Language of document : ECLI:EU:T:2017:717

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

12 ottobre 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio denominativo dell’Unione europea SDC‑554S – Marchio nazionale denominativo anteriore non registrato SDC‑554S – Impedimento relativo alla registrazione – Articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2017/1001] – Prove che dimostrano il contenuto del diritto nazionale – Regola 19, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 2868/95 [divenuta articolo 7, paragrafo 2, lettera d), del regolamento delegato (UE) 2017/1430] – Produzione di prove per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso – Potere discrezionale della commissione di ricorso – Articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 95, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2017/1001»

Nella causa T‑316/16,

Moravia Consulting spol. s r. o., con sede in Brno (Repubblica ceca), rappresentata da M. Kyjovský, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Gája, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale:

Citizen Systems Europe GmbH, con sede in Stoccarda (Germania), rappresentata da C. von Donat, J. Lipinsky, J. Hagenberg, T. Hollerbach e C. Nitschke, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 1o aprile 2016 (procedimento R 1575/2015-2), relativa a un procedimento di opposizione tra la Moravia Consulting e la Citizen Systems Europe,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise e R. da Silva Passos (relatore), giudici,

cancelliere: X. Lopez Bancalari, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 giugno 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 ottobre 2016,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 dicembre 2016,

vista la decisione del 9 marzo 2017, che ha disposto la riunione delle cause da T‑316/16 a T‑318/16 ai fini della fase orale del procedimento,

in seguito all’udienza dell’11 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 10 aprile 2014, l’interveniente, la Citizen Systems Europe GmbH, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il marchio denominativo SDC‑554S.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 9 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Calcolatrici tascabili; calcolatrici».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 2014/076, del 24 aprile 2014.

5        Il 22 luglio 2014 la ricorrente, la Moravia Consulting spol. s r. o., ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto nella sua integralità.

6        A sostegno della sua opposizione, la ricorrente ha fatto valere, in primo luogo, l’esistenza di un diritto anteriore conferito da un marchio denominativo non registrato, avente formulazione identica a quella del marchio richiesto, posto che tale diritto sussisteva quanto meno nel territorio della Repubblica ceca. Detto marchio verbale non registrato aveva ad oggetto le calcolatrici.

7        La ricorrente ha indicato di aver utilizzato il marchio non registrato prima del deposito della domanda di registrazione del marchio richiesto, in particolare in occasione di un ordine effettuato nell’ottobre 2013 ai fini della consegna di calcolatrici provenienti da Hong Kong (Cina). A tale scopo, la ricorrente ha prodotto come elemento di prova un documento di due pagine intitolato «conferma di vendita» («sales confirmation») e recante la data dell’8 ottobre 2013.

8        In secondo luogo, la ricorrente ha fatto valere la malafede dell’interveniente. Tuttavia, in seguito a una comunicazione dell’EUIPO del 5 agosto 2014 la quale precisava, in particolare, che detto motivo poteva essere invocato unicamente nell’ambito di un procedimento di nullità contro un marchio dell’Unione europea registrato, la ricorrente ha informato, in una lettera trasmessa all’EUIPO il 10 dicembre 2014, di rinunciare a far valere la malafede dell’interveniente.

9        In terzo luogo, la ricorrente ha fatto valere l’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto.

10      Con decisione del 5 giugno 2015, la divisione di opposizione dell’EUIPO ha respinto l’opposizione proposta dalla ricorrente e l’ha condannata alle spese. La divisione di opposizione ha rilevato che la ricorrente non aveva fornito informazioni né apportato prove riguardanti il diritto nazionale applicabile sul quale essa si fondava ed in virtù del quale l’uso del marchio richiesto avrebbe potuto essere vietato nello Stato membro interessato, e ciò persino dopo essere stata invitata a completare la sua opposizione. Inoltre, la divisione di opposizione ha sottolineato che l’assenza di carattere distintivo del marchio richiesto rientrava nell’ambito dell’articolo 7 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 7 del regolamento 2017/1001) e, di conseguenza, non costituiva un motivo valido nell’ambito di un procedimento di opposizione.

11      Il 4 agosto 2015 la ricorrente ha presentato all’EUIPO un ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

12      La ricorrente ha allegato all’atto che esponeva i motivi di ricorso talune informazioni riguardanti la normativa ceca pertinente in materia di marchi, precisando il contenuto di tale normativa relativamente alla tutela giuridica di un segno non registrato.

13      Con decisione del 1o aprile 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso.

14      In primis, da un lato, la commissione di ricorso ha sostanzialmente considerato che, nel corso del procedimento di opposizione, la ricorrente non aveva fatto riferimento alle disposizioni normative applicabili e non aveva fornito alcuna informazione relativa al contenuto dei diritti fatti valere o alle condizioni da soddisfare nel caso di specie, in modo da consentire all’EUIPO di valutare se le condizioni specifiche previste da tali disposizioni fossero soddisfatte e se, di conseguenza, fosse possibile vietare l’uso del marchio richiesto in forza della normativa dello Stato membro interessato, segnatamente la Repubblica ceca. La commissione di ricorso ha ricordato che la ricorrente era obbligata a rivendicare, e a fornire tutte le informazioni necessarie al fine di dimostrare, che il marchio anteriore rientrava nell’ambito di applicazione del diritto nazionale e che quest’ultimo conferiva il diritto di vietare l’uso di un marchio più recente.

