Language of document : ECLI:EU:T:2011:363

Cause T141/07, T142/07, T145/07 e T146/07

General Technic-Otis Sàrl e altri

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE — Manipolazione delle gare d’appalto — Ripartizione dei mercati — Fissazione dei prezzi»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100%

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

2.      Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100% — Violazione del principio di personalità delle pene — Insussistenza — Violazione della presunzione di innocenza — Insussistenza

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

3.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Motivazione implicita — Ammissibilità

(Art. 253 CE)

4.      Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100% — Controllata detenuta tramite una società holding intermedia — Circostanza insufficiente a superare la presunzione

(Art. 81 CE)

5.      Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100% — Indipendenza del comportamento del personale dipendente delle controllate rispetto a queste ultime — Insussistenza

(Art. 81 CE)

6.      Concorrenza — Regole dell’Unione — Destinatari — Imprese — Nozione — Esercizio di un’attività economica — Entità che detiene partecipazioni di controllo in una società e si ingerisce nella gestione di quest’ultima — Inclusione

(Art. 81, n. 1, CE)

7.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Omessa comunicazione di un documento non determinante al fine di suffragare un addebito — Onere della prova

8.      Concorrenza — Ammende — Orientamenti per il calcolo delle ammende — Natura giuridica

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione — Obbligo di prendere in considerazione l’impatto concreto sul mercato — Insussistenza — Ruolo fondamentale del criterio vertente sulla natura dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Obbligo di prendere in considerazione le dimensioni del mercato — Insussistenza

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, secondo comma, terzo trattino)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Presa in considerazione dell’effettiva capacità economica dell’impresa di arrecare un danno

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Durata dell’infrazione — Infrazioni di lunga durata — Maggiorazione automatica del 10% dell’importo di partenza per ciascun anno

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 B, primo comma, trattini 13)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo — Criteri di valutazione del fattore di dissuasione — Presa in considerazione delle dimensioni e delle risorse complessive dell’impresa sanzionata

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda in contropartita di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti — Valore aggiunto significativo degli elementi di prova forniti dall’impresa di cui trattasi

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

15.    Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Censura formulata in una nota a piè di pagina del ricorso — Irricevibilità

[Regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Applicazione della comunicazione sulla cooperazione — Riduzione a motivo della mancata contestazione al di fuori della suddetta comunicazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazioni della Commissione 96/C 207/04 e 2002/C 45/03)

17.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Riduzione a motivo della mancata contestazione al di fuori della comunicazione sulla cooperazione — Proporzionalità

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Rispetto del principio di proporzionalità — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

1.      Il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra i due soggetti giuridici. Infatti, in una simile situazione la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa. Così, il fatto che una società controllante e la propria controllata costituiscano una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende alla società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione.

A tal riguardo, la Commissione non può limitarsi a constatare che un’impresa può esercitare un’influenza determinante su un’altra impresa senza che necessiti verificare se tale influenza sia stata effettivamente esercitata. Al contrario, spetta in via di principio alla Commissione dimostrare siffatta influenza determinante sulla base di un insieme di elementi fattuali tra cui, in particolare, l’eventuale potere direttivo di una delle imprese in questione nei confronti dell’altra.

Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata.

In simili circostanze, è sufficiente che la Commissione dimostri che l’intero capitale di una controllata è detenuto dalla sua società controllante per presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare la suddetta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

Del resto, la valutazione relativa all’eventuale esistenza di un potere direttivo congiunto delle società controllanti sulla loro controllata deve essere effettuata in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso. Conseguentemente, le valutazioni della Commissione sulle circostanze di fatto di casi antecedenti non sono trasponibili a tutte le fattispecie concrete, in quanto le decisioni relative ad altri casi possono avere solo un carattere meramente indicativo considerata l’assenza di identità tra gli elementi di fatto caratterizzanti i casi.

Ne consegue che, quando la società controllante, nel periodo dell’infrazione, detiene direttamente il 100% del capitale di una delle sue controllate e, indirettamente, tramite questa, il 100% del capitale di altre controllate ubicate in diversi Stati membri, la Commissione presume legittimamente che la società controllante, nel corso di tale periodo dell’infrazione, abbia esercitato un’influenza determinante sulla politica commerciale di queste ultime.

