Language of document : ECLI:EU:T:2006:258

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

19 settembre 2006 (*)

«CECA – Aiuti di Stato – Aiuti all’ambiente – Aiuto dell’Italia a favore dell’impresa siderurgica Lucchini – Diniego di autorizzazione dell’aiuto in esame – Quadro normativo applicabile – Ammissibilità degli investimenti notificati agli aiuti a tutela dell’ambiente – Condizioni di compatibilità degli aiuti con il mercato comune – Motivazione»

Nella causa T-166/01,

Lucchini SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti G. Vezzoli e G. Belotti,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. V. Kreuschitz e V. Di Bucci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto l’annullamento dell’art. 1 della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2001/466/CECA, in quanto dichiara incompatibile con il mercato comune l’aiuto di Stato dell’importo di ITL 13,5 miliardi (EUR 6,98 milioni) al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore dell’impresa siderurgica Lucchini SpA (GU 2001, L 163, pag. 24),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García-Valdecasas e J. D. Cooke, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 marzo 2004,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        Ai sensi dell’art. 4 CA:

«Sono riconosciuti incompatibili con il mercato comune del carbone e dell’acciaio e, per conseguenza, sono aboliti e proibiti, alle condizioni previste dal presente Trattato, nell’interno della Comunità:

(…)

c)      le sovvenzioni o gli aiuti concessi dagli Stati o gli oneri speciali imposti da essi, in qualunque forma;

(…)».

 A – Codice degli aiuti alla siderurgia

2        Nell’intento di rispondere alle esigenze della ristrutturazione del settore siderurgico, la Commissione si è basata sulle disposizioni dell’art. 95 del Trattato CECA per istituire, a partire dall’inizio degli anni ‘80, un regime comunitario che autorizza la concessione di aiuti di Stato alla siderurgia in taluni casi tassativamente elencati. Tale regime è stato successivamente adattato per far fronte alle difficoltà congiunturali dell’industria siderurgica. Le decisioni successivamente adottate a tale riguardo sono comunemente denominate «codici degli aiuti alla siderurgia».

3        La decisione della Commissione 18 dicembre 1996, 2496/96/CECA, recante norme comunitarie per gli aiuti a favore della siderurgia (GU L 338, pag. 42; in prosieguo: il «codice»), costituisce il sesto codice degli aiuti alla siderurgia, applicabile dal 1° gennaio 1997 al 22 luglio 2002. Il codice definisce le condizioni alle quali gli aiuti a favore della siderurgia finanziati da uno Stato membro, da enti territoriali o mediante risorse statali possono essere considerati compatibili con il corretto funzionamento del mercato comune.

4        L’art. 1 del codice così recita:

«1. Tutti gli aiuti (…) a favore della siderurgia, finanziati da uno Stato membro (…), possono essere considerati aiuti comunitari e pertanto compatibili con il corretto funzionamento del mercato comune soltanto se conformi alle disposizioni degli articoli da 2 a 5.

(…)

3. Gli aiuti ai sensi della presente decisione possono essere concessi soltanto previo espletamento delle procedure di cui all’articolo 6 (…)».

5        Secondo l’art. 3, intitolato «Aiuti per la tutela dell’ambiente»:

«Gli aiuti per la tutela dell’ambiente possono essere considerati compatibili con il mercato comune qualora siano conformi alle regole della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. C 72 del 10 marzo 1994, nonché ai relativi criteri di applicazione all’industria siderurgica CECA, di cui all’allegato della presente decisione».

6        L’art. 6, intitolato «Procedura», prevede, ai nn. 1 e 2, che tutti i progetti di aiuti e tutti i progetti di trasferimento di risorse pubbliche a favore di imprese siderurgiche debbano essere comunicati alla Commissione, che ne valuta la compatibilità con il mercato comune. Ai sensi del n. 4 della stessa disposizione, ai progetti previsti può essere data esecuzione solo previa approvazione della Commissione e nel rispetto delle condizioni da essa stabilite.

7        L’art. 6, n. 5, del codice così dispone:

«La Commissione, qualora ritenga che un determinato intervento finanziario possa costituire aiuto di Stato a norma dell’articolo 1 o dubiti circa la compatibilità di un determinato aiuto con le disposizioni della presente decisione, ne informa lo Stato membro interessato, invitando altresì le parti interessate e gli altri Stati membri a presentare osservazioni. Se, dopo aver ricevuto tali osservazioni ed aver dato modo allo Stato membro interessato di pronunciarsi in proposito, conclude che l’intervento in oggetto costituisce un aiuto incompatibile con le disposizioni della presente decisione, la Commissione adotta una decisione entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni necessarie per valutare la misura progettata. Qualora uno Stato membro non si conformi a tale decisione, si applicano le disposizioni dell’articolo 88 del Trattato».

 B – Disciplina degli aiuti a favore dell’ambiente

8        La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente (GU 1994, C 72, pag. 3; in prosieguo: la «disciplina»), che è applicabile al Trattato CE, precisa, al suo punto 3, le condizioni da soddisfare affinché possa venire autorizzata l’assistenza finanziaria concessa dai governi a imprese particolari a fini di tutela ambientale.

9        Il punto 3.2 della disciplina riguarda gli aiuti agli investimenti. Il punto 3.2.1 stabilisce quanto segue:

«Possono essere autorizzati, nei limiti stabiliti dalla presente disciplina, gli aiuti agli investimenti in (…) impianti e beni strumentali destinati a ridurre o ad eliminare l’inquinamento e le nocività ambientali ovvero ad adeguare i metodi di produzione ai fini della salvaguardia dell’ambiente. I costi ammissibili devono limitarsi strettamente ai costi d’investimento aggiuntivi necessari per conseguire gli obiettivi di protezione ambientale. Sono esclusi i costi degli investimenti di carattere generale non ascrivibili alla tutela dell’ambiente. Pertanto, quando vengono costruiti nuovi impianti o vengono sostituiti quelli esistenti, non saranno ritenute ammissibili le spese di investimento sostenute unicamente per creare o sostituire la capacità produttiva senza migliorarne la compatibilità ambientale. Analogamente, laddove gli investimenti incrementino la capacità degli impianti esistenti e ne migliorino la compatibilità ambientale, i costi saranno considerati ammissibili in proporzione alla capacità iniziale dell’impianto. In ogni caso, gli aiuti che apparentemente sono destinati a misure di protezione ambientale ma che, in realtà, sono destinati agli investimenti in generale sono esclusi dalla presente disciplina (...)».

10      Il punto 3.2.3 della disciplina precisa poi che gli aiuti agli investimenti a favore dell’ambiente possono essere autorizzati entro determinati livelli d’intensità. Esso distingue, in primo luogo (punto 3.2.3.A), gli aiuti alle imprese per l’adeguamento a nuove norme ambientali obbligatorie, in secondo luogo (punto 3.2.3.B), gli aiuti diretti ad incoraggiare le imprese all’osservanza di criteri più rigorosi di quelli previsti dalle norme vigenti e, in terzo luogo (punto 3.2.3.C), gli aiuti in caso di inesistenza di norme ambientali obbligatorie.

11      Nel primo caso (caso A), gli aiuti agli investimenti destinati all’osservanza di nuove norme ambientali obbligatorie o di altri nuovi obblighi giuridici, che comportino l’adeguamento degli impianti e dei beni strumentali in modo che soddisfino ai nuovi requisiti di legge, possono essere autorizzati fino ad un’intensità massima lorda del 15% dei costi ammissibili. Tali aiuti possono essere concessi solo per impianti in servizio da almeno due anni al momento dell’entrata in vigore delle nuove norme o dei nuovi obblighi. Inoltre, è indicato che le imprese che, invece di adeguare semplicemente gli impianti in servizio da almeno due anni, decidano di sostituirli con impianti nuovi conformi alle nuove norme possono beneficiare di aiuti per la quota di investimenti corrispondente ai costi di adattamento dei vecchi impianti.

12      Nel secondo caso (caso B), gli aiuti a favore di investimenti che consentono di raggiungere livelli di protezione dell’ambiente significativamente superiori a quelli previsti dalle norme vigenti possono essere autorizzati a concorrenza di un livello massimo del 30% lordo dei costi ammissibili. Si precisa che «l’intensità dell’aiuto effettivamente concesso per il superamento delle norme esistenti deve essere proporzionata al miglioramento dell’ambiente che viene realizzato ed agli investimenti necessari per conseguirlo» e che «[s]e un progetto prevede in parte investimenti per l’adattamento alle nuove norme e in parte investimenti per il superamento delle norme stesse devono essere distinti i costi ammissibili relativi a ciascuna categoria e applicate le rispettive intensità».

13      Nel terzo caso (caso C), gli investimenti possono beneficiare del medesimo livello di aiuti e sono soggetti alle stesse condizioni previste nel secondo caso.

 C – Allegato al codice

14      L’allegato al codice, intitolato «Criteri di applicazione della disciplina (…) all’industria siderurgica», precisa, nella sua introduzione, che per tutti gli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente la Commissione, se necessario, imporrà condizioni e limiti rigorosi onde evitare aiuti dissimulati per investimenti generali per nuovi stabilimenti o attrezzature.

15      Tale allegato è diviso in due parti. La prima parte, intitolata «Aiuti destinati ad aiutare le imprese ad adeguare impianti esistenti a nuove norme cogenti», alla lett. b), così recita:

«Nei confronti delle imprese che, anziché adeguare impianti o attrezzature in servizio da almeno due anni, decidano di sostituirli con nuovi impianti conformi alle nuove norme, si seguirà il seguente approccio:

(…)

ii)      La Commissione analizzerà il contesto economico ed ambientale di una decisione di procedere alla sostituzione di impianti o attrezzature in servizio. In linea di massima una decisione di procedere ad un nuovo investimento, che sarebbe comunque stata presa per ragioni economiche o tenuto conto dell’età dell’impianto o delle attrezzature esistenti, non potrà beneficiare di aiuti. Perché il nuovo investimento possa beneficare di un aiuto, l’impianto o le attrezzature esistenti sostituiti dovranno avere una durata di vita residua significativa (almeno il 25%)».

16      La seconda parte, intitolata «Aiuti diretti ad incoraggiare le imprese a migliorare in modo significativo la tutela dell’ambiente», prevede quanto segue:

«a)      Qualora le imprese decidano di raggiungere livelli di protezione dell’ambiente significativamente superiori a quelli previsti dalla norme cogenti, oltre a soddisfare i criteri enunciati sopra alla lettera b), punto ii), l’investitore dovrà dimostrare di avere chiaramente deciso di scegliere livelli di tutela ambientale superiori implicanti investimenti addizionali, vale a dire che una soluzione a costi inferiori avrebbe permesso di soddisfare le nuove norme ambientali. In ogni caso la maggiorazione dell’aiuto si applicherebbe unicamente all’investimento connesso al maggior grado di tutela ambientale conseguito, previa detrazione di qualsiasi vantaggio che ne derivi in termini di diminuzione dei costi di produzione.

b)      Nel caso di imprese che migliorino notevolmente il livello di tutela ambientale, oltre ad applicare i criteri [enunciati nella prima parte,] alla lettera b), punto ii), sarà detratto qualsiasi vantaggio in termini di riduzione dei costi di produzione derivante da tali miglioramenti significativi.

c)      Oltre ai criteri di cui sopra, gli investimenti effettuati unicamente a fini di tutela ambientale saranno esaminati sotto il profilo della loro rispondenza ai criteri stabiliti nella disciplina (…)».

 Fatti all’origine del ricorso

17      La ricorrente, Lucchini SpA, è un’impresa siderurgica che fabbrica prodotti indicati dall’allegato I del Trattato CECA.

 A – Dichiarazioni relative a investimenti produttivi

18      Il 10 dicembre 1997 le autorità italiane hanno presentato alla Commissione due dichiarazioni relative a progetti d’investimento per la produzione realizzati nello stabilimento di Piombino della Lucchini, conformemente alla decisione della Commissione 15 ottobre 1991, 3010/91/CECA, relativa alle informazioni che le imprese dell’industria siderurgica sono tenute a fornire in merito ai loro investimenti (GU L 286, pag. 20). Secondo la lettera delle autorità italiane del 18 luglio 2000, tali dichiarazioni riguardavano, da un lato, la sostituzione dell’altoforno con un altro negli impianti di produzione di ghisa (punto 10 della decisione impugnata) e, dall’altro, la sostituzione dei convertitori esistenti con nuovi convertitori nell’acciaieria.

