Language of document : ECLI:EU:C:2023:588

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 13 luglio 2023 (1)

Causa C255/21

Reti Televisive Italiane SpA (RTI)

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,

nei confronti di:

Elemedia SpA,

Radio Dimensione Suono SpA,

RTL 102,5 Hit Radio s.r.l.

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Servizi di media audiovisivi – Direttiva 2010/13/UE – Pubblicità televisiva – Articolo 23 – Limiti di affollamento pubblicitario orario televisivo – Deroga per gli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi – Pubblicità per un’emittente radiofonica appartenente allo stesso gruppo di emittenti»






I.      Introduzione

1.        La pubblicità di un’emittente televisiva per una stazione radiofonica appartenente allo stesso gruppo radiotelevisivo può costituire un «annuncio dell’emittente relativo ai propri programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13/UE sui servizi di media audiovisivi (2) e, in quanto tale, essere esclusa dal computo nei limiti di affollamento pubblicitario televisivo previsti dalla direttiva stessa? È questa, in sostanza, la questione che la Corte di giustizia è chiamata a risolvere nell’ambito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

II.    Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        Il quadro normativo dell’Unione nel caso di specie è costituito dalla direttiva 2010/13 nel suo testo originario [in prosieguo: la «direttiva 2010/13 (testo previgente)»] (1). Il giudice del rinvio si interroga, inoltre, in merito alla rilevanza della direttiva (UE) 2018/1808, recante modifica della direttiva 2010/13, in considerazione dell’evoluzione delle realtà di mercato (3) con riguardo al caso di specie, sebbene le modifiche introdotte da tale direttiva nella direttiva 2010/13 non siano applicabili nel procedimento principale (2).

1.      Direttiva 2010/13

3.        I considerando 5, da 21 a 23, 25, 41, 83, 87, 96 e 97 della direttiva 2010/13 (testo previgente) recitano, per estratto, come segue:

«(5) I servizi di media audiovisivi sono nel contempo servizi culturali ed economici. L’importanza crescente che rivestono per le società, la democrazia – soprattutto a garanzia della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi di informazione –, l’istruzione e la cultura giustifica l’applicazione di norme specifiche a tali servizi.

(...)

(21) Ai fini della presente direttiva, la definizione di servizi di media audiovisivi (…) dovrebbe limitarsi ai servizi definiti dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea, inglobando quindi tutte le forme di attività economica, comprese quelle svolte dalle imprese di servizio pubblico (...).

(22) Ai fini della presente direttiva, la definizione di servizi di media audiovisivi dovrebbe comprendere i mezzi di comunicazione di massa in quanto mezzi d’informazione, d’intrattenimento e di istruzione destinati al grande pubblico e includere le comunicazioni audiovisive commerciali (...). Tale definizione dovrebbe escludere tutti i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, vale a dire i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale. È il caso, ad esempio, dei siti Internet che contengono elementi audiovisivi a titolo puramente accessorio, quali elementi grafici animati, brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo (...).

(23) Ai fini della presente direttiva, il termine “audiovisivo” dovrebbe riferirsi a immagini in movimento, siano esse sonore o meno, includendo pertanto i film muti, ma non le trasmissioni audio né i servizi radiofonici (...).

(...)

(25) Il concetto di responsabilità editoriale è essenziale per la definizione del ruolo del fornitore di servizi di media e, di conseguenza, per quella dei servizi di media audiovisivi (...).

(...)

(41) Gli Stati membri dovrebbero poter applicare ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione norme più dettagliate o severe nei settori coordinati dalla presente direttiva, assicurandosi che tali norme siano conformi ai principi generali del diritto dell’Unione (...).

(...)

(83) Per garantire un’integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, è essenziale che la pubblicità televisiva sia sottoposta ad un certo numero di norme minime e di criteri e che gli Stati membri abbiano la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate e, in alcuni casi, condizioni differenti per le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione.

(...)

(87) Dovrebbe essere previsto un limite del 20% per spot di televendita e pubblicità televisiva per ora d’orologio, applicabile anche nelle ore di maggiore ascolto. Il concetto di spot televisivo pubblicitario dovrebbe essere inteso come pubblicità televisiva, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), della durata massima di dodici minuti.

(...)

(96) Occorre chiarire che le attività di autopromozione costituiscono una forma particolare di pubblicità con cui l’emittente promuove i propri prodotti, servizi, programmi o canali. In particolare, le presentazioni contenenti brani di programmi dovrebbero essere considerate quali programmi.

(97) Il tempo di trasmissione quotidiano dedicato agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo quotidiano o orario concesso per la pubblicità e la televendita».

4.        L’articolo 1 della direttiva 2010/13 (testo previgente) contiene le definizioni e al paragrafo 1 così recita, per estratto:

«1. Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(a) “servizio di media audiovisivo”:

(i) un servizio, quale definito agli articoli 56 e 57 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico (...);

(ii) una comunicazione commerciale audiovisiva;

(b) “programma”, una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media la cui forma e il cui contenuto sono comparabili alla forma e al contenuto della radiodiffusione televisiva. Sono programmi, ad esempio, i lungometraggi, le manifestazioni sportive, le commedie di situazione (sitcom), i documentari, i programmi per bambini e le fiction originali;

(c) “responsabilità editoriale”, l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta. La responsabilità editoriale non implica necessariamente la responsabilità giuridica ai sensi del diritto nazionale per i contenuti o i servizi forniti;

(d) “fornitore di servizi di media”, la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione;

(e) “radiodiffusione televisiva” o “trasmissione televisiva” (vale a dire un servizio di media audiovisivo lineare), un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi;

(f) “emittente”, un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive;

(...)

(h) “comunicazione commerciale audiovisiva”, immagini, sonore o non sonore, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti;

(i) “pubblicità televisiva”, ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

(...)».

5.        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (testo previgente) così dispone:

«Gli Stati membri conservano la facoltà di richiedere ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione di rispettare norme più particolareggiate o più rigorose nei settori coordinati dalla presente direttiva, purché tali norme siano conformi al diritto dell’Unione».

6.        L’articolo 23 della direttiva 2010/13 (testo previgente) prevede quanto segue:

«1. La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%.

2. Il paragrafo 1 non si applica agli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti».

2.      Direttiva 2018/1808

7.        La direttiva 2018/1808 ha introdotto talune modifiche alla direttiva 2010/13. I considerando 1, 3 e 43 di detta direttiva così recitano, per estratto:

«(1) L’ultima modifica sostanziale della direttiva 89/552/CEE del Consiglio, successivamente codificata dalla direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, era stata apportata nel 2007 con l’adozione della direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Da allora il mercato dei servizi di media audiovisivi ha subito un’evoluzione significativa e rapida a causa dell’attuale convergenza tra la televisione e i servizi internet. (...)