(v. punti 56-60, 69-70, 108, 381)

2.      In forza del principio di personalità delle pene e delle sanzioni, che è applicabile a tutti i procedimenti amministrativi che possano condurre a sanzioni in forza delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, un’impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti. Tuttavia, tale principio deve conciliarsi con la nozione di impresa. Infatti, non è una relazione di istigazione a commettere l’illecito tra la controllante e la sua controllata né, a maggior ragione, un’implicazione della prima in tale illecito, ma il fatto che esse costituiscono un’unica impresa ai sensi dell’art. 81 CE che permette alla Commissione di indirizzare alla società capogruppo la decisione che irroga ammende.

Il principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, fa parte dei diritti fondamentali che sono riconosciuti nell’ordinamento giuridico dell’Unione e che è stato riaffermato altresì dall’art. 6, n. 2, UE nonché dall’art. 48, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica segnatamente alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende.

In tale contesto, una regola relativa all’imputabilità di un’infrazione, quale la presunzione d’influenza determinante di una società controllante che detenga il 100% del capitale delle sue controllate sulle stesse, non può violare la suddetta presunzione. Difatti, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che l’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo non osti alle presunzioni di fatto o di diritto che si riscontrano nelle leggi penali, ma imponga di contenerle entro limiti ragionevoli che tengano conto della gravità dell’offesa e che rispettino i diritti della difesa. Pertanto, non si può considerare una violazione della presunzione d’innocenza il fatto che, in procedimenti in materia di concorrenza, da regole di esperienza comune vengano tratte determinate conclusioni, purché le imprese di cui trattasi abbiano la possibilità di inficiare tali conclusioni.

(v. punti 71, 73, 77)

3.      La motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione dell’Unione da cui promana l’atto controverso, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il suo controllo.

La questione se la motivazione di una decisione soddisfi le condizioni stabilite da detta disposizione va esaminata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia.

Inoltre, una motivazione può essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e al Tribunale di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo.

(v. punti 80, 97, 301-302)

4.      Il fatto che una controllante sia società holding di un gruppo diversificato, il cui controllo sulle attività di una delle sue controllate sia limitato a quanto richiesto dagli obblighi che gravano sulla società controllante stessa nei confronti dei propri azionisti, non è atto a confutare la presunzione di responsabilità per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza a carico della società controllante che detiene il 100% del capitale delle sue controllate. Infatti, nel contesto di un gruppo di società, una holding è una società volta a raggruppare partecipazioni in diverse società e la cui funzione consiste nell’assicurarne l’unità di direzione.

(v. punto 84)

5.      Per quanto concerne la presunzione di responsabilità di una società controllante che detenga il 100% del capitale delle sue controllate per violazioni delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, il fatto che alcuni dipendenti di dette controllate abbiano agito in spregio alle istruzioni della controllante, in particolare dissimulando le loro azioni di fronte ai superiori e a quest’ultima, non può confutare la presunzione relativa alla mancanza di autonomia delle controllate in questione. A tal proposito, la distinzione operata tra le controllate e i loro dipendenti, che avrebbero commesso le infrazioni dissimulando le proprie azioni dinanzi ai superiori e alla stessa società, è artificiosa. Detti dipendenti si trovano, rispetto alle controllate presso le quali sono impiegati, in un rapporto caratterizzato dal fatto che essi lavorano per e sotto la direzione di ciascuna di esse e fanno parte, per la durata di tale rapporto, di dette società e, pertanto, formano con ognuna di esse un’unità economica.

(v. punto 87)

6.      Nel contesto del diritto della concorrenza, il concetto di impresa abbraccia qualsiasi entità che svolga un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, quando tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o di socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene. Per contro, un soggetto il quale, titolare di partecipazioni di controllo in una società, eserciti effettivamente tale controllo, partecipando direttamente o indirettamente alla gestione della medesima, deve essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata. Per verificare se un siffatto controllo sia effettivamente esercitato nell’ambito dell’analisi dell’esistenza di un’unità economica tra diverse società che fanno parte di un gruppo, possono essere presi in considerazione l’influenza della società controllante per quanto riguarda la politica dei prezzi, le attività di produzione e di distribuzione, gli obiettivi di vendita, i margini lordi, le spese di vendita, la liquidità, le scorte e il marketing, ma anche tutti gli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano dette società, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere elencati in modo tassativo.

