Language of document :

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

13 giugno 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica comune in materia di asilo e di protezione sussidiaria – Direttiva 2011/95/UE – Articolo 12 – Esclusione dallo status di rifugiato – Persona registrata presso l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) – Condizioni per essere ammessi ipso facto ai benefici della direttiva 2011/95/UE – Cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA – Articolo 4 – Situazione generale esistente nel settore della zona operativa dell’UNRWA – Esame su base individuale degli elementi significativi – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 40 – Domanda reiterata di protezione internazionale – Elementi nuovi – Elementi già valutati nella decisione definitiva concernente la domanda precedente»

Nella causa C‑563/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia, Bulgaria), con decisione del 9 agosto 2022, pervenuta in cancelleria il 22 agosto 2022, nel procedimento

SN,

LN,

contro

Zamestnik-predsedatel na Darzhavna agentsia za bezhantsite,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei, J.-C. Bonichot, S. Rodin e L.S. Rossi (relatrice), giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo bulgaro, da T. Mitova, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da A. Azéma, J. Hottiaux e I. Zaloguin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2024,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9), dell’articolo 40 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60), nonché dell’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, SN e LN e, dall’altro, lo Zamestnik-predsedatel na Darzhavna agentsia za bezhantsite (vicepresidente dell’Agenzia nazionale per i rifugiati, Bulgaria) in merito al rigetto, da parte di quest’ultimo, della domanda di SN e di LN volta al riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Convenzione di Ginevra

3        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)] è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Essa è stata integrata e modificata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»).

4        L’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra così recita:

«La presente Convenzione non è applicabile alle persone che fruiscono attualmente della protezione o dell’assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite che non sia l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati [(in prosieguo: l’“UNHCR”)].

Se tale protezione o tale assistenza cessa per un motivo qualsiasi senza che la sorte di queste persone sia stata definitivamente regolata conformemente alle risoluzioni prese in merito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, esse fruiscono di tutti i diritti derivanti dalla presente Convenzione».

 L’UNRWA

5        La risoluzione n. 302 (IV) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dell’8 dicembre 1949, relativa all’aiuto ai rifugiati della Palestina ha istituito l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA) [United Nations Relief and Works Agency (for Palestine Refugees in the Near East)].

6        La zona operativa dell’UNRWA comprende cinque settori, vale a dire la Striscia di Gaza, la Cisgiordania, la Giordania, il Libano e la Siria.

7        Ai sensi della risoluzione n. 74/83 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 13 dicembre 2019, sull’assistenza ai rifugiati palestinesi:

«L’Assemblea generale,

(...)

Accogliendo con favore il ruolo indispensabile dell’[UNRWA] che, sin dalla sua creazione più di 65 anni fa, migliora la sorte dei profughi palestinesi, offrendo a tal fine un’assistenza educativa, sanitaria e sociale nonché servizi di soccorso e proseguendo la sua azione in materia di sistemazione dei campi, microfinanziamento, protezione e assistenza di emergenza,

(...)

Prendendo altresì atto della relazione del Commissario generale del 31 maggio 2019, presentata in applicazione del paragrafo 57 della relazione del Segretario generale, e dichiarandosi preoccupata per la grave crisi finanziaria in cui versa l’[UNRWA], che compromette fortemente la sua capacità di continuare a fornire programmi essenziali ai rifugiati palestinesi in tutte le zone operative,

(...)

Esprimendo profonda preoccupazione per la situazione particolarmente difficile dei rifugiati palestinesi che vivono sotto occupazione, in particolare per quanto riguarda la loro sicurezza, il loro benessere e le loro condizioni di vita sul piano socioeconomico,

Esprimendo profonda preoccupazione, in particolare, per la grave situazione umanitaria e per le condizioni socioeconomiche dei rifugiati palestinesi nella Striscia di Gaza, e sottolineando l’importanza dell’assistenza di emergenza e umanitaria e di interventi urgenti per la ricostruzione,

(...)

1.      Rileva con rammarico che né il rimpatrio né il risarcimento dei rifugiati, di cui al paragrafo 11 della [risoluzione 194 (III) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dell’11 dicembre 1948, sui principi per il raggiungimento di una soluzione definitiva e sul rimpatrio dei rifugiati palestinesi nel loro paese], hanno ancora avuto luogo e che, di conseguenza, la situazione dei rifugiati palestinesi rimane una fonte di grave preoccupazione e che questi ultimi continuano a necessitare di assistenza per provvedere ai loro bisogni essenziali in materia di sanità, di educazione e di sussistenza;

(...)

3.      Sottolinea la necessità che l’opera dell’[UNRWA] prosegua nonché l’importanza delle sue operazioni, che devono essere condotte senza alcun ostacolo, e dei suoi servizi, inclusa l’assistenza di emergenza, tenendo conto del benessere, della protezione e dello sviluppo umano dei rifugiati palestinesi e la stabilità della regione, in attesa di una soluzione equa della questione dei rifugiati palestinesi;

4.      Invita tutti i donatori a continuare a intensificare i loro sforzi per rispondere alle esigenze attese dell’[UNRWA], anche per quanto concerne l’aumento delle spese e delle necessità scaturenti dai conflitti e dall’instabilità nella regione, nonché la grave situazione socioeconomica e umanitaria, in particolare nei territori palestinesi occupati, e alle esigenze evocate nei recenti appelli e piani di emergenza, ripresa e ricostruzione per la Striscia di Gaza, così come nei piani regionali messi in atto per far fronte alla situazione dei rifugiati palestinesi nella Repubblica araba siriana e di quelli che sono fuggiti in altri paesi della regione;

(...)

7.      Decide di prorogare il mandato dell’[UNRWA] fino al 30 giugno 2023, fatte salve le disposizioni del paragrafo 11 della [Risoluzione 194 (III) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dell’11 dicembre 1948, sui principi per il raggiungimento di una soluzione definitiva e sul rimpatrio dei rifugiati palestinesi nel loro paese]».

8        Con la risoluzione n. 77/123 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 12 dicembre 2022, sull’assistenza ai rifugiati palestinesi, il mandato dell’UNRWA è stato prorogato fino al 30 giugno 2026.

9        Alla luce della missione assegnatale, l’UNRWA deve essere considerata come un’agenzia delle Nazioni Unite, diversa dall’UNHCR, che offre protezione o assistenza, ai sensi dell’articolo 1, sezione D, della Convenzione di Ginevra.

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2011/95

10      Il considerando 18 della direttiva 2011/95 così recita:

«Nell’applicare la presente direttiva gli Stati membri dovrebbero attribuire fondamentale importanza all’“interesse superiore del minore”, in linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989. Nel valutare l’interesse superiore del minore gli Stati membri dovrebbero tenere debitamente presenti, in particolare, il principio dell’unità del nucleo familiare, il benessere e lo sviluppo sociale del minore, le considerazioni attinenti alla sua incolumità e sicurezza, nonché il parere del minore in funzione dell’età o della maturità del medesimo».

11      L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

d)      “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12;

(...)».