 B – Notificazioni relative a progetti per investimenti ambientali

19      Con lettera del 16 marzo 1999 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione, in forza dell’art. 3 del codice, un primo progetto di aiuti per la tutela dell’ambiente che dovevano essere concessi alla Lucchini per investimenti nello stabilimento di Piombino (in prosieguo: il «primo progetto di aiuti»). Gli investimenti notificati riguardavano azioni ambientali consistenti nel sostituire o completare le installazioni ambientali della cokeria, dell’altoforno e dell’acciaieria, con riferimento, in particolare, al dispositivo di aspirazione dei fumi dei convertitori dell’acciaieria.

20      Con lettera del 19 aprile 1999 la Commissione ha chiesto informazioni complementari su tale progetto. Tale lettera ricordava, in primo luogo, il contenuto delle disposizioni di cui alla lett. b), ii), della prima parte dell’allegato al codice, in base alle quali gli investimenti ambientali realizzati nel settore siderurgico per ragioni economiche o tenuto conto dell’età o della vetustà degli impianti preesistenti – quando la durata di vita residua dell’impianto sia inferiore al 25% – non possono beneficiare di un aiuto. A tale proposito, la lettera chiedeva alle autorità italiane di presentare una perizia indipendente relativa alla vita residua delle installazioni ambientali da sostituirsi per stabilire se gli investimenti notificati fossero conformi alla summenzionata condizione. Tale lettera chiedeva anche alle autorità italiane di fornire informazioni sui livelli di inquinamento ambientale raggiunti dagli impianti in uso e considerati in seguito agli investimenti notificati, nonché i livelli di inquinamento da raggiungersi secondo le norme in vigore.

21      Con lettera del 29 novembre 1999 le autorità italiane hanno risposto alle richieste di informazioni della Commissione. Da un lato, esse hanno trasmesso una perizia, recante la data del 30 settembre 1999 (in prosieguo: la «perizia»), da cui risulta che la durata di vita residua degli impianti da sostituire era almeno del 25%. D’altro lato, le autorità italiane hanno nuovamente presentato il primo progetto di aiuti in una versione leggermente modificata, che in allegato comprendeva, in particolare, tabelle comparative contenenti i dati relativi al livello di inquinamento richiesti dalla Commissione (e cioè i livelli raggiunti prima e dopo gli interventi, e i livelli previsti dalle norme cogenti) per ogni tipo di investimento nella cokeria, nell’altoforno e nell’acciaieria.

22      Con lettera separata in data 29 novembre 1999 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione, in forza dell’art. 3 del codice, un secondo progetto di aiuti alla tutela dell’ambiente concessi alla Lucchini per investimenti nello stabilimento di Piombino (in prosieguo: il «secondo progetto di aiuti»). Gli investimenti notificati riguardavano azioni ambientali addizionali nella cokeria nonché nell’impianto idrico e fognario, per ridurre ulteriormente le emissioni inquinanti.

23      Con due lettere del 17 gennaio 2000 la Commissione ha chiesto alle autorità italiane un complemento di informazioni sugli investimenti indicati nei due progetti di aiuti notificati. Per quanto riguarda il primo progetto di aiuti, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane di spiegare il rapporto esistente tra gli investimenti ambientali notificati in tale progetto e gli investimenti produttivi relativi all’altoforno e all’acciaieria, oggetto delle dichiarazioni presentate nel dicembre 1997. Inoltre, la Commissione ha chiesto che fosse precisato il calcolo dei risparmi energetici relativi a un intervento nell’acciaieria. Per quanto riguarda il secondo progetto d’aiuto, la Commissione ha chiesto alle autorità italiane precisazioni sugli investimenti relativi alla cokeria e all’impianto idrico e fognario, in relazione ai livelli di inquinamento ambientale precedenti e ai livelli di inquinamento risultanti dagli interventi progettati con riferimento alle prescrizioni normative.

24      Con due lettere in data 15 febbraio 2000 le autorità italiane hanno risposto alle richieste della Commissione riguardanti i due progetti di aiuti notificati, trasmettendo le informazioni desiderate nonché le tabelle richieste, contenenti i dati relativi ai diversi livelli di inquinamento ambientali.

 C – Decisione di avviare il procedimento di esame previsto dall’art. 6, n. 5, del codice e osservazioni delle autorità italiane

25      Con lettera del 26 aprile 2000 la Commissione ha informato le autorità italiane della sua decisione di avviare il procedimento previsto all’art. 6, n. 5, del codice, relativamente ai due progetti di aiuti notificati in favore della Lucchini dell’importo totale di ITL 13,5 miliardi (ITL 10,7 miliardi per il primo progetto di aiuti e ITL 2,8 miliardi per il secondo progetto di aiuti), per investimenti nello stabilimento di Piombino del costo totale di ITL 190,9 miliardi (ITL 152,5 miliardi per il primo progetto di aiuti e ITL 38,4 miliardi per il secondo progetto di aiuti). La decisione di apertura del procedimento di esame è stata pubblicata il 1° luglio 2000 (GU C 184, pag. 2; in prosieguo: la «decisione di apertura)».

26      Tale decisione rilevava, in particolare, che una prima valutazione delle informazioni presentate portava a concludere che gli investimenti erano stati effettuati principalmente per ragioni economiche, che gli investimenti notificati, anche se non erano direttamente collegati ad un nuovo impianto di produzione, sarebbero stati necessari per assicurare la modernizzazione e l’espansione degli impianti di produzione o per consentire di rispondere alla nuova capacità di produzione installata e che le autorità italiane non avevano fornito la prova che gli investimenti erano stati effettuati per motivi ambientali e non per motivi economici. La decisione di apertura sottolineava anche che le autorità italiane non avevano fornito la prova che, al momento della sostituzione delle attrezzature o degli impianti, l’investitore aveva chiaramente deciso di scegliere livelli di tutela superiori implicanti investimenti addizionali, il che comportava, d’altronde, che esistesse una soluzione a costi inferiori che avrebbe soddisfatto le previsioni di legge.

27      D’altra parte, la decisione di apertura rilevava che non era certo che tutti gli investimenti notificati non avessero effetti sulla produzione.

28      Con lettera del 18 luglio 2000 le autorità italiane hanno risposto alle riserve espresse dalla Commissione nella decisione di apertura, confermando la finalità esclusivamente ambientale, e non economica o produttiva, degli investimenti notificati.

 D – Decisione impugnata

29      Il 21 dicembre 2000 la Commissione ha adottato la decisione 2001/466/CECA, relativa all’aiuto di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore delle imprese siderurgiche Lucchini SpA e Siderpotenza SpA (GU 2001, L 163, pag. 24; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

30      In esito alla sua valutazione degli aiuti con riferimento all’art. 3 del codice e alle disposizioni a cui tale articolo fa rinvio, cioè l’allegato al codice e la disciplina (v. punti 22-24 della decisione impugnata), la Commissione considera, da un lato, che «[l’]aiuto notificato (…) in favore di Lucchini (…) nell’impianto di cokeria, nell’impianto di acciaieria e nell’altoforno, per un totale di 13,5 miliardi di ITL, non è ammissibile agli aiuti a finalità ambientale in quanto le autorità italiane non hanno dimostrato che gli investimenti non sono stati realizzati per finalità economiche». Dall’altro lato, essa considera che, «[i]n ogni caso, in base all’esame effettuato alla luce dei criteri dettagliati, gli aiuti notificati non soddisfano le diverse condizioni richieste per le varie ragioni suesposte in modo particolareggiato». In particolare, «[i] costi notificati non si riferiscono soltanto ai costi addizionali necessari per l’accrescimento della tutela dell’ambiente, non tutti i vantaggi in termini di costi sono stati detratti e in alcuni casi la riduzione dei livelli d’inquinamento non consente di ritenere “significativo” tale miglioramento» (punto 39 della decisione impugnata).

31      Di conseguenza, l’art. 1 della decisione impugnata così recita:

«L’aiuto di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore di Lucchini (…) per l’ammontare di 13,5 miliardi di ITL (6,98 milioni di EUR) (…) è incompatibile con il mercato comune.

A detto aiuto non può essere pertanto data esecuzione».

 Procedimento e conclusioni delle parti

32      Con atto introduttivo presentato presso la cancelleria del Tribunale il 23 luglio 2001, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

33      La ricorrente ha chiesto al Tribunale, in via istruttoria, di disporre, in forza dell’art. 23 del protocollo sullo Statuto CECA della Corte di giustizia, la produzione del fascicolo amministrativo della Commissione, in particolare dei documenti e degli elementi tecnici acquisiti al fascicolo in forza dei quali questa aveva escluso la natura ambientale degli investimenti notificati. La Commissione ha trasmesso il fascicolo al Tribunale, chiedendo che non venisse incluso nel fascicolo giudiziario e che non fosse quindi trasmesso alla ricorrente e, a tale fine, ha presentato una richiesta di trattamento riservato.

34      In seguito ad uno scambio di corrispondenza tra la Commissione e il Tribunale, con lettera del 14 novembre 2002 la Commissione ha comunicato al Tribunale che il fascicolo amministrativo non conteneva alcuna informazione o relazione tecnica diversa da quelle trasmesse dal governo italiano e già prodotte dalla ricorrente in allegato al suo ricorso.

35      Con lettera del 7 febbraio 2003 la ricorrente ha rinunciato alla sua domanda di accesso al fascicolo amministrativo.

36      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione ampliata) ha deciso di avviare la trattazione orale.

37      Nel corso dell’udienza, che ha avuto luogo il 18 marzo 2004, le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale, Quinta Sezione ampliata, composta dalla sig.ra P. Lindh, presidente, dai sigg. R. García-Valdecasas, J.D. Cooke, P. Mengozzi e dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, giudici.

38      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’art. 1 della decisione impugnata;

–        disporre l’eventuale assunzione di una perizia sulla tipologia degli investimenti notificati alla Commissione, diretta a dimostrare che i precedenti impianti per la tutela dell’ambiente erano idonei a funzionare anche con i nuovi impianti produttivi;

–        condannare la Commissione alle spese.

39      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

40      La trattazione orale è stata chiusa al termine dell’udienza del 18 marzo 2004. Poiché un membro della Sezione era impedito a partecipare alla deliberazione dopo la scadenza del suo mandato avvenuta in data 3 maggio 2006, il giudice di nomina più recente, ai sensi dell’art. 6 del regolamento di procedura del Tribunale, si è conseguentemente astenuto dal partecipare alla medesima e le deliberazioni del Tribunale sono state proseguite dai tre giudici firmatari della presente sentenza, in conformità dell’art. 32 del regolamento di procedura del Tribunale.

 In diritto

41      In sostanza, la ricorrente deduce tre motivi a fondamento della domanda di annullamento della decisione impugnata. Il primo motivo si riferisce ad un errore in merito alle norme applicabili nella fattispecie e alla violazione del principio di buona amministrazione. Il secondo motivo verte sull’erronea valutazione della Commissione quanto all’inammissibilità degli aiuti notificati, sulla violazione del principio di non discriminazione, su un’inversione dell’onere della prova e su una carenza di motivazione. Il terzo motivo riguarda l’erronea valutazione della Commissione quanto al mancato rispetto delle condizioni di ammissibilità degli aiuti stabilite dal quadro normativo applicabile, una violazione del principio di non discriminazione, un’inversione dell’onere della prova, una carenza di motivazione e una contraddizione interna nel ragionamento esposto nella decisione impugnata.

