Language of document : ECLI:EU:T:2016:396

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

7 luglio 2016 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea denominativo LUCEO – Impedimento assoluto alla registrazione – Malafede al momento del deposito della domanda di registrazione – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑82/14,

Copernicus-Trademarks Ltd, con sede in Borehamwood (Regno Unito), rappresentata da F. Henkel, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Schifko, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Maquet GmbH, con sede in Rastatt (Germania), rappresentata da N. Hebeis, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 25 novembre 2013 (procedimento R 2292/2012-4), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Copernicus-Trademarks e la Maquet,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),

composto da G. Berardis, presidente, O. Czúcz (relatore) e A. Popescu, giudici,

cancelliere: E. Coulon

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 febbraio 2014,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2014,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 maggio 2014,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2014,

vista la controreplica dell’interveniente depositata presso la cancelleria del Tribunale il 18 novembre 2014,

visti i quesiti scritti posti dal Tribunale alle parti, le risposte di queste ultime e le loro osservazioni in merito alle risposte delle altre parti,

visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione di un’udienza nel termine di un mese dalla notifica della chiusura della fase scritta ed avendo quindi deciso, su relazione del giudice relatore e in applicazione dell’articolo 135 bis del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, di statuire senza aprire la fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 29 luglio 2009 l’interveniente, Maquet GmbH, ha depositato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea presso l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1). Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo LUCEA LED, per i prodotti «lampade operatorie», rientranti nella classe 10 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato. La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 31/2009, del 17 agosto 2009.

2        Il 16 settembre 2009 la Copernicus EOOD (in prosieguo: la «Copernicus»), rappresentata dal sig. A., ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento n. 207/2009.

3        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione (in prosieguo: il «marchio controverso») è il segno denominativo LUCEO.

4        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alle classi 10, 12 e 28 e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 10: «Apparecchi e strumenti chirurgici, medici, dentari e veterinari, membra, occhi e denti artificiali; articoli ortopedici; materiale di sutura»;

–        classe 12: «Autoveicoli, compresi nella classe 12; ruote per motociclette, comprese nella classe 12; motociclette comprese nella classe 12, ciclomotori, compresi nella classe 12; trattori, compresi nella classe 12; caravan e camper, compresi nella classe 12; veicoli aerei compresi nella classe 12; veicoli spaziali compresi nella classe 12; veicoli ferroviari compresi nella classe 12; veicoli cingolati compresi nella classe 12; veicoli acquatici compresi nella classe 12; veicoli anfibi compresi nella classe 12; sedie a rotelle; scooter per disabili; macchine da golf; carrozzine; parti di veicoli a motore, comprese nella classe 12, ovvero componenti di carrozzerie; lettori; motori; componenti per telai di veicoli, in particolare componenti per freni; molle; apparecchi a vapore; sterzo; sospensione; ruote; pneumatici; dischi coprimozzi; cerchi; sospensioni degli assi; organi di trasmissione, ovvero catene; cambi di marce; trasmissioni cardaniche; accessori per veicoli a motore, compresi nella classe 12, ovvero giunti per rimorchi; portapacchi, bagagli per il trasporto in veicoli, seggiolini, teloni di copertura; catene da neve»;

–        classe 28: «Articoli per la ginnastica e lo sport; giochi».

5        La Copernicus ha rivendicato una priorità per il marchio controverso, basata sulla domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO n. 1533/2009, depositata presso l’Österreichisches Patentamt (Ufficio dei brevetti austriaco) il 16 marzo 2009 per gli stessi prodotti menzionati al punto 4.

6        Il 12 novembre 2009 la Capella EOOD, che era divenuta titolare della domanda di marchio controverso il 21 ottobre 2009 e che era rappresentata dal sig. A., ha proposto opposizione avverso la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009.

7        L’opposizione era fondata sulla domanda di registrazione del marchio controverso. Benché la data di deposito di tale domanda fosse posteriore a quella del deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED, la Capella ha fatto valere la sua anteriorità sul fondamento della rivendicazione di priorità menzionata al precedente punto 5.

8        La domanda di registrazione del marchio controverso è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 39/2010, del 1° marzo 2010.

9        Il marchio controverso è stato registrato il 26 ottobre 2010 con il numero 8554974. Nel registro veniva indicata la data del 16 marzo 2009 quale data di priorità del marchio stesso.

10      Il 3 maggio 2011 l’interveniente ha depositato presso l’EUIPO una domanda diretta a far dichiarare la nullità del marchio controverso riguardo a tutti i prodotti e servizi per i quali esso era stato registrato.

11      I motivi di nullità dedotti a sostegno di tale domanda erano quelli di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Ad avviso dell’interveniente, al momento del deposito della domanda di marchio la Copernicus aveva agito in malafede.

12      Il 6 settembre 2011, la Verus EOOD, e il 27 agosto 2012, la ricorrente, Copernicus-Trademarks Ltd, rappresentate dal sig. A., sono state iscritte nel registro dei marchi dell’Unione europea quali titolari del marchio controverso.

13      Il 14 dicembre 2012 la divisione di annullamento ha dichiarato la nullità del marchio controverso in quanto, al momento del deposito della domanda di registrazione, la Copernicus aveva agito in malafede.

14      In pari data la ricorrente, rappresentata dal sig. A., ha proposto dinanzi all’EUIPO un ricorso avverso la decisione della divisione di annullamento, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

15      Il 13 novembre 2013 la Ivo-Kermartin GmbH, anch’essa rappresentata dal sig. A., è stata iscritta nel registro dei marchi dell’Unione europea quale nuova titolare del marchio controverso.

16      Con decisione del 25 novembre 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), di cui è destinataria la ricorrente, la quarta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Essa ha confermato la conclusione della divisione di annullamento secondo cui la Copernicus, al momento del deposito della domanda del marchio controverso, aveva agito in malafede. A tal proposito, la commissione di ricorso si è basata segnatamente sulla considerazione secondo cui la Copernicus aveva chiesto la registrazione del marchio controverso al solo scopo di potersi opporre alla domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED e di trarne vantaggi economici.

 Conclusioni delle parti

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata e respingere la domanda di dichiarazione di nullità del marchio controverso;

–        in subordine, annullare la decisione impugnata e rinviare il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

18      L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

A –  Sulla ricevibilità del ricorso

19      Al momento del deposito del ricorso non era più la ricorrente, bensì la Ivo-Kermartin ad essere titolare del marchio controverso (v. punto 15 supra).

20      Il 4 settembre 2014 la ricorrente ha depositato, quale allegato K.17 alla replica, un documento da cui risulta che la Ivo-Kermartin le ha conferito mandato a promuovere la presente causa dinanzi al Tribunale nell’interesse di quest’ultima e nel suo stesso interesse.

21      A tal riguardo è sufficiente ricordare che il giudice dell’Unione europea può legittimamente valutare se una buona amministrazione della giustizia giustifichi, nelle singole circostanze di specie, il fatto di respingere nel merito un ricorso senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità (sentenza del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, EU:C:2002:118, punti 51 e 52).

22      Nelle circostanze del caso di specie il Tribunale ritiene che, per ragioni di economia processuale, si debba esaminare anzitutto la fondatezza del ricorso di annullamento, senza statuire preliminarmente sulla sua ricevibilità, dal momento che il ricorso è comunque, per le ragioni esposte in prosieguo, privo di fondamento.

B –  Sulla fondatezza del ricorso

23      A sostegno del proprio ricorso la ricorrente deduce tre motivi, il primo dei quali si basa su una violazione dell’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, il secondo su una violazione dell’articolo 76 del regolamento stesso e il terzo su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del medesimo.

24      Con gli argomenti dedotti nell’ambito di tali tre motivi, che sono parzialmente coincidenti, in sostanza, la ricorrente mira a confutare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la Copernicus ha agito in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio controverso. Tali argomenti hanno ad oggetto la conclusione della commissione di ricorso secondo cui, alla luce di tutte le circostanze che hanno caratterizzato tale domanda, doveva ritenersi che la Copernicus avesse agito in malafede. La ricorrente deduce altresì argomenti volti a contestare la fondatezza dei rilievi della commissione di ricorso relativi all’esistenza di siffatte circostanze, nonché argomenti secondo i quali l’interveniente ha agito essa stessa in malafede e la commissione di ricorso ha omesso di prendere in considerazione tale circostanza.

25      Quanto al merito dei motivi dedotti dalla ricorrente, dopo aver rammentato le disposizioni e la giurisprudenza pertinenti, andranno esaminati i suoi argomenti tesi a infirmare le constatazioni della commissione di ricorso riguardanti le circostanze inerenti alla domanda di registrazione del marchio controverso, quindi quelli riguardanti la conclusione della commissione di ricorso nel senso della malafede della Copernicus e, infine, gli argomenti secondo i quali la commissione di ricorso non ha debitamente tenuto conto della malafede dell’interveniente.

1.     Sulle disposizioni e sulla giurisprudenza pertinenti

26      Il sistema di registrazione di un marchio dell’Unione europea si fonda sul principio del «primo depositante», sancito all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. In forza di tale principio, un segno può essere registrato come marchio dell’Unione europea soltanto nei limiti in cui non vi osti un marchio anteriore [v. sentenza dell’11 luglio 2013, SA.PAR./UAMI – Salini Costruttori (GRUPPO SALINI), T‑321/10, EU:T:2013:372, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

27      L’applicazione di tale principio è tuttavia temperata, in particolare, dall’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ai sensi del quale un marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo, su domanda presentata all’EUIPO o su domanda riconvenzionale nell’ambito di un’azione per contraffazione, qualora al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente abbia agito in malafede (v. sentenza dell’11 luglio 2013, GRUPPO SALINI, T‑321/10, EU:T:2013:372, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

28      La nozione di malafede di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è connessa ad una motivazione soggettiva della persona che presenta una domanda di registrazione di marchio, vale a dire a un’intenzione fraudolenta o ad altro bieco motivo. Essa implica un comportamento che si discosti dai principi riconosciuti come caratterizzanti un comportamento etico o dalle leali consuetudini in materia industriale o commerciale [v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, Peeters Landbouwmachines/UAMI – Fors MW (BIGAB), T‑33/11, EU:T:2012:77, punti da 35 a 38, nonché conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:148, paragrafo 60].