12      L’articolo 4 di detta direttiva, intitolato «Esame dei fatti e delle circostanze», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri possono ritenere che il richiedente sia tenuto a produrre quanto prima tutti gli elementi necessari a motivare la domanda di protezione internazionale. Lo Stato membro è tenuto, in cooperazione con il richiedente, a esaminare tutti gli elementi significativi della domanda.

2.      Gli elementi di cui al paragrafo 1 consistono nelle dichiarazioni del richiedente e in tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale.

3.      L’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

a)      di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e le relative modalità di applicazione;

b)      delle dichiarazioni e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

(...)».

13      L’articolo 12 della medesima direttiva, intitolato «Esclusione», è così formulato:

«1.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

a)      rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo [1, sezione D] della convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’[UNHCR]. Quando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva;

b)      le autorità competenti del paese nel quale ha stabilito la sua residenza gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza del paese stesso o diritti e obblighi equivalenti.

2.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere che:

a)      abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

b)      abbia commesso al di fuori del paese di accoglienza un reato grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato, ossia prima del momento in cui gli è rilasciato un permesso di soggiorno basato sul riconoscimento dello status di rifugiato, abbia commesso atti particolarmente crudeli, anche se perpetrati con un dichiarato obiettivo politico, che possono essere classificati quali reati gravi di diritto comune;

c)      si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni Unite.

3.      Il paragrafo 2 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei reati o atti in esso menzionati».

14      L’articolo 15 della direttiva 2011/95, intitolato «Danno grave», prevede quanto segue:

«Sono considerati danni gravi:

a)      la pena di morte o l’essere giustiziato; o

b) la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

c)      la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

15      L’articolo 20 di tale direttiva, intitolato «Disposizioni generali», al suo paragrafo 3 così dispone:

«Nell’attuare il presente capo, gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime della tratta di esseri umani, le persone con disturbi psichici e le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologia, fisica o sessuale».

16      L’articolo 21 di detta direttiva, rubricato «Protezione dal respingimento», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri rispettano il principio di “non refoulement” in conformità dei propri obblighi internazionali».

 Direttiva 2013/32

17      L’articolo 2 della direttiva 2013/32, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

e)      “decisione definitiva”: una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide è concesso lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a norma della direttiva [2011/95] e che non è più impugnabile nell’ambito del capo V della presente direttiva, indipendentemente dal fatto che l’impugnazione produca l’effetto di autorizzare i richiedenti a rimanere negli Stati membri interessati in attesa del relativo esito;

(...)

q)      “domanda reiterata”: un’ulteriore domanda di protezione internazionale presentata dopo che è stata adottata una decisione definitiva su una domanda precedente, anche nel caso in cui il richiedente abbia esplicitamente ritirato la domanda e nel caso in cui l’autorità accertante abbia respinto la domanda in seguito al suo ritiro implicito ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1».

18      Il capo II di tale direttiva, intitolato «Principi fondamentali e garanzie», include gli articoli da 6 a 30 di quest’ultima. L’articolo 10 di tale direttiva, intitolato «Criteri applicabili all’esame delle domande», contiene un paragrafo 3 che è così formulato:

«Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell’autorità accertante relative alle domande di protezione internazionale siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

a)      che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

b)      che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l’[Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO)] e l’UNHCR e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

(...)».

19      L’articolo 33 di detta direttiva, intitolato «Domande inammissibili», al paragrafo 2, lettera d), prevede quanto segue:

«Gli Stati membri possono giudicare una domanda di protezione internazionale inammissibile soltanto se:

(...)

d)      la domanda è una domanda reiterata, qualora non siano emersi o non siano stati presentati dal richiedente elementi o risultanze nuovi ai fini dell’esame volto ad accertare se al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95]».

20      L’articolo 40 della medesima direttiva, intitolato «Domande reiterate», così dispone:

«1.      Se una persona che ha chiesto protezione internazionale in uno Stato membro rilascia ulteriori dichiarazioni o reitera la domanda nello stesso Stato membro, questi esamina le ulteriori dichiarazioni o gli elementi della domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o dell’esame della decisione in fase di revisione o di ricorso, nella misura in cui le autorità competenti possano tenere conto e prendere in considerazione tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata in tale ambito.

2.      Per decidere dell’ammissibilità di una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), una domanda di protezione internazionale reiterata è anzitutto sottoposta a esame preliminare per accertare se siano emersi o siano stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi rilevanti per l’esame dell’eventuale qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95].

3.      Se l’esame preliminare di cui al paragrafo 2, permette di concludere che sono emersi o sono stati addotti dal richiedente elementi o risultanze nuovi che aumentano in modo significativo la probabilità che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale a norma della direttiva [2011/95], la domanda è sottoposta a ulteriore esame a norma del capo II. Gli Stati membri possono prevedere che una domanda reiterata sia sottoposta a ulteriore esame anche per altre ragioni.

(...)».

21      L’articolo 46 della direttiva 2013/32, intitolato «Diritto a un ricorso effettivo», al paragrafo 3 prevede quanto segue:

«Per conformarsi al paragrafo 1 gli Stati membri assicurano che un ricorso effettivo preveda l’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto compreso, se del caso, l’esame delle esigenze di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2011/95], quanto meno nei procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

22      SN e sua figlia minorenne LN, entrambe apolidi di origine palestinese, hanno lasciato la città di Gaza nel luglio 2018 e hanno quindi soggiornato, anzitutto, in Egitto per 45 giorni, poi, in Turchia per 7 mesi, prima di raggiungere illegalmente la Bulgaria transitando per la Grecia, il tutto insieme a KN, marito di SN e padre di LN.

23      Il 22 marzo 2019 SN e LN hanno presentato una prima domanda di protezione internazionale presso le autorità bulgare. Tale domanda si basava sulla situazione di instabilità nella Striscia di Gaza, sull’assenza di condizioni di vita dignitose e sulla situazione di conflitto armato quasi permanente, dovuto al fuoco di Israele o ai conflitti esistenti tra Fatah e Hamas. In essa era altresì affermato che la vita di KN era minacciata dai bombardamenti incessanti sul suo luogo di lavoro, che SN non poteva prendere in considerazione di dare alla luce altri figli in un ambiente del genere e che la sua casa, situata nei pressi di una stazione di polizia di Hamas, era minacciata dai lanci regolari di missili provenienti da Israele.

24      In tale prima domanda, SN e LN non avevano affermato di essere registrate presso l’UNRWA.

25      Con decisione del 5 luglio 2019, il presidente della Darzhavna agentsia za bezhantsite (Agenzia nazionale per i rifugiati, Bulgaria) (in prosieguo: la «DAB») ha respinto tale domanda in quanto, anzitutto, SN e LN non erano state costrette a lasciare la Striscia di Gaza a causa di un rischio effettivo di subire torture, trattamenti inumani o degradanti, di essere condannate alla pena di morte o giustiziate oppure a causa di altre minacce gravi e che esse non correvano un siffatto rischio in caso di rientro nella Striscia di Gaza, poi, che la situazione nella Striscia di Gaza non poteva essere equiparata a quella di un conflitto armato come quello oggetto della causa da cui è originata la sentenza del 17 febbraio 2009 Elgafaji (C‑465/07, EU:C:2009:94), e, infine, che SN e LN avrebbero potuto stabilirsi nel primo paese sicuro, vale a dire l’Egitto, o addirittura la Turchia, e che, in realtà, esse si sono recate in Bulgaria solo nella speranza di una vita migliore da un punto di vista economico.