 A – Sul primo motivo, vertente su un errore in merito alle norme applicabili nella fattispecie e sulla violazione del principio di buona amministrazione

1.     Argomenti delle parti

42      La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è stata adottata su un fondamento giuridico erroneo. Essa ricorda che l’art. 3 del codice, introducendo un’eccezione al principio generale di divieto delle sovvenzioni o degli aiuti accordati dagli Stati membri sancito dall’art. 4, lett. c), CA, dispone che gli aiuti destinati alla tutela dell’ambiente possono essere autorizzati, a determinate condizioni, in conformità delle disposizioni dell’allegato al codice e della disciplina. A tale riguardo, la ricorrente distingue tre tipi di investimenti che possono essere notificati alla Commissione dagli Stati membri: in primo luogo, gli investimenti generali e gli investimenti destinati ad incrementare le capacità produttive, che non potrebbero ricevere un aiuto in quanto sono incompatibili con il mercato comune e per i quali le disposizioni applicabili sarebbero l’allegato al codice nonché il punto 3.2.1, terza frase e seguenti, e il punto 3.2.3 della disciplina; in secondo luogo, gli investimenti misti destinati contemporaneamente ad accrescere le capacità di produzione e a tutelare l’ambiente, per i quali le autorità nazionali avrebbero l’obbligo di distinguere tra i costi collegati all’aumento delle capacità produttive e quelli corrispondenti alla tutela dell’ambiente, poiché solo gli investimenti a scopo ambientale potrebbero beneficiare dell’aiuto, e in tal caso il quadro normativo pertinente sarebbe costituito dall’allegato al codice; in terzo luogo, gli investimenti meramente ambientali, che potrebbero ricevere un aiuto qualora rispettino le condizioni previste al punto 3.2.1, prima e seconda frase, della disciplina, ad esclusione delle altre disposizioni della disciplina e dell’allegato al codice.

43      La ricorrente precisa che tale classificazione non significa che gli investimenti meramente ambientali notificati dalle autorità italiane siano esclusi dall’ambito di applicazione del codice. A suo giudizio, l’art. 3 del codice effettua un doppio rinvio: al suo allegato, da un lato, e alla disciplina, dall’altro; tale rinvio non sarebbe cumulativo ma alternativo. Pertanto, sarebbe logico considerare che l’allegato al codice si applica agli investimenti generali e agli investimenti misti, mentre gli investimenti meramente ambientali sarebbero solo considerati nella disciplina, escluso l’allegato al codice. Per sostenere la sua argomentazione, la ricorrente afferma che il paragrafo introduttivo dell’allegato al codice indica che le sue disposizioni si applicano esclusivamente nei casi in cui vi sia una sovrapposizione degli aiuti ambientali e degli aiuti destinati ad investimenti a carattere generale e che il punto c) della seconda parte dell’allegato al codice indica che l’analisi di tali investimenti deve essere effettuata unicamente alla luce dei criteri supplementari stabiliti nella disciplina.

44      Per far riconoscere la non applicazione del punto 3.2.3 della disciplina agli investimenti meramente ambientali, la ricorrente fa valere che la distinzione operata da tale disposizione – tra gli aiuti destinati a favorire l’adeguamento delle imprese alle nuove norme cogenti, gli aiuti destinati a incoraggiare le imprese all’osservanza di criteri più rigorosi di quelli previsti dalle norme cogenti e gli aiuti in caso di inesistenza di norme cogenti – si basa esclusivamente sulla soglia di intervento autorizzato ed è pertinente solo nei casi in cui una domanda di autorizzazione di aiuto è presentata per una soglia di intervento compresa tra il 16% e il 30%. Così, quando la soglia di intervento è notevolmente inferiore alla soglia normale del 15% (nella fattispecie era del 7%), la distinzione effettuata al punto 3.2.3 perderebbe qualsiasi effetto utile e non occorrerebbe compiere l’analisi aggiuntiva che vi è prevista. Pertanto la Commissione, applicando il punto 3.2.3 della disciplina agli aiuti ambientali notificati nel caso di specie, avrebbe confuso le regole relative alla compatibilità dell’aiuto, che sarebbero esclusivamente quelle riprese al punto 3.2.1 della disciplina, con quelle riguardanti l’intensità del medesimo.

45      Di conseguenza, la ricorrente sostiene che, poiché gli investimenti notificati avevano una finalità esclusivamente ambientale, le disposizioni su cui la Commissione avrebbe dovuto fondare la decisione impugnata erano strettamente limitate al punto 3.2.1, prima e seconda frase, della disciplina. La decisione impugnata non poteva quindi considerare le disposizioni dell’allegato al codice nonché i punti 3.2.1, terza frase e seguenti, e 3.2.3 della disciplina.

46      Infine, la ricorrente sostiene che la decisione della Commissione di non applicare le disposizioni pertinenti della disciplina e di applicare, per giunta, l’allegato al codice costituisce una violazione del principio di buona amministrazione.

47      La Commissione afferma che tale motivo è privo di qualsiasi fondamento. Infatti, la ricorrente deformerebbe il quadro giuridico applicabile, citando in modo parziale ed erroneo le disposizioni pertinenti in materia, in particolare l’allegato al codice. Inoltre, la decisione impugnata sarebbe fondata sul quadro giuridico pertinente e, di conseguenza, non sarebbe stata commessa alcuna violazione del principio di buona amministrazione.

2.      Giudizio del Tribunale

48      Nella fattispecie, la decisione impugnata è stata adottata sulla base dell’art. 4, lett. c), CA, avendo riguardo alle regole del codice. Infatti, dopo aver valutato gli aiuti notificati alla luce dell’art. 3 del codice e delle disposizioni a cui tale articolo rinvia, cioè l’allegato al codice e la disciplina (v. decisione impugnata, punti 22‑24), la Commissione è giunta alla conclusione che tali aiuti non soddisfarebbero le condizioni enunciate da tali disposizioni per autorizzare un aiuto all’ambiente nel contesto del Trattato CECA. Di conseguenza, tali aiuti sarebbero incompatibili con il mercato comune e non potrebbero essere attuati (v. decisione impugnata, punto 39 e art. 1).

49      Anzitutto, occorre rilevare che, in deroga al principio di divieto sancito dall’art. 4, lett. c), CA, ai sensi del quale i contributi o aiuti a favore di imprese siderurgiche sono vietati in qualsiasi forma, e in applicazione dell’art. 95 CA, il codice definisce le condizioni a cui gli aiuti alla siderurgia finanziati per mezzo di risorse di Stato possono essere considerati compatibili con il buon funzionamento del mercato comune.

50      Gli aiuti a cui non si applica il codice rimangono quindi assoggettati all’art. 4, lett. c), CA (sentenze del Tribunale 24 ottobre 1997, causa T‑239/94, EISA/Commissione, Racc. pag. II‑1839, punto 72, e 16 dicembre 1999, causa T‑158/96, Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. II‑3927, punto 60). Analogamente, il codice deve essere interpretato restrittivamente, poiché costituisce una deroga a un principio di divieto (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 giugno 2001, cause riunite da C‑280/99 P a C‑282/99 P, Moccia Irme e a./Commissione, Racc. pag. I‑4717, punto 40, e sentenza del Tribunale 25 settembre 1997, causa T‑150/95, UK Steel Association/Commissione, Racc. pag. II‑1433, punto 114).

51      Inoltre, occorre sottolineare che l’art. 3 del codice stabilisce che gli aiuti per la tutela dell’ambiente accordati nel settore siderurgico possono essere considerati compatibili con il mercato comune «qualora siano conformi alle regole della disciplina (…) [in conformità dei] criteri di applicazione all’industria siderurgica CECA, di cui all’allegato [al codice]».

52      Ciò significa che le disposizioni previste dalla disciplina, che sono applicabili nel contesto del Trattato CE, possono essere trasposte al settore siderurgico, che rientra nel Trattato CECA, quando soddisfano i criteri di applicazione enunciati nell’allegato al codice. Il titolo di tale allegato precisa così, in modo particolarmente significativo, che esso stabilisce i «criteri di applicazione della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente all’industria siderurgica». Il codice non prevede quindi l’applicazione automatica delle disposizioni della disciplina al settore siderurgico (sentenza UK Steel Association/Commissione, cit., punto 100), ma stabilisce nel suo allegato le condizioni di tale applicazione.

53      Di conseguenza, in applicazione dell’art. 3 del codice, le disposizioni applicabili alla presente controversia sono quelle contenute nell’allegato al codice e quelle che sono enunciate nella disciplina, purché siano conformi ai criteri di applicazione al settore siderurgico CECA definiti dall’allegato al codice.

54      L’allegato al codice comprende due parti. La prima si riferisce agli aiuti destinati a consentire alle imprese un migliore adeguamento degli impianti esistenti a nuove norme cogenti. La seconda parte riguarda gli aiuti diretti ad incoraggiare le imprese a migliorare in modo significativo la tutela dell’ambiente. A tale proposito, dalle notifiche dei progetti di aiuto presentate dalle autorità italiane, dalle lettere delle autorità italiane del 15 febbraio 2000 nonché dalle osservazioni delle autorità italiane del 18 luglio 2000 in merito alla decisione di apertura risulta che gli investimenti notificati erano previsti per incoraggiare la ricorrente a fornire un contributo significativo alla tutela dell’ambiente e per incitarla ad andare oltre quanto le imponevano le norme cogenti.

55      Così, le osservazioni delle autorità italiane sulla decisione di apertura indicavano che gli aiuti notificati in favore della ricorrente riguardavano gli investimenti realizzati da tale società «con la finalità di migliorare notevolmente la tutela dell’ambiente rispetto ai risultati raggiunti nella situazione precedente che erano comunque conformi alle norme vigenti».

56      Inoltre, tali osservazioni sottolineavano che la sostituzione delle installazioni ambientali relative all’altoforno e all’acciaieria «[era] stata effettuata, indipendentemente da quella dei mezzi di produzione (altoforno e convertitori di acciaieria), con l’unico scopo di abbattere i valori di emissioni in modo significativo rispetto alla normativa vigente, già rispettata nella situazione precedente».

57      Inoltre, tali osservazioni spiegavano anche che «la società [Lucchini aveva] deciso di scegliere livelli significativamente superiori di tutela ambientale, indipendentemente dagli investimenti produttivi che non avrebbero richiesto alcun investimento in impianti per l’ambiente per il rispetto delle norme vigenti sulle emissioni e [che], pertanto, tutti gli investimenti notificati [erano] da ritenersi addizionali».

58      Di conseguenza, la ricorrente non poteva beneficiare di un aiuto concesso in base alla prima parte dell’allegato al codice, che riguarda gli «[a]iuti destinati ad aiutare le imprese ad adeguare impianti esistenti a nuove norme cogenti». Allo stesso modo, come afferma giustamente la Commissione, poiché si tratta di aiuti diretti a incoraggiare la ricorrente a fornire un contributo significativo alla tutela dell’ambiente e ad andare oltre quanto impongono le norme cogenti, le disposizioni pertinenti nella presente causa sono quelle enunciate ai punti 3.2.1 e 3.2.3.B della disciplina, come precisate e adattate al settore siderurgico CECA dalla seconda parte dell’allegato al codice.

59      Di conseguenza, la Commissione ha giustamente adottato la decisione impugnata in base all’art. 4, lett. c), CA, in considerazione dell’art. 3 del codice e delle disposizioni a cui tale articolo rinvia, cioè l’allegato al codice e la disciplina.

60      Una volta precisato tale contesto, nessuno degli argomenti invocati dalla ricorrente può essere accolto.

61      In primo luogo, la tesi della ricorrente secondo cui le disposizioni applicabili sarebbero diverse a seconda delle tre categorie di investimenti che potrebbero essere notificati come aiuti di Stato non è pertinente. Infatti, tale tesi contraddice la lettera dell’art. 3 del codice, che stabilisce l’applicazione cumulativa dell’allegato al codice e della disciplina secondo le modalità precedentemente esposte, senza distinguere in questa fase tra i diversi tipi di investimenti. Non si può quindi considerare che il rinvio compiuto dall’art. 3 del codice al suo allegato e alla disciplina sia non già cumulativo, bensì alternativo.

62      In secondo luogo, l’affermazione della ricorrente secondo cui l’allegato al codice non si applica a investimenti che sarebbero esclusivamente ambientali è priva di qualsiasi fondamento giuridico. Infatti, come è stato precedentemente esposto, l’art. 3 del codice prevede che gli aiuti all’ambiente nel settore siderurgico CECA debbano rispettare sia l’allegato al codice sia la disciplina. Allo stesso modo, l’introduzione dell’allegato, ai cui sensi «[p]er tutti gli aiuti di Stato [a] tutela dell’ambiente la Commissione, se necessario, imporrà condizioni e limiti rigorosi onde evitare aiuti dissimulati per investimenti generali per nuovi stabilimenti o attrezzature», non può essere citata dalla ricorrente per fondare la sua affermazione secondo cui l’allegato al codice non si applica ad aiuti esclusivamente ambientali. Infatti, il testo precedentemente citato non fa altro che stabilire la necessità, per la Commissione, di verificare, eventualmente, se un investimento notificato come esclusivamente ambientale non permetta in realtà di conseguire obiettivi diversi vietati dalle disposizioni applicabili. Di conseguenza, gli aiuti notificati, che certamente rientrano nel Trattato CECA, sono completamente assoggettati sia ai criteri della disciplina sia ai criteri previsti dall’allegato al codice.