29      Per valutare se un depositante sia in malafede, si deve in particolare verificare se intende utilizzare il marchio richiesto. In proposito è d’uopo ricordare che la funzione essenziale di un marchio consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio in questione, consentendo loro di distinguere senza confusione possibile tale prodotto o tale servizio da quelli di provenienza diversa (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 45).

30      L’intenzione di impedire la commercializzazione di un prodotto può, in determinate circostanze, caratterizzare la malafede del richiedente. Ciò si verifica segnatamente quando emerga, in seguito, che questi ha fatto registrare un segno come marchio dell’Unione europea senza intendere utilizzarlo, unicamente al fine di impedire a terzi di entrare nel mercato [sentenze dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 43 e 44, e dell’8 maggio 2014, Simca Europe/UAMI – PSA Peugeot Citroën (Simca), T‑327/12, EU:T:2014:240, punto 37].

31      L’intenzione del richiedente al momento rilevante è un elemento soggettivo che deve essere determinato prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti al caso di specie esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea. Tale motivazione sarà normalmente accertata facendo riferimento a criteri oggettivi, fra i quali la logica commerciale in cui si è inserito il deposito della domanda di registrazione (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 37, 42 e 53).

32      Nell’ambito dell’analisi globale effettuata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, si può anche tener conto dell’origine del segno contestato e del suo utilizzo a partire dalla sua creazione, della logica commerciale nella quale si è inserito il deposito della domanda di registrazione del segno come marchio dell’Unione europea, nonché della cronologia degli eventi che hanno caratterizzato il deposito stesso (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, BIGAB, T‑33/11, EU:T:2012:77, punti da 21 a 23).

33      Spetta al richiedente che intenda basarsi su tale motivo di nullità assoluta dimostrare le circostanze che consentano di concludere che il titolare di un marchio dell’Unione europea era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo (sentenza dell’11 luglio 2013, GRUPPO SALINI, T‑321/10, EU:T:2013:372, punto 18).

34      È alla luce di tali disposizioni e di tale giurisprudenza che andranno esaminati gli argomenti della ricorrente.

2.     Sugli argomenti riguardanti le constatazioni della commissione di ricorso in merito alle circostanze in cui è intervenuta la domanda di registrazione del marchio controverso

35      Nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha constatato che la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva in una strategia abusiva di deposito di domande di registrazione di marchi, tesa a rivendicare la priorità per una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea eludendo il termine di riflessione di sei mesi previsto all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 nonché il periodo di tolleranza di cinque anni previsto all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), di questo stesso regolamento. La domanda di registrazione del marchio controverso sarebbe stata depositata unicamente per poter proporre opposizione avverso la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED depositata dall’interveniente e per trarre vantaggi economici da tale opposizione. La strategia di deposito in cui si inseriva la domanda di registrazione del marchio controverso sarebbe stata priva di trasparenza per i terzi.

36      La ricorrente sostiene che tali affermazioni sono erronee.

a)     Sulla constatazione secondo cui la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva in una strategia abusiva di deposito

37      Come esposto al precedente punto 35, una prima circostanza di cui la commissione di ricorso ha tenuto conto è il fatto che la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva in una strategia di deposito di domande di registrazione di marchi tesa a rivendicare la priorità per una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea eludendo il termine di riflessione di sei mesi nonché il periodo di tolleranza di cinque anni e a conferire una posizione di veto al sig. A., rappresentante della ricorrente, per opporsi a domande di registrazione di marchi depositate da terzi.

38      La commissione di ricorso ha accertato l’esistenza di una siffatta strategia in particolare ai punti 20, 25, 31, 32, 35 e 41 della decisione impugnata. Al punto 20 della decisione impugnata, essa ha osservato che la Copernicus era una società che presentava vincoli con il sig. A. e che, per valutare se questa avesse agito in malafede, si doveva tener conto non solo del suo stesso comportamento, ma altresì di quello del sig. A. e di tutte le altre società a lui collegate. Ad avviso della commissione di ricorso, mediante tali società il sig. A. perseguiva una strategia di deposito che implicava un numero rilevante di domande di registrazione, potendogli essere attribuite 2 392 domande di marchi tedeschi e circa 750 domande di marchi austriaci, di cui uno solo, al massimo, sarebbe stato registrato in ciascun paese (punto 25 della decisione impugnata). In particolare ai punti 25, 35 e 41 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che tutte tali domande erano state depositate all’unico scopo di rivendicare successivamente una priorità per una domanda di marchio dell’Unione europea. La strategia del sig. A. consisterebbe nel presentare catene infinite di domande di marchi nazionali, senza pagare alcuna tassa di deposito. Nel momento in cui un terzo dovesse chiedere la registrazione di un marchio identico o simile, il sig. A. andrebbe a chiedere la registrazione di un marchio dell’Unione europea e ne rivendicherebbe la priorità, basandosi sull’ultimo anello della catena delle domande di marchi nazionali. Egli si opporrebbe poi alla domanda di registrazione del terzo basandosi su detta domanda di registrazione. Ai punti 31 e 32 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che, poiché questa fattispecie si era verificata al suo cospetto solo nei procedimenti in cui era implicato il sig. A., non si sarebbe trattato di una casualità, bensì di una conseguenza della strategia di deposito attuata dal sig. A.

39      Segnatamente ai punti da 27 a 29, 33, 35, 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha esposto le ragioni per le quali riteneva che la domanda di registrazione del marchio controverso si inserisse nella descritta strategia abusiva di deposito. In tal senso, ai punti da 27 a 29 della decisione impugnata, essa ha rilevato che sin dal 2003 il segno LUCEO era stato oggetto di domande di registrazione quale marchio nazionale sia in Austria sia in Germania e che, a partire dal 2005, era stato seguito un ritmo semestrale di domande, in applicazione dello schema «in marzo in Austria, in settembre in Germania». Detto ritmo semestrale corrisponderebbe esattamente al termine di riflessione di sei mesi per rivendicare la priorità. Tali domande sarebbero state poi annullate a causa del mancato pagamento della tassa di deposito. La commissione di ricorso ha rilevato, segnatamente al punto 33 della decisione impugnata, che solo dopo che l’interveniente aveva chiesto la registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED la Copernicus aveva chiesto la registrazione del marchio controverso e ne aveva rivendicato la priorità basandosi sull’ultimo anello della catena delle domande di registrazione di marchi nazionali LUCEO, vale a dire sulla domanda di registrazione del marchio austriaco depositata il 16 marzo 2009. La commissione di ricorso ne ha dedotto che l’obiettivo perseguito dal sig. A. nel concatenare le diverse domande di registrazione di marchi nazionali LUCEO era stato quello di poter rivendicare la priorità per il marchio controverso anni dopo aver depositato la prima domanda di registrazione del segno LUCEO quale marchio nazionale, mentre l’articolo 29 del regolamento n. 207/2009 prevedeva solamente un termine di riflessione pari a sei mesi. Ai punti 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha osservato che lo stesso sig. A. aveva precisato di non voler utilizzare personalmente il marchio LUCEO e non aveva potuto indicare il nome dei clienti che avessero espresso interesse per lo stesso. Ai punti 35, 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’argomento secondo cui il marchio LUCEO era stato «sviluppato» mediante domande di registrazione di marchi nazionali rappresentasse un mero pretesto. A tal proposito, per un verso, essa ha chiarito che un comportamento consistente nel depositare ripetutamente domande di registrazione di marchi nazionali senza l’intenzione di pagare le tasse di deposito o di arrivare a una loro registrazione non poteva essere considerato come lo sviluppo di un marchio, come neppure poteva esserlo il fatto di modificare leggermente le classi a ogni nuova domanda. Per altro verso, essa ha ritenuto che, dopo il deposito di una domanda di registrazione per un segno già «trovato», nella fattispecie il segno LUCEO, la decisione di effettuarne la registrazione quale marchio dell’Unione europea non richiedesse anni di riflessione. La commissione di ricorso ne ha dedotto che il solo obiettivo della domanda di registrazione del marchio controverso era stato quello di «aggirare» la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea LUCEA LED, depositata dall’interveniente.

40      La ricorrente considera erronee tali considerazioni della commissione di ricorso. Essa formula in tal senso argomenti volti a contestare, da un lato, la conclusione della commissione di ricorso attinente all’esistenza di una strategia abusiva di deposito posta in essere dal sig. A. e, dall’altro, quella secondo cui la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva nel contesto di tale strategia.

 Sull’esistenza di una strategia abusiva di deposito

41      La ricorrente contesta la conclusione della commissione di ricorso quanto all’esistenza di una strategia abusiva di deposito del sig. A., come descritta al precedente punto 38. In tale contesto, per un verso, essa sostiene che, contrariamente a quanto constatato dalla commissione di ricorso, il sig. A. persegue un modello commerciale legittimo, vale a dire quello di un’agenzia di marchi. Per altro verso, essa asserisce che le deduzioni che la commissione di ricorso ha tratto dall’esistenza di altri procedimenti al suo cospetto nei quali era coinvolto il sig. A. sono viziate da errori.

–       Sugli argomenti basati sulla legittimità del modello commerciale perseguito dal sig. A.

