Language of document : ECLI:EU:C:2018:503

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 27 giugno 2018 (1)

Causa C257/17

C

e

A

contro

Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Esclusione dal campo d’applicazione della direttiva 2003/86 – Disposizioni del diritto dell’Unione rese direttamente e incondizionatamente applicabili dal diritto nazionale – Competenza della Corte – Diritto al ricongiungimento familiare – Articolo 15, paragrafi 1 e 4 – Rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno autonomo a un cittadino di un paese terzo dopo cinque anni di soggiorno nello Stato membro – Normativa nazionale che prevede l’obbligo di superare un esame di integrazione civica – Condizione procedurale – Data di presentazione di una domanda di permesso di soggiorno autonomo quale data di efficacia di un permesso di soggiorno autonomo»






I.      Introduzione

1.        Nel presente rinvio pregiudiziale sottoposto alla Corte dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), la Corte è, da un lato, chiamata a pronunciarsi sulla propria competenza ad interpretare la direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (2) in un contesto in cui le situazioni oggetto del procedimento principale siano espressamente escluse dal campo d’applicazione di tale atto. Il diritto nazionale che traspone tale direttiva ha unilateralmente inteso estendere l’ambito di applicazione di tale direttiva per regolare tali situazioni.

2.        D’altra parte, la Corte è chiamata a decidere se il diritto dell’Unione osti a che uno Stato membro esiga, qualora i cittadini di paesi terzi con diritto di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare intendano beneficiare di un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante, che essi superino preliminarmente un nuovo esame di integrazione civica e, pertanto, a partire da quale data tale titolo autonomo produca i suoi effetti.

3.        Sebbene la Corte abbia già dovuto pronunciarsi sulla misura di integrazione di cui all’articolo 7 della direttiva 2003/86/CE e valutare se l’esame di integrazione civica richiesto nei Paesi Bassi sia una «misura di integrazione» ammissibile che lo Stato membro possa imporre, in forza di tale disposizione, ad un cittadino di un paese terzo che intenda avvalersi del ricongiungimento familiare, essa, per contro, non è mai stata interrogata sulla questione se si possa esigere, in forza dell’articolo 15, paragrafo 4, di tale direttiva, che il richiedente il permesso di soggiorno autonomo si sottoponga ad un secondo esame di integrazione civica per poter beneficiare di un diritto di soggiorno indipendente da quello del soggiornante.

II.    Contesto giuridico

A.      Diritto dell’Unione

4.        Risulta dal considerando 2 della direttiva 2003/86 che «[l]e misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».

5.        A termini del considerando 4 della direttiva 2003/86, «[i]l ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d’altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato nel trattato».

6.        Il considerando 6 della direttiva 2003/86 dispone che «[a]l fine di assicurare la protezione della famiglia ed il mantenimento o la creazione della vita familiare è opportuno fissare, sulla base di criteri comuni, le condizioni materiali per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare».

7.        Ai sensi del considerando 15 della direttiva 2003/86, «[d]ovrebbe essere incoraggiata l’integrazione dei familiari. A tal fine, dovrebbe essere loro attribuito, dopo un periodo di residenza nello Stato membro, uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento, in particolare in caso di rottura del matrimonio e della convivenza. Essi dovrebbero avere accesso all’istruzione, all’occupazione e alla formazione professionale allo stesso titolo che il richiedente il ricongiungimento alle pertinenti condizioni».

8.        L’articolo 1 della direttiva 2003/86 è così formulato:

«[l]o scopo della presente direttiva è quello di fissare le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri».

9.        L’articolo 2, lettera d), della direttiva 2003/86 stabilisce che «[a]i fini della presente direttiva si intende per:

d)      “ricongiungimento familiare”: l’ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l’unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore».

10.      L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 dispone che «[l]a presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione».

11.      L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 stabilisce che «[g]li Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale».

12.      Secondo l’articolo 15, paragrafi 1, 3 e 4, della direttiva 2003/86:

«1.      Trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato e il figlio diventato maggiorenne hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante.

(…)

3.      In caso di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti diretti di primo grado, un permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato, previa domanda, ove richiesta, alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare. Gli Stati membri adottano disposizioni atte a garantire che un permesso di soggiorno autonomo sia rilasciato quando situazioni particolarmente difficili lo richiedano.

4.      I requisiti relativi al rilascio e alla durata del permesso di soggiorno autonomo sono stabiliti dalla legislazione nazionale».

B.      Diritto dei Paesi Bassi

13.      Secondo il giudice del rinvio, il permesso di soggiorno limitato unito alla restrizione detta dei «motivi umanitari di natura non temporanea» riprende, in sostanza, il contenuto dell’articolo 15 della direttiva 2003/86, relativo ai requisiti di rilascio di un permesso autonomo.

14.      L’articolo 26, paragrafo 1, della Vreemdelingenwet 2000 (legge sugli stranieri; in prosieguo: la «Vw 2000»), del 23 novembre 2000, dispone che «[i]l permesso di soggiorno, che implica di diritto il soggiorno regolare, è rilasciato con decorrenza dal giorno in cui lo straniero ha dimostrato di soddisfare tutti i requisiti, ma non prima del giorno in cui è stata ricevuta la domanda».

15.      L’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), e paragrafo 5, del Vreemdelingenbesluit 2000 (decreto di applicazione della legge del 2000 sugli stranieri; in prosieguo: il «Vb 2000»), dispone che «il permesso di soggiorno a tempo determinato ai sensi dell’articolo 14 della Vw 2000 può essere subordinato a una restrizione relativa a motivi umanitari di natura non temporanea nei confronti dello straniero che:

a)      soggiorna da oltre cinque anni nei Paesi Bassi in qualità di titolare di un permesso di soggiorno corredato dalla restrizione di cui al punto 1 (…):

1.      [un] soggiorno in qualità di familiare di una persona titolare di un diritto di soggiorno permanente;

(…)»

5.      L’articolo 3.80a del [Vb 2000] si applica agli stranieri di cui al paragrafo 1, lettera a), punto 1, (…)».

16.      L’articolo 3.80a del Vb 2000, paragrafi 1, 2 e 4, stabilisce quanto segue:

«1.      Una domanda di modifica di un permesso di soggiorno (…) in un permesso di prosecuzione del soggiorno unito a una restrizione relativa a motivi umanitari di natura non temporanea deve essere respinta quando la domanda è presentata da uno straniero ai sensi dell’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), 1), che non ha superato l’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della Wet inburgering [legge sull’integrazione civica; in prosieguo: la «Wi»] o che non ha conseguito un diploma, certificato o altro documento, di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della stessa legge.

2.      Il primo paragrafo non si applica se lo straniero:

(…)

e.      è stato esentato dall’obbligo di integrazione civica sulla base dell’articolo 6, paragrafo 1, lettere a) o b), della Wi, (…).

(…)

4.      Il nostro ministro può inoltre disapplicare il paragrafo 1 se ritiene che l’applicazione di tale disposizione conduca a situazioni manifeste di grave ingiustizia».

17.      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) o lettera b), della Wi:

«1.      [i]l nostro ministro esonera la persona tenuta all’obbligo di integrazione civica se:

a.      quest’ultima ha dimostrato che, a causa di un handicap psichico o fisico o di una disabilità psichica, non è in grado, in maniera duratura, di superare l’esame di integrazione civica;

b.       è indotto a ritenere, sulla base degli sforzi dimostrabili della persona soggetta all’obbligo di integrazione civica, che quest’ultima non può ragionevolmente soddisfare l’obbligo di integrazione civica. (…)».

III. Le controversie nei procedimenti principali, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte

A.      Fatti del procedimento principale

18.      La prima ricorrente nella causa principale, C, (in prosieguo: la «ricorrente C» o «C»), è cittadina di un paese terzo (la Cina). Dal 5 novembre 2008 è titolare di un permesso di soggiorno presso il coniuge, valido sino al 5 novembre 2014. Il 2 febbraio 2015 il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi) ha pronunciato il divorzio tra C e il coniuge, cittadino olandese.

