Language of document : ECLI:EU:T:2011:399

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

18 luglio 2011 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Termine ragionevole per presentare una domanda di risarcimento danni – Tardività – Ricorso in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondato»

Nel procedimento T‑450/10 P,

avente ad oggetto l’impugnazione diretta all’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 9 luglio 2010, causa F‑91/09, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta),

Luigi Marcuccio, residente in Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto dai sigg. M. Jaeger, presidente, N.J. Forwood e A. Dittrich (relatore), giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

1        Con ricorso proposto ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 9 luglio 2010, causa F‑91/09, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto in parte in quanto manifestamente irricevibile e in parte in quanto manifestamente infondato, il ricorso volto in sostanza ad ottenere il risarcimento dei danni che avrebbe subito in ragione della condotta asseritamente illegittima della Commissione delle Comunità europee nell’ambito del trattamento dei dati medici che lo riguardavano.

 Fatti all’origine della controversia e procedimento di primo grado

2        I fatti all’origine della controversia, rilevanti per la valutazione della presente impugnazione, sono esposti nell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«9      Nella presente controversia, i danni dedotti dal ricorrente traggono origine dall’invito che gli è stato rivolto di assoggettarsi a taluni controlli medici necessari ai fini della valutazione della sua eventuale invalidità.

10      Con nota datata 24 novembre 2003 del dott. Manc., medico di fiducia membro del servizio medico della Commissione, il ricorrente è stato invitato, “nel quadro della commissione d’invalidità”, a presentarsi presso il laboratorio del Servizio medico a Bruxelles in data 8 dicembre 2003, per effettuarvi diversi controlli medici e essere visitato da detto medico di fiducia.

11      Il ricorrente avrebbe ricevuto detta nota in data 3 dicembre 2003 presso il proprio domicilio in Tricase. Constatata la propria impossibilità di recarsi a Bruxelles per tali controlli, il ricorrente ha incaricato il fratello di contattare telefonicamente, dal Regno Unito, il dott. Manc. per rendergli noto tale impedimento.

12      Il 4 dicembre 2003 – secondo il ricorrente, o il 5, secondo la Commissione – una persona, che si è presentata telefonicamente come il fratello del ricorrente, ha avvertito il dott. Manc. di tale impedimento, dovuto a ragioni di salute.

13      Con nota del 4 dicembre 2003, inviata il 9 dicembre e pervenuta alla Commissione il 17 dicembre 2003 – secondo il ricorrente, o il 18, secondo la Commissione – il ricorrente ha informato il dott. Manc. della propria impossibilità di presentarsi ai controlli dell’8 dicembre a Bruxelles. A tale nota era allegato un certificato medico del dott. Z., che indicava che l’interessato era affetto “da lombalgia e gonalgia dx con impossibilità della deambulazione”.

14      L’8 dicembre 2003, il ricorrente non si è presentato al servizio medico della Commissione a Bruxelles, ove i controlli avrebbero dovuto svolgersi.

15      Con nota datata 9 dicembre 2003 (in prosieguo: la “nota del 9 dicembre 2003”), il sig. M., direttore del servizio medico, ha chiesto al dott. D., direttore dell’Azienda Unità Sanitaria Locale di Maglie (in prosieguo: la “AUSL”) di procedere a una visita medica di controllo per verificare l’impossibilità effettiva del ricorrente di presentarsi alla visita. In tale nota, inviata a mezzo telefax, il sig. M. precisava che era stata avviata una procedura di invalidità in ragione della durata del congedo di malattia del ricorrente (più di 365 giorni) e che l’interessato aveva messo in opera numerose tattiche dilatorie al fine di ritardare la convocazione della commissione d’invalidità. Il sig. M. indicava che il dott. Manc. era il medico designato dalla Commissione nell’ambito della commissione d’invalidità. In tale nota si faceva parimenti menzione del fatto che il ricorrente era stato invitato a presentarsi ad una visita medica a Bruxelles l’8 dicembre 2003 e che non vi si era recato, senza peraltro inviare per telefax un certificato medico al servizio medico della Commissione, pur conoscendo il necessario numero di telefax per averlo utilizzato in passato.

16      Il ricorrente precisa nel suo ricorso di essere venuto a conoscenza, “[s]uccessivamente al 3 dicembre 2003, ma prima della fine di quell’anno”, del fatto che la Commissione aveva inviato una nota che lo concerneva all’AUSL e afferma che avrebbe di conseguenza chiesto tempestivamente alla Commissione copia di tutta la documentazione inerente la sua persona e precedentemente inoltrata all’AUSL.

17      Nel contesto del controllo medico indicato alla nota del 9 dicembre 2003, il ricorrente ha risposto a due convocazioni mediche della AUSL, l’11 e il 15 dicembre 2003. Con nota del 14 gennaio 2004, il direttore dell’AUSL ha concluso che il ricorrente doveva ritenersi in congedo malattia per 30 giorni a far data dal 12 gennaio 2004.

18      Il ricorrente sostiene di aver ricevuto copia della nota del 9 dicembre 2003 solo nel maggio 2004.

19      Con lettera [all’autorità che ha il potere di nomina, in prosieguo: l’“APN”] del 9 settembre 2008 (in prosieguo: la “domanda del 9 settembre 2008”), il ricorrente ha presentato una domanda chiedendo, in particolare, la condanna della Commissione a versargli la somma di EUR 300 000, a titolo di risarcimento dei danni che la nota del 9 dicembre 2003 gli avrebbe causato. In tale domanda, faceva valere che detta nota gli avrebbe provocato gravi danni morali e “esistenziali”, in particolare portando indebitamente a conoscenza di terzi informazioni riservate che lo riguardavano, e non precisando chiaramente quali questioni mediche il dott. D. dovesse trattare, mettendo in discussione il suo comportamento nella gestione della procedura di invalidità e esigendo, senza che alcuna regola lo prescrivesse, l’invio a mezzo telefax di un certificato medico che giustificasse la sua assenza.

