Language of document : ECLI:EU:C:2019:322

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate l’11 aprile 2019 (1)

Causa C543/17

Commissione europea

contro

Regno del Belgio

«Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Direttiva 2014/61/UE – Costo dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità – Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva – Sanzioni pecuniarie – Domanda di condanna al pagamento di una penalità giornaliera»






I.      Introduzione

1.        Nella presente causa, la Commissione europea chiede alla Corte di «dichiarare che, non avendo adottato, entro e non oltre il 1o gennaio 2016, tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie a conformarsi alla direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità (2), o, in ogni caso, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell’articolo 13 di tale direttiva» (3).

2.        Per giunta, la Commissione chiede alla Corte di «condannare il Regno del Belgio, conformemente all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, al pagamento di una penalità di importo giornaliero pari a EUR 54 639,36 a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa, per inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione della direttiva [2014/61]» (4).

3.        Il presente ricorso per l’accertamento di un inadempimento presenta pertanto due aspetti riguardanti, il primo, un inadempimento classico consistente nella mancata attuazione (parziale) di una direttiva e, il secondo, una sanzione pecuniaria (5) in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. Il primo aspetto del procedimento non pone problemi sul piano giuridico e, inoltre, non è contestato tra le parti del procedimento (6). Per contro, la problematica giuridica sollevata nell’ambito del secondo aspetto è dibattuta tra, da un lato, la Commissione e, dall’altro, il Regno del Belgio, come pure gli Stati membri intervenienti (7).

4.        L’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è stato introdotto dal Trattato di Lisbona. Esso prevede un meccanismo che consente alla Corte di infliggere a uno Stato membro una sanzione pecuniaria sin dalla prima condanna per inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata conformemente ad una procedura legislativa.

5.        Ad oggi, la Corte non si è ancora mai pronunciata sull’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. È vero che la Corte è già stata investita di numerose cause nelle quali la Commissione chiedeva l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. Queste ultime sono state tuttavia, sinora, tutte risolte prima della pronuncia della sentenza tra lo Stato membro interessato e la Commissione, il che ha condotto quest’ultima a rinunciare agli atti in ciascuna di esse, talora all’ultimissimo minuto (8).

6.        La presente causa potrebbe quindi consentire alla Corte di interpretare tale disposizione (9).

7.        L’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE solleva questioni fondamentali concernenti l’ordinamento giuridico dell’Unione. Il mio obiettivo principale, per non dire la mia preoccupazione principale, in questa causa è quello di segnalare alla Corte che ogni interpretazione di tale disposizione dovrebbe andare oltre il truismo secondo cui un’attuazione rapida, completa e corretta delle direttive è essenziale per l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione.

II.    Contesto normativo

8.        Ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2014/61, dal titolo «Recepimento» (10):

«Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2016. Essi ne informano la Commissione.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1o luglio 2016.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri».

III. Fatti all’origine della controversia

A.      Procedimento precontenzioso

9.        Ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2014/61, gli Stati membri dovevano adottare e pubblicare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro il 1o gennaio 2016 e informarne la Commissione.

10.      Non essendole stata comunicata, a tale data, alcuna misura nazionale di attuazione della detta direttiva, il 23 marzo 2016 la Commissione ha inviato al Regno del Belgio una lettera di diffida.

11.      Poiché dalla risposta del Regno del Belgio risultava che, alla data dell’11 luglio 2016, le misure di attuazione erano in preparazione, il 30 settembre 2016 la Commissione ha inviato un parere motivato a tale Stato membro, invitando quest’ultimo a prendere i provvedimenti necessari per conformarvisi entro un termine di due mesi dalla sua ricezione.

12.      Essendogli stata accordata una proroga del termine di risposta, il Regno del Belgio ha risposto al parere motivato con lettere del 21 febbraio e del 28 marzo 2017, rendendo noto alla Commissione che l’attuazione della direttiva 2014/61 era in corso. A tali lettere erano allegati progetti di misure di attuazione nonché la versione consolidata dell’ordinanza del 3 luglio 2008 relativa ai cantieri di viabilità della Regione di Bruxelles Capitale (Belgio).

13.      Considerando l’insussistenza sia di una piena attuazione della direttiva 2014/61 sia della comunicazione delle misure nazionali di piena attuazione di tale direttiva e pertanto l’inadempimento, da parte del Regno del Belgio, agli obblighi ad esso incombenti a norma dell’articolo 13 della detta direttiva, il 13 luglio 2017 la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

B.      Procedimento dinanzi alla Corte

14.      Con il suo ricorso, presentato il 15 settembre 2017, la Commissione ha contestato al Regno del Belgio, da una parte, di non aver adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla direttiva 2014/61 e, dall’altra, in ogni caso, di non avergliele comunicate.

15.      Nel suo controricorso, il Regno del Belgio ha esposto lo stato di avanzamento dell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2014/61, asserendo che la maggior parte delle disposizioni erano state recepite nell’ordinamento belga, secondo la ripartizione di competenze tra lo Stato federale, le regioni e le comunità, e che le misure necessarie erano state adottate o erano in corso di adozione per quelle non ancora recepite.

16.      Nella replica, la Commissione ha precisato che, malgrado i notevoli progressi registrati riguardo all’attuazione della direttiva 2014/61 da parte del Regno del Belgio a seguito della presentazione del ricorso, l’adozione di ulteriori misure restava necessaria ai fini di una piena attuazione. Tale necessità sarebbe stata del resto riconosciuta dalle stesse autorità belghe. Di conseguenza, e pur avendo ridotto l’ammontare della penalità giornaliera al cui pagamento intende veder condannare il Regno del Belgio, la Commissione ha mantenuto la sua domanda.

17.      Il 5 febbraio 2018, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Lituania, l’Ungheria e la Repubblica d’Austria sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio. Il 21 novembre 2018, la Romania è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio.

18.      Il governo belga e la Commissione hanno esposto osservazioni orali all’udienza tenutasi il 22 gennaio 2019, così come i governi tedesco, estone, spagnolo, francese, italiano, ungherese, austriaco e rumeno.

IV.    Analisi

19.      Esaminerò innanzitutto la questione degli inadempimenti contestati al Regno del Belgio ai sensi dell’articolo 258 TFUE (sub A) prima di affrontare la questione, più spinosa, delle sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (sub B).

A.      Sugli inadempimenti ai sensi dell’articolo 258 TFUE

20.      La Commissione contesta al Regno del Belgio di non aver attuato le disposizioni della direttiva 2014/61 nell’ordinamento nazionale al 1o gennaio 2016, data prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, di tale direttiva per l’adozione e la pubblicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla detta direttiva e di non aver comunicato le disposizioni di attuazione.

