Language of document : ECLI:EU:T:2011:364

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

13 luglio 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili – Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE – Manipolazione delle gare d’appalto – Ripartizione dei mercati – Fissazione dei prezzi»

Nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07,

ThyssenKrupp Liften Ascenseurs NV, con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata inizialmente dagli avv.ti V. Turner e D. Mes, successivamente dagli avv.ti O.W. Brouwer e J. Blockx,

ricorrente nella causa T‑144/07,

ThyssenKrupp Aufzüge GmbH, con sede in Neuhausen auf den Fildern (Germania),

ThyssenKrupp Fahrtreppen GmbH, con sede in Amburgo (Germania),

rappresentate inizialmente dagli avv.ti U. Itzen e K. Blau-Hansen, successivamente dagli avv.ti Itzen, Blau-Hansen e S. Thomas, e infine dagli avv.ti Blau-Hansen e Thomas,

ricorrenti nella causa T‑147/07,

ThyssenKrupp Ascenseurs Luxembourg Sàrl, con sede in Howald (Lussemburgo), rappresentata dagli avv.ti K. Beckmann, S. Dethof e Itzen,

ricorrente nella causa T‑148/07,

ThyssenKrupp Elevator AG, con sede in Düsseldorf (Germania), rappresentata dagli avv.ti T. Klose e J. Ziebarth,

ricorrente nella causa T‑149/07,

ThyssenKrupp AG, con sede in Duisburg (Germania), rappresentata inizialmente dagli avv.ti M. Klusmann e Thomas, successivamente dall’avv. Klusmann,

ricorrente nella causa T‑150/07,

ThyssenKrupp Liften BV, con sede in Krimpen aan den IJssel (Paesi Bassi), rappresentata dagli avv.ti Brouwer e A. Stoffer,

ricorrente nella causa T‑154/07,

contro

Commissione europea, rappresentata, nelle cause T‑144/07 e T‑154/07, dai sigg. A. Bouquet e R. Sauer, in qualità di agenti, assistiti dagli avv.ti F. Wijckmans e F. Tuytschaever, nelle cause T‑147/07 e T‑148/07, inizialmente dai sigg. Sauer e O. Weber, successivamente dal sig. Sauer e dalla sig.ra K. Mojzesowicz, in qualità di agenti, e, nelle cause T‑149/07 e T‑150/07, dal sig. Sauer e dalla sig.ra Mojzesowicz, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 21 febbraio 2007, C (2007) 512 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/E-1/38.823 – Ascensori e scale mobili), o, in subordine, di riduzione dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro (relatore), presidente, dai sigg. N. Wahl e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alle udienze del 3, 7 e 10 settembre 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le presenti cause hanno ad oggetto domande di annullamento della decisione della Commissione 21 febbraio 2007, C (2007) 512 def., relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/E-1/38.823 – Ascensori e scale mobili) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), di cui è stato pubblicato un sunto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 26 marzo 2008 (GU C 75, pag. 19), o, in subordine, di riduzione dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti.

2        Nella decisione impugnata la Commissione delle Comunità europee ha considerato che le seguenti società hanno violato l’art. 81 CE:

–        Kone Belgium SA (in prosieguo: «Kone Belgio»), Kone GmbH (in prosieguo: «Kone Germania»), Kone Luxembourg Sàrl (in prosieguo: «Kone Lussemburgo»), Kone BV Liften en Roltrappen (in prosieguo: «Kone Paesi Bassi») e Kone Oyj (in prosieguo: «KC») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Kone»);

–        Otis SA (in prosieguo: «Otis Belgio»), Otis GmbH & Co. OHG (in prosieguo: «Otis Germania»), General Technic-Otis Sàrl (in prosieguo: «GTO»), General Technic Sàrl (in prosieguo: «GT»), Otis BV (in prosieguo: «Otis Paesi Bassi»), Otis Elevator Company (in prosieguo: «OEC») e United Technologies Corporation (in prosieguo: «UTC») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Otis»);

–        Schindler SA (in prosieguo: «Schindler Belgio»), Schindler Deutschland Holding GmbH (in prosieguo: «Schindler Germania»), Schindler Sàrl (in prosieguo: «Schindler Lussemburgo»), Schindler Liften BV (in prosieguo: «Schindler Paesi Bassi») e Schindler Holding Ltd (in prosieguo «Schindler Holding») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «Schindler»);

–        ThyssenKrupp Liften Ascenseurs NV (in prosieguo: «TKLA»), ThyssenKrupp Aufzüge GmbH (in prosieguo: «TKA»), ThyssenKrupp Fahrtreppen GmbH (in prosieguo: «TKF»), ThyssenKrupp Elevator AG (in prosieguo: «TKE»), ThyssenKrupp AG (in prosieguo: «TKAG»), ThyssenKrupp Ascenseurs Luxembourg Sàrl (in prosieguo: «TKAL») e ThyssenKrupp Liften BV (in prosieguo: «TKL») (in prosieguo indicate congiuntamente o separatamente come «ThyssenKrupp»);

–        Mitsubishi Elevator Europe BV (in prosieguo: «MEE»).

3        TKLA, TKA, TKF, TKAL, TKE, TKAG e TKL, ricorrenti, appartengono al gruppo di società ThyssenKrupp, attivo nei settori degli ascensori, dell’acciaio, dell’industria automobilistica, delle tecnologie e dei servizi. La società capogruppo è la società quotata in borsa TKAG. TKE è una controllata al 100% di TKAG ed è la principale impresa responsabile del gruppo nel settore degli ascensori, in quanto società holding intermedia (punti 33‑37 della decisione impugnata).

4        ThyssenKrupp esercita le sue attività nel settore delle scale mobili e degli ascensori tramite controllate nazionali. Queste ultime sono, in particolare, in Belgio TKLA, in Germania TKA e TKF, in Lussemburgo TKAL e nei Paesi Bassi TKL (punti 33‑37 della decisione impugnata). A differenza di TKL, che non è una controllata di TKE, le altre società sopra menzionate sono controllate direttamente o indirettamente al 100% da TKE e TKAG.

 Procedimento amministrativo

1.     Indagine della Commissione

5        Nell’estate del 2003 venivano trasmesse alla Commissione informazioni relative alla possibile esistenza di un’intesa tra i quattro principali produttori europei di ascensori e scale mobili che esercitano attività commerciali nell’Unione, vale a dire Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp (punti 3 e 91 della decisione impugnata).

 Belgio

6        A partire dal 28 gennaio 2004 e durante il mese di marzo 2004 la Commissione effettuava accertamenti, in applicazione dell’art. 14, nn. 2 e 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), in particolare presso i locali delle controllate di Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp in Belgio (punti 92, 93, 95 e 97 della decisione impugnata).

7        Successivamente, Kone, Otis, ThyssenKrupp e Schindler presentavano domande a titolo della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2002»). Tali domande venivano integrate dalle imprese interessate (punti 94, 96, 98 e 103 della decisione impugnata).

8        Il 29 giugno 2004 veniva concessa a Kone un’immunità condizionata in applicazione del punto 8, lett. b), della suddetta comunicazione (punto 99 della decisione impugnata).

9        Tra settembre e dicembre 2004 la Commissione inviava inoltre richieste di informazioni a norma dell’art. 18 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), alle imprese partecipanti all’infrazione in Belgio, a vari clienti in tale Stato membro e all’associazione belga Agoria (punti 101 e 102 della decisione impugnata).

 Germania

10      A partire dal 28 gennaio 2004 e durante il mese di marzo 2004 la Commissione, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, effettuava accertamenti, in particolare presso i locali delle controllate di Otis e di ThyssenKrupp in Germania (punti 104 e 106 della decisione impugnata).

11      Il 12 e il 18 febbraio 2004 Kone integrava la sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti la Germania. Analogamente, tra il marzo 2004 e il febbraio 2005 Otis integrava la sua domanda relativa al Belgio con informazioni concernenti la Germania. Il 25 novembre 2004 Schindler presentava una domanda a titolo di detta comunicazione contenente informazioni relative alla Germania, che veniva completata tra il dicembre 2004 e il febbraio 2005. Infine, nel dicembre 2005 ThyssenKrupp trasmetteva alla Commissione una domanda, relativa alla Germania, sempre a titolo della suddetta comunicazione (punti 105, 107, 112 e 114 della decisione impugnata).

12      Tra il settembre e il novembre 2004 la Commissione, in applicazione dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, inviava inoltre richieste di informazioni alle imprese partecipanti all’infrazione in Germania, a vari clienti in tale Stato membro e alle associazioni VDMA, VFA e VMA (punti 110, 111 e 113 della decisione impugnata).

 Lussemburgo

13      Il 5 febbraio 2004 Kone integrava la sua domanda del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti il Lussemburgo. Otis e ThyssenKrupp presentavano oralmente una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 con riferimento al Lussemburgo. Una domanda a titolo della medesima comunicazione, con riferimento al Lussemburgo, veniva presentata da Schindler (punti 115, 118, 119 e 124 della decisione impugnata).

14      A partire dal 9 marzo 2004 la Commissione, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, effettuava accertamenti, segnatamente presso i locali delle controllate di Schindler e di ThyssenKrupp in Lussemburgo (punto 116 della decisione impugnata).

15      Il 29 giugno 2004 veniva concessa a Kone un’immunità condizionata in applicazione del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per la parte della sua domanda relativa al Lussemburgo (punto 120 della decisione impugnata).

16      Nel settembre e nell’ottobre 2004 la Commissione, a norma dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, inviava richieste di informazioni alle imprese partecipanti all’infrazione in Lussemburgo, a vari clienti in tale Stato membro e alla Fédération luxembourgeoise des ascensoristes (punti 122 e 123 della decisione impugnata).

 Paesi Bassi

17      Nel marzo 2004 Otis presentava una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 con riferimento ai Paesi Bassi, che veniva successivamente completata. Nell’aprile 2004 veniva presentata da ThyssenKrupp una domanda a titolo di detta comunicazione, anch’essa successivamente completata a più riprese. Infine, il 19 luglio 2004 Kone integrava la sua domanda del 2 febbraio 2004, relativa al Belgio, con informazioni concernenti i Paesi Bassi (punti 127, 129 e 130 della decisione impugnata).

18      Il 27 luglio 2004 veniva concessa un’immunità condizionata ad Otis in applicazione del punto 8, lett. a), della suddetta comunicazione (punto 131 della decisione impugnata).

19      A partire dal 28 aprile 2004 la Commissione, in applicazione dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17, effettuava accertamenti, segnatamente presso i locali delle controllate di Kone, Schindler, ThyssenKrupp e MEE nei Paesi Bassi, nonché presso i locali dell’associazione Boschduin (punto 128 della decisione impugnata).

20      Nel settembre 2004 la Commissione inviava richieste di informazioni in applicazione dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003 alle imprese partecipanti all’infrazione nei Paesi Bassi, a vari clienti in tale Stato membro e alle associazioni VLR e Boschduin (punti 133 e 134 della decisione impugnata).

2.     Comunicazione degli addebiti

21      Il 7 ottobre 2005 la Commissione adottava una comunicazione degli addebiti, rivolta in particolare alle società menzionate supra al punto 2. Tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti trasmettevano osservazioni scritte in risposta alle censure mosse dalla Commissione (punti 135 e 137 della decisione impugnata).

22      Poiché nessuno dei destinatari della comunicazione degli addebiti ne aveva fatto domanda, non si teneva un’audizione (punto 138 della decisione impugnata).

3.     Decisione impugnata

23      Il 21 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la decisione impugnata, in cui ha constatato che le società destinatarie avevano partecipato a quattro infrazioni singole, complesse e continuate all’art. 81, n. 1, CE, in quattro Stati membri, ripartendosi i mercati attraverso accordi o concertazioni per l’attribuzione di appalti e di contratti relativi alla vendita, all’installazione, alla manutenzione e all’ammodernamento di ascensori e scale mobili (punto 2 della decisione impugnata).

24      Per quanto riguarda i destinatari della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, oltre alle controllate delle imprese interessate in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, le società capogruppo di dette controllate dovessero essere considerate solidalmente responsabili per le violazioni dell’art. 81 CE commesse dalle rispettive controllate, per il fatto che avevano potuto esercitare un’influenza decisiva sulla loro politica commerciale nel periodo dell’infrazione e si poteva presumere che si fossero avvalse di tale potere (punti 608, 615, 622, 627 e 634‑641 della decisione impugnata). Le società controllanti di MEE non sono state considerate solidalmente responsabili del comportamento della loro controllata, poiché non è stato possibile dimostrare che esse avessero esercitato un’influenza decisiva sul suo comportamento (punto 643 della decisione impugnata).

25      Per calcolare l’importo delle ammende, nella decisione impugnata la Commissione ha applicato il metodo descritto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»). Essa ha inoltre esaminato se, e in quale misura, le imprese interessate soddisfacessero le condizioni previste dalla comunicazione sulla cooperazione del 2002.

26      La Commissione ha qualificato le infrazioni come «molto gravi» in considerazione della loro natura e del fatto che ciascuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi), anche se il loro impatto reale non poteva essere misurato (punto 671 della decisione impugnata).

27      Per tenere conto dell’effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza, la Commissione le ha suddivise, per ciascun paese, in varie categorie a seconda del volume d’affari realizzato sul mercato degli ascensori e/o delle scale mobili, compresi, se del caso, i servizi di manutenzione e di ammodernamento (punti 672 e 673 della decisione impugnata).

28      Per quanto riguarda l’intesa in Belgio, Kone e Schindler sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di EUR 40 000 000. Otis è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 27 000 000. ThyssenKrupp è stata classificata nella terza categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 16 500 000 (punti 674 e 675 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere ad Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così l’importo di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 45 900 000 ed EUR 33 000 000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione è durata sette anni e otto mesi (dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004), la Commissione ha aumentato del 75% l’importo di partenza dell’ammenda per le imprese interessate. L’importo di base dell’ammenda è stato quindi fissato in EUR 70 000 000 per Kone, in EUR 80 325 000 per Otis, in EUR 70 000 000 per Schindler e in EUR 57 750 000 per ThyssenKrupp (punti 692 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 708‑710 della decisione impugnata). Non sono state riconosciute circostanze attenuanti a favore delle imprese interessate (punti 733, 734, 749, 750 e 753‑755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Kone ha beneficiato di un’immunità totale dalle ammende. Otis ha beneficiato, da un lato, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, di detta comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. ThyssenKrupp ha beneficiato, da un lato, di una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, di tale comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler ha beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 760‑777 della decisione impugnata).

29      Per quanto riguarda l’intesa in Germania, Kone, Otis e ThyssenKrupp sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 70 000 000. Schindler è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 17 000 000 (punti 676‑679 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 119 000 000 ed EUR 140 000 000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione commessa da Kone, Otis e ThyssenKrupp è durata otto anni e quattro mesi (dal 1° agosto 1995 al 5 dicembre 2003), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese dell’80%. Poiché l’infrazione commessa da Schindler è durata cinque anni e quattro mesi (dal 1° agosto 1995 al 6 dicembre 2000), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tale impresa del 50%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 126 000 000 per Kone, ad EUR 214 200 000 per Otis, ad EUR 25 500 000 per Schindler e ad EUR 252 000 000 per ThyssenKrupp (punti 693 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697‑707 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 727‑729, 735, 736, 742‑744, 749, 750 e 753‑755 della decisione impugnata). Kone ha beneficiato, da una parte, della riduzione massima del 50% dell’importo dell’ammenda prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Otis ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 25% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della detta comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 15% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, terzo trattino, di tale comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. ThyssenKrupp ha beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 778‑813 della decisione impugnata).

30      Per quanto riguarda l’intesa in Lussemburgo, Otis e Schindler sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 10 000 000. Kone e ThyssenKrupp sono state classificate nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 2 500 000 (punti 680‑683 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere ad Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 17 000 000 ed EUR 5 000 000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione è durata otto anni e tre mesi (dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per le imprese interessate dell’80%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 4 500 000 per Kone, ad EUR 30 600 000 per Otis, ad EUR 18 000 000 per Schindler e ad EUR 9 000 000 per ThyssenKrupp (punti 694 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 711‑714 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 730, 749, 750 e 753‑755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Kone ha beneficiato dell’immunità totale dalle ammende. Otis ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della detta comunicazione e, dall’altro, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler e ThyssenKrupp hanno beneficiato soltanto di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 814‑835 della decisione impugnata).

31      Per quanto concerne l’intesa nei Paesi Bassi, Kone è stata classificata nella prima categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 55 000 000. Otis è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 41 000 000. Schindler è stata classificata nella terza categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 24 500 000. ThyssenKrupp e MEE sono state classificate nella quarta categoria, con un importo di partenza dell’ammenda di EUR 8 500 000 (punti 684 e 685 della decisione impugnata). All’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a Otis è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 1,7 e all’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp è stato applicato un coefficiente moltiplicatore di 2, per tenere conto delle loro dimensioni e delle loro risorse globali, portando così gli importi di partenza delle loro ammende rispettivamente ad EUR 69 700 000 e ad EUR 17 000 000 (punti 690 e 691 della decisione impugnata). Poiché l’infrazione commessa da Otis e ThyssenKrupp è durata cinque anni e dieci mesi (dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese del 55%. Poiché l’infrazione commessa da Kone e Schindler è durata quattro anni e nove mesi (dal 1° giugno 1999 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tali imprese del 45%. Poiché l’infrazione commessa da MEE è durata quattro anni e un mese (dall’11 gennaio 2000 al 5 marzo 2004), la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda per tale impresa del 40%. L’importo di base dell’ammenda è stato così portato ad EUR 79 750 000 per Kone, ad EUR 108 035 000 per Otis, ad EUR 35 525 000 per Schindler, ad EUR 26 350 000 per ThyssenKrupp e ad EUR 11 900 000 per MEE (punti 695 e 696 della decisione impugnata). La Commissione ha ritenuto che ThyssenKrupp dovesse essere considerata recidiva e ha aumentato l’importo della sua ammenda del 50% a titolo di tale circostanza aggravante (punti 697, 698 e 715‑720 della decisione impugnata). Non è stata applicata alcuna circostanza attenuante a favore delle imprese interessate (punti 724‑726, 731, 732, 737, 739‑741, 745‑748 e 751‑755 della decisione impugnata). In applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, Otis ha beneficiato dell’immunità totale dalle ammende. ThyssenKrupp ha beneficiato, da una parte, di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, primo trattino, della detta comunicazione e, dall’altra, di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti. Schindler e MEE hanno beneficiato di una riduzione dell’1% dell’importo dell’ammenda per la mancata contestazione dei fatti (punti 836‑855 della decisione impugnata).

32      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1»

1.      Per quanto riguarda il Belgio, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione di ascensori e scale mobili conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

–        Kone: [KC] e [Kone Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Belgio]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKLA]: dal 9 maggio 1996 al 29 gennaio 2004.

2.      Per quanto riguarda la Germania, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate:

–        Kone: [KC] e [Kone Germania]: dal 1° agosto 1995 al 5 dicembre 2003;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Germania]: dal 1° agosto 1995 al 5 dicembre 2003;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Germania]: dal 1° agosto 1995 al 6 dicembre 2000; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE], [TKA] e [TKF]: dal 1° agosto 1995 al 5 dicembre 2003.

3.      Per quanto riguarda il Lussemburgo, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

–        Kone: [KC] e [Kone Lussemburgo]: dal 7 dicembre 1995 al 29 gennaio 2004;

–        Otis: [UTC], [OEC], [Otis Belgio], [GTO] e [GT]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Lussemburgo]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKAL]: dal 7 dicembre 1995 al 9 marzo 2004.

4.      Per quanto riguarda i Paesi Bassi, le seguenti imprese hanno violato l’articolo 81 [CE], accordandosi regolarmente e collettivamente, nei periodi indicati, nell’ambito di accordi e pratiche concordate a livello nazionale concernenti gli ascensori e le scale mobili, al fine di ripartirsi i mercati ed attribuirsi gli appalti pubblici e privati nonché altri contratti per la vendita e l’installazione conformemente alle quote preconcordate, e di non farsi concorrenza per i contratti di manutenzione e di ammodernamento:

–        Kone: [KC] e [Kone Paesi Bassi]: dal 1° giugno 1999 al 5 marzo 2004;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Paesi Bassi]: dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Paesi Bassi]: dal 1° giugno 1999 al 5 marzo 2004;

–        ThyssenKrupp: [TKAG] e [TKL]: dal 15 aprile 1998 al 5 marzo 2004; e

–        [MEE]: dall’11 gennaio 2000 al 5 marzo 2004.

Articolo 2

1. Per le infrazioni in Belgio di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono inflitte le seguenti ammende:

–        Kone: [KC] e [Kone Belgio], in solido: 0 EUR;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Belgio], in solido: 47 713 050 EUR;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Belgio], in solido: 69 300 000 EUR; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKLA], in solido: 68 607 000 EUR.

2. Per le infrazioni in Germania di cui all’articolo 1, paragrafo 2, sono inflitte le seguenti ammende:

–        Kone: [KC] e [Kone Germania], in solido: 62 370 000 EUR;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Germania], in solido: 159 043 500 EUR;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Germania], in solido: 21 458 250 EUR; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE], [TKA] e [TKF], in solido: 374 220 000 EUR.

3. Per le infrazioni in Lussemburgo di cui all’articolo 1, paragrafo 3, sono inflitte le seguenti ammende:

–        Kone: [KC] e [Kone Lussemburgo], in solido: 0 EUR;

–        Otis: [UTC], [OEC], [Otis Belgio], [GTO] e [GT], in solido: 18 176 400 EUR;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Lussemburgo], in solido: 17 820 000 EUR; e

–        ThyssenKrupp: [TKAG], [TKE] e [TKAL], in solido: 13 365 000 EUR.

4. Per le infrazioni nei Paesi Bassi di cui all’articolo 1, paragrafo 4, sono inflitte le seguenti ammende:

–        Kone: [KC] e [Kone Paesi Bassi], in solido: 79 750 000 EUR;

–        Otis: [UTC], [OEC] e [Otis Paesi Bassi], in solido: 0 EUR;

–        Schindler: Schindler Holding (…) e [Schindler Paesi Bassi], in solido: 35 169 750 EUR;

–        ThyssenKrupp: [TKAG] e [TKL], in solido: 23 477 850 EUR; e

–        [MEE]: 1 841 400 EUR.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

33      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 7 maggio 2007 (nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07) e l’8 maggio 2007 (nella causa T‑154/07), le ricorrenti hanno proposto i ricorsi in esame.

34      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di passare alla fase orale nelle presenti cause e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del suo regolamento di procedura, ha posto per iscritto alcuni quesiti alle parti e ha chiesto loro di produrre taluni documenti. Queste vi hanno ottemperato entro il termine impartito.

35      Le difese svolte dalle parti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 e le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale sono state sentite nel corso delle udienze del 3, 7 e 10 settembre 2009. Si è così conclusa la fase orale nelle cause T‑144/07 e T‑148/07.

36      A seguito di richieste formulate dal Tribunale in udienza, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 hanno prodotto taluni documenti.

37      Con lettere del 14 e del 15 settembre 2009 le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 hanno depositato in cancelleria un «corrigendum» concernente il loro motivo fondato sulla constatazione errata di una recidiva.

38      Con ordinanze 20 ottobre 2009 è stata riaperta la fase orale nelle cause T‑144/07 e T‑148/07.

39      I «corrigenda» delle ricorrenti sono stati acquisiti agli atti nelle cause indicate al precedente punto 37. La Commissione ha presentato le sue osservazioni su tali corrigenda e in particolare ne ha eccepito l’irricevibilità. Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni al riguardo e la fase orale di dette cause è così giunta a conclusione.

40      Dopo aver sentito le parti su questo punto in udienza, il Tribunale ha deciso di riunire le presenti cause ai fini della sentenza, in applicazione dell’art. 50 del regolamento di procedura.

41      Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte che le riguarda;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

42      In ciascuna causa, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 Nel merito

1.     Osservazioni preliminari

43      I ricorsi proposti dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 hanno un duplice oggetto, vale a dire, in via principale, domande di annullamento della decisione impugnata e, in subordine, domande di annullamento o di riduzione delle ammende infitte alle ricorrenti.

44      A sostegno dei loro ricorsi le ricorrenti hanno sollevato dieci motivi. I primi due, vertenti rispettivamente sulla mancanza di competenza della Commissione e sull’errata dichiarazione di una responsabilità in solido per l’infrazione, rientrano nell’ambito delle domande di annullamento della decisione impugnata.

45      Gli altri otto motivi addotti dalle ricorrenti riguardano la determinazione dell’importo delle ammende e rientrano quindi nelle domande di annullamento o di riduzione delle ammende. Il primo, sollevato dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, verte sulla violazione del principio del ne bis in idem. Il secondo, sollevato dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, verte sulla violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché dei diritti della difesa nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni. Il terzo, sollevato da tutte le ricorrenti, verte sulla violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità, dell’art. 253 CE e del principio di parità di trattamento nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo al fine di tenere conto dell’obiettivo di dissuasione nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende. Il quarto, sollevato da tutte le ricorrenti, verte sulla violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità e dei diritti della difesa nella maggiorazione del 50% dell’importo di base delle ammende a titolo di recidiva. Il quinto, sollevato da tutte le ricorrenti, verte sulla violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 nonché dei principi di tutela del legittimo affidamento e di parità di trattamento nella valutazione della loro cooperazione. Il sesto, sollevato da tutte le ricorrenti, verte sulla violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di parità di trattamento, di proporzionalità e di buona amministrazione nella determinazione dell’importo della riduzione delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Il settimo, sollevato da tutte le ricorrenti, verte sulla violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infine, l’ottavo motivo, sollevato dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, verte sulla violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende.

2.     Sulle domande di annullamento della decisione impugnata

 Sul motivo concernente la mancanza di competenza della Commissione

46      Il presente motivo sarà analizzato nei suoi due capi. Il primo capo è fondato su una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, in quanto le intese in questione non pregiudicherebbero il commercio fra Stati membri. Il secondo capo, formulato in subordine, è fondato su una violazione del regolamento n. 1/2003, della comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete»), nonché dei principi di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento, in quanto la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle autorità nazionali interessate il compito di reprimere le infrazioni.

 Sul primo capo, vertente su una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, in quanto le intese in questione non pregiudicherebbero il commercio fra Stati membri

47      Al punto 602 della decisione impugnata la Commissione sostiene che «l’applicazione e l’attuazione da parte dei quattro principali produttori di ascensori e scale mobili (che include anche [MEE] nel caso dei Paesi Bassi) del sistema di attribuzione dei progetti in ciascuno Stato membro interessato, tenuto conto delle loro politiche di rinvio, erano atte a sviare le correnti di scambio dall’orientamento che avrebbero altrimenti seguito». Essa si basa al riguardo sugli elementi di seguito indicati.

48      In primo luogo, la Commissione constata che «alcune operazioni transfrontaliere relative alla vendita e all’installazione di ascensori e di scale mobili, nonché alla prestazione di servizi di manutenzione e di ammodernamento, vengono effettuate all’interno dell’Unione» (punto 86 della decisione impugnata; v. anche punto 596 della decisione impugnata).

49      Secondo la Commissione, il suo fascicolo «contiene vari esempi di scambi transfrontalieri che coinvolgono essenzialmente PMI, ma anche almeno una grande impresa, [MEE, la quale] rifornisce anche il mercato belga tramite la sua controllata nei Paesi Bassi» (punto 87 della decisione impugnata). La Commissione constata altresì che «i quattro produttori principali partecipano inoltre occasionalmente a gare d’appalto transfrontaliere all’interno dell’Unione» e cita alcuni esempi a sostegno di tale affermazione (punto 88 della decisione impugnata; v. anche punto 78 della medesima decisione). Secondo la Commissione, «i clienti tendono sempre più ad approvvigionarsi al di fuori dei confini nazionali» (punto 596 della decisione impugnata).

50      Peraltro, secondo la Commissione, esiste «una tendenza secondo cui le grandi imprese (multinazionali) e i gruppi di imprese presenti in più Stati membri, come le catene di alberghi internazionali, preferiscono concludere contratti che coprono diversi Stati membri» (punto 89 della decisione impugnata).

51      In secondo luogo, la Commissione fa riferimento alla politica di rinvio adottata dai quattro principali produttori di ascensori e scale mobili in Europa. Secondo la Commissione, «[i]l numero di operazioni transfrontaliere sarebbe più elevato se [tali] (…) produttori (…) non applicassero una politica deliberata intesa a respingere quasi tutte le richieste transfrontaliere di preventivo e ad orientare i clienti verso la controllata nazionale interessata» (punto 90 della decisione impugnata; v. anche punto 596 della medesima decisione).

52      In terzo luogo, nell’ambito della sua valutazione giuridica, la Commissione sottolinea che «il fatto che un’intesa orizzontale riguardi solo un unico Stato membro non significa che gli accordi illeciti non possano pregiudicare il commercio fra Stati membri» (punto 595 della decisione impugnata). Essa ricorda inoltre che, secondo costante giurisprudenza, «[l]’influenza che un accordo può esercitare sugli scambi tra Stati membri va valutata tenendo conto, in particolare, della posizione e dell’importanza delle parti sul mercato dei prodotti di cui trattasi [sentenza della Corte 28 aprile 1998, causa C‑306/96, Javico, Racc. pag. I‑1983, punto 17]» (punto 600 della decisione impugnata). Essa sostiene inoltre che, «[considerata] l’entità della quota di fatturato realizzata dai quattro principali produttori di ascensori e di scale mobili nel settore della vendita, dell’installazione, della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili, e dal momento che essi hanno definito e applicato, unitamente alla loro politica di rinvio, un sistema di attribuzione dei progetti che si estendeva all’intero ambito territoriale rispettivamente del Belgio, del Lussemburgo, della Germania e dei Paesi Bassi, si deve presumere che ciò abbia limitato le possibilità per le imprese estere di commercializzare i loro prodotti e servizi nei paesi interessati, dato che esse avrebbero dovuto opporsi, in tali paesi, ad un gruppo di produttori che rappresentavano congiuntamente la maggior parte dell’offerta sul mercato» (punto 600 della decisione impugnata).

53      Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono, in sostanza, che le infrazioni non hanno inciso in modo sensibile sul commercio tra Stati membri e pertanto non costituiscono una violazione dell’art. 81 CE.

54      Come risulta già dalla formulazione degli artt. 81 CE e 82 CE, perché le norme dell’Unione in materia di concorrenza si applichino ad un’intesa o ad una pratica abusiva occorre che quest’ultima possa pregiudicare il commercio tra Stati membri (sentenza della Corte 13 luglio 2006, cause riunite da C‑295/04 a C‑298/04, Manfredi e a., Racc. pag. I‑6619, punto 40).