(...)

(3) La direttiva 2010/13/UE dovrebbe rimanere applicabile unicamente ai servizi la cui finalità principale è la fornitura di programmi destinati a informare, intrattenere o istruire. Il requisito della finalità principale dovrebbe essere considerato soddisfatto anche se il servizio ha un contenuto e una forma audiovisivi distinguibili dall’attività principale del fornitore del servizio, come le parti autonome dei quotidiani online che propongono programmi audiovisivi o i video generati dagli utenti ove tali parti possano essere considerate distinguibili dall’attività principale. Un servizio dovrebbe essere considerato un semplice complemento indistinguibile dall’attività principale a causa dei legami tra l’offerta audiovisiva e l’attività principale, come la fornitura di notizie per iscritto. (…)

(...)

(43) Il tempo di trasmissione dedicato agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero ad annunci di servizio pubblico e appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente, ad eccezione dei costi sostenuti per la trasmissione di questi ultimi, non dovrebbe essere incluso nel tempo di trasmissione massimo concesso per la pubblicità televisiva e la televendita. Inoltre numerose emittenti fanno parte di grandi gruppi di emittenti e trasmettono annunci che riguardano non soltanto i propri programmi e i prodotti collaterali direttamente derivati da tali programmi, ma anche i programmi e i servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti allo stesso gruppo di emittenti. Neanche il tempo di trasmissione dedicato a tali annunci dovrebbe essere incluso nella durata massima del tempo di trasmissione che può essere concesso per la pubblicità televisiva e la televendita».

8.        L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13, come modificato dalla direttiva 2018/1808, così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per

(...)

(b) “programma”, una serie di immagini animate, sonore o non, che costituiscono un singolo elemento, indipendentemente dalla sua durata, nell’ambito di un palinsesto o di un catalogo stabilito da un fornitore di servizi di media, comprensivo di lungometraggi, videoclip, manifestazioni sportive, commedie di situazione (sitcom), documentari, programmi per bambini e fiction originali».

9.        L’articolo 23 della direttiva 2010/13, novellato dalla direttiva 2018/1808, così dispone:

«1. La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 06.00 e le ore 18.00 non supera il 20% di tale fascia oraria. La percentuale di spot televisivi pubblicitari e di spot di televendita nella fascia oraria compresa fra le ore 18.00 e le ore 24.00 non supera il 20% di tale fascia oraria.

2) Il paragrafo 1 non si applica

a) agli annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati ovvero in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti;

b) agli annunci di sponsorizzazione;

c) agli inserimenti di prodotti;

d) agli schermi neutri tra il contenuto editoriale e gli spot televisivi pubblicitari o di televendita, e tra i singoli spot».

B.      Diritto italiano

10.      Il decreto legislativo del 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (in prosieguo: il d.lgs. n. 177/2005) prevede all’articolo 38, comma 2, che la trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti in chiaro, anche analogiche, in ambito nazionale, diverse dalla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, non può eccedere il 15% dell’orario giornaliero di programmazione ed il 18% di una determinata e distinta ora d’orologio; un’eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2% nel corso dell’ora, deve essere recuperata nell’ora antecedente o successiva.

11.      Il comma 6 dello stesso articolo 38 prevede che il menzionato comma 2 non si applica agli annunci delle emittenti, anche analogiche, relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati, agli annunci di sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti.

12.      L’articolo 52 del d.lgs. n. 177/2005 disciplina le sanzioni per le violazioni del menzionato articolo 38.

III. Fatti di causa e questioni pregiudiziali

13.      La Reti Televisive Italiane s.p.a. (in prosieguo: la «RTI») è proprietaria delle emittenti televisive «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4». Detiene, inoltre, l’80% delle azioni della Monradio Srl, titolare dell’emittente radiofonica «R101»; il restante 20% delle azioni è di proprietà di un’altra società appartenente allo stesso gruppo radiotelevisivo.

14.      Con tre decisioni del 19 dicembre 2017, notificate l’8 gennaio 2018, riguardanti, rispettivamente, le emittenti «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4», l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ente di vigilanza italiano nel settore radiotelevisivo, sanzionava la RTI per la violazione dei limiti di affollamento pubblicitario consentiti dalla legge nazionale in base all’articolo 38, comma 2, e all’articolo 52 del d.lgs. n. 177/2005. In tale provvedimento venivano parimenti computate le pubblicità trasmesse nei programmi di «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4» aventi ad oggetto la promozione dell’emittente radiofonica «R101».

15.      Con tre ricorsi distinti, ma sostanzialmente identici, la RTI impugnava le menzionate tre decisioni dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) (in prosieguo: il «TAR»). A parere della RTI, i comunicati diffusi dalle proprie tre emittenti televisive riguarderebbero esclusivamente la presentazione di programmi di «R101» e avrebbero dovuto essere quindi classificati come messaggi di autopromozione dei propri programmi i quali, ai sensi dell’articolo 38, comma 6, del d.lgs. n. 177/2005, non potrebbero essere computati nel limite di affollamento pubblicitario orario.

16.      Il TAR riteneva, invece, che i messaggi relativi alle trasmissioni di un’emittente radiofonica non potessero costituire messaggi di promozione di «propri programmi» di un’emittente televisiva, ancorché appartenente allo stesso gruppo societario dell’emittente televisiva medesima. Conseguentemente, respingeva i ricorsi della RTI.

17.      La RTI ricorreva, quindi, dinanzi al Consiglio di Stato (Italia).

18.      A parere della RTI, in primo luogo, la circostanza che la «R101» appartenga ad una società da essa distinta sarebbe irrilevante, appartenendo entrambe allo stesso gruppo societario. Decisivo ai fini dell’applicabilità dell’esclusione dell’autopromozione dal computo nei limiti di affollamento pubblicitari sarebbe l’unitarietà economica del gruppo editoriale e non la pluralità delle persone giuridiche.

19.      Inoltre, la prassi dell’autopromozione «cross-mediale» tra televisione, radio e servizi Internet sarebbe oramai diffusa, come confermato anche dal considerando 43 della direttiva 2018/1808 e dalla modifica da questa apportata all’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13. Tale modifica normativa, sebbene non ancora applicabile nel caso di specie, sarebbe comunque rilevante ai fini dell’interpretazione della normativa previgente.

