure restrittive, tale altro strumento deve consistere, in linea di principio, in una notifica individuale, in quanto siffatte misure sono idonee ad incidere in maniera significativa sulle persone o entità interessate e a limitare l’esercizio dei loro diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 86).

172    A tal riguardo, il Consiglio fa valere di non aver potuto procedere ad una notifica individuale, poiché non è stato in grado di individuare un indirizzo al quale avrebbe potuto essere inviata una lettera al ricorrente. Inoltre, quest’ultimo non gli avrebbe mai comunicato un recapito e non si sarebbe mai rivolto al medesimo per ottenere spiegazioni sull’iscrizione del suo nome negli elenchi di congelamento dei capitali.

173    A tal riguardo, l’avvocato del ricorrente ha affermato, in udienza, in risposta a taluni quesiti sottopostigli dal Tribunale, di non poter comunicare un siffatto indirizzo al Consiglio, poiché, per motivi di sicurezza, egli stesso non ne era in possesso.

174    Da parte sua, la Commissione ha osservato che neanche per il procedimento avviato dinanzi al Tribunale era stato comunicato un indirizzo reale da parte del ricorrente.

175    A tal riguardo, occorre rilevare che l’obbligo di notificare individualmente una motivazione concreta e precisa alle persone e alle entità nei confronti delle quali vengono adottate misure restrittive mira essenzialmente ad integrare la pubblicazione di un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale, fermo restando che quest’ultimo indica alle persone o entità interessate l’adozione di misure restrittive nei loro confronti e le invita a chiedere la comunicazione della motivazione di tali misure fornendo l’indirizzo preciso al quale tale comunicazione può essere inviata. La notifica individuale alle persone ed entità interessate non è dunque l’unico meccanismo utilizzato al fine di informarle delle misure adottate nei loro confronti.

176    Inoltre, si evince dalla giurisprudenza che l’obbligo di notificare individualmente la motivazione delle misure restrittive non si applica in tutti i casi, bensì soltanto qualora risulti possibile (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, Hassan/Consiglio, T‑572/11, EU:T:2014:682, punto 37).

177    Orbene, nella specie, risulta che, anche nell’ambito del presente procedimento, l’indirizzo del ricorrente resta sconosciuto, poiché le uniche indicazioni fornite dal ricorrente al Tribunale si limitano al nome di una città e di un paese, fermo restando che, peraltro, tali dati sono cambiati due volte dalla proposizione del ricorso (Beirut in Libano, successivamente Damasco in Siria ed infine Doha nel Qatar).

178    In udienza, il ricorrente ha inoltre sostenuto che, poiché l’Unione dispone di una rete di rappresentanti all’estero, il Consiglio aveva i mezzi per individuare l’indirizzo al quale poteva essere effettuata una notifica individuale e che spettava a tale istituzione, e non al medesimo, prendere iniziative in tal senso, dal momento che le misure adottate negli atti del luglio 2010 erano idonee a produrre effetti negativi nei suoi confronti.

179    In relazione a tale aspetto, occorre rilevare che l’obbligo imposto alle istituzioni, nei limiti richiamati al punto 176 supra, di procedere ad una notifica individuale non può avere come effetto di esentare la parte ricorrente da qualsiasi azione che le consenta di informarsi sulla sua situazione giuridica e, in particolare, di individuare le censure formulate nei suoi confronti. Come emerge dai punti 4 e 5 supra, il nome del ricorrente è iscritto negli elenchi di congelamento dei capitali dal dicembre del 2001. Sapendo che avevano avuto luogo discussioni all’interno del Consiglio in relazione al mantenimento del suo nome su tali elenchi, esso era libero di intraprendere i passi necessari presso tale istituzione al fine di ottenere informazioni precise e concrete sulle ragioni alla base delle misure che lo riguardavano, designando, se del caso, un avvocato per assicurare la sua rappresentanza, come fatto, del resto, nei procedimenti avviati dinanzi al Tribunale e al fine di assicurare la sua difesa nell’ambito dell’impugnazione dinanzi alla Corte. Non essendosi avvalso di tale possibilità, il ricorrente non può opporre al Consiglio le conseguenze della propria inerzia.

180    Il Consiglio, pertanto, senza violare il principio del rispetto dei diritti della difesa, ha potuto abbinare alla pubblicazione degli atti del dicembre 2009 nella Gazzetta ufficiale la pubblicazione di un avviso che invitava il ricorrente a chiedergli la motivazione relativa a tali atti, senza procedere ad una notifica individuale, poiché, nelle circostanze del caso di specie, non risultava possibile effettuarla.

181    In tali circostanze, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

3.      Sul terzo motivo, relativo ad una violazione del diritto di proprietà

182    Nel suo terzo motivo, il ricorrente sostiene che il congelamento dei capitali posto in essere con gli atti del luglio 2010 viola il diritto di proprietà garantito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali e dall’articolo 1 del protocollo n. 1 della CEDU. Esso richiama, a tal riguardo, le sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461), e dell’11 giugno 2009, Othman/Consiglio e Commissione (T‑318/01, EU:T:2009:187).

183    La fondatezza di tale motivo è contestata dal Consiglio, il quale è sostenuto, sul punto, dalla Commissione.

184    A tal riguardo, occorre ricordare che i diritti fondamentali, e segnatamente il diritto di proprietà, non fruiscono, nel diritto dell’Unione, di una tutela assoluta. All’esercizio di tali diritti è possibile imporre restrizioni, purché, in primo luogo, rispondano effettivamente a finalità d’interesse generale perseguite dall’Unione e, in secondo luogo, non rappresentino, rispetto a tali finalità, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 121 e la giurisprudenza ivi citata).

185    Per quanto riguarda la prima condizione, occorre ricordare che il congelamento di capitali, proventi finanziari e altre risorse economiche delle persone e delle entità individuate secondo le regole previste dal regolamento n. 2580/2001 e dalla posizione comune 2001/931, come coinvolte nel finanziamento del terrorismo, costituisce un obiettivo di interesse generale, poiché si iscrive nella lotta contro le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali derivanti dagli atti terroristici (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 123 e la giurisprudenza ivi citata).

186    Quanto alla seconda condizione, occorre rilevare che le misure che organizzano il congelamento dei capitali, e in particolare il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi del luglio 2010, non risultano sproporzionate, inaccettabili o lesive della sostanza dei diritti fondamentali o di taluni di essi.

187    Infatti, questo tipo di misure è necessario, in una società democratica, per lottare contro il terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 129 e la giurisprudenza ivi citata).

188    Inoltre, le misure che organizzano il congelamento di capitali non sono assolute, ma prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare fabbisogni fondamentali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche che consentano, a determinate condizioni, di scongelare i capitali o le altre attività finanziarie o risorse economiche (v. sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 127 e la giurisprudenza ivi citata).

189    Inoltre, il mantenimento del nome delle persone e delle entità negli elenchi di congelamento di capitali costituisce l’oggetto di un riesame periodico diretto a garantire che ne siano cancellate quelle che non rispondono più ai criteri per comparirvi (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 129).

190    La giurisprudenza elaborata nelle sentenze citate dal ricorrente non incide su tali elementi.

191    In tali sentenze, la Corte ha concluso nel senso di una restrizione ingiustificata in quanto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite aveva decretato misure restrittive nei confronti della parte ricorrente senza che quest’ultima avesse beneficiato di garanzie procedurali che le consentissero di presentare osservazioni dinanzi alle autorità ONU incaricate della loro adozione oppure, all’interno dell’Unione, dinanzi al Consiglio, il quale le aveva attuate nel territorio degli Stati membri.

192    Una situazione del genere è diversa da quella che caratterizza la presente causa, nella quale gli atti del luglio 2010 non riguardano un’iscrizione iniziale, non si basano su una risoluzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e nella quale, a causa della pubblicazione dell’avviso del dicembre 2009, il ricorrente ha avuto la possibilità di presentare le sue osservazioni sugli elementi a suo carico (v. punti da 170 a 180 supra).

193    In tali circostanze, il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

4.      Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

194    Con il suo quarto motivo, il ricorrente addebita al Consiglio di non aver incluso negli atti del luglio 2010, come pubblicati della Gazzetta ufficiale, i motivi del mantenimento del suo nome negli elenchi controversi del luglio 2010.

195    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la fondatezza di tale motivo.

196    A tal riguardo, occorre rilevare che, il 13 luglio 2010, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale, da un lato, il dispositivo e la motivazione generica degli atti del luglio 2010 e, dall’altro, l’avviso del luglio 2010 che invitava le persone e le entità interessate a chiedergli la motivazione relativa a tali atti.

197    Come è stato indicato al punto 170 supra, si è statuito che, nel caso di misure restrittive, il Consiglio poteva, senza violare l’obbligo di motivazione e il principio del rispetto dei diritti della difesa, limitare la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale degli atti contenenti le misure restrittive al dispositivo e ad una motivazione generica a sostegno di tali misure, fermo restando che la motivazione specifica e concreta doveva essere formalizzata e portata a conoscenza degli interessati mediante qualsiasi altro strumento appropriato.

198    In tali circostanze, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Consiglio non era tenuto ad includere negli atti del luglio 2010 come pubblicati nella Gazzetta ufficiale, la motivazione specifica e concreta che giustificava la loro adozione.