55      L’interpretazione e l’applicazione di tale condizione relativa agli effetti sul commercio fra Stati membri devono assumere come punto di partenza lo scopo di tale condizione, che consiste nel delimitare, in materia di disciplina della concorrenza, il campo di applicazione del diritto dell’Unione rispetto a quello degli Stati membri. Rientrano perciò nell’ambito del diritto dell’Unione qualsiasi intesa e qualsiasi prassi atte ad incidere sulla libertà del commercio fra Stati membri in un senso che possa nuocere alla realizzazione degli scopi di un mercato unico fra gli Stati membri, in particolare isolando i mercati nazionali o modificando la struttura della concorrenza nel mercato comune (sentenze della Corte Manfredi e a., cit. al punto 54 supra, punto 41; 23 novembre 2006, causa C‑238/05, Asnef‑Equifax e Administración del Estado, Racc. pag. I‑11125, punto 33, e 25 gennaio 2007, causa C‑407/04 P, Dalmine/Commissione, Racc. pag. I‑829, punto 89).

56      Perché una decisione, un accordo o una prassi possano pregiudicare il commercio fra Stati membri è necessario che, in base ad un complesso di elementi obiettivi di diritto o di fatto, appaia probabile che essi siano atti ad esercitare un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale sugli scambi tra Stati membri, in modo tale da far temere che possano nuocere al conseguimento di un mercato unico fra Stati membri. Tale influenza inoltre non deve essere insignificante (sentenze Javico, cit. al punto 52 supra, punto 16; 21 gennaio 1999, cause riunite C‑215/96 e C‑216/96, Bagnasco e a., Racc. pag. I‑135, punto 47; Manfredi e a., cit. al punto 54 supra, punto 42; Asnef‑Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 55 supra, punto 34, e Dalmine/Commissione, cit. al punto 55 supra, punto 90).

57      Dunque, il pregiudizio per gli scambi intracomunitari deriva in generale dalla combinazione di diversi fattori che, considerati isolatamente, non sarebbero necessariamente determinanti (sentenze Bagnasco e a., cit. al punto 56 supra, punto 47; Manfredi e a., cit. al punto 54 supra, punto 43, e Asnef‑Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 55 supra, punto 35).

58      Secondo le ricorrenti, le infrazioni di cui all’art. 1 della decisione impugnata non pregiudicano il commercio tra Stati membri, in quanto le attività nel settore degli ascensori e delle scale mobili sono organizzate a livello nazionale o locale, tenuto conto, in particolare, del fatto che l’installazione e la manutenzione degli ascensori e delle scale mobili sono lavori per professionisti esperti che possono essere effettuati solo a livello locale per motivi di efficienza economica, per la necessità di garantire tempi di intervento rapidi e per l’esistenza di regolamentazioni nazionali. Le operazioni interstatali avrebbero peraltro carattere eccezionale. La stessa Commissione riterrebbe che le intese fossero nazionali.

59      Si deve constatare che le ricorrenti non negano che le quattro intese di cui all’art. 1 della decisione impugnata si estendessero all’intero ambito territoriale del Belgio, della Germania, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi (punti 595 e 600 della decisione impugnata).

60      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, un’intesa che si estenda a tutto il territorio di uno Stato membro ha per sua stessa natura l’effetto di consolidare la compartimentazione nazionale, ostacolando così l’integrazione economica voluta dal Trattato (sentenze della Corte 17 ottobre 1972, causa 8/72, Vereeniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 29; 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters e a., Racc. pag. I‑1577, punto 95; Manfredi e a., cit. al punto 54 supra, punto 45, nonché Asnef‑Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 55 supra, punto 37; sentenze del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II‑1739, punto 179, e 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punto 180).

61      Da tale giurisprudenza risulta che esiste, quanto meno, una forte presunzione che una pratica restrittiva della concorrenza applicata all’insieme del territorio di uno Stato membro possa contribuire alla compartimentazione dei mercati e pregiudicare gli scambi intracomunitari. Tale presunzione può cadere solo se l’analisi delle caratteristiche dell’accordo e del contesto economico in cui si inserisce dimostra il contrario (sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 181).

62      Anzitutto, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, la Commissione non si è basata esclusivamente su tale giurisprudenza per concludere, nella decisione impugnata, che le intese sono idonee a pregiudicare il commercio fra Stati membri ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. Infatti, dai precedenti punti 47‑52 risulta che nella detta decisione la Commissione si è basata anche sull’esistenza di talune operazioni transfrontaliere relative alla vendita e all’installazione di ascensori e di scale mobili, nonché sulla prestazione di servizi di manutenzione e ammodernamento alle quali hanno partecipato in particolare i quattro principali produttori oggetto della decisione impugnata (punti 87, 88 e 596 di quest’ultima).

63      Inoltre, è giocoforza constatare che gli argomenti delle ricorrenti relativi alle particolarità del mercato di cui trattasi, che ne dimostrerebbero il carattere nazionale o locale, non sono atti ad inficiare l’efficacia probatoria delle prove documentali citate nella decisione impugnata (punti 88 e 90 della stessa), dalle quali emerge l’esistenza di un commercio fra Stati membri sul mercato oggetto della decisione impugnata. Lo stesso vale per l’argomento relativo al carattere eccezionale delle operazioni interstatali, che mette in discussione unicamente il carattere sensibile del pregiudizio agli scambi fra Stati membri, e non l’esistenza stessa di tali scambi.

64      Infine, come risulta dalla decisione impugnata, la politica di rinvio di Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp «indica di per sé che i clienti hanno un certo interesse a fare ricorso a fornitori al di fuori dei confini nazionali» (punto 596 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha rilevato in particolare la partecipazione di imprese estere a gare d’appalto nazionali (punto 78 della decisione impugnata) o l’esistenza di gare d’appalto transnazionali (punto 89 della decisione impugnata). È lecito ritenere che, come osservato dalla Commissione al punto 90 della decisione impugnata, il numero di operazioni transfrontaliere sarebbe più elevato se i quattro grandi produttori sopra menzionati non applicassero una politica deliberata intesa a respingere quasi tutte le richieste transfrontaliere e ad orientare i clienti verso la controllata nazionale interessata.

65      A tale riguardo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la politica di rinvio sarebbe imposta dalla natura dell’attività in questione. Infatti, esso è contraddetto dall’esistenza stessa di talune operazioni transfrontaliere sul mercato di cui trattasi.

66      Di conseguenza, si deve constatare che la Commissione ha potuto legittimamente concludere, sulla base delle constatazioni di fatto sottolineate ai punti precedenti, e in applicazione di una giurisprudenza costante (v. supra, punto 60), che le intese di cui all’art. 1 della decisione impugnata sono atte a pregiudicare gli scambi fra Stati membri.

67      Per quanto attiene alla questione se tale pregiudizio possa essere considerato sensibile, si deve ricordare che l’influenza che un accordo o una pratica concordata possono esercitare sugli scambi fra Stati membri va valutata tenendo conto, in particolare, della posizione e dell’importanza delle parti sul mercato dei prodotti di cui trattasi (sentenze della Corte 10 luglio 1980, causa 99/79, Lancôme e Cosparfrance Nederland, Racc. pag. 2511, punto 24, e Javico, cit. al punto 52 supra, punto 17; sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T‑77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II‑549, punto 40).

68      Orbene, i produttori oggetto della decisione impugnata «rappresentavano congiuntamente la maggior parte dell’offerta sul mercato» (punto 600 della decisione impugnata), ossia circa l’81% delle vendite di ascensori e scale mobili in Europa (cifra relativa al 2004 espressa in volume) (punto 83 della decisione impugnata). Tali produttori erano quindi di dimensioni e di potenza economica sufficienti affinché le loro pratiche, su cui verte la decisione impugnata, potessero pregiudicare in modo notevole il commercio fra Stati membri (v., in tal senso, sentenza della Corte 1° febbraio 1978, causa 19/77, Miller International Schallplatten/Commissione, Racc. pag. 131, punto 10, e sentenza SCK e FNK/Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 181).

69      Peraltro, e contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, la Commissione non aveva l’obbligo di dimostrare che gli accordi controversi avevano avuto, in pratica, un effetto sensibile sugli scambi fra Stati membri, o che gli scambi interstatali erano aumentati dopo la fine delle infrazioni. Infatti, ciò che importa, ai fini dell’art. 81, n. 1, CE, è solo che gli accordi e le pratiche concordate restrittivi della concorrenza possano pregiudicare il commercio fra Stati membri (sentenza Asnef‑Equifax e Administración del Estado, cit. al punto 55 supra, punto 43, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 2006, cause riunite T‑217/03 e T‑245/03, FNCBV e a./Commissione, Racc. pag. II‑4987, punto 68).

70      Da tutto quanto precede consegue che la Commissione ha potuto legittimamente concludere che le intese di cui all’art. 1 della decisione impugnata hanno pregiudicato in modo sensibile il commercio fra Stati membri ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE.

71      Pertanto, il primo capo del motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo, relativo ad una violazione del regolamento n. 1/2003, della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete e dei principi di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento, in quanto la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle autorità nazionali garanti della concorrenza interessate il compito di reprimere le infrazioni

72      Al punto 543 della decisione impugnata la Commissione giustifica così la propria competenza ad applicare l’art. 81 CE alle intese oggetto della detta decisione:

«(…) Il regolamento n. 1/2003 ha mantenuto il regime comunitario di competenza parallela per l’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, [CE]. In particolare, esso non ha modificato la competenza della Commissione ad effettuare accertamenti su qualsiasi presunta infrazione e ad adottare decisioni in forza dell’articolo 81 [CE], anche per le infrazioni i cui principali effetti si producano in un unico Stato membro. La comunicazione [sulla cooperazione nell’ambito della rete] definisce gli orientamenti per la ripartizione dei compiti tra la Commissione e le autorità per la concorrenza degli Stati membri. Né il regolamento n. 1/2003 né la comunicazione [sulla cooperazione nell’ambito della rete] creano diritti o aspettative in capo ad un’impresa per quanto riguarda il trattamento del suo caso da parte di una determinata autorità per la concorrenza, e nulla osta a che la Commissione intervenga su una presunta violazione dell’articolo 81 [CE] anche nell’ambito di casi limitati al territorio di un solo Stato membro (…)».

73      Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere sostanzialmente che, quand’anche l’art. 81 CE fosse applicabile, la Commissione non era competente ad avviare il procedimento e ad infliggere ammende. L’avvio del procedimento da parte della Commissione configurerebbe una violazione della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete e del principio di tutela del legittimo affidamento. Conformemente agli artt. 5 e 35 del regolamento n. 1/2003 e ai punti 8 e 14 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete, le autorità nazionali garanti della concorrenza interessate sarebbero state nella posizione migliore per reprimere le infrazioni. Le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 affermano inoltre che la comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete ha effetti vincolanti nei confronti delle autorità garanti della concorrenza, il che risulterebbe dai principi della legalità nella gestione amministrativa, della parità di trattamento e del rispetto del legittimo affidamento. Infine, le ricorrenti nelle cause T‑147/07 e T‑149/07 sottolineano che la repressione delle infrazioni da parte delle autorità nazionali garanti della concorrenza sarebbe stata più efficace, tenuto conto delle «carenze linguistiche» dei funzionari della Commissione incaricati del caso.

74      Secondo dette ricorrenti, il fatto che la Commissione abbia lasciato all’autorità austriaca garante della concorrenza il compito di reprimere una violazione parallela dell’art. 81 CE sul mercato degli ascensori e delle scale mobili in Austria dimostra l’arbitrarietà dell’applicazione dei principi di attribuzione della competenza previsti dalla comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete. Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono al riguardo di avere ricevuto un trattamento meno favorevole rispetto a quello di cui avrebbero beneficiato se fossero state adite le autorità competenti ai sensi della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete, in quanto sarebbero state loro concesse decisioni di immunità dalle autorità garanti della concorrenza belga, lussemburghese e olandese.

75      In primo luogo, occorre rammentare che, per quanto riguarda la ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza, il regolamento n. 1/2003 pone fine al regime centralizzato precedentemente in essere e organizza, secondo il principio della sussidiarietà, un’associazione più ampia di autorità nazionali garanti della concorrenza. Pertanto, conformemente all’art. 35 del regolamento n. 1/2003, gli Stati membri sono tenuti a designare l’autorità o le autorità garanti della concorrenza competenti ad applicare gli artt. 81 CE e 82 CE e l’art. 5 del regolamento n. 1/2003 autorizza dette autorità ad attuare il diritto dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 8 marzo 2007, causa T‑339/04, France Télécom/Commissione, Racc. pag. II‑521, punto 79).

76      Tuttavia, la cooperazione instaurata dal regolamento n. 1/2003 tra la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza non consente di ritenere che, nella specie, la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle dette autorità interessate il compito di reprimere le varie infrazioni. Al contrario, dalle disposizioni del regolamento n. 1/2003 risulta che la Commissione svolge un ruolo preponderante nella ricerca e nell’accertamento delle infrazioni alle norme dell’Unione in materia di concorrenza, che non è pregiudicato dalla competenza parallela di cui le autorità nazionali garanti della concorrenza dispongono in forza di detto regolamento. Infatti, conformemente all’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può avviare un procedimento in vista dell’adozione di una decisione anche qualora un’autorità nazionale stia già trattando il caso, previa consultazione di quest’ultima. Inoltre, conformemente a detta disposizione, l’avvio di un procedimento da parte della Commissione priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare le norme dell’Unione in materia di concorrenza in un caso siffatto.

77      Per quanto concerne la comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete, che, a parere delle ricorrenti, sarebbe stata violata nel caso di specie, si deve rilevare che, secondo il suo punto 31, essa non conferisce alle imprese implicate un diritto soggettivo a che il loro caso venga trattato da una determinata autorità. Pertanto, le ricorrenti non sono legittimate a sostenere che, a termini di detta comunicazione, esse avevano un diritto o avevano maturato un legittimo affidamento a che le autorità nazionali garanti della concorrenza perseguissero le infrazioni accertate nella decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza France Télécom/Commissione, cit. al punto 75 supra, punto 83).

78      La Commissione ha quindi giustamente considerato, al punto 543 della decisione impugnata, che «né il regolamento n. 1/2003 né la comunicazione [sulla cooperazione nell’ambito della rete] creano diritti o aspettative in capo a un’impresa quanto al trattamento del suo caso da parte di una determinata autorità garante della concorrenza».

79      Inoltre, anche ammesso che la comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete sia atta a creare diritti o a fondare un legittimo affidamento delle imprese a che un caso venga trattato da una determinata autorità, l’argomento delle ricorrenti, che si fonda sui punti 8 e 14 della detta comunicazione, non può essere accolto.

80      A tale proposito si deve rilevare, innanzi tutto, che il punto 8 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete, che stabilisce le condizioni in cui «[s]i può ritenere che un’autorità sia nella posizione idonea a trattare il caso», è privo di efficacia vincolante. L’utilizzo del verbo «potere» dimostra che si tratta di una semplice possibilità di ripartizione dei compiti, che non può essere ritenuta equivalente all’obbligo della Commissione di non trattare un caso o di non effettuare indagini su un caso qualora le condizioni del punto 8 siano soddisfatte (sentenza France Télécom/Commissione, cit. al punto 75 supra, punto 84).

81      In seguito, per quanto il punto 14 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete sia idoneo a creare diritti e a fondare legittime aspettative, là dove enuncia che la Commissione «è» nella posizione più idonea quando sussistono talune condizioni ivi indicate, esso ne conferma la competenza a trattare il caso in esame. Infatti, conformemente a detto punto, la Commissione deve essere considerata nella posizione più idonea «quando uno o più accordi o pratiche (…) incidono sulla concorrenza in più di tre Stati membri», come avviene nel caso delle infrazioni accertate nella decisione impugnata.

82      Infine, per quanto concerne il punto 15 della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete, che, in mancanza di un’infrazione unica, costituirebbe secondo le ricorrenti l’unico fondamento della competenza della Commissione, e le cui condizioni non sussisterebbero nel caso di specie, è sufficiente rilevare, al pari della Commissione, che tale disposizione non è pertinente ai fini della presente causa, dal momento che riguarda un’ipotesi in cui la Commissione sia in una posizione particolarmente idonea a trattare un caso.

83      Poiché nella fattispecie la comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete non è stata violata, non occorre pronunciarsi sull’asserita violazione dei principi di legalità nella gestione amministrativa e di parità di trattamento, dai quali deriverebbe l’efficacia vincolante di detta comunicazione.

84      In secondo luogo, neanche l’adozione da parte dell’autorità austriaca garante della concorrenza di una decisione relativa ad un’infrazione nazionale parallela è idonea a dimostrare che la Commissione avrebbe dovuto lasciare la repressione delle infrazioni in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi alle autorità nazionali interessate garanti della concorrenza. Infatti, come risulta dall’analisi effettuata supra ai punti 75‑78, nessuna disposizione del diritto dell’Unione impone siffatto obbligo alla Commissione. Peraltro, dalle spiegazioni della Commissione emerge che l’approccio adottato, in ogni caso, non è stato arbitrario. Infatti, è pacifico che le inchieste relative alle quattro intese oggetto della decisione impugnata sono state avviate 32 mesi prima dell’apertura di un’inchiesta sull’intesa in Austria e che, al momento del deposito della prima domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 concernente l’inchiesta in Austria, le inchieste sulle intese oggetto della decisione impugnata si erano già concluse ed era già stato redatto un progetto di decisione. La limitazione dell’inchiesta della Commissione alle quattro intese sulle quali verte la decisione impugnata è quindi stata motivata dal rischio di un ritardo nella trattazione di tali casi.

85      In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 non possono far riferimento a presunte decisioni di immunità che esse avrebbero ottenuto dalle autorità garanti della concorrenza belga, lussemburghese e olandese per sostenere il loro argomento secondo cui la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle dette autorità nazionali il compito di reprimere le infrazioni. Infatti, tali decisioni nazionali erano provvisorie (v. infra, punti 167‑174) e rientravano tutt’al più nell’ambito di un procedimento nazionale. Orbene, conformemente all’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può avviare un procedimento in qualsiasi momento e privare così della loro competenza le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri.

86      In quarto luogo, per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑147/07 e T‑149/07 fondato su asserite «carenze linguistiche» dei funzionari della Commissione incaricati del caso, esso dev’essere respinto, dato che la Commissione è un’istituzione multilingue che dev’essere considerata in grado di comprendere i documenti che le vengono trasmessi in una lingua ufficiale della Comunità (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione Racc. pag. II‑491, punto 640). Le ricorrenti non possono neanche sostenere che la notifica della comunicazione degli addebiti e della decisione impugnata in inglese, mentre le ricorrenti avrebbero utilizzato il tedesco o l’olandese nell’ambito del procedimento amministrativo, abbia pregiudicato l’esercizio dei loro diritti di difesa, dal momento che esse ammettono di avere acconsentito alla notifica dei documenti in inglese, e, in ogni caso, le loro affermazioni non sono sostenute da prove.

87      Dalle suesposte considerazioni risulta che non può essere accolto nemmeno il secondo capo del presente motivo.

88      Pertanto, il motivo fondato sulla mancanza di competenza della Commissione dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo concernente una violazione dei principi che disciplinano l’imputazione della responsabilità per le violazioni dell’art. 81 CE, della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e della parità di trattamento, nonché una violazione dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nell’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro controllate

 Osservazioni preliminari

89      Con tale motivo, che riguarda, da un lato, la legittimità della constatazione di un’infrazione all’art. 1 della decisione impugnata da parte delle società controllanti interessate e, dall’altro, la legittimità delle ammende inflitte a dette società controllanti all’art. 2 della medesima decisione, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 contestano la responsabilità in solido di TKE e TKAG per i comportamenti anticoncorrenziali delle loro controllate in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi.

90      Per quel che riguarda la responsabilità in solido di una società controllante per il comportamento della sua controllata, occorre rammentare che la circostanza che la società controllata abbia personalità giuridica distinta non basta ad escludere la possibilità di imputare alla società controllante il suo comportamento (sentenza della Corte 14 luglio 1972, causa 48/69, Imperial Chemical Industries/Commissione, Racc. pag. 619, punto 132).

91      Infatti, il diritto dell’Unione in materia di concorrenza riguarda le attività delle imprese e la nozione di impresa abbraccia qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del soggetto stesso e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenza della Corte 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

92      Il giudice dell’Unione ha inoltre precisato che la nozione di impresa, nell’ambito di tale contesto, dev’essere intesa nel senso che si riferisce ad un’unità economica anche qualora, sotto il profilo giuridico, questa unità economica sia costituita da più persone, fisiche o giuridiche (v. sentenze della Corte 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm Gerätebau, Racc. pag. 2999, punto 11, e Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 55 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del Tribunale 29 giugno 2000, causa T‑234/95, DSG/Commissione, Racc. pag. II‑2603, punto 124). Esso ha infatti sottolineato che, ai fini dell’applicazione delle regole di concorrenza, la formale separazione tra due società, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non è decisiva, mentre è decisiva l’unità o meno del loro comportamento sul mercato. Può quindi risultare necessario accertare se due società aventi personalità giuridiche distinte formino ovvero appartengano ad una sola ed unica impresa o soggetto economico che attui un comportamento unitario sul mercato (sentenza Imperial Chemical Industries/Commissione, cit. al punto 90 supra, punto 140, e sentenza del Tribunale 15 settembre 2005, causa T‑325/01, DaimlerChrysler/Commissione, Racc. pag. II‑3319, punto 85).

93      Qualora tale soggetto economico violi le norme in materia di concorrenza, è tenuto, secondo il principio della responsabilità personale, a rispondere di tale infrazione (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

94      Infatti, il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due soggetti giuridici (v. sentenze della Corte 16 novembre 2000, causa C‑294/98 P, Metsä‑Serla e a./Commissione, Racc. pag. I‑10065, punto 27; 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 117, e Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

95      Infatti, in una simile situazione la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 91. Così, il fatto che una società controllante e la propria controllata costituiscano una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende alla società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 59).

96      Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).

97      In tali circostanze, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare la suddetta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

98      Inoltre, se è pur vero che, ai punti 28 e 29 della sentenza 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925), la Corte ha menzionato altre circostanze diverse dalla detenzione del 100% del capitale della controllata, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla controllante sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza comune delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che tali circostanze siano state rilevate solo con l’obiettivo di mostrare tutti gli elementi su cui il Tribunale aveva fondato il suo ragionamento e non per subordinare l’applicazione della presunzione menzionata supra al punto 96 alla produzione di indizi supplementari relativi all’effettivo esercizio di un’influenza della società controllante (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 62).

99      Occorre esaminare, alla luce dei principi sopra ricordati, l’imputazione a TKE e TKAG delle infrazioni commesse da TKLA, TKA, TKF e TKAL, nonché l’imputazione a TKAG dell’infrazione commessa da TKL.

 Sull’imputazione a TKE e TKAG delle infrazioni constatate all’art. 1 della decisione impugnata

100    Ai punti 634, 635, 636 e 641 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che TKE dovesse essere considerata, in quanto società controllante intermedia al 100%, solidalmente responsabile delle infrazioni commesse dalle sue controllate TKLA, TKAL, TKA e TKF rispettivamente in Belgio, Lussemburgo e Germania. La Commissione ha inoltre ritenuto che TKAG dovesse essere considerata, in quanto ultima società controllante al 100%, solidalmente responsabile delle infrazioni commesse dalle medesime controllate e da TKL nei Paesi Bassi (punti 634, 635, 636, 637 e 641 della decisione impugnata).

101    Al punto 639 della decisione impugnata la Commissione espone quanto segue:

«(…) [C]ome si è rilevato al punto 619 [della decisione impugnata], la Commissione ha ritenuto infondato l’argomento di TKE secondo cui la mancanza di sovrapposizioni nei consigli di amministrazione di TKE e delle sue controllate nel periodo delle infrazioni escluderebbe la sua responsabilità. Peraltro, come si è esposto al punto 626, l’attribuzione della responsabilità ad una società controllante non presuppone una sovrapposizione tra le attività delle due imprese. La Commissione ritiene quindi insufficiente l’argomento di TKE secondo cui “TKE è una semplice società holding intermedia che non gestisce le attività correnti delle società da essa possedute” e che pertanto TKE non aveva potuto esercitare un’influenza su tali controllate. Si può infatti presumere che, in seno ad una medesima unità economica, la controllata si attenga in sostanza alle istruzioni della controllante e non è necessario che quest’ultima gestisca direttamente le attività correnti della controllata per esercitare un’influenza decisiva sulla sua politica commerciale. Il fatto che TKE abbia emanato istruzioni interne al gruppo ordinando alle proprie controllate di concentrarsi sui loro mercati nazionali e che le controllate abbiano seguito tali istruzioni dimostra che TKE si è avvalsa della possibilità di esercitare un’influenza decisiva sulle attività commerciali delle sue controllate (…)».

102    La Commissione rileva altresì, al punto 640 della decisione impugnata, che, «[n]elle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, TKE e le sue controllate interessate non hanno fornito alcun elemento d’informazione che chiarisca i loro rapporti societari, la struttura gerarchica e gli obblighi di relazione al fine di confutare la presunzione secondo cui le controllate non determinano in modo autonomo la loro linea di condotta sul mercato» e conclude che «TKAG e la sua controllata al 100% TKE non hanno confutato la presunzione di responsabilità per le infrazioni commesse in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi».

103    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono, in sostanza, che sono stati violati i principi relativi all’imputabilità alle società controllanti del comportamento illecito delle loro controllate. Inoltre, esse deducono vari argomenti diretti a dimostrare che le controllate del gruppo ThyssenKrupp menzionate supra al punto 99 (in prosieguo: le «controllate ThyssenKrupp») determinano autonomamente la loro politica commerciale, senza alcuna influenza da parte delle loro capogruppo. Esse affermano infine che la Commissione ha violato il principio della personalità delle pene, la presunzione di innocenza, i loro diritti della difesa e il suo obbligo di motivazione.

–       Sulla presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per i comportamenti delle loro controllate

104    Si deve rilevare, in primo luogo, che è pacifico che nel periodo dell’infrazione TKAG deteneva direttamente il 100% del capitale di TKE, la quale deteneva a sua volta direttamente il 100% del capitale di TKA e indirettamente il 100% del capitale di TKAL, TKLA e TKF. Inoltre, TKAG era anche l’ultima società controllante di TKL. Perciò, alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 96, esiste una presunzione secondo cui TKAG e TKE hanno esercitato un’influenza determinante sul comportamento delle loro rispettive controllate. Pertanto, le ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 non possono affermare che la Commissione ha violato i principi di ripartizione dell’onere della prova relativa al rapporto di subordinazione tra le società controllate e la loro controllante.

105    Le ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 sostengono inoltre che l’imputazione ad una società controllante del comportamento delle sue controllate non è possibile se essa non ha partecipato materialmente all’infrazione, conformemente al principio della personalità delle pene, che risulterebbe anche dalla prassi decisionale della Commissione.

106    A tale proposito si deve rilevare che, in forza del principio della personalità delle pene e delle sanzioni, che è applicabile a tutti i procedimenti amministrativi che possono condurre a sanzioni in forza delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, un’impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 63).

107    Tuttavia, tale principio deve conciliarsi con la nozione di impresa. Infatti, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE che permette alla Commissione di indirizzare alla società controllante di un gruppo di società la decisione che impone ammende (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 290). Orbene, si deve constatare che TKAG e TKE sono state personalmente condannate per infrazioni che si ritiene abbiano commesso esse stesse grazie agli stretti vincoli economici e giuridici che le legano alle loro controllate (v., in tal senso, sentenza Metsä‑Serla e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 34).

108    D’altronde, per quanto riguarda la prassi decisionale della Commissione invocata dalle ricorrenti, si deve rilevare che le valutazioni della Commissione sulle circostanze di fatto di casi antecedenti non sono trasponibili al caso in questione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 luglio 2007, causa T‑282/06, Sun Chemical Group e a./Commissione, Racc. pag. II‑2149, punto 88) e che decisioni relative ad altri casi possono avere solo un carattere indicativo se i dati relativi alle circostanze dei casi non sono identici (v., in tal senso, sentenze della Corte 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punti 201 e 205, e 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑4405, punto 60). Ne consegue che il principio della personalità delle pene non è stato violato nel caso di specie.

109    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che l’imputazione ad una società controllante del comportamento della sua controllata può essere presa in considerazione solo se ciò è oggettivamente necessario per assicurare l’efficacia pratica delle norme in materia di concorrenza.

110    Tale affermazione deriva da un’interpretazione erronea della giurisprudenza richiamata supra ai punti 90‑98 e va quindi respinta. Infatti, poiché la Commissione ha potuto legittimamente considerare che TKAG, TKE e le controllate ThyssenKrupp costituiscono, ai fini dell’applicazione dell’art. 81 CE, un’unica impresa e che, pertanto, tale impresa è stata personalmente condannata per infrazioni che si ritiene abbia commesso essa stessa, la Commissione non è obbligata, nell’ambito dell’esame dell’imputabilità di un’infrazione di una controllata alla sua controllante, a verificare se tale imputazione sia necessaria per garantire l’«efficacia pratica» delle norme dell’Unione in materia di concorrenza.

111    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 ritengono che la presunzione di responsabilità indicata supra al punto 96 contravvenga al principio della presunzione di innocenza e sia incompatibile con l’art. 6, n. 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), e con l’art. 48, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, firmata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1) (in prosieguo: la «Carta»).

112    Si deve rilevare che il principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della CEDU, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dall’art. 6, n. 2, UE e dall’art. 48, n. 1, della Carta, sono riconosciuti nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tenuto conto della natura delle infrazioni in parola, nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione di innocenza si applica in particolare ai procedimenti relativi a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di ammende o penalità di mora (v. sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

113    Il principio della presunzione di innocenza implica che ogni persona accusata è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata (sentenza del Tribunale 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑4065, punto 106).

114    Per quanto riguarda la questione se una regola relativa all’imputabilità di un’infrazione come quella enunciata dalla giurisprudenza citata supra al punto 96 sia compatibile con l’art. 6, n. 2, della CEDU, si deve sottolineare che la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte eur. D. U.») ha affermato che tale disposizione non osta alle presunzioni di fatto o di diritto che si riscontrano nelle leggi penali, ma impone di racchiuderle entro limiti ragionevoli tenendo conto dell’importanza degli interessi in gioco e preservando i diritti della difesa (v. Corte eur. D. U., sentenza 7 ottobre 1988, Salabiaku c. Francia, serie A n. 141‑A, § 28; v. anche, in tal senso, Corte eur. D. U., sentenza 23 settembre 2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito, Recueil des arrêts et décisions, 2008, § 40). Pertanto, non si può considerare una violazione della presunzione d’innocenza il fatto che, in procedimenti in materia di concorrenza, da una successione di eventi tipica vengano tratte determinate conclusioni sulla base di principi fondati sull’esperienza, purché le imprese di cui trattasi mantengano la possibilità di confutare tali conclusioni (v., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Kokott relative alla sentenza della Corte 4 giugno 2009, causa C‑8/08, T‑Mobile Netherlands e a., Racc. pag. I‑4529, in particolare pag. I‑4533, paragrafo 93).

115    Orbene, nella specie, la Commissione ha anzitutto accertato nella decisione impugnata, senza ricorrere ad una qualsiasi presunzione di fatto o di diritto, che le controllate ThyssenKrupp hanno commesso violazioni dell’art. 81 CE in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi.