19.      C ha presentato una domanda ai sensi dell’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), del Vb 2000, di modifica del suo permesso di soggiorno presso il coniuge in permesso di soggiorno autonomo» dinanzi allo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie [Segretario di Stato per la sicurezza e la giustizia, in prosieguo: il «Segretario di Stato»). Con una prima decisione del 2 febbraio 2015, il segretario di Stato ha respinto la domanda di permesso di soggiorno autonomo. Ha inoltre revocato il permesso di soggiorno presso il coniuge con effetto retroattivo dal 10 febbraio 2014, in quanto a partire da tale ultima data C e il coniuge non erano più iscritti allo stesso indirizzo nel Basisregistratie Personen (in prosieguo: il «registro BRP») (3). Per il segretario di Stato, il permesso di soggiorno presso il coniuge era divenuto privo di fondamento giuridico. Con una seconda decisione del 24 luglio 2015, il segretario di Stato ha accolto la domanda di C di permesso di soggiorno autonomo poiché C aveva fornito la prova di essere esonerata dal requisito dell’esame di integrazione civica ai sensi dell’articolo 3.80a del Vb 2000. Il segretario di Stato le ha rilasciato retroattivamente il permesso di soggiorno autonomo con decorrenza dalla data in cui C aveva soddisfatto il requisito relativo all’obbligo di integrazione civica, vale a dire il 16 febbraio 2015. Di conseguenza, il soggiorno regolare di C è stato interrotto durante il periodo intermedio compreso tra il 10 febbraio 2014 (data di fine del soggiorno comune con il coniuge secondo il registro BRP) e il 16 febbraio 2015 (data a decorrere dalla quale è stato rilasciato il permesso di soggiorno autonomo). Di conseguenza, l’interesse di C nel procedimento principale consiste nell’interruzione legale del suo periodo di soggiorno regolare.

20.      La ricorrente C ha presentato ricorso contro la decisione di revoca del suo permesso di soggiorno presso il coniuge con effetto retroattivo dal 10 febbraio 2014 dinanzi al rechtbank Den Haag zittingsplaats Rotterdam (Tribunale dell’Aia, sezione di Rotterdam, Paesi Bassi; in prosieguo: il «giudice di primo grado»), che, con sentenza del 5 gennaio 2016, ha dichiarato infondato il ricorso.

21.      Il secondo ricorrente nella causa principale, A (in prosieguo, il «ricorrente A» o «A»), è parimenti un cittadino di un paese terzo (il Congo). Dal 20 dicembre 1997 aveva un permesso di soggiorno per soggiornare presso la coniuge, valido sino al 15 ottobre 2016. Il 28 luglio 2015 lo scioglimento del matrimonio di A con la coniuge cittadina dei Paesi Bassi è stato registrato nel BRP.

22.      Il ricorrente A ha presentato domanda ai sensi dell’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), del Vb 2000, intesa a modificare il suo permesso di soggiorno presso il coniuge in un permesso di soggiorno autonomo. Con decisioni del 26 febbraio e del 21 settembre 2015, il segretario di Stato ha confermato la decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno autonomo, motivando che A non aveva fornito la prova di avere superato il secondo esame di integrazione civica, o che ne era stato esonerato o dispensato ai sensi dell’articolo 3.80 del Vb 2000. L’8 febbraio 2016 il segretario di Stato ha comunicato per iscritto al ricorrente A la sua intenzione di revocare retroattivamente il permesso di soggiorno presso il coniuge con effetto dal 3 settembre 2014, in quanto da quella data A e il coniuge non erano più iscritti come residenti allo stesso indirizzo nel registro BRP. Secondo il segretario di Stato, il permesso di soggiorno presso il coniuge era quindi privo di fondamento giuridico.

23.      Il ricorrente A ha presentato ricorso dinanzi al giudice di primo grado, il quale, con sentenza del 25 maggio 2016, ha respinto il ricorso.

B.      I procedimenti dinanzi al giudice del rinvio e le questioni pregiudiziali

24.      I ricorrenti C e A hanno entrambi interposto appello contro le sentenze pronunciate in primo grado dinanzi al Raad van State (Consiglio di Stato). In primo luogo, secondo i ricorrenti C e A, la facoltà di subordinare l’ottenimento di un permesso di soggiorno autonomo ai requisiti stabiliti dalla normativa nazionale, come quello di soddisfare, secondo l’articolo 3.80a, paragrafo 1, del Vb 2000, il requisito di un secondo esame di integrazione civica, preliminarmente al rilascio di un permesso di soggiorno autonomo, non deriverebbe dall’articolo 15 della direttiva 2003/86, il cui paragrafo 4 riguarda soltanto requisiti procedurali e non requisiti sostanziali. In secondo luogo, C e A contestano al giudice di primo grado di essersi erroneamente basato sulla sentenza del 9 luglio 2015, K e A (C‑153/14, in prosieguo: la «sentenza K e A», EU:C:2015:453), per giustificare la conformità del requisito del secondo esame di integrazione civica con la direttiva 2003/86. Infatti, secondo i ricorrenti C e A, la sentenza K e A è relativa all’obbligo di integrazione civica di un cittadino di un paese terzo nell’ambito del diritto al ricongiungimento familiare al momento dell’ammissione nei Paesi Bassi. La sentenza K e A si distinguerebbe dalla fattispecie nel procedimento principale. Secondo C, il permesso di soggiorno autonomo avrebbe dovuto esserle rilasciato, senza che fosse tenuta a soddisfare il requisito relativo al superamento del secondo esame di integrazione civica, il 10 febbraio 2014, data a partire dalla quale soggiornava già regolarmente nei Paesi Bassi da cinque anni. Il richiedente A sostiene che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 mira proprio a limitare a cinque anni il periodo durante il quale i familiari dipendono dal soggiornante. In terzo luogo, la ricorrente C sostiene che il permesso di soggiorno presso il coniuge doveva essere revocato alla data in cui il divorzio è stato pronunciato, il 2 febbraio 2015, e non, come ha ritenuto il giudice di primo grado, il 10 febbraio 2014, data a partire dalla quale C e il marito non erano più iscritti come residenti allo stesso indirizzo nel registro BRP. Inoltre, C sostiene che la revoca con effetto retroattivo del permesso di soggiorno presso il coniuge ha come conseguenza che per un periodo intermedio essa non era più regolarmente soggiornante.

25.      In primo luogo, il giudice del rinvio rileva che la competenza della Corte non è chiara, poiché l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 esclude i «familiari di cittadini dell’Unione»; orbene, i rispettivi coniugi di C e A sono cittadini dei Paesi Bassi. Sarebbe nell’interesse dell’Unione che le disposizioni del diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme (4). Tuttavia, dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, in prosieguo: la «sentenza Nolan», EU:C:2012:638) discenderebbe che l’Unione non avrebbe alcun interesse ad un’interpretazione uniforme di un atto che riguarda una situazione espressamente esclusa dal suo ambito di applicazione. Nella misura in cui detta sentenza non è stata richiamata, in particolare, nella sentenza della Grande Sezione, del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874), il giudice del rinvio ritiene che non è chiaro se la sentenza Nolan rimane applicabile e potrebbe comportare che la Corte si dichiari incompetente in merito al presente rinvio pregiudiziale.

26.      In secondo luogo, il giudice del rinvio afferma di ignorare cosa possano riguardare i «requisiti relativi al rilascio (…) del permesso di soggiorno autonomo», ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86, che sono stabiliti dalla legislazione nazionale. Il giudice del rinvio si chiede se essi possano riguardare requisiti di integrazione e, pertanto, requisiti sostanziali. Detto giudice precisa inoltre che la Corte si è parzialmente pronunciata sulla questione in due sentenze, la sentenza del 4 giugno 2015, P e S (C‑579/13, in prosieguo: la «sentenza P e S», EU:C:2015:369), e la sentenza K e A, pur non discendendo da tali sentenze una risposta completa applicabile ai procedimenti principali.