20      La domanda del 9 settembre 2008, redatta in lingua italiana, è stata inviata in pari data alla Commissione a mezzo telefax e poi per lettera raccomandata. La Commissione riconosce, nella propria decisione di rigetto del reclamo, che tale domanda è stata registrata sin dal 9 settembre 2008 presso l’unità “Ricorsi” della direzione generale del personale e dell’amministrazione, competente in materia. In mancanza di risposta della Commissione, detta domanda è stata rigettata implicitamente il 9 gennaio 2009.

21      Con lettera del 16 marzo 2009, redatta in lingua italiana, il ricorrente ha proposto reclamo avverso la decisione implicita di rigetto della domanda del 9 settembre 2008.

22      Con decisione del 30 giugno 2009, redatta in francese, l’APN ha respinto il reclamo argomentando che la domanda del 9 settembre 2008, non essendo stata introdotta entro un termine ragionevole, era inammissibile e che, in ogni caso, le pretese risarcitorie del ricorrente erano infondate (in prosieguo: la “decisione di rigetto del reclamo”). Il ricorrente ha chiesto di poter disporre della traduzione in lingua italiana della decisione di rigetto del reclamo. La Commissione ha comunicato tale traduzione al ricorrente con nota dell’8 settembre 2009, che il ricorrente precisa di aver ricevuto il 17 settembre 2009».

3        Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale della funzione pubblica in data 30 ottobre 2009, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il n. F‑91/09.

4        Come risulta dall’ordinanza impugnata, il ricorrente ha concluso, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica voglia:

–        A: dichiarare l’inesistenza ovvero, in subordine, annullare la decisione con cui la Commissione ha rigettato implicitamente la domanda del 9 settembre 2008;

–        B: nella misura del necessario, dichiarare l’inesistenza ovvero, in subordine, annullare la decisione di rigetto del reclamo;

–        C: nella misura del necessario, accertare i fatti generatori dei danni dedotti;

–        D: nella misura del necessario, dichiarare l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme;

–        E: condannare la Commissione a versargli la somma di EUR 300 000 a titolo di risarcimento di detti danni, ovvero quella somma maggiore ovvero minore che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa;

–        F: condannare la Commissione a versargli gli interessi su tale somma, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui la Commissione ha ricevuto la domanda del 9 settembre 2008 e fino all’effettivo pagamento della somma stessa, nella misura del 10% all’anno e con capitalizzazione annuale;

–        G: condannare la Commissione a rifondergli tutte le spese di procedura, ivi incluse quelle relative ad un’eventuale perizia di parte che sarà disposta dal Tribunale della funzione pubblica su domanda di una delle parti o d’ufficio;

–        H: decidere, quali misure istruttorie e per quanto necessario, da una parte, di procedere ad una perizia per acclarare la sussistenza dei requisiti affinché insorga la responsabilità della Commissione e di ogni fatto rilevante ai fini dell’emananda decisione, dall’altra, di procedere all’audizione, quali testimoni, di sua madre e di suo fratello nonché di un medico chirurgo specialista in neurologia e in psichiatria, segnatamente a proposito dei danni dedotti.

5        La Commissione ha concluso, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica volesse:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e/o infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese, ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica.

 Sull’ordinanza impugnata

6        Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto il ricorso proposto dal ricorrente, in parte, in quanto manifestamente irricevibile, in parte, in quanto manifestamente infondato, facendo applicazione dell’art. 76 del suo regolamento di procedura per i seguenti motivi:

«Sulle domande risarcitorie (capi della domanda A, B, E e F)

32      Come risulta da costante giurisprudenza, spetta ai funzionari o agli agenti presentare all’istituzione, entro un termine ragionevole, una domanda diretta ad ottenere da parte dell’Unione un risarcimento in ragione del danno che sarebbe ad essa imputabile, a decorrere dal momento in cui sono venuti a conoscenza delle situazioni di cui si lamentano (sentenze del Tribunale di primo grado 5 ottobre 2004, causa T‑45/01, Sanders e a./Commissione, Racc. pag. II‑3315, punto 62, e Eagle e a./Commissione, causa T‑144/02, Racc. pag. II‑3381, punti 60, 65 e 66, e la giurisprudenza ivi citata).

33      Il carattere ragionevole di un termine deve essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso e del comportamento delle parti coinvolte (sentenza Eagle e a./Commissione, cit., punto 66).

34      Occorre parimenti, al riguardo, tener conto dell’elemento di raffronto costituito dal termine di prescrizione di cinque anni previsto in materia di azioni per responsabilità extracontrattuale dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ancorché tale termine non trovi applicazione nelle controversie tra l’Unione e i suoi agenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer‑Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punti 7, 10 e 11). Il Tribunale di primo grado ne ha tratto la conclusione, al punto 71 della sentenza Eagle e a./Commissione, cit. supra, che gli interessati, ritenendo di essere oggetto di un trattamento discriminatorio illecito, avrebbero dovuto presentare all’istituzione una domanda diretta ad ottenere l’adozione delle misure idonee a rimediare a tale situazione e a porvi fine entro un termine ragionevole che non avrebbe potuto eccedere i cinque anni a decorrere dal momento in cui essi erano venuti a conoscenza delle situazioni di cui si lamentavano (v. anche sentenza del Tribunale della funzione pubblica 1° febbraio 2007, causa F‑125/05, Tsarnavas/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).

35      Il termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale ogni domanda sarebbe ricevibile, indipendentemente dal tempo fatto trascorrere dal ricorrente per presentare all’amministrazione la sua domanda e dalle circostanze del caso di specie (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale di primo grado 26 giugno 2009, causa T‑114/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 28; sentenza Tsarnavas/Commissione, cit., punti 76 e 77).

