Language of document : ECLI:EU:C:2020:817

CONCLUSIONI DELL’AVOCATO GENERALE

PRIIT PIKAMÄE

presentate l’8 ottobre 2020 (1)

Causa C95/19

Agenzia delle Dogane

contro

Silcompa SpA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Diritti di accisa – Direttiva 92/12/CEE – Articoli 6 e 20 – Immissione in consumo di prodotti – Falsificazione del documento amministrativo di accompagnamento – Irregolarità o infrazione commessa nel corso della circolazione di prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo dell’accisa – Svincolo irregolare di prodotti da un regime sospensivo – Determinazione dello Stato membro di esigibilità dei diritti di accisa – Direttiva 76/308/CEE – Articoli 6, 8 e articolo 12, paragrafi da 1 a 3 – Assistenza reciproca – Accisa riscossa successivamente sulle stesse operazioni in due Stati membri – Duplicazione del credito relativo ai diritti di accisa – Potere di controllo dei giudici dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita – Eventuale rifiuto della domanda di assistenza»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta nell’ambito di una controversia tra l’Agenzia delle Dogane (Italia) (in prosieguo: l’«Agenzia») e la Silcompa SpA, una società produttrice di alcool etilico con sede in Italia, in merito ad una domanda di recupero di diritti di accisa rivolta a tale società, nell’ambito della procedura di assistenza prevista all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 76/308/CEE (2).

2.        Con la sua questione pregiudiziale, la Corte suprema di cassazione (Italia) chiede, in sostanza, se sia possibile, nell’ambito di un procedimento avviato da una società avverso dei provvedimenti esecutivi diretti al recupero di crediti di accisa emessi in uno Stato membro (nella fattispecie, l’Italia) su domanda di un altro Stato membro (nella fattispecie, la Repubblica ellenica), procedere alla verifica della condizione relativa al luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata commessa durante la circolazione dei prodotti per i quali l’accisa è dovuta.

3.        Tale questione si pone in un contesto in cui, secondo il giudice del rinvio, tanto le competenti autorità italiane quanto quelle elleniche rivendicano il recupero di un credito relativo ai diritti di accisa vertenti sulle medesime operazioni soggette a imposizione.

4.        Per il suo oggetto, tale controversia si colloca all’incrocio tra il regime delle accise dell’Unione europea e l’assistenza reciproca in materia di riscossione di taluni dazi. La Corte sarà così chiamata a pronunciarsi sull’articolazione delle disposizioni, da un lato, della direttiva 92/12/CEE relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (3) e, dall’altro, della direttiva 76/308, disposizioni che sono applicabili ratione temporis al caso di specie. Benché il presente procedimento verta su direttive ormai abrogate, la questione proposta dal giudice del rinvio nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale rimane attuale, dal momento che le direttive 2008/118 e 2010/24 si fondano, in sostanza, sugli stessi principi delle summenzionate direttive anteriori.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 92/12

5.        La direttiva 92/12 è applicabile, conformemente al suo articolo 3, paragrafo 1, in particolare, all’alcool e alle bevande alcoliche.

6.        L’articolo 4 di tale direttiva 92/12 prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      depositario autorizzato: la persona fisica o giuridica autorizzata dalle autorità competenti di uno Stato membro, nell’esercizio della sua professione, a fabbricare, trasformare, detenere, ricevere e spedire prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dei diritti di accisa in un deposito fiscale;

b)      deposito fiscale: il luogo in cui vengono fabbricate, trasformate, detenute, ricevute o spedite dal depositario autorizzato, nell’esercizio della sua professione, in regime di sospensione dei diritti di accisa, merci soggette ad accisa, a determinate condizioni fissate dalle autorità competenti dello Stato membro in cui è situato il deposito fiscale in questione;

c)      regime sospensivo: il regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione e alla circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti d’accisa;

(…)».

7.        L’articolo 6 della direttiva 92/12 così dispone:

«1.      L’accisa diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3.

Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa:

a)      lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo;

b)      la fabbricazione, anche irregolare, dei prodotti in questione al di fuori di un regime sospensivo;

c)      l’importazione, anche irregolare, dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati a un regime sospensivo.

2.      Le condizioni di esigibilità e l’aliquota dell’accisa che deve essere applicata sono quelle in vigore alla data dell’esigibilità nello Stato membro in cui è effettuata l’immissione in consumo o la constatazione degli ammanchi (…)».

8.        L’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 92/12 dispone che, in via di principio, «la circolazione in regime sospensivo dei prodotti soggetti ad accisa deve aver luogo tra depositi fiscali».

9.        Ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva:

«3.      I rischi inerenti alla circolazione intracomunitaria sono coperti dalla garanzia prestata, ai sensi dell’articolo 13, dal depositario autorizzato speditore o, eventualmente, da una garanzia in solido tra lo speditore e il trasportatore. (…)

(…)

4.      Fatto salvo l’articolo 20, la responsabilità del depositario autorizzato speditore e, se del caso, quella del trasportatore viene meno con la prova della presa in carico dei prodotti da parte del destinatario, in particolare con il documento di accompagnamento di cui all’articolo 18, alle condizioni stabilite all’articolo 19».

10.      L’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 92/12 prevede che:

«Nonostante l’eventuale uso di procedure informatizzate, ogni prodotto che è soggetto ad accisa e che circola in regime di sospensione tra i territori dei diversi Stati membri, compresi quelli che circolano per via marittima o aerea direttamente da un porto o aeroporto della Comunità verso l’altro, è accompagnato da un documento rilasciato dallo speditore. Esso può essere un documento amministrativo o commerciale. La forma e il contenuto di tale documento nonché la procedura da seguire qualora esso sia oggettivamente inadeguato sono definiti secondo la procedura di cui all’articolo 24».

11.      Ai sensi dell’articolo 20 di detta direttiva:

«1.      Nel caso di irregolarità o infrazione nel corso della circolazione per la quale è esigibile l’accisa, quest’ultima deve essere pagata nello Stato membro nel cui territorio l’irregolarità o l’infrazione è stata commessa, dalla persona fisica o giuridica resasi garante del pagamento dei diritti d’accisa conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, lasciando impregiudicato il ricorso ad azioni penali.

Quando la riscossione dell’accisa è effettuata in uno Stato membro diverso da quello di partenza, lo Stato membro che procede alla riscossione ne informa le autorità competenti del paese di partenza.

2.      Quando nel corso della circolazione, una infrazione o una irregolarità è stata accertata, senza che sia possibile stabilire il luogo in cui essa è stata commessa, la stessa si presume commessa nello Stato membro in cui è stata accertata.

3.      Fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 2, allorché i prodotti soggetti ad accisa non giungono a destinazione e non è possibile stabilire il luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione si è verificata, tale irregolarità od infrazione si considera commessa nello Stato membro di partenza, che procede alla riscossione dei diritti d’accisa all’aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo prova, fornita entro un termine di quattro mesi a decorrere dalla data di spedizione dei prodotti stessi e ritenuta soddisfacente dalle autorità competenti, della regolarità dell’operazione ovvero del luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far fronte a eventuali infrazioni o irregolarità e imporre sanzioni efficaci.

4.      Se, prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data del rilascio del documento di accompagnamento, si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, detto Stato membro procede alla riscossione dell’accisa all’aliquota in vigore alla data di spedizione delle merci. In tal caso, non appena sia fornita la prova di detta riscossione, l’accisa inizialmente riscossa viene rimborsata».

2.      La direttiva 76/308

12.      La direttiva 76/308 ha lo scopo di eliminare gli ostacoli all’instaurazione e al funzionamento del mercato comune derivanti dalla limitazione territoriale dell’ambito di applicazione delle disposizioni nazionali in materia di recupero, in particolare, dei diritti di accisa.

13.      Secondo l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita provvede alla notifica al destinatario, secondo le norme di legge in vigore nello Stato membro in cui ha sede, di tutti gli atti e le decisioni, ivi compresi quelli giudiziari, concernenti un credito o il suo recupero, emanati dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente.

14.      L’articolo 6 della direttiva 76/308 prevede quanto segue:

«1.      Su domanda dell’autorità richiedente, l’autorità adita procede, secondo le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili per il recupero dei crediti analoghi sorti nello Stato membro in cui essa ha sede, al recupero dei crediti facenti oggetto di un titolo che ne permetta l’esecuzione.

2.      A tal fine, ogni credito che sia oggetto di una domanda di recupero è considerato credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, salva l’applicazione dell’articolo 12».

15.      L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva così dispone:

«1.      La domanda di recupero di un credito che l’autorità richiedente inoltra all’autorità adita deve essere accompagnata da un esemplare ufficiale o da una copia certificata conforme del titolo che ne permette l’esecuzione, emesso nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente e, se del caso, dall’originale o da una copia certificata conforme di altri documenti necessari al recupero.

2.      L’autorità richiedente può formulare una domanda di recupero soltanto:

a)      se il credito o il titolo che ne permette l’esecuzione non sono contestati nello Stato membro in cui essa ha sede, fatto salvo il caso di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma;

b)      quando essa ha avviato, nello Stato membro in cui ha sede, le adeguate procedure di recupero che possono essere applicate in base al titolo di cui al paragrafo 1, e quando le misure adottate non porteranno al pagamento integrale del credito».