27.      In terzo luogo, e relativamente all’interruzione del soggiorno regolare di C, il giudice del rinvio si interroga in merito alla data a decorrere dalla quale il permesso di soggiorno autonomo produce i suoi effetti. Il giudice del rinvio ritiene che il testo dell’articolo 15 della direttiva 2003/86 non precisi chiaramente la data a partire dalla quale debba essere rilasciato un permesso di soggiorno autonomo se lo straniero ha presentato domanda per tale permesso dopo aver soggiornato legalmente in uno Stato membro in forza del ricongiungimento familiare da più di cinque anni.

28.      È in tale contesto che il Raad van State (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in considerazione dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva [2003/86] e della sentenza [Nolan], la Corte sia competente a rispondere a questioni pregiudiziali del giudice dei Paesi Bassi sull’interpretazione di disposizioni di questa direttiva in un procedimento vertente sul diritto di soggiorno di familiari dei soggiornanti che possiedono la cittadinanza dei Paesi Bassi, se nell’ordinamento dei Paesi Bassi questa direttiva è stata dichiarata applicabile direttamente e incondizionatamente ai familiari in parola.

2)      Se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva [2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, in forza della quale una domanda di permesso di soggiorno autonomo di uno straniero, che in virtù del ricongiungimento familiare soggiorna legalmente da più di cinque anni nel territorio di uno Stato membro, può essere respinta a causa del mancato rispetto delle misure di integrazione imposte dal diritto nazionale.

3)      Se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva [2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale un permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato soltanto con decorrenza dalla data della domanda».

29.      Nella presente causa sono state presentate osservazioni scritte dai ricorrenti C e A, dai governi dei Paesi Bassi e austriaco nonché dalla Commissione europea.

30.      All’udienza comune con la causa connessa C‑380/17, K e B, che si è tenuta dinanzi alla Corte il 19 marzo 2018, i ricorrenti e C e A, e poi i ricorrenti K e B, il governo dei Paesi Bassi, nonché la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

IV.    Analisi

A.      Sulla competenza della Corte

31.      I ricorrenti C e A hanno goduto di un permesso di soggiorno presso il coniuge a titolo di ricongiungimento familiare in quanto risiedevano presso i loro coniugi, cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione.

32.      Il chiaro testo dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86, precisa che quest’ultima «non si applica ai familiari di un cittadino dell’Unione» (5). I coniugi dei ricorrenti, cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione, non rientrano dunque ratione materiae nel campo di applicazione della direttiva 2003/86.

33.      Tuttavia, il legislatore dei Paesi Bassi ha unilateralmente deciso di estendere l’ambito di applicazione delle disposizioni della direttiva 2003/86 ai soggiornanti dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione (6) ma che intendono avvalersi del diritto al ricongiungimento familiare (7). Le circostanze del procedimento principale sono situazioni puramente interne non contestate dalle parti nel presente procedimento. In altri termini, si tratta di un’estensione della portata ratione materiae del regime dei Paesi Bassi, la Vb 2000, a vantaggio dei cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione. In tali circostanze, occorre esaminare se sia giustificata un’interpretazione della Corte delle disposizioni interessate dalle questioni proposte e pertanto, se sia giustificato che si accerti la competenza della Corte, come sostengono il giudice del rinvio, il governo dei Paesi Bassi e i ricorrenti nella causa principale, avversati dalla Commissione e dal governo austriaco.

34.      Ai sensi dell’art. 267 TFUE, la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sull’interpretazione dei trattati nonché degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione. Ne deriva che spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (8). Di conseguenza, se le questioni sollevate dai giudici nazionali vertono sull’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione, la Corte è in linea di principio tenuta a statuire (9).

35.      A questo proposito, occorre ricordare che la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire sulle domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti della causa principale si collocavano al di fuori dell’ambito d’applicazione del diritto dell’Unione. Infatti, è interesse dell’Unione garantire l’uniformità dell’interpretazione di una disposizione di un atto dell’Unione e di quelle del diritto nazionale che lo recepiscono e lo rendono applicabile al di fuori dell’ambito di applicazione di tale atto.

36.      In tale contesto, la Corte ha precisato che una sua interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di quest’ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. (10). La Corte è, pertanto, chiamata a verificare se sussistano indicazioni sufficientemente precise da consentirle di accertare se il diritto nazionale operi un rinvio diretto e incondizionato al diritto dell’Unione. È essenzialmente sulla sola base delle precisazioni fornite dal giudice nazionale nella decisione di rinvio che la Corte può stabilire se è competente a rispondere alle questioni ad essa sottoposte (11).

37.      È vero che, secondo la sentenza Nolan, non è possibile affermare o presumere che sussista, in un settore escluso dal legislatore dell’Unione dall’ambito di applicazione dell’atto da esso adottato, un interesse dell’Unione a che sia fornita un’interpretazione uniforme delle disposizioni di tale atto (12). Infatti, secondo questa logica, «se il legislatore dell’Unione indica in maniera univoca che l’atto da esso adottato non si applica a un settore preciso, rinuncia (…) all’obiettivo di ottenere un’interpretazione ed un’applicazione uniformi delle norme di diritto in tale settore escluso» (13).

38.      La sentenza del 19 ottobre 2017, Solar Electric Martinique (C‑303/16, in prosieguo: la «sentenza Solar Electric Martinique», EU:C:2017:773), che riguardava anch’essa un caso di esplicita esclusione dalla sfera di applicazione di una direttiva dell’Unione (14), a mio avviso ha inteso tuttavia modificare taluni motivi della sentenza Nolan. Infatti, la Corte ha precisato, al punto 29 della sentenza Solar Electric Martinique, che «[l]a sussistenza di un interesse dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, [le nozioni della direttiva in questione] ricevano un’interpretazione uniforme è certamente ipotizzabile (15)». Sebbene la sentenza Nolan lasciasse intendere che un tale interesse veniva meno in caso di esplicita esclusione da parte del legislatore dell’Unione, la sentenza Solar Electric Martinique non ha confermato tale posizione. Sempre a proposito di una situazione di esclusione espressa dalla sfera di applicazione di una direttiva, la sentenza del 27 giugno 2018, SGI e Valériane (C‑459/17 e C‑460/17), esclude, sembrerebbe definitivamente, l’approccio precedentemente accolto nella sentenza Nolan, statuendo che, nonostante questa esclusione espressa, sussiste un interesse certo dell’Unione(16) a che, per evitare divergenze di interpretazione future, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme, a prescindere dalle condizioni nelle quali esse devono trovare applicazione ove il diritto interno operi un rinvio diretto e incondizionato alla disposizione della direttiva la cui interpretazione si chiede alla Corte(17).

39.      Tale è la fattispecie anche nella presente causa.

40.      Infatti, le indicazioni fornite dal giudice del rinvio sono sufficientemente precise e dimostrano che il diritto nazionale, conformemente al diritto dell’Unione, opera un rinvio diretto e incondizionato a quest’ultimo. Il giudice del rinvio precisa infatti che la legislazione e la normativa dei Paesi Bassi istituiscono un regime giuridico comune per il ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi e per il ricongiungimento familiare di cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione e non distinguono tra i due regimi. Risulta dalla relazione del Vb 2000 che il termine fissato all’articolo 3.51 del Vb 2000 (18), entro il quale il segretario di Stato può concedere un permesso di soggiorno autonomo (19), è stato reso più rigoroso ed è stato esteso da tre a cinque anni di residenza e si applica anche ai ricongiungimenti familiari di cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione. La condizione del secondo esame di integrazione civica di cui all’articolo 3.80a, paragrafo 1, del Vb 2000, così come la proroga del termine, si applicano indistintamente ai ricongiungimenti familiari di cittadini di paesi terzi e ai ricongiungimenti familiari di cittadini dei Paesi Bassi che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione.

