Language of document : ECLI:EU:T:2009:141

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

6 maggio 2009 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei tubi industriali in rame – Decisione che accerta un’infrazione dell’art. 81 CE – Fissazione dei prezzi e ripartizione dei mercati – Ammende – Dimensioni del mercato rilevante – Circostanze aggravanti – Recidiva»

Nel procedimento T‑122/04,

Outokumpu Oyj, con sede in Espoo (Finlandia),

Luvata Oy, già Outokumpu Copper Products Oy, con sede in Espoo,

rappresentate dal sig. J. Ratliff, barrister, dagli avv.ti F. Distefano e J. Luostarinen,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. É. Gippini Fournier, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto, da una parte, una domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in forza dell’art. 2, lett. b), della decisione della Commissione 16 dicembre 2003, C (2003) 4820 def., relativa ad un procedimento a norma dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E‑1/38.240 – Tubi industriali) e, dall’altra, una domanda riconvenzionale della Commissione diretta all’aumento dell’importo di predetta ammenda,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. S. Papasavvas e N. Wahl (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 marzo 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        L’Outokumpu Oyj, società quotata in borsa con sede in Espoo (Finlandia), è la società madre di un gruppo presente in tutto il mondo ed attivo, segnatamente, nella produzione di metalli di base, di acciaio, di prodotti in rame e nella tecnologia di fabbricazione di tali prodotti. All’epoca dei fatti, l’Outokumpu deteneva il 100% della Luvata Oy (già Outokumpu Copper Products Oy), la quale produce, in particolare, tubi industriali in rame (in prosieguo, l’Outokumpu e la Luvata vengono denominate indistintamente l’«Outokumpu» o le «ricorrenti»).

2        In seguito alla comunicazione di informazioni da parte della Mueller Industries Inc., nel marzo 2001 la Commissione ha effettuato accertamenti a sorpresa nei locali delle società KME Germany AG (già KM Europa Metal AG), KME France SAS (già Tréfimétaux SA), KME Italy SpA (già Europa Metalli SpA) (in prosieguo indicate collettivamente come il «gruppo KME»), Wieland Werke AG (in prosieguo: la «Wieland») e delle ricorrenti, in forza dell’art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, Primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204).

3        Il 9 aprile 2001 l’Outokumpu ha sottoposto alla Commissione un’offerta di cooperazione ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione del 1996 sulla cooperazione»). Le ricorrenti hanno presentato una memoria a tal riguardo il 30 maggio 2001.

4        In risposta ad una richiesta di informazioni ai sensi dell’art. 11, n. 2, del regolamento n. 17, inviata dalla Commissione al gruppo KME e alla Wieland nel luglio 2002, quest’ultima ha chiesto, in data 30 settembre 2002, il beneficio dell’applicazione della comunicazione del 1996 sulla cooperazione.

5        Facendo seguito alla medesima richiesta di informazioni, il 15 ottobre 2002, il gruppo KME ha chiesto, per conto proprio, il beneficio dell’applicazione di detta comunicazione.

6        Dopo aver condotto un’indagine, comprendente accertamenti complementari nei locali dell’Outokumpu e del gruppo KME, partecipato a riunioni con rappresentanti dell’Outokumpu, del gruppo KME e della Wieland nonché, a norma dell’art. 11 del regolamento n. 17, trasmesso richieste di informazioni supplementari al gruppo KME e alla Wieland, nel luglio 2003 la Commissione ha avviato un procedimento di infrazione e ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti del gruppo KME, della Wieland e dell’Outokumpu. Poiché le imprese destinatarie hanno rinunciato ad un’audizione, quest’ultima non è stata organizzata.

7        Il 16 dicembre 2003 la Commissione ha adottato la decisione C (2003) 4820 def., relativa a un procedimento a norma dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E-1/38.240 - Tubi industriali; in prosieguo: la «decisione impugnata»), di cui è stata pubblicata una sintesi nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 28 aprile 2004 (GU L 125, pag. 50).

8        Dalla decisione impugnata emerge che, verso la fine degli anni ’80, i produttori organizzati in seno ad un’associazione per la qualità dei tubi usati nel settore degli impianti per il condizionamento e la refrigerazione, Cuproclima Quality Association (in prosieguo: la «Cuproclima»), tra cui figuravano le ricorrenti, hanno esteso la loro cooperazione alle questioni inerenti alla concorrenza.

9        Le riunioni che la Cuproclima teneva due volte all’anno avrebbero costituito un’occasione regolare per discutere e fissare i prezzi nonché altre condizioni commerciali applicabili ai tubi industriali, una volta esaurito il loro ordine del giorno ufficiale. Contatti bilaterali tra le imprese interessate avrebbero completato tali riunioni contrarie alle norme sulla concorrenza. Le imprese interessate avrebbero fissato prezzi-obiettivo nonché altre condizioni commerciali per i tubi industriali, avrebbero coordinato aumenti di prezzo, si sarebbero ripartite i clienti e le quote di mercato e avrebbero sorvegliato l’attuazione dei loro accordi anticoncorrenziali, da un lato, tramite la designazione di leader di mercato e, dall’altro, tramite lo scambio di informazioni riservate.

