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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

F.G. Jacobs

presentate il 26 maggio 2005 1(1)

Cause riunite C-151/04 e C-152/04

Ministère public

contro

Claude Nadin e Nadin-Lux SA

e

Ministère public

contro

Jean-Pascal Durré





1.        Nella presenta causa, il Tribunal de police di Neufchâteau (Belgio), ha chiesto alla Corte di dichiarare se il diritto comunitario osti ad una normativa nazionale che impone ad un residente di immatricolare un veicolo messogli a disposizione dall’impresa per la quale lavora e che ha sede in un altro Stato membro, nel caso in cui il dipendente sia anche azionista, amministratore o dirigente della detta impresa ed utilizzi il veicolo per l’esercizio della sua professione.

 Normativa nazionale

2.        L’art. 3, n. 2, sub 2), del decreto reale belga 20 luglio 2001, relativo all’immatricolazione dei veicoli (2), dispone che, in deroga alla regola generale secondo cui i residenti devono immatricolare i veicoli che intendono utilizzare in Belgio, non è obbligatorio immatricolare un veicolo utilizzato da una persona per l’esercizio della sua professione nel caso in cui il veicolo sia immatricolato all’estero a nome di un proprietario straniero cui la persona in questione è legata da un contratto di lavoro subordinato; in tali circostanze, a bordo del veicolo deve trovarsi un’attestazione rilasciata dall’amministrazione belga competente in materia di IVA.

3.        L’art. 14 della circolare 3 maggio 2000, n. 1, che costituisce un elemento indicativo di una prassi amministrativa, stabilisce i requisiti che permettono di usufruire della suddetta deroga. L’effetto dell’art. 14, lett. f), è che l’attestazione non viene rilasciata nel caso in cui il datore di lavoro sia una società e il dipendente sia anche amministratore o dirigente di tale società, salvo che il dipendente possa dimostrare di essere effettivamente legato alla società da un rapporto di subordinazione. A tal fine egli deve dimostrare di essere soggetto all’autorità di un’altra persona che rappresenta la società o di un organo della stessa (consiglio di amministrazione, comitato di direzione, ecc.) e che detta persona o organo esercita funzioni direttive e non è soggetto in misura significativa all’influenza del dipendente/dirigente. Le persone che gestiscono società con un unico socio, i soci fondatori di una società e i principali azionisti non hanno in alcun caso diritto al rilascio dell’attestazione.

 Fatti

4.        La causa C‑151/04 riguarda il sig. Nadin, il quale risiede in Belgio ed è dipendente e amministratore delegato della Nadin-Lux SA, società con sede in Lussemburgo. La causa C‑152/04 concerne il sig. Durré, anch’egli residente in Belgio, nonché dipendente e amministratore della SA Delisalade Lux, anch’essa avente sede in Lussemburgo. Farò congiuntamente riferimento al sig. Nadin e al sig. Durré quali «imputati nei procedimenti principali».

5.        Nel marzo 2002, in occasioni diverse gli imputati nei procedimenti principali venivano fermati in Belgio per un controllo di polizia. Il sig. Nadin guidava una vettura immatricolata in Lussemburgo, di proprietà della Credit Lease SA di Lussemburgo, che l’aveva concessa in leasing alla Nadin-Lux SA. Il sig. Durré era alla guida si una vettura immatricolata a nome della Delisalade Lux SA. Nessuno dei due imputati nei procedimenti principali aveva a bordo del veicolo l’attestazione richiesta ai fini dell’IVA; entrambi affermavano che l’amministrazione belga competente in materia di IVA aveva loro negato il rilascio dell’attestazione. Gli imputati nei procedimenti principali venivano accusati di avere violato l’art. 3, n. 2, sub 2), del decreto reale 20 luglio 2001. Dinanzi al Tribunal de police, essi facevano valere di dover essere considerati lavoratori ai sensi del diritto comunitario e che il decreto reale era incompatibile con il principio della libera circolazione dei lavoratori. Il Tribunal de police ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli artt. 10, 39, 43 e 49 CE ostino a che uno Stato membro adotti una misura che obbliga un lavoratore residente nel suo territorio ad ivi immatricolare un veicolo, pur se tale veicolo appartiene al suo datore di lavoro, che è una società con sede nel territorio di un altro Stato membro, alla quale tale lavoratore è legato da un contratto di lavoro, ma nella quale egli occupa contemporaneamente la posizione di azionista, di amministratore, di delegato alla gestione corrente, o una funzione analoga».