36      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre determinare quando il ricorrente sia venuto a conoscenza dei fatti che ritiene costitutivi di danno.

37      Risulta dallo stesso tenore del ricorso che il ricorrente è venuto a conoscenza, “[s]uccessivamente al 3 dicembre 2003, ma prima della fine di quell’anno”, del fatto che la Commissione aveva inviato una nota che lo riguardava alla AUSL. Inoltre, è pacifico che il ricorrente abbia risposto a due convocazioni relative a visite mediche, l’11 e il 15 dicembre 2003, realizzate nel contesto del controllo medico attribuito dalla Commissione al direttore della AUSL. Da tali elementi può dedursi che il ricorrente era informato, al più tardi l’11 dicembre 2003, quanto alle iniziative intraprese dalla Commissione nei suoi confronti, vale a dire lo svolgimento, da parte della AUSL, di un controllo medico per verificare se egli fosse effettivamente in uno stato di incapacità di presentarsi alla visita medica richiesta per la procedura di invalidità.

38      Per contro, nessuno degli atti di causa consente di dimostrare che il ricorrente sarebbe stato a conoscenza del contenuto esatto della nota del 9 dicembre 2003, in particolare delle affermazioni di cui contesta vivacemente il tenore, precedentemente al mese di maggio 2004, nel corso del quale asserisce di essere stato destinatario di detta nota. La Commissione non deduce, d’altronde, che avrebbe inviato tale nota al ricorrente in una data precedente al maggio 2004. Orbene, i danni morali ed esistenziali invocati dal ricorrente non traggono origine dal principio del controllo medico, al quale l’interessato si è normalmente assoggettato, bensì dal contenuto stesso di tale nota.

39      Conseguentemente, deve riconoscersi che il ricorrente ha avuto conoscenza dei fatti di cui si lamenta, al più tardi, nel maggio 2004.

40      In secondo luogo, occorre valutare se il termine di circa quattro anni e quattro mesi, decorso il quale il ricorrente ha introdotto la domanda risarcitoria del 9 settembre 2008, possa essere considerato ragionevole, alla luce dei criteri accolti dalla summenzionata giurisprudenza.

41      Anzitutto, quanto al criterio della rilevanza della controversia, è giocoforza rilevare che la questione in oggetto riveste una portata limitata per il ricorrente.

42      In effetti, le informazioni contenute nella nota del 9 dicembre 2003, criticate da quest’ultimo, tendevano essenzialmente a dare al dott. D. i chiarimenti necessari per il corretto svolgimento della visita medica di controllo che a tale medico era stato chiesto di svolgere. È pur vero che in tale nota si menziona la ragione dell’avvio della procedura di invalidità, vale a dire la durata superiore a 365 giorni del congedo di malattia del ricorrente, e il suo comportamento poco collaborativo nello svolgimento della procedura medesima. Tuttavia, tali elementi, di carattere meramente amministrativo, sono stati trasmessi al dott. D. affinché questi fosse debitamente informato in ordine alle difficoltà incontrate dalla Commissione nelle iniziative precedentemente intraprese nei confronti del ricorrente. Essi non erano accompagnati da alcun dato relativo allo stato di salute ed alle affezioni del ricorrente.

43      Quanto all’imprecisione del mandato assegnato al dott. D. e all’esigenza dell’invio a mezzo telefax di un certificato medico a giustificazione dell’assenza, tali elementi non possono essere considerati, in ogni caso, come causa di un danno grave per il ricorrente. Il dott. D., infatti, non ha messo in dubbio che lo stato di salute del ricorrente giustificasse che egli fosse collocato in congedo di malattia.

44      Quanto, poi, al criterio relativo alla complessità del caso, risulta manifesto che nemmeno tale criterio può deporre a favore del ricorrente.

45      L’interessato, infatti, poteva agevolmente, sin dalla ricezione della nota del 9 dicembre 2003, venire a conoscenza del suo contenuto e valutare la sua eventuale incidenza sfavorevole (v., per analogia, i fatti controversi nella causa sfociata nell’ordinanza del Tribunale 14 dicembre 2007, causa F‑21/07, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta). La controversia, pertanto, è particolarmente circoscritta e non sussiste alcun elemento che consenta di comprendere per quali ragioni il ricorrente abbia atteso più di quattro anni per introdurre la propria azione per risarcimento danni.

46      Infine, quanto al criterio relativo al comportamento delle parti, da nessuno degli atti di causa risulta che la Commissione avrebbe ostacolato o ritardato in alcun modo la conoscenza, da parte del ricorrente, della natura o della portata dei danni. Quanto al ricorrente, è tanto meno comprensibile che abbia lamentato solo nel 2008 il contenuto della nota del 9 dicembre 2003, dal momento che il controllo medico svolto sulla base della stessa nota non è stato sfavorevole nei suoi confronti. Il ricorrente, d’altronde, non deduce in alcun modo che le informazioni contenute in tale nota sarebbero state oggetto di un uso estraneo alle finalità di detto controllo o a quanto necessario ai fini della procedura di invalidità né, del pari, che la sua situazione amministrativa sarebbe stata modificata in esito a tale controllo. Non risulta, pertanto, che il termine allo scadere del quale il ricorrente ha deciso di avviare la propria azione risarcitoria possa giustificarsi con l’atteggiamento delle parti.

47      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che, come correttamente dedotto dalla Commissione, la domanda del 9 settembre 2008 non è stata presentata alla Commissione entro un termine ragionevole. Conseguentemente, le domande risarcitorie del ricorso in oggetto (capi della domanda A e B) devono essere dichiarate manifestamente irricevibili. Vanno parimenti dichiarate manifestamente irricevibili, di conseguenza, le domande intese alla corresponsione di interessi moratori e capitalizzati (capi della domanda E e F).