16.      L’articolo 8 della suddetta direttiva enuncia che:

«1.      Il titolo esecutivo per il recupero del credito è riconosciuto direttamente e trattato automaticamente come uno strumento che consente l’esecuzione di un credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita.

2.      In deroga al paragrafo 1, il titolo esecutivo per il recupero del credito può essere, all’occorrenza e secondo le disposizioni in vigore nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, omologato, riconosciuto, completato o sostituito con un titolo che ne autorizzi l’esecuzione nel territorio di detto Stato membro.

Gli Stati membri si impegnano a ultimare l’omologazione, il riconoscimento, il completamento o la sostituzione del titolo entro tre mesi a decorrere dalla data di ricevimento della domanda di recupero, eccetto nei casi in cui si applica il terzo comma. Essi non possono essere rifiutati quando il titolo esecutivo è redatto correttamente. L’autorità adita comunica all’autorità richiedente i motivi che ostano all’osservanza del termine di tre mesi.

Nel caso in cui l’espletamento di una di queste formalità dia luogo a una contestazione relativa al credito e/o al titolo esecutivo per il recupero emesso dall’autorità richiedente, si applica l’articolo 12 [della stessa direttiva].»

17.      Ai sensi dell’articolo 12, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 76/308:

«1.      Se nel corso della procedura di recupero un interessato contesta il credito o il titolo che ne permette l’esecuzione, emesso nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente, egli deve adire l’organo competente dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente, in conformità delle norme di legge vigenti in quest’ultimo. Quest’azione deve essere notificata dall’autorità richiedente all’autorità adita. Essa può inoltre essere notificata dall’interessato all’autorità adita.

2.      Non appena l’autorità adita abbia ricevuto la notifica di cui al paragrafo 1, da parte dell’autorità richiedente o da parte dell’interessato, essa sospende la procedura di esecuzione in attesa della decisione dell’organo competente in materia, salvo domanda contraria formulata dall’autorità richiedente ai sensi del secondo comma. (…)

In deroga al paragrafo 2, primo comma, l’autorità richiedente può, ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e delle prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui essa ha sede, chiedere all’autorità adita di recuperare un credito contestato, se le disposizioni legislative, regolamentari e le prassi amministrative vigenti nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita in questione consentono una tale azione. Se l’esito della contestazione risulta favorevole al debitore, l’autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente ad ogni compensazione dovuta, secondo il diritto dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita.

3.      Quando la contestazione riguarda i provvedimenti esecutivi adottati nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, l’azione viene intrapresa davanti all’organo competente di questo Stato membro, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari ivi vigenti».

B.      Diritto italiano

18.      L’assistenza reciproca in materia di recupero di accise è disciplinata in Italia, in particolare, dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 69, recante Attuazione della direttiva 2001/44/CE relativa all’assistenza reciproca in materia di recupero di crediti connessi al sistema di finanziamento del [Fondo europeo di orientamento e garanzia agricola] FEOGA, nonché ai prelievi agricoli, ai dazi doganali, all’[imposta sul valore aggiunto] IVA ed a talune accise (4) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 69/2003»).

19.      L’articolo 5 del decreto legislativo n. 69/2003, intitolato «Assistenza per il recupero dei crediti», prevede quanto segue:

«1.      Su domanda dell’autorità richiedente, il Ministero dell’economia e delle finanze dà corso, sulla base dei titoli esecutivi ricevuti, al recupero dei crediti di cui all’articolo 1  sorti nello Stato membro in cui essa ha sede, secondo la normativa vigente per il recupero dei crediti analoghi sorti nel territorio nazionale; detti titoli, che hanno diretta ed immediata efficacia esecutiva, sono equiparati ai ruoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

2.      L’autorità richiedente può formulare una domanda di recupero soltanto:

a)      se il credito o il titolo che ne permette l’esecuzione non sono contestati nello Stato membro in cui essa ha sede, salva l’espressa volontà di procedere comunque al recupero in caso di contestazione;

b)      quando essa ha avviato, nello Stato membro in cui ha sede, le procedure di recupero e nel caso in cui le misure adottate non porteranno al pagamento integrale del credito.

3.      La domanda contiene:

a)      il nome, la denominazione o ragione sociale, l’indirizzo o la sede e qualsiasi altro dato utile ai fini dell’identificazione delle persone fisiche, delle persone giuridiche o di terzi debitori che detengono beni patrimoniali;

b)      il nome, l’indirizzo e qualsiasi altro dato utile ai fini dell’identificazione dell’autorità richiedente;

c)      il titolo esecutivo in base al quale si richiede il recupero, emesso nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente;

d)      la natura e l’importo del credito, specificando la somma dovuta a titolo di capitale, interessi, eventuali penali, ammende e spese, nelle monete degli Stati membri in cui hanno sede l’autorità richiedente e quella adita;

e)      la data di notificazione del titolo esecutivo all’interessato da parte dell’autorità richiedente o dell’autorità adita;

f)      l’indicazione della data a decorrere dalla quale e il periodo durante il quale è possibile, secondo le disposizioni vigenti nello Stato membro richiedente, procedere al recupero;

g)      la dichiarazione che il credito ed il titolo esecutivo non sono contestati nello Stato richiedente ovvero l’espressa volontà, in presenza di contestazione, di recuperare comunque il credito. In ogni caso la richiesta deve contenere la dichiarazione che la procedura di recupero è stata avviata nello Stato membro richiedente e che non porterà al pagamento integrale del credito;

h)      ogni altra informazione utile.

4.      L’autorità richiedente invia all’autorità adita, non appena ne sia a conoscenza, ogni informazione utile relativa al caso che ha motivato la domanda di recupero.

5.      La domanda di recupero di un credito deve essere accompagnata dall’originale o da una copia conforme del titolo esecutivo emesso nell’altro Stato membro e dagli altri documenti ritenuti necessari ai fini del recupero del credito. La domanda, il titolo esecutivo e gli altri eventuali documenti devono essere corredati da una traduzione in lingua italiana.

6.      Per il pagamento delle somme dovute, sentita l’autorità richiedente, possono essere accordate al debitore dilazioni o rateazioni nei limiti ed alle condizioni previste dalle vigenti disposizioni nazionali. Gli interessi per il ritardato pagamento si applicano ai sensi delle vigenti norme nazionali e decorrono dalla data in cui è pervenuto il titolo esecutivo per il recupero. Le somme eventualmente riscosse a titolo di interessi per le dilazioni o rateazioni accordate ovvero per ritardato pagamento vanno rimesse all’autorità richiedente.

7.      Il Ministero dell’economia e delle finanze recupera i crediti dal debitore e trattiene ogni spesa connessa con la procedura di recupero che si applica a crediti analoghi nell’ordinamento interno.

8.      Per il recupero dei crediti di cui al presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modifiche e nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 e successive modificazioni.

9.      Qualora il recupero dei crediti presenti una difficoltà particolare o l’importo delle spese sia molto elevato o l’operazione rientri nell’ambito della lotta contro le organizzazioni criminali, l’autorità richiedente e l’autorità adita possono convenire, caso per caso, modalità specifiche di rimborso.

10.      Il Ministero dell’economia e delle finanze informa l’autorità richiedente del seguito dato alla domanda di recupero dei crediti».

20.      L’articolo 6 del decreto legislativo n. 69/2003, intitolato «Contestazioni del credito», così dispone:

«1.      L’interessato che intende contestare il credito o il titolo esecutivo emesso nello Stato membro richiedente deve adire l’organo competente in tale Stato, ai sensi delle leggi ivi vigenti; in tale caso il Ministero dell’economia e delle finanze, ricevuta la notifica dell’avvenuta impugnazione dall’autorità richiedente o dall’interessato, sospende, salvo istanza contraria formulata dalla stessa autorità richiedente, la procedura esecutiva fino alla decisione del predetto organo. Qualora la procedura di recupero del credito contestato sia stata comunque intrapresa a seguito della richiesta dell’autorità richiedente e l’esito della contestazione risulti favorevole al debitore, l’autorità richiedente è tenuta alla restituzione dell’importo recuperato unitamente ad ogni ulteriore somma dovuta, secondo la legislazione italiana. Se sulla contestazione si pronuncia un organo giurisdizionale, la cui decisione sia favorevole all’autorità richiedente e permetta il recupero del credito nello Stato medesimo, la procedura esecutiva riprende sulla base di tale decisione.

2.      L’interessato che intende contestare gli atti della procedura esecutiva deve adire l’organo competente, secondo le disposizioni dell’ordinamento interno.

3.      Lo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente resta responsabile, nei confronti dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, delle spese e delle perdite conseguenti ad azioni riconosciute infondate, quanto all’esistenza del credito o alla validità del titolo emesso dall’autorità richiedente».

II.    Fatti della controversia principale e questione pregiudiziale

21.      Nel corso degli anni 1995 e 1996, la Silcompa vendeva alcool etilico in regime di sospensione dei diritti di accisa, ai sensi dell’articolo 4, lettera c), della direttiva 92/12, destinato alla Grecia. Dal fascicolo sottoposto al giudice del rinvio e depositato presso la cancelleria della Corte (in prosieguo: il «fascicolo nazionale») risulta che tale vendita è stata effettuata tramite un intermediario – persona fisica –, a vantaggio di diverse società greche.