20.      Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte, con ordinanza del 25 marzo 2021, pervenuta alla Corte il 21 aprile 2021, le seguenti questioni pregiudiziali:

(a) se, ai fini della disciplina comunitaria del divieto di affollamento pubblicitario, stante la generale rilevanza per il diritto [dell’Unione europea] della nozione di gruppo o di unica entità economica, ricavabile da molteplici fonti del diritto antitrust (ma, per quanto qui interessa, dal ricordato considerando n. 43 della direttiva 2018/1808/UE e dal nuovo testo dell’articolo 23 della direttiva 2010/13/[UE]), ferma l’esistente differenza nel diritto nazionale italiano di titoli abilitativi che l’articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 177/[2005] [prevede] tra le emittenti televisive e radiofoniche, possa essere adottata come comunitariamente conforme un’interpretazione del diritto nazionale sulla radiotelevisione che deduca dall’articolo 1, comma 1, lettera a), del medesimo decreto legislativo 177/[2005], come modificato nel testo vigente dal 30 marzo 2010 (in attuazione della direttiva 2007/65/CE), che il processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni (le comunicazioni elettroniche, l’editoria, anche elettronica, ed internet in tutte le sue applicazioni) valga a più forte ragione tra i fornitori di media televisivi e radiofonici, specialmente se già integrati in gruppi di imprese tra loro collegate, e si imponga con valenza generale, con i conseguenti riflessi in tema di interpretazione dell’articolo 38, comma 6, del [decreto legislativo] citato tale che l’emittente possa essere anche il gruppo come unica entità economica o se invece, secondo i ricordati principi comunitari, stante l’autonomia della materia del divieto di affollamento pubblicitario dal generale diritto antitrust, sia inibito dare rilevanza – prima del 2018 – ai gruppi e al predetto processo di convergenza e di cosiddetta cross-medialità considerandosi allora, ai fini del calcolo dell’indice di affollamento pubblicitario, solo la singola emittente pure se collegata in gruppo (e ciò perché tal rilevanza è stata menzionata solo nel testo consolidato dell’articolo 23 della direttiva 2010/13/[UE], formatosi a seguito della direttiva 2018/1808/UE);

b) se, alla luce dei ricordati principi del diritto dell’UE in tema di gruppi ed impresa come unità economica, ai fini del divieto di affollamento pubblicitario e del ricordato succedersi dei testi dell’articolo 23 citato, ferma la predetta differenza tra i titoli abilitativi, sia possibile dedurre anche dalla normativa anticoncorrenziale del [Sistema integrato delle comunicazioni], di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 177/[2005], la rilevanza del concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo (o secondo il lessico dell’appellante: impresa editoriale di gruppo) ai fini dell’esenzione dei messaggi di promozione cross-mediali infragruppo dai limiti di affollamento di cui all’articolo 38, comma 6, del decreto legislativo [177/2005] stesso o se invece tal rilevanza debba escludersi prima del 2018 stante l’autonomia del diritto televisivo antitrust rispetto alla disciplina dei limiti all’affollamento pubblicitario;

c) se il nuovo testo dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13/UE sia ricognitivo di un principio preesistente nel diritto antitrust di generale rilevanza dei gruppi oppure sia innovativo e se, quindi, nel primo caso descriva una realtà giuridica già immanente nel diritto europeo – tale, quindi, da coprire anche il caso in esame, antecedente detto nuovo testo, e da condizionare le interpretazioni dell’[autorità nazionale di regolamentazione] imponendole comunque di riconoscere il concetto di «fornitore di servizi di media» di gruppo –, oppure se, nel secondo caso, osti a riconoscere la rilevanza dei gruppi societari per i casi formatisi prima della sua introduzione perché inapplicabile ratione temporis, stante la sua portata innovativa, a fattispecie verificatesi prima della sua introduzione;

d) se, comunque e al di là del sistema dei titoli autorizzativi posto dall’articolo 5 del decreto legislativo 177/2005 e della novità dell’articolo 23 introdotta nel 2018, ossia nel caso che la nuova norma non abbia significato ricognitivo ma innovativo secondo quanto chiesto sub c), i rapporti [di] integrazione televisione – radiofonia considerati in via generale nel diritto antitrust siano, per la generalità e trasversalità delle nozioni di entità economica e di gruppo, la chiave alla luce della quale interpretare i limiti all’affollamento pubblicitario, regolati quindi comunque con implicito riguardo all’impresa di gruppo (o, più precisamente, [alle] correlazioni di controllo tra le imprese di gruppo) ed all’unità funzionale di dette imprese, affinché la promozione dei programmi da televisione a radiofonia infragruppo o viceversa se detti rapporti di integrazione siano irrilevanti nel campo dei limiti all’affollamento pubblicitario e quindi si debba ritenere che i programmi «propri» di cui all’articolo 23 (testo originario) sono tali in quanto appartenenti alla sola emittente che li promuove, e non al gruppo societario nel suo insieme in quanto detta norma è una disposizione a sé stante che non consente alcuna interpretazione sistematica che la estenda ai gruppi intesi come unica entità economica;

e) se, infine, l’articolo 23, nel suo testo originario, ove anche non dovesse essere interpretabile come norma da leggersi sullo sfondo del diritto antitrust, vada inteso comunque come disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento, perciò applicabile, nei limiti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, in ogni caso di promozione cross-mediale integrata, ovvero se si debba intendere come una norma di carattere derogatorio ed eccezionale rispetto al calcolo dell’affollamento pubblicitario e, come tale, di stretta interpretazione.

21.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la RTI, la Elemedia e a. (parti nel procedimento principale), l’Italia, la Polonia e la Commissione europea. Tutte le parti medesime, ad eccezione della Polonia, sono state rappresentate anche all’udienza del 14 settembre 2022.

IV.    Valutazione

22.      Con i cinque quesiti pregiudiziali, cui va data risposta congiuntamente, il giudice del rinvio intende essenzialmente chiedere se la pubblicità effettuata da un’emittente per una stazione radiofonica appartenente allo stesso gruppo di imprese possa ricadere nella deroga di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente), secondo cui gli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» non sono computati ai fini dei tempi massimi di trasmissione della pubblicità ai sensi del paragrafo 1 della disposizione medesima.

23.      In questo contesto, il giudice del rinvio si richiama, da un lato, alla nozione di «impresa» quale unità economica, nella sua accezione sviluppata nell’ambito del diritto della concorrenza dell’Unione (4), nonché alla modifica dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 operata dalla direttiva 2018/1808.