15      Dall’altro lato, in merito alle informazioni relative alla legislazione ceca presentate dalla ricorrente per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, quest’ultima ha considerato che esse non potevano essere considerate come «nuove» o «supplementari» e che, pertanto, erano irricevibili. La commissione di ricorso, infatti, non ha alcun potere discrezionale in merito all’ammissione di prove presentate tardivamente.

16      Di seguito, la commissione di ricorso ha aggiunto che, quand’anche gli elementi di prova presentati per la prima volta dinanzi ad essa avessero dovuto essere considerati «nuovi» o «supplementari», consentendole così di esercitare un potere discrezionale in merito alla loro ammissione, essa avrebbe esercitato tale potere decidendo di non prenderli in considerazione. Secondo la commissione di ricorso, dalla formulazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 95, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001) risulta che la deduzione o produzione tardiva di fatti e di prove non è idonea a conferire alla parte che vi procede un diritto incondizionato a che tali fatti o prove siano presi in considerazione. La commissione di ricorso ha concluso che le circostanze che avevano caratterizzato la produzione tardiva delle prove da parte della ricorrente non erano tali da giustificare un simile ritardo.

17      In merito all’argomento relativo a una presunta malafede dell’interveniente, dedotto di nuovo dalla ricorrente malgrado la sua rinuncia a far valere tale motivo durante il procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, la commissione di ricorso ha ricordato che, in forza dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, l’opposizione può essere esperita sulla base dell’articolo 8 di detto regolamento (divenuto articolo 8 del regolamento 2017/1001) e ha affermato che, poiché tale disposizione non menziona la malafede come motivo di opposizione, essa non avrebbe esaminato detto motivo.

18      Infine, la commissione di ricorso, fondandosi sulla giurisprudenza, ha sottolineato che la questione sollevata durante il procedimento di opposizione non consisteva nel determinare se il segno controverso fosse distintivo e dovesse essere registrato alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001], o meno, bensì, piuttosto, se la registrazione del segno controverso dovesse essere negata in ragione dell’esistenza di un diritto anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del medesimo regolamento (divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001).

 Conclusioni delle parti

19      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

20      L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

21      L’EUIPO sostiene che il ricorso è manifestamente irricevibile. L’interveniente considera, dal canto suo, che il ricorso è irricevibile nella misura in cui si fonda sull’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001].

 Sull’eccezione d’irricevibilità sollevato dall’EUIPO

22      Secondo l’EUIPO, due ragioni hanno giustificato il rigetto, da parte della commissione di ricorso, del ricorso esperito avverso la decisione della divisione di opposizione. In primo luogo, la commissione di ricorso non disponeva di alcun potere discrezionale al fine di ammettere i documenti prodotti unitamente all’esposizione dei motivi di ricorso. In secondo luogo, se anche la commissione di ricorso avesse disposto di un potere discrezionale e l’avesse esercitato, essa avrebbe concluso nel senso del rigetto del ricorso. L’EUIPO sostiene che la ricorrente non contesta, nell’ambito del presente ricorso, il secondo punto della motivazione della decisione impugnata. Pertanto, quand’anche i motivi di ricorso della ricorrente riguardo al primo punto della motivazione della decisione impugnata fossero accolti, essi non sarebbero sufficienti per annullare detta decisione, dato che il dispositivo di quest’ultima resterebbe comunque giustificato dal secondo punto della sua motivazione. Ciò considerato, l’EUIPO chiede che il ricorso sia dichiarato manifestamente irricevibile.

23      La ricorrente giustifica, al punto 21 del ricorso, la produzione tardiva dei riferimenti concreti al diritto ceco, sul quale essa si fondava e in virtù del quale l’uso del marchio richiesto avrebbe potuto essere vietato nello Stato membro interessato. A tal fine, essa deduce, in sostanza, di aver depositato entro il termine stabilito dall’EUIPO tutte le prove riguardanti il suo diritto anteriore quale utilizzatore di un segno non registrato e che mancavano soltanto le informazioni relative al diritto nazionale. Essa aggiunge che, in forza del principio iura novit curia, non era necessario presentare in modo dettagliato le disposizioni concrete della legislazione ceca, la quale è accessibile al pubblico. Inoltre, la ricorrente sostiene che l’EUIPO era tenuta a fornirle chiarimenti, indicando gli elementi concreti che mancavano nella sua opposizione, in modo che essa potesse porvi debitamente rimedio. Orbene, secondo la ricorrente, l’invito dell’EUIPO a fornire precisazioni in merito all’opposizione non era chiaro e non gli consentiva di inferire la censura concreta formulata nei confronti della sua opposizione.