116    Considerato che l’art. 81 CE riguarda i comportamenti delle imprese, la Commissione ha poi esaminato se l’entità economica che ha commesso tali infrazioni comprendesse anche le società controllanti delle controllate ThyssenKrupp. Essa ha accertato che TKAG e TKE hanno esercitato un’influenza determinante sul comportamento delle loro controllate basandosi sulla presunzione di responsabilità risultante in particolare dalla giurisprudenza citata supra al punto 96. Infine, nel rispetto dei diritti della difesa, dette società controllanti, che sono state destinatarie della comunicazione degli addebiti, hanno avuto la possibilità di confutare tale presunzione fornendo elementi di prova che dimostrassero l’autonomia delle loro controllate. La Commissione ha tuttavia concluso, al punto 641 della decisione impugnata, che la presunzione non era stata confutata.

117    Poiché la presunzione indicata al precedente punto 96 è relativa, in quanto riguarda solo l’imputazione alla società controllante di un’infrazione già accertata nei confronti della controllata e rientra inoltre nell’ambito di un procedimento in cui sono stati rispettati i diritti della difesa, la censura relativa alla violazione del principio della presunzione di innocenza dev’essere respinta.

118    In quarto luogo, la ricorrente nella causa T‑149/07 afferma che l’irrogazione di un’ammenda a TKE non è obiettivamente motivata ed è in contrasto con il fatto che la Commissione non ha inflitto ammende ad altre società intermedie.

119    Anche tale argomento va respinto. Infatti, la possibilità di sanzionare l’ultima società controllante per il comportamento illecito di una sua controllata non osta a che una società holding intermedia o la controllata stessa venga sanzionata, se la Commissione ha potuto considerare che dette società costituivano un’unica impresa. Infatti, in tal caso, la Commissione può decidere, se sussistono le condizioni dell’imputabilità, di sanzionare la controllata che ha partecipato all’infrazione, la controllante intermedia che l’ha controllata durante tale periodo e l’ultima società controllante del gruppo (v., in tal senso, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 331).

120    Dalle suesposte considerazioni risulta che devono essere respinte tutte le censure relative all’applicazione nel caso di specie della presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle loro controllate.

–       Sugli elementi addotti dalle ricorrenti al fine di confutare la presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle rispettive controllate

121    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono sostanzialmente che, quand’anche esistesse una presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle loro controllate, tale presunzione sarebbe stata confutata, in quanto sarebbe stato dimostrato alla Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo, in particolare nelle due riunioni del 1° marzo 2005 e del 20 settembre 2006, che le controllate ThyssenKrupp hanno agito e continuano ad agire in modo economicamente e giuridicamente autonomo.

122    In primo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che TKAG è solo una società holding, che deterrebbe partecipazioni nelle società locali implicate nelle intese solo attraverso altre società holding, e che TKE è solamente una società holding intermedia che non partecipa alle attività di gestione nel settore degli ascensori e delle scale mobili. Tali argomenti devono essere respinti, poiché la sola qualità di società holding o di società holding intermedia non è atta, di per sé, a confutare la presunzione relativa alla responsabilità di una società controllante per il comportamento delle sue controllate. A tale proposito, si deve per l’appunto ricordare che, nel contesto di un gruppo di società, come nella specie, una holding è una società volta a raggruppare partecipazioni in diverse società e la cui funzione consiste nell’assicurarne l’unità di direzione (sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑69/04, Schunk e Schunk Kohlenstoff‑Technik/Commissione, Racc. pag. II‑2567, punti 60 e 63).

123    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 affermano che, data la struttura operativa decentrata del segmento «Ascensori» di ThyssenKrupp, le controllate ThyssenKrupp, che disporrebbero di proprie risorse umane e materiali, hanno partecipato alle infrazioni senza subire l’influenza di TKE e TKAG.

124    Tali affermazioni, non essendo sostenute da prove, non sono idonee a confutare la presunzione relativa alla responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle controllate ThyssenKrupp. In ogni caso, si deve constatare che la suddivisione delle controllate di TKAG in segmenti, quale il segmento «Ascensori», posto sotto la responsabilità di TKE, che raggruppa tutte le controllate ThyssenKrupp, compresa TKL, la quale tuttavia non è una controllata di TKE, costituisce piuttosto un indizio dell’esercizio da parte delle società controllanti interessate di un’influenza determinante sulle suddette controllate.

125    In terzo luogo, non può essere accolto nemmeno l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 secondo cui non sarebbe esistita alcuna sovrapposizione tra gli organi direttivi di TKE e TKAG e quelli delle loro controllate interessate. Si deve sottolineare che tali affermazioni non sono sostenute da alcuna prova documentale, prove che avrebbero potuto essere prodotte, trattandosi, in particolare, dell’elenco nominativo dei membri degli organi statutari delle dette imprese all’epoca dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff‑Technik/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 69). Inoltre, i vincoli organizzativi, economici e giuridici esistenti tra TKAG, TKE e le controllate ThyssenKrupp possono provare l’esistenza di un’influenza delle prime sulla strategia di dette controllate e, pertanto, giustificare la loro considerazione come un’unica entità economica (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2007, causa T‑112/05, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. II‑5049, punto 83).

126    In quarto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sottolineano di avere partecipato autonomamente al procedimento amministrativo e di avere presentato risposte individuali alla comunicazione degli addebiti.

127    Nemmeno tale argomento è atto a confutare la presunzione relativa alla responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle loro controllate. Certamente, la Corte ha ritenuto che il fatto che la società controllante si presenti come l’unico interlocutore della Commissione riguardo all’infrazione di cui trattasi può dimostrare l’esercizio effettivo di un’influenza determinante sul comportamento della controllata (sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, cit. al punto 98 supra, punto 29). Tuttavia, la presentazione da parte delle controllate di un gruppo di risposte separate alla comunicazione degli addebiti non può, di per sé, costituire una prova della loro autonomia.

128    In quinto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che il punto 639 della decisione impugnata è inesatto, in quanto la Commissione avrebbe considerato che l’influenza decisiva di TKE sul comportamento delle sue controllate risultava dal fatto che TKE aveva emanato istruzioni interne al gruppo ordinando alle proprie controllate di concentrarsi sui loro mercati nazionali, mentre tali direttive si limiterebbero a recepire la politica commerciale seguita dalle controllate nazionali. Il fatto di concentrarsi sui mercati nazionali conseguirebbe ad una ripartizione dei compiti tra le controllate, dovuta alle circostanze particolari del mercato.

129    Siffatto argomento deriva da un’errata interpretazione dei punti 634‑639 della decisione impugnata. Da tali punti risulta infatti che la Commissione ha ritenuto che TKE dovesse essere considerata responsabile delle infrazioni commesse dalle sue controllate in base alla detenzione da parte della stessa del 100% del loro capitale e alla conseguente presunzione, non confutata, relativa all’influenza decisiva sulla loro politica commerciale. È vero che la Commissione ha anche indicato, al punto 639 della decisione impugnata, che il fatto che TKE abbia impartito istruzioni interne al gruppo ordinando alle sue controllate di concentrarsi sui loro mercati nazionali e che le controllate abbiano seguito tali istruzioni dimostrava che TKE si era avvalsa della possibilità di esercitare un’influenza decisiva sulle attività commerciali delle sue controllate. Tuttavia, tale motivo costituiva una risposta all’argomento, formulato nella risposta di TKE alla comunicazione degli addebiti, secondo cui TKE era solo una semplice società holding intermedia che non gestiva le attività correnti delle società da essa possedute (v. supra punto 122).

130    In ogni caso, e contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, il fatto che TKE abbia impartito istruzioni alle controllate del gruppo appartenenti al segmento «Ascensori» affinché si concentrassero sui loro mercati nazionali dimostra, come sottolineato dalla Commissione, l’influenza determinante di TKE sul comportamento non solo delle sue controllate, ma anche di TKL, la quale, come affermato in udienza della ricorrente nella causa T‑149/07, appartiene anch’essa a detto segmento.

131    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che la Commissione ha affermato giustamente, al punto 641 della decisione impugnata, che le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 non hanno confutato la presunzione relativa alla responsabilità di TKAG e TKE per le infrazioni commesse dalle controllate ThyssenKrupp in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi.

 Sulla violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa

132    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono, in sostanza, che la Commissione ha violato il suo obbligo di motivazione sotto vari profili. Anzitutto, la decisione impugnata sarebbe viziata da un difetto di motivazione per quanto riguarda la constatazione di un’unità economica fra TKAG, TKE e le controllate ThyssenKrupp, e non spiegherebbe perché gli elementi addotti dalle società del gruppo ThyssenKrupp non fossero sufficienti per confutare la presunzione di responsabilità. Inoltre, la Commissione avrebbe ignorato vari elementi presentati dalle ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 in risposta alla comunicazione degli addebiti. Infine, il punto 639 della decisione impugnata conterrebbe errori di ragionamento e farebbe inoltre riferimento a constatazioni effettuate dalla Commissione in relazione al gruppo Otis.

133    In limine occorre rammentare che, secondo costante giurisprudenza, anche se nella motivazione delle decisioni che adotta per provvedere all’applicazione delle norme sulla concorrenza la Commissione non è tenuta a discutere tutti i punti di fatto e di diritto e ad esporre le considerazioni che l’hanno indotta ad adottare la decisione, essa è tuttavia tenuta, ai sensi dell’art. 253 CE, a menzionare quantomeno i fatti e le considerazioni che rivestono importanza essenziale nell’economia della sua decisione, consentendo così al giudice dell’Unione ed alle parti interessate di conoscere le condizioni nelle quali essa ha applicato il Trattato (v. sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

134    In primo luogo, va respinto l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, concernente il difetto di motivazione per quanto riguarda la constatazione di un’unità economica tra le società del gruppo ThyssenKrupp destinatarie della decisione impugnata. Infatti, è giocoforza constatare che dai punti 633‑641 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha esposto sufficientemente i motivi per i quali i comportamenti delle controllate ThyssenKrupp sono imputabili alle loro rispettive controllanti TKE e/o TKAG. In tali punti, infatti, la Commissione ha fatto riferimento alla giurisprudenza citata supra al punto 96 per concludere che TKAG e TKE dovevano essere considerate responsabili del comportamento delle loro controllate che hanno partecipato alle violazioni dell’art. 81 CE. Essa ha inoltre osservato che le ricorrenti non erano riuscite a confutare la presunzione di responsabilità.

135    In secondo luogo, non può essere accolto l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 secondo cui la Commissione avrebbe ignorato taluni argomenti svolti in risposta alla comunicazione degli addebiti.

136    Infatti, per quanto riguarda l’argomento, dedotto da TKE nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, concernente la mancanza di istruzioni sovranazionali e la partecipazione disgiunta di TKE e delle sue controllate al procedimento amministrativo, si deve rilevare che la Commissione ha considerato, al punto 639 della decisione impugnata, che «[i]l fatto che TKE abbia impartito istruzioni interne al gruppo ordinando alle sue controllate di concentrarsi sui mercati nazionali, e che le controllate abbiano seguito tali istruzioni, dimostra che TKE si è avvalsa della possibilità di esercitare un’influenza decisiva sulle attività commerciali delle sue controllate». Inoltre, se è pur vero che la Commissione non ha risposto, nella decisione impugnata, all’argomento relativo alla partecipazione disgiunta di TKE e delle sue controllate al procedimento amministrativo, è giocoforza constatare che tale argomento non può rivestire un’importanza fondamentale nell’economia della decisione impugnata e non richiede, alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 133, una risposta esplicita da parte della Commissione.

137    Inoltre, la Commissione ha replicato anche agli argomenti dedotti da TKAG nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti. In quel contesto TKAG aveva effettivamente affermato che la presentazione di una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 non può giustificare la responsabilità materiale di TKAG, che TKAG non aveva partecipato né direttamente né indirettamente all’infrazione, che il settore degli ascensori e delle scale mobili era organizzato in maniera decentrata e gestito autonomamente dalle controllate nazionali, che TKAG era una semplice società holding che non era intervenuta nelle attività operative delle sue controllate attive nel settore degli ascensori e delle scale mobili, che le società operative non si erano conformate alle direttive in materia di rispetto delle leggi trasmesse da TKE, le quali imponevano loro di porre fine all’infrazione, che il fascicolo della Commissione non conteneva elementi di prova atti a dimostrare l’esercizio di un’influenza effettiva di TKAG sulle società operative e che TKAG era sempre intervenuta nel procedimento amministrativo separatamente dalle altre società. Orbene, come rilevato a giusto titolo dalla Commissione, i punti 74‑87 della risposta di TKAG alla comunicazione degli addebiti contengono essenzialmente osservazioni sul criterio giuridico da applicare nell’ambito dell’imputabilità ad una società controllante del comportamento delle sue controllate, riguardo alle quali la Commissione ha preso posizione ai punti 603‑605 e 639 della decisione impugnata. Per quanto concerne le affermazioni relative ai fatti contenute in dette osservazioni, TKAG non fornisce alcun elemento di prova, limitandosi a rinviare alle direttive concernenti il rispetto del diritto della concorrenza, che peraltro non sono state allegate alla risposta di TKAG alla comunicazione degli addebiti. Infine, per quanto riguarda l’argomento fondato sulla partecipazione disgiunta di TKAG e delle sue controllate al procedimento amministrativo, nemmeno esso richiedeva, alla luce della giurisprudenza citata supra al punto 133, una risposta esplicita da parte della Commissione.

138    Pertanto, la censura relativa al difetto di motivazione dev’essere respinta.

139    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07 e T‑149/07 fanno valere che il punto 639 della decisione impugnata è viziato da un difetto di motivazione e costituisce un «errore di logica», in quanto la Commissione avrebbe considerato che, in seno ad una medesima entità economica, si può presumere che la controllata applichi sostanzialmente le istruzioni della controllante, il che significherebbe dedurre dalla conclusione auspicata dell’analisi (nella specie, l’esistenza di un’unità economica) la condizione stessa di tale conclusione (nella specie, la mancanza di indizi dell’indipendenza commerciale delle controllate di ThyssenKrupp). Inoltre, sarebbe illogico respingere un motivo che consente di confutare la presunzione – nella specie, la mancanza di legami personali tra il consiglio di amministrazione di TKE e quelli delle sue controllate – affermando che la sovrapposizione degli organi direttivi non costituisce un presupposto dell’esistenza della presunzione.

140    Nemmeno tale argomento può essere accolto. Infatti, da un lato, esso non tiene conto del regime della presunzione di responsabilità risultante dalla giurisprudenza citata supra ai punti 96 e 97, in particolare del fatto che detta presunzione può essere confutata dalla società controllante fornendo elementi di prova idonei a dimostrare l’autonomia delle sue controllate. Dall’altro, la Commissione non ha respinto l’argomento delle ricorrenti relativo alla mancanza di sovrapposizioni fra TKE e le sue controllate affermando che la sovrapposizione degli organi direttivi non costituiva un presupposto dell’esistenza della presunzione di responsabilità della controllante. Al contrario, dal rinvio al punto 619 della decisione impugnata e dal punto 640 della medesima decisione risulta che la Commissione ha respinto tale argomento per il fatto che TKE non aveva fornito alcun elemento di prova a suo sostegno. A tale proposito va sottolineato che le affermazioni delle ricorrenti relative alla mancanza di sovrapposizione tra gli organi direttivi di TKE e TKAG e quelli delle loro controllate interessate non sono state confermate da alcuna prova documentale nemmeno nel procedimento dinanzi al Tribunale (v. supra, punto 125).

141    Per quanto riguarda il punto 639 della decisione impugnata, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono inoltre che i loro diritti della difesa sono stati violati, in quanto la motivazione esposta in detto punto rinvierebbe al punto 626 della decisione impugnata, relativo all’esistenza di un’unità economica tra le società del gruppo Otis, e che la Commissione non ha comunicato a ThyssenKrupp i passaggi determinanti dei punti 622‑625 della decisione impugnata.

142    A tale riguardo si deve constatare che le ricorrenti non spiegano in che modo il rinvio al punto 626 della decisione impugnata contenuto nel punto 639 della medesima decisione avrebbe leso i diritti della difesa durante il procedimento amministrativo.

143    Poiché la censura riportata supra al punto 141 dev’essere interpretata nel senso che contesta un difetto di motivazione, si deve constatare che, per quanto riguarda il rinvio al [punto] 626 della decisione impugnata contenuto nel punto 639 della medesima decisione, la Commissione si è limitata ad osservare che, «come esposto al punto 626, l’attribuzione di responsabilità ad una società controllante non presuppone una sovrapposizione tra le attività delle due imprese». Orbene, è giocoforza constatare che le spiegazioni cui fa rinvio il punto 639 non sono contenute nel punto 626 della decisione impugnata, che non è stato mantenuto riservato nei confronti delle società del gruppo ThyssenKrupp, bensì nel punto precedente, in particolare nel seguente passaggio del punto 625, neanch’esso mantenuto riservato nei confronti delle società del gruppo ThyssenKrupp:

«(…) [L]’attribuzione della responsabilità per il comportamento di una controllata sul mercato non richiede necessariamente una sovrapposizione con le attività commerciali della controllante né uno stretto legame con l’attività della controllata. È del tutto normale che, in seno ad un gruppo di imprese, ad entità diverse vengano assegnati compiti ed attività specialistiche differenti».

144    Pertanto, le ricorrenti non possono validamente sostenere che i principi giuridici sui quali si è basata la Commissione al punto 639 della decisione impugnata sono rimasti poco chiari. Di conseguenza, dev’essere parimenti respinta la censura riportata supra al punto 141.

145    In quarto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere che nei controricorsi la Commissione ha presentato una serie di argomenti nuovi, che non potrebbero supplire alla mancanza di motivazione della decisione impugnata. Tali argomenti sarebbero tardivi ed irricevibili, e in ogni caso infondati.

146    Come si è ricordato supra al punto 133, la Commissione è tenuta, ai sensi dell’art. 253 CE, a menzionare quantomeno i fatti e le considerazioni che rivestono importanza essenziale nell’economia della sua decisione, consentendo così al giudice dell’Unione ed alle parti interessate di conoscere le condizioni nelle quali essa ha applicato il Trattato. Inoltre, dalla giurisprudenza emerge che, salvo circostanze eccezionali, una decisione deve essere corredata di una motivazione inclusa nel testo e non può essere espressa per la prima volta, ex post, dinanzi al giudice (v. sentenza European Night Services e a./Commissione, cit. al punto 133 supra, punto 95 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, la motivazione, in linea di principio, deve essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 463 e giurisprudenza ivi citata).

147    Come si è già rilevato supra al punto 134, dai punti 633‑641 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha esposto sufficientemente i motivi per i quali i comportamenti delle controllate ThyssenKrupp sono imputabili alle loro rispettive controllanti TKE e/o TKAG. A tale proposito si deve rilevare che gli argomenti esposti nei controricorsi della Commissione sono intesi unicamente a rispondere agli argomenti contenuti nelle memorie delle ricorrenti, e non a supplire all’asserita mancanza di motivazione nella decisione impugnata.

148    Ne consegue che nemmeno quest’ultima censura può essere accolta.

149    Pertanto, devono essere respinte tutte le censure delle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 relative ad una violazione dell’art. 253 CE e dei diritti della difesa in relazione all’imputazione a TKAG e TKE delle infrazioni commesse dalle controllate ThyssenKrupp.

 Sulle domande di misure istruttorie

150    A sostegno del loro argomento secondo cui le società del gruppo ThyssenKrupp avrebbero illustrato dettagliatamente l’organizzazione decentrata all’interno di tale gruppo dei segmenti di attività interessati dalla decisione impugnata, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 propongono, conformemente all’art. 65, lett. c), del regolamento di procedura, di sentire il responsabile del fascicolo in seno alla Commissione, un funzionario della Commissione che ha diretto gli accertamenti in Germania del 28 e 29 gennaio 2004 e un membro dell’organo di direzione di TKE. Inoltre, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 propongono di sentire un dipendente di TKAG. La ricorrente nella causa T‑149/07 chiede al Tribunale anche di obbligare la Commissione a produrre la sua decisione 30 novembre 2005, C (2005) 4634, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/38.354 – Sacchi industriali), di cui è stata pubblicata una sintesi nella Gazzetta ufficiale del 26 ottobre 2007 (L 282, pag. 41), dalla quale risulterebbe che non vi è motivo di infliggere un’ammenda in solido ad una holding intermedia quando ne sia già stata inflitta una alle controllate che hanno trasgredito e alla holding capogruppo.

151    Per quanto riguarda la valutazione delle domande di mezzi istruttori presentate da una parte di una controversia, va rammentato che il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v. sentenza della Corte 22 novembre 2007, causa C‑260/05 P, Sniace/Commissione, Racc. pag. I‑10005, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

152    Da un lato, per quanto riguarda le domande per l’audizione di testimoni che consentirebbero di dimostrare che le società del gruppo ThyssenKrupp hanno illustrato dettagliatamente l’organizzazione decentrata all’interno di tale gruppo dei segmenti di attività interessati dalla decisione impugnata, si deve rilevare che la Commissione non nega che le società del gruppo ThyssenKrupp hanno fornito spiegazioni orali circa l’asserita organizzazione decentrata del gruppo. Tuttavia, essa ha ritenuto che i loro argomenti non fossero suffragati da elementi di prova documentali e fossero persino contraddetti da alcuni elementi del fascicolo.

153    Dall’altro, per quanto concerne la richiesta di produzione della decisione della Commissione C (2005) 4634, quest’ultima non può essere considerata necessaria per la soluzione della controversia, dato che una prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza (sentenze JCB Service/Commissione, cit. al punto 108 supra, punti 201 e 205, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 108 supra, punto 60; sentenza del Tribunale 8 ottobre 2008, causa T‑73/04, Carbone‑Lorraine/Commissione, Racc. pag. II‑2661, punto 92).

154    Le domande di misure istruttorie vanno quindi respinte, dato che gli elementi contenuti nel fascicolo sono sufficienti per consentire al Tribunale di pronunciarsi sul motivo in esame.

155    Risulta da tutto quanto precede che il presente motivo dev’essere respinto.

3.     Sulle domande di annullamento o di riduzione dell’importo delle ammende inflitte

 Sul motivo concernente una violazione del principio del ne bis in idem

156    Al punto 655 della decisione impugnata la Commissione respinge nei termini seguenti l’argomento di ThyssenKrupp secondo cui qualsiasi ammenda ad essa imposta violerebbe il principio del ne bis in idem alla luce delle asserite decisioni di immunità adottate dalle autorità nazionali garanti della concorrenza in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi:

«L’applicazione [del] principio [del ne bis in idem] presuppone (…) che sia stata adottata una decisione sul punto se un’infrazione sia stata effettivamente commessa, o che la legittimità di tale comportamento sia stata riesaminata. Nella specie, nessuna delle autorità nazionali garanti della concorrenza menzionate da ThyssenKrupp ha esaminato il caso né adottato una decisione definitiva nel merito. Il principio del ne bis in idem non impedisce alla Commissione di esercitare le sue competenze quando sia stata adottata una decisione provvisoria in materia di immunità a livello nazionale. Inoltre, nel caso in esame, tutte le asserite decisioni nazionali menzionate da ThyssenKrupp sono state adottate dopo l’avvio da parte della Commissione di un procedimento a norma dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003. Ai sensi di detta disposizione, in tali circostanze tutte le autorità nazionali garanti della concorrenza sono private della competenza ad applicare l’articolo 81 [CE] (…)».

157    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono che la decisione impugnata contravviene al principio del ne bis in idem. Esse fanno valere al riguardo che la Commissione non poteva infliggere loro ammende per le infrazioni commesse da ThyssenKrupp in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, dal momento che esse sarebbero state giudicate in via definitiva per le dette infrazioni, ai sensi dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 1) (in prosieguo: la «CAAS»), dalle autorità belga, lussemburghese e olandese garanti della concorrenza. Esse fanno riferimento a tal fine alla decisione del Corps des rapporteurs belga [riservato] (1), alla deliberazione sull’immunità dell’autorità lussemburghese garante della concorrenza [riservato] e alla promessa di immunità (clementietoezegging) dell’autorità olandese garante della concorrenza [riservato]. Esse sottolineano inoltre che le decisioni delle autorità nazionali garanti della concorrenza sono precedenti all’avvio del procedimento da parte della Commissione, il 7 ottobre 2005, cosicché non si può ritenere che dette autorità nazionali fossero state private della loro competenza ai sensi dell’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003 nel momento in cui hanno adottato le proprie decisioni.

158    Si deve ricordare che il principio del ne bis in idem, sancito anche dall’art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, di cui il giudice garantisce il rispetto (sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 26, e sentenza del Tribunale 18 giugno 2008, causa T‑410/03, Hoechst/Commissione, Racc. pag. II‑881, punto 598).

159    Nel settore del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, è già stato dichiarato che tale principio vieta che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più impugnabile (sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375, punto 59; sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punti 85 e 86; 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181, punti 130 e 131, e FNCBV e a./Commissione, cit. al punto 69 supra, punto 340).

160    L’applicazione del principio del ne bis in idem presuppone dunque che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti la violazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest’ultima sia stata verificata (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 60). Pertanto, il principio del ne bis in idem vieta soltanto una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti la violazione, la quale avrebbe come conseguenza l’inflizione di una seconda sanzione, che si cumulerebbe con la prima nel caso in cui venga nuovamente ritenuta sussistere una responsabilità, ovvero l’inflizione di una prima sanzione nell’ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima pronuncia, sia reputata sussistere dalla seconda (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 61).

161    Per quanto concerne la questione se una decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza possa impedire alla Commissione di condannare o perseguire un’altra volta la stessa impresa, si deve rammentare che l’applicazione del principio del ne bis in idem è soggetta ad una triplice condizione di identità dei fatti, di identità del contravventore e di identità dell’interesse giuridico tutelato. Tale principio vieta quindi di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico (sentenza della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 338; sentenze FNCBV e a./Commissione, cit. al punto 69 supra, punto 340, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 600).

162    Poiché l’azione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri, da una parte, e della Commissione, dall’altra, allorché perseguono e condannano imprese per violazione degli artt. 81 CE e 82 CE, sulla base delle competenze loro attribuite, rispettivamente, dagli artt. 5 e 14 del regolamento n. 1/2003, mira a tutelare lo stesso bene giuridico, vale a dire la salvaguardia della libera concorrenza all’interno del mercato comune, che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), CE, un obiettivo fondamentale della Comunità (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 31), si deve ritenere che il principio del ne bis in idem vieti che un’impresa venga condannata o perseguita un’altra volta dalla Commissione per una violazione degli artt. 81 CE o 82 CE per la quale è stata sanzionata o dichiarata non responsabile da una precedente decisione di un’autorità nazionale per la concorrenza adottata in forza dell’art. 5 del regolamento n. 1/2003 e divenuta definitiva.

163    Occorre dunque esaminare, innanzi tutto, se gli atti menzionati al precedente punto 157 costituiscano decisioni di autorità nazionali garanti della concorrenza con cui le ricorrenti sono state sanzionate o dichiarate in via definitiva non responsabili delle infrazioni commesse in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, e accertate nella decisione impugnata.

164    È giocoforza constatare che gli atti delle autorità nazionali garanti della concorrenza interessate fanno riferimento all’immunità di cui potrebbero eventualmente beneficiare le società appartenenti al gruppo ThyssenKrupp per le infrazioni in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, che sono state successivamente accertate e sanzionate nella decisione impugnata. Tuttavia, come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 655 di detta decisione, «nessuna delle autorità nazionali per la concorrenza menzionate da ThyssenKrupp ha (…) adottato una decisione definitiva nel merito». Poiché gli atti delle autorità nazionali per la concorrenza cui fanno riferimento le ricorrenti non statuiscono sui fatti materiali costituenti le infrazioni commesse in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, tali atti, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 160, non possono impedire alla Commissione di constatare e sanzionare dette infrazioni nella decisione impugnata.

165    Secondo le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07, un esame sommario dell’infrazione da parte di un’autorità nazionale garante della concorrenza sarebbe tuttavia sufficiente ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem. A tale riguardo esse fanno riferimento all’art. 54 della CAAS e alla sentenza della Corte 11 febbraio 2003, cause riunite C‑187/01 e C‑385/01, Gözütok e Brügge (Racc. pag. I‑1345, punto 30), che avrebbe inficiato la sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, citata al punto 159 supra (punto 60). Le decisioni di immunità delle autorità nazionali garanti della concorrenza soddisferebbero le condizioni di cui all’art. 54 della CAAS.

166    A tale proposito si deve rilevare che, ai sensi dell’art. 54 della CAAS, «[u]na persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva da una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti da un’altra Parte contraente (…)». Secondo la sentenza Gözütok e Brügge, citata supra al punto 165 (punti 30 e 31), una persona è ritenuta giudicata con sentenza definitiva se l’azione penale si è estinta in esito a una procedura nazionale, anche nel caso in cui nessun giudice intervenga nel corso di una siffatta procedura.

167    Anche ammesso che l’art. 54 della CAAS, essendo espressione di un principio generale dell’Unione, cioè il principio del ne bis in idem, possa essere invocato nel settore del diritto della concorrenza in seno all’Unione, si dovrebbe constatare che una decisione di immunità provvisoria adottata da un’autorità nazionale garante della concorrenza non può comunque essere considerata inclusa nell’ambito di tale disposizione. Infatti, la concessione di un’immunità provvisoria non soddisfa il requisito dell’estinzione definitiva dell’azione penale prescritto dall’art. 54 della CAAS.

168    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserita decisione dell’autorità belga garante della concorrenza, è giocoforza constatare che essa, [riservato], proviene dal Corps des rapporteurs belga. Secondo la comunicazione congiunta del consiglio della concorrenza e del Corps des rapporteurs relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (in prosieguo: la «comunicazione belga sulla cooperazione»), le richieste di immunità presentate dinanzi all’autorità belga garante della concorrenza vengono infatti esaminate anzitutto dal Corps des rapporteurs (punti 7 e 8 della comunicazione belga sulla cooperazione). Tuttavia, poiché «(…) il consiglio della concorrenza (…) è il giudice competente ai fini della decisione» (punto 7 della comunicazione belga sulla cooperazione), spetta esclusivamente a tale autorità adottare decisioni di immunità definitive «[a]l termine dell’istruttoria (…) sulla base della relazione istruttoria del relatore (…)» (punto 8 della comunicazione belga sulla cooperazione; v. anche punti 21 e 22 della medesima comunicazione). Pertanto, alla luce del contesto normativo belga, una lettera del Corps des rapporteurs relativa ad una richiesta di immunità è sempre provvisoria.

169    Il carattere provvisorio della lettera del Corps des rapporteurs [riservato] emerge peraltro dal contenuto della stessa, poiché vi si conferma che le domande «(…) soddisfano, prima facie, le condizioni per la concessione di un’immunità (…)».