(v. punti 101, 103)

7.      Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa. A tal proposito, la comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale che applica tale principio fondamentale. Quest’ultimo richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza deve contenere gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova su cui si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico.

In tale contesto, l’omessa comunicazione di un documento a carico configura una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito possa essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. In presenza di altre prove documentali, di cui le parti sono venute a conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengono specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. All’impresa interessata spetta pertanto dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare tale impresa.

(v. punti 122-124, 197)

8.      Anche se gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento. Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento. Inoltre, i menzionati orientamenti stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese.

(v. punti 137-139)

9.      La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza in seno all’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione.

Conformemente al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, la Commissione, nel valutare la gravità dell’infrazione, deve procedere ad un esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente quando risulti che tale impatto è misurabile. Per valutare l’impatto in parola, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione. Pertanto, dal momento che le ricorrenti non dimostrano che l’impatto concreto delle intese fosse misurabile, la Commissione non è obbligata a tenere conto dell’impatto concreto delle infrazioni al fine di valutarne la gravità. L’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è, infatti, un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione. Determinati elementi attinenti all’intenzionalità della condotta possono assumere un rilievo maggiore di quello rappresentato dai detti effetti, soprattutto quando si tratti di violazioni intrinsecamente gravi, quali la ripartizione dei mercati. Così, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi operata negli orientamenti citati risulta che accordi o pratiche concordate miranti specificamente alla ripartizione dei mercati possono, già solo per questa loro natura, essere qualificati come «molto gravi», senza che sia necessario che tali comportamenti siano caratterizzati da un impatto o da un’estensione geografica particolare. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni «gravi» sono espressamente menzionati l’impatto sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, per contro, non si menziona alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica.

Simili infrazioni rientrano altresì tra gli esempi di intese espressamente dichiarate incompatibili con il mercato comune dall’art. 81, n. 1, lett. c), CE. Oltre alla grave alterazione del gioco della concorrenza che esse comportano, queste intese, in quanto obbligano le parti a rispettare mercati distinti, spesso delimitati dalle frontiere nazionali, provocano l’isolamento di questi mercati, ostacolando così l’obiettivo principale del Trattato di integrazione del mercato comune. Pertanto, infrazioni di questo tipo, in particolare quando si tratta di intese orizzontali, sono qualificate dalla giurisprudenza come «particolarmente gravi» o come «infrazioni patenti».

Inoltre, l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai sensi di detti orientamenti ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti più Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato, né il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali. Peraltro, l’intero territorio di uno Stato membro, anche se relativamente piccolo in confronto con gli altri Stati membri, costituisce comunque una parte sostanziale del mercato comune.

(v. punti 135, 151-152, 156, 158-160, 163-164, 180, 182-184, 195, 202, 206)

10.    In materia di decisioni con cui la Commissione accerta una violazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza e infligge ammende, le dimensioni del mercato rilevante non costituiscono, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione, e la Commissione non è peraltro obbligata a procedere ad una delimitazione del mercato rilevante o ad una valutazione delle sue dimensioni, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale. Infatti, gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano nemmeno a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano.

Inoltre, la Commissione determina in modo coerente gli importi di partenza generali delle ammende per infrazioni commesse in più Stati membri, dato che, in considerazione della dimensione dei mercati interessati, detti importi sono tanto maggiori quanto maggiore era la dimensione di tali mercati, pur senza attenersi ad una formula matematica precisa.

In tali circostanze, non occorre né ridurre l’importo di partenza generale dell’ammenda stabilita per l’infrazione commessa in Lussemburgo e corrispondente alla metà del limite minimo normalmente previsto dai summenzionati orientamenti per l’infrazione qualificata come molto grave né ritenere che tale importo abbia carattere eccessivo.