Sui capi della domanda C e D

48      Con i capi della domanda C e D, il ricorrente chiede al Tribunale, per quanto necessario, di accertare i fatti generatori dei danni dedotti (v. supra, punto 19) e di dichiarare l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme.

49      Tali conclusioni mirano in realtà alla declaratoria, da parte del Tribunale, della fondatezza delle censure dedotte dall’interessato a sostegno delle domande risarcitorie. Orbene, come correttamente sostenuto dalla Commissione, non spetta al Tribunale, nel contesto del suo controllo di legittimità che si fonda sull’art. 91 dello Statuto [dei funzionari delle Comunità europee], fare dichiarazioni in diritto. Dette domande, pertanto, devono essere dichiarate manifestamente irricevibili (v., per analogia, sentenza del Tribunale di primo grado 30 novembre 1993, causa T‑15/93, Vienne/Parlamento, Racc. pag. II‑1327, punto 13).

Sulla domanda di misure istruttorie (capo della domanda H)

50      Per quanto riguarda la valutazione di domande di misure di organizzazione del procedimento o di istruzione presentate da una parte in una controversia, il Tribunale è il solo giudice dell’eventuale necessità di integrare gli elementi di informazione di cui dispone nelle cause di cui è investito (v., ad esempio, riguardo alla domanda di un’audizione di testimoni, sentenza della Corte 22 novembre 2007, causa C‑260/05 P, Sniace/Commissione, Racc. pag. I‑10005, punti 77 e 78).

51      Nelle circostanze del caso di specie, e in considerazione, segnatamente, di quanto precedentemente esposto, non occorre procedere ad una perizia né all’audizione dei testimoni menzionati dal ricorrente.

52      Il summenzionato capo di domanda deve pertanto essere dichiarato manifestamente infondato.

53      Dalle suesposte considerazioni risulta che il ricorso deve essere in parte, dichiarato manifestamente irricevibile e, in parte, respinto in quanto manifestamente infondato».

 Sull’impugnazione

7        Il ricorrente ha presentato l’impugnazione in esame con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 settembre 2010. Il 20 dicembre 2010, la Commissione ha depositato la sua comparsa di risposta.

8        Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 20 gennaio 2011, il ricorrente ha chiesto l’autorizzazione a depositare una replica ai sensi dell’art. 143, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Con decisione 28 gennaio 2011, il Presidente della Sezione delle Impugnazioni ha respinto tale domanda.

9        Con lettera del 6 marzo 2011, il ricorrente ha formulato una domanda motivata, ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura, per essere sentito nell’ambito della fase orale del procedimento.

10      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        per un verso, annullare in toto l’ordinanza impugnata e, per altro verso, dichiarare il suo ricorso ricevibile;

–        in via principale, accogliere in toto le conclusioni formulate in primo grado e condannare la Commissione alle spese relative sia al procedimento di primo grado che dell’impugnazione in esame;

–        in via subordinata, rinviare la causa de qua al Tribunale della funzione pubblica, in diversa composizione, perché statuisca di nuovo in merito alla medesima.

11      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere l’impugnazione in quanto irricevibile e/o infondata;

–        porre a carico del ricorrente le spese relative sia al procedimento di primo grado che all’impugnazione in esame.

–        in via subordinata, dichiarare comunque infondato il ricorso in primo grado e porre a carico del ricorrente le spese relative sia al procedimento di primo grado che all’impugnazione in esame.

 In diritto

12      In forza dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata, anche qualora una parte abbia chiesto al Tribunale di tenere udienza (ordinanza del Tribunale 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 21). Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente informato grazie ai documenti del fascicolo e, in applicazione di tale articolo, ritiene di pronunciarsi senza proseguire il procedimento.

13      A sostegno della sua impugnazione il ricorrente solleva tre motivi. Il primo riguarda, in sostanza, errori di diritto relativi alla dichiarazione di irricevibilità delle domande risarcitorie (punti 32‑47 dell’ordinanza impugnata). Il secondo motivo riguarda un difetto di motivazione della dichiarazione di irricevibilità delle conclusioni volte a far accertare dal Tribunale della funzione pubblica i fatti generatori dei danni dedotti e a dichiarare l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme (punto 49 dell’ordinanza impugnata). Il terzo motivo riguarda l’illegittimità delle statuizioni inerenti, in parte, alla manifesta irricevibilità e, in parte, alla manifesta infondatezza del ricorso in primo grado (segnatamente punto 53 dell’ordinanza impugnata).

 Sul primo motivo, vertente sugli errori di diritto relativi alla dichiarazione di irricevibilità delle domande risarcitorie

 Argomenti delle parti

14      Il ricorrente deduce che il Tribunale della funzione pubblica ha commesso i seguenti errori di diritto: difetto di motivazione della dichiarazione di irricevibilità delle domande risarcitorie, carenza di istruttoria, travisamento e snaturamento dei fatti, inconferenza, «irragionevolezza, irrazionalità, illogicità, arbitrarietà, apoditticità, tautologia [e] confusione», violazione, erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 270 TFUE e dell’art. 90 dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), nonché violazione dei principi della certezza del diritto, del diritto alla tutela giurisdizionale, della gerarchia delle fonti, della separazione dei poteri e della «subordinazione del giudice alla legge», nel dichiarare irricevibili le sue conclusioni risarcitorie in quanto presentate oltre il termine ragionevole decorrente dal momento in cui egli ha avuto conoscenza della situazione di cui si lamenta.