22.      Nel mese di gennaio del 2000, in seguito ad un controllo effettuato dall’Ufficio Tecnico di Finanza di Reggio Emilia (Italia), è stato accertato che i documenti amministrativi di accompagnamento (in prosieguo: i «DAA») delle partite d’alcool spedite dalla Silcompa non erano mai stati ricevuti dalla dogana ellenica per le abituali attestazioni e che i timbri dell’ufficio doganale di Corinto figuranti sui DAA, trovati presso la Silcompa, erano falsi. L’Agenzia, dunque, emetteva, nel mese di gennaio del 2000, tre avvisi di pagamento (5), per il recupero delle accise non versate per complessivi EUR 6 296 495,47. Avverso detti avvisi la Silcompa proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Bologna (Italia), le cui sentenze (6), favorevoli alla Silcompa, venivano impugnate dall’Agenzia dinanzi alla Corte d’appello di Bologna (Italia).

23.      Dal fascicolo nazionale risulta che, nel mese di aprile del 2001, l’autorità doganale ellenica rivolgeva alla Silcompa una domanda di informazioni al fine di ottenere chiarimenti in merito alle operazioni negoziali tra la Silcompa, l’intermediario e le società greche. La Silcompa avrebbe risposto a tale richiesta e non avrebbe più ricevuto nessun’altra comunicazione da parte delle autorità elleniche.

24.      Nel mese di febbraio del 2004, l’autorità doganale ellenica comunicava all’Agenzia che le spedizioni effettuate dalla Silcompa, destinate a un’impresa greca, erano considerate irregolari. Quindi, il 27 marzo 2004, l’Ufficio Tecnico di Finanza di Reggio Emilia avrebbe emesso l’avviso di pagamento n. 6/2004 (7), che copriva tanto le pretese impositive italiane derivanti dagli avvisi di pagamento emessi nel mese di gennaio del 2000, menzionati al paragrafo 22 delle presenti conclusioni, quanto la maggiore imposta supplementare pari a EUR 473 410,66, dovuta a seguito della predetta comunicazione dell’amministrazione ellenica. La Silcompa ha impugnato l’avviso di pagamento n. 6/2004 dinanzi alla Commissione tributaria Provinciale di Reggio Emilia (Italia). Tale procedimento si è concluso, nel mese di settembre del 2017, con una transazione tra l’Agenzia e la Silcompa, ponendo a carico di quest’ultima la somma complessiva di EUR 1 554 181,23 a titolo di credito rivendicato dalle autorità italiane (in prosieguo: l’«accordo transattivo») (8).

25.      Nel mese di gennaio del 2005, l’ufficio delle Dogane di Atene emetteva, in relazione alle medesime operazioni di cessioni intracomunitarie, «atti di addebito delle accise», relativi all’illegale immissione in consumo, nel territorio ellenico, dell’alcool etilico spedito dalla Silcompa a società «fantasma». Tale accertamento si fondava, per quanto affermato dalle parti dinanzi al giudice del rinvio (9), su pregresse indagini penali sfociate nella sentenza di primo grado di un giudice ellenico (10) che aveva accertato l’effettivo arrivo dei prodotti di cui trattasi presso gli operatori ellenici e la fraudolenta immissione in consumo dei prodotti.

26.      In data 31 gennaio 2005, l’Amministrazione finanziaria ellenica avanzava, in forza dell’articolo 7 della direttiva 76/308, richiesta di assistenza alla Repubblica italiana per il recupero dei propri crediti erariali, per un importo complessivo di EUR 10 280 291,66 (in prosieguo: i «crediti rivendicati dalle autorità elleniche»).

27.      In data 13 settembre 2005, l’Agenzia notificava alla Silcompa, in forza dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 69/2003, due avvisi di pagamento (11) con i quali chiedeva, in forma bonaria, il versamento delle somme richieste (12) a titolo di crediti rivendicati dalle autorità elleniche. La Silcompa ha proposto ricorso avverso i due suddetti avvisi di pagamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma (Italia), che lo ha respinto in quanto irricevibile (13). Investita dell’appello proposto dalla Silcompa, la Commissione tributaria regionale di Roma (Italia) accoglieva, con sentenza del 22 aprile 2010 (14), il ricorso per la mancata notifica degli atti prodromici necessari da parte delle autorità elleniche e insufficiente motivazione dei suddetti avvisi di pagamento.  

28.      L’Agenzia, pertanto, ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al giudice del rinvio, deducendo tre motivi, di cui solo il secondo (15) e il terzo (16) sono, secondo il giudice del rinvio, rilevanti ai fini di questo rinvio pregiudiziale.

29.      La Silcompa, per contro, deduce, con il controricorso, la nullità della pretesa d’accisa avente ad oggetto gli stessi fatti contestati autonomamente dall’Agenzia, l’identità dei fatti contestati e, dunque, la duplicazione della pretesa impositiva.

30.      A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, nella fattispecie, sia l’amministrazione tributaria italiana sia l’ellenica reputerebbero, con distinti ed autonomi accertamenti, che il luogo di commissione dell’infrazione sia il rispettivo Stato. I crediti rivendicati dalle autorità elleniche parrebbero fondarsi su una sentenza penale, mentre i crediti rivendicati dalle autorità italiane si fonderebbero sull’accertata falsità dei DAA. Orbene, le pretese d’accisa sarebbero «alternative», dal momento che il luogo dell’infrazione, così come deriverebbe dall’articolo 20 della direttiva 92/12, non potrebbe che essere unico e unica l’obbligazione tributaria.

31.      In tale contesto, la Silcompa rischierebbe di essere tenuta a versare due volte i medesimi importi, a titolo di diritti di accisa e di sanzioni, circostanza che finirebbe per imporre, a fronte, segnatamente, dei considerevoli importi, un gravoso onere finanziario, oltre che un raddoppiato onere di contenzioso.

32.      Il giudice del rinvio rileva che, sebbene, secondo l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12, a determinate condizioni, l’accisa inizialmente riscossa (presso un diverso Stato) venga rimborsata ove si pervenga successivamente a determinare il luogo dell’infrazione, secondo la stessa disposizione tale accertamento deve avvenire «prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data di rilascio del documento di accompagnamento», nella fattispecie ormai da tempo maturato.

33.      Il giudice del rinvio si chiede dunque se, anche nell’ambito del procedimento che riguarda gli atti esecutivi di riscossione, previsto all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308, in adempimento della richiesta di assistenza in base all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 20 della direttiva 92/12, come il luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata commessa, possa essere oggetto di disamina, quantomeno nelle circostanze come quelle di cui trattasi, in cui la stessa pretesa è avanzata simultaneamente dagli organi dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente (in prosieguo: lo «Stato membro richiedente») e quelli dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita (in prosieguo: lo «Stato membro adito»), tenendo presente che i procedimenti relativi a tali pretese sono pendenti presso quest’ultimo Stato.

34.      Si tratterebbe, secondo il giudice del rinvio, di una verifica che non pare investire, né porre in dubbio, il credito od il titolo estero azionato, come previsto all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 76/308, ma che, invece, riguarda il presupposto ed il fondamento della legittimità della richiesta di assistenza e, quindi, di tutti gli atti esecutivi. In particolare, il procedimento principale verterebbe unicamente sulla questione diretta a chiarire se sia rilevante, ai fini della riscossione nell’ambito del regime di collaborazione, la valutazione da parte dello Stato membro adito del suo diritto al credito stesso e se un siffatto parametro possa essere valutato dinanzi ai giudici.

35.      Ciò premesso, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il disposto di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva [76/308], in relazione all’articolo 20 della direttiva [92/12,] possa essere interpretato nel senso che, nel giudizio avviato avverso gli atti esecutivi di riscossione, possa costituire oggetto di disamina, ed eventualmente in quali limiti, il presupposto del luogo (di effettiva immissione in consumo) in cui l’irregolarità o l’infrazione sia stata effettivamente commessa qualora, come nell’ipotesi in giudizio, la medesima pretesa, fondata sulle stesse ed uniche operazioni di esportazione, venga avanzata, autonomamente, nei confronti del contribuente dallo Stato richiedente e dallo Stato adito, e presso quest’ultimo siano pendenti, contemporaneamente, sia il giudizio sulla pretesa interna sia quello sull’attività di riscossione per l’altro Stato, assumendo un tale accertamento valore ostativo alla richiesta di assistenza e, dunque, a tutti gli atti esecutivi».

III. Procedimento dinanzi alla Corte

36.      Osservazioni scritte sono state depositate dai governi italiano, spagnolo e svedese, nonché dalla Commissione europea.

37.      Il 22 ottobre 2019, la Corte ha inviato una richiesta di informazioni al giudice del rinvio concernente il quadro materiale e giuridico della controversia principale.

38.      Nella sua risposta del 18 dicembre 2019, pervenuta alla Corte il 31 dicembre 2019, il giudice del rinvio ha risposto alla Corte.