199    Il ricorrente sostiene, tuttavia, che la motivazione relativa agli atti del luglio 2010 avrebbe dovuto essergli notificata e non essere oggetto di un avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Lo stesso sottolinea inoltre che tale avviso, poiché non lo menzionava espressamente, gli era difficilmente accessibile. Infine, esso afferma che detto avviso riduceva a due mesi il periodo durante il quale la motivazione degli atti del luglio 2010 poteva essere chiesta al Consiglio, termine che non era ragionevole.

200    A tal riguardo, occorre ricordare che, come si evince dai punti da 176 a 180 supra, poiché il Consiglio non disponeva dell’indirizzo esatto del ricorrente, non gli era possibile procedere alla notifica individuale della motivazione degli atti del luglio 2010, cosicché esso si è potuto limitare a pubblicare l’avviso del luglio 2010.

201    Inoltre, il fatto che l’avviso del luglio 2010 non citasse espressamente i nomi delle persone e delle entità che esso riguardava non può essere considerato, di per sé, una violazione dell’obbligo di motivazione, poiché tale avviso rimandava al regolamento del luglio 2010 nel quale tali nomi erano menzionati.

202    Infine, non è vero che, secondo l’avviso del luglio 2010, la domanda intesa ad ottenere la motivazione degli atti di cui trattasi doveva essere presentata nei due mesi successivi alla sua pubblicazione. Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, l’avviso del luglio 2010 non limitava a due mesi il termine durante il quale la motivazione degli atti del luglio 2010 poteva essere chiesta, ma precisava unicamente che il Consiglio procedeva periodicamente al riesame degli elenchi di congelamento dei capitali in conformità all’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, e che, se le persone ed entità interessate presentavano una domanda di riesame e desideravano che essa fosse trattata in occasione del riesame successivo, detta domanda doveva essergli trasmessa entro due mesi a decorrere dalla data di pubblicazione di detto avviso.

203    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rilevare che l’obbligo di motivazione è stato rispettato dal Consiglio, cosicché il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

5.      Conclusione

204    Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto nella parte in cui riguarda gli atti del luglio 2010.

C.      Sulla domanda di annullamento degli atti del gennaio 2011

205    Risulta dal punto 73 supra che, a sostegno della domanda intesa ad ottenere l’annullamento degli atti del gennaio 2011, il ricorrente fa valere gli stessi motivi di annullamento dedotti nei confronti degli atti del luglio 2010.

1.      Sul primo motivo, relativo all’errore manifesto di valutazione

206    Poiché il primo motivo è identico a quello sollevato nei confronti degli atti del luglio 2010 e la valutazione di tale motivo non dipende da circostanze peculiari all’adozione di tali atti, esso deve essere respinto per le stesse ragioni illustrate ai punti da 150 a 157 supra.

207    Il primo motivo è dunque respinto.

2.      Sul secondo motivo, relativo alla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa

208    In questo secondo motivo, il ricorrente ritiene che il principio del rispetto dei diritti della difesa sia stato violato in quanto gli elementi addotti a suo carico per fondare gli atti del gennaio 2011 non gli sono stati comunicati prima dell’adozione di tali atti.

209    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta la fondatezza di tale motivo.

210    Nella specie, occorre constatare che, prima dell’adozione degli atti del gennaio 2011, il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 novembre 2010 un avviso che indicava alle persone ed entità interessate dal regolamento di esecuzione n. 610/2010 che, a seguito di nuove informazioni, esso aveva modificato la motivazione relativa a detto regolamento e invitava tali persone ed entità a chiedergli tale motivazione (v. punto 13 supra).

211    Ai punti da 176 a 180 supra si è statuito che l’assenza di notifica individuale al ricorrente della motivazione relativa al regolamento di esecuzione n. 1285/2009 non poteva essere considerata, a causa delle circostanze del caso di specie, una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa. Lo stesso deve valere per la motivazione relativa agli atti del gennaio 2011.

212    Il ricorrente afferma che il Consiglio ha comunicato al suo avvocato, con la lettera del 10 dicembre 2010 menzionata al punto 14 supra, la motivazione che lo aveva indotto a prevedere il mantenimento del suo nome negli elenchi controversi del gennaio 2011. A suo avviso, una siffatta lettera avrebbe dovuto essere inviata direttamente al medesimo e non al suo avvocato, il quale non aveva ricevuto un mandato che lo autorizzava a ricevere siffatte lettere.

213    Interpellato sul punto in udienza, il Consiglio ha riconosciuto di avere trasmesso tale lettera all’avvocato del ricorrente al fine di informare quest’ultimo, senza che debba essere vista, in tale invio, una notifica individuale.

214    A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza richiamata al punto 176 supra, una notifica individuale è richiesta solo quando è possibile, il che era escluso nella specie, come indicato ai punti da 177 a 180 supra, poiché nessun indirizzo sembrava esistere o era stato comunicato al Consiglio e il ricorrente non si era manifestato al fine di ottenere la motivazione.

215    Su tale conclusione non incide il fatto che sia stata inviata una lettera all’avvocato del ricorrente senza che il primo avesse ricevuto dal secondo un mandato che lo autorizzava a riceverla. Infatti, piuttosto che contraddirla, l’assenza di mandato non fa che confermare la constatazione effettuata al punto precedente, secondo la quale il Consiglio non disponeva di alcun mezzo che consentisse di far pervenire la motivazione in maniera individuale al ricorrente.

216    In tali circostanze, il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

3.      Sul terzo motivo, relativo alla violazione del diritto di proprietà

217    Poiché il motivo è identico a quello dedotto nei confronti degli atti del luglio 2010, esso deve essere respinto per le stesse ragioni illustrate ai punti da 184 a 189 supra.

218    Per quanto riguarda il rinvio alle sentenze del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461), e dell’11 giugno 2009, Othman/Consiglio e Commissione (T‑318/01, EU:T:2009:187), occorre precisare che le circostanze del caso di specie sono parimenti diverse da quelle che hanno dato luogo a tali sentenze, poiché, come risulta dai punti da 210 a 215 supra, la motivazione degli atti del gennaio 2011 è stata regolarmente messa a disposizione del ricorrente prima della loro adozione.

219    Il terzo motivo deve quindi essere respinto.

4.      Sul quarto motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

220    Nel quarto motivo, il ricorrente addebita al Consiglio di non aver incluso i motivi espliciti del mantenimento del suo nome negli elenchi controversi del gennaio 2011 negli atti del gennaio 2011, come pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

221    A tal riguardo, è stato ricordato ai punti 170 e 197 supra che, secondo la giurisprudenza, è ammesso, per le misure di congelamento di capitali, che nella versione pubblicata nella Gazzetta ufficiale degli atti contenenti tali misure figurino unicamente il dispositivo e una motivazione generale, fermo restando che la motivazione specifica e concreta di dette misure deve essere portata a conoscenza degli interessati mediante qualsiasi strumento appropriato.

222    Al punto 200 supra, è stato ammesso che, per gli atti del luglio 2010, il Consiglio, per le ragioni enunciate ai punti da 176 a 180, aveva potuto soddisfare i requisiti risultanti dalla giurisprudenza portando la motivazione specifica e concreta delle misure restrittive a conoscenza del ricorrente tramite la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta ufficiale, che lo invitava a richiedere tale motivazione. Lo stesso deve valere per gli atti del gennaio 2011.

223    Per la ragione indicata al punto 215 supra, nelle circostanze del caso di specie, il fatto che sia stata inviata una lettera all’avvocato del ricorrente senza che al primo fosse stato conferito dal secondo un mandato a ricevere siffatte comunicazioni non ha inciso sull’impossibilità di effettuare una notifica.

224    Di conseguenza, il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

5.      Conclusione

225    Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto nella parte in cui riguarda gli atti del gennaio 2011.

D.      Sulla domanda di annullamento degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014

226    A sostegno della domanda di annullamento degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, il ricorrente fa valere, nella memoria integrativa e nelle memorie di adattamento, otto motivi di annullamento, relativi rispettivamente:

–        alla violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931;

–        ad errori circa la sussistenza dei fatti;

–        ad un errore di valutazione relativamente al carattere terroristico del ricorrente;

–        all’insufficiente considerazione dell’evoluzione della situazione nel tempo;

–        alla violazione del principio di non ingerenza;

–        alla violazione dell’obbligo di motivazione;

–        alla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva;

–        alla violazione del diritto di proprietà.

227    Occorre esaminare, anzitutto, il primo motivo, quindi il sesto e il secondo motivo, nella parte in cui quest’ultimo verte sulla violazione dell’obbligo di motivazione, successivamente il secondo motivo, nella parte in cui verte su un errore circa la sussistenza dei fatti e infine il terzo, il quarto, il quinto, il settimo e l’ottavo motivo.

1.      Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931

228    Nell’ambito del primo motivo, il ricorrente, dopo aver fatto valere le sue osservazioni sull’identificazione delle organizzazioni rispettivamente prese in considerazione dalle decisioni delle autorità del Regno Unito e americane, addebita al Consiglio di avere violato l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 qualificando tali decisioni come decisioni prese da autorità competenti ai sensi di tale disposizione.

229    Il mantenimento del nome di una persona o entità nell’elenco di congelamento dei capitali costituisce, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale e presuppone, dunque, la persistenza del pericolo di un’implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, quale constatato inizialmente dal Consiglio, sulla base della decisione nazionale che ha costituito il fondamento di tale iscrizione iniziale (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 61, e Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 39).