10      La decisione impugnata contiene, segnatamente, le seguenti disposizioni:

«Articolo 1 

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81, paragrafo 1, [CE] e, a datare dal primo gennaio 1994, l’articolo 53, paragrafo 1 dell’accordo SEE partecipando, nei periodi indicati, ad un insieme di accordi e di pratiche concordate consistenti nella fissazione dei prezzi e nella spartizione del mercato nel settore dei tubi industriali:

a)      [la Wieland] dal 3 maggio 1988 al 22 marzo 2001;

b)      [l’]Outokumpu […], singolarmente dal 3 maggio 1988 al 30 dicembre 1988 e in solido con [la Luvata] dal 31 dicembre 1988 al 22 marzo 2001;

c)      [la Luvata], dal 31 dicembre 1988 al 22 marzo 2001 (in solido con [l’]Outokumpu […]);

d)      [la KME Germany], singolarmente dal 3 maggio 1988 al 19 giugno 1995 e in solido con [la KME France] e [la KME Italy] dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001;

e)      [la KME Italy], in solido con [la KME France] dal 3 maggio 1988 al 19 giugno 1995 e in solido con [la KME Germany] e [la KME France] dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001;

f)      [la KME France], in solido con [la KME Italy] dal 3 maggio 1988 al 19 giugno 1995 e in solido con [la KME Germany] e [la KME Italy] dal 20 giugno 1995 al 22 marzo 2001.

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1 sono inflitte le seguenti ammende:

a)      [Wieland]: 20,79 milioni di euro;

b)      Outokumpu […] e [Luvata], in solido: 18,13 milioni di euro;

c)      [KME Germany], [KME France] e [KME Italy], in solido: 18,99 milioni di euro [

d)      [KME Germany]: 10,41 milioni di euro;

e)      [KME Italy] e [KME France] in solido: 10,41 milioni di euro».

11      Per quanto riguarda, in primo luogo, la fissazione dell’importo di base dell’ammenda, la Commissione ha ritenuto che l’infrazione, consistente essenzialmente nella fissazione dei prezzi e nella ripartizione dei mercati, costituisse per sua stessa natura un’infrazione molto grave (punto 294 della decisione impugnata).

12      Al fine di determinare la gravità dell’infrazione, la Commissione ha anche tenuto conto del fatto che il cartello aveva avuto un impatto sull’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE) (punto 316 della decisione impugnata). La Commissione ha inoltre esaminato gli effetti reali dell’infrazione e ha constatato che l’intesa aveva «esercitato [globalmente] un impatto sul mercato» (punto 314 della decisione impugnata).

13      Infine, sempre nell’ambito della determinazione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha tenuto conto del fatto che il mercato dei tubi industriali in rame costituiva un settore importante, il cui valore nel SEE è stato stimato in 288 milioni di euro (punto 318 della decisione impugnata).

14      Tenuto conto di tutte queste circostanze, la Commissione ha concluso che l’infrazione di cui trattasi doveva essere considerata molto grave (punto 320 della decisione impugnata).

15      In secondo luogo, la Commissione ha proceduto ad un trattamento differenziato delle imprese coinvolte, al fine di tener conto della effettiva capacità economica di ciascuna di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza. A tal riguardo, la Commissione ha rilevato l’esistenza di una differenza, sul mercato dei tubi industriali nel SEE, tra le quote di mercato detenute, da una parte, dal gruppo KME, leader nel mercato SEE con il [riservato] (1) % delle quote di mercato e, dall’altra, dalle ricorrenti e dalla Wieland detentrici rispettivamente del [riservato] e del 13,4% delle quote di mercato. Alla luce di questa differenza, l’importo iniziale dell’ammenda inflitta alle ricorrenti e alla Wieland è stato fissato al 33% di quello del gruppo KME, ovvero 11,55 milioni di euro per l’Outokumpu e per la Wieland e 35 milioni di euro per il gruppo KME (punti 322‑323 e 326‑328 della decisione impugnata).

16      In terzo luogo, al fine di tener conto della necessità di fissare l’ammenda ad un livello che le garantisse un effetto deterrente, la Commissione ha maggiorato l’importo iniziale dell’ammenda inflitta all’Outokumpu del 50%, portandolo quindi a 17,33 milioni di euro, considerando che il fatturato mondiale di quest’ultima, superiore a cinque miliardi di euro, indicava che essa disponeva di dimensioni e di una potenza economica tali da autorizzare detta maggiorazione (punto 334 della decisione impugnata).