(v. punti 168-172, 174, 176-177, 180, 203)

11.    Nell’ambito del calcolo delle ammende inflitte ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, un trattamento differenziato tra le imprese interessate rientra nell’esercizio dei poteri spettanti alla Commissione in forza di tale disposizione. Infatti, nell’ambito del suo margine discrezionale, la Commissione è chiamata a individualizzare la sanzione in funzione dei comportamenti e delle caratteristiche propri delle imprese interessate, al fine di garantire, in ogni caso di specie, la piena efficacia delle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Pertanto, ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, per un’infrazione di una determinata gravità, può essere opportuno, nei casi che coinvolgono più imprese, come i cartelli, ponderare l’importo di partenza generale per stabilire un importo di partenza specifico, tenendo conto del peso e dunque dell’impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione. In particolare, è necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori.

Inoltre, secondo detti orientamenti, il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo rigorosamente aritmetico.

La Commissione pertanto agisce nel rispetto del principio di parità di trattamento allorché prende in considerazione le differenze tra la situazione di un’impresa che ha partecipato ad una sola parte di un’intesa giudicata contraria alle norme in materia di concorrenza, da un lato, e quella di imprese che hanno partecipato a più parti di questa, dall’altro, e, pertanto, di fatturati diversi per le due categorie di imprese interessate.

(v. punti 210-212, 220-221)

12.    Conformemente all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la durata dell’infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese responsabili di violazioni delle regole di concorrenza, e gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA distinguono fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza considerato per la gravità non dovrebbe essere aumentato, le infrazioni di media durata (in generale da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato per ciascun anno del 10%. Pertanto, in applicazione delle norme che la stessa Commissione si è imposta con gli orientamenti, essa ha aumentato dell’80%, ossia del 10% per ogni anno, l’importo di partenza dell’ammenda per la durata dell’infrazione che si è prolungata per un periodo di oltre otto anni, senza che tale aumento possa essere considerato manifestamente sproporzionato, tenuto conto della lunga durata dell’infrazione.

Per di più, in presenza di un’infrazione unica e continuata, caratterizzata dal fatto che, per tutta la durata dell’infrazione, i partecipanti alla stessa hanno perseguito un obiettivo comune, in particolare per attribuirsi progetti e limitare il loro comportamento commerciale individuale nella presentazione delle offerte, e che riveste conseguentemente carattere molto grave per tutta la sua durata, la Commissione può applicare la medesima percentuale di aumento per l’intero periodo dell’infrazione.

(v. punti 225-226, 228-229, 232)

13.    La necessità di garantire un sufficiente effetto deterrente all’ammenda, sebbene non giustifichi l’aumento del livello generale delle ammende nell’ambito di attuazione di una politica di concorrenza, esige che l’importo dell’ammenda sia modulato al fine di tener conto dell’effetto perseguito sull’impresa cui essa è inflitta, e ciò affinché l’ammenda non sia resa insignificante o, al contrario, eccessiva, con particolare riferimento alla capacità finanziaria dell’impresa in parola, in conformità alle esigenze derivanti, da un lato, dalla necessità di garantire l’efficacia dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità.

A questo proposito, la Commissione può considerare il fatturato globale di ciascuna impresa che faccia parte di un’intesa come un criterio pertinente al fine di determinare un coefficiente moltiplicatore a fini deterrenti. Così, le dimensioni e le risorse globali di un’impresa sono i criteri pertinenti rispetto all’obiettivo perseguito, ossia garantire l’effettività dell’ammenda adeguandone l’importo in considerazione delle risorse globali dell’impresa e della sua capacità di mobilizzare i fondi necessari per il pagamento di detta ammenda. Infatti, la fissazione della percentuale di aumento dell’importo di base per assicurare un sufficiente effetto deterrente all’ammenda è diretta più a garantire l’efficacia dell’ammenda che a dar conto della nocività dell’infrazione per il gioco normale della concorrenza e, pertanto, della gravità della detta infrazione.

Inoltre, l’eventuale mancata valutazione della probabilità di recidiva da parte dell’impresa interessata non pregiudica affatto la legittimità del coefficiente moltiplicatore. Infatti, il nesso tra, da un lato, le dimensioni e le risorse globali delle imprese e, dall’altro, la necessità di assicurare all’ammenda un effetto dissuasivo è incontestabile. A questo proposito, un’impresa di grandi dimensioni, dotata di considerevoli risorse finanziarie rispetto a quelle degli altri membri di un’intesa, è in grado di svincolare più facilmente i fondi necessari al pagamento della sua ammenda, il che giustifica, in vista di un effetto dissuasivo sufficiente della stessa, che si commini, in particolare mediante applicazione di un coefficiente moltiplicatore, un’ammenda proporzionalmente più elevata rispetto alla stessa infrazione commessa da un’impresa che non dispone di pari risorse.