230    Il motivo è dunque operante.

231    Alla luce della sentenza sull’impugnazione, occorre, in via preliminare, determinare le organizzazioni rispettivamente interessate dalle decisioni delle autorità del Regno Unito e americane, e poi esaminare, in primo luogo, le critiche specifiche mosse alle decisioni delle autorità americane e, in secondo luogo, le critiche comuni alle decisioni delle autorità del Regno Unito e americane.

a)      Sull’individuazione delle organizzazioni interessate dalle decisioni delle autorità del Regno Unito e da quelle delle autorità americane

232    Il ricorrente rileva che, secondo la motivazione comunicata dal Consiglio, gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 sono fondati su una decisione dell’Home Secretary, la quale vieta Hamas-Izz al-Din al‑Qassem, ala armata di Hamas, e su due decisioni americane, le quali riguardano Hamas, senza ulteriori precisazioni.

233    Il ricorrente dubita che le autorità americane abbiano avuto l’intenzione di elencare Hamas nella sua globalità e ritiene che il Consiglio, considerando che fosse questo il caso, abbia proceduto ad una lettura estensiva delle loro decisioni, la quale non emergeva in maniera chiara dagli elenchi pubblicati dalle autorità di tale Stato.

234    A tal riguardo, occorre rilevare che le decisioni americane menzionano esplicitamente Hamas, fermo restando che tale designazione è arricchita, nella decisione che lo qualifica come organizzazione terroristica straniera, di una dozzina di altre denominazioni, – fra le quali «Izz-Al-Din Al-Qassam brigades» – sotto le quali Hamas era parimenti conosciuto (also known as).

235    Tale circostanza non può essere interpretata, contrariamente a quanto suggerito dal ricorrente, nel senso che implica che le autorità americane abbiano inteso limitare in tal modo la designazione al solo «Hamas-Izz al-Din al-Qassem». Anzitutto, fra tali denominazioni supplementari, figurano denominazioni che rinviano ad Hamas nel suo complesso, come «Islamic Resistance Movement», che costituisce la traduzione inglese di «Harakat Al-Muqawama Al-Islamia», altra denominazione parimenti presente e della quale «Hamas» costituisce l’acronimo. Inoltre, la menzione di tali diverse denominazioni mira unicamente ad assicurare l’efficacia concreta della misura adottata nei confronti di Hamas, permettendo che tale misura raggiunga quest’ultimo tramite tutte le sue denominazioni e rami conosciuti.

236    Risulta da tali considerazioni che la decisione dell’Home Secretary riguarda Hamas-Izz al-Din al-Qassem, mentre le decisioni americane riguardano Hamas, fra cui Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

b)      Sulle critiche specifiche mosse alle decisioni delle autorità americane

237    Il ricorrente ritiene che il Consiglio non potesse fondare gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 sulle decisioni delle autorità americane in quanto gli Stati Uniti costituiscono uno Stato terzo e, in linea di principio, le autorità di tali Stati non sono «autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

238    A tal riguardo, il ricorrente fa valere, in via principale, che il sistema istituito dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 poggia sulla fiducia accordata alle autorità nazionali, fiducia la quale è basata sul principio di leale cooperazione fra il Consiglio e gli Stati membri dell’Unione, la condivisione di valori comuni, sanciti nei Trattati, e l’assoggettamento a norme condivise, fra cui la CEDU e la Carta dei diritti fondamentali. Le autorità di Stati terzi non potrebbero beneficiare di tale fiducia.

239    In subordine, per il caso in cui si ammettesse che l’autorità di uno Stato terzo possa costituire un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il ricorrente fa valere che incombe al Consiglio procedere a diverse verifiche che lo stesso non ha effettuato nella specie.

240    In tal senso, il Consiglio, qualora si fondi su una decisione di un’autorità di uno Stato terzo, dovrebbe verificare se tale autorità abbia rispettato i diritti della difesa e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, fermo restando che il primo di tali principi implica che la motivazione della decisione dell’autorità dello Stato terzo venga comunicata all’interessato il più presto possibile e che quest’ultimo sia messo nelle condizioni di far valere il suo punto di vista su tale decisione.

241    Orbene, dall’esame delle disposizioni americane pertinenti emergerebbe che il procedimento nazionale non soddisfaceva i criteri dell’Unione. Infatti, esse non prevedrebbero alcun obbligo di notificare le decisioni adottate e ancor meno di trasmettere la loro motivazione, e neppure di motivarle, mentre, peraltro, i termini di ricorso sarebbero estremamente brevi. Non essendo informate né sulla motivazione e neanche sull’esistenza di decisioni adottate nei loro confronti, le persone interessate non sarebbero in grado di far valere il loro punto di vista o di valutare l’opportunità di proporre un ricorso. Sarebbe stato questo il caso del ricorrente, il quale non avrebbe dunque ricevuto alcuna notifica o informazione in relazione alla sua classificazione come organizzazione terroristica straniera ed entità espressamente identificata come entità terroristica internazionale e non sarebbe stato in grado di far valere i propri diritti.

242    Inoltre, le legislazioni americane non prevedrebbero il diritto di accesso al fascicolo, e le possibilità di riesame amministrativo della situazione delle persone interessate sarebbero estremamente limitate. La violazione dei diritti della difesa nell’ambito dei ricorsi amministrativi non potrebbe essere compensata dall’accesso al fascicolo nell’ambito dei ricorsi giurisdizionali, in quanto il giudice dovrebbe fondarsi sul fascicolo costituito dall’amministrazione, gli interessati potrebbero fornire prove soltanto entro un termine molto breve e tali prove potrebbero essere respinte dall’amministrazione. Anche nell’ambito dei ricorsi giurisdizionali il diritto di accesso al fascicolo sarebbe estremamente parziale e gli interessati potrebbero fa valere la violazione dei loro diritti costituzionali solo qualora abbiano un legame particolare con gli Stati Uniti.

243    Il Consiglio contesta tale linea argomentativa.

244    A tal riguardo occorre rilevare, per quanto riguarda l’argomento sollevato in via principale dal ricorrente, che, nella sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 22), la Corte ha dichiarato che la nozione di «autorità competente» impiegata dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 non si limitava alle autorità degli Stati membri, bensì poteva, in linea di principio, comprendere anche le autorità di paesi terzi.

245    L’interpretazione adottata dalla Corte si giustifica, da un lato, alla luce del tenore dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che non limita la nozione di «autorità competenti» alle autorità degli Stati membri, e, dall’altro, alla luce dell’obiettivo di tale posizione comune, la quale è stata adottata per mettere in atto la risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, volta ad intensificare la lotta contro il terrorismo a livello mondiale, attraverso la cooperazione sistematica e stretta di tutti gli Stati (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 23).

246    Per quanto riguarda l’argomento sollevato in subordine, occorre constatare che, secondo la Corte, quando il Consiglio si fonda sulla decisione di un paese terzo, esso deve verificare, in via preliminare, se tale decisione sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e fornire, nelle motivazioni delle proprie decisioni, indicazioni che consentano di concludere che esso ha proceduto a tale verifica (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 31).

247    A tal fine, il Consiglio deve dare atto, se del caso succintamente, nelle motivazioni di una decisione di congelamento dei capitali, delle ragioni per le quali considera che la decisione del paese terzo sulla quale intende fondarsi sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 33).

248    Al punto 36 della sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), la Corte ha valutato alla luce di tali regole la motivazione del regolamento di esecuzione n. 790/2014, nel quale il Consiglio, da un lato, aveva constatato che il governo indiano aveva proscritto le Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE) nel corso del 1992, in forza dell’Unlawful Activities Act 1967 (legge sulle attività illegali del 1967) e le aveva, di seguito, incluse nell’elenco delle organizzazioni terroristiche riportato nell’allegato dell’Unlawful Activities Prevention (Amendment) Act 2004 [legge (emendamento) sulla prevenzione delle attività illegali del 2004] e, dall’altro, aveva indicato che gli articoli 36 e 37 della legge sulle attività illegali del 1967 contenevano disposizioni in materia di appello e di revisione dell’elenco indiano delle persone ed entità oggetto di misure restrittive, che la decisione di proscrizione delle LTTE, come associazione illegale, era stata rivista periodicamente dal ministro degli Interni indiano, che l’ultima revisione aveva avuto luogo il 14 maggio 2012 e che, in seguito a una revisione operata dal tribunale istituito in forza della legge sulle attività illegali del 1967, la designazione delle LTTE come entità implicata in atti terroristici era stata confermata dal ministro degli Interni indiano l’11 dicembre 2012.

249    Alla luce di tali elementi, la Corte ha ritenuto, al punto 37 della sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), che il regolamento n. 790/2014 non contenesse il benché minimo elemento che consentisse di considerare che il Consiglio aveva verificato se le decisioni indiane fossero state adottate nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, e che, pertanto, la motivazione di tale regolamento non consentiva di stabilire se il Consiglio avesse adempiuto all’obbligo di verifica che gli incombeva.