17      In quarto luogo, la Commissione ha qualificato la durata dell’infrazione, che si è protratta dal 3 maggio 1988 al 22 marzo 2001, come «lunga». La Commissione ha dunque giudicato appropriato maggiorare l’importo iniziale delle ammende inflitte alle imprese in esame del 10% per ogni anno di partecipazione al cartello. Pertanto, l’importo iniziale dell’ammenda inflitta alle ricorrenti è stato incrementato del 125%, cosicché l’importo di base risulta fissato a 38,98 milioni di euro (punto 338, 342 e 347 della decisione impugnata).

18      In quinto luogo, a titolo di circostanze aggravanti, l’importo di base dell’ammenda inflitta all’Outokumpu è stato maggiorato del 50% in quanto si era resa responsabile di recidiva, poiché era stata destinataria della decisione della Commissione 18 luglio 1990, 90/417/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’art. 65 [CA] concernente l’accordo e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di prodotti piatti di acciaio inossidabil[e] laminati a freddo (GU L 220, pag. 28) (punto 354 della decisione impugnata).

19      In sesto luogo, a titolo di circostanze attenuanti, la Commissione ha rilevato che, senza la cooperazione dell’Outokumpu, essa avrebbe potuto dimostrare l’esistenza dell’infrazione soltanto per un periodo di quattro anni e, di conseguenza, ha ridotto l’importo di base della sua ammenda di un ammontare pari a 22,22 milioni di euro, di modo che l’importo di base coincida con l’ammenda che le sarebbe stata inflitta per un tale periodo (punto 386 della decisione impugnata).

20      In settimo ed ultimo luogo, a norma della sezione D della comunicazione del 1996 sulla cooperazione, la Commissione ha provveduto ad una riduzione dell’importo delle ammende del 50% per l’Outokumpu, del 20% per la Wieland e del 30% per il gruppo KME (punti 402, 408 e 423 della decisione impugnata).

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2004, le ricorrenti hanno introdotto il presente ricorso.

22      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione, alla quale la presente causa è stata pertanto attribuita.

23      Nella sua controreplica, la Commissione ha chiesto che l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti venga maggiorato in quanto nella replica esse rimettevano in questione taluni fatti non contestati durante il procedimento amministrativo. Il Tribunale ha invitato le ricorrenti a presentare le loro osservazioni su siffatta domanda riconvenzionale, il che è stato eseguito entro il termine assegnato.

24      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione della procedura previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato le parti a presentare determinati documenti e ha posto loro dei quesiti scritti ai quali esse hanno risposto entro il termine assegnato.

25      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 5 marzo 2008. In tale occasione, le ricorrenti hanno ribadito la loro volontà, già manifestata nell’ambito delle loro osservazioni sulla relazione d’udienza, di rinunciare a due argomenti dedotti nell’ambito del motivo vertente sulla constatazione erronea della recidiva, relativi all’importanza di una previa sanzione pecuniaria e alla limitazione nel tempo del potere della Commissione di constatare una recidiva nel caso di specie.

26      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare o ridurre l’ammenda inflitta all’art. 2, lett. b), della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        maggiorare l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

28      Con lettera datata 1° aprile 2008, le ricorrenti hanno indicato che rinunciavano al loro terzo motivo vertente su un aumento erroneo del 50% dell’importo dell’ammenda a fini di dissuasione. Con ordinanza 23 aprile 2008, il Tribunale ha deciso di riaprire la fase orale, conformemente all’art. 62 del suo regolamento di procedura e, a norma dell’art. 64 del regolamento di procedura, ha deciso di inserire detta lettera nel fascicolo. Con lettera 5 maggio 2008, la Commissione ha presentato le sue osservazioni in merito a suddetta rinuncia.

29      La fase orale è stata chiusa il 2 giugno 2008.

 In diritto

30      A sostegno del presente ricorso, le ricorrenti invocano due motivi vertenti rispettivamente su una maggiorazione erronea dell’importo dell’ammenda a titolo di recidiva e su una valutazione inadeguata, ai fini del calcolo dell’importo di base, delle dimensioni del mercato interessato dall’infrazione.

31      In via preliminare, giova rammentare, da una parte, che dai punti 290‑387 della decisione impugnata emerge che le ammende inflitte dalla Commissione a causa dell’infrazione lo sono state in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e, dall’altra, che sebbene nella decisione impugnata la Commissione non si riferisca esplicitamente agli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), è pacifico che essa abbia determinato l’importo delle ammende in applicazione del metodo in essi definito.

32      Gli orientamenti, benché non possano essere qualificati come norme giuridiche, enunciano una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui la Commissione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire giustificazioni (v. sentenza della Corte 18 maggio 2006, causa C‑397/03 P, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. I‑4429, punto 91, nonché la giurisprudenza ivi citata).

33      Spetta dunque al Tribunale verificare, nell’ambito del controllo di legittimità delle ammende inflitte dalla decisione impugnata, se la Commissione abbia esercitato il suo potere discrezionale secondo il metodo esposto negli orientamenti e, qualora dovesse constatare che essa se ne è discostata, verificare se tale scostamento sia giustificato e motivato adeguatamente. Al riguardo, occorre rilevare che la Corte ha confermato la validità, da un lato, del principio stesso degli orientamenti e, dall’altro, del metodo ivi indicato (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 252‑255, 266‑267, 312 e 313).