24      A tal riguardo, si deve rilevare che la ricorrente ha dedotto, nell’ambito del presente ricorso, le ragioni che, a suo avviso, giustificavano la presentazione tardiva degli elementi di prova in argomento. Quindi, la ricorrente contesta, nel suo insieme, la posizione dell’EUIPO secondo cui la presentazione tardiva di detti elementi non poteva essere ammessa. Anche volendo ritenere che vi siano nel fascicolo di causa elementi idonei a contraddire la tesi sostenuta dalla ricorrente, una simile constatazione riguarderebbe non già la ricevibilità del ricorso, bensì, piuttosto, la sua fondatezza. Indipendentemente dalla giustificazione dedotta dalla ricorrente per aver presentato tardivamente taluni elementi di prova nell’ambito del procedimento amministrativo, non si può quindi sostenere, come in sostanza fa l’EUIPO, che la ricorrente si limiti nella fattispecie a criticare la parte della decisione impugnata nella quale la commissione di ricorso ha affermato di non disporre di alcun potere discrezionale in merito alla considerazione di detti elementi.

25      In tale contesto, occorre respingere l’eccezione d’irricevibilità del ricorso sollevata dall’EUIPO.

 Sull’eccezione d’irricevibilità sollevata dall’interveniente

26      L’interveniente osserva che, sebbene durante il procedimento di opposizione la ricorrente abbia dichiarato di non mantenere tale motivo, essa sembra fondarsi sull’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 al fine di contestare la decisione impugnata.

27      Nella presente causa, la ricorrente, in forza dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, ha proposto opposizione alla registrazione di un marchio dell’Unione europea a norma dell’articolo 8, paragrafo 4, di detto regolamento. L’interveniente ricorda che l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, relativo alla malafede del richiedente al momento del deposito della domanda di marchio dell’Unione europea, costituisce un motivo di nullità assoluta e non figura tra i motivi di opposizione alla registrazione di un marchio dell’Unione europea e che, di conseguenza, non può essere fatto valere nell’ambito di un procedimento di opposizione. Quindi, ad avviso dell’interveniente, siffatto motivo è irricevibile.

28      Nel corso del procedimento di opposizione, la ricorrente ha indicato espressamente alla divisione di opposizione che non faceva più valere la malafede dell’interveniente da essa inizialmente invocata. Tuttavia, durante il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente ha nuovamente indicato che la domanda di registrazione del segno controverso procedeva da una malafede dell’interveniente, il che ha indotto la commissione di ricorso a considerare, al punto 85 della decisione impugnata, che, potendo l’opposizione essere proposta sulla base dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009 e non menzionando detta disposizione la malafede quale motivo di opposizione, tale questione non sarebbe stata esaminata.

29      Inoltre, al punto 26 del suo ricorso, la ricorrente cita, tra i motivi dedotti a sostegno della sua domanda, la violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, senza tuttavia formulare un’argomentazione a sostegno di tale affermazione. In sede di udienza, in risposta a un quesito formulato dal Tribunale, la ricorrente ha dichiarato di mantenere tale motivo.

30      Ebbene, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi fatti valere e che tale esposizione deve essere sufficientemente chiara e precisa da consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno [v. sentenza del 18 settembre 2012, Scandic Distilleries/UAMI – Bürgerbräu, Röhm & Söhne (BÜRGER), T‑460/11, non pubblicata, EU:T:2012:432, punto 16 e giurisprudenza ivi citata]. Poiché è evidente che il motivo riguardante una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non risponde a tali requisiti, occorre rigettarlo in quanto manifestamente irricevibile. Si deve altresì rilevare che la deduzione di detto motivo nella sede del presente ricorso desta stupore, dato che la ricorrente aveva espressamente indicato alla divisione di opposizione di rinunciare a far valere la malafede dell’interveniente.

31      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il motivo attinente alla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 dev’essere respinto in quanto irricevibile.

32      Ad abundantiam, occorre ricordare che l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 prevede i motivi di nullità assoluta di un marchio dell’Unione europea, in particolare quando il richiedente sia in malafede al momento del deposito della sua domanda di registrazione (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 34 e 35), così che la malafede può essere fatta valere nell’ambito di una domanda di nullità proposta avverso un marchio registrato. Tuttavia, come sostenuto dall’interveniente, la malafede del richiedente non figura all’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 tra i motivi di opposizione alla registrazione di un marchio dell’Unione europea. Di conseguenza, detto motivo deve, in ogni caso, essere respinto.