Poiché la maggiorazione dell’importo di partenza intesa a garantire all’ammenda un effetto sufficientemente dissuasivo mira, in particolare, a garantire l’effettività dell’ammenda in relazione alla capacità finanziaria dell’impresa, infine, la Commissione non è tenuta a tenere conto, nel determinare il coefficiente moltiplicatore applicabile, dell’elaborazione di un programma di messa in conformità con le regole di concorrenza da parte dell’impresa interessata.

(v. punti 239-242, 245, 247)

14.    La comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese configura uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale nella determinazione delle ammende inflitte per infrazioni alle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Ne consegue un’autolimitazione di tale potere, che non è tuttavia incompatibile con il mantenimento di un margine di valutazione sostanziale da parte Commissione.

Pertanto, la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità allorché è chiamata a valutare se gli elementi di prova forniti da un’impresa che abbia espresso la propria intenzione di beneficiare della comunicazione sulla cooperazione costituiscano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 di detta comunicazione.

Analogamente, la Commissione, dopo avere constatato che taluni elementi di prova costituiscono un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione, dispone di un margine di valutazione quando è chiamata a stabilire il livello esatto della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere all’impresa interessata. Infatti, il punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione prevede forcelle per la riduzione dell’importo dell’ammenda per le diverse categorie di imprese considerate.

Date tali circostanze, la Commissione non esorbita manifestamente dai limiti del suo potere discrezionale concedendo una riduzione dell’ammenda compresa in tali forcelle, qualora gli elementi di prova, indipendentemente dalla loro qualità e utilità, siano stati comunicati al momento in cui la Commissione disponeva delle informazioni necessarie a dimostrare un’infrazione all’art. 81 CE, aveva giä effettuato una serie di accertamenti ed aveva già ricevuto una domanda a titolo della suddetta comunicazione da un’altra impresa.

(v. punti 260-261, 263-265, 270, 273-274, 278, 282-284, 289, 291, 295, 298, 309-312, 322-323, 326, 328-332, 345-349, 375, 377)

15.    Una censura, che è stata formulata in una nota a piè di pagina del ricorso e non è stata minimamente sviluppata dalle ricorrenti, non soddisfa le condizioni di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale ed è, quindi, irricevibile.

(v. punto 338)

16.    Il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate. Per contro, nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione. Costituiscono assicurazioni in tal senso le informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili.

Nell’ambito della determinazione dell’importo di un’ammenda per infrazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza, l’annuncio, contenuto nella comunicazione degli addebiti, che la Commissione intende concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda al di fuori della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese non può configurare un’assicurazione precisa quanto all’entità e alla percentuale della riduzione che sarebbe stata eventualmente accordata alle imprese interessate. Pertanto, una simile affermazione non può in alcun modo suscitare un legittimo affidamento a tale riguardo.

Neppure una prassi decisionale anteriore della Commissione può fungere da quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza.

(v. punti 359-364)

17.    Dal principio di proporzionalità discende che gli atti delle istituzioni dell’Unione non devono superare i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

A tale riguardo, non viola il principio di proporzionalità una decisione della Commissione che conceda solo una riduzione minima dell’importo delle ammende dell’1% per la mancata contestazione dei fatti e tenuto conto del valore marginale di una cooperazione offerta dopo la comunicazione degli addebiti, dato che tale riduzione si somma a quelle già concesse nell’ambito della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese.

(v. punti 366, 370, 383)

18.    Per quanto riguarda il rispetto del principio di proporzionalità nella determinazione dell’importo delle ammende per infrazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza, simili ammende non devono essere sproporzionate rispetto agli scopi perseguiti, vale a dire rispetto all’osservanza delle norme in materia di concorrenza, e l’importo dell’ammenda inflitta ad un’impresa per un’infrazione in materia di concorrenza deve essere proporzionato all’infrazione, valutata complessivamente, tenendo conto in particolare della sua gravità. Inoltre, nella determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione può tenere conto dell’esigenza di garantire alla stessa un effetto sufficientemente dissuasivo.

(v. punto 384)