42      La ricorrente afferma che dal numero delle domande di registrazione di marchi nazionali riconducibili al sig. A. la commissione di ricorso non avrebbe dovuto desumere che tali domande erano state depositate al solo scopo di poter successivamente rivendicare la priorità per una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea. Al contrario, l’elevato numero di tali domande sarebbe una conseguenza diretta della sua legittima attività quale agenzia di marchi, che consisterebbe nella creazione di un portafoglio di marchi destinati a essere venduti a terzi, circostanza che la commissione di ricorso non avrebbe debitamente considerato. Le domande di registrazione di marchi nazionali farebbero parte di un processo di sviluppo dei marchi.

43      L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

44      In proposito, in primo luogo, si deve osservare che la ricorrente non deduce alcun argomento che infirmi il rilievo della commissione di ricorso secondo cui, allo scopo di valutare se la Copernicus avesse agito in malafede, doveva tenersi conto non solo del suo stesso comportamento, ma anche di quello del sig. A. e di tutte le altre società a lui collegate.

45      In secondo luogo, va rilevato che, al punto 34 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che nulla impediva a un’impresa di esercitare un’attività di agenzia di marchi e pertanto, nell’ambito di una tale attività, di depositare domande di registrazione per marchi che non intendeva utilizzare direttamente, ma piuttosto vendere a terzi. Tuttavia, la commissione di ricorso ha concluso che l’attività del sig. A. non poteva essere assimilata a una simile attività.

46      In terzo luogo, va respinto l’argomento della ricorrente secondo cui il concatenarsi di domande di registrazione di marchi nazionali si inserisce in uno sforzo teso allo sviluppo dei marchi, che potrebbe essere legittimamente compiuto da un’agenzia di marchi.

47      Deve rammentarsi a tal proposito che, senza dubbio, nulla impedisce che il titolare di un marchio validamente registrato «sviluppi» lo stesso mediante un marchio successivo, modificandolo con riferimento al segno, all’elenco dei prodotti e dei servizi considerati ovvero all’estensione geografica della tutela.

48      Tuttavia, come emerge dalle osservazioni della commissione di ricorso, il sig. A. ha concatenato domande di registrazione di marchi nazionali che sono state depositate ogni sei mesi, alternativamente in Germania e in Austria, appena prima della scadenza del termine di riflessione semestrale per rivendicare la priorità per un marchio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Tali domande sono state in seguito annullate a causa del mancato pagamento delle tasse di deposito e non sono quindi state esaminate dagli uffici nazionali dei marchi.

49      Un siffatto comportamento non può essere considerato come un legittimo comportamento commerciale, ma deve essere ritenuto contrario agli obiettivi del regolamento n. 207/2009.

50      Come giustamente evidenziato dalla commissione di ricorso, l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 prevede che colui che deposita una domanda di registrazione di un marchio nazionale benefici di un termine di riflessione di sei mesi per decidere se presentare una domanda di marchio dell’Unione europea per il medesimo marchio e per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è depositato o ivi contenuti. Da parte sua, l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento dispone che il titolare di un marchio dell’Unione europea è dichiarato decaduto dai suoi diritti, su domanda presentata all’EUIPO o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

51      Orbene, è giocoforza rilevare che il successivo concatenarsi di domande di registrazione di marchi nazionali per il medesimo segno per prodotti e servizi rientranti in classi almeno in parte identiche mira a conferire al sig. A. una posizione di veto. Infatti, nel momento in cui un terzo deposita una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea identico o simile, il sig. A. chiede la registrazione di un marchio dell’Unione europea, rivendica la priorità dello stesso basandosi sull’ultimo anello della catena delle domande di registrazione di marchi nazionali e formula un’opposizione basandosi sulla citata domanda di marchio dell’Unione europea. Il successivo concatenarsi di domande di registrazione di marchi nazionali mira pertanto a conferirgli una posizione di veto per un periodo che eccede la durata del termine di riflessione semestrale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 e addirittura quella del periodo di tolleranza di cinque anni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento.

52      Si deve pertanto necessariamente rilevare che la strategia di deposito praticata dal sig. A. non solo non è conforme agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 207/2009, ma anche ricorda la figura dell’«abuso di diritto», caratterizzata dalle circostanze secondo cui, anzitutto, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è raggiunto e, secondariamente, sussiste una volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa stessa mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (sentenze del 14 dicembre 2000, Emsland-Stärke, C‑110/99, EU:C:2000:695, punti 52 e 53, e del 21 luglio 2005, Eichsfelder Schlachtbetrieb, C‑515/03, EU:C:2005:491, punto 39).

53      In quarto luogo, poiché la ricorrente sostiene di vendere a terzi i marchi contenuti nel suo portafoglio, si deve rammentare che, ai punti 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato come non potesse essere dimostrata l’esistenza di terzi interessati alle domande di marchi nazionali depositate dalla ricorrente e come quest’ultima non avesse dedotto alcun argomento in senso opposto. In ogni caso si deve osservare che, ove il suo obiettivo fosse stato unicamente quello di ampliare il proprio portafoglio di marchi dell’Unione europea e nazionali, il sig. A. avrebbe potuto limitarsi a far registrare tali marchi, anziché concatenare le domande di registrazione di marchi nazionali, che non venivano esaminate ed erano in seguito annullate in quanto egli non versava la tassa di deposito.

54      Si deve pertanto concludere che la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che le iniziative assunte dal sig. A. e dalle società a lui collegate non fossero assimilabili ad un’attività legittimamente praticata da un’agenzia di marchi, bensì tendessero a conferirgli una posizione di veto per un periodo che si estendeva oltre il termine semestrale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 e oltre il periodo di tolleranza di cinque anni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento.

55      Nessuno degli altri argomenti dedotti dalla ricorrente è in grado di confutare tale conclusione.

56      In primo luogo, va respinto l’argomento della ricorrente secondo cui, in realtà, il numero di domande di registrazione non corrispondeva al numero di marchi distinti richiesti, che sarebbe assai meno elevato. Tale argomento vale piuttosto a confermare le considerazioni della commissione di ricorso. Infatti, per esercitare un’attività legittima di un’agenzia di marchi non sarebbe stato necessario procedere a una miriade di domande di registrazione per uno stesso marchio, come ha fatto il sig. A.

57      In secondo luogo, la ricorrente afferma che gran parte dei «marchi sviluppati» è stata effettivamente registrata. Contrariamente a quanto argomenta l’interveniente, il sig. A. e le società a lui collegate non disponevano solo di 90, bensì di 200 marchi dell’Unione europea registrati. Il sig. A. si sarebbe costantemente sforzato, nei limiti di quanto possibile da un punto di vista giuridico ed economico, di far integralmente registrare tutti i marchi che avesse sviluppato.

58      In proposito, anzitutto, quanto all’argomento secondo cui il sig. A. si è sforzato di far registrare tutti i marchi che ha sviluppato, basti rilevare, per un verso, che, secondo le constatazioni della commissione di ricorso, gran parte delle domande di registrazione riconducibili al medesimo non è stata esaminata e non ha avuto alcun esito, per il fatto che le tasse di deposito non sono state corrisposte, e, per altro verso, che la ricorrente non ha contestato in maniera circostanziata tali rilievi.

59      Poi, neppure il fatto che un certo numero di marchi sia stato alla fine registrato a nome del sig. A. o di società a lui collegate può rimettere in causa quanto accertato dalla commissione di ricorso. Infatti, la strategia abusiva di deposito rivelata da quest’ultima implica che, nel momento in cui decide di utilizzare la propria posizione di veto, egli chieda la registrazione di un marchio dell’Unione europea, rivendicando la priorità sulla base dell’ultimo anello della catena di domande di registrazione di marchi nazionali.

60      Infine, per quanto riguarda il numero esatto di marchi attribuibili al sig. A. o a società a lui collegate, deve osservarsi che le considerazioni della commissione di ricorso si basano su un confronto tra l’ordine di grandezza delle domande di registrazione, da un lato, e quello dei marchi registrati, dall’altro. Orbene, anche volendo supporre che siano stati registrati 200 marchi, come sostenuto dalla ricorrente, lo scarto tra il numero di domande di registrazione di marchi nazionali, vale a dire più di 3 000, e quello dei marchi alla fine registrati resterebbe notevole. Si deve comunque osservare che la ricorrente non adduce alcun elemento di prova nel senso che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, potevano essere attribuiti al sig. A. 200 marchi registrati.

61      Anche questi argomenti devono perciò essere respinti.

62      In terzo luogo, non vale a dimostrare un errore di valutazione incidente sulle considerazioni della commissione di ricorso neppure l’argomento della ricorrente secondo cui, in parte, talune domande di registrazione di marchi non sarebbero state portate a buon fine in quanto il mercato non si sarebbe sviluppato nei termini generalmente attesi o per il fatto che sarebbe emerso che il nome scelto non era adeguato per i prodotti o per i servizi in questione. Lo stesso può dirsi per l’argomento secondo cui in certi settori è difficile reperire un segno denominativo che non entri in conflitto con diritti preesistenti. Tali argomenti non sono infatti idonei a giustificare il concatenarsi delle domande di registrazione di marchi nazionali per il medesimo segno.

63      Devono quindi essere respinti tutti gli argomenti della ricorrente secondo i quali il gran numero di domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci attribuibili al sig. A. può essere giustificato in base al legittimo modello commerciale che egli perseguiva.

