Language of document : ECLI:EU:T:1999:125

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

15 giugno 1999 (1)

«Ricorso d'annullamento - Decisione della Commissione - Aiuti concessi

da uno Stato - Ricorso presentato da un ente infrastatale - Ricevibilità»

Nella causa T-288/97,

Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, rappresentata da gli avv.ti Renato Fusco, del foro di Trieste, e Maurizio Maresca, del foro di Genova, con domicilio eletto in Lussemburgo, 36, rue Wiltz,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata da signori Paul Nemitz e Paolo Stancanelli, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. Massimo Moretto, del foro di Venezia, con domicilio eletto presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda d'annullamento della decisione della Commissione 30 luglio 1997, 98/182/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in favore degli autotrasportatori di detta Regione (GU 1998, L 66, pag. 18),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione ampliata),

composto dai signori B. Vesterdorf, presidente, C.W. Bellamy, R.M. Moura Ramos, J. Pirrung e P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: signor J. Palacio González, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 6 ottobre 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    La legge 7 gennaio 1985, n. 4, della Regione Friuli-Venezia Giulia prevede numerose misure d'aiuto all'autotrasporto di merci in conto terzi consistenti, segnatamente, nel finanziamento degli interessi su operazioni di prestito e nell'assunzione dei costi di investimento. Tali misure non sono state notificate alla Commissione.

2.
    Con lettere 29 settembre 1995 e 30 maggio 1996, la Commissione domandava alla Repubblica italiana informazioni su detta legge. A seguito delle risposte fornite dalle autorità italiane, queste ultime venivano informate, con lettera 14 febbraio 1997, della comunicazione della Commissione ai sensi dell'art. 88, n. 2, CE (ex art. 93, n. 2), rivolta agli altri Stati membri e agli altri interessati, relativa agli aiuti di Stato concessi alle imprese di trasporto della regione Friuli-Venezia Giulia (GU 1997, C 98, pag. 16), con la quale la Commissione aveva deciso di avviare la procedura prevista da tale disposizione del Trattato CE avverso il regime previsto dalla citata legge n. 4/1985.

3.
    Con lettera datata 27 marzo 1997 le autorità italiane presentavano le proprie osservazioni.

4.
    Con lettera 18 agosto 1997, indirizzata alla rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea, la Commissione informava le autorità italiane della sua decisione 30 luglio 1997, 98/182/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Regione Friuli-Venezia Giulia in favore degli autotrasportatori di detta Regione (GU 1998, L 66, pag. 18; in prosieguo: la «decisione impugnata»), nella quale rileva che le sovvenzioni erogate in applicazione della legge contestata costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato CE (divenuto, dopo la modifica, art. 87, n. 1, CE). Negli artt. 4 e 5 essa dichiara tali aiuti incompatibili con il mercato comune, ordinandone la restituzione. Nell'art. 7 la Commissione individua la Repubblica italiana come destinataria della decisione impugnata.

5.
    Con lettera 20 agosto 1997, ricevuta l'11 settembre successivo, la rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea inviava la decisione impugnata al presidente della regione Friuli-Venezia Giulia.

6.
    Con atto depositato in data 28 ottobre 1997, la Repubblica italiana proponeva dinanzi alla Corte, a norma dell'art. 173, secondo comma, del Trattato CE (divenuto, dopo la modifica, art. 230, secondo comma, CE), un ricorso diretto all'annullamento di tale decisione.

7.
    Con domanda depositata presso la cancelleria del Tribunale il 10 novembre 1997 la ricorrente presentava il ricorso in oggetto, ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto, dopo la modifica, art. 230, quarto comma, CE).

8.
    Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale fra il 12 dicembre 1997 e il 26 gennaio 1998, numerose imprese che avevano beneficiato degli aiuti della regione Friuli-Venezia Giulia presentavano anch'esse ricorsi diretti all'annullamento della decisione impugnata. Tali ricorsi venivano registrati presso la cancelleria del Tribunale con i numeri T-298/97, T-312/97, T-313/97, T-315/97, da T-600/97 a T-607/97, T-1/98, da T-3/98 a T-6/98 e T-23/98.

9.
    Con atto depositato il 19 febbraio 1998, la Commissione sollevava, nella causa in oggetto, un'eccezione di irricevibilità ai sensi dell'art. 114, n. 1, del regolamento di procedura.