 Nel merito

33      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce, in sostanza, due motivi. Il primo riguarda una violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, e dell’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (l’articolo 76, paragrafo 1, divenuto articolo 95, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001) nonché della regola 50, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1). Il secondo attiene ad una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

34      Poiché il secondo motivo è stato respinto in quanto irricevibile, occorre esaminare soltanto il primo motivo.

35      A sostegno di tale motivo, la ricorrente deduce che la commissione di ricorso ha commesso un errore nell’applicazione della regola 50, paragrafo 1, del regolamento n. 2868/95, letto in combinato disposto con l’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, quando, nella decisione impugnata, ha ignorato taluni fatti da essa dedotti e talune prove da essa prodotte. La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha interpretato in modo erroneo il proprio potere discrezionale riguardo alle prove depositate per la prima volta nell’ambito del ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione. La ricorrente afferma che, nel caso di specie, aveva depositato entro il termine previsto tutte le prove riguardanti il suo diritto anteriore di utilizzo di un segno non registrato e che mancavano soltanto le informazioni sul diritto nazionale. Di conseguenza, a suo avviso, non si potrebbe affermare che essa non aveva prodotto alcuna prova durante il procedimento di opposizione. La ricorrente fa altresì valere che la commissione di ricorso ha erroneamente applicato nella decisione impugnata i principi stabiliti dalla sentenza del 28 ottobre 2015, Rot Front/UAMI – Rakhat (Маска) (T‑96/13, EU:T:2015:813), quando invece tale sentenza era stata pronunciata, nella specie, in un momento successivo alla scadenza del termine di proposizione del ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione. Pertanto, secondo la ricorrente, quest’ultima sentenza non può essere pertinente ai fini del presente caso.

36      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

37      Poiché gli argomenti dedotti dalla ricorrente nell’ambito dei suoi motivi si sovrappongono, il Tribunale ritiene opportuno esaminarli congiuntamente.

38      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, il titolare di un segno che non sia un marchio registrato può opporsi alla registrazione di un marchio dell’Unione europea qualora esso soddisfi cumulativamente quattro condizioni: tale segno dev’essere utilizzato nella normale prassi commerciale; deve avere una portata che non sia puramente locale; il diritto a detto segno dev’essere stato acquisito conformemente alla normativa dell’Unione europea o alla legislazione dello Stato membro in cui il segno era utilizzato prima della data di deposito della domanda di marchio dell’Unione europea; infine, tale segno deve riconoscere al suo titolare la facoltà di vietare l’uso di un marchio successivo [v. sentenza del 29 giugno 2016, Universal Protein Supplements/EUIPO – H Young Holdings (animal), T‑727/14 e T‑728/14, non pubblicata, EU:T:2016:372, punto 22 e giurisprudenza ivi citata]. Tali condizioni sono cumulative, pertanto, qualora un segno non soddisfi una di esse, l’opposizione fondata sull’esistenza di un marchio non registrato o di altri segni utilizzati nella normale prassi commerciale ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 non può essere accolta [v. sentenza del 21 gennaio 2016, BR IP Holder/UAMI – Greyleg Investments (HOKEY POKEY), T‑62/14, non pubblicata, EU:T:2016:23, punto 20 e giurisprudenza ivi citata].

39      Le prime due condizioni, ossia quelle relative all’uso e alla portata del segno fatto valere, dovendo quest’ultima non essere puramente locale, risultano dal testo stesso dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 e devono quindi essere interpretate alla luce del diritto dell’Unione. Pertanto, il regolamento n. 207/2009 stabilisce standard uniformi, relativi all’utilizzo dei segni e alla loro portata, coerenti con i principi che ispirano il sistema istituito dal predetto regolamento (v. sentenza del 29 giugno 2016, animal, T‑727/14 e T‑728/14, non pubblicata, EU:T:2016:372, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

40      Viceversa, dalla locuzione «se e in quanto, conformemente (…) alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto segno» risulta che le altre due condizioni di seguito previste dall’articolo 8, paragrafo 4, lettere a) e b), del regolamento n. 207/2009 costituiscono condizioni fissate dal regolamento medesimo che, a differenza delle precedenti, devono essere valutate alla luce dei criteri fissati dal diritto che disciplina il segno fatto valere. Tale rinvio al diritto che disciplina il segno fatto valere è assolutamente giustificato, posto che il regolamento n. 207/2009 riconosce a segni estranei al sistema di marchio dell’Unione europea la possibilità di essere fatti valere contro un marchio dell’Unione europea. Pertanto, solo il diritto che disciplina il segno fatto valere consente di stabilire se esso sia anteriore al marchio dell’Unione europea e se possa giustificare il divieto di utilizzazione di un marchio successivo. Conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, l’onere di provare che quest’ultima condizione è soddisfatta grava sull’opponente dinanzi all’EUIPO (v. sentenza del 29 giugno 2016, animal, T‑727/14 e T‑728/14, non pubblicata, EU:T:2016:372, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