–       Sugli altri procedimenti in cui è coinvolto il sig. A. presi in considerazione dalla commissione di ricorso

64      Secondo la ricorrente, è erronea la conclusione cui è giunta la commissione di ricorso nel senso che la situazione che si era verificata al suo cospetto nella presente causa (punti 38 e 39 supra) non era frutto di una coincidenza. Anzitutto, in tutti i cinque procedimenti menzionati dalla commissione di ricorso, il sig. A. sarebbe venuto a conoscenza del deposito di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea ad opera di un terzo solo dopo aver egli stesso depositato la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea. La commissione di ricorso avrebbe poi menzionato essa stessa tre ulteriori procedimenti nei quali il sig. A. aveva fondato l’opposizione su un marchio che era già stato registrato al momento del deposito della domanda del terzo. Peraltro, l’esistenza di tali tre procedimenti dimostrerebbe che il sig. A. non avrebbe atteso il deposito di una domanda di registrazione di marchio identico o simile da parte di un terzo prima di chiedere egli stesso la registrazione di un marchio dell’Unione europea e di rivendicare la priorità per il medesimo basandosi su una domanda di registrazione di marchio nazionale. Inoltre, il numero di procedimenti citati dalla commissione di ricorso sarebbe limitato rispetto al numero di domande di marchio depositate dall’inizio del 2001 nonché rispetto ai più di 200 marchi dell’Unione europea registrati. Oltretutto, i cinque procedimenti citati dalla commissione di ricorso avrebbero rappresentato eccezioni e si sarebbe trattato di una coincidenza. Infine, ai sensi dell’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso avrebbe dovuto sentire la ricorrente a tal proposito prima di adottare la decisione impugnata.

65      L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

66      Occorre, in primo luogo, esaminare la censura attinente ad una violazione del diritto al contraddittorio.

67      A tal riguardo si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’EUIPO devono essere fondate esclusivamente su motivi in merito ai quali le parti hanno potuto presentare le proprie deduzioni.

68      Orbene, quanto ai tre procedimenti relativi ai marchi VORTEX, ROCKY e FORERUNNER, menzionati dalla commissione di ricorso ai punti 31 e 32 della decisione impugnata, deve rilevarsi che, nella sua domanda di dichiarazione di nullità del 2 maggio 2011, l’interveniente ha asserito che il sig. A. era coinvolto in conflitti tra marchi e che aveva sistematicamente invocato la priorità per domande di registrazione di marchi dell’Unione europea basandosi su domande di registrazione di marchi nazionali. In tale contesto, agli allegati 4c e 6 della domanda stessa, essa ha fatto riferimento a un ampio numero di segni oggetto di tale pratica, tra i quali figuravano i segni VORTEX, ROCKY e FORERUNNER. In merito a tali marchi la ricorrente e i suoi predecessori hanno pertanto avuto modo di pronunciarsi nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO.

69      Poiché la ricorrente afferma che, se avesse saputo che la commissione di ricorso avrebbe tenuto in considerazione tali domande di marchi quali indizi di malafede della Copernicus, si sarebbe espressa più ampiamente a tal proposito, è sufficiente rammentare che il diritto al contraddittorio sancito dall’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009 vale per gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, ma non per la posizione finale che l’amministrazione intende adottare [v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2006, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio), T‑168/04, EU:T:2006:245, punto 116]. Pertanto, anche questo argomento deve essere respinto.

70      In secondo luogo, andrà esaminato l’argomento della ricorrente secondo cui la situazione verificatasi nella presente causa e nei tre procedimenti relativi ai marchi VORTEX, ROCKY e FORERUNNER era il frutto di una coincidenza, dal momento che il sig. A. non sarebbe stato a conoscenza delle domande di registrazione dei terzi al momento della sua domanda di registrazione.

71      Si deve osservare in proposito che senza dubbio, ai sensi dell’articolo 29 del regolamento n. 207/2009, il richiedente un marchio nazionale può, nel corso di un periodo di riflessione di sei mesi dalla data di deposito della domanda, rivendicare la priorità per una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea. È quindi teoricamente possibile che, nel corso di tale periodo di riflessione, un terzo chieda la registrazione di un segno identico o simile come marchio dell’Unione europea e che, da parte sua, senza essere a conoscenza di tale domanda, il richiedente la registrazione del marchio nazionale decida a sua volta di chiedere la registrazione di un marchio dell’Unione europea e di rivendicare la priorità per il medesimo.

72      Tuttavia, come chiarito ai precedenti punti da 42 a 63, date le circostanze della specie, la commissione di ricorso era legittimata a ritenere che il concatenarsi di domande di registrazione di marchi nazionali attuato dal sig. A. avesse l’obiettivo di conferirgli una posizione di veto che egli utilizzava per opporsi a domande di registrazione di terzi. Di conseguenza, nonché alla luce del fatto che tale situazione si era verificata solo nell’ambito di procedimenti in cui era coinvolto il sig. A., la commissione di ricorso era legittimata a ritenere che non si trattasse di una coincidenza.

73      Nessuno degli argomenti formulati dalla ricorrente è idoneo a confutare tale conclusione.

74      In primis, la ricorrente afferma che, contrariamente a quanto constatato dalla commissione di ricorso, in taluni casi il sig. A. ha fondato la propria opposizione su marchi dell’Unione europea già registrati.

75      Questo argomento deve essere respinto per quanto riguarda i procedimenti attinenti ai marchi VORTEX, ROCKY e FORERUNNER, citati dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata. Infatti, in tali procedimenti, l’opposizione si basava su domande di registrazione di marchi posteriori, ma che rivendicavano la priorità sulla base di una domanda di marchio anteriore.

76      Così, nel procedimento relativo al marchio ROCKY (R 2147/2010-4) e nel procedimento relativo al marchio VORTEX (R 512/2011-4), l’opposizione si basava su domande di registrazione di marchio dell’Unione europea posteriori, che tuttavia rivendicavano la priorità basandosi su precedenti domande di registrazione di marchi tedeschi.

77      Quanto al procedimento relativo al marchio FORERUNNER (R 2000/2010-4), si deve osservare che, in tale sede, l’opposizione era effettivamente fondata su una domanda di registrazione di marchio austriaco e non su una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea. Tuttavia si trattava di un’impostazione assai simile a quella adottata nella presente causa, con l’unica differenza che la ricorrente aveva basato l’opposizione direttamente sulla domanda di registrazione di marchio austriaco anziché su una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, rivendicando la priorità sulla base di tale domanda di registrazione di marchio nazionale.

78      In tale contesto, deve respingersi l’argomento della ricorrente secondo il quale, in un altro procedimento, anch’esso relativo al marchio VORTEX (R 1496/2011-4), l’opposizione si basava su un marchio dell’Unione europea registrato. Basti rilevare a tal proposito che, nel procedimento in questione, tale marchio era già registrato in ragione della strategia di deposito adottata dal sig. A. nel precedente procedimento testé menzionato al punto 76 (R 512/2011‑4). Tale argomento non vale pertanto a dimostrare che, per quanto riguarda il marchio dell’Unione europea VORTEX, il sig. A. non abbia seguito la propria strategia abusiva di deposito.

79      In secundis, la ricorrente afferma che il numero di procedimenti citati dalla commissione di ricorso è limitato. In proposito, per un verso, si deve rilevare che, avendo la commissione di ricorso constatato che la fattispecie di cui trattasi si era configurata al suo cospetto esclusivamente in procedimenti in cui risultava implicato il sig. A., il fatto che il numero di procedimenti citati dalla commissione di ricorso sia limitato non è idoneo a infirmare il suo rilievo secondo cui non poteva trattarsi di una coincidenza. Per altro verso, anche a voler supporre che in altri casi la ricorrente abbia eventualmente basato l’opposizione su un marchio registrato senza che la registrazione potesse essere ricondotta alla strategia abusiva di deposito individuata dalla commissione di ricorso, ciò non consentirebbe di revocare in dubbio la sua conclusione secondo cui, con riferimento ai marchi VORTEX, ROCKY, FORERUNNER nonché al marchio controverso, il sig. A. ha perseguito una strategia siffatta.

80      Atteso che la conclusione cui è giunta la commissione di ricorso, secondo cui la situazione nella presente causa non era frutto di una coincidenza, può essere confermata in base ai suoi rilievi attinenti ai marchi VORTEX, ROCKY e FORERUNNER, gli argomenti della ricorrente riguardanti gli ulteriori rilievi della commissione di ricorso in ordine ai marchi ANDROMEDA e DORADO JUMP IN THE AIR possono essere respinti in quanto inoperanti. Infatti, anche a volerli supporre fondati, essi non sarebbero idonei a mettere in discussione la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la situazione che si configurava al suo cospetto non era frutto di una coincidenza.

81      Pertanto, tutti gli argomenti riguardanti la constatazione della commissione di ricorso secondo cui il sig. A. attuava una strategia di deposito volta ad opporsi a domande di registrazione di terzi devono essere respinti.

 Sulla domanda di registrazione del marchio controverso

82      La ricorrente contesta altresì la fondatezza della conclusione della commissione di ricorso secondo cui la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva nella strategia abusiva di deposito sopra descritta.

83      In tale ambito si deve rammentare che, come esposto al precedente punto 39, dai rilievi della commissione di ricorso emerge che, a partire dal 2005, il sig. A. ha concatenato le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci LUCEO seguendo il ritmo semestrale «in marzo in Austria, in settembre in Germania». Ad avviso della commissione di ricorso, la Copernicus ha chiesto la registrazione del marchio controverso quale reazione alla domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED depositata dall’interveniente e l’unico obiettivo della domanda della Copernicus era quello di opporsi alla registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED. Al riguardo essa ha tenuto conto, segnatamente, delle circostanze secondo cui, per un verso, fino al deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED da parte dell’interveniente, il sig. A. si era limitato a concatenare domande di registrazione di marchi nazionali LUCEO, mentre, a seguito del deposito in questione, aveva chiesto la registrazione del marchio controverso e basato l’opposizione sullo stesso, e, per altro verso, un siffatto modo di procedere corrispondeva alla sua strategia abusiva di deposito.