170    Pertanto, non si può ritenere che la lettera del Corps des rapporteurs [riservato] estingua definitivamente l’azione penale per quanto riguarda la partecipazione di ThyssenKrupp all’infrazione in Belgio. Dal momento che ThyssenKrupp non è stata «giudicata con sentenza definitiva» ai sensi dell’art. 54 della CAAS dall’autorità belga per la concorrenza, nella specie nulla impediva alla Commissione di constatare e sanzionare, rispettivamente all’art. 1, n. 1, e all’art. 2, n. 1, della decisione impugnata, la partecipazione di tale impresa all’infrazione in Belgio.

171    Per quanto concerne, in secondo luogo, la deliberazione sull’immunità del consiglio della concorrenza lussemburghese, [riservato], si deve constatare che essa dà atto a TKAL e TKE della loro richiesta di immunità per l’infrazione in Lussemburgo e conferma che tale domanda produce effetti ai fini del procedimento in Lussemburgo (artt. 1 e 2 della deliberazione sull’immunità). Tuttavia, così come nel caso della lettera del Corps des rapporteurs belga, non è stata adottata alcuna decisione definitiva in merito a tale richiesta di immunità. Infatti, il consiglio della concorrenza lussemburghese ha ritenuto «appropriato sospendere la decisione nel merito della richiesta di immunità in attesa dell’istruttoria della Commissione (…)» (punto 6 e art. 3 della deliberazione sull’immunità).

172    In tali circostanze, ThyssenKrupp non è stata neanche «giudicata con sentenza definitiva» ai sensi dell’art. 54 della CAAS mediante la deliberazione sull’immunità [riservato] del consiglio della concorrenza lussemburghese. Pertanto, tale deliberazione non impediva alla Commissione di constatare e sanzionare, rispettivamente all’art. 1, n. 3, e all’art. 2, n. 3, della decisione impugnata, la partecipazione di tale impresa all’infrazione in Lussemburgo.

173    Per quanto concerne, in terzo luogo, la promessa di immunità dell’autorità olandese per la concorrenza [riservato], si deve rilevare che nemmeno essa ha carattere definitivo. Infatti, l’immunità viene ivi accordata a TKAG e a TKL solo nell’ipotesi in cui detta autorità esamini e reprima essa stessa l’infrazione nei Paesi Bassi, su richiesta della Commissione o d’ufficio (punto 7 della promessa di immunità). Orbene, poiché tale ipotesi non si è verificata, nella specie la promessa di immunità ha sempre mantenuto il suo carattere provvisorio e non ha avuto l’effetto di estinguere definitivamente l’azione penale nei confronti di ThyssenKrupp per la sua partecipazione all’infrazione nei Paesi Bassi.

174    Pertanto, la promessa di immunità non impediva alla Commissione di constatare e sanzionare, rispettivamente all’art. 1, n. 4, e all’art. 2, n. 4, della decisione impugnata, la partecipazione di ThyssenKrupp all’infrazione nei Paesi Bassi.

175    La Commissione ha quindi giustamente considerato, al punto 655 della decisione impugnata, che gli atti delle autorità nazionali garanti della concorrenza citati supra al punto 157 costituivano decisioni di immunità provvisorie che non le impedivano di esercitare le sue competenze.

176    In seguito, alla luce delle precedenti osservazioni risulta ininfluente l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe considerato erroneamente, al punto 655 della decisione impugnata, che le autorità nazionali garanti della concorrenza interessate erano prive di competenza, conformemente all’art. 11, n. 6, del regolamento n. 1/2003, nel momento in cui hanno adottato gli atti menzionati al precedente punto 157. Infatti, anche ammesso che dette autorità fossero ancora competenti ad adottare decisioni di immunità nel momento in cui hanno adottato gli atti menzionati supra al punto 157, è giocoforza constatare che tali atti non sono sufficienti, nella fattispecie, a consentire l’applicazione del principio del ne bis in idem, dato che non statuiscono sui fatti materiali costituenti l’infrazione e, in ogni caso, hanno carattere provvisorio.

177    Lo stesso vale per l’argomento relativo alla prevalenza del principio del ne bis in idem sul diritto derivato dell’Unione, dato che, in ogni caso, nella fattispecie non sussistono i presupposti per l’applicazione di detto principio.

178    Poi, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che riponevano un legittimo affidamento nel fatto che gli atti delle autorità nazionali garanti della concorrenza menzionati supra al punto 157 le avrebbero messe al riparo da un’ulteriore azione della Commissione.

179    Il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli precise assicurazioni, gli abbia suscitato aspettative fondate [sentenza della Corte 15 luglio 2004, cause riunite C‑37/02 e C‑38/02, Di Lenardo e Dilexport, Racc. pag. I‑6911, punto 70; sentenze del Tribunale 17 dicembre 1998, causa T‑203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento, Racc. pag. II‑4239, punto 74, e 15 novembre 2007, causa T‑71/06, Enercon/UAMI (Convertitore di energia eolica), non pubblicata nella Raccolta, punto 36].

180    Per contro, nessuno può invocare una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (sentenze del Tribunale 14 settembre 1995, causa T‑571/93, Lefebvre e a./Commissione, Racc. pag. II‑2379, punto 72, e 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 68). Costituiscono assicurazioni in tal senso, indipendentemente dalla forma con cui vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del Tribunale 21 luglio 1998, cause riunite T‑66/96 e T‑221/97, Mellett/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1305, punti 104 e 107).

181    È giocoforza constatare che le ricorrenti non adducono alcun elemento da cui risulti che la Commissione ha fornito loro precise assicurazioni sul fatto che gli atti delle autorità nazionali per la concorrenza menzionati supra al punto 157 le avrebbero messe al riparo da qualsiasi procedimento e da qualsiasi condanna per le infrazioni in Belgio, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi constatate e sanzionate nella decisione impugnata. Inoltre, a prescindere dalla questione se i comportamenti delle autorità nazionali garanti della concorrenza siano atti a suscitare nei singoli un legittimo affidamento tale da inficiare la legittimità di una decisione della Commissione, le ricorrenti non forniscono alcun elemento atto a dimostrare che esse abbiano ricevuto precise assicurazioni dalle dette autorità nazionali quanto al fatto che gli atti indicati supra al punto 157 avrebbero impedito alla Commissione di constatare e sanzionare dette infrazioni. Infine, come si è già rilevato supra ai punti 168‑175, dal contenuto di tali atti risulta che essi erano provvisori e pertanto non potevano suscitare un legittimo affidamento nel fatto che ThyssenKrupp non sarebbe stata perseguita e sanzionata per le infrazioni accertate nella decisione impugnata.

182    Pertanto, l’argomento fondato sul principio della tutela del legittimo affidamento dev’essere respinto.

183    Per di più, in subordine, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono che, quand’anche il principio del ne bis in idem non fosse applicabile, la mancata presa in considerazione nella decisione impugnata delle decisioni nazionali di immunità adottate nei loro confronti costituirebbe un errore manifesto di valutazione ed una violazione dei principi di buona amministrazione e della certezza del diritto.

184    Anzitutto, come risulta dai precedenti punti 158‑175, gli atti delle autorità nazionali garanti della concorrenza cui fanno riferimento le ricorrenti costituiscono decisioni di immunità provvisorie che non impediscono alla Commissione di esercitare le sue competenze.

185    Inoltre, dalla giurisprudenza invocata dalle ricorrenti a sostegno del loro argomento risulta che, in forza del principio di equità, la Commissione, nel commisurare l’ammenda, deve tener conto delle sanzioni che sono state già irrogate all’impresa per lo stesso fatto, qualora si tratti di sanzioni inflitte per violazione del diritto delle intese di uno Stato membro e, di conseguenza, per fatti avvenuti nel territorio dell’Unione (sentenze della Corte 13 febbraio 1969, causa 14/68, Wilhelm e a., Racc. pag. 1, punto 11, e 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer Mannheim/Commissione, Racc. pag. 1281, punto 3; sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 87; v. anche, in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punto 279).

186    Tuttavia, è evidente che nella fattispecie non sussiste tale situazione, essendo pacifico che gli atti delle autorità per la concorrenza nazionali menzionati al precedente punto 157 non hanno irrogato alcuna sanzione alle ricorrenti.

187    Infine, in ogni caso, la giurisprudenza citata supra al punto 185 verteva su decisioni adottate dalle autorità nazionali per la concorrenza prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 1/2003 e riguardava il rischio che un’infrazione fosse passibile di sanzioni parallele a titolo del diritto interno e del diritto dell’Unione in materia di concorrenza. Come giustamente sottolineato dalla Commissione, tale rischio è attualmente escluso grazie alla rete europea per la concorrenza istituita dal regolamento n. 1/2003, alle disposizioni relative alla cooperazione tra la Commissione e le autorità per la concorrenza degli Stati membri contenute in detto regolamento e alla comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete.

188    Nella specie, alla luce di quanto precede, nessun principio del diritto dell’Unione obbligava la Commissione a tenere conto, nel commisurare le ammende nella decisione impugnata, delle decisioni di immunità provvisorie menzionate supra al punto 157.

189    Va quindi respinto anche l’argomento invocato in subordine dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07.

190    Pertanto, il motivo fondato su una violazione del principio del ne bis in idem dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento nonché dei diritti della difesa nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni

 Osservazioni preliminari

191    Nell’ambito di tale motivo le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/08, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 contestano la determinazione dell’importo di partenza delle ammende da parte della Commissione.

192    In limine, occorre rammentare che risulta da una costante giurisprudenza che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza della Corte 3 settembre 2009, cause riunite C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, Racc. pag. I‑7191, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

193    La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza in seno all’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e 3 settembre 2009, causa C‑534/07 P, Prym e Prym Consumer/Commissione, Racc. pag. I‑7415, punto 54).

194    Come esposto supra al punto 25, nella fattispecie la Commissione ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

195    Anche se gli orientamenti del 1998 non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 209 e giurisprudenza ivi citata, e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 70).

196    Adottando siffatte norme di comportamento e annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in poi applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 211 e giurisprudenza ivi citata, e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 71).

197    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punti 211 e 213).

198    Infine, occorre rammentare che gli orientamenti del 1998 prevedono, in primo luogo, la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla cui base può essere fissato «un importo di partenza generale» (punto 1 A, secondo comma). In secondo luogo, la gravità è esaminata in relazione alla natura delle infrazioni commesse e alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un «importo di partenza specifico» (punto 1 A, dal terzo al settimo comma).

 Decisione impugnata

199    In primo luogo, nella sezione della decisione impugnata dedicata alla gravità delle infrazioni (sezione 13.6.1), la Commissione esamina in parallelo le quattro infrazioni constatate all’art. 1, in considerazione del fatto che esse «presentano caratteristiche comuni» (punto 657 della decisione impugnata). Tale sezione è suddivisa in tre sottosezioni, la prima intitolata «Natura delle infrazioni» (sottosezione 13.6.1.1), la seconda «Estensione del mercato geografico rilevante» (sottosezione 13.6.1.2) e la terza «Conclusioni sulla gravità dell’infrazione» (sottosezione 13.6.1.3).

200    Nella sottosezione intitolata «Natura delle infrazioni», la Commissione espone quanto segue ai punti 658 e 659 della decisione impugnata:

«658      Le infrazioni oggetto della presente decisione consistevano principalmente in un accordo collusivo segreto tra concorrenti per ripartirsi i mercati o congelare le quote di mercato attribuendosi i progetti relativi alla vendita e all’installazione di ascensori e/o di scale mobili nuovi, e per non farsi concorrenza nel settore della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili (tranne in Germania, in cui l’attività di manutenzione e di ammodernamento non è stata oggetto di discussioni tra i membri dell’intesa). Tali restrizioni orizzontali rientrano per loro stessa natura tra le violazioni più gravi dell’articolo 81 [CE]. Nel caso in esame le infrazioni hanno artificialmente privato i clienti dei vantaggi che avrebbero potuto sperare di ottenere da un processo di offerta concorrenziale. È inoltre interessante notare che alcuni dei progetti manipolati erano appalti pubblici finanziati con le imposte e realizzati precisamente al fine di ricevere offerte competitive, che presentassero in particolare un buon rapporto qualità/prezzo.

659      Per valutare la gravità di un’infrazione, gli elementi relativi al suo oggetto sono generalmente più significativi di quelli relativi ai suoi effetti, in particolare quando gli accordi vertono, come nel caso in esame, su infrazioni molto gravi, quali la fissazione dei prezzi e la ripartizione del mercato. Di norma, gli effetti di un accordo non costituiscono un criterio decisivo per valutare la gravità dell’infrazione».

201    La Commissione afferma di non aver «tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione, poiché era impossibile determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili (prezzi, condizioni commerciali, qualità, innovazione ecc.) in mancanza delle infrazioni» (punto 660 della decisione impugnata). Nondimeno, essa ritiene che «[sia] (…) evidente che le infrazioni hanno avuto un impatto reale» ed osserva al riguardo che «[i]l fatto che vari accordi anticoncorrenziali siano stati attuati dai membri dell’intesa sembra indicare di per sé un impatto sul mercato, anche se l’effetto reale è difficile da misurare, poiché non è noto se e come altri progetti siano stati oggetto di una manipolazione delle offerte, né come determinati progetti possano essere stati oggetto di una ripartizione tra i membri dell’intesa senza che fossero necessari contatti tra loro» (punto 660 della decisione impugnata). Nel medesimo punto la Commissione aggiunge che «[l]e elevate quote di mercato complessive dei concorrenti indicano probabili effetti anticoncorrenziali e [che] la relativa stabilità di tali quote di mercato per tutta la durata delle infrazioni confermerebbe tali effetti».

202    Ai punti 661‑669 della decisione impugnata la Commissione risponde agli argomenti dedotti dalle ricorrenti durante il procedimento amministrativo e intesi a dimostrare lo scarso impatto delle infrazioni sul mercato.

203    Nella sottosezione intitolata «Estensione del mercato geografico rilevante», la Commissione sostiene, al punto 670 della decisione impugnata, che «[l]e intese oggetto [della] decisione [impugnata] riguardavano l’intero ambito territoriale rispettivamente del Belgio, della Germania, del Lussemburgo o dei Paesi Bassi», e che «[d]alla giurisprudenza risulta chiaramente che un mercato geografico nazionale che si estenda ad un intero Stato membro rappresenta già in sé una parte sostanziale del mercato comune».

204    Nella sottosezione intitolata «Conclusioni sulla gravità dell’infrazione», la Commissione indica, al punto 671 della decisione impugnata, che ciascun destinatario ha commesso una o più infrazioni molto gravi all’art. 81 CE, «[t]enuto conto della natura delle infrazioni e del fatto che ognuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi)». Essa conclude che, «in base a tali elementi, le infrazioni devono essere considerate molto gravi anche se il loro impatto reale non può essere misurato».

205    In secondo luogo, nella sezione della decisione impugnata dal titolo «Trattamento differenziato» (sezione 13.6.2), la Commissione fissa un importo di partenza dell’ammenda per ciascuna delle imprese partecipanti alle varie intese (v. supra, punti 28‑31), che tiene conto, secondo il punto 672 della decisione impugnata, dell’«effettiva capacità economica dei contravventori di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza». La Commissione spiega, al punto 673 della decisione impugnata, che, «[a] tal fine, le imprese [sono state] suddivise in varie categorie in funzione del fatturato conseguito nel settore degli ascensori e/o delle scale mobili, compresi, se del caso, i servizi di manutenzione e di ammodernamento».

 Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza generali delle ammende

206    In primo luogo, per quanto riguarda l’infrazione in Germania, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità e la propria prassi decisionale nella determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda. Infatti, essa avrebbe fissato detto importo basandosi sulle dimensioni del mercato degli ascensori e delle scale mobili, che ammonterebbe ad oltre EUR 500 milioni (punto 664 della decisione impugnata). Orbene, le intese avrebbero riguardato solo le vendite di scale mobili e una piccola parte delle vendite di ascensori in Germania, che corrisponderebbe ai grandi progetti o ai progetti di prestigio. Pertanto, le dimensioni del mercato interessato dagli accordi non supererebbero EUR 170 milioni. Nel settore degli ascensori, il mercato dei grandi progetti costituirebbe un mercato distinto dagli altri, sul quale sarebbero presenti solo Otis, Schindler, Kone e ThyssenKrupp e in cui le condizioni di concorrenza sarebbero così particolari che le intese che lo riguardano non potrebbero aver avuto effetti sensibili sul mercato degli ascensori standard, come risulterebbe da una perizia prodotta dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 (in prosieguo: la «perizia»). Secondo le ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07, non potrebbero comunque essere prese in considerazione speculazioni relative a maggiori effetti, in quanto non sarebbero state esposte nella comunicazione degli addebiti, in violazione dei loro diritti della difesa.

207    Anzitutto, si deve sottolineare che le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 non contestano la legittimità della metodologia esposta nel punto 1 A degli orientamenti del 1998, relativa alla determinazione degli importi di partenza generali delle ammende. Orbene, detta metodologia risponde ad una logica forfettaria secondo cui l’importo di base generale dell’ammenda, determinato secondo la gravità dell’infrazione, viene calcolato in funzione della natura e dell’estensione geografica dell’infrazione, nonché del suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile (sentenze del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 134, e 6 maggio 2009, causa T‑116/04, Wieland‑Werke/Commissione, Racc. pag. II‑1087, punto 62).

208    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07, la Commissione non ha fissato l’importo di partenza generale dell’ammenda per l’infrazione in Germania basandosi sulle dimensioni del mercato asseritamente interessato. Infatti, come risulta dai punti 657‑671 della decisione impugnata, la Commissione ha fondato la sua conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni sulla natura di dette infrazioni e sulla loro estensione geografica.

209    A tale proposito si deve rilevare che le dimensioni del mercato rilevante non costituiscono, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione, e la Commissione non è peraltro obbligata, secondo la giurisprudenza, a procedere ad una delimitazione del mercato rilevante o ad una valutazione delle sue dimensioni, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale (v., in tal senso, sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 193 supra, punti 55 e 64).

210    Pertanto, ai fini della determinazione dell’importo di partenza generale dell’ammenda, la Commissione può, senza peraltro esservi obbligata, tener conto del valore del mercato oggetto dell’infrazione (v., in tal senso, sentenze BASF/Commissione, cit. al punto 207 supra, punto 134, e Wieland‑Werke/Commissione, cit. al punto 207 supra, punto 63). Infatti, gli orientamenti del 1998 non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano nemmeno a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano (sentenza Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 187). L’argomento delle ricorrenti secondo cui l’importo di partenza generale dell’ammenda fissata per l’intesa in Germania dovrebbe rispecchiare le presunte dimensioni ridotte del mercato rilevante è quindi fondato su una premessa errata e dev’essere respinto.

211    Pertanto, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe violato il principio di proporzionalità omettendo di considerare che, per quanto riguarda il mercato degli ascensori, le intese hanno riguardato solo i grandi progetti o i progetti di prestigio e, pertanto, le dimensioni del mercato interessato dalle stesse non superavano EUR 170 milioni. Inoltre, non può essere accolto l’argomento concernente la violazione della prassi decisionale della Commissione, dato che, come si è ricordato supra al punto 153, tale prassi non può fungere da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza.

212    In ogni caso, si deve constatare che anche sulla base delle stime prodotte dalle ricorrenti, secondo cui il valore del mercato rilevante non avrebbe superato EUR 170 milioni, l’importo di partenza dell’ammenda di EUR 70 milioni rappresenterebbe circa il 41% del mercato. Orbene, è già stato dichiarato che importi di partenza corrispondenti ad una percentuale così elevata possono essere giustificati nel caso delle infrazioni molto gravi (v., in tal senso, sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 210 supra, punti 130 e 133‑137).

213    In tale contesto non può essere accolto nemmeno l’argomento relativo all’asserita violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07. Oltre al fatto che, contrariamente a quanto sostenuto da dette ricorrenti, la Commissione non ha determinato la gravità dell’infrazione in base al volume del mercato interessato dall’intesa, né in base all’impatto di quest’ultima, si deve constatare che nella comunicazione degli addebiti, in particolare ai suoi punti 77‑83, nonché 579 e 583, la Commissione ha considerato che l’intesa in Germania riguardava tutti i settori degli ascensori e delle scale mobili. Inoltre, per quanto riguarda la valutazione della gravità di ciascuna infrazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione indicava, al punto 617, lett. b), della comunicazione degli addebiti, che avrebbe tenuto conto del fatto che «gli accordi si estendevano a tutti i settori degli ascensori e delle scale mobili».

214    Inoltre, per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 secondo cui le intese non avrebbero avuto effetti sull’asserito mercato distinto degli ascensori standard, si deve ricordare che, per quanto riguarda la valutazione della gravità dell’infrazione, il punto 1 A, primo e secondo comma, degli orientamenti del 1998 così recita:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

215    Pertanto, conformemente al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998, nel valutare la gravità dell’infrazione la Commissione deve procedere ad un esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente quando risulti che tale impatto è misurabile (v., in tal senso, sentenze Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 193 supra, punto 74; Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 143, e Degussa/Commissione, cit. al punto 112 supra, punto 216).

216    Secondo costante giurisprudenza, per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73‑48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 619 e 620; sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑347/94, Mayr Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 235; Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 150, e Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 83).

217    La Commissione afferma, al punto 660 della decisione impugnata, di non avere «tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione, poiché [era] impossibile determinare con sufficiente certezza i parametri concorrenziali applicabili (prezzi, condizioni commerciali, qualità, innovazione ecc.) in mancanza delle infrazioni». Benché la Commissione sostenga, al punto 660 della decisione impugnata, che è evidente che le intese, dal momento che sono state poste in atto, hanno avuto un impatto reale, il che suggerisce di per sé un impatto sul mercato, e sebbene essa abbia respinto ai punti 661‑669 gli argomenti delle imprese interessate diretti a dimostrare gli effetti limitati delle intese, si deve constatare che nella decisione impugnata non si è tenuto conto dell’eventuale impatto sul mercato al fine di valutare la gravità delle infrazioni.

218    Invero, al punto 671 della decisione impugnata la Commissione fonda la propria conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni esclusivamente sulla natura delle stesse e sulla loro estensione geografica. Infatti, in tale punto la Commissione conclude che, «[t]enuto conto della natura delle infrazioni e del fatto che ognuna di esse riguardava l’intero ambito territoriale di uno Stato membro (Belgio, Germania, Lussemburgo o Paesi Bassi) (…), [si deve ritenere che] ciascun destinatario abbia commesso una o più infrazioni molto gravi all’articolo 81 CE».

219    In particolare, per quanto riguarda l’infrazione in Germania, dal punto 664 della decisione impugnata, in cui peraltro la Commissione replica all’argomento di Kone e Otis relativo all’impatto asseritamente limitato dell’infrazione, risulta che era «impossibile dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione» e che gli accordi in Germania non hanno riguardato esclusivamente le scale mobili e i progetti di ascensori di valore elevato; la Commissione ha osservato che era probabile «che le attività del cartello relative ai progetti di ascensori da oltre un milione di euro, che includono gli ascensori ad alta velocità e di valore elevato, a[vessero] inciso sul funzionamento degli altri segmenti del mercato degli ascensori». In detto punto la Commissione ha inoltre rilevato che il valore totale di un progetto prevaleva sul numero e sul tipo di ascensori, che era impossibile dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione e che i fatti avevano chiaramente dimostrato che l’intento delle parti non era escludere determinati tipi di prodotti, bensì accordarsi sui progetti rispetto ai quali la concorrenza poteva essere eliminata più facilmente.

220    Nella specie è giocoforza constatare che le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 non sostengono che l’impatto dell’infrazione in Germania fosse misurabile, ma soltanto che l’infrazione avrebbe riguardato un mercato di dimensioni asseritamente ridotte e che le intese non avrebbero potuto avere effetti sensibili sull’asserito mercato degli ascensori standard. Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione fosse tenuta, conformemente agli orientamenti del 1998 e alla giurisprudenza citata supra al punto 215, a tenere conto dell’impatto concreto delle infrazioni al fine di valutarne la gravità, cosicché il loro argomento non può essere accolto.

221    Alla luce di quanto sopra, non occorre pronunciarsi sulla ricevibilità della perizia, contestata dalla Commissione, volta a dimostrare che l’intesa in Germania riguardava solo una parte del mercato degli ascensori, né accogliere le domande di misure istruttorie presentate al riguardo dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 e dirette a dimostrare la ricevibilità della perizia.

222    Riguardo a detta perizia, si deve comunque rilevare che, sebbene, secondo le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07, il mercato asseritamente interessato dagli accordi non superi EUR 170 milioni e non abbia potuto avere effetti sensibili sul mercato degli ascensori standard, dalla perizia emerge, da un lato, che gli ascensori ad alta velocità (High‑Tech/Premium) rappresentavano nel 2003 tra EUR 11,5 milioni e 13,04 milioni e, dall’altro, che i grandi progetti includono tanto ascensori ad alta velocità quanto ascensori standard. Pertanto, anche supponendo che si dovessero considerare interessati dall’intesa solo gli asseriti grandi progetti, non è da escludere che essi abbiano avuto un impatto sull’asserito mercato degli ascensori standard, dato che i grandi progetti implicano manifestamente un numero elevato di ascensori standard.

223    Peraltro, va sottolineato che, anche ammesso che la Commissione abbia voluto tenere conto di tale criterio facoltativo rappresentato dall’impatto dell’infrazione sul mercato e che dovesse quindi apportare nella decisione impugnata indizi concreti, credibili e sufficienti che consentissero di valutare quale effettiva influenza abbia potuto avere l’infrazione sul gioco della concorrenza nel mercato (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 193 supra, punto 82), si deve osservare che essa ha comunque adempiuto tale obbligo.

224    Per quanto riguarda l’infrazione in Germania, la Commissione ha rilevato in particolare che Kone, Otis, Schindler e ThyssenKrupp detenevano, in valore, oltre il 60% delle vendite di ascensori e circa il 100% del mercato delle scale mobili (punti 51 e 232 della decisione impugnata). Inoltre, dopo il 2000, le tre partecipanti all’intesa detenevano congiuntamente circa il 75% del mercato delle scale mobili e circa il 50% del mercato degli ascensori (punti 278 e 280 della decisione impugnata). Peraltro, l’obiettivo dell’intesa era congelare le rispettive quote di mercato delle imprese interessate (punti 236 e segg. della decisione impugnata). La Commissione ha inoltre sottolineato la frequenza delle riunioni (punti 217 e 218 della decisione impugnata) e le precauzioni adottate dai partecipanti per dissimulare i loro contatti (punti 219‑221 della decisione impugnata).

225    Pertanto, come si è rilevato supra al punto 217, la Commissione ha concluso, al punto 660 della decisione impugnata, che il fatto che i vari accordi anticoncorrenziali fossero stati attuati suggeriva di per sé un impatto concreto sul mercato, anche se l’effetto reale era difficile da misurare, non potendosi stabilire, in particolare, se e quanti altri progetti fossero stati oggetto di una manipolazione delle offerte, né quanti determinati progetti potessero essere stati oggetto di una ripartizione tra i membri dell’intesa senza che occorressero contatti tra loro. La Commissione ha aggiunto che le elevate quote di mercato complessive dei concorrenti indicavano probabili effetti anticoncorrenziali e che la relativa stabilità di tali quote di mercato per l’intera durata delle infrazioni confermerebbe tali effetti.

226    Dalle precedenti considerazioni risulta che, tenuto conto della particolare gravità dell’infrazione, l’importo di partenza di EUR 70 milioni fissato per l’infrazione in Germania non sarebbe sproporzionato nemmeno qualora fosse dimostrato, come sostenuto dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07, che per quanto riguarda gli ascensori l’intesa aveva riguardato solo i grandi progetti.

227    Per di più, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che l’intesa ha avuto effetti solo in Germania, e solamente su una parte trascurabile del mercato, cosicché l’importo di partenza di EUR 70 milioni fissato per l’infrazione in detto Stato dovrebbe essere ridotto, tenuto conto del mercato geografico rilevante.

228    A tale riguardo occorre rammentare che l’importo di partenza generale dell’ammenda è determinato segnatamente in funzione dell’estensione geografica dell’infrazione.

229    Inoltre, secondo costante giurisprudenza, un mercato geografico di dimensione nazionale rappresenta una parte sostanziale del mercato comune (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 28, e sentenza del Tribunale 27 luglio 2005, cause riunite da T‑49/02 a T‑51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II‑3033, punto 176). Essendo pacifico che l’intesa in Germania si estendeva all’intero ambito territoriale di tale Stato membro, si deve ritenere che essa riguardasse una parte sostanziale del mercato comune.

230    Tenuto conto, da un lato, della natura particolarmente grave dell’intesa e, dall’altro, del fatto che essa riguardava una parte sostanziale del mercato comune, si deve osservare che la determinazione da parte della Commissione di un importo di partenza per l’infrazione in Germania di EUR 70 milioni non contravviene al principio di proporzionalità.

231    In subordine, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che, anche basandosi sul volume totale del mercato degli ascensori, l’importo di partenza di EUR 70 milioni fissato per l’infrazione in Germania è eccessivo, in quanto le imprese che hanno partecipato al procedimento avrebbero rappresentato meno del 50% del volume complessivo del mercato tedesco degli ascensori (punto 280 della decisione impugnata). Tuttavia, tale argomento deve essere respinto, dato che, come si è rilevato supra ai punti 208‑210, la Commissione non era tenuta a stabilire – e nella specie non ha stabilito – l’importo di partenza generale dell’ammenda per l’infrazione in Germania in base alle dimensioni del mercato asseritamente interessato.

232    In ogni caso, le ricorrenti non contestano che nel 2003 le imprese che hanno partecipato all’intesa in Germania rappresentassero il 48% del mercato globale degli ascensori, stimato in EUR 506 milioni (punto 280 della decisione impugnata), e il 75% del mercato delle scale mobili, stimato in EUR 70 milioni (punti 82 e 278 della decisione impugnata). L’importo di partenza di EUR 70 milioni rappresenterebbe quindi il 23,7% del volume d’affari realizzato dalle imprese che hanno partecipato all’intesa tedesca. Orbene, tale percentuale non può essere considerata eccessiva tenuto conto, da un lato, della natura particolarmente grave dell’infrazione e, dall’altro, dell’estensione geografica di questa.

233    In ulteriore subordine, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che, in sede di fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda per l’infrazione in Germania, la Commissione ha derogato al metodo di calcolo dell’importo dell’ammenda applicato nella decisione impugnata. Avendo riconosciuto che la portata delle intese in Germania è più limitata di quanto non sia nei tre paesi del Benelux, la Commissione non potrebbe applicare i medesimi criteri per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta per l’infrazione commessa in detto Stato.