26      Una volta esaurite le vie di ricorso interne, tale decisione è divenuta definitiva.

27      Il 21 agosto 2020 SN e LN hanno presentato una seconda domanda di protezione internazionale. Nell’ambito di tale domanda, SN e LN hanno prodotto una lettera dell’UNHCR, datata 18 agosto 2020, attestante la loro registrazione presso l’UNRWA e hanno invocato l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 al fine di ottenere ipso facto il beneficio dello status di rifugiato.

28      A sostegno di detta domanda, SN e LN hanno prodotto diversi documenti che testimoniano le condizioni critiche in cui l’UNRWA opera nella Striscia di Gaza, in particolare a seguito della sospensione, nel 2018, dei finanziamenti annuali da parte degli Stati Uniti d’America, che avrebbe comportato la diminuzione dell’aiuto inizialmente percepito dalla loro famiglia, rendendolo insufficiente a garantire loro condizioni di vita dignitose. In tali circostanze, SN e LN hanno ritenuto che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA dovesse essere considerata come cessata nei loro confronti.

29      Per spiegare la sua partenza dalla Striscia di Gaza e la sua incapacità di farvi ritorno, SN ha fatto valere il deterioramento della situazione della sicurezza nella regione, l’interruzione del versamento della sua retribuzione, l’assenza di lavoro e l’elevato tasso di disoccupazione, l’aggravamento della situazione legata alla pandemia di COVID-19, l’introduzione di un coprifuoco, la chiusura delle scuole e il divieto imposto da Hamas agli abitanti di lasciare le loro case, le periodiche tensioni tra Hamas e Israele nonché la circostanza che la casa in cui essa viveva, situata in prossimità di una stazione di polizia di Hamas, era minacciata dal lancio regolare di razzi provenienti da Israele. Peraltro, in occasione di un attacco nel 2014, il tetto di tale casa sarebbe stato colpito e SN e LN si sarebbero trasferite presso il nonno paterno di SN, dove avrebbero vissuto per quasi due anni, prima di ritornare in detta casa. Inoltre, i genitori di SN si sarebbero trasferiti in Svezia dal 2008 e SN intendeva raggiungerli.

30      Con decisione del 28 agosto 2020, la DAB ha ritenuto che tale domanda reiterata di protezione internazionale fosse ammissibile, in quanto la produzione della prova della registrazione di SN presso l’UNRWA doveva essere considerata come una circostanza nuova essenziale relativa alle sue circostanze personali e al suo paese d’origine.

31      Con decisione del 14 maggio 2021, il vicedirettore della DAB ha tuttavia respinto in quanto infondata detta domanda reiterata sulla base del rilievo, segnatamente, che nell’ambito di una tale domanda l’esame è limitato all’esistenza, alla rilevanza e alla fondatezza di qualsiasi elemento nuovo relativo alle circostanze personali del richiedente o del paese d’origine. Orbene, anzitutto, la registrazione presso l’UNRWA non costituirebbe una nuova circostanza pertinente per quanto riguarda le circostanze personali di SN e di LN, dato che queste ultime avevano già beneficiato dell’assistenza dell’UNRWA e avevano deciso di rinunciarvi lasciando volontariamente la zona operativa di tale agenzia. Inoltre, non vi sarebbe alcun motivo di ritenere che esse non beneficerebbero nuovamente di tale assistenza in caso di ritorno in tale zona. Infine, le allegazioni relative alla situazione generale nella Striscia di Gaza non avrebbero consentito di dimostrare che esse fossero personalmente esposte a persecuzione o a minaccia di morte ai fini della concessione dello status di rifugiato. SN, infatti, non sarebbe stata costretta a lasciare il suo paese d’origine e non avrebbe nemmeno affermato di essere stata sottoposta a misure discriminatorie o ad altre misure sfavorevoli che comportavano un rischio di persecuzione.

32      SN e LN hanno impugnato tale decisione dinanzi all’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia, Bulgaria), che è giudice del rinvio.

33      A sostegno del loro ricorso esse fanno valere, in primo luogo, che KN aveva ricevuto, il 26 marzo 2018, una convocazione dalla polizia di Hamas, a motivo della sua partecipazione a manifestazioni pacifiche contro Hamas. Orbene, una tale convocazione avrebbe esposto KN al rischio di essere sottoposto a torture, o addirittura di essere ucciso, circostanza che avrebbe costretto KN e la sua famiglia a lasciare la zona operativa dell’UNRWA. In secondo luogo, i servizi essenziali e le operazioni umanitarie effettuati dall’UNRWA sarebbero minacciati da ripetuti disavanzi finanziari. In tale contesto, la famiglia di SN avrebbe ricevuto soltanto un aiuto minimo, costituito esclusivamente da generi alimentari. In terzo luogo, SN deduce l’impossibilità oggettiva di ritornare nella Striscia di Gaza a causa delle restrizioni imposte da Israele. In quarto luogo, sarebbe necessario tener conto dell’interesse superiore della minorenne LN. In quinto luogo, esse hanno sostenuto che, dato che l’80% degli abitanti di Gaza dipende dagli aiuti umanitari, il loro trasferimento nella Striscia di Gaza li porrebbe in condizioni di estrema deprivazione materiale, in violazione dell’articolo 4 della Carta.

34      Il vicedirettore della DAB ha ribadito che l’assistenza di cui SN e LN hanno beneficiato non è cessata per motivi indipendenti dalla loro volontà, dato che queste ultime vi hanno volontariamente rinunciato lasciando la zona operativa dell’UNRWA.

35      In tale contesto, il giudice del rinvio ritiene che i motivi per i quali SN e LN hanno lasciato la Striscia di Gaza, che è uno dei settori della zona operativa dell’UNRWA, siano determinanti per valutare se la loro situazione rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95.

36      In primo luogo, tale giudice si interroga sugli elementi che, conformemente all’articolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, possono essere presi in considerazione nell’ambito dell’esame della fondatezza di una domanda reiterata. A tal riguardo, esso rileva che SN e LN hanno dedotto, a sostegno della loro domanda reiterata, la loro registrazione presso l’UNRWA e hanno fatto valere che le circostanze già invocate a sostegno della loro domanda precedente consentivano di affermare che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA era cessata nei loro confronti, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95.

37      Da un lato, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 33, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2013/32, in base al quale sono inammissibili le domande reiterate che non si basano su elementi nuovi, osti alla presa in considerazione dei motivi sulla base dei quali SN e LN hanno lasciato la Striscia di Gaza.

38      Dall’altro, tale giudice ritiene che, al fine di poter esaminare tali motivi, alla luce dell’elemento nuovo costituito dalla prova della registrazione di SN e di LN presso l’UNRWA, è necessario interpretare il requisito, stabilito a detto articolo 40, paragrafo 1, in base al quale lo Stato membro esamina la domanda reiterata nell’ambito dell’esame della precedente domanda o della «decisione in fase di revisione o di ricorso» di cui a tale disposizione.