84      La ricorrente ritiene che tali considerazioni siano erronee. La domanda di registrazione del marchio controverso non avrebbe l’obiettivo di «aggirare» la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED depositata dall’interveniente.

85      La ricorrente deduce, in primo luogo, che la domanda di registrazione del marchio controverso rappresenta la mera espressione del legittimo modello commerciale attuato dal sig. A., che consisterebbe nella creazione di un portafoglio di marchi dell’Unione europea da vendere a terzi. Egli avrebbe sviluppato il marchio controverso mediante domande di registrazione di marchi nazionali, modificando l’elenco dei prodotti e dei servizi per i quali era stata chiesta la registrazione, prima di inserirlo nel proprio portafogli in una forma estesa e aggiornata.

86      L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

87      Deve rilevarsi in proposito, anzitutto, che, ai punti 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha osservato che lo stesso sig. A. aveva dichiarato di non voler utilizzare personalmente il marchio controverso e non aveva potuto indicare il nome dei clienti che avessero espresso interesse per lo stesso. Il sig. A. non adduce alcun argomento che dimostri che tale rilievo sia erroneo.

88      La ricorrente, poi, non formula alcun argomento idoneo a dimostrare che il concatenarsi delle domande di registrazione di marchi nazionali LUCEO fosse giustificato dal perseguimento di un modello commerciale legittimo. Al contrario, come rilevato ai precedenti punti da 46 a 52, le iniziative assunte dal sig. A. non solo non potevano essere considerate uno sviluppo del marchio controverso, ma anche miravano a monopolizzare il segno LUCEO eludendo il termine semestrale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 e il periodo di tolleranza di cinque anni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento.

89      Questo argomento deve essere pertanto respinto.

90      In secondo luogo, la ricorrente sostiene di non essere stata a conoscenza, nel momento in cui la Copernicus ha chiesto la registrazione del marchio controverso o del marchio austriaco LUCEO, della domanda di registrazione del marchio LUCEA LED e che pertanto non sussisteva alcun nesso tra le due domande.

91      L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

92      A tal proposito, in limine, si deve osservare che l’argomento della ricorrente basato sulla mancata conoscenza da parte della Copernicus attiene all’elemento soggettivo relativo all’intenzione del richiedente al momento del deposito della domanda. Orbene, in conformità alla giurisprudenza citata al precedente punto 31, la sussistenza della malafede del richiedente deve essere di norma dimostrata facendo riferimento a criteri oggettivi.

93      Si deve poi rilevare che la commissione di ricorso ha accertato la presenza di circostanze oggettive che depongono nettamente nel senso che il deposito della domanda di registrazione del marchio controverso è intervenuto quale reazione al deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED da parte dell’interveniente.

94      È tenendo conto di tale giurisprudenza e di tali circostanze che andranno esaminati gli argomenti dedotti dalla ricorrente per dimostrare l’assenza di un nesso tra il deposito della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED ad opera dell’interveniente e la domanda di registrazione del marchio controverso ad opera della Copernicus.

95      La ricorrente afferma anzitutto che, al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO, l’interveniente non aveva ancora chiesto la registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED e la Copernicus non ne poteva quindi essere a conoscenza.

96      A tal proposito si deve rammentare che, come chiarito ai precedenti punti 38 e da 41 a 81, in applicazione della strategia abusiva di deposito del sig. A. venivano depositate domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci allo scopo di conferire a quest’ultimo una posizione di veto che egli impiegava per opporsi ad eventuali domande di registrazione di segni identici o simili depositate da terzi.

97      Pertanto, la circostanza che la Copernicus o il sig. A. non fossero a conoscenza dell’esistenza della domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea LUCEA LED al momento in cui avevano chiesto la registrazione del marchio austriaco LUCEO non osta alla constatazione secondo cui la domanda di marchio controverso, per la quale era stata rivendicata la priorità sulla base della domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO, è intervenuta in reazione alla domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED.

98      Dopodiché, dovrà essere disatteso l’argomento della ricorrente secondo cui la tassa di deposito per la domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009 non era stata versata poiché, in quel momento, il sig. A. avrebbe già deciso di chiedere la registrazione del marchio controverso. È sufficiente rilevare in proposito che neppure in occasione delle nove precedenti domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci LUCEO il sig. A. aveva versato alcuna tassa di deposito, senza che egli avesse in seguito depositato una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea LUCEO alla scadenza dei rispettivi termini di riflessione.

99      Infine, la ricorrente sostiene che la domanda di registrazione del marchio controverso non è stata depositata in reazione alla domanda di registrazione dell’interveniente, bensì in conseguenza del fatto che il termine di riflessione per rivendicare la priorità per un marchio dell’Unione europea stava per scadere.

100    Neppure questo argomento è convincente.

101    Per un verso, si deve rilevare che, con riferimento alle domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci LUCEO precedenti, il sig. A. ha lasciato decorrere il termine di riflessione semestrale senza depositare alcuna domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, limitandosi a introdurre un’altra domanda di registrazione di marchio nazionale per mantenere la propria posizione di veto.

102    Per altro verso, si deve rilevare che un metodo consistente nel controllare, verso la fine del termine di riflessione semestrale, se fossero state depositate domande di marchi identici o simili si inseriva perfettamente nella strategia di deposito del sig. A. Infatti, il concatenarsi delle domande di registrazione dei marchi tedeschi e austriaci LUCEO mirava proprio a conferirgli una posizione di veto che gli consentisse di opporsi ad eventuali domande di registrazione di segni identici o simili depositate da terzi. Per potersi avvalere di tale posizione di veto o per mantenerla era sufficiente controllare, prima dello scadere del relativo termine di riflessione, se fossero state depositate domande di registrazione di marchi identici o simili da parte di terzi.

103    Pertanto, tutti gli argomenti della ricorrente tesi a dimostrare che, nel momento in cui la Copernicus ha chiesto la registrazione del marchio controverso, essa non era a conoscenza della domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED devono essere disattesi.

104    In terzo luogo, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non ha debitamente tenuto conto del fatto che la Copernicus avrebbe anche potuto proporre opposizione sulla base della domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009, il che sarebbe stato meno dispendioso e più sicuro.

105    L’EUIPO e l’interveniente contestano tale argomento.

106    Anche questo argomento deve essere respinto.

107    Esso non vale infatti a confutare gli indizi che depongono nel senso che la domanda di registrazione del marchio controverso aveva l’obiettivo di «aggirare» la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED. Certamente, la ricorrente invoca a giusto titolo il fatto che un’opposizione avrebbe anche potuto basarsi direttamente sulla domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009, come la ricorrente aveva fatto nel procedimento relativo al marchio FORERUNNER (R 2000/2010-4) citato al precedente punto 77. Tuttavia, è giocoforza rilevare che la domanda di registrazione del marchio controverso era tale da rafforzare la posizione di veto del sig. A. nei confronti dell’interveniente, atteso che, quale marchio dell’Unione europea, detto marchio copriva l’intera Unione europea e gli consentiva quindi di opporsi alla registrazione di un marchio nazionale anche dinanzi agli uffici di marchi negli Stati membri dell’Unione.

108    Pertanto, nessuno degli argomenti dedotti dalla ricorrente è idoneo a dimostrare l’erroneità dei rilievi della commissione di ricorso secondo cui la domanda di registrazione del marchio controverso si inseriva in una strategia abusiva di deposito posta in essere dal sig. A. e aveva l’obiettivo di «aggirare» la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED, depositata dall’interveniente. Al contrario, il comportamento della Copernicus relativo al marchio controverso dimostra in termini paradigmatici il funzionamento della strategia abusiva di deposito attuata dal sig. A., la quale, per le ragioni esposte ai precedenti punti da 42 a 63, non può essere considerata conforme agli obiettivi del regolamento n. 207/2009.

b)     Sull’utilizzo del marchio controverso

109    Una seconda circostanza di cui la commissione di ricorso ha tenuto conto è il modo in cui il sig. A. ha utilizzato il marchio controverso. Ai punti 36 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che il sig. A., per un verso, aveva precisato di non voler utilizzare personalmente il marchio controverso, ma non aveva potuto indicare il nome dei clienti che avessero espresso un interesse per lo stesso e, per altro verso, aveva chiesto all’interveniente il pagamento di EUR 75 000. Essa ne ha dedotto che tale domanda di pagamento era l’unica possibilità di sfruttare il marchio controverso. In tale contesto, essa ha chiarito che si doveva rapportare tale importo alle imposte ufficiali versate in totale per il marchio controverso.

110    La ricorrente considera erronee tali considerazioni della commissione di ricorso.

111    In primo luogo, la ricorrente contesta le considerazioni della commissione di ricorso riguardanti lo sfruttamento economico del marchio controverso. In proposito, essa sostiene che il sig. A. non ha formulato alcuna domanda di compensazione finanziaria nel corso del procedimento di opposizione. Solo dopo aver ottenuto l’esito favorevole del procedimento in parola egli avrebbe chiesto all’interveniente di porre fine alle sue azioni, allo scopo di difendere i propri diritti e di non apparire inattivo. Solo a seguito della proposta dell’interveniente di acquistare il marchio controverso per EUR 15 000, il sig. A. avrebbe chiesto una somma di EUR 75 000. Egli non avrebbe atteso tranquillamente e nascostamente che l’interveniente desse inizio all’impiego del marchio LUCEA LED per i suoi prodotti, o che ne facesse uso per i suoi prodotti per un periodo più lungo, per promuovere un’azione risarcitoria. Sarebbe pertanto erroneo affermare che l’unico scopo della registrazione del marchio controverso fosse quello di estorcere denaro alla controparte. Peraltro, la ricorrente afferma che gli altri procedimenti menzionati dalla commissione di ricorso e che attengono ad altri marchi riconducibili al sig. A. sono procedimenti amministrativi che sarebbero stati promossi soltanto per preservare i diritti di tutela dei marchi detenuti da quest’ultimo o da una delle sue società. Non si tratterebbe di cause civili e nessun pagamento sarebbe stato chiesto alle altre parti.