41.      Inoltre, il giudice del rinvio aggiunge che, se la Corte non fosse competente, nella specie, quanto all’interpretazione dell’articolo 15 della direttiva 2003/86, lo stesso giudice del rinvio sarebbe costretto ad interpretarlo al fine di risolvere la controversia nel merito. In pratica, l’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione da parte del giudice nazionale potrebbe avere una conseguenza sul contenuto di tale diritto e condurre a un orientamento sostanzialmente diverso da quello adottato dalla Corte. Inoltre, potrebbe disincentivare i giudici nazionali dello Stato membro in questione dal sollevare, in futuro, una questione del genere dinanzi alla Corte. In ogni caso, le nozioni di cui il giudice del rinvio chiede l’interpretazione rientrano certamente nella sfera del diritto dell’Unione e sono certamente applicabili in situazioni che rientrano nel campo di applicazione della direttiva.

42.      Di conseguenza, ritengo che sussista l’interesse dell’Unione ad un’interpretazione uniforme, da una parte, al fine di evitare divergenze nell’applicazione del diritto dell’Unione, e, dall’altra, a causa della necessità di non trattare in modo diverso situazioni che uno Stato membro ha scelto di allineare alle soluzioni fornite dal diritto dell’Unione.

43.      In tali circostanze, propongo che la Corte si dichiari competente a rispondere alle questioni sollevate.

B.      Sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 e sulla compatibilità del requisito relativo al secondo esame di integrazione civica

44.      Ricordo che i ricorrenti C e A sono titolari di un permesso di soggiorno presso il coniuge per ricongiungimento familiare. Hanno presentato una domanda al fine di ottenere un titolo di soggiorno autonomo ai sensi dell’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), del Vb 2000. La domanda è stata respinta con la motivazione che i ricorrenti C e A non avevano superato l’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della Wi, o non avevano fornito la prova di aver superato l’esame o di esserne stati esonerati(20). In tali circostanze, i ricorrenti C e A sono stati privati del permesso di soggiorno autonomo per mancato superamento dell’esame.

45.      La seconda questione pregiudiziale è quindi relativa alla compatibilità con l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86, del rigetto di una domanda di permesso di soggiorno autonomo di un familiare soggiornante nel territorio nazionale da più di cinque anni ai fini del ricongiungimento familiare per mancato rispetto dei requisiti di integrazione previsti dalla legislazione nazionale. Più precisamente, la Corte è chiamata a pronunciarsi sul significato delle parole «i requisiti relativi al rilascio (…) del permesso di soggiorno autonomo» di cui all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 e a determinare se tra tali requisiti figuri l’obbligo di sottoporsi ad un secondo esame di integrazione civica.

46.      Prima di affrontare l’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86, occorre rilevare che, nei Paesi Bassi, il processo d’integrazione sembra svilupparsi in due fasi.

47.      La prima fase è disciplinata dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, il quale precisa che gli Stati membri «possono esigere che i cittadini di paesi terzi soddisfino le misure di integrazione (…)». La Corte ha statuito (21) che gli Stati membri possono esigere che i cittadini di paesi terzi superino un esame di integrazione civica. Tale esame comprende la valutazione di una conoscenza di base sia della lingua che della società dello Stato membro interessato e comporta il pagamento di vari oneri. La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo concernente gli orientamenti per l’applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento (in prosieguo: gli «orientamenti della Commissione») (22) definisce la misura di integrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, di detta direttiva come consistente nel verificare la «volontà di integrarsi dei cittadini di paesi terzi»; a tal fine essa può assumere la forma di un esame delle competenze di base ritenute necessarie. La misure di integrazione, che gli Stati membri possono esigere, «non [può] risultare in un obbligo di adempimento», che si risolverebbe nell’introduzione di una misura che limita la possibilità del ricongiungimento familiare. Al contrario, deve «contribuire al successo del ricongiungimento familiare». Infatti, ai fini dell’integrazione sono indispensabili conoscenze di base della lingua, della storia e delle istituzioni della società ospite e sono incentivate dalla Commissione (23). In quest’ottica, l’esame può essere effettuato preliminarmente all’ammissione nel territorio dell’Unione nelle ambasciate e consolati o nello Stato membro ospite.

48.      Esiste nel diritto dei Paesi Bassi una seconda fase dell’integrazione che trova il suo fondamento nelle disposizioni dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86. Questa nuova fase d’integrazione impone il superamento di un ulteriore esame, se il familiare intende ottenere uno status autonomo e non dipendere più dal permesso di soggiorno del soggiornante. Secondo il governo dei Paesi Bassi, il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo rafforza la posizione giuridica del cittadino di un paese terzo che risiede regolarmente da almeno cinque anni nel territorio di uno Stato membro e pertanto si può esigere da chi richiede tale permesso di soggiorno autonomo che dimostri di essersi nel frattempo ulteriormente integrato.

49.      Ciò premesso, passo ora ad esaminare l’interpretazione richiesta dal giudice del rinvio della nozione di «requisiti» di cui all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86, che, secondo il governo olandese, sarebbe tale da ricomprendere il secondo esame di integrazione civica.

50.      Occorre rilevare che né il tenore letterale dell’articolo 15 della direttiva 2003/86 né gli orientamenti della Commissione specificano se e in quale misura sia possibile imporre l’obbligo di integrazione civica per l’acquisizione del permesso di soggiorno autonomo.

51.      Tuttavia, rilevo che l’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 utilizza l’espressione «requisiti relativi al rilascio» e non «condizioni di integrazione» (24), come avviene nel caso dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (25) o di «misure di integrazione» (26) di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86.

52.      Le «misure di integrazione» e le «condizioni di integrazione» devono essere ben distinte, e certamente non possono essere considerate come sinonimi, nella misura in cui le misure di integrazione devono essere considerate meno gravose rispetto alle condizioni di integrazione (27). La lettura sistematica dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 depone in tal senso. Tale articolo elenca una serie di condizioni che il cittadino di un paese terzo deve dimostrare di avere soddisfatto. Invece, la misura di integrazione si trova al paragrafo seguente, mentre se il legislatore europeo avesse voluto assoggettare e selezionare un cittadino di un paese terzo sulla base di una misura di integrazione, l’avrebbe inserita al paragrafo 1, ad esempio in un quarto punto. Questo non è il caso. Le misure di integrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, non devono selezionare ma, al contrario, devono avere l’obiettivo fondamentale di agevolare l’integrazione negli Stati membri (28).

53.      Tale differenza terminologica spiega già perché ritengo, come il giudice del rinvio, che né la sentenza K e A, che riguardava la qualificazione di un esame di integrazione civica come rientrante nella nozione di «misure di integrazione», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, né la sentenza P e S, che riguardava l’interpretazione della nozione di «condizioni di integrazione» di cui all’articolo 5, paragrafo 2 della direttiva 2003/109, non forniscono una risposta relativa all’interpretazione dell’espressione «requisiti relativi al rilascio (…) del permesso di soggiorno» di cui all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86, in particolare quanto alla questione se tale espressione possa ricomprendere una condizione relativa al superamento di un esame di integrazione civica, come quella applicabile nelle cause principali.

54.      Al di là delle differenze terminologiche appena menzionate, per interpretare l’articolo 15 della direttiva 2003/86, in particolare il paragrafo 4, occorre tenere conto anche delle finalità, dell’economia e della genesi delle disposizioni di detta direttiva.

55.      Per quanto riguarda l’interpretazione teleologica della direttiva 2003/86, occorre ricordare che la Corte, da un lato, ha affermato che, nel sistema della direttiva 2003/86, l’autorizzazione al ricongiungimento familiare è la regola generale e che le disposizioni che consentono di apportarvi limiti devono essere interpretate restrittivamente e, dall’altro, ha precisato che la discrezionalità riconosciuta agli Stati membri da tali disposizioni non dev’essere impiegata dagli stessi in un modo che pregiudicherebbe l’obiettivo della direttiva, che è di favorire il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile (29).