250    Negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, in relazione a qualsiasi indicazione al riguardo, il Consiglio afferma che la qualificazione del ricorrente come organizzazione terroristica straniera «è suscettibile di ricorso giurisdizionale in applicazione della legislazione degli Stati Uniti» e che la sua qualificazione come entità espressamente identificata come entità terroristica internazionale «è suscettibile di un controllo amministrativo e giurisdizionale in applicazione della legislazione degli Stati Uniti».

251    È giocoforza constatare che, come nella causa sfociata nella sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), tali affermazioni non consentono di ritenere che il Consiglio abbia verificato che le decisioni americane erano state adottate nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva delle persone ed entità interessate.

252    In tali circostanze, le decisioni americane non possono servire da base per gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

253    Tuttavia, poiché l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 non esige che gli atti del Consiglio si fondino su una pluralità di decisioni di autorità competenti, gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 hanno potuto fare riferimento alla sola decisione dell’Home Secretary e occorre pertanto proseguire l’esame del ricorso nei limiti in cui gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 sono basati su tale decisione.

c)      Sulle critiche comuni alle decisioni delle autorità americane e a quelle delle autorità del Regno Unito

254    Il ricorrente fa valere che, per tre ragioni, le decisioni delle autorità americane e del Regno Unito, sulle quali sono fondati gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, non costituiscono «decisioni di autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

255    Tali ragioni verranno esaminate nel prosieguo nei limiti in cui riguardano la decisione dell’Home Secretary, in conformità al punto 253 supra.

1)      Sulla preferenza da accordare alle autorità giudiziarie

256    Il ricorrente sostiene che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il Consiglio può fondarsi su decisioni amministrative solo qualora le autorità giudiziarie non siano competenti in materia di lotta al terrorismo. Orbene, una situazione del genere non ricorrerebbe nella specie, in quanto, nel Regno Unito, le autorità giudiziarie sarebbero munite di competenza in tale settore. La decisione dell’Home Secretary non avrebbe pertanto potuto essere presa in considerazione dal Consiglio negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

257    Il Consiglio contesta tale linea argomentativa.

258    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, la natura amministrativa e non giudiziaria di una decisione non è determinante ai fini dell’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, in quanto il testo stesso di tale disposizione prevede espressamente che un’autorità non giudiziaria possa essere qualificata come autorità competente ai sensi di tale disposizione (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punti 144 e 145, e del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 105).

259    Anche se l’articolo 1, paragrafo 4, secondo comma, della posizione comune 2001/931 considera di preferenza le decisioni emesse dalle autorità giudiziarie, esso non esclude affatto le decisioni che promanano da autorità amministrative, allorché tali autorità, da un lato, siano effettivamente investite, nel diritto nazionale, della competenza ad adottare decisioni restrittive nei confronti di gruppi implicati nel terrorismo e, dall’altro, benché meramente amministrative, possano nondimeno essere considerate «equivalenti» alle autorità giudiziarie (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 107).

260    Secondo la giurisprudenza, le autorità amministrative devono essere considerate equivalenti ad autorità giudiziarie allorché nei confronti delle loro decisioni possa essere proposto un ricorso giurisdizionale (sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 145).

261    Di conseguenza, la circostanza che organi giurisdizionali dello Stato di cui trattasi siano muniti di competenze in materia di repressione del terrorismo non osta a che il Consiglio tenga conto delle decisioni dell’autorità amministrativa nazionale incaricata dell’adozione di misure restrittive in materia di terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 108).

262    Nella specie, risulta dalle informazioni fornite dal Consiglio che le decisioni dell’Home Secretary possono essere oggetto di un ricorso dinanzi alla Proscribed Organisations Appeal Commission (commissione d’appello relativa alle organizzazioni vietate, Regno Unito), la quale statuirà applicando i principi che governano il sindacato giurisdizionale, e che ciascuna parte può impugnare la decisione della commissione d’appello relativa alle organizzazioni vietate su una questione di diritto dinanzi ad un giudice d’appello qualora ottenga l’autorizzazione di tale commissione o, in alternativa, del giudice d’appello (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 2).

263    In tali circostanze, risulta che le decisioni dell’Home Secretary possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale, cosicché, in applicazione della giurisprudenza illustrata ai punti 259 e 260 supra, tale autorità amministrativa deve essere considerata l’equivalente di un’autorità giudiziaria e, dunque, un’autorità competente, come sostenuto dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 in conformità alla giurisprudenza che si è già pronunciata, a più riprese, in tal senso (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, e del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885).

264    Il ricorrente riconosce che, in diverse sentenze, il Tribunale ha ammesso che l’Home Secretary presentava la qualità di autorità competente, ma sottolinea che, in tali cause, le sue decisioni erano abbinate ad una decisione giudiziaria, il che non avverrebbe nella specie.

265    A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, le decisioni delle autorità amministrative in questione non erano accompagnate, in ciascuna delle sentenze concernenti atti fondati su una decisione dell’Home Secretary, da una decisione giudiziaria. In tal senso, una siffatta decisione era assente nella causa sfociata nella sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 107). In quella sfociata nella sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (T‑256/07, EU:T:2008:461), il Tribunale ha fatto riferimento ad una decisione giudiziaria in aggiunta alla decisione amministrativa. Tuttavia, tale riferimento è intervenuto in un contesto estremamente particolare, nel quale la decisione amministrativa era stata contestata a livello nazionale dal ricorrente, il che non avviene nella specie.

266    Risulta dalle considerazioni che precedono che gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 non possono essere annullati adducendo che, nella loro motivazione, il Consiglio ha fatto riferimento ad una decisione dell’Home Secretary, il quale costituisce un’autorità amministrativa.

2)      Sul fatto che la decisione dell’Home Secretary consiste in un’elencazione delle organizzazioni terroristiche

267    Inoltre, il ricorrente fa valere che l’azione delle autorità competenti interessate dagli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, fra cui l’Home Secretary, consiste, nella prassi, nel redigere elenchi di organizzazioni terroristiche per imporre loro un regime restrittivo. Tale attività di elencazione non costituirebbe una competenza repressiva assimilabile ad un’«apertura di indagini o di azioni penali» o, ancora, ad una «condanna», per citare le competenze di cui dovrebbe fruire, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, l’«autorità competente».

268    Il Consiglio contesta tale linea argomentativa.

269    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, la posizione comune 2001/931 non richiede che la decisione dell’autorità competente s’inserisca nell’ambito di un procedimento penale stricto sensu, a condizione che, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla posizione comune 2001/931, nell’ambito dell’attuazione della risoluzione del 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il procedimento nazionale in questione abbia ad oggetto la lotta al terrorismo in senso ampio (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 113).

270    In tal senso, la Corte ha considerato che la protezione delle persone non fosse posta in discussione nel caso in cui la decisione assunta dall’autorità nazionale si collocava non nel quadro di un procedimento diretto ad infliggere sanzioni penali, bensì in quello di un procedimento avente ad oggetto misure di tipo preventivo (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 70).

271    Sulla stessa linea, il Tribunale ha dichiarato che una decisione di «apertura di indagini o di azioni penali», per poter essere validamente invocata dal Consiglio, doveva iscriversi nell’ambito di un procedimento nazionale avente ad oggetto direttamente e principalmente l’applicazione di una misura di tipo preventivo o repressivo all’interessato, a titolo della lotta al terrorismo (sentenza del 30 settembre 2009, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2009:372, punto 111).

272    Nella specie, la decisione dell’Home Secretary stabilisce misure interdittive nei confronti di organizzazioni considerate terroristiche.

273    Una siffatta decisione non costituisce, a rigore, una decisione di «apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico» o di «condanna per tali fatti» nel senso penale stretto del termine, ma comporta il divieto di ingresso del ricorrente nel Regno Unito e s’inserisce dunque, come richiesto dalla giurisprudenza, nell’ambito di un procedimento nazionale inteso, in via principale, all’applicazione di misure di tipo preventivo o repressivo al ricorrente, a titolo della lotta al terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 115).

274    Quanto alla circostanza che l’attività dell’autorità in questione sfoci nella redazione di un elenco di persone o entità coinvolte nel terrorismo, occorre sottolineare che essa non implica, di per sé, che tale autorità non abbia effettuato valutazioni individuali su ciascuna di tali persone o entità preliminarmente alla sua iscrizione in tali elenchi né che tale valutazione dovrebbe necessariamente essere arbitraria o priva di fondamento (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 118).

275    In tal senso, non è tanto la circostanza che l’attività dell’autorità in questione sfoci nella redazione di un elenco di persone o entità implicate nel terrorismo ad essere oggetto di discussione, bensì la questione se tale attività venga esercitata con garanzie sufficienti a consentire al Consiglio di basarsi sulla medesima per fondare la propria decisione di iscrizione (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 118).

276    Di conseguenza, il ricorrente ha erroneamente sostenuto che ammettere che la competenza di elencazione possa caratterizzare un’autorità competente sarebbe contrario, per principio, alla posizione comune 2001/931.

277    Tale posizione non è inficiata dagli altri argomenti dedotti dal ricorrente.

278    In primo luogo, il ricorrente sostiene che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, solo gli elenchi redatti dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite possono essere presi in considerazione dal Consiglio.

279    Tale argomento non può essere ammesso, in quanto l’oggetto dell’ultima frase dell’articolo 1, paragrafo 4, primo comma, della posizione comune 2001/931 consiste semplicemente nell’offrire al Consiglio una possibilità di designazione supplementare, accanto alle designazioni che esso può operare sulla base di decisioni di autorità nazionali competenti.