39      In secondo luogo, per quanto concerne l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, il giudice del rinvio rileva che SN e LN non hanno fatto valere un rischio di persecuzione, ma chiedono che sia valutata la situazione generale nella Striscia di Gaza come motivo di partenza e di impossibilità di ritorno nella zona operativa dell’UNRWA, situazione che consentirebbe di affermare che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA è cessata per motivi indipendenti dalla loro volontà.

40      In tale contesto, detto giudice si chiede se il ritorno nella Striscia di Gaza da parte di SN e di LN le porrebbe in una situazione di estrema deprivazione materiale, ai sensi della sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218), vale a dire in una situazione che non consentirebbe loro di far fronte ai loro bisogni più elementari quali, segnatamente, nutrirsi, lavarsi e disporre di un alloggio, e che pregiudicherebbe la loro salute fisica o psichica o che le porrebbe in uno stato di degrado incompatibile con la dignità umana. Esso ritiene che si debba tener conto anche della situazione generale nella Striscia di Gaza alla luce dell’articolo 19 della Carta, che attua il principio di non respingimento e vieta trattamenti inumani e degradanti.

41      In tale contesto, l’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se dall’articolo 40, paragrafo 1, della direttiva [2013/32] derivi che, qualora venga dichiarata ammissibile all’esame una domanda reiterata di protezione internazionale presentata da un richiedente apolide di origine palestinese in base alla sua registrazione presso l’UNRWA, l’obbligo delle autorità competenti previsto da tale disposizione di prendere in considerazione ed esaminare tutti gli elementi che sono alla base delle ulteriori dichiarazioni o della domanda reiterata, interpretato in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, comprenda, nelle circostanze della presente fattispecie, anche l’obbligo di esaminare, oltre a elementi o risultanze nuovi oggetto della domanda reiterata, i motivi per cui la persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA. Se l’adempimento dell’obbligo di cui trattasi dipenda dalla circostanza che i motivi per cui la persona ha lasciato la zona operativa dell’UNRWA sono già stati esaminati nell’ambito del procedimento relativo alla prima domanda di protezione [internazionale], conclusosi con una decisione definitiva di diniego, nel quale tuttavia il richiedente non ha fatto valere né provato la propria registrazione presso l’UNRWA.

2)      Se dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 derivi che l’espressione «[q]uando siffatta protezione o assistenza cessi per qualsiasi motivo» contenuta in tale disposizione è applicabile a un apolide di origine palestinese, che era registrato presso l’UNRWA e che nella città di Gaza ha ricevuto sostegno dall’UNRWA in forma di fornitura di generi alimentari, servizi sanitari e interventi formativi, senza che vi siano elementi per presumere l’esistenza di una minaccia personale nei confronti di tale persona, la quale ha lasciato volontariamente e legalmente la città di Gaza, tenendo conto delle informazioni disponibili nel presente procedimento:

–        valutazione della situazione generale al momento della partenza [dalla zona operativa] quale crisi umanitaria senza precedenti, legata a carenza di generi alimentari, acqua potabile, servizi sanitari e farmaci, nonché a problemi di approvvigionamento idrico ed elettrico, danni a edifici e infrastrutture, disoccupazione;

–        difficoltà dell’UNRWA di continuare a garantire assistenza e servizi nella città di Gaza, anche in forma di fornitura di generi alimentari e servizi sanitari, riconducibili al notevole disavanzo dell’UNRWA e all’aumento costante del numero di persone che dipendono dal sostegno dell’agenzia, la cui attività svanisce di fronte alla situazione generale di Gaza.

Se occorra rispondere diversamente a tale questione per il solo motivo che il richiedente è una persona vulnerabile ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 3, della medesima direttiva, vale a dire è un minore.

3)      Se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che un richiedente che presenta domanda di protezione internazionale ed è un rifugiato palestinese registrato presso l’UNRWA può fare ritorno nella zona operativa dell’UNRWA che aveva lasciato, segnatamente nella città di Gaza, se al momento dell’udienza nel giudizio relativo al suo ricorso contro una decisione di diniego:

–        non sono disponibili informazioni affidabili sulla possibilità per tale persona di beneficiare dell’assistenza dell’UNRWA con riguardo a generi alimentari, servizi sanitari, farmaci e assistenza medica, nonché formazione;

–        le informazioni sulla situazione generale nella città di Gaza e sull’UNRWA, in conformità al [documento intitolato “Presa di posizione dell’UNHCR sui rimpatri nella Striscia di Gaza”], del marzo 2022, sono state valutate quali motivi per l’abbandono della zona operativa dell’UNRWA e per il non ritorno, presupponendo che il richiedente in caso di ritorno possa trattenersi in tale zona in condizioni di vita dignitose.

Se la situazione personale di un richiedente protezione internazionale, alla luce delle condizioni nella Striscia di Gaza alla data indicata e laddove la persona dipenda dall’assistenza dell’UNRWA con riguardo a generi alimentari, servizi sanitari, farmaci e assistenza medica, ricada, in relazione all’applicazione e alla salvaguardia, con riferimento a tale richiedente, del principio di non respingimento di cui all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 19 della [Carta], nell’ambito di applicazione dell’interpretazione fornita (…) [nella] sentenza del 19 marzo 2019, Jawo (C‑163/17, EU:C:2019:218) in materia di estrema deprivazione materiale ai sensi dell’articolo 4 della Carta.

Se alla questione sul ritorno nella città di Gaza, sulla base delle informazioni disponibili sulla situazione generale nella città di Gaza e sull’UNRWA, occorra rispondere diversamente per il solo motivo che il richiedente protezione è un minore, tenuto conto della tutela dell’interesse superiore del minore e al fine di assicurare il suo benessere e sviluppo sociale nonché la sua protezione e sicurezza.

4)      A seconda della risposta alla terza questione:

Se, nella presente fattispecie, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, con particolare riferimento all’espressione “queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva” contenuta in tale disposizione, debba essere interpretato nel senso che:

–        con riferimento a un richiedente protezione che è un palestinese apolide registrato presso l’UNRWA, risulta applicabile il principio di non respingimento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, in combinato disposto con l’articolo 19 della Carta, in quanto, in caso di ritorno nella città di Gaza, egli sarebbe esposto al rischio di un trattamento disumano e degradante che potrebbe condurre all’estrema deprivazione materiale e, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, tale ipotesi rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, [lettera b)], della direttiva 2011/95,

oppure:

–        tale disposizione implica, nei confronti di un richiedente protezione che è un palestinese apolide registrato presso l’UNRWA, il riconoscimento, da parte dello Stato membro, della qualifica di rifugiato ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva e la concessione automatica dello status di rifugiato, sempre che tuttavia a tale richiedente non siano applicabili i paragrafi 1, lettera b), (…) 2 e 3 di detto articolo 12, in conformità del punto 2 del dispositivo della sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a. (C‑364/11, EU:C:2012:826), senza che si debba tener conto riguardo quest’ultimo delle circostanze rilevanti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi dell’articolo 15, [lettera b)], della direttiva 2011/95».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

42      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 40 della direttiva 2013/32, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, debba essere interpretato nel senso che l’autorità che si pronuncia sul merito di una domanda reiterata di protezione internazionale è tenuta ad esaminare gli elementi di fatto presentati a sostegno di tale domanda, anche qualora tali fatti siano già stati valutati dall’autorità che ha respinto in via definitiva una prima domanda di protezione internazionale.