234    A tale proposito si deve osservare che la Commissione, sebbene non abbia tentato di dimostrare gli effetti precisi dell’infrazione (punto 660 della decisione impugnata), ha nondimeno fissato per l’infrazione in Germania un importo di partenza ridotto al fine di tener conto, a favore delle imprese interessate, della possibilità che le intese non riguardassero direttamente la totalità del mercato degli ascensori. Infatti, come rilevato dalla Commissione al punto 664 della decisione impugnata, per determinare l’importo di partenza dell’ammenda essa ha effettivamente tenuto «conto del fatto che le attività dell’intesa [in Germania] pot[evano] non avere interessato direttamente la totalità del mercato degli ascensori». In effetti, risulta che l’importo di partenza per l’intesa in Germania è stato fissato ad un livello inferiore rispetto a quelli applicati per le altre intese oggetto della decisione impugnata, in considerazione delle dimensioni dei mercati rilevanti.

235    Anche ammesso che la Commissione, quando constata più infrazioni molto gravi in un’unica decisione, debba garantire una certa coerenza tra gli importi di partenza generali e le dimensioni dei vari mercati di cui trattasi, nella fattispecie nulla indica che gli importi di partenza generali fissati per le infrazioni in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi siano privi di coerenza o costituiscano una deroga ad un presunto metodo di calcolo applicato nella decisione impugnata.

236    Invero, dall’esame dei dati pertinenti emerge che la Commissione, tenuto conto delle dimensioni dei mercati interessati, ha stabilito in modo coerente gli importi di partenza generali delle ammende. Infatti, essa ha fissato importi di partenza generali tanto maggiori quanto maggiore era la dimensione del mercato, pur senza attenersi ad una formula matematica precisa, cosa a cui non era comunque tenuta (v. supra, punti 207‑210). Così, per il mercato nettamente più importante, quello della Germania, che rappresenta EUR 576 milioni, l’importo di partenza generale è stato fissato in EUR 70 milioni; per i due mercati seguenti in ordine di importanza, quelli dei Paesi Bassi e del Belgio, che rappresentano rispettivamente EUR 363 milioni ed EUR 254 milioni, l’importo di partenza generale è stato fissato, rispettivamente, in EUR 55 milioni ed in EUR 40 milioni; infine, per quanto concerne il mercato lussemburghese, di dimensioni manifestamente più ridotte, con un valore di EUR 32 milioni, la Commissione, benché gli orientamenti del 1998 prevedano per le infrazioni molto gravi la fissazione di un importo a titolo della gravità «oltre i 20 milioni di [EUR]», ha ritenuto opportuno limitare tale importo ad EUR 10 milioni (v., in tal senso, sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 207 supra, punto 136). Pertanto, la censura delle ricorrenti dev’essere respinta.

237    Ne consegue che devono essere respinte tutte le censure relative alla determinazione dell’importo di partenza per l’infrazione in Germania.

238    In secondo luogo, per quanto concerne l’infrazione in Lussemburgo, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 lamentano una sproporzione tra l’importo di partenza generale dell’ammenda e le dimensioni del mercato interessato dall’infrazione.

239    A tale proposito va rilevato che nemmeno la ricorrente nella causa T‑148/07 contesta la legittimità della metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998 per quanto riguarda la determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, che, come ricordato supra al punto 207, risponde ad una logica forfettaria. Inoltre, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 209, le dimensioni del mercato rilevante sono solo un elemento pertinente per valutare la gravità dell’infrazione, che la Commissione non è obbligata a prendere in considerazione per determinare l’importo di partenza dell’ammenda. Orbene, si è già ricordato al precedente punto 208 che nella specie, come risulta dai punti 657‑671 della decisione impugnata, la Commissione ha basato la propria conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni sulla natura di dette infrazioni e sulla loro estensione geografica. Pertanto, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’importo di partenza fissato per l’infrazione in Lussemburgo sarebbe eccessivo rispetto alle dimensioni del mercato interessato dall’infrazione.

240    In ogni caso, si deve sottolineare che la Commissione ha fissato l’importo di partenza generale dell’ammenda per l’infrazione in Lussemburgo in EUR 10 milioni. Infatti, pur avendo stabilito la gravità dell’infrazione in funzione della sua natura e della sua estensione geografica, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare un importo di partenza generale dell’ammenda corrispondente alla metà del limite minimo di EUR 20 milioni normalmente previsto dagli orientamenti per questo tipo di infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, degli orientamenti del 1998).

241    Ne consegue che l’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 dev’essere respinto.

242    In terzo luogo, per quanto riguarda l’infrazione nei Paesi Bassi, le ricorrenti nelle cause T‑150/07 e T‑154/07 sostengono che la Commissione ha ignorato l’impatto limitato dell’infrazione sul mercato, posto che meno del 10‑15% del mercato sarebbe stato interessato dall’intesa, come avrebbero confermato tutte le imprese che hanno partecipato all’infrazione nei Paesi Bassi. Inoltre, quand’anche non fosse tenuta ad accertare le esatte ripercussioni dell’infrazione sul mercato olandese, la Commissione avrebbe dovuto tenere conto del volume molto ridotto del mercato interessato dall’intesa.

243    A tale proposito occorre rilevare che nemmeno la ricorrente nella causa T‑154/07 contesta la legittimità della metodologia esposta al punto 1 A degli orientamenti del 1998 per quanto riguarda la determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda, che, come ricordato supra al punto 207, risponde ad una logica forfettaria. Inoltre, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 209, le dimensioni del mercato rilevante sono solo un elemento pertinente per valutare la gravità dell’infrazione, che la Commissione non è obbligata a prendere in considerazione per determinare l’importo di partenza dell’ammenda. Orbene, si è già ricordato al precedente punto 208 che nella specie, come risulta dai punti 657‑671 della decisione impugnata, la Commissione ha basato la propria conclusione relativa alla valutazione della gravità delle infrazioni sulla natura di dette infrazioni e sulla loro estensione geografica. Pertanto, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti concernente il carattere eccessivo dell’importo di partenza fissato per l’infrazione nei Paesi Bassi rispetto alle dimensioni del mercato interessato dall’infrazione.

244    Del resto, come giustamente rilevato dalla Commissione, da un lato, le dichiarazioni dei partecipanti all’intesa nei Paesi Bassi relative ai progetti asseritamente interessati dall’intesa si fondano esclusivamente sul numero di progetti per i quali detti partecipanti hanno espressamente riconosciuto l’esistenza di un’intesa. A tale proposito, come rilevato dalla Commissione al punto 384 della decisione impugnata, nell’ambito dell’intesa nei Paesi Bassi non era necessario ripartirsi tutti i progetti, poiché le imprese interessate dovevano discutere solo i progetti che non erano stati attribuiti automaticamente ad una di loro sulla base di un rapporto esistente con un cliente attuale. Dall’altro, in ogni caso, anche se Otis e ThyssenKrupp hanno affermato che il numero totale di progetti la cui attribuzione è stata oggetto di discussioni rappresentava solo una piccola parte di tutti i progetti da eseguire (punto 492 della decisione impugnata), tuttavia i calcoli che esse hanno presentato al riguardo presentano differenze sostanziali (punti 494, 495, 496, 497 e 499 della decisione impugnata).

245    Ne consegue che gli argomenti relativi al carattere eccessivo dell’importo di partenza per l’infrazione nei Paesi Bassi devono essere respinti.

246    Pertanto, devono essere respinte tutte le censure concernenti gli importi di partenza generali delle ammende.

 Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza specifici delle ammende

247    Occorre rammentare che, nell’ambito del calcolo delle ammende inflitte ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Infatti, nell’ambito del suo margine discrezionale, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80‑103/80, Musique Diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, cit. al punto 108 supra, punto 44).

248    Infatti, gli orientamenti del 1998 dispongono che, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale per stabilire un importo di partenza specifico tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto comma). In particolare, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori (punto 1 A, quarto comma).

249    Gli orientamenti del 1998 precisano altresì che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico (punto 1 A, settimo comma).

250    Come si è rilevato supra al punto 210, dalla giurisprudenza risulta che gli orientamenti del 1998 non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato conseguito dalle imprese sul mercato rilevante. Pertanto, per valutare l’influenza di un’impresa sul mercato o, secondo i termini degli orientamenti, la sua effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, la Commissione non è obbligata a procedere ad una preventiva delimitazione del mercato nonché ad una valutazione delle sue dimensioni (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 193 supra, punto 63). Tuttavia, gli orientamenti del 1998 non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda perché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano (sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punti 283 e 284; 9 luglio 2003, causa T‑220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 82, e 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 157).

251    Nella specie, dai punti 672‑685 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha applicato, per ogni infrazione constatata all’art. 1 della detta decisione, «un trattamento differenziato alle imprese al fine di tenere conto dell’effettiva capacità economica dei contravventori di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza» (punto 672 della decisione impugnata). Per ciascuna infrazione, essa ha proceduto a una classificazione delle imprese per stabilire gli importi di partenza specifici dell’ammenda, in funzione del loro volume d’affari realizzato su ciascun mercato nazionale dei prodotti di cui trattasi (punti 673‑685 della decisione impugnata). Ad eccezione della fissazione dell’importo di partenza specifico per Schindler in ragione della sua partecipazione all’intesa in Germania, la Commissione, per stabilire gli importi di partenza specifici delle altre imprese, si è basata per ciascuna infrazione sul fatturato del 2003, che, secondo la stessa Commissione, è l’ultimo anno in cui dette imprese hanno partecipato attivamente alle intese di cui trattasi (punti 674, 676, 680 e 684 della decisione impugnata).

252    In primo luogo, per quanto riguarda l’infrazione in Belgio, le ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere, nell’ambito della loro argomentazione relativa all’importo delle ammende, che nel periodo dell’infrazione in Belgio ThyssenKrupp deteneva una quota di mercato largamente inferiore a quelle di Kone e di Schindler, cosicché l’importo dell’ammenda dovrebbe essere ridotto.

253    Conformemente al punto 1 A, settimo comma, degli orientamenti del 1998, la differenziazione tra imprese che hanno partecipato ad una medesima infrazione non deve derivare da un calcolo rigorosamente aritmetico. Infatti, i principi di proporzionalità e di parità di trattamento non prescrivono che l’importo di base dell’ammenda rappresenti per tutti i diversi membri di un’intesa una percentuale identica del volume d’affari individuale (sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 210 supra, punto 149).

254    Pertanto, per verificare se una ripartizione dei membri di un’intesa in categorie sia conforme ai principi della parità di trattamento e di proporzionalità, il Tribunale, nell’ambito del suo controllo di legittimità dell’esercizio del potere discrezionale di cui la Commissione dispone in materia, deve limitarsi a controllare che tale ripartizione sia coerente e obiettivamente giustificata (sentenze del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione, Racc. pag. II‑913, punti 406 e 416; Tokai Carbon e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punti 220 e 222; BASF/Commissione, cit. al punto 210 supra, punto 157, nonché Schunk e Schunk Kohlenstoff‑Technik/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 184).

255    Orbene, nella specie, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07, la Commissione ha tenuto conto della posizione relativamente meno importante di TKLA sul mercato belga classificandola in una categoria separata con un importo di partenza nettamente inferiore a quelli fissati per le altre partecipanti all’intesa in Belgio. Infatti, a differenza di Kone e Schindler, che sono state classificate nella prima categoria, con un importo di partenza di EUR 40 milioni, e di Otis, che è stata classificata nella seconda categoria, con un importo di partenza di EUR 27 milioni, ThyssenKrupp è stata classificata nella terza categoria, con un importo di partenza di EUR 16,5 milioni, che è peraltro inferiore al limite minimo di EUR 20 milioni normalmente previsto dagli orientamenti per questo tipo d’infrazione molto grave (v. punto 1 A, secondo comma, terzo trattino) (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑230/00, Daesang e Sewon Europe/Commissione, Racc. pag. II‑2733, punto 58).

256    Pertanto, devono essere respinti gli argomenti delle ricorrenti nelle cause T‑149/07 e T‑150/07 relativi all’asserita illegittimità dell’importo di partenza specifico dell’ammenda loro inflitta a motivo della partecipazione di TKLA all’intesa in Belgio.

257    In secondo luogo, per quanto concerne l’infrazione in Germania, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 lamentano anzitutto un presunto trattamento discriminatorio, in quanto l’importo di partenza dell’ammenda loro inflitta sarebbe stato calcolato unicamente in base alla natura e all’estensione geografica dei comportamenti illeciti, mentre quello dell’ammenda inflitta a Schindler avrebbe tenuto conto del fatto che i detti comportamenti avrebbero riguardato solo una parte del mercato dei prodotti in questione. L’applicazione dell’approccio scelto dalla Commissione nei confronti di Schindler alla situazione delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 dovrebbe comportare una riduzione dell’importo di partenza della loro ammenda.

258    Anzitutto, è giocoforza constatare che dalla decisione impugnata, in particolare dai suoi punti 676‑679, risulta inequivocabilmente che, ai fini della classificazione delle imprese che hanno partecipato all’intesa in Germania, la Commissione si è basata, tanto per Schindler quanto per le altre partecipanti, sul volume d’affari realizzato dalle imprese interessate sul mercato oggetto dell’intesa.

259    Si deve inoltre rilevare che, per quanto riguarda l’intesa in Germania, la situazione di Schindler è diversa da quella di ThyssenKrupp. È infatti pacifico che per tutta la durata della partecipazione di Schindler all’intesa in Germania, tra l’agosto 1995 e il dicembre 2000, quest’ultima ha riguardato solo le scale mobili (punto 213 e art. 1, n. 2, della decisione impugnata). Schindler ha quindi partecipato all’infrazione constatata all’art. 1, n. 2, della decisione impugnata solo per la parte relativa alle scale mobili. Per contro, ThyssenKrupp ha partecipato ad entrambe le parti dell’infrazione, ossia quella relativa alle scale mobili, tra l’agosto 1995 e il dicembre 2003, e quella relativa agli ascensori, tra il dicembre 2000 e il dicembre 2003 (punti 212 e 213 e art. 1, n. 2, della decisione impugnata). Orbene, l’applicazione di un trattamento differenziato è intesa proprio a prendere in considerazione le differenze tra le imprese sotto il profilo della loro capacità di pregiudicare sensibilmente la concorrenza, che, nel caso di Schindler, era necessariamente inferiore, dal momento che essa non ha partecipato alla parte dell’intesa concernente gli ascensori.

260    In tali circostanze, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 non possono validamente concludere di essere state oggetto di un trattamento discriminatorio risultante dal fatto che, nel caso di Schindler, per fissare l’importo di partenza specifico dell’ammenda è stato preso in considerazione soltanto il volume d’affari realizzato sul mercato delle scale mobili. Al contrario, è in particolare la presa in considerazione delle differenze tra la situazione di Schindler, da una parte, e quella delle altre partecipanti all’intesa, dall’altra, che ha indotto la Commissione, nel rispetto del principio di parità di trattamento, a tenere conto di fatturati diversi per le due categorie di imprese interessate.

261    Le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono poi di essere state classificate erroneamente nella prima categoria, dal momento che, secondo i dati in loro possesso, la Commissione non avrebbe tenuto conto della situazione reale in termini di quote di mercato. A sostegno dei loro argomenti dette ricorrenti fanno riferimento, da un lato, alle quote di mercato di Schindler sul mercato degli ascensori e delle scale mobili nel 2003, che sarebbe l’anno di riferimento. Dall’altro, le ricorrenti affermano di non detenere quote di mercato equivalenti a quelle di Kone e di Otis sul mercato tedesco, per quanto riguarda le scale mobili e i grandi progetti di ascensori. A tale riguardo, la Commissione non avrebbe divulgato i calcoli soggiacenti alla definizione delle categorie in termini di quote di mercato, neppure in seguito ad una richiesta in tal senso delle ricorrenti.

262    Si deve anzitutto ricordare che, ai fini della fissazione degli importi di partenza specifici dell’ammenda, la Commissione ha proceduto ad una classificazione delle imprese in funzione del loro fatturato realizzato su ciascun mercato nazionale dei prodotti di cui trattasi (punto 673 della decisione impugnata) (v. supra, punto 251). In proposito, al punto 678 della decisione impugnata la Commissione ha osservato che, «tenuto conto delle analogie in termini di quote di mercato e di capacità economica tra Kone, Otis e ThyssenKrupp, non occorre applicare loro un trattamento differenziato in sede di calcolo dell’ammenda».

263    Si deve inoltre rilevare che il fatto che l’importo di base dell’ammenda non rappresenti necessariamente per tutti i membri di un’intesa una percentuale identica del loro rispettivo volume d’affari inerisce al metodo consistente nella ripartizione delle imprese in categorie, che comporta una determinazione forfettaria dell’importo di base fissato per le imprese appartenenti ad una stessa categoria. Ora, il Tribunale ha già dichiarato che tale metodo, ancorché porti ad ignorare le differenze di dimensioni tra imprese di una stessa categoria, in linea di principio non può essere censurato (sentenze CMA CGM e a./Commissione, cit. al punto 254 supra, punto 385; Tokai Carbon e a./Commissione, cit. al punto 159 supra, punto 217, e BASF/Commissione, cit. al punto 210 supra, punto 150).

264    Nella specie, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 non contestano le affermazioni contenute nei punti 673 e 678 della decisione impugnata.

265    Orbene, da un lato, poiché l’intesa cui ha partecipato Schindler riguardava solo le scale mobili, la Commissione ha giustamente preso in considerazione esclusivamente il volume d’affari realizzato da tale impresa in questo settore per stabilire l’importo di partenza specifico nei suoi confronti. Pertanto, l’argomento delle ricorrenti fondato sul confronto con le quote di mercato di Schindler sul mercato degli ascensori e delle scale mobili nel 2003 non può essere accolto.

266    Dall’altro, poiché le ricorrenti non contestano che la Commissione abbia classificato le imprese in base al fatturato da esse conseguito su ciascun mercato nazionale dei prodotti di cui trattasi (punto 673 della decisione impugnata) e dato che, al fine di valutare l’influenza di un’impresa sul mercato o, secondo i termini degli orientamenti del 1998, la sua effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, la Commissione non è obbligata a procedere ad una preventiva delimitazione del mercato nonché ad una valutazione delle sue dimensioni (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 193 supra, punto 63), non possono comunque essere accolti gli argomenti delle ricorrenti relativi alle quote di mercato delle imprese interessate per quanto riguarda le scale mobili e, nel settore degli ascensori, i grandi progetti.

267    Ne consegue che l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse sarebbero state classificate erroneamente nella prima categoria dev’essere respinto. Pertanto, non può essere accolta la domanda di misure di organizzazione del procedimento delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 diretta ad obbligare la Commissione a comunicare i suoi calcoli relativi alle quote di mercato nel mercato tedesco.

268    In terzo luogo, per quanto concerne l’infrazione in Lussemburgo, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 rilevano che ThyssenKrupp, considerate le sue dimensioni ridotte e l’esiguità della sua quota di mercato, non sarebbe stata capace di arrecare un danno agli altri operatori e ai consumatori (punto 1 A degli orientamenti del 1998).

269    Anzitutto, la Commissione avrebbe classificato ThyssenKrupp e Kone nella seconda categoria, sebbene Kone detenesse una quota di mercato molto più elevata, pari sino al doppio di quella di ThyssenKrupp (punto 680 della decisione impugnata).

270    A tale proposito va rilevato che, come risulta dal punto 680 della decisione impugnata, nel 2003 i fatturati di Kone e di ThyssenKrupp sul mercato lussemburghese erano relativamente simili ed entrambi inferiori di tre o quattro volte a quelli di Otis e di Schindler sullo stesso mercato. Pertanto, classificando Schindler e Otis nella prima categoria e Kone e ThyssenKrupp nella seconda, la Commissione non ha manifestamente superato i limiti del potere discrezionale ad essa attribuito, dato che siffatta classificazione risulta coerente ed obiettivamente giustificata.

271    Inoltre, il confronto tra le quote di mercato di ThyssenKrupp e quelle di Otis e di Schindler dimostrerebbe che sarebbe stato oggettivamente errato classificare ThyssenKrupp nella seconda categoria. Infatti, Otis e Schindler sarebbero state classificate nella prima categoria e avrebbero detenuto nel 2003 quote di mercato pari a circa un quintuplo di quella di ThyssenKrupp. L’importo di partenza dell’ammenda di ThyssenKrupp corrisponderebbe ad un quarto dell’importo di partenza fissato per Otis e Schindler, sebbene la quota di mercato di ThyssenKrupp rappresentasse solo circa un quinto delle quote di mercato di queste due imprese e solo circa la metà della quota di mercato di Kone. Tale sproporzione sarebbe in contrasto con la prassi decisionale della Commissione secondo cui gli importi di base per le categorie inferiori sarebbero sempre stati ridotti proporzionalmente rispetto all’importo fissato per la prima categoria.

272    Anche questo argomento deve essere respinto. Infatti, la notevole differenza tra le quote di mercato detenute da Otis e Schindler, da una parte, e da Kone e ThyssenKrupp, dall’altra, giustificava una distinzione dei partecipanti in due categorie. Tuttavia, a parte il fatto che la determinazione di un importo di partenza per ciascuna categoria non deve risultare da un calcolo rigorosamente aritmetico che dia conto di qualsiasi differenza osservata in termini di quote di mercato tra le imprese, a seconda che esse rientrino nella prima o nella seconda categoria, si deve osservare che, poiché nella fattispecie il fatturato realizzato da una delle imprese della prima categoria è pari a circa il quadruplo del fatturato di ThyssenKrupp, che rientra nella seconda categoria, la fissazione di un importo di partenza per ThyssenKrupp corrispondente al 25% dell’importo di partenza imposto alle imprese della prima categoria risulta comunque coerente e obiettivamente giustificata.

273    Oltre a ciò, in Lussemburgo la Commissione avrebbe applicato erroneamente il sistema delle categorie, dato che, rispetto alla classificazione di TKLA e TKL nell’ambito delle infrazioni in Belgio e nei Paesi Bassi, la Commissione, per tenere conto dell’esiguità della quota di mercato di ThyssenKrupp in Lussemburgo, avrebbe dovuto classificare quest’ultima in una categoria inferiore a quella di Kone e quindi fissare nei suoi confronti un importo di base inferiore.

274    A tale proposito si è già rilevato supra al punto 270 che, classificando Kone e ThyssenKrupp nella seconda categoria, la Commissione non ha manifestamente superato i limiti del potere discrezionale ad essa attribuito, essendo tale classificazione coerente e obiettivamente giustificata. Inoltre, l’argomento relativo al trattamento differenziato applicato dalla Commissione ad altre società del gruppo ThyssenKrupp nel contesto di altre infrazioni è irrilevante, dato che l’applicazione di un trattamento differenziato mira proprio, per ciascuna infrazione, a tenere in debita considerazione l’importanza relativa delle imprese interessate sui mercati rilevanti. Gli argomenti delle ricorrenti devono pertanto essere respinti.

275    Inoltre, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 lamentano un’asserita violazione del principio di proporzionalità risultante dal rapporto esistente tra il volume d’affari da esse realizzato sul mercato di riferimento e l’importo di partenza dell’ammenda loro inflitta. Infatti, dette ricorrenti rilevano che l’importo di partenza loro attribuito è [riservato] al volume d’affari da esse realizzato sul mercato lussemburghese nel 2003.

276    Orbene, da un lato, come risulta dal precedente punto 218, l’importo di partenza generale delle ammende è stato determinato tenendo conto della natura delle infrazioni e dell’estensione del mercato geografico rilevante. Dall’altro, i fatturati realizzati dalle imprese di cui trattasi sul mercato lussemburghese sono stati presi in considerazione dalla Commissione unicamente all’atto dell’applicazione di un trattamento differenziato alle imprese interessate, al fine di tener conto della loro importanza relativa sul mercato rilevante e della loro effettiva capacità economica di arrecare un pregiudizio significativo alla concorrenza (punto 672 della decisione impugnata), il che, peraltro, è conforme alla giurisprudenza citata supra ai punti 247 e 250. Il confronto fatto dalle ricorrenti tra il fatturato che avrebbero conseguito sul mercato rilevante e l’importo di partenza della loro ammenda non può essere accolto.

277    Pertanto, e poiché in ogni caso il diritto dell’Unione non contempla un principio di applicazione generale secondo cui la sanzione dev’essere proporzionata all’importanza dell’impresa sul mercato dei prodotti oggetto dell’infrazione (sentenza Archer Daniels Midland/Commissione, cit. al punto 193 supra, punto 75), l’argomento fondato sul carattere eccessivo dell’importo di partenza specifico imposto a ThyssenKrupp per l’infrazione in Lussemburgo dev’essere respinto.

278    Dalle precedenti considerazioni consegue che devono essere respinte tutte le censure relative agli importi di partenza specifici delle ammende.

279    Pertanto, il presente motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità, dell’art. 253 CE e del principio della parità di trattamento nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo al fine di tener conto dell’obiettivo di dissuasione nello stabilire l’importo di partenza delle ammende

280    Nella decisione impugnata la Commissione ricorda l’esigenza di fissare le ammende «ad un livello che garantisca loro un effetto dissuasivo sufficiente, tenendo conto delle dimensioni di ciascuna impresa» (punto 686 della decisione impugnata). Infatti, dopo avere constatato che, «[c]on il loro fatturato mondiale rispettivamente di EUR 47 100 000 000 ed EUR 34 300 000 000, ThyssenKrupp e UTC/Otis sono operatori molto più importanti rispetto agli altri destinatari», la Commissione ha ritenuto che «l’importo di partenza [dell’ammenda] [richiedesse] un adeguamento verso l’alto per tener conto delle dimensioni e delle risorse globali» di tali imprese, e che «l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di 2 (aumento del 100%) all’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a ThyssenKrupp e di 1,7 (aumento del 70%) all’importo di partenza dell’ammenda da infliggere a UTC/Otis [fosse] appropriata» (punto 690 della decisione impugnata).

281    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere che la Commissione, applicando un coefficiente moltiplicatore di 2 agli importi di partenza delle ammende inflitte alle società del gruppo ThyssenKrupp nei quattro Stati membri interessati, al fine di garantire un effetto dissuasivo sufficiente a tali ammende, ha violato gli orientamenti del 1998, il principio di proporzionalità e il principio di parità di trattamento. La ricorrente nella causa T‑154/07 eccepisce inoltre un difetto di motivazione riguardo al coefficiente moltiplicatore applicato nella decisione impugnata.

282    In primo luogo, dev’essere respinta la censura mossa dalla ricorrente nella causa T‑154/07, relativa ad una violazione dell’art. 253 CE. Infatti, ai punti 689 e 690 della decisione impugnata la Commissione ha motivato l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di 2 facendo riferimento alla considerevole potenza economica e finanziaria di ThyssenKrupp, il cui fatturato mondiale è di gran lunga superiore, come quello di Otis, ai fatturati di Kone e di Schindler.

283    In secondo luogo, le ricorrenti menzionate al precedente punto 281 contestano la presa in considerazione del fatturato mondiale del gruppo ThyssenKrupp al fine di determinare il coefficiente moltiplicatore. A tale riguardo esse sottolineano l’assenza di unità economica tra le società controllate che hanno commesso le infrazioni e le loro controllanti. La ricorrente nella causa T‑154/07 aggiunge che ThyssenKrupp si presenta come un’organizzazione decentrata, nel cui ambito TKL opera in modo autonomo e indipendente. Le ricorrenti nelle cause T‑147/07 e T‑148/07 fanno anche valere che soltanto il fatturato del segmento «ascensori» del gruppo ThyssenKrupp potrebbe assumere rilevanza ai fini della determinazione di tale coefficiente. Infine, la ricorrente nella causa T‑144/07 ritiene che l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di gruppo a fini deterrenti non sia necessaria per garantire il rispetto delle norme in materia di concorrenza, dato che, in mancanza di tale applicazione, l’ammenda di TKLA sarebbe ammontata al [riservato]% del fatturato realizzato in Belgio da detta società nel periodo di riferimento.

284    Anzitutto, si deve rammentare che la Commissione ha ritenuto a giusto titolo che le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 costituiscano un’unità economica (v. supra, punti 100‑131).

285    Occorre inoltre sottolineare che la necessità di garantire un sufficiente effetto deterrente all’ammenda, sebbene non giustifichi l’aumento del livello generale delle ammende nell’ambito di attuazione di una politica di concorrenza, esige che l’importo dell’ammenda sia modulato al fine di tener conto dell’effetto perseguito sull’impresa cui essa è inflitta, e ciò affinché l’ammenda non sia resa insignificante, o al contrario eccessiva, con particolare riferimento alla capacità finanziaria dell’impresa in parola, in conformità alle esigenze derivanti, da un lato, dalla necessità di garantire l’efficacia dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità (sentenza del Tribunale 8 luglio 2008, causa T‑54/03, Lafarge/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 670).

286    È vero che, in considerazione dello scopo dissuasivo, la Commissione non ha definito negli orientamenti del 1998 metodi o criteri individualizzati la cui esposizione specifica potrebbe avere forza obbligatoria. Il punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti, nell’ambito delle indicazioni concernenti la valutazione della gravità di un’infrazione, menziona soltanto la necessità di determinare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (sentenza Schunk e Schunk Kohlenstoff-Technik/Commissione, cit. al punto 122 supra, punto 193).

287    Tuttavia, da una giurisprudenza costante risulta che la Commissione può considerare il fatturato globale di ciascuna impresa che faccia parte di un’intesa come un criterio pertinente per determinare un coefficiente moltiplicatore a fini deterrenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑289/04 P, Showa Denko/Commissione, Racc. pag. I‑5859, punti 17 e 18). Pertanto, le dimensioni e le risorse globali di un’impresa sono i criteri pertinenti rispetto all’obiettivo perseguito, ossia garantire l’effettività dell’ammenda adeguandone l’importo in considerazione delle risorse globali dell’impresa e della sua capacità di mobilizzare i fondi necessari per il pagamento di detta ammenda. Infatti, la fissazione della percentuale di aumento dell’importo di partenza per assicurare un sufficiente effetto deterrente all’ammenda è diretta a garantire l’efficacia dell’ammenda più che a dar conto della nocività dell’infrazione per il gioco normale della concorrenza e pertanto della gravità della detta infrazione (sentenza Lafarge/Commissione, cit. al punto 285 supra, punto 672).

288    Di conseguenza, la Commissione, basandosi sul fatturato globale del gruppo ThyssenKrupp ai fini dell’applicazione del coefficiente di dissuasione, non ha violato né gli orientamenti del 1998 né il principio di proporzionalità. Pertanto, non può essere accolto nemmeno l’argomento della ricorrente nella causa T‑144/07 diretto a confrontare il fatturato di TKLA in Belgio con l’importo dell’ammenda al fine di dimostrare la superfluità dell’applicazione nei suoi confronti di un coefficiente di dissuasione.

289    In terzo luogo, per quanto concerne il coefficiente moltiplicatore di 2 applicato alle ammende inflitte al gruppo ThyssenKrupp, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07, basandosi sulla prassi decisionale della Commissione, in particolare sulla sua decisione 13 settembre 2006, 2007/534/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] [Caso COMP/F 38.456 – Bitume (Paesi Bassi)] (GU L 196, pag. 40; in prosieguo: la «decisione Bitume per pavimentazione stradale»), sostengono che, trattandosi di fatti puramente nazionali, detto coefficiente avrebbe dovuto essere fissato ad un livello inferiore. A tale riguardo, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 chiedono al Tribunale di ordinare alla Commissione, conformemente all’art. 65, lett. b), del regolamento di procedura, di produrre la decisione Bitume per pavimentazione stradale.