63      In terzo luogo, anche l’affermazione della ricorrente secondo cui il punto 3.2.3 della disciplina non si applica a investimenti esclusivamente ambientali è priva di qualsiasi fondamento giuridico. Tale disposizione stabilisce criteri di compatibilità degli aiuti e fissa un livello massimo di intensità in relazione all’obiettivo a cui gli investimenti sono diretti, cioè l’adeguamento a nuove norme cogenti (caso A), l’incoraggiamento ad andare oltre le dette norme cogenti (caso B) o la tutela dell’ambiente in mancanza di norme cogenti (caso C). Così, la circostanza invocata dalla ricorrente secondo cui l’intensità degli aiuti notificati è inferiore alla soglia di intensità del 15% prevista nel caso A non permette per questo di dedurre che non sia applicabile il caso B, che prevede una soglia di intensità del 30%. Infatti, gli aiuti notificati restano aiuti destinati a incoraggiare la ricorrente ad andare oltre le norme cogenti e devono quindi essere esaminati nell’ambito delle disposizioni contenute nel punto 3.2.3.B della disciplina.

64      Da quanto precede risulta che, in conformità a quanto enunciato nella decisione impugnata, il quadro giuridico pertinente per valutare gli aiuti qui in discussione comprende l’art. 3 del codice e le disposizioni a cui tale articolo rinvia, cioè l’allegato al codice e la disciplina.

65      Pertanto, la censura vertente sull’applicazione di un contesto normativo erroneo e la censura vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione non sono fondate e il primo motivo deve essere integralmente respinto.

B –  Sul secondo motivo, vertente sul carattere erroneo della valutazione della Commissione relativa all’inammissibilità degli aiuti notificati, sulla violazione del principio di non discriminazione, su un’inversione dell’onere della prova e su una carenza di motivazione

1.     Argomenti delle parti

66      Con questo motivo, la ricorrente contesta le valutazioni della decisione impugnata contenute nei punti 25-29, 35 e 39, relativi all’inammissibilità degli aiuti notificati.

67      Anzitutto, la ricorrente rileva che la Commissione si è sbagliata laddove ha affermato che le autorità italiane non hanno provato che gli investimenti notificati erano diretti a migliorare la tutela dell’ambiente. La Commissione avrebbe erroneamente fatto gravare l’onere della prova sulle autorità italiane, poiché tali elementi di prova, la cui assenza sarebbe determinante per la decisione impugnata, non sarebbero mai stati richiesti alle autorità italiane. Infatti, diversamente da quanto era accaduto con la perizia presentata dalle autorità italiane su richiesta della Commissione, questa non avrebbe mai chiesto formalmente alle autorità italiane la prova che gli investimenti notificati erano diretti a migliorare l’ambiente, e ciò anche dopo che le autorità italiane avevano più volte affermato che tali aiuti presentavano un carattere ambientale. Orbene, sarebbe solo nel caso in cui una richiesta precisa di chiarimenti e di informazioni supplementari fosse stata presentata e in cui le autorità nazionali non l’avessero soddisfatta che la Commissione potrebbe concludere che tali autorità non hanno provato le loro affermazioni e non hanno fornito gli elementi necessari a permettere alla Commissione di valutare il caso di specie (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1996, causa C‑241/94, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑4551, punti 36 e 37).

68      La Commissione replica che la ricorrente non prende in considerazione l’obbligo previsto nella seconda parte dell’allegato al codice, lett. a), che impone all’investitore di provare di aver chiaramente deciso di scegliere norme più rigorose implicanti investimenti addizionali. Tale obbligo sarebbe dovuto al contesto particolarmente rigoroso della disciplina degli aiuti a favore dell’ambiente nel settore CECA. Analogamente la ricorrente, pur facendo correttamente riferimento al punto 3.2.1 della disciplina, ometterebbe successivamente di fornire qualsiasi elemento idoneo a stabilire che essa doveva sostenere costi aggiuntivi strettamente necessari per conseguire obiettivi ambientali più ambiziosi. Di conseguenza, la Commissione afferma che la ricorrente e le autorità italiane dovevano provare che l’impresa beneficiaria dell’aiuto aveva deciso di scegliere norme ambientali più rigorose implicanti investimenti addizionali, che gli investimenti notificati non avevano fini produttivi, che era tecnicamente possibile mantenere in uso le vecchie attrezzature ambientali adattandole ai nuovi impianti produttivi e, in definitiva, che le condizioni di autorizzazione erano soddisfatte. Orbene, nella decisione di apertura la Commissione avrebbe esposto tutti questi dubbi, permettendo quindi sia allo Stato membro sia alla ricorrente di individuare tutti gli elementi di prova da presentare e senza che fosse necessario chiedere espressamente la presentazione di una specifica perizia.

69      La ricorrente sostiene, poi, che la Commissione ha erroneamente ritenuto che gli investimenti notificati fossero necessari a causa della vetustà delle installazioni ambientali esistenti e della inadattabilità di tali installazioni al nuovo impianto produttivo. La Commissione avrebbe dichiarato la vetustà delle installazioni senza fondarsi su elementi obiettivi e senza tener conto del principio previsto nell’allegato al codice per valutare la vetustà delle attrezzature riguardante la durata di vita residua dell’impianto. Inoltre, la Commissione non avrebbe tenuto conto della perizia in data 30 settembre 1999, comunicata dalle autorità italiane su sua richiesta, che proverebbe che le installazioni ambientali avevano una durata di vita residua uguale o superiore al 25%. Inoltre, sarebbe chiaro che le vecchie installazioni ambientali erano assolutamente in grado di sopportare, da un punto di visto tecnico, il carico di inquinamento del nuovo impianto produttivo.

70      A tal proposito, la ricorrente chiede al Tribunale, a titolo di provvedimento istruttorio e in applicazione degli artt. 65 e 66 del regolamento di procedura e dell’art. 25 dello Statuto CECA della Corte, di ordinare che sia effettuata una perizia destinata a provare che le vecchie installazioni ambientali potevano funzionare parallelamente ai nuovi impianti di produzione, e ciò al fine di verificare la legittimità della decisione impugnata.

71      A tale argomento la Commissione replica che la ricorrente confonde la condizione prevista dalla prima parte dell’allegato al codice, lett. b), ii), relativa al requisito della durata di vita residua delle installazioni esistenti pari almeno al 25%, con l’obsolescenza delle installazioni che può indurre le imprese a sostituirle indipendentemente dalla loro durata di vita residua. Nella fattispecie, la Commissione avrebbe assolutamente tenuto conto della perizia in data 30 settembre 1999 e non metterebbe in discussione le constatazioni secondo cui la vita residua delle installazioni era pari almeno al 25%. Tuttavia, la decisione impugnata non si fonderebbe sul mancato rispetto di tale condizione, ma sul fatto che tali installazioni erano obsolete e sarebbero comunque state sostituite, nell’ambito del rinnovo degli impianti di produzione effettuato. Infatti, la decisione impugnata non considererebbe credibile il fatto che l’impresa potesse rinnovare tutti i suoi impianti produttivi, mantenendo in funzione i vecchi dispositivi ambientali, in mancanza di qualsiasi elemento idoneo a provare che tale opzione era tecnicamente possibile.

72      A tale proposito la Commissione rileva che la lettera delle autorità italiane del 15 febbraio 2000 spiega che gli investimenti produttivi erano stati decisi per ragioni non di vetustà degli impianti ma di obsolescenza, poiché tali impianti non erano più in grado di soddisfare le esigenze di produzione. Inoltre, dalla perizia del 30 settembre 1999 risulterebbe che gli investimenti ambientali consistevano nel sostituire, completare o modificare una parte degli impianti di produzione. Orbene, la ricorrente non sarebbe stata in grado, in alcuna fase del procedimento amministrativo o giudiziario, di spiegare la logica economica e produttiva che avrebbe condotto a riutilizzare i vecchi dispositivi di protezione ambientale mentre venivano sostituiti gli impianti di produzione di cui essi facevano parte.

73      La Commissione ritiene che la richiesta di provvedimenti istruttori presentata dalla ricorrente sia inutile per dirimere la controversia, poiché il Tribunale non può sostituirsi alla Commissione nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui essa dispone e modificarne la posizione (ordinanza del presidente della Quarta Sezione ampliata del Tribunale 2 aprile 1998, causa T‑86/96 R, Arbeitsgemeinschaft Deutscher Luftfahrt-Unternehmen e Hapag Lloyd/Commissione, Racc. pag. II‑641, punto 74).

74      La ricorrente afferma, infine, che anche la valutazione della Commissione contenuta al punto 28 della decisione impugnata, secondo cui gli investimenti non potevano beneficiare di aiuti poiché l’impresa avrebbe dovuto effettuare i nuovi investimenti ambientali a causa dell’ubicazione dello stabilimento in una zona densamente popolata e poiché, quindi, tali investimenti erano indispensabili dal punto di visto economico per permettere lo svolgimento delle attività della ricorrente, sarebbe viziata da gravi errori e risulterebbe discriminatoria.

75      Secondo la ricorrente, tale valutazione non sarebbe fondata, perché essa non era giuridicamente obbligata a cessare la sua attività se non fossero stati realizzati lavori a fini ambientali, in quanto già rispettava le norme ambientali in vigore. Inoltre, la lettera delle autorità italiane in data 15 febbraio 2002, in cui era contenuta l’informazione menzionata dalla Commissione, sarebbe stata interpretata erroneamente, poiché da tale lettera non risulterebbe che, in mancanza degli investimenti notificati, la coesistenza dell’impresa con il centro di Piombino non sarebbe più stata possibile, ma solo che l’attuazione degli investimenti ambientali avrebbe potuto facilitare ulteriormente tale coesistenza.

76      Inoltre, la ricorrente si chiede se esistano altri casi in cui è stato applicato il principio menzionato dalla Commissione al punto 28 della decisione impugnata. Secondo la ricorrente, la decisione della Commissione 28 ottobre 1998, 2000/66/CECA, relativa agli aiuti che l’Italia intende concedere all’impresa siderurgica Acciaierie di Bolzano SpA (GU 2000, L 23, pag. 65), sarebbe l’unico precedente. Orbene, tale caso sarebbe stato deciso in senso contrario a quello adottato dalla Commissione nella decisione impugnata. Di conseguenza, la decisione impugnata sarebbe viziata da una grave disparità di trattamento rispetto ad altri casi simili.

77      La Commissione replica che la ricorrente confonde i principi applicabili agli aiuti destinati ad adeguare gli impianti esistenti a norme cogenti e quelli applicabili agli aiuti diretti ad incoraggiare le imprese ad andare oltre tali norme. Nel caso di specie, non vi sarebbe alcuna nuova norma cogente e, quindi, l’elemento decisivo da prendere in considerazione sarebbe la circostanza che l’impresa subiva una pressione sociale molto forte, tale da obbligarla a effettuare gli investimenti in questione per poter continuare a produrre a Piombino. Inoltre, la decisione relativa alle Acciaierie di Bolzano non sarebbe comparabile al caso di specie, poiché, in quella controversia, l’impresa aveva dimostrato di aver intrapreso «investimenti di gran lunga superiori» rispetto a quelli necessari per conformarsi alle norme ambientali vigenti.

78      La ricorrente asserisce, peraltro, che la decisione impugnata è viziata da una carenza di motivazione, in quanto la Commissione non ha esposto né i motivi né gli elementi oggettivi che l’hanno indotta a ritenere che gli investimenti notificati fossero legati alla produzione e non rientrassero nella tutela dell’ambiente. Così, la decisione impugnata si limiterebbe a contestare la finalità ambientale degli investimenti notificati, sostenuta dalle autorità italiane, senza motivare il suo disaccordo e senza fornire altri elementi tecnici idonei a confutare la perizia presentata da tali autorità, che evidenziava il carattere ambientale degli interventi notificati. Inoltre, la decisione impugnata non esporrebbe le ragioni per cui le vecchie installazioni a carattere ambientale avrebbero dovuto, comunque, essere sostituite e le ragioni per cui tali installazioni non sarebbero tecnicamente compatibili con il nuovo impianto di produzione. Infine, la decisione impugnata non chiarirebbe perché le risposte delle autorità italiane erano insufficienti. Orbene, poiché i documenti erano stati presentati alla Commissione, questa non poteva astenersi dal tenerne conto e doveva pronunciarsi su tali documenti accettando le conclusioni presentate dalle autorità italiane o respingendole dal punto di vista tecnico, in conformità del suo obbligo di pronunciarsi sulle obiezioni e osservazioni formulate da uno Stato membro (sentenza del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T-298/97, T-312/97, T-313/97, T-315/97, da T‑600/97 a T-607/97, T-1/98, da T-3/98 a T-6/98 e T-23/98, Alzetta e a./Commissione, Racc. pag. II‑2319, punto 105).