56.      Nel sistema della direttiva 2003/86, lo status autonomo dei familiari del soggiornante è uno status specifico che pone fine alla dipendenza da quest’ultimo. Così, in situazioni di difficoltà o se il permesso di soggiorno del soggiornante è stato revocato o dovesse scadere, il familiare che gode del permesso di soggiorno autonomo non sarebbe penalizzato.

57.      Interpretare l’espressione «requisiti relativi al rilascio (…) del permesso di soggiorno», di cui all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 come un’opportunità offerta agli Stati membri di prevedere un secondo esame di integrazione civica equivarrebbe a pregiudicare l’obiettivo e l’effetto utile di tale atto, apponendo complicazioni sproporzionate al diritto al ricongiungimento familiare.

58.      Nel caso di specie, si deve tenere presente che le condizioni applicabili ai sensi della normativa dei Paesi Bassi sono particolarmente rigorose. Come ho già sottolineato, il cittadino di un paese terzo deve soddisfare condizioni di integrazione civica che vanno al di là di quelle previste nell’ambito della prima ammissione nei Paesi Bassi in forza del diritto al ricongiungimento familiare. L’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della Wi determina i requisiti che deve soddisfare il cittadino di un paese terzo. Deve, in primo luogo, acquisire entro tre anni competenze orali e scritte in lingua neerlandese corrispondenti almeno al livello A2 del quadro europeo di riferimento per le lingue straniere moderne. Queste competenze comprendono l’espressione orale, la comprensione orale, l’espressione scritta e la comprensione scritta(30). Il cittadino di un paese terzo deve, in secondo luogo, acquisire la conoscenza della società dei Paesi Bassi nel corso di questi tre anni. Tale conoscenza è costituita da una sezione relativa alla conoscenza della società olandese e da un’altra sezione, relativa all’orientamento nel mercato del lavoro dei Paesi Bassi (31).

59.      Ritengo, pertanto, che la finalità della direttiva 2003/86 non può giustificare la tesi secondo la quale la nozione di «requisiti relativi al rilascio (…) del permesso di soggiorno» possa ricomprendere una condizione sostanziale, come il superamento di un secondo esame di integrazione civica. A mio avviso, si deve piuttosto interpretare tale espressione nel senso che essa comprende soltanto la facoltà degli Stati membri di esigere la presentazione di una domanda di permesso di soggiorno autonomo, nonché la determinazione delle informazioni da comunicare a sostegno di una tale domanda. In altri termini, si tratta di requisiti formali o amministrativi e non di requisiti sostanziali.

60.      L’economia della direttiva 2003/86, in particolare la collocazione dell’articolo 15 nella struttura della suddetta direttiva, confermano la tesi secondo la quale il requisito di cui all’articolo 15, paragrafo 4 non è un requisito sostanziale. Conformemente alla formulazione del considerando 6, che sottolinea la necessità di «fissare, sulla base di criteri comuni, le condizioni materiali per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare», gli articoli 6, 7, 8 e 12 della direttiva 2003/86 stabiliscono una serie di criteri o di regole relative all’esame della domanda, alla presentazione e alle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno. Per contro, ad eccezione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86, che stabilisce, ratione personae i familiari destinatari e che possono ottenere un permesso di soggiorno autonomo (32), detto articolo 15 non stabilisce alcun criterio o norma sostanziale comune. Gli articoli da 6 a 8 si trovano nel capo IV, «Condizioni richieste per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare», della direttiva 2003/86, mentre l’articolo 15 risulta isolato ed inserito nel capo VI, «Ingresso e soggiorno dei familiari del soggiornante», di detta direttiva. Inoltre, l’articolo 15 non rinvia alle disposizioni del capo IV, contrariamente all’articolo 12, paragrafo 1, di detta direttiva (relativo al ricongiungimento dei rifugiati) che vi fa riferimento. Sembra quindi che il legislatore dell’Unione non abbia voluto subordinare il rilascio del permesso autonomo a requisiti materiali o sostanziali ma solo a requisiti procedurali stabiliti dagli Stati membri. Il legislatore dell’Unione ha previsto il permesso di soggiorno autonomo come conseguenza del soggiorno permanente della famiglia del soggiornante nel territorio dello Stato membro.

61.      Infine, aderisco anche all’interpretazione sostenuta dal giudice del rinvio secondo il quale la genesi dell’articolo 15 della direttiva 2003/86 dimostrerebbe che i requisiti per la concessione del permesso di soggiorno sono requisiti procedurali, per le ragioni di seguito esposte.

62.      In primo luogo, risulta dal considerando 15 della direttiva 2003/86, dalla relazione alla proposta di direttiva 2003/86 (33), nonché da un documento di lavoro del Consiglio dei ministri dell’Unione europea (34) del 9 agosto 2002 che il permesso di soggiorno autonomo introdotto dall’articolo 15 della direttiva 2003/86, ha come effetto che i familiari non dipendono più dal soggiornante per il loro permesso di soggiorno, ad esempio se quest’ultimo lascia lo Stato membro in cui risiede con il familiare, se muore, o in caso di rottura del matrimonio o della convivenza tra il soggiornante e il familiare. Il permesso di soggiorno autonomo mira a rafforzare la posizione giuridica del familiare del soggiornante e a offrirgli maggiore sicurezza giuridica.

63.      In secondo luogo, la genesi dell’articolo 15 della direttiva 2003/86, nel suo insieme, indica che il permesso di soggiorno autonomo era originariamente automatico (35) ma, nel corso del dibattito legislativo sulla proposta, si è rilevato che quest’ultimo non doveva acquisirsi automaticamente, dopo un periodo di soggiorno di cinque anni, ma su richiesta. Questa considerazione ha portato all’elaborazione di una proposta modificata, con cui è stata prevista la possibilità, di cui adesso all’articolo 15, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2003/86, di far dipendere l’ottenimento di un permesso di soggiorno autonomo dalla presentazione di una domanda in tal senso. L’aggiunta del paragrafo 4 dell’articolo 15, è collegata all’aggiunta dei termini «ove richiesta» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, e all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 (36). È stato pertanto necessario introdurre una disposizione, a detto paragrafo 4, riguardante le modalità della presentazione di tale domanda e del conseguente rilascio del permesso di soggiorno. Pertanto, gli Stati membri sono autorizzati a recepire tale disposizioni in due modi: da un lato, in assenza di una procedura specifica, gli Stati membri possono prevedere che il permesso di soggiorno autonomo si ottiene automaticamente dopo cinque anni di soggiorno o, dall’altro, possono prevedere che il permesso di soggiorno autonomo si ottiene su richiesta, stabilendone le relative modalità procedurali.

64.      In terzo luogo, dalla genesi della nozione di «requisiti» emerge che l’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 era già menzionato nella proposta di direttiva prima che fosse aggiunto il paragrafo 2 dell’articolo 7 (37). Come ho già evidenziato (38), tale paragrafo fa esplicito riferimento a delle «misure di integrazione». L’aggiunta del paragrafo 2 all’articolo 7 della proposta, dopo l’articolo 15, paragrafo 4, non ha quindi comportato, di conseguenza, la modifica dell’articolo 15, paragrafo 4, intesa o ad operare un rinvio o ad armonizzare i termini utilizzati agli articoli 15, paragrafo 4, e 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86. Pertanto, tale nozione deve essere intesa in modo autonomo rispetto alla nozione di «misure di integrazione» di cui all’articolo 7, paragrafo 2 della direttiva 2003/86.

65.      Concludo pertanto che le disposizioni di cui all’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 devono essere interpretate nel senso che ostano a una normativa nazionale che prevede che una richiesta di permesso di soggiorno autonomo da parte di un cittadino di un paese terzo regolarmente soggiornante nel territorio di uno Stato membro da più di cinque anni ai fini del ricongiungimento familiare, possa essere respinta per mancato rispetto dei requisiti di integrazione necessari, in base al diritto nazionale, nella misura in cui tali requisiti sono requisiti materiali non previsti all’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86

66.      In ogni caso, e nell’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere che i «requisiti» di cui all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 si riferiscano a requisiti materiali, rilevo che la Corte ha dichiarato che le misure d’integrazione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, introdotte da uno Stato membro, sono compatibili con la direttiva solo se le condizioni di applicazione di un tale obbligo non rendono impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare (39).

