Language of document : ECLI:EU:T:2022:181

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

30 marzo 2022 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato del trasporto aereo di merci – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE, all’articolo 53 dell’accordo SEE e all’articolo 8 dell’accordo tra la Comunità e la Svizzera sul trasporto aereo – Coordinamento di elementi del prezzo dei servizi di trasporto aereo di merci (sovrapprezzo carburante, sovrapprezzo di sicurezza, pagamento di commissioni sui sovrapprezzi) – Scambio di informazioni – Competenza territoriale della Commissione – Articolo 266 TFUE – Prescrizione – Diritti della difesa – Non discriminazione – Infrazione unica e continuata – Importo dell’ammenda –Valore delle vendite – Gravità dell’infrazione – Importo supplementare – Circostanze attenuanti – Incoraggiamento del comportamento anticoncorrenziale da parte delle autorità pubbliche – Partecipazione sostanzialmente limitata – Proporzionalità – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑340/17,

Japan Airlines Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata da J.‑F. Bellis e K. Van Hove, avvocati, e R. Burton, solicitor,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Dawes, G. Koleva e C. Urraca Caviedes, in qualità di agenti, assistiti da J. Holmes, QC,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2017) 1742 final della Commissione, del 17 marzo 2017, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’articolo 8 dell’accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sul trasporto aereo (caso AT.39258 – Trasporto aereo di merci), nella parte in cui riguarda la ricorrente e, in via subordinata, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta a quest’ultima,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da H. Kanninen (relatore), presidente, J. Schwarcz, C. Iliopoulos, D. Spielmann e I. Reine, giudici,

cancelliere: L. Ramette, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        La Japan Airlines Co. Ltd, già Japan Airlines International Co. Ltd, ricorrente, è una compagnia di trasporto aereo. All’epoca dei fatti, la ricorrente era una controllata della Japan Airlines Corp., che ha assorbito ed alla quale è succeduta giuridicamente. Essa opera nel mercato dei servizi di trasporto aereo di merci (in prosieguo: il «trasporto merci») tramite una delle sue divisioni, denominata JAL Cargo.

2        Nel settore del trasporto merci, alcune compagnie aeree provvedono al trasporto di carichi per via aerea (in prosieguo: i «vettori»). Di norma, i vettori forniscono servizi di trasporto merci agli spedizionieri, che organizzano la spedizione di detti carichi per conto degli speditori. In cambio, gli spedizionieri pagano ai vettori un prezzo che si compone, da un lato, di tariffe calcolate al chilo e negoziate sia per un periodo prolungato di tempo (generalmente per una stagione, ossia sei mesi) sia di volta in volta e, dall’altro, di diversi sovrapprezzi volti a coprire determinati costi.

3        Si possono distinguere quattro tipi di vettori: in primo luogo, quelli che operano esclusivamente con aeromobili interamente cargo, in secondo luogo, quelli che, sui loro voli destinati ai passeggeri, riservano una parte della stiva dell’aeromobile al trasporto merci, in terzo luogo, quelli che dispongono sia di aeromobili cargo sia di uno spazio riservato per il trasporto merci nella stiva di aeromobili destinati al trasporto di passeggeri (compagnie aeree miste) e, in quarto luogo, gli operatori integrati, che dispongono di aeromobili cargo che forniscono contemporaneamente servizi integrati di consegna rapida e servizi generici di trasporto merci.

4        Poiché nessun singolo vettore è in grado di servire tutte le principali destinazioni di trasporto merci del mondo con sufficiente frequenza, si è sviluppata la prassi di concludere accordi tra gli stessi per aumentare la loro copertura della rete o migliorare i loro orari, anche nell’ambito di più ampie alleanze commerciali tra vettori. All’epoca dei fatti, figurava nel novero di tali alleanze, in particolare, l’alleanza WOW, che riuniva la Deutsche Lufthansa AG (in prosieguo: la «Lufthansa»), la SAS Cargo Group A/S (in prosieguo: la «SAS Cargo»), la Singapore Airlines Cargo Pte Ltd (in prosieguo: la «SAC»), e la ricorrente.