39.      A causa della crisi sanitaria legata al Covid-19, l’udienza di discussione prevista per il 26 marzo 2020 è stata annullata ed è stata, con ordinanza del 1° aprile 2020, sostituita da quesiti richiedenti risposta per iscritto, comunicati alle parti. I governi italiano, spagnolo e svedese, nonché la Commissione hanno risposto ai quesiti nel termine impartito dalla Corte.

IV.    Analisi

A.      Portata della questione pregiudiziale

40.      Si deve rilevare, in via preliminare, che, per costante giurisprudenza della Corte, spetta a quest’ultima, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli e che, in tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (17).

41.      Nel caso di specie, due procedimenti relativi al recupero di due pretese impositive vertenti sulle stesse operazioni soggette ad accisa e rivendicate dalle autorità amministrative sia italiane che elleniche sono pendenti dinanzi ai giudici italiani. Da un lato, il credito rivendicato dalle autorità italiane trae origine dall’accertamento effettuato dall’Agenzia, nel mese di gennaio del 2000, secondo cui i prodotti spediti in Grecia non sono mai pervenuti alla dogana ellenica e che i timbri di detta dogana ellenica apposti sui DAA ivi afferenti erano falsi. Dall’altro, i crediti rivendicati dalle autorità elleniche si fondavano sull’accertamento, da parte di tali autorità, dell’effettiva immissione in consumo, probabilmente irregolare, nel territorio ellenico dei prodotti di cui trattasi, accertamento in base al quale le suddette autorità inoltravano, nel mese di gennaio del 2005, alcune domande di recupero dei crediti all’Agenzia delle dogane, in applicazione delle pertinenti disposizioni nazionali di recepimento della direttiva 76/308.

42.      La questione proposta dal giudice del rinvio è volta a chiarire se le condizioni di applicazione dell’articolo 20 della direttiva 92/12, ossia quelle relative al luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, possano costituire oggetto di disamina da parte del giudice dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, che è investito di un ricorso avverso provvedimenti esecutivi del recupero di un credito in forza dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308, nell’ipotesi in cui tale esecuzione comporti, in seno alla società interessata, una doppia imposizione di accisa sugli stessi prodotti (18).

43.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalla risposta ai quesiti del 18 dicembre 2019 (19) emerge che il giudice del rinvio chiede lumi sulla sufficienza della motivazione dell’atto alla base del procedimento di recupero in Italia ai sensi della direttiva 76/308 e sulla necessità di valutare la duplicazione del credito relativo ai diritti di accisa.

44.      In tali circostanze, occorre comprendere che, con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308, letto in combinato disposto con l’articolo 20 della direttiva 92/12, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita verifichi se l’esecuzione delle domande di recupero riguardanti crediti relativi ai diritti di accisa di cui è investita tale autorità, in forza dell’articolo 6 della direttiva 92/12, conduca ad assoggettare due volte a imposta una società per le medesime operazioni negoziali e per i medesimi prodotti, posto che la suddetta autorità ha, per parte sua, proceduto in precedenza al recupero di un credito per questi ultimi, credito che è oggetto di un procedimento giurisdizionale in tale Stato.

45.      La chiave di volta della questione proposta dal giudice del rinvio consiste nell’eventuale doppia imposizione degli stessi diritti di accisa da parte dello Stato membro di spedizione e da parte dello Stato membro destinatario dei prodotti di cui trattasi. Pertanto, occorre iniziare l’analisi con le norme contenute nella direttiva 92/12 e rammentare, in particolare, talune norme relative all’esigibilità dell’accisa ai sensi di tale direttiva (parte B). Sebbene la direttiva 92/12 preveda, in qualche modo, norme sostanziali relative al potere di imposizione dei diritti di accisa, tuttavia l’esercizio di tale potere, in forza delle norme procedurali, è disciplinato, in particolare, dalla direttiva 76/308 (parte C).

B.      Sull’esigibilità dell’accisa in forza della direttiva 92/12

46.      Per assicurare l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno (20), la direttiva 92/12 intende armonizzare le norme sostanziali relative alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, segnatamente al fine di assicurare che l’esigibilità dell’accisa sia identica in tutti gli Stati membri. Tale armonizzazione consente, in linea di principio, di evitare le doppie imposizioni nelle relazioni tra Stati membri (21). È in tale obiettivo che si inseriscono anche gli articoli 6 e 20 di detta direttiva, che prevedono norme generali e specifiche relative all’esigibilità dell’accisa. Orbene, tale obiettivo è compromesso se le autorità elleniche e italiane sono, nella fattispecie, competenti, in ordine successivo, a riscuotere i diritti di accisa sulla medesima operazione negoziale.

1.      Osservazioni generali relative allesigibilità dellaccisa

47.      Occorre, da un lato, rilevare che, conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 92/12, il fatto imponibile ai sensi di quest’ultima è costituito dalla fabbricazione, nel territorio dell’Unione, di prodotti sottoposti ad accisa o dalla loro importazione in tale territorio. Dall’altro, siccome si tratta di imposte sul consumo, la loro esigibilità dovrebbe situarsi il più vicino possibile al consumatore finale (22). A tal fine, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 92/12 prevede che l’esigibilità dell’accisa sui prodotti ad essa soggetti, come l’alcool, risulta, in particolare, dalla loro immissione in consumo (23).

48.      Trascorre, in generale, un certo lasso di tempo fra il verificarsi del fatto imponibile e il momento dell’esigibilità dell’accisa. Il regime sospensivo stabilito dall’articolo 4, lettera c), della direttiva 92/12, in quanto regime fiscale applicabile, in particolare, alla fabbricazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa, si applica per l’appunto durante tale lasso di tempo (24). Tale regime, al quale erano assoggettati i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale, comporta l’esigibilità dell’accisa solo al momento dello svincolo dei prodotti da tale regime e della loro immissione in consumo. Pertanto, l’accisa concernente i prodotti che rientrano in tale regime non è ancora esigibile, benché il fatto imponibile si sia già realizzato (25).

49.      Una norma generale deriva dall’articolo 4, lettera b), e dall’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 92/12, secondo la quale la fabbricazione, la lavorazione e la detenzione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti a regime sospensivo possono essere effettuate solo in un deposito fiscale debitamente autorizzato dallo Stato membro nel cui territorio essi si trovano. Ai sensi dell’articolo 15 di tale direttiva, la circolazione dei prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo deve aver luogo solo tra depositi fiscali, e il depositario autorizzato ha un ruolo centrale nell’ambito della procedura di circolazione di tali prodotti (26).

50.      Pertanto, le disposizioni della direttiva 92/12, considerate nel loro complesso, prevedono un regime uniforme dei prodotti soggetti ad accisa da parte degli Stati membri, fondato sul principio secondo cui i diritti di accisa sono esigibili una sola volta. Il rispetto delle norme relative alla detenzione, alla circolazione e al controllo dei prodotti soggetti ad accisa è una condizione indispensabile per la realizzazione degli obiettivi della direttiva 92/12. Tuttavia, non si può escludere che, nella prassi, tali norme siano violate, ragion per cui il legislatore ha previsto le norme specifiche di cui alla direttiva 92/12.

2.      Sullambito di applicazione dellarticolo 20 della direttiva 92/12

51.      Secondo la dottrina, i casi più esposti a frode sono quelli che implicano che l’infrazione o l’irregolarità si verifichi durante un movimento di prodotti sottoposti al regime sospensivo (27). Dal momento che l’infrazione o l’irregolarità può aver luogo in ogni Stato in cui circolano i prodotti, l’articolo 20 della direttiva 92/12 mira a prevenire i conflitti di competenza tra Stati membri che intendano tassare i prodotti oggetto dell’infrazione o dell’irregolarità (28). Pertanto, la Corte ha già dichiarato che tale disposizione determina lo Stato membro che è il solo autorizzato a riscuotere i diritti d’accisa in caso di irregolarità o di infrazioni commesse durante la circolazione, come uno svincolo irregolare da un regime sospensivo (29).

52.      Più in particolare, i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 20 della direttiva 92/12 riguardano entrambi la situazione in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata commessa nel corso della circolazione. Il paragrafo 1 riguarda in particolare l’ipotesi in cui il luogo di detta irregolarità o infrazione è noto, mentre il paragrafo 2 è relativo a quella in cui un’infrazione o un’irregolarità è stata accertata senza che sia possibile stabilire il luogo in cui essa è stata commessa. In tal caso, l’infrazione si presume commessa nello Stato membro in cui è stata accertata (30).

53.      L’articolo 20, paragrafo 3, della direttiva 92/12 precisa, dal canto suo, che allorché i prodotti soggetti ad accisa non giungono a destinazione e non è possibile stabilire il luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità si è verificata, tale infrazione od irregolarità si considera commessa nello Stato membro di partenza, che è quindi competente a procedere alla riscossione dei diritti d’accisa (31). Pertanto, tale disposizione disciplina la situazione relativa al mancato arrivo a destinazione dei prodotti di cui trattasi. In tal caso viene dichiarato competente lo Stato di partenza.