15      Il ricorrente ritiene sia dunque illegittima l’asserzione del Tribunale della funzione pubblica, secondo la quale i funzionari o gli agenti che intendano ottenere dalle istituzioni europee un risarcimento a causa di un danno che sarebbe imputabile ad una di esse sono tenuti a farlo entro un termine ragionevole decorrente dal momento in cui gli stessi sono venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentano. Invero, la giurisprudenza alla quale rinvia il Tribunale della funzione pubblica, al punto 32 dell’ordinanza impugnata, contravverrebbe all’art. 270 TFUE ed all’art. 90 dello Statuto, i quali costituirebbero norme gerarchicamente sovraordinate e non prevedrebbero alcun termine entro il quale debba essere presentata una tale domanda. Peraltro, ammettere che una domanda ex art. 90 dello Statuto debba essere proposta entro un termine ragionevole non prefissato in modo certo equivarrebbe a legittimare l’arbitrio del giudice rogato della questione. A suo avviso, la sua domanda ex art. 90 dello Statuto è stata presentata tempestivamente ed è, pertanto, perfettamente ricevibile, così come il ricorso in primo grado.

16      Tuttavia, in via subordinata, nell’ipotesi in cui quanto affermato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 32 dell’ordinanza impugnata trovi accoglimento, il ricorrente espone le seguenti considerazioni.

17      Egli ritiene che il termine ragionevole, in assenza di una specifica previsione normativa in proposito, non possa essere inferiore al termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte. Il ricorrente considera che la disapplicazione o l’elusione del criterio della prescrizione quinquennale in un senso che gli sarebbe sfavorevole configurerebbe una violazione del diritto alla tutela giurisdizionale ed una violazione dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento, in quanto egli sarebbe privato del suo diritto a conoscere in anticipo e con certezza il termine per piatire da un’istituzione il risarcimento del danno riportato. Orbene, nel caso di specie, il ricorrente afferma che, avendo introdotto la sua domanda di risarcimento del danno in un termine inferiore ai cinque anni dal momento in cui aveva avuto conoscenza della situazione di cui si lamenta, detta domanda è stata introdotta tempestivamente.

18      Peraltro, anche ammettendo che il criterio della prescrizione quinquennale sia null’altro che un elemento di rilevante raffronto nella valutazione del carattere ragionevole del termine per l’introduzione di una domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 90 dello Statuto, il ricorrente afferma che il Tribunale della funzione pubblica avrebbe dovuto enucleare le ragioni precise per le quali esso si discosta, nel caso di specie, dal criterio della prescrizione quinquennale. Il ricorrente ritiene che l’asserzione del Tribunale della funzione pubblica, esposta al punto 35 dell’ordinanza impugnata, secondo la quale il termine di cinque anni non può costituire un termine rigido ed intangibile entro il quale ogni domanda sarebbe ricevibile, indipendentemente dal tempo fatto trascorrere dal ricorrente per presentare all’amministrazione la sua domanda e dalle circostanze del caso di specie, sia apodittica ed immotivata.

19      Infine, in ogni caso, ammettendo pure che una domanda di risarcimento del danno debba essere introdotta entro un termine ragionevole senza che questo possa essere conoscibile dalle parti ex ante, il ricorrente ritiene che il Tribunale della funzione pubblica abbia erroneamente applicato i criteri individuati dalla giurisprudenza menzionata al punto 33 dell’ordinanza impugnata.

20      Così, innanzitutto, con riferimento all’argomento del Tribunale della funzione pubblica relativo al criterio della rilevanza della controversia a tenore del quale la causa in oggetto riveste una portata limitata per il ricorrente (punti 41 e 42 dell’ordinanza impugnata), egli deduce che il grado asseritamente limitato di lesività ovvero di illiceità insito nella divulgazione delle informazioni in questione, nonché il carattere di queste ultime, nulla hanno a che vedere con la portata della controversia di cui alla nota datata 9 dicembre 2003. Inoltre, solo il danneggiato potrebbe stabilirne la portata.

21      In secondo luogo, con riferimento all’argomento del Tribunale della funzione pubblica secondo il quale la controversia non sarebbe complessa, ma circoscritta (punto 45 dell’ordinanza impugnata), il ricorrente afferma che le asserzioni del Tribunale della funzione pubblica sono immotivate ed apodittiche, in quanto la nozione di circoscrizione dedotta è vaga ed imprecisata. In proposito, egli sottolinea che il Tribunale della funzione pubblica non ha indicato entro quale momento il ricorrente avrebbe dovuto introdurre la domanda risarcitoria per non incorrere negli strali del giudice di primo grado.

22      In terzo luogo, con riferimento alle considerazioni del Tribunale della funzione pubblica quanto al comportamento delle parti (punto 46 dell’ordinanza impugnata), il ricorrente deduce che nessuna di queste affermazioni è conferente. Innanzitutto egli non avrebbe mai affermato che la Commissione avrebbe ostacolato o ritardato la conoscenza, da parte sua, della natura o della portata dei suoi danni. Inoltre, il comportamento rilevante delle parti sarebbe quello tenuto in occasione della proposizione della domanda risarcitoria e non quello tenuto allorquando il ricorrente avrebbe subito il pregiudizio. In ogni caso, il ricorrente sottolinea che il danno che egli lamenta di aver subito si era verificato per effetto della mera divulgazione di dati riservati che lo riguardavano. L’eventuale ulteriore uso degli stessi ovvero i riflessi di tale illegittima divulgazione sulla situazione amministrativa del ricorrente avrebbero solamente cagionato ulteriori danni.

23      La Commissione ritiene che il primo motivo del ricorrente sia privo di fondamento.

 Giudizio del Tribunale

24      In limine, occorre ricordare che una controversia tra un funzionario e l’istituzione presso cui presta o prestava servizio, e vertente sul risarcimento di un danno, qualora trovi origine nel rapporto di impiego che vincola l’interessato all’istituzione, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 270 TFUE e degli artt. 90 e 91 dello Statuto (v. ordinanza del Tribunale 26 giugno 2009, causa T‑114/08 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 12, e la giurisprudenza ivi citata).