34      L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione derivante dall’adozione degli orientamenti, infatti, non è incompatibile con il mantenimento di un potere discrezionale sostanziale da parte della Commissione. Gli orientamenti contengono vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il suo potere discrezionale conformemente alle disposizioni del regolamento n. 17, quali interpretate dalla Corte (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 33 supra, punto 267).

35      Inoltre, nei settori quali la determinazione dell’importo di un’ammenda inflitta a norma dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, in cui la Commissione dispone di un potere discrezionale, per esempio, in ordine alla percentuale di maggiorazione a titolo di recidiva, il controllo di legittimità operato su tali valutazioni si limita a quello dell’assenza di errore manifesto nella valutazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 18 luglio 2005, causa T‑241/01, Scandinavian Airlines System/Commissione, Racc. pag. II‑2917, punti 64 e 79).

36      Il potere discrezionale della Commissione ed i limiti che essa vi ha apportato, in linea di principio, non pregiudicano peraltro l’esercizio, da parte del giudice comunitario, della sua competenza anche di merito (sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II‑2501, punto 538), che lo abilita a sopprimere, a ridurre o ad aumentare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza della Corte 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331, punti 60‑62; sentenza del Tribunale 21 ottobre 2003, causa T‑368/00, General Motors Nederland e Opel Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑4491, punto 181).

 Sul primo motivo, vertente su una maggiorazione erronea, a titolo di recidiva, dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti

 Argomenti delle parti

37      Le ricorrenti ricordano che, a titolo di circostanze aggravanti, l’importo di base dell’ammenda inflitta all’Outokumpu è stato maggiorato dalla Commissione del 50% in quanto essa si era resa colpevole di recidiva poiché era stata implicata nel procedimento relativo all’acciaio inossidabile che ha dato luogo alla decisione 90/417.

38      Le ricorrenti ritengono che, avendo aumentato l’importo dell’ammenda per recidiva, la Commissione abbia violato l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, gli orientamenti, l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 253 CE nonché il principio generale della parità di trattamento. Inoltre, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione in merito ai fatti pertinenti. Al riguardo, esse deducono le seguenti censure.

39      In primo luogo, le ricorrenti sostengono che l’infrazione di cui trattasi non può costituire un caso di recidiva, poiché l’infrazione precedente ricadeva nel Trattato CECA mentre il cartello in oggetto è sanzionato in forza del Trattato CE.

40      In secondo luogo, le ricorrenti ritengono che le due infrazioni non siano dello stesso tipo. La Commissione avrebbe violato gli orientamenti nonché la nozione di recidiva quale emergerebbe dalla sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione (Racc. pag. II‑347), in quanto, nel valutare se le due infrazioni fossero dello stesso tipo, avrebbe preso unicamente in considerazione la natura delle infrazioni in esame (fissazione di prezzi, di quote e ripartizione del mercato), trascurando invece il contesto in cui le due infrazioni sono state commesse. Secondo le ricorrenti, l’approccio della Commissione è troppo formalista. Nell’esaminare la questione della recidiva, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione le circostanze particolari che caratterizzano l’infrazione accertata dalla decisione 90/417, e ciò a maggior ragione visto che tali circostanze emergono chiaramente da detta decisione.

41      A tal riguardo, le ricorrenti si riferiscono al contempo alla decisione 90/417 e al fascicolo della Commissione in questo procedimento nonché ad altri documenti ad essi relativi. Questi elementi dimostrerebbero che il caso relativo all’acciaio inossidabile derivava da un’assenza di coordinamento tra la politica commerciale e la politica di concorrenza della Commissione. In tale procedimento, in seguito a pressioni esercitate su di essa nonché sull’industria nel suo complesso da parte della Commissione e da taluni governi nell’ambito della politica commerciale praticata all’epoca tra la Comunità e la Finlandia, l’Outokumpu avrebbe «controvoglia» e «contro i suoi propri interessi», aderito ad un accordo restrittivo della concorrenza senza avere l’intenzione di restringere la concorrenza e credendo di non agire in violazione dell’art. 65 CA.

42      Pertanto, l’infrazione accertata con la decisione 90/417 non sarebbe stata ordinaria e avrebbe dato luogo a contatti tra la Commissione e le autorità nazionali al fine di giungere ad una soluzione lecita per rimediare alla crisi che colpiva il settore dell’acciaio a livello comunitario, mentre l’infrazione di cui trattasi nella specie sarebbe stata ordinaria, riguarderebbe operazioni realizzate intenzionalmente all’insaputa della Commissione e con le quali le ricorrenti cercavano di proteggere i loro interessi commerciali.

43      Le ricorrenti fanno altresì notare che, in violazione dell’art. 253 CE, la Commissione non ha fornito una spiegazione adeguata in ordine alla ragioni per cui, malgrado siffatte circostanze speciali, occorreva maggiorare l’importo dell’ammenda per recidiva.