24.      A differenza dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente), che escludeva solo gli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» dal computo dei limiti di affollamento pubblicitario ai sensi del precedente paragrafo 1, l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13, come novellata dalla direttiva 2018/1808, prevede che gli «annunci effettuati dall’emittente (…) in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti» possano parimenti beneficiare della deroga. È ben vero che le modifiche introdotte nella direttiva 2010/13 dalla direttiva 2018/1808 non sono ancora applicabili alla fattispecie in esame. La più recente direttiva 2018/1808 è, infatti, entrata in vigore solo il 18 dicembre 2018. I provvedimenti controversi nel procedimento principale sono stati peraltro emessi il 19 dicembre 2017 e notificati l’8 gennaio 2018. Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se la modifica dell’articolo 23 della direttiva 2010/13 operata dalla direttiva 2018/1808 non esprima un principio generale di diritto che possa incidere anche sull’interpretazione del previgente testo della direttiva 2010/13.

25.      D’altro canto, il giudice del rinvio solleva, nel quesito e), la questione preliminare se gli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» debbano essere anzitutto considerati quale pubblicità, ricompresi nelle disposizioni dell’articolo 23 della direttiva 2010/13 (testo previgente), con riguardo ai limiti di affollamento pubblicitario.

26.      Pertanto, esaminerò anzitutto la nozione di autopromozione ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente) illustrando come gli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva medesima costituiscano autopromozione (A). Spiegherò, quindi, che la questione se gli annunci riguardanti i programmi di un’emittente radiofonica possano costituire «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente) dev’essere risolta in senso negativo, senza necessità di affrontare la questione se gli annunci aventi ad oggetto programmi di un’emittente dello stesso gruppo possano essere qualificati come «propri programmi». Infatti, di regola, un annuncio riguardante un programma di un’emittente radiofonica non può essere, già di per sé, un annuncio relativo ad un «programma» o a un «servizio di media audiovisivi» ai sensi della direttiva 2010/13 (B). Solo in subordine, quindi, affronterò, in conclusione, la questione inerente al significato del termine «gruppo di emittenti» nel contesto della controversia nel procedimento principale (C).

A.      Sulla nozione di «autopromozione» ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente)

27.      Con il quesito e), il Consiglio di Stato chiede se l’articolo 23 della direttiva 2010/13 (testo previgente) debba essere inteso quale «disposizione incentivante che descrive la peculiare caratteristica della promozione, che è esclusivamente informativa e non intende convincere alcuno ad acquistare beni e servizi altri rispetto ai programmi promossi e, come tale, debba intendersi esclusa dal campo di applicazione delle norme sull’affollamento».

28.      Alla luce dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere h) e i) della direttiva 2010/13 (testo previgente), emerge peraltro chiaramente che la questione va risolta in senso negativo. Da tali disposizioni emerge, infatti, che gli annunci relativi ai programmi di un’emittente televisiva devono essere qualificati come pubblicità televisiva. Conseguentemente, essi sono esclusi dal computo nei limiti di affollamento pubblicitario solamente ove si tratti di annunci di un’emittente riguardanti propri programmi.

29.      L’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2010/13 (testo previgente) definisce la «comunicazione commerciale audiovisiva», quale «immagini, sonore o non sonore, che sono destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un’attività economica. Tali immagini accompagnano o sono inserite in un programma dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità televisiva (...)».

30.      A termini della successiva lettera i) del medesimo paragrafo, per «pubblicità televisiva», s’intende «ogni forma di messaggio televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o di servizi (...)».

31.      La trasmissione di programmi televisivi, compresi quelli trasmessi via cavo, costituisce un servizio ai sensi dell’articolo 56 TFUE (5). Ciò è chiaramente affermato nel considerando 6 della direttiva «Televisione senza frontiere», 89/552/CEE (6), predecessora della direttiva 2010/13. Anche i considerando 21 e 35 della direttiva 2010/13 (testo previgente) considerano «servizi» quelli ricompresi nella nozione di media audiovisivi nonché nella sfera di applicazione della direttiva stessa. Inoltre, a termini del suo articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto i), un «servizio di media audiovisivo» costituisce un servizio, quale definito agli articoli 56 e 57 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico.

32.      Gli annunci relativi ai programmi di un’emittente servono, quindi, a promuovere la vendita di servizi a termini dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2010/13 (testo previgente) e devono essere pertanto classificati come «comunicazion[i] commercial[i] audiovisiv[e]» ai sensi di detta disposizione. Allo stesso modo, tali annunci rientrano nella nozione di «pubblicità televisiva» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera i), della direttiva 2010/13 (testo previgente), trattandosi di messaggi effettuati nell’ambito dell’esercizio di un’attività commerciale e trasmessi tramite televisione da un’emittente pubblica o privata a titolo di autopromozione allo scopo di promuovere la fornitura di servizi a titolo oneroso.

33.      Ne consegue che è erronea la pretesa distinzione, sostenuta dalla RTI, tra riferimenti neutri di natura puramente informativa, da un lato, e pubblicità nel senso di promozione di un prodotto o di un servizio, dall’altro. Per quanto gli annunci riguardanti i programmi di un’emittente presentino carattere informativo, essi sono comunque diretti a far sì che gli spettatori guardino tali programmi e, quindi, alla prestazione di servizi a titolo oneroso. Inoltre, la deroga di cui all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente) non sarebbe necessaria se gli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» non ricadessero nella nozione di pubblicità televisiva e, conseguentemente, nell’ambito di applicazione dello stesso articolo 23, paragrafo 1.

34.      Il fatto che l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente) faccia riferimento agli «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» (7) e non alla «pubblicità dell’emittente per i propri programmi» non è parimenti nemmeno idoneo a mettere in discussione la classificazione degli annunci in questione come pubblicità propria e, quindi, come pubblicità televisiva. Piuttosto, il termine «annunci relativi ai propri programmi» è semplicemente un sinonimo di «pubblicità per i propri programmi». Ciò è confermato dal fatto che nella versione francese dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, (testo previgente), viene utilizzato il termine «messages diffusés par l’organisme de radiodiffusion télévisuelle en ce qui concerne ses propres programmes». Il termine «messages» ricorre, infatti, nella versione francese della direttiva nel considerando 85 in relazione a «publicitaires» («messages pubblicitaires»), mentre in altre versioni linguistiche vengono utilizzati termini come «pubblicità» o «inserti pubblicitari» (8).

35.      Di conseguenza, anche nel considerando 96 della direttiva 2010/13 (testo previgente), si afferma che «le attività di autopromozione costituiscono una forma particolare di pubblicità con cui l’emittente promuove i propri prodotti, servizi, programmi o canali». Inoltre, con riferimento alla precedente direttiva 89/552, la Corte di giustizia ha dichiarato che l’incitazione a seguire altre trasmissioni di un’emittente costituisce pubblicità (9).