25      Inoltre, contrariamente a quanto asserisce il ricorrente, il fatto che l’art. 270 TFUE e l’art. 90 dello Statuto non prevedano alcun termine per la presentazione di una domanda di risarcimento di un danno non rende illegittima l’esigenza di un termine ragionevole per l’introduzione di una domanda siffatta. Invero, l’applicazione di queste disposizioni, in particolare ad una domanda di risarcimento di un danno, deve farsi nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione europea che sono i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento.

26      Orbene, questi principi generali, nel silenzio dei testi, ostano a che le istituzioni e le persone fisiche o giuridiche possano agire senza limiti di tempo, rischiando così, in particolare, di mettere in pericolo la stabilità di situazioni giuridiche consolidate e richiedono il rispetto di un termine ragionevole (v. sentenza del Tribunale 5 ottobre 2004, causa T‑45/01, Sanders e a./Commissione, Racc. pag. II‑3315, punto 59).

27      Così, il rimettere in discussione, oltre un termine ragionevole, un fatto generatore di un danno causato da un’istituzione europea nell’ambito dei suoi rapporti con i propri agenti pregiudica la certezza dei rapporti giuridici tra detta istituzione e i propri agenti ed espone il bilancio dell’Unione a spese dovute ad un evento generatore troppo lontano nel tempo (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II‑3381, punto 62). Il principio della certezza del diritto richiede pertanto che gli agenti presentino entro un termine ragionevole la loro domanda di risarcimento di un danno asseritamente cagionato da un’istituzione europea nell’ambito dei loro rapporti con la medesima.

28      Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica ha correttamente constatato, al punto 32 dell’ordinanza impugnata, che i funzionari o gli agenti che intendano ottenere da parte dell’Unione un risarcimento in ragione del danno che sarebbe ad essa imputabile, debbono agire entro un termine ragionevole, a decorrere dal momento in cui sono venuti a conoscenza delle situazioni di cui si lamentano.

29      Poiché il ricorrente sostiene che il suo ricorso è stato introdotto entro un termine ragionevole, giacché esso è stato presentato entro un termine inferiore a quello previsto dall’art. 46, n. 1, dello Statuto della Corte, occorre rammentare che la controversia in questione rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 270 TFUE e degli artt. 90 e 91 dello Statuto, mentre si colloca al di fuori della sfera di applicazione dell’art. 46 dello Statuto della Corte. In ogni caso, a titolo indicativo, il riferimento al termine di cui all’art. 46 dello Statuto della Corte può essere considerato come un massimale (ordinanza Marcuccio/Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 25). Pertanto, così come rilevato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 35 dell’ordinanza impugnata, la circostanza per la quale una domanda sia stata introdotta entro i cinque anni a decorrere dal momento in cui l’interessato ha avuto conoscenza dei fatti di cui si lamenta non è sufficiente per concludere che la domanda sia stata introdotta entro un termine ragionevole.

30      Poiché il ricorrente asserisce il difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata quanto alle ragioni per cui il Tribunale della funzione pubblica si è discostato dal criterio della prescrizione quinquennale, occorre osservare che risulta dai precedenti punti 28 e 29 che tale censura si fonda su una comprensione manifestamente errata della pertinenza della prescrizione quinquennale ai fini della valutazione del termine ragionevole nella fattispecie. Inoltre, e comunque, l’obbligo di motivazione incombente al Tribunale della funzione pubblica deve essere considerato soddisfatto in quanto l’ordinanza impugnata lascia apparire il ragionamento svolto da quest’ultimo in modo che il Tribunale sia in grado di esercitare il suo controllo giurisdizionale (v. ordinanza del Tribunale 23 marzo 2010, causa T‑16/09 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38, e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente esposto, al punto 34 dell’ordinanza impugnata, che, per valutare il termine ragionevole, occorreva anche tenere conto dell’elemento di paragone offerto dal termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte, sebbene tale termine non debba applicarsi nelle controversie tra le istituzioni dell’Unione e i suoi agenti. Inoltre, al punto 35 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha esposto che era stato già statuito che tale termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale qualsiasi domanda sarebbe ricevibile indipendentemente dal termine entro il quale il ricorrente ha presentato all’amministrazione la sua domanda e dalle circostanze della fattispecie. Pertanto, la censura del ricorrente vertente sul difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata è manifestamente infondata.

31      Peraltro, poiché il ricorrente contesta la valutazione svolta dal Tribunale della funzione pubblica quanto al rispetto del termine ragionevole per l’introduzione della sua domanda risarcitoria, occorre rammentare che la determinazione del termine per introdurre un ricorso costituisce una questione di diritto e che, in mancanza di un termine previsto dalla normativa applicabile per introdurre una domanda di risarcimento derivante dal rapporto di lavoro tra il funzionario e l’istituzione da cui questi dipende, detta domanda dev’essere introdotta entro un termine ragionevole, che è determinato alla luce delle circostanze del caso di specie. Al riguardo, il Tribunale della funzione pubblica, se è vero che rileva e valuta sovranamente i fatti pertinenti, con riserva dell’ipotesi del loro snaturamento, li qualifica poi sotto il profilo giuridico alla luce del principio del rispetto del termine ragionevole, con il controllo del Tribunale (v. ordinanza 26 giugno 2009, Marcuccio/Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 27).

32      Nel caso di specie, con riferimento, innanzitutto, al criterio di valutazione del termine ragionevole relativo alla rilevanza della controversia per il ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica non ha commesso alcun errore di diritto né snaturato i fatti, nel considerare, al punto 41 dell’ordinanza impugnata, che la presente causa aveva una portata limitata per il ricorrente. Invero, così come constatato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 42 dell’ordinanza impugnata, la nota del 9 dicembre 2003 non conteneva alcun dato relativo allo stato di salute ed alle affezioni del ricorrente. Il Tribunale della funzione pubblica poteva correttamente considerare, al medesimo punto di tale ordinanza, che le informazioni contenute in tale nota sulla durata superiore a 365 giorni del congedo di malattia del ricorrente e sul suo comportamento nello svolgimento della procedura di invalidità avevano carattere meramente amministrativo. Analogamente al Tribunale della funzione pubblica, occorre concludere nel senso che le informazioni tendevano essenzialmente a dare al dott. D. i chiarimenti necessari per il corretto svolgimento della visita medica di controllo che a tale medico era stato chiesto di svolgere.