79      La Commissione afferma che l’obbligo di motivazione non è assoluto e di non essere tenuta a pronunciarsi su tutti i punti di fatto e di diritto sollevati dagli interessati, ma esclusivamente a tener conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie. Inoltre, un’imperfezione nella motivazione non comporterebbe sempre l’annullamento, quando il resto della motivazione fornisce una base sufficiente per l’adozione dell’atto (sentenza della Corte 20 ottobre 1987, causa 119/86, Spagna/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 4121). A tale riguardo la Commissione sostiene che non si può muoverle la censura di non aver fornito, nella fattispecie, le giustificazioni necessarie riguardanti i parametri che non hanno rilevanza nel contesto normativo nonché taluni fatti che non devono essere provati dalla Commissione, ma dallo Stato membro e dall’impresa beneficiaria. In ogni caso, nella decisione di apertura la Commissione avrebbe esposto in modo completo e dettagliato le sue riserve e avrebbe indicato i punti in merito ai quali le autorità italiane e la ricorrente avrebbero dovuto fornire le prove necessarie, ma non lo hanno fatto.

2.     Giudizio del Tribunale

a)     Osservazioni preliminari

80      Nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto contro una decisione della Commissione adottata sulla base del Trattato CECA, l’art. 33, secondo comma, CA dispone che l’esame del Tribunale «non può vertere sulla valutazione dello stato risultante da fatti o circostanze economici in considerazione del quale [la decisione è intervenuta], salvo che sia mossa accusa alla Commissione di aver commesso uno sviamento di potere o di aver misconosciuto in modo patente le disposizioni del Trattato [CECA] oppure ogni norma giuridica concernente la sua applicazione».

81      La Commissione ha ritenuto, al punto 24 della decisione impugnata, che la valutazione del caso di specie dovesse avvenire in base ai criteri esposti nella seconda parte dell’allegato al codice, lett. a), che rinvia altresì ai criteri esposti nella prima parte dell’allegato al codice, lett. b), ii). A tale proposito occorre ricordare che i criteri enunciati in tali disposizioni sono i seguenti. In primo luogo, quando le imprese decidono di sostituire le loro attrezzature, gli investimenti di cui trattasi non possono beneficiare, in linea di principio, di un aiuto all’ambiente se sono resi necessari da ragioni economiche o dall’età dell’impianto. La durata di vita residua delle installazioni esistenti deve essere pari almeno al 25% della loro durata di vita totale. In secondo luogo, gli aiuti in parola devono incoraggiare l’impresa a «migliorare in modo significativo» la tutela dell’ambiente. Tale contributo significativo può concretizzarsi nella prova da parte dell’investitore del fatto che egli ha chiaramente deciso di scegliere livelli di tutela superiori implicanti investimenti aggiuntivi, cioè del fatto che esisteva una soluzione a costi inferiori che permetteva di soddisfare le nuove norme ambientali.

82      Inoltre, il punto 3.2.1 della disciplina enuncia il principio secondo cui «gli aiuti che apparentemente sono destinati a misure di protezione ambientale ma che, in realtà, sono destinati agli investimenti in generale» non possono beneficiare della disciplina. Tale punto si inserisce quindi nella stessa logica di quella sancita dal primo criterio enunciato supra dall’allegato al codice.

83      Occorre anche ricordare che, quando la Commissione decide di avviare il procedimento formale, spetta allo Stato membro e al potenziale beneficiario far valere i propri argomenti per dimostrare che il progetto di aiuto corrisponde alle eccezioni previste in applicazione del Trattato, in quanto lo scopo di tale procedimento è proprio quello di informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie (v., per analogia, sentenza della Corte 20 marzo 1984, causa 84/82, Germania/Commissione, Racc. pag. 1451, punto 13).

84      Anche se è la Commissione a dover formulare chiaramente i propri dubbi sulla compatibilità dell’aiuto nel momento in cui dà avvio a un procedimento formale al fine di consentire allo Stato membro e agli interessati di replicarvi nel migliore dei modi, resta il fatto che spetta a chi eroga l’aiuto e, eventualmente, al suo beneficiario fugare tali dubbi e dimostrare che il suo investimento soddisfa le condizioni per la concessione dell’aiuto (v., in questo senso e per analogia, sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punti 41 e 45‑49). Spettava pertanto alla Repubblica italiana e alla ricorrente dimostrare che gli investimenti controversi potevano ricevere un aiuto per la protezione dell’ambiente e, in particolare, avevano la finalità ambientale richiesta dalla disciplina e dall’allegato al codice (v., in questo senso e per analogia, sentenze della Corte 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 49, e 19 settembre 2002, causa C‑113/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑7601, punto 70).

85      Nella decisione impugnata la Commissione considera che gli investimenti a fini ambientali realizzati dalla Lucchini nella cokeria, nell’acciaieria e nell’altoforno non potevano beneficiare degli aiuti alla tutela dell’ambiente in quanto erano stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari a finalità di produzione e in quanto le autorità italiane non avevano dimostrato che gli investimenti erano il risultato della decisione autonoma dell’impresa di migliorare la tutela dell’ambiente (punto 29). A tal fine, la Commissione si fonda sui seguenti elementi: la realizzazione di tali investimenti derivava dalla necessità di permettere all’impresa di continuare a svolgere la sua attività in una zona densamente popolata (punto 28) e, poiché la sostituzione dell’impianto di produzione era dovuta alla sua obsolescenza tecnica, era difficile sostenere che le vecchie attrezzature ambientali potevano essere mantenute in funzione e rimanevano compatibili con il nuovo impianto di produzione (punti 26 e 29).

b)     Se gli investimenti ambientali notificati avessero l’obiettivo di permettere all’impresa di continuare a svolgere la sua attività data la sua ubicazione in una zona densamente popolata

86      La decisione impugnata rileva che le autorità italiane hanno affermato che il miglioramento della tutela dell’ambiente era risultato necessario già prima del piano di investimenti per la modernizzazione e la razionalizzazione della produzione, data l’ubicazione dello stabilimento in una zona densamente popolata. Quindi, secondo la decisione impugnata, la Commissione poteva unicamente concludere che «gli investimenti ambientali erano necessari per permettere all’impresa di continuare a svolgere la sua attività economica e quindi la ragione determinante degli investimenti era di natura economica» (punto 28).

87      Tuttavia, la circostanza che lo stabilimento della ricorrente sia ubicato in una zona densamente popolata non l’obbligava affatto, «per ragioni economiche», ad attuare i nuovi investimenti, poiché l’unico obbligo della ricorrente era di conformarsi alle norme cogenti in vigore. Quindi è in tale contesto che occorre intendere l’affermazione delle autorità italiane che nell’ambito del procedimento amministrativo segnalavano alla Commissione che la ricorrente desiderava andare oltre le norme cogenti per permettere «la coesistenza della realtà siderurgica, e quindi della relativa occupazione, con la realtà sociale circostante» (prima notifica del progetto d’aiuto, punto 9, primo comma). A tale riguardo è pacifico che le installazioni esistenti nello stabilimento di Piombino rispettavano le norme cogenti in vigore.

88      Pertanto, la Commissione non può dedurre dalla volontà della ricorrente di andare oltre le norme cogenti in vigore fornendo un contributo significativo alla tutela dell’ambiente, e ciò per poter rispondere alle preoccupazioni della popolazione che vive nei pressi del suo stabilimento, che tale decisione di investimento «sarebbe comunque stata presa per ragioni economiche» ai sensi delle disposizioni della prima parte dell’allegato al codice, lett. b), ii).

89      Di conseguenza, e senza che sia necessario pronunciarsi sull’asserita violazione del principio di non discriminazione in relazione alla causa Acciaierie di Bolzano, occorre concludere che, dichiarando al punto 28 della decisione impugnata che, data l’ubicazione dello stabilimento in una zona densamente popolata, gli investimenti ambientali erano necessari per permettere alla ricorrente di continuare ad esercitare la sua attività economica e che, quindi, la ragione determinante degli investimenti era di natura economica, la Commissione si è fondata erroneamente su un criterio che non compare tra i criteri applicabili a tal fine. Tale punto è pertanto viziato da un errore di diritto.

c)     Se gli investimenti nella tutela dell’ambiente siano stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione, sulle prove fornite dalle autorità italiane e sulla possibilità di una soluzione a costi inferiori

 i) Sugli investimenti nella cokeria

–       Se gli investimenti nella cokeria siano stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione

90      Anzitutto, occorre ricordare che il programma di investimenti per la modernizzazione e la razionalizzazione degli impianti di produzione realizzato nello stabilimento di Piombino nel 1997 riguardava, come indicato supra al punto 18, da un lato, la sostituzione dell’altoforno con uno nuovo negli impianti di produzione di ghisa (punto 10) e, dall’altro, la sostituzione dei convertitori esistenti con nuovi convertitori nell’acciaieria (punto 11). La cokeria non era interessata dalle azioni produttive portate a conoscenza della Commissione con lettera del 10 dicembre 1997 nell’ambito delle due dichiarazioni delle autorità italiane relative a progetti di investimenti per la produzione realizzati in tale stabilimento.

91      Nella decisione di apertura la Commissione ha giudicato dubbio che gli investimenti notificati riguardo alla cokeria – cioè, tra gli altri, il nuovo sistema di trasporto del fossile con nastro ecologico, le caricatrici dei forni, la sigillatura dei forni per mezzo di una saldatura speciale ceramica, le nuove porte delle celle coke, una cabina elettrica supplementare e gli adeguamenti al piano di carico batteria da 27 forni della cokeria – rappresentassero investimenti mirati unicamente alla protezione dell’ambiente e non avessero alcun effetto sul processo di produzione (decisione di apertura, pag.  9, colonna di sinistra, terzo comma, seconda frase). In tal modo, la Commissione non affermava che tali investimenti fossero diretti a sostituire installazioni di produzione della cokeria, ma dubitava cionondimeno della loro finalità esclusivamente ambientale e della loro assenza di incidenza sul processo produttivo.

92      Tuttavia, il Tribunale giudica che tale ragionamento non sia pertinente in relazione al contesto giuridico applicabile, dal momento che l’allegato al codice, se vieta gli aiuti agli investimenti che sarebbero comunque stati necessari per ragioni economiche o tenuto conto della vetustà dell’impianto, non vieta gli aiuti agli investimenti che possono avere un effetto sul processo produttivo. In tal caso, infatti, l’allegato al codice esige esclusivamente che venga detratto qualsiasi beneficio collegato ad una riduzione dei costi di produzione. Così, per beneficiare di aiuti all’ambiente, non è necessario che gli investimenti notificati servano solo alla tutela dell’ambiente, escluso qualsiasi altro obiettivo, e neppure che non comportino alcuna conseguenza sulla capacità di produzione. Un investimento che persegue una finalità ambientale non può essere dichiarato inammissibile agli aiuti per il solo fatto che può avere un impatto sulla produzione.

93      In ogni caso, occorre rilevare che la decisione impugnata non ha ripreso tale ragionamento, poiché si limita a considerare che gli investimenti nella cokeria – come del resto gli altri investimenti notificati dalle autorità italiane con riferimento alla ricorrente – sono stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione. Tale motivazione può essere precisata con il contenuto della decisione di apertura che dichiarava che gli investimenti notificati, anche se non erano direttamente legati a un nuovo impianto di produzione, sarebbero stati necessari per garantire la perennità degli investimenti ai fini della modernizzazione e dell’espansione degli impianti di produzione o per poter rispondere alla nuova capacità produttiva installata (v. decisione di apertura, pag. 3, colonna di sinistra, penultimo comma, seconda frase).