67.      A tale proposito, in base al principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, i mezzi predisposti dalla normativa nazionale che attua l’articolo 7, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2003/86 devono essere idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti da tale normativa e non devono eccedere quanto è necessario per conseguirli (40).

68.      Ciò varrebbe, a mio avviso, a maggior ragione, trattandosi dei requisiti relativi al rilascio del permesso di soggiorno autonomo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86.

69.      Orbene, nel caso di specie, il requisito relativo all’esame di integrazione civica introdotto dalla normativa dei Paesi Bassi mi sembra sproporzionato per due motivi.

70.      Anzitutto, ricordo che i beneficiari del diritto al ricongiungimento familiare devono soddisfare misure di integrazione civica preliminarmente al loro soggiorno, il che consente loro di acquisire conoscenze di base, in particolare linguistiche, che risultano incontestabilmente utili per stabilire legami con lo Stato membro ospitante (41). Orbene, imporre un secondo esame potrebbe mettere in discussione «l’efficacia inclusiva» e l’utilità del primo esame di integrazione civica, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 della direttiva 2003/86. Secondo il considerando 15 di detta direttiva, «[d]ovrebbe essere incoraggiata l’integrazione dei familiari». A tal fine, i familiari che si sono riuniti attorno al soggiornante dovrebbero essere integrati affinché i cittadini che lo desiderano possano accedere a uno status autonomo e indipendente da quello del soggiornante e non dipendere più dal permesso di soggiorno di quest’ultimo. Infatti, tali cittadini dovrebbero essere integrati grazie a conoscenze di base in neerlandese acquisite in occasione di tale primo esame, senza che le autorità olandesi debbano effettuare una seconda selezione basata sull’incremento della conoscenza linguistica e culturale dei cittadini di paesi terzi. Inoltre, secondo i ricorrenti C e A, il tasso di successo di tale esame è limitato (42). Nella misura in cui tale secondo esame di integrazione civica potrebbe comportare un’incertezza giuridica in caso di fallimento, tale esame scoraggia i cittadini di paesi terzi.

71.      In secondo luogo, l’accessibilità all’esame e dunque il superamento dello stesso rendono impossibile o eccessivamente difficile l’ottenimento del diritto al permesso di soggiorno autonomo.

72.      Da un lato, l’accessibilità finanziaria all’esame di integrazione civica può costituire un ostacolo. Secondo i ricorrenti C e A, il costo della formazione (corsi di lingua e di integrazione civica) nonché della preparazione e presentazione all’esame, che si aggira fra i 4 000 e 10 000 euro, è a carico del partecipante e non è finanziato dallo Stato. Il governo dei Paesi Bassi ha invero indicato che esisteva un sistema di prestiti in funzione delle capacità di rimborso del mutuatario. Tuttavia, secondo i ricorrenti C e A, non sarebbe questo il caso dei cittadini di paesi terzi oggetto delle disposizioni dell’articolo 15 della direttiva 2003/86. Occorre inoltre sottolineare che il capitale prestato dovrà essere restituito e che, in ogni caso, rappresenta una grossa somma di denaro e ciò anche per i cittadini europei. Inoltre, secondo i ricorrenti C e A, il costo comprende i costi di iscrizione all’esame (350 euro) (43) che devono essere sostenuti nuovamente per avere il diritto di ripetere l’esame in caso di fallimento dei precedenti tentativi (44). Nella misura in cui tale obbligo, a causa del suo carattere particolarmente vincolante, scoraggia la presentazione di una domanda di un permesso di soggiorno autonomo, esso rappresenta un requisito tale da ostacolare il ricongiungimento invece di facilitarlo. Esso rappresenta quindi una restrizione che può privare di effetto utile l’articolo 15 della direttiva 2003/86.

73.      Dall’altro, l’accessibilità all’esame stesso costituisce in pratica un ostacolo che complica la realizzazione dell’obiettivo di integrazione. Infatti, devono essere prese in considerazione le circostanze individuali particolari, come l’età, il livello di istruzione, la situazione economica o le condizioni di salute dei familiari interessati del soggiornante, al fine di esonerare questi ultimi dall’obbligo di superare un esame come quello di cui al procedimento principale, quando, a motivo di dette circostanze, risulta che questi ultimi non sono in grado di presentarsi all’esame in questione o di superarlo. In caso contrario, in simili circostanze, un tale obbligo potrebbe costituire un ostacolo difficilmente superabile per rendere effettivo il diritto all’ottenimento del diritto al permesso di soggiorno autonomo previsto dalla direttiva 2003/86 (45).

74.      Orbene, nel sistema dei Paesi Bassi, sembra che le circostanze individuali, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2003/86, del cittadino di un paese terzo familiare del soggiornante, siano prese in considerazione solo dopo che il richiedente del permesso di soggiorno autonomo ha tentato senza successo di superare gli esami. Infatti, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della Wi dispone che il soggetto obbligato deve fornire la prova di aver ragionevolmente fallito pur avendo partecipato alle sessioni di formazione e di aver tentato più volte di superare l’esame di integrazione civica prima di poter beneficiare di un’esenzione (46). Tale esenzione è concessa dal segretario di Stato al cittadino di un paese terzo, che deve fornire la prova degli sforzi dimostrabili. Tale sistema dovrebbe tener conto, prima del sostenimento dell’esame, della situazione particolare di coloro che richiedono un permesso di soggiorno autonomo, come le loro capacità cognitive, la loro posizione vulnerabile (47), l’età, il livello di istruzione, il loro stato di salute. Così tale sistema sarebbe, secondo me, più proporzionato.

75.      Spetta alle autorità nazionali competenti (ivi compresi i giudici nazionali), in sede di attuazione della direttiva 2003/86 e dell’esame delle domande di ricongiungimento familiare, procedere a una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco, tenendo conto in particolare di quelli dei minori interessati (48).

76.      Occorre, pertanto, a mio parere, rispondere alla seconda questione pregiudiziale come segue: l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede che una domanda di permesso di soggiorno autonomo di un cittadino di un paese terzo che ha beneficiato, in virtù del ricongiungimento familiare, di un soggiorno regolare nel territorio di uno Stato membro da più di cinque anni, possa essere respinta per mancato rispetto dei requisiti di integrazione necessari, in base al diritto nazionale, nella misura in cui tali requisiti sono requisiti materiali non previsti all’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86.

C.      La data a decorrere dalla quale la domanda di un permesso di soggiorno autonomo produce i suoi effetti, ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86

77.      La ricorrente C è titolare dal 5 novembre 2008 di un permesso di soggiorno presso il coniuge. Poiché secondo le autorità dei Paesi Bassi, dal 10 febbraio 2014, C non risiede più presso il coniuge, il segretario di Stato ha revocato, con effetto retroattivo, il permesso di soggiorno presso il coniuge in quanto tale permesso era privo di fondamento giuridico. Il soggiorno regolare di C è stato quindi interrotto (49). Il segretario di Stato ha concesso retroattivamente il permesso di soggiorno autonomo dalla data in cui C ha soddisfatto il requisito relativo all’obbligo di integrazione civica, vale a dire il 16 febbraio 2015. C sostiene che essa soddisfaceva già le condizioni di ottenimento di un permesso di soggiorno autonomo alla data in cui essa si trovava in situazione di soggiorno regolare nei Paesi Bassi da più di cinque anni ai fini del ricongiungimento familiare.

78.      Se la domanda di rilascio di un permesso di soggiorno autonomo interviene dopo un soggiorno regolare di oltre cinque anni e in forza del ricongiungimento familiare, il giudice del rinvio desidera sapere se una normativa nazionale (50) relativa al permesso di soggiorno autonomo, che dispone che il permesso di soggiorno autonomo deve essere concesso a decorrere dalla data in cui il cittadino di un paese terzo ha dimostrato di soddisfare tutti i requisiti di integrazione, fra cui il requisito dell’esame di integrazione, e/o, ma non prima della data di ricevimento di tale domanda, sia compatibile con l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86.