43      Al fine di rispondere a tale questione occorre ricordare, in primo luogo, che conformemente all’articolo 2, lettere e) e q), della direttiva 2013/32, una domanda reiterata è un’ulteriore domanda di protezione internazionale presentata dopo che è stata adottata una decisione definitiva, ossia una decisione che non è più impugnabile nell’ambito del capo V di tale direttiva, su una domanda precedente.

44      Di conseguenza, una domanda reiterata costituisce, in quanto tale, una domanda di protezione internazionale, e ciò, come sottolineato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 45 delle sue conclusioni, indipendentemente dal fondamento giuridico sulla base del quale una siffatta domanda reiterata è presentata.

45      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che la prima domanda di protezione internazionale presentata da SN e LN è stata respinta con la motivazione che gli elementi prodotti a sostegno di tale domanda non consentivano di dimostrare che SN e LN avessero lasciato la Striscia di Gaza per il timore fondato di essere perseguitate, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2011/95.

46      È solo dopo che la decisione adottata su tale prima domanda è divenuta definitiva che SN e LN hanno presentato la loro nuova domanda di protezione internazionale, la quale deve quindi essere considerata come una domanda reiterata, ai sensi dell’articolo 2, lettera q), della direttiva 2013/32.

47      In secondo luogo, la domanda reiterata di SN e di LN è stata dichiarata ammissibile con decisione del 28 agosto 2020 e il nuovo elemento su cui quest’ultima si è basata era la prova della registrazione presso l’UNRWA di detti apolidi di origine palestinese.

48      In terzo luogo, qualora i presupposti di ammissibilità di una domanda reiterata siano soddisfatti, tale domanda deve essere esaminata nel merito, e ciò, come precisato dall’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, in conformità alle norme di cui al capo II di tale direttiva, che disciplina i principi di base e le garanzie fondamentali applicabili alle domande di protezione internazionale [sentenza dell’8 febbraio 2024, Bundesrepublik Deutschland (Ammissibilità di una domanda reiterata), C‑216/22, EU:C:2024:122, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].

49      L’articolo 40, paragrafo 3, della direttiva 2013/32 non opera quindi alcuna distinzione tra una prima domanda di protezione internazionale e una domanda reiterata per quanto concerne la natura degli elementi o delle risultanze atti a dimostrare che al richiedente possa essere attribuita la qualifica di beneficiario di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95. La valutazione dei fatti e delle circostanze a sostegno di tali domande deve, in ogni caso, essere condotta conformemente all’articolo 4 della direttiva 2011/95 [v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 40].

50      Tale articolo 4 definisce, al suo paragrafo 2, gli elementi necessari a motivare una domanda di protezione internazionale, che corrispondono alle «dichiarazioni del richiedente e [a] tutta la documentazione in possesso del richiedente in merito alla sua età, estrazione, anche, ove occorra, dei congiunti, identità, cittadinanza/e, paese/i e luogo/luoghi in cui ha soggiornato in precedenza, domande d’asilo pregresse, itinerari di viaggio, documenti di viaggio nonché i motivi della sua domanda di protezione internazionale».

51      L’articolo 4, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 2011/95 impone, da parte sua, un esame della domanda su base individuale, che prevede la valutazione, in particolare, di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda e della documentazione pertinente presentata dal richiedente, che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi.

52      Inoltre, come sottolineato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, l’articolo 10 della direttiva 2013/32, che fa parte proprio del capo II di quest’ultima, prevede, al paragrafo 3, lettera a), che le domande di protezione internazionale siano esaminate in modo individuale, obiettivo e imparziale.

53      Ne consegue che l’autorità che si pronuncia sul merito di una domanda reiterata non può limitarsi a valutare solo gli elementi o i fatti nuovi presentati a sostegno della sua ammissibilità, ma deve prendere in considerazione l’insieme degli elementi prodotti dal richiedente a sostegno di detta domanda reiterata, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/95 [sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o fatti nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 44].

54      La circostanza che un elemento a sostegno di una domanda reiterata sia già stato valutato nell’ambito dell’esame di una precedente domanda di protezione internazionale da cui è scaturita una decisione di rigetto divenuta definitiva non può ostare a che l’autorità che si pronuncia sulla domanda reiterata esamini nuovamente tale elemento, alla luce delle circostanze evidenziate dagli elementi o dalle risultanze nuovi che hanno consentito di considerare come ammissibile tale domanda, al fine di pronunciarsi sul merito di quest’ultima.

55      Infatti, è solo nella fase di esame dell’ammissibilità della domanda reiterata che l’autorità nazionale competente deve limitarsi a verificare, da un lato, se esistano, a sostegno di tale domanda, elementi o risultanze che non sono stati esaminati nell’ambito della decisione adottata sulla domanda precedente oramai definitiva e, dall’altro, se tali elementi o risultanze nuovi aumentino, da soli, in modo rilevante la probabilità che al richiedente venga riconosciuta la qualifica di beneficiario di protezione internazionale [v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Elementi o risultanze nuovi), C‑921/19, EU:C:2021:478, punto 50]. Del resto, persino in sede di esame dell’ammissibilità di una domanda reiterata, tali elementi o risultanze nuovi non possono essere valutati in modo totalmente indipendente dal contesto in cui essi intervengono, anche qualora tale contesto non sia stato modificato dopo il rigetto definitivo della domanda precedente.

56      Tale interpretazione si impone a maggior ragione quando l’elemento nuovo presentato a sostegno della domanda reiterata non costituisce una mera circostanza di fatto, ma è tale da determinare l’applicazione di una norma giuridica diversa da quella sulla cui base l’autorità competente si è pronunciata sulla domanda precedente, come l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/95, che concerne i casi di cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA. In una situazione del genere, gli elementi già esaminati nel corso del procedimento precedente devono essere nuovamente valutati alla luce delle caratteristiche di tale nuova base giuridica.

57      Infine, tenuto conto dei dubbi espressi dal giudice del rinvio a tal riguardo, si deve sottolineare che detta interpretazione non è in alcun modo rimessa in discussione dall’articolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2013/32. Infatti, come rileva la Commissione europea, tale disposizione, nella misura in cui si applica alle domande reiterate, prende in considerazione l’ipotesi molto specifica in cui il diritto nazionale consente, in via eccezionale, la riapertura, a motivo dell’esistenza di una domanda reiterata, del procedimento che si è concluso con il rigetto in via definitiva della domanda precedente.

58      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 40 della direttiva 2013/32, letto in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, deve essere interpretato nel senso che l’autorità che si pronuncia sul merito di una domanda reiterata di protezione internazionale è tenuta ad esaminare gli elementi di fatto presentati a sostegno di tale domanda, anche qualora tali fatti siano già stati valutati dall’autorità che ha respinto in via definitiva una prima domanda di protezione internazionale.