290    Per quanto concerne il carattere eccessivo del coefficiente moltiplicatore applicato nel caso di specie, si deve rilevare che la maggiorazione a fini deterrenti mira a garantire l’effettività dell’ammenda adeguandone l’importo in considerazione delle risorse complessive dell’impresa e della sua capacità di mobilizzare i fondi necessari per il pagamento della detta ammenda (sentenza Lafarge/Commissione, cit. al punto 285 supra, punto 671). Pertanto, l’argomento relativo al carattere puramente nazionale delle infrazioni accertate dalla Commissione non può essere accolto.

291    Non può essere accolto nemmeno l’argomento fondato sulla decisione Bitume per pavimentazione stradale. Infatti, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 153, le precedenti decisioni della Commissione non sono pertinenti, dato che, come ricordato supra al punto 108, la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza. Pertanto, dev’essere respinta anche la domanda di misure istruttorie formulata dalle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07, diretta ad ordinare alla Commissione di produrre la decisione Bitume per pavimentazione stradale.

292    In ogni caso, tenuto conto del fatturato globale di ThyssenKrupp, che ammonta ad EUR 47,1 miliardi (punto 689 della decisione impugnata), l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di 2 agli importi di partenza delle ammende inflitte a ThyssenKrupp risulta appropriata al fine di garantire l’effettività delle ammende in considerazione della capacità finanziaria di tale impresa e, pertanto, per assicurare l’effetto sufficientemente dissuasivo delle ammende che le sono state inflitte.

293    In quarto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07 e T‑154/07 lamentano il carattere asseritamente discriminatorio dell’applicazione di un coefficiente moltiplicativo alle loro rispettive ammende, in quanto la Commissione non avrebbe applicato un analogo coefficiente di dissuasione a Kone e a Schindler, mentre tali imprese farebbero parte di gruppi multinazionali con un volume d’affari superiore all’interno dell’Unione. Inoltre, la posizione delle controllate di Kone e di Schindler sul mercato rilevante dei Paesi Bassi sarebbe molto più importante di quella di ThyssenKrupp.

294    Tale argomento non può essere accolto. Infatti, mediante l’aumento dell’importo di partenza per garantire la finalità di dissuasione dell’ammenda, la Commissione procede semplicemente a differenziare il trattamento dei membri di una medesima intesa allo scopo di tener conto della misura in cui essi sono effettivamente colpiti dall’ammenda (sentenza BASF/Commissione, cit. al punto 210 supra, punto 241).

295    Orbene, senza commettere una violazione del principio della parità di trattamento, nella specie la Commissione ha fatto riferimento al fatturato globale dei partecipanti, e non ai fatturati realizzati all’interno dell’Unione o sul mercato nazionale rilevante, per valutare la necessità di aumentare l’importo delle ammende al fine di garantirne l’effetto dissuasivo. Infatti, considerato il fatturato globale di ThyssenKrupp, è lecito ritenere che tale impresa sarebbe stata colpita dalle ammende inflitte in misura minore rispetto a Kone e Schindler, i cui fatturati ammontano rispettivamente ad EUR 3,2 miliardi ed EUR 5,73 miliardi (punto 689 della decisione impugnata), qualora non fosse stata applicata una maggiorazione a fini deterrenti.

296    Pertanto, nella specie, l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore di 2 alle ammende di ThyssenKrupp risulta giustificato dall’obiettivo di garantire l’effettività delle ammende in considerazione della sua capacità finanziaria.

297    Da tutto quanto precede risulta che questo motivo dev’essere respinto.

 Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità e dei diritti della difesa nell’aumento dell’importo di base delle ammende fino al 50% a titolo della recidiva

298    Nella decisione impugnata la Commissione ritiene che l’importo di base delle ammende inflitte a TKAG, a TKE e alle controllate ThyssenKrupp debba essere aumentato del 50% in ragione della recidiva (punti 707, 710, 714 e 720 della decisione impugnata).

299    In proposito, al punto 697 della decisione impugnata la Commissione ricorda quanto segue:

«(…) [L]a recidiva sussiste allorché un’impresa condannata da una precedente decisione della Commissione viene successivamente dichiarata responsabile per un’infrazione dello stesso tipo, anche nel caso in cui quest’ultima sia stata commessa in un settore di attività diverso o per un altro prodotto. [Il punto 2] degli [orientamenti del 1998] considera la recidiva addebitata alla/alle medesima/e impresa/e come una circostanza aggravante. La nozione di “impresa” abbraccia tutti i soggetti giuridici all’interno del medesimo gruppo che non determinano autonomamente il proprio comportamento sul mercato. Nella causa Michelin [sentenza Michelin/Commissione, cit. al punto 107 supra, punto 290], il Tribunale di primo grado ha confermato che la recidiva poteva essere applicata anche ad una entità posseduta al 100% da una società (madre) che controllava un’altra entità condannata per una precedente infrazione».

300    Per constatare la recidiva nel caso in esame, al punto 698 della decisione impugnata la Commissione fa riferimento alla sua decisione 21 gennaio 1998, 98/247/CECA, relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 65 [CA] (Caso IV/35.814 – Extra di lega) (GU L 100, pag. 55) (in prosieguo: la decisione «Extra di lega»). In detto punto essa espone quanto segue:

«Nel 1998, nella [sua decisione] Extra di lega, sono state inflitte ammende in relazione ad un’intesa avente per oggetto e per effetto di limitare e falsare la concorrenza. Tra le altre, è stata inflitta un’ammenda a ThyssenKrupp Stainless GmbH (TKS), società di diritto tedesco costituita il 1° gennaio 1995 a seguito della fusione delle attività acciaio inossidabile di Krupp e Thyssen. È stata inoltre inflitta un’ammenda ad Acciai Speciali Terni SpA (AST), società di diritto italiano costituita il 1° gennaio 1994, le cui principali attività includono la fabbricazione di prodotti piatti in acciaio inossidabile. Nel dicembre 1994 alcune imprese, tra le quali Krupp e Thyssen, hanno rilevato congiuntamente AST. Nel dicembre 1995 Krupp ha aumentato la sua partecipazione in AST dal 50 al 75%, e poi al 100% nel maggio 1996. In seguito, Krupp ha ceduto tutte le sue azioni in AST a TKS (…)».

301    La Commissione precisa inoltre nella decisione impugnata (punti 700, 704, 709, 713 e 717) che l’intesa constatata nella decisione Extra di lega è durata dal 16 dicembre 1993, data di una riunione in cui le imprese partecipanti hanno deciso di concludere un accordo collusivo, al 21 gennaio 1998, giorno in cui è stata adottata la decisione che constata l’infrazione, cosicché le infrazioni commesse dalle società del gruppo ThyssenKrupp non solo sono state reiterate, ma si sono anche sovrapposte e sono proseguite in parallelo.

302    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 ritengono che, ai punti 699‑707 (cause T‑147/07 e T‑150/07), 708‑710 (cause T‑144/07 e T‑150/07), 711‑714 (cause T‑148/07 e T‑149/07), 717 (causa T‑150/07) e 720 (cause T‑150/07 e T‑154/07) della decisione impugnata, la Commissione abbia aumentato erroneamente l’importo della loro ammenda del 50% a titolo della recidiva. La Commissione non avrebbe potuto considerare che l’infrazione per cui ThyssenKrupp Stainless AG, denominata KruppThyssen Nirosta GmbH prima del settembre 1997 (nota 882 della decisione impugnata) (in prosieguo indicata come «TKS» per i periodi precedenti e successivi a settembre 1997), e Acciai Speciali Terni SpA (in prosieguo: «AST») sono state sanzionate nella decisione Extra di lega costituiva una precedente infrazione analoga a quella delle suddette ricorrenti.

303    In limine, si deve ricordare che all’art. 1 della decisione Extra di lega, cui la Commissione fa riferimento nella decisione impugnata per constatare una recidiva nel caso di specie, detta istituzione ha dichiarato che varie società, tra le quali Krupp Hoesch Stahl AG (in prosieguo: «KHS») (TKS a partire dal 1° gennaio 1995), Thyssen Stahl AG (in prosieguo: «TS») (TKS a partire dal 1° gennaio 1995) e AST, hanno violato l’art. 65, n. 1, CA nel periodo compreso, per tali società, tra il dicembre 1993 e il 21 gennaio 1998, modificando e applicando in maniera concordata i valori di riferimento della formula di calcolo dell’Extra di lega. Secondo la Commissione, tale pratica ha avuto per oggetto e per effetto di limitare e falsare il normale gioco della concorrenza sul mercato comune.

304    Dalla decisione Extra di lega risulta che KHS e TS hanno partecipato direttamente all’infrazione fino al 31 dicembre 1994 e, pertanto, hanno dovuto risponderne separatamente. Tuttavia, l’ammenda che doveva essere loro inflitta dalla Commissione è stata imposta solo a TKS, la quale, con lettera del 23 luglio 1997, aveva comunicato alla Commissione di assumersi la responsabilità degli atti di TS e KHS a partire dal 1993 (punti 14 e 102 della decisione Extra di lega).

305    Rispettivamente l’11 e il 13 marzo 1998 TKS e AST hanno proposto un ricorso dinanzi al Tribunale diretto all’annullamento della decisione Extra di lega nella parte in cui le riguardava e, in subordine, alla riduzione sostanziale dell’importo delle ammende loro inflitte mediante tale decisione. Con la sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. supra al punto 106, il Tribunale ha annullato l’art. 1 della decisione Extra di lega nella parte in cui imputava a TKS la responsabilità dell’infrazione commessa da TS, per violazione dei diritti della difesa di TKS, poiché quest’ultima non era stata messa in condizione di presentare le proprie osservazioni in merito all’effettività e alla rilevanza dei fatti addebitati a TS. Detta sentenza è stata oggetto di due impugnazioni, che sono state respinte dalla Corte con sentenza 14 luglio 2005, cause riunite C‑65/02 P e C‑73/02 P, ThyssenKrupp/Commissione (Racc. pag. I‑6773).

306    In attuazione della sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. supra al punto 106, il 20 dicembre 2006 la Commissione ha adottato la decisione C (2006) 6765 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 65 [CA] (Caso COMP/F/39.234 – Extra di lega – riadozione). In tale decisione la Commissione ha constatato che TS aveva violato l’art. 65, n. 1, CA tra il 16 dicembre 1993 e il 31 dicembre 1994, e ha considerato TKS responsabile del comportamento di TS, sulla base della lettera di TKS del 23 luglio 1997.

307    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti negano di formare un’unità economica ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE con le imprese sanzionate nella decisione Extra di lega. A tal riguardo esse fanno valere che la Commissione ha dedotto erroneamente dalla sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 107, che una partecipazione al 100% di una società controllante nel capitale della propria controllata è sufficiente affinché una precedente infrazione di tale controllata sia imputabile alla sua controllante, senza che si ponga la questione dell’effettiva autonomia della controllata. Pertanto, secondo le ricorrenti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, quest’ultima non avrebbe potuto, se l’avesse voluto, infliggere l’ammenda alla medesima controllante nelle due decisioni, come esigerebbe la sentenza Michelin, cit. supra al punto 107 (punto 290).

308    Si deve rilevare che la nozione di recidiva, come viene intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che un soggetto abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stato punito per infrazioni simili (sentenze del Tribunale 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punto 617; Michelin/Commissione, cit. al punto 107 supra, punto 284; Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 362, e Hoechst/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 450). Inoltre, il punto 2 degli orientamenti del 1998 menziona specificamente la «recidiva della/delle medesima/e impresa/e per un’infrazione del medesimo tipo» nell’elenco esemplificativo delle circostanze aggravanti che possono giustificare un aumento dell’importo di base dell’ammenda.

309    Come si è ricordato supra al punto 92, nell’ambito del diritto della concorrenza la nozione di impresa dev’essere intesa nel senso che si riferisce ad un’unità economica dal punto di vista dell’oggetto dell’accordo, anche se, sotto il profilo giuridico, quest’unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche.

310    Il comportamento anticoncorrenziale di un’impresa può quindi essere imputato ad un’altra qualora la prima non abbia determinato in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, bensì abbia applicato in sostanza le direttive impartitele dalla seconda, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici e giuridici che intercorrevano tra loro (sentenze Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 117; Metsä‑Serla e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 27, e 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 58; sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑314/01, Avebe/Commissione, Racc. pag. II‑3085, punto 135).

311    A tale riguardo si deve precisare che, secondo la giurisprudenza, la Commissione non può limitarsi a constatare che un’impresa «poteva» esercitare una siffatta influenza determinante sull’altra impresa senza che necessiti verificare se tale influenza sia stata effettivamente esercitata. Al contrario, spetta in via di principio alla Commissione dimostrare siffatta influenza determinante sulla base di un insieme di elementi fattuali tra cui, in particolare, l’eventuale potere direttivo di una delle imprese in questione nei confronti dell’altra (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑196/99 P, Aristrain/Commissione, Racc. pag. I‑11005, punti 95‑99, e Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punti 118‑122; sentenze del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑9/99, HFB e a./Commissione, Racc. pag. II‑1487, punto 527, e Avebe/Commissione, cit. al punto 310 supra, punto 136).

312    È vero che, come rilevato dalla Commissione, nella sentenza Michelin/Commissione, cit. supra al punto 107 (punto 290), il Tribunale ha osservato che, quando due società controllate sono possedute direttamente o indirettamente per oltre il 99% dalla medesima controllante, è lecito concludere ragionevolmente che tali controllate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato. In detta sentenza, il Tribunale ha aggiunto che varie società appartenenti ad un medesimo gruppo costituiscono un’entità economica e quindi un’impresa ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE se le società interessate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato.

313    Tuttavia, come si è rilevato supra ai punti 96 e 97, la Corte ha recentemente ricordato che, nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che ha infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, se pure esiste una presunzione secondo cui la detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata, tale presunzione è relativa (v., in tal senso, sentenza 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punti 60 e 61 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, come ricordato dalla Corte nella sentenza Aristrain/Commissione, cit. supra al punto 311 (punto 99), il semplice fatto che il capitale sociale di due società commerciali distinte appartenga a un medesimo soggetto non è sufficiente di per sé a dimostrare l’esistenza, fra tali due società, di un’unità economica per effetto della quale, in virtù della normativa dell’Unione in materia di concorrenza, i comportamenti dell’una possano essere imputati all’altra.

314    Nella specie è giocoforza constatare, da un lato, che nell’ambito del caso Extra di lega la Commissione non ha ritenuto che le società controllanti di KHS, TS, TKS e AST, di cui TKAG sarebbe il successore economico e giuridico, formassero con queste un’unità economica ai fini dell’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, e pertanto non ha affermato che KHS, TS, TKS e AST non determinavano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato. Infatti, dalla decisione Extra di lega risulta che, per quanto riguarda le società del gruppo ThyssenKrupp, la Commissione ha accertato una violazione solo nei confronti di KHS, TS, TKS e AST, escludendo le loro rispettive società controllanti, che, come hanno rilevato le ricorrenti senza essere contraddette dalla Commissione, non sono state sentite nell’ambito del procedimento amministrativo conclusosi con l’adozione di detta decisione.

315    Dall’altro, dalla decisione impugnata non risulta che nel caso in esame la Commissione abbia considerato KHS, TS, TKS e AST come facenti parte delle imprese nei cui confronti sono state accertate violazioni all’art. 1 della medesima decisione.

316    Pertanto, le infrazioni constatate all’art. 1 della decisione impugnata non possono essere considerate una recidiva della o delle medesima/e impresa/e rispetto alle quali sono state accertate infrazioni nel caso Extra di lega.

317    A tale riguardo, anzitutto, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui ThyssenKrupp avrebbe avuto la possibilità, nell’ambito del procedimento amministrativo conclusosi con l’adozione della decisione impugnata e nell’ambito del presente ricorso, di contestare l’esistenza di un’unità economica tra sé e le imprese sanzionate nel caso Extra di lega.

318    Si deve infatti rilevare che, secondo la giurisprudenza della Corte, da un lato, il principio del rispetto dei diritti della difesa esclude che possa essere considerata lecita una decisione con cui la Commissione impone ad un’impresa un’ammenda in materia di concorrenza senza averle preventivamente comunicato gli addebiti presi in considerazione nei suoi confronti e, dall’altro, considerata la sua importanza, la comunicazione degli addebiti deve precisare in maniera inequivocabile la persona giuridica alla quale potranno essere inflitte ammende e dev’essere inviata a quest’ultima (v. sentenze Papierfabrik August Koehler/Commissione, cit. al punto 192 supra, punti 37 e 38, e 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 91 supra, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

319    Pertanto, non si può ammettere che la Commissione possa ritenere, nell’ambito della valutazione della circostanza aggravante della recidiva, che un’impresa debba essere considerata responsabile di una precedente infrazione per la quale non è stata sanzionata da una decisione della Commissione e non è stata destinataria di una comunicazione degli addebiti, cosicché detta impresa non è stata messa in condizione, nell’ambito del procedimento conclusosi con l’adozione della decisione che constata la precedente infrazione, di presentare i propri argomenti al fine di contestare, per quanto la riguarda, l’eventuale esistenza di un’unità economica con altre imprese.

320    Tale conclusione si impone a maggior ragione in quanto, pur essendo vero che il principio di proporzionalità esige che il tempo trascorso tra l’infrazione di cui trattasi e una violazione precedente delle regole di concorrenza venga preso in considerazione per valutare la propensione dell’impresa a sottrarsi a tali regole, la Corte ha già sottolineato che la Commissione non può essere vincolata ad un eventuale termine di prescrizione per la constatazione della recidiva (sentenza della Corte 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331, punto 38, e sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 462; v. anche sentenza Groupe Danone/Commissione, cit. al punto 250 supra, punto 353) e che, pertanto, tale constatazione può essere effettuata molti anni dopo l’accertamento di un’infrazione, in un momento in cui sarebbe comunque impossibile per l’impresa interessata contestare l’esistenza di tale unità economica, in particolare qualora venga applicata la presunzione ricordata al precedente punto 313.

321    Inoltre, non può essere accolto nemmeno l’argomento della Commissione secondo cui l’aumento dell’importo dell’ammenda per la recidiva sarebbe giustificato anche in considerazione delle infrazioni constatate nelle decisioni della Commissione 18 luglio 1990, 90/417/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 [CA] concernente l’accordo e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di prodotti piatti di acciaio inossidabili laminati a freddo (GU L 220, pag. 28), e 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 [CA] concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1). Oltre al fatto che tali decisioni non sono state menzionate né nella comunicazione degli addebiti, né nella decisione impugnata, è giocoforza constatare che, al pari delle imprese sanzionate nel caso Extra di lega, le imprese condannate in dette decisioni non sono le stesse imprese, ai sensi degli artt. 81 CE e 82 CE, che sono state sanzionate nella decisione impugnata.

322    Infine, non può essere accolto neppure l’argomento della Commissione secondo cui, nel caso di una detenzione quasi totale del capitale di una controllata, anche la società controllante è destinataria dell’avvertimento rivolto alla controllata risultante da una precedente decisione della Commissione che l’ha sanzionata per una violazione del diritto della concorrenza. Infatti, sebbene sia ragionevolmente lecito ritenere che una società controllante sia effettivamente a conoscenza di una precedente decisione indirizzata dalla Commissione alla sua controllata, di cui essa detiene la quasi totalità del capitale, tale conoscenza non può supplire alla mancata constatazione, nella decisione precedente, di un’unità economica tra detta società controllante e la sua controllata al fine di imputare alla controllante la responsabilità della precedente infrazione e aumentare per recidiva l’importo delle ammende inflittele.

323    Ne consegue che il presente motivo è fondato ed occorre riformare la decisione impugnata, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti dedotti dalle ricorrenti nell’ambito del presente motivo. Le conseguenze di tale riforma sono esposte infra, ai punti 461 e 462.

 Sul motivo concernente una violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di parità di trattamento nella valutazione della cooperazione

324    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 ricordano di avere presentato domande volte ad ottenere un’immunità o una riduzione dell’importo delle loro ammende a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Tuttavia, la Commissione avrebbe violato le disposizioni di detta comunicazione valutando la qualità e l’utilità della loro cooperazione. Secondo le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07, la Commissione avrebbe inoltre violato il loro legittimo affidamento riguardo alla valutazione della loro cooperazione all’accertamento dell’infrazione in Germania. Infine, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 lamentano una violazione del principio della parità di trattamento nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 riguardo all’infrazione in Belgio.

 Sulla comunicazione sulla cooperazione del 2002

325    Si deve rilevare che nella comunicazione sulla cooperazione del 2002 la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa ai fini dell’accertamento di un’intesa possono evitare l’imposizione dell’ammenda o beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda che altrimenti avrebbero dovuto versare.

326    Anzitutto, la comunicazione sulla cooperazione del 2002, nella sezione A, punto 8, dispone quanto segue:

«La Commissione concederà ad un’impresa l’immunità da qualsiasi ammenda che le sarebbe altrimenti stata inflitta, se:

a)      l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di adottare una decisione per svolgere un accertamento ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3, del regolamento n. 17 in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità; oppure

b)      l’impresa è la prima a presentare elementi di prova che secondo la Commissione possono consentirle di constatare un’infrazione dell’articolo 81 [CE] in relazione a una presunta intesa riguardante la Comunità».

327    Inoltre, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 prevede, nella sezione B, punto 20, che «[l]e imprese che non soddisfano i requisiti [per la concessione di un’immunità dall’ammenda] indicati nella sezione A di cui sopra possono beneficiare di una riduzione dell’importo di un’ammenda che sarebbe altrimenti stata inflitta» e, al punto 21, che, «[a]l fine di poter beneficiare di un simile trattamento, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che costituiscano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione, e deve inoltre cessare la presunta infrazione entro il momento in cui presenta tali elementi di prova».

328    Per quanto riguarda il concetto di valore aggiunto, al punto 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 si precisa quanto segue:

«Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione. Nel procedere a tale valutazione, la Commissione riterrà di norma che gli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti abbiano un valore maggiore degli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente. Analogamente, gli elementi di prova direttamente legati ai fatti in questione saranno in genere considerati come più importanti di quelli che hanno solo un legame indiretto».

329    Il punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 prevede una classificazione in tre categorie ai fini della riduzione delle ammende:

«–      [p]rima impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21: riduzione del 30‑50%,

–      [s]econda impresa a soddisfare la condizione di cui al punto 21: riduzione del 20‑30%,

–      [a]ltre imprese che soddisfano la condizione di cui al punto 21: riduzione massima del 20%».

330    Il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 dispone quanto segue:

«Al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione terrà conto della data in cui gli elementi di prova che soddisfano le condizioni menzionate al punto 21 le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato. La Commissione potrà anche tenere conto dell’entità e della continuità della cooperazione dimostrata dall’impresa a partire della data del suo contributo».

331    Infine, il punto 23, lett. b), secondo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002 così recita:

«[S]e un’impresa fornisce elementi di prova relativi a fatti in precedenza ignorati dalla Commissione che hanno un’incidenza diretta sulla gravità o la durata della presunta intesa, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

 Sul margine di discrezionalità della Commissione e sul controllo del giudice dell’Unione

332    Si deve ricordare che l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che costituisce la base giuridica per l’imposizione delle ammende in caso di infrazione alle regole del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, conferisce alla Commissione un margine di valutazione discrezionale nella fissazione delle ammende (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 127), che è, in particolare, funzione della sua politica generale in materia di concorrenza (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 247 supra, punti 105 e 109). Pertanto, in tale contesto la Commissione, per assicurare trasparenza e obiettività alle proprie decisioni in materia di ammende, ha adottato e pubblicato nel 2002 la comunicazione sulla cooperazione. Si tratta di uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di rango superiore, i criteri che essa intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale. Da ciò consegue una autolimitazione di tale potere (v., per analogia, sentenza del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 89), nella misura in cui compete alla Commissione conformarsi alle regole indicative che essa stessa si è imposta (v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 57).

333    L’autolimitazione del potere discrezionale della Commissione derivante dall’adozione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 non è tuttavia incompatibile con il mantenimento da parte sua di un margine di valutazione sostanziale (v., per analogia, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 224).

334    Infatti, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 contiene vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003, come interpretato dalla Corte (v., per analogia, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, cit. al punto 60 supra, punto 224).

335    Pertanto, si deve rilevare che la Commissione dispone di un ampio margine di valutazione allorché è chiamata a valutare se elementi di prova forniti da un’impresa che abbia espresso la propria intenzione di beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 2002 costituiscano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 di detta comunicazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 88, e sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 555). Per quanto riguarda il punto 8, lett. a) e b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002, è giocoforza constatare che tale margine di valutazione sostanziale risulta dalla formulazione stessa di detta disposizione, la quale fa espressamente riferimento alla produzione di elementi che, «secondo la Commissione», possono rispettivamente consentirle di adottare una decisione per svolgere un accertamento o di constatare un’infrazione. La valutazione della qualità e dell’utilità della cooperazione fornita da un’impresa comporta infatti valutazioni di fatto complesse (v., in tal senso, sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, cit., punto 81, e sentenza Carbone‑Lorraine/Commissione, cit. al punto 153 supra, punto 271).

336    Analogamente, la Commissione, dopo avere constatato che taluni elementi di prova costituiscono un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, dispone di un margine di valutazione quando è chiamata a stabilire il livello esatto della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere all’impresa interessata. Infatti, il punto 23, lett. b), primo comma, della detta comunicazione prevede margini per la riduzione dell’importo dell’ammenda per le diverse categorie di imprese considerate, mentre il secondo comma di detto punto definisce i criteri cui la Commissione deve attenersi per stabilire il livello di riduzione all’interno di tali forchette.

337    Tenuto conto del potere discrezionale di cui dispone la Commissione per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, solo il manifesto superamento di tale potere può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 335 supra, punti 81, 88 e 89, e sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 158 supra, punto 555).

 Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio

338    La Commissione ha deciso, al punto 773 della decisione impugnata, «di concedere a ThyssenKrupp una riduzione [dell’ammenda] del 20% entro la «forcella» prevista dal punto 23, lettera b), [secondo trattino], della comunicazione sulla cooperazione [del 2002]».

339    Al punto 769 della decisione impugnata la Commissione spiega al riguardo che, «[q]uando ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda [a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002], la Commissione aveva già effettuato tre accertamenti in Belgio e aveva ricevuto due domande [a titolo della medesima comunicazione] da Kone e Otis relative alle attività del cartello in Belgio».

340    Dopo aver rilevato, al punto 770 della decisione impugnata, che «[le nuove informazioni fornite da ThyssenKrupp raggruppavano principalmente spiegazioni orali in merito a taluni progetti di ascensori e di scale mobili», la Commissione riconosce al punto 771 che «[l]a domanda [a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002] di ThyssenKrupp costituisce un valore aggiunto significativo, in quanto fornisce ulteriori informazioni circa [riservato]». La Commissione aggiunge al punto 771 che, «[p]eraltro, le osservazioni di ThyssenKrupp hanno corroborato gli elementi di prova già in possesso della Commissione relativi alle società implicate, ai prodotti e servizi interessati, al periodo sul quale verte l’inchiesta, al luogo e alla logistica delle riunioni dell’intesa nonché al funzionamento e all’attuazione di questa».

341    Al punto 772 della decisione impugnata la Commissione conclude che ThyssenKrupp «ha fornito elementi di prova che hanno notevolmente rafforzato la capacità della Commissione di dimostrare l’infrazione» precisando che, «[t]uttavia, gli elementi di prova trasmessi non riguardano fatti precedentemente ignorati dalla Commissione e non contengono elementi contemporanei».

342    In primo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che la decisione impugnata crea confusione circa la percentuale di riduzione dell’ammenda che la Commissione avrebbe avuto intenzione di applicare a ThyssenKrupp per la sua cooperazione all’accertamento dell’infrazione in Belgio. La Commissione farebbe riferimento, al punto 773 della decisione impugnata, ad una riduzione del 20%, mentre al punto 856 della medesima decisione tale riduzione sarebbe del 25%. Secondo dette ricorrenti, ThyssenKrupp avrebbe diritto, in applicazione della massima in dubio pro reo, all’interpretazione più favorevole della decisione impugnata per quanto riguarda l’importo della sanzione. Anziché del 20%, l’ammenda dovrebbe quindi essere ridotta del 25%.

343    È giocoforza constatare che, a tale proposito, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 non possono basarsi sul principio dell’in dubio pro reo, secondo cui il dubbio andrebbe a vantaggio delle imprese interessate, dato che tale principio riguarda la produzione della prova dell’esistenza di un’infrazione e mira a determinare se le constatazioni relative ai fatti operate dalla Commissione nella decisione impugnata siano sostenute dagli elementi di prova da essa prodotti. Orbene, le suddette ricorrenti non contestano l’infrazione per la quale sono state sanzionate dalla decisione impugnata.

344    Per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’importo dell’ammenda inflitta a ThyssenKrupp per l’infrazione in Belgio dovrebbe essere ridotto, in quanto il punto 856 della decisione impugnata menziona una riduzione del 25%, occorre rammentare che l’importo dell’ammenda irrogata all’art. 1, n. 1, quarto trattino, della decisione impugnata include una riduzione del 20% a titolo della cooperazione di ThyssenKrupp nell’ambito dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

345    Certamente, il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (sentenza della Corte 15 maggio 1997, causa C‑335/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I‑2549, punto 21). Tuttavia, dalla motivazione della decisione impugnata emerge chiaramente l’intenzione della Commissione di concedere a ThyssenKrupp una riduzione dell’importo dell’ammenda del 20%, e non del 25%, a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

346    Infatti, da un lato, al punto 772 della decisione impugnata la Commissione ha indicato che «ThyssenKrupp soddisfaceva pienamente le condizioni di cui al punto 21 [della comunicazione sulla cooperazione del 2002] [riservato] e ha fornito elementi di prova che hanno notevolmente rafforzato la capacità della Commissione di dimostrare l’infrazione». Essa ha precisato, «[t]uttavia, [che] gli elementi di prova trasmessi non riguardano fatti precedentemente ignorati dalla Commissione e non contengono elementi contemporanei», il che faceva pensare all’applicazione di una riduzione minima dell’importo dell’ammenda entro la «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Dall’altro, il punto 773 della decisione impugnata conferma espressamente che, «[a]lla luce di quanto precede, è appropriato concedere a ThyssenKrupp una riduzione del 20% entro la «forcella» [applicabile]».

347    Alla luce dei punti 772 e 773 nonché del dispositivo della decisione impugnata, la percentuale del 25% menzionata al punto 856 della medesima decisione, che riassume tutte le riduzioni delle ammende concesse alle varie imprese per la loro cooperazione nel procedimento amministrativo, deve essere considerata un errore di battitura. La prima censura delle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 va quindi respinta.