79.      Secondo il giudice del rinvio, la formulazione dell’articolo 15 della direttiva 2003/86 non indica in maniera chiara la data a decorrere dalla quale il permesso deve essere rilasciato. Il giudice del rinvio suggerisce due interpretazioni dell’articolo 15, paragrafi 1 e 4, di detta direttiva. Da un lato, sembrerebbe derivare dall’articolo 15, paragrafo 4, che gli Stati membri definiscono le modalità procedurali applicabili al rilascio e alla durata del permesso di soggiorno autonomo nella legislazione nazionale. Sarebbero gli Stati membri quindi a stabilire la data di efficacia di tale permesso. Dall’altro, il giudice del rinvio ritiene che il diritto a un permesso di soggiorno autonomo sorga ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 al più tardi dopo cinque anni di soggiorno regolare e si acquisisce automaticamente il giorno della domanda. Di conseguenza, se un cittadino di un paese terzo presenta la domanda di permesso di soggiorno autonomo solo dopo un soggiorno di più di cinque anni, ciò lascia impregiudicata la circostanza che il diritto a tale permesso autonomo sia già sorto.

80.      Da parte mia, ritengo che, se, nella legislazione nazionale, il diritto al permesso di soggiorno autonomo è subordinato a una previa domanda, gli effetti del diritto al permesso di soggiorno autonomo dovrebbero decorrere, al più tardi, dalla data di presentazione di tale domanda. Tale permesso di soggiorno dovrebbe essere dichiarativo.

81.      A questo proposito, ricordo che l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 prevede che [t]rascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, (…) hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante» (51). Il testo dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86, impiegando l’espressione «previa domanda, ove richiesta», rende facoltativa la presentazione di una domanda di permesso di soggiorno autonomo. L’obbligo di presentare siffatta domanda corrisponde a uno dei «requisiti relativi al rilascio del permesso di soggiorno autonomo» che gli Stati membri possono stabilire, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86. L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, di tale direttiva consente un’applicazione differenziata tra gli Stati membri. Negli Stati membri in cui il diritto al permesso di soggiorno autonomo è subordinato alla presentazione di una domanda, il permesso di soggiorno autonomo si concretizza e diventa effettivo con decorrenza dalla presentazione di tale domanda presso le autorità nazionali competenti. Pertanto, gli effetti del permesso di soggiorno autonomo inizieranno a decorrere dalla data di presentazione della detta domanda, il che è conforme al contenuto dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86, che stabilisce che il diritto al permesso di soggiorno autonomo sussiste «trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno».

82.      Inoltre, la data di presentazione della domanda dovrebbe, a mio avviso, essere considerata come la data limite a partire dalla quale un permesso di soggiorno autonomo diventa effettivo, in quanto consente di garantire la parità di trattamento a tutti i richiedenti che si trovino cronologicamente nella stessa situazione, assicurando che il buon esito della domanda dipenda principalmente da circostanze imputabili al richiedente e non all’amministrazione, come, ad esempio, il tempo di evasione della domanda (52). Tale soluzione è conforme al testo dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86.

83.      Inoltre, interpretare l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 nel senso che è stato appena proposto consente di garantire maggiore certezza giuridica ai richiedenti del permesso di soggiorno autonomo. In situazioni particolarmente difficili, come quelle menzionate all’articolo 15, paragrafo 3, di detta direttiva, il cittadino di un paese terzo che presenta domanda di permesso di soggiorno autonomo, immediatamente dopo la rottura del rapporto coniugale, filiale o familiare, non rischierebbe un’interruzione della durata legale di soggiorno. Per i cittadini di paesi terzi che non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2003/86, stabilire la data di presentazione della domanda come data a partire dalla quale il permesso di soggiorno autonomo produce effetti consentirebbe loro di anticipare un’eventuale interruzione del soggiorno regolare e, di conseguenza, garantire loro maggiore sicurezza giuridica. Se un requisito formale, ad esempio il requisito di un documento d’identità o di un documento amministrativo, è soddisfatto solo in seguito, il diritto al permesso di soggiorno autonomo sarebbe concesso con effetto retroattivo dalla data di presentazione della domanda.

84.      Sulla base di quanto precede, propongo di concludere che l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86, non osta a che un permesso di soggiorno autonomo sia rilasciato alla data di presentazione della relativa domanda e, se del caso, con effetto retroattivo a decorrere da tale data.

V.      Conclusioni

85.      Sulla base delle considerazioni sopra svolte, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) come segue:

1)      La Corte è competente a rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio relative all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare nelle controversie riguardanti il diritto di soggiorno di familiari di soggiornanti che hanno la cittadinanza dei Paesi Bassi, poiché tale direttiva, nel diritto dei Paesi Bassi, è stata dichiarata applicabile in modo diretto e incondizionato a tali familiari;

2)      L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che prevede che una domanda di permesso di soggiorno autonomo di un cittadino di un paese terzo in soggiorno regolare nel territorio di uno Stato membro da più di cinque anni ai fini del ricongiungimento familiare possa essere respinta per mancato rispetto dei requisiti di integrazione necessari in base al diritto nazionale, nella misura in cui tali requisiti sono requisiti materiali non previsti all’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86;

3)      L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 non osta a che un permesso di soggiorno autonomo sia rilasciato alla data di presentazione della relativa domanda e, eventualmente, con effetto retroattivo a decorrere da tale data.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2003, L 251, pag. 12.


3      Si tratta di un registro dei Paesi Bassi contenente i dati dei residenti e dei non residenti che sono in contatto con le autorità olandesi.


4      Il giudice del rinvio cita nella specie le sentenze del 18 ottobre 2012, Nolan, (punto 46), del 7 novembre 2013, Romeo (C‑313/12, EU:C:2013:718, punto 22), e del 16 giugno 2016, Rodríguez Sánchez (C‑351/14, EU:C:2016:447, punti 61 e 62).


5      Inizialmente, l’articolo 1 e l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), delle proposte di direttive del Consiglio relative al ricongiungimento familiare del 1° dicembre 1999 [COM(1999) 638 def.] e del 10 ottobre 2000 [COM(2000) 624 definitivo] attribuivano ai cittadini dell’Unione che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione un diritto al ricongiungimento con i loro familiari. Tuttavia, il Consiglio ha chiesto una limitazione del campo di applicazione di tale proposta di direttiva. La Commissione l’ha modificata di conseguenza, nella sua terza proposta di direttiva relativa al ricongiungimento familiare del 2 maggio 2002 [COM(2002) 225 definitivo] al fine di escludere i cittadini dell’Unione che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione. La situazione dei cittadini dell’Unione che non hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione doveva essere ulteriormente affrontata in una proposta specifica, in caso di adozione della rifusione del diritto della libera circolazione delle persone.


6      Non sussiste in questo caso alcuna questione relativa all’applicabilità del regime della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).


7      Secondo la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva [2003/86] [COM(2008) 610 definitivo, pag. 4]. Se, ai cittadini che non hanno esercitato la loro libertà di circolazione, uno Stato membro applica norme meno favorevoli di quelle della direttiva, lo status giuridico dei cittadini di paesi terzi potrebbe peggiorare quando acquistano la cittadinanza di uno Stato membro che applica norme meno favorevoli per i propri cittadini in questo settore. Ciò avviene in quattro paesi: la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia e il Regno dei Paesi Bassi.


8      V., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 33); del 7 luglio 2011, Agafiţei e a. (C‑310/10, EU:C:2011:467, punti 24 e 25), e del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 15).


9      V., in tale senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 35); del 16 marzo 2006, Poseidon Chartering (C‑3/04, EU:C:2006:176, punto 15); del 28 ottobre 2010, Volvo Car Germany (C‑203/09, EU:C:2010:647, punto 24); del 7 luglio 2011, Agafiţei e a. (C‑310/10, EU:C:2011:467, punto 26), e del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 16).