21.      Il Regno del Belgio non contesta tale addebito.

22.      Siamo di conseguenza in presenza di un «inadempimento non contestato»: il Regno del Belgio non ha attuato la direttiva 2014/61 entro il termine impartito e non ha neppure informato la Commissione – come richiesto dall’articolo 13, paragrafo 1, di tale direttiva – delle misure di attuazione.

23.      Per poter accertare un inadempimento ad obblighi derivanti da una direttiva, l’esistenza di quest’ultimo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, dev’essere valutato in relazione alla situazione dello Stato membro quale essa si presentava allo scadere del termine fissato nel parere motivato (11).

24.      Propongo dunque alla Corte di dichiarare che, non avendo adottato, entro il termine prescritto, tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2014/61 o, in ogni caso, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell’articolo 13 di tale direttiva.

B.      Sulla sanzione pecuniaria ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE

25.      La questione chiave della presente causa verte indubbiamente sull’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, vale a dire sul modo in cui tale disposizione sia applicabile alla presente causa.

1.      Sulla direttiva

26.      Ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, «la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi». Tale strumento proprio dell’ordinamento giuridico dell’Unione costituisce lo strumento per armonizzare disposizioni nazionali.

27.      La direttiva è un eccellente esempio emblematico della maniera in cui gli ordinamenti giuridici nazionali sono interconnessi con l’ordinamento giuridico dell’Unione. Una corretta trasposizione presenta quindi un’importanza fondamentale sia per l’effetto utile della direttiva sia per la sua applicazione uniforme attraverso l’Unione.

28.      L’iter legislativo in due fasi delle direttive implica uno sforzo di controllo considerevole. Dato che le direttive devono essere attuate dagli Stati membri, esse sono non soltanto una fonte di divergenze, ma anche una fonte di errori (12). L’esperienza finora acquisita ha così mostrato che la seconda fase non è una cosa ovvia e che l’attuazione da parte degli Stati membri è spesso meglio garantita grazie ad un controllo sistematico della Commissione. Di conseguenza, le pratiche di attuazione formano oggetto di un controllo continuo e di una valutazione statistica da parte della Commissione.

29.      Per quanto riguarda la trasposizione di direttive in legge nazionale, si distinguono tradizionalmente tre grandi tipi di infrazioni. Il primo riguarda la mancata comunicazione delle misure di attuazione (uno Stato membro non ha notificato alla Commissione, entro i termini fissati, le misure di attuazione di una direttiva), il secondo, la non conformità (le misure di attuazione adottate da uno Stato membro non sono conformi alle prescrizioni di direttive dell’Unione) e, infine, il terzo, la cattiva applicazione o la non corretta applicazione (la direttiva, anche se formalmente attuata, non è applicata correttamente o non è applicata affatto dalle autorità nazionali).

30.      Occorre sottolineare che tale suddistinzione viene operata dalla stessa Commissione (13).

31.      Per adempiere correttamente la sua funzione di custode dei Trattati e verificare se uno Stato membro abbia correttamente recepito le disposizioni di una direttiva nell’ordinamento nazionale, la Commissione deve quindi essere informata sulle misure di attuazione adottate dagli Stati membri (14).

32.      È frequente che gli Stati membri non rispettino gli obblighi di attuazione delle direttive e la cattiva attuazione delle direttive è uno dei casi più frequenti e più gravi della disapplicazione del diritto dell’Unione negli Stati membri (15).

33.      Le direttive dispongono ormai l’obbligo di far riferimento alla direttiva nell’atto di attuazione nazionale. A seguito di tale obbligo autonomo di riferimento, diventano necessarie misure di attuazione anche ove la normativa nazionale soddisfacesse già, nel merito, le prescrizioni della direttiva. Al fine di agevolare il controllo dell’attuazione, le direttive impongono spesso agli Stati membri, già prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, di notificare le misure di attuazione adottate (16). Per giunta, al fine di facilitare il controllo dell’attuazione, la Commissione esige regolarmente dagli Stati membri una tavola di concordanza nella quale sia indicato come è recepita nel diritto nazionale ciascuna disposizione di una data direttiva (17).

34.      Il Trattato di Lisbona ha aggiunto il procedimento di cui all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE agli strumenti a disposizione della Commissione ai fini di tale controllo.

2.      Sulla finalità dellarticolo 260, paragrafo 3, TFUE

35.      Per cogliere adeguatamente il significato dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, mi sembra utile prendere le distanze e collocare tale disposizione nel suo contesto storico e sistematico.

36.      A tal fine, vorrei concisamente affrontare il tema della controversa finalità di tale disposizione.

37.      A questo proposito, vengono avanzate due tesi. Da una parte, quella secondo la quale il meccanismo stabilito da tale disposizione è destinato a sanzionare direttamente la mancata comunicazione delle misure di attuazione. Questa è la tesi sostenuta, in particolare, dalla Commissione,(18), da parte della dottrina (19) nonché, in maniera implicita, dagli avvocati generali Wathelet (20) e Tanchev (21). In forza di tale orientamento, la mancata comunicazione delle misure di attuazione entro il termine previsto da una direttiva può, in quanto tale, dar luogo all’irrogazione di sanzioni pecuniarie. L’obbligo di pagamento potrebbe avere effetto immediatamente, ossia dalla data di pronuncia della sentenza oppure da una data successiva fissata dalla Corte nella sua sentenza.

38.      Dall’altra parte, in base alla posizione avversa, si sostiene la tesi secondo la quale il meccanismo stabilito all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è diretto a sanzionare la mancata esecuzione di una sentenza pronunciata dalla Corte con cui viene dichiarato che uno Stato membro è venuto meno al suo obbligo di notifica delle misure di attuazione (22). Secondo tale orientamento, una sanzione pecuniaria inflitta dalla Corte nella sentenza che accerta l’inadempimento (23) è esigibile solo in data successiva, poiché la ragion d’essere della sanzione pecuniaria è proprio la mancata esecuzione di tale sentenza. Secondo tale orientamento, infatti, la ratio legis dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è rinvenibile nella possibilità di infliggere sanzioni ad uno Stato membro immediatamente, ossia alla data della sentenza relativa all’infrazione, se la violazione è manifesta, vale a dire se il suo accertamento non pone problemi. Solo in tale situazione è giustificato accelerare la procedura prevista all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e non dover adire nuovamente la Corte.

39.      Mi rendo conto del fatto che il primo orientamento possa sembrare, a prima vista, più allettante del secondo. Si tratta comunque di un orientamento intuitivo, per chiunque sia versato nel – per non dire frustrato dal – bilancio degli Stati membri in materia di attuazione delle direttive. Cionondimeno, per i motivi che esporrò di seguito, sono convinto che il secondo orientamento sia quello corretto.

a)      Formulazione letterale

40.      La formulazione letterale dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE fornisce le prime indicazioni.