112    L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

113    A tal proposito occorre rilevare che la ricorrente non adduce alcun argomento che dimostri un errore di valutazione inficiante i rilievi della commissione di ricorso secondo cui, per un verso, il sig. A. non aveva avuto l’intenzione di utilizzare egli stesso il marchio controverso e, per altro verso, non era individuabile alcun terzo che avesse espresso interesse per il marchio in parola. La ricorrente non adduce, in particolare, alcun elemento nel senso che, nel corso degli anni precedenti la domanda di registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED, le successive domande di marchi nazionali LUCEO avevano suscitato interesse in capo a terzi. Si deve quindi necessariamente rilevare che la ricorrente non fornisce alcuna spiegazione soddisfacente quanto alla modalità con la quale il sig. A. intendesse utilizzare il marchio controverso, se non allo scopo di opporsi ad eventuali domande di registrazione di segni identici o simili, quale quella depositata dall’interveniente.

114    Peraltro, gli argomenti basati, da un lato, sul fatto che il sig. A. ha chiesto all’interveniente il pagamento di una somma solo dopo aver ottenuto l’esito favorevole del procedimento di opposizione e, dall’altro, sul fatto che egli non ha atteso oltre per manifestarsi non sono idonei a confutare la conclusione della commissione di ricorso in merito allo sfruttamento economico del marchio controverso. In tale contesto, si deve segnatamente osservare che aver ottenuto ragione dinanzi alla divisione di opposizione rafforzava la posizione del sig. A. nella negoziazione di un accordo finanziario con l’interveniente.

115    Inoltre, per quanto attiene agli argomenti relativi agli altri marchi, è giocoforza rilevare che la ricorrente non ha chiarito come il sig. A. intendesse impiegare tali marchi, se non come mezzi per opporsi alla registrazione di marchi identici o simili traendo vantaggi economici da tale posizione di veto. Infatti, la ricorrente non espone alcun argomento che possa dimostrare che il sig. A. aveva la volontà di utilizzarli egli stesso o che terzi avevano manifestato interesse al loro riguardo. Questa conclusione non è inficiata dal fatto che i procedimenti cui la commissione di ricorso ha fatto riferimento siano procedimenti di opposizione. Infatti, il modus operandi del sig. A. con riferimento al marchio controverso dimostra che, qualora avesse ottenuto la vittoria nell’ambito del procedimento di opposizione, questi sarebbe stato pronto ad avviare procedure di messa in mora contro l’impiego di segni identici o simili e a instaurare negoziati.

116    Pertanto, tutte le censure riguardanti le considerazioni della commissione di ricorso in merito allo sfruttamento economico del marchio controverso devono essere respinte.

117    In secondo luogo, la ricorrente afferma che, contrariamente a quanto rilevato dalla commissione di ricorso, le domande di registrazione di marchi nazionali non erano gratuite. Imposte documentali sarebbero state dovute in Austria sin dal deposito della domanda di registrazione di marchio, a prescindere se il marchio fosse infine registrato. Nel complesso, il sig. A. avrebbe versato imposte per un importo totale a sei cifre ai diversi uffici dei marchi per registrazioni di marchi, ma anche per marchi per i quali la procedura non era stata portata avanti sino alla registrazione.

118    L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

119    In proposito va anzitutto rilevato che la ricorrente non produce alcun elemento probatorio concreto che consenta di quantificare gli importi da essa versati per le domande di registrazione di marchi tedeschi.

120    Per quanto concerne, poi, le imposte versate per le domande di registrazione di marchi austriaci, è giocoforza rilevare che, al punto 40 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ammesso che in Austria il deposito di un modulo ufficiale era sottoposto a un’imposta documentale. Pertanto, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, dalla decisione impugnata non può desumersi che la commissione di ricorso abbia ritenuto che per le domande di registrazione dei marchi austriaci non fosse stata versata alcuna imposta di tal genere.

121    Tale conclusione non è infirmata dalla circostanza che, al punto 21 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha fatto riferimento al carattere «gratuito» della strategia di deposito attuata dal sig. A. Infatti, tale considerazione della commissione di ricorso deve essere letta unitamente alla constatazione svolta al punto 40 della decisione impugnata, ove detta commissione ha ammesso che per le domande di registrazione di marchi austriaci erano dovute imposte documentali. Nel far riferimento al carattere «gratuito» della strategia di deposito posta in essere dal sig. A., la commissione di ricorso si è pertanto limitata a constatare che la strategia abusiva di deposito attuata da quest’ultimo consentiva di non versare le tasse di deposito per le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci, atteso che la normativa vigente in tali due Stati membri non richiedeva il pagamento di simili tasse al momento del deposito della domanda di registrazione.

122    In tale ambito si deve altresì rilevare che la stessa ricorrente riconosce che non pagare la tassa di deposito per le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci le consentiva di ridurre le spese generate dalla sua strategia di deposito. Orbene, è giocoforza constatare che ciò conferma le conclusioni cui è giunta la commissione di ricorso. Infatti, atteso che, secondo tale strategia, il sig. A. e le società a lui collegate chiedevano la registrazione di un marchio dell’Unione europea solo nel momento in cui un terzo depositava una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea identico o simile e si limitavano a concatenare le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci senza pagare alcuna tassa di deposito ove l’ipotesi non si fosse concretizzata, essi potevano ridurre al minimo le spese derivanti da tale strategia di deposito, eludendo nel contempo il termine di riflessione semestrale previsto all’articolo 29 del regolamento n. 207/2009 nonché il periodo di tolleranza previsto all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento. Così, con riferimento al marchio controverso, il sig. A. non ha versato alcuna tassa di deposito per le dieci domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci LUCEO e solo dopo che l’interveniente ha chiesto la registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED è stata versata una tassa di deposito nell’ambito della domanda di registrazione del marchio controverso.

123    Infine, l’argomento della ricorrente basato sull’importo totale delle imposte versate dal sig. A. non è tale da dimostrare un errore di valutazione che incida sulle considerazioni della commissione di ricorso in merito allo sfruttamento economico del marchio controverso.

124    Per un verso, si deve rilevare che, anche dopo essere stata invitata dal Tribunale a produrre elementi probatori che dimostrassero il pagamento, da parte del sig. A., di un «importo complessivo a sei cifre», la ricorrente si è limitata a fornire una riproduzione delle disposizioni del Gebührengesetz (legge sulla riscossione delle imposte) del 1957, nella sua versione dell’11 novembre 2011 (BGBl. 267/1957), affermando che non era più possibile ricostruire con esattezza l’importo delle imposte documentali corrisposte, dal momento che i documenti contabili delle società interessate erano ormai irreperibili.

125    Per altro verso, e comunque, anche a voler supporre che per tutte le registrazioni o le domande di registrazione di marchi da parte del sig. A. o delle società a lui collegate sia stato versato ai vari uffici dei marchi un importo complessivo a sei cifre, ciò non potrebbe dimostrare alcun errore incidente sulle considerazioni della commissione di ricorso relative all’esistenza di una strategia di deposito intesa a bloccare domande di registrazione di marchi identici o simili depositate da terzi. Infatti, il successo economico di una siffatta strategia di deposito dipende anzitutto dalla possibilità di ridurre al minimo i costi sostenuti per creare una posizione di veto prima che si verifichi un conflitto con una registrazione chiesta da un terzo e, poi, dalla realizzazione di proventi che superino i costi sostenuti nell’ambito di un tale conflitto. Orbene, si deve necessariamente rilevare che la strategia di deposito attuata dal sig. A. mirava a limitare i costi derivanti dalle domande preliminari di registrazione, per le quali non venivano corrisposte le tasse di deposito, e che già solo per il marchio controverso il sig. A. ha chiesto all’interveniente il pagamento di EUR 75 000, vale a dire un importo totale a cinque cifre.

126    Di conseguenza, nessuno degli argomenti formulati dalla ricorrente vale a dimostrare l’erroneità della constatazione della commissione di ricorso secondo cui l’unica possibilità di sfruttamento del marchio controverso era di utilizzarlo per opporsi a domande di registrazione di marchi identici o simili e di trarre un vantaggio economico da tale opposizione.

c)     Sulla mancanza di trasparenza

127    Una terza circostanza di cui ha tenuto conto la commissione di ricorso è la mancanza di trasparenza della strategia di deposito del sig. A. In tal senso, al punto 21 della decisione impugnata, essa ha evidenziato il carattere non trasparente delle domande di registrazione di marchi attribuibili al sig. A. ed ha rilevato che la sua strategia rappresentava un «groviglio a livello del diritto di proprietà intellettuale, inestricabile per i terzi». Al punto 51 della decisione impugnata, essa ha osservato che la domanda di registrazione del marchio controverso era stata depositata in circostanze opache per i terzi e contrarie alla struttura fondamentale del diritto dei marchi, che consiste nel garantire la certezza del diritto per mezzo di diritti di proprietà intellettuale consultabili.

