Language of document : ECLI:EU:T:2003:336

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

11 dicembre 2003 (1)

«Concorrenza - Regolamento (CEE) n. 4056/86 - Accertamenti nei locali di una società diversa da quella cui è destinata la decisione di accertamento - Art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE) - Disciplina statale del trasporto marittimo e prassi delle autorità pubbliche - Applicabilità dell'art. 85 del Trattato - Imputabilità del comportamento costitutivo d'infrazione - Ammenda - Applicazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende»

Nella causa T-65/99,

Strintzis Lines Shipping SA, con sede in Il Pireo (Grecia), rappresentata dagli avv.ti K. Adamantopoulos, V. Akritidis e A. Papakrivopoulos, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. R. Lyal e D. Triantafyllou, in qualità di agenti, assistiti dall'avv. G. Athanassiou, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda diretta a ottenere l'annullamento della decisione della Commissione 9 dicembre 1998, 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo 85 del Trattato CE (IV/34466 - Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. J.D. Cooke, presidente, dal sig. R. García-Valdecasas e dalla sig.ra P. Lindh, giudici,

cancelliere: sig. J. Plingers, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 1° luglio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine del ricorso

1.
    La ricorrente, Strintzis Lines SA, è una compagnia greca di navigazione traghetti che effettua servizi di trasporto passeggeri e veicoli su linee marittime in Grecia e all'estero, compreso sul mercato delle rotte che collegano la Grecia all'Italia (in prosieguo: il «mercato Grecia/Italia»), in cui opera sulle linee tra Patras (Patrasso) e Ancona, via Corfù e Igumenitsa, tra Patrasso e Brindisi e tra Patrasso e Bari.

2.
    A seguito del reclamo presentato nel 1992 da un utente secondo il quale i prezzi dei traghetti fra la Grecia e l'Italia erano molto simili su tutte le linee, la Commissione, in conformità all'art. 16 del regolamento (CEE) del Consiglio 22 dicembre 1986, n. 4056, che determina le modalità di applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato ai trasporti marittimi (GU L 378, pag. 4), ha chiesto informazioni a taluni operatori di traghetti. Poi, ai sensi dell'art. 18, n. 3, del detto regolamento, ha eseguito accertamenti presso gli uffici di sei operatori di traghetti, cinque in Grecia e uno in Italia.

3.
    In particolare, il 4 luglio 1994, la Commissione ha adottato la decisione C(94) 1790/5, che imponeva alla società Minoan Lines di sottoporsi a un accertamento (in prosieguo: la «decisione di accertamento»). Il 5 e il 6 luglio 1994 gli agenti della Commissione hanno proceduto all'ispezione dei locali siti in viale Kifissias 64B, Maroussi, in Atene, i quali sono risultati poi appartenere alla società European Trust Agency (in prosieguo: l'«ETA»), una persona giuridica diversa da quella menzionata nella decisione di accertamento. Nel corso dell'accertamento la Commissione ha conseguito copia di un gran numero di documenti considerati in seguito elementi utilizzabili nei confronti delle diverse imprese coinvolte nell'indagine.

4.
    Successivamente sono state rivolte altre richieste di informazioni, ai sensi dell'art. 16 del regolamento n. 4056/86, alla ricorrente e ad altre compagnie di navigazione marittima per ottenere ulteriori ragguagli sui documenti rinvenuti nel corso degli accertamenti.

5.
    Con decisione 21 febbraio 1997 la Commissione ha avviato un procedimento formale, inviando una comunicazione di addebiti a nove compagnie, fra cui la ricorrente.

6.
    Il 9 dicembre 1998 la Commissione ha adottato la decisione 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell'art. 85 del Trattato CE (IV/34466 - Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24; in prosieguo: la «Decisione»).

7.
    La Decisione comprende le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

1.    Minoan Lines, Anek Lines, Karageorgis Lines, Marlines e Strintzis Lines hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato CE, concordando i prezzi da applicare ai servizi di traghetto roll-on/roll-off tra Patrasso ed Ancona. Le infrazioni hanno avuto la seguente durata:

a)    nel caso di Minoan Lines e Strintzis Lines, dal 18 luglio 1987 al luglio 1994;

b)    nel caso di Karageorgis Lines, dal 18 luglio 1987 al 27 dicembre 1992;

c)    nel caso di Marlines SA, dal 18 luglio 1987 all'8 dicembre 1989;

d)    nel caso di Anek Lines, dal 6 luglio 1989 al luglio 1994.

2.    Minoan Lines, Anek Lines, Karageorgis Lines, Adriatica di Navigazione SpA, Ventouris Group Enterprises SA e Strintzis Lines hanno violato l'articolo 85, paragrafo 1, del trattato CE, concordando le tariffe per autocarri da applicare sulle linee Patrasso-Bari e Patrasso-Brindisi. Le infrazioni hanno avuto la seguente durata:

a)    nel caso di Minoan Lines, Ventouris Group e Strintzis Lines, dall'8 dicembre 1989 al luglio 1994;

b)    nel caso di Karageorgis Lines, dall'8 dicembre 1989 al 27 dicembre 1992;

c)    nel caso di Anek Lines, dall'8 dicembre 1989 al luglio 1994;

d)    nel caso di Adriatica di Navigazione SpA, dal 30 ottobre 1990 al luglio 1994.

Articolo 2

Per l'infrazione di cui all'articolo 1, sono inflitte rispettivamente le seguenti ammende alle imprese sotto indicate:

-    a Minoan Lines, un'ammenda di 3,26 Mio di EUR,

-    a Strintzis Lines, un'ammenda di 1,5 Mio di EUR,

-    ad Anek Lines, un'ammenda di 1,11 Mio di EUR,

-    a Marlines, un'ammenda di 0,26 Mio di EUR,

-    a Karageorgis Lines, un'ammenda di 1 Mio di EUR,

-    a Ventouris Group Enterprises, un'ammenda di 1,01 Mio di EUR,

-    ad Adriatica di Navigazione SpA, un'ammenda di 0,98 Mio di EUR.

(...)».

8.
    La Decisione è indirizzata a sette imprese: Minoan Lines, con sede in Heraklion, Creta (Grecia) (in prosieguo: la «Minoan»), Strintzis Lines, con sede in Il Pireo (Grecia) (in prosieguo: la «ricorrente»), Anek Lines, con sede in Hania, Creta (in prosieguo: l'«Anek»), Marlines SA, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Marlines»), Karageorgis Lines, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Karageorgis»), Ventouris Group Enterprises SA, con sede in Il Pireo (in prosieguo: la «Ventouris Ferries»), e Adriatica di Navigazione SpA, con sede in Venezia (in prosieguo: l'«Adriatica»).

Procedimento e conclusioni delle parti

9.
    Con atto introduttivo registrato presso la cancelleria del Tribunale il 3 marzo 1999 la ricorrente ha proposto un ricorso diretto ad ottenere l'annullamento della Decisione.

10.
    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di passare alla fase orale e, nell'ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a un quesito e di produrre taluni documenti. La Commissione ha ottemperato alle richieste nel termine impartito.

11.
    Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all'udienza svoltasi il 1° luglio 2002.

12.
    La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

-    annullare l'intera Decisione;

-    in subordine, annullare l'art. 1 della Decisione nella parte relativa alla durata dell'infrazione contestata, nonché annullare o ridurre l'ammenda inflitta;

-    condannare la Commissione alle spese.

    

13.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere interamente il ricorso;

-    condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

14.
    La ricorrente deduce tre motivi a sostegno della sua domanda di annullamento della Decisione. Il primo verte sull'illegittimità del controllo effettuato dalla Commissione negli uffici dell'ETA. Il secondo, su un'erronea applicazione al caso di specie dell'art. 85, n. 1, del Trattato CE (divenuto art. 81, n. 1, CE), causata da una valutazione erronea ed incompleta delle circostanze di fatto. Con il terzo motivo, la ricorrente fa valere una carenza di motivazione.

15.
    A sostegno delle conclusioni presentate in subordine, intese all'annullamento ovvero alla riduzione dell'ammenda, la ricorrente fa valere un motivo vertente sulla violazione del principio di proporzionalità nella determinazione dell'importo dell'ammenda, diviso in tre parti relative ad un'erronea valutazione della gravità dell'infrazione, della sua durata e dell'importo dell'ammenda.

I - Sulle conclusioni dirette ad ottenere l'annullamento della Decisione

Sul primo motivo, relativo all'illegittimità del controllo effettuato dalla Commissione negli uffici dell'ETA

Argomenti delle parti

16.
    La ricorrente sostiene che l'accertamento effettuato dalla Commissione nel luglio 1994 negli uffici dell'agente della Minoan, l'ETA, era illegittimo ed invoca, di conseguenza, l'impossibilità di utilizzare gli elementi rinvenuti durante tale accertamento come elementi probatori.

17.
    Essa giustifica, anzitutto, il suo interesse legittimo a che il detto accertamento sia dichiarato illegittimo, facendo valere che molti degli elementi invocati dalla Commissione a suo carico sono stati rinvenuti negli uffici dell'ETA. Essa afferma, inoltre, che il comportamento di altre imprese interessate nonché lo svolgimento complessivo del presente procedimento sono stati direttamente influenzati dai risultati del controllo illegittimo effettuato negli uffici dell'ETA. Per la detta ragione e poiché i documenti raccolti in tale occasione nonché ulteriori documenti depositati successivamente da altre imprese sono stati tutti utilizzati dalla Commissione come elementi probatori a suo carico, la ricorrente sostiene di avere un interesse legittimo a far valere l'illegittimità di tale controllo.

18.
    La ricorrente sostiene, contrariamente a quanto afferma la Commissione, di poter invocare l'illegittimità del controllo effettuato negli uffici dell'ETA quale motivo di annullamento della Decisione anche se ha ammesso esplicitamente i fatti relativi alle consultazioni per la fissazione delle tariffe. La circostanza che essa abbia ammesso determinati fatti non significherebbe assolutamente che essa abbia manifestato il suo accordo in merito alla valutazione effettuata dalla Commissione in proposito.

19.
    La ricorrente osserva che la decisione di accertamento era diretta alla Minoan e non all'ETA, agente della prima. Contrariamente a quanto afferma la Commissione, l'ETA e la Minoan non costituirebbero un'unica entità economica e giuridica. Per giungere a tale conclusione, la Commissione non avrebbe tenuto conto di una realtà commerciale, vale a dire del fatto che una società ad azionariato popolare, quale la Minoan, affida abitualmente la rappresentanza dei suoi interessi per le relazioni internazionali ad una società come l'ETA. Orbene, ciò non giustificherebbe il fatto che l'ETA sia assimilata alla Minoan. Infatti, la ricorrente sostiene che gli interessi economici dell'ETA possono essere contrari a quelli della Minoan.

20.
    La ricorrente dubita inoltre che la teoria dell'entità economica si applichi anche nel caso di accertamenti effettuati dalla Commissione. Essa afferma che quest'ultima non può far valere la detta teoria per effettuare un controllo presso una società diversa da quella a cui ha trasmesso la decisione di accertamento. Se fosse altrimenti, la Commissione disporrebbe di un potere assoluto che le consentirebbe di effettuare verifiche senza preavviso negli uffici di qualsiasi impresa che faccia parte della stessa entità economica della società destinataria di una decisione di accertamento all'unica condizione di adottare una decisione di portata generale che preveda l'organizzazione di controlli presso la sede centrale di tale società.

21.
    Infine, secondo la ricorrente, agendo in quel modo, la Commissione ha violato i diritti della difesa di fronte ad un intervento arbitrario nonché i principi di proporzionalità, di buona amministrazione, d'intervento limitato e di certezza del diritto.

22.
    La Commissione contesta le affermazioni di cui sopra. Essa rileva anzitutto che la ricorrente non ha un interesse legittimo ad invocare il detto motivo di annullamento, in quanto essa ha già ammesso esplicitamente i fatti dimostrati dai documenti rinvenuti negli uffici dell'ETA. Inoltre, essa fa valere che l'intesa vietata sarebbe stata rilevata anche se non si fosse tenuto conto dei documenti in questione.

23.
    La Commissione sostiene che, laddove la ricorrente lascia intendere che il suo comportamento nonché quello di altre imprese interessate sarebbero stati diversi se il detto controllo di cui essa fa valere l'illegittimità non fosse stato effettuato, essa contraddice decisamente l'argomento invocato durante il procedimento amministrativo in merito alla collaborazione totale di queste ultime, in quanto la mancata contestazione, ad opera delle parti interessate, dei fatti su cui si basano le censure della Commissione è stata presa in considerazione dalla Commissione come circostanza attenuante che giustifica una riduzione dell'ammenda (‘considerando’ 169 della Decisione). Orbene, poiché la ricorrente sottintende ormai che la detta collaborazione ha avuto luogo unicamente perché erano stati rinvenuti elementi probatori relativi alla conclusione e all'attuazione delle intese controverse, la Commissione suggerisce al Tribunale di valutare tale circostanza nell'ambito dell'esercizio della sua competenza di determinare l'importo dell'ammenda e, eventualmente, di aumentarlo.

24.
    Per quanto riguarda la legittimità dell'accertamento, la Commissione sostiene che la questione di un controllo arbitrario non si pone nel caso di specie, dato che l'accertamento è stato effettuato in uffici utilizzati nell'ambito dell'attività commerciale della Minoan, vale a dire della società menzionata in qualità di destinataria della decisione di accertamento. La Commissione rileva che tale conclusione è confermata sia dal modo in cui la Minoan si presentava ai terzi, sia dai contratti di gestione di navi ai sensi dei quali l'ETA agisce quale gestore delle navi della Minoan. Essa ricorda che, nell'organizzazione marittima, il gestore opera in qualità di rappresentante diretto, agendo in nome e per conto dell'armatore, che è il responsabile degli effetti giuridici degli obblighi assunti dal gestore e che assume in definitiva i rischi economici. Orbene, nel caso di specie, dai contratti conclusi tra queste due compagnie risulterebbe che l'ETA opera come intermediario tra la società di armatori e gli agenti, i clienti, le banche e le autorità pubbliche e portuali che vengono in contatto con quest'ultima.

25.
    A tale proposito, la Commissione fa valere la giurisprudenza costante ai sensi della quale, quando agisce per colui che rappresenta, un intermediario può essere considerato, in linea di massima, come un organo ausiliario facente parte integrante dell'impresa di quest'ultimo e tenuto a seguire le istruzioni del rappresentato, tale da formare con detta impresa, alla stregua di un dipendente ad essa legato da un rapporto di lavoro subordinato, una sola entità economica (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 539). Secondo quanto sostiene la Commissione, l'ETA agisce quale organo che costituisce parte integrante della Minoan, dato che quest'ultima le ha affidato anche la gestione corrente della supervisione logistica e commerciale delle sue navi. Essa ne deduce che le due società sono caratterizzate, riguardo allo sfruttamento delle navi gestite dall'ETA, da un'unità di azione e che le stesse costituiscono un'unica entità economica. Di conseguenza, la Commissione non avrebbe commesso errori in merito al destinatario della decisione e al luogo in cui doveva essere effettuato il controllo.

26.
    In subordine, la Commissione sostiene che, anche supponendo che vi sia un errore rispetto al destinatario della decisione di accertamento, non se ne dovrebbe dedurre che gli elementi probatori non possano essere utilizzati, poiché una simile conseguenza è prevista unicamente nel caso in cui la Commissione oltrepassi i poteri d'indagine che le sono conferiti, affinché i detti poteri siano esercitati in modo tale da garantire il rispetto dei diritti delle imprese interessate (ordinanza del presidente della Corte 26 marzo 1987, causa 46/87 R, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 1549, punto 34).

Giudizio del Tribunale

A - Sull'interesse legittimo della ricorrente a sollevare il presente motivo

27.
    La Commissione contesta che la ricorrente abbia un interesse legittimo ad invocare il motivo di annullamento vertente sull'illegittimità dell'accertamento effettuato negli uffici dell'ETA, in quanto la stessa ha ammesso esplicitamente i fatti dimostrati dai documenti rinvenuti nei detti uffici.

28.
    Tuttavia, la circostanza che essa abbia ammesso determinati fatti non significa, in nessun caso, che abbia rinunciato a contestare, o non possa contestare, la legittimità degli accertamenti effettuati dalla Commissione durante i quali essa è venuta in possesso di documenti idonei a costituire elementi probatori di un'infrazione. In realtà, come sottolinea la ricorrente, anche se ha ammesso esplicitamente i fatti relativi alle consultazioni sulla fissazione dei prezzi, essa può non essere d'accordo con il modo in cui la Commissione è venuta in possesso dei documenti su cui la Decisione si basa o con il modo in cui la stessa li ha valutati come elementi probatori di un'intesa.