10.
    L'11 maggio 1998 la ricorrente presentava le proprie osservazioni in merito all'eccezione di irricevibilità.

11.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale, ai sensi dell'art. 114, n. 3, del suo regolamento di procedura, decideva di dar inizio alla trattazione orale, limitatamente all'esame di detta eccezione, senza procedere ad istruttoria. Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte fornite alle questioni orali del Tribunale all'udienza del 6 ottobre 1998.

Conclusioni delle parti

12.
    La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

-    dichiarare il ricorso irricevibile;

-    condannare la ricorrente alle spese.

13.
    La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

-    respingere l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione ed esaminare i motivi nel merito.

In diritto

Argomenti delle parti

14.
    La Commissione deduce cinque motivi a sostegno dell'eccezione di irricevibilità. Il primo motivo riguarda la mancanza di legittimazione ad agire della ricorrente, ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato, contro una decisione in materia di aiuti di Stato. Richiamando le sentenze della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinike und Weinlig (Racc. pag. 595), e 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 4013), la Commissione fa notare che emerge dagli artt. 92 del Trattato e 88 CE che lo Stato è il solo soggetto di diritto cui può imputarsi la concessione di un aiuto. Tali disposizioni riguardano infatti gli aiuti erogati dagli Stati o per mezzo di risorse statali sotto qualunque forma. In tale contesto, gli enti territoriali di uno Stato membro non sono considerati come titolari di una situazione giuridica propria.

15.
    Spetta infatti allo Stato membro tutelare l'interesse generale e tener conto degli interessi divergenti al momento della concessione degli aiuti. Gli atti adottati in materia di aiuti di Stato da enti regionali o locali non possono quindi attribuire diritti o imporre obblighi a questi ultimi, in base a disposizioni del Trattato, oltre a quelli derivanti dall'applicabilità diretta delle norme comunitarie. Ne deriva che il destinatario dell'obbligo di sopprimere e di recuperare un aiuto è sempre e soltanto lo Stato, qualunque sia l'organismo pubblico che, nell'ambito dell'organizzazione interna statale, abbia proceduto alla concessione e alla gestione dell'aiuto stesso.

16.
    Non essendo la ricorrente titolare di una situazione giuridica propria nel sistema di aiuti stabilito dal Trattato, la tutela dei suoi interessi viene garantita dallo Stato membro di cui essa fa parte, il quale, in virtù dell'art. 173, secondo comma, è titolare di un diritto di ricorso privilegiato avverso la decisione impugnata.

17.
    Secondo la Commissione, riconoscere alle collettività territoriali la legittimazione a proporre un ricorso ex art. 173, quarto comma, del Trattato comporterebbe conseguenze inaccettabili. In primo luogo, il sistema previsto dal Trattato in materia di aiuti verrebbe messo in discussione qualora il riconoscimento delle situazioni specifiche degli enti regionali o locali conferisse a questi ultimi il diritto di intraprendere un'azione in base all'art. 173, quarto comma, del Trattato. Ciò consentirebbe a tali collettività di erogare aiuti senza provvedere a notificazione e di presentare un ricorso per l'annullamento delle decisioni di divieto della Commissione anche contro la volontà dello Stato membro. Il ruolo di coordinamento e di controllo che il Trattato riconosce agli Stati in materia di aiuti concessi sul proprio territorio sarebbe dunque rimesso in discussione e i giudici comunitari assumerebbero il ruolo di arbitri dei conflitti d'interesse e di attribuzione meramente interni, svolgendo una funzione che il Trattato non attribuisce loro (ordinanze della Corte 21 marzo 1997, causa C-95/97, Regione vallona/Commissione, Racc. pag. I-1787, punto 7, e 1° ottobre 1997, causa C-180/97, Regione Toscana/Commissione, Racc. pag. I-5245, punto 7).

18.
    In secondo luogo, ammettere la ricevibilità del ricorso in oggetto condurrebbe ad un aumento del numero dei ricorsi e condizionerebbe la corretta esecuzione delle decisioni della Commissione in materia di aiuti di Stato. Non solo le collettività territoriali potrebbero proporre un ricorso contro decisioni alle quali lo Stato membro si è conformato, ma la medesima decisione potrebbe essere oggetto di ricorsi paralleli presentati dagli Stati dinanzi alla Corte e dagli enti infrastatali dinanzi al Tribunale. Il governo centrale, dunque, nel preparare un ricorso assieme ad un ente infrastatale, potrebbe eludere l'obbligo di impugnare gli atti comunitari entro i termini. Inoltre, riconoscere alla ricorrente la legittimazione ad agire costringerebbe ad ammettere che gli enti locali di altri Stati membri possano garantire la tutela di interessi appartenenti ad imprese concorrenti di quelle beneficiarie. In pratica, ciò condurrebbe al riconoscimento di un'actio popularis. Un diritto di ricorso autonomo degli enti infrastatali solleverebbe quindi gli Stati membri dalla loro responsabilità nei confronti della Comunità, stabilita dagli artt. 92 del Trattato e 88 CE.