41      Ai fini dell’applicazione delle disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 4, lettera b), del regolamento n. 207/2009, occorre tener conto, in particolare, della normativa nazionale fatta valere e delle decisioni giurisdizionali pronunciate nello Stato membro interessato. Su tale base, l’opponente deve dimostrare che il segno in questione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dello Stato membro invocato e che è idoneo a vietare l’utilizzazione di un marchio successivo (v. sentenza del 29 giugno 2016, animal, T‑727/14 e T‑728/14, non pubblicata, EU:T:2016:372, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

42      La regola 19, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 2868/95 [divenuta articolo 7, paragrafo 2, lettera d), del regolamento delegato (UE) 2017/1430 della Commissione, del 18 maggio 2017, che integra il regolamento n. 207/2009 e abroga i regolamenti n. 2868/95 e (CE) n. 216/96 (GU 2017, L 205, pag. 1)] impone all’opponente l’onere di presentare all’EUIPO non soltanto gli elementi comprovanti che egli soddisfa le condizioni prescritte, ai sensi della normativa nazionale di cui chiede l’applicazione, per potersi opporre alla registrazione di un marchio dell’Unione europea in forza di un diritto anteriore, ma anche gli elementi che dimostrano il contenuto di tale normativa (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punto 50). È vero che la commissione di ricorso e il giudice dell’Unione devono informarsi d’ufficio sulle disposizioni del diritto nazionale se tali informazioni sono necessarie per valutare le condizioni di applicazione di un impedimento alla registrazione di cui trattasi, il che comporta che essi prendano in considerazione, oltre ai fatti esplicitamente dedotti dalle parti in causa, fatti notori, ossia fatti conoscibili da chiunque o che possono essere conosciuti tramite fonti generalmente accessibili (v., in tal senso, sentenze del 27 marzo 2014, UAMI/National Lottery Commission, C‑530/12 P, EU:C:2014:186, punti 39, 44 e 45, e del 28 ottobre 2015, Маска, T‑96/13, EU:T:2015:813, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Nondimeno, siffatto obbligo grava sull’EUIPO o sul giudice dell’Unione solo nell’ipotesi in cui essi dispongano già di indicazioni relative al diritto nazionale, vuoi sotto forma di affermazioni riguardanti il suo contenuto, vuoi sotto forma di elementi presentati nel dibattimento e dei quali sia stata dedotta la forza probatoria (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 28 ottobre 2015, Маска, T‑96/13, EU:T:2015:813, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nella fattispecie, quindi, spettava proprio alla ricorrente, nella sua qualità di opponente, presentare all’EUIPO gli elementi attestanti il contenuto della normativa nazionale.

44      Inoltre, occorre ricordare che la ricorrente ha fatto valere, a sostegno della sua opposizione, un marchio anteriore non registrato dalla formulazione identica a quella del marchio richiesto, e che tale diritto anteriore esisteva, a suo avviso, quanto meno nel territorio della Repubblica ceca. Come osservato al punto 7 supra e come risulta altresì dal punto 9, settimo trattino, della decisione impugnata, l’unica prova relativa all’uso del marchio anteriore che la ricorrente ha presentato dinanzi alla divisione di opposizione è costituita da un documento di due pagine intitolato «conferma di vendita» e recante la data dell’8 ottobre 2013. La ricorrente non ha apportato alcuna prova riguardante la normativa nazionale applicabile, e per tale motivo l’opposizione è stata respinta dalla divisione di opposizione. Come ricordato al punto 12 supra, è nell’esposizione dei motivi del suo ricorso dinanzi alla commissione di ricorso che la ricorrente ha, per la prima volta, fatto riferimento alle disposizioni del diritto nazionale ceco in materia di tutela giuridica di un segno non registrato.

45      Occorre quindi esaminare se è senza commettere errori che la commissione di ricorso ha concluso, al punto 70 della decisione impugnata, di non disporre nella fattispecie di alcun potere discrezionale in merito all’ammissione delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad essa relative alla tutela garantita al marchio anteriore dal diritto ceco pertinente, in quanto la ricorrente non aveva prodotto il benché minimo elemento di prova a tal riguardo dinanzi alla divisione di opposizione.

46      Secondo una giurisprudenza costante, dal disposto dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, concernente l’esame d’ufficio dei fatti da parte dell’EUIPO, si evince che, come regola generale e salvo disposizione contraria, la deduzione di fatti e di prove ad opera delle parti rimane possibile dopo la scadenza dei termini ai quali si trova subordinata una tale deduzione in applicazione delle disposizioni del regolamento n. 207/2009 e che non è affatto proibito per l’EUIPO tenere conto di fatti e di prove così tardivamente dedotti o prodotti [v. sentenza dell’11 dicembre 2014, CEDC International/UAMI – Underberg (Forma di un filo d’erba in una bottiglia), T‑235/12, EU:T:2014:1058, punto 44 e giurisprudenza ivi citata]. Detto in altri termini, l’EUIPO può tenerne conto, oltre la scadenza del termine impartito dalla divisione di opposizione e, eventualmente, per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, facendo uso del potere discrezionale conferitole dall’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Forma di un filo d’erba in una bottiglia, T‑235/12, EU:T:2014:1058, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