29.
    Infatti, come ha dichiarato il Tribunale, «il rischio che un'impresa che si è avvalsa di una riduzione dell'ammenda come corrispettivo della propria cooperazione presenti successivamente ricorso d'annullamento contro la decisione che ha constatato l'infrazione alle regole della concorrenza e ha sanzionato l'impresa responsabile a tale titolo, e risulti vittoriosa dinanzi al Tribunale di primo grado o dinanzi alla Corte in sede di impugnazione è una conseguenza normale dell'esperimento dei mezzi di ricorso previsti dal Trattato e dallo Statuto [della Corte di giustizia]. Pertanto, il mero fatto che l'impresa che ha cooperato con la Commissione e fruito di una riduzione dell'ammenda a tale titolo sia risultata vittoriosa non può giustificare una nuova valutazione della portata della riduzione concessale» (sentenza del Tribunale 28 febbraio 2002, causa T-354/94, Stora Kupparbergs Bergslags/Commissione, Racc. pag. II-843, punto 85).

30.
    Alla luce di quanto sopra va rilevato, da un lato, che la ricorrente ha un interesse legittimo a contestare il modo in cui si è svolto l'accertamento in questione e, dall'altro, che occorre respingere la richiesta avanzata dalla Commissione al Tribunale affinché questo eserciti la sua competenza giurisdizionale anche di merito ed aumenti l'ammenda inflitta alla ricorrente al fine di privarla dei benefici che essa ha ottenuto dalla Commissione per aver ammesso i fatti rilevati dalla stessa.

B - Nel merito

31.
    Nell'ambito del motivo in esame la ricorrente contesta alla Commissione, in sostanza, di aver raccolto illegittimamente le prove su cui si fonda la Decisione, giacché le ha reperite nel corso di un accertamento effettuato negli uffici di un'impresa cui non era destinata la decisione di accertamento. La ricorrente fa valere che, in tal modo, la Commissione ha abusato dei suoi poteri di accertamento e ha violato l'art. 18 del regolamento n. 4056/86 e i principi generali del diritto.

32.
    Per il Tribunale occorre valutare la fondatezza di tale motivo alla luce dei principi che disciplinano i poteri di accertamento della Commissione e delle specifiche circostanze di specie.

1. Poteri di accertamento della Commissione

33.
    Dal sedicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 4056/86 risulta che per il legislatore il detto regolamento doveva prevedere «i poteri di decisione e le sanzioni necessari per assicurare il rispetto dei divieti previsti dall'articolo 85, paragrafo 1, e dell'articolo 86 [del Trattato], nonché delle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3».

34.
    Più precisamente, i poteri di accertamento in loco della Commissione sono esposti all'art. 18 del regolamento n. 4056/86, che recita quanto segue:

«Articolo 18

    Poteri di accertamento della Commissione

1.    Per l'assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento la Commissione può procedere a tutti gli accertamenti necessari presso le imprese e le associazioni di imprese.

Gli agenti dalla Commissione incaricati a tal fine dispongono dei seguenti poteri:

a)    controllare i libri e gli altri documenti aziendali,

b)    prendere copie e estratti dei libri e degli altri documenti aziendali,

c)    richiedere spiegazioni orali “in loco”,

d)    accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese.

2.    Gli agenti incaricati dalla Commissione di procedere ai suddetti accertamenti esercitano i loro poteri su presentazione di un mandato scritto che precisi l'oggetto e lo scopo dell'accertamento, nonché la sanzione prevista dall'articolo 19, paragrafo 1, lettera c), per l'ipotesi in cui i libri e gli altri documenti aziendali richiesti siano presentati in modo incompleto. La Commissione avvisa in tempo utile prima dell'accertamento l'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere compiuto l'accertamento, della missione di accertamento e dell'identità dei suddetti agenti.

3.    Le imprese e le associazioni di imprese sono obbligate a sottoporsi agli accertamenti ordinati dalla Commissione mediante decisione. La decisione precisa l'oggetto e lo scopo dell'accertamento, ne fissa la data di inizio ed indice le sanzioni previste dall'articolo 19, paragrafo 1, lettera c), e dall'articolo 20, paragrafo 1, lettera d), nonché il diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia avverso la decisione.

4.    La Commissione prende le decisioni di cui al paragrafo 3 dopo aver sentito l'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere effettuato l'accertamento.

5.    Gli agenti dell'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio deve essere effettuato l'accertamento possono, su domanda di tale autorità o della Commissione, prestare assistenza agli agenti della Commissione nell'assolvimento dei loro compiti.

6.    Quando un'impresa si oppone ad un accertamento ordinato a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta agli agenti incaricati dalla Commissione l'assistenza necessaria per l'esecuzione del loro mandato. A tal fine, gli Stati membri, anteriormente al 1° gennaio 1989 e dopo aver consultato la Commissione, prendono le misure necessarie».

35.
    Poiché il tenore dell'art. 18 del regolamento n. 4056/86 è identico a quello dell'art. 14 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli artt. 85 e 86 del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), ed entrambi i detti regolamenti sono stati adottati in base all'art. 87 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 83 CE) al fine di precisare le modalità di applicazione degli artt. 85 del Trattato e 86 del Trattato CE (divenuto art. 82 CE), la giurisprudenza relativa all'ampiezza dei poteri di accertamento della Commissione ai sensi dell'art. 14 del regolamento n. 17 vale anche nel caso di specie.

36.
    Conformemente all'art. 87, n. 2, lett. a) e b), il regolamento n. 17 ha lo scopo di garantire l'osservanza dei divieti di cui agli artt. 85, n. 1, e 86 del Trattato e di determinare le modalità di applicazione dell'art. 85, n. 3. Esso è perciò inteso ad assicurare la realizzazione dell'obiettivo di cui all'art. 3, lett. f), del Trattato. A tal fine conferisce alla Commissione un ampio potere d'accertamento e di verifica precisando, all'ottavo ‘considerando’, che essa deve disporre, nell'intero ambito del mercato comune, del potere di esigere le informazioni e di procedere agli accertamenti «necessari» per mettere in luce le infrazioni ai suddetti artt. 85 e 86 (sentenze della Corte 26 giugno 1980, causa 136/79, National Panasonic/Commissione, Racc. pag. 2033, punto 20, e 18 maggio 1982, causa 155/79, AM & S/Commissione, Racc. pag. 1575, punto 15). Anche il sedicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 4056/86 recita in tal senso.

37.
    Il giudice comunitario ha parimenti sottolineato l'importanza del rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, dei diritti della difesa in tutti i procedimenti promossi ai sensi delle norme del Trattato in materia di concorrenza e ha precisato nelle sue sentenze in quale modo i diritti della difesa vanno conciliati con i poteri della Commissione nel procedimento amministrativo come pure nelle fasi preliminari d'indagine e di acquisizione d'informazioni.

38.
    La Corte ha infatti puntualizzato che i diritti della difesa devono essere rispettati dalla Commissione sia nei procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni, sia nello svolgimento delle procedure d'indagine previa, perché è necessario evitare che i detti diritti vengano irrimediabilmente compromessi nell'ambito di procedure d'indagine previa, fra cui, in particolare, gli accertamenti, che possono essere determinanti per la costituzione delle prove dell'illegittimità di comportamenti di imprese atti a farne sorgere la responsabilità (sentenza della Corte 21 settembre 1989, cause riunite 46/87 e 227/88, Hoechst/Commissione, Racc. pag. 2859, punto 15).

39.
    Per quanto riguarda più precisamente i poteri di accertamento attribuiti alla Commissione dall'art. 14 del regolamento n. 17 e la misura in cui i diritti della difesa limitano la loro ampiezza, la Corte ha riconosciuto che l'esigenza di una tutela contro interventi delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di una persona, fisica o giuridica, che siano arbitrari o eccessivi, rappresenta un principio generale del diritto comunitario (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 19, e sentenza della Corte 22 ottobre 2002, causa C-94/00, Roquette Frères, Racc. pag. I-9011, punto 27). La Corte ha statuito, infatti, che in tutti i sistemi giuridici degli Stati membri gli interventi delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di ogni persona, fisica o giuridica, devono essere fondati sulla legge ed essere giustificati dai motivi che questa contempla; tali ordinamenti prevedono pertanto, pur se con modalità diverse, una tutela contro interventi arbitrari o eccessivi.

40.
    Come la Corte ha statuito, i poteri attribuiti alla Commissione dall'art. 14 del regolamento n. 17 servono a consentirle di espletare il compito, ad essa affidato dal Trattato CE, di garantire l'osservanza delle norme sulla concorrenza nel mercato comune. Dette norme, come risulta dal quarto capoverso del preambolo del Trattato, dall'art. 3, lett. f), e dagli artt. 85 e 86 del Trattato, hanno la funzione di evitare che la concorrenza sia alterata a danno dell'interesse pubblico, delle singole imprese e dei consumatori. L'esercizio di tali poteri contribuisce pertanto al mantenimento del regime di libera concorrenza voluto dal Trattato, la cui osservanza si impone categoricamente alle imprese (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 25).

41.
    Del pari, la Corte ha rilevato che tanto dallo scopo del regolamento n. 17 quanto dall'elenco, all'art. 14 dello stesso, dei poteri attribuiti agli agenti della Commissione emerge che gli accertamenti possono avere una portata molto ampia. Più in particolare, la Corte ha affermato espressamente che «il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei locali commerciali delle imprese» (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 26).

42.
    La Corte ha tenuto a sottolineare anche l'importanza di salvaguardare l'effetto utile degli accertamenti quali strumento necessario alla Commissione per svolgere le sue funzioni di garante del Trattato in materia di concorrenza, precisando quanto segue (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 27): «questo diritto di accesso sarebbe inutile se gli agenti della Commissione dovessero limitarsi a chiedere la produzione di documenti o di fascicoli che già a priori siano in grado di identificare con precisione. Tale diritto implica invece la facoltà di ricercare elementi di informazione diversi ancora ignoti o non completamente identificati. Senza siffatta facoltà sarebbe impossibile per la Commissione acquisire gli elementi d'informazione necessari all'accertamento qualora le fosse opposto un rifiuto di collaborazione o le imprese interessate assumessero un atteggiamento ostruzionistico».

43.
    Va rilevata, tuttavia, l'esistenza di varie garanzie di diritto comunitario offerte alle imprese interessate contro interventi arbitrari o eccessivi delle pubbliche autorità nella sfera delle loro attività private (sentenza Roquette Frères, cit., punto 43).

44.
    L'art. 14, n. 3, del regolamento n. 17 impone alla Commissione di motivare la decisione con cui ordina un accertamento indicando l'oggetto e lo scopo di quest'ultimo, ciò che, come precisato dalla Corte, è fondamentale non solo per evidenziare la giustificatezza dell'intervento che s'intende effettuare all'interno delle imprese interessate, ma anche per consentire a queste ultime di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione, pur facendo salvi al contempo i loro diritti di difesa (sentenze Hoechst/Commissione, cit., punto 29, e Roquette Frères, cit., punto 47).

45.
    Del pari, la Commissione è tenuta ad indicare nella predetta decisione, in maniera il più possibile precisa, l'oggetto della ricerca nonché gli elementi sui quali deve vertere l'accertamento (sentenza National Panasonic/Commissione, cit., punti 26 e 27). Come stabilito dalla Corte, una simile prescrizione è atta a tutelare i diritti della difesa delle imprese interessate, in quanto tali diritti sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse fondarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all'oggetto ed allo scopo di questo (sentenze della Corte 17 ottobre 1989, causa 85/87, Dow Benelux/Commissione, Racc. pag. 3137, punto 18, e Roquette Frères, cit., punto 48).

46.
    Inoltre, si deve ricordare che un'impresa nei cui confronti la Commissione ha disposto un accertamento può, in forza dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, quarto comma, CE), presentare ricorso avverso tale decisione dinanzi al giudice comunitario. Nel caso in cui la decisione fosse annullata da quest'ultimo, ciò impedirebbe alla Commissione di avvalersi, ai fini del procedimento per infrazione alle norme comunitarie sulla concorrenza, di tutti i documenti o atti probatori ch'essa può essersi procurata in occasione di detto accertamento, sotto pena di esporsi al rischio di annullamento, da parte del giudice comunitario, della decisione relativa all'infrazione nella parte in cui fosse basata su mezzi probatori del genere (v. ordinanze del presidente della Corte Hoechst/Commissione, cit., punto 34, e 28 ottobre 1987, causa 85/87 R, Dow Chemical Nederland/Commissione, Racc. pag. 4367, punto 17; sentenza Roquette Frères, cit., punto 49).

47.
    E' alla luce delle considerazioni sopra svolte che occorre valutare la fondatezza del motivo vertente sulla pretesa illegittimità dell'accertamento.

2. Quanto alla fondatezza del motivo

48.
    Preliminare all'esame della fondatezza del motivo in esame è l'esposizione delle circostanze in cui è stato effettuato l'accertamento nella fattispecie.

a) Fatti pertinenti e non contestati dalle parti

49.
    Il 12 ottobre 1992 la Commissione, in forza del regolamento n. 4056/86, a seguito del reclamo presentato da un cittadino secondo il quale i prezzi dei traghetti fra la Grecia e l'Italia erano molto simili su tutte le linee, ha inoltrato una richiesta di informazioni alla Minoan all'indirizzo della sua sede sociale (Agiou Titou 38, Heraklion, Creta).

50.
    Il 20 novembre 1992 la Commissione ha ricevuto una lettera di risposta alla sua richiesta di informazioni, firmata dal sig. Sfinias, su carta intestata della Minoan su cui figuravano, in alto a sinistra, un unico logo commerciale, «Minoan Lines», e, subito al di sotto, un unico indirizzo: «2 Vas. Konstantinou Av. (Stadion); 11635, ATHENS».

51.
    Il 1° marzo 1993 la Commissione ha indirizzato una seconda richiesta di informazioni alla Minoan sempre alla sua sede sociale di Heraklion.

52.
    Il 5 maggio 1993 è stato risposto alla lettera della Commissione 1° marzo 1993 con una lettera firmata anch'essa dal sig. Sfinias, redatta su carta intestata della Minoan, su cui figurava, sempre in altro a sinistra, un unico logo commerciale, «Minoan Lines», ma stavolta senza menzione di alcun indirizzo al di sotto. A pie' di pagina la lettera riportava due indirizzi: «INTERNATIONAL LINES HEAD OFFICES: 64B Kifissias Ave. GR, 151 25, Maroussi, Athens» e, sotto, «PASSENGERS OFFICE: 2 Vassileos Konstantinou Ave. GR, 116 35 Athens».

53.
    Il 5 luglio 1994 taluni agenti della Commissione si sono presentati nei locali di viale Kifissias 64B, Maroussi, Atene, e hanno consegnato alle persone che li avevano ricevuti, poi risultati dipendenti dell'ETA, la decisione di accertamento e i mandati D/06658 e D/06659, del 4 luglio 1994, firmati dal direttore generale della Direzione generale Concorrenza, che abilitavano gli agenti della Commissione all'accertamento.

54.
    Sulla base dei detti documenti gli agenti della Commissione hanno chiesto ai dipendenti della società di consentire l'accertamento. Questi ultimi hanno tuttavia fatto loro presente che si trovavano negli uffici dell'ETA, che essi erano dipendenti dell'ETA e che l'ETA era una persona giuridica indipendente, priva di qualsiasi rapporto con la Minoan che non fosse di agenzia. Gli agenti della Commissione, dopo aver telefonato ai loro superiori a Bruxelles, hanno insistito per effettuare l'accertamento e hanno ricordato ai dipendenti dell'ETA che, in caso di rifiuto, avrebbero potuto essere adottate sanzioni ai sensi degli artt. 19, n. 1, e 20, n. 1, del regolamento n. 4056/86, disposizioni citate entrambe nella decisione di accertamento e riprodotte testualmente nel suo allegato. Inoltre i detti agenti hanno chiesto alla Direzione Controllo del mercato e della concorrenza del Ministero ellenico del Commercio, in quanto autorità nazionale competente in materia di concorrenza, di mandare un proprio agente negli uffici dell'ETA.

55.
    Gli agenti della Commissione non hanno espressamente informato i dipendenti dell'ETA della possibilità di farsi assistere da un avvocato, ma hanno consegnato loro una nota di due pagine esplicativa della natura e delle normali modalità dell'accertamento.