128    La ricorrente afferma che tali considerazioni della commissione di ricorso sono erronee.

129    In primo luogo, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso il fatto di aver sostenuto l’esistenza di una «trappola da priorità» basandosi sulla considerazione secondo cui le domande di registrazione di marchi nazionali erano state dissimulate e risultavano irreperibili per i terzi. Nell’impiegare l’espressione «trappola da priorità», la commissione di ricorso avrebbe violato il principio secondo cui, per stabilire la priorità o l’anteriorità, determinante è non tanto il momento dell’eventuale registrazione che interviene in seguito, bensì il momento del deposito della domanda. Peraltro, non sarebbe esistita alcuna «trappola da priorità». Da un lato, i marchi nazionali oggetto di una domanda di registrazione sarebbero stati riportati in banche dati on line, pubbliche e liberamente accessibili. Essi sarebbero stati pertanto reperibili senza alcun costo e con uno sforzo minimo. La decisione del sig. A. di chiedere la registrazione di marchi tedeschi e austriaci sarebbe stata una decisione consapevole, allo scopo di garantire la loro visibilità e di far conoscere alle persone potenzialmente interessate i marchi disponibili. L’interveniente sarebbe quindi stata a conoscenza della domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009 o, quanto meno, avrebbe dovuto esserlo. Dall’altro lato, la commissione di ricorso evocherebbe una mancanza di trasparenza dovuta al fatto che la ricorrente era apparsa con differenti nomi nel corso di un decennio e che taluni marchi erano stati detenuti da diverse società nel corso di tale periodo, ma tale considerazione sarebbe inconferente e comunque infondata.

130    L’EUIPO e l’interveniente contestano tali argomenti.

131    Per prima cosa, nei limiti in cui, con tali argomenti, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso il fatto di aver ritenuto che terzi quali l’interveniente non fossero in grado di reperire le domande di registrazione di marchi tedeschi o austriaci LUCEO, è sufficiente rilevare che, al punto 42 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha chiaramente evidenziato che l’accertamento della malafede della Copernicus non dipendeva dall’accertare se fosse esistita una «trappola da priorità non individuabile». Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la decisione impugnata non si basa sulla considerazione secondo cui i terzi non sarebbero stati in grado di reperire le domande di registrazione di marchi tedeschi o austriaci LUCEO.

132    Per seconda cosa, deve accertarsi se gli argomenti dedotti dalla ricorrente valgano a dimostrare l’erroneità del rilievo della commissione di ricorso secondo cui la strategia di deposito del sig. A. era caratterizzata da una mancanza di trasparenza.

133    In tale ambito la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non avrebbe dovuto tener conto del fatto che domande di marchi e marchi riconducibili al sig. A. erano stati trasferiti successivamente a varie società collegate a quest’ultimo.

134    In proposito si deve osservare che, senza dubbio, la ricorrente sottolinea a giusto titolo che l’identificazione del titolare del marchio su cui si basa o può basarsi un’opposizione non ha alcuna incidenza sull’accertamento dell’esistenza di un rischio di confusione tra due marchi.

135    Tuttavia, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, ciò non significa che, nelle circostanze descritte ai precedenti punti 38 e 39, i successivi trasferimenti di diritti inerenti a marchi a diverse società non fossero tali da rendere meno palese, agli occhi dei terzi, la strategia abusiva di deposito posta in essere dal sig. A. Infatti, essi avevano l’effetto di rendere meno evidente il fatto che una sola ed unica persona, vale a dire il sig. A., orchestrasse una moltitudine di domande di marchi servendosi di diverse società e che una situazione quale quella verificatasi nella presente causa non fosse frutto di una coincidenza, bensì la conseguenza di una strategia abusiva di deposito, fondata su un concatenamento di domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci.

136    Tale considerazione non è inficiata dall’argomento della ricorrente secondo cui coloro che chiedevano la registrazione di marchi nonché l’EUIPO avrebbero potuto accertare che tutti questi procedimenti di opposizione erano attribuibili al sig. A., atteso che quest’ultimo è sempre stato citato in veste di rappresentante delle società nelle banche dati degli uffici dei marchi. Infatti, anche a voler supporre che tale accertamento fosse stato possibile per tutti i procedimenti riguardanti marchi o domande di marchi riconducibili al sig. A., comprese quelle annullate per il fatto che la tassa di deposito non era stata versata, i trasferimenti avrebbero comunque avuto l’effetto di rendere meno palese, quanto meno in prima battuta, il fatto che i procedimenti di opposizione in causa erano l’espressione di una strategia abusiva di deposito orchestrata da una persona.

137    In tal senso si deve inoltre rilevare che, pur essendo stata invitata dal Tribunale a spiegare le ragioni dei successivi trasferimenti, la ricorrente non ha esposto argomenti concreti in proposito, ma si è limitata a sostenere, in astratto, che essi erano intervenuti per ragioni interne, legate all’economia e alla gestione tecnica dell’impresa.

138    Ciò considerato, si deve necessariamente rilevare che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore di valutazione tenendo conto dei successivi trasferimenti dei marchi e delle domande di marchi quale elemento che incide sulla trasparenza delle iniziative assunte dal sig. A. e dalle società a lui collegate.

139    Per terza cosa, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’interveniente avrebbe potuto reperire le domande di registrazione di marchi nazionali LUCEO, va rilevato che la commissione di ricorso ha giustamente dichiarato che l’alternanza tra le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci e il mancato pagamento delle tasse di deposito per le stesse rendevano il modus operandi del sig. A. meno trasparente per i terzi. Infatti, dopo aver scoperto una domanda di registrazione di un marchio tedesco o austriaco per la quale non era stata corrisposta alcuna tassa di deposito, un terzo poteva certamente aspettarsi che tale tassa venisse in seguito pagata e che il marchio fosse registrato. Questi non poteva tuttavia ragionevolmente aspettarsi che la tassa in parola non venisse corrisposta e che, appena prima dello scadere del termine di riflessione semestrale previsto all’articolo 29 del regolamento n. 207/2009, venisse depositata in un altro Stato membro un’altra domanda di registrazione di marchio nazionale LUCEO, atteso che un simile comportamento è contrario alla ratio del regolamento n. 207/2009 per le ragioni indicate ai precedenti punti 51 e 52.

140    Per quarta cosa, per quanto riguarda l’argomento secondo cui la commissione di ricorso avrebbe violato il principio in base al quale, per stabilire la priorità o l’anteriorità, non è il momento dell’eventuale registrazione che intervenga in seguito, bensì il momento del deposito della domanda ad essere determinante, è sufficiente rilevare che la commissione di ricorso si è limitata a verificare se la Copernicus fosse in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio controverso, come richiesto all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso non si è pertanto basata sul momento dell’eventuale registrazione successiva.

141    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che gli argomenti dedotti dalla ricorrente non sono atti a dimostrare l’esistenza di un errore di valutazione che incida sulla considerazione della commissione di ricorso secondo cui i successivi trasferimenti dei marchi e delle domande di marchi a differenti società, l’alternanza tra le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci e il mancato pagamento delle tasse di deposito per le stesse rendevano meno trasparente, agli occhi dei terzi, la strategia abusiva di deposito del sig. A.

142    In secondo luogo, la ricorrente formula argomenti tesi a contestare ulteriori considerazioni della commissione di ricorso in merito alla mancanza di trasparenza della strategia di deposito del sig. A., riguardanti il deposito dei documenti probatori necessari per fondare la rivendicazione di priorità e l’accessibilità dei fascicoli sottesi alle domande di registrazione di marchi tedeschi. In tale ambito essa lamenta altresì una violazione dell’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009, atteso che la commissione di ricorso non le avrebbe dato modo di pronunciarsi in proposito. Tali argomenti saranno presi in considerazione ai successivi punti da 152 a 156.

3.     Sugli argomenti riguardanti la conclusione della commissione di ricorso in ordine alla malafede della Copernicus

143    È alla luce delle precedenti considerazioni che andranno esaminati gli argomenti della ricorrente secondo i quali la commissione di ricorso non era legittimata a concludere che, date le circostanze in cui è intervenuta la domanda di registrazione del marchio controverso, doveva ritenersi che la Copernicus avesse agito in malafede.

144    In proposito, in primo luogo, si deve rammentare che, come esposto ai precedenti punti da 37 a 108, la ricorrente non ha formulato argomenti idonei a confutare la constatazione della commissione di ricorso secondo cui la domanda di registrazione della Copernicus si inseriva in una strategia abusiva di deposito consistente nel concatenare l’una dopo l’altra domande di registrazione di marchi nazionali e mirante a conferire al sig. A. una posizione di veto, che egli utilizzava per opporsi ad eventuali domande di registrazione di segni identici o simili, depositate da terzi, rivendicando la priorità per una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea. In secondo luogo, si deve necessariamente rilevare che nessuno tra gli argomenti formulati dalla ricorrente è tale da infirmare la considerazione secondo cui un siffatto comportamento non è conforme alle finalità del regolamento n. 207/2009, atteso che esso mira a eludere il termine di riflessione semestrale previsto all’articolo 29 del citato regolamento nonché il periodo di tolleranza di cinque anni previsto al successivo articolo 51, paragrafo 1, lettera a). In terzo luogo, come emerge dai precedenti punti da 109 a 126, la ricorrente non ha dedotto argomenti idonei a confutare il rilievo della commissione di ricorso secondo cui la Copernicus intendeva sfruttare il marchio controverso opponendosi a domande di registrazione quali quella dell’interveniente e traendo vantaggi economici dall’opposizione stessa. In quarto luogo, come già evidenziato ai precedenti punti da 127 a 141, i suoi argomenti non valgono a mettere in dubbio la fondatezza del rilievo della commissione di ricorso secondo cui taluni elementi avevano l’effetto di rendere meno palese, agli occhi dei terzi, la strategia abusiva di deposito del sig. A., vale a dire i trasferimenti successivi dei marchi e delle domande di marchi a differenti società, l’alternanza tra le domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci e il mancato pagamento delle tasse di deposito.