10      V., in tal senso, sentenze del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C‑346/93, EU:C:1995:85, punto 16); del 21 dicembre 2011, Cicala (C‑482/10, EU:C:2011:868, punti 17 e 19); del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638, punti 45 e 47), e del 19 ottobre 2017, Solar Electric Martinique (C‑303/16, EU:C:2017:773, punti 25 e 27).


11      V., in tal senso, ordinanza del 12 maggio 2016, Sahyouni, (C‑281/15, EU:C:2016:343, punti 27 e 29), nonché le mie conclusioni nella causa Solar Electric Martinique (C‑303/16, EU:C:2017:507, paragrafo 33).


12      V., in tal senso, sentenza Nolan (punti 53, 54 e 56).


13      V., in tal senso, sentenza Nolan (punto 55).


14      Si trattava di un caso di esplicita esclusione territoriale dalla sfera di applicazione della direttiva2006/112/CE del Consiglio, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, ma questa differenza con l’esclusione ratione materiae della sentenza Nolan è irrilevante: v. le mie conclusioni nella causa Solar Electric Martinique (C‑303/16, EU:C:2017:507, paragrafo 49).


15      Il corsivo è mio.


16      Il corsivo è mio.


17      V., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2018, SGI e Valériane (C‑459/17 e C‑460/17, punti 27 e 28). Tale sentenza, al pari della sentenza Solar Electric Martinique, riguardava una situazione di esclusione ratione loci dalla sfera di applicazione della direttiva IVA


18      Questo articolo costituisce l’attuazione dell’articolo 15 della direttiva 2003/86.


19      Il giudice del rinvio cita l’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), del Vb 2000.


20      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a) o b) della Wi, «1. [i]l nostro ministro esonera la persona tenuta all’obbligo di integrazione civica se quest’ultima ha dimostrato che, a causa di un handicap psichico o fisico o di una disabilità psichica, non è in grado, in maniera duratura, di superare l’esame di integrazione civica o [quando detto ministro] è indotto a ritenere, sulla base degli sforzi dimostrabili dalla persona soggetta all’obbligo di integrazione civica, che quest’ultima non può ragionevolmente soddisfare l’obbligo di integrazione civica»


21      V., in tal senso, la sentenza P e S (punto 38) e la sentenza K e A (punti 52-55).


22      COM(2014) 210 final del 3 aprile 2014, pagg. 15-16.


23      V., in questo senso, la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Un’agenda comune per l’integrazione, Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea [COM(2005) 389 definitivo del 1° settembre 2005, principio fondamentale numero 4].


24      Tale nozione è sviluppata dalla Corte nella sentenza P e S, ai punti da 34 a 38.


25      GU 2004, L 16, pag. 44.


26      Tale nozione è sviluppata dalla Corte nella sentenza K e A, ai punti da 52 a 55.


27      Questa distinzione è particolarmente evidente nella direttiva 2003/109. V., in tal senso, le mie conclusioni nella sentenza Dogan (C‑138/13, EU:C:2014:287, paragrafo 52).


28      V., in tal senso, le mie conclusioni nella sentenza Dogan (C‑138/13, EU:C:2014:287, paragrafo 52) e la sentenza K e A (punti 52 e 57), che confermano che le misure di integrazione possono essere considerate legittime soltanto se consentono di facilitare l’integrazione dei familiari. Infatti, esse devono avere come finalità non quella di selezionare le persone che potranno esercitare il loro diritto al ricongiungimento familiare, ma facilitare l’integrazione di queste ultime negli Stati membri.


29      V., in tal senso, sentenze del 4 marzo 2010, Chakroun (C‑578/08, EU:C:2010:117, punto 43); del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 74), e K e A (punto 50).


30      Secondo il giudice del rinvio, è quanto risulta dall’articolo 2.9 dal decreto sull’integrazione civica, ai sensi del quale «chi è tenuto all’obbligazione di integrazione civica acquisisce le capacità [nell’espressione e comprensione orale e nell’espressione e comprensione scritta] in neerlandese corrispondenti al livello A 2 del quadro europeo di riferimento per le lingue straniere moderne».


31      Secondo il giudice del rinvio, ciò risulta dall’articolo 2.10, paragrafo 1, del decreto relativo all’integrazione civica, ai sensi del quale «chi è tenuto all’obbligazione di integrazione civica acquisisce una conoscenza della società olandese il cui livello corrisponde agli obiettivi fissati dal nostro ministro per quanto riguarda i seguenti elementi: a. la conoscenza della società olandese; b. l’orientamento sul mercato olandese del lavoro».


32      L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 stabilisce quanto segue: «[t]rascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato e il figlio diventato maggiorenne [hanno diritto a un permesso di soggiorno autonomo]».


33      Relazione alla proposta di direttiva 2003/86 presentata dalla Commissione europea [COM(1999) 638 def.; pagg. 22-23]


34      Cfr. il documento del Consiglio dei ministri dell’Unione europea (in prosieguo: il «documento del Consiglio») n. 10857/02.


35      In tal senso, v. proposta modificata di direttiva del Consiglio relativa al diritto al ricongiungimento familiare [COM(2002) 225 definitivo].


36      Cfr. in tal senso i documenti del Consiglio del 9 agosto 2002, n. 10857, del 30 settembre 2002, n. 11787/02, e 23 ottobre 2002, n. 13053/02.


37      V. il documento del Consiglio del 26 novembre 2002, n. 14272/02. L’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, precisa che: «[g]li Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale. (…)».


38      V. i paragrafi 51 e 52 delle presenti conclusioni.


39      V., per analogia, la sentenza P e S (punto 45 e giurisprudenza ivi menzionata) e la sentenza K e A (punto 45).


40      V., per analogia, sentenza 26 aprile 2012, Commissione/Paesi-Bassi, (C‑508/10, EU:C:2012:243, punto 75) e, in tal senso, la sentenza K e A (punto 51).


41      Sentenza P e S (punto 48).


42      Solo il 49% dei familiari del soggiornante divenuti soggetti all’obbligo di integrazione civica all’inizio del 2013 hanno superato tre anni dopo il secondo esame di integrazione civica.


43      Secondo la relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sull’applicazione della Direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare COM(2008) 610 definitivo dell’8 ottobre 2008, pagg. 10-11: l’importo delle spese è pari nei Paesi Bassi a EUR 1 368, di cui EUR 830 per il visto per ricongiungimento familiare e EUR 350 per l’esame di integrazione.


44      Si può tentare di superare l’esame fino a quattro volte.


45      V., per analogia, sentenza P et S, (punto 49) e sentenza K et A (punti da 58 a 60).


46      C ha ottenuto un’esenzione, in quanto la stessa si era presentata quattro volte all’esame e aveva inviato un certificato dell’ente di formazione da cui risultava che essa aveva seguito le 648 ore di corso richieste.


47      Orientamenti per l’applicazione della direttiva 2003/86/CE- COM(2014) 210 final del 3 aprile 2014, pagina 16: «È opportuno prestare particolare attenzione al fatto che in varie parti del mondo le donne e le ragazze hanno meno possibilità di accedere all’istruzione e potrebbero avere un livello di alfabetizzazione inferiore a quello degli uomini».


48      V., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012, O e a. (C‑356/11 e C‑357/11, EU:C:2012:776, punto 81).


49      L’interruzione del soggiorno regolare può comportare conseguenze sulla possibilità di richiedere un permesso di soggiorno come soggiornante di lungo periodo e sui diritti alla cittadinanza dei Paesi Bassi che richiedono un periodo di soggiorno legale e regolare nel territorio dello Stato membro.


50      Nella fattispecie l’articolo 26, paragrafo 1, della Vw 2000.


51      Il corsivo è mio.


52      V., per analogia, sentenza del 17 luglio 2014, Noorzia (C‑338/13, EU:C:2014:2092, punto 17) e sentenza del 12 aprile 2018, A e S (C‑550/16, EU:C:2018:248, punto 60).