56.
    I dipendenti dell'ETA, dopo aver telefonato al loro direttore, al momento fuori Atene, hanno deciso infine di sottoporsi all'accertamento, facendo presente, però, che intendevano far mettere a verbale il loro disaccordo.

57.
    Gli agenti della Commissione hanno poi iniziato l'accertamento, terminato alla fine del giorno seguente, il 6 luglio 1994.

58.
    Occorre osservare, infine, che l'ETA, in qualità di rappresentante della Minoan, era pienamente autorizzata ad agire e a presentarsi nell'esercizio delle sue attività commerciali come «Minoan Lines Atene», nonché ad adoperare il marchio e il logo della Minoan nell'espletamento delle sue funzioni di agente.

59.
    Ciò considerato, il Tribunale rileva che dal contesto fattuale risulta chiaramente quanto segue:

-    in primo luogo, nello svolgimento e nella gestione delle sue attività di agente e di rappresentante della Minoan, l'ETA era autorizzata a presentarsi al pubblico in genere nonché alla Commissione come Minoan, di modo che la sua identità quale gestore delle attività commerciali di cui trattasi era in pratica completamente assimilata a quella della Minoan;

-    in secondo luogo, il fatto che le lettere della Commissione alla Minoan siano state trasmesse al sig. Sfinias per una risposta diretta alla Commissione indica che sia la Minoan che l'ETA e il sig. Sfinias sapevano fin dall'inizio dell'intervento della Commissione che quest'ultima stava dando seguito a un reclamo; essi hanno anche preso conoscenza della natura del reclamo, dell'oggetto della richiesta di informazioni e del fatto che la Commissione agiva ai sensi del regolamento n. 4056/86, citato nelle lettere suddette; ne consegue che, trasmettendo le lettere al sig. Sfinias per una risposta, la Minoan ha de facto autorizzato non solo quest'ultimo, ma pure l'ETA a presentarsi alla Commissione come la legittima interlocutrice della Minoan nell'ambito dell'indagine in discorso;

-    in terzo luogo, da tutto quanto precede nonché dal fatto che la Minoan aveva delegato l'esercizio delle sue attività commerciali all'ETA discende che gli uffici di viale Kifissias 64B erano, in pratica, il vero centro delle attività commerciali della «Minoan» e, per questo, il luogo in cui si trovavano i libri e i documenti aziendali relativi alle dette attività.

60.
    Ne consegue che i locali di cui trattasi erano della Minoan in quanto destinataria della decisione di accertamento ai sensi dell'art. 18, n. 1, lett. d), del regolamento n. 4056/86.

b) Quanto al rispetto, nella fattispecie, dei principi cui la Commissione deve informare l'esercizio dei suoi poteri di accertamento

61.
    Emerge dal fascicolo che sia i mandati che la decisione di accertamento presentati dai funzionari della Commissione ai dipendenti dell'ETA soddisfacevano il requisito dell'indicazione dell'oggetto e dello scopo dell'accertamento. Infatti la decisione di accertamento dedica una pagina e mezza dei suoi ‘considerando’ all'esposizione delle ragioni per le quali la Commissione ritiene che possa sussistere un'intesa sulle tariffe di trasporto di passeggeri, autovetture e autocarri fra le principali compagnie di navigazione marittima sulle linee Grecia-Italia confliggente con l'art. 85, n. 1, del Trattato. Essa indica i tratti salienti del mercato pertinente, le principali compagnie operanti su tale mercato, fra cui la Minoan, le quote di mercato delle compagnie in servizio sulle tre diverse linee e descrive in maniera particolareggiata il tipo di comportamento che a suo avviso può risultare contrario all'art. 85, n. 1, del Trattato. La stessa afferma chiaramente che l'impresa destinataria, ossia la Minoan, è una delle principali compagnie operanti sul mercato di cui trattasi e sottolinea che tale impresa già era a conoscenza dell'ispezione in oggetto.

62.
    In seguito, nel dispositivo della decisione di accertamento, l'art. 1 indica espressamente che lo scopo di quest'ultimo è di determinare se i sistemi di fissazione dei prezzi o delle tariffe applicati dalle compagnie del settore dei trasporti roll-on/roll-off tra la Grecia e l'Italia confliggano con l'art. 85, n. 1, del Trattato. L'art. 1 della decisione di accertamento enuncia anche l'obbligo dell'impresa destinataria di sottoporsi all'accertamento e descrive i poteri conferiti agli agenti della Commissione in occasione del detto accertamento. L'art. 2 si riferisce alla data in cui doveva avvenire l'accertamento. L'art. 3 menziona il destinatario della decisione. E' precisato che la decisione di accertamento è indirizzata alla Minoan. Tre indirizzi figurano come possibili luoghi di ispezione: il primo è Lungomare Poseidon 28, Il Pireo, il secondo, Lungomare Poseidon 24, Il Pireo, e il terzo, viale Kifissias 64B, Maroussi, Atene, luogo in cui gli agenti della Commissione si sono da ultimo recati. Infine, l'art. 4 prevede la possibilità di presentare contro la decisione di accertamento un ricorso dinanzi al Tribunale, sottolineando che tale ricorso non ha effetto sospensivo salvo decisione contraria del Tribunale.

63.
    Per quanto riguarda i mandati di accertamento conferiti agli agenti della Commissione, essi indicano esplicitamente che tali agenti sono abilitati a procedere nel senso e allo scopo esposti nella decisione di accertamento, riportata contestualmente in allegato.

64.
    Risulterebbe dunque con chiarezza dal contenuto di tali atti, da un lato, che la Commissione voleva procurarsi indizi e prove della partecipazione della Minoan alla presunta collusione e, dall'altro, che essa pensava di poterne trovare, tra altri luoghi, nei locali di viale Kifissias 64B, 15125 Maroussi, Atene, locali che essa credeva della Minoan. Al riguardo occorre ricordare che il detto indirizzo era stampato sulla carta da lettera utilizzata dalla Minoan per la sua risposta 5 maggio 1993 alla richiesta d'informazioni della Commissione 1° marzo 1993, a pie' della quale leggesi: «INTERNATIONAL LINES HEAD OFFICES: 64B Kifissias Ave. GR, 151 25, Maroussi, Athens».

65.
    Il Tribunale ritiene che la decisione e i mandati di accertamento contenessero tutti gli elementi adatti a permettere ai dipendenti dell'ETA di giudicare se, considerata la motivazione della detta decisione e alla luce della loro conoscenza in merito alla natura e alla portata delle relazioni tra l'ETA e la Minoan, essi fossero tenuti a permettere o meno l'accertamento della Commissione nei loro locali.

66.
    Occorre perciò concludere che, relativamente alla decisione e ai mandati di accertamento, i requisiti posti dalla giurisprudenza sono stati pienamente soddisfatti per quanto riguarda il titolare dei locali ispezionati, ossia l'ETA, perché in quanto impresa che gestiva gli affari della Minoan sul mercato dei trasporti marittimi roll-on/roll-off sulle linee Grecia-Italia, essa era in grado di valutare la portata dei suoi doveri di collaborazione con gli agenti della Commissione e perché, nel suo caso, i diritti della difesa sono stati pienamente preservati, tenuto conto del grado di motivazione dei detti atti e della menzione esplicita della possibilità di presentare un ricorso contro la decisione di accertamento dinanzi al Tribunale. Il fatto che né l'ETA né la Minoan abbiano poi proposto un tale ricorso è solo frutto di una loro scelta e non può infirmare questa conclusione, bensì - piuttosto - confermarla.

67.
    Al riguardo occorre ricordare che l'ETA, sebbene dal punto di vista giuridico fosse un'entità distinta dalla Minoan, nondimeno era, quale sua rappresentante e gestore esclusivo delle attività costituenti oggetto dell'accertamento della Commissione, in tutto e per tutto assimilata alla sua committente, sì da soggiacere al medesimo obbligo di cooperazione incombente a quest'ultima.

68.
    Inoltre, nell'ipotesi in cui sia lecito alla Minoan invocare i diritti della difesa dell'ETA in quanto ente distinto, va osservato che tali diritti non sono mai stati messi in discussione. Invero, né le eventuali differenti attività, né i libri e i documenti aziendali dell'ETA erano oggetto dell'accertamento in discorso.

69.
    Non si può neppure censurare, nelle circostanze di specie, il fatto che la Commissione abbia ritenuto che la Minoan avesse propri locali all'indirizzo ateniese dove si sono recati i suoi agenti e che, di conseguenza, abbia incluso il detto indirizzo nella sua decisione di accertamento come quello di uno dei centri di attività della Minoan.

70.
    Occorre poi affrontare la questione se, insistendo per procedere all'accertamento, la Commissione non sia andata al di là del lecito.

71.
    Risulta dalla giurisprudenza dinanzi citata che la Commissione deve assicurare, nei suoi accertamenti, il rispetto del principio della legittimità dell'azione delle istituzioni comunitarie e del principio della tutela contro interventi arbitrari delle pubbliche autorità nella sfera di attività privata di una persona, fisica o giuridica (v. sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 19). Sarebbe sproporzionato e contrario alle disposizioni del regolamento n. 4056/86 e ai principi fondamentali del diritto riconoscere alla Commissione, in generale, il diritto di accedere, in forza di una decisione di accertamento indirizzata a un ente giuridico determinato, ai locali di un ente giuridico terzo con il mero pretesto che questo è strettamente legato al destinatario della decisione di accertamento ovvero che la Commissione pensa di poter rinvenire colà documenti di quest'ultimo, come pure il diritto di effettuare accertamenti in tali locali in base alla detta decisione.

72.
    Orbene, nella fattispecie la ricorrente non può lamentare che la Commissione abbia tentato di ampliare i suoi poteri di accertamento visitando i locali di una società diversa da quella destinataria della decisione. Al contrario, dal fascicolo risulta che la Commissione ha agito con diligenza e nel pieno rispetto del suo dovere di assicurarsi per quanto possibile, prima dell'accertamento, che i locali che intendeva ispezionare appartenessero effettivamente all'ente giuridico sul quale voleva indagare. Occorre ricordare a tale riguardo un preesistente scambio di corrispondenza tra la Commissione e la Minoan nel corso del quale quest'ultima ha risposto a due lettere della Commissione con due lettere firmate dal sig. Sfinias, poi risultato l'amministratore dell'ETA, senza tuttavia fare la minima menzione dell'esistenza dell'ETA o del fatto che la Minoan agisse sul mercato per mezzo di un agente esclusivo.

73.
    Inoltre, si deve osservare, come la Commissione ha rilevato nel suo controricorso, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che nell'elenco dei membri dell'Unione degli armatori greci di navi passeggeri di cabotaggio compare il sig. Sfinias, colui che ha firmato le due lettere a nome della Minoan, che nella tabella dei prezzi pubblicata dalla Minoan è menzionata un'agenzia generale all'indirizzo di viale Kifissias 64B, Atene, e infine che nell'elenco telefonico di Atene è indicato per la società Minoan Lines il recapito al quale la Commissione si è presentata per effettuare l'accertamento.

74.
    Resta da accertare se gli agenti della Commissione, una volta appreso che l'ETA non era la società destinataria della decisione di accertamento di cui disponevano, avrebbero dovuto andarsene e ritornare semmai con una decisione indirizzata all'ETA e debitamente motivata quanto alle ragioni di tale accertamento nell'ambito della presente controversia.

75.
    Occorre rilevare che, considerate le specifiche circostanze suesposte, la Commissione ha potuto sensatamente ritenere che le «precisazioni» dei dipendenti dell'ETA non fossero sufficienti né a far luce subito sulla separata identità di tali due persone giuridiche, né a giustificare la sospensione dell'accertamento, tanto più che, come sottolinea la Commissione, per stabilire se si trattasse o meno della medesima impresa sarebbe stata necessaria una valutazione nel merito, in particolare un'interpretazione della portata dell'ambito di applicazione dell'art. 18 del regolamento n. 4056/86.

76.
    E' giocoforza constatare che, nelle circostanze di specie, la Commissione ha giustamente stimato, perfino dopo aver appreso che i locali siti all'indirizzo visitato appartenevano all'ETA e non alla Minoan, che tali locali dovessero comunque considerarsi utilizzati dalla Minoan per le sue attività commerciali e che, quindi, potessero essere assimilati ai locali commerciali dell'impresa destinataria della decisione di accertamento. Si deve rammentare a tal proposito che la Corte ha affermato che il diritto di accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto delle imprese riveste particolare importanza in quanto deve consentire alla Commissione di raccogliere le prove delle violazioni delle norme sulla concorrenza nei luoghi in cui queste di regola si trovano, vale a dire nei «locali commerciali delle imprese» (sentenza Hoechst/Commissione, cit., punto 26). La Commissione poteva perciò tener conto, nell'esercizio dei suoi poteri di accertamento, della logica secondo cui le sue possibilità di rinvenire prove della presunta infrazione aumentano qualora essa indaghi nei locali a partire dai quali la società interessata dall'accertamento svolge abitualmente e de facto la sua attività d'impresa.

77.
    Infine, va comunque aggiunto che non c'è stata opposizione definitiva all'accertamento della Commissione.

78.
    Ne discende che nella fattispecie, insistendo per procedere all'accertamento in un caso del genere, la Commissione non ha abusato dei poteri di accertamento riconosciutile dall'art. 18, n. 1, del regolamento n. 4056/86.

c) Quanto al rispetto dei diritti della difesa e alla non eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA

79.
    Come ricordato sopra, la giurisprudenza della Corte e del Tribunale mostra che, nonostante occorra preservare l'effetto utile degli accertamenti della Commissione, quest'ultima deve da parte sua assicurare il rispetto dei diritti della difesa delle imprese interessate dall'accertamento ed evitare ogni intervento arbitrario o eccessivo nella loro sfera privata di attività (sentenze Hoechst/Commissione, cit., punto 19; Dow Benelux/Commissione, cit., punto 30; sentenze della Corte 17 ottobre 1989, cause riunite 97/87-99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 16, e del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cosiddetta sentenza «PVC II», Racc. pag. II-931, punto 417).

80.
    Quanto al rispetto dei diritti della difesa, va rilevato che né la ricorrente né l'ente giuridico titolare dei locali ispezionati, ossia l'ETA, hanno ritenuto opportuno presentare un ricorso contro la decisione (di accertamento) sulla cui base l'accertamento ha avuto luogo, benché l'art. 18, n. 3, del regolamento n. 4056/86 preveda espressamente tale possibilità.

81.
    Inoltre, con riguardo alla ricorrente, basta osservare che essa si è avvalsa del suo diritto di chiedere il controllo della legittimità intrinseca dell'accertamento nell'ambito del ricorso di annullamento in oggetto contro la decisione finale adottata dalla Commissione ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato.

82.
    E' altresì pacifico che la Commissione, siccome i dipendenti dell'ETA non si sono opposti, in definitiva, all'esecuzione del suo accertamento, non si è vista obbligata a chiedere un mandato giudiziario e/o l'assistenza della forza pubblica per procedere all'ispezione. Ne consegue che un accertamento come quello di cui alla fattispecie deve considerarsi effettuato con la cooperazione dell'impresa interessata. Il fatto che sia stata contattata l'autorità ellenica della concorrenza e che uno dei suoi agenti si sia recato nei luoghi dell'accertamento non può contraddire la conclusione precedente, perché tale misura è prevista all'art. 18, n. 5, del regolamento n. 4056/86 per l'ipotesi in cui l'impresa non si opponga all'accertamento. In tali circostanze non può parlarsi di un'eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA, giacché non è stato prodotto alcun elemento per sostenere che la Commissione abbia oltrepassato i limiti della collaborazione offerta dai dipendenti dell'ETA (v., in tal senso, sentenza PVC II, cit., punto 422).

C - Conclusione

83.
    Da tutto quanto precede risulta che, nella fattispecie, la Commissione ha agito del tutto legittimamente sia per quanto concerne gli atti di accertamento adottati, sia in relazione alla maniera in cui ha poi svolto l'accertamento, preservando i diritti della difesa delle imprese interessate e rispettando pienamente il principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi eccessivi o arbitrari delle pubbliche autorità nella sfera delle attività private di una persona, fisica o giuridica.