94      Pertanto, il Tribunale giudica che la decisione impugnata a torto considera che gli investimenti nella cokeria sono stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione. Infatti, dal contenuto delle summenzionate dichiarazioni delle autorità italiane relative a progetti di investimenti per la produzione realizzati nello stabilimento di Piombino risulta che la cokeria non era interessata da tali investimenti produttivi, a differenza dell’altoforno e dell’acciaieria. La decisione impugnata è quindi erronea per quanto riguarda tale punto, in quanto la cokeria non è stata oggetto di investimenti produttivi.

95      Peraltro, occorre rilevare che, se la decisione impugnata e la decisione di apertura dovessero essere interpretate nel senso che gli investimenti nella cokeria costituivano la condizione o la conseguenza necessaria del rinnovo di installazioni di produzione nell’altoforno e nell’acciaieria, è giocoforza constatare che nella decisione impugnata o nella decisione di apertura non vi è alcuna spiegazione che potrebbe giustificare tale valutazione e che, di conseguenza, la decisione impugnata sarebbe quindi viziata da una carenza di motivazione.

96      Infine, se la decisione impugnata e la decisione di apertura dovessero essere interpretate nel senso che gli investimenti nella cokeria costituivano la condizione o la conseguenza necessaria del rinnovo di installazioni di produzione in generale, occorre rilevare che, nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione ha ricevuto da parte delle autorità italiane chiarimenti dettagliati sul carattere ambientale dei diversi investimenti riguardanti la cokeria, in particolare per quanto riguarda il modo in cui tali investimenti avrebbero ridotto le emissioni di gas e di polveri, e che, di fronte a tali chiarimenti, la Commissione non poteva limitarsi ad affermare senza alcuna motivazione che gli investimenti nella cokeria erano stati realizzati come condizione o come conseguenza di investimenti necessari alla produzione. A tale proposito occorre ricordare che l’allegato al codice prevede che la Commissione si avvalga di periti esterni per l’esame degli aiuti di Stato a favore della tutela dell’ambiente, il che avrebbe permesso alla Commissione di precisare la sua argomentazione per quanto riguarda tale punto.

–       Sulla questione delle prove fornite dalle autorità italiane

97      Il Tribunale considera altresì che la decisione impugnata dichiara erroneamente che le autorità italiane non hanno fornito alcuna prova per dimostrare che gli investimenti ambientali nella cokeria rispondevano alla decisione liberamente adottata dall’impresa di migliorare la protezione dell’ambiente. Infatti, da numerosi documenti trasmessi dalle autorità italiane nell’ambito del procedimento amministrativo risulta che le dette autorità hanno in numerose occasioni fornito alla Commissione elementi idonei a evidenziare la volontà della ricorrente di adottare nella cokeria norme ambientali più rigorose delle norme cogenti, e ciò allo scopo di fornire un contributo significativo alla tutela dell’ambiente.

98      Così, le notifiche del primo e del secondo progetto di aiuti effettuate dalle autorità italiane il 16 marzo e il 29 novembre 1999 comportavano una descrizione degli investimenti progettati nella cokeria (v. lettere del 16 marzo e del 29 novembre 1999, punto 9), nonché un’esposizione dei benefici ambientali che potevano essere conseguiti grazie a tali investimenti (v. lettera del 16 marzo 1999, punto 10, e lettera del 29 novembre 1999, punto 10).

99      Inoltre, in risposta ad un’espressa richiesta formulata dalla Commissione il 19 aprile 1999, diretta ad ottenere la comunicazione dei livelli di inquinamento ambientale raggiunti dalle installazioni esistenti nonché i livelli di inquinamento che sarebbero risultati dagli interventi progettati rispetto alle norme cogenti in vigore, le autorità italiane hanno comunicato le informazioni richieste in allegato alla loro lettera del 29 novembre 1999. Tale allegato includeva una tabella che indicava in dettaglio per la cokeria e per ogni investimento previsto per tale impianto, anzitutto, il livello di emissioni inquinanti da rispettare secondo le norme cogenti, in secondo luogo, il livello di emissioni inquinanti raggiunto dalle installazioni esistenti e, in terzo luogo, il livello di emissioni inquinanti che avrebbe dovuto essere raggiunto in seguito agli investimenti notificati. Tali informazioni sono riprese nella decisione di apertura. Da tale tabella risulta, da un lato, che le installazioni esistenti nella cokeria erano conformi alle norme cogenti in materia di emissioni inquinanti e, dall’altro, che i livelli raggiunti in seguito agli interventi progettati erano inferiori ai livelli raggiunti dalle installazioni esistenti, e quindi anche inferiori ai livelli previsti dalle norme cogenti.

100    Inoltre, in risposta ad un’altra richiesta formulata dalla Commissione il 19 aprile 1999, relativa all’espletamento di una perizia indipendente per accertare che gli aiuti notificati non corrispondessero a investimenti che sarebbero comunque stati necessari a causa dell’età delle installazioni e che la durata di vita residua di tali installazioni fosse ancora abbastanza lunga (almeno il 25% secondo l’allegato al codice), le autorità italiane hanno trasmesso la perizia. Essa accerta che la durata di vita residua delle installazioni a cui gli aiuti notificati si riferiscono è superiore al 25%. Tale perizia esamina anche tutti i lavori progettati per accertare la situazione precedente all’intervento e quella successiva. Nel contesto di tale esame, essa descrive con chiarezza in cosa consiste ogni intervento e definisce il miglioramento che dovrebbe essere ottenuto grazie agli investimenti.

101    Infine, in risposta a una richiesta posteriore formulata dalla Commissione il 17 gennaio 2000, per ottenere che le fossero comunicati i livelli di inquinamento ambientale che sarebbero risultati dagli interventi progettati nella cokeria in base al secondo progetto di aiuto rispetto alle norme cogenti e rispetto agli investimenti effettuati in precedenza nonché il tipo di adeguamento effettuato in ogni impianto, le autorità italiane hanno comunicato le informazioni richieste nella loro lettera in data 15 febbraio 2002. La decisione di apertura («Effetto degli investimenti sull’ambiente», tabella 1) riproduce per i diversi investimenti previsti nella cokeria, in primo luogo, il livello di emissioni inquinanti da realizzare in base alle norme cogenti; in secondo luogo, il livello di emissioni inquinanti precedente agli investimenti previsti dal primo progetto di aiuti; in terzo luogo, il livello di emissioni inquinanti raggiunto grazie agli investimenti previsti nel primo progetto di aiuti, e, in quarto luogo, il livello di emissioni inquinanti che avrebbe dovuto essere raggiunto in seguito agli investimenti notificati nel secondo progetto di aiuti. Da tale tabella risulta che la riduzione del livello di emissioni inquinanti esistente prima del primo progetto e dopo il secondo progetto si situava intorno al 25%.

102    Orbene, la Commissione non ha presentato, né nell’ambito della decisione di apertura né in quello della decisione impugnata, argomenti idonei a confutare gli elementi di prova forniti dalle autorità italiane, che esponevano in modo dettagliato e quantificabile i diversi apporti ambientali che sarebbero risultati dagli investimenti progettati nella cokeria.

103    Di conseguenza, la decisione impugnata non è sufficientemente motivata laddove afferma, senza analizzare gli elementi summenzionati, che le autorità italiane non hanno fornito alcuna prova per dimostrare che gli investimenti ambientali nella cokeria derivavano da una decisione liberamente adottata di migliorare la tutela dell’ambiente.

–       Sull’esistenza di una soluzione a costi inferiori

104    Per quanto riguarda la questione se esistesse una soluzione a costi inferiori o se le vecchie installazioni ambientali avessero potuto essere compatibili con il «nuovo impianto di produzione», è sufficiente rilevare che la cokeria non era interessata dagli investimenti produttivi notificati dalle autorità italiane alla Commissione il 10 dicembre 1997, a differenza dell’altoforno e dell’acciaieria.

105    In mancanza di tali investimenti produttivi e considerata la durata di vita residua delle vecchie installazioni ambientali della cokeria attestata dalla perizia presentata su richiesta della Commissione nonché dagli elementi presentati dalle autorità italiane per confrontare i livelli di inquinamento ambientale precedenti e successivi agli investimenti notificati, le dette autorità potevano quindi certamente affermare che le attrezzature ambientali della cokeria potevano ancora funzionare e costituivano così la soluzione meno costosa per rispettare le norme ambientali in vigore. Pertanto, era la Commissione a dover provare che le vecchie attrezzature ambientali non erano in grado di funzionare.

106    Di conseguenza, la decisione impugnata è insufficientemente motivata laddove dichiara che «non è stata fornita alcuna prova che (…) il vecchio impianto avrebbe effettivamente potuto essere compatibile con il nuovo impianto di produzione» (decisione impugnata, punto 26) oppure che «è difficile ritenere, una volta sostituito l’impianto principale di produzione in quanto tecnicamente obsoleto, che le attrezzature di protezione ambientale ad esso connesse sarebbero state in grado di continuare a funzionare normalmente» (punto 27).

–       Se gli investimenti nella cokeria permettessero un significativo miglioramento della tutela dell’ambiente

107    La decisione impugnata (punto 35) rileva che i miglioramenti ambientali risultanti dal secondo progetto di investimenti notificato nel novembre 1999 devono essere confrontati con quelli del primo progetto, notificato nel marzo 1999, e non con i livelli precedenti al primo progetto. A tale riguardo, la decisione impugnata afferma che «[l]e autorità italiane non hanno però notificato la seconda parte degli investimenti come un’appendice alla prima notifica» e che le stesse autorità italiane «hanno considerato come livelli d’inquinamento di partenza quelli che erano stati ottenuti con gli investimenti notificati a marzo [1999]». Su tale fondamento, la decisione considera che i miglioramenti ottenuti in seguito al secondo progetto di aiuti non sono significativi, il che porta a concludere che gli investimenti notificati nel secondo progetto di aiuti non possono beneficiare degli aiuti all’ambiente.

108    Tale argomento è infondato. È scorretto affermare che le autorità italiane non hanno notificato la seconda parte degli investimenti come un’appendice alla prima parte, giacché il primo progetto di aiuti è stato notificato per la prima volta il 16 marzo e ripresentato il 29 novembre 1999, insieme con il secondo progetto di aiuti. I due progetti sono intimamente collegati. Infatti, sia il primo progetto di aiuti sia il secondo progetto di aiuti hanno lo scopo di eliminare la dispersione delle polveri di carbone e di gas. Orbene, per pervenire all’eliminazione delle polveri, i due progetti prevedevano l’installazione di nuove attrezzature ambientali a livello della sfornatrice e della tramoggia (azione A.4 del primo progetto di aiuti e azione A.1 del secondo progetto di aiuti). Inoltre, per ottenere l’eliminazione della dispersione di gas, i due progetti prevedevano l’installazione di nuove attrezzature ambientali rispetto alle porte delle celle coke (azioni da A.6 ad A.8 del primo progetto di aiuti e azioni da A.3 ad A.6 del secondo progetto di aiuti).

109    Inoltre, in risposta alle domande formulate dalla Commissione il 17 gennaio 2000 sugli interventi progettati nella cokeria nel secondo progetto di aiuti, le autorità italiane dichiaravano precisamente, nella loro lettera del 15 febbraio 2000, che «[l’]intervento di cokeria, di cui al progetto in questione, rappresenta[va] una prosecuzione dell’intervento notificato precedentemente (n. 145/99)» e che tale azione, anche se era stata decisa posteriormente e indipendentemente, era diretta all’«ottimizzazione dei risultati, derivanti dagli interventi precedenti, riducendo ulteriormente i livelli di inquinamento relativi alle emissioni non convogliabili». Analogamente, nelle loro osservazioni in merito alla decisione di apertura, le autorità italiane rilevavano che, «seppure notificati in due riprese, gli investimenti ambientali in cokeria [erano] realizzati consecutivamente in un unico programma temporale, quindi i risultati in termini di limiti di emissione da paragonare alla situazione precedente [erano] quelli indicati dopo l’ultimo investimento» (lettera del 18 luglio 2000).

110    Inoltre, la decisione impugnata non può dichiarare che le autorità italiane hanno considerato come livelli di inquinamento iniziali quelli che erano stati ottenuti con gli investimenti notificati nel marzo 1999, senza tener conto del fatto che, in tal modo, le autorità italiane si sono limitate a fornire alla Commissione i dati che essa aveva loro richiesto. Infatti, le autorità italiane hanno presentato, con lettera del 15 febbraio 2000, una tabella che indicava in dettaglio il livello di emissioni inquinanti da raggiungere secondo le norme cogenti, il livello dopo il primo progetto e quello dopo il secondo progetto, e ciò al fine di rispondere alle domande formulate dalla Commissione nella sua lettera in data 17 gennaio 2000.