47      Sempre per costante giurisprudenza, precisando che l’EUIPO «può», in casi simili, decidere di non tenere conto di tali prove, la suddetta disposizione investe l’EUIPO di un ampio potere discrezionale al fine di decidere, motivando la propria decisione su tale punto, se occorra o meno tenere conto delle stesse (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, Forma di un filo d’erba in una bottiglia, T‑235/12, EU:T:2014:1058, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

48      È chiaro che tale potere discrezionale si limita alla questione se debbano ammettersi, o meno, prove presentate tardivamente. Tale potere non si riferisce alla valutazione della natura di tali prove.

49      Ai sensi della regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 2868/95, se il ricorso è diretto contro una decisione della divisione di opposizione, la commissione di ricorso limita l’esame del ricorso ai fatti e alle prove presentati entro i termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione, a meno che essa non ritenga che fatti e prove «ulteriori» o «complementari» debbano essere presi in considerazione ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2013, Rintisch/UAMI, C‑120/12 P, EU:C:2013:638, punto 31, e del 21 luglio 2016, EUIPO/Grau Ferrer, C‑597/14 P, EU:C:2016:579, punto 23).

50      A tal riguardo, in materia di dimostrazione dell’uso, in un primo tempo, la Corte ha interpretato l’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 nel modo seguente: qualora non venga prodotta alcuna prova dell’uso effettivo del marchio interessato entro il termine impartito dall’EUIPO, il rigetto dell’opposizione dev’essere pronunciato d’ufficio da quest’ultimo; per contro, nel caso in cui siano stati prodotti elementi di prova entro il suddetto termine, resta possibile produrre prove supplementari (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, New Yorker SHK Jeans/UAMI, C‑621/11 P, EU:C:2013:484, punti 28 e 30).

51      In un secondo tempo, la Corte ha affermato che la stessa interpretazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 doveva essere adottata per quanto riguarda la prova dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del marchio, poiché detta disposizione enuncia una regola provvista di effetti orizzontali nel sistema del suddetto regolamento, applicandosi indipendentemente dalla natura del procedimento di cui trattasi. La Corte ne ha tratto la conclusione che la regola 50 del regolamento n. 2868/95 non può essere interpretata nel senso che essa estende alle prove nuove il margine di discrezionalità delle commissioni di ricorso (sentenza del 21 luglio 2016, EUIPO/Grau Ferrer, C‑597/14 P, EU:C:2016:579, punto 27, e conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa UAMI/Grau Ferrer, C‑597/14 P, EU:C:2016:2, punti 55 e 57).

52      Alla luce dei principi sopra ricordati, si deve quindi esaminare se la ricorrente avesse, nell’ambito del procedimento di opposizione, prodotto quantomeno taluni elementi di prova relativi all’esistenza, alla validità e alla portata della tutela del marchio anteriore non registrato da essa fatto valere.

53      Va constatato, a tal riguardo, che giustamente la commissione di ricorso ha ritenuto che la ricorrente non avesse prodotto il benché minimo elemento di prova relativo al contenuto del diritto nazionale in causa entro il termine impartito né tanto meno avesse dedotto un legittimo motivo a giustificazione di tale condotta.

54      Infatti, il solo elemento presentato dalla ricorrente al fine di dimostrare l’esistenza, la validità e la portata della tutela del marchio anteriore non registrato è stato, come menzionato ai punti 7 e 44 supra, un documento di 2 pagine intitolato «conferma di vendita», recante la data dell’8 ottobre 2013 e riguardante la consegna di calcolatrici provenienti da Hong Kong.

55      Come sottolineato dall’EUIPO nel suo controricorso, detto documento non fornisce alcuna informazione in merito all’utilizzo del marchio anteriore fatto valere, in particolare per quanto riguarda il luogo e la durata di detto utilizzo o, ancora, la possibilità di considerare che la portata di detto marchio vada oltre l’ambito locale. Tale documento non contiene neppure informazioni relative alle condizioni richieste dalla normativa della Repubblica ceca.

56      Va altresì constatato che la «conferma di vendita», contiene un elenco di referenze di vari prodotti, tra le quali non figura il marchio anteriore non registrato, dato che la referenza più prossima a quest’ultimo è «SDC‑554+».

57      Inoltre, come sostenuto dall’interveniente, la suddetta «conferma di vendita» non contiene precisazioni in merito ai prodotti concreti da essa elencati, né dimostra che l’ordine a cui essa apparentemente si riferisce sia sfociato in una consegna dei prodotti di cui trattasi contrassegnati dal marchio anteriore non registrato.

58      Durante l’udienza, in risposta a un quesito posto dal Tribunale che la invitava a spiegare dove esattamente tale «conferma di vendita» contenesse informazioni sulle condizioni richieste e sulla tutela prevista dalla normativa della Repubblica ceca per quanto riguarda il marchio anteriore non registrato, la ricorrente non ha formulato alcuna spiegazione.