33      In secondo luogo, quanto al criterio relativo alla complessità del caso, risulta dal punto 45 dell’ordinanza impugnata che il Tribunale della funzione pubblica, riferendosi ai fatti controversi nel procedimento che ha dato luogo all’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica 14 dicembre 2007, causa F‑21/07, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), ha motivato l’assenza di complessità del caso. Quanto all’argomento del ricorrente secondo il quale il Tribunale della funzione pubblica non ha indicato entro quale termine il ricorrente avrebbe dovuto introdurre la domanda risarcitoria per non vederla respinta, occorre rilevare che il giudice dell’Unione non è competente ad emettere dichiarazioni in diritto (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 luglio 1989, causa 108/88, Jaenicke Cendoya/Commissione, Racc. pag. 2711, punti 8 e 9).

34      In terzo luogo, quanto al criterio relativo al comportamento delle parti, occorre osservare che il Tribunale della funzione pubblica non ha commesso alcun errore di diritto né snaturato i fatti, nel considerare, al punto 46 dell’ordinanza impugnata, che il termine allo scadere del quale il ricorrente ha deciso di avviare la propria azione risarcitoria non potesse giustificarsi con l’attitudine delle parti. Invero, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, il comportamento rilevante delle parti non è unicamente quello tenuto in occasione della proposizione della domanda risarcitoria. Al contrario, occorre esaminare il comportamento delle parti a decorrere dal momento in cui l’interessato è venuto a conoscenza della situazione di cui si lamenta (v., in tal senso, sentenza Eagle e a./Commissione, cit. al punto 27 supra, punto 66). Se è vero che il Tribunale della funzione pubblica, nell’ambito della sua valutazione del comportamento delle parti, ha dapprima esaminato il comportamento che la Commissione ha tenuto in un momento antecedente a tale cognizione, successivamente esso ha del pari fatto riferimento al periodo successivo all’avvenuta conoscenza. Quanto ai fatti valutati da detto Tribunale in proposito, non può manifestamente dedursi dal fascicolo che essi siano stati snaturati. In ogni caso il ricorrente non deduce alcun comportamento della Commissione che sia idoneo a giustificare il carattere ragionevole del termine in questione.

35      Per le suesposte considerazioni, il primo motivo dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sul difetto di motivazione della dichiarazione di irricevibilità delle conclusioni volte a far accertare dal Tribunale della funzione pubblica i fatti generatori dei danni dedotti e a dichiarare l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme

 Argomenti delle parti

36      Il ricorrente addebita al Tribunale della funzione pubblica di aver dichiarato manifestamente irricevibili le sue conclusioni volte a che detto Tribunale accertasse i fatti generatori dei danni dedotti e dichiarasse l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme. Né l’accertamento di detti fatti generatori, né la dichiarazione richiesta avrebbero valore di dichiarazioni di principio. Sarebbero, al contrario, strumentali e prodromici alla condanna della Commissione al risarcimento del danno riportato e, inoltre, necessari ed ineludibili per motivare congruamente la statuizione del Tribunale della funzione pubblica in quest’ambito.

37      La Commissione ritiene che il secondo motivo del ricorrente debba essere respinto in quanto infondato e comunque inoperante.

 Giudizio del Tribunale

38      Innanzitutto, occorre rilevare che il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente esposto, al punto 49 dell’ordinanza impugnata, il ragionamento che lo ha condotto a dichiarare manifestamente irricevibile la domanda volta a che esso accertasse i fatti generatori dei danni dedotti e dichiarasse l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme. Invero, il Tribunale della funzione pubblica illustra al punto anzidetto, rinviando alla sentenza del Tribunale 30 novembre 1993, causa T‑15/93, Vienne/Parlamento, Racc. pag. II‑1327, punto 13, che la domanda del ricorrente è manifestamente irricevibile, giacché non rientra nella sua competenza fare dichiarazioni in diritto e le conclusioni in questione mirano in realtà alla declaratoria, da parte sua, della fondatezza delle censure dedotte dal ricorrente a sostegno della domanda di risarcimento. Pertanto, alla luce della giurisprudenza ripresa al punto 30 che precede, la censura del ricorrente vertente sul difetto di motivazione del mancato accoglimento della sua domanda, volta a far accertare dal Tribunale della funzione pubblica i fatti generatori dei danni dedotti e a dichiarare l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme, è manifestamente infondata (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 15 settembre 2010, causa T‑157/09 P, Marcuccio/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 53).

39      Peraltro, nella sua censura per la quale le conclusioni volte a stabilire detti fatti generatori e a dichiararne l’illeicità non avrebbero valore di dichiarazioni di principio, ma sarebbero prodromiche alla condanna della Commissione al risarcimento del danno riportato, il ricorrente ammette espressamente che tali conclusioni mirano alla declaratoria della fondatezza delle censure dedotte a sostegno della domanda. Così, anche se il ricorrente le qualifica come «prodromic[he]», tali conclusioni debbono essere considerate come volte ad ottenere dal giudice delle dichiarazioni in diritto ai sensi della giurisprudenza formatasi a partire della sentenza Jaenicke Cendoya/Commissione, cit. al punto 33 supra. Ciò posto, il Tribunale della funzione pubblica ha correttamente concluso nel senso che tali conclusioni erano manifestamente irricevibili. Di conseguenza, tale censura deve essere dichiarata manifestamente infondata (v., in tal senso, ordinanza 15 settembre 2010, Marcuccio/Commissione, cit. al punto 38 supra, punto 54).