44      Le ricorrenti asseriscono altresì che il fatto che, nelle decisioni successive alla decisione 90/417, la Commissione non abbia maggiorato per recidiva le ammende inflitte ad altre società implicate nel procedimento dell’acciaio inossidabile confermerebbe che detto procedimento rivestiva un carattere talmente particolare che non ci si poteva aspettare che le ricorrenti lo considerassero un avvertimento pertinente rispetto all’infrazione sanzionata nella decisione impugnata.

45      Le ricorrenti asseriscono che, ad ogni modo e viste le circostanze particolari del procedimento relativo all’acciaio inossidabile, la maggiorazione del 50% dell’importo dell’ammenda inflitta nella specie è sproporzionata. A loro parere, un’infrazione non deliberata dovrebbe condurre ad una percentuale di maggiorazione, per recidiva, meno elevata. A sostegno di tale affermazione, le ricorrenti fanno anche riferimento a varie decisioni precedenti della Commissione in cui l’aumento dell’importo delle ammende per recidiva sarebbe stato meno rilevante.

46      Infine, le ricorrenti sostengono che il fatto che la Commissione sia passata da una decisione che non infligge alcuna ammenda ad una decisione che infligge un’ammenda maggiorata per recidiva viola il principio della proporzionalità.

47      La Commissione chiede il rigetto di questo motivo. Peraltro, essa fa osservare che le ricorrenti invocano per la prima volta nella replica la violazione del principio della parità di trattamento alla luce della prassi decisionale della Commissione in materia di maggiorazione di ammende a titolo di recidiva e che tale argomento dovrebbe pertanto essere dichiarato irricevibile.

 Giudizio del Tribunale

48      In primo luogo, per quanto riguarda l’allegazione relativa alla carenza di motivazione, occorre ricordare che secondo una giurisprudenza consolidata la motivazione di una decisione individuale deve far apparire in maniera chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio sindacato.

49      La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie. Non è richiesto che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se essa soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del tenore dell’atto di cui trattasi, ma anche del contesto in cui tale atto è stato adottato nonché del complesso di norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e la giurisprudenza ivi citata).

50      Per quanto attiene alla fissazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, i requisiti della formalità sostanziale costituita dal detto obbligo di motivazione risultano soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione (v. sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 463, nonché la giurisprudenza ivi citata).

51      Nella specie, nella decisione impugnata la Commissione ha sostenuto che le due infrazioni erano dello stesso tipo in quanto riguardavano la fissazione di quote e di prezzi per controllare la produzione e spartirsi i mercati (punto 353). D’altronde, essa ha ritenuto che (punto 352): «[S]i ha infrazione ripetuta quando un’impresa che sia stata destinataria di una decisione della Commissione in passato avendo partecipato ad un’infrazione viene considerata successivamente responsabile di un’altra infrazione dello stesso tipo. Oltre ad ordinare all’impresa di porre fine all’infrazione, tale decisione ha la funzione di ammonire e dissuadere l’impresa in questione dal commettere in futuro infrazioni analoghe, anche se, per qualche ragione, non ha previsto alcuna ammenda». Più precisamente, la Commissione ha dichiarato (punto 354): «[I]l fatto che l’Outokumpu non abbia cessato l’infrazione nel settore dei tubi industriali dopo che le è stato ordinato, con una decisione della Commissione, di porre fine all’infrazione nel settore dell’acciaio inossidabile indica chiaramente che la decisione precedente non ha esercitato un effetto dissuasivo sufficiente rispetto al comportamento di mercato di Outokumpu. Pertanto, per garantire in futuro tale effetto, occorre aumentare l’importo dell’ammenda nel presente caso». Di conseguenza, la Commissione ha adeguatamente motivato la sua decisione di maggiorare, a titolo di recidiva, l’ammenda inflitta alle ricorrenti.

52      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, va notato che la violazione del principio della parità di trattamento, in effetti, non è stata espressamente invocata dalle ricorrenti nell’ambito del presente motivo.

53      Dalla giurisprudenza nonché dall’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dall’art. 44 del regolamento di procedura del Tribunale emerge, tuttavia, che il ricorrente non è tenuto a citare gli articoli del Trattato o i principi generali di diritto che invoca. È sufficiente che i fatti, i motivi e le conclusioni del ricorrente figurino nel ricorso cosicché la Commissione possa difendere effettivamente i suoi interessi e il Tribunale esercitare il suo controllo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 7 maggio 1991, causa T‑18/90, Jongen/Commissione, Racc. pag. II‑187, punto 13, nonché la giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie, tale requisito è soddisfatto, poiché dal ricorso emerge che le ricorrenti criticano come erronea la maggiorazione del 50% dell’importo dell’ammenda loro inflitta, segnatamente a fronte delle percentuali di maggiorazione applicate dalla Commissione, per causa di recidiva, nelle sue precedenti decisioni.