280    In secondo luogo, il ricorrente sottolinea che, nella misura in cui riprende elenchi proposti dalle autorità competenti, l’elenco dell’Unione si limita ad un elenco di elenchi, estendendogli in tal modo l’ambito di applicazione di misure amministrative nazionali adottate, se del caso, da autorità di Stati terzi, senza che le persone in questione ne siano informate e senza che esse siano in grado di difendersi in maniera efficace.

281    A tal riguardo, occorre constatare che, come indicato dal ricorrente, il Consiglio, quando individua le persone o entità da assoggettare alle misure di congelamento dei capitali, si fonda su accertamenti effettuati da autorità competenti.

282    Nell’ambito della posizione comune 2001/931, una forma di cooperazione specifica è stata instaurata fra le autorità degli Stati membri e le istituzioni europee, la quale comporta, per il Consiglio, l’obbligo di rimettersi, per quanto possibile, alla valutazione delle autorità nazionali competenti (v. sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 133, e del 4 dicembre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑284/08, EU:T:2008:550, punto 53).

283    In linea di principio, non spetta al Consiglio pronunciarsi sul rispetto dei diritti fondamentali dell’interessato da parte delle autorità degli Stati membri, in quanto tale competenza spetta ai giudici nazionali competenti (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 168).

284    È solo in via eccezionale, qualora il ricorrente contesti, sulla base di elementi concreti, il rispetto dei diritti fondamentali da parte delle autorità degli Stati membri, che il Tribunale deve verificare che tali diritti siano stati effettivamente rispettati.

285    Per contro, qualora siano implicate autorità di Stati terzi, il Consiglio è tenuto, come rilevato ai punti 246 e 247 supra, ad assicurarsi d’ufficio che tali garanzie siano state effettivamente attuate e a motivare la sua decisione su tale punto.

3)      Sull’assenza di indicazione delle prove e degli indizi seri e credibili alla base della decisione dell’Home Secretary

286    Il ricorrente ritiene che il Consiglio, poiché si fondava su una decisione amministrativa e non su una decisione giudiziaria, dovesse dimostrare, negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, che tale decisione era «basata su prove o indizi seri e credibili», come richiesto dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione 2001/931.

287    Poiché tale linea argomentativa non riguarda la qualificazione come «decisione presa da autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, la quale costituisce l’oggetto del presente motivo, bensì la motivazione degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, essa verrà esaminata nell’ambito del sesto motivo, nel quale essa è parimenti invocata.

d)      Conclusione

288    Dai punti da 246 a 252 supra risulta che le decisioni americane non possono fondare gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, poiché il Consiglio è venuto meno all’obbligo di motivazione per quanto attiene alla verifica del rispetto del principio dei diritti della difesa e di quello del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva negli Stati Uniti.

289    Inoltre, si evince dai punti da 234 a 236 supra che le decisioni delle autorità americane interessate da tale motivo riguardavano la totalità di Hamas, mentre la decisione delle autorità del Regno Unito riguardava unicamente Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

290    Secondo il ricorrente, tale circostanza implica che gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 debbano essere annullati nei limiti in cui riguardano Hamas e possano sussistere soltanto nei limiti in cui riguardano Hamas‑Izz al-Din al-Qassem.

291    Da parte sua, il Consiglio ritiene che non possa essere effettuata alcuna distinzione fra questi due «movimenti» o «parti di movimenti», poiché il ricorrente, nel suo ricorso, ha presentato la sua organizzazione come comprensiva di entrambi.

292    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo i punti 7 e 8 del ricorso:

«Hamas comprende un Ufficio politico e un’ala armata: le brigate Ezzedine Al-Qassam. (…) “Benché l’ala armata goda di una relativa indipendenza, essa resta soggetta alle strategie generali elaborate dall’Ufficio politico”. L’Ufficio politico prende le decisioni, e le Brigate le rispettano a causa della forte solidarietà risultante dalla componente religiosa del movimento».

293    Tale presentazione è munita di un valore probatorio significativo, poiché, da un lato, come sottolineato dal Consiglio, essa promana dal ricorrente e, dall’altro, quest’ultimo l’ha collocata all’inizio della sua linea argomentativa nell’ambito del ricorso.

294    Nel prosieguo delle sue memorie, il ricorrente ha spiegato che, in realtà, i due «movimenti» o «parti di movimenti» non potrebbero essere confusi, e neppure associati, in quanto funzionerebbero in modo totalmente autonomo.

295    Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha chiesto al ricorrente di fornire elementi di prova a sostegno delle sue affermazioni, ma quest’ultimo non è stato in grado di produrre alcun documento a tal riguardo.

296    In tali circostanze, non può ritenersi, al fine di stabilire gli effetti della risposta apportata al primo motivo nell’ambito del ricorso di cui trattasi, che Hamas-Izz al-Din al-Qassem sia un’organizzazione distinta da Hamas (v., in tal senso, sentenze del 29 aprile 2015, National Iranian Gas Company/Consiglio, T‑9/13, EU:T:2015:236, punti 163 e 164, e Bank of Industry and Mine/Consiglio, T‑10/13, EU:T:2015:235, punti 182, 183 e 185).

297    Lo stesso vale a maggior ragione in quanto, sebbene fossero state adottate misure di congelamento dei capitali nei suoi confronti da diversi anni, Hamas non ha tentato di dimostrare al Consiglio che esso non era affatto coinvolto negli atti che avevano determinato l’adozione delle misure, dissociandosi, in un modo che avrebbe dissipato qualsiasi incertezza, da Hamas-Izz al-Din al-Qassem il quale, a suo avviso, ne era il solo responsabile.

298    Ne consegue che il motivo deve essere respinto.

2.      Sul sesto motivo e sul secondo motivo, nella parte in cui quest’ultimo è relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione

299    Si evince dai punti da 19 a 24 supra che il Consiglio ha fondato il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi del luglio e del dicembre 2011, del giugno e del dicembre 2012, del luglio 2013, nonché del febbraio e del luglio 2014 (in prosieguo: gli «elenchi controversi dal luglio 2011 al luglio 2014»), da un lato, sul mantenimento in vigore di decisioni qualificate come decisioni di autorità competenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e, dall’altro, su valutazioni peculiari concernenti una serie di incidenti imputati al ricorrente e qualificati come atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931.

300    Il Tribunale esaminerà le critiche relative all’obbligo di motivazione che si riferiscono, da un lato, alle decisioni delle autorità competenti e, dall’altro, ai fatti posteriori invocati dal Consiglio.

a)      Sulle decisioni delle autorità competenti

301    Come già indicato al punto 286 supra, il ricorrente sostiene che il Consiglio avrebbe dovuto indicare, negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, «le prove e gli indizi seri e credibili» sui quali si fondavano le decisioni delle autorità competenti.

302    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ritiene che l’argomento non sia fondato.

303    Alla luce del punto 253 supra, tale motivo deve essere esaminato soltanto nella parte in cui riguarda la decisione dell’Home Secretary.

304    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, primo comma, della posizione comune 2001/931, gli elenchi di congelamento dei capitali vengono redatti sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone e delle entità interessate, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, «basate su prove o indizi seri e credibili», o si tratti di una condanna per tali fatti.

305    Risulta dal testo di tale disposizione che il requisito secondo il quale le decisioni delle autorità competenti siano «basate su prove o indizi seri e credibili» riguarda le decisioni che vertono sull’apertura di indagini o di azioni penali, ma non si applica alle decisioni che hanno ad oggetto condanne (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 64).

306    Nelle decisioni che vertono sull’apertura di indagini o di azioni penali, tale requisito protegge le persone interessate facendo sì che l’iscrizione del loro nome negli elenchi di congelamento dei capitali avvenga su di una base fattuale sufficientemente solida (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 68), mentre, nelle decisioni di condanna, tale requisito non deve più essere applicato, poiché gli elementi raccolti in precedenza nel corso dell’indagine o dell’azione penale sono stati oggetto, in linea di principio, di un esame approfondito.

307    Nella specie, la decisione dell’Home Secretary è definitiva nel senso che essa non deve essere seguita da un’indagine. Inoltre, come risulta dalla risposta fornita dal Consiglio ad un quesito del Tribunale, essa è intesa a bandire il ricorrente dal Regno Unito, con conseguenze penali per le persone che intrattengano, direttamente o indirettamente, un legame con il medesimo.

308    In tali circostanze, la decisione dell’Home Secretary non costituisce una decisione di apertura di indagini e di azioni penali, ed essa deve essere assimilata ad una decisione di condanna, cosicché, in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il Consiglio non doveva indicare, nella motivazione degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, le prove e gli indizi seri che si trovavano alla base della decisione promanante da tale autorità.

309    Al riguardo, il fatto che l’Home Secretary costituisca un’autorità amministrativa è indifferente, dal momento che, come si evince dai punti 262 e 263 supra, le sue decisioni possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale e che, pertanto, esso deve essere considerato l’equivalente di un’autorità giudiziaria.

b)      Sui fatti invocati a titolo autonomo dal Consiglio

310    Nell’ambito del secondo motivo, il ricorrente fa valere che i fatti invocati a titolo autonomo dal Consiglio negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 sono eccessivamente imprecisi per poter fondare una decisione di mantenimento, poiché alcuni di essi non sono datati, non sono localizzati o non sono imputati al medesimo.