59      Per giunta, la ricorrente ha prodotto, dinanzi alla divisione di opposizione, un documento al quale è allegata una lettera indirizzata dall’interveniente a un’entità tedesca, il quale, tuttavia, non contiene la benché minima indicazione riguardo all’esistenza, alla validità e alla portata della tutela del marchio anteriore non registrato.

60      Ciò posto, non si può affermare che la ricorrente avesse già apportato, nel corso del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, taluni elementi volti a dimostrare l’esistenza, la validità e la portata della tutela del marchio anteriore. Pertanto, i riferimenti alle disposizioni della normativa ceca compiuti dalla ricorrente per la prima volta nell’esposizione dei motivi del suo ricorso dinanzi alla commissione di ricorso non costituiscono elementi «ulteriori» o «complementari» in rapporto a quelli che erano stati presentati dinanzi alla divisione di opposizione.

61      Di conseguenza, è senza commettere errori che la commissione di ricorso ha ritenuto di non avere potere discrezionale al fine di ammettere le prove prodotte per la prima volta dinanzi ad essa, dato che tali prove erano tardive.

62      In considerazione di quanto precede, si deve sottolineare che, diversamente dal caso oggetto della sentenza del 29 giugno 2016, Group/EUIPO – Iliev (GROUP Company TOURISM & TRAVEL) (T‑567/14, con impugnazione pendente, EU:T:2016:371), gli elementi di prova presentati dalla ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione nel presente caso non consentivano alla commissione di ricorso di esercitare il proprio potere discrezionale.

63      Inoltre, durante l’udienza, la ricorrente ha messo a disposizione del Tribunale qualche esemplare di calcolatrice che essa asserisce di commercializzare e sulle quali era inciso il marchio anteriore non registrato. Tuttavia, senza che occorra pronunciarsi sul valore probatorio di tali elementi di prova per quanto riguarda l’esistenza, la validità e la portata della tutela del marchio anteriore non registrato, è sufficiente, per respingerli, rilevare che detti elementi di prova sono stati presentati tardivamente. Da un lato, come spiegato ai punti da 38 a 51 supra, detti elementi avrebbero dovuto essere presentati nel corso del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione dell’EUIPO. Dall’altro, in ogni caso, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le prove e le offerte di prova devono essere presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. In forza dell’articolo 85, paragrafo 3, del medesimo regolamento, in via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. Tuttavia, a tal riguardo, la presentazione dei suddetti elementi di prova durante l’udienza è intervenuta tardivamente nel senso indicato da queste disposizioni. Dato che la ricorrente ha omesso di presentare una giustificazione per la presentazione tardiva di tali elementi di prova, è necessario respingerli in quanto irricevibili, ai sensi dell’articolo 85, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura.

64      Quanto all’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe commesso un errore là dove ha applicato taluni principi stabiliti nella sentenza del 28 ottobre 2015, Macка (T‑96/13, EU:T:2015:813), quando invece tale sentenza è stata pronunciata dopo la scadenza del termine per la proposizione del ricorso avverso la decisione della divisione di opposizione resa nella presente controversia, è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’interpretazione data dalla Corte di una disposizione di diritto dell’Unione si limita a chiarire e a precisare il significato e la portata della stessa, quale avrebbe dovuto essere intesa ed applicata fin dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la disposizione così interpretata può e deve essere applicata anche a rapporti giuridici sorti e sviluppatisi prima della sentenza di cui trattasi e che solo in via eccezionale, applicando il principio generale della certezza del diritto inerente all’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede. Tali considerazioni si applicano alle istituzioni dell’Unione ove queste siano, a loro volta, chiamate a dare attuazione alle disposizioni di diritto dell’Unione oggetto di una successiva interpretazione da parte della Corte (v. sentenza del 16 settembre 2013, Spagna/Commissione, T‑402/06, EU:T:2013:445, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

65      Ad abundantiam, giustamente la commissione di ricorso ha affermato, al punto 71 della decisione impugnata, che, quand’anche avesse dovuto considerare gli elementi di prova presentati per la prima volta dinanzi ad essa come «ulteriori» o «complementari», e quand’anche avesse dovuto ritenere di disporre di un potere discrezionale ai fini dell’ammissione di detti elementi di prova, essa non li avrebbe presi in considerazione.

66      Infatti, come sottolineato dalla commissione di ricorso, dalla formulazione dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 risulta che una deduzione o produzione tardiva di fatti e di prove non è tale da conferire alla parte che vi procede un diritto incondizionato a che tali fatti o prove siano presi in considerazione dall’EUIPO.