36.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla RTI, dalla seconda frase del considerando 96 della direttiva 2010/13 (testo previgente), secondo cui «[i]n particolare, le presentazioni contenenti brani di programmi dovrebbero essere considerate quali programmi», non si può dedurre che gli annunci relativi alla programmazione futura non ricadano nella nozione di pubblicità. Ciò in quanto la trasmissione di presentazioni è volta alla vendita di servizi (ossia i programmi di cui le presentazioni stesse costituiscono estratti) [articolo 1, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2010/13 (testo previgente)]. Allo stesso modo, si tratta di annunci trasmessi allo scopo di promuovere la fornitura di tali servizi [articolo 1, paragrafo 1, lettera i)]. Come sostenuto dall’Italia in udienza, si deve pertanto ritenere che la trasmissione di presentazioni costituisca pubblicità per i relativi programmi. Di conseguenza, le presentazioni rientrano parimenti nella deroga di cui all’articolo 23, paragrafo 2, solo laddove si tratti di presentazioni di programmi propri della stessa emittente che li trasmette.

37.      Contrariamente alla tesi della RTI, ai fini dell’onerosità dei servizi è irrilevante che l’emittente televisiva trasmetta in chiaro o sia privata con emissioni visibili a pagamento. I canali che trasmettono in chiaro sono, infatti, solitamente finanziati tramite la pubblicità. L’autopromozione mira ad aumentare gli ascolti, che costituiscono una base di valutazione essenziale ai fini del prezzo degli spazi pubblicitari. Pertanto, anche la trasmissione di pubblicità per le trasmissioni in chiaro costituisce un messaggio finalizzato a promuovere indirettamente la fornitura di servizi pubblicitari a pagamento.

38.      È ben vero che le trasmissioni delle emittenti pubbliche finanziate tramite canoni di trasmissione fissati e riscossi dallo Stato o tramite sovvenzioni statali non costituiscono, secondo la giurisprudenza, servizi a titolo oneroso ai sensi della legge sull’IVA (10).

39.      Ciò non significa, tuttavia, che gli annunci relativi ai programmi di tali emittenti, quantomeno laddove queste trasmettano anche pubblicità a pagamento (11), non siano «comunicazion[i] commercial[i] audiovisiv[e]» o «pubblicità televisiva» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettere h) e i), della direttiva 2010/13 (testo previgente). La lettera i) fa esplicito riferimento anche alle emittenti di servizio pubblico. Inoltre, il considerando 21 precisa che il termine «servizi di media audiovisivi» dovrebbe comprendere i servizi ai sensi del TFUE, ossia tutti i tipi di attività economiche, ivi incluse quelle delle imprese di servizio pubblico.

40.      Ciò appare coerente. È ben vero che può risultare giustificato modulare l’applicazione concreta delle norme in materia di tempi di pubblicità in modo differente in funzione del diverso finanziamento delle varie emittenti, trovandosi le emittenti stesse, sotto tal profilo, in situazioni differenti (12). Tuttavia, non si ravvisa alcuna ragione per escludere in linea di principio e in via preliminare un determinato gruppo di emittenti dalla disciplina della pubblicità televisiva. Infatti, l’obiettivo di proteggere i consumatori in quanto spettatori dalla pubblicità eccessiva, che è alla base delle direttive sulla fornitura di servizi di media audiovisivi (13), dovrebbe applicarsi a tutte le emittenti televisive che trasmettano pubblicità per conto di terzi.

41.      Tutto ciò conferma che gli annunci relativi ai programmi di un’emittente costituiscono pubblicità televisiva. Questa resta esclusa dal computo nei limiti di affollamento di pubblicità ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (testo previgente) solo laddove si tratti di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» ai sensi della medesima disposizione.

42.      L’esclusione dell’autopromozione dal computo nei limiti di affollamento pubblicitario rappresenta un privilegio concesso dal legislatore alle emittenti. Da un lato, appare giustificata dalla loro particolare importanza per l’interesse generale, sottolineata, in particolare, nel considerando 5 della direttiva 2010/13 (testo previgente) (garanzia della libertà d’informazione, della diversità delle opinioni e del pluralismo dei mezzi di informazione). Dall’altro, si deve ritenere che le emittenti non facciano un uso eccessivo del privilegio di trasmettere autopromozione (gratuita), poiché ciò potrebbe altrimenti andare a detrimento dell’attrattività dei loro programmi per i telespettatori (e quindi, indirettamente, anche del gettito derivante dai servizi pubblicitari a pagamento).

43.      Con l’ultima parte della questione e), il giudice del rinvio chiede se l’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, (testo previgente), costituisca una disposizione di carattere derogatorio e debba essere pertanto interpretata in senso restrittivo. La RTI sostiene, a tal proposito, che, alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia espressa nella sentenza ARD, le restrizioni alla libertà fondamentale di trasmissione di programmi televisivi devono essere interpretate in modo restrittivo (14). Tuttavia, la Corte si è limitata a precisare che una restrizione di tal genere dev’essere interpretata in modo restrittivo qualora non sia formulata in termini chiari e univoci.

44.      Tuttavia, la restrizione della percentuale di spot televisivi pubblicitari e di televendita nei tempi di trasmissione dettata dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (testo previgente), che è oggetto della controversia in esame, è formulata in termini chiari e univoci. Essa costituisce espressione del principio secondo cui, nel settore della pubblicità televisiva, la libertà di fornire servizi è limitata. In questo caso, infatti, la regola fondamentale non è la trasmissione libera e illimitata, ma la sua limitazione nel tempo nell’interesse dei consumatori in quanto telespettatori, sottolineata nel considerando 83 della direttiva 2010/13, (testo previgente). Come affermato dalla Corte di giustizia, la portata della nozione di «pubblicità televisiva», in particolare, deve essere valutata alla luce di tale obiettivo (15). Analogamente, l’articolo 23, paragrafo 2, secondo cui «gli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» non ricadono nei limiti di affollamento, è formulato in termini chiari e univoci.

45.      Anche con riguardo all’interpretazione della direttiva alla luce delle libertà fondamentali non si ravvisano elementi che inducano a ritenere che la restrizione alla pubblicità imposta dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (testo previgente), costituisca una restrizione sproporzionata alla libera prestazione di servizi. Come la stessa Corte di giustizia ha già precisato, le norme relative ai tempi di trasmissione della pubblicità televisiva adottate dalle direttive sulla fornitura di servizi di media audiovisivi mirano ad istituire una tutela equilibrata degli interessi finanziari delle emittenti televisive e degli inserzionisti, da un lato, e degli interessi degli aventi diritto, ossia gli autori e i realizzatori, e della categoria di consumatori rappresentata dai telespettatori, dall’altro, potendo quindi giustificare restrizioni alla libera circolazione dei servizi nel campo della pubblicità televisiva (16).