54.      Benché i paragrafi 2 e 3 del suddetto articolo 20 contengano le presunzioni summenzionate, l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12 prevede tuttavia un meccanismo detto «correttivo» per i casi in cui, successivamente, la presunzione venga meno a causa di circostanze di fatto che consentono di stabilire la competenza di uno Stato membro diverso da quello designato in applicazione di detta presunzione. A tal fine, il citato paragrafo 4 enuncia che, se prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data di rilascio del DAA, si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa (32), spetta a tale Stato membro procedere alla riscossione dell’accisa dovuta.

55.      Dalle summenzionate disposizioni della direttiva 92/12, considerate congiuntamente, possono essere tratte diverse conclusioni. In primo luogo, i diritti d’accisa divengono esigibili non solo con l’immissione in consumo di prodotti ma anche con lo svincolo, pure irregolare, da un regime sospensivo. Come evidenziato dall’avvocato generale Colomer, «quando le attività che danno luogo all’accisa (l’importazione e la fabbricazione) si verificano ai margini del regime sospensivo o quando lo svincolo da questo regime si verifica in un momento differente da quello dell’immissione in consumo, il legislatore [dell’Unione] equipara tali situazioni ad un’immissione in consumo e, di conseguenza, le considera fattori che provocano l’esigibilità dell’accisa, al fine di evitare che le merci soggette ai diritti d’accisa non sfuggano a tale imposizione» (33).

56.      In secondo luogo, dal momento che l’immissione in consumo dei prodotti soggetti ad accisa non può che aver luogo una volta sola, il luogo dell’infrazione o dell’irregolarità commessa nel corso della circolazione non può che essere unico. Tale conclusione è corroborata dall’assimilazione dell’infrazione o dell’irregolarità commessa nel corso della circolazione di prodotti a un’immissione in consumo di questi ultimi e dall’esistenza di un meccanismo, detto «correttivo», all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12. Pertanto, sebbene, in pratica, più infrazioni o irregolarità successive possano aver luogo in diversi Stati membri, nel corso della circolazione dello stesso prodotto soggetto ad accisa (l’ipotesi di pluralità di infrazioni o di irregolarità), solo la prima di esse, vale a dire quella che ha avuto come conseguenza lo svincolo dei prodotti in corso di circolazione dal regime sospensivo dei diritti di accisa, ha valore giuridico ai sensi dell’articolo 20 di tale direttiva, nella misura in cui una siffatta infrazione o una siffatta irregolarità ha avuto l’effetto di immettere verosimilmente i prodotti in consumo.

3.      Sul meccanismo detto «correttivo» di cui allarticolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12

57.      L’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12 prevede un meccanismo detto «correttivo» secondo il quale se, prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data del rilascio del DAA (34), si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, detto Stato procede alla riscossione dell’accisa all’aliquota in vigore alla data di spedizione delle merci. In tal caso, non appena sia fornita la prova di detta riscossione, l’accisa inizialmente riscossa viene rimborsata. Posto che l’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 92/12 contiene le presunzioni precedentemente esaminate, il paragrafo 4 di tale articolo comporta un meccanismo che copre il caso in cui la situazione reale divergesse da quella presunta. Tuttavia, tenuto conto del principio di certezza del diritto, detto meccanismo è applicabile solo per tre anni dal rilascio del DAA.

58.      Quindi, tale disposizione prevede due condizioni cumulative, vale a dire la commissione dell’infrazione o dell’irregolarità in uno Stato membro diverso da quello in cui l’accisa è stata versata e il termine di tre anni dalla data di rilascio del DAA. Quindi, dalla sistematica dell’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12 risulta che il rispetto di tale termine deve essere esaminato solo se si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa ed è diverso dallo Stato membro inizialmente determinato.

4.      Sullapplicazione dei principi summenzionati al caso di specie

59.      Anzitutto, da un lato, occorre rilevare che l’esame delle competenze delle autorità italiane ed elleniche è complicato dal fatto che la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene solo pochi elementi sulla situazione di fatto e di diritto di cui trattasi. Dall’altro, in assenza di elementi specifici, non è possibile individuare il concreto problema interpretativo che potrebbe sorgere rispetto alla direttiva 92/12. Pertanto, benché spetti al giudice del rinvio procedere alle verifiche di fatto necessarie e applicarle alla controversia di cui è investito, resta il fatto che spetta alla Corte interpretare il diritto dell’Unione riguardo alla situazione di fatto e di diritto descritta dal giudice del rinvio, al fine di fornire a quest’ultimo gli elementi utili alla soluzione della controversia dinanzi ad esso pendente (35).

60.      Occorre rammentare che, da un lato, nei procedimenti relativi ai crediti rivendicati dalle autorità italiane e menzionati al paragrafo 22 delle presenti conclusioni, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’Agenzia ha ritenuto che l’irregolarità o l’infrazione fosse costituita dal mancato appuramento del regime sospensivo, dal momento che i DAA che la Silcompa aveva ricevuto, relativi alle spedizioni dei prodotti interessati, erano stati falsificati dall’apposizione di un timbro falso della dogana ellenica. Quindi, tale autorità ha ritenuto che la falsificazione dei DAA equivalesse a un’irregolarità o a un’infrazione commessa in Italia e, di conseguenza, a uno svincolo irregolare dal regime sospensivo che rendeva esigibili i diritti d’accisa in Italia (36). Nel mese di gennaio del 2000, l’Agenzia ha, quindi, proceduto alla notifica dei relativi avvisi di pagamento. Dall’altro, nei procedimenti riguardanti i crediti rivendicati dalle autorità elleniche e che erano alla base dell’avviso di pagamento contestato nel procedimento principale (menzionati ai paragrafi 26 e 27 delle presenti conclusioni), occorre supporre che le autorità elleniche abbiano verosimilmente determinato la propria competenza in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 92/12, dal momento che i prodotti sono stati immessi in consumo, in modo irregolare, in Grecia – elemento che deve tuttavia essere verificato dal giudice del rinvio (37).

61.      Da quanto precede risulta che, dal momento che le autorità italiane hanno accertato che i prodotti di cui trattasi spediti dalla Silcompa in regime sospensivo dei diritti di accisa non erano arrivati a destinazione, in Grecia, e che i relativi DAA erano stati falsificati, a tali prodotti non è più applicabile tale regime a causa di un’infrazione o di un’irregolarità commessa nel corso della circolazione di prodotti soggetti ad accisa, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 92/12. Risulta quindi che, ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo, l’Agenzia era legittimata a procedere al recupero della pretesa fiscale applicando le pertinenti disposizioni del diritto nazionale. Come è già stato esposto in precedenza, la sistematica dell’articolo 20 della direttiva 92/12 si basa, nel suo complesso, sulla concezione secondo cui un’irregolarità o un’infrazione commessa nel corso della circolazione di prodotti sottoposti al regime sospensivo dei diritti di accisa equivale a un’immissione in consumo di questi ultimi che può avvenire una sola volta per gli stessi prodotti. A dispetto di tale norma, nel corso del 2005 l’Agenzia ha accolto la richiesta di assistenza avanzata dalle autorità elleniche in vista del recupero dei crediti d’accisa emessi da dette autorità nei confronti della medesima società e relativi ai medesimi prodotti di cui trattasi.

62.      Orbene, nella fattispecie, la Corte non dispone di alcun elemento concreto per valutare l’eventuale commissione dell’infrazione o dell’irregolarità in uno Stato membro diverso dall’Italia. La commercializzazione illegale, sul territorio ellenico, dell’alcool etilico spedito dalla Silcompa, che ha comportato i procedimenti penali in Grecia, deve certamente essere considerata quale infrazione o irregolarità dei prodotti di cui trattasi ma, tenuto conto dei fatti della controversia principale e del sistema generale della direttiva 92/12, essa è solo una conseguenza dell’infrazione o dell’irregolarità commessa precedentemente in Italia.

63.      Date queste circostanze, sono del parere che, tenuto conto di tale determinazione che incombe a dette autorità o giudici, l’analisi della seconda condizione di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 92/12, vale a dire la questione diretta a chiarire il momento in cui inizi a decorrere detto termine di tre anni ai fini dell’applicazione del meccanismo detto «correttivo» contenuto in tale disposizione, non sia rilevante nell’ambito del presente procedimento pregiudiziale. Infatti, come ho già accennato, l’esame di tale termine deve essere effettuato solo se si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa e se esso è diverso dallo Stato membro inizialmente determinato, il che non sembra verificarsi nel procedimento principale.

64.      In tale contesto si pone la questione diretta a chiarire se e come il giudice del rinvio, in quanto giudice dello Stato membro adito, possa controllare la presenza di un’eventuale duplicazione dei crediti relativi ai diritti di accisa da parte di due autorità di due diversi Stati membri.

C.      Sulla direttiva 76/308 relativa all’assistenza reciproca

1.      Sul quadro giuridico dellanalisi

65.      Se è vero che la creazione di un mercato interno ha consentito alle imprese di godere appieno dello spazio economico offerto nei suoi confini, le amministrazioni tributarie nazionali, per le quali le frontiere esistono ancora, sono state dotate, a partire dagli anni ’70, di un certo numero di strumenti giuridici di assistenza al fine di assicurare una migliore efficacia in ambito fiscale (38). La direttiva 76/308 mira pertanto ad attuare il principio di fiducia reciproca, facilitando il recupero dei crediti tra Stati membri (39). L’attuazione del regime di assistenza reciproca istituito da tale direttiva dipende dall’esistenza di una siffatta fiducia tra le autorità nazionali interessate (40).