67      A tal proposito, la Corte ha dichiarato che la presa in considerazione da parte dell’EUIPO di prove tardivamente presentate, quando quest’ultimo è chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento di opposizione, è, in particolare, giustificabile quando lo stesso ritiene che, da un lato, gli elementi tardivamente prodotti possano, a prima vista, rivestire una reale pertinenza per ciò che riguarda l’esito dell’opposizione proposta dinanzi ad esso e, dall’altro, lo stadio del procedimento nel quale interviene tale produzione tardiva e le circostanze che l’accompagnano non si oppongano a tale presa in considerazione (sentenza del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 44).

68      Orbene, da un lato, occorre rilevare, come giustamente fatto valere dall’EUIPO, che la ricorrente doveva, nel caso di specie, sapere di essere tenuta a produrre alcune prove relative agli elementi idonei a definire il contenuto della normativa ceca.

69      Un simile obbligo risulta già dalla regola 19, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 2868/95, ricordato al punto 42 supra. Inoltre, risulta chiaramente dal contenuto della lettera dell’EUIPO del 5 agosto 2014 che quest’ultimo ha informato la ricorrente degli elementi di prova che dovevano essere presentati a sostegno di un’opposizione fondata sull’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, indicando in particolare il contenuto della normativa nazionale, segnatamente per quanto riguarda le condizioni di tutela del diritto fatto valere e della portata dei diritti riconosciuti al titolare e, relativamente a un marchio non registrato, apportando la prova che detto marchio era utilizzato nella normale prassi commerciale.

70      Ebbene, malgrado questa domanda esplicita di informazioni, la ricorrente non ha prodotto dinanzi alla divisione di opposizione alcuna prova in merito al contenuto della normativa nazionale né tantomeno presentato la benché minima informazione riguardo a tale contenuto.

71      Dall’altro lato, gli elementi dedotti dalla ricorrente a giustificazione di siffatto ritardo non possono essere accolti.

72      Infatti, per quanto riguarda anzitutto il principio iura novit curia invocato dalla ricorrente, esso ha ad oggetto unicamente l’applicazione del diritto dell’Unione. Secondo una giurisprudenza consolidata, la determinazione e l’interpretazione delle norme del diritto nazionale sono rilevanti ai fini dell’accertamento dei fatti e non ai fini dell’applicazione del diritto. Pertanto, è soltanto il diritto dell’Unione che rientra nell’ambito giuridico nel quale trova applicazione il principio iura novit curia, mentre il diritto nazionale si colloca sul piano dell’onere di allegazione e di prova caratteristico dei fatti allegati, giacché il loro contenuto deve eventualmente essere dimostrato con prove a sostegno [v., in tal senso, sentenza del 20 marzo 2013, El Corte Inglés/UAMI – Chez Gerard (CLUB GOURMET), T‑571/11, EU:T:2013:145, punto 35 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, come risulta dal punto 42 supra, da un lato, è solo nell’ipotesi in cui l’EUIPO disponga già di indicazioni relative al diritto nazionale che esso deve informarsi d’ufficio su quest’ultimo, se ciò sia necessario per valutare le condizioni di applicazione di un impedimento alla registrazione. Dall’altro lato, il Tribunale ha la possibilità di esercitare a tal proposito un controllo effettivo e di verificare, al di là dei documenti prodotti, il tenore, le condizioni di applicazione e la portata delle norme di diritto invocate dal richiedente solo in presenza di documenti prodotti a titolo di prova del diritto nazionale applicabile e, eventualmente, solo rimediando alle potenziali lacune nei suddetti documenti.

73      Allo stesso modo, l’argomento della ricorrente vertente sul carattere troppo generico dell’invito dell’EUIPO a precisare la sua opposizione deve essere respinto. Infatti, come rilevato al punto 69 supra, la lettera del 5 agosto 2014 che invitava la ricorrente a completare la propria opposizione conteneva elementi sufficienti ad indicarle le prove che occorreva produrre a sostegno dell’opposizione. Tale lettera indicava chiaramente i mezzi di prova ammessi nell’ambito di un’opposizione fondata sull’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 e forniva al riguardo informazioni più precise e dettagliate rispetto a quelle contenute nella regola 19, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 2868/95. La ricorrente ha risposto a tale lettera il 10 dicembre 2014 fornendo varie precisazioni e informazioni relative all’opposizione, senza tuttavia dare seguito alla domanda della divisione di opposizione dell’EUIPO in merito agli elementi riguardanti il diritto nazionale. Peraltro, durante l’udienza, in risposta a un quesito posto dal Tribunale che l’invitava a precisare il motivo per il quale non aveva dato seguito a tale domanda della divisione di opposizione, la ricorrente si è limitata ad insistere sul carattere troppo generico dell’invito dell’EUIPO, senza presentare alcun argomento a sostegno di tale affermazione.

74      In considerazione di tutto quanto precede, occorre respingere il primo motivo dedotto dalla ricorrente e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

75      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

76      La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Moravia Consulting spol. s r. o. è condannata alle spese.


Gervasoni

Madise

da Silva Passos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 ottobre 2017.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.