54      Pertanto, tutte le censure sollevate a sostegno del presente motivo devono essere dichiarate ricevibili.

55      In terzo luogo, per quanto attiene alla fondatezza del motivo, va ricordato che i trattati costitutivi hanno posto in essere un ordinamento giuridico unico in cui il Trattato EA costituisce, e il Trattato CECA costituiva fino al 23 luglio 2002, una lex specialis che deroga alla lex generalis rappresentata dal Trattato CE (v. sentenza del Tribunale 5 giugno 2001, causa T‑6/99, ESF Elbe-Stahlwerke Feralpi/Commissione, Racc. pag. II‑1523, punto 102, nonché giurisprudenza ivi citata). Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che il divieto di intese è previsto da due disposizioni analoghe, ossia gli artt. 81 CE e 65 CA, che, pur derivanti da trattati distinti, ricorrono a nozioni giuridiche identiche (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Thyssen Stahl/Commissione, cit. al punto 40 supra, punti 269, 270 e 277; 11 marzo 1999, causa T‑145/94, Unimétal/Commissione, Racc. pag. II‑585, punti 248 e 252, e 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 181).

56      Conseguentemente, deve essere ammesso che una volta che la Commissione abbia accertato, con una decisione, la partecipazione di un’impresa ad un intesa, conformemente alla competenza che le è attribuita dall’ordinamento giuridico comunitario, tale decisione potrà servire da base per valutare, nell’ambito di una nuova decisione connessa al diritto comunitario, la propensione di tale impresa ad infrangere le norme comunitarie relative alle intese.

57      D’altronde, nessun elemento negli orientamenti suggerisce che l’indicazione secondo cui deve trattarsi di una «recidiva della/delle medesima/e impresa/e per un’infrazione del medesimo tipo» debba essere intesa nel senso che la Commissione non può tener conto, al fine di accertare una recidiva nell’ambito dell’applicazione dell’art. 81 CE, delle infrazioni riscontrate in forza del Trattato CECA. Al contrario, dal titolo degli orientamenti emerge che essi si applicano tanto al calcolo delle ammende inflitte a norma dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 quanto a quelle inflitte a norma dell’art. 65, n. 5, CA.

58      L’argomento secondo cui le circostanze speciali che hanno accompagnato l’infrazione precedente impedirebbero alla Commissione di applicare la recidiva nei confronti delle ricorrenti deve essere respinto, poiché dalla giurisprudenza si evince che la nozione di recidiva comporta unicamente la previa constatazione di una violazione del diritto comunitario della concorrenza (sentenza Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 36 supra, punto 41).

59      Orbene, nella specie, dagli artt. 1 e 4 della decisione 90/417 emerge con chiarezza che l’Outokumpu era stata avvertita che, concludendo accordi relativi a prezzi e spartendosi i mercati e i clienti con le sue concorrenti, essa aveva violato il diritto comunitario della concorrenza e che doveva astenersi dal ripetere tali comportamenti. Tuttavia, dall’art. 1 della decisione impugnata si evince che le ricorrenti hanno successivamente partecipato ad un’infrazione quasi identica.

60      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le ricorrenti sarebbero state oggetto di un trattamento discriminatorio rispetto ad altre imprese nei cui confronti la decisione 90/417 non sarebbe stata applicata come circostanza aggravante, va sottolineato che la mera circostanza che la Commissione abbia considerato, nella sua prassi decisionale anteriore, che determinati elementi non costituivano una circostanza aggravante ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, non implica che essa sia tenuta a compiere la stessa valutazione in una decisione successiva (v., per analogia, sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 57).

61      Da quanto precede si evince che la Commissione non ha commesso un errore constatando la recidiva nei confronti delle ricorrenti.

62      Per quanto concerne le censure formulate a proposito della percentuale di maggiorazione del 50% applicata nella decisione impugnata, va rilevato che, nel fissare una percentuale di maggiorazione a titolo di recidiva, la Commissione può prendere in considerazione gli indizi diretti a confermare la propensione dell’impresa interessata a discostarsi dalle norme sulla concorrenza, ivi incluso il tempo trascorso tra le infrazioni in questione.

63      Nella specie, va constatato che, alla data di adozione della decisione 90/417, il 18 luglio 1990, l’intesa oggetto della decisione impugnata era già iniziata. Orbene, nonostante l’accertamento, nella decisione 90/417, di un’infrazione quasi identica delle norme sulla concorrenza da parte delle ricorrenti, queste hanno deciso di proseguire la loro partecipazione alla nuova intesa. Tale circostanza giustifica in quanto tale la percentuale di maggiorazione adottata nella decisione impugnata.