46.      Conseguentemente, né la restrizione della libertà di fornire servizi pubblicitari dettata dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2010/13 (testo previgente) dev’essere interpretata in modo particolarmente restrittivo, né la deroga prevista per gli annunci relativi ai propri programmi di cui al paragrafo 2 della disposizione medesima dev’essere interpretata in modo particolarmente ampio. Piuttosto, entrambi i paragrafi devono essere interpretati in linea con il loro tenore nonché con la struttura logico-sistematica e con la ratio della direttiva 2010/13 (testo previgente) (17).

B.      Sulla nozione di «programma» ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente)

47.      Con le questioni da a) a d), il giudice del rinvio intende, essenzialmente, acclarare se gli annunci di un’emittente relativi a programmi di un’emittente radiofonica appartenente allo stesso gruppo di media possano rientrare nella nozione di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente).

48.      Il fatto che la risposta sia, in linea di principio, negativa risulta già dalla sua definizione, nel combinato disposto con la definizione del termine «programma» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13 (testo previgente) e, inoltre, con quella del termine «trasmissione televisiva» di cui alla successiva lettera e).

49.      Da tali definizioni emerge che un «programma» è «una serie di immagini animate, sonore o non» e una «trasmissione televisiva» è «un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi». A tal riguardo, gli annunci relativi a trasmissioni o programmi di un’emittente radiofonica contenenti unicamente suoni e nessuna immagine non possono costituire «annunci (...) relativi ai propri programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente).

50.      Ciò risulta coerente, poiché i servizi di radiodiffusione sono già di per sé esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive sui servizi di media audiovisivi. Nel Libro verde «Televisione senza frontiere» del 1984, la Commissione aveva inizialmente incluso la radiodiffusione (18), al pari della proposta iniziale della Commissione per la direttiva «Televisione senza frontiere» 89/552 (19). Tuttavia, soprattutto su insistenza dei Länder tedeschi, che temevano per i loro poteri normativi in questo settore, le trasmissioni radiofoniche furono infine escluse dal campo di applicazione della direttiva 89/552 (20), scelta poi mantenuta con l’adozione della direttiva 2010/13: a termini del considerando 23, il termine «audiovisivo» dev’essere riferito a immagini in movimento, siano esse sonore o meno, includendo pertanto i film muti, ma non le trasmissioni audio né i servizi radiofonici. Come osservato dalla Elemedia all’udienza del presente procedimento, ciò vale anche a seguito della modifica di tale direttiva ad opera della direttiva 2018/1808 [v. articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13, come modificata dalla direttiva 2018/1808].

51.      Come parimenti dedotto dalla Elemedia, i servizi radiofonici, da un lato, e i servizi di media audiovisivi, dall’altro, costituiscono ancora mercati separati, nonostante la crossmedialità e la convergenza dei servizi audiovisivi. Questo è probabilmente anche il motivo per il quale il legislatore dell’Unione, nonostante tale convergenza, evocata dalla stessa Commissione in un Libro verde del 2013 (21) e menzionata nel considerando 1 della direttiva 2018/1808, ha scelto di mantenere l’esclusione dei servizi di radiodiffusione dalla sfera di applicazione della direttiva 2010/13, come modificata dalla direttiva 2018/1808.

52.      L’interpretazione sostenuta dalla RTI, secondo cui la pubblicità di un’emittente televisiva per trasmissioni o programmi di un’emittente radiofonica potrebbe essere parimenti esclusa, in quanto autopromozione, dal computo nei limiti di affollamento pubblicitario, costituirebbe pertanto un’inammissibile estensione dell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13. Tale estensione potrebbe condurre a distorsioni della concorrenza a detrimento dei servizi di media radiofonici non appartenenti a gruppi imprenditoriali con emittenti televisive e, quindi, a distorsioni della concorrenza in un mercato che, secondo la volontà del legislatore, è del tutto escluso dalla normativa dell’Unione sui servizi di media audiovisivi.

53.      Pertanto, la questione se gli annunci relativi ai programmi di un’emittente radiofonica ricadano o meno nel campo di applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente) non riguarda il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri dall’articolo 4, paragrafo 1, precisato nei considerando 41 e 83, in base al quale gli Stati membri possono stabilire disposizioni più rigorose o più particolareggiate al di sotto della soglia indicata nell’articolo 23 della direttiva 2010/13 (testo previgente) (22). Nella fattispecie in esame si tratta, tuttavia, di stabilire quali trasmissioni rientrino nei limiti di affollamento e, quindi, di determinare il quadro legislativo dell’UE all’interno del quale gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità normativa.

54.      Gli annunci di un’emittente relativi a trasmissioni o programmi di un’emittente radiofonica contenenti unicamente suoni e nessuna immagine non possono essere conseguentemente considerati quali annunci relativi a «programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13, (testo previgente).

55.      È ben vero che, al giorno d’oggi, le emittenti radiofoniche dispongono anche di siti web sui quali sono disponibili le loro trasmissioni, spesso accompagnate da immagini. Tali elementi audiovisivi, essendo peraltro meramente accessori e assolvendo solo ad una funzione integrativa dell’attività principale dell’emittente radiofonica, non possono trasformare le trasmissioni radiofoniche in «servizi di media audiovisivi» ricompresi nell’ambito di applicazione della direttiva 2010/13 (testo previgente).

56.      Così, ad esempio, in una causa riguardante i video visibili sul sito web dell’edizione online di un giornale, la Corte di giustizia ha dichiarato che video di tal genere possono rientrare nella nozione di «programma» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2010/13, come modificata, a condizione che la loro forma e il loro contenuto siano comparabili alla forma e al contenuto dei programmi televisivi. Ciò potrebbe, eventualmente, valere per i programmi radiofonici accompagnati da immagini.

57.      La Corte di giustizia ha peraltro precisato che i video in questione rientrano nella nozione di «servizio di media audiovisivo» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto i) (e, quindi, nella sfera di applicazione della direttiva) solo se il servizio di messa a disposizione costituisce una finalità principale propria, separabile dall’attività effettiva del fornitore, e non un solo complemento inscindibile di tale attività (v. anche il considerando 22). Ciò non si verifica quando il contenuto audiovisivo non rappresenta la finalità principale, come nel caso dei siti Internet contenenti elementi audiovisivi a scopo puramente accessorio (23).