66.      Detta direttiva prevede, da un lato, tre forme separate e particolari di assistenza reciproca che l’autorità adita è tenuta a prestare su domanda di un’autorità richiedente, vale a dire la richiesta di informazioni (41), la domanda di notifica al destinatario dei documenti concernenti un credito emanati dallo Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente, (42) e la domanda di recupero dei crediti oggetto di un titolo che ne permetta l’esecuzione (43). Dall’altro, la direttiva 76/308 contiene disposizioni specifiche relative alla determinazione della competenza tra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro adito per la domanda di cui trattasi. Il procedimento principale verte sulla domanda di assistenza relativa al recupero, dal momento che le autorità elleniche hanno adito l’Agenzia in relazione a una siffatta domanda.

a)      La ripartizione delle competenze prevista allarticolo 12 della direttiva 76/308

67.      L’articolo 12 della direttiva 76/308 prevede una ripartizione delle competenze tra gli organi dello Stato membro richiedente e quelle dello Stato membro adito a conoscere delle contestazioni vertenti sul credito, sul titolo esecutivo o su provvedimenti esecutivi. Trattandosi di siffatte contestazioni, la scelta dell’organo competente dello Stato membro al quale una parte deve rivolgersi dipende dalla questione diretta a chiarire se la critica verta, da un lato, sul credito oppure sul titolo che ne permetta l’esecuzione oppure, dall’altro, sulle misure di recupero. Come osservato dall’avvocato generale Bobek, la direttiva 2010/24, che è succeduta alla direttiva 76/308, prevede, quale regola generale, l’applicazione della lex auctoritatis, secondo cui gli atti compiuti dalle autorità di uno Stato membro sono disciplinati (e la loro validità dipende quindi) dalla legge di detto Stato membro (44). Di conseguenza l’organo competente di ciascuno Stato membro esamina unicamente la legittimità degli atti compiuti e delle misure adottate dalle autorità di detto Stato membro alla luce della relativa normativa interna (45).

68.      Pertanto, conformemente all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 76/308, quando un credito o il titolo che ne permette l’esecuzione sono contestati nel corso della procedura di recupero, è adito l’organo competente dello Stato membro richiedente. Se, invece, la contestazione riguarda i provvedimenti esecutivi adottati nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, l’azione viene intrapresa, in forza dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308, davanti all’organo competente di questo Stato membro (46).

69.      Al fine di garantire pienamente all’interessato, nel corso della procedura di recupero, il suo diritto di contestare il credito o il titolo che ne motiva l’esecuzione, l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 76/308 prevede che l’autorità adita sospenda la procedura di esecuzione non appena sia stata informata che è pendente una controversia vertente sulla contestazione del credito o del titolo che ne permette l’esecuzione, in attesa della decisione dell’organo competente dello Stato membro richiedente.

70.      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, la ripartizione delle competenze descritte nelle presenti conclusioni costituisce il corollario del fatto che il credito e il titolo esecutivo vengono emessi sulla base del diritto vigente nello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente mentre, per i provvedimenti esecutivi adottati nello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, quest’ultima applica, in forza degli articoli 5 e 6 della direttiva 76/308, le disposizioni previste dal proprio diritto nazionale per atti corrispondenti (47). Inoltre, dall’articolo 8, paragrafo 1, di tale direttiva risulta che il titolo esecutivo per il recupero del credito è riconosciuto direttamente e trattato automaticamente come un documento che consente l’esecuzione di un credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, il che costituisce, a mio parere, l’espressione del principio di fiducia reciproca. Da tale ripartizione delle competenze discende che, in linea di principio, l’autorità adita non può mettere in discussione la validità e l’esecutorietà dell’atto o della decisione per il quale l’autorità richiedente chiede l’assistenza ai fini del recupero. Tuttavia, la giurisprudenza ha attenuato tale principio.

b)      Sulla possibilità, per le autorità nazionali, di negare lassistenza reciproca

71.      Poiché, da un lato, dall’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 76/308 risulta che il titolo esecutivo per il recupero del credito è riconosciuto direttamente e trattato automaticamente come un documento che consente l’esecuzione di un credito dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita, dall’articolo 6 di tale direttiva discende, dall’altro, che l’autorità adita «procede» a tale recupero, in quanto detta direttiva prevede un’esecuzione automatica da parte dell’autorità investita del suddetto recupero. Inoltre, non esiste alcuna disposizione specifica che consenta il rigetto di una domanda di recupero (48). In mancanza di disposizioni siffatte, la giurisprudenza della Corte ha stabilito un principio che consente alle autorità e agli organi nazionali, in via eccezionale, di non accordare l’assistenza relativa al recupero nell’ipotesi in cui quest’ultima contrasti con l’ordine pubblico statale.

72.      A tal proposito, nella sua sentenza Kyrian (49), la Corte ha dichiarato che «non è da escludersi che, in via eccezionale, gli organi dello Stato membro in cui ha sede l’autorità adita siano autorizzati a verificare se l’esecuzione del detto titolo sia atta a ledere, in particolare, l’ordine pubblico di quest’ultimo Stato membro e, eventualmente, a non accordare in tutto o in parte la cooperazione o a subordinarla al rispetto di talune condizioni» (50). A suo parere, «è difficilmente concepibile che ad un titolo esecutivo che consente il recupero del credito sia data esecuzione da tale Stato membro se quest’ultima sia atta a ledere l’ordine pubblico di tale Stato» (51). Nell’ambito di una sentenza successiva, la sentenza Donnellan (52), la Corte ha ripreso tale principio autorizzando un siffatto diniego, qualora l’attuazione delle disposizioni della direttiva sull’assistenza reciproca comportasse una violazione dei diritti fondamentali a causa della mancata notifica all’interessato, vale a dire l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (53). Così facendo, la Corte ha applicato la sua giurisprudenza classica relativa alla limitazione del principio di fiducia reciproca (54) in un contesto in cui l’applicazione di tale principio comportava un’eventuale violazione di diritti fondamentali.

73.      Tuttavia, nella presente causa, la Corte è chiamata a decidere se sussistano motivi di rigetto di una domanda di assistenza qualora sia accertato che vi è una duplicazione della pretesa impositiva relativa ai diritti di accisa (55). Occorre chiarire se, qualora lo Stato membro attui il diritto dell’Unione, una simile duplicazione possa costituire un motivo di opposizione a una richiesta di assistenza per il recupero dell’imposta. A tal proposito, prima di esaminare l’ipotesi di un’eventuale violazione dell’ordine pubblico o dei diritti fondamentali, ritengo che occorra esaminare se la risposta a tale questione non possa derivare dalle pertinenti disposizioni del diritto derivato.

2.      Sullobbligo degli organi dello Stato membro richiedente di verificare la competenza delle autorità di tale Stato

74.      A mio parere, la risposta alla questione proposta in via pregiudiziale non può che essere negativa.

75.      Infatti, come già esposto ai paragrafi da 47 a 50 delle presenti conclusioni, dal sistema della direttiva 92/12 deriva che l’immissione in consumo di un prodotto soggetto ad accisa può avvenire una sola volta, dato che i diritti di accisa divengono esigibili all’atto dell’immissione in consumo di un prodotto, sia essa regolare o irregolare. Ai fini di tale esigibilità, in forza dell’articolo 20 della direttiva 92/12, è assimilato a un’immissione in consumo di prodotti il loro svincolo dal regime sospensivo dei dazi a causa della commissione di un’infrazione o di un’irregolarità nel corso della loro circolazione. Tuttavia, come indicato al paragrafo 56 delle presenti conclusioni, è considerata rilevante, conformemente a tale disposizione, solo la prima irregolarità o infrazione comportante lo svincolo dei prodotti nel corso della circolazione dal regime sospensivo dei diritti di accisa. Ciò premesso, non si può tuttavia escludere, in pratica, l’esistenza di controversie vertenti sulla determinazione del luogo di una siffatta infrazione o di una siffatta irregolarità.

76.      Pertanto, al fine di rispondere alla questione proposta dal giudice del rinvio diretta a chiarire se il giudice dello Stato adito possa verificare, nell’ambito del procedimento relativo all’esame della legittimità degli atti di esecuzione del recupero, la determinazione del luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata commessa, occorre, alla luce delle disposizioni della direttiva 76/308, menzionate ai paragrafi da 67 a 70 delle presenti conclusioni, decidere se una siffatta determinazione riguardi il credito, il titolo esecutivo o determinati provvedimenti esecutivi, ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 76/308. A mio avviso, la risposta a tale quesito può essere dedotta dall’insieme delle disposizioni della direttiva 92/12, in particolare dai suoi articoli 6 e 20 i quali, come ho già rilevato, hanno lo scopo di determinare le competenze degli Stati membri a riscuotere i diritti di accisa sui prodotti oggetto di tale direttiva.