64      Certamente, le ricorrenti si riferiscono ad una serie di circostanze che hanno caratterizzato l’infrazione riscontrata nella decisione 90/417 e che sono esplicitate nella sezione X, punto 12, di detta decisione. Tuttavia, tali circostanze, che hanno certamente giustificato la mancata imposizione di un’ammenda alle ricorrenti nella decisione in parola, sono necessariamente proprie di quest’ultima e non presentano alcun nesso con la propensione delle ricorrenti a disattendere, a partire dal 18 luglio 1990, le norme sulla concorrenza. Di conseguenza, esse non possono essere prese in considerazione ai fini della determinazione della percentuale di maggiorazione dell’ammenda per recidiva.

65      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui le ricorrenti avrebbero subito un trattamento discriminatorio rispetto ad altre imprese nei cui confronti l’accertamento della recidiva non ha comportato una maggiorazione severa quanto quella inflitta alle ricorrenti, va sottolineato, da un lato, che la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge da quadro giuridico di riferimento per le ammende in materia di concorrenza (sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 292) e, dall’altro, che nell’ambito del regolamento n. 17 la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nel fissare gli importi delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punto 216) e per poter adeguare sempre l’entità delle ammende alle esigenze di detta politica (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 33 supra, punto 169).

66      Tenuto conto di quanto precede, la Commissione non ha commesso un errore manifesto di valutazione applicando alle ricorrenti una maggiorazione del 50% dell’importo dell’ammenda inflitta a titolo di recidiva. Peraltro, nell’esercizio del suo sindacato anche di merito, il Tribunale non ritiene necessario modificare la percentuale in parola.

 Sul secondo motivo, vertente su una valutazione inadeguata delle dimensioni del settore interessato dall’infrazione ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda

 Argomenti delle parti

67      Con questo secondo motivo le ricorrenti fanno valere che, fissando il valore del mercato interessato in 288 milioni di euro, la Commissione ha sovradimensionato quest’ultimo e, pertanto, la gravità dell’infrazione, con la conseguenza che l’ammenda è eccessiva.

68      Le ricorrenti rilevano preliminarmente che, nel settore dei tubi industriali, il prezzo globale dei prodotti è di norma composto dal prezzo del rame, basato sulla quotazione al London Metal Exchange (Borsa dei metalli di Londra; in prosieguo: il «LME»), e dal costo della trasformazione, che corrisponde al valore aggiunto dal fabbricante (in prosieguo: il «margine di trasformazione»). La materia prima necessaria per la fabbricazione dei tubi industriali sarebbe fornita o dal cliente o dallo stesso fabbricante di tubi, il quale la fatturerebbe quindi nel prezzo globale.

69      Secondo le ricorrenti, le dimensioni del mercato rilevante sono importanti per la fissazione dell’importo di base dell’ammenda. Le ricorrenti asseriscono quantomeno che, nella specie, la Commissione ha determinato l’importo di base in funzione delle dimensioni del mercato rilevante.

70      Le ricorrenti sostengono che, in qualità di produttori di tubi industriali, esse non hanno alcuna influenza sul prezzo della materia prima principale, ovvero il rame, il quale rappresenterebbe circa i due terzi del prezzo finale pagato dai loro clienti. Al riguardo, le ricorrenti ricordano che il prezzo del metallo è determinato dalle quotazioni giornaliere del LME e che, procurandosi tale metallo, esse non fanno altro che seguire le istruzioni date dagli acquirenti di tubi industriali. Pertanto, sarebbero i clienti stessi a determinare il prezzo del metallo. Di conseguenza, il prezzo del metallo sarebbe unicamente un elemento da ripercuotere sui clienti. Conseguentemente, il peso economico reale del mercato interessato sarebbe stato limitato al margine di trasformazione. 

71      Facendo leva su quanto precede, le ricorrenti sostengono che, in sede di valutazione delle dimensioni del mercato rilevante, la Commissione avrebbe dovuto sottrarre circa due terzi del prezzo globale dei prodotti di cui trattasi, il che avrebbe portato a fissare un importo iniziale dell’ammenda meno elevato. Le ricorrenti concludono che, omettendo di detrarre il prezzo del rame dal fatturato del mercato rilevante, la Commissione abbia ignorato la realtà economica del mercato e abbia fissato un importo di base dell’ammenda eccessivo rispetto alla gravità dell’infrazione. 

72      La Commissione chiede il rigetto del motivo dedotto dalle ricorrenti. Inoltre, la Commissione esige, nel suo controricorso, che le ricorrenti precisino se contestano di aver partecipato ad un’infrazione che incide sul settore dei tubi industriali nel suo complesso. La Commissione fa valere che, qualora ricorra tale caso, si tratta di un motivo irricevibile in quanto non dedotto in fase di ricorso. Peraltro, la Commissione sostiene che una siffatta constatazione la indurrebbe a chiedere al Tribunale di maggiorare l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti in quanto queste hanno beneficiato di una riduzione del 50% di detto importo per aver dichiarato, nello specifico, che esse non contestavano i fatti materiali sui quali la Commissione fondava le sue accuse.