111    Di conseguenza, la decisione impugnata è viziata da una carenza di motivazione in quanto si limita a considerare che i risultati degli investimenti relativi al miglioramento dell’ambiente ottenuti con il secondo progetto di aiuti devono essere confrontati con i risultati ottenuti in seguito al primo progetto e con la situazione esistente prima del primo progetto, senza specificare le considerazioni che hanno indotto la Commissione a respingere le ragioni esposte dalle autorità italiane nell’ambito del procedimento amministrativo.

–       Conclusioni relative alla cokeria

112    Da quanto precede risulta che, per quanto riguarda gli investimenti notificati dalle autorità italiane relativi alla cokeria, la decisione impugnata è viziata per i seguenti motivi.

113    In primo luogo, l’affermazione secondo cui gli investimenti ambientali sono stati realizzati come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione è erronea per quanto concerne la cokeria, a causa della mancanza di investimenti produttivi dichiarati dalle autorità italiane in relazione a tale impianto, e insufficientemente motivata con riferimento all’art. 15 CA, nel senso che la decisione impugnata non permette di stabilire a quale titolo, alla luce dei chiarimenti forniti dalle autorità italiane su tale punto, gli investimenti riguardanti la cokeria abbiano potuto essere realizzati come condizione o conseguenza necessaria del rinnovo di impianti di produzione nell’altoforno e nell’acciaieria o come condizione o conseguenza di investimenti necessari alla produzione in generale.

114    In secondo luogo, l’affermazione secondo cui le autorità italiane non hanno fornito alcuna prova per dimostrare che gli investimenti ambientali nella cokeria erano il risultato di una decisione liberamente adottata di migliorare la tutela dell’ambiente è insufficientemente motivata in relazione all’art. 15 CA, in quanto la decisione impugnata non esamina gli elementi comunicati in merito dalle autorità italiane nell’ambito del procedimento amministrativo.

115    In terzo luogo, le affermazioni secondo cui «non è stata fornita alcuna prova (…) che il vecchio impianto avrebbe effettivamente potuto essere compatibile con il nuovo impianto di produzione» e secondo cui «è difficile ritenere, una volta sostituito l’impianto principale di produzione in quanto tecnicamente obsoleto, che le attrezzature di protezione ambientale ad esso connesse sarebbero state in grado di continuare a funzionare normalmente» sono insufficientemente motivate in relazione all’art. 15 CA, in quanto la decisione impugnata non indica le ragioni per cui devono essere respinti gli elementi comunicati al riguardo dalle autorità italiane nel corso del procedimento amministrativo.

116    Infine, in quarto luogo, l’affermazione secondo cui il risultato degli investimenti attinenti al miglioramento dell’ambiente ottenuto con il secondo progetto di aiuti relativo alla cokeria deve essere confrontato con il risultato ottenuto in esito al primo progetto e alla situazione precedente al primo progetto è errata in quanto la Commissione non chiarisce le ragioni per cui ha giudicato di dover disattendere le informazioni comunicate su tale punto dalle autorità italiane nel corso del procedimento amministrativo.

 ii) Sugli investimenti nell’altoforno e nell’acciaieria

117    Per quanto riguarda gli investimenti notificati dalle autorità italiane con riferimento all’altoforno e all’acciaieria, non può essere accolta la tesi della ricorrente secondo cui la Commissione ha erroneamente affermato che le autorità italiane non hanno fornito la prova che gli investimenti erano il risultato della decisione liberamente adottata dall’impresa di migliorare la protezione dell’ambiente.

118    Infatti, a differenza degli investimenti relativi alla cokeria per cui non esistevano nuovi impianti di produzione, la prova dell’assenza di ragioni economiche per gli investimenti nelle attrezzature ambientali dell’altoforno e dell’acciaieria risultava indispensabile a causa delle modifiche intervenute nelle attrezzature produttive di questi stessi impianti.

119    È certamente vero che le autorità italiane hanno fornito alla Commissione, come nel caso della cokeria, elementi che consentono di dimostrare che le nuove attrezzature ambientali nell’altoforno e nell’acciaieria miglioravano la tutela dell’ambiente. Così, la notifica del primo progetto di aiuti da parte delle autorità italiane il 16 marzo e il 29 novembre 1999 comportava anche una descrizione degli investimenti progettati in questi due impianti e un’esposizione dei benefici che potevano essere conseguiti con tali investimenti. Inoltre, in risposta alla richiesta della Commissione in data 19 aprile 1999, relativa ai livelli di inquinamento ambientale raggiunti dalle installazioni esistenti e a quelli risultanti dagli interventi progettati rispetto alle norme cogenti in vigore, le autorità italiane hanno presentato, nella loro lettera in data 29 novembre 1999, due tabelle che illustravano in dettaglio, rispettivamente per l’altoforno e per l’acciaieria, le informazioni richieste. Da tali tabelle risulta che le installazioni esistenti in questi due impianti erano anche conformi ai livelli di emissioni inquinanti da rispettare ai sensi delle norme cogenti e che i livelli raggiunti in seguito agli interventi erano inferiori ad essi. Inoltre, la perizia presentata dalle autorità italiane ha anche esaminato gli investimenti relativi all’altoforno e all’acciaieria, per verificare la situazione precedente e successiva all’intervento, e ha spiegato in dettaglio i miglioramenti che avrebbero dovuto essere ottenuti in seguito agli investimenti previsti nelle attrezzature di questi due impianti.

120    Tuttavia, se è vero che tali elementi dimostrano la volontà della ricorrente di adottare norme ambientali più rigorose e di fornire così un contributo significativo alla tutela dell’ambiente, le autorità italiane non hanno provato che gli investimenti notificati relativi all’altoforno e all’acciaieria erano il risultato della decisione liberamente adottata dall’impresa di migliorare la protezione dell’ambiente e non rispondevano a ragioni economiche.

121    Orbene, nella decisione di apertura la Commissione ha chiaramente esposto i suoi dubbi sui motivi ambientali o economici degli investimenti notificati in tali impianti e sulla mancata presentazione di prove in proposito da parte delle autorità italiane.

122    Così, tale decisione rilevava anzitutto che era di fondamentale importanza stabilire la ragione per cui l’investitore aveva deciso di effettuare tali investimenti, poiché l’allegato al codice degli aiuti alla siderurgia escludeva gli investimenti effettuati per ragioni economiche. La decisione dichiarava, poi, che un primo esame delle informazioni presentate portava a concludere che gli investimenti erano stati effettuati principalmente per ragioni economiche.

123    La decisione di apertura sottolineava anche che le autorità italiane non avevano fornito la prova che gli investimenti erano stati effettuati per ragioni ambientali e non per ragioni economiche. Inoltre, tale decisione spiegava che le autorità italiane non avevano fornito la prova che, al momento della sostituzione delle attrezzature o delle installazioni, l’investitore aveva chiaramente deciso di optare per norme più rigorose che richiedevano investimenti addizionali, il che significa che esisteva una soluzione meno costosa che avrebbe soddisfatto le prescrizioni legislative.

124    Le autorità italiane hanno risposto alle riserve espresse nella decisione di apertura con lettera in data 18 luglio 2000, nella quale si sono limitate a ribadire la finalità ambientale e non economica degli investimenti notificati negli impianti dell’altoforno e dell’acciaieria, senza fornire informazioni addizionali e senza presentare elementi di prova a sostegno di tale affermazione.

125    Così, le autorità italiane hanno sostenuto che «da quanto abbiamo sopra precisato, risulta chiaramente che il piano di investimenti ambientali notificato è stato realizzato con l’obiettivo di un significativo miglioramento della tutela ambientale, indipendentemente dagli investimenti di carattere produttivo (…)», e che «da quanto sopra abbiamo precisato risulta chiaramente che [la società Lucchini] ha deciso di scegliere livelli significativamente superiori di tutela ambientale, indipendentemente dagli investimenti produttivi che non avrebbero richiesto alcun investimento in impianti per l’ambiente per il rispetto delle norme vigenti sulle emissioni e, pertanto, tutti gli investimenti notificati sono da ritenersi addizionali».

126    Tali risposte non sono state accompagnate da dati complementari diretti a provare che esisteva una soluzione a costi inferiori e che, di conseguenza, l’impresa aveva chiaramente scelto l’applicazione di norme più rigorose che richiedevano investimenti addizionali. Pertanto, tali affermazioni non sono idonee a confutare i dubbi esposti dalla Commissione nella decisione di apertura per quanto riguarda la motivazione ambientale e non economica degli investimenti notificati nei due impianti di cui trattasi.

127    Inoltre, per quanto riguarda la questione se le attrezzature ambientali esistenti fossero o meno compatibili con i nuovi impianti di produzione, la decisione impugnata rileva che le autorità italiane non hanno fornito alcuna prova a sostegno dell’affermazione secondo cui le vecchie attrezzature ambientali avrebbero effettivamente potuto essere compatibili con i nuovi impianti di produzione, in quanto tali attrezzature non erano obsolete e avrebbero potuto continuare ad essere utilizzate in relazione al nuovo impianto di produzione nel rispetto delle norme ambientali (punto 25 e 26).

128    Nello stesso ordine di idee, la decisione impugnata rileva, in primo luogo, che la detta affermazione delle autorità italiane è tanto meno credibile in quanto, tenuto conto dell’età delle installazioni – che risalgono al 1971 e al 1978 –, è difficile ammettere che le attrezzature ambientali avrebbero potuto essere mantenute in attività parallelamente ai nuovi impianti di produzione; in secondo luogo, che nella perizia si afferma che la durata di vita delle attrezzature ambientali corrisponde a quella dell’intero stabilimento, di cui costituiscono una componente, e, in terzo luogo che, tenuto conto della necessità di sostituire gli impianti di produzione a causa della loro obsolescenza, è difficile ammettere che le attrezzature di protezione ambientale ad esso connesse sarebbero state in grado di continuare a funzionare normalmente (punto 27).

129    Orbene, se le vecchie attrezzature ambientali dell’altoforno e dell’acciaieria fossero state compatibili con i nuovi impianti di produzione e se, in tal modo, avessero potuto consentire di soddisfare le norme cogenti in vigore, allora gli investimenti notificati sarebbero il risultato della decisione liberamente adottata dall’impresa di migliorare la protezione dell’ambiente, poiché si tratterebbe necessariamente di investimenti aggiuntivi che permetterebbero di adottare norme ancora più rigorose delle norme cogenti in vigore, già soddisfatte dalle vecchie attrezzature. Occorre tuttavia constatare che le autorità italiane non hanno presentato alcuna prova dell’asserita compatibilità delle vecchie attrezzature ambientali dell’altoforno e dell’acciaieria con le nuove attrezzature di produzione di tali impianti. Pertanto, la Commissione non era tenuta a fornire una motivazione aggiuntiva su tale punto.

130    Infine, per quanto riguarda la censura avanzata dalla ricorrente vertente sulla carenza di motivazione della valutazione della Commissione in ordine all’inammissibilità degli investimenti notificati con riferimento all’altoforno e all’acciaieria, secondo la giurisprudenza relativa all’art. 253 CE e trasponibile all’art. 15 CA, la motivazione richiesta da quest’ultimo articolo deve essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e alla Corte di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto si deve accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 15 CA alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (v., per analogia, sentenze della Corte 2 aprile 1998, causa C-367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s Francia, Racc. Pag. I‑1719, punto 63, e 11 settembre 2003, causa C‑197/99 P, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑8461, punto 72).

131    Orbene, dal contenuto della decisione di apertura precedentemente riportato risulta che la Commissione aveva esposto dettagliatamente i suoi dubbi per quanto riguarda gli investimenti effettuati nell’altoforno e nell’acciaieria. Di fronte alla mancanza di spiegazioni da parte delle autorità italiane, la decisione impugnata ha quindi giustamente concluso che esse non avevano provato che gli investimenti nell’altoforno e nell’acciaieria erano stati realizzati per ragioni di tutela dell’ambiente. Dato che l’onere della prova incombeva all’Italia, la decisione impugnata poteva limitarsi a constatare tale mancanza di spiegazioni.

132    Pertanto, la censura vertente sulla carenza di motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda la valutazione della Commissione in ordine all’inammissibilità degli investimenti notificati relativi all’altoforno e all’acciaieria non è fondata.