77.      Più in particolare, dagli articoli 6 e 20 della direttiva 92/12 risulta che la competenza di uno Stato membro a riscuotere diritti di accisa sui prodotti, come l’alcool, si riferisce o al luogo della loro immissione in consumo, in forza dell’articolo 6 di tale direttiva, o al luogo in cui ai prodotti, durante il loro trasporto, non è più applicabile il regime sospensivo dei diritti, conformemente all’articolo 20, paragrafi da 1 a 3, della suddetta direttiva, o al luogo in cui l’infrazione o l’irregolarità è stata effettivamente commessa e che è determinato successivamente, in applicazione dell’articolo 20, paragrafo 4, della stessa direttiva. Tenuto conto dell’equivalenza dei motivi di esigibilità contenuti in detti articoli 6 e 20, e precedentemente descritti, l’unica conclusione che può essere tratta, a mio avviso, è che la questione relativa al luogo dell’immissione in consumo dei prodotti soggetti ad accisa o della commissione dell’infrazione o dell’irregolarità costituisce, a prima vista, una questione di merito relativa all’esistenza stessa del debito fiscale (56). Poiché la direttiva 92/12 subordina, per uno Stato membro, la riscossione dell’accisa a un evento particolare che si verifichi sul suo territorio, mi sembra evidente che una contestazione relativa alla determinazione del luogo di un’infrazione o di un’irregolarità, conformemente all’articolo 20 di tale direttiva, debba essere anch’essa considerata una questione vertente sul credito o sul titolo esecutivo, ai sensi dell’articolo 12 della direttiva 76/308. Pertanto, l’esame di tale questione non può, tenuto conto della logica di tale direttiva, rientrare nella competenza dell’autorità giudiziaria dello Stato membro adito.

78.      Orbene, la situazione descritta nell’ordinanza di rinvio, vale a dire quella in cui a una società vengano imposti doppiamente i diritti di accisa per una spedizione di prodotti, non mi sembra conforme al sistema della direttiva 92/12 considerata nel suo insieme. Benché dal fascicolo sottoposto alla Corte non emergano elementi che giustifichino, nella fattispecie, che lo Stato membro adito possa rifiutare di eseguire la richiesta di assistenza di cui è investito invocando una violazione del suo ordine pubblico o dei diritti fondamentali, ai sensi della giurisprudenza menzionata al paragrafo 72 delle presenti conclusioni, il giudice dello Stato membro adito non deve tuttavia, da un lato, ignorare le informazioni disponibili relative a una misura analoga imposta alla stessa impresa in tale Stato membro, ossia uno Stato membro diverso da quello che ha presentato la domanda afferente a un’operazione relativa agli stessi prodotti, e, dall’altro, eseguire la richiesta di assistenza ciecamente e in modo meccanico.

79.      A tal riguardo, il principio di fiducia reciproca, quale concretizzato dalla direttiva 76/308, implica necessariamente che tutti gli Stati membri rispettino, con tutta la dovuta diligenza, gli obblighi del diritto dell’Unione. Poiché, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, la Silcompa ha proposto un ricorso relativo alla pretesa impositiva relativa ai diritti di accisa imposti dalle autorità elleniche e afferenti alle stesse operazioni negoziali e agli stessi prodotti già assoggettati ad imposizione in Italia, spetta al giudice ellenico investito di tale ricorso verificare se le sue autorità fossero competenti a riscuotere l’accisa sui prodotti di cui trattasi, nella misura in cui, tenuto conto delle informazioni attualmente disponibili, a tali prodotti non è più applicabile il regime sospensivo dei diritti di accisa, ai sensi dell’articolo 3 e dell’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 92/12, a causa di un’infrazione o un’irregolarità commessa in Italia. Ne consegue che, in attesa delle verifiche così descritte da parte del giudice dello Stato membro richiedente, il giudice dello Stato membro adito dovrebbe, conformemente all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 76/308, sospendere il procedimento vertente sull’esecuzione della richiesta di assistenza.

V.      Conclusioni

80.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia) come segue:

L’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 76/308/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1976, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure, come modificata dalla direttiva 2001/44/CE del Consiglio, del 15 giugno 2001, letto in combinato disposto con gli articoli 6 e 20 della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, come modificata dalla direttiva 92/108/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, deve essere interpretato nel senso che il presupposto del luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 92/12, non può costituire oggetto di disamina da parte del giudice dello Stato membro in cui l’autorità adita ha sede, il quale è investito del ricorso diretto contro le misure esecutive di recupero di un credito in forza di tale articolo 12, paragrafo 3. Tuttavia, poiché la doppia imposizione d’accisa da parte di più Stati membri sugli stessi prodotti non rispetta il sistema generale della direttiva 92/12, spetta al giudice dello Stato membro investito di un ricorso relativo alla pretesa impositiva relativa ai diritti di accisa afferenti alle stesse operazioni negoziali e agli stessi prodotti che sono già stati tassati in un altro Stato membro verificare se le autorità richiedenti fossero competenti a riscuotere tale accisa.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Consiglio, del 15 marzo 1976, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (GU 1976, L 73, pag. 18), come modificata dalla direttiva 2001/44/CE del Consiglio, del 15 giugno 2001 (GU 2001, L 175, pag. 17) (in prosieguo: la «direttiva 76/308»). La direttiva 2008/55/CE del Consiglio, del 26 maggio 2008, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da taluni contributi, dazi, imposte ed altre misure (GU 2008, L 150, pag. 28), aveva codificato la direttiva 76/308 e i corrispondenti atti modificativi. La direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU 2010, L 84, pag. 1), ha abrogato la direttiva 2008/55 a partire dal 1° gennaio 2012. Tuttavia, tenuto conto della data della domanda di assistenza di cui trattasi nella controversia principale, il presente rinvio pregiudiziale è esaminato alla luce delle disposizioni della direttiva 76/308.


3      Direttiva del Consiglio, del 25 febbraio 1992 (GU 1992, L 76, pag. 1), come modificata dalla direttiva 92/108/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992 (GU 1992, L 390, pag. 124) (in prosieguo: la «direttiva 92/12»). La direttiva 92/12 è stata abrogata a partire dal 1°aprile 2010 dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008 (GU 2009, L 9, pag. 12). Tuttavia, tenuto conto della data dei fatti della controversia principale, il presente rinvio pregiudiziale è esaminato alla luce delle disposizioni della direttiva 92/12.


4      GURI n. 87, del 14 aprile 2003.


5      Avvisi di pagamento nn. 5/2000, 15/2000 e 18/2000.


6      Sentenze pronunciate il 12 aprile e l’8 settembre 2010.


7      Paragrafi da 8 a 10 delle osservazioni del governo italiano.


8      La Silcompa ha presentato una domanda di definizione agevolata della controversia in forza dell’articolo 5 bis del decreto legge n. 193/2016. Il governo italiano precisa, nella sua risposta ai quesiti posti dalla Corte, che la Silcompa ha proceduto al versamento integrale dell’importo indicato nell’accordo transattivo.


9      V. atto di impugnazione presentato dall’Agenzia contenuto nel fascicolo sottoposto al giudice del rinvio e depositato presso la cancelleria della Corte, pag. 8.


10      Secondo tale domanda di impugnazione, si tratterebbe della sentenza del Tribunale collegiale di primo grado di Atene (Grecia) n. 98424/2001.


11      L’avviso di pagamento RP 05/14, per un importo di EUR 10 280 291,66 e l’avviso di pagamento RP 05/12, per un importo di EUR 64 218,25, entrambi del 1° settembre 2005. Le date di tali avvisi di pagamento sono contenute nel fascicolo nazionale sottoposto alla Corte.


12      Secondo il governo italiano, tali avvisi indicavano i pagamenti richiesti dalla Dogana del Pireo (Grecia) e dalla Dogana di Atene (Grecia).


13      Sentenza n. 501/41/07, del 3 dicembre 2007.


14      Sentenza n. 45/37/10.


15      Nel procedimento principale, con il suo secondo motivo, l’Agenzia contesta alla Commissione tributaria regionale di Roma di aver violato l’articolo 12 della direttiva 76/308 e l’articolo 6 del decreto legislativo n. 69/2003. A tal proposito, l’Agenzia lamenta, in sostanza, che in materia di assistenza reciproca tra gli Stati membri, le doglianze relative al credito e al titolo esecutivo – segnatamente, l’asserita mancata notifica degli atti prodromici da parte dell’autorità ellenica – vanno proposte davanti all’autorità nazionale del credito, ossia la competente autorità ellenica.


16      Con il suo terzo motivo, l’Agenzia invoca la violazione dell’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, per avere la Commissione tributaria regionale di Roma ritenuto insufficiente la motivazione dell’avviso di pagamento che non dava atto delle parallele procedure avviate in Italia in ordine al recupero dei diritti di accisa sulle medesime operazioni. A tal riguardo, il giudice del rinvio chiede se, nella contestazione avverso la procedura esecutiva avviata nell’ambito della reciproca assistenza tra Stati membri in materia di recupero di diritti di accisa, sia suscettibile di disamina la questione relativa all’eventuale «duplicazione della pretesa impositiva» per il contestuale avvio, da parte sia dello Stato membro richiedente che dello Stato membro adito, di una richiesta fondata sui medesimi fatti generatori.