84.
    Il motivo in esame dev'essere pertanto respinto.

Sul secondo motivo, vertente su un'erronea applicazione al caso di specie dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto le imprese in causa non godevano della necessaria autonomia, essendo il loro comportamento dettato dal contesto normativo e dalle sollecitazioni delle autorità elleniche

Argomenti delle parti

85.
    La ricorrente ammette che, come la maggior parte delle società marittime di trasporto passeggeri e veicoli che operano sul mercato Grecia/Italia, essa ha partecipato a trattative per moltissimi anni al fine di stabilire le tariffe applicabili sul detto mercato.

86.
    Tuttavia, essa contesta alla Commissione di aver svolto una valutazione incompleta dei fatti pertinenti, non tenendo assolutamente conto dell'impatto della regolamentazione che disciplina la navigazione mercantile in Grecia, dell'intervento del Ministero della Marina mercantile sul mercato Grecia/Italia e degli obblighi di servizio pubblico incombenti alle imprese interessate riguardo alle attività delle stesse.

87.
    La ricorrente sostiene che il fatto di non aver tenuto in considerazione il contesto in cui si sono svolti i fatti ha indotto la Commissione a sostenere ingiustamente che le imprese in questione disponessero di un'autonomia sufficiente in materia di politica tariffaria sul segmento internazionale delle linee che collegano la Grecia all'Italia e, con ciò, a commettere un errore manifesto per aver ritenuto l'art. 85, n. 1, del Trattato applicabile nel caso di specie.

88.
    Al fine di dimostrare che non disponeva di autonomia nella fissazione delle tariffe internazionali durante il periodo controverso, la ricorrente fa riferimento, in primo luogo, all'impatto della regolamentazione ellenica in materia di navigazione e, in particolare, agli effetti della legge n. 4195/29, relativa alla concorrenza sleale delle navi passeggeri.

89.
    Dopo aver sottolineato l'importanza attribuita dalla Grecia alle linee marittime che collegano la Grecia all'Italia, la ricorrente ricorda che le dette linee includono un tratto interno al territorio ellenico (da Patrasso/Igumenitsa fino a Corfù). Ai sensi della normativa ellenica, l'approvazione dei relativi collegamenti e la fissazione di prezzi uniformi per il tratto nazionale di tali linee sarebbe di competenza del Ministero della Marina mercantile. Più precisamente, le tariffe sarebbero fissate con decisione ministeriale su proposta dell'Unione degli armatori greci di navi passeggeri di cabotaggio e sentito il parere del comitato consultivo delle linee di cabotaggio. La ricorrente precisa che la normativa applicabile al tratto nazionale delle linee è costituita dal codice di diritto pubblico della navigazione (capitolo relativo al cabotaggio, artt. 158-180 bis), dalla legge n. 4195/29, citata, e dal decreto legge n. 288/69, relativo al controllo dei tragitti effettuati da navi greche di trasporto passeggeri tra porti greci e porti di altri paesi mediterranei.

90.
    La ricorrente osserva che gli artt. 1, 2 e 4 della legge n. 4195/29, citata, prevedono obblighi e divieti che si applicano alle società operanti tra la Grecia e l'Italia e che coprono soltanto il tratto greco delle linee. Essa rileva che la Commissione ha valutato erroneamente l'impatto di tale legge, esaminandone soltanto il tenore e non la sostanza, vale a dire il modo in cui la detta legge si applica su tutto il mercato Grecia/Italia. Essa ricorda che tale legge vieta, «sulle linee per l'estero, ogni ribasso delle tariffe di trasporto di passeggeri e di merci che, operato a fini di concorrenza sleale, porti i prezzi a livelli irrisori e sproporzionati rispetto ad una remunerazione ragionevole e giusta dei servizi forniti e alle esigenze di sicurezza e di comfort dei passeggeri, o a livelli inferiori a quelli generalmente applicati nel porto». Orbene, secondo la ricorrente, poiché le compagnie avevano l'obbligo di mantenere il funzionamento delle linee marittime in inverno, esse erano disposte a ridurre le tariffe a livelli molto bassi al fine di coprire una parte del potenziale eccedente che erano tenute a mantenere. In questo modo, una politica di prezzi esigui su un mercato determinato condurrebbe inevitabilmente ad una guerra dei prezzi e a tariffe «irrisorie e sproporzionate rispetto ai (...) servizi prestati», che provocherebbero l'applicazione della legge n. 4195/29, citata, e certamente l'intervento diretto del Ministero della Marina mercantile. Alla luce di ciò, anche se la detta legge fissa solo un livello di prezzi minimo, il suo effetto reale sarebbe una restrizione di qualsiasi possibilità di concorrenza in materia tariffaria per le società a cui è stata affidata l'esecuzione di servizi di pubblico interesse. Pertanto, la Commissione avrebbe valutato erroneamente le conseguenze effettive di tale legge sul mercato in questione, non comprendendo che la detta legge, combinata all'obbligo di prestare i servizi in questione, non ha lasciato alle società interessate altra possibilità se non quella di accordarsi per uniformare le loro tariffe.

91.
    La ricorrente osserva inoltre che il decreto legge n. 288/69, il quale si applica a tutte le navi di trasporto passeggeri che battono bandiera greca e che imbarcano passeggeri in porti greci verso altri porti del Mediterraneo, impone obblighi molto rigidi ai proprietari delle navi. Ai sensi degli artt. 2 e 3 di tale testo, i proprietari devono rendere al Ministero della Marina mercantile una dichiarazione scritta che indichi tutti gli itinerari, da cui non possono discostarsi.

92.
    La ricorrente ricorda che è possibile operare sulle linee nazionali soltanto in seguito a concessione di una «licenza di esercizio» da parte del Ministero della Marina mercantile per ciascuna nave. Essa sostiene che il detto Ministero ritiene, sostanzialmente, che il tratto internazionale delle linee sia un prolungamento naturale di quello nazionale, come dimostrerebbe il fatto che, nel caso di due navi della ricorrente (la Ionian Island e la Ionian Galaxy), il Ministero aveva menzionato nelle licenze di esercizio la destinazione finale delle navi. Infine, il Ministero non avrebbe mai concesso, almeno negli ultimi quindici anni, licenze di esercizio a navi per effettuare tragitti tra Patrasso e Corfù laddove i detti tragitti non fossero in seguito prolungati verso i porti italiani.

93.
    Secondo la ricorrente, tenuto conto dell'applicazione di tale normativa da parte del Ministero della Marina mercantile, alle compagnie che operano sulle linee tra la Grecia e l'Italia ed anche sul tratto nazionale dei tragitti sono imposti obblighi pesanti che vanno qualificati come obblighi di servizio pubblico analoghi a quelli propri della normativa in materia di cabotaggio. Più precisamente, i detti obblighi includerebbero l'esecuzione dei collegamenti secondo un calendario regolare durante tutto l'anno; un servizio regolare per tutta la settimana il cui onere andrebbe ripartito fra le imprese più importanti; il controllo obbligatorio della frequenza d'immobilizzazione delle navi; disposizioni specifiche per il trasporto delle merci, in particolare l'obbligo di riservare una quota di posti agli autocarri indipendentemente dal tasso di riempimento o dalla stagione; il rispetto delle tariffe fissate per il tratto nazionale del tragitto nonché prezzi massimi e minimi fissati dal Ministero della Marina mercantile per il tratto internazionale del mercato Grecia/Italia, al fine di mantenere il potenziale disponibile per tutto l'anno, indipendentemente dalla fortissima diminuzione della domanda in inverno.

94.
    La ricorrente tiene a precisare che i detti obblighi di servizio pubblico riguardano unicamente le società che operano sulle linee internazionali, ma effettuano anche collegamenti Patrasso-Igumenitsa-Corfù. Essa fa valere che i detti obblighi sono direttamente connessi alle necessità di tali società di ottenere e di mantenere licenze di esercizio per il tratto nazionale delle linee, poiché, qualora le dette società non rispettino tali obblighi, esse rischiano che vengano loro ritirate le licenze di esercizio obbligatorie per operare nel traffico nazionale.

95.
    I detti obblighi dimostrerebbero che lo scopo immediato dell'intervento del Ministero della Marina mercantile sul detto mercato è di garantire una ripartizione equilibrata nel tempo di tutto il potenziale disponibile sul mercato Grecia/Italia, secondo modalità che garantiscano un flusso regolare di persone, veicoli e merci per tutto l'anno e durante tutta la settimana.

96.
    La ricorrente aggiunge che, a causa della politica del Ministero della Marina mercantile, le società non sono in grado di ritirare le loro navi nei mesi invernali e di destinarle ad altri mercati più redditizi, poiché il sevizio Patrasso-Corfù-Igumenitsa-Italia in inverno è una condizione necessaria per poter sfruttare il detto mercato durante il periodo di attività turistica. Dato che non è giustificato dalla domanda, l'obbligo di coprire tali destinazioni per tutto l'anno richiede una capacità eccedente che potrebbe pregiudicare l'esistenza di tali società se al detto obbligo non si aggiungesse l'invito del Ministero a fissare le tariffe in modo razionale, rispettando in particolare determinati prezzi minimi.

97.
    La ricorrente osserva poi che il mercato in questione era caratterizzato da una grande trasparenza: le società coinvolte conoscevano esattamente i parametri relativi alle tariffe e agli itinerari nazionali a causa delle riunioni annuali del comitato consultivo per la fissazione delle tariffe nazionali e degli itinerari, e i detti parametri erano analoghi a quelli applicabili per le linee internazionali. Pertanto, tutti gli armatori sarebbero stati fondamentalmente in grado di conoscere con precisione la posizione dei loro concorrenti, situazione che avrebbe creato un naturale movimento di convergenza delle tariffe per tutte le linee tra la Grecia e l'Italia.

98.
    Secondo la ricorrente, il risultato pratico dell'imposizione di obblighi di servizio pubblico era un eccedente strutturale di capacità sul mercato, situazione che era impossibile mantenere in regime di libera concorrenza. Alla luce di ciò, a suo avviso, l'unica soluzione possibile era garantire una convergenza dei prezzi, in particolare dei loro livelli minimi. Pertanto, le trattative dirette ad ottenere la convergenza delle tariffe costituivano un modo di fornire i servizi di pubblico interesse richiesti dal Ministero. Infine, il detto comportamento delle società di navigazione sarebbe stato indirettamente approvato dal governo ellenico.

99.
    A tale proposito, la ricorrente afferma che il Ministero della Marina mercantile ha adottato le misure correttrici previste dalla legge n. 4195/29 sul mercato Grecia/Italia in via preventiva e che, per mantenere il potenziale eccedente ad un livello di prezzi concorrenziale sul mercato Grecia/Italia, esso ha incoraggiato le società interessate a fissare la tabella dei prezzi entro i limiti massimi e minimi rigidamente definiti, a non procedere ad aumenti di tariffe oltre il tasso d'inflazione e a non ridurre le dette tariffe a livelli che avrebbero condotto ad una guerra dei prezzi tra le società di cui trattasi.

100.
    La ricorrente invoca altresì l'impatto della legge n. 4195/29 sull'autonomia delle società ed aggiunge che il motivo per cui, nel periodo controverso, il Ministero della Marina mercantile non è mai intervenuto in modo drastico per ristrutturare radicalmente il mercato di cui trattasi, come avrebbe potuto fare in applicazione della legge n. 4195/29, è perché le società coinvolte avevano rispettato le sue istruzioni, sostenuto la sua politica nazionale favorevole alle linee tra la Grecia e l'Italia e fissato le loro tariffe in maniera razionale, conformemente alle sue «esortazioni».

101.
    La ricorrente sostiene inoltre che le «intenzioni», le «esortazioni» o ancora le «raccomandazioni» del Ministero alle imprese coinvolte erano di fatto vincolanti, in quanto le stesse imprese erano in possesso di licenze di esercizio sia per il mercato Grecia/Italia sia per altre linee nazionali (cabotaggio). Di conseguenza, la ricorrente non avrebbe potuto decidere se prestare servizi di pubblico interesse o meno.

102.
    La ricorrente ne deduce che il contesto normativo ellenico, la prassi del Ministero della Marina mercantile nonché gli obblighi imposti da quest'ultimo, la necessità di una pianificazione in tempo utile, il volume incerto della domanda durante la stagione turistica, il rischio di una modifica draconiana dei costi in seguito alla svalutazione annua imprevedibile della dracma, l'obbligo di rivelare i suoi progetti nell'ambito delle trattative obbligatorie per il tratto nazionale dei collegamenti e la necessità di conformarsi alle raccomandazioni del Ministero della Marina mercantile affinché le tariffe sul segmento internazionale del mercato Grecia/Italia fossero fissate entro i limiti dell'inflazione l'hanno obbligata a tutelarsi, in un certo senso, da una concorrenza contro cui non poteva reagire interrompendo o diminuendo le sue attività. In caso contrario, l'«equilibrio» voluto dal Ministero sul detto mercato sarebbe stato compromesso da un'azione unilaterale di una qualsiasi società con risultati poco auspicabili per il Ministero della Marina mercantile (ad esempio, interruzione del trasporto dei prodotti, prezzi elevati, guerra commerciale tra le società e diminuzione inevitabile del potenziale esistente). La ricorrente ammette che, stando così le cose, la convergenza dei prezzi veniva attuata mediante accordi quadro tra le compagnie, ma tiene a precisare che i detti accordi lasciavano intatta la possibilità per ciascuna compagnia di discostarsene, poiché non imponevano né obblighi né clausole per garantirne il rispetto.

103.
    La ricorrente afferma che gli accordi quadro diretti alla fissazione del livello delle tariffe non avevano alcun effetto negativo sulla concorrenza tramite i prezzi sul mercato dei servizi forniti dai vettori fra la Grecia e l'Italia, semplicemente perché una tale concorrenza non esisteva. Infatti, la regolamentazione aveva limitato la possibilità per le compagnie di fissare i prezzi al livello che esse desideravano, sulla base dei loro criteri economici, e rendeva il mercato in questione assolutamente trasparente.

104.
    Al fine di illustrare tale conclusione, la ricorrente tiene a ricordare in primo luogo che, come ha sottolineato la Rappresentanza permanente della Grecia nella lettera inviata alla Commissione il 17 maggio 1995, il Ministero della Marina mercantile fissa le tariffe per le linee nazionali, compreso il tratto nazionale delle linee internazionali, mentre le tariffe sono fissate liberamente dalle compagnie per il tratto internazionale dei tragitti. Inoltre, per quanto riguarda le tariffe per il tratto internazionale dei tragitti, la Rappresentanza permanente della Grecia avrebbe sottolineato, nella stessa lettera, che il Ministero della Marina mercantile verifica, al fine di tutelare gli interessi nazionali della Grecia, l'applicazione dei prezzi da parte delle compagnie e le incoraggia a mantenere le tariffe basse e competitive, in modo da contenere in ogni caso gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. Inoltre, essa avrebbe riconosciuto che la libertà delle compagnie di fissare i loro prezzi autonomamente è limitata dalle disposizioni della legge n. 4195/29, le quali, in particolare, vietano di fissare prezzi irrisori e sproporzionati rispetto ai servizi prestati. Infine, la Rappresentanza permanente della Grecia avrebbe altresì indicato che la preoccupazione primaria del governo è evitare con ogni mezzo il crollo del mercato in seguito ad un'eventuale guerra commerciale tra le compagnie presenti sul detto mercato.

105.
    Per la ricorrente, dalle affermazioni di cui sopra risulta, da un lato, che il Ministero della Marina mercantile e la legge n. 4195/29 definiscono prezzi minimi e massimi e, dall'altro, che le tariffe applicate sulle linee internazionali sono influenzate indirettamente e parzialmente dalle tariffe fissate dallo Stato per il tratto nazionale delle linee internazionali. Orbene, quest'ultima influenza si spiegherebbe con il fatto che la fissazione delle tariffe per il tratto nazionale delle linee influenza quella corrispondente al tratto internazionale delle stesse, tenuto conto del fatto che tutti i dati pertinenti presi in considerazione per la fissazione delle tariffe corrispondenti al tratto nazionale delle linee (costo unitario, costo salariale, utilizzazione del potenziale, potenziale supplementare disponibile, ecc.) sono del tutto simili a quelli utilizzati per determinare le tariffe sul tratto internazionale delle linee. Di conseguenza, secondo la ricorrente, ogni volta che per il Ministero della Marina mercantile vi è motivo di attuare una maggiorazione, a titolo conservativo, delle tariffe per il tratto nazionale dei tragitti, si impone la maggiorazione delle tariffe corrispondenti al tratto internazionale delle linee.