40      Da quanto precede deriva che il secondo motivo dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul terzo motivo, vertente sull’illegittimità del rigetto del ricorso di primo grado, in parte come manifestamente irricevibile e in parte come manifestamente infondato

 Argomenti delle parti

41      Il ricorrente sostiene che, alla luce degli errori di diritto contenuti nell’ordinanza impugnata così come esposti nell’ambito dei primi due motivi della sua impugnazione, il Tribunale della funzione pubblica ha a torto concluso che il ricorso in primo grado fosse in parte manifestamente irricevibile ed in parte manifestamente infondato. Quanto alla statuizione che respinge il ricorso come in parte manifestamente infondato, egli deduce che l’ordinanza impugnata non contiene il percorso logico del Tribunale della funzione pubblica che permetterebbe di concludere nel medesimo senso, giacché tale infondatezza sarebbe stata meramente menzionata al punto 53 dell’ordinanza impugnata.

42      Egli addebita, inoltre, al Tribunale della funzione pubblica di non aver spiegato in cosa consisterebbe il carattere manifesto della dichiarazione in parte di irricevibilità ed in parte d’infondatezza del suo ricorso di primo grado. Secondo il ricorrente, il gran numero di rilievi sollevati dall’ordinanza impugnata milita contro il carattere manifesto dell’irricevibilità parziale del ricorso di primo grado.

43      La Commissione ritiene che il terzo motivo del ricorrente debba essere respinto in quanto infondato.

 Giudizio del Tribunale

44      Ai sensi dell’art. 76 del regolamento di procedura, quando il Tribunale della funzione pubblica è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o di alcune sue conclusioni o quando il ricorso è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale della funzione pubblica può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

45      Avendo giudicato il ricorso come in parte manifestamente irricevibile ed in parte manifestamente infondato, il Tribunale della funzione pubblica ha giustamente reso l’ordinanza impugnata sulla base di questa disposizione.

46      Per di più, la censura del ricorrente secondo la quale il ricorso non sarebbe né in parte manifestamente irricevibile né in parte manifestamente infondato alla luce degli errori di diritto contenuti nell’ordinanza impugnata esposti nell’ambito dei primi due motivi è manifestamente destituita di fondamento per i motivi sviluppati ai punti 14‑40 che precedono.

47      Inoltre, quanto al carattere asseritamente illogico delle considerazioni del Tribunale della funzione pubblica relativamente al rigetto del ricorso come in parte manifestamente infondato, occorre constatare che detto Tribunale, al punto 52 dell’ordinanza impugnata, ha respinto la domanda di misure di istruzione del ricorrente come manifestamente infondata. Esso poteva, dunque, correttamente concludere, al punto 53 dell’ordinanza impugnata, che il ricorso doveva essere respinto per questo capo di conclusioni in quanto manifestamente infondato.

48      Ciononostante, con riferimento al carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso di primo grado, da una parte e dell’infondatezza, dall’altra, occorre verificare se, così come asserito dal ricorrente, il Tribunale della funzione pubblica abbia ignorato l’obbligo di motivazione che incombe sul medesimo, quale esposto al punto 30 che precede.

49      A tal proposito, ai punti 32‑47 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha chiaramente dichiarato che un ricorso per risarcimento danni, come quello del ricorrente, doveva essere introdotto entro un termine ragionevole. In funzione delle circostanze proprie al caso di specie, detto Tribunale ha concluso nel senso che la domanda risarcitoria del ricorrente non era stata presentata entro un termine ragionevole e che, conseguentemente, le conclusioni volte ad ottenere il risarcimento dovevano essere dichiarate manifestamente irricevibili.

50      Il Tribunale della funzione pubblica ha affermato, al punto 49 dell’ordinanza impugnata, che le conclusioni volte a che questi accertasse i fatti generatori dei danni dedotti e dichiarasse l’illiceità di ognuno dei fatti generatori di tali danni e, a fortiori, del loro insieme, miravano in realtà alla declaratoria, da parte sua, della fondatezza di alcune censure dedotte dal ricorrente a sostegno delle sue conclusioni risarcitorie, il che rendeva dette domande manifestamente irricevibili. Infine, il Tribunale della funzione pubblica ha valutato, ai punti 50‑52 dell’ordinanza impugnata, la domanda di misure di istruzione presentata dal ricorrente e l’ha respinta come manifestamente infondata.

51      Al riguardo, l’argomento del ricorrente, secondo il quale il ricorso non sarebbe stato manifestamente irricevibile in considerazione dei numerosi motivi sollevati dall’ordinanza impugnata, non può essere accolto. Infatti, un siffatto criterio non costituisce un indice pertinente del carattere manifestamente irricevibile del ricorso respinto dall’ordinanza impugnata, la quale, a termini dell’art. 76 del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, deve essere motivata (v., in questo senso, ordinanza 26 giugno 2009, Marcuccio/Commissione, cit. al punto 24 supra, punto 50).

52      Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica ha fatto emergere con chiarezza il suo ragionamento, quanto al carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso di primo grado, da un lato, e dell’infondatezza, dall’altro, sicché la censura del ricorrente vertente su un difetto di motivazione dell’ordinanza impugnata è manifestamente infondata.

53      Pertanto il terzo motivo dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato.

54      Di conseguenza occorre respingere l’impugnazione nella sua interezza in quanto manifestamente infondata.

 Sulle spese

55      In conformità all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione non è fondata il Tribunale statuisce sulle spese.

56      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura, che si applica al procedimento d’impugnazione a norma dell’art. 144 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

57      Il ricorrente, essendo risultato soccombente nell’insieme delle sue conclusioni, sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione nell’ambito del presente grado di giudizio, come da quest’ultima richiesto.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea nell’ambito del presente grado di giudizio.

Lussemburgo, 18 luglio 2011

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.