58.      Pertanto, il sito web di un’emittente radiofonica, malgrado gli elementi audiovisivi ivi contenuti, non può essere considerato quale servizio di media audiovisivo laddove tali elementi siano meramente incidentali e servano unicamente ad integrare il servizio di trasmissione radiofonica. Conseguentemente, gli annunci riguardanti i programmi di un’emittente radiofonica possono parimenti costituire «annunci (…) relativi ai (…) programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, (testo previgente), solo laddove i programmi stessi costituiscano un servizio di media audiovisivo indipendente, separabile dall’attività effettiva dell’emittente radiofonica.

59.      Spetta al giudice del rinvio valutare se i programmi della «R101», pubblicizzati nella specie, contenessero elementi audiovisivi e, in caso affermativo, se costituissero semplicemente un’integrazione dei programmi radiofonici in questione o un servizio di media audiovisivi indipendente. Alla luce degli elementi di cui dispone la Corte e di quanto discusso in udienza, non si ravvisano elementi che inducano ad accogliere quest’ultima ipotesi.

60.      In ogni caso, gli annunci riguardanti i programmi di un’emittente radiofonica possono costituire «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, (testo previgente), a condizione che costituiscano non solo annunci relativi a «programmi», ma anche a programmi «propri» ai sensi della direttiva. Passo quindi all’esame di tale secondo criterio.

C.      Sulla nozione di «programma proprio» ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente)

61.      A parere della RTI, gli annunci di un’emittente riguardanti i programmi di un’altra emittente sono già da considerarsi quali «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi», ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13, (testo previgente), nel caso in cui entrambe le emittenti appartengano allo stesso gruppo imprenditoriale. Ciò discenderebbe dalla nozione di impresa come unità economica, sviluppata dalla Corte di giustizia nel diritto della concorrenza e ora riconosciuta anche nell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13, come novellata dalla direttiva 2018/1808.

62.      A seguito della modifica dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente), ad opera della direttiva 2018/1808, non solo gli «annunci effettuati dall’emittente in relazione ai propri programmi», bensì anche gli «annunci dell’emittente (...) in relazione a programmi e servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti al medesimo gruppo di emittenti» restano esclusi dal computo nei limiti di affollamento pubblicitario di cui al paragrafo 1 della disposizione medesima.

63.      Dal considerando 43 della direttiva 2018/1808 emerge, tuttavia, che si tratta di una novella legislativa e, quindi, di una modifica del quadro normativo precedente. In tale considerando si legge, infatti, che «numerose emittenti fanno parte di grandi gruppi di emittenti e trasmettono annunci che riguardano non soltanto i propri programmi (…), ma anche i programmi e i servizi di media audiovisivi di altre entità appartenenti allo stesso gruppo di emittenti» e che «[n]eanche il tempo di trasmissione dedicato a tali annunci dovrebbe essere incluso nella durata massima del tempo di trasmissione che può essere concesso per la pubblicità televisiva e la televendita».

64.      L’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2010/13, novellato dalla direttiva 2018/1808, non essendo ancora applicabile alla fattispecie in esame (v. paragrafo 24 supra), non può essere quindi considerato quale precisazione della normativa precedentemente vigente.

65.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla RTI, la nuova disciplina non può essere intesa quale espressione del principio generale secondo cui le imprese appartenenti ad un gruppo costituiscono un’unità economica in cui la responsabilità per le azioni di una società figlia deve essere imputata alla società madre.

66.      La RTI si richiama al diritto della concorrenza (24), nonché, a titolo esemplificativo, alla disciplina degli appalti pubblici, secondo cui i gruppi di operatori economici possono eventualmente utilizzare le capacità dei membri del gruppo nell’esecuzione degli appalti pubblici (25). Tuttavia, tali meccanismi si fondano su interconnessioni giuridiche e organizzative delle imprese che giustificano la reciproca imputazione di azioni e capacità all’interno della stessa entità imprenditoriale e che possono essere spiegate sulla base del contesto normativo dei rispettivi ambiti giuridici del diritto della concorrenza e del diritto degli appalti pubblici (26). Il relativo meccanismo logico può trovare applicazione nel settore dei servizi di media audiovisivi laddove un’impresa debba essere valutata sotto il profilo del diritto della concorrenza o in caso di partecipazione ad una procedura di appalto.

67.      A differenza dei meccanismi sopra richiamati, la direttiva 2010/13 (testo previgente), nel risolvere la questione della qualificazione di un programma di un’emittente quale «programma proprio», non fa tuttavia riferimento alle strutture giuridiche e organizzative ed alle interconnessioni delle imprese, bensì alla responsabilità editoriale dei programmi in questione. Come precisato nel considerando 25, il concetto di responsabilità editoriale è essenziale per la definizione del ruolo del fornitore di servizi di media e, conseguentemente, per quella dei servizi di media audiovisivi. Nello stesso senso, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), dispone che un «servizio di media audiovisivo» è un servizio sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media. A termini della successiva lettera d), un «fornitore di servizi di media» è la persona fisica o giuridica che assume la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e ne determina le modalità di organizzazione. Ai sensi della lettera f) della medesima disposizione, per «emittente» s’intende un fornitore di servizi di media di radiodiffusioni televisive.

68.      Per «responsabilità editoriale» s’intende, a termini dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2010/13 (testo previgente), l’esercizio di un controllo effettivo sia sulla selezione dei programmi sia sulla loro organizzazione in un palinsesto cronologico, nel caso delle radiodiffusioni televisive, o in un catalogo, nel caso dei servizi di media audiovisivi a richiesta. A tal riguardo, La responsabilità editoriale non implica necessariamente la responsabilità giuridica ai sensi del diritto nazionale per i contenuti o i servizi forniti.

69.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla RTI all’udienza del presente procedimento, tale nozione di responsabilità editoriale ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente) non può essere equiparata al tipo di verifica assunto dalla Corte di giustizia al fine di accertare se una società madre e una società figlia costituiscano un’unità economica. A tal riguardo, la Corte di giustizia si è basata sul fatto che la società controllata, pur possedendo personalità giuridica distinta non determina in modo autonomo la propria linea di condotta sul mercato, ma si attiene, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società madre, alla luce, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che uniscono le due entità giuridiche (27).

70.      Nonostante la possibile sussistenza di relazioni di tal genere tra la RTI e le emittenti di cui è proprietaria, sembra inverosimile, come osservato dall’Italia in udienza, che una holding quale la RTI determini il contenuto specifico delle trasmissioni e la composizione dettagliata dei programmi di tali emittenti. A parere della Elemedia, la RTI è solo una holding finanziaria detentrice di partecipazioni in diverse emittenti, ognuna delle quali ha la responsabilità editoriale dei propri programmi.