17      Sentenza del 25 luglio 2018, Dyson (C‑632/16, EU:C:2018:599, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


18      Al pari della Commissione, occorre sottolineare che le procedure amministrative relative agli avvisi di pagamento oggetto del procedimento principale non possono essere considerate «parallele» (punto 13 della domanda di pronuncia pregiudiziale), dal momento che tali avvisi sono stati notificati cinque anni dopo gli avvisi di pagamento inoltrati alla Silcompa nel corso del 2000, a titolo di crediti italiani. Inoltre, fatte salve le formalità da completare conformemente al diritto italiano, il procedimento relativo ai crediti italiani pare concluso, dal momento che la Silcompa ha proceduto al pagamento complessivo dei crediti in virtù dell’accordo transattivo (v. paragrafo 24 delle presenti conclusioni).


19      V., in particolare, punto 5.


20      V., in particolare, il quarto considerando della direttiva 92/12; v., inoltre, sentenze del 2 aprile 1998, EMU Tabac e a. (C‑296/95, EU:C:1998:152, punto 22); del 5 aprile 2001, Van de Water (C‑325/99, EU:C:2001:201, punto 39), e del 29 aprile 2004, Commissione/Germania (C‑240/01, EU:C:2004:251, punto 36).


21      Sentenze del 30 maggio 2013, Scandic Distilleries (C‑663/11, EU:C:2013:347, punti 22 e 23), del 3 luglio 2014, Gross (C‑165/13, EU:C:2014:2042, punto 17), e del 5 marzo 2015, Prankl (C‑175/14, EU:C:2015:142, punto 20). Inoltre, la volontà di evitare la doppia imposizione risulta dall’articolo 8 della direttiva 92/12, che autorizza i privati, a determinate condizioni, a trasportare merci, in franchigia di diritti, in un altro Stato membro, nonché dall’articolo 22 di tale direttiva, che prevede un rimborso da parte dello Stato membro di partenza nei casi previsti agli articoli 7 e 10 della suddetta direttiva.


22      Per quanto riguarda i principi su cui si basa la direttiva 92/12, v. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Van de Water (C‑325/99, EU:C:2000:614). V., anche, per la dottrina, Berlin, D., Politique fiscale, Commentaire J. Mégret, vol. I, Éditions de l’Université de Bruxelles, 2012.


23      Occorre distinguere, come sottolineato dalla Commissione, l’immissione in consumo di prodotti dal consumo di tali prodotti.


24      Sentenza del 5 aprile 2001, Van de Water (C‑325/99, EU:C:2001:201, punto 31).


25      Sentenze del 12 dicembre 2002, Cipriani (C‑395/00, EU:C:2002:751, punto 42), del 29 aprile 2010, Dansk Transport og Logistik (C‑230/08, EU:C:2010:231, punto 78), e del 28 gennaio 2016, BP Europa (C‑64/15, EU:C:2016:62, punto 22).


26      V. sentenza del 2 giugno 2016, Kapnoviomichania Karelia (C‑81/15, EU:C:2016:398, punti 31 e 32), riguardo al regime di responsabilità istituito dalla direttiva 92/12 per tutti i rischi inerenti alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti a tale regime. Detto depositario è, dunque, designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione, che determini l’esigibilità di tali diritti, sia stata commessa nel corso della circolazione di detti prodotti.


27      V., a tal proposito, Berlin, D., Jurisclasseur Europe Traité, opuscolo n. 1650, «Fiscalité indirecte», 1° gennaio 2016, punto 56.


28      Conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Cipriani (C‑395/00, EU:C:2002:209, paragrafo 74).


29      Sentenze del 12 dicembre 2002, Cipriani (C‑395/00, EU:C:2002:751, punto 43), e del 13 dicembre 2007, BATIG (C‑374/06, EU:C:2007:788, punto 44).


30      Tale interpretazione è corroborata dai lavori preparatori della direttiva 2008/118, che spiegano la logica dell’articolo 20 della direttiva 92/12. V. proposta di direttiva del Consiglio relativa al regime generale delle accise (COM/2008/78 definitivo).


31      Sentenza del 12 dicembre 2002, Cipriani (C‑395/00, EU:C:2002:751, punto 47).


32      La Corte ha costantemente affermato che i soggetti dell’ordinamento hanno il diritto di ottenere il rimborso dei tributi riscossi in uno Stato membro in violazione delle disposizioni comunitarie. Tale diritto è la conseguenza e il corollario dei diritti conferiti ai privati da dette disposizioni, quali interpretate dalla Corte. Lo Stato membro in questione è quindi tenuto, in via di principio, a rimborsare i tributi riscossi in violazione del diritto comunitario (sentenza del 2 ottobre 2003, Weber’s Wine World e a. (C‑147/01, EU:C:2003:533, punto 93 e giurisprudenza ivi citata).


33      Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa Van de Water (C‑325/99, EU:C:2000:614, paragrafo 38).


34      A tal proposito, l’articolo 19 della direttiva 92/12 prevede che il DAA consta di quattro esemplari, vale a dire un esemplare che lo speditore deve conservare, un esemplare per il destinatario, un esemplare che deve essere rinviato allo speditore per appuramento e un esemplare destinato alle autorità competenti dello Stato membro di destinazione. Di conseguenza, il DAA è rilasciato al momento della spedizione dei prodotti.


35      Sentenza del 9 novembre 2006, Chateignier (C‑346/05, EU:C:2006:711, punto 22).


36      Il fascicolo sottoposto alla Corte non precisa, tuttavia, quale disposizione della direttiva 92/12 sia stata applicata per ritenere che l’accisa diventasse esigibile in Italia. Dal momento che l’articolo 20, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 92/12 pone a carico del depositario autorizzato il pagamento dell’accisa in caso di irregolarità o infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti sottoposti a regime sospensivo, occorre supporre che tale disposizione sia stata applicata nella fattispecie.


37      Vero è che la domanda di pronuncia pregiudiziale non è molto precisa relativamente alle disposizioni della direttiva 92/12 che sono state applicate dalle autorità elleniche. Quindi, tale elemento deve essere verificato dal giudice del rinvio.


38      Berlin, D., «Synthèse - Droit fiscal de l’Union européenne», JurisClasseur Europe Traité, 1° maggio 2019, punto 49.


39      V., Michel, V., «Juridiction compétente pour le contrôle des mesures de recouvrement», Revue Europe, n. 3, marzo 2010, commento n. 109, nonché Maitrot de la Motte, A., Droit fiscal de l’Union européenne, Bruylant, 2016, punti 479 e segg.


40      V. sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282, punti 40 e 41).


41      Ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 76/308. Per quanto riguarda lo scambio di informazioni, v. Fernández Marín, F., «The Right of Defence and the exchange of tax information ruled by EU law», Studi Tributari Europei, vol. 8, 2018, p. II, pagg. da 25 a 95.


42      Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 76/308.


43      Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 76/308.


44      Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Metirato (C‑695/17, EU:C:2018:944, paragrafo 40).


45      Conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa Metirato (C‑695/17, EU:C:2018:944, paragrafo 43).


46      V., anche, il decimo considerando della direttiva 76/308, secondo il quale l’azione oggetto della contestazione deve essere portata dall’interessato davanti all’istanza competente dello Stato membro in cui ha sede l’autorità richiedente e l’autorità adita deve sospendere la procedura di esecuzione da essa iniziata, finché non intervenga la decisione di questa istanza competente.


47      Sentenze del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11, punto 40), e del 14 marzo 2019, Metirato (C‑695/17, EU:C:2019:209, punto 34).


48      L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 76/308 prevede alcuni motivi di opposizione. Tuttavia, detta disposizione è relativa alla richiesta di informazioni, che non è oggetto del presente procedimento.


49      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11).


50      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11, punto 42), confermata dalla sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 47). Il corsivo è mio.


51      Sentenza del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11, punto 43), confermata dalla sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282, punto 48). Il corsivo è mio.


52      Sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282).


53      La Corte ha affermato, in particolare, che l’articolo 14, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2010/24 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un’autorità di uno Stato membro rifiuti l’esecuzione di una domanda di recupero, riguardante un credito relativo a una sanzione pecuniaria inflitta in un altro Stato membro, sulla base del rilievo che la decisione che infligge tale sanzione non è stata correttamente notificata all’interessato prima che la domanda di recupero fosse presentata alla succitata autorità in applicazione di detta direttiva (sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan, C‑34/17, EU:C:2018:282).


54      V., per quanto riguarda la limitazione del principio di fiducia reciproca, sentenze del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865), del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198), e del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586).


55      Contrariamente alle sentenze del 14 gennaio 2010, Kyrian (C‑233/08, EU:C:2010:11), e del 26 aprile 2018, Donnellan (C‑34/17, EU:C:2018:282), la presente causa non verte sulle modalità di notifica, il che sembra, a mio parere, escludere l’applicazione del criterio dell’ordine pubblico quale individuato da tale giurisprudenza.


56      V., per analogia, per quanto riguarda la dicotomia tra l’esistenza del debito fiscale e la sua riscossione in materia di dazi doganali, la sentenza del 20 ottobre 2005, Transport Maatschappij Traffic (C‑247/04, EU:C:2005:628, punti 26 e segg.).