348    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che ThyssenKrupp avrebbe dovuto beneficiare, in applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, di una riduzione di almeno il 25% dell’importo dell’ammenda inflittale per l’infrazione in Belgio. Infatti, ThyssenKrupp avrebbe fornito prove relative a fatti e circostanze precedentemente ignorati dalla Commissione. Si sarebbe inoltre trattato di elementi chiave dell’infrazione.

349    A tale riguardo si deve constatare che le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 non contestano che la cooperazione di ThyssenKrupp rientri nell’ambito di applicazione del punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione e che, a tale titolo, detta impresa avesse diritto ad una riduzione dell’ammenda compresa tra il 20 e il 30%. La riduzione dell’importo dell’ammenda del 20% concessa a ThyssenKrupp per la sua cooperazione (punto 773 della decisione impugnata) rientra quindi entro la forcella prevista a tal fine dalla detta comunicazione.

350    Si deve inoltre ricordare che la Commissione dispone di un potere discrezionale quando è chiamata a stabilire il livello esatto dell’importo della riduzione dell’ammenda da concedere nell’ambito delle «forcelle» previste dal punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, e che solo un superamento manifesto di tale potere può essere censurato dal Tribunale (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, cit. al punto 335 supra, punti 81, 88 e 89).

351    Nella decisione impugnata la Commissione, dopo aver riconosciuto che ThyssenKrupp aveva diritto ad una riduzione dell’importo dell’ammenda, in quanto «gli elementi di prova [forniti] [avevano] notevolmente rafforzato la [sua] capacità (…) di dimostrare l’infrazione», ha deciso di concedere una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda, in quanto «gli elementi di prova trasmessi non [riguardavano] fatti precedentemente ignorati dalla Commissione, e non [contenevano] elementi contemporanei» (punto 772 della decisione impugnata).

352    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 contestano tuttavia l’esattezza sostanziale delle constatazioni effettuate al punto 772 della decisione impugnata.

353    Esse sostengono, anzitutto, che l’infrazione in Belgio si articolava in due fasi, ossia, da un lato, un’intesa sulle quote di mercato o sul congelamento delle quote di mercato e, dall’altro, un’intesa per la ripartizione degli appalti pubblici e privati per ottenere le quote di mercato concordate. Orbene, la Commissione si baserebbe unicamente su prove prodotte da ThyssenKrupp per constatare, ai punti 158 e 159 della decisione impugnata, il congelamento delle quote di mercato delle imprese interessate. ThyssenKrupp avrebbe quindi fornito informazioni precedentemente ignorate dalla Commissione su un elemento costitutivo dell’infrazione in Belgio, vale a dire sull’intesa relativa alla ripartizione del settore della vendita e dell’installazione di ascensori e scale mobili in Belgio.

354    A tale proposito, si deve constatare che i due aspetti dell’infrazione descritti al punto 158 della decisione impugnata sono intrinsecamente connessi. Infatti, la ripartizione di appalti pubblici e privati nonché di altri contratti «conformemente alle quote preconcordate» alla quale si fa riferimento nella terza frase del punto 158 presuppone l’esistenza di un’intesa per la ripartizione del mercato, che viene menzionata nella prima frase del punto 158 e al punto 159 della decisione impugnata. Poiché le ricorrenti non contestano che gli elementi di prova forniti da Kone e Otis fossero sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’intesa menzionata nella terza frase del punto 158, si deve ritenere che l’esistenza di un’intesa sulle quote di mercato tra i quattro produttori interessati fosse necessariamente nota alla Commissione al momento della domanda di ThyssenKrupp.

355    In ogni caso, dal fascicolo della Commissione risulta che Kone l’ha informata nel febbraio 2004 dell’esistenza di un meccanismo di adeguamento tra i partecipanti all’infrazione in Belgio, che scattava quando le quote di mercato reali si discostavano da quelle convenute, il che era immaginabile solo nel contesto di un’intesa sulle quote di mercato. Pertanto, la circostanza che il punto 159 della decisione impugnata faccia riferimento solo ad elementi di prova provenienti da ThyssenKrupp per accertare l’esistenza dell’intesa sulle quote di mercato dimostra certamente che tali elementi hanno rafforzato la capacità della Commissione di comprovare l’infrazione, ma non implica comunque che essi le abbiano fornito informazioni su fatti da essa precedentemente ignorati.

356    Inoltre, il fatto che, in risposta ad un quesito formulato dalla Commissione durante una riunione [riservato] e relativo alla «fonte delle quote di mercato utilizzata», alcuni rappresentanti di Kone abbiano dichiarato di non conoscere tale fonte, in quanto le quote di mercato erano già state fissate nel momento in cui essi hanno assunto i loro incarichi presso detta impresa, non implica affatto che la Commissione non fosse a conoscenza dell’esistenza dell’intesa sulle quote di mercato prima del [riservato], data in cui le è pervenuta la domanda di ThyssenKrupp. Al contrario, il semplice fatto che la Commissione abbia interrogato i rappresentanti di Kone in merito alle modalità con cui venivano stabilite le quote di mercato delle imprese partecipanti dimostra sufficientemente che la Commissione era a conoscenza dell’esistenza di un’intesa sulle quote di mercato già prima del [riservato].

357    Come risulta dagli atti, alla luce degli elementi già noti alla Commissione nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, ossia l’esistenza di un’intesa sulle quote di mercato e le quote di mercato effettivamente concordate tra i partecipanti, occorre considerare che le informazioni fornite da tale impresa alla Commissione non riguardavano fatti da questa precedentemente ignorati. Inoltre, per quanto concerne l’affermazione secondo cui le quote di mercato erano state congelate sulla base delle statistiche di mercato elaborate dall’associazione di settore Agoria, già Fabrimetal, è giocoforza constatare che essa ha costituito solo un valore aggiunto limitato nell’ambito dell’accertamento dell’infrazione in Belgio.

358    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno inoltre valere che ThyssenKrupp ha fornito un contributo determinante per l’accertamento dell’infrazione relativa alla manutenzione e all’ammodernamento degli ascensori e delle scale mobili in Belgio (punto 771 della decisione impugnata), in quanto sarebbe stata la prima impresa a fornire la prova che le imprese implicate avrebbero utilizzato [riservato], comportando un aggravamento dell’infrazione, come si evincerebbe chiaramente dal confronto tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata (punti 189‑196 della decisione impugnata).

359    Le ricorrenti spiegano di avere trasmesso alla Commissione un fax di Schindler come prova delle loro affermazioni [riservato]. La Commissione dichiarerebbe quindi erroneamente, al punto 772 della decisione impugnata, che ThyssenKrupp non ha fornito alcun elemento di prova risalente all’epoca dell’infrazione. Anche se tale fax fosse stato fotocopiato durante gli accertamenti presso Schindler e Kone, la Commissione ne avrebbe compreso il significato solo grazie alle informazioni di ThyssenKrupp. Il valore aggiunto risiederebbe per l’appunto nelle successive spiegazioni fornite da ThyssenKrupp, poiché dalle prove di cui disponeva la Commissione, in particolare da una dichiarazione di Kone dell’11 febbraio 2004, sarebbe emerso che non era stato utilizzato alcun [riservato].

360    A tale proposito si deve constatare che il fax di Schindler cui fanno riferimento dette ricorrenti era già in possesso della Commissione nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda, [riservato]. Infatti, dalle osservazioni non contestate di cui al punto 196 della decisione impugnata e dai documenti menzionati nella nota a piè di pagina 224 della medesima decisione risulta che il fax di Schindler era già stato acquisito presso Kone e Schindler nel gennaio 2004. Pertanto, sebbene tale fax costituisca un elemento di prova contemporaneo dell’infrazione, resta il fatto che non si può ritenere che detto documento, trasmesso da ThyssenKrupp, costituisse un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione nel momento in cui tale impresa ha presentato la sua domanda. Poiché detto documento non soddisfaceva le condizioni di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la Commissione non era tenuta a prenderlo in considerazione per determinare l’importo della riduzione dell’ammenda concessa a ThyssenKrupp per la sua cooperazione nell’ambito dell’applicazione di detta comunicazione. Infatti, solo gli elementi di prova che soddisfano le condizioni di cui al suo punto 21 danno diritto ad una riduzione dell’ammenda a titolo della medesima comunicazione.

361    È vero che ThyssenKrupp, trasmettendo il fax di Schindler, ha fornito ulteriori informazioni circa [riservato]. Tuttavia, tali informazioni, pur soddisfacendo le condizioni di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, non costituivano elementi di prova contemporanei e riguardavano un fatto, ossia [riservato], che emergeva già dalle spiegazioni fornite da Otis nel marzo 2004 (punto 194 e nota a piè di pagina 222 della decisione impugnata). In ogni caso, dai punti 189 e 193‑196 della decisione impugnata risulta che il [riservato] al quale fanno riferimento le ricorrenti riguardava esclusivamente il funzionamento e l’attuazione dell’intesa relativa ai contratti di manutenzione e non ha costituito di per sé un elemento determinante per constatare l’infrazione di cui all’art. 1, n. 1, della decisione impugnata.

362    Infine, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 non possono affermare che dal confronto tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata risulta che la Commissione ha potuto accertare un’infrazione più grave grazie alle informazioni trasmesse da ThyssenKrupp. Infatti, dal confronto tra i punti 195‑200 della comunicazione degli addebiti e i punti 189‑196 della decisione impugnata, menzionati da dette ricorrenti, non risulta che la qualificazione dei fatti si sia aggravata nell’intervallo tra la comunicazione degli addebiti e l’adozione della decisione impugnata. In ogni caso, un eventuale aggravamento della qualificazione dell’infrazione verificatosi posteriormente alla comunicazione degli addebiti non avrebbe potuto essere il risultato del fax di Schindler e delle spiegazioni fornite da ThyssenKrupp nella sua domanda, dal momento che quest’ultima è anteriore alla comunicazione degli addebiti e il fax di Schindler e le spiegazioni fornite da ThyssenKrupp erano già stati esaminati in extenso nei punti 196 e 200 della comunicazione degli addebiti.

363    Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, si deve constatare che la Commissione, senza superare manifestamente il suo potere discrezionale, poteva fissare la riduzione dell’importo dell’ammenda di ThyssenKrupp a titolo della sua cooperazione per l’accertamento dell’infrazione in Belgio al livello minimo della «forcella» prevista dal punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

364    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento concedendo a ThyssenKrupp una riduzione dell’importo dell’ammenda del 20%, mentre avrebbe accordato una riduzione dell’importo dell’ammenda pari al 40% ad Otis, la cui cooperazione sarebbe stata analoga a quella di ThyssenKrupp.

365    Secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non può violare il principio della parità di trattamento nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese partecipanti a un’intesa (v. sentenze del Tribunale Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit. al punto 106 supra, punto 237, e 20 marzo 2002, causa T‑31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II‑1881, punto 240 e giurisprudenza ivi citata).

366    Tuttavia, l’argomento riprodotto supra al punto 364 e diretto a dimostrare una violazione del principio della parità di trattamento non può essere accolto.

367    Infatti, da un lato, la valutazione del valore aggiunto di una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 va effettuata in funzione degli elementi di prova già in possesso della Commissione. Orbene, poiché la cooperazione di Otis ha preceduto quella di ThyssenKrupp (punti 96 e 98 della decisione impugnata), la Commissione disponeva di più elementi di prova nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda a titolo della detta comunicazione che non al momento della domanda di Otis.

368    Dall’altro, Otis ha fornito prove documentali contemporanee che costituiscono un valore aggiunto significativo (punto 766 della decisione impugnata), mentre ThyssenKrupp ha fornito un solo elemento di prova contemporaneo, cioè il fax di Schindler menzionato al precedente punto 360, che tuttavia non soddisfaceva le condizioni di cui al punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, poiché era in già in possesso della Commissione nel momento in cui ThyssenKrupp ha trasmesso la propria domanda a titolo di tale comunicazione.

369    Pertanto, dal momento che Otis e ThyssenKrupp non si trovavano in situazioni analoghe, la Commissione non è incorsa in una violazione del principio della parità di trattamento concedendo una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda a ThyssenKrupp in applicazione del secondo trattino della suddetta disposizione.

370    Dal complesso delle suesposte considerazioni emerge che devono essere respinte tutte le censure di ThyssenKrupp relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio.

 Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania

371    La Commissione ha deciso, al punto 812 della decisione impugnata, di non concedere a ThyssenKrupp né l’immunità dall’ammenda né una riduzione dell’importo della stessa per la sua cooperazione all’accertamento dell’infrazione in Germania, [riservato] (punto 807 della decisione impugnata).

372    Al punto 808 della decisione impugnata la Commissione osserva che «ThyssenKrupp formula alcune affermazioni circa [riservato]». Tuttavia, «[t]ali affermazioni non sono sostenute da alcun elemento di prova contemporaneo e la Commissione non ha trovato alcuna prova atta a confermarle».

373    Inoltre, al punto 809 della decisione impugnata la Commissione afferma che «[l]e altre informazioni trasmesse da ThyssenKrupp [riservato] si limitano a suffragare gli elementi di prova della comunicazione degli addebiti, il che non costituisce un contributo decisivo, né un valore aggiunto significativo».

374    Infine, ai punti 810 e 811 della decisione impugnata la Commissione precisa in particolare quanto segue:

«810      (…) Le osservazioni di ThyssenKrupp non sono state determinanti ai fini dell’accertamento dell’infrazione da parte della Commissione, poiché essa disponeva già di elementi di prova sufficienti, come dimostra la comunicazione degli addebiti. (…) ThyssenKrupp non ha trasmesso elementi di prova risalenti al periodo oggetto dell’inchiesta. Per contro, le sue dichiarazioni, formulate dopo la notifica della comunicazione degli addebiti e dopo che l’impresa ha avuto accesso al fascicolo, si limitano a corroborare gli elementi di prova già in possesso della Commissione. (…) [L]e dichiarazioni unilaterali non confermate concernenti [riservato] restano prive di fondamento.

811      Alla luce di quanto precede, non si può ritenere che le informazioni fornite da ThyssenKrupp costituiscano un valore aggiunto significativo a titolo della comunicazione sulla cooperazione [del 2002]. [Riservato]. Anche in questo caso, ThyssenKrupp ha limitato la sua cooperazione [riservato] alla semplice conferma delle dichiarazioni già rese da tutti gli altri membri dell’intesa. [Riservato]».

375    Le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che la Commissione ha violato la comunicazione sulla cooperazione del 2002, poiché non avrebbe ritenuto che gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp riguardo alle infrazioni commesse in Germania costituissero un valore aggiunto significativo.

376    Innanzi tutto, ThyssenKrupp si sarebbe astenuta dal contestare i fatti accertati nella comunicazione degli addebiti e li avrebbe confermati e completati. Essa avrebbe quindi rafforzato la capacità della Commissione di dimostrare l’infrazione, conformemente al punto 22, prima frase, della comunicazione sulla cooperazione del 2002. ThyssenKrupp avrebbe immediatamente messo a disposizione della Commissione i risultati delle sue inchieste interne, dopo aver chiarito le infrazioni commesse in Germania.

377    Inoltre, ThyssenKrupp, fornendo informazioni [riservato], avrebbe procurato alla Commissione elementi di prova che costituiscono un valore aggiunto significativo, tale da giustificare una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda che le era stata inflitta per l’infrazione in Germania. Le prove [riservato] costituirebbero un valore aggiunto significativo, a prescindere dalla circostanza che la Commissione tenga conto di detti elementi di prova. Omettendo di prendere in considerazione tali elementi, la Commissione avrebbe inoltre violato il legittimo affidamento delle suddette ricorrenti, poiché dal punto 617 della comunicazione degli addebiti emergerebbe che [riservato] sarebbe stato preso in considerazione per valutare la gravità di ciascuna infrazione.

378    A tal riguardo si deve ricordare che, a differenza della parte D, punto 2, secondo trattino, della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996»), la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede una riduzione dell’importo dell’ammenda a favore di un’impresa che, dopo avere ricevuto la comunicazione degli addebiti, non contesti i fatti sui quali la Commissione fonda le sue accuse.

379    Nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, per ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda, un’impresa deve fornire alla Commissione elementi di prova della presunta infrazione che apportino un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in suo possesso (v. punto 21 di detta comunicazione).

380    Considerato il potere discrezionale di cui dispone la Commissione per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, in particolare per accertare se gli elementi di prova costituiscano un valore aggiunto significativo, solo un superamento manifesto di tale potere può essere censurato dal Tribunale (v. supra, punto 350).

381    Si deve quindi esaminare se la Commissione abbia manifestamente superato il suo potere discrezionale constatando che gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp non costituivano un valore aggiunto significativo ai sensi di tale comunicazione.

382    Conformemente ai punti 21 e 22 della detta comunicazione, la Commissione, per stimare il valore aggiunto degli elementi di prova forniti da un’impresa, tiene conto non solo della natura e/o del livello di precisione dei medesimi, ma anche degli elementi di prova già in suo possesso quando l’impresa interessata ha presentato la propria domanda.

383    A tale riguardo si deve constatare che nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda, [riservato], la Commissione non solo aveva già ricevuto domande a titolo della cooperazione del 2002 da Kone, Otis e Schindler relative all’infrazione in Germania, ma aveva anche organizzato due serie di accertamenti a norma dell’art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 (punti 104 e 106 della decisione impugnata) e inviato richieste di informazioni, in applicazione dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, alle imprese partecipanti all’infrazione in Germania, alle associazioni VDMA, VFA e VMA e a vari clienti in Germania (punti 110, 111 e 113 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione aveva raccolto elementi di prova sufficienti per l’invio di una comunicazione degli addebiti alle imprese partecipanti all’infrazione in Germania già il 7 ottobre 2005, prima che ThyssenKrupp presentasse la propria domanda (punto 135 della decisione impugnata). Peraltro, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 non contestano che le affermazioni di ThyssenKrupp non siano state suffragate da elementi di prova contemporanei (punti 808 e 810 della decisione impugnata).

384    Per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 secondo cui ThyssenKrupp avrebbe «confermato e completato» i fatti relativi all’intesa in Germania, è giocoforza constatare che, oltre agli elementi di prova relativi alla dissimulazione dell’intesa, le ricorrenti non forniscono alcuna precisazione circa gli elementi di prova che avrebbero prodotto, né sul perché essi costituirebbero un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

385    Per quanto concerne gli elementi di prova relativi [riservato] in Germania, dai documenti menzionati ai punti 234‑236 della comunicazione degli addebiti e ai punti 219‑221 della decisione impugnata risulta che gli elementi di prova forniti da Kone, Otis e Schindler anteriormente alla domanda di ThyssenKrupp erano già sufficienti per dimostrare che i partecipanti all’intesa in Germania avevano adottato varie precauzioni [riservato].

386    Per quanto attiene alla parte dell’argomento delle ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 relativo [riservato], va rilevato che tali tentativi, sempreché siano dimostrati, riguardano un periodo successivo all’infrazione come constatata all’art. 1, n. 2, della decisione impugnata. Tali elementi di prova non potevano quindi rafforzare la capacità della Commissione di dimostrare l’infrazione e dunque non costituiscono un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

387    Poiché, nella specie, gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp non soddisfacevano le condizioni di detta disposizione, la Commissione ha giustamente negato a ThyssenKrupp una riduzione dell’importo della sua ammenda a titolo del punto 23, lett. b), ultimo comma, di detta comunicazione.

388    Infine, per quanto riguarda la censura relativa ad una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, si è ricordato al precedente punto 179 che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, abbia suscitato in lui aspettative fondate.

389    Tuttavia, la circostanza che la Commissione abbia spiegato, al punto 617 della comunicazione degli addebiti, che per valutare la gravità dell’infrazione avrebbe tenuto conto del fatto che i partecipanti all’intesa avevano adottato notevoli precauzioni per evitare che questa venisse individuata non può essere considerata un’assicurazione precisa circa il fatto che ThyssenKrupp avrebbe beneficiato di una riduzione dell’importo dell’ammenda per la sua cooperazione a titolo del punto 23 della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Infatti, la riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di detta disposizione dipende dal valore aggiunto significativo degli elementi di prova forniti, riguardo al quale il punto 617 della comunicazione degli addebiti non contiene alcuna indicazione. Inoltre, poiché, nel momento in cui le è stata notificata la comunicazione degli addebiti, ThyssenKrupp non aveva ancora presentato una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per l’infrazione in Germania, il punto 617 della comunicazione degli addebiti non poteva comunque suscitare un legittimo affidamento quanto al valore aggiunto degli elementi di prova non ancora presentati. Anche quest’ultima censura va dunque respinta.

390    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che devono essere respinte tutte le censure di ThyssenKrupp relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania.

 Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo

391    ThyssenKrupp, che è stata la terza impresa a presentare una domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 per l’intesa in Lussemburgo (punto 119 della decisione impugnata), non ha beneficiato di una riduzione dell’importo dell’ammenda in virtù di tale comunicazione per la suddetta intesa (punto 828 della decisione impugnata). In proposito, al punto 827 della decisione impugnata la Commissione espone quanto segue:

«La Commissione osserva che essa aveva già effettuato accertamenti in Lussemburgo e aveva ricevuto due domande confermative da Kone e Otis [a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002] concernenti le attività del cartello in Lussemburgo prima che ThyssenKrupp presentasse la propria domanda [a titolo della medesima comunicazione]. La domanda (…) di ThyssenKrupp è composta di una breve dichiarazione orale dell’impresa e non fornisce alcun elemento di prova contemporaneo né nuove informazioni significative, limitandosi nel complesso a confermare le informazioni già note alla Commissione, ad esempio per quanto riguarda le persone partecipanti all’intesa. Pertanto, ThyssenKrupp non ha fornito alcun elemento nuovo ad alto valore aggiunto e, rispetto agli elementi di prova già in possesso della Commissione al momento della presentazione della domanda, non ha rafforzato sensibilmente la capacità della Commissione di dimostrare i fatti. Successivamente alla sua domanda (…) ThyssenKrupp non ha ulteriormente cooperato, se non per rispondere alla richiesta di informazioni della Commissione a titolo dell’articolo 18, paragrafo 2[, del regolamento n. 1/2003]».

392    Le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che la Commissione ha applicato in modo giuridicamente errato la comunicazione sulla cooperazione del 2002, poiché non avrebbe tenuto conto del valore aggiunto degli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp. Quest’ultima avrebbe infatti procurato alla Commissione elementi di prova che costituivano un valore aggiunto significativo, astenendosi dal contestare i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti nonché confermando e completando le censure mosse dalla Commissione, il che dovrebbe comportare, conformemente al punto 23, lett. b), primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2002, una riduzione del 20‑30% dell’importo dell’ammenda inflittale per l’intesa in Lussemburgo.

393    Come si è già ricordato supra al punto 378, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede una riduzione dell’importo dell’ammenda a favore di un’impresa che, dopo avere ricevuto la comunicazione degli addebiti, non contesti la materialità dei fatti sui quali la Commissione fonda le sue accuse. Si deve quindi esaminare se la Commissione, tenuto conto del potere discrezionale di cui dispone per valutare la cooperazione di un’impresa a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002, abbia manifestamente superato tale potere discrezionale affermando che gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp non costituivano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in suo possesso nel momento in cui detta impresa ha presentato la propria domanda a titolo di tale comunicazione.

394    Nella specie si deve rilevare, in primo luogo, che le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07, le quali non contestano la concessione di un’immunità dall’ammenda a Kone a titolo del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione del 2002, non contestano nemmeno che le informazioni fornite da detta impresa consentissero già alla Commissione di constatare un’infrazione in Lussemburgo (punto 816 della decisione impugnata). La Commissione aveva quindi già ricevuto elementi di prova sufficienti per constatare un’infrazione in Lussemburgo nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda. Inoltre, anteriormente alla domanda di ThyssenKrupp, la Commissione aveva anche già ricevuto una domanda di Otis, nel marzo 2004, a seguito della quale quest’ultima ha beneficiato di una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda inflittale per l’infrazione in Lussemburgo (punti 118 e 823 della decisione impugnata).

395    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 non contestano che ThyssenKrupp, nell’ambito della sua domanda [riservato], non abbia fornito alla Commissione alcun elemento di prova contemporaneo (punto 827 della decisione impugnata). Orbene, conformemente al punto 22 della comunicazione sulla cooperazione del 2002, gli elementi di prova scritti risalenti al periodo a cui si riferiscono i fatti hanno un valore qualitativamente superiore rispetto agli elementi di prova venuti ad esistenza successivamente.

396    Le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 adducono tuttavia vari elementi idonei, a loro parere, a dimostrare che gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp costituivano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi già in possesso della Commissione.

397    Anzitutto, dette ricorrenti si basano sul numero elevato di riferimenti alla domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002 di ThyssenKrupp contenuti nella decisione impugnata per dimostrare il valore aggiunto di tale domanda.

398    Tuttavia, il fatto che nella decisione impugnata la Commissione abbia utilizzato tutti gli elementi di prova di cui disponeva, e quindi anche le informazioni comunicate da ThyssenKrupp nella sua domanda [riservato], non dimostra di per sé che tali informazioni costituissero un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova di cui essa disponeva già in quel momento. Infatti, la stima del valore aggiunto ai sensi della comunicazione sulla cooperazione del 2002 va effettuata in funzione sia della qualità della cooperazione, sia del suo confronto con gli elementi di prova già in possesso della Commissione.

399    In tale contesto, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 non possono sostenere che la Commissione abbia violato il proprio obbligo di motivazione minimizzando erroneamente l’importanza per le imprese di fornire alla Commissione prove circostanziate. Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione dell’Unione da cui promana l’atto controverso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 63, e 30 settembre 2003, Germania/Commissione, causa C‑301/96, Racc. pag. I‑9919, punto 87). Orbene, nella specie la Commissione ha chiaramente esposto, ai punti 825‑828 della decisione impugnata (v., in particolare, punto 391 supra), i motivi per i quali non poteva essere concessa una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta per l’infrazione in Lussemburgo.

400    Inoltre, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che la Commissione si basa su certe dichiarazioni di ThyssenKrupp per fare riferimento, al punto 307 della decisione impugnata, alle precauzioni adottate dai partecipanti all’infrazione per dissimulare le riunioni e i contatti tra concorrenti.

401    Si deve constatare che le dichiarazioni di ThyssenKrupp menzionate al punto 307 della decisione impugnata fanno riferimento all’utilizzo di un secondo telefono cellulare [riservato] di TKAL con carte prepagate per l’organizzazione di riunioni anticoncorrenziali. Tuttavia, gli sforzi dei membri dell’intesa in Lussemburgo diretti a dissimulare le loro riunioni e i loro contatti risultano già chiaramente dalla domanda di Kone del 5 febbraio 2004, in particolare dai suoi punti 3.4.2 e 3.4.5. Pertanto la Commissione non ha manifestamente ecceduto il suo potere discrezionale constatando che le dichiarazioni di ThyssenKrupp riprese al punto 307 della decisione impugnata non costituivano un valore aggiunto significativo rispetto agli elementi di prova già in suo possesso.

402    Oltre a ciò, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 rilevano che ThyssenKrupp è stata la prima impresa ad indicare alla Commissione che le riunioni illecite sono state organizzate [riservato] (punto 303 della decisione impugnata). A tale riguardo, dalla nota a piè di pagina 455 della decisione impugnata risulterebbe che il contributo [riservato] di ThyssenKrupp ha preceduto quelli dei suoi concorrenti.

403    Tuttavia, come risulta dagli atti, si deve constatare che, contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07, il ruolo [riservato] nell’organizzazione delle riunioni illecite era noto alla Commissione prima del contributo di ThyssenKrupp, grazie alle dichiarazioni di Kone e Otis del febbraio e marzo 2004. Pertanto, non si può attribuire alcun valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alle dichiarazioni di ThyssenKrupp menzionate al punto precedente.

404    In ogni caso, anche supponendo che ThyssenKrupp sia stata la prima impresa a comunicare le informazioni citate supra al punto 402, la Commissione non avrebbe ecceduto manifestamente il suo potere discrezionale considerando che tali elementi non costituivano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della detta comunicazione. Infatti, oltre alla circostanza che l’identità dell’impresa che aveva indetto le riunioni illecite non può essere considerata un elemento rilevante per dimostrare l’esistenza di un’intesa, dal punto 721 della decisione impugnata risulta che le informazioni in questione non sono state ritenute sufficientemente convincenti dalla Commissione per concludere che [riservato] era l’istigatore dell’intesa in Lussemburgo o aveva avuto un ruolo determinante nella stessa.

405    Inoltre, nella sua domanda [riservato] ThyssenKrupp avrebbe informato la Commissione dell’esistenza di un meccanismo di adeguamento. Una nuova ripartizione dei progetti avrebbe avuto luogo automaticamente tra i partecipanti all’intesa allorché le quote di mercato concordate non venivano rispettate (punti 317 e 336 della decisione impugnata). A tal riguardo, la Commissione citerebbe nella decisione impugnata (note a piè di pagine 484 e 517 della decisione impugnata) un contributo di Kone del 29 ottobre 2004 che non sarebbe stato volontario e sarebbe chiaramente posteriore al contributo di ThyssenKrupp.

406    Tuttavia, come risulta dagli atti, si deve constatare che, nella sua domanda [riservato], ThyssenKrupp ha unicamente indicato che lo scopo della ripartizione dei progetti era congelare le quote di mercato e che l’inosservanza degli accordi dava luogo ad una rettifica per i progetti successivi. Orbene, tali informazioni erano già in possesso della Commissione nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda. Non si può quindi attribuire alcun valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alle informazioni trasmesse da ThyssenKrupp relative al meccanismo di adeguamento.

407    Per di più, nel suo contributo [riservato], ThyssenKrupp avrebbe rivelato che gli elenchi di progetti indicavano i nomi dei progetti, il numero di ascensori e i prezzi. La Commissione utilizzerebbe tale informazione al punto 321, lett. a), c) e d), della decisione impugnata, senza però riconoscere che si tratta di un contributo di ThyssenKrupp.

408    Tuttavia, come risulta dagli atti, è giocoforza constatare che le informazioni menzionate nel punto precedente erano già in possesso della Commissione nel momento in cui ThyssenKrupp ha presentato la sua domanda. Non si può quindi attribuire alle informazioni in questione alcun valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

409    Le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono altresì che la Commissione utilizza informazioni relative al contenuto dei contratti di manutenzione e si basa a tal fine sul contributo di Kone del 5 febbraio 2004 e su quello di ThyssenKrupp [riservato], e che le informazioni di Schindler e di Luxlift sono state fornite solo successivamente (punto 348 della decisione impugnata). Orbene, poiché la Commissione avrebbe suffragato le informazioni del punto 348 con quattro dichiarazioni di concorrenti, essa non avrebbe manifestamente potuto fare affidamento unicamente sulla dichiarazione di Kone.