71.      La RTI, invece, ha dedotto di non essere solo una holding finanziaria, ma di determinare, in via definitiva, la direzione editoriale di tutte le società del gruppo. A suo parere, ciò dovrebbe essere equiparato alla responsabilità editoriale ai sensi della direttiva 2010/13 (testo previgente). A tal proposito, la RTI si richiama, segnatamente, alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Baltic Media Alliance, secondo cui la responsabilità editoriale implica che l’interessato disponga del potere di stabilire, in via definitiva, l’offerta audiovisiva in quanto tale (28).

72.      In ultima analisi, quindi, il giudice del rinvio dovrà stabilire se il controllo esercitato dalla RTI sia sulle trasmissioni e sulla programmazione della «R101» (l’emittente radiofonica per i cui programmi è stata trasmessa la pubblicità in questione) sia sulle trasmissioni di «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4» (le emittenti televisive che hanno trasmesso la pubblicità di «R101») debba essere equiparato alla «responsabilità editoriale» ai sensi della direttiva 2010/13, come modificata.

73.      Solo se ciò risultasse vero tanto per le emittenti «Canale 5», «Italia 1» e «Rete 4» quanto per «R101», gli annunci relativi ai rispettivi programmi di «R101» potrebbero costituire «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» ai sensi del menzionato articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2010/13 (testo previgente) sempre subordinatamente alla condizione che i programmi stessi rappresentino «servizi di media audiovisivi» ai sensi della direttiva medesima (v. paragrafi 61 e 62 supra).

V.      Conclusione

74.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni sollevate dal Consiglio di Stato (Italia):

L’articolo 23, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a f), nonché con le lettere h) e i), della direttiva 2010/13/UE, nel testo precedente alla modifica apportata dalla direttiva (UE) 2018/1808, dev’essere interpretato nel senso che gli annunci di un’emittente riguardanti trasmissioni o programmi di un’emittente radiofonica non rientrano nella nozione di «annunci dell’emittente relativi ai propri programmi» a termini di tale disposizione. L’unica eccezione è costituita dall’ipotesi in cui i programmi pubblicizzati siano servizi di media audiovisivi autonomi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), i), separabili dalla finalità principale dell’attività dell’emittente radiofonica e per i quali l’emittente detiene la responsabilità editoriale ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera c).


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (versione codificata) (GU 2010, L 95, pag. 1).


3      Direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato (GU 2018, L 303, pag. 69).


4      V. la sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punti da 46 a 48 e la giurisprudenza ivi citata).


5      V. la sentenza del 13 dicembre 2007, United Pan-Europe Communications Belgium e a. (C‑250/06, EU:C:2007:783, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).


6      Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU 1989, L 298, pag. 23).


7      V. anche, ad esempio, EN: «announcements made by the broadcaster in connection with its own programmes», FR: «messages diffusés par l’organisme de radiodiffusion télévisuelle en ce qui concerne ses propres programmes» e DE: «Hinweise[n] des Fernsehveranstalters auf eigene Sendungen».


8      V., ad esempio, DE: «Werbeeinschübe», EN: «advertising» e IT: «pubblicità».


9      V. sentenza del 18 ottobre 2007, Österreichischer Rundfunk (C‑195/06, EU:C:2007:613, punto 45).


10      V. sentenze del 22 giugno 2016, Český rozhlas (C‑11/15, EU:C:2016:470, punti da 23 a 28, 36 e dispositivo), e del 16 settembre 2021, Balgarska natsionalna televizia (C‑21/20, EU:C:2021:743, punti da 32 a 34, 39 e dispositivo 1).


11      Può restare aperta la questione relativa alla valutazione del caso particolare dell’autopromozione di un’emittente di servizio pubblico, esclusivamente finanziata tramite il gettito fiscale e che non trasmetta pubblicità per conto di terzi. Comunque tale caso particolare non ricorre nella specie.


12      V., al riguardo, sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punti da 18 a 23).


13      V. sentenze del 18 ottobre 2007, Österreichischer Rundfunk (C‑195/06, EU:C:2007:613, punti da 26 a 28), e del 18 luglio 2013, Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 17 e la giurisprudenza ivi citata), nonché considerando 83 della direttiva 2010/13 (testo previgente).


14      V. sentenza del 28 ottobre 1999, ARD (C‑6/98, EU:C:1999:532, punti da 29 a 31).


15      V. i riferimenti giurisprudenziali indicati alla nota 14 supra.


16      V. sentenze del 23 ottobre 2003, RTL Television (C‑245/01, EU:C:2003:580, punto 71 e la giurisprudenza ivi citata), e del 18 luglio 2013, Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 18 e la giurisprudenza ivi citata).


17      V., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2011, Commissione/Spagna (C‑281/09, EU:C:2011:767, punti 48 e 49).


18      V. Televisione senza frontiere, Libro verde sull’istituzione del mercato comune delle trasmissioni radiotelevisive, specialmente via satellite e via cavo, COM(84) 300 def.


19      V., in particolare, l’articolo 21 della proposta e la proposta modificata della Commissione di direttiva del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, COM(86) 146 def. e COM(88) 154 def.


20      V. Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania), sentenza del 22 marzo 1995, 2 BvG 1/89, BVerfGE 92, 203 – Direttiva CE sulla televisione, punti 39 e 40.


21      V. Libro verde «Prepararsi alla piena convergenza del mondo audiovisivo: crescita, creazione e valori», COM(2013) 231 final.


22      V. sentenza del 18 luglio 2013, Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punti 13 e 14); v. anche sentenza del 17 febbraio 2016, Sanoma Media Finland - Nelonen Media (C‑314/14, EU:C:2016:89, punti 33, 55 e 60).


23      Sentenza del 21 ottobre 2015, Nuovi media online (C‑347/14, EU:C:2015:709, punti 24, 26, 33, 34 e 37 e dispositivo). Questa giurisprudenza è stata incorporata nel considerando 3 della direttiva 2018/1808.


24      V. sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punti da 46 a 48 e giurisprudenza ivi citata), già richiamata alla nota 5 supra.


25      V. articolo 63, paragrafo 1, comma 4, in combinato disposto con l’articolo 19, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65).


26      Il fatto che la nozione di impresa nel diritto della concorrenza non possa essere senz’altro traslata ad altri contesti normativi in assenza di espressa previsione è dimostrato anche dall’articolo 83, paragrafi da 4 a 6, in combinato disposto con il considerando 150 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1, rettifica in GU 2018, L 127, pag. 2); v., a tal riguardo, le conclusioni dell’avvocato generale Campos Sánchez-Bordona nella causa Deutsche Wohnen (C‑807/21, EU:C:2023:360, paragrafi da 44 a 50).


27      V. sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione (C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata).


28      V. sentenza del 4 luglio 2019, Baltic Media Alliance (C-622/17, EU:C:2019:566, punto 43).