133    Di conseguenza, la decisione impugnata non è viziata laddove rileva che le autorità italiane non hanno fornito prove a sostegno dell’affermazione secondo cui gli investimenti effettuati nelle attrezzature ambientali dell’altoforno e dell’acciaieria erano la conseguenza della decisione liberamente adottata dalla ricorrente di migliorare la tutela dell’ambiente e ne deduce che gli aiuti notificati non erano ammissibili per tale ragione.

d)     Conclusioni sul secondo motivo

134    Da quanto precede discende che, per quanto riguarda gli investimenti ambientali nell’altoforno e nell’acciaieria, e sebbene la decisione impugnata sia erronea laddove dichiara che tali investimenti erano necessari a causa dell’ubicazione dello stabilimento in una zona densamente popolata, la mancanza di prova, da parte delle autorità italiane, dell’esistenza di una decisione liberamente adottata dall’impresa beneficiaria degli aiuti di migliorare l’ambiente è tale da giustificare la conclusione della decisione impugnata secondo cui gli investimenti notificati relativi a questi due impianti non potevano beneficiare degli aiuti a tutela dell’ambiente.

135    Al contrario, per quanto riguarda gli investimenti ambientali relativi alla cokeria, la decisione impugnata è insufficientemente motivata e a tratti erronea.

136    Ne consegue che il secondo motivo è fondato per quanto riguarda la cokeria e dev’essere respinto per quanto riguarda l’altoforno e l’acciaieria.

 C – Sul terzo motivo, vertente sul carattere erroneo della valutazione della Commissione relativa al mancato rispetto delle condizioni di compatibilità degli aiuti stabilite dal quadro normativo applicabile, su una violazione del principio di non discriminazione, su un’inversione dell’onere della prova, su una carenza di motivazione e su una contraddizione interna nel ragionamento esposto nella decisione impugnata

137    Con il terzo motivo, la ricorrente contesta la fondatezza e la motivazione delle valutazioni esposte ai punti 30‑32 della decisione impugnata e riprese alla terza frase del punto 39, sostenendo che esse sono viziate da un errore di valutazione dei fatti, da un’attribuzione erronea dell’onere della prova, da una violazione del principio di non discriminazione, da una carenza di motivazione e da una contraddizione interna al ragionamento.

138    A tale proposito, il Tribunale rileva che la decisione impugnata conclude, al punto 39, che gli aiuti notificati dalle autorità italiane non soddisfano le diverse condizioni imposte dal contesto normativo in quanto, da un lato, «[i] costi notificati non si riferiscono soltanto ai costi addizionali necessari per l’accrescimento della tutela dell’ambiente» e, dall’altro, «non tutti i vantaggi in termini di costi sono stati detratti». Allo stesso modo, al punto 32, la Commissione indica che «i costi d’investimento notificati dalle autorità italiane non rappresentano soltanto costi connessi esclusivamente alla tutela dell’ambiente» e che «[i]l costo delle attrezzature che possono essere utilizzate a fini di produzione non è stato proporzionalmente detratto». Tale valutazione rinvia ai punti 30 e 31 della decisione impugnata, in cui la Commissione risponde agli argomenti esposti dalle autorità italiane nell’ambito delle loro osservazioni sulla decisione di apertura.

139    Pertanto, poiché il Tribunale respinge gli argomenti della ricorrente diretti ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata per quanto riguarda gli aiuti relativi all’altoforno e all’acciaieria, le censure della ricorrente riguardanti questi due impianti presentate nell’ambito del terzo motivo sono inconferenti. Infatti, la fondatezza della conclusione della Commissione sull’inammissibilità degli investimenti riguardanti l’acciaieria e l’altoforno agli aiuti alla tutela dell’ambiente, esposta ai punti 25-29 della decisione impugnata, è sufficiente ad affermare l’infondatezza del ricorso per quanto riguarda queste due installazioni, senza che vi sia bisogno di esaminare la fondatezza degli argomenti presentati nell’ambito del terzo motivo.

140    Al contrario, per quanto riguarda gli aiuti relativi alla cokeria, il Tribunale ha dichiarato fondato il secondo motivo, in quanto la decisione impugnata è erronea in taluni punti e insufficientemente motivata in altri. Pertanto, il Tribunale giunge alla conclusione che la Commissione non può validamente considerare, per le ragioni esposte nella decisione impugnata e analizzate nell’ambito del secondo motivo, che gli investimenti ambientali notificati dalle autorità italiane per quanto riguarda la cokeria non potevano beneficiare degli aiuti all’ambiente.

141    Il Tribunale non può dunque esaminare il contenuto del terzo motivo e stabilire se la distinzione dei costi collegati a investimenti produttivi e di quelli collegati a investimenti ambientali sia stata correttamente effettuata dalle autorità italiane. Infatti, tale distinzione potrà essere effettuata solo dopo che la Commissione avrà analizzato l’ammissibilità degli aiuti relativi alla cokeria tenendo conto delle constatazioni espresse dal Tribunale nella presente sentenza e dopo che avrà appurato, alla luce di quanto esposto supra ai punti 107 e seguenti, se tali aiuti permettano o meno di migliorare significativamente la tutela dell’ambiente.

142    Di conseguenza, per permettere alle parti di trarre le conseguenze dell’annullamento pronunciato nel contesto del secondo motivo, e quindi di riprendere il procedimento nella fase in cui si è prodotto il vizio, cioè nella fase dell’analisi degli investimenti ambientali relativi alla cokeria, il Tribunale giudica che non occorre esaminare gli argomenti delle parti presentati nel contesto del terzo motivo per quanto riguarda la distinzione dei costi produttivi e ambientali, il che presuppone che gli aiuti di cui trattasi abbiano effettivamente una finalità ambientale nel senso definito dall’allegato al codice e dalla disciplina. Così, la Commissione potrà chiarire le questioni relative all’ammissibilità degli aiuti riguardanti la cokeria e chiedere alle autorità italiane, se del caso, di detrarre i costi relativi all’incidenza sulla produzione.

143    Da quanto precede risulta che gli argomenti presentati nel contesto del terzo motivo sono inconferenti per quanto riguarda l’altoforno e l’acciaieria, in quanto la fondatezza delle valutazioni della Commissione sull’inammissibilità degli aiuti relativi a tali installazioni dichiarata ai punti 25-29 della decisione impugnata è sufficiente ad appurare la legittimità della decisione impugnata su tale punto e non occorre esaminare il terzo motivo per quanto riguarda la cokeria, in considerazione dell’incidenza dell’annullamento pronunciato dal Tribunale nel contesto del secondo motivo sul procedimento di esame degli aiuti relativi a tale installazione.

 D – Sulla motivazione della decisione impugnata in relazione all’importo dell’aiuto dichiarato incompatibile con il mercato comune

144    Occorre rilevare che il difetto o l’insufficienza di motivazione rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’art. 33 CA e costituisce un motivo di ordine pubblico che dev’essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario (v., per analogia, sentenze della Corte 20 febbraio 1997, causa C‑166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I-983, punto 24, e Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 67; sentenze del Tribunale 21 marzo 2001, causa T‑206/99, Métropole télévision/Commissione, Racc. pag. II‑1057, punto 43, e 22 giugno 2005, causa T‑102/03, CIS/Commissione, Racc. pag. II‑2357, punto 46).

145    Si deve inoltre ricordare come da una giurisprudenza consolidata risulti che la motivazione di una decisione individuale che arreca pregiudizio deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (v., per analogia, sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France, cit., punto 63; Métropole télévision/Commissione, cit., punto 44, e CIS/Commissione, cit., punto 47).

146    La decisione impugnata conclude, al punto 39, che «[l]’aiuto notificato in favore di Lucchini (…) nell’impianto di cokeria, nell’impianto di acciaieria e nell’altoforno, per un totale di 13,5 miliardi di ITL non è ammissibile agli aiuti a finalità ambientale in quanto le autorità italiane non hanno dimostrato che gli investimenti non sono stati realizzati per ragioni economiche». Tale conclusione è successiva al punto 29 della decisione impugnata in cui la Commissione dichiara che, «per quanto riguarda le ragioni principali alla base degli investimenti realizzati (…) nella cokeria, nell’acciaieria e nell’altoforno, [essa] ritiene che le autorità italiane non [abbiano] dimostrato, come richiesto dall’allegato al [c]odice degli aiuti alla siderurgia, che l’impresa aveva chiaramente deciso di realizzare gli investimenti per ragioni di tutela ambientale».

147    Tuttavia, dalla decisione di apertura (punto intitolato «Descrizione dell’aiuto»), nonché dal punto 6 della decisione impugnata, risulta che gli investimenti realizzati dalla ricorrente e notificati come ammissibili ad aiuti per la tutela dell’ambiente dell’importo complessivo di ITL 190,9 miliardi, per cui era chiesto un aiuto dell’importo di ITL 13,5 miliardi (ossia un’intensità di aiuto del 7%), riguardano le quattro installazioni seguenti: la cokeria, l’acciaieria, l’altoforno e l’impianto idrico e fognario.

148    Pertanto, dal momento che i punti 29 e 39 della decisione impugnata non si riferiscono all’installazione della rete idrica e fognaria e alcun elemento della decisione impugnata permette di comprendere per quale ragione l’aiuto di Stato destinato a tale installazione sia incompatibile con il mercato comune, occorre affermare l’esistenza di una carenza di motivazione della decisione impugnata con riferimento all’art. 15 CA in relazione all’importo dell’aiuto dichiarato incompatibile con il mercato comune nell’art. 1 della decisione impugnata.

149    Dalla decisione di apertura (punto intitolato «Descrizione dell’aiuto») risulta che l’importo degli investimenti corrispondente all’impianto idrico e fognario era di ITL 19,7 miliardi e che, di conseguenza, l’aiuto richiesto per tale installazione era di ITL 1,38 miliardi.

150    Pertanto, l’art. 1 della decisione impugnata deve essere annullato in quanto include, nella declaratoria di incompatibilità dell’aiuto di Stato dell’importo a favore della ricorrente, la somma di ITL 1,38 miliardi corrispondente agli investimenti notificati con riferimento alla rete idrica e fognaria.

C –  Conclusione generale

151    Da tutto quanto precede risulta che occorre respingere il ricorso per quanto riguarda gli investimenti ambientali nell’altoforno e nell’acciaieria.

152    Per quanto riguarda gli aiuti relativi alla cokeria, il Tribunale ha accolto il secondo motivo e, di conseguenza, la decisione impugnata deve essere annullata in relazione agli investimenti ambientali nella cokeria.

153    Analogamente, occorre anche annullare la decisione impugnata per quanto riguarda gli investimenti ambientali relativi alla rete idrica e fognaria, poiché non vi è alcun elemento della decisione che permetta di comprendere per quale ragione l’aiuto di Stato destinato a tale installazione sia incompatibile con il mercato comune.

154    Di conseguenza, l’art. 1 della decisione impugnata deve essere annullato in quanto include, nella declaratoria di incompatibilità dell’aiuto di Stato dell’importo a favore della ricorrente, la somma di ITL 2,7 miliardi corrispondente agli investimenti ambientali notificati riguardanti la cokeria e l’importo di ITL 1,38 miliardi corrispondente agli investimenti ambientali notificati in relazione alla rete idrica e fognaria.

 Sulle spese

155    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 87, n. 3, del medesimo regolamento, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna delle parti sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

156    Nella fattispecie, il ricorso è stato parzialmente accolto. Il Tribunale rileva che sarà operata un’equa valutazione delle circostanze di specie condannando ciascuna delle parti alla metà delle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 1 della decisione della Commissione 21 dicembre 2000, 2001/466/CECA, relativa all’aiuto di Stato al quale l’Italia intende dare esecuzione in favore delle imprese siderurgiche Lucchini SpA e Siderpotenza SpA, è annullato in quanto include, nell’importo dell’aiuto di Stato accordato alla Lucchini SpA e dichiarato incompatibile con il mercato comune, le somme di ITL 2,7 miliardi (EUR 1,396 milioni) e di ITL 1,38 miliardi (EUR 713 550), corrispondenti rispettivamente agli investimenti ambientali notificati dalle autorità italiane nella cokeria e nella rete idrica e fognaria.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      Ciascuna delle parti sopporterà la metà delle spese.

Lindh

García-Valdecasas

Cooke

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 settembre 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      P. Lindh


Indice




* Lingua processuale: l'italiano.