145    Si deve necessariamente rilevare che detti elementi consentono, per se stessi, di concludere nel senso della malafede della Copernicus al momento del deposito del marchio controverso. Infatti, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 21 della decisione impugnata, sussiste malafede quando le domande di marchi sono sviate dalla loro iniziale finalità e sono introdotte a titolo speculativo ovvero unicamente allo scopo di ottenere compensazioni finanziarie. Orbene, alla luce delle circostanze della fattispecie, a buon diritto la commissione di ricorso poteva giungere alla conclusione che il concatenarsi delle domande di registrazione di marchi tedeschi e austriaci LUCEO orchestrato dal sig. A. aveva lo scopo di conferirgli una posizione di veto che egli utilizzava per poter rivendicare la priorità per una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, quando un terzo chiedeva la registrazione di un marchio dell’Unione europea identico o simile. Così, quando la Copernicus ha chiesto la registrazione del marchio controverso, essa non aveva intenzione di avvalersi della funzione essenziale di quest’ultimo, che è di garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio di cui trattasi, consentendogli di distinguere senza possibile confusione tale prodotto o tale servizio da quelli aventi una diversa provenienza (v. punto 29 supra), bensì contava di impedire mediante esso la registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED richiesto dall’interveniente e di trarre vantaggi economici dalla sua posizione di veto.

146    Nessuno degli argomenti formulati dalla ricorrente è tale da mettere in discussione tale conclusione.

147    In primo luogo, la ricorrente sostiene che la Copernicus non ha tentato di impedire all’interveniente di fare uso di un marchio che essa già utilizzava. A tal proposito si deve osservare che, certamente, l’esistenza di una tale volontà potrebbe concorrere a dimostrare malafede ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Tuttavia, contrariamente a quanto lascia intendere la ricorrente, l’assenza di una simile volontà non impedisce l’accertamento della malafede del richiedente (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2012, BIGAB, T‑33/11, EU:T:2012:77, punto 20). Questo argomento non può pertanto essere accolto.

148    In secondo luogo, la ricorrente afferma che, nella fattispecie, non sussisteva alcuna trappola da priorità non individuabile da terzi. In proposito è sufficiente rilevare, come esposto ai precedenti punti 131 e da 143 a 145, che nelle circostanze di specie la commissione di ricorso era legittimata a concludere nel senso della sussistenza della malafede della Copernicus anche nel caso in cui non fosse stato impossibile per un terzo reperire le domande di registrazione di marchi nazionali.

149    In terzo luogo, la ricorrente afferma che la domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009 rappresentava già una posizione giuridica consolidata e che rientrava nel legittimo interesse della Copernicus chiedere la registrazione del marchio controverso e rivendicarne la priorità basandosi sulla citata domanda, entro il termine di priorità.

150    In proposito, per un verso, va rammentato che, alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 49 a 52, la strategia di deposito in cui si inseriva la domanda di registrazione del marchio controverso non può essere considerata conforme alla ratio del regolamento n. 207/2009.

151    Per altro verso, poiché la ricorrente asserisce, in sostanza, di aver agito nell’ambito delle norme sancite dal regolamento n. 207/2009, si deve osservare che l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 prevede la nullità di un marchio dell’Unione europea qualora al momento del deposito della domanda di registrazione dello stesso il richiedente abbia agito in malafede, temperando quindi l’applicazione delle norme invocate dalla ricorrente.

152    Ne consegue che, con il ricorrere delle circostanze richiamate al precedente punto 144, la commissione di ricorso era legittimata a concludere che la Copernicus era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio controverso.

153    La conclusione della commissione di ricorso relativa alla malafede della Copernicus può pertanto essere confermata già sulla base delle circostanze riassunte al precedente punto 144.

154    Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente menzionati al precedente punto 142 e volti a contestare altre considerazioni della commissione di ricorso relative alla mancanza di trasparenza della strategia abusiva di deposito del sig. A. devono essere respinti in quanto inoperanti. Invero, in primis, tali argomenti mirano a dimostrare l’erroneità della considerazione svolta dalla commissione di ricorso ai punti 23 e 24 della decisione impugnata, secondo cui, nell’accertare la malafede, doveva tenersi conto del fatto che la Copernicus non aveva depositato i documenti probatori necessari per supportare la rivendicazione di priorità e che la sola circostanza che il fascicolo del marchio controverso non contenesse ancora alcun documento che consentisse di verificare la fondatezza della rivendicazione di priorità si inseriva già in una strategia di dissimulazione e di deliberata mancanza di trasparenza. In secundis, essi mirano a dimostrare l’erroneità della constatazione della commissione di ricorso contenuta al punto 47 della decisione impugnata, secondo cui la mancanza di trasparenza in ordine alla rivendicazione di priorità emergeva altresì dal fatto che i fascicoli sottesi alle domande di registrazione di marchi tedeschi non erano più accessibili. Orbene, tenuto conto di quanto esposto ai precedenti punti da 143 a 153, si deve necessariamente rilevare che, anche qualora gli argomenti formulati dalla ricorrente dovessero dimostrare che tali considerazioni erano inficiate da errori di valutazione, la conclusione della commissione di ricorso in ordine alla malafede della Copernicus dovrebbe comunque essere confermata.

155    Pertanto, anche l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso ha violato l’articolo 75, seconda frase, del regolamento n. 207/2009 non permettendo alla Copernicus né ai successivi titolari del marchio controverso di pronunciarsi in merito all’accessibilità dei fascicoli sottesi alle domande di registrazione di marchi tedeschi deve essere respinto in quanto inoperante.

156    Sia gli argomenti della ricorrente volti a confutare le constatazioni della commissione di ricorso in merito alle circostanze in cui è intervenuta la domanda di registrazione del marchio controverso, sia quelli riguardanti la conclusione della commissione di ricorso in ordine alla malafede della Copernicus devono quindi essere respinti.

4.     Sugli argomenti relativi alla malafede dell’interveniente o del suo avvocato

157    La ricorrente afferma poi che la commissione di ricorso avrebbe dovuto tenere maggiormente in considerazione la malafede dell’interveniente e del suo avvocato. In tal senso essa afferma, in sostanza, che in passato l’avvocato dell’interveniente era stato socio del sig. A. e conosceva pertanto il suo modello commerciale. L’interveniente stessa avrebbe agito in malafede, chiedendo la registrazione del marchio dell’Unione europea LUCEA LED pur conoscendo l’esistenza della domanda di registrazione del marchio austriaco LUCEO del 16 marzo 2009. Considerati i rapporti tra il sig. A. e l’avvocato dell’interveniente, la commissione di ricorso avrebbe dovuto considerare con occhio critico le affermazioni dell’interveniente.

158    In limine, si deve rilevare che emerge dai punti 17 e 18 della decisione impugnata, secondo i quali i rapporti tra il sig. A. e l’avvocato dell’interveniente non rendevano irricevibile il suo ricorso dinanzi all’EUIPO, che la commissione di ricorso ha tenuto conto degli argomenti della ricorrente attinenti a tale relazione.

159    Quanto all’argomento della ricorrente secondo cui, nella presente causa, la commissione di ricorso non ha debitamente tenuto conto della malafede dell’interveniente, si deve certamente rilevare che, a voler supporre dimostrata la malafede dell’interveniente, di questa si dovrebbe tener conto nell’ambito di un procedimento di dichiarazione di nullità riguardante il marchio di cui essa è titolare, vale a dire il marchio LUCEA LED. Per contro, nel presente procedimento, vertente sul marchio controverso LUCEO e nel cui ambito la commissione di ricorso ha accertato che la Copernicus era in malafede al momento del deposito della domanda del marchio stesso, un’eventuale malafede dell’interveniente non sarebbe idonea a dimostrare alcun errore che infici la conclusione della commissione di ricorso secondo cui la dichiarazione di nullità del marchio controverso era giustificata. Infatti, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata, la causa di nullità per malafede si fonda su un interesse pubblico e non può pertanto dipendere dalla malafede del soggetto che chiede la nullità del marchio.

160    In ogni caso, si deve rilevare che la ricorrente non precisa quali siano le «informazioni privilegiate» dell’avvocato dell’interveniente che quest’ultima avrebbe potuto sfruttare in maniera scorretta. Infatti, dato il carattere abusivo della strategia di deposito del sig. A. (v. punti da 49 a 52 supra), l’avvocato dell’interveniente non avrebbe avuto l’obbligo di astenersi dall’assistere un cliente per chiedere la registrazione di un marchio potenzialmente confliggente con un segno che era oggetto di tale strategia.

161    Quanto alla censura attinente al fatto che la commissione di ricorso avrebbe dovuto considerare con occhio critico le affermazioni dell’interveniente, va rammentato che, fatti salvi gli argomenti della ricorrente che non sono stati esaminati in quanto inoperanti (v. punti 154 e 155 supra), dall’esame dei suoi argomenti non è emersa alcuna violazione, da parte della commissione di ricorso, dell’obbligo di un esame d’ufficio dei fatti previsto dall’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 o del principio di buona amministrazione. Quanto al resto, tale censura deve essere comunque respinta in applicazione dell’articolo 44, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, poiché la ricorrente non ha precisato contro quali considerazioni della commissione di ricorso essa si appuntasse esattamente.

162    Anche l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe dovuto tenere maggiormente in conto la malafede dell’interveniente deve pertanto essere respinto. Devono quindi essere disattesi tutti gli argomenti dedotti a sostegno della domanda di annullamento della decisione impugnata.

163    Alla luce di quanto precede, il ricorso dev’essere integralmente respinto senza che sia necessario statuire in ordine alla sua ricevibilità.

 Sulle spese

164    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre che sia condannata alle spese conformemente alle conclusioni dell’EUIPO e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Copernicus-Trademarks Ltd sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Maquet GmbH.

Berardis

Czúcz

Popescu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 luglio 2016.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.