311    A tal riguardo, occorre rilevare che, al punto 32 della sentenza sull’impugnazione, la Corte ritiene che, in talune situazioni, a causa del tempo trascorso o delle circostanze del caso specifico, il mero fatto che la decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale resti in vigore non consenta di concludere per la persistenza del rischio di implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche.

312    Nello stesso punto della medesima sentenza, la Corte indica che, in tali situazioni, il Consiglio è tenuto a fondare il mantenimento del nome di tale persona o di tale entità negli elenchi di congelamento dei capitali su una valutazione aggiornata della situazione, alla luce di elementi fattuali più recenti, che attestino che il rischio in questione persiste.

313    La Corte ha inoltre ritenuto, al punto 33 della sentenza sull’impugnazione, che, nel caso di specie, un notevole lasso di tempo fosse trascorso tra, da un lato, l’adozione delle decisioni nazionali che avevano costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale del nome del ricorrente negli elenchi di congelamento dei capitali e tale iscrizione iniziale, che risalivano al 2001, e, dall’altro, l’adozione degli atti dal luglio 2010 al luglio 2014.

314    Pertanto, essa ha ritenuto che il Consiglio fosse tenuto a fondare il mantenimento del nome del ricorrente in tali elenchi su elementi più recenti, che dimostrassero che il rischio di implicazione di tale organizzazione in attività terroristiche permaneva, fermo restando che tali elementi potevano essere ricavati da fonti diverse da decisioni nazionali adottate dalle autorità competenti (v., in tal senso, sentenza sull’impugnazione, punto 33 e punti da 35 a 50; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punti 55 e da 57 a 72).

315    Negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, il Consiglio, al fine di mantenere il nome del ricorrente negli elenchi di congelamento dei capitali, oltre al mantenimento delle decisioni delle autorità americane e del Regno Unito, ha invocato i seguenti fatti:

–        «a partire dal 1988, Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem) ha regolarmente perpetrato e rivendicato attentati contro obiettivi israeliani, segnatamente rapimenti, aggressioni con armi da taglio o da fuoco contro civili e attentati suicidi dinamitardi su mezzi di trasporto pubblici e in luoghi pubblici. Hamas ha organizzato attentati tanto dal lato israeliano della linea verde quanto nei territori occupati» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «il 21 settembre 2005, una cellula di Hamas ha rapito e poi ucciso un israeliano. In una videoregistrazione, Hamas ha affermato che l’ostaggio serviva a negoziare la liberazione di prigionieri palestinesi detenuti in Israele» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «Militanti di Hamas hanno partecipato al lancio di razzi contro il sud d’Israele a partire dalla striscia di Gaza» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «in passato, per commettere attentati contro civili in Israele, Hamas ha reclutato kamikaze offrendo aiuti alle rispettive famiglie» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «nel giugno 2006, Hamas (incluso Hamas-lzz al-Din-al-Qassem) è stato implicato nell’operazione che ha condotto al rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, che resta in ostaggio» (atti del luglio 2011). «Il 18 ottobre 2011, quest’ultimo è stato liberato da Hamas, dopo cinque anni di detenzione, nell’ambito di uno scambio di prigionieri con Israele» (atti dal dicembre 2011 al luglio 2014);

–        «il 20 agosto 2011, Hamas rivendica il lancio di razzi nel sud di Israele che ha causato due feriti fra la popolazione israeliana» (atti dal dicembre 2011 al luglio 2014);

–        «il 7 aprile 2011, un attacco con i razzi commesso da Hamas contro un bus scolastico uccide un civile» (atti dal dicembre 2011 al luglio 2014);

–        «il 2 settembre 2010, un veicolo è stato mitragliato, facendo due feriti israeliani» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «il 31 agosto 2010, quattro coloni israeliani sono stati assassinati da abitanti di Hebron» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «il 14 giugno 2010, un attacco da parte di una presunta cellula di Hamas ha ucciso un poliziotto e ne ha feriti altri due sulle colline al sud di Hebron» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «il 26 marzo 2010, due soldati israeliani sono stati uccisi nella striscia di Gaza» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014);

–        «il 5 gennaio 2010, una guardia di frontiera egiziana è stata uccisa in occasioni di scontri armati nella parte nord del Sinai» (atti dal luglio 2011 al luglio 2014).

316    Per quanto riguarda tali fatti, occorre ricordare che la Corte ritiene che il giudice dell’Unione sia tenuto a verificare, inter alia, l’osservanza dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE e, dunque, la precisione e la concretezza dei motivi dedotti (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 70, e sull’impugnazione, punto 48).

317    Secondo una costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui l’atto promana, onde consentire all’interessato di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

318    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto il carattere sufficiente di una motivazione dev’essere valutato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 53, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 82).

319    In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 54, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 82).

320    Nella specie, considerato che essi si sono verificati in un contesto noto, occorre ritenere che i fatti menzionati dal Consiglio negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 siano descritti in maniera sufficientemente precisa e concreta per essere contestati dal ricorrente e controllati dal Tribunale, quand’anche il luogo esatto in cui sono avvenuti non sia indicato.

321    Inoltre, il collegamento fra tali fatti e Hamas o Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem può essere considerato dimostrato, poiché risulta dai termini che precedono la loro elencazione che essi devono essere attribuiti ad «Hamas (incluso Hamas-Izz al-Din al-Qassem)».

322    Fanno eccezione a tale constatazione unicamente i fatti menzionati in primo, in terzo e in quarto luogo al punto 315 supra, i quali non sono datati, cosicché il ricorrente poteva difficilmente contestarli e il Tribunale esercitare il controllo richiesto dalla Corte, poiché la data costituisce un elemento essenziale per l’identificazione di azioni determinate.

323    Tuttavia, i fatti diversi da quelli menzionati in primo, in terzo e in quarto luogo al punto 315 supra forniscono una motivazione autonoma e sufficiente agli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

324    Se, fra tali fatti, quelli del 2005 e del 2006 possono essere considerati piuttosto risalenti, ciò non vale per i fatti del 2010, i quali vengono menzionati negli atti del luglio 2011, né per i fatti del 2010 e del 2011, i quali vengono menzionati negli atti dal dicembre 2011 al luglio 2014.

325    Di conseguenza, occorre respingere in quanto infondati il sesto motivo e il secondo motivo, nella parte in cui quest’ultimo è relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione.

3.      Sul secondo motivo, nella parte in cui è relativo ad un errore circa la sussistenza dei fatti

326    Nella memoria integrativa, il ricorrente afferma che spetta al Consiglio provare la sussistenza dei fatti figuranti negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 ed elencati al punto 315 supra. Orbene, tale prova non sarebbe stata fornita nella specie. Talune azioni sarebbero state attribuite ai militanti di Hamas, senza che si sappia come tale qualità sarebbe stata accertata. Inoltre, tali fatti non consentirebbero di adottare misure restrittive nei suoi confronti.

327    Più specificamente, il ricorrente contesta il fatto del 5 gennaio 2010, in quanto Hamas è intervenuto soltanto per mantenere l’ordine dopo la morte del funzionario, e il fatto del 14 giugno 2010, imputato ad una cellula «presunta» di Hamas, in quanto tale presunzione è insufficiente.

328    In udienza, l’avvocato del ricorrente ha affermato che Hamas contestava la totalità dei fatti menzionati dal Consiglio negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 e ripresi al punto 315 supra.

329    In risposta ad un quesito posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il Consiglio ha fornito diversi articoli e pubblicazioni intesi a dimostrare la sussistenza dei fatti menzionati al punto 315 supra e la loro imputazione ad Hamas o ad Hamas-Izz al-Din al-Qassem.

330    A tal riguardo, occorre rilevare che, in relazione alle decisioni di congelamento di capitali successive, la Corte ritiene che il giudice dell’Unione sia tenuto a verificare, oltre all’osservanza dell’obbligo di motivazione, oggetto di discussione nel motivo precedente, la questione se tali motivi siano fondati (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 70, e sull’impugnazione, punto 48).

331    La Corte ritiene parimenti che la persona o entità interessata possa, nell’ambito del ricorso proposto contro il mantenimento del suo nome negli elenchi controversi, contestare la totalità degli elementi sui quali il Consiglio si fonda per dimostrare la persistenza del rischio della sua implicazione in attività terroristiche, indipendentemente dalla questione se tali elementi siano ricavati da una decisione nazionale di un’autorità competente o da altre fonti (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 71, e sull’impugnazione, punto 49).

332    La Corte aggiunge che, in caso di contestazione, spetta al Consiglio stabilire la fondatezza dei fatti allegati e al giudice dell’Unione verificare la loro esattezza materiale (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 71, e sull’impugnazione, punto 49).

333    A tal riguardo, occorre rilevare che, quando contesta elementi di prova apportati da una parte, la controparte deve soddisfare due requisiti cumulativi.

334    In primo luogo, le sue contestazioni non possono presentare un carattere generale, ma devono rivestire un carattere concreto e circostanziato (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Duravit e a./Commissione, T‑364/10, non pubblicata, EU:T:2013:477, punto 55).