 Sulle questioni seconda e terza

59      Con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 debba essere interpretato nel senso che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA, di cui beneficia un richiedente protezione internazionale, apolide di origine palestinese, deve essere considerata come cessata, ai sensi di tale disposizione, quando tale agenzia non è in grado, per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale nel settore della zona operativa di detta agenzia in cui tale apolide aveva la dimora abituale, di garantire a quest’ultimo, alla luce, se del caso, della sua situazione di vulnerabilità, condizioni di vita degne, conformi alla missione ad essa affidata, senza che detto apolide sia tenuto a dimostrare di essere interessato in modo specifico da tale situazione generale a motivo di elementi peculiari delle sue circostanze personali. In tale contesto, il giudice del rinvio chiede in che momento debba essere effettuata la valutazione della questione dell’eventuale cessazione della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA. Inoltre, tale giudice chiede se la circostanza che detto apolide sia un minore sia rilevante ai fini di tale valutazione.

60      In via preliminare, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2011/95, un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se «rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo [1, sezione D,] della [C]onvenzione di Ginevra, relativo alla protezione o assistenza di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite diversi dall’[UNHCR]».

61      L’articolo 1, sezione D, primo comma, della Convenzione di Ginevra dispone che essa non è applicabile alle persone che «fruiscono attualmente» della protezione o dell’assistenza «di un organo o di un’agenzia delle Nazioni Unite che non sia l’[UNHCR]».

62      In concreto, qualsiasi persona, come SN o LN, che è registrata presso l’UNRWA, è legittimata a beneficiare della protezione e dell’assistenza di tale agenzia allo scopo di favorire il suo benessere in quanto rifugiata [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 29 e giurisprudenza ivi citata].

63      Per via di tale status specifico di rifugiato istituito nei suddetti territori del Vicino Oriente per i palestinesi, le persone registrate presso l’UNRWA sono, di norma, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, della direttiva 2011/95, che corrisponde all’articolo 1, sezione D, primo comma, della Convenzione di Ginevra, escluse dallo status di rifugiato nell’Unione europea [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

64      Tuttavia, dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, che corrisponde all’articolo 1, sezione D, secondo comma, della Convenzione di Ginevra, risulta che, quando la protezione o l’assistenza dell’UNRWA cessi per qualsiasi motivo, senza che la posizione di tali persone sia stata definitivamente regolata conformemente alle pertinenti risoluzioni adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tali persone sono ipso facto ammesse ai benefici della direttiva 2011/95 [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].

65      È pacifico che la posizione dei beneficiari della protezione o dell’assistenza fornita dall’UNRWA non è stata ad oggi definitivamente regolata, come risulta da tutta una serie di risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

66      Alla luce di tali precisazioni preliminari è necessario, in primo luogo, sottolineare che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 corrisponde, in sostanza, all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12), cosicché la giurisprudenza relativa a tale seconda disposizione è rilevante ai fini dell’interpretazione della prima [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 33 e giurisprudenza ivi citata].

67      A tal riguardo, la Corte ha già precisato che la mera partenza dell’interessato dalla zona operativa dell’UNRWA, indipendentemente dal motivo di tale partenza, non può mettere fine all’esclusione dallo status di rifugiato prevista dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), prima frase, di tale direttiva, e che, pertanto, una mera assenza da tale zona o la volontaria decisione di lasciarla non può essere qualificata come cessazione dell’assistenza dell’UNRWA, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, di detta direttiva [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 34 e giurisprudenza ivi citata].

68      La Corte ha tuttavia dichiarato che la cessazione della protezione o dell’assistenza fornita da un organo o da un’agenzia, come l’UNRWA, può conseguire non solo dalla soppressione stessa di tale organo o di tale agenzia, ma anche dall’impossibilità per tale organo o agenzia di svolgere i propri compiti [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

69      In tal senso, qualora la decisione di lasciare la zona operativa dell’UNRWA sia motivata da obblighi indipendenti dalla volontà dell’interessato, una tale situazione può portare a constatare che l’assistenza di cui tale persona beneficiava è cessata ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 36 e giurisprudenza ivi citata].

70      Tale interpretazione è conforme alla finalità di tale disposizione, volta in particolare a garantire la continuità della protezione dei rifugiati palestinesi in quanto tali, tramite un’effettiva protezione o assistenza e non soltanto assicurando l’esistenza di un organo o di un’agenzia incaricato di fornire tale assistenza o protezione, fino a che la loro posizione non sia stata definitivamente stabilita in conformità alle pertinenti risoluzioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite [sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

71      Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 si applica qualora risulti, sul fondamento di un esame su base individuale di tutti gli elementi significativi, che l’apolide di origine palestinese di cui trattasi si trova in uno stato personale di grave insicurezza e che l’UNRWA, la cui assistenza è richiesta dall’interessato, versi per qualsiasi motivo nell’impossibilità di garantire a quest’ultimo condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata, essendo detto apolide così costretto, per motivi che esulano dalla sua sfera di controllo e che prescindono dalla sua volontà, a lasciare la zona operativa dell’UNRWA [sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 86; del 3 marzo 2022, Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑349/20, EU:C:2022:151, punto 50, nonché del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punti 38 e 44].

72      In proposito è necessario precisare, da un lato, che la condizione relativa allo stato personale di grave insicurezza del richiedente comporta che tale richiedente deve trovarsi personalmente di fronte a una grave insicurezza nel settore della zona operativa dell’UNRWA di cui trattasi, senza tuttavia esigere che tale stato personale di grave insicurezza presenti caratteristiche specifiche, proprie di tale richiedente, o sia causato dalla situazione particolare di quest’ultimo. Quanto all’impossibilità per l’UNRWA di garantire al richiedente condizioni di vita conformi alla missione ad essa affidata, così avviene quando tale agenzia si trova per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale esistente in tale settore, nell’impossibilità di garantire al richiedente condizioni di vita degne e di sicurezza minime [v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑507/19, EU:C:2021:3, punto 54].

73      L’esame su base individuale di tali condizioni richiede anche che si tenga debitamente conto della situazione specifica del richiedente e del suo grado di vulnerabilità (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Addis, C‑517/17, EU:C:2020:579, punto 54). A tal riguardo, deve essere prestata particolare attenzione a qualsiasi elemento che consenta di ritenere che l’apolide di origine palestinese di cui trattasi abbia bisogni essenziali specifici legati a una situazione di vulnerabilità e, in particolare, all’eventuale circostanza che l’apolide sia un minore, nel qual caso si dovrà tenere conto dell’interesse superiore del minore, conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta. A tal fine, l’autorità nazionale competente deve, come risulta, in particolare, dal considerando 18 della direttiva 2011/95, tener debitamente conto, in particolare, del principio dell’unità del nucleo familiare, del benessere e dello sviluppo sociale del minore nonché delle considerazioni attinenti alla sua incolumità e sicurezza.