106.
    La ricorrente contesta alla Commissione di non aver realmente affrontato la questione che essa le aveva sottoposto sin dalle prime fasi del procedimento amministrativo, vale a dire quella relativa all'importanza degli obblighi di servizio pubblico dal punto di vista delle condizioni di concorrenza sul mercato Grecia/Italia. La Commissione si sarebbe limitata a sottoporre alle autorità elleniche una sola domanda frammentaria e fallace, ossia fino a che punto il detto Ministero avesse minacciato le società coinvolte di ritirare loro le licenze di esercizio se non avessero concordato reciprocamente tariffe applicabili sul segmento internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia. Orbene, se è vero che la ricorrente riconosce che il Ministero della Marina mercantile non ha imposto direttamente agli armatori l'obbligo di accordarsi sulle tariffe da applicare al tratto internazionale dei tragitti, essa afferma che la Commissione avrebbe dovuto chiedere al governo ellenico quali sarebbero state le conseguenze del mancato rispetto da parte delle società interessate degli obblighi di servizio d'interesse pubblico, come designati dal governo ellenico, del mancato rispetto delle esortazioni del Ministero della Marina mercantile affinché le tariffe sul tratto internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia fossero adeguate senza superare i limiti dell'inflazione e di una prassi di concorrenza sleale. La ricorrente afferma che un eventuale mancato rispetto da parte sua degli obblighi imposti dalle autorità elleniche avrebbe provocato il ritiro delle licenze di esercizio di cui era in possesso e l'avrebbe esposta ad altre conseguenze sfavorevoli.

107.
    Alla luce di ciò, la ricorrente sostiene che il rispetto da parte sua della regolamentazione ellenica, della politica del Ministero della Marina mercantile in merito alla fissazione delle tariffe sul mercato Grecia/Italia e degli obblighi di servizio pubblico nonché la trasparenza che regnava per questo sul detto mercato le hanno fatto perdere l'autonomia relativa alla fissazione dei prezzi applicabili sul mercato Grecia/Italia.

108.
    Pertanto, il comportamento della ricorrente non potrebbe rientrare nel divieto di cui all'art. 85, n. 1, del Trattato. La valutazione giuridica della Commissione non sarebbe corretta in quanto è basata sul postulato erroneo che le trattative sulle tariffe del trasporto di passeggeri, di autovetture e di autocarri tra la Grecia e l'Italia fossero volute dalle società, mentre le stesse erano il risultato dei vari interventi del Ministero della Marina mercantile, il quale poteva basarsi a tale scopo sulla regolamentazione vigente in Grecia.

109.
    La ricorrente sostiene che la presente fattispecie è paragonabile ai fatti della causa che ha dato origine alla sentenza del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e a./Commissione (Racc. pag. II-961, punto 65), in cui il Tribunale ha dichiarato che un'impresa ha perso l'autonomia qualora emerga, in base a indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, che un comportamento le è stato unilateralmente imposto dalle autorità nazionali che hanno esercitato pressioni insostenibili, come ad esempio la minaccia di adottare misure statali che potevano pregiudicarle seriamente. Essa fa altresì riferimento alla sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit. (punti 63-73), in cui la Corte aveva dichiarato che il comportamento contestato dalla Commissione non rientrava nell'ambito di applicazione dell'art. 85 del Trattato, tenuto conto dell'impatto della normativa italiana sulla concorrenza, sostenendo, in particolare, che la Commissione non aveva tenuto sufficientemente conto dell'incidenza decisiva della normativa in questione e della sua attuazione su elementi essenziali del comportamento contestato alle imprese interessate ed aveva quindi omesso di prendere in considerazione un elemento indispensabile per la valutazione delle pretese infrazioni.

110.
    Essa contesta alla Commissione di non aver esaminato fino a che punto le circostanze particolari del caso di specie rendessero inapplicabile l'art. 85, n. 1, del Trattato, sebbene le dette circostanze risultassero chiaramente dalle lettere inviate dalle autorità elleniche alla Commissione.

111.
La Commissione contesta l'affermazione secondo cui le condizioni di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato non sono soddisfatte nel caso di specie e, in particolare, l'idea che tale disposizione non sia applicabile in caso di una mancanza di autonomia delle imprese coinvolte nella determinazione delle tariffe per il tratto internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia.

112.
    In via preliminare, la Commissione fa valere che, come riconosce la stessa ricorrente, i fattori invocati da quest'ultima a sostegno della sua tesi relativa alla mancanza di autonomia, nel complesso o separatamente, non hanno assolutamente e in nessun modo imposto alle società coinvolte di fissare di comune accordo i prezzi da applicare al tratto internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia. Nessuna disposizione legislativa o regolamentare né l'atteggiamento delle autorità pubbliche avrebbero obbligato le società coinvolte, in diritto o in fatto, a concludere gli accordi oggetto della Decisione. Essa aggiunge che i detti fattori non hanno annullato, direttamente o indirettamente, la concorrenza per quanto riguarda la fissazione delle tariffe internazionali.

113.
    La Commissione contesta poi la pretesa mancanza di autonomia in capo alle imprese che, secondo la ricorrente, sarebbe provocata dalla regolamentazione ellenica, dall'applicazione della legge n. 4195/29 relativa alla concorrenza sleale e dalle esortazioni delle autorità elleniche a comportarsi in un modo determinato.

114.
    Per quanto riguarda la pretesa influenza delle pressioni esercitate dalle autorità pubbliche elleniche sull'autonomia della ricorrente, la Commissione contesta l'affermazione secondo cui l'intesa controversa era stata conclusa su iniziativa delle autorità elleniche, le quali avrebbero approvato indirettamente la detta prassi quale mezzo per realizzare la loro politica nazionale sul mercato Grecia/Italia.

115.
    La Commissione contesta altresì le altre affermazioni della ricorrente relative all'applicazione erronea dell'art. 85, n. 1, del Trattato al caso di specie.

116.
    In primo luogo, essa contesta l'argomento della ricorrente secondo cui, tenuto conto di una specie di «assuefazione» delle società alle trattative obbligatorie, sarebbe stato impossibile determinare con precisione i limiti di ciò che era autorizzato nell'ambito delle trattative regolari. La Commissione afferma che, secondo una costante giurisprudenza, il fatto che la ricorrente si sia resa conto di violare l'art. 85, n. 1, del Trattato o meno riveste un'importanza trascurabile. Sarebbe sufficiente dimostrare che essa era consapevole che il suo comportamento controverso era idoneo a restringere la concorrenza (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffusion française/Commissione, Racc. pag. 1825, punto 112).

117.
    In secondo luogo, la Commissione fa valere che, contrariamente a quanto assume la ricorrente, essa ha effettivamente tenuto conto del contenuto delle lettere della Rappresentanza permanente della Grecia e del Ministero ellenico della Marina mercantile, ai sensi delle quali, secondo la ricorrente, le autorità elleniche disciplinerebbero sostanzialmente la maggior parte dei parametri di concorrenza diversi dai prezzi sul tratto internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia (‘considerando’ 101-105 della Decisione).

118.
    In terzo luogo, in risposta all'argomento secondo cui l'accordo non sarebbe stato vincolante, la Commissione ricorda che, secondo la giurisprudenza della Corte, per affermare che una restrizione consiste in un'intesa, ai sensi dell'art. 85, n. 1, del Trattato, è sufficiente che essa costituisca l'espressione fedele della volontà delle imprese coinvolte, senza che sia necessario che il detto accordo contenga gli elementi costitutivi di una convenzione vincolante. Per quanto riguarda la possibilità di modifiche tariffarie, i limiti degli scarti in questione sarebbero stati, in parte, concordati dalle società interessate, come risulterebbe dagli elementi probatori.

Giudizio del Tribunale

119.
    Emerge dalla giurisprudenza che gli artt. 85 e 86 del Trattato riguardano soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di loro propria iniziativa (v., in tal senso, sentenze della Corte 20 marzo 1985, causa 41/83, Italia/Commissione, Racc. pag. 873, punti 18-20; 19 marzo 1991, causa C-202/88, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1223, punto 55; 13 dicembre 1991, causa C-18/88, GB-INNO-BM, Racc. pag. I-5941, punto 20, e 11 novembre 1997, cause riunite C-359/95 P e C-379/95 P, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, Racc. pag. I-6265, punto 33). Se un comportamento anticoncorrenziale viene imposto alle imprese da una normativa nazionale o se quest'ultima crea un contesto giuridico che di per sé elimina ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, gli artt. 85 e 86 non trovano applicazione. In una situazione del genere la restrizione della concorrenza non trova origine, come queste norme implicano, in comportamenti autonomi delle imprese (sentenza Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 33; sentenze del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T-228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II-2969, punto 130, e 30 marzo 2000, causa T-513/93, Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, Racc. pag. II-1807, punto 58).

120.
    Gli artt. 85 e 86 del Trattato possono invece applicarsi nel caso in cui la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità che la concorrenza sia ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (sentenze della Corte 29 ottobre 1980, cause riunite 209/78-215/78 e 218/78, Van Landewyck e a./Commissione, Racc. pag. 3125, punto 126, e Commissione e Francia/Ladbroke Racing, cit., punto 34; sentenze del Tribunale Irish Sugar/Commissione, cit., punto 130, e Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, cit., punto 59).

121.
    Va inoltre ricordato che la possibilità di escludere un determinato comportamento anticoncorrenziale dall'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, per il fatto che esso è stato imposto alle imprese dalla normativa nazionale esistente o che quest'ultima ha eliminato ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte loro, è stata applicata in modo restrittivo dai giudici comunitari (sentenze Van Landewyck e a./Commissione, cit., punti 130 e 133; Italia/Commissione, cit., punto 19; sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, Racc. pag. 3831, punti 27-29; sentenze del Tribunale 18 settembre 1996, causa T-387/94, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II-961, punti 60 e 65, e Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali/Commissione, cit., punto 60).

122.
    Così, se non sussiste alcuna disposizione regolamentare vincolante che prescriva un comportamento anticoncorrenziale, la Commissione non può concludere nel senso di una carenza d'autonomia degli operatori le cui azioni sono messe in discussione, salvo che emerga, in base a indizi obiettivi, pertinenti e concordanti, che il detto comportamento è stato loro imposto unilateralmente dalle autorità nazionali che hanno esercitato pressioni insostenibili come la minaccia di adottare misure statali che potevano far subire loro notevoli perdite (sentenza Asia Motor France e a./Commissione, cit., punto 65).

123.
    Nella fattispecie la ricorrente sostiene che il contesto legislativo e regolamentare vigente in Grecia nonché la politica del Ministero ellenico della Marina mercantile hanno limitato in modo determinante l'autonomia delle compagnie di navigazione marittima, in particolare nella fissazione delle tariffe applicabili sulle linee nazionali come sulla parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia. Ne risulterebbe che le compagnie di navigazione si sono viste costrette a intrattenere fra loro contatti, concertazioni e trattative circa i parametri fondamentali della loro politica commerciale, per esempio i prezzi.

124.
    Si deve pertanto determinare se i comportamenti censurati nella fattispecie trovino origine nella normativa nazionale o nella prassi delle autorità nazionali elleniche oppure, viceversa, almeno in parte, nella volontà della ricorrente e delle altre imprese partecipanti all'accordo. Occorre quindi esaminare se il contesto legislativo e regolamentare nonché la politica del Ministero ellenico della Marina mercantile producano l'effetto congiunto di eliminare l'autonomia delle imprese nell'adozione della loro politica tariffaria sulle linee tra la Grecia e l'Italia e, dunque, di cancellare qualsiasi possibilità di concorrenza fra di loro.

125.
    La Marina mercantile in Grecia è disciplinata dal codice di diritto pubblico della navigazione, dal codice di diritto privato della navigazione e da altre normative particolari contenenti disposizioni relative alla concorrenza sleale nei trasporti marittimi, fra cui in particolare la legge n. 4195/1929 sulla concorrenza sleale e la legge n. 703/1977 sulla libera concorrenza, entrata in vigore il 1° gennaio 1979 in vista dell'adesione della Repubblica ellenica alle Comunità europee.

126.
    Esercitando i poteri che gli conferisce la normativa sopra menzionata, il Ministero ellenico della Marina mercantile adotta, in particolare, le seguenti misure: a) la concessione di «licenze di esercizio» per le linee nazionali, compresa la parte nazionale dei tragitti internazionali; b) la ratifica di tariffe uniformi e obbligatorie per i collegamenti nazionali o per la parte nazionale dei collegamenti internazionali, come il segmento Patrasso-Igumenitsa-Corfù; c) l'approvazione annuale dei collegamenti; d) il controllo del disarmo dei battelli, per assicurare i collegamenti obbligatori succitati; e) l'obbligo di trattative tra le compagnie di navigazione per programmare e coordinare i collegamenti prima che il Ministero ellenico della Marina mercantile approvi i ruolini di marcia per l'anno seguente, nell'ambito di nuovi negoziati tra il Ministero medesimo e le società.

127.
    E' pacifico tra le parti che la concessione di licenze di esercizio, la fissazione di tariffe obbligatorie, l'approvazione annua dei tragitti e il controllo del disarmo delle navi da parte del Ministero ellenico della Marina mercantile riguardano le linee nazionali e non quelle internazionali. Inoltre, la Commissione ha precisato nelle sue memorie, senza essere contraddetta dalla ricorrente, che l'obbligo di effettuare tragitti regolari, connesso alla licenza di esercizio, concerne soltanto le navi battenti bandiera greca operanti esclusivamente su linee nazionali oppure su linee internazionali, ma in tale ultimo caso solo per quanto riguarda la parte nazionale dei tragitti. Parimenti, la Commissione ha segnalato, senza essere smentita sul punto, che le imprese erano libere di servire linee internazionali comprendenti o meno una parte nazionale o addirittura solo linee nazionali. Pertanto, un'impresa che avesse scelto di operare su linee internazionali senza tragitto nazionale non aveva bisogno di ottenere una licenza, né di rispettare gli impegni correlati.

128.
    Del pari, ai fini della fissazione delle tariffe per le linee nazionali, il Ministero della Marina mercantile chiedeva alle compagnie di navigazione di fargli proposte globali per ogni linea nazionale, giustificando gli importi proposti in base ai costi di esercizio, all'inflazione, alla redditività delle linee, alla frequenza dei viaggi, eccetera. In seguito, sulla scorta delle tariffe suggerite, della loro giustificazione e di altri criteri più generali relativi alla politica governativa globale, il Ministero approvava o modificava le proposte, su parere della Commissione per i prezzi e le entrate del Ministero ellenico delle Finanze, approvazione o modifica che avveniva, in concreto, fissando le tariffe in questione. La fissazione amministrativa delle tariffe per la parte nazionale dei collegamenti corrispondenti inciderebbe dunque sulle tariffe della parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia, in quanto le dette tariffe espletano una funzione analoga a quella dei prezzi indicativi.

129.
    La normativa ellenica in materia di concorrenza sleale e in particolare l'art. 2 della legge n. 4195/1929 vieta, «sulle linee per l'estero, ogni ribasso delle tariffe di trasporto di passeggeri e di merci che, operato a fini di concorrenza sleale, porti i prezzi a livelli irrisori e sproporzionati rispetto ad una remunerazione ragionevole e giusta dei servizi forniti e alle esigenze di sicurezza e di comfort dei passeggeri, o a livelli inferiori a quelli generalmente applicati nel porto di cui trattasi». L'art. 4 della legge n. 4195/1929 dispone che: «[a]llorché la libertà di fissazione delle tariffe sulle linee per l'estero determina una concorrenza sleale, il Ministero della Marina (Direzione della Marina mercantile) può, oltre che applicare le disposizioni degli articoli precedenti, fissare, previo parere del Consiglio della Marina mercantile, tariffe massime o minime per il trasporto di passeggeri e di merci per i collegamenti effettuati tra i porti greci e quelli stranieri mediante battelli che trasportano passeggeri greci. E' vietato superare le dette tariffe; i contravventori sono passibili delle sanzioni di cui all'art. 3».

130.
    E' stato asserito, inoltre, che il Ministero della Marina mercantile incitava le compagnie di navigazione a mantenere basse le tariffe applicabili alla parte internazionale delle linee e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione, nonché a evitare ogni forma di «guerra dei prezzi» tra di esse, per non essere costretto a intervenire e a far uso dei poteri conferitigli dalla legge n. 4195/29.

131.
    Nella lettera 23 dicembre 1994, citata al ‘considerando’ 101 della Decisione, che rispondeva alla lettera della Commissione 28 ottobre 1994, il Ministero della Marina mercantile si è così espresso:

«(...)

Per quanto concerne il memorandum presentato dalla Strintzis Lines, non ho rilievi particolari se non una precisazione, e cioè che il Ministero non si intromette nella politica di fissazione delle tariffe praticata dalle società per i collegamenti internazionali. Noi interveniamo solamente nella fissazione dei prezzi per i collegamenti tra porti greci.

Come Vi ho già chiarito nella riunione di settembre, la Grecia considera il corridoio marittimo tra i porti della sua costa occidentale e i porti della costa orientale italiana di capitale importanza e per il nostro paese e per la Comunità, poiché si tratta dell'unico collegamento diretto importante tra la Grecia e il resto dell'Unione europea.

E' quindi consono al nostro interesse nazionale e all'interesse comunitario che le navi operino tutto l'anno tra la Grecia e l'Italia, per facilitare le nostre importazioni e le nostre esportazioni nonché il traffico dei passeggeri. D'altro canto, comprenderete che è nel nostro interesse che le tariffe siano competitive, ma nello stesso tempo tali da mantenere bassi i costi di trasporto, affinché le nostre importazioni e le nostre esportazioni restino concorrenziali sui mercati europei.

Per venire alla specifica domanda postami, devo dire di non aver ravvisato nel memorandum della Strintzis nulla che possa indurmi a tale conclusione.

Sono sicuro che c'è un malinteso. E' impensabile e assolutamente fuori questione che il Ministero minacci di revocare licenze per collegamenti tra porti nazionali ove talune società si rifiutino di mettersi d'accordo sui prezzi per i collegamenti internazionali.

Come risulterà dalla legislazione pertinente qui allegata, perché il Ministero accordi la licenza d'esercizio per i collegamenti interni vanno adempiuti determinati obblighi (servizi tutto l'anno, frequenza dei tragitti, eccetera); se tali obblighi non sono rispettati, il Ministero può revocare la licenza. In più, le tariffe sono fissate ad intervalli periodici con decisione ministeriale. Tale legislazione specifica interessa le navi delle società provviste di licenze per la parte nazionale del tragitto tra la Grecia e l'Italia (Patrasso-Igumenitsa-Corfù) (...)».

132.
    Del pari, con lettera 17 marzo 1995, citata al ‘considerando’ 103 della Decisione, che rispondeva a una lettera della Commissione 13 gennaio 1995, il Rappresentante permanente aggiunto della Repubblica ellenica presso le Comunità europee si è così espresso:

«1. Il governo ellenico attribuisce grande importanza a uno sviluppo senza attriti della navigazione marittima tra i porti della Grecia occidentale (principalmente Patrasso, Igumenitsa e Corfù) e i porti italiani di Ancona, Bari, Brindisi e Trieste.

(...)

I collegamenti regolari e ininterrotti, durante tutto l'anno, dai porti greci verso quelli italiani e viceversa sono un fattore di decisiva importanza per facilitare e assicurare lo sviluppo delle importazioni e delle esportazioni greche che, per estensione, interessa pure il commercio comunitario nel suo insieme.

L'interesse del governo ellenico, e più in particolare del Ministero della Marina mercantile, incaricato di elaborare la politica nazionale dei trasporti marittimi, è dunque orientato a preservare il normale funzionamento della linea Grecia-Italia.

Per questo qualifichiamo i servizi prestati su tale linea come servizi di pubblico interesse per il nostro Paese. In tali circostanze, comprenderete perché sia preoccupazione primaria del governo ellenico fare in modo che la linea sia redditizia evitando in tutti i modi una guerra dei prezzi che rischierebbe di ostacolare il regolare andamento delle nostre esportazioni ed importazioni, come pure il normale trasporto di veicoli e passeggeri. Ripetiamo: la nostra maggiore preoccupazione è di assicurare la circolazione su tale rotta marittima per tutto l'anno e di evitare che il flusso si esaurisca a causa di una guerra dei prezzi.

2. In base a tali constatazioni e alle posizioni assunte in conseguenza, le direzioni competenti del Ministero ellenico della Marina mercantile hanno preso decisioni finalizzate a risolvere nella maniera più conveniente possibile il problema del normale trasporto dei veicoli nei vari periodi dell'anno. Sono state dunque adottate misure per riservare sempre un certo numero di posti sulle navi di trasporto passeggeri e veicoli agli autocarri destinati al trasporto merci e perché la stiva delle imbarcazioni non sia riempita soltanto da autovetture, soprattutto nei mesi estivi in cui il traffico passeggeri è più intenso. E' stato reso così possibile mantenere il flusso delle merci e assicurare un normale approvvigionamento dei mercati.

Si è curato pure di rispettare assai rigorosamente i ruolini di marcia delle navi, per evitare i ritardi, ma anche per poter risolvere problemi come quello dell'allestimento di adeguati siti d'accoglienza delle stesse nei porti di destinazione, al fine di garantire la loro sicurezza e migliorare il servizio dei passeggeri e dei veicoli trasportati.

3. Quanto ai noli applicati dagli armatori, precisiamo che il coinvolgimento del Ministero della Marina mercantile, quale amministrazione responsabile del controllo della navigazione, per quanto attiene ai prezzi sui collegamenti costieri, si limita alla fissazione dei prezzi per le sole operazioni di cabotaggio interno. Precisiamo che, sulle linee internazionali, pure nel caso in cui il tragitto preveda scali nei porti greci (per esempio Patrasso-Corfù-Ancona), anche se il tratto compreso tra i porti greci è soggetto a una tariffa autorizzata, i prezzi sul tragitto tra la Grecia e l'Italia sono fissati liberamente dalle società che operano su quella rotta. In tale ipotesi, è vero che il prezzo totale del biglietto a destinazione finale Italia dipende - indirettamente e parzialmente, va da sé - dalla tariffa decisa dallo Stato per la parte del trasporto interna alla Grecia.

    

Peraltro, per quanto riguarda le tariffe dei viaggi per l'estero, che sono - come abbiamo detto - libere, il Ministero della Marina mercantile invita le compagnie di navigazione a mantenere le tariffe basse e competitive e a contenere in ogni caso gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. E' infatti d'interesse nazionale che le nostre esportazioni si mantengano a un livello concorrenziale e che le nostre importazioni rimangano il più possibile convenienti. Per il resto, le società determinano liberamente le loro tariffe tenendo conto dei propri interessi commerciali ed economici.

Tale libertà è limitata dalla legislazione ellenica qualora conduca a una concorrenza sleale. Per l'esattezza, la legge n. 4195/1929 (di cui si allega copia) mira a evitare la concorrenza sleale tra armatori che operano su linee tra la Grecia e l'estero vietando in particolare tariffe irrisorie, partenze simultanee dallo stesso porto di due o più navi che servono la medesima linea e la mancata prestazione del servizio annunciato (tranne che in caso di forza maggiore - art. 3). In caso di concorrenza sleale il Ministero ellenico della Marina mercantile può fissare tariffe massime e minime (art. 4). In tale ambito esso incita informalmente le società a mantenere basse le loro tariffe e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione.

4. Le osservazioni sopra svolte mi sono parse necessarie per mostrare che la rotta Patrasso-Italia, creata per iniziativa privata senza alcun aiuto dello Stato, deve continuare a funzionare senza soluzione di continuità affinché le navi che vi operano prestino servizi di pubblico interesse, quali li consideriamo per il nostro paese, dato che questo collegamento via mare è l'unico legame diretto con i paesi dell'Unione europea.

5. Infine, osservo che il contesto giuridico della concessione e della revoca delle licenze d'esercizio, le quali, sia detto, si applicano soltanto ai collegamenti interni alla Grecia, prevede la possibilità che, ove una società non adempia agli obblighi indicati nella licenza concessale (per esempio, assicurare impeccabilmente i collegamenti annunciati, osservare ogni anno il periodo di disarmo, rispettare la frequenza dei viaggi), il Ministero della Marina mercantile revochi la detta licenza».

133.
    Pur sottolineando che il buon funzionamento e la regolarità delle linee di navigazione tra la Grecia e l'Italia hanno importanza nazionale, le due lettere delle autorità elleniche sopra citate confermano che né la normativa vigente in Grecia né la politica attuata dalle autorità elleniche impongono la conclusione di accordi diretti a fissare le tariffe sulle linee internazionali.

134.
    Certo, dalle precisazioni fornite alla Commissione dalle autorità elleniche risulta che una delle loro maggiori preoccupazioni era di assicurare la regolarità dei collegamenti marittimi con l'Italia tutto l'anno e che esse temevano gli effetti deleteri di atti di concorrenza sleale, per esempio di un'eventuale guerra dei prezzi. E' pacifico anche che, per evitare atti del genere, la legge conferisce al Ministero della Marina mercantile il potere di fissare tariffe massime e minime. Resta, nondimeno, che nessuna concertazione sui prezzi sarebbe legittima, neppure in un caso come quello di specie, perché ogni impresa rimarrebbe libera di decidere autonomamente i suoi prezzi, nei limiti delle tariffe massime e minime consentite. Peraltro, le precisazioni contenute nelle lettere esaminate sopra confermano che i prezzi sulle linee marittime tra la Grecia e l'Italia sono fissati liberamente dalle società che vi operano. Inoltre, da tali dichiarazioni risulta pure, innegabilmente, che, al fine di assicurare la competitività delle esportazioni greche e la ragionevolezza dei prezzi delle importazioni in Grecia, il Ministero della Marina mercantile ha incitato le compagnie di navigazione non già a concordare aumenti dei prezzi, bensì unicamente a mantenere tali prezzi bassi e concorrenziali e a contenere, in ogni caso, gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione.

135.
    Ne consegue che ciascuna delle compagnie di navigazione operanti sulle dette linee godeva notoriamente di autonomia nella determinazione della sua politica di prezzi e che, pertanto, tali compagnie sono sempre state soggette alle norme in materia di concorrenza. Le lettere predette mettono in evidenza il fatto che, per le autorità elleniche, la piena applicazione delle norme sulla concorrenza e, dunque, del divieto di accordi sui prezzi sancito dall'art. 85, n. 1, del Trattato non impediva alle compagnie di navigazione, né in diritto né in fatto, di svolgere il compito loro affidato dal governo ellenico. Di conseguenza, il fatto che, nella lettera 17 marzo 1995, il Rappresentante permanente della Repubblica ellenica qualifichi il collegamento tra la Grecia e l'Italia «servizio d'interesse pubblico» è irrilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 85 del Trattato. Per ragioni identiche non occorre verificare se a giusto titolo la Commissione contesti l'argomento secondo cui le imprese interessate dalla Decisione vanno considerate in diritto comunitario «imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale» ai sensi dell'art. 90, n. 2, del Trattato CE (divenuto art. 86, n. 2, CE).

136.
    Le informazioni contenute nelle lettere di cui trattasi confermano che la ricorrente non può invocare un asserito concorso cumulativo di parametri che avrebbe influito sulle tariffe applicabili alla parte internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia e che avrebbe avuto l'effetto di limitare l'autonomia delle imprese nel pianificare e determinare la loro politica tariffaria. Esse confermano che il Ministero ellenico della Marina mercantile s'ingeriva nella politica di determinazione delle tariffe applicate dalle compagnie sulle linee internazionali solo incitandole informalmente a mantenere tali tariffe a livelli poco elevati e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione. Stante tale atteggiamento delle autorità elleniche, era evidentemente possibile che sul mercato la concorrenza fosse ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese.

137.
    Aggiungasi che la legge n. 4195/1929 non vieta di ridurre le tariffe per le linee internazionali. Detta legge, intesa ad evitare ogni concorrenza sleale tra gli armatori operanti sulle linee che collegano porti greci a porti stranieri, anche se vieta in particolare l'abbassamento delle tariffe a livelli irrisori, la partenza simultanea dal medesimo porto di due o più navi che effettuano il medesimo tragitto e la mancata esecuzione di viaggi annunciati tranne che in caso di forza maggiore (art. 2), non priva le imprese censurate di «qualunque margine di autonomia». Viceversa, essa conferma che in via di principio ciascuna impresa è libera di determinare come crede la propria politica tariffaria, purché non compia atti di concorrenza sleale. Il divieto di atti di concorrenza sleale non può essere affatto interpretato nel senso che le imprese di cui trattasi siano tenute a concludere accordi aventi ad oggetto la fissazione delle tariffe applicabili sulle linee internazionali. Non essendovi alcuna norma vincolante che prescriva un comportamento anticoncorrenziale, la ricorrente può far valere di essere priva d'autonomia solo invocando indizi obiettivi, pertinenti e concordanti attestanti che il detto comportamento le è stato unilateralmente imposto dalle autorità elleniche che hanno esercitato pressioni insostenibili, come ad esempio, la minaccia di adottare misure statali che potevano farle subire notevoli perdite.

138.
    Ebbene, le indicazioni contenute nelle summenzionate lettere delle autorità elleniche dimostrano che queste ultime non hanno adottato alcuna misura né seguito alcuna prassi qualificabile come «pressione insostenibile» sulle compagnie di navigazione affinché esse concludessero accordi sulle tariffe. Di conseguenza, la ricorrente non può asserire che le imprese di cui trattasi fossero prive di qualunque margine di autonomia nella definizione della loro politica tariffaria e che il comportamento anticoncorrenziale loro addebitato dalla Commissione fosse stato prescritto loro dalla normativa nazionale in vigore o dalla politica seguita dalle autorità elleniche.

139.
    Quanto all'incitazione del Ministero della Marina mercantile a mantenere basse le tariffe sulle linee internazionali e a contenere gli aumenti annui nei limiti dell'inflazione, la lettera del detto Ministero fa sì riferimento a un'«incitazione» informale, ma non allude minimamente a un'«imposizione unilaterale» da parte sua. Le compagnie di navigazione potevano, quindi, contestare detta incitazione informale, senza esporsi per questo alla minaccia dell'adozione di qualsivoglia provvedimento statale. Del resto, il Ministero ellenico esclude categoricamente di poter minacciare la revoca delle licenze d'esercizio per le linee nazionali ove le società non si mettano d'accordo sui prezzi per le linee internazionali, come emergerebbe dalla sua lettera 23 dicembre 1994.

140.
    Quanto al parametro costituito dalla facoltà del Ministero ellenico della Marina mercantile, ai sensi della legge n. 4195/29, di fissare, in caso di concorrenza sleale, tariffe massime e minime al fine di evitare una guerra dei prezzi, si deve rilevare che la detta legge non priva le imprese censurate di «qualunque margine di autonomia», bensì conferisce loro una certa libertà di determinare la loro politica tariffaria a condizione di non commettere atti di concorrenza sleale. Infatti, in base all'art. 4 della legge n. 4195/1929, il Ministero della Marina mercantile può fissare i limiti minimi e massimi delle tariffe di cui trattasi solo qualora la libertà di cui le imprese godono nel determinare autonomamente le tariffe relative alle linee per l'estero sfoci in atti di concorrenza sleale.

141.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il motivo in esame.

Sul terzo motivo, relativo alla carenza di motivazione della Decisione

Argomenti delle parti

142.
    La ricorrente contesta alla Commissione di aver motivato la Decisione in maniera insufficiente per quanto riguarda più argomenti sollevati dalla stessa in sede di procedimento amministrativo.

143.
    In primo luogo, essa ritiene che, poiché la Commissione non ha espresso alcuna opinione in merito all'impatto degli obblighi di servizio pubblico sul grado di autonomia delle imprese interessate per fissare le tariffe applicabili al tratto internazionale dei tragitti, la Decisione è viziata da una carenza di motivazione. In particolare, essa contesta alla Commissione di non aver esaminato fino a che punto la regolamentazione ellenica, i solleciti delle autorità elleniche e gli obblighi di servizio pubblico delle imprese interessate fossero fattori che rendevano l'art. 85, n. 1, del Trattato inapplicabile. In secondo luogo, la Decisione non indicherebbe i motivi per cui la Commissione ha ignorato le osservazioni fornite dalla ricorrente in merito alla conferma dell'impatto di tali fattori sull'autonomia delle imprese interessate dalle lettere della Rappresentanza permanente della Grecia e del Ministero ellenico della Marina mercantile. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe motivato sufficientemente le ragioni per cui gli argomenti della ricorrente relativi all'inapplicabilità dell'art. 85, n. 1, del Trattato ai fatti di specie avrebbero dovuto essere respinti o ignorati.