335    In secondo luogo, le contestazioni relative alla sussistenza dei fatti devono figurare in maniera chiara nel primo atto processuale concernente l’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Tomana e a./Consiglio e Commissione, T‑190/12, EU:T:2015:222, punto 261). Ciò implica, nella specie, che solo le contestazioni mosse nella memoria integrativa e nelle memorie di adattamento successive possono essere prese in considerazione. Tali memorie costituiscono, infatti, i primi atti processuali nei quali il ricorrente ha enunciato i suoi motivi avverso gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

336    Nella specie, fra i fatti menzionati al punto 315 supra, soltanto i fatti del 5 gennaio e del 14 giugno 2010 sono oggetto, da parte del ricorrente, di critiche che soddisfanno tali due requisiti.

337    Tali contestazioni sono tuttavia inoperanti, in quanto, ammesso che si rivelino fondate, le altre azioni menzionate dal Consiglio negli atti dal luglio 2010 al luglio 2014 sono sufficienti a giustificare il carattere persistente del rischio di partecipazione del ricorrente ad attività terroristiche. Ciò vale, in particolare, per i fatti elencati al punto 315 supra, risalenti al 26 marzo 2010, al 31 agosto 2010, al 7 aprile 2011 e al 20 agosto 2011.

338    Tali fatti sono inoltre sufficientemente recenti da giustificare gli atti adottati fra il luglio 2011 e il luglio 2014.

339    Quanto alla circostanza che essi non sarebbero stati chiaramente imputati ad Hamas o ad Hamas-Izz al-Din al-Qassem, l’argomento è parimenti inoperante, poiché si deve ritenere, come risulta dai punti da 292 a 297 supra, che tali due entità costituiscano, in tale fase, un’unica organizzazione ai fini dell’applicazione delle norme concernenti la lotta al terrorismo.

340    Il secondo motivo, nella parte in cui verte su un errore circa la sussistenza dei fatti, deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

4.      Sul terzo motivo, concernente un errore di valutazione relativamente al carattere terroristico del ricorrente

341    Il ricorrente ritiene che il Consiglio, adottando gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, abbia commesso un errore di valutazione relativamente alla sua qualificazione come organizzazione terroristica. A suo avviso, la competenza del Tribunale si estende alla verifica della qualificazione data dal Consiglio ai fatti da esso invocati a titolo di atti terroristici e tale controllo deve essere effettuato tanto per i fatti invocati in maniera autonoma dal Consiglio quanto per i fatti invocati nelle decisioni delle autorità competenti.

a)      Sulle decisioni delle autorità competenti

342    In relazione ai fatti invocati nelle decisioni delle autorità competenti, il Tribunale dovrebbe verificare, secondo il ricorrente, che la qualificazione operata sia fondata sulla definizione di terrorismo figurante nella posizione comune 2001/931. Nella specie, tale controllo non potrebbe essere effettuato, non avendo il Consiglio fornito informazioni su tale punto.

343    A causa della risposta data al primo motivo, tale parte dovrà essere esaminata soltanto nei limiti in cui riguarda la decisione dell’Home Secretary.

344    Dal momento che, in risposta al primo e al sesto motivo, è stato deciso che le prove e gli indizi sui quali si fonda tale decisione non devono essere indicati nella motivazione degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, non può essere chiesto al Consiglio di verificare la qualificazione di tali fatti effettuata dall’autorità nazionale e di indicare, in tali atti, il risultato di detta qualificazione.

345    Nella specie, ciò vale a maggior ragione in quanto la decisione promana da uno Stato membro, per il quale l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 hanno instaurato una forma di cooperazione specifica con il Consiglio, la quale comporta, per tale istituzione, l’obbligo di rimettersi, per quanto possibile, alla valutazione dell’autorità nazionale competente (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 133, e del 4 dicembre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑284/08, EU:T:2008:550, punto 53).

b)      Sui fatti invocati in via autonoma dal Consiglio

346    Nelle motivazioni degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, il Consiglio ha qualificato i fatti menzionati al punto 315 supra come atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, sub iii), lettere a), b), c), d), f) e g), della posizione comune 2001/931 al fine di conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 1, paragrafo 3, sub i), ii) e iii), della posizione comune.

347    In primo luogo, il ricorrente ritiene che tale qualificazione sia eccessivamente generica e imprecisa.

348    Tale argomento non può essere accolto, in quanto, alla luce delle disposizioni interessate, tale motivazione, benché succinta, è sufficientemente chiara da consentire al ricorrente di comprendere le ragioni, per le quali l’iscrizione del suo nome è stata mantenuta negli elenchi controversi dal luglio 2011 al luglio 2014 e di contestare la fondatezza di tale qualificazione, come esso ha peraltro fatto nel prosieguo di tale motivo.

349    In secondo luogo, il ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore nel qualificare come atti terroristici i fatti di cui trattasi. Anzitutto, il fatto che gli atti in questione avrebbero tutti avuto luogo nell’ambito della guerra di occupazione condotta da Israele in Palestina avrebbe dovuto portare il Consiglio a non adottare tale qualificazione nei suoi confronti. Inoltre, ammesso che tali fatti siano dimostrati, non ne conseguirebbe che essi sono stati commessi ai fini citati dal Consiglio e menzionati all’articolo 1, paragrafo 3, sub i), ii) e iii), della posizione comune 2001/931.

350    Questi due argomenti si riferiscono alla questione se il Consiglio avrebbe dovuto prendere in considerazione, in sede di qualificazione dei fatti menzionati al punto 315 supra, la circostanza che il conflitto israelo-palestinese rientrava nell’ambito di applicazione del diritto dei conflitti armati.

351    A tal riguardo, occorre rilevare che, secondo una consolidata giurisprudenza, l’esistenza di un conflitto armato ai sensi del diritto internazionale umanitario non esclude l’applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di prevenzione del terrorismo agli eventuali atti terroristici commessi in tale contesto, come la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001 (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 57; v. parimenti, in tal senso, sentenza del 14 marzo 2017, A e a., C‑158/14, EU:C:2017:202, punti da 95 a 98).

352    Infatti, da un lato, la posizione comune 2001/931 non opera alcuna distinzione, per quanto attiene al proprio ambito di applicazione, a seconda che l’atto in questione venga commesso o meno nell’ambito di un conflitto armato ai sensi del diritto internazionale umanitario. Dall’altro, gli obiettivi dell’Unione e dei suoi Stati membri consistono nella lotta al terrorismo, a prescindere dalle forme che esso possa assumere, in conformità degli obiettivi del diritto internazionale in vigore (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 58).

353    Proprio per attuare a livello dell’Unione la risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (v. punto 1 supra), la quale «riafferma la necessità di combattere con tutti i mezzi, in accordo con la Carta delle Nazioni Unite, le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici» e «chiede agli Stati membri di integrare la cooperazione internazionale prendendo misure supplementari per prevenire e reprimere, nei loro territori con tutti i mezzi legali disponibili, il finanziamento e la preparazione di qualsiasi atto di terrorismo», il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/931 (v. considerando da 5 a 7 di tale posizione comune), indi, in conformità a tale posizione comune, il regolamento n. 2580/2001 (v. considerando 3, 5 e 6 di tale regolamento) (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 59).

354    Si deve dunque respingere il terzo motivo in quanto infondato.

5.      Sul quarto motivo, relativo all’insufficiente considerazione dei mutamenti della situazione col passar del tempo

355    Il ricorrente addebita al Consiglio di non avere preso sufficientemente in considerazione, negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, l’evoluzione della situazione nel tempo. A suo avviso, il Consiglio avrebbe dovuto studiare le decisioni nazionali adottate nell’ambito di procedure di riesame, verificare che esse si fondavano su prove o indizi seri e credibili e che i fatti addebitati dovevano sempre essere qualificati come atti terroristici ai sensi della posizione comune 2001/931.

356    Alla luce della risposta apportata al primo motivo, solo la decisione dell’Home Secretary dovrà essere presa in considerazione ai fini della valutazione del quarto motivo.

357    A tal riguardo, occorre sottolineare che, nelle sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 51), e sull’impugnazione (punto 29), la Corte ha dichiarato che, nell’ambito del riesame ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931, il Consiglio poteva mantenere il nome della persona o entità interessata negli elenchi di congelamento dei capitali qualora concludesse nel senso della persistenza del rischio dell’implicazione della medesima in attività terroristiche, implicazione che aveva giustificato l’iscrizione iniziale in tali elenchi.

358    Nelle stesse sentenze, la Corte ha aggiunto che, nell’ambito della verifica della persistenza del rischio d’implicazione della persona o entità in questione in attività terroristiche, gli sviluppi successivi della decisione nazionale che aveva costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale del nome di tale persona o entità negli elenchi di congelamento dei capitali dovevano essere presi in debita considerazione, in particolare l’abrogazione o revoca di tale decisione nazionale a motivo di fatti o elementi nuovi o di una modifica della valutazione dell’autorità nazionale competente (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 52, e sull’impugnazione, punto 30).

359    Nella specie, si evince dagli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 che il Consiglio ha rispettato l’azione imposta dalla Corte indicando che la decisione dell’Home Secretary era ancora in vigore.

360    Non risulta né dalle sentenze della Corte citate ai punti 357 e 358 supra né dall’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 che il Consiglio dovrebbe indicare, nelle decisioni di congelamento dei capitali, le modalità relative al riesame delle decisioni delle autorità competenti.

361    Inoltre, poiché è stato statuito che il Consiglio non doveva indicare, nelle sue decisioni, i fatti che si trovavano all’origine delle decisioni delle autorità competenti che giustificavano l’iscrizione del nome del ricorrente (v. punti da 304 a 309 supra), né verificare la loro qualificazione come atti terroristici ai sensi della posizione comune 2001/931 (v. punti 344 e 345 supra), allo stesso non può essere imposto di indicare i fatti alla base delle decisioni di revisione né di verificare la loro qualificazione.

362    Infine, l’affermazione del mantenimento in vigore delle decisioni delle autorità competenti era sufficiente a consentire al ricorrente di contestarla e al giudice dell’Unione di esercitare il suo controllo, cosicché l’obbligo di motivazione è stato rispettato.

363    In tali circostanze, occorre ritenere che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, il Consiglio abbia debitamente preso in considerazione, negli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, gli sviluppi successivi della decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale del nome del ricorrente negli elenchi di congelamento dei capitali e che tali atti siano sufficientemente motivati sul punto.

364    Il quarto motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

6.      Sul quinto motivo, relativo alla violazione del principio di non ingerenza

365    Il ricorrente fa valere che il Consiglio, adottando gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, ha violato il principio di non ingerenza, il quale risulta dall’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite e costituisce un principio di jus cogens che promana dalla parità sovrana degli Stati nel diritto internazionale e vieta che uno Stato possa essere considerato un’entità terroristica, al pari del governo di uno Stato.

366    Orbene, il ricorrente non sarebbe una mera organizzazione non governativa, né tantomeno un movimento informale, bensì un movimento politico legale che ha vinto le elezioni in Palestina e che formerebbe il cuore del governo palestinese. Poiché Hamas è stato portato ad occupare funzioni che eccederebbero quelle di un partito politico ordinario, i suoi atti a Gaza sarebbero in realtà assimilabili a quelli di un’autorità statale e non potrebbero essere condannati, per questo motivo, sotto il profilo delle misure antiterroristiche. Il ricorrente sarebbe l’unico, fra le persone ed entità, i cui nomi sono iscritti negli elenchi controversi dal luglio 2011 al luglio 2014, a trovarsi in una situazione del genere.

367    A tal riguardo, occorre rilevare che il principio di non ingerenza, il quale è un principio di diritto internazionale consuetudinario, chiamato anche principio di non intervento, riguarda il diritto di ciascuno Stato sovrano di agire senza ingerenza esterna e costituisce un corollario del principio della parità sovrana degli Stati.

368    Come rilevato dal Consiglio, tale principio di diritto internazionale è enunciato a vantaggio degli Stati sovrani e non a vantaggio di gruppi o movimenti (v. sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata).

369    Poiché Hamas non è né uno Stato né il governo di uno Stato, esso non può beneficiare del principio di non ingerenza.

370    Il quinto motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

7.      Sul settimo motivo, relativo alla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa del ricorrente e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

371    Il settimo motivo è suddiviso in due parti.

a)      Sulla prima parte

372    Nella prima parte del settimo motivo, il ricorrente fa valere, per il caso in cui il Tribunale dovesse ritenere, in risposta al primo motivo, che i procedimenti americani proteggono in maniera sufficiente i diritti procedurali e che il governo degli Stati Uniti può dunque essere considerato un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che, nella specie, i suoi diritti della difesa e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sono stati violati nel corso della fase americana del procedimento, ossia durante la fase sfociata nell’adozione delle decisioni americane che lo riguardano. Pertanto, gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 dovrebbero essere annullati a causa della violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa del ricorrente e di quello del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

373    Non occorre pronunciarsi sulla prima parte del settimo motivo, poiché essa presenta un carattere sussidiario rispetto al primo motivo, il quale è stato accolto nei limiti in cui riguarda le decisioni americane.

b)      Sulla seconda parte

374    Nella seconda parte del settimo motivo, il ricorrente sostiene che, per due ragioni, il principio del rispetto dei diritti della difesa è stato violato durante la fase europea del procedimento sfociato nell’adozione, da parte del Consiglio, degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

375    In primo luogo, il ricorrente addebita al Consiglio di non avergli trasmesso le prove e gli indizi seri alla base delle decisioni delle autorità competenti, sulle quali esso si è fondato.

376    Alla luce della risposta apportata al primo motivo, tale linea argomentativa deve essere esaminata soltanto nei limiti in cui riguarda la decisione dell’Home Secretary.

377    Di conseguenza, occorre interrogarsi sulla questione se tale decisione dovesse essere comunicata dal Consiglio al ricorrente.

378    A tal riguardo, secondo la giurisprudenza, risulta dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e dall’obbligo di motivazione enunciato all’articolo 296 TFUE che il Consiglio deve indicare, nei suoi atti, le informazioni precise e gli elementi del fascicolo che mostrano che una decisione è stata adottata nei confronti degli interessati da parte di un’autorità competente (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 120).

379    Per contro, quando informazioni sufficientemente precise, che permettano all’interessato di far conoscere utilmente il suo punto di vista sugli elementi addotti a suo carico da parte del Consiglio, sono state comunicate, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica per quest’ultimo l’obbligo di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo.

380    È soltanto su richiesta della parte interessata che il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, EU:C:2011:735, punto 92; del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 87, e del 28 luglio 2016, Tomana e a./Consiglio e Commissione, C‑330/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:601, punto 66 e la giurisprudenza ivi citata).

381    Nella specie, il Consiglio ha indicato, nella motivazione comunicata al ricorrente, il riferimento della decisione dell’Home Secretary.

382    Da tale circostanza, si deve desumere che il ricorrente disponeva di informazioni sufficientemente precise ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 378 supra.

383    Ciò premesso, se esso intendeva disporre della decisione dell’Home Secretary, spettava al medesimo, in conformità a tale giurisprudenza, chiederne la comunicazione al Consiglio, cosa che non ha fatto.

384    In secondo luogo, per quanto attiene ai fatti addebitati in via autonoma dal Consiglio, il ricorrente addebita a tale istituzione di non avergli comunicato, prima dell’adozione degli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, le informazioni a sua disposizione. Pertanto, esso non avrebbe potuto presentare le sue osservazioni in relazione a tali informazioni.

385    A tal riguardo, occorre ricordare che gli elementi del fascicolo presi in considerazione dal Consiglio per mantenere il nome di una persona o di un’entità negli elenchi di congelamento dei capitali devono essere comunicati a quest’ultima prima della decisione di mantenimento solo se essi presentano un carattere nuovo rispetto a quelli contenuti nella motivazione relativa agli atti precedenti (v. punto 167 supra).

386    Fra gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014, solo le motivazioni relative agli atti del luglio 2011 e del dicembre 2011 contenevano modifiche rispetto a quelle relative agli atti precedenti.

387    Orbene, i progetti di tali motivazioni sono stati notificati dal Consiglio all’avvocato del ricorrente con lettere del 30 maggio e del 15 novembre 2011, e dunque preliminarmente all’adozione degli atti del luglio e del dicembre 2011.

388    Contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, tale comunicazione non doveva essere accompagnata dagli elementi di prova a disposizione del Consiglio. In conformità alla giurisprudenza richiamata al punto 380 supra, se il ricorrente voleva entrare in possesso di tali elementi di prova, spettava al medesimo chiederli al Consiglio, cosa che non ha fatto.

389    Inoltre, per i motivi illustrati ai punti 214 e 215, non può neanche essere addebitato al Consiglio di aver inviato tali progetti di motivazioni all’avvocato del ricorrente.

390    Per queste ragioni, la seconda parte e, pertanto, il settimo motivo, devono essere respinti in quanto infondati.

8.      Sull’ottavo motivo, relativo alla violazione del diritto di proprietà

391    Il ricorrente fa valere che il congelamento dei capitali effettuato con gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 costituisce una violazione del suo diritto di proprietà, la quale non è giustificata in quanto tali atti sono illegittimi per le ragioni illustrate nei motivi precedenti. Pertanto, tali atti dovrebbero essere annullati per violazione del diritto di proprietà.

392    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta tale posizione.

393    Non risulta dalle risposte fornite ai motivi precedenti che gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 siano illegittimi. Il diritto di proprietà non può pertanto essere considerato violato per tale ragione.

394    Inoltre, per le ragioni indicate in sede di esame del quarto motivo, concernente gli atti del luglio 2010 (v. punti da 184 a 192 supra), non si può affermare che gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014 violino il diritto di proprietà del ricorrente.

395    Di conseguenza, l’ottavo motivo è respinto in quanto infondato.

9.      Conclusione

396    Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che il ricorso deve essere respinto nella parte in cui riguarda gli atti dal luglio 2011 al luglio 2014.

397    Il ricorso deve essere pertanto respinto integralmente.

V.      Sulle spese

398    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

399    Poiché il ricorrente è risultato soccombente, dev’essere condannato a sopportare le proprie spese e quelle del Consiglio, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

400    Inoltre, conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopporteranno le proprie spese.

401    Di conseguenza, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le spese rispettivamente sostenute.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Hamas sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Repubblica francese e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

Pelikánová

Valančius

Nihoul

Svenningsen

 

Öberg


Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2018.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

I. Pélikánová


Indice



*      Lingua processuale: il francese.