19.
    L'irricevibilità del ricorso è altresì la necessaria conseguenza di un'applicazione coerente della giurisprudenza della Corte in tema di ricorsi per inadempimento in forza dell'art. 226 CE (ex art. 169). In questo campo, e allo scopo di non compromettere l'applicazione del diritto comunitario, lo Stato interessato non può dedurre il comportamento delle proprie collettività territoriali per contestare l'infrazione che gli viene addebitata.

20.
    Con il secondo motivo la Commissione sostiene che il diritto italiano non riconosce alla ricorrente la legittimazione ad agire. Gli obblighi imposti allo Stato italiano in materia di aiuti, come quelli derivanti dalla decisione adottata dalla Commissione, appartengono al settore degli affari esterni di tale Stato e, di conseguenza, rientrano nella competenza esclusiva del governo centrale.

21.
    Il terzo motivo riguarda la mancanza di interesse ad agire della ricorrente in quanto persona giuridica ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato. Dalla sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 282/85, DEFI/Commissione (Racc. pag. 2469, punto 18), emergerebbe che, per poter impugnare una decisione ai sensi di detta norma, l'ente infrastatale deve dimostrare che gli interessi che esso considera propri si distinguono dall'interesse generale di cui lo Stato garantisce la tutela. Orbene, gli obiettivi di sviluppo, ammodernamento e potenziamento del settore dell'autotrasporto di merci, perseguiti dalla ricorrente attraverso gli aiuti di cui trattasi, corrisponderebbero agli interessi tutelati dallo Stato italiano. Ne deriverebbe, inoltre, che l'atto impugnato non è una decisione presa nei confronti di un'altra persona ai sensi dell'art. 173, quarto comma.

22.
    Basandosi sulle conclusioni dell'avvocato generale Van Gerven per la sentenza della Corte 22 maggio 1990, causa C-70/88, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I-2041, in particolare pag. I-2052), la convenuta afferma che gli enti infrastatali, anche quando difendono interessi propri, lo fanno in nome di un determinato interesse comune, per cui essi non vanno ricompresi nella categoria delle persone fisiche o giuridiche ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato.

23.
    Con il quarto motivo la convenuta sostiene che la ricorrente non è direttamente riguardata dalla decisione impugnata. In proposito essa deduce sostanzialmente che a tal fine non basta il fatto che nel corso del procedimento per infrazione la ricorrente abbia fornito informazioni alla rappresentanza permanente italiana presso l'Unione europea, la quale le ha trasmesse alla Commissione.

24.
    Neppure il fatto che questa decisione imponga la soppressione e il recupero degli aiuti di Stato dichiarati incompatibili implica che la ricorrente sia direttamente riguardata dalla stessa, in quanto destinatario della decisione è lo Stato italiano e la regione Friuli-Venezia Giulia interviene solo nell'ambito delle pertinenti disposizioni di diritto interno.

25.
    Nell'ambito del quinto motivo la Commissione deduce che la decisione impugnata non riguarda individualmente la ricorrente. Contrariamente ai dettami di una giurisprudenza consolidata, la regione Friuli-Venezia Giulia non può dimostrare di trovarsi in una situazione di fatto che la caratterizza rispetto a qualsiasi altro soggetto. La partecipazione al procedimento per infrazione non basta a individuarla. Parimenti, essa non è interessata dalla decisione impugnata più di qualsiasi altro organismo pubblico che, nell'ambito dell'ordinamento interno, possa essere coinvolto nella sua esecuzione.

26.
    La ricorrente contesta i motivi dedotti dalla Commissione. Essa afferma, in sostanza, che la Commissione confonde il campo d'applicazione del procedimento di controllo in materia di aiuti di Stato, previsto dall'art. 92 del Trattato, e quello della tutela giurisdizionale, disciplinato dall'art. 173 del Trattato. Il suo ragionamento porterebbe alla conclusione che soltanto lo Stato membro può proporre un ricorso d'annullamento in materia di aiuti, tenuto conto del fatto che, al pari delle regioni, né i beneficiari degli aiuti né i loro concorrenti assumono, nell'ambito di un tale ricorso, una posizione distinta da quella dello Stato.

27.
    La ricorrente ritiene inoltre di essere direttamente e individualmente interessata dalla decisione impugnata.

Giudizio del Tribunale

28.
    In via preliminare, va ricordato che, essendo dotata di personalità giuridica in virtù del diritto nazionale italiano, la ricorrente può proporre un ricorso d'annullamento ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato, ai sensi del quale ogni persona fisica o giuridica può proporre ricorso contro le decisioni prese nei suoi confronti e contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento o una decisione presa nei confronti di altre persone, la riguardano direttamente e individualmente (v. sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 28, e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del Tribunale 16 giugno 1998, causa T-238/97, Comunidad Autónoma de Cantabria/Consiglio, Racc. pag. II-2271, punto 43).

29.
    Poiché la decisione impugnata è stata presa nei confronti della Repubblica italiana, il diritto ad agire della ricorrente dipende dal problema se essa sia riguardata direttamente e individualmente dalla stessa.

30.
    I soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere di essere riguardati ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato, solo se detta decisione li riguardi a causa di determinate qualità loro particolari e di una situazione di fatto che li caratterizzi rispetto a chiunque altro e quindi li distingua in modo analogo ai destinatari (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 28 gennaio 1986, causa 169/84, Cofaz/Commissione, Racc. pag. 391, punto 21). La ratio di questa norma è infatti quella di garantire una tutela giuridica anche a colui il quale, senza essere destinatario dell'atto controverso, è in effetti riguardato da quest'ultimo in modo analogo a quello del destinatario (sentenza 11 luglio 1984, causa 222/83, Comune di Differdange/Commissione, Racc. pag. 2889, punto 9).

31.
    Al riguardo bisogna rilevare che la decisione impugnata riguarda aiuti erogati dalla ricorrente. Essa non solo incide su atti di cui la ricorrente è autore, ma le impedisce inoltre di esercitare come essa intende le sue competenze (v., in tal senso, la sentenza Vlaams Gewest/Commissione, citata, punto 29). Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la situazione della ricorrente non si può assimilare a quella della Comunidad Autónoma de Cantabria nella causa che ha dato origine all'ordinanza Comunidad Autónoma de Cantabria/Consiglio, citata, in quanto l'individuazione addotta da questa comunità autonoma si limitava all'invocazione delle ripercussioni socio-economiche dell'atto impugnato sul territorio.

32.
    Inoltre, la decisione impugnata impedisce alla ricorrente di continuare ad applicare la normativa di cui trattasi, ne annulla gli effetti e la obbliga ad avviare il procedimento amministrativo di recupero degli aiuti dai beneficiari. Anche se detta decisione è stata presa nei confronti della Repubblica italiana, le autorità nazionali non hanno esercitato alcun potere discrezionale al momento della comunicazione alla ricorrente. Quest'ultima è quindi direttamente riguardata dall'atto impugnato (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 maggio 1971, cause riunite 41/70, 42/70, 43/70 e 44/70, International Fruit Company/Commissione, Racc. pag. 411, punti 26-28, 29 marzo 1979, causa 113/77, NTN Toyo Bearing/Consiglio, Racc. pag. 1185, punto 11, e 26 aprile 1988, causa 207/86, Apesco/Commissione, Racc. pag. 2151, punto 12).

33.
    Deriva da quanto precede che la ricorrente è individualmente e direttamente riguardata dalla decisione impugnata.

34.
    Tuttavia, il Tribunale deve anche verificare se l'interesse della ricorrente a contestare la decisione impugnata non sia ricompreso nell'interesse dello Stato italiano. Al riguardo va osservato innanzitutto che la ricorrente è un ente territoriale autonomo rispetto al suddetto Stato, titolare di diritti ed interessi specifici. Gli aiuti considerati nella decisione impugnata costituiscono misure adottate in forza dell'autonomia legislativa e finanziaria di cui essa gode direttamente in base alla Costituzione italiana (artt. 115 e 116). Di conseguenza, la posizione della ricorrente nella fattispecie non si può paragonare a quella del ricorrente nella causa che ha dato origine alla citata sentenza DEFI/Commissione. In tale causa il governo francese aveva il potere di determinare la gestione e la politica del comitato DEFI e, pertanto, di definire altresì gli interessi che quest'ultimo doveva tutelare.

35.
    Ne deriva che la ricorrente può agire contro la decisione impugnata ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato.

36.
    Questa conclusione non è invalidata dagli altri motivi di irricevibilità dedotti dalla Commissione.

37.
    Come sostiene giustamente la ricorrente, l'argomento basato sul sistema previsto dal Trattato in materia di aiuti di Stato confonde il campo d'applicazione del procedimento di controllo di cui agli artt. 92 del Trattato e 88 CE e quello della tutela giurisdizionale disciplinato dall'art. 173 del Trattato.

38.
    Il divieto di cui all'art. 92, n. 1, del Trattato, riguarda l'insieme degli aiuti concessi dagli Stati o mediante risorse statali, senza distinguere tra gli aiuti erogati direttamente dallo Stato o da enti pubblici o privati (v., al riguardo, sentenze Steinike und Weinlig, citata, punto 21, e Germania/Commissione, citata, punto 17). Poiché lo scopo di tale disposizione è quello di impedire agli Stati membri di aggirare questo fondamentale divieto erogando finanziamenti pubblici attraverso altri organismi, tutti gli atti adottati a questo titolo vengono imputati allo Stato indipendentemente dal loro autore effettivo. Per questo motivo le decisioni adottate nell'ambito dell'art. 88 CE, che mirano a far rispettare il suddetto divieto, sono rivolte solo allo Stato membro. Ne risulta quindi che l'equiparazione degli enti regionali o locali allo Stato, in tale contesto, è giustificata da ragioni legate all'efficacia del sistema di controllo stabilito dagli artt. 92 del Trattato e 88 CE.

39.
    La soluzione raccomandata dalla convenuta avrebbe la conseguenza che, in materia di aiuti di Stato, soltanto gli Stati membri, i beneficiari degli aiuti (sentenza della Corte 14 novembre 1984, causa 323/82, Intermills/Commissione, Racc. pag. 3809, punto 5), i concorrenti (sentenza Cofaz e a./Commissione, citata, punti 21-31) e, in talune circostanze, le organizzazioni professionali che rappresentano gli interessi dell'industria pregiudicata dall'erogazione dell'aiuto (sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy/Commissione, Racc. pag. 219, punti 21-24, nonché sentenza del Tribunale 6 luglio 1995, cause riunite T-447/93, T-448/93 e T-449/93, AITEC e a./Commissione, Racc. pag. II-1971, punti 53 e 62) potrebbero beneficiare della tutela giurisdizionale prevista dall'art. 173 del Trattato. Gli enti pubblici infrastatali, come la ricorrente, ne sarebbero quindi esclusi.

40.
    Ora, a questo titolo, va ricordato in via preliminare che le disposizioni del Trattato relative al diritto d'impugnazione dei privati non possono essere interpretate restrittivamente (v., in particolare, sentenza Plaumann/Commissione, citata, pag. 219).

41.
    Lo scopo dell'art. 173, quarto comma, del Trattato è di accordare una tutela giurisdizionale adeguata ad ogni persona, fisica o giuridica, direttamente e individualmente riguardata dagli atti delle istituzioni comunitarie. La legittimazione ad agire deve pertanto essere riconosciuta in funzione di questo unico obiettivo e il ricorso d'annullamento dev'essere pertanto possibile a tutti coloro che soddisfano le condizioni previste, ossia possiedono la personalità giuridica richiesta e sono individualmente e direttamente riguardati dall'atto impugnato. Tale soluzione si impone altresì quando il ricorrente sia un ente pubblico che risponde a questi criteri.

42.
    Simile conclusione è rafforzata dal confronto tra il dettato dell'art. 33, secondo comma, del Trattato CECA e quello dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE, che ha una portata più estesa. Mentre il Trattato CECA accorda un diritto di ricorso d'annullamento solo alle imprese e associazioni di imprese (v., a questo riguardo, ordinanza del Tribunale 29 settembre 1997, causa T-70/97, Regione vallona/Commissione, Racc. pag. II-1513), il Trattato CE accorda tale diritto espressamente alle «persone fisiche o giuridiche», senza escludere le persone giuridiche di diritto pubblico. Pertanto, dalla differenza di redazione di questi due articoli deriva che il principio della tutela giurisdizionale nel Trattato CE ha una portata più estesa e non si limita alle imprese.

43.
    Di conseguenza, il diritto degli enti pubblici infrastatali di proporre un ricorso d'annullamento, previsto all'art. 173, quarto comma, del Trattato, in tema di aiuti di Stato, non può dipendere dal riconoscimento esplicito della loro posizione giuridica specifica da parte degli artt. 92 del Trattato e 88 CE.

44.
    Inoltre, detto diritto non può mettere in discussione gli obblighi che incombono agli Stati membri in forza degli artt. 92 del Trattato e 88 CE. Gli Stati rimangono sempre gli enti responsabili di fronte alla Comunità per le violazioni degli obblighi imposti nell'ambito di tali articoli.

45.
    Va respinto parimenti l'argomento tratto dall'art. 226 CE, relativo all'imputazione allo Stato membro, in tema di ricorso per inadempimento, delle infrazioni commesse dalle sue collettività territoriali.

46.
    L'art. 226 CE e l'art. 173 del Trattato costituiscono vie di diritto autonome, che rispondono ad obiettivi diversi. L'art. 226 CE mira a sanzionare le violazioni, da parte degli Stati membri, degli obblighi che incombono loro in forza del Trattato e del cui rispetto essi restano i soli responsabili di fronte alla Comunità. Pertanto, gli inadempimenti da parte di enti infrastatali non possono essere invocati dagli Stati come giustificazione nell'ambito di tale procedimento (sentenze della Corte 14 gennaio 1988, cause riunite 227/85, 228/85, 229/85 e 230/85, Commissione/Belgio, Racc. pag. 1, punti 9 e 10, e 13 dicembre 1991, causa C-33/90, Commissione/Italia, Racc. pag. I-5987, punto 24).

47.
    In compenso, la ricevibilità del ricorso d'annullamento in forza dell'art. 173, quarto comma, del Trattato può essere determinata solo in funzione degli obiettivi propri di tale articolo e del principio della tutela giurisdizionale, in base al quale ogni persona fisica o giuridica deve avere la possibilità di rivolgersi al potere giudiziario di sua propria iniziativa, vale a dire secondo il proprio giudizio, al fine di sottoporre a sindacato un atto che le reca pregiudizio.

48.
    Quanto al rischio che il giudice comunitario si intrometta nella ripartizione di competenze all'interno degli Stati membri, è sufficiente osservare che il problema non si pone perché non spetta al giudice comunitario pronunciarsi sulla ripartizione di competenze operata dalle norme istituzionali di diritto interno tra i diversi enti nazionali e sugli obblighi che possono rispettivamente incombere loro. Peraltro, le eventuali divergenze di opinione tra un ricorrente e lo Stato membro sull'opportunità di proporre un ricorso contro una decisione della Commissione non sono rilevanti ai fini dell'esame sulla ricevibilità di tale ricorso ai sensi dell'art. 173, quarto comma, del Trattato.

49.
    Inoltre, neanche il riconoscimento di un interesse proprio della ricorrente a contestare la decisione impugnata può trasformare il ricorso d'annullamento presentato da persone fisiche o giuridiche in una sorta di actio popularis, come asserisce la Commissione. Le condizioni oggettive di ricevibilità ricordate al punto 41 costituiscono sempre esigenze cui ogni ricorrente deve rispondere per poter impugnare un atto di cui non è destinatario.

50.
    Infine, per quanto riguarda la mancanza di legittimazione ad agire della ricorrente nel campo delle relazioni esterne, in forza del diritto italiano, è sufficiente osservare che essa non è rilevante per determinare le possibilità di proporre un ricorso d'annullamento dinanzi al giudice comunitario. Infatti, come affermato in precedenza (v., in particolare, il punto 41), le sole condizioni di ricevibilità rilevanti sono quelle previste dall'art. 173 del Trattato.

51.
    Per tutti questi motivi, si deve respingere l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e disporre la prosecuzione del procedimento.

Sulle spese

52.
    Le spese vanno riservate.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)    L'eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione è respinta.

2)    Il procedimento proseguirà nel merito.

3)    Le spese sono riservate.

Vesterdorf
Bellamy
Moura Ramos

Pirrung

Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 giugno 1999.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

B. Vesterdorf


1: Lingua processuale: l'italiano.