144.
    La ricorrente ammette che la Commissione non aveva l'obbligo di riportare nella Decisione tutti gli argomenti fatti valere dalle imprese interessate, ma sostiene che, secondo la giurisprudenza, essa deve tuttavia esporre i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell'economia della Decisione (sentenza Asia Motor France e a./Commissione, cit., punto 104) e che presentano un nesso diretto con la causa (sentenza del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-15/89, Chemie Linz/Commissione, Racc. pag. II-1275, punto 328). Nel caso di specie, la ricorrente afferma di aver dimostrato che le considerazioni relative agli obblighi di servizio pubblico imposti dal Ministero della Marina mercantile rivestono un'importanza essenziale nell'economia della causa. Orbene, esse non sarebbero state neppure menzionate nella Decisione (sentenza della Corte 17 gennaio 1995, causa C-360/92 P, Publishers Association/Commissione, Racc. pag. I-23).

145.
    La Commissione sostiene che la motivazione della Decisione conferisce alla ricorrente la facoltà di controllarne il fondamento. Essa afferma di avere ampiamente preso posizione nella Decisione riguardo ai detti argomenti della ricorrente menzionando esplicitamente gli elementi su cui essa si è basata.

Giudizio del Tribunale

146.
    Come ammette la stessa ricorrente, la Commissione non ha l'obbligo di riportare nella sua Decisione tutti gli argomenti fatti valere dalle parti. Essa deve tuttavia esporre i fatti e le considerazioni giuridiche che hanno un ruolo essenziale nell'economia della Decisione (sentenze Asia Motor France e a./Commissione, cit., punto 104, e Chemie Linz/Commissione, cit., punto 328).

147.
    Orbene, contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, dai ‘considerando’ 98-108 della Decisione risulta che la Commissione ha ampiamente preso posizione sugli argomenti della ricorrente relativi all'impatto degli obblighi di servizio pubblico sul grado di autonomia delle imprese interessate e, quindi, sulla questione relativa all'applicabilità dell'art. 85, n. 1, del Trattato ai fatti di specie. Inoltre, dai ‘considerando’ 101, 103, 105, 106 e 108 della Decisione risulta che la Commissione ha fatto riferimento, concretamente, alle lettere delle autorità elleniche evocate dalla ricorrente.

148.
    La ricorrente non può nemmeno sostenere che i suoi argomenti relativi agli obblighi di servizio pubblico imposti dal Ministero della Marina mercantile siano stati ignorati. Se l'esistenza di tali obblighi poteva rivelarsi importante nell'economia della causa, essa costituiva soltanto uno dei vari elementi fatti valere dalla ricorrente per dimostrare la mancanza di autonomia delle imprese interessate derivante dalla regolamentazione ellenica nonché dalla politica attuata dalle autorità elleniche. Orbene, occorre rilevare che la posizione della Commissione in merito alla detta questione è stata esposta ai ‘considerando’ 98-108 della Decisione e che, più precisamente, l'argomento vertente sull'esistenza di obblighi di servizio pubblico è stato espressamente menzionato al ‘considerando’ 99 della Decisione nell'ambito della relazione delle risposte fornite dalla Commissione all'argomento relativo alla perdita di autonomia delle imprese interessate. Alla luce di ciò, la ricorrente non può affermare che la Commissione non abbia sufficientemente motivato la Decisione per non aver fornito una risposta precisa all'argomento vertente sugli obblighi di servizio pubblico. Infine e in ogni caso, come sottolinea la Commissione, la ricorrente non può contestarle di non aver analizzato i detti argomenti in maniera più dettagliata in quanto gli obblighi di servizio pubblico in questione non riguardano il segmento internazionale delle linee tra la Grecia e l'Italia.

149.
    Il motivo in esame dev'essere pertanto respinto.

II - Sulle conclusioni presentate in subordine, intese alla riduzione dell'importo dell'ammenda

150.
    A sostegno delle sue conclusioni dirette ad ottenere l'annullamento o la riduzione dell'ammenda inflittale, la ricorrente fa valere che, nella determinazione dell'importo dell'ammenda che le è stata imposta, la Commissione ha valutato erroneamente sia la gravità sia la durata dell'infrazione, violando così il principio di proporzionalità.

A - Sulla prima parte, vertente su un'erronea valutazione della gravità dell'infrazione

Argomenti delle parti

151.
    La ricorrente sostiene che l'importo dell'ammenda inflittale è sproporzionato, poiché la Commissione non ha valutato alcuni fattori relativi alla gravità dell'infrazione. Anche supponendo che l'infrazione esista, la ricorrente la considera d'importanza minore ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell'articolo 65, paragrafo 5 del trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti») a causa dell'impatto circoscritto, se non addirittura nullo, dell'accordo in questione e della sua esigua estensione geografica.

152.
    In primo luogo, la Commissione non avrebbe preso sufficientemente in considerazione il contesto normativo ellenico e la pressione esercitata dal Ministero ellenico della Marina mercantile, laddove, secondo la giurisprudenza, un impatto rilevante del contesto legislativo nazionale su un mercato costituisce una circostanza attenuante (sentenze Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, cit., punti 94 e 96, e Suiker Unie e a./Commissione, cit., punti 618-620). Nel caso di specie, la Commissione non si sarebbe interessata all'esame dei limiti entro cui le società potevano farsi concorrenza e alla forma che la detta concorrenza assumeva sul mercato in questione. Infine, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver tenuto conto del fatto che, nel caso di specie, le riduzioni costituivano l'unico ambito in cui poteva svolgersi la concorrenza, circostanza che la Corte avrebbe criticato nella sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit. (punti 70 e 71).

153.
    In secondo luogo, non vi sarebbe stato alcun danno per i consumatori, come confermato dal fatto che la Commissione non ha contestato alle società interessate nessun aumento inammissibile delle tariffe. Al contrario, il servizio regolare e ininterrotto delle destinazioni in questione a prezzi bassissimi e con navi molto moderne e sicure avrebbe piuttosto apportato un vantaggio agli utenti.

154.
    In terzo luogo, secondo la ricorrente, vi è una contraddizione nel fatto che essa è accusata di aver commesso un'infrazione grave al diritto comunitario per aver partecipato ad una pratica che secondo il governo ellenico realizza uno degli obiettivi della Comunità, vale a dire la promozione e lo sviluppo del commercio intracomunitario.

155.
    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha rispettato gli orientamenti, avendo qualificato l'infrazione in questione come grave mentre essa non corrisponde a nessuno degli elementi della definizione delle infrazioni gravi contenuta negli orientamenti. Essa ricorda che, ai sensi di tali orientamenti, le infrazioni gravi sono per lo più restrizioni orizzontali o verticali della medesima natura delle infrazioni poco gravi, ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune. Può trattarsi inoltre di abusi di posizione dominante, quali i rifiuti di vendita, le discriminazioni, i comportamenti di esclusione, gli sconti accordati da un'impresa in posizione dominante per rendere fedele la clientela ed estromettere i concorrenti dal mercato, ecc. Orbene, nel caso di specie, l'infrazione che si pretende commessa dalle imprese non si applicherebbe in maniera rigorosa, non avrebbe un vasto impatto sul mercato, non produrrebbe effetti su ampie zone del mercato e non consisterebbe in un abuso di posizione dominante.

156.
    Infine, la ricorrente sostiene di non avere avuto consapevolezza dell'illegittimità del suo comportamento dato che le società coinvolte non potevano immaginare, a causa dell'intervento e del sollecito del governo ellenico a favore delle varie pratiche contestate, che il loro comportamento fosse illecito.

157.
    La Commissione contesta i detti argomenti.

Giudizio del Tribunale

1. Considerazioni generali

158.
    Nella fattispecie è pacifico che la Commissione ha determinato l'ammenda inflitta alla ricorrente conformemente al metodo generale per il calcolo dell'ammontare delle ammende enunciato negli orientamenti, i quali sono altresì applicabili alle ammende inflitte ai sensi dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86. Va osservato anche che la ricorrente non contesta l'applicabilità nel caso di specie dei detti orientamenti.

159.
    Ai termini dell'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille ad un massimo di un milione di [euro], con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10% del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza (...) commettano un'infrazione alle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, (...), del trattato». Il medesimo articolo stabilisce che, «[p]er determinare l'ammontare dell'ammenda, occorr[e] tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata».

160.
    Orbene, gli orientamenti dispongono, al punto 1, primo comma, che, per il calcolo delle ammende, l'importo di base sia determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, i soli criteri indicati all'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86.

161.
    Secondo gli orientamenti, la Commissione assume come punto di partenza, nel calcolo delle ammende, un importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione. La valutazione della gravità dell'infrazione deve prendere in considerazione la natura dell'infrazione, l'impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l'estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo comma). In tale contesto le infrazioni sono classificate in tre categorie, ossia le «infrazioni poco gravi», per le quali l'ammontare delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione, le «infrazioni gravi», per le quali l'ammontare delle ammende applicabili può variare tra EUR 1 milione e 20 milioni, e le «infrazioni molto gravi», per le quali l'ammontare delle ammende applicabili supera EUR 20 milioni (punto 1 A, primo-terzo trattino).

162.
    Successivamente, nell'ambito del trattamento differenziato da applicare alle imprese, gli orientamenti stabiliscono che, nell'ambito di ciascuna delle categorie succitate, ed in particolare per le categorie di infrazioni «gravi» e «molto gravi», la gamma delle sanzioni previste consente di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo comma). E', inoltre, necessario valutare l'effettiva capacità economica degli autori dell'infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto comma). In più, si può tenere conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre d'infrastrutture sufficienti per avere le conoscenze giuridico-economiche che consentano loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza (punto 1 A, quinto comma).

163.
    Nell'ambito di ciascuna delle tre categorie definite sopra, al fine di tenere conto del peso specifico, e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante l'infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nelle dimensioni delle imprese che commettono il medesimo tipo d'infrazione, può essere opportuno ponderare, nei casi in cui sono coinvolte più imprese, come i cartelli, l'ammontare predeterminato e adattare di conseguenza l'importo di base generale secondo la caratteristica specifica di ogni impresa (punto 1 A, sesto comma).

164.
    Quanto al fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti stabiliscono una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base stabilito per la gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato fino al 50% del suo valore, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo capoverso, primo-terzo trattino).

165.
    In seguito, gli orientamenti riportano, a titolo di esempio, un elenco di circostanze aggravanti e attenuanti che possono essere prese in considerazione per aumentare o diminuire l'importo di base riferendosi poi alla comunicazione 18 luglio 1996 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende (GU C 207, pag. 4).

166.
    Come osservazione generale, gli orientamenti precisano che l'ammenda calcolata secondo lo schema di cui sopra (importo di base più o meno le percentuali di maggiorazione e di riduzione) non può in alcun caso superare il 10% del volume d'affari mondiale delle imprese, come disposto dall'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86 [punto 5, lett. a)]. Inoltre gli orientamenti prevedono che, dopo avere effettuato i calcoli di cui sopra, occorrerà prendere in considerazione, a seconda delle circostanze, taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell'infrazione, le caratteristiche delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza, in fine, gli importi delle ammende [punto 5, lett. b)].

167.
    Ne consegue che, secondo il metodo descritto negli orientamenti, il calcolo delle ammende viene effettuato in funzione dei due criteri citati all'art. 19, n. 2, del regolamento n. 4056/86, vale a dire la gravità dell'infrazione e la sua durata, nel rispetto del limite massimo in relazione al volume d'affari di ciascuna impresa, stabilito con la medesima disposizione. Di conseguenza, gli orientamenti non trascendono il contesto giuridico delle sanzioni come definito dalla detta disposizione (sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punti 231 e 232).

2. Quanto alla fondatezza della parte di motivo in esame

168.
    Come si è appena ricordato, negli orientamenti i cartelli sono classificati, in linea di principio, come infrazioni molto gravi, una qualificazione che s'inserisce perfettamente nella giurisprudenza della Corte e del Tribunale secondo cui tale tipo d'infrazione rientra tra le restrizioni della concorrenza più gravi, in particolare allorché l'intesa concerne la fissazione dei prezzi.

169.
    Orbene, nel caso di specie e nella situazione della ricorrente, dai ‘considerando’ 147-150 della Decisione risulta che, pur rilevando (‘considerando’ 147 della Decisione) che «[u]n accordo mediante il quale il prezzo del trasporto di passeggeri e merci per traghetto roll-on roll-off sia stato concordato da alcuni dei più importanti operatori di traghetti nel mercato di riferimento costitui[va], per sua natura, una violazione molto grave delle disposizioni comunitarie», in realtà la Commissione ha considerato soltanto grave l'infrazione di cui trattasi (‘considerando’ 150 della Decisione). Essa è pervenuta a questa diminuzione del livello di gravità dopo aver osservato che «[l]'infrazione [aveva] avuto un effetto reale limitato sul mercato» e che, siccome il governo ellenico «durante il periodo dell'infrazione [aveva] incoraggiato le imprese a contenere gli aumenti tariffari nei limiti dell'inflazione», «[l]e tariffe [erano] state mantenute ad un livello tra i più bassi del mercato comune per il trasporto marittimo da uno Stato membro ad un altro» (‘considerando’ 148 della Decisione). Per di più, la Commissione ha tenuto conto del fatto che l'infrazione «[aveva] (...) prodotto i suoi effetti in una parte limitata del mercato comune, vale a dire su tre delle linee adriatiche», un mercato ritenuto ancora modesto rispetto ad altri mercati dell'Unione europea (‘considerando’ 149 della Decisione).

170.
    Ne consegue che correttamente la Commissione ha qualificato grave l'infrazione nella Decisione.

171.
    Occorre respingere altresì l'argomento vertente sull'influenza esercitata dalla regolamentazione ellenica. Nell'ambito dell'esame del secondo motivo è stato rilevato che, nel caso di specie, il contesto normativo ed il comportamento delle autorità elleniche non impedivano l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato poiché le imprese conservavano un margine discrezionale per definire la loro politica in materia tariffaria. Pertanto, la menzione della soluzione fornita dalla Corte al problema della mancanza di concorrenza residuale nella sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., è priva di rilevanza nel caso di specie. Inoltre, per quanto riguarda il detto contesto particolare, è sufficiente rilevare che, come segnala la Commissione, essa ne ha effettivamente tenuto conto come circostanza attenuante. Infatti, dal ‘considerando’ 163 della Decisione risulta che la Commissione ha affermato che la prassi corrente di fissare le tariffe nazionali elleniche mediante consultazioni di tutti gli operatori nazionali e la successiva decisione del Ministero della Marina mercantile potrebbero aver indotto le compagnie elleniche che operano anche sulle linee nazionali a dubitare che la consultazione per la fissazione dei prezzi sulle linee internazionali costituisse realmente un'infrazione. Queste considerazioni hanno giustificato una riduzione delle ammende del 15% per tutte le compagnie. Per le stesse ragioni, la ricorrente non può contestare alla Commissione di non aver tenuto conto della circostanza che essa non aveva consapevolezza dell'illegittimità del suo comportamento.

172.
    Per quanto riguarda l'argomento secondo cui le intese in questione non avrebbero causato alcun pregiudizio ai consumatori, poiché non è intervenuto nessun aumento inammissibile delle tariffe, e secondo cui l'infrazione ha avuto soltanto una ripercussione limitata sul mercato, va rilevato che, contrariamente a quanto fa valere la ricorrente, quest'ultimo è stato preso in considerazione dalla Commissione, come risulta dai ‘considerando’ 148 e 149 della Decisione. Al ‘considerando’ 148, essa ha osservato che «[l]'infrazione [aveva] avuto un effetto reale limitato sul mercato» e che, siccome il governo ellenico «durante il periodo dell'infrazione [aveva] incoraggiato le imprese a contenere gli aumenti tariffari nei limiti dell'inflazione», «[l]e tariffe [erano] state mantenute ad un livello tra i più bassi del mercato comune per il trasporto marittimo da uno Stato membro ad un altro». Per di più, la Commissione ha tenuto conto del fatto che l'infrazione «[aveva] (...) prodotto i suoi effetti in una parte limitata del mercato comune, vale a dire su tre delle linee adriatiche», un mercato ritenuto ancora modesto rispetto ad altri mercati dell'Unione europea (‘considerando’ 149 della Decisione). Proprio tenendo conto di tali circostanze, la Commissione ha deciso di diminuire il livello di gravità dell'infrazione ed ha qualificato i fatti come infrazione grave anziché infrazione molto grave, come avrebbe potuto fare in applicazione degli orientamenti.