A.      Procedura amministrativa

5        Il 7 dicembre 2005, la Commissione delle Comunità europee ha ricevuto, ai sensi della sua comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3), una richiesta di immunità dalle ammende da parte della Lufthansa e delle sue controllate, Lufthansa Cargo AG e Swiss International Air Lines AG (in prosieguo: la «Swiss»). In base a tale richiesta, sussistevano intensi contatti anticoncorrenziali tra diversi vettori vertenti, in particolare, su:

–        il sovrapprezzo carburante (in prosieguo: l’»SPC»), che sarebbe stato introdotto per far fronte all’aumento di prezzo del carburante;

–        il sovrapprezzo di sicurezza (in prosieguo: l’»SPS»), che sarebbe stato introdotto per far fronte ai costi di talune misure di sicurezza imposte in seguito agli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001.

6        Il 14 e il 15 febbraio 2006, la Commissione ha proceduto senza preavviso ad accertamenti nei locali di vari vettori, ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU L 1, pag. 1).

7        In esito a tali accertamenti vari vettori, tra cui la ricorrente, hanno presentato una domanda ai sensi della comunicazione citata al precedente punto 6.

8        Il 19 dicembre 2007, dopo aver inviato diverse richieste di informazioni, la Commissione ha trasmesso una comunicazione degli addebiti a 27 vettori, tra cui la ricorrente (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti»). Essa ha affermato che i vettori in questione avevano violato l’articolo 101 TFUE, l’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) e l’articolo 8 dell’accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sul trasporto aereo (in prosieguo: l’«accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo»), partecipando a un’intesa relativa, in particolare, all’SPC, all’SPS e al rifiuto di pagare commissioni sui sovrapprezzi (in prosieguo: il «rifiuto di pagare commissioni»).

9        Nella risposta alla comunicazione degli addebiti, i suoi destinatari hanno presentato osservazioni scritte.

10      Un’audizione si è svolta dal 30 giugno al 4 luglio 2008.

B.      La decisione del 9 novembre 2010

11      Il 9 novembre 2010, la Commissione ha adottato la decisione C(2010) 7694 definitivo, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’articolo 8 dell’accordo [CE‑Svizzera sul trasporto aereo] (caso COMP/39258 – Trasporto aereo di merci) (in prosieguo: la «decisione del 9 novembre 2010»). Tale decisione ha come destinatari 21 vettori (in prosieguo: i «vettori incriminati dalla decisione del 9 novembre 2010»), vale a dire:

–        Air Canada;

–        Air France-KLM (in prosieguo: la «AF-KLM»);

–        Société Air France (in prosieguo: la «AF»);

–        Koninklijke Luchtvaart Maatschappij NV (in prosieguo: la «KLM»);

–        British Airways plc;

–        Cargolux Airlines International SA (in prosieguo: la «Cargolux»);

–        Cathay Pacific Airways Ltd (in prosieguo: la «CPA»);

–        Japan Airlines Corp.;

–        la ricorrente;

–        Lan Airlines SA (in prosieguo: la «Lan»);

–        Lan Cargo SA;

–        Lufthansa Cargo;

–        Lufthansa;

–        Swiss;

–        Martinair Holland NV (in prosieguo: la «Martinair»);

–        Qantas Airways Ltd (in prosieguo: la «Qantas»);

–        SAS AB;

–        SAS Cargo;

–        Scandinavian Airlines System Denmark-Norway-Sweden (in prosieguo: la «SAS Consortium»);

–        SAC;

–        Singapore Airlines Ltd (in prosieguo: la «SIA»).

12      Gli addebiti provvisoriamente mossi nei confronti degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti sono stati abbandonati (in prosieguo: i «vettori non incriminati»).

13      La decisione del 9 novembre 2010 descriveva, nella sua motivazione, un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE, all’articolo 53 dell’accordo SEE e all’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo, riguardante il territorio del SEE e della Svizzera, con la quale i vettori incriminati dalla decisione del 9 novembre 2010 avrebbero coordinato il loro comportamento in materia di tariffazione per la fornitura di servizi di trasporto merci.

14      Il dispositivo della decisione del 9 novembre 2010, nella parte in cui riguardava la ricorrente, così recitava:

«Articolo 2

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 del TFUE partecipando a un’infrazione costituita, al contempo, da accordi e da pratiche concertate con i quali hanno coordinato diversi elementi di prezzo da considerare per servizi di [trasporto merci] su collegamenti tra aeroporti situati all’interno dell’Unione europea e aeroporti situati al di fuori del SEE, durante i seguenti periodi:

(...)

h)      [Japan Airlines Corp.], dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006;

i)      [la ricorrente], dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006;

(...)