6.        La questione sollevata è identica nei due procedimenti, nonostante la differenza relativa alla proprietà del veicolo. Ritengo pertanto che, come propone il governo belga, la questione vada lievemente modificata nel senso che con essa si chiede se il diritto comunitario non osti ad una normativa nazionale che impone ad un residente di immatricolare un veicolo messogli a disposizione dall’impresa per la quale lavora e che ha sede in un altro Stato membro, nel caso in cui il dipendente sia anche azionista, amministratore o dirigente di detta impresa.

7.        Inoltre, la normativa nazionale in questione si applica solo ai veicoli «utilizzati da una persona per l’esercizio della sua professione». Né il giudice nazionale, né gli imputati nei procedimenti principali, né il governo belga sollevano la questione dell’uso a fini privati. Di conseguenza, ritengo che la questione del giudice nazionale sottintenda che i dipendenti/amministratori interessati utilizzano i veicoli messi a loro disposizione in veste professionale.

8.        Hanno presentato osservazioni scritte gli imputati nei procedimenti principali, i governi belga, finlandese e del Regno Unito e la Commissione, che erano tutti rappresentati in udienza, ad eccezione del sig. Nadin.

 Analisi

9.        Gli imputati nei procedimenti principali e la Commissione affermano che la questione sollevata deve risolversi in senso affermativo, mentre i tre governi che hanno presentato osservazioni sostengono il contrario.

10.      Gli imputati nei procedimenti principali affermano di dover essere considerati «lavoratori» ai sensi dell’art. 39 CE, conformemente alla sentenza Lawrie-Blum (3). In base a tale premessa, dalle sentenze Ledoux (4) e van Lent (5) discenderebbe che la normativa nazionale è contraria al diritto comunitario. Quand’anche gli imputati nei procedimenti principali non dovessero essere considerati lavoratori, la normativa sarebbe in contrasto con l’art. 43 CE. Inoltre, il Consiglio di Stato belga avrebbe rilevato che essa risulta contraria agli artt. 39 CE e 43 CE (6).

11.      Il governo belga deduce anzitutto che le misure nazionali in questione devono essere interpretate in combinato disposto con gli artt. 12 bis e 25 quater del codice dell’IVA belga, che danno attuazione agli artt. 28 bis, nn. 5-7 della sesta direttiva IVA (7). Tali disposizioni assimilano ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso «il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro», ma escludono dalla presunta cessione i trasferimenti a destinazione di altri Stati membri effettuati in relazione, tra l’altro, alla «temporanea utilizzazione di tale bene, per una durata non superiore a 24 mesi, nel territorio di un altro Stato membro all’interno del quale l’importazione dello stesso bene in provenienza da un paese terzo ai fini di una utilizzazione temporanea fruirebbe del regime dell’ammissione temporanea in esenzione totale dai dazi all’importazione». Inoltre, dall’art. 561, n. 2, del regolamento n. 2454/93, che applica il codice doganale comunitario (8), emerge chiaramente che la concessione del beneficio del regime di importazione temporanea è subordinata alla condizione che la persona che utilizza il veicolo in questione sia alle dipendenze del proprietario del mezzo di cui trattasi. Nel diritto belga, tale condizione è trasposta nell’art. 14, lett. f), della circolare n. 1/2000.

12.      Lo Stato belga deduce inoltre che, dal momento che la normativa nazionale non impone agli interessati di immatricolare il veicolo in Belgio nel caso in cui sussista un rapporto di lavoro subordinato quale definito dalla giurisprudenza della Corte (9), e poiché in altri casi l’impresa che mette a disposizione il veicolo può immatricolarlo in Belgio, non sussiste alcuna restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, alla libertà di stabilimento o alla libera prestazione dei servizi ai sensi degli artt. 39 CE, 43 CE e 49 CE. Tuttavia, per il caso in cui la Corte dovesse pronunciarsi in senso contrario, il governo belga sostiene che le restrizioni sono pienamente giustificate in quanto gli Stati membri sono competenti a legiferare nel settore dell’immatricolazione dei veicoli (10) e le misure sono intese ad evitare l’evasione fiscale; esse, inoltre, sarebbero proporzionate.

13.      I governi finlandese e del Regno Unito sostengono che lo Stato in cui risiede in via permanente la persona che utilizza il veicolo ha diritto ad imporre l’immatricolazione. Tale principio impedirebbe l’evasione fiscale, agevolerebbe il controllo del traffico e la sicurezza stradale e potrebbe essere applicato quale elemento di una strategia ambientale (11); il governo del Regno Unito aggiunge che esso costituisce altresì una fonte di entrate.

14.      La Commissione afferma che la questione se agli imputati nei procedimenti principali siano applicabili gli artt. 39 CE o 43 CE dev’essere risolta dal giudice nazionale. La caratteristica essenziale del rapporto di lavoro dipendente è la circostanza che una persona si trovi sotto la direzione di un’altra (12) o in un rapporto di subordinazione (13), nel qual caso essa rientra nella sfera di applicazione dell’art. 39 CE. In ogni caso, gli artt. 39 CE e 43 CE garantiscono la stessa tutela alle persone cui sono applicabili (14). Dalla sentenza van Lent (15) si evince chiaramente che, nella fattispecie ora in esame, sussiste una restrizione; tale restrizione non può essere giustificata da motivi afferenti alla sicurezza stradale o all’erosione del gettito fiscale. Inoltre, dalla relazione al Re allegata al progetto di decreto reale risulta che l’obiettivo esplicito di tale decreto era evitare che i residenti in Belgio potessero eludere la tassa di circolazione di detto Stato, più che promuovere la sicurezza stradale.

15.      In limine, faccio notare che tutti e tre i governi che hanno presentato osservazioni rilevano come la Commissione abbia riconosciuto (16) che non potrebbe ammettersi una piena libertà di scelta per quanto riguarda lo Stato membro di immatricolazione di un veicolo, in quanto ne conseguirebbe che tutti i veicoli verrebbero registrati nello Stato membro con l’aliquota di imposta sui veicoli più bassa, situazione che il rappresentante del governo belga ha descritto in udienza come «fiscal forum-shopping». Tuttavia, tale rilievo non mi sembra pertinente rispetto alla questione sollevata dalle presenti cause. Non si è affermato che dovrebbe essere concessa la libertà di immatricolare in qualsiasi Stato membro i veicoli come quelli ora in esame; la questione è semplicemente se un’impresa proprietaria di un veicolo, o detentrice dello stesso in forza di un contratto di leasing, che mette tale veicolo a disposizione di un dipendente/amministratore affinché lo utilizzi per l’esercizio della sua professione, debba essere libera di immatricolare il veicolo in questione nello Stato membro in cui è effettivamente stabilita.

16.      L’effetto della legislazione controversa è che i residenti belgi dipendenti di una società stabilita in un altro Stato membro nella quale essi svolgono anche una funzione direttiva devono immatricolare in Belgio i veicoli loro forniti dalla società e utilizzati per l’esercizio della loro professione. Concordo con la Commissione che, per stabilire se la situazione sia compatibile con il Trattato, non occorre accertare se nel caso di specie gli imputati siano lavoratori subordinati o lavoratori autonomi ai sensi del diritto comunitario, in quanto, secondo costante giurisprudenza, gli artt. 39 CE e 43 CE garantiscono la stessa tutela giuridica e, di conseguenza, la qualificazione giuridica di un’attività economica non ha conseguenze (17). Qualora tale accertamento dovesse essere compiuto, esso spetterebbe ovviamente, in ogni caso, al giudice nazionale.

17.      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, disposizioni nazionali che impediscano a un cittadino di uno Stato membro di lasciare il paese d’origine, o lo scoraggino dal farlo, per esercitare il suo diritto di libera circolazione costituiscono ostacoli frapposti a tale libertà (18). In relazione a restrizioni (derivanti dall’applicazione della normativa concernente l’imposta sul valore aggiunto) all’uso a fini privati di una vettura fornita a un dipendente in circostanze analoghe a quelle delle presenti cause, la Corte ha altresì dichiarato che tali restrizioni hanno l’effetto di «impedire in pratica al lavoratore frontaliero di fruire di taluni vantaggi che gli sono concessi dal datore di lavoro, per il solo motivo che tale lavoratore ha la residenza nel territorio dello Stato membro dell’importazione temporanea [e] si troverebbe quindi svantaggiato, sul piano delle condizioni di lavoro, rispetto ai suoi colleghi che risiedono nel paese del loro datore di lavoro, il che inficierebbe direttamente l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno della Comunità» (19).

18.      Tale principio mi sembra applicabile a fortiori nella fattispecie ora in esame, in cui l’obbligo di reimmatricolare in Belgio un veicolo fornito da un datore di lavoro stabilito in un altro Stato membro e utilizzato nell’ambito della professione dal dipendente/amministratore potrebbe dissuadere i cittadini belgi dall’esercitare la loro libertà di circolazione, indipendentemente dal fatto che tale libertà discenda effettivamente dall’art. 39 CE o dall’art. 43 CE. Tale principio, inoltre, può assumere un’importanza particolare in uno Stato membro quale il Belgio, che confina con altri quattro Stati membri e registra quindi un numero significativo di lavoratori frontalieri.

19.      Non vedo come tale conclusione possa essere inficiata dall’argomento del governo belga fondato sulle disposizioni relative all’importazione temporanea contenute nella normativa comunitaria e nella normativa nazionale in materia doganale e di imposta sul valore aggiunto. Tali regimi sono distinti dai sistemi nazionali di immatricolazione dei veicoli. La loro applicazione dipende da vari fattori, quali la portata delle nozioni di soggetto passivo e di importazione temporanea (20). Ritengo pertanto che tali regimi non abbiano nulla a che vedere con la questione sollevata. Si può osservare che nessuna delle altri parti che hanno presentato osservazioni alla Corte ha fatto riferimento a tali argomenti.

20.      Per quanto riguarda il problema della giustificazione, a mio parere non può essere accolto nessuno dei motivi dedotti dai governi che hanno presentato osservazioni.

21.      Il Belgio fa valere anzitutto la competenza fiscale degli Stati membri nel settore della tassazione e dell’immatricolazione dei veicoli, richiamandosi alla sentenza Cura Anlagen, in cui la Corte ha riconosciuto tale principio (21).

22.      In detta causa, la Corte ha dichiarato che, poiché generalmente la tassazione degli autoveicoli non è stata armonizzata, gli Stati membri sono liberi di esercitare la loro competenza fiscale in tale materia. Tuttavia, la Corte ha aggiunto la clausola secondo cui detta competenza va esercitata «nel rispetto del diritto comunitario». Se le misure nazionali che disciplinano l’immatricolazione dei veicoli sono in contrasto con gli artt. 39 CE e 43 CE, esse sono manifestamente contrarie al diritto comunitario e pertanto gli Stati membri non sono liberi di esercitare in tal modo la loro competenza.

23.      Tutti e tre i governi deducono quale causa di giustificazione l’esigenza di combattere l’evasione fiscale.

24.      È vero che gli Stati membri possono negare il beneficio concesso dalle disposizioni relative alla libera circolazione alle persone responsabili di abusi o frodi. Tuttavia, ciò è possibile solo nei singoli casi nei quali tale comportamento sia stato accertato. Il semplice rischio di abusi o frodi non può giustificare una restrizione generalizzata, che impedisca l’esercizio in buona fede dei diritti comunitari (22). Tali restrizioni sono inevitabilmente sproporzionate, in quanto rendono impossibile il legittimo esercizio dei diritti comunitari.

25.      Più in particolare, secondo costante giurisprudenza, mentre lo scopo di prevenire l’evasione fiscale può giustificare l’introduzione di misure restrittive aventi l’oggetto specifico di escludere da un vantaggio fiscale le operazioni puramente artificiali il cui scopo sarebbe di aggirare la normativa fiscale nazionale, esso non può giustificare una normativa riguardante in generale le operazioni che i soggetti passivi possono effettuare per una qualunque ragione (23). In tale contesto si può rilevare che, in udienza, il rappresentante del governo belga ha affermato che probabilmente esistono casi in cui l’immatricolazione in Lussemburgo di un veicolo fornito in circostanze come quelle ora in esame è assolutamente corretta.

26.      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la misura sarebbe giustificata da motivi attinenti alla sicurezza stradale, non condivido il parere dei governi che hanno presentato osservazioni secondo cui solo l’immatricolazione nazionale, e quindi l’affidamento su controlli tecnici nazionali, è idonea a conseguire tale obiettivo. Come osserva la Commissione, l’art. 3, n. 2, della direttiva del Consiglio 96/96 (24) prevede il reciproco riconoscimento della validità dei controlli tecnici.

27.      In ogni caso, per quanto riguarda il provvedimento nazionale controverso, dalla relazione al Re allegata al progetto di decreto reale emerge che l’obiettivo esplicito del decreto era garantire che i residenti belgi non potessero eludere la tassa di circolazione, più che promuovere la sicurezza stradale.

28.      Inoltre è difficile conciliare l’argomento secondo cui il provvedimento è necessario nell’interesse della sicurezza stradale con il fatto che esso dispensa dall’obbligo di immatricolazione i veicoli messi a disposizione da una società stabilita in un altro Stato membro ai dipendenti che non siano dirigenti o azionisti di maggioranza.

29.      Né posso accogliere l’argomento dedotto dai governi finlandese e del Regno Unito secondo cui solo l’immatricolazione nazionale consente l’identificazione certa dei proprietari di un veicolo. Dal momento che tutti gli Stati membri dispongono di un sistema di immatricolazione dei veicoli, dovrebbe essere possibile rintracciare il proprietario di un veicolo ovunque detto veicolo sia immatricolato all’interno della Comunità. Presumibilmente, è quanto avviene quando un veicolo guidato da un turista o da un visitatore di passaggio viene coinvolto in un incidente stradale.

30.      L’argomento secondo cui il provvedimento nazionale sarebbe giustificabile in base all’esigenza di generare entrate può essere esaminato in maniera sommaria. Secondo costante giurisprudenza, la perdita di entrate fiscali non può mai costituire una giustificazione ad una restrizione all’esercizio di una libertà fondamentale (25).

31.      Infine, faccio riferimento all’argomento dedotto dai governi finlandese e del Regno Unito secondo cui l’immatricolazione può essere utilizzata quale elemento di una strategia ambientale, presumibilmente mediante strumenti quali la fissazione di aliquote differenziate in base all’impatto sull’ambiente del tipo di veicolo. Naturalmente questo può accadere ed è chiaro che l’obiettivo di tutelare l’ambiente, in linea di principio, può giustificare provvedimenti nazionali che altrimenti lederebbero una libertà fondamentale garantita dal Trattato (26). Tuttavia, la presente causa verte sulla legittimità di un obbligo di immatricolazione in un determinato Stato membro. Non si è fatto riferimento all’aliquota d’imposta esigibile sugli autoveicoli, né si è affermato che tale imposta possa essere modulata in modo da favorire i veicoli ecologici. Ritengo pertanto che nella fattispecie non vi sia alcuno spazio per appellarsi alla tutela dell’ambiente quale giustificazione di restrizioni, derivanti dall’obbligo in questione, a libertà garantite dal Trattato.

32.      Alla luce dell’analisi che precede, non occorre prendere in considerazione l’art. 10 CE o l’art. 49 CE, entrambi menzionati nella questione sottoposta alla Corte, dal momento che l’interpretazione degli artt. 39 CE e 43 CE è sufficiente per fornire al giudice del rinvio la soluzione di cui necessita (27). Si rilevi che nessuna delle osservazioni pervenute alla Corte contiene riferimenti all’art. 10 CE o all’art. 49 CE.

 Conclusione

33.      Concludo pertanto che le questioni sollevate dal Tribunal de police di Neufchâteau vanno risolte come segue:

Gli artt. 39 CE e 43 CE ostano ad una normativa nazionale che imponga ad un residente di immatricolare un veicolo messogli a disposizione dall’impresa di cui è dipendente e che è effettivamente stabilita in un altro Stato membro, nel caso in cui il dipendente sia anche azionista, amministratore o dirigente di tale impresa.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Moniteur Belge, 8 agosto 2001, pag. 27022.


3 – Sentenza 3 luglio 1986, causa 66/85 (Racc. pag. 2121).


4 – Sentenza 6 luglio 1988, causa 127/86 (Racc. pag. 3741).


5 – Sentenza 2 ottobre 2003, causa C-232/01 (Racc. pag. I‑11525).


6 – Parere 31.530/4 della commissione legislativa, Moniteur belge, 8 agosto 2001.


7 – Direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata in particolare dalla direttiva del Consiglio 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1).


8 – Regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 253, pag. 1), come modificato in particolare dal regolamento (CE) della Commissione 4 maggio 2001, n. 993 (GU L 141, pag. 1).


9 – Sentenze 12 maggio 1998, causa C-85/96, Martínez Sala (Racc. pag. I‑2691), e Lawrie-Blum, citata alla nota 4.


10 – Sentenza 21 marzo 2002, causa C‑451/99, Cura Anlagen (Racc. pag. I‑3193).


11 – Sentenza Cura Anlagen, punto 59.


12 – Sentenze Lawrie-Blum, citata alla nota 4, punto 17, e 27 giugno 1996, causa C‑107/94, Asscher (Racc. pag. I‑3089, punto 25).


13 – Sentenza 20 novembre 2001, causa C-268/99, Jany e a. (Racc. pag. I‑8615, punto 34).


14 – Sentenza 5 febbraio 1991, causa C-363/89, Roux (Racc. pag. I‑273, punto 23).


15 – Citata alla nota 6.


16 – Comunicazione interpretativa della Commissione concernente le procedure di omologazione e di immatricolazione di veicoli già immatricolati in un altro Stato membro (GU 1996, C 143, pag. 4). Si fa riferimento anche a un’affermazione in tal senso contenuta al paragrafo 45 delle mie conclusioni nella causa Cura Anlagen, citata alla nota 11.


17 – Sentenza Roux, citata alla nota 15, punto 23.


18 – Sentenza Van Lent, punto 16.


19 – Sentenza Ledoux, citata alla nota 5, punto 18.


20 – Infatti, l’art. 561, n. 2, del regolamento n. 2454/93, invocato dal governo belga, si applica nel caso in cui il datore di lavoro della persona che utilizza il veicolo sia stabilito al di fuori del territorio doganale della Comunità.


21 – Citata alla nota 11.


22 – V., ad esempio, sentenze 19 luglio 1997, causa C-28/95, Leur‑Bloem (Racc. pag. I‑4161, punti 39‑44), 26 settembre 2000, causa C‑478/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑7587, punto 45) e 21 novembre 2002, causa C‑436/00, X e Y (Racc. pag. I‑10829, punto 62).


23 – Per un esempio recente v. sentenza 11 marzo 2004, causa C‑9/02, Hughes de Lasteyrie du Saillant, punto 50.


24 – Direttiva 20 dicembre 1996, 96/96/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (GU 1997, L 46, pag. 1).


25 – Sentenze 12 dicembre 2002, causa C-385/00, De Groot (Racc. pag. I‑11819, punto 103), e giurisprudenza ivi richiamata, e X e Y, citata alla nota 23, punto 50.


26 – Sentenze 20 settembre 1988, causa C‑302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 4607), 9 luglio 1992, causa C-2/90, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑4431), e 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I‑2099).


27 – Sentenza 22 gennaio 2002, causa C‑31/00, Dreessen (Racc. pag. I‑663, punto 30).