41.      Ricordo che, ai sensi del secondo comma di tale disposizione, «[s]e la Corte constata l’inadempimento, può comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione. Il pagamento è esigibile alla data fissata dalla Corte nella sentenza». Una siffatta formulazione implica, a mio parere e secondo ogni logica, che l’obbligo di pagamento interviene necessariamente ad una data successiva a quella di pronuncia della sentenza. Per contro, non può essere esclusa un’interpretazione della formulazione letterale dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE nel senso che l’obbligo di pagamento può coincidere con la pronuncia della sentenza. Anche se ritengo tale seconda interpretazione più improbabile della prima, si deve necessariamente constatare che la formulazione letterale dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non è priva di ambiguità e non si può affermare che la risposta alla nostra questione derivi, senza ombra di dubbio, dalla formulazione letterale di tale disposizione.

b)      Sistematica

42.      Sotto il profilo sistematico, la collocazione della disposizione di cui trattasi nell’articolo che verte sull’esecuzione e sulla non esecuzione delle sentenze della Corte, vale a dire l’articolo 260 TFUE, e non nel procedimento normale di accertamento di inadempimento, ossia l’articolo 258 TFUE, non può costituire un caso fortuito.

43.      Il procedimento del ricorso per accertamento di inadempimento costituisce il rimedio giuridico «centralizzato» classico per garantire l’applicazione, da parte degli Stati membri, del diritto dell’Unione (24). A tal fine, l’articolo 258 TFUE permette alla Commissione di adire la Corte di giustizia dell’Unione europea dopo un procedimento precontenzioso infruttuoso (25), mentre l’articolo 259 TFUE – che viene raramente applicato – prevede un procedimento analogo (26) per ogni (altro) Stato membro (27).

44.      L’articolo 260 TFUE stabilisce gli effetti e l’esecuzione delle sentenze pronunciate sul fondamento degli articoli 258 e 259 TFUE (28).

45.      A tal fine, l’articolo 260, paragrafo 1,TFUE, dispone che se la Corte riconosce che uno Stato membro ha mancato ad uno dei suoi obblighi, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta.

46.      Le disposizioni degli articoli 258 e 259 TFUE e dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE sono del resto identiche a quelle contenute nel Trattato di Roma del 1957 (29).

47.      L’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, introdotto dal Trattato di Maastricht, verte sul procedimento per l’imposizione di sanzioni pecuniarie nel caso in cui lo Stato membro interessato non abbia preso misure di esecuzione di una sentenza di accertamento di inadempimento(30). Tale procedimento, detto di «inadempimento su inadempimento» costituisce dunque una seconda fase nel senso che essa interviene esclusivamente dopo la pronuncia di una prima sentenza di accertamento di inadempimento.

48.      L’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, introdotto dal Trattato di Lisbona e che non ha finora formato oggetto di alcuna sentenza da parte della Corte (31), dispone che la Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte in virtù dell’articolo 258 TFUE, reputando che lo Stato membro interessato non abbia adempiuto l’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa, può, se lo ritiene opportuno, indicare l’importo della somma forfettaria o della penalità da versare da parte di tale Stato che essa consideri adeguato alle circostanze. Se la Corte constata l’inadempimento, può comminare allo Stato membro in questione il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione. Il pagamento è esigibile alla data fissata dalla Corte nella sentenza.

49.      Introdurre nell’articolo 260 TFUE una disposizione che disciplina non l’esecuzione di una sentenza ma un obbligo a cui può essere data esecuzione tramite l’articolo 258 TFUE andrebbe contro ogni logica sistematica. L’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, quindi, non può che riguardare la mancata esecuzione di una sentenza pronunciata dalla Corte.

c)      Lavori preparatori

50.      La genesi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, corrobora l’orientamento da me proposto (32). Infatti, il circolo di discussione istituito nel contesto della Convenzione europea (33) è all’origine della disposizione quale formulata all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. La sua relazione finale contiene proposte (34) secondo le quali occorreva «permettere alla Commissione di adire la Corte (in un unico procedimento) sia con un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo [258 TFEU] sia con la richiesta d’infliggere una sanzione. Se, su richiesta della Commissione, la Corte infligge la sanzione nella sentenza di condanna stessa, la sanzione si applicherà decorso un dato termine dalla pronuncia della sentenza (35) se lo Stato convenuto non si sarà conformato alla condanna (…). Siffatto meccanismo permetterebbe di snellire e accelerare in particolare la procedura per le sanzioni in caso di mancata comunicazione di una misura nazionale di recepimento (36)» (37). Tali proposte sono state riportate quasi alla lettera dal Praesidium della Convenzione europea (38) riguardo al progetto della nuova disposizione (39): «(…) Il paragrafo 3 (nuovo) è frutto di una proposta, presentata dalla Commissione al circolo di discussione, intesa a permettere alla Commissione di adire la Corte (in un unico procedimento) sia con un ricorso ai sensi dell’articolo [258 TFUE] sia con la richiesta d’infliggere una sanzione. Se, su richiesta della Commissione, la Corte infligge la sanzione nella sentenza di condanna stessa, la sanzione si applicherà decorso un dato termine dalla pronuncia della sentenza se lo Stato convenuto non si sarà conformato alla condanna (…). Siffatto meccanismo permetterebbe di snellire e accelerare notevolmente la procedura per le sanzioni in caso di mancata comunicazione di una misura nazionale di recepimento (…)».

51.      Tali citazioni mostrano, a mio parere, chiaramente che gli autori dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE intendevano istituire un procedimento riguardante la mancata esecuzione di una sentenza.

52.      Accorderò a questo proposito maggior importanza all’intento dei redattori del Trattato FUE, la cui chiarezza non lascia alcun dubbio, a mio parere, rispetto all’interpretazione esposta dalla Commissione nella sua comunicazione sull’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. Infatti, mi è difficile nella fattispecie privilegiare un atto di soft law, adottato da una parte del presente procedimento, anziché dei lavori preparatori, elaborati, non va dimenticato, in una Convenzione, senza precedenti, sul futuro dell’Europa (40).

d)      Carattere di sanzioni pecuniarie

53.      Ho un’osservazione più basilare sulla finalità dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. Le sanzioni pecuniarie nel contesto della procedura di infrazione non sono mai state interpretate, per quanto ne so, come aventi un carattere punitivo, sanzionatorio del mancato rispetto del diritto sostanziale dell’Unione.

54.      A tal riguardo, l’infrazione nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE «non è semplicemente la violazione originaria del Trattato sanzionata dalla Corte nell’ambito del procedimento ai sensi [dell’articolo 258 TFUE] (in prosieguo: l’“infrazione originaria”), ma è considerata come un’infrazione complessa che integra in sé l’infrazione originaria e la violazione dello specifico obbligo previsto dall’articolo [260, paragrafo 1, TFUE] di conformarsi alla sentenza della Corte» (41).

55.      In un’ottica più ampia, la logica di questa duplice violazione ha come sfondo il fatto che l’Unione è un’Unione di diritto (42) nella quale la necessità di tener conto delle sentenze e di dar loro esecuzione presenta un’importanza fondamentale.

56.      Se si ammettesse che la mancata attuazione delle disposizioni di una direttiva e la mancata comunicazione delle misure di attuazione costituiscono in quanto tali la ragion d’essere delle sanzioni pecuniarie, ciò contrasterebbe con tale logica di duplice infrazione. Una situazione del genere presenterebbe quindi una certa incoerenza, in quanto la violazione dell’obbligo di comunicazione delle misure di attuazione è spesso di natura meno grave di tante altre infrazioni nel diritto dell’Unione.

e)      Esito

57.      L’articolo 260, paragrafo 3, TFUE prevede pertanto la possibilità di sanzioni pecuniarie nell’ambito di un procedimento accelerato per situazioni da cui risulta chiaramente che uno Stato membro è venuto meno ai propri obblighi. Tale disposizione mira essenzialmente ad evitare un contenzioso inutile dinanzi alla Corte prima che possano essere inflitte sanzioni. L’obiettivo di tale procedimento è quello di evitare una seconda serie di procedimenti per i casi semplici di mancata comunicazione delle misure di attuazione, per motivi di economia processuale e di ripartizione ottimale delle risorse. Tale obiettivo è appunto conseguito in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE permettendo alla Corte di infliggere sanzioni sin dalla prima fase del procedimento e di disporre che tali sanzioni saranno automaticamente esigibili ad una data successiva, se alla sentenza pronunciata sul fondamento dell’articolo 258 TFUE non viene data esecuzione (43).

3.      Sulle condizioni enunciate allarticolo 260, paragrafo 3, TFUE

a)      Lobbligo di comunicare le misure di attuazione

58.      Una volta stabilita la finalità dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE passo ora ad esaminare le condizioni enunciate in tale disposizione.

59.      Occorre quindi interpretare i termini «obbligo di comunicare le misure di attuazione». Cosa significano esattamente questi termini che, a prima vista, sembrano privi di ambiguità?

60.      Possono distinguersi tre punti di vista.

61.      Secondo un primo punto di vista, propugnato in particolare dal governo belga, sostenuto al riguardo dai governi intervenienti a sostegno del Regno del Belgio, tali termini sono unicamente destinati ad applicarsi al caso in cui uno Stato membro è rimasto totalmente inerte per quanto riguarda l’attuazione di una direttiva nell’ordinamento nazionale e ha quindi omesso di adottare, entro il termine impartito, misure dirette ad attuare la direttiva e di comunicarle alla Commissione.

62.      La Commissione, invece, sostiene un secondo punto di vista, secondo cui l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE si applica sia in caso di totale mancanza di attuazione e di comunicazione delle misure di attuazione, sia in caso di attuazione e di comunicazione parziali di tali misure.

63.      Un terzo punto di vista, sostenuto dagli avvocati generali Wathelet (44) e Tanchev (45), è quello secondo il quale l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE si applica a tre fattispecie, e cioè quelle relative alla totale mancanza di comunicazione, alla comunicazione di misure di attuazione insufficienti e alla comunicazione di misure che costituiscono un’attuazione non corretta della direttiva.

64.      La dottrina è anch’essa discorde al riguardo (46).

65.      Confesso di non trovare convincente nessuna delle tesi sostenute.

66.      Innanzitutto, nutro seri dubbi quanto alla seconda e alla terza tesi. Esse procedono da un’interpretazione estensiva dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE e non tengono sufficientemente conto, a mio modo di vedere, della formulazione letterale, della sistematica nel Trattato, della genesi e della finalità di tale disposizione.

67.      Tali orientamenti, non sono, a mio modo di vedere, molto praticabili, poiché richiedono un esame dettagliato della questione se una direttiva sia stata o meno attuata dallo Stato membro interessato, il che contrasta con gli obiettivi di efficacia e di celerità del procedimento.

68.      Infatti, intendo l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non nel senso che pone la condizione sostanziale di non aver attuato una direttiva ma come contenente la condizione procedurale (47) di non aver comunicato le misure di attuazione.

69.      Il fatto generatore per l’imposizione del pagamento di una penalità o di una somma forfettaria è la violazione da parte dello Stato membro interessato dell’obbligo di notifica. L’obbligo a cui si riferisce l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non è quello di adottare misure di attuazione ma invece quello di notificarle (48). Non si tratta di negare che gli obblighi di comunicazione e di attuazione siano obblighi connessi, nel senso che l’obbligo di comunicazione rende operativo l’obbligo di attuazione (49). Ciò però non cambia nulla quanto alla formulazione chiara dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, che si riferisce non alle misure di attuazione in quanto tali ma alla loro comunicazione.

70.      Pertanto, la formulazione dell’articolo 260, paragrafo 3, primo comma, TFUE dev’essere intesa nel senso che tale disposizione fissa un limite chiaro alla portata del potere della Commissione di chiedere che sia inflitto il pagamento di una sanzione pecuniaria.

71.      Le fattispecie nelle quali uno Stato membro, non avendo adottato alcuna misura di attuazione, non notifica alla Commissione alcuna misura di attuazione entro il termine impartito sono simili alle fattispecie di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. In entrambi i casi (50), la situazione di diritto è in linea di principio chiara. Non esiste alcuna incertezza sul piano giuridico e, di conseguenza, alcuna necessità di ottenere una (prima) sentenza chiarificatrice della Corte. Per contro, la questione di un’attuazione parziale, imperfetta o non corretta non costituisce una questione tutt’altro che facile (51).

72.      In questo contesto, condivido il parere secondo il quale la «distinzione tra il carattere (in)completo o (s)corretto del recepimento di una direttiva non ha ragion d’essere» (52).

73.      Cercare di tracciare una linea di confine tra l’attuazione incompleta e l’attuazione scorretta non soltanto complica le cose ma induce anche in errore (53). Ciò in quanto un’attuazione incompleta è anche, per definizione, un’attuazione scorretta (54). Inoltre, un’attuazione scorretta attiene spesso alla mancanza di misure nazionali che applichino o rispecchino talune parti di una direttiva. Nella maggior parte dei casi di attuazione scorretta, parti più o meno importanti delle disposizioni di una direttiva possono essere individuate come mancanti nelle normative nazionali pertinenti.

74.      Un argomento chiave dei partigiani dell’idea secondo la quale l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE ricomprenderebbe non soltanto la mancata comunicazione integrale, ma anche la mancata comunicazione parziale, o addirittura la cattiva attuazione di una direttiva, è quello dell’effetto utile: solo un’interpretazione per quanto possibile ampia dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE sarebbe in grado di garantire che tale disposizione costituisca un mezzo realmente efficace per garantire l’attuazione tempestiva delle direttive da parte degli Stati membri.

75.      Un argomento del genere potrebbe risultare eventualmente convincente, solo se si basasse sulla premessa secondo cui l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è diretto a sanzionare non l’inosservanza di una sentenza della Corte, ma la mancata comunicazione di misure di attuazione. Di conseguenza, le considerazioni relative all’effetto utile non possono, a mio parere, essere accolte.

76.      La Commissione considera, inoltre, che «[q]ualora lo Stato membro fornisca tutte le spiegazioni necessarie sul modo in cui ritiene di aver attuato integralmente la direttiva, la Commissione potrà reputare che lo Stato membro non sia venuto meno all’obbligo di comunicare le misure di attuazione, e di conseguenza l’articolo 260, paragrafo 3, [TFUE] non sarà applicabile» (55).

77.      Anche se non intendo assolutamente mettere in discussione il potere discrezionale della Commissione nell’ambito del procedimento di accertamento di inadempimento, rilevo tuttavia che la Commissione sembra lasciarsi guidare da considerazioni soggettive degli Stati membri. Nondimeno, il procedimento dell’articolo 258 TFUE (56) come pure quello dell’articolo 260 TFUE (57) si basano sull’accertamento oggettivo dell’inosservanza, da parte di uno Stato membro, dei propri obblighi.

78.      Di conseguenza, non vedo come tale affermazione della Commissione, che introduce effettivamente un criterio soggettivo diretto a moralizzare il procedimento dell’articolo 260 TFUE, potrebbe essere condivisa (58). D’altro canto, seguire la logica della Commissione richiederebbe un’analisi dettagliata quanto alla questione di fondo di stabilire se una direttiva sia stata o meno attuata.

79.      Rimane la tesi secondo la quale l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE riguarderebbe unicamente le fattispecie nelle quali uno Stato membro rimane totalmente inerte.

80.      Tale tesi, se non ricomprendesse le fattispecie nelle quali uno Stato membro comunica alla Commissione, quali «misure di attuazione», misure senza alcuna relazione con la direttiva da attuare (59), non potrebbe riuscire a convincermi. Infatti, una siffatta «comunicazione simulata» costituisce una mancata comunicazione. Quando risulta, prima facie e senza un esame di merito, che talune misure sono prive di ogni relazione con la direttiva, non si può ragionevolmente parlare di misure di attuazione ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (60). Se risulta, a prima vista, che le misure comunicate non costituiscono affatto un’attuazione, si è in presenza di una mancata comunicazione.

81.      Pertanto, una fattispecie nella quale «salta agli occhi» che l’informazione relativa alle misure di attuazione comunicata alla Commissione non ha alcuna relazione con le disposizioni della direttiva può essere qualificata come un caso di «mancata comunicazione» ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (61).

b)      Applicazione al caso di specie

82.      La questione che si pone ora è quella di stabilire se le condizioni enunciate all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE ricorrano nel caso di specie, vale a dire se tale disposizione si applichi nella presente causa ratione materiae.

83.      Ritengo di no.

84.      La Commissione chiede alla Corte di «condannare il Regno del Belgio, conformemente all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, al pagamento di una penalità di un importo giornaliero pari a [EUR] 54 639,36 a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa, per inadempimento dell’obbligo di comunicare le misure di attuazione della direttiva [2014/61]» (62).

85.      Tale importo è stato gradualmente ridotto nel corso del procedimento dinanzi alla Corte in quanto il Regno del Belgio ha gradualmente attuato la direttiva.

86.      La data di riferimento per determinare l’irrogazione di una sanzione pecuniaria è quella del giorno dell’esame dei fatti da parte della Corte, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte nel contesto dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, (63) che è, a mio modo di vedere, pienamente trasponibile all’articolo 260, paragrafo 3 TFUE (64).

87.      All’udienza, la Commissione ha comunicato alla Corte di ritenere che rimangano unicamente lacune di attuazione per la regione Bruxelles Capitale, riguardanti esclusivamente talune disposizioni, e cioè le definizioni contenute all’articolo 2, punti 7 (65), 8 (66), 9 (67) e 11 (68), all’articolo 4, paragrafo 5, (69) e all’articolo 8 (70) della direttiva 2014/61. Tenuto conto di tali progressi, la Commissione ha deciso di ridurre a «1» il fattore di gravità e chiede alla Corte di condannare il Regno del Belgio ad una penalità giornaliera di EUR 6 071,04.

88.      Il Regno del Belgio non nega le lacune di attuazione contestate.

89.      Inoltre, il Regno del Belgio ha comunicato alla Commissione le misure di attuazione già realizzate. Tuttavia, la Commissione sostiene che tale governo «non ha adempiuto all’obbligo di comunicare le misure di attuazione» della direttiva 2014/61.

90.      Sulla base dei criteri che ho appena esposto e dato che tale Stato membro ha progressivamente comunicato alla Commissione le misure di attuazione, non può ritenersi che il Regno del Belgio non abbia adempiuto al suo obbligo di comunicazione.

91.      Pertanto, la domanda della Commissione relativa all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non può essere accolta.

4.      Sulle sanzioni pecuniarie

92.      La Commissione chiede alla Corte di condannare il Regno del Belgio ad una penalità giornaliera di EUR 6 071,04.

93.      Pur non vedendo la necessità di esprimermi sul calcolo esatto di una penalità giornaliera nell’ambito della presente causa, poiché ritengo che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE non si applichi nel caso di specie, tengo tuttavia a formulare due brevi osservazioni di ordine generale sulle sanzioni pecuniarie, per il caso in cui la Corte giungesse alla conclusione che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, si applica nel caso di specie.

94.      L’obiettivo delle sanzioni pecuniarie è quello di far sì che lo Stato membro rispetti il diritto dell’Unione e di impedire nuove infrazioni (71). Tali sanzioni hanno un obiettivo non morale ma pragmatico.

95.      Occorre subito rilevare che, generalmente (72), i principi esposti nell’ambito dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE si applicano anche all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (73). A tal riguardo, le mie due osservazioni sono le seguenti.

96.      In primo luogo, dato che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, così come l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, ha lo scopo di sanzionare la mancata esecuzione di una sentenza della Corte, la Commissione può ricorrere alle stesse modalità di calcolo delle sanzioni pecuniarie nel contesto di tali due paragrafi (74). In ogni caso, la Corte non è vincolata dalle proposte della Commissione né per quanto riguarda l’irrogazione di una sanzione (75) né per quanto riguarda le sue modalità di calcolo (76).

97.      In secondo luogo, si pone la questione se la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, che riguarda la possibilità o meno per la Corte di infliggere una sanzione pecuniaria non richiesta dalla Commissione, sia trasponibile all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (77).

98.      Ritengo di no.

99.      Infatti, a differenza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE è stata apportata un’importante aggiunta: quest’ultima disposizione precisa che la Corte può infliggere allo Stato membro la sanzione pecuniaria «entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione» (78). Anche se l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE menziona non la scelta della sanzione pecuniaria da infliggere ma unicamente il suo importo (79), tale formulazione influisce sulla scelta della sanzione pecuniaria. Per illustrare questo assunto: la Commissione chiede la condanna ad una penalità giornaliera di EUR 6 071,04. Se la Corte decidesse di aggiungere alla penalità giornaliera la condanna ad una somma forfettaria come potrebbe restare «entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione»? Riducendo la penalità? Trattandosi di una penalità giornaliera, il cui importo finale versato dallo Stato membro dipende dalla durata (della continuazione) dell’infrazione a partire dalla (dopo la) data fissata dalla Corte nella sua sentenza, qual è il limite di tale importo? Esso è impossibile da determinare.

100. Intendo dunque i termini «entro i limiti dell’importo indicato dalla Commissione» nel senso che l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE conferisce alla Corte la competenza in materia di sanzioni pecuniarie, con un divieto generale di infliggere una sanzione più gravosa (80).

V.      Sulle spese

101. En forza dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Poiché la Commissione e il Regno del Belgio sono rimasti soccombenti, rispettivamente, su un capo della domanda, occorre disporre che le loro spese siano compensate.

102. Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, i governi tedesco, estone, irlandese, spagnolo, francese, italiano, lituano, ungherese, austriaco e rumeno sopporteranno le proprie spese.

VI.    Conclusione

103. Alla luce delle considerazioni che procedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      Non avendo adottato, entro il termine prescritto, tutte le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2014/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità, o, in ogni caso, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione europea, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma dell’articolo 13 di tale direttiva.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      La Commissione europea e il Regno del Belgio sopporteranno ciascuno le proprie spese.

4)      I governi tedesco, estone, irlandese, spagnolo, francese, italiano, lituano, ungherese, austriaco e rumeno sopporteranno le proprie spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2014, L 155, pag. 1.


3      V. punto 85 del ricorso della Commissione del 15 settembre 2017.


4      V. punto 85 del ricorso della Commissione.


5      Il termine «sanzione pecuniaria» è il termine generico per quelli di «somma forfettaria» e «penalità».


6      Nessuno degli altri Stati membri intervenienti contesta il ricorso della Commissione al riguardo.


7      Così come dalla dottrina, come preciserò in prosieguo.


8      Tuttavia due avvocati generali si sono già espressi sull’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. V. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441) e conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobiliari residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 71). La Commissione ha rinunciato agli atti nella prima causa mentre la seconda è tuttora pendente dinanzi alla Corte.


9      Constato, a questo proposito, che mentre l’avvocato generale Wathelet poteva giustamente rilevare la mancanza di interesse degli Stati membri per l’interpretazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (v. le sue conclusioni nella causa Commissione/Polonia, C‑320/13, EU:C:2014:2441, nota a piè di pagina 3), un’affermazione del genere non può essere fatta nella presente causa, dato che dieci Stati membri sono intervenuti a sostegno del Regno del Belgio.


10      Tenuto conto del fatto che non vi è disaccordo tra le parti in ordine alla trasposizione del contenuto della direttiva 2014/61, non è necessario citarne le disposizioni sostanziali.


11      V., a mo’ d’esempio, sentenze del 21 marzo 2019, Commissione/Italia (C‑498/17, EU:C:2019:243, punti 29 e 30); del 18 ottobre 2018, Commissione/Romania (C‑301/17, non pubblicata, EU:C:2018:846, punti 42 e 43), e del 23 novembre 2016, Commissione/Francia (C‑314/15, non pubblicata, EU:C:2016:887, punti 28 e 29). La dottrina riecheggia tale affermazione, v., in particolare, Schermers, H.G., Waelbroeck, D., Judicial Protection in the European Union, 6a ed., Kluwer Law International, L’Aia/Londra/New York, 2001, § 1256; Pechstein, M., in M. Pechstein, C. Nowak, U. Häde (ed.), Frankfurter Kommentar zu EUV, GRC und AEUV, Band IV, Mohr Siebeck, Tübingen, 2017, Artikel 258 AEUV, punto 42, nonché Streinz, R., in R. Streinz (ed.), EUV/AEUV (Kommentar), 3a ed., C.H. Beck, Monaco di Baviera, 2018, Artikel 258 AEUV, punto 34. Si deve tuttavia rilevare che, nei dispositivi delle sentenze, la Corte tende a riferirsi laconicamente alla nozione «entro il termine prescritto», senza precisare se si tratti di quello prescritto dal legislatore dell’Unione nella direttiva ovvero di quello prescritto dalla Commissione nel parere motivato.


12      V. Haltern, U., Europarecht, Dogmatik im Kontext, Band I, 3a ed., Mohr Siebeck, Tübingen, 2017, punto 872.


13      V., in particolare, relazione della Commissione: Controllo dell’applicazione del diritto dell’Unione europea. Relazione annuale 2016, 6 luglio 2017 [COM(2017) 370 final], punto III, pag. 18.


14      È pertanto, a mio modo di vedere, il motivo per cui l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE mette particolarmente l’accento sulla mancata comunicazione delle misure di attuazione. Ritornerò su questo punto in prosieguo, nell’ambito della mia analisi relativa all’articolo 260, paragrafo 3, TFUE.


15      V., altresì, Ruffert, M., in Chr. Calliess, M. Ruffert, (ed.), EUV/AEUV, 5a ed., C.H. Beck, Monaco di Baviera, 2016, Artikel 288 AEUV, punto 46.


16      In ogni caso, l’obbligo degli Stati membri di notificare, su richiesta, le misure di attuazione può, da sempre, essere dedotto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE.


17      V., in particolare, allegato alla raccomandazione della Commissione del 12 luglio 2004 riguardante il recepimento nel diritto nazionale delle direttive che incidono sul mercato interno (GU 2005, L 98, pag. 47), punto 3.3, e allegato alla raccomandazione della Commissione del 29 giugno 2009 sulle misure per migliorare il funzionamento del mercato unico (GU 2009, L 176, pag. 17), punto 3, lettera f). Questa tavola accompagna del resto qualsiasi progetto di misura nazionale di attuazione inviato al Parlamento o al governo dello Stato membro, in modo da facilitare la discussione, e accompagna la notifica di tale misura alla Commissione.


18      V. Comunicazione della Commissione sull’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (GU 2011, C 12, pag. 1), punti 6 e 7.


19      V. Wennerås, P., «Making effective use of Article 260 TFEU», in J. András, D. Kochenov, The enforcement of EU law and values, OUP, Oxford, 2017, pagg. da 79 a 98, in particolare pag. 79; Kilbey, I., «The Interpretation of Article 260 TFEU (ex 228 EC)», European Law Review, 2010, pagg. da 370 a 386, in particolare pagg. 383 e 384; Pechstein, M., in M. Pechstein, C. Nowak, U. Häde (ed.), Frankfurter Kommentar zu EUV, GRC und AEUV, Band IV, Mohr Siebeck, Tübingen, 2017, Artikel 260 AEUV, punto 18, nonché Wunderlich, N., in H. von der Groeben, J. Schwarze, A. Hatje (ed.), Europäisches Unionsrecht (Kommentar), 7a ed., Nomos, Baden-Baden, 2015, Artikel 260 AEUV, punto 31.


20      V. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441, punti 114 e segg.).


21      V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punti 67 e segg.).


22      V. in extenso, Wahl, N., Prete, L., «Between certainty, severity and proportionality: some reflections on the nature and functioning of Article 260(3) TFEU», European Law Reporter, 2014, pagg. da 170 a 189, in particolare pagg. da 175 a 177. V., altresì, Van Rijn, Th., «Les Sanctions Pécuniaires de l’Article 260 TFUE: 5 ans après le Traité de Lisbonne», Cahiers de droit européen, 2016, pagg. da 557 a 589, in particolare pag. 588, nonché Klamert, M., «Die Durchsetzung finanzieller Sanktionen gegenüber den Mitgliedstaaten», Europarecht, 2018, pagg. da 159 a 174, in particolare pag. 162.


23      L’inadempimento che verte, inter alia, sulla mancata notifica delle misure di attuazione.


24      Per contro, l’applicazione «decentralizzata» dinanzi ai giudici nazionali in quanto giudici di diritto comune del diritto dell’Unione avviene quotidianamente tramite l’interazione tra i principi derivanti dalla giurisprudenza della Corte: l’efficacia diretta delle disposizioni delle direttive, l’interpretazione conforme alle direttive e l’azione di risarcimento nei confronti dello Stato.


25      Discende dalla formulazione letterale dell’articolo 258 TFUE che tale procedimento precontenzioso consiste, quanto meno, nell’emissione di due documenti da parte della Commissione: una lettera di diffida («dopo aver posto lo Stato in condizione di presentare le sue osservazioni») e un parere motivato.


26      Con tutta evidenza, la finalità dell’articolo 259 TFUE differisce da quella dell’articolo 258 TFUE in quanto un altro Stato membro non è, come la Commissione, custode dei Trattati.


27      Il procedimento precontenzioso differisce tuttavia alquanto da quello dell’articolo 259 TFUE. Per quanto riguarda le differenze tra tali due procedimenti, v. Wunderlich, N., in H. von der Groeben, J. Schwarze, A. Hatje (ed.), Europäisches Unionsrecht (Kommentar), 7a ed., Nomos, Baden-Baden, 2015, Artikel 259 AEUV, punti da 8 a 12.


28      V. Ehricke, U., in R. Streinz (ed.), EUV/AEUV, 3a ed., C.H. Beck, Monaco di Baviera, 2017, Artikel 260 AEUV, punto 1.


29      Oltre al cambiamento, in tali tre articoli, dei termini «presente trattato» con «trattati» e l’aggiunta dei termini «dell’Unione europea» dopo il termine «Corte».


30      A norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, se essa ritiene che lo Stato membro interessato non abbia preso le misure che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può pertanto adire la Corte dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare le sue osservazioni. Essa precisa l’importo della somma forfettaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che essa consideri adeguato alle circostanze. La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.


31      V. paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


32      V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 59), nelle quali quest’ultimo, per altre ragioni, è pervenuto ad una conclusione diversa da quella da me proposta nel caso di specie.


33      Convenzione europea sul futuro dell’Europa, istituita con la dichiarazione di Laeken (adottata il 15 dicembre 2001).


34      Cito, comprese le note a piè di pagina 35 e 36. La sola modifica riguarda la loro numerazione.


35      Secondo alcuni, l’importo della sanzione (penalità di mora) dovrebbe essere calcolato, in questo caso, in modo tale che la penalità abbia effetto retroattivo, a decorrere dalla data della sentenza.


36      Nella pratica i casi di mancata comunicazione (lo Stato membro non ha preso alcuna misura di recepimento) sono distinti da quelli di recepimento scorretto (la Commissione ritiene che le misure di recepimento prese dallo Stato membro non siano, conformi alla direttiva). Il meccanismo proposto non si applicherebbe alla seconda ipotesi.


37      V. relazione finale del circolo di discussione sul funzionamento della Corte di giustizia, pubblicata dal Segretariato della Convenzione europea a Bruxelles, il 25 marzo 2003, CONV 636/03, punto 28, disponibile al seguente indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/meetdocs_all/committees/conv/20030403/03c_it.pdf.


38      V. Praesidium della Convenzione europea, Articoli sulla Corte di giustizia e il Tribunale, documento, pubblicato dal Segretariato della Convenzione europea a Bruxelles il 12 maggio 2003, CONV 734/03, pag. 16, disponibile al seguente indirizzo:http://www.europarl.europa.eu/meetdocs_all/committees/conv/20030520/734000it.pdf


39      Il testo di tale nuova disposizione dell’articolo 228, paragrafo 3, divenuto l’articolo III‑367 del progetto di trattato costituzionale della Convenzione, divenuto l’articolo III‑362 del trattato costituzionale della CIG, divenuto l’articolo 260 TFUE a Lisbona, era così formulato: «La Commissione, quando propone ricorso dinanzi alla Corte di giustizia in virtù dell’articolo 226, reputando che lo Stato membro interessato non abbia adempiuto all’obbligo di comunicare le misure di recepimento di una legge quadro, può, se lo ritiene opportuno, chiedere alla Corte di giustizia di comminare, nell’ambito dello stesso ricorso, il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità qualora la Corte constati un inadempimento. Se la Corte di giustizia accoglie la richiesta della Commissione, il pagamento in questione è esigibile nel termine stabilito dalla Corte di giustizia nella sentenza».


40      Un altro punto di vista è stato espresso al riguardo da Gáspár-Szilági, S., «What constitutes “Failure to Notify” National Measures?», European Public Law, 2013, pagg. da 281 a 294, in particolare pag. 285, secondo il quale i lavori preparatori non fanno altro che aumentare la confusione che circonda l’articolo 260, paragrafo 3, TFUE e sono contrari alla prassi della Commissione.


41      V. conclusioni dell’avvocato generale Fennelly nella causa Commissione/Grecia (C‑197/98, EU:C:1999:597, punto 19). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Commissione/Germania (C‑95/12, EU:C:2013:333, nota a piè di pagina 50).


42      V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31).


43      Condivido al riguardo l’orientamento di Prete, L., Infringement Proceedings in EU Law, Wolters Kluwer, Alphen-sur-le-Rhin, 2017, pagg. da 266 a 270, in particolare pag. 270.


44      Conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441, punto 145).


45      Conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 71).


46      V., in particolare, Everling, U., «Rechtsschutz in der Europäischen Union nach dem Vertrag von Lissabon», Europarecht, 2009, Beiheft 1, pagg. da 71 a 86;Wahl, N., Prete, L., op. cit.; Blanc, D., «Les procédures du recours en manquement, le traité, le juge et le gardien: entre unité et diversité en vue d’un renforcement de l’Union de droit», in St. Mahieu (ed.), Contentieux de l’Union européenne: questions choisies, Larcier, 2014, pagg. da 429 a 461; Wennerås, P., «Making Effective Use of Article 260 TFEU», in J. András, D. Kochenov, The Enforcement of EU Law and Values, OUP, Oxford, 2017, pagg. da 79 a 98; Radivojević, Z., Raičević, N.,«Financial sanctions against Member States for infringement of EU law», Procedural aspects of EU law,Osijek 2017, pagg. da 171 a 191.


47      O formale.


48      V., altresì, in questo senso, Simon, D., «Sanctions pécuniaires», Revue Europe, marzo 2011, pag. 15.


49      Tale connessione viene sottolineata, in particolare, dall’avvocato generale Tanchev nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 48).


50      E cioè l’articolo 260, paragrafi 2 e 3, TFUE.


51      V., altresì, in questo senso, Thiele, A., «Das Rechtsschutzsystem nach dem Vertrag von Lissabon – (K)ein Schritt nach vorn?», Europarecht, 2010, pagg. da 30 a 51, in particolare pag. 35.


52      V. conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441, punti da 125 a 139). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 70).


53      La dottrina ha altresì sottolineato la difficoltà di tracciare la linea di confine tra attuazione scorretta e attuazione incompleta: v. Wennerås, P., «Sanctions against Member States under Article 260 TFEU: alive, but not kicking?», Common Market Law Review, vol. 49, 2012, pagg. da 145 a 176, in particolare pag. 167.


54      V., altresì, Prete, L., op. cit., pag. 273.


55      V. comunicazione della Commissione sull’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (GU 2011, C 12, pag. 1), punto 19. Il corsivo è mio.


56      V. sentenza del 1o febbraio 2001, Commissione/Francia (C‑333/99, EU:C:2001:73, punto 33).


57      V. sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 44).


58      Ricordo a questo proposito le parole piene di saggezza dell’avvocato generale Roemer che affermava con vigore nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Francia (7/71, EU:C:1971:107, pag. 1035) che, nel procedimento di accertamento di inadempimento, «non si deve dare un giudizio morale o di condanna, ma semplicemente chiarire una situazione giuridica».


59      È proprio su questo punto che verte la critica relativa ad un’interpretazione restrittiva dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. V., a mo’ d’esempio, Materne, T., La procédure en manquement d’État, Larcier, Bruxelles 2012, pag. 43, e Van der Jeught, St., «L’action en manquement “renforcée”: sanctions pécuniaires en cas de non-transposition des directives européennes», Journal de droit européen, 2011, pagg. da 68 a 70, in particolare pag. 69.


60      V., altresì, in questo senso, Maśnicki, J., «Postępowanie z tytułu braku notyfikacji środków implementujących dyrektywy w świetle opinii rzecznika generalnego w sprawie C‑320/13», Europejski Przegląd Sądowy, vol. 4, 2015, pagg. da 16 a 23, in particolare pag. 20.


61      Tale constatazione dovrebbe permettere di evitare che uno Stato membro adempia all’obbligo di comunicazione comunicando misure nazionali prive di ogni relazione con le disposizioni di una direttiva. V., altresì, in questo senso, Van Rijn, Th., op. cit., pag. 585.


62      V. punto 85 del ricorso della Commissione.


63      V. sentenze del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, punto 31); del 18 luglio 2006, Commissione/Italia (C‑119/04, EU:C:2006:489, punto 33); del 17 ottobre 2013, Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659, punti 64 e 74).


64      V., altresì, in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441, punto 63).


65      «Infrastruttura fisica interna all’edificio».


66      «Infrastruttura fisica interna all’edificio predisposta per l’alta velocità».


67      «Opere di profonda ristrutturazione».


68      «Punto di accesso».


69      Ai sensi del quale gli Stati membri esigono che gli operatori di rete soddisfino le richieste ragionevoli di ispezioni in loco di specifici elementi della loro infrastruttura fisica.


70      Ai sensi del quale gli Stati membri provvedono affinché tutti gli edifici nuovi e quelli che subiscono profonde ristrutturazioni siano equipaggiati di un’infrastruttura fisica predisposta per l’alta velocità nonché di un punto di accesso.


71      V., altresì Sikora, A., Sankcje finansowe w razie niewykonania wyroków Trybunału Sprawiedliwości Unii Europejskiej, Wolters Kluwer, Varsavia, 2011, pag. 91.


72      Come mostrerò qui di seguito, una delle eccezioni può riguardare la presente causa.


73      V., altresì, in questo senso, Peers, S., «Sanctions for Infringement of EU Law after the Treaty of Lisbon», European Law Review, vol. 18, 2012, pagg. da 33 a 64, in particolare pag. 45.


74      V., altresì, in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nella causa Commissione/Polonia (C‑320/13, EU:C:2014:2441, punti 146 e segg.) e conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 73).


75      Spetta alla Corte, in ciascuna causa, valutare, alla luce delle circostanze del caso di specie, le sanzioni pecuniarie da comminare: v. sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 115).


76      Le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto un utile punto di riferimento. Analogamente, linee direttive come quelle contenute nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione condotta dalla Commissione; v. sentenza del 30 maggio 2013, Commissione/Svezia (C‑270/11, EU:C:2013:339, punto 41).


77      È ben noto che la Corte ha dichiarato che l’opportunità di imporre una sanzione pecuniaria e la scelta della sanzione più adeguata alle circostanze del caso di specie potevano essere valutate solo alla luce degli accertamenti operati dalla Corte nella sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e sfuggivano quindi alla sfera politica; v. sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, punti 90 e 91.)


78      Il corsivo è mio.


79      V. conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa Commissione/Spagna (Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Crediti per beni immobili residenziali) (C‑569/17, EU:C:2019:271, punto 77).


80      V., altresì, in questo senso, Prete, L., op. cit., pag. 282, e Półtorak, N., in D. Kornobis-Romanowska, J. Łacny, W. Andrzej (ed.), Traktat o funkcjonowaniu Unii Europejskiej.Komentarz. Tom III, Wolters Kluwer, Varsavia, 2012, Artt. 223-358, punto 260.7.