Articolo 3

Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 53 dell’accordo SEE partecipando a un’infrazione costituita, al contempo, da accordi e da pratiche concertate con i quali hanno coordinato diversi elementi di prezzo da considerare per servizi di [trasporto merci] su collegamenti tra aeroporti situati in paesi che sono parti contraenti dell’accordo SEE, ma non sono Stati membri, e paesi terzi, durante i seguenti periodi:

(...)

h)      [Japan Airlines Corp.], dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006;

i)      [la ricorrente], dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006;

(...)

Articolo 5

Per le infrazioni di cui agli articoli da 1 a 4 [della decisione del 9 novembre 2010] sono inflitte le seguenti ammende:

(...)

h)      [Japan Airlines Corp.] e [la ricorrente] in solido: EUR 35 700 000.

(...)

Articolo 6

Qualora non vi abbiano già provveduto, le imprese di cui agli articoli da 1 a 4 pongono immediatamente fine alle infrazioni di cui ai summenzionati articoli.

Esse si astengono per il futuro dagli atti o comportamenti di cui agli articoli da 1 a 4 nonché da qualsiasi atto o comportamento avente oggetto oppure effetto identico o analogo».

C.      Il ricorso contro la decisione del 9 novembre 2010 dinanzi al Tribunale

15      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 gennaio 2011, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione del 9 novembre 2010 nella parte che la riguardava e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla medesima e alla Japan Airlines Corp. Gli altri vettori incriminati dalla decisione del 9 novembre 2010, ad eccezione della Qantas, hanno del pari proposto ricorso contro tale decisione dinanzi al Tribunale di primo grado.

16      Con sentenze del 16 dicembre 2015, Air Canada/Commissione (T‑9/11, non pubblicata, EU:T:2015:994), Koninklijke Luchtvaart Maatschappij/Commissione (T‑28/11, non pubblicata, EU:T:2015:995), Japan Airlines/Commissione (T‑36/11, non pubblicata, EU:T:2015:992), Cathay Pacific Airways/Commissione (T‑38/11, non pubblicata, EU:T:2015:985), Cargolux Airlines/Commissione (T‑39/11, non pubblicata, EU:T:2015:991), Latam Airlines Group e Lan Cargo/Commissione (T‑40/11, non pubblicata, EU:T:2015:986), Singapore Airlines e Singapore Airlines Cargo Pte/Commissione (T‑43/11, non pubblicata, EU:T:2015:989), Deutsche Lufthansa e a./Commissione (T‑46/11, non pubblicata, EU:T:2015:987), British Airways/Commissione (T‑48/11, non pubblica, EU:T:2015:988), SAS Cargo Group e a./Commissione (T‑56/11, non pubblicata, EU:T:2015:990), Air France-KLM/Commissione (T‑62/11, non pubblicata, EU:T:2015:996), Air France/Commissione (T‑63/11, non pubblicata, EU:T:2015:993) e Martinair Holland/Commissione (T‑67/11, EU:T:2015:984), il Tribunale ha annullato, in tutto o in parte, la decisione del 9 novembre 2010 per quanto riguarda, rispettivamente, l’Air Canada, la KLM, la ricorrente e le compagnie Japan Airlines Corp., CPA, Cargolux, Latam Airlines Group SA (ex Lan Airlines) e Lan Cargo LAN, SAC e SIA, Lufthansa, Lufthansa Cargo e Swiss, British Airways, SAS Cargo, SAS Consortium e SAS, AF-KLM, AF e Martinair. Il Tribunale ha ritenuto che tale decisione fosse viziata da un difetto di motivazione.

17      A tal riguardo, in primo luogo, il Tribunale ha constatato che la decisione del 9 novembre 2010 era viziata da contraddizioni tra la sua motivazione e il suo dispositivo. La motivazione di tale decisione descriveva una sola infrazione unica e continuata, relativa a tutti i collegamenti coperti dall’intesa, alla quale i vettori incriminati dalla decisione del 9 novembre 2010 avrebbero partecipato. Per contro, il dispositivo di tale decisione individuava sia quattro distinte infrazioni uniche e continuate sia una sola infrazione unica e continuata di cui sarebbero stati responsabili esclusivamente i vettori che, sui collegamenti indicati agli articoli da 1 a 4 della stessa decisione, avevano partecipato direttamente alle condotte illecite di cui a ciascuno di tali articoli o erano stati a conoscenza di collusioni sui collegamenti per i quali avevano accettato il rischio. Ebbene, nessuna di queste due letture della decisione in questione era conforme alla sua motivazione.

18      Il Tribunale ha inoltre respinto in quanto incompatibile con la motivazione della decisione del 9 novembre 2010 la lettura alternativa del suo dispositivo suggerita dalla Commissione, consistente nel ritenere che la mancata menzione di taluni dei vettori incriminati da parte della decisione del 9 novembre 2010 negli articoli 1, 3 e 4 di tale decisione potesse spiegarsi, senza che fosse necessario ritenere che detti articoli accertassero distinte infrazioni uniche e continuate, con il fatto che i vettori interessati non operavano sui collegamenti coperti dalle disposizioni citate.

19      In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto che la motivazione della decisione del 9 novembre 2010 contenesse rilevanti contraddizioni interne.

20      In terzo luogo, dopo aver constatato che nessuna delle due possibili letture della decisione del 9 novembre 2010 era conforme alla sua motivazione, il Tribunale ha analizzato se, nell’ambito di almeno una delle due possibili letture, le contraddizioni interne della decisione in parola fossero tali da violare i diritti della difesa della ricorrente e da impedire al Tribunale di esercitare il proprio controllo. Per quanto riguarda la prima lettura che afferma l’esistenza di quattro distinte infrazioni uniche e continuate, in primo luogo, esso ha dichiarato che la ricorrente non era stata in condizione di comprendere in quale misura gli elementi di prova esposti nella motivazione, connessi all’esistenza di un’infrazione unica e continuata, fossero idonei a dimostrare l’esistenza delle quattro infrazioni distinte accertate nel dispositivo e che non era stata quindi nemmeno in grado di poter contestare la loro sufficienza di diritto. In secondo luogo, esso ha dichiarato che la ricorrente si era trovata nell’impossibilità di comprendere la logica che aveva indotto la Commissione a considerarla responsabile di un’infrazione, inclusi i collegamenti non coperti dal perimetro definito da ciascun articolo della decisione del 9 novembre 2010.

D.      La decisione impugnata

21      Il 20 maggio 2016, a seguito dell’annullamento pronunciato dal Tribunale, la Commissione ha inviato una lettera ai vettori incriminati dalla decisione del 9 novembre 2010 che avevano proposto ricorso avverso quest’ultima dinanzi al Tribunale, informandoli che la sua direzione generale (DG) della concorrenza intendeva proporle di adottare una nuova decisione che constatava la loro partecipazione a un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE, all’articolo 53 dell’accordo SEE e all’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo su tutti i collegamenti menzionati in tale decisione.

22      I destinatari della lettera della Commissione menzionata al precedente punto 22 sono stati invitati ad esprimere il loro parere sulla proposta della DG della concorrenza della Commissione entro un mese. Tutti, compresa la ricorrente, si sono avvalsi di tale possibilità.

23      Il 17 marzo 2017, la Commissione ha adottato la decisione C(2017) 1742 final, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’articolo 8 dell’accordo [CE‑Svizzera sul trasporto aereo] (caso AT/39258 – Trasporto aereo di merci) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Tale decisione ha come destinatari 19 vettori (in prosieguo: i «vettori incriminati»), vale a dire:

–        Air Canada;

–        AF-KLM;

–        AF;

–        KLM;

–        British Airways;

–        Cargolux;

–        CPA;

–        la ricorrente;

–        Latam Airlines Group;

–        Lan Cargo;

–        Lufthansa Cargo;

–        Lufthansa;

–        Swiss;

–        Martinair;

–        SAS;

–        SAS Cargo;

–        SAS Consortium;

–        SAC;

–        SIA.

24      La decisione impugnata non contiene addebiti nei confronti degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti.

25      La decisione impugnata descrive, nella sua motivazione, un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE, all’articolo 53 dell’accordo SEE e all’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo, mediante la quale i vettori incriminati avrebbero coordinato il loro comportamento in materia di tariffazione per la fornitura di servizi di trasporto merci in tutto il mondo tramite l’SPC, l’SPS e il pagamento di una commissione sui sovrapprezzi.

26      In primo luogo, nella sezione 4.1 della decisione impugnata, la Commissione ha descritto i «[p]rincipi fondamentali e [la] struttura dell’intesa». Ai punti 107 e 108 di tale decisione, essa ha dichiarato che l’indagine aveva rivelato l’esistenza di un’intesa a livello mondiale basata su una rete di contatti bilaterali e multilaterali intrattenuti per un lungo periodo tra i concorrenti, riguardante il comportamento che avevano deciso, pianificato o previsto di adottare in relazione a vari elementi del prezzo dei servizi di trasporto merci, vale a dire l’SPC, l’SPS e il rifiuto di pagare commissioni. Essa ha sottolineato che l’obiettivo comune della rete di contatti di cui trattasi era quello di coordinare il comportamento dei concorrenti in materia di prezzi o di ridurre l’incertezza sulla loro politica dei prezzi (in prosieguo: l’»intesa controversa»).

27      Secondo il punto 109 della decisione impugnata, l’applicazione coordinata dell’SPC aveva lo scopo di assicurare che i vettori di tutto il mondo imponessero un supplemento forfettario per ogni chilo per tutte le spedizioni interessate. Una complessa rete di contatti, principalmente bilaterali, tra i vettori sarebbe stata istituita allo scopo di coordinare e monitorare l’applicazione dell’SPC, laddove la data precisa di applicazione veniva spesso decisa, secondo la Commissione, a livello locale, mentre il principale vettore locale assumeva generalmente la direzione e gli altri seguivano. Siffatto approccio coordinato sarebbe stato esteso all’SPS, così come al rifiuto di pagare commissioni, in modo che questi ultimi sarebbero diventati ricavi netti per i vettori e avrebbero costituito un ulteriore incentivo per indurre gli stessi a seguire il coordinamento sui sovrapprezzi.

28      Secondo il punto 110 della decisione impugnata, la direzione della sede centrale di diversi vettori aerei sarebbe stata vuoi direttamente implicata nei contatti con i concorrenti vuoi regolarmente informata degli stessi. Nel caso dei sovrapprezzi, i dipendenti responsabili delle sedi centrali sarebbero stati in reciproco contatto nell’imminenza di un cambiamento del livello del sovrapprezzo. Il rifiuto di pagare commissioni sarebbe stato del pari confermato in più occasioni nell’ambito di contatti avvenuti a livello di sedi centrali. Contatti frequenti avrebbero avuto luogo anche a livello locale con l’obiettivo, da un lato, di meglio eseguire le istruzioni date dalle sedi centrali e di adattarle alle condizioni del mercato locale e, dall’altro, di coordinare e attuare le iniziative locali. In quest’ultimo caso, le sedi centrali dei vettori avrebbero in genere autorizzato l’azione proposta o ne sarebbero state informate.

29      Secondo il punto 111 della decisione impugnata, i vettori avrebbero preso contatto gli uni con gli altri, sia in modo bilaterale sia in piccoli gruppi, sia, in taluni casi, in grandi forum multilaterali. Le associazioni locali dei rappresentanti dei vettori sarebbero state utilizzate, in particolare a Hong Kong e in Svizzera, per discutere di misure di miglioramento del rendimento e per coordinare i sovrapprezzi. Riunioni di alleanze, come l’alleanza WOW, sarebbero state anch’esse impiegate a tal fine.

30      In secondo luogo, nelle sezioni 4.3, 4.4 e 4.5 della decisione impugnata, la Commissione ha descritto i contatti relativi, rispettivamente, all’SPC, all’SPS e al rifiuto di pagare commissioni (in prosieguo: i «contatti controversi»).

31      In questo senso, in primo luogo, ai punti da 118 a 120 della decisione impugnata, la Commissione ha riassunto i contatti relativi all’SPC come segue:

«(118)      Tra la fine del 1999 e gli inizi del 2000 è stata istituita una rete di contatti bilaterali che ha coinvolto varie compagnie aeree e che consentiva una condivisione di informazioni sulle azioni delle imprese partecipanti tra tutti i membri della rete. I vettori erano regolarmente in contatto reciproco per discutere di eventuali problemi che sorgessero in relazione all’SPC, tra cui le modifiche del meccanismo, i cambiamenti del livello dell’SPC, l’applicazione coerente del meccanismo e le situazioni in cui talune compagnie aeree non si adeguavano al sistema.

(119)      Per l’attuazione degli SPC a livello locale è stato applicato spesso un sistema in cui le compagnie aeree dominanti su determinati collegamenti o in determinati paesi annunciavano per prime il cambiamento ed erano poi seguite dalle altre (…).

(120)      Il coordinamento anticoncorrenziale relativo all’SPC si svolgeva principalmente in quattro contesti: relativamente all’introduzione degli SPC all’inizio del 2000, alla reintroduzione di un meccanismo di SPC dopo la cancellazione del meccanismo previsto dalla [International Air Transport Association (IATA)], all’introduzione di nuove soglie di attivazione (comportanti l’aumento del livello massimo dell’SPC) e, soprattutto, al momento in cui gli indici di carburante si avvicinavano alla soglia alla quale doveva essere attivato un aumento o una diminuzione dell’SPC».

32      In secondo luogo, al punto 579 della decisione impugnata, la Commissione ha riassunto i contatti relativi all’SPS nel modo seguente:

«Diversi [vettori incriminati] hanno discusso, tra l’altro, la propria intenzione di introdurre un SPS (...) In aggiunta, sono stati discussi anche l’importo del sovrapprezzo e il calendario per la sua introduzione. [I vettori incriminati] hanno inoltre condiviso idee sulla giustificazione da fornire ai loro clienti. Durante tutto il periodo dal 2002 al 2006 si sono avuti contatti ad hoc per l’implementazione dell’SPS. Il coordinamento illecito ha avuto luogo sia a livello delle sedi centrali sia a livello locale».

33      In terzo luogo, al punto 676 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che i vettori incriminati avevano «continuato a rifiutare di pagare una commissione sui sovrapprezzi e, in occasione di numerosi contatti, [avevano] confermato reciprocamente i propri intenti in tale settore».

34      In terzo luogo, nella sezione 4.6 della decisione impugnata, la Commissione ha proceduto alla valutazione dei contatti controversi. L’esame di quelli considerati a carico della ricorrente è esposta ai punti da 760 a 764 della suddetta decisione.

35      Al punto 765 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che la ricorrente non contestava i fatti illustrati nella comunicazione degli addebiti.

36      In quarto luogo, nella sezione 5 della decisione impugnata, la Commissione ha proceduto all’applicazione ai fatti di specie dell’articolo 101 TFUE, precisando al contempo, nella nota a piè di pagina n. 1289 di tale decisione, che le considerazioni svolte valevano anche per l’articolo 53 dell’accordo SEE e per l’articolo 8 dell’accordo CE‑Svizzera sul trasporto aereo. Infatti, in primo luogo, al punto 846 di detta decisione essa ha affermato che i vettori incriminati avevano coordinato il proprio comportamento o influenzato la tariffazione, «il che equivale[va] in ultima analisi a una fissazione dei prezzi relativamente» all’SPC, all’SPS e al pagamento di una commissione sui sovrapprezzi. Al punto 861 della stessa decisione, essa ha descritto il «sistema generale di coordinamento del comportamento in materia di prezzi per servizi di trasporto merci» del quale la sua indagine aveva rivelato l’esistenza come «un’infrazione complessa consistente in diverse azioni che [potevano] essere qualificate come un accordo o pratica concordata in cui i concorrenti [avevano] scientemente sostituito la cooperazione pratica tra loro ai rischi della concorrenza».

37      In secondo luogo, al punto 869 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il «comportamento in questione costitui[sse] un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 del TFUE». Essa ha quindi considerato che gli accordi in discorso perseguivano un obiettivo anticoncorrenziale unico consistente nell’ostacolare la concorrenza nel settore del trasporto merci all’interno del SEE, anche quando il coordinamento aveva luogo a livello locale ed era soggetto a variazioni locali (punti da 872 a 876), vertevano su un «[p]rodotto/servizio unico», vale a dire «la fornitura di servizi di trasporto merci (...) e la loro tariffazione» (punto 877), riguardavano le stesse imprese (punto 878), avevano natura unica (punto 879) e vertevano su tre componenti, ossia l’SPC, l’SPS e il rifiuto di pagare commissioni, che sono state «spesso oggetto di discussione congiunta durante il medesimo contatto con i concorrenti» (punto 880).

38      Al punto 881 della decisione impugnata, la Commissione ha aggiunto che «la maggioranza delle parti», compresa la ricorrente, era coinvolta nelle tre componenti dell’infrazione unica.

39      In terzo luogo, al punto 884 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso per il carattere continuato dell’infrazione di cui trattasi.

40      In quarto luogo, ai punti da 885 a 890 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato la rilevanza dei contatti avvenuti in paesi terzi e dei contatti relativi a collegamenti che i vettori non avevano mai servito o che non avrebbero potuto legittimamente servire. Essa ha ritenuto che, dato la portata mondiale dell’intesa controversa, tali contatti fossero rilevanti per accertare l’esistenza dell’infrazione unica e continuata. In particolare, da un lato, essa ha rilevato che i sovrapprezzi erano misure di applicazione generale che non erano specifiche per un collegamento, ma avevano lo scopo di essere applicate a tutti i collegamenti a livello mondiale, ivi compresi i collegamenti da e verso il SEE e la Svizzera. Essa ha indicato che anche il rifiuto di pagare commissioni aveva carattere generale. Dall’altro, essa ha ritenuto che nessuna barriera insormontabile impedisse ai vettori di fornire servizi di trasporto merci sui collegamenti che essi non avevano mai servito o che non avrebbero potuto legittimamente servire, in particolare grazie agli accordi che erano in grado di concludere tra loro.

41      In quinto luogo, al punto 903 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il comportamento controverso avesse l’obiettivo di restringere la concorrenza «almeno all’interno dell’U[nione], nel SEE e in Svizzera». Al punto 917 di tale decisione, essa ha sostanzialmente aggiunto che non era pertanto necessario prendere in considerazione gli «effetti concreti» di detto comportamento.

42      In sesto luogo, ai punti da 922 a 971 della decisione impugnata, la Commissione si è soffermata sull’alleanza WOW. Al punto 971 di tale decisione, la Commissione ha concluso quanto segue:

«In considerazione del contenuto dell’accordo di alleanza WOW e della sua attuazione, la Commissione ritiene che il coordinamento sui sovrapprezzi tra i membri dell’[alleanza] WOW sia avvenuto al di fuori del quadro legittimo dell’alleanza, che non lo giustifica. I membri erano in realtà consapevoli dell’illiceità di un simile coordinamento. Inoltre, erano al corrente del fatto che il coordinamento dei sovrapprezzi coinvolgeva diversi [vettori] che non partecipavano all’[alleanza] WOW. La Commissione ritiene quindi che gli elementi probatori relativi ai contatti tra i membri dell’[alleanza] WOW (...) costituiscano la prova della loro partecipazione all’infrazione all’articolo 101 TFUE quale descritta nella presente decisione».

43      In settimo luogo, ai punti da 972 a 1021 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato la normativa di sette paesi terzi che, secondo quanto riferito da numerosi vettori incriminati, imponeva loro di concertarsi sui sovrapprezzi, ostacolando così l’applicazione delle pertinenti regole di concorrenza. La Commissione ha ritenuto che tali vettori non fossero stati in grado di dimostrare di aver agito sotto la coercizione dei suddetti paesi terzi.

44      In ottavo luogo, ai punti da 1024 a 1035 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’infrazione unica e continuata potesse incidere sensibilmente sugli scambi tra Stati membri, tra le parti contraenti dell’accordo SEE e tra le parti contraenti dell’accordo CE‑Svizzera sul trasporto aereo.

45      In nono luogo, la Commissione ha esaminato i limiti della propria competenza ratione loci e ratione temporis per constatare e sanzionare un’infrazione alle regole di concorrenza nel caso di specie. Da un lato, ai punto da 822 a 832 della decisione impugnata, sotto il titolo «Competenza della Commissione», essa ha dichiarato, in sostanza, che non avrebbe applicato, innanzi tutto, l’articolo 101 TFUE agli accordi e pratiche anteriori al 1° maggio 2004 concernenti i collegamenti tra gli aeroporti all’interno dell’Unione europea e gli aeroporti al di fuori del SEE (in prosieguo: i «collegamenti Unione-paesi terzi»), poi, l’articolo 53 dell’accordo SEE agli accordi e pratiche anteriori al 19 maggio 2005 concernenti i collegamenti Unione-paesi terzi e i collegamenti tra aeroporti situati in paesi che sono parti contraenti dell’accordo SEE e che non sono membri dell’Unione e gli aeroporti situati in paesi terzi (in prosieguo: i «collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi», e, unitamente ai collegamenti Unione-paesi terzi, i «collegamenti SEE-paesi terzi») e, infine, l’articolo 8 dell’accordo CE‑Svizzera sul trasporto aereo agli accordi e pratiche anteriori al 2 giugno 2002 concernenti i collegamenti tra aeroporti all’interno dell’Unione e aeroporti svizzeri (in prosieguo: i «collegamenti Unione‑Svizzera»). Essa ha altresì precisato che la decisione impugnata non aveva «alcuna pretesa di rivelare una qualsivoglia infrazione all’articolo 8 dell’accordo [CE-Svizzera sul trasporto aereo] riguardante i servizi di trasporto merci [tra] la Svizzera [e] paesi terzi».

46      Dall’altro lato, ai punti da 1036 a 1046 della decisione impugnata, sotto il titolo «Applicabilità dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE ai collegamenti in entrata», la Commissione ha respinto gli argomenti di diversi vettori incriminati, secondo i quali essa avrebbe esorbitato dalla propria competenza territoriale alla luce delle norme di diritto internazionale pubblico, constatando e sanzionando un’infrazione a queste due disposizioni sui collegamenti con provenienza da paesi terzi e destinazione nel SEE (in prosieguo: i «collegamenti in entrata» e, per quanto riguarda i servizi di trasporto merci offerti su tali collegamenti, i «servizi di trasporto merci in entrata»). In particolare, al punto 1042 di tale decisione, essa ha ricordato nel modo seguente i criteri a suo avviso applicabili:

«Per quanto riguarda l’applicazione extraterritoriale dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, tali disposizioni sono applicabili agli accordi attuati nell’U[nione] (teoria dell’attuazione) o che hanno effetti immediati, sostanziali e prevedibili all’interno dell’U[nione] (teoria degli effetti)».

47      Ai punti da 1043 a 1046 della decisione impugnata, la Commissione ha applicato i criteri in questione ai fatti del caso di specie:

«(1043)      Nel caso dei servizi di trasporto merci [in entrata], si applicano l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE, in quanto il servizio stesso, che è oggetto dell’infrazione in materia di fissazione dei prezzi, deve essere ed è effettivamente prestato in parte all’interno del territorio SEE. Inoltre, numerosi contatti attraverso i quali i destinatari hanno coordinato i sovrapprezzi e il [rifiuto di] pagare commissioni hanno avuto luogo all’interno del SEE o hanno coinvolto i partecipanti che si trovavano all’interno del SEE.

(1044)      (...) l’esempio fornito nella comunicazione [consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU 2008, C 95, pag. 1, e rettifica in GU 2009, C 43, pag. 10)] nel presente caso non è rilevante. La [citata] comunicazione si riferisce alla ripartizione geografica del fatturato tra le imprese al fine di determinare se siano raggiunte le soglie di fatturato di cui all’articolo 1 del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese [(GU 2004, L 24, pag. 1)].

(1045)      Inoltre, le pratiche anticoncorrenziali nei paesi terzi per quanto riguarda il trasporto di merci (...) verso l’Unione e il SEE possono avere effetti immediati, sostanziali e prevedibili all’interno dell’Unione e del SEE, dato che i maggiori costi del trasporto aereo verso il SEE e, quindi, i prezzi più elevati delle merci importate possono avere, per loro natura, effetti sui consumatori all’interno del SEE. Nel caso di specie, le pratiche anticoncorrenziali che eliminavano la concorrenza tra i vettori che offrono servizi di trasporto merci [in entrata] potevano avere effetti del genere anche sulla fornitura di servizi di [trasporto merci] da parte di altri vettori all’interno del SEE, tra le piattaforme di corrispondenza (“hubs”) nel SEE utilizzate dai vettori di paesi terzi e gli aeroporti di destinazione di tali spedizioni nel SEE che non sono serviti dal vettore del paese terzo.

(1046)      Infine, occorre sottolineare che la Commissione ha fatto emergere un’intesa di portata mondiale. L’intesa è stata attuata a livello mondiale e gli accordi dell’intesa relativi ai collegamenti in entrata erano parte integrante dell’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE. Gli accordi dell’intesa erano, in molteplici casi, organizzati a livello centrale e il personale locale si limitava ad applicarli. L’applicazione uniforme dei sovrapprezzi su scala mondiale costituiva un elemento chiave dell’intesa».

48      In quinto luogo, al punto 1146 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che l’intesa controversa era iniziata il 7 dicembre 1999 ed era perdurata fino al 14 febbraio 2006. Nello stesso punto, essa ha precisato che tale intesa viola:

–        l’articolo 101 TFUE, dal 7 dicembre 1999 al 14 febbraio 2006, per quanto riguardava il trasporto aereo tra aeroporti all’interno dell’Unione;

–        l’articolo 101 TFUE, dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006, per quanto riguardava il trasporto aereo per i collegamenti Unione-paesi terzi;

–        l’articolