Language of document : ECLI:EU:C:2001:680

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE

F.G. JACOBS

presentate il 13 dicembre 2001 (1)

Causa C-29/99

Commissione delle Comunità europee

contro

Consiglio dell'Unione europea

Indice

     I - Introduzione

I - 2

     II - La Convenzione sulla sicurezza nucleare

I - 2

     III - Partecipazione della Comunità alla Convenzione

I - 5

         1.    Disposizioni del Trattato Euratom relative agli accordi internazionali

I - 5

         2.    Negoziazione della partecipazione della Comunità alla Convenzione sulla sicurezza nucleare e clausole relative a detta partecipazione

I - 6

         3.    La proposta della Commissione relativa alla decisione del Consiglio impugnata

I - 6

         4.    La decisione del Consiglio impugnata

I - 7

         5.    Sviluppi successivi alla presentazione del ricorso

I - 8

     IV - La «protezione sanitaria» nel Trattato Euratom

I - 9

         1.    L'istituzione di «norme fondamentali»

I - 9

         2.    Osservanza, controllo e poteri della Commissione

I - 10

         3.    Disposizioni relative agli esperimenti pericolosi e ai piani di smaltimento dei residui radioattivi

I - 11

     V - Sulla ricevibilità

I - 12

         1.    Atto impugnabile

I - 12

         2.    Gli effetti della successiva adesione della Comunità alla Convenzione

I - 14

         3.    Il primo argomento del Consiglio: il ricorso è privo d'oggetto

I - 16

         4.    Il secondo argomento del Consiglio: la domanda di annullamento parziale è diretta contro una parte della decisione che non può essere disgiunta dalla decisione nella sua interezza

I - 16

             a)    Le parti della dichiarazione sono impugnabili separatamente?

I - 17

             b)    L'ultimo paragrafo della dichiarazione è impugnabile separatamente?

I - 18

         5.    Sul terzo argomento del Consiglio: il ricorso costituisce uno sviamento della procedura di annullamento in quanto con esso, di fatto, si chiede alla Corte di esprimere un parere sulla competenza della Comunità

I - 18

     VI - Nel merito

I - 19

         1.    Gli obblighi imposti dalla Convenzione per quanto riguarda la dichiarazione controversa

I - 19

         2.    Sull'interpretazione del controverso terzo paragrafo della dichiarazione

I - 23

         3.    Una dichiarazione di competenza incompleta può costituire una violazione del diritto comunitario ai sensi dell'art. 146 del Trattato?

I - 24

         4.    Principali argomenti delle parti in merito alla completezza della dichiarazione

I - 26

         5.    Considerazioni generali sulla competenza dell'Euratom ai sensi degli artt. 30-39 del Trattato

I - 27

             a)    Protezione radiologica e sicurezza nucleare

I - 27

             b)    La «protezione sanitaria» nel Trattato Euratom

I - 30

         6.    La portata della competenza della Comunità nei settori disciplinati dalla Convenzione

I - 36

             a)    Gli artt. 1-3 della Convenzione

I - 37

             b)    Gli artt. 4 e 5 della Convenzione

I - 37

             c)    L'art. 7 della Convenzione

I - 38

             d)    L'art. 14 della Convenzione

I - 40

             e)    Gli artt. 15 e 16, n. 2, della Convenzione

I - 42

             f)    L'art. 16, nn. 1 e 3, della Convenzione

I - 42

             g)    Gli artt. 17,18 e 19 della Convenzione

I - 44

     VII - Conclusione

I - 49

I - Introduzione

1.
    Con il presente ricorso, proposto in forza dell'art. 146 del Trattato Euratom, la Commissione chiede l'annullamento parziale della «Decisione del Consiglio 7 dicembre 1998, che approva l'adesione della Comunità europea dell'energia atomica alla Convenzione sulla sicurezza nucleare» (2). La Commissione afferma che l'ultimo paragrafo della «Dichiarazione della Comunità europea dell'energia atomica ai sensi dell'art. 30, paragrafo 4, sub iii), della Convenzione sulla sicurezza nucleare», allegata a detta decisione e che indica la portata della competenza della Comunità, è sostanzialmente in contrasto con il Trattato Euratom, in quanto omette di precisare che la Comunità ha competenza anche nei settori disciplinati dagli artt. 1-5, 7 e 14-19 della Convenzione.

2.
    La Convenzione sulla sicurezza nucleare è un accordo «misto» di cui sono parti sia i 15 Stati membri che la Comunità. Nel corso del procedimento interno che ha condotto all'adesione della Comunità alla Convenzione, la Commissione e il Consiglio erano in disaccordo circa la dichiarazione di competenza che la Comunità avrebbe dovuto presentare al depositario. Il motivo di fondo di tale disaccordo è costituito da una divergenza più generale circa la portata della competenza della Comunità per quanto riguarda la sicurezza degli impianti nucleari degli Stati membri. Il presente procedimento - in cui le parti si sono scambiate osservazioni talora tecniche e complesse sull'ammissibilità e sul merito della questione - costituisce il temporaneo culmine di tale prolungato conflitto.

3.
    Come risulterà chiaro più avanti, ritengo che nella specie la Corte debba esaminare:

-    il procedimento per la conclusione di accordi internazionali in forza del Trattato Euratom, nonché i rispettivi poteri della Commissione e del Consiglio nel contesto del detto procedimento,

-    la natura, l'interpretazione e l'impugnabilità di una dichiarazione di competenza che una delle Comunità deve presentare nell'ambito di un accordo misto multilaterale, e

-    la competenza attribuita alla Comunità dalle disposizioni relative alla protezione sanitaria del Trattato Euratom per quanto riguarda gli impianti nucleari e in particolare le valutazioni sulla sicurrezza, le verifiche, la pianificazione di emergenza, la definizione di norme di sicurezza e la localizzazione, progettazione, costruzione ed esercizio di tali impianti.

II - La Convenzione sulla sicurezza nucleare

4.
    La Convenzione sulla sicurezza nucleare (in prosieguo: la «Convenzione») (3) è stata redatta tra il 1992 e il 1994 sotto gli auspici dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica (in prosieguo: la «AIEA») nel corso di una serie di riunioni a livello di esperti tra rappresentanti di governo, autorità nazionali per la sicurezza nucleare ed il segretariato dell'AIEA. E' stata adottata il 17 giugno 1994 nell'ambito di una conferenza diplomatica indetta dall'AIEA presso la sua sede di Vienna ed è stata aperta alle firme il 20 settembre 1994. Tutti gli Stati membri della Comunità hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione. Essa è entrata in vigore il 24 ottobre 1996. Il 31 gennaio 2000, avevano ratificato la Convenzione 53 tra Stati ed organizzazioni internazionali.

5.
    I due elementi fondamentali della Convenzione sono:

-    un elenco di misure legislative, regolamentari, amministrative e di altra natura che le parti contraenti devono adottare per raggiungere e mantenere un elevato livello di sicurezza nucleare (artt. 4 e 6-19),

-    un meccanismo di controllo che comprende, da una parte, l'obbligo per ciascuna parte di presentare un rapporto sulle misure adottate per adempiere i suoi obblighi (art. 5) e, dall'altra, riunioni tra le parti per riesaminare i rapporti presentati dalle altre parti (artt. 20-28).

6.
    Il capitolo 1 della Convenzione è intitolato «Obiettivi, definizioni e campo di applicazione» e contiene tre disposizioni.

7.
    A norma dell'art. 1, gli obiettivi della Convenzione sono:

«i)    conseguire e mantenere un elevato livello di sicurezza nucleare nel mondo intero grazie al miglioramento delle misure nazionali e della cooperazione internazionale, includendo, ove appropriato, la cooperazione tecnica in materia di sicurezza;

ii)    istituire e mantenere, negli impianti nucleari, difese efficaci contro i potenziali rischi radiologici, in modo da proteggere le persone, la società e l'ambiente dagli effetti nocivi delle radiazioni ionizzanti emesse da tali impianti;

iii)    prevenire gli incidenti aventi conseguenze radiologiche e mitigarne le conseguenze qualora tali incidenti dovessero avvenire».

8.
    L'art. 2, sub i), definisce «impianto nucleare» ogni «centrale nucleare, a scopo pacifico (...) compresi gli impianti di stoccaggio, di lavorazione di materiali radioattivi che si trovano sullo stesso sito e che sono direttamente connessi all'esercizio della centrale nucleare».

9.
    A norma dell'art. 3, la Convenzione si applica «alla sicurezza degli impianti nucleari».

10.
    Il capitolo 2, intitolato «Obblighi», è diviso in quattro sezioni.

11.
    La sezione a), «Disposizioni generali» (artt. 4-6), contiene due disposizioni pertinenti. L'art. 4 («Misure di attuazione») dispone che le parti contraenti devono adottare le misure legislative, regolatorie ed amministrative e le altre azioni necessarie per adempiere i loro obblighi ai sensi della Convenzione. L'art. 5 («Presentazione dei rapporti») impone alle parti contraenti di presentare per riesame, prima di ciascuna delle riunioni, un rapporto sui provvedimenti adottati per soddisfare ciascuno degli obblighi enunciati nella Convenzione.

12.
    Per quanto riguarda la sezione b), «Legislazione e regolamentazione» (artt. 7-9) è pertinente solo l'art. 7 («Quadro legislativo e regolatorio»). L'art. 7, n. 1, impone alle parti contraenti di istituire un quadro legislativo e regolatorio per disciplinare la sicurezza degli impianti nucleari. A norma dell'art. 7, n. 2, tale quadro deve prevedere, tra l'altro, l'istituzione di norme di sicurezza nazionali, un sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari, un sistema di ispezioni e di valutazione e la vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle autorizzazioni.

13.
    La sezione c), «Condizioni generali di sicurezza» (artt. 10-16) contiene tre disposizioni pertinenti.

14.
    A norma dell'art. 14 («Valutazione e verifica della sicurezza»), le parti contraenti devono assicurare che vengano effettuate valutazioni e verifiche della sicurezza degli impianti nucleari.

15.
    Ai sensi dell'art. 15 («Protezione radiologica»), le parti contraenti devono garantire che l'esposizione dei lavoratori e della popolazione alle radiazioni causata da un impianto nucleare sia mantenuta al livello più basso, ragionevolmente ottenibile, e che nessun individuo venga esposto a dosi di radiazione superiori ai limiti stabiliti a livello nazionale.

16.
    Ai sensi dell'art. 16 («Pianificazione di emergenza»), le parti contraenti devono assicurare che vi siano piani d'emergenza per gli impianti nucleari, che siano diffuse informazioni appropriate per i piani e le azioni di emergenza e che le parti contraenti che non hanno impianti nucleari sul loro territorio, per quanto soggette alla probabilità di essere coinvolte in un'emergenza radiologica, intraprendano le azioni appropriate per l'elaborazione e le esercitazioni di piani di emergenza.

17.
    Infine, sono pertinenti tutte e tre le disposizioni della sezione d), «Sicurezza degli impianti» (artt. 17-19).

18.
    Ai sensi dell'art. 17 («Localizzazione»), le parti contraenti devono assicurare che vi siano procedure idonee a valutare tutti i fattori rilevanti inerenti al sito che possono incidere sulla sicurezza di un impianto nucleare previsto, per valutare il probabile impatto ch'esso potrebbe avere dal punto di vista della sicurezza, per riesaminare tutti i fattori pertinenti in modo da garantire che l'impianto nucleare rimanga accettabile dal punto di vista della sicurezza e per consultare le parti contraenti nelle vicinanze di un impianto nucleare previsto.

19.
    A norma dell'art. 18 («Progettazione e costruzione»), le parti contraenti devono assicurare che la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare preveda diversi livelli e metodi di protezione affidabili (difesa in profondità) contro il rilascio di materie radioattive, che le tecnologie utilizzate per la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare siano provate dall'esperienza o qualificate da prove o da analisi e che la progettazione consenta un esercizio affidabile, stabile ed agevolmente controllabile.

20.
    Ai sensi dell'art. 19 («Esercizio»), le parti contraenti devono assicurare che l'autorizzazione iniziale all'esercizio di un impianto nucleare si basi su un'analisi di sicurezza appropriata e su un programma di avviamento, che i limiti e le condizioni operative siano definiti e riesaminati, che l'esercizio, la manutenzione, l'ispezione e le prove di un impianto nucleare siano condotte secondo procedure approvate, che siano stabilite procedure per far fronte ad eventi operativi previsti e ad incidenti, che sia disponibile il supporto tecnico ed ingegneristico necessario in tutti i settori rilevanti per la sicurezza, che i malfunzionamenti significativi per la sicurezza siano notificati, che siano predisposti programmi di raccolta e di analisi dell'esperienza operativa e che la produzione di scorie radioattive sia mantenuta al minimo praticabile.

III - Partecipazione della Comunità alla Convenzione

1.     Disposizioni del Trattato Euratom relative agli accordi internazionali

21.
    A norma dell'art. 101, primo comma, del Trattato, la Comunità, «nell'ambito della sua competenza, (...) può impegnarsi mediante la conclusione di accordi o convenzioni con uno Stato terzo, una organizzazione internazionale o un cittadino di uno Stato terzo».

22.
    Ai sensi dell'art. 101, secondo comma, del Trattato, in generale tali accordi devono essere (per le eccezioni si veda il terzo comma dello stesso articolo):

-    negoziati dalla Commissione secondo le direttive del Consiglio, e

-    conclusi dalla Commissione con l'approvazione del Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata.

23.
    Ai sensi dell'art. 102 del Trattato, gli accordi nei quali siano parti, oltre la Comunità, uno o più Stati membri, possono entrare in vigore soltanto dopo l'avvenuta notificazione alla Commissione da parte di tutti gli Stati membri interessati che tali accordi sono divenuti applicabili conformemente alle disposizioni del loro diritto interno rispettivo.

3.    Negoziazione della partecipazione della Comunità alla Convenzione sulla sicurezza nucleare e clausole relative a detta partecipazione

24.
    Il 28 settembre 1993, la Commissione ha presentato al Consiglio una proposta di decisione del Consiglio che adotta direttive per la negoziazione, da parte della Commissione, di una Convenzione internazionale sulla sicurezza nucleare. Nella detta proposta, la Commissione ha chiesto al Consiglio di autorizzarla a negoziare la Convenzione per conto della Comunità.

25.
    Il Consiglio non le ha concesso la propria autorizzazione. Ha invece dichiarato che la Presidenza avrebbe dovuto chiedere, durante i negoziati, che il testo della bozza di Convenzione comprendesse una disposizione che consentisse alle «organizzazioni regionali aventi carattere d'integrazione o altro» di essere firmatarie o di aderire. Pertanto, il testo della Convenzione contiene, all'art. 30, n. 4, clausole che consentono alle organizzazioni regionali di essere firmatarie o di aderire.

26.
    L'art. 30, n. 4, della Convenzione così dispone:

«i)    La presente Convenzione è aperta alla firma o all'adesione di organizzazioni regionali aventi carattere d'integrazione o altro, a condizione che ciascuna di tali organizzazioni sia costituita da Stati sovrani ed abbia competenza in merito alla negoziazione, conclusione ed applicazione di accordi internazionali nelle materie oggetto della presente Convenzione.

ii)    Nelle materie di loro competenza, tali organizzazioni esercitano per proprio conto i diritti ed assumono i compiti che questa Convenzione attribuisce agli Stati parti contraenti.

iii)    Nel divenire parte della presente Convenzione, tali organizzazioni comunicano al depositario di cui all'articolo 34 una dichiarazione nella quale sono indicati quali sono i loro Stati membri, quali articoli della presente Convenzione sono applicabili nei loro confronti e qual è la portata della loro competenza nel settore disciplinato da detti articoli.

iv)    Le organizzazioni di questo tipo non hanno altri diritti di voto che quelli spettanti ai loro Stati membri».

3.    La proposta della Commissione relativa alla decisione del Consiglio impugnata

27.
    L'8 settembre 1994, la Commissione ha presentato un documento intitolato «Proposta di direttiva del Consiglio riguardante l'approvazione della firma da parte della Comunità europea dell'energia atomica della Convenzione sulla sicurezza nucleare» (4). Detto documento conteneva, tra l'altro:

-    una bozza di decisione del Consiglio che approva la firma della Convenzione, da parte della Commissione, conformemente alla procedura prevista dall'art. 101, n. 2, del Trattato, e

-    il testo di una dichiarazione della Comunità ai sensi dell'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione.

28.
    Il testo della dichiarazione di cui trattasi era il seguente:

«I seguenti Stati sono attualmente membri della Comunità europea dell'energia atomica: Belgio, Danimarca (...).

La Comunità dichiara che i seguenti articoli della Convenzione sono di sua pertinenza: Articoli da 1 a 5, Articolo 7, Articoli da 14 a 35.

La Comunità possiede competenza nei settori contemplati dagli Articoli da 1 a 5, dall'Articolo 7 e dagli Articoli da 14 a 19, secondo quanto disposto dal Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica e dalla legislazione comunitaria elencata in appresso.

In futuro è possibile che la Comunità assuma ulteriori responsabilità adottando misure legislative più specifiche relative al settore di pertinenza della Convenzione.

ELENCO DEGLI ATTI COMUNITARI

(...)».

29.
    L'elenco degli atti comunitari menzionati nel terzo paragrafo della dichiarazione e ad essa allegati comprende 15 atti normativi (direttive, regolamenti e decisioni) adottati dal Consiglio o dalla Commissione e concernenti materie connesse alla protezione contro le radiazioni ionizzanti.

4.    La decisione del Consiglio impugnata

30.
    Il 7 dicembre 1998 - oltre quattro anni dopo la proposta della Commissione, - il Consiglio ha adottato all'unanimità la decisione che approva l'adesione della Comunità alla Convenzione, impugnata dalla Commissione nel presente procedimento.

31.
    Nel preambolo della decisione, il Consiglio dichiara che «la competenza relativa alla progettazione, costruzione ed esercizio di impianti nucleari spetta agli Stati membri in cui detti impianti sono situati» e che l'adesione della Comunità alla Convenzione dev'essere approvata «in vista dei compiti assegnati in tale materia alla Comunità dal titolo II, capo 3, "Protezione sanitaria", del Trattato».

32.
    L'unico articolo della parte dispositiva della decisione così recita:

«1.    E' approvata l'adesione della Comunità europea dell'energia atomica alla convenzione sulla sicurezza nucleare.

2.    Il testo della dichiarazione della Comunità europea dell'energia atomica prevista dall'articolo 30, paragrafo 4, sub iii), della Convenzione sulla sicurezza nucleare è allegato alla presente decisione».

33.
    La dichiarazione allegata è così redatta:

«Attualmente, i seguenti Stati sono membri della Comunità europea dell'energia atomica: il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, (...)

La Comunità dichiara che si applicano nei suoi confronti gli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione. Si applicano, inoltre, nei suoi confronti gli articoli da 1 a 5, l'articolo 7, paragrafo 1, l'articolo 14, capoverso ii) e gli articoli da 20 a 35, solo per quanto riguarda i settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2.

La Comunità ha una competenza ripartita con i summenzionati Stati membri nei settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione, in forza delle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica contenute nell'articolo 2, lettera b), e nei pertinenti articoli del titolo II, capo 3, intitolato “Protezione sanitaria”».

5.    Sviluppi successivi alla presentazione del ricorso

34.
    La Commissione ha depositato il ricorso l'8 febbraio 1999. Con decisione 16 novembre 1999, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, la Commissione ha approvato, per conto della Comunità, l'adesione alla Convenzione (5) e ha allegato alla sua decisione sia il testo della Convenzione che quello della dichiarazione della Comunità ai sensi dell'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione, come formulato nell'allegato della decisione del Consiglio 7 dicembre 1998.

35.
    Il 31 gennaio 2000, la Commissione ha depositato un atto di adesione alla Convenzione presso il direttore generale dell'AIEA e ha contemporaneamente comunicato la dichiarazione ai sensi dell'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione, come formulata nei rispettivi allegati della decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 e della decisione della Commissione 16 novembre 1999 (6).

36.
    Il 30 aprile 2000, la Convenzione è entrata in vigore per la Comunità ai sensi dell'art. 30, n. 2, della Convenzione stessa.

IV - La «protezione sanitaria» nel Trattato Euratom

37.
    Secondo il preambolo del Trattato Euratom, gli Stati membri contraenti erano, da un lato, «risoluti a creare le premesse per lo sviluppo di una potente industria nucleare», ma, dall'altro, anche «solleciti d'instaurare condizioni di sicurezza che allontanino i pericoli per la vita e la salute delle popolazioni».

38.
    Ai sensi dell'art. 2, lett. b), del Trattato, la Comunità deve «stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori e vigilare sulla loro applicazione».

39.
    Tale compito viene descritto con maggiore precisione nel titolo II, capo 3 (artt. 30-39 del Trattato), intitolato «Protezione sanitaria».

1.    L'istituzione di «norme fondamentali»

40.
    L'art. 30 del Trattato dispone quanto segue:

«Sono istituite nella Comunità norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.

Per norme fondamentali s'intendono:

a)    le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza,

b)    le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili,

c)    i principi fondamentali di sorveglianza sanitaria dei lavoratori».

41.
    Conformemente alla procedura di cui all'art. 31 del Trattato, le norme fondamentali vengono «elaborate» dalla Commissione, previo parere di un gruppo di esperti scientifici, designati in particolare tra quelli versati in materia di sanità pubblica, degli Stati membri. La Commissione deve chiedere il parere del Comitato economico e sociale e consultare il Parlamento. Le norme fondamentali vengono «stabilite» dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa consultazione del Parlamento.

42.
    A norma dell'art. 32, a richiesta della Commissione o di uno Stato membro, le norme fondamentali possono essere «rivedute» o «completate» secondo la procedura definita dall'art. 31.

43.
    Ai sensi degli artt. 30, 31 e 218 del Trattato, la Comunità ha stabilito norme fondamentali per la prima volta nel 1959, mediante le «direttive 2 febbraio 1959, che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti» (7). Le dette direttive sono state rivedute in forza degli artt. 31 e 32 del Trattato nel 1962, con la direttiva 5 marzo 1962 (8), nel 1966 con la direttiva del Consiglio 66/45/Euratom (9), nel 1976 con la direttiva del Consiglio 76/579/Euratom (10), nel 1979 con la direttiva del Consiglio 79/343/Euratom (11), nel 1980 con la direttiva del Consiglio 80/836/Euratom (12), e nel 1984 con la direttiva del Consiglio 84/467/Euratom (13).

44.
    Nel 1996, le direttive sulle norme fondamentali, come rivedute, sono state sostituite dalla direttiva del Consiglio 13 maggio 1996, 96/29/Euratom, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (in prosieguo: la «direttiva sulle norme fondamentali») (14), che ha abrogato le norme precedentemente applicabili con effetto dal 13 maggio 2000 (15).

2.    Osservanza, controllo e poteri della Commissione

45.
    A norma dell'art. 33 del Trattato, gli Stati membri devono stabilire le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative atte a garantire l'osservanza delle norme fondamentali. La Commissione deve formulare tutte le raccomandazioni intese ad assicurare l'armonizzazione delle disposizioni nazionali applicabili in materia. A tal fine, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione i progetti di disposizioni pertinenti.

46.
    Ai sensi degli artt. 35 e 36 del Trattato, gli Stati membri devono «provvedere agli impianti necessari per effettuare il controllo permanente del grado di radioattività dell'atmosfera, delle acque e del suolo, come anche al controllo sull'osservanza delle norme fondamentali». Le informazioni relative a tali controlli devono essere comunicate dalle autorità competenti alla Commissione, per renderla edotta del grado di radioattività di cui la popolazione possa eventualmente risentire. La Commissione ha diritto di accesso alle strutture di controllo nazionali e può verificarne gestione ed efficienza (16).

47.
    A tenore dell'art. 38, n. 1, del Trattato, la Commissione può inviare agli Stati membri tutte le raccomandazioni concernenti il grado di radioattività dell'atmosfera, delle acque e del suolo. L'art. 38, nn. 2 e 3, del Trattato prevede che in caso d'urgenza la Commissione può emanare una direttiva con cui intima allo Stato membro in causa di adottare, nel termine che la Commissione stessa provvede a fissare, tutte le misure necessarie ad evitare un'infrazione alle norme fondamentali e a garantire il rispetto delle disposizioni regolamentari. Qualora lo Stato in causa non si conformi nel termine stabilito alla direttiva della Commissione, quest'ultima o qualsiasi Stato membro interessato può adire immediatamente la Corte.

3.    Disposizioni relative agli esperimenti pericolosi e ai piani di smaltimento dei residui radioattivi

48.
    Ai sensi dell'art. 34 del Trattato, ciascuno Stato membro, nei territori del quale devono effettuarsi «esperimenti particolarmente pericolosi», è tenuto ad adottare disposizioni supplementari di protezione sanitaria, dopo aver preventivamente domandato in merito il parere della Commissione. Il parere conforme della Commissione è obbligatorio quando gli effetti di tali esperimenti siano suscettibili di ripercuotersi sui territori degli altri Stati membri (17).

49.
    A norma dell'art. 37 del Trattato, ciascuno Stato membro è tenuto a fornire alla Commissione i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui radioattivi, sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro. La Commissione deve esprimere il suo parere entro un termine di sei mesi (18).

V - Sulla ricevibilità

50.
    Il 12 ottobre 1999, il Consiglio ha sollevato un'eccezione di ricevibilità. Con decisione 8 febbraio 2000, la Corte si è riservata di decidere nella sentenza finale.

51.
    A sostegno della sua tesi secondo cui il ricorso della Commissione è irricevibile, il Consiglio deduce tre argomenti, ossia che

1)    il ricorso è privo di oggetto;

2)    il ricorso è irricevibile in quanto diretto contro una parte della decisione che non può essere presa in considerazione separatamente dal resto dell'atto e la Commissione non chiede l'annullamento della decisione nella sua interezza;

3)    il ricorso è inadeguato, sotto il profilo procedurale, in quanto la Commissione di fatto chiede un parere sulla portata delle competenze della Comunità.

52.
    Prima di esaminare tali argomenti, può essere utile (19) verificare se il ricorso della Commissione sia diretto contro un atto impugnabile in forza dell'art. 146 del Trattato e se l'adesione alla Convenzione dopo la presentazione del presente ricorso abbia qualche influenza sulla sua ricevibilità.

1.    Atto impugnabile

53.
    Ai sensi dell'art. 146 del Trattato, la Corte può esercitare un controllo di legittimità sugli «atti del Consiglio (...) che non siano raccomandazioni o pareri». A tale riguardo, l'art. 146 del Trattato è identico all'art. 230 CE (20) e va interpretato per analogia a detta disposizione (21). Occorre quindi stabilire se il ricorso sia diretto contro un provvedimento mirante a produrre effetti giuridici (22).

54.
    La Commissione chiede l'annullamento dell'ultimo paragrafo della dichiarazione allegata alla «decisione del Consiglio 7 dicembre 1998, che approva l'adesione della Comunità europea dell'energia atomica alla Convenzione sulla sicurezza nucleare» (23). In tale decisione, l'approvazione dell'adesione alla Convenzione e il richiamo alla dichiarazione allegata sono contenute in un articolo «unico». Si osservi inoltre che l'articolo «unico» elenca i due elementi uno accanto all'altro e su un piano di parità. La dichiarazione in esame era quindi intesa a costituire parte integrante della decisione del Consiglio 7 dicembre 1998. Tale interpretazione è in linea con la prassi normale di diritto comunitario, ossia che gli allegati o i protocolli annessi ad un determinato atto giuridico ne formano parte integrante ed hanno la sua stessa natura giuridica (24).

55.
    Ai sensi dell'art. 101, secondo comma, del Trattato, gli accordi internazionali della Comunità con Stati terzi od organizzazioni internazionali in generale devono essere conclusi «dalla Commissione con l'approvazione del Consiglio». A livello internazionale spetta quindi alla Commissione esprimere il consenso della Comunità ad essere vincolata da un accordo. Internamente, invece, né il Consiglio né la Commissione possono decidere autonomamente di concludere un determinato accordo internazionale: la Commissione necessita dell'approvazione del Consiglio e quest'ultimo non può obbligare la Commissione a concludere un accordo contro la sua volontà. La decisione 7 dicembre 1998, pertanto, costituiva un elemento necessario (sebbene non sufficiente) del procedimento interno con cui il Consiglio e la Commissione hanno deciso congiuntamente che la Comunità doveva divenire parte della Convenzione.

56.
    Secondo la giurisprudenza della Corte, che interpreta estensivamente le categorie di provvedimenti soggetti a controllo giurisdizionale (25), non vi è dubbio che l'approvazione dell'adesione alla Convenzione, presa isolatamente (primo paragrafo dell'articolo unico della decisione 7 dicembre 1998), costituisce un atto impugnabile, in quanto esprime in termini definitivi il consenso del Consiglio all'adesione della Comunità ed è quindi inteso ad essere giuridicamente vincolante nell'ambito delle attività del Consiglio e nei suoi rapporti con la Commissione.

57.
    Per quanto riguarda la dichiarazione controversa, va rilevato che nessuna disposizione del Trattato Euratom precisa espressamente se spetti alla Commissione o al Consiglio stabilire il contenuto di una dichiarazione che la Comunità deve presentare in occasione della ratifica di accordi internazionali. Nella specie, entrambe le istituzioni sembrano rivendicare tale diritto: nella sua proposta dell'8 settembre 1994, la Commissione dichiara nella relazione esplicativa che «emetterà» la dichiarazione menzionata nell'allegato e, nella parte dispositiva della decisione 7 dicembre 1998, il Consiglio dichiara che il testo della decisione «della Comunità» è allegato. Poiché la formulazione di tale dichiarazione costituisce parte essenziale del procedimento di stipula di un accordo internazionale, ritengo che anche il procedimento diretto a stabilire il contenuto dell'accordo sia disciplinata dall'art. 101 del Trattato. Ne consegue che la dichiarazione «interna» allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 era intesa ad obbligare la Commissione a comunicare al depositario una dichiarazione «esterna» con il contenuto prescritto dal Consiglio e pertanto mirava anche a produrre effetti giuridici.

58.
    Anche se la dichiarazione «esterna» presentata dalla Commissione al depositario non è direttamente in discussione, può essere utile aggiungere che anch'essa è intesa, e idonea, a produrre effetti giuridici. Ai sensi dell'art. 30, n. 4, sub ii), della Convenzione, la Comunità deve adempiere i compiti che la Convenzione le attribuisce nelle materie di sua competenza. La dichiarazione esterna è quindi intesa a definire, come effettivamente fa, in forma vincolante nei confronti delle altre parti contraenti, la portata degli obblighi della Comunità. Ritengo che l'effetto giuridico della dichiarazione esterna nella sfera internazionale rafforzi gli argomenti a favore dell'impugnabilità della dichiarazione interna in discussione, giacché tale dichiarazione interna ha necessariamente determinato il contenuto della dichiarazione esterna.

59.
    Rilevo infine che la dichiarazione interna allegata alla decisione del 7 dicembre 1998 non costituisce un provvedimento di natura meramente preparatoria non impugnabile ai sensi della giurisprudenza della Corte (26). Tale giurisprudenza si applica in particolare ai procedimenti decisionali in cui una sola istituzione agisce in fasi diverse (27). In tal caso, è possibile impugnare l'atto finale e in tale occasione si può contestare la legittimità delle fasi precedenti. Nel caso di specie, varie istituzioni erano coinvolte nel procedimento ai sensi dell'art. 101 del Trattato e l'atto impugnato costituiva l'«ultima parola» del Consiglio. Se tale atto non fosse impugnabile, la Commissione non disporrebbe di alcun rimedio.

60.
    Pertanto, il ricorso della Commissione è diretto contro un atto impugnabile ai sensi dell'art. 146 del Trattato.

2.    Gli effetti della successiva adesione della Comunità alla Convenzione

61.
    Si ricorderà che la Commissione, dopo avere proposto il presente ricorso, ha deciso di approvare l'adesione della Comunità alla Convenzione e ha depositato un atto di adesione presso il depositario della Convenzione. In entrambe le occasioni la Commissione ha allegato una dichiarazione identica a quella formulata dal Consiglio e in esame nel presente procedimento.

62.
    Si potrebbe obiettare che, stando così le cose, la Commissione non ha interesse a proporre il presente ricorso, in quanto si è già conformata all'atto impugnato.

63.
    Si potrebbe altresì negare che la Commissione abbia interesse a proporre ricorso in quanto, sotto il profilo internazionale, la Commissione nel frattempo è divenuta parte della Convenzione in base ad una dichiarazione di competenza identica a quella impugnata. Una sentenza della Corte che annullasse l'ultimo paragrafo della dichiarazione allegata alla decisione interna del Consiglio interverrebbe quindi «troppo tardi» e non avrebbe alcun effetto utile.

64.
    Questi argomenti vanno entrambi respinti. L'art. 146, primo comma, del Trattato attribuisce alla Commissione il diritto di proporre un ricorso d'annullamento senza che l'esercizio di tale diritto sia subordinato alla prova dell'esistenza di un interesse ad agire (28). Occorre anche rammentare che uno dei principali compiti della Commissione ai sensi dell'art. 124 del Trattato è vigilare sull'applicazione delle disposizioni del Trattato. Per assolvere questa funzione, la Commissione deve disporre di tutti gli strumenti predisposti dal Trattato per assicurare il rispetto del diritto (29).

65.
    La Commissione ha comunque interesse a proporre ricorso in quanto l'annullamento (parziale) della dichiarazione impugnata avrebbe effettivamente conseguenze pratiche. E' vero che l'annullamento colpirebbe solo la dichiarazione allegata alla decisione interna del Consiglio 7 dicembre 1998. Pertanto, la dichiarazione trasmessa dalla Commissione al depositario della Convenzione in un primo tempo rimarrebbe quindi impregiudicata. Tuttavia, come hanno dichiarato all'udienza sia la Commissione che il Consiglio, nessun elemento della Convenzione impedisce alla Comunità di presentare in una fase successiva una dichiarazione diversa o modificata. Tale facoltà è inerente alla natura degli obblighi imposti dall'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione. Potrebbe ad esempio essere necessario modificare l'elenco degli Stati membri in caso di adesione di nuovi Stati membri all'Unione europea. Lo stesso vale per quanto riguarda le informazioni relative alla portata della competenza della Comunità qualora vi fosse un'evoluzione di tale competenza nel tempo. Ne consegue che, in caso di annullamento della dichiarazione, il Consiglio e la Commissione sarebbero tenuti a concordare una nuova dichiarazione che la Commissione dovrebbe successivamente comunicare al depositario della Convenzione.

3.    Il primo argomento del Consiglio: il ricorso è privo d'oggetto

66.
    Il controverso ultimo paragrafo della dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 è così formulato:

«La Comunità ha una competenza ripartita con i summenzionati Stati membri nei settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione, in forza delle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica contenute nell'articolo 2, lettera b), e nei pertinenti articoli del titolo II, capo 3, intitolato “Protezione sanitaria”».

67.
    Il Consiglio, nelle sue osservazioni scritte, ha sostenuto che detto paragrafo contiene solo due dichiarazioni, ossia:

-    che la Comunità condivide la sua competenza con gli Stati membri e

-    che tale competenza ripartita discende dall'art. 2, lett. b), del Trattato e dalle pertinenti disposizioni del titolo II, capo 3, del Trattato stesso.

68.
    Secondo il Consiglio, la Commissione non contesta né la natura della competenza della Comunità (ripartita, non esclusiva), né la sua origine (titolo II, capo 3, del Trattato). Poiché queste due informazioni sono le sole che appaiono nel paragrafo controverso, il ricorso della Commissione sarebbe privo di oggetto.

69.
    La Commissione afferma che il paragrafo in questione contiene una terza informazione cruciale, ossia che la Comunità ha competenza soltanto nei settori regolati dagli artt. 15 e 16, n. 2, e non in quelli regolati da altre disposizioni della Convenzione.

70.
    Si rammenterà che la Commissione impugna l'ultimo paragrafo in quanto esso omette di dichiarare che la Comunità ha competenza anche nelle materie regolate dagli artt. 1-5, 7 e 14-19 della Convenzione. Il primo argomento del Consiglio relativo all'irricevibilità è quindi collegato al motivo principale della Commissione e va pertanto esaminato unitamente al merito della controversia (30).

4.    Il secondo argomento del Consiglio: la domanda di annullamento parziale è diretta contro una parte della decisione che non può essere disgiunta dalla decisione nella sua interezza

71.
    Il secondo argomento del Consiglio relativo all'irricevibilità è suddiviso in due parti. Il Consiglio sostiene in sostanza che:

-    la dichiarazione nella sua interezza non può essere disgiunta dalla decisione del Consiglio che approva l'adesione della Comunità alla Convenzione, e che

-    l'ultimo paragrafo della dichiarazione non può essere disgiunto dal secondo paragrafo della stessa.

a) Le parti della dichiarazione sono impugnabili separatamente?

72.
    Secondo il Consiglio, la dichiarazione non può essere disgiunta dalla decisione che approva l'adesione. Il Consiglio non avrebbe approvato la decisione relativa all'adesione della Comunità senza una dichiarazione completa. Pertanto, sarebbe impossibile mantenere in vigore la decisione del Consiglio di approvare l'adesione della Comunità annullando nel contempo la dichiarazione o parti di essa. Inoltre la Corte non può annullare la decisione in sé in quanto con ciò si spingerebbe ultra petita.

73.
    In linea di principio, un ricorrente può impugnare anche solo una parte di un singolo atto giuridico (31). La questione, pertanto, è solo se il ricorso o l'atto impugnato presentino elementi particolari tali da rendere irricevibile la domanda di annullamento parziale della Commissione.

74.
    E' vero che nella causa Jamet (32) la Corte ha dichiarato irricevibile una domanda d'annullamento parziale. In detta causa, tuttavia, la parte impugnata non era separabile dalla decisione considerata nella sua interezza: le parti della decisione di cui si chiedeva l'annullamento erano così essenziali che in loro mancanza la decisione non avrebbe più potuto produrre effetti giuridici. Nella specie, un annullamento separato della dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 non avrebbe conseguenze del genere. Come ho già detto, la decisione di approvare l'adesione alla Convenzione di per sé è intesa e idonea a produrre effetti giuridici (33).

75.
    Alla sentenza Jamet vanno contrapposte le sentenze nelle cause Transocean Marine Paint (34) e Kali e Salz (35), che riguardavano ricorsi per l'annullamento separato di condizioni allegate a decisioni favorevoli a talune imprese. In tali casi, la difficoltà era costituita dal fatto che l'annullamento delle condizioni avrebbe potuto alterare la natura della decisione stessa. Tuttavia, la Corte non ha considerato problematica la ricevibilità di ricorsi diretti contro le sole condizioni. Nella specie, pertanto, dovrebbero esservi ancor meno dubbi circa la ricevibilità del ricorso, in quanto non sussiste alcun nesso giuridico tra la dichiarazione e la decisione di approvare l'adesione alla Convenzione per effetto del quale l'annullamento della dichiarazione comporterebbe quello della decisione. Quand'anche vi fosse stato un nesso politico tra i due elementi, la legittimità della decisione di approvare l'adesione della Comunità alla Convenzione non dipende dalla legittimità della dichiarazione.

76.
    Pertanto, la dichiarazione può essere disgiunta dalla decisione di approvazione ed impugnata separatamente.

b) L'ultimo paragrafo della dichiarazione è impugnabile separatamente?

77.
    Il Consiglio afferma che la dichiarazione impugnata costituisce un insieme unico e che gli ultimi due paragrafi non possono essere separati né presi in considerazione singolarmente. Tale argomento è basato sulla stessa interpretazione della dichiarazione su cui si fonda il primo argomento del Consiglio. Per le ragioni indicate in precedenza (36), anche questo argomento va esaminato unitamente al merito della controversia (37).

5.    Sul terzo argomento del Consiglio: il ricorso costituisce uno sviamento della procedura di annullamento in quanto con esso, di fatto, si chiede alla Corte di esprimere un parere sulla competenza della Comunità

78.
    Il Consiglio afferma che la Commissione non chiede realmente l'annullamento della parte controversa della dichiarazione, bensì desidera ottenere dalla Corte un parere sulla portata della competenza della Comunità nel contesto dell'adesione della stessa alla Convenzione. Tuttavia, a differenza del Trattato CE (art. 300, n. 6, CE), il Trattato Euratom non prevede una facoltà generale di chiedere alla Corte un parere sulla compatibilità con il Trattato di un accordo internazionale previsto, e in particolare sulla questione della competenza della Comunità a concludere tale accordo. Nessuna delle disposizioni del Trattato Euratom in forza delle quali si può chiedere un parere alla Corte - il Consiglio fa riferimento agli artt. 103, n. 3, 104, n. 3, e 105, n. 2, del Trattato - è applicabile nel caso di specie. Il ricorso pertanto dev'essere dichiarato irricevibile in quanto costituisce uno sviamento della procedura prevista dall'art. 146 del Trattato.

79.
    In primo luogo, non vedo indicazioni concrete nel senso che la Commissione abbia agito in malafede. Inoltre, nel parere 1/75, la Corte ha dichiarato che, ai sensi del Trattato CE, la competenza a concludere un accordo internazionale può essere assoggettata a controllo mediante la procedura di parere, la procedura di annullamento o il rinvio pregiudiziale (38). Nella sentenza Francia/Commissione, la Corte ha dichiarato che l'esercizio delle competenze devolute alle istituzioni della Comunità nel campo internazionale non può essere sottratto al controllo giurisdizionale di legittimità previsto dall'art. [230 CE] (39). Nella sentenza Grecia/Consiglio, la Corte ha sottolineato la «necessità di un sindacato completo e coerente della legittimità» (40). Ne consegue che la possibilità di chiedere un parere e la ricevibilità di un ricorso d'annullamento costituiscono questioni del tutto autonome. Semmai, l'impossibilità di chiedere alla Corte un parere sulla compatibilità con il Trattato di un accordo previsto non indebolisce, bensì rafforza gli argomenti a favore della ricevibilità di ricorsi proposti in forza dell'art. 146 del Trattato.

80.
    Pertanto, occorre respingere anche il terzo argomento del Consiglio.

VI - Nel merito

81.
    La Commissione chiede l'annullamento del terzo paragrafo della dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 nella parte in cui, in relazione alla competenza della Commissione, omette di precisare che la Comunità ha competenza nei settori regolati dagli artt. 1-5, 7, 14, 16, nn. 1 e 3, e 17-19 della Convenzione. Il ricorso della Commissione è basato sul motivo della violazione del Trattato, e in particolare dell'art. 2, lett. b), delle disposizioni contenute nel titolo II, capo 3 (artt. 30-39), dell'art. 192 e della legislazione comunitaria basata sul Trattato.

1.    Gli obblighi imposti dalla Convenzione per quanto riguarda la dichiarazione controversa

82.
    Si rammenterà che l'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione dispone quanto segue:

«Nel divenire parte della presente Convenzione, [le organizzazioni regionali] comunicano al depositario (...) una dichiarazione nella quale sono indicati quali sono i loro Stati membri, quali articoli della presente Convenzione sono applicabili nei loro confronti e qual è la portata della loro competenza nel settore disciplinato da detti articoli».

83.
    Tale disposizione va interpretata alla luce del diritto internazionale consuetudinario relativo all'interpretazione dei trattati, codificato dagli artt. 31-33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.

84.
    Va anche ricordato che, in forza di un altro principio di diritto internazionale consuetudinario formalizzato dall'art. 24, n. 4, della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (41), le norme di cui all'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione sulla sicurezza nucleare si applicavano alla Comunità prima dell'entrata in vigore di tale Convenzione.

85.
    Dal testo dell'art. 30, n. 4, sub iii), emerge in primo luogo che:

-    la Comunità deve presentare una dichiarazione di competenza qualora intenda divenire parte contraente, e

-    deve comunicare la dichiarazione contemporaneamente alla presentazione del suo atto di adesione («nel divenire parte»).

86.
    Sia il tenore letterale che il contesto sembrano indicare che la dichiarazione dev'essere precisa e completa. Ciò può desumersi in particolare dall'art. 30, n. 4, sub ii), della Convenzione: se la Comunità deve esercitare i diritti e adempiere gli obblighi che la Convenzione impone agli Stati contraenti in tutte le «materie di [sua] competenza», la Comunità non può «selezionare» e dichiarare solo alcune delle sue competenze.

87.
    Inoltre dal testo dell'art. 30, n. 4, sub iii), emerge che le organizzazioni regionali devono presentare una dichiarazione comprendente tre elementi, ossia:

-    un elenco degli Stati membri dell'organizzazione,

-    un elenco degli articoli della Convenzione «applicabili» all'organizzazione, e

-    una dichiarazione concernente «la portata della loro competenza nel settore disciplinato da detti articoli».

88.
    Il primo dei suddetti tre obblighi non è in discussione.

89.
    Il Consiglio, nelle sue osservazioni scritte, ha affermato che è la seconda disposizione che obbliga la Comunità ad indicare i settori della Convenzione in cui essa è competente. La terza disposizione quindi riguarda solo la questione se tale competenza sia ripartita od esclusiva.

90.
    Tale interpretazione, a mio parere, è in contrasto con il significato abituale dei termini utilizzati. La portata della seconda disposizione è definita dal termine «applicabili», che significa che una determinata norma ha rilevanza giuridica per un determinato soggetto. La dichiarazione relativamente indeterminata secondo cui una disposizione è applicabile ad un soggetto va tenuta distinta dalla dichiarazione molto più specifica secondo cui il soggetto in questione ha competenza (legislativa, amministrativa o di altra natura) nei settori disciplinati da tale disposizione. Ad esempio, le definizioni di cui all'art. 2 della Convenzione hanno rilevanza giuridica per tutte le parti contraenti e quindi sono «applicabili» anche alla Comunità. Tuttavia non avrebbe senso affermare che la Comunità è competente nel settore disciplinato da una disposizione che contiene solo definizioni.

91.
    Pertanto, le norme da indicare ai sensi della seconda disposizione comprendono, anzitutto, gli obblighi sostanziali imposti dalla Convenzione applicabili ad un'organizzazione regionale che prescrivono l'attuazione di misure legislative, regolamentari, amministrative o di altra natura nell'ambito del diritto interno dell'organizzazione (artt. 4-6 e 19). Un secondo gruppo di disposizioni «applicabili» alle organizzazioni regionali sono quelle che sanciscono diritti formali e/o procedurali ed obblighi relativi alla gestione e all'efficacia della Convenzione (ad esempio il diritto di denunciare la Convenzione ai sensi dell'art. 33, n. 1, o l'obbligo di depositare strumenti di ratifica presso il depositario ai sensi dell'art. 30, n. 5). Includerei in tale categoria anche l'obbligo di presentazione dei rapporti (art. 5) e gli altri obblighi imposti nell'ambito del meccanismo di controllo (artt. 20-28). Infine, vi sono le disposizioni generali che non creano in quanto tali diritti od obblighi ma vanno prese in considerazione ai fini dell'interpretazione e dell'applicazione della Convenzione. Un chiaro esempio è fornito dalle disposizioni che definiscono gli obiettivi (art. 1 della Convenzione), le nozioni fondamentali (art. 2), il campo di applicazione della Convenzione (art. 3) o l'entrata in vigore (art. 31) della stessa.

92.
    Il significato della terza disposizione è più difficile da determinare. L'espressione «portata della competenza» utilizzata all'art. 30, n. 4, sub iii), va interpretata nel suo contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo.

93.
    L'art. 30, n. 4, sub ii), dispone che «[n]elle materie di loro competenza, tali organizzazioni esercitano per proprio conto i diritti ed assumono i compiti che questa Convenzione attribuisce agli Stati parti contraenti». Il termine «competenza» di cui all'art. 30, n. 4, sub iii), va pertanto interpretato nel senso che fa riferimento alla competenza di un'organizzazione regionale ad esercitare i diritti e ad adempiere gli obblighi previsti dalla Convenzione.

94.
    Quanto all'espressione «portata» della competenza, occorre rammentare che qualora un'organizzazione regionale ed i suoi Stati membri siano parti di un accordo internazionale, le altre parti contraenti vogliono sapere «verso chi sono responsabili dell'adempimento dei loro obblighi, e nei confronti di chi possono far valere i loro diritti» (42). Lo scopo principale dell'obbligo di indicare la «portata» della competenza di un'organizzazione regionale è quindi rendere note al depositario e alle altre parti le materie disciplinate dalla Convenzione in cui un'organizzazione è competente ad adempiere gli obblighi e ad esercitare i diritti derivanti dalla Convenzione. Ai sensi della terza disposizione dell'art. 30, n. 4, sub iii), un'organizzazione regionale deve quindi indicare tutti gli articoli della Convenzione nel settore in cui è competente ad esercitare i diritti e ad adempiere gli obblighi che la Convenzione attribuisce agli Stati contraenti.

95.
    L'ultimo punto da chiarire è quello relativo al fatto che l'obbligo, sancito dall'art. 30, n. 4, sub iii), di indicare la portata della competenza della Comunità si applica solo «nel settore disciplinato da detti articoli». L'espressione «detti articoli» fa chiaramente riferimento agli articoli che debbono essere indicati ai sensi della seconda disposizione e pertanto agli articoli «applicabili» alla Comunità.

96.
    A prima vista potrebbe sembrare strano limitare l'obbligo di rendere nota la portata della competenza di un'organizzazione ad un gruppo predeterminato di articoli della Convenzione «applicabili» a detta organizzazione. Tuttavia, dalla precedente analisi dei termini «applicabili» e «competenza» risulta che le disposizioni rispetto alle quali un'organizzazione regionale ha «competenza» costituiscono necessariamente un sottogruppo delle disposizioni «applicabili» a detta organizzazione. E' quindi possibile che gli autori della Convenzione intendessero introdurre una misura di salvaguardia contro eventuali incoerenze nella dichiarazione di competenza di un'organizzazione regionale. Un'altra spiegazione potrebbe essere che, richiedendo cumulativamente un elenco di disposizioni «applicabili» ad un'organizzazione regionale e un'indicazione della «portata della competenza», gli autori della Convenzione volessero obbligare la Comunità a «rendere nota con particolare chiarezza/evidenza la sua competenza piuttosto limitata» (43).

97.
    All'udienza, in risposta ad un quesito posto dalla Corte, il Consiglio ha ammesso che il gruppo di articoli della Convenzione applicabili alle organizzazioni regionali (seconda disposizione) va tenuto distinto dal gruppo più ristretto di articoli relativi ai settori in cui un'organizzazione regionale ha competenza (terza disposizione).

98.
    Ne consegue che la terza disposizione dell'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione obbliga un'organizzazione regionale ad indicare le disposizioni della Convenzione nel cui settore è competente ad esercitare i diritti o ad adempiere gli obblighi che discendono da tali disposizioni.

2.    Sull'interpretazione del controverso terzo paragrafo della dichiarazione

99.
    Il controverso terzo paragrafo della dichiarazione è così formulato:

«La Comunità ha una competenza ripartita con i summenzionati Stati membri nei settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione, in forza delle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica contenute nell'articolo 2, lettera b), e nei pertinenti articoli del titolo II, capo 3, intitolato “Protezione sanitaria”».

100.
    Si rammenterà che le parti sono in disaccordo in merito alla questione se detto paragrafo contenga una dichiarazione secondo cui la Comunità ha competenza solo nei settori disciplinati dagli artt. 15 e 16, n. 2, della Convenzione.

101.
    La formulazione del terzo paragrafo conferma la tesi della Commissione secondo cui esso contiene siffatta dichiarazione. E' più naturale interpretare detto paragrafo nel senso che fornisce tre informazioni, ossia che la «Comunità ha competenza (...) nei settori regolati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, della Convenzione», che la competenza che la Comunità possiede è «ripartita con [gli] Stati membri» e che tale competenza deriva dall'«articolo 2, lettera b), e [dai] pertinenti articoli del titolo II, capo 3» del Trattato Euratom. Se il Consiglio avesse inteso formulare una dichiarazione più limitata, avrebbe dichiarato ad esempio che «la competenza della Comunità nei settori disciplinati dagli articoli 15 e 16, paragrafo 2, è ripartita con gli Stati membri».

102.
    Tale lettura del paragrafo controverso è confermata dall'interpretazione della dichiarazione del Consiglio alla luce degli obblighi imposti dall'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione. Conformemente all'analisi di detto articolo svolta in precedenza, la terza disposizione impone alla Comunità l'obbligo di indicare le disposizioni della Convenzione nel cui settore essa ha competenza.

103.
    Ne consegue che il terzo paragrafo della dichiarazione controversa va interpretato nel senso che afferma, tra l'altro, che la Comunità è competente solo nei settori disciplinati dagli articoli 15 e 16, n. 2, della Convenzione.

104.
    Tale conclusione rende possibile risolvere in questa fase le due questioni di ricevibilità rimanenti.

105.
    In primo luogo, poiché il terzo paragrafo effettivamente dichiara che la Comunità è competente solo nei settori disciplinati dagli articoli ivi menzionati, il ricorso della Commissione non è privo di oggetto. Il primo argomento del Consiglio relativo all'irricevibilità va quindi respinto.

106.
    In secondo luogo, l'informazione contenuta nel terzo paragrafo della dichiarazione (portata della competenza della Comunità) è giuridicamente distinta da quella di cui al secondo paragrafo (disposizioni della Convenzione applicabili alla Comunità) e la legittimità di questi due elementi può essere verificata in modo autonomo per ciascuno di essi. Il ricorso della Commissione è quindi diretto contro una parte della dichiarazione che può essere disgiunta dalla dichiarazione nella sua interezza. Pertanto, occorre respingere anche la seconda parte del secondo argomento del Consiglio relativo all'irricevibilità.

3.    Una dichiarazione di competenza incompleta può costituire una violazione del diritto comunitario ai sensi dell'art. 146 del Trattato?

107.
    Nel suo ricorso, la Commissione ha affermato che la dichiarazione in esame è in contrasto con gli artt. 2, lett. b), 30-39 e 192 del Trattato e con la legislazione comunitaria basata su di esso. Tuttavia, in risposta ad un quesito della Corte, la Commissione ha dichiarato che un obbligo di rendere una dichiarazione completa non può derivare dal Trattato Euratom, ma solo dalla Convenzione. Secondo il Consiglio, ciò solleva la questione se una dichiarazione incompleta possa costituire una violazione del Trattato ai sensi dell'art. 146 dello stesso.

108.
    A norma dell'art. 146 del Trattato, è possibile proporre ricorso per «violazione del presente trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione». Tale motivo d'annullamento riguarda la violazione di qualsiasi disposizione vincolante e superiore di diritto comunitario.

109.
    La Corte ha costantemente dichiarato che le disposizioni di un accordo internazionale concluso da una delle Comunità - quale l'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione - formano, dal momento della sua entrata in vigore, parte integrante dell'ordinamento comunitario (44).

110.
    La dichiarazione impugnata dalla Commissione, tuttavia, non è la dichiarazione «esterna» comunicata al depositario, bensì la dichiarazione allegata all'approvazione «interna» del Consiglio relativa all'adesione della Comunità alla Convenzione. Tuttavia, a mio parere anche una dichiarazione formulata a tal fine è illegittima qualora sia imprecisa o incompleta. Occorre rammentare che la dichiarazione costituiva l'espressione finale della posizione del Consiglio ed era intesa a costituire la base della dichiarazione esterna che avrebbe vincolato la Comunità ai sensi del diritto internazionale. Se non fosse corretta, violerebbe il Trattato Euratom in quanto non indicherebbe in modo esatto la competenza della Comunità in forza degli articoli pertinenti in una dichiarazione avente effetti giuridici. Potrebbe anche condurre ad una violazione della Convenzione in quanto obbligherebbe la Commissione (qualora volesse aderire alla Convenzione) a rendere una dichiarazione imprecisa, il che sarebbe in contrasto con gli obblighi internazionali imposti alla Comunità dall'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione. Il Consiglio, agendo in tal modo, verrebbe meno al dovere di leale cooperazione tra le istituzioni, in violazione dell'art. 192 del Trattato che, così come l'art. 10 CE, impone tale dovere non solo agli Stati membri, ma anche alle istituzioni comunitarie.

111.
    A tale proposito, le parti si richiamano entrambe alla deliberazione 1/78, in cui la Corte ha dichiarato che «non è necessario rendere nota e immutabile, nei confronti delle altre parti della Convenzione, la ripartizione dei poteri (...) fra la Comunità e gli Stati membri, tanto più che tale ripartizione può subire modifiche con l'andar del tempo. Nei confronti delle altre parti contraenti, sarà sufficiente dichiarare che in materia esiste una suddivisione dei poteri nell'ambito della Comunità, restando inteso che il preciso carattere di tale suddivisione è una questione interna nella quale gli Stati terzi non devono intervenire» (45).

112.
    Tale dichiarazione va tuttavia letta nel contesto in cui è inserita. La deliberazione 1/78 è stata emessa in un momento in cui la Convenzione ora in esame era ancora in corso di elaborazione. In tale fase, le parti negoziatrici non avevano ancora concordato le clausole necessarie per consentire ad un'organizzazione internazionale come la Comunità di partecipare alla Convenzione (46). Presumibilmente in vista della successiva negoziazione di tali clausole, la Commissione aveva chiesto alla Corte di dichiarare che occorreva seguire la prassi abituale in materia di accordi misti, ossia che la ripartizione interna dei poteri tra la Comunità e gli Stati membri non doveva essere precisata all'intenzione dei terzi (47). Tuttavia, nonostante la dichiarazione della Corte sopra citata, la Convenzione, che è stata firmata un anno e mezzo dopo la deliberazione, imponeva alla Comunità di comunicare al depositario una dichiarazione che indicasse tutti gli articoli della Convenzione ad essa non applicabili.

113.
    La dichiarazione formulata dalla Corte nella deliberazione 1/78 va quindi interpretata come una mera approvazione della prassi delle Comunità consistente nell'evitare, per quanto possibile, di indicare ai terzi durante la fase negoziale la suddivisione interna dei poteri tra la Comunità e gli Stati membri. Considerate le notevoli difficoltà di ordine giuridico e politico inerenti alle dichiarazioni di competenza, tale prassi va effettivamente approvata, in quanto consente alla Comunità ed agli Stati membri di concentrare l'attenzione su questioni più importanti, quali le disposizioni sostanziali dell'accordo.

114.
    Nella specie, tuttavia, è «troppo tardi» e la Comunità non può evitare di rendere una dichiarazione sulla competenza della Comunità e degli Stati membri. Contrariamente alla situazione oggetto della deliberazione 1/78, i firmatari della Convenzione (compresi gli Stati membri) hanno già deciso di chiedere alla Comunità di rendere nota la suddivisione interna dei poteri.

115.
    Pertanto, una dichiarazione «esterna» incompleta da parte della Comunità violerebbe l'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione, ed una dichiarazione «interna» incompleta da parte del Consiglio violerebbe il Trattato Euratom e - potendo condurre ad una violazione della Convenzione - contravverrebbe all'art. 192 del Trattato.

4.    Principali argomenti delle parti in merito alla completezza della dichiarazione

116.
    La Commissione afferma, in primo luogo, che la Comunità è competente nei settori disciplinati dagli artt. 1-5, 7, 14, 16, nn. 1 e 3, e 17-19 della Convenzione. A suo parere, tale competenza può dedursi da varie disposizioni del Trattato Euratom, in particolare dagli artt. 2, lett. b), 30-32 (norme fondamentali), 33 (raccomandazioni per armonizzare le disposizioni nazionali), 35 (verifica degli impianti nazionali di controllo), 37 (parere sui progetti relativi allo smaltimento di residui radioattivi), 38 (raccomandazioni concernenti il grado di radioattività e direttive in caso di urgenza). La competenza in questione è confermata anche da varie disposizioni della direttiva sulle norme fondamentali, adottata in forza degli artt. 31 e 32 del Trattato (48).

117.
    In secondo luogo, a parere della Commissione gli artt. 30 e segg. del Trattato e la Convenzione perseguono lo stesso obiettivo di fondo, ossia la tutela delle persone e dell'ambiente contro le radiazioni ionizzanti.

118.
    In terzo luogo, l'ambito di applicazione degli artt. 30 e segg. del Trattato comprende e travalica quello della Convenzione, che si applica solo alla sicurezza degli impianti nucleari (art. 3 della Convenzione). Ciò deriva dal fatto che il Trattato si applica alla tutela contro le radiazioni ionizzanti a prescindere dalla fonte (49) e la nozione di «sorgenti di radiazioni ionizzanti», quale definita all'art. 1 della direttiva sulle norme fondamentali, include espressamente gli impianti.

119.
    Il Consiglio replica in primo luogo che, per quanto riguarda gli artt. 1-5 della Convenzione, non è necessaria una delimitazione di competenza.

120.
    In secondo luogo, le altre disposizioni della Convenzione che la Commissione vorrebbe fossero elencate nella dichiarazione (artt. 7, 14, 16, nn. 1 e 3, e 17-19) riguardano in sostanza i provvedimenti relativi alla sicurezza degli impianti nucleari e quindi non rientrano nella competenza della Comunità. Gli artt. 30 e segg. del Trattato prevedono solo un sistema di protezione dalle radiazioni che consiste essenzialmente nello stabilire «dosi massime ammissibili» ed «esposizioni e contaminazioni massime ammissibili» (art. 30, secondo comma, del Trattato), e nell'assicurare che tali dosi o livelli vengano rispettati [art. 2, lett. b), del Trattato]. Le disposizioni contestate della Convenzione, invece, riguardano direttamente la progettazione, costruzione ed esercizio di impianti nucleari e quindi rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri.

121.
    In terzo luogo, la competenza della Comunità non può discendere dalla direttiva sulle norme fondamentali in quanto, ai sensi dell'art. 30, secondo comma, del Trattato, la detta direttiva può istituire solo le norme fondamentali relative alla protezione dalle radiazioni ionizzanti e quindi «le dosi massime ammissibili con un sufficiente margine di sicurezza» e «le esposizioni e contaminazioni massime ammissibili». Dall'art. 2, n. 1, della direttiva sulle norme fondamentali discende inoltre che l'ambito di applicazione di quest'ultima è limitato alle «pratiche» e quindi non comprende gli «impianti».

5.    Considerazioni generali sulla competenza dell'Euratom ai sensi degli artt. 30-39 del Trattato

122.
    Al fine di analizzare la questione fondamentale nel caso di specie, ossia la portata della competenza della Comunità in materia di sicurezza nucleare, occorre esaminare, da un lato, l'evoluzione della protezione radiologica e della sicurezza nucleare in generale, e, dall'altro, il significato e la portata della «protezione sanitaria» nel Trattato Euratom.

a)    Protezione radiologica e sicurezza nucleare

123.
    Per quanto riguarda i rischi delle radiazioni ionizzanti per la salute degli esseri umani, la Commissione internazionale per la protezione radiologica (CIPR) distingue due tipi di effetti dannosi delle radiazioni (50).

124.
    Dosi elevate di radiazioni producono effetti dannosi inevitabili (effetti deterministici) qualora la dose ecceda un valore soglia. Esempi di effetti deterministici comprendono gli eritemi e la sindrome acuta da radiazioni («radiation sickness»). Più è elevata la dose, maggiore è la gravità di tali effetti. Pertanto, l'obiettivo principale della protezione è evitare dosi elevate di radiazioni, presenti ad esempio in un luogo in cui sia avvenuto un grave incidente nucleare.

125.
    Dosi sia basse che elevate possono anche provocare effetti casuali (effetti stocastici) quali leucemia e malattie ereditarie. Più è bassa la dose, minore è la probabilità che tali effetti si producano. La gravità dell'effetto (se si verifica) tuttavia è indipendente dalla dose. La natura probabilistica di tali effetti rende impossibile formulare una distinzione chiara tra pratiche «sicure» e «pericolose». L'implicazione politica in tal caso è che le dosi di radiazioni devono essere mantenute «al livello minimo ragionevolmente ottenibile» («as low as reasonably achievable», il cosiddetto principio «ALARA»).

126.
    Tradizionalmente esistono vari metodi per prendere in esame i pericoli delle radiazioni ionizzanti.

127.
    La disciplina della protezione radiologica, da un lato, è intesa in primo luogo a tutelare la salute pubblica contro l'esposizione alle radiazioni ionizzanti o a materiali radioattivi. E' di competenza degli esperti di sanità pubblica ed è incentrata sulle persone e sulle dosi di radiazioni cui esse possono essere esposte. La protezione radiologica è iniziata come sottodisciplina della radiologia medica, in quanto le dosi di radiazioni emesse dai primi generatori di raggi X erano così elevate che il personale medico implicato accusava presto gli effetti deterministici delle radiazioni. In seguito, il settore è stato esteso alla tutela contro le radiazioni ionizzanti provenienti da tutti i tipi di fonti (ad esempio fonti nel settore dell'energia nucleare, nelle istituzioni mediche o nei laboratori di ricerca). Negli anni '50 gli esperti di protezione contro le radiazioni ritenevano ancora che l'esposizione a dosi di radiazioni inferiori a determinati limiti non avesse alcun effetto dannoso sulla salute. Dal 1977 in poi, alla luce di studi di lungo periodo sugli effetti stocastici delle radiazioni, il CIPR ha raccomandato l'abbinamento delle dosi limite al principio ALARA.

128.
    D'altro canto, la disciplina della «sicurezza» (degli impianti nucleari, dei trasporti di materiale radioattivo ecc.) riguarda invece in primo luogo la sicurezza tecnologica delle fonti radioattive e in particolare i mezzi per prevenire incidenti e mitigarne gli effetti qualora si verifichino. Esistono molti tipi di fonti, e quindi sicurezza può significare sicurezza degli impianti nucleari, sicurezza dei residui radioattivi o sicurezza dei trasporti di materiale radioattivo. Gli esperti della «sicurezza» sono per lo più fisici e ingegneri. La «sicurezza» rivolge la sua attenzione alle fonti e mira a mantenerne il pieno controllo tecnologico.

129.
    E' chiaro che la tutela contro le radiazioni e la sicurezza delle fonti sono strettamente connesse: da una parte, se la protezione radiologica deve avere un effetto pratico, va quanto meno identificata la fonte che produce la radiazioni di cui trattasi; dall'altra parte, le misure di sicurezza concernenti una determinata fonte devono garantire che in qualunque stato operativo le dosi di radiazioni vengano mantenute al di sotto dei limiti prescritti e al livello minimo ragionevolmente ottenibile. E' inoltre comprovato che i confini tra le due discipline stanno diventando sempre più sfumati.

130.
    Dunque, il sistema formale di protezione radiologica del CIPR attualmente applicabile (51), che ha ispirato la più recente riforma delle norme fondamentali di sicurezza della Comunità, stabilisce norme sull'«ottimizzazione» per quanto riguarda le «pratiche» che aumentano l'esposizione e gli «interventi» che riducono l'esposizione dovuta alle fonti esistenti. Tale sistema racchiude anche principi relativi alla «limitazione delle dosi correlate alla fonte», all'«esposizione potenziale» e alla «prevenzione degli incidenti». Tutti i suddetti principi hanno in comune il fatto di stabilire un controllo sulle fonti di radiazioni dannose molto più rigoroso rispetto alla semplice limitazione delle dosi.

131.
    Parallelamente, presso l'Agenzia internazionale dell'energia atomica vi è la tendenza ad adottare un approccio integrato alla «sicurezza nucleare», che abbina gli aspetti relativi alla sicurezza tecnica agli aspetti relativi alla protezione radiologica (52). Ad esempio, secondo l'attuale filosofia dell'AIEA, l'«obiettivo di sicurezza nucleare generale» di «proteggere le persone, la società e l'ambiente costituendo e mantenendo negli impianti nucleari difese efficaci contro i rischi delle radiazioni» è «integrato» da un «obiettivo di protezione contro le radiazioni» e da un «obiettivo di sicurezza tecnica». Le tre pubblicazioni più importanti del programma di norme sulla sicurezza dell'AIEA («Safety Fundamentals»), che in passato trattavano separatamente la «sicurezza degli impianti nucleari», la «protezione contro le radiazioni e la sicurezza delle fonti di radiazioni» e i «principi dello smaltimento dei residui radioattivi» sono attualmente riuniti in un'unica pubblicazione intitolata «Obiettivi e principi della sicurezza nucleare, delle radiazioni, delle scorie radioattive e del trasporto di materiale radioattivo». In termini organizzativi, il Dipartimento di sicurezza nucleare coordina sia la Divisione per la sicurezza degli impianti nucleari che la Divisione per la sicurezza delle radiazioni e delle scorie.

132.
    Da quanto precede discende che negli anni '50 le discipline della «sicurezza nucleare» e della «protezione radiologica» erano ancora nettamente separate: la prima era incentrata esclusivamente sulla sicurezza tecnologica degli impianti nucleari e la seconda sull'esposizione massima e sulle dosi limite per i lavoratori e per la popolazione nel complesso. Oggi invece esiste una significativa sovrapposizione tra sicurezza nucleare e protezione radiologica: la sicurezza nucleare presenta non solo un elemento tecnologico, ma anche un elemento di protezione radiologica, e la protezione radiologica mira a limitare le esposizioni conformemente al principio ALARA attraverso un aumento dei controlli sulle sorgenti di radiazioni quali gli impianti nucleari.

b) La «protezione sanitaria» nel Trattato Euratom

133.
    La priorità degli autori del Trattato Euratom era creare le premesse necessarie per la formazione ed il rapido incremento delle industrie nucleari (art. 1 del Trattato). Essi tuttavia erano anche consapevoli dell'esigenza di tutelare i lavoratori e la popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti.

134.
    A tale riguardo, la relazione Spaak (53) prevedeva:

-    norme minime comuni per disciplinare gli impianti nucleari nonché le condizioni di stoccaggio, trasporto e trattamento dei materiali radioattivi;

-    il controllo sulla sicurezza degli impianti nucleari da parte delle istituzioni comunitarie;

-    l'obbligo di notificare gli impianti previsti alla Comunità e la possibilità per quest'ultima di opporsi per motivi di sicurezza ad un impianto, con la conseguenza che l'impianto non avrebbe potuto ricevere materiale fissile;

-    controllo quotidiano degli impianti nucleari da parte delle autorità degli Stati membri sotto la supervisione della Comunità.

135.
    Tuttavia, gli autori del Trattato hanno attribuito alla Comunità poteri più limitati (54):

-    l'istituzione di norme fondamentali per la tutela della salute della popolazione, definite in termini di dosi massime ammissibili e di esposizioni e contaminazioni massime ammissibili, nonché dei principi fondamentali di sorveglianza sanitaria dei lavoratori (artt. 30-32 del Trattato);

-    obblighi di notifica e consultazione in particolare per quanto riguarda esperimenti pericolosi e piani per lo smaltimento dei residui radioattivi (artt. 34 e 37 del Trattato);

-    controllo non direttamente sugli impianti nucleari, bensì sugli impianti di controllo (art. 35 del Trattato);

-    raccomandazioni (artt. 33 e 38, primo comma, del Trattato) e direttive giuridicamente vincolanti in caso di urgenza (art. 38, secondo comma, del Trattato).

136.
    Da quanto precede emerge che gli autori del Trattato non intendevano concedere ampi poteri alla Comunità in relazione alla «sicurezza nucleare» (come intesa nel 1957) e volevano che la Comunità agisse principalmente nel settore della «protezione radiologica» (come intesa nel 1957).

137.
    Quali dovrebbero essere le attuali implicazioni di tale scelta storica?

138.
    Da una parte ritengo che, nonostante gli sviluppi successivi delle discipline della sicurezza nucleare e della protezione radiologica sopra descritti, la decisione di base degli autori del Trattato debba essere rispettata. Gli Stati membri intendevano chiaramente mantenere il controllo tecnologico degli impianti siti sul loro territorio. A mio parere, allo stato attuale del diritto comunitario, essi hanno perciò competenza esclusiva (o potenzialmente esclusiva) per quanto riguarda gli aspetti tecnologici della sicurezza nucleare come è intesa oggi. A tale proposito, è significativo il fatto che la Comunità non abbia mai adottato una legislazione sugli aspetti tecnologici della sicurezza nucleare e che i principali atti comunitari in tale settore siano due risoluzioni del Consiglio non vincolanti (55). Occorre tuttavia rammentare che al suo esterno, in particolare nell'Europa centrale e orientale e nei nuovi Stati indipendenti, la Comunità è impegnata in molte attività che riguardano l'aspetto tecnologico della sicurezza nucleare e sono basate, ove necessario, sull'art. 203 del Trattato (56).

139.
    D'altro canto, ritengo che la Comunità condivida talune competenze - ancorché limitate - con gli Stati membri in relazione ad aspetti della sicurezza nucleare attinenti alla protezione radiologica. A mio parere, ciò consegue ad un'interpretazione degli artt. 30-39 del Trattato che tiene conto:

-    degli obiettivi di tali disposizioni;

-    della possibilità di «rivedere» e «completare» le norme fondamentali ai sensi dell'art. 32 del Trattato;

-    dell'evoluzione nel tempo del contesto scientifico e giuridico internazionale di dette disposizioni;

-    della prassi relativa alla loro applicazione; e

-    della giurisprudenza della Corte.

140.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, gli obiettivi delle disposizioni del Trattato, nel preambolo dello stesso si afferma piuttosto genericamente che gli Stati membri sono solleciti d'instaurare condizioni di «sicurezza» che «allontanino» i pericoli per la vita e la salute delle popolazioni. A norma dell'art. 2, lett. b), del Trattato, la Comunità deve non solo «stabilire norme di sicurezza uniformi», ma anche «vigilare sulla loro applicazione». Si noterà che il Trattato fa più volte riferimento alla «sicurezza» ed attribuisce importanza fondamentale all'effettiva attuazione, applicazione e verifica dell'attuazione delle relative disposizioni. La tutela della salute pubblica è quindi sempre stata un obiettivo importante del Trattato, sebbene i pericoli degli impianti nucleari apparissero senza dubbio meno chiaramente ai negoziatori e alla popolazione all'epoca in cui è stato redatto il Trattato Euratom (57).

141.
    In secondo luogo, a norma dell'art. 32 del Trattato le norme fondamentali possono non solo essere «rivedute», ma anche «completate». Gli autori del Trattato pertanto intendevano garantire che la Comunità potesse non solo modificare la propria politica sanitaria e di sicurezza, ma anche estenderne la portata.

142.
    Le norme fondamentali sono state rivedute in forza degli artt. 31 e 32 del Trattato in molte occasioni (58) per tenere conto delle maggiori conoscenze scientifiche sulla protezione radiologica (59). Alcune delle principali disposizioni dell'attuale direttiva sulle norme fondamentali riguardano aspetti di protezione radiologica della sicurezza nucleare; esse comprendono:

-    un sistema di comunicazione e di autorizzazione preventiva di determinate pratiche, quali l'esercizio di impianti del ciclo del combustibile nucleare (ad esempio centrali nucleari) al fine di assicurare il rispetto delle norme fondamentali (nono ‘considerando’ e artt. 3-5);

-    giustificazione dell'esposizione: tutte le categorie o tipi di pratica (ad esempio l'esercizio di un impianto nucleare) implicanti un'esposizione a radiazioni ionizzanti devono essere giustificate, anteriormente alla loro prima adozione o approvazione, dai loro vantaggi rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare (decimo ‘considerando’ e art. 6, nn. 1 e 2);

-    ottimizzazione della protezione: qualsiasi esposizione dev'essere mantenuta al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali [decimo ‘considerando’ e art. 6, n. 3, lett. a)];

-    limitazioni della dose: la somma delle dosi derivanti da tutte le pratiche pertinenti non deve superare determinate dosi limite [decimo ‘considerando’ e art. 6, n. 3, lett. b)];

-    l'attuazione di restrizioni della dose da una sorgente determinata nel quadro dell'ottimizzazione della protezione, ossia restrizioni per le dosi individuali possibili che possono derivare da una sorgente determinata, cui attenersi nella fase di pianificazione della fonte (art. 7 e definizione all'art. 1);

-    principi di protezione operativa della popolazione in circostanze normali che richiedono l'istituzione da parte degli Stati membri di un sistema di ispezione per tenere sotto controllo la protezione della popolazione dalle radiazioni e verificare il rispetto delle norme fondamentali (tredicesimo ‘considerando’ e artt. 43-46);

-    le nozioni di esposizione potenziale e di preparazione all'eventualità di emergenze (quattordicesimo ‘considerando’ e artt. 48-53).

143.
    Inoltre, dopo l'incidente nucleare nella centrale di Chernobyl del 26 aprile 1986, il Consiglio ha completato le norme fondamentali con varie misure basate sul solo art. 31 o sugli artt. 31 e 32 del Trattato e concernenti questioni con tutta probabilità non direttamente previste dagli autori del Trattato. Tali misure riguardano, ad esempio:

-    lo scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (60);

-    l'informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (61);

-    i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali a seguito di un incidente nucleare (62);

-    la protezione operativa dei lavoratori esterni esposti al rischio di radiazioni ionizzanti nel corso del loro intervento in zona controllata (63);

-    la sorveglianza e il controllo delle spedizioni di residui radioattivi tra Stati membri e di quelle verso la Comunità e fuori da essa (64); e

-    le spedizioni di sostanze radioattive tra gli Stati membri (65).

144.
    In terzo luogo, a mio parere dall'evoluzione del contesto scientifico e internazionale deriva che non ci si può basare sulla definizione di «norme fondamentali» contenuta all'art. 30, secondo comma, del Trattato al fine di stabilire l'attuale portata degli artt. 30-32 dello stesso. Come ho già rilevato, all'epoca in cui è stato redatto il Trattato gli esperti di protezione radiologica presumevano ancora che l'esposizione a radiazioni inferiori a determinate dosi limite non avesse alcun effetto nocivo sulla salute (66). Era quindi comprensibile che gli autori del Trattato definissero le norme fondamentali di cui all'art. 30, secondo comma, del Trattato come «dosi massime ammissibili» o «esposizioni e contaminazioni massime ammissibili».

145.
    Oggi, invece, è chiaro che gli effetti stocastici delle radiazioni possono essere limitati solo se l'esposizione alle radiazioni viene ottimizzata e mantenuta al livello minimo ragionevolmente ottenibile. Il CIPR pertanto concentra l'attenzione principalmente sull'«ottimizzazione dell'esposizione». Laddove la formulazione di una norma del Trattato riflette necessariamente lo stato delle conoscenze scientifiche in un determinato momento e laddove dette conoscenze evolvono, a mio parere sarebbe errato attribuire troppa importanza a tale formulazione. Il Consiglio e la Commissione erano pertanto perfettamente legittimati a seguire e a recepire l'evoluzione delle conoscenze scientifiche nel settore della protezione radiologica allorché hanno riveduto e completato le norme fondamentali nel corso degli anni.

146.
    In quarto luogo, la pratica concorde e coerente degli Stati membri (principalmente attraverso il Consiglio) e delle istituzioni della Comunità (principalmente Commissione e Consiglio), quale riflessa nella legislazione sopra menzionata e in particolare nella direttiva sulle norme fondamentali, dimostra che esiste consenso sul fatto che la Comunità ha competenza in relazione agli aspetti di protezione radiologica della sicurezza nucleare.

147.
    E' vero che nel contesto del Trattato CE la Corte ha dichiarato che una semplice prassi non può prevalere sulle norme del Trattato (67). Nella specie tuttavia è in discussione l'interpretazione del Trattato Euratom e, a mio parere, vi sono buoni motivi perché la Corte interpreti gli artt. 30-39 di tale Trattato alla luce delle pratiche successive e in particolare della direttiva sulle norme fondamentali.

148.
    L'interpretazione alla luce delle pratiche successive costituisce un elemento comune dell'interpretazione sia dei trattati internazionali (68) che delle costituzioni nazionali. Un'interpretazione alla luce di pratiche successive è particolarmente legittima ed adeguata quando le disposizioni di cui trattasi siano state redatte molto tempo addietro, non siano mai state modificate ed esista una pratica comune e coerente di tutti i soggetti abilitati ad interpretare, applicare o modificare le norme in questione.

149.
    Va ricordato che il Trattato Euratom è stato redatto oltre 40 anni fa, in un'epoca in cui le conoscenze e le prospettive economiche dell'energia atomica erano molto diverse da quelle attuali. Si deve anche tenere presente che, nonostante il diverso contesto politico, economico e scientifico, le regole sostanziali del Trattato non sono state modificate. Non solo il capitolo della protezione sanitaria, ma anche molte altre parti del Trattato Euratom, come i capitoli concernenti l'«approvvigionamento» (artt. 52-76) o il «controllo di sicurezza» (artt. 77-85), non possono essere interpretate o comprese in modo adeguato senza analizzarne la prassi applicativa (69).

150.
    Infine, la tesi secondo cui gli artt. 30 e segg. del Trattato vanno interpretati estensivamente è confermata anche dalla giurisprudenza della Corte. Nella sentenza Land della Sarre, che riguardava la centrale nucleare di Cattenom, in Francia, la Corte ha dichiarato che le suddette disposizioni formano «un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell'ambiente, contro i rischi di contaminazione nucleare» (70). Nella causa Parlamento/Consiglio, che riguardava il regolamento (Euratom) del Consiglio n. 3954/87, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali a seguito di un incidente nucleare (71), la Corte ha respinto l'interpretazione restrittiva proposta dal Parlamento e ha dichiarato che lo scopo degli artt. 30 e segg. del Trattato è «garantire una protezione sanitaria coerente ed efficace della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, a prescindere da quale sia la sorgente e quali siano le categorie di persone esposte a tali radiazioni» (72).

151.
    La competenza della Comunità per quanto riguarda gli articoli controversi della Convenzione dev'essere valutata alla luce di tali considerazioni generali.

6.    La portata della competenza della Comunità nei settori disciplinati dalla Convenzione

152.
    Ai sensi dell'art. 101, primo comma, del Trattato, la Comunità può concludere accordi internazionali «nell'ambito della sua competenza». Pertanto, la competenza esterna dell'Euratom è tanto estesa quanto la sua competenza interna, il che significa, in altri termini, che la Comunità ha il potere di concludere accordi internazionali in tutte le materie in cui è legittimata ad agire internamente (73).

153.
    L'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione impone alla Comunità di indicare la portata della sua competenza nel settore disciplinato dagli articoli della Convenzione applicabili nei suoi confronti. Ciò significa che la Comunità deve indicare tutti gli articoli della Convenzione rispetto ai quali è responsabile dell'esercizio dei diritti e dell'adempimento degli obblighi da essi sanciti (74). Lo scopo principale di quest'obbligo è indicare alle altre parti contraenti le disposizioni della Convenzione cui la Comunità è tenuta a conformarsi. A tale riguardo, dall'art. 4 della Convenzione discende che la Comunità deve prendere in considerazione non solo i suoi poteri di attuazione legislativi, regolamentari e amministrativi, ma anche il suo potere di adottare «altre» azioni.

154.
    Le parti concordano sul metodo da seguire, ovvero sul fatto che occorre partire dagli obblighi (o diritti) sanciti dalle disposizioni controverse della Convenzione per poi esaminare se la Comunità abbia il potere di dare attuazione a tali obblighi (o di esercitare tali diritti).

155.
    Le parti concordano anche sul fatto che la Comunità deve includere nella sua dichiarazione una disposizione della Convenzione, a prescindere dalla circostanza che la sua competenza sia esclusiva o ripartita con gli Stati membri. Una disposizione della Convenzione deve quindi essere inclusa nella dichiarazione anche qualora la Comunità condivida il potere di attuazione con gli Stati membri e anche nel caso in cui il potere della Comunità consista semplicemente nell'adottare talune «altre» azioni necessarie a tale scopo ai sensi dell'art. 4 della Convenzione.

156.
    Le parti sono invece in disaccordo sulla questione correlata, ma diversa, dell'eventuale obbligo di rivelare ai terzi la natura della competenza della Comunità. Il Consiglio sostiene che l'art. 30, n. 4, sub iii), impone alla Comunità di indicare in ciascun caso non solo l'articolo della Convenzione rispetto al quale la Comunità stessa è competente, ma anche se essa condivida la competenza in questione con gli Stati membri. La Commissione afferma che, secondo il passaggio citato della deliberazione 1/78 (75), le altre parti contraenti hanno solo diritto di sapere se la Comunità abbia competenza o meno.

157.
    Poiché nulla vieta alla Comunità di informare le altre parti contraenti circa la natura della sua competenza e poiché la Commissione non impugna formalmente tale aspetto della dichiarazione in esame, non occorre esaminare oltre tale questione. Se pure non è chiaro se esista un obbligo di dichiarazione sulla natura della competenza della Comunità (esclusiva o ripartita), tuttavia è opportuno seguire la raccomandazione formulata dalla Corte nella deliberazione 1/78 e considerare il problema alla stregua di una questione interna.

a) Gli artt. 1-3 della Convenzione

158.
    L'art. 1 elenca gli obiettivi della Convenzione, l'art. 2 definisce i termini «impianto nucleare», «organismo di regolamentazione» e «autorizzazione» e l'art 3 definisce l'ambito di applicazione della Convenzione.

159.
    Condivido il parere del Consiglio secondo cui tali disposizioni sono «neutre» in quanto non creano diritti né obblighi. Non si pongono questioni di competenza e una delimitazione di competenza non avrebbe alcuna utilità.

b) Gli artt. 4 e 5 della Convenzione

160.
    L'art. 4 impone a ciascuna parte contraente di adottare le misure d'attuazione necessarie ai sensi della Convenzione. L'art. 5 prescrive che ciascuna parte contraente deve presentare, prima di ciascuna delle riunioni di riesame, un rapporto sui provvedimenti adottati per soddisfare gli obblighi enunciati nella Convenzione.

161.
    Condivido il parere del Consiglio secondo cui gli obblighi enunciati agli artt. 4 e 5 hanno natura generale e si applicano per definizione a tutte le parti contraenti, comprese le organizzazioni menzionate all'art. 30, n. 4. Detti articoli pertanto non richiedono una delimitazione della rispettiva competenza della Comunità e dei suoi Stati membri.

c) L'art. 7 della Convenzione

162.
    L'art. 7, n. 1, della Convenzione richiede alle parti contraenti di istituire e mantenere in vigore un quadro legislativo e regolatorio per disciplinare la sicurezza degli impianti nucleari.

163.
    A norma dell'art. 7, n. 2, tale quadro legislativo e regolatorio deve prevedere:

i)    l'istituzione di prescrizioni e di norme di sicurezza nazionali;

ii)    un sistema di rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari;

iii)    un sistema regolatorio di ispezioni e di valutazione degli impianti nucleari;

iv)    la vigilanza sul rispetto della normativa applicabile e dei limiti delle autorizzazioni.

164.
    La Commissione afferma che la Comunità ha competenza in tali materie in forza degli artt. 2, lett. b), 30, 31, 32 e 35 del Trattato e degli artt. 4, n. 1, lett. a), 38, n. 1 e 46 e del titolo VI della direttiva sulle norme fondamentali.

165.
    Il Consiglio afferma che l'argomento della Commissione è sostanzialmente infondato. Se l'obiettivo generale del Trattato e quello della Convenzione, ossia la protezione contro gli effetti nocivi delle radiazioni, possono essere simili, i mezzi per conseguire tale obiettivo sono molto diversi. Mentre la Convenzione riguarda la sicurezza degli impianti nucleari in quanto tale, le misure comunitarie hanno ad oggetto solo la determinazione degli obblighi minimi per la protezione delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti. Il Trattato pertanto conferisce alla Comunità il potere di imporre agli Stati membri solo «obblighi di risultato», ma non precisa come tali risultati debbano essere raggiunti né soprattutto come si debbano progettare o gestire gli impianti nucleari.

166.
    A mio parere, in primo luogo occorre rammentare che, mentre non tutte le radiazioni ionizzanti provengono da impianti nucleari, tutti gli impianti nucleari costituiscono fonti potenziali di radiazioni ionizzanti e vengono quindi necessariamente in esame ai fini della protezione radiologica. Non vi è alcuna norma di diritto comunitario che escluda gli impianti nucleari dall'ambito di applicazione della protezione radiologica. In secondo luogo, è vero che sia il Trattato che la Convenzione sono volti, con le rispettive formulazioni, ad affrontare il fatto che qualunque attività nucleare comporta una rischio radiologico potenziale per la popolazione. Anche se i rispettivi ambiti di applicazione non coincidono, tuttavia essi presentano numerosi punti di contatto. Alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, non è possibile né auspicabile mantenere barriere artificiose tra la disciplina dei sistemi di protezione radiologica e quella della sicurezza nucleare. Sotto il profilo giuridico è altresì chiaro che i moderni strumenti normativi di protezione radiologica, quale la direttiva sulle norme fondamentali, sono sempre più orientati alla fonte e quindi regolano necessariamente anche gli aspetti relativi alla sicurezza degli impianti. Per contro, i moderni strumenti normativi in materia di sicurezza, come la Convenzione in esame, seguono un approccio integrato ed includono aspetti della sicurezza connessi alla protezione radiologica (ad esempio art. 15 della Convenzione).

167.
    Pertanto, ritengo che la Comunità abbia una limitata competenza normativa nelle materie disciplinate dall'art. 7 della Convenzione, che deriva dagli artt. 2, lett. b), 30, 31 e 32 del Trattato, secondo la loro attuale interpretazione. Tale competenza normativa viene esercitata ad esempio attraverso gli artt. 3-5 (notifica e autorizzazione) e 43-47 (protezione operativa della popolazione in situazione normale) della direttiva sulle norme fondamentali. Il fatto che gli Stati membri conservino competenza esclusiva sugli aspetti tecnologici della sicurezza nucleare non impedisce alla Comunità di adottare una legislazione che stabilisca determinati obblighi di sicurezza, autorizzazione, ispezione e valutazione, ovvero meccanismi di sorveglianza sull'adempimento di tali obblighi.

168.
    Il Consiglio sostiene in particolare:

-    di essersi richiamato all'art. 7, n. 1, nel secondo paragrafo della dichiarazione;

-    che l'art. 7, n. 2, sub i), non è applicabile alla Comunità in quanto fa riferimento a prescrizioni e norme «nazionali» e quindi riguarda unicamente gli Stati;

-    che l'art. 7, n. 2, sub ii)-iv), non è applicabile alla Comunità in quanto il Trattato Euratom non attribuisce alla Comunità la responsabilità del rilascio di autorizzazioni per gli impianti nucleari;

-    che la competenza della Comunità non può essere desunta da una disposizione della direttiva sulle norme fondamentali in quanto la direttiva, considerata nel suo insieme, si applica solo alle «pratiche» e non agli «impianti»;

-    che, in ogni caso, la competenza della Comunità non si può dedurre dall'art. 4, n. 1, lett. a), della direttiva sulle norme fondamentali, che è puramente incidentale, nonché soggetto alle significative eccezioni di cui all'art. 4, n. 3, della stessa direttiva.

169.
    Riguardo a tali specifici argomenti, ritengo che:

-    nella specie non sia in discussione il secondo paragrafo della dichiarazione;

-    dall'art. 30, n. 4, sub ii), discenda che le organizzazioni regionali debbono assumersi tutte le responsabilità che la Convenzione attribuisce agli Stati contraenti; l'affermazione del Consiglio secondo cui l'art. 7, n. 2, sub i), riguarda solo gli Stati è quindi infondata;

-    per quanto riguarda l'art. 7, n. 2, sub ii)-iv), il fatto che la Comunità non abbia (assertivamente) alcun potere in relazione all'autorizzazione dei singoli impianti nucleari non significa che essa non abbia poteri normativi per istituire un sistema di autorizzazione che gli Stati membri sono tenuti ad applicare;

-    gli impianti nucleari ai sensi della Convenzione non esulino dal campo di applicazione della direttiva sulle norme fondamentali: tale direttiva si applica a tutte le pratiche che comportano un rischio di radiazioni provenienti da una fonte naturale o artificiale e pertanto, tra l'altro, alla produzione, alla lavorazione, alla manipolazione, all'impiego, alla detenzione, all'immagazzinamento e allo smaltimento di sostanze radioattive (art. 2, n. 1); la «sorgente» viene peraltro espressamente definita come apparecchiatura, sostanza radioattiva o impianto in grado di emettere radiazioni ionizzanti o sostanze radioattive (art. 1);

-    l'art. 4, n. 1, lett. a), della direttiva sulle norme fondamentali, che subordina il funzionamento e la disattivazione di impianti del ciclo del combustibile nucleare al rilascio di un'autorizzazione preventiva, costituisca una norma fondamentale della direttiva.

170.
    Pertanto, l'art. 7 avrebbe dovuto essere incluso nella dichiarazione.

d) L'art. 14 della Convenzione

171.
    A norma dell'art. 14, le parti contraenti devono intraprendere le azioni appropriate per assicurare che vengano effettuate:

i)    valutazioni globali e sistematiche della sicurezza prima della costruzione e dell'avviamento di un impianto nucleare e per tutta la durata della sua vita;

ii)    verifiche mediante analisi, sorveglianza, prove ed ispezioni dello stato fisico e dell'esercizio di un impianto nucleare.

172.
    La Commissione sostiene che la Comunità ha competenza in tali materie ai sensi degli artt. 35, 36 e 38 del Trattato e degli artt. 44, 38 e 46 della direttiva sulle norme fondamentali.

173.
    Il Consiglio afferma:

-    di essersi richiamato all'art. 14, sub ii), nel secondo paragrafo della dichiarazione in quanto la Comunità è competente a controllare la costante conformità ai requisiti di sicurezza;

-    di non essersi richiamato all'art. 14, sub i), in quanto nessun articolo del Trattato attribuisce alla Comunità il potere di effettuare valutazioni prima della costruzione e dell'avviamento di un impianto nucleare;

-    che l'art. 35 del Trattato attribuisce alla Comunità il potere di verificare gli impianti di controllo, ma non gli impianti nucleari;

-    che i poteri di iniziativa e di controllo della Comunità ai sensi dell'art. 30 e segg. del Trattato non riguardano gli impianti nucleari.

174.
    Ritengo che, in forza degli artt. 2, lett. b), e 30-32 del Trattato, la Comunità abbia poteri normativi, ancorché limitati, nei settori disciplinati dall'art. 14 della Convenzione, che vengono esercitati ad esempio attraverso gli artt. 44, 38 e 46 della direttiva sulle norme fondamentali. L'art. 44, primo comma, lett. a), della detta direttiva impone agli Stati membri di esaminare ed approvare i progetti di impianti e i siti proposti per detti impianti sotto il profilo della radioprotezione, l'art. 44, primo comma, lett. b), impone loro di approvare tali nuovi impianti solo qualora esista una protezione adeguata e gli artt. 38, n. 1, e 46 prescrivono ch'essi debbono istituire sistemi di ispezione per quanto attiene alla tutela dei lavoratori esposti e della salute della popolazione.

175.
    Ai sensi degli artt. 37 (come interpretato dalla Corte nella sentenza Cattenom (76)) e 38 del Trattato, la Comunità ha anche poteri propri di controllo degli impianti nucleari che in parte si sovrappongono alle materie disciplinate dall'art. 14 della Convenzione (77).

176.
    Per quanto riguarda gli specifici argomenti del Consiglio, ritengo che:

-    nella specie non sia in discussione il secondo paragrafo della dichiarazione in esame;

-    il fatto che la Comunità non abbia (assertivamente) il potere di effettuare valutazioni prima della costruzione e dell'avviamento di singoli impianti nucleari non significa che essa non abbia poteri normativi per obbligare gli Stati membri ad istituire tale sistema di valutazione preventiva; inoltre l'art. 14, sub i), della Convenzione fa riferimento non solo alle valutazioni prima della costruzione, ma anche a quelle effettuate per l'intera durata della vita di un impianto nucleare;

-    è vero che a norma dell'art. 35, secondo comma, la Commissione può solo accedere agli impianti di controllo, ma ciò non ha alcuna influenza sul suo potere di prescrivere agli Stati membri l'obbligo di effettuare valutazioni o verifiche né sui poteri di controllo conferitile dagli artt. 37 e 38 del Trattato;

-    nulla indica che gli impianti nucleari come sorgenti potenziali di radiazioni ionizzanti esulino in quanto tali dall'ambito di applicazione degli artt. 30 e segg. del Trattato.

177.
    Pertanto, l'art. 14 avrebbe dovuto essere incluso nella dichiarazione.

e) Gli artt. 15 e 16, n. 2, della Convenzione

178.
    Gli artt. 15 e 16, n. 2, sono inclusi nella dichiarazione e non sono in discussione. Tuttavia può essere utile richiamarne il contenuto. A norma dell'art. 15, le parti contraenti devono intraprendere le azioni appropriate per garantire che, in normali condizioni di funzionamento, l'esposizione dei lavoratori e della popolazione alle radiazioni ionizzanti causata da un impianto nucleare sia mantenuta al livello più basso, ragionevolmente ottenibile, e che nessun individuo venga esposto a dosi di radiazione superiori ai limiti stabiliti a livello nazionale.

179.
    A norma dell'art. 16, n. 2, le parti contraenti devono intraprendere le azioni appropriate per assicurare che le loro popolazioni e le autorità competenti degli Stati limitrofi all'impianto nucleare, per quanto soggetti alla probabilità di essere coinvolti in un'emergenza radiologica, ricevano informazioni appropriate per i piani e le azioni di emergenza.

f) L'art. 16, nn. 1 e 3, della Convenzione

180.
    Ai sensi dell'art. 16, n. 1, della Convenzione, le parti contraenti debbono intraprendere le azioni appropriate per assicurare che, per gli impianti nucleari, ci siano piani d'emergenza interni ed esterni al sito provati prima e dopo che l'impianto abbia iniziato a funzionare.

181.
    Ai sensi dell'art. 16, n. 3, della Convenzione, le parti contraenti che non hanno impianti nucleari sul loro territorio, per quanto soggette alla probabilità di essere coinvolte in un'emergenza radiologica in un impianto nucleare limitrofo, devono intraprendere le azioni appropriate per l'elaborazione e le esercitazioni di piani di emergenza per il loro territorio, comprendenti le attività da mettere in atto in caso di emergenza di questo tipo.

182.
    La Commissione sostiene che la Comunità ha competenza nei settori disciplinati dall'art. 16, nn. 1 e 3, della Convenzione ai sensi degli artt. 2, lett. b), e 30-32 del Trattato e dell'art. 50 della direttiva sulle norme fondamentali.

183.
    Il Consiglio afferma che l'art. 16, n. 1, riguarda gli impianti e che il Trattato Euratom ha lasciato agli Stati membri la competenza sugli impianti. A parere del Consiglio, l'elaborazione di piani di emergenza per gli impianti rientra pertanto nella competenza esclusiva degli Stati membri. L'art. 50 della direttiva sulle norme fondamentali costituisce una disposizione accessoria e prescrive agli Stati membri solo di essere preparati e di collaborare al controllo radiologico. Il Consiglio afferma altresì che l'art. 16, n. 3, della Convenzione non riguarda la Comunità, in quanto quest'ultima è una parte contraente che ha impianti nucleari sul territorio dei suoi Stati membri.

184.
    Ritengo che la pianificazione d'emergenza costituisca uno dei settori in cui vi è sovrapposizione tra sicurezza degli impianti e protezione radiologica. I piani di emergenza per gli impianti nucleari non possono ignorare gli aspetti attinenti alla protezione radiologica. Viceversa, i piani di emergenza per la protezione della popolazione non possono essere elaborati in abstracto senza tenere conto delle caratteristiche tecnologiche e fisiche di eventuali emergenze concrete. Pertanto, la Comunità ha poteri normativi ai sensi degli artt. 2, lett. b), e 30-32 del Trattato per stabilire norme fondamentali in relazione alla preparazione di vari tipi di misure di emergenza, compreso il potere di imporre agli Stati membri l'elaborazione di piani per le misure di emergenza negli impianti nucleari. Tali poteri vengono esercitati ad esempio attraverso l'art. 50 della direttiva sulle norme fondamentali, che impone agli Stati membri in modo giuridicamente vincolante l'obbligo di assicurare, tra l'altro, che vengano elaborati piani di intervento a livello nazionale o locale, anche all'interno degli impianti.

185.
    L'argomento del Consiglio relativo all'art. 16, n. 3 della Convenzione è infondato, in quanto ignora il fatto che la Comunità è composta sia da Stati membri che hanno impianti nucleari sul loro territorio, sia da Stati membri che non ne hanno. Quando la Comunità stabilisce norme fondamentali nel settore della pianificazione d'emergenza, tiene conto degli Stati membri che non hanno impianti sul loro territorio. L'art. 50, n. 1, della direttiva sulle norme fondamentali, ad esempio, prescrive che gli Stati membri debbono garantire che si tenga conto del possibile verificarsi di emergenze radiologiche, dovute a pratiche condotte all'interno o all'esterno del loro territorio. La Comunità deve quindi conformarsi all'art. 16, n. 3, qualora adotti misure che riguardano gli Stati membri che non hanno impianti nucleari sul loro territorio.

186.
    Pertanto, l'art. 16, nn. 1 e 3, avrebbe dovuto essere incluso nella dichiarazione.

g) Gli artt. 17, 18 e 19 della Convenzione

187.
    Ai sensi dell'art. 17, le parti contraenti debbono intraprendere le azioni appropriate per assicurare che vengano stabilite ed attuate procedure idonee a:

i)    valutare tutti i fattori rilevanti inerenti al sito che possono incidere sulla sicurezza di un impianto nucleare per tutta la durata della sua vita prevista;

ii)    valutare il probabile impatto che un impianto nucleare previsto potrebbe avere dal punto di vista della sicurezza sulle persone, sulla società e sull'ambiente;

iii)    riesaminare, secondo le necessità, tutti i fattori pertinenti in modo da garantire che l'impianto rimanga accettabile dal punto di vista della sicurezza;

iv)    consultare le parti contraenti nelle vicinanze di un impianto nucleare previsto e fornire loro, su richiesta, le informazioni necessarie per poter valutare ed effettuare proprie stime dell'eventuale impatto dello stesso impianto sul loro territorio, dal punto di vista della sicurezza.

188.
    Per quanto riguarda l'art. 17 della Convenzione, la Commissione afferma che la Comunità ha competenza in forza degli artt. 2, lett. b), 30-32 e 37 del Trattato e degli artt. 44, primo comma, lett. a) e b), della direttiva sulle norme fondamentali. La Commissione si richiama anche alla direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (78), come modificata dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE (79), a norma della quale le «centrali nucleari ed altri reattori nucleari» debbono essere sottoposti ad una valutazione di impatto ambientale.

189.
    Ai sensi dell'art. 18, le parti contraenti debbono intraprendere le azioni appropriate affinché:

i)    la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare preveda diversi livelli e metodi di protezione affidabili (difesa in profondità) contro il rilascio di materie radioattive;

ii)    le tecnologie utilizzate per la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare siano provate dall'esperienza o qualificate da prove o da analisi;

iii)    la progettazione di un impianto nucleare consenta un esercizio affidabile, stabile ed agevolmente controllabile.

190.
    Per quanto riguarda l'art. 18 della Convenzione, la Commissione afferma che la progettazione e la costruzione di un impianto nucleare devono garantire ch'esso possa essere gestito in conformità della direttiva sulle norme fondamentali. A tale proposito, debbono essere rispettati, ad esempio, gli artt. 18 (individuazione di zone controllate e sorvegliate), 9-13 (limiti di dose per i lavoratori), 43 (protezione della popolazione dal punto di vista operativo) e 6, n. 3, lett. b), della direttiva sulle norme fondamentali.

191.
    A norma dell'art. 19, le parti contraenti devono intraprendere le azioni appropriate per assicurare che:

i)    l'autorizzazione iniziale all'esercizio di un impianto nucleare si basi su un'analisi di sicurezza appropriata e su un programma di avviamento;

ii)    i limiti e le condizioni operative siano definiti e riesaminati, laddove necessario, per identificare i margini di sicurezza per l'esercizio;

iii)    l'esercizio, la manutenzione, l'ispezione e le prove di un impianto nucleare siano condotte secondo procedure approvate;

iv)    siano stabilite procedure per far fronte ad eventi operativi previsti e ad incidenti;

v)    sia disponibile, per tutta la durata di vita di un impianto nucleare, il supporto tecnico ed ingegneristico necessario in tutti i settori rilevanti per la sicurezza;

vi)    i malfunzionamenti significativi per la sicurezza siano notificati tempestivamente dal titolare dell'autorizzazione all'organismo di regolamentazione;

vii)    siano predisposti programmi di raccolta e di analisi dell'esperienza operativa, sia dato seguito ai risultati conseguiti ed alle conclusioni tratte, e le esperienze rilevanti siano condivise con gli organismi internazionali, con le altre organizzazioni di esercenti e con gli organismi di regolamentazione;

viii)    la produzione di scorie radioattive risultante dall'esercizio di un impianto nucleare sia mantenuta al minimo praticabile.

192.
    Per quanto riguarda l'art. 19 della Convenzione, la Commissione afferma che i poteri della Comunità sono indicati all'art. 4, n. 1, lett. a), (obbligo di autorizzazione per tutti gli impianti del ciclo del combustibile nucleare), al titolo IV (giustificazione, ottimizzazione e limitazione della dose per le pratiche) e agli artt. 43, 44 e 47 (protezione radiologica della popolazione in situazione normale) e 50 (preparazione dell'intervento) della direttiva sulle norme fondamentali. A norma dell'art. 37 del Trattato, come interpretato dalla Corte nella sentenza Cattenom (80), la Commissione è anche coinvolta nelle procedure di autorizzazione per gli impianti nucleari, nella misura in cui sono disciplinate dal Trattato.

193.
    A mio parere, o la Comunità non ha competenza nelle materie disciplinate dagli artt. 18 e 19 della Convenzione, ovvero tale competenza è talmente insignificante che non occorre comunicarla alle altre parti contraenti.

194.
    Si ricorderà che gli artt. 18-19 fanno parte della sezione d) del capitolo 2 della Convenzione, intitolata «Sicurezza degli impianti». Si rammenterà inoltre che la Convenzione persegue l'obiettivo generale di un elevato livello di «sicurezza nucleare» e che a tale riguardo distingue tra «Condizioni generali di sicurezza» [sezione c) del capitolo 2] e «Sicurezza degli impianti» [sezione d)]. Gli obblighi di cui alla sezione c) e in particolare agli artt. 14, 15 e 16 sono quindi espressione di un approccio globale e integrato alla sicurezza che comprende aspetti di sicurezza sia tecnologica che radiologica. Gli obblighi sanciti agli artt. 18 («Progettazione e costruzione») e 19 («Esercizio») hanno invece ad oggetto quasi esclusivamente gli aspetti tecnologici della sicurezza. Il loro principale obiettivo è istituire e mantenere difese tecnologiche efficaci contro possibili incidenti [art. 1, sub ii)]. Il nesso tra le sezioni c) e d) è particolarmente evidente per quanto riguarda il rapporto tra l'obbligo generale di effettuare una valutazione preventiva «globale e sistematica» ai sensi dell'art. 14, sub i), e gli obblighi di valutazione più specifici previsti dall'art. 19, sub i).

195.
    Tuttavia, come ho già detto, allo stato attuale del diritto comunitario gli Stati membri mantengono competenza esclusiva per quanto attiene all'aspetto tecnologico della sicurezza nucleare. Anche se la protezione radiologica va intesa in senso ampio e la formulazione dell'art. 30, secondo comma, del Trattato è in certa misura obsoleta, tuttavia è chiaro che gli autori del Trattato non volevano che la Comunità interferisse con la sicurezza degli impianti nucleari stricto sensu.

196.
    Pertanto, il Consiglio ha avuto ragione a non includere nella dichiarazione gli artt. 18 e 19 della Convenzione.

197.
    Per quanto riguarda l'art. 17 («Localizzazione»), potrebbe sembrare che il sistema della Convenzione indichi che anche la localizzazione di un impianto nucleare fa parte dell'aspetto tecnologico della sicurezza nucleare e rientra quindi nella competenza esclusiva degli Stati membri. E' inoltre chiaro che il richiamo della Commissione alla direttiva 85/377/CEE è fuori luogo: poiché detta direttiva è stata adottata in forza del Trattato CE, non può essere presa in considerazione ai fini dell'analisi della competenza della Comunità Euratom.

198.
    Nondimeno, ritengo che la localizzazione degli impianti nucleari costituisca un'ulteriore area in cui gli aspetti della protezione radiologica e della sicurezza tecnologica si sovrappongono in larga misura e che pertanto la Comunità possieda in materia una certa competenza (limitata). Il sito di un impianto nucleare dev'essere scelto in base ad una valutazione sia degli aspetti della «sicurezza» tecnologica (ad esempio caratteristiche sismologiche, meteorologiche e idrologiche del sito) che della «protezione radiologica» (ad esempio caratteristiche demografiche del sito o colture della regione). Tali aspetti di protezione radiologica sembrano essere stati presi in considerazione all'art. 17, sub ii), della Convenzione, che menziona «il probabile impatto che un impianto nucleare previsto potrebbe avere dal punto di vista della sicurezza sulle persone, sulla società e sull'ambiente».

199.
    Per quanto riguarda la competenza della Comunità in tale settore, in primo luogo va ricordato che, ai sensi degli artt. 43 e 44 della direttiva sulle norme fondamentali, gli Stati membri devono creare le condizioni necessarie per l'applicazione dei principi fondamentali che disciplinano dal punto di vista operativo la protezione della popolazione e che comprendono, tra l'altro:

-    l'esame e l'approvazione dei progetti dei siti proposti di impianti implicanti un rischio di esposizione sotto il profilo della radioprotezione, e

-    il collaudo dei nuovi impianti, previa verifica dell'esistenza di un'adeguata protezione contro qualsiasi esposizione o contaminazione radioattiva che possa uscire dal loro perimetro, tenendo conto, se del caso, delle condizioni demografiche, meteorologiche, geologiche, idrologiche ed ecologiche.

200.
    Ne consegue che la Comunità ha una competenza normativa in forza degli artt. 31 e 32 del Trattato e l'ha esercitata attraverso la direttiva sulle norme fondamentali, imponendo agli Stati membri di esaminare ed approvare i siti proposti per gli impianti sotto il profilo della radioprotezione e di tenere conto del sito al momento del collaudo di nuovi impianti.

201.
    In secondo luogo, l'art. 37 del Trattato dispone che ciascuno Stato membro è tenuto a fornire alla Commissione i dati generali di qualsiasi progetto relativo allo smaltimento di residui radioattivi, sotto qualsiasi forma, per consentire di determinare se la realizzazione di tale progetto sia suscettibile di provocare una contaminazione radioattiva delle acque, del suolo o dello spazio aereo di un altro Stato membro.

202.
    Sia la Commissione che gli Stati membri interpretano in senso ampio le espressioni «smaltimento dei residui radioattivi» (in francese «rejet d'effluents radioactifs», in tedesco «Ableitung radioaktive Stoffe») e «dati generali».

203.
    Secondo la raccomandazione della Commissione 6 dicembre 1999, 1999/829/Euratom, sull'applicazione dell'articolo 37 del trattato Euratom (81), l'espressione «smaltimento di rifiuti radioattivi» copre qualsiasi smaltimento o rilascio accidentale di sostanze radioattive associato con il funzionamento di reattori nucleari, il ritrattamento di combustibile irraggiato e lo stoccaggio di combustibile nucleare irraggiato in forma gassosa, liquida o solida nell'ambiente. Detta espressione comprende quindi sia gli scarichi in forma liquida e gassosa degli impianti nucleari in normali condizioni di esercizio che gli scarichi non pianificati che potrebbero essere provocati da un incidente.

204.
    Secondo la stessa raccomandazione, l'espressione «dati generali» di cui all'art. 37 va interpretata, nel contesto del funzionamento di un reattore nucleare, nel senso che comprende i dati sul sito e sulle zone limitrofe all'impianto previsto, e in particolare i dati relativi alle caratteristiche geografiche, topografiche, geologiche, sismologiche, idrologiche e meteorologiche del sito e della regione, alle risorse naturali e alimentari della regione e alle altre attività nei dintorni del sito.

205.
    Occorre inoltre rammentare che nella sentenza Cattenom (82), che riguardava una procedura di autorizzazione per una centrale nucleare, la Corte ha interpretato l'art. 37 nel senso che prescrive che alla Commissione debbono essere forniti tali «dati generali» prima che lo Stato membro competente autorizzi uno smaltimento di residui radioattivi e che il parere della Commissione, per essere pienamente efficace, dev'essere portato a conoscenza dello Stato di cui trattasi prima che detta autorizzazione venga concessa.

206.
    Secondo una pratica costante in forza dell'art. 37 del Trattato, pertanto, gli Stati membri forniscono «dati generali» alla Commissione in merito, tra l'altro, al sito e ai dintorni di un impianto previsto nel corso delle procedure nazionali di autorizzazione all'esercizio di centrali nucleari (83), impianti di rigenerazione (84) e impianti di stoccaggio (85). In base a tali comunicazioni e alle successive consultazioni con il gruppo di esperti nazionali menzionato all'art. 31 del Trattato, la Commissione ha già formulato un notevole numero di pareri (86). In detti pareri esamina in particolare le caratteristiche del sito degli impianti previsti (ad esempio distanza dallo Stato membro più vicino, caratteristiche naturali del sito). Valuta soprattutto se gli impianti previsti possano determinare un'esposizione, significativa dal punto di vista della salute, della popolazione di un altro Stato membro od una contaminazione significativa dell'acqua, del suolo o dell'aria di un altro Stato membro.

207.
    Ne consegue che, ai sensi dell'art. 37 del Trattato, la Commissione è competente a formulare pareri sulla localizzazione degli impianti nucleari dal punto di vista della protezione radiologica. Tale tipo di misura non vincolante potrebbe essere quello menzionato all'art. 4 della Convenzione, che fa riferimento, oltre alle misure legislative, regolatorie ed amministrative, anche ad «altre azioni necessarie per adempiere» gli obblighi ai sensi della Convenzione.

208.
    Probabilmente va anche rilevato che il Consiglio non ha menzionato la localizzazione degli impianti nucleari laddove, nel preambolo della controversa decisione 7 dicembre 1998, ha dichiarato che la competenza relativamente a «progettazione, costruzione ed esercizio» degli impianti nucleari spetta agli Stati membri in cui detti impianti sono situati. A mio parere, gli aspetti relativi alla localizzazione rientrano nella competenza della Comunità, con la conseguenza che la dichiarazione avrebbe dovuto fare riferimento all'art. 17 della Convenzione.

209.
    Pertanto, il Consiglio ha avuto ragione a non includere nella dichiarazione gli artt. 18 e 19 della Convenzione, ma avrebbe dovuto includervi l'art. 17 della Convenzione.

VII - Conclusione

210.
    I risultati principali dell'analisi che precede possono essere riassunti come segue. La dichiarazione controversa costituisce un atto interno impugnabile inteso ad obbligare la Commissione a comunicare al depositario una dichiarazione come prescritta dal Consiglio. La dichiarazione e l'ultimo paragrafo della stessa possono essere impugnati separatamente. La Convenzione richiedeva che la Comunità presentasse una dichiarazione indicante gli articoli della Convenzione rispetto ai quali la Comunità è competente ad adempiere gli obblighi previsti dalla Convenzione. Tale dichiarazione doveva essere completa e precisa. Secondo l'attuale interpretazione delle disposizioni relative alla protezione sanitaria del Trattato Euratom, esiste una significativa sovrapposizione tra la protezione radiologica e la sicurezza degli impianti nucleari. Pertanto, la Comunità ha una certa competenza limitata nei settori di cui agli artt. 7 (Quadro legislativo e regolatorio), 14 (Valutazione e verifica della sicurezza), 16, nn. 1 e 3 (Pianificazione di emergenza) e 17 (Localizzazione).

211.
    Ne consegue che il terzo paragrafo della dichiarazione allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998 omette erroneamente di indicare che la Comunità è competente nei settori disciplinati dagli artt. 7, 14, 16, nn. 1 e 3, e 17 della Convenzione sulla sicurezza nucleare, e va quindi annullato limitatamente a tale omissione.

212.
    Poiché occorre respingere gli argomenti della Commissione relativi agli artt. 1-5, 18 e 19 della Convenzione, ciascuna parte deve sopportare le proprie spese.

213.
    Pertanto, ritengo che la Corte debba:

1)    annullare il terzo paragrafo della dichiarazione della Comunità europea dell'energia atomica emessa ai sensi dell'art. 30, n. 4, sub iii), della Convenzione sulla sicurezza nucleare, allegata alla decisione del Consiglio 7 dicembre 1998, che approva l'adesione della Comunità europea dell'energia atomica alla Convenzione sulla sicurezza nucleare, nella parte in cui omette di precisare che la Comunità è competente nei settori disciplinati dagli artt. 7, 14, 16, nn. 1 e 3, e 17 della Convenzione;

2)    decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.


1: -     Lingua originale: l'inglese.


2: -     La decisione impugnata non è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.


3: -     Il testo della Convenzione è pubblicato in GU 1999, L 318, pag. 21.


4: -     COM(94) 362 def.


5: -     GU 1999, L 318, pag. 20.


6: -     Informazioni sullo status della ratifica si possono reperire sul sito web della AIEA, all'indirizzo www.iaea.org.


7: -     GU L 11, pag. 221.


8: -     GU L 57, pag. 1633.


9: -     GU L 216, pag. 3693.


10: -     GU L 187, pag. 1.


11: -     GU L 83, pag. 18.


12: -     GU L 246, pag. 1.


13: -     GU L 265, pag. 4.


14: -     GU L 159, pag. 1; v. anche comunicazione della Commissione riguardante l'applicazione della direttiva del Consiglio 13 maggio 1996, 96/29/Euratom, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (GU 1998, C 133, pag. 3).


15: -     Art. 56 della direttiva sulle norme fondamentali.


16: -     V. raccomandazione della Commissione 8 giugno 2000, 2000/473/Euratom, sull'applicazione dell'art. 36 del Trattato Euratom riguardante il controllo del grado di radioattività ambientale allo scopo di determinare l'esposizione dell'insieme della popolazione (GU L 191, pag. 37).


17: -     V., per un caso concernente l'art. 34, ordinanza 22 dicembre 1995, causa T-219/95 R, Danielsson e a./Commissione (Racc. pag. II-3051).


18: -     V., per un caso concernente l'art. 37, sentenza 22 settembre 1998, causa 187/87, Land della Sarre (Racc. pag. 5013); v. anche raccomandazione 6 dicembre 1999, 1999/829/Euratom, sull'applicazione dell'art. 37 del Trattato Euratom (GU L 324, pag. 23).


19: -     Ai sensi dell'art. 92, n. 2, del regolamento di procedura, la Corte può sollevare questioni di ricevibilità anche d'ufficio.


20: -     Sentenza 4 ottobre 1991, causa C-70/88, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-2041, punto 12).


21: -     Per tale interpretazione per analogia v. ordinanza Danielsson e a./Commissione, citata alla nota 17, punto 64 e segg.


22: -     Sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio («AETS», Racc. pag. 263, punto 42).


23: -     V. supra, paragrafo 1.


24: -     V., ad esempio, art. 311 CE.


25: -     V., ad esempio, sentenze Commissione/Consiglio, citata alla nota 22, e 19 marzo 1996, causa C-25/94, Commissione/Consiglio (Racc. pag. I-1469).


26: -     Sentenza 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione (Racc. pag. 2639, punto 12).


27: -     V., ad esempio, il procedimento amministrativo nei casi concernenti l'art. 81 CE.


28: -     Sentenza 26 marzo 1987, causa 45/86, Commissione/Consiglio (Racc. pag. 1493, punto 3).


29: -     V. le conclusioni dell'avvocato generale Lenz nella causa 45/86, citata alla nota precedente, paragrafo 30.


30: -     V. infra, paragrafo 105.


31: -     V., ad esempio, sentenze 13 settembre 2001, causa C-375/99, Spagna/Commissione (Racc. pag. I-5983); 12 luglio 2001, causa C-365/99, Portogallo/Commissione (Racc. pag. I-5645); 23 ottobre 1997, causa C-150/95, Portogallo/Commissione (Racc. pag. I-5863), e ordinanza 29 giugno 1993, causa C-280/93, Germania/Consiglio (Racc. pag. I-4973).


32: -     Sentenza 28 giugno 1972, causa 37/71 (Racc. pag. 483).


33: -     V. paragrafo 56.


34: -     Sentenza 23 ottobre 1974, causa 17/74 (Racc. pag. 1063).


35: -     Sentenza 31 marzo 1998, cause riunite C-68/94 e C-30/95, Francia e a./Commissione (Racc. pag. I-1375).


36: -     V. paragrafo 70.


37: -     V. infra, paragrafo 106.


38: -     Racc. pag. 1355, in particolare pag. 1361.


39: -     Sentenza 9 agosto 1994, causa C-327/91 (Racc. pag. I-3641, punto 16).


40: -     Sentenza 29 marzo 1990, causa C-62/88 (Racc. pag. 1527, punto 8).


41: -     «Le disposizioni di un trattato che regolamentano (...) problemi che vengono necessariamente a porsi prima dell'entrata in vigore del trattato stesso (...) sono applicabili a partire dalla data dell'adozione del testo».


42: -     V. Maurits J.F.M. Dolmans: «Problems of Mixed Agreements: Division of Powers within the EEC and the Rights of Third States», Asser Institute, L'Aia 1985, pag. 52.


43: -     V. C. Lindemann: «Die Nukleare Sicherheitskonvention - Bestätigung deutschen und Fortschreibung internationalen Rechts?», in N. Pelzer (ed.), Neues Atomenergierecht - Internationale und nationale Entwicklungen, Nomos, Baden-Baden, 1995, pag. 66. Sembra che l'autore abbia partecipato alla negoziazione della Convenzione.


44: -     Sentenza 30 aprile 1974, causa 181/73, Haegeman (Racc. pag. 449, punti 3, 4 e 5); per un'applicazione di detto principio in relazione ad un ricorso d'annullamento, v. sentenza 14 novembre 1989, causa 30/88, Grecia/Commissione (Racc. pag. 3711, punti 12-14).


45: -     Deliberazione 1/78 (Racc. pag. 2151, punto 35).


46: -     Punto 11.


47: -     Pag. 2162.


48: -     Artt. 1, 2, 4, n. 1, lett. a), 6, 7, 9, 13, 38, 43, 44, 46, 47 e 50.


49: -     Sentenza Parlamento/Consiglio, citata alla nota 20, punto 14.


50: -     V.B. Lindell, H. Dunster, J. Valentin: «International Commission on Radiological Protection: History, Policies, Procedures», sito web del CIPR, www.icrp.org.


51: -     Pubblicazione CIPR n. 60.


52: -     Sulla parte che segue v. il sito web dell'AIEA all'indirizzo www.iaea.org.


53: -     Rapport des Chefs de Délégations aux Ministres des Affaires Etrangères, pubblicato dal Comité Intergouvernemental créé par la Conférence de Messine, Bruxelles, 21 aprile 1956, pag. 109.


54: -     Sugli artt. 30-39 del Trattato, v. C. Blumann, «Euratom», Répertoire de Droit Communautaire, Éditions Dalloz, Parigi 1992, paragrafo 100 e segg.; K. Lenaerts, «Border Installations», in P. Cameron, L. Hancher, W. Kühn (Ed.) Nuclear Energy Law after Chernobyl, Graham & Trotman and International Bar Association, Londra, 1988, pag. 49; M. Schröder, «Binnenmarktrelevante Schwerpunkte der Gemeinschaftspolitik zur nuklearen Sicherheit» in N. Pelzer (Ed.), Kernenergierecht zwischen Ausstiegsforderung und europäischem Binnenmarkt, Nomos, Baden-Baden 1991, pag. 133; J. Grunwald, «Tchernobyl et les Communautés Européennes: Aspects Juridiques», Revue du Marché Commun, 1987, pag. 396 (questo autore riassume gli sviluppi più recenti in EuZW, 1990, pag. 209, e ZEuS, 1998, pag. 275).


55: -     V. GU 1975, C 185, pag. 1, e GU 1992, C 172, pag. 2; v. anche la relazione della Commissione sull'attuazione di dette risoluzioni del Consiglio: «Verso un insieme di criteri e requisiti di sicurezza riconosciuti a livello comunitario e la diffusione di un'effettiva cultura di sicurezza in tutta l'Europa» [COM(93) 649].


56: -     V., ad esempio, decisione del Consiglio 14 dicembre 1998, 1999/25/Euratom, che adotta un programma pluriennale (1998-2002) di azioni nel settore nucleare, relative alla sicurezza del trasporto di materiali radioattivi, nonché al controllo di sicurezza ed alla cooperazione industriale volta a promuovere determinati aspetti della sicurezza degli impianti nucleari nei paesi partecipanti attualmente al programma TACIS (GU L 7, pag. 31); in tale contesto si vedano anche la risoluzione del Parlamento europeo 11 marzo 1999 (GU C 175, pag. 288), e la proposta 31 agosto 2001 di decisione del Consiglio relativa all'approvazione della firma della Commissione di un accordo di cooperazione tra la Comunità Euratom e la Russia nel settore della sicurezza nucleare [COM (2001) 474].


57: -     Deliberazione 1/78, citata alla nota 45, punto 20.


58: -     V. supra, paragrafo 43.


59: -     V., ad esempio, terzo ‘considerando’ del preambolo della direttiva del Consiglio 76/579/Euratom, citata alla nota 10.


60: -     Decisione del Consiglio 14 dicembre 1987, 87/600/Euratom (GU L 371, pag. 76).


61: -     Direttiva del Consiglio 27 novembre 1989, 89/618/Euratom (GU L 357, pag. 31).


62: -     Regolamento (Euratom) del Consiglio 22 dicembre 1987, n. 3954 (GU L 371, pag. 11).


63: -     Direttiva del Consiglio 4 dicembre 1990, 90/641/Euratom (GU L 349, pag. 21).


64: -     Direttiva del Consiglio 3 febbraio 1992, 92/3/Euratom (GU L 35, pag. 24).


65: -     Regolamento (Euratom) del Consiglio 8 giugno 1993, n. 1493 (GU L 148, pag. 1).


66: -     Secondo la relazione Spaak, citata alla nota 53, i negoziatori del Trattato attribuivano particolare importanza ad un rapporto del CIPR sulle dosi massime di radiazioni che il corpo umano poteva sopportare.


67: -     Sentenza Francia/Commissione, citata alla nota 39, punto 36; per una critica di tale decisione, v. P.J. Kuijper, «The Court and the Tribunal of the EC and the Vienna Convention on the Law of Treaties», 1969, Legal Issues of European Integration, 1998, pag. 1.


68: -     V. art. 31, n. 3, lett. b), della Convenzione di Vienna; v. anche I. Sinclair, The Vienna Convention on the Law of Treaties 2a ed., Manchester University Press, Manchester 1984, pag. 135.


69: -     Su questi due capitoli e sull'impatto della pratica successiva si veda W. Manig, Die Änderung der Versorgungs- und Sicherheitsvorschriften des Euratom-Vertrages duch die nachgfolgende Praxis, Nomos, Baden-Baden, 1993.


70: -     Citata alla nota 18, punto 11.


71: -     Citato alla nota 62.


72: -     Citata alla nota 49, punto 14.


73: -     I. MacLeod, I.D. Hendry, S. Hyett, «The External Relations of the European Communities», Clarendon Press, Oxford, 1996, pag. 392.


74: -     V. supra, paragrafo 98.


75: -     V. supra, paragrafo 111.


76: -     Citata alla nota 18.


77: -     V. infra, paragrafi 201-207.


78: -     GU L 175, pag. 40.


79: -     GU L 73, pag. 5.


80: -     V. supra, nota 18.


81: -     GU L 324, pag. 23.


82: -     Citata alla nota 18.


83: -     V., ad esempio, GU 1992, L 344, pag. 40, o GU 1997, C 51, pag. 5.


84: -     V., ad esempio, GU 1992, L 138, pag. 36.


85: -     V., ad esempio, GU 1994, L 297, pag. 39.


86: -     V., per un elenco di pareri recenti, Grunwald, ZEuS, 1998, pag. 275.