173.
    Inoltre, dato che è stato dimostrato che la ricorrente ha commesso un'infrazione grave al diritto comunitario avendo partecipato ad intese con i suoi concorrenti, essa non può far valere di aver partecipato ad una pratica che il governo ellenico riteneva perseguisse gli obiettivi della Comunità. L'obiettivo dello sviluppo del commercio intercomunitario non può essere perseguito con mezzi formalmente vietati dalle disposizioni del Trattato.

174.
    Risulta da quanto precede che questa parte del motivo va respinta.

B - Sulla seconda parte, vertente su una valutazione erronea della durata dell'infrazione

Argomenti delle parti

175.
    La ricorrente contesta la valutazione della durata dell'infrazione svolta dalla Commissione e sostiene che non è stato concluso nessun accordo relativo ai prezzi per gli anni 1987, 1988 e 1989. Per quanto riguarda il 1987, la Commissione non disporrebbe di alcuna prova di un eventuale accordo relativo alla politica tariffaria. Le trattative tra le società effettuate nel 1987, a cui essa ammette di aver preso parte, riguarderebbero esclusivamente le tariffe per il 1988. Quanto agli anni 1988 e 1989, la ricorrente fa valere che le trattative non hanno condotto ad una tabella dei prezzi comune per il trasporto dei passeggeri, come confermerebbe il fatto che le dette tariffe che essa ha pubblicato per tali anni sono diverse da quelle pubblicate dalle altre società.

176.
    La Commissione ricorda la giurisprudenza secondo cui l'adesione ad accordi di fissazione di prezzi costituisce di per sé un'infrazione all'art. 85, n. 1, del Trattato e fa valere che la partecipazione della ricorrente alle consultazioni in materia tariffaria per gli anni 1987, 1988 e 1989 è dimostrata dai documenti menzionati ai ‘considerando’ 9, 10 e 12 della Decisione. Infine, essa osserva che il divieto di un accordo non dipende dal suo grado di successo al momento dell'applicazione dello stesso.

Giudizio del Tribunale

177.
    Nel caso di specie, gli argomenti invocati dalla ricorrente in merito alla valutazione della durata dell'infrazione per determinare l'importo dell'ammenda rimettono in discussione gli elementi di prova prodotti dalla Commissione riguardo all'esistenza ed alla portata dell'infrazione. Infatti, la ricorrente contesta la valutazione della durata dell'infrazione fatta dalla Commissione in quanto, secondo la stessa, non è stato concluso nessun accordo sulle tariffe per gli anni 1987, 1988 e 1989. Occorre pertanto verificare se gli elementi di prova relativi agli anni 1987, 1988 e 1989 (‘considerando’ 9-12 della Decisione) siano sufficienti a dimostrare l'esistenza di un'intesa come quella affermata dalla Commissione e la partecipazione della ricorrente a quest'ultima durante il detto periodo.

178.
    A tale proposito, dalla descrizione dei fatti esposti ai ‘considerando’ 9-12 della Decisione, non contestati dalla ricorrente, e in particolare dal telex 15 marzo 1989, menzionato dalla Commissione, risulta che la Minoan ha tentato di persuadere l'Anek a prendere parte all'accordo stipulato il 18 luglio 1987 con le altre società imputate che operavano sulla detta linea, tra cui la ricorrente, e che, a fronte delle esitazioni dell'Anek ad entrare a far parte dell'accordo, le altre imprese (la Minoan, la Karageorgis, la Marlines e la ricorrente) hanno deciso di praticare collettivamente, dal 26 giugno 1989, le stesse tariffe praticate dall'Anek per gli autocarri. Inoltre, un telex 22 giugno 1989 dimostra che la Minoan ha notificato all'Anek tale decisione. Ne consegue che la Commissione poteva sostenere che il contenuto del detto telex dimostrava non solo che un accordo esisteva, ma che la ricorrente vi aveva preso parte.

179.
    La ricorrente fa valere che, per quanto riguarda il 1987, manca la prova dell'intesa, in quanto le trattative fra le società effettuate nel 1987, a cui essa ammette di aver preso parte, riguardavano esclusivamente le tariffe per il 1988. Tuttavia, va rilevato che, come sottolinea la Commissione nella Decisione (‘considerando’ 9), nel telex 15 marzo 1989 è stato indicato che «la politica dei prezzi per il 1988, come stabilito di comune accordo con gli altri interessati, è stata decisa il 18 luglio 1987. Si tratta infatti della prassi normale».

180.
    Per quanto riguarda gli anni 1988 e 1989, la ricorrente ammette che le trattative in materia tariffaria sono state effettuate. Orbene, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il fatto che le dette trattative non abbiano condotto ad una tabella comune delle tariffe di trasporto dei passeggeri non è pertinente ai fini di determinare se vi sia stata violazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato laddove l'oggetto anticoncorrenziale delle intese in questione sia dimostrato come nel caso di specie.

181.
    Inoltre, la mancata applicazione effettiva dell'accordo controverso da parte dei suoi membri è stata presa in considerazione dalla Commissione in sede del calcolo dell'ammenda, come è stato rilevato sopra.

182.
    Da quanto precede deriva che la seconda parte del presente motivo dev'essere respinta.

C - Sulla terza parte, relativa alla violazione del principio di proporzionalità nella determinazione dell'importo dell'ammenda

Argomenti delle parti

183.
    La ricorrente afferma che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità, poiché le ha inflitto un'ammenda sproporzionata rispetto alla natura dell'infrazione e tenuto conto degli obblighi di servizio pubblico che le incombevano, dell'intervento del Ministero della Marina mercantile e dell'impatto limitato degli accordi controversi.

184.
    Essa osserva che l'ammenda che le è stata imposta corrisponde al 2,6% del suo volume d'affari mondiale, un tasso che essa ritiene molto elevato per l'infrazione di cui trattasi e rispetto alle altre cause precedenti. Inoltre, essa osserva che l'ammenda imposta infine dalla Commissione ammonta al 115% dell'importo di base, ed è a suo avviso particolarmente elevata visto il numero delle circostanze attenuanti che, sebbene presenti nel caso di specie, non sono state prese in considerazione dalla Commissione. Infatti, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto applicarle tassi di riduzione dell'ammenda più elevati in considerazione della sua collaborazione con la stessa durante il procedimento amministrativo e della sua incertezza per quanto riguarda l'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato, e tenuto conto della regolamentazione ellenica dei suoi obblighi di servizio pubblico e dell'intervento del Ministero della Marina mercantile sulle linee tra la Grecia e l'Italia.

185.
    Infine, la ricorrente contesta alla Commissione di non aver preso in considerazione altre cause di riduzione dell'ammenda, come il fatto che l'infrazione non derivasse da una volontà indipendente, l'assenza di un accordo per il 1987 e l'applicazione di un programma di adeguamento alle regole della concorrenza. Essa invoca, a tale proposito, la sentenza PVC II, cit. (punto 1162).

186.
    La Commissione sostiene che la ricorrente non ha indicato le ragioni per cui l'ammenda inflitta era sproporzionata rispetto alla gravità ed alla durata dell'infrazione e ricorda che le circostanze attenuanti invocate dalla ricorrente sono già state valutate nella Decisione (‘considerando’ 110, 148 e 149).

187.
    L'argomento secondo cui il carattere sproporzionato dell'ammenda risulta dal trattamento riservato ad altre società che hanno commesso infrazioni più gravi non può essere accolto, poiché la determinazione dell'importo delle ammende non è soggetta a nessun «calcolo matematico».

188.
    Per quanto riguarda il programma di adeguamento al diritto della concorrenza invocato dalla ricorrente, esso non cambierebbe nulla riguardo all'esistenza dell'infrazione rilevata nel caso di specie. Inoltre, la Commissione sottolinea di aver tenuto conto del fatto che la ricorrente non ha contestato i fatti su cui si basano le censure di cui alla Decisione e che essa ha effettuato una diminuzione dell'ammenda.

Giudizio del Tribunale

189.
    Occorre verificare se l'ammenda inflitta alla ricorrente fosse sproporzionata rispetto alla gravità ed alla durata dell'infrazione contestata.

190.
    In via preliminare va segnalato che, poiché la ricorrente ha partecipato ad un'intesa di lunga durata qualificata giustamente come infrazione grave, le è stata imposta un'ammenda di ECU 1 500 000, corrispondente al 2,6% del suo volume d'affari mondiale, come la stessa ha sottolineato. L'ammenda imposta infine alla ricorrente dalla Commissione ammontava al 115% dell'importo di base.

191.
    Per quanto riguarda la gravità dell'infrazione, è stato rilevato, in sede di esame della prima parte, che ingiustamente la ricorrente invoca una valutazione erronea della gravità dell'infrazione.

192.
    Per quanto riguarda la valutazione della durata dell'infrazione, va rilevato che gli orientamenti prevedono che le infrazioni di durata superiore ai cinque anni siano da considerare lunghe e giustifichino una maggiorazione fino al 10% per ciascun anno dell'importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione.

193.
    Nel caso di specie, dal ‘considerando’ 153 della Decisione emerge che la Commissione ha stimato che, per quanto riguarda la ricorrente e la Minoan, l'infrazione risalga almeno al 18 luglio 1987 e sia durata fino al luglio 1994, data degli accertamenti della Commissione, vale a dire che la durata dell'infrazione è stata di sette anni e che la durata di una tale infrazione è stata qualificata dalla Commissione come «lunga» per la ricorrente, la Minoan e la Karageorgis e «media» per le altre compagnie (‘considerando’ 155 della Decisione). La Commissione ha affermato che tali considerazioni giustificano «una maggiorazione delle ammende di 10% per ogni anno di durata dell'infrazione» nel caso della ricorrente e della Minoan, vale a dire una maggiorazione del 70% (‘considerando’ 156 della Decisione). Per quanto riguarda le altre imprese, la Commissione ha maggiorato l'importo dell'ammenda di 20% nel caso della Marlines e di 35-55% per le altre compagnie. La tabella 2 riporta le percentuali di maggiorazione da applicare alle varie compagnie.

194.
    Pertanto, e poiché gli orientamenti prevedono che le infrazioni di durata superiore ai cinque anni siano da considerare lunghe e giustifichino una maggiorazione fino al 10% per ciascun anno dell'importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione, la ricorrente non può dedurre di essere stata vittima di una violazione del principio di proporzionalità nella determinazione della durata dell'infrazione a cui ha partecipato.

195.
    Occorre poi aggiungere che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, tutte le circostanze attenuanti invocate dalla ricorrente sono state effettivamente prese in considerazione dalla Commissione.

196.
    Dai ‘considerando’ 162-164 della Decisione risulta che la Commissione ha tenuto conto di molte circostanze attenuanti nei confronti delle imprese destinatarie.

197.
    In primo luogo, come è stato ricordato (‘considerando’ 163 della Decisione), la Commissione ha rilevato che le compagnie greche che operano anche sulle linee nazionali possono essere state indotte a dubitare che la consultazione per la fissazione dei prezzi sulle linee internazionali costituisse realmente un'infrazione. Queste considerazioni hanno giustificato una riduzione delle ammende del 15% per tutte le compagnie.

198.
    In secondo luogo (‘considerando’ 164 della Decisione), la Commissione ha tenuto conto del fatto che le compagnie Marlines, Adriatica, Anek e Ventouris Ferries hanno avuto nell'infrazione un ruolo consistente esclusivamente in un'«imitazione gregaria» e ha ritenuto che tale circostanza giustificasse una riduzione delle ammende del 15% per tutt'e quattro le compagnie. La ricorrente non può sostenere di aver diritto ad una tale riduzione, in quanto non ha avuto un ruolo consistente esclusivamente in un'«imitazione gregaria», come dimostra l'insieme degli elementi di prova riportati nella Decisione.

199.
    In terzo luogo, occorre ricordare che al ‘considerando’ 169 della Decisione la Commissione ha rilevato che è stata applicata una riduzione del 20% delle ammende a tutte le compagnie, compresa la ricorrente, poiché esse non hanno contestato i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti della Commissione. Pertanto, la ricorrente non può affermare che la sua cooperazione con la Commissione non sia stata presa in considerazione nella determinazione dell'importo dell'ammenda o che essa avrebbe dovuto esserlo maggiormente, in assenza di qualsiasi elemento che precisi la natura e la portata dell'asserita cooperazione.

200.
    Essa non può neppure rimproverare alla Commissione di non aver applicato un'ulteriore diminuzione dell'importo dell'ammenda a titolo di un'asserita ignoranza assoluta dell'illegittimità del proprio comportamento, dal momento che la confusione creata dal contesto legislativo e dalla politica delle autorità elleniche in materia di traffico interno è stata debitamente presa in considerazione e che, a tale titolo, le imprese hanno fruito di una riduzione del 15% (‘considerando’ 163 della Decisione).

201.
    Infine, l'argomento vertente sulla pretesa applicazione di un programma di adeguamento alle regole della concorrenza non può essere accolto. Se è certo molto importante che la ricorrente abbia adottato provvedimenti volti a impedire che in futuro suoi dipendenti commettano nuove infrazioni al diritto comunitario della concorrenza, una tale iniziativa non ha alcuna incidenza sulla realtà e sulla portata dell'infrazione rilevata. Il solo fatto che, in certi casi, la Commissione abbia preso in considerazione, nella sua prassi decisionale precedente, l'attuazione di un programma di informazione come circostanza attenuante non implica che essa abbia l'obbligo di procedere nello stesso modo nel caso di specie (sentenza PVC II, cit., punto 1162). Occorre aggiungere che la sua volontà di cooperare con la Commissione, dimostrata dal fatto di non aver contestato i fatti su cui si basano le censure contenute nella Decisione, è già stata riconosciuta dalla Commissione e ha fatto sì che l'ammenda inflittale fosse diminuita del 20%.

202.
    Ne consegue che questa terza parte nonché tutto il motivo devono essere integralmente respinti.

203.
    Alla luce di quanto precede, occorre respingere integralmente il ricorso.

Sulle spese

204.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata alle spese sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    Il ricorso è respinto.

2)    La ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Cooke
García-Valdecasas
Lindh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'11 dicembre 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

P. Lindh

Indice

    Fatti all'origine del ricorso

II - 2

    Procedimento e conclusioni delle parti

II - 4

    In diritto

II - 5

        I - Sulle conclusioni dirette ad ottenere l'annullamento della Decisione

II - 5

            Sul primo motivo, relativo all'illegittimità del controllo effettuato dalla Commissione negli uffici dell'ETA

II - 5

                Argomenti delle parti

II - 5

                Giudizio del Tribunale

II - 8

                    A - Sull'interesse legittimo della ricorrente a sollevare il presente motivo

II - 8

                    B - Nel merito

II - 9

                    1. Poteri di accertamento della Commissione

II - 9

                    2. Quanto alla fondatezza del motivo

II - 13

                    a) Fatti pertinenti e non contestati dalle parti

II - 13

                    b) Quanto al rispetto, nella fattispecie, dei principi cui la Commissione deve informare l'esercizio dei suoi poteri di accertamento

II - 15

                    c) Quanto al rispetto dei diritti della difesa e alla non eccessiva ingerenza dell'autorità pubblica nella sfera d'attività dell'ETA

II - 19

                    C - Conclusione

II - 20

            Sul secondo motivo, vertente su un'erronea applicazione al caso di specie dell'art. 85, n. 1, del Trattato, in quanto le imprese in causa non godevano della necessaria autonomia, essendo il loro comportamento dettato dal contesto normativo e dalle sollecitazioni delle autorità elleniche

II - 20

                Argomenti delle parti

II - 20

                Giudizio del Tribunale

II - 28

            Sul terzo motivo, relativo alla carenza di motivazione della Decisione

II - 36

                Argomenti delle parti

II - 36

                Giudizio del Tribunale

II - 37

        II - Sulle conclusioni presentate in subordine, intese alla riduzione dell'importo dell'ammenda

II - 38

            A - Sulla prima parte, vertente su un'erronea valutazione della gravità dell'infrazione

II - 38

                Argomenti delle parti

II - 38

                Giudizio del Tribunale

II - 39

                    1. Considerazioni generali

II - 39

                    2. Quanto alla fondatezza della parte di motivo in esame

II - 42

            B - Sulla seconda parte, vertente su una valutazione erronea della durata dell'infrazione

II - 43

                Argomenti delle parti

II - 43

                Giudizio del Tribunale

II - 44

            C - Sulla terza parte, relativa alla violazione del principio di proporzionalità nella determinazione dell'importo dell'ammenda

II - 45

                Argomenti delle parti

II - 45

                Giudizio del Tribunale

II - 46

    Sulle spese

II - 48


1: Lingua processuale: il greco.