73      Nelle loro osservazioni scritte sulla domanda della Commissione, le ricorrenti fanno valere che esse non contestano di aver partecipato ad un’infrazione unica che includeva la ripartizione dei mercati e dei clienti, l’attuazione di un sistema di leader di mercato nel mercato rilevante, nonché intese sulle condizioni di fornitura di tubi industriali. Ammettono inoltre che questa infrazione ha inciso sul settore dei tubi industriali nel suo complesso. Tuttavia, esse sottolineano che l’infrazione non si estendeva al prezzo del rame.

 Giudizio del Tribunale

74      A titolo preliminare, è giocoforza constatare che non occorre statuire né sull’eccezione di irricevibilità né sulla domanda riconvenzionale formulate dalla Commissione. Infatti, le ricorrenti hanno chiaramente indicato, nelle loro osservazioni sulla domanda della Commissione, che esse ammettevano che l’infrazione aveva inciso sul settore dei tubi industriali nel suo complesso.

75      Per quanto attiene al merito, va sottolineato anzitutto che la metodologia illustrata negli orientamenti, applicati dalla Commissione nella decisione impugnata (v. punto 31 supra), risponde ad una logica forfetaria secondo cui l’importo di base generale dell’ammenda, determinato secondo la gravità dell’infrazione, viene calcolato in funzione della natura dell’infrazione, del suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e dell’estensione geografica del mercato rilevante (punto 1 A, primo comma, degli orientamenti). L’importo di base generale dell’ammenda viene poi individualizzato per ciascun partecipante in funzione, segnatamente, delle sue dimensioni.

76      Inoltre, ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda, la Commissione può, senza peraltro esservi obbligata, tener conto delle dimensioni del mercato interessato (sentenze del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 134, e 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punti 149 e 150).

77      Alla luce di questa giurisprudenza risulta infondata la premessa delle ricorrenti secondo cui le dimensioni del mercato rilevante costituiscono, in quanto tali, un fattore determinante per valutare la gravità di un’infrazione e, pertanto, per determinare l’importo di base di un’ammenda.

78      Dalla decisione impugnata emerge tuttavia con chiarezza che, nel caso di specie, nella sua valutazione della gravità dell’infrazione in questione, la Commissione ha scelto di prendere in considerazione le dimensioni del mercato dei tubi industriali nel SEE. Sebbene la Commissione, in base alla natura dell’infrazione, fosse già giunta alla conclusione che essa era «molto grave» ai sensi dei suoi orientamenti (punto 294), nella decisione impugnata essa ha in effetti determinato la gravità dell’infrazione, e pertanto l’importo di base generale dell’ammenda, tenendo conto dell’impatto concreto del cartello sul mercato (punti 295‑314), dell’estensione geografica del mercato rilevante (punti 315‑317) e del fatto che il settore oggetto dell’infrazione era un mercato importante le cui dimensioni nel SEE erano stimate in 288 milioni di euro (punti 318 e 319).

79      Se, ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e dell’importo di base generale dell’ammenda, le dimensioni del mercato rilevante hanno costituito soltanto uno degli elementi presi in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata, resta comunque il fatto che essa ha effettivamente fissato detto importo tenendone conto. Pertanto, deve essere respinta l’affermazione della Commissione secondo cui l’importo di base dell’ammenda inflitta alle ricorrenti non sarebbe stato necessariamente inferiore a 11,55 milioni di euro qualora il prezzo del rame fosse stato detratto dal fatturato del mercato.

80      Di conseguenza, occorre verificare se, in sede di valutazione delle dimensioni del mercato rilevante, la Commissione abbia a torto tenuto conto del prezzo del rame.

81      Le ricorrenti affermano a tal riguardo, da una parte, che il prezzo del rame sfugge al controllo dei fabbricanti di tubi industriali, poiché viene fissato secondo il LME e, dall’altra, che sono gli stessi acquirenti di tubi industriali che decidono a che prezzo il metallo viene acquistato.

82      È giocoforza constatare che nessuna valida ragione impone che il fatturato di un mercato rilevante sia calcolato escludendo taluni costi di produzione. Come rilevato giustamente dalla Commissione, in tutti i settori industriali esistono costi inerenti al prodotto finale che sfuggono al controllo del fabbricante ma che costituiscono nondimeno un elemento essenziale dell’insieme delle sue attività e che, pertanto, non possono essere esclusi dal suo fatturato in sede di determinazione dell’importo di base dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑491, punti 5030 e 5031). La circostanza che il prezzo del rame costituisca una parte importante del prezzo finale dei tubi industriali o che il rischio di fluttuazioni dei prezzi del rame sia ben più elevato che per altre materie prime non inficia tale conclusione.

83      Si deve dunque concludere che la Commissione abbia tenuto conto, a buon diritto, del prezzo del rame ai fini della determinazione delle dimensioni del mercato rilevante. Di conseguenza, neppure il secondo motivo è fondato.

84      Pertanto, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

85      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Outokumpu Oyj e la Luvata Oy sono condannate alle spese.

Martins Ribeiro

Papasavvas

Wahl

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 maggio 2009.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.


1 – Dati riservati occultati.