410    Tuttavia, come risulta dagli atti, si deve constatare che, anteriormente alla domanda di ThyssenKrupp [riservato], Kone aveva fornito, il 5 e l’11 febbraio 2004, informazioni relative ai contratti di manutenzione molto più dettagliate di quelle trasmesse da ThyssenKrupp e che tali informazioni erano state confermate oralmente da Otis il 23 marzo 2004. Pertanto, non si può attribuire alcun valore aggiunto significativo alle informazioni relative ai contratti di manutenzione trasmesse da ThyssenKrupp nell’ambito della sua domanda a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

411    Da quanto precede risulta che le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 non hanno dimostrato che la Commissione abbia manifestamente superato il suo potere discrezionale considerando che gli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp non costituivano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

412    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 sostengono che la Commissione ha commesso un grave errore di valutazione ignorando la decisione [riservato] dell’autorità lussemburghese garante della concorrenza, la quale avrebbe concesso a ThyssenKrupp l’immunità, lasciando così intendere che la sua cooperazione fosse sufficiente, secondo il diritto lussemburghese, per la concessione dell’immunità o per una riduzione della sanzione, e che la sua cooperazione costituiva pertanto un valore aggiunto.

413    A tale proposito occorre rammentare che la deliberazione sull’immunità del consiglio per la concorrenza lussemburghese [riservato] dà atto a TKAL e a TKE della loro richiesta di immunità per l’infrazione in Lussemburgo e conferma che tale richiesta produce effetti ai fini del procedimento in Lussemburgo (artt. 1 e 2 della deliberazione sull’immunità). Tuttavia, detta deliberazione non contiene alcuna valutazione qualitativa degli elementi di prova forniti da ThyssenKrupp. Infatti, il Consiglio della concorrenza lussemburghese ha ritenuto «appropriato sospendere la decisione nel merito della richiesta di immunità in attesa della conclusione dell’istruttoria avviata dalla Commissione (…)» (deliberazione sull’immunità, punto 6 e art. 3). Ciò premesso, l’argomento delle ricorrenti non può trovare accoglimento.

414    In quarto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 affermano che, date le evidenti difficoltà linguistiche incontrate dai funzionari incaricati del caso, le quali avrebbero determinato l’interpretazione erronea di taluni elementi di prova, la Commissione non ha valutato correttamente il valore aggiunto del contributo di ThyssenKrupp a titolo della comunicazione sulla cooperazione del 2002. Tuttavia, tale argomento dev’essere respinto per i motivi esposti supra al punto 86.

415    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che devono essere respinte tutte le censure di ThyssenKrupp relative all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 alla sua cooperazione ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo.

416    Pertanto, il presente motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo concernente la violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di parità di trattamento, di proporzionalità e di buona amministrazione nella determinazione dell’importo della riduzione delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002

417    Al punto 614 della comunicazione degli addebiti la Commissione aveva annunciato che intendeva «concedere una riduzione [dell’ammenda] per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione [del 2002], in particolare nel caso in cui una società non contest[asse] i fatti o forni[sse] un ulteriore contributo tale da permettere di appurare o completare i fatti accertati dalla Commissione».

418    Al punto 758 della decisione impugnata la Commissione ha osservato che, «[p]oiché il punto 614 della comunicazione degli addebiti suscitava aspettative nel caso di specie, [essa] [aveva] deciso di interpretare tale punto a favore delle imprese che, sulla sua base, [avevano] contribuito all’accertamento dei fatti relativi all’infrazione descritta nella decisione [impugnata], astenendosi dal contestare i fatti o fornendo ulteriori informazioni o precisazioni complementari».

419    La Commissione ha quindi concesso a tutti i partecipanti alle quattro infrazioni, ad eccezione, da una parte, delle imprese che beneficiavano di un’immunità dalle ammende (punti 762, 817 e 839 della decisione impugnata) e, dall’altra, di Kone nell’ambito dell’intesa nei Paesi Bassi (punto 851 della decisione impugnata), una riduzione dell’importo dell’ammenda dell’1% per la loro cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, per la mancata contestazione dei fatti esposti nella comunicazione degli addebiti (punti 768, 774, 777, 794, 801, 806, 813, 824, 829, 835, 845, 854, 855 e 856 della decisione impugnata).

420    In primo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 ritengono di poter legittimamente chiedere una riduzione di almeno il 10% dell’importo delle ammende inflitte a ThyssenKrupp per le infrazioni in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, per la mancata contestazione dei fatti esposti nella comunicazione degli addebiti. Tali aspettative legittime deriverebbero, a loro parere, dal punto 614 della comunicazione degli addebiti e dalla prassi decisionale della Commissione, secondo cui un’impresa che non contesti la materialità dei fatti che le vengono addebitati nella comunicazione degli addebiti beneficerebbe di una riduzione del 10% dell’importo della sua ammenda, conformemente alla comunicazione sulla cooperazione del 1996.

421    Anzitutto, si è ricordato supra al punto 388 che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli precise assicurazioni, ha fatto sorgere in lui aspettative fondate.

422    Per contro, come si è già rilevato supra al punto 180, nessuno può far valere una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise da parte dell’amministrazione. Rappresentano assicurazioni di tal genere informazioni precise, incondizionate e concordanti provenienti da fonti autorizzate ed affidabili.

423    È vero che la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede, a differenza della comunicazione sulla cooperazione del 1996, alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda a favore delle imprese che non contestino la materialità dei fatti sui quali la Commissione fonda le sue accuse nella comunicazione degli addebiti. Tuttavia, la Commissione riconosce, al punto 758 della decisione impugnata, che il punto 614 della comunicazione degli addebiti ha suscitato in tali imprese un legittimo affidamento nel fatto che la mancata contestazione dei fatti avrebbe comportato una riduzione dell’importo dell’ammenda al di là della comunicazione sulla cooperazione del 2002.

424    Al punto 614 della comunicazione degli addebiti la Commissione aveva annunciato che «intende[va] concedere una riduzione [dell’ammenda] per la cooperazione al di fuori della comunicazione sulla cooperazione [del 2002], in particolare nel caso in cui una società non contest[asse] i fatti o forni[sse] un ulteriore contributo tale da permettere di appurare o completare i fatti accertati dalla Commissione». Non si può ritenere che tale affermazione costituisca un’assicurazione precisa che avrebbe potuto suscitare nelle ricorrenti fondate speranze di ottenere una riduzione dell’importo delle ammende superiore all’1%. Infatti, il punto 614 della comunicazione degli addebiti non specifica l’entità o la percentuale della riduzione che sarebbe stata eventualmente accordata alle imprese interessate, cosicché esso non può in alcun modo avere suscitato un legittimo affidamento a tale riguardo.

425    In seguito, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe derogato alla sua prassi anteriore, in virtù della quale un’impresa che si astenga dal negare la materialità dei fatti contestati nella comunicazione degli addebiti beneficerebbe di una riduzione del 10% dell’importo dell’ammenda che le verrebbe altrimenti inflitta, dato che, come si è rilevato supra al punto 153, una prassi decisionale della Commissione non può, secondo costante giurisprudenza, fungere da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza.

426    Inoltre, le ricorrenti non contestano che alle loro domande si applichi solo la comunicazione sulla cooperazione del 2002. Pertanto, la prassi decisionale della Commissione o la giurisprudenza relative all’applicazione della Sezione D, punto 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 1996 non possono comunque suscitare nelle ricorrenti un legittimo affidamento per quanto riguarda il livello della riduzione delle ammende concessa per la mancata contestazione dei fatti relativi alle intese in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi, fondata sul punto 614 della comunicazione degli addebiti.

427    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07 e T‑154/07 sostengono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità rifiutando di concedere una riduzione del 10% per la mancata contestazione dei fatti. Esse fanno inoltre valere a tale riguardo una violazione del principio di buona amministrazione, in quanto la Commissione avrebbe indotto le imprese a non contestare i fatti, ma avrebbe concesso loro solo una riduzione dell’1% dell’importo delle loro ammende.

428    A tale proposito va ricordato che il principio di proporzionalità esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 96, e sentenza del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑30/05, Prym e Prym Consumer/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 223).

429    Per quanto riguarda la percentuale di un’eventuale riduzione dell’importo di un’ammenda per la mancata contestazione dei fatti, si deve rilevare che dalla giurisprudenza risulta che un’impresa che dichiari espressamente di non contestare gli elementi di fatto sui quali la Commissione ha fondato i propri addebiti può essere considerata alla stregua di un’impresa che ha contribuito ad agevolare il compito della Commissione, consistente nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II‑1989, punto 395, e causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 157).

430    Al punto 758 della decisione impugnata la Commissione ha tuttavia indicato che «[p]er stabilire l’entità della riduzione si dovrà tenere conto del fatto che la cooperazione offerta dopo la comunicazione degli addebiti, allorché la Commissione ha già accertato tutti gli elementi dell’infrazione, in un momento nel quale l’impresa è già a conoscenza di tutti gli elementi d’indagine e ha avuto accesso agli atti dell’inchiesta, può contribuire, nel migliore dei casi, solo marginalmente all’inchiesta della Commissione». Essa ha aggiunto che, «[i]n generale, l’ammissione dei fatti in tali circostanze costituisce tutt’al più un elemento di prova atto a confermare fatti che la Commissione considererebbe, di regola, sufficientemente dimostrati da altri elementi di prova versati agli atti».

431    A tale proposito di deve ricordare che la comunicazione sulla cooperazione del 2002 esige un livello elevato di cooperazione con la Commissione, prevedendo peraltro «una corrispondenza più stretta tra l’entità della riduzione delle ammende e il valore del contributo di un’impresa all’accertamento dell’esistenza dell’infrazione» (punto 5 della comunicazione sulla cooperazione del 2002). Pertanto, da un lato, come si è già rilevato supra al punto 378, a differenza della comunicazione sulla cooperazione del 1996, la comunicazione sulla cooperazione del 2002 non prevede una riduzione dell’importo delle ammende per la mancata contestazione dei fatti e, dall’altro, per quanto riguarda le domande presentate alla Commissione in forza della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la riduzione massima che possono ottenere le imprese che non siano la prima o la seconda a soddisfare la condizione enunciata al punto 21 di detta comunicazione, ma i cui elementi di prova costituiscano nondimeno un valore aggiunto significativo rispetto a quelli già in possesso della Commissione, ammonta al 20%.

432    Tenuto conto di quanto precede e del fatto che le riduzioni concesse nel caso di specie per la mancata contestazione dei fatti si sommano alle riduzioni delle ammende già concesse nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, nonché del valore marginale di una cooperazione offerta dopo la comunicazione degli addebiti (punto 758 della decisione impugnata), la Commissione non ha violato il principio di proporzionalità concedendo una riduzione delle ammende del 10% a ThyssenKrupp per la mancata contestazione dei fatti relativi alle intese in Belgio, in Germania, in Lussemburgo e nei Paesi Bassi. Inoltre, le ricorrenti nelle cause T‑144/07 e T‑154/07 non forniscono alcun elemento diretto a dimostrare che la Commissione le abbia indotte a non contestare i fatti, sicché la loro censura relativa alla violazione del principio di buona amministrazione non può comunque essere accolta.

433    In terzo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07 rilevano che ThyssenKrupp, la quale avrebbe informato la Commissione dei tentativi dei partecipanti all’infrazione in Germania di ostacolare la sua inchiesta, ha subito un trattamento discriminatorio rispetto alle imprese che hanno contestato tali comportamenti, dato che le due categorie di imprese hanno ricevuto la medesima riduzione dell’ammenda per la loro cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002. La ricorrente nella causa T‑144/07 fa inoltre valere a tale riguardo che una riduzione dell’importo dell’ammenda dell’1% viene applicata a tutte le imprese, a prescindere dalla loro cooperazione.

434    Questa censura non può essere accolta. Dal momento che le affermazioni di ThyssenKrupp relative ai tentativi di ostacolare l’inchiesta non potevano rafforzare la capacità della Commissione di dimostrare l’infrazione (v. supra punto 386), la cooperazione utile di ThyssenKrupp al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 si limita alla mancata contestazione dei fatti. La cooperazione di ThyssenKrupp è quindi comparabile a quella delle altre imprese che, per quanto concerne la cooperazione al di fuori di detta comunicazione, si sono limitate a non contestare i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti.

435    In quarto luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sostengono che il metodo di calcolo della riduzione dell’1% per la mancata contestazione dei fatti arreca un pregiudizio finanziario a ThyssenKrupp rispetto alle altre imprese implicate nel procedimento amministrativo. Infatti, con riferimento a ThyssenKrupp, la Commissione avrebbe calcolato le riduzioni delle ammende concesse in due fasi, vale a dire, rispettivamente in Belgio e nei Paesi Bassi, riduzioni del 20 e del 40% a titolo della cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e successivamente riduzioni dell’1% a titolo della cooperazione al di fuori dell’ambito della detta comunicazione. Orbene, per altre imprese la riduzione dell’1% sarebbe stata applicata direttamente all’ammenda fissata dalla Commissione. Pertanto, con il suo metodo di calcolo, la Commissione favorirebbe le imprese che non hanno ottenuto alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 2002 rispetto alle imprese che hanno cooperato durante il procedimento amministrativo.

436    Si è già ricordato (v. supra punto 365) che, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non può violare il principio della parità di trattamento nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese partecipanti a un’intesa.

437    Tuttavia, oltre al fatto che le riduzioni degli importi delle ammende concesse nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e le riduzioni accordate al di fuori dell’ambito di tale comunicazione costituiscono fasi distinte del calcolo dell’importo delle ammende, è giocoforza constatare che le imprese che hanno cooperato sia nell’ambito di detta comunicazione che al di fuori di essa, da una parte, e le imprese che hanno cooperato soltanto al di fuori dell’ambito della medesima comunicazione, dall’altra, non si trovano in situazioni comparabili. Pertanto, la censura relativa ad un’asserita violazione del principio di parità di trattamento non può essere accolta.

438    Da ciò consegue che il presente motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul motivo concernente la violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

439    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere che le ammende imposte all’art. 2 della decisione impugnata per le infrazioni ivi constatate contravvengono all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, in quanto la Commissione per determinare il tetto del 10% del fatturato delle imprese in questione si sarebbe basata sul fatturato del gruppo ThyssenKrupp, anziché su quello delle controllate che hanno partecipato direttamente alle infrazioni.

440    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere, in primo luogo, che non si possono imputare a TKAG e TKE le infrazioni commesse dalle loro rispettive controllate e che, pertanto, il tetto del 10% del fatturato previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 dovrebbe essere calcolato sulla base del fatturato di dette controllate.

441    Tuttavia, è giocoforza constatare che tale censura si confonde con quelle esaminate supra ai punti 100‑149, relative all’imputazione alle società controllanti del gruppo ThyssenKrupp dei comportamenti costituenti infrazione delle loro controllate. Orbene, dalle considerazioni svolte a tale riguardo emerge che la Commissione ha ritenuto a giusto titolo che TKAG e TKE formino un’unità economica con le loro rispettive controllate. Tale censura va pertanto respinta.

442    In secondo luogo, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 affermano che, in ogni caso, la determinazione del livello massimo delle ammende sulla base del fatturato della società controllante è parimenti esclusa in quanto l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 farebbe riferimento alle «imprese partecipanti all’infrazione». Il tetto del 10% si applicherebbe quindi al volume d’affari del contravventore, che ha partecipato direttamente all’infrazione, e non a quello della società controllante solidalmente responsabile.

443    A tale proposito, si deve rilevare che l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 dispone che, per «ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente». Secondo una giurisprudenza costante, il fatturato di cui alla menzionata disposizione si riferisce al fatturato complessivo dell’impresa considerata (v. sentenze Dalmine/Commissione, cit. al punto 55 supra, punto 146, e Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 428 supra, punto 177 e giurisprudenza ivi citata).

444    Pertanto, il tetto del 10% del fatturato previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 dev’essere calcolato sulla base del volume d’affari complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE (sentenze del Tribunale HFB e a./Commissione, cit. al punto 311 supra, punto 528, e 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 390).

445    Orbene, nella specie la Commissione ha dimostrato che TKAG formava, ai fini dell’applicazione dell’art. 81 CE, un’unità economica con le sue controllate di cui all’art. 1 della decisione impugnata (v. supra punti 100‑149). Alla luce della giurisprudenza citata supra ai punti 443 e 444, per calcolare le ammende inflitte all’art. 2 della decisione impugnata la Commissione si è giustamente basata sul fatturato della società controllante, al fine di fissare le ammende ad un livello sufficientemente dissuasivo.

446    Ne consegue che la Commissione non ha violato l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 basandosi sul fatturato di TKAG per determinare il tetto del 10% del volume d’affari per le ammende da infliggere per le infrazioni commesse dalle società del gruppo ThyssenKrupp. Poiché le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 non sostengono che l’ammenda ad esse inflitta superi il limite del 10% di detto volume d’affari, le loro censure devono essere respinte.

 Sul motivo concernente la violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende

447    Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 fanno valere che l’importo finale delle ammende che sono state loro inflitte è sproporzionato.

448    Per dimostrare la violazione del principio di proporzionalità le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07 sottolineano, innanzi tutto, il carattere nazionale delle infrazioni sanzionate nella decisione impugnata. Poi, le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07 fanno valere che le ammende inflitte a ThyssenKrupp per le infrazioni in Belgio e in Lussemburgo sono eccessive rispetto alle dimensioni dei mercati di cui trattasi e non riflettono correttamente i rapporti di forza economici esistenti tra le imprese partecipanti alle infrazioni, i quali sarebbero stati determinanti al momento della commissione degli illeciti. Le ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sottolineano, sempre in tale contesto, che le ammende loro inflitte per le infrazioni in Belgio e nei Paesi Bassi sono un multiplo dei rispettivi fatturati di TKLA e TKL. Infine, la ricorrente nella causa T‑144/07 sostiene che il principio di proporzionalità obbliga la Commissione a fissare l’importo definitivo dell’ammenda in modo da riflettere la portata esatta della cooperazione di cui TKLA avrebbe dato prova, in particolare a prendere in considerazione la promessa di immunità fatta dall’autorità belga garante della concorrenza. A tale proposito la ricorrente nella causa T‑154/07 fa valere altresì che la Commissione avrebbe dovuto tenere conto dell’immunità che TKL avrebbe ottenuto dall’autorità olandese garante della concorrenza.

449    In via preliminare, va ricordato che dal principio di proporzionalità discende che gli atti delle istituzioni dell’Unione non devono superare i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. supra, punto 428).

450    Ne consegue che le ammende non devono essere sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti, vale a dire rispetto alle norme in materia di concorrenza, e che l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionata all’infrazione, valutata complessivamente, tenendo conto in particolare della sua gravità (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 428 supra, punto 224). Inoltre, nella determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione può tenere conto dell’esigenza di garantire alla stesse un effetto sufficientemente dissuasivo (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 247 supra, punto 108, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II‑869, punto 89).

451    Si deve rilevare, innanzi tutto, che nella specie le intese consistevano principalmente in un accordo collusivo segreto tra concorrenti per ripartirsi i mercati o congelare le quote di mercato attribuendosi i progetti relativi alla vendita e all’installazione di ascensori e/o di scale mobili nuovi, e per non farsi concorrenza nel settore della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili (tranne in Germania, in cui l’attività di manutenzione e di ammodernamento non è stata oggetto di discussioni tra i membri dell’intesa). Orbene, tali infrazioni rientrano per loro stessa natura tra le violazioni più gravi dell’articolo 81 CE (punto 658 della decisione impugnata).

452    A tale riguardo, le dimensioni relativamente ridotte del mercato dei prodotti di cui trattasi, quand’anche appurate, sono meno importanti di tutti gli altri elementi a sostegno della gravità dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza Roquette Frères/Commissione, cit. al punto 185 supra, punto 151). Vanno quindi respinti gli argomenti delle ricorrenti secondo cui le ammende inflitte dalla Commissione sarebbero sproporzionate rispetto alle dimensioni dei mercati rilevanti.

453    In seguito, per quanto concerne la proporzionalità delle ammende rispetto alle dimensioni e alla potenza economica delle unità economiche interessate, che agiscono in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE, si deve ricordare che dalle suesposte considerazioni emerge che esse non superano il tetto di cui all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, inteso ad evitare che le ammende siano sproporzionate rispetto all’importanza dell’impresa (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit. al punto 247 supra, punto 129, e sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, cit. al punto 428 supra, punto 229).

454    Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, ai fini della determinazione delle ammende la Commissione può prendere in considerazione segnatamente le dimensioni e la potenza economica dell’unità economica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE. Tuttavia, l’impresa pertinente da prendere in considerazione nel caso di specie non corrisponde a ciascuna controllata che ha partecipato alle infrazioni constatate all’art. 1, nn. 1, 3 e 4, della decisione impugnata. Al contrario, dall’analisi sopra esposta risulta che le imprese che hanno commesso le infrazioni di cui all’art. 1, nn. 1, 3 e 4, quarto trattino, della decisione impugnata sono costituite da TKAG e dall’insieme delle sue controllate menzionate nelle dette disposizioni della decisione impugnata (v. supra punti 100‑149). Pertanto, devono essere respinti gli argomenti delle ricorrenti che si limitano a dimostrare una sproporzione tra l’importo delle ammende inflitte dalla Commissione e il fatturato realizzato da tali controllate, ad esclusione della società controllante.

455    Per di più, dalla giurisprudenza risulta che la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’ammontare delle ammende in funzione della gravità e della durata dell’infrazione in questione, ad assicurare, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende a cui è giunto il suo calcolo per le imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra le stesse imprese in ordine al loro fatturato complessivo o al loro fatturato sul mercato interessato dall’infrazione (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, cit. al punto 94 supra, punto 312, e sentenza del Tribunale 4 luglio 2006, causa T‑304/02, Hoek Loos/Commissione, Racc. pag. II‑1887, punto 84).

456    Infatti, il Tribunale ha già considerato che l’importo finale dell’ammenda non costituisce, a priori, un elemento appropriato per determinare un’eventuale mancanza di proporzionalità dell’ammenda alla luce dell’importanza dei partecipanti dell’intesa. Infatti, la determinazione del detto importo finale è, in particolare, funzione di diverse circostanze collegate al comportamento individuale dell’impresa in questione, e non alla sua quota di mercato o al suo fatturato, come la durata dell’infrazione, l’esistenza di circostanze aggravanti o attenuanti e il grado di cooperazione della detta impresa (sentenza Hoek Loos/Commissione, cit. al punto 455 supra, punti 85 e 86).

457    Inoltre, dai punti 672, 673, 674, 676, 680 e 686 della decisione impugnata risulta che la Commissione, in sede di fissazione dell’importo di partenza specifico delle ammende, ha applicato un trattamento differenziato alle imprese interessate, al fine di tenere conto della loro importanza sui mercati interessati dalle intese. Infatti, la Commissione ha suddiviso le imprese «in varie categorie in funzione del volume d’affari realizzato nel settore degli ascensori e/o delle scale mobili, compresi, se del caso, i servizi di manutenzione e di ammodernamento» (punto 673 della decisione impugnata). Non possono quindi essere accolti gli argomenti delle ricorrenti secondo cui le ammende inflitte non rifletterebbero correttamente i rapporti di forza economici esistenti tra le imprese che hanno partecipato all’infrazione.

458    Infine, devono essere parimenti respinti gli argomenti delle ricorrenti nelle cause T‑144/07 e T‑154/07 secondo cui la Commissione non avrebbe tenuto conto della portata della cooperazione di ThyssenKrupp in Belgio e secondo cui essa avrebbe dovuto prendere in considerazione gli atti delle autorità nazionali garanti della concorrenza.

459    Si deve infatti ricordare che la cooperazione di TKLA per l’accertamento dell’infrazione in Belgio è stata debitamente presa in considerazione dalla Commissione ai punti 769‑774 della decisione impugnata. Dalle suesposte considerazioni (v. supra, punti 338‑370) emerge altresì che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione a tale riguardo. Inoltre, dai precedenti punti 156‑190 emerge che le ricorrenti non possono nemmeno far valere promesse di immunità asseritamente formulate dalle autorità belga e olandese garanti della concorrenza.

460    Alla luce delle precedenti considerazioni, il motivo sollevato dalle ricorrenti nelle cause T‑144/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 concernente la violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale dell’ammenda dev’essere respinto.

 Sulla determinazione dell’importo finale delle ammende

461    Come risulta dai precedenti punti 303‑323, occorre riformare la decisione impugnata nella parte in cui impone, per recidiva, una maggiorazione del 50% dell’importo di base delle ammende inflitte a ThyssenKrupp nella decisione impugnata.

462    L’importo finale di dette ammende è dunque calcolato come segue:

–        per l’infrazione in Belgio: l’importo di base dell’ammenda (EUR 57 750 000) è ridotto del 20% a titolo della cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il che determina un importo di EUR 46 200 000, e dell’1% a titolo della cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, ottenendo in tal modo un importo finale di ERU 45 738 000;

–        per l’infrazione in Germania: l’importo di base dell’ammenda (EUR 252 000 000) è ridotto dell’1% a titolo della cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il che determina un importo finale dell’ammenda di EUR 249 480 000;

–        per l’infrazione in Lussemburgo: l’importo di base dell’ammenda (EUR 9 000 000) è ridotto dell’1% a titolo della cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il che determina un importo finale dell’ammenda di EUR 8 910 000;

–        per l’infrazione nei Paesi Bassi: l’importo di base dell’ammenda (EUR 26 350 000) è ridotto del 40% a titolo della cooperazione nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, il che determina un importo di EUR 15 810 000, e dell’1% a titolo della cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002, ottenendo in tal modo un importo finale dell’ammenda di EUR 15 651 900.

 Sulle spese

463    Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nella fattispecie, si deve dichiarare che le ricorrenti sopporteranno i tre quarti delle proprie spese nonché tre quarti delle spese sostenute dalla Commissione. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese e un quarto delle spese sostenute dalle ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T‑144/07, T‑147/07, T‑148/07, T‑149/07, T‑150/07 e T‑154/07 sono riunite ai fini della presente sentenza.

2)      L’art. 2, n. 1, quarto trattino, n. 2, quarto trattino, n. 3, quarto trattino, e n. 4, quarto trattino, della decisione della Commissione 21 febbraio 2007, C (2007) 512 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’articolo 81 [CE] (Caso COMP/E-1/38.823 – Ascensori e scale mobili), è annullato.

3)      Nelle cause T‑144/07, T‑149/07 e T‑150/07, l’importo dell’ammenda inflitta a ThyssenKrupp Liften Ascenseurs NV, ThyssenKrupp Elevator AG e ThyssenKrupp AG all’art. 2, n. 1, quarto trattino, della decisione C (2007) 512 per l’infrazione in Belgio è fissato in EUR 45 738 000.

4)      Nelle cause T‑147/07, T‑149/07 e T‑150/07, l’importo dell’ammenda inflitta a ThyssenKrupp Aufzüge GmbH, ThyssenKrupp Fahrtreppen GmbH, ThyssenKrupp Elevator e ThyssenKrupp all’art. 2, n. 2, quarto trattino, della decisione C (2007) 512 per l’infrazione in Germania è fissato in EUR 249 480 000.

5)      Nelle cause T‑148/07, T‑149/07 e T‑150/07, l’importo dell’ammenda inflitta a ThyssenKrupp Ascenseurs Luxembourg Sàrl, ThyssenKrupp Elevator e ThyssenKrupp all’art. 2, n. 3, quarto trattino, della decisione C (2007) 512 per l’infrazione in Lussemburgo è fissato in EUR 8 910 000.

6)      Nelle cause T‑150/07 e T‑154/07, l’importo dell’ammenda inflitta a ThyssenKrupp Liften BV e ThyssenKrupp all’art. 2, n. 4, quarto trattino, della decisione C (2007) 512 per l’infrazione nei Paesi Bassi è fissato in EUR 15 651 900.

7)      I ricorsi sono respinti quanto al resto.

8)      In ciascuna causa le ricorrenti sopporteranno i tre quarti delle proprie spese nonché i tre quarti delle spese della Commissione europea. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese nonché un quarto delle spese delle ricorrenti.


Martins Ribeiro

Wahl

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2011.

Firme


Indice


Procedimento amministrativo

1.  Indagine della Commissione

Belgio

Germania

Lussemburgo

Paesi Bassi

2.  Comunicazione degli addebiti

3.  Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

Nel merito

1.  Osservazioni preliminari

2.  Sulle domande di annullamento della decisione impugnata

Sul motivo concernente la mancanza di competenza della Commissione

Sul primo capo, vertente su una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, in quanto le intese in questione non pregiudicherebbero il commercio fra Stati membri

Sul secondo capo, relativo ad una violazione del regolamento n. 1/2003, della comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete e dei principi di parità di trattamento e di tutela del legittimo affidamento, in quanto la Commissione avrebbe dovuto lasciare alle autorità nazionali garanti della concorrenza interessate il compito di reprimere le infrazioni

Sul motivo concernente una violazione dei principi che disciplinano l’imputazione della responsabilità per le violazioni dell’art. 81 CE, della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e della parità di trattamento, nonché una violazione dei diritti della difesa e dell’art. 253 CE nell’imputazione alle società controllanti delle infrazioni commesse dalle loro controllate

Osservazioni preliminari

Sull’imputazione a TKE e TKAG delle infrazioni constatate all’art. 1 della decisione impugnata

–  Sulla presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per i comportamenti delle loro controllate

–  Sugli elementi addotti dalle ricorrenti al fine di confutare la presunzione di responsabilità di TKAG e TKE per il comportamento delle rispettive controllate

Sulla violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa

Sulle domande di misure istruttorie

3.  Sulle domande di annullamento o di riduzione dell’importo delle ammende inflitte

Sul motivo concernente una violazione del principio del ne bis in idem

Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, dei principi di proporzionalità e di parità di trattamento nonché dei diritti della difesa nella determinazione dell’importo di partenza delle ammende in funzione della gravità delle infrazioni

Osservazioni preliminari

Decisione impugnata

Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza generali delle ammende

Sull’asserita illegittimità degli importi di partenza specifici delle ammende

Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità, dell’art. 253 CE e del principio della parità di trattamento nell’applicazione del coefficiente moltiplicatore di gruppo al fine di tener conto dell’obiettivo di dissuasione nello stabilire l’importo di partenza delle ammende

Sul motivo concernente una violazione degli orientamenti del 1998, del principio di proporzionalità e dei diritti della difesa nell’aumento dell’importo di base delle ammende fino al 50% a titolo della recidiva

Sul motivo concernente una violazione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e una violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento e di parità di trattamento nella valutazione della cooperazione

Sulla comunicazione sulla cooperazione del 2002

Sul margine di discrezionalità della Commissione e sul controllo del giudice dell’Unione

Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Belgio

Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Germania

Sulla cooperazione di ThyssenKrupp ai fini dell’accertamento dell’infrazione in Lussemburgo

Sul motivo concernente la violazione dei principi di tutela del legittimo affidamento, di parità di trattamento, di proporzionalità e di buona amministrazione nella determinazione dell’importo della riduzione delle ammende concessa per la cooperazione al di fuori dell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2002

Sul motivo concernente la violazione dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003

Sul motivo concernente la violazione del principio di proporzionalità nel calcolo dell’importo finale delle ammende

Sulla determinazione dell’importo finale delle ammende

Sulle spese


* Lingue processuali: l’olandese e il tedesco.


1 – Dati confidenziali omessi.