74      Inoltre, il fatto che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia di livello inferiore a quello di cui l’apolide di origine palestinese potrebbe beneficiare se gli fosse riconosciuto lo status di rifugiato in uno Stato membro non è sufficiente per ritenere che egli sia stato obbligato a lasciare la zona operativa dell’UNRWA o che egli non possa ritornarvi [v., in tal senso, sentenza del 5 ottobre 2023, OFPRA (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑294/22, EU:C:2023:733, punto 45].

75      In secondo luogo, come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, spetta alle autorità e agli organi giurisdizionali nazionali competenti verificare non solo se la partenza dalla zona operativa dell’UNRWA da parte dei richiedenti lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 possa essere giustificata da motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà, che hanno quindi impedito loro di beneficiare della protezione o dell’assistenza dell’UNRWA, ma anche se essi, al momento in cui le autorità amministrative competenti esaminano una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato o in cui l’autorità giudiziaria competente si pronuncia sul ricorso proposto avverso una decisione di diniego di riconoscimento di tale status, non possano beneficiare di tale protezione o di tale assistenza a causa del deterioramento della situazione nella zona operativa interessata per motivi che esulano dalla sfera del loro controllo e prescindono dalla loro volontà [v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2022, Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑349/20, EU:C:2022:151, punti 57 e 58].

76      Infatti, da un lato, la questione se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA sia cessata nei confronti dell’apolide di origine palestinese deve essere valutata dall’autorità amministrativa competente sul fondamento di un esame su base individuale di tutti gli elementi significativi, ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 2011/95. Orbene, dall’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2011/95 risulta che, al fine di pronunciarsi su una domanda di protezione internazionale, occorre tener conto di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine «al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda». Dall’altro, ai sensi dell’articolo 46, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, gli Stati membri sono tenuti ad adattare il loro diritto nazionale in modo tale che il trattamento dei ricorsi contemplati a tale disposizione preveda un esame «completo ed ex nunc», il che presuppone che l’autorità giudiziaria competente prenda in considerazione tutti gli elementi che consentono di svolgere una valutazione aggiornata del caso di specie [v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2022, Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑349/20, EU:C:2022:151, punti 54, 55 e 61].

77      A tal riguardo è necessario altresì rilevare che l’articolo 10, paragrafo 3, lettera b, della direttiva 2013/32 impone agli Stati membri di disporre che informazioni precise e aggiornate pervengano da varie fonti, quali l’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EASO) e l’UNHCR e le organizzazioni internazionali per i diritti umani pertinenti, circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti o, qualora siano apolidi, nel paese in cui avevano la dimora abituale.

78      Dalle considerazioni che precedono risulta che un apolide di origine palestinese che ha chiesto l’assistenza dell’UNRWA rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 quando risulta, sul fondamento di un esame su base individuale e aggiornato di tutti gli elementi significativi, che tale apolide interessato si troverebbe, qualora ritornasse nel settore della zona operativa dell’UNRWA in cui aveva la dimora abituale, in uno stato personale di grave insicurezza, tenuto conto, se del caso, della sua situazione di vulnerabilità, e che l’UNRWA versi per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale esistente in tale settore, nell’impossibilità di garantire a detto apolide condizioni di vita degne e di sicurezza minime, avuto riguardo, ove occorra, alle esigenze specifiche legate alla sua situazione di vulnerabilità.

79      Pertanto, si deve ritenere che un apolide di origine palestinese non possa tornare nel settore della zona operativa dell’UNRWA in cui aveva la dimora abituale qualora l’impossibilità, per qualsiasi motivo, di ricevere la protezione o l’assistenza dell’UNRWA faccia correre a detto apolide un rischio reale di essere esposto a condizioni di vita che non gli garantiscono che, conformemente alla missione affidata all’UNRWA, sia provveduto ai suoi bisogni essenziali in materia di sanità, istruzione e sussistenza, tenuto conto, se del caso, dei suoi bisogni essenziali specifici in ragione della sua appartenenza ad un gruppo di persone caratterizzato da un motivo di vulnerabilità, come l’età.

80      In terzo luogo, nella misura in cui il giudice del rinvio sottolinea che, nel procedimento principale, SN e LN non hanno fatto valere motivi relativi alla loro situazione individuale al fine di dimostrare che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA era cessata nei loro confronti, si deve rilevare, anzitutto, che spetta al giudice del rinvio prendere in considerazione non solo gli elementi dedotti a sostegno di tale domanda, ma anche gli elementi di cui l’autorità che ha deciso di respingere tale domanda ha tenuto o avrebbe potuto tener conto, nonché gli elementi intervenuti dopo tale decisione, avuto riguardo all’obbligo che incombeva su tale autorità, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, di cooperare attivamente con il richiedente per integrare e determinare gli elementi significativi della sua domanda [v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2018, Alheto, C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 113, e del 3 marzo 2022, Secretary of State for the Home Department (Status di rifugiato di un apolide di origine palestinese), C‑349/20, EU:C:2022:151, punto 64].

81      Inoltre, il giudice del rinvio sottolinea anche che la situazione generale a Gaza incide concretamente sulla capacità dell’UNRWA di fornire assistenza e protezione effettiva agli apolidi di origine palestinese che si trovano in tale settore. In tale contesto, esso si riferisce, in particolare, alla risoluzione del Parlamento europeo del 19 aprile 2018 sulla situazione nella Striscia di Gaza (GU 2019, C 390, pag. 108), dalla quale risulta che la situazione nella Striscia di Gaza ha «causato nella regione una crisi umanitaria sempre più grave e senza precedenti» nonché al documento, intitolato «Presa di posizione dell’UNHCR sui rimpatri a Gaza», datato marzo 2022, in cui l’UNHCR indica che il deterioramento della situazione generale in tale città è un fattore da prendere in considerazione nell’esaminare le domande di protezione internazionale. In particolare, in considerazione degli indizi di gravi violazioni e di abusi dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale e del diritto umanitario, nonché della persistente instabilità in detto settore, l’UNHCR avrebbe invitato gli Stati ad autorizzare tutti i civili che fuggono dalla Striscia di Gaza ad entrare nei loro territori e a rispettare il principio di non respingimento. L’UNHCR sottolinea in modo esplicito che la situazione in tale settore può costituire un motivo obiettivo che giustifica i rifugiati palestinesi a lasciare quest’ultimo, chiarendo pertanto che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA deve essere considerata come cessata nei loro confronti.

82      Da allora, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale segnatamente al paragrafo 64 delle sue conclusioni, tanto le condizioni di vita nella Striscia di Gaza quanto la capacità dell’UNRWA di adempiere alla missione ad essa affidata hanno subito un deterioramento senza precedenti a causa delle conseguenze degli eventi del 7 ottobre 2023.

83      Spetta al giudice del rinvio determinare, alla luce, in particolare, delle informazioni menzionate al punto 77 della presente sentenza, se l’UNRWA non sia in grado per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale esistente nella Striscia di Gaza, di garantire ad alcun apolide di origine palestinese che abbia richiesto la sua assistenza e che risieda in tale settore la possibilità di soggiornarvi in condizioni di vita degne e di sicurezza minime.

84      Così avverrebbe in particolare se, nel settore interessato della zona operativa dell’UNRWA, ogni apolide di origine palestinese si trovasse, indipendentemente dalla sua volontà e dalle sue scelte personali, in una situazione di estrema deprivazione materiale, che non gli consenta di far fronte ai suoi bisogni più elementari quali, segnatamente, nutrirsi, lavarsi e disporre di un alloggio, e che pregiudichi la sua salute fisica o psichica o che la ponga in uno stato di degrado incompatibile con la dignità umana, ai sensi dell’articolo 4 della Carta (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2019, Jawo, C‑163/17, EU:C:2019:218, punto 92).

85      Infine, nell’ipotesi in cui il giudice del rinvio dovesse concludere che, in considerazione delle condizioni generali di vita esistenti nella Striscia di Gaza al momento in cui esso statuisce, la protezione o l’assistenza dell’UNRWA in tale zona operativa dev’essere considerata come cessata nei confronti di SN o di LN, esso sarebbe comunque tenuto a proseguire il suo esame su base individuale delle loro domande al fine di valutare se SN o LN rientrino nell’ambito di applicazione di uno dei motivi di esclusione enunciati all’articolo 12, paragrafo 1, lettera b), e paragrafi 2 e 3, della direttiva 2011/95.

86      Se così non fosse, tali apolidi di origine palestinese dovrebbero vedersi riconosciuto automaticamente lo status di rifugiato (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2012, Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 81).

87      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni seconda e terza dichiarando che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che la protezione o l’assistenza dell’UNRWA, di cui beneficia un richiedente protezione internazionale, apolide di origine palestinese, deve essere considerata come cessata, ai sensi di tale disposizione, quando, da un lato, tale agenzia non è in grado, per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale nel settore della zona operativa di detta agenzia in cui tale apolide aveva la dimora abituale, di garantire a quest’ultimo, alla luce, se del caso, della sua situazione di vulnerabilità, condizioni di vita degne, conformi alla missione ad essa affidata, senza che detto apolide sia tenuto a dimostrare di essere interessato in modo specifico da tale situazione generale a motivo di elementi peculiari delle sue circostanze personali e, dall’altro, il medesimo apolide si trova, in ipotesi di ritorno in tale settore, in uno stato di grave insicurezza tenuto conto, ove occorra, della sua situazione di vulnerabilità, spettando alle autorità amministrative e giudiziarie svolgere un esame su base individuale di ciascuna domanda di protezione internazionale fondata su tale disposizione, nell’ambito del quale l’età dell’interessato può essere pertinente. L’assistenza o la protezione dell’UNRWA deve in particolare essere considerata come cessata nei confronti del richiedente quando, per qualsiasi motivo, tale agenzia non è più in grado di garantire condizioni di vita degne o di sicurezza minime ad alcun apolide di origine palestinese che soggiorni nel settore della zona operativa di tale agenzia in cui detto richiedente aveva la dimora abituale. La questione se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA debba essere considerata come cessata deve essere esaminata con riferimento al momento in cui detto apolide ha lasciato il settore della zona operativa dell’UNRWA in cui aveva la dimora abituale, al momento in cui le autorità amministrative competenti si pronunciano sulla sua domanda di protezione internazionale o, ancora, al momento in cui l’autorità giudiziaria competente statuisce su un ricorso avverso la decisione di rigetto di tale domanda.

 Sulla quarta questione

88      Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’espressione «queste persone sono ipso facto ammesse ai benefici della presente direttiva», contenuta all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95, debba essere interpretata nel senso che, da un lato, le persone interessate, qualora dovessero essere rinviate in uno dei settori della zona operativa dell’UNRWA e che, in tale settore, fossero esposte al rischio di trattamenti inumani o degradanti, dovrebbero essere ipso facto considerate come rientranti nell’ambito di applicazione del principio di non respingimento previsto all’articolo 21, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, letto in combinato disposto con l’articolo 19 della Carta, nonché nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, lettera b), della direttiva 2011/95 relativo alla concessione della protezione sussidiaria, o che, dall’altro, tali persone dovrebbero ipso facto beneficiare dello status di rifugiato senza che si debba tener conto delle circostanze pertinenti ai fini della concessione della protezione sussidiaria, che sono peculiari di tali persone.

89      Poiché il giudice del rinvio non ha esposto, nella sua domanda, i motivi in base ai quali chiede l’interpretazione di tali disposizioni del diritto dell’Unione e il collegamento che esso stabilisce tra queste ultime e la normativa nazionale applicabile al procedimento di cui è investito (sentenza del 14 settembre 2023, Vinal, C‑820/21, EU:C:2023:667, punto 98 e giurisprudenza ivi citata), occorre dichiarare che la quarta questione è irricevibile.

 Sulle spese

90      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 40 della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, letto in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta,

deve essere interpretato nel senso che:

l’autorità che si pronuncia sul merito di una domanda reiterata di protezione internazionale è tenuta ad esaminare gli elementi di fatto presentati a sostegno di tale domanda, anche qualora tali fatti siano già stati valutati dall’autorità che ha respinto in via definitiva una prima domanda di protezione internazionale.

2)      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 2011/95

deve essere interpretato nel senso che:

la protezione o l’assistenza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente) (UNRWA), di cui beneficia un richiedente protezione internazionale, apolide di origine palestinese, deve essere considerata come cessata, ai sensi di tale disposizione, quando, da un lato, tale agenzia non è in grado, per qualsiasi motivo, incluso a causa della situazione generale nel settore della zona operativa di detta agenzia in cui tale apolide aveva la dimora abituale, di garantire a quest’ultimo, alla luce, se del caso, della sua situazione di vulnerabilità, condizioni di vita degne, conformi alla missione ad essa affidata, senza che detto apolide sia tenuto a dimostrare di essere interessato in modo specifico da tale situazione generale a motivo di elementi peculiari delle sue circostanze personali e, dall’altro, il medesimo apolide si trova, in ipotesi di ritorno in tale settore, in uno stato di grave insicurezza tenuto conto, ove occorra, della sua situazione di vulnerabilità, spettando alle autorità amministrative e giudiziarie svolgere un esame su base individuale di ciascuna domanda di protezione internazionale fondata su tale disposizione, nell’ambito del quale l’età dell’interessato può essere pertinente. L’assistenza o la protezione dell’UNRWA deve in particolare essere considerata come cessata nei confronti del richiedente quando, per qualsiasi motivo, tale agenzia non è più in grado di garantire condizioni di vita degne o di sicurezza minime ad alcun apolide di origine palestinese che soggiorni nel settore della zona operativa di tale agenzia in cui detto richiedente aveva la dimora abituale. La questione se la protezione o l’assistenza dell’UNRWA debba essere considerata come cessata deve essere esaminata con riferimento al momento in cui detto apolide ha lasciato il settore della zona operativa dell’UNRWA in cui aveva la dimora abituale, al momento in cui le autorità amministrative competenti si pronunciano sulla sua domanda di protezione internazionale o, ancora, al momento in cui l’autorità giudiziaria competente statuisce su un ricorso avverso la decisione di rigetto di tale domanda.

Firme


*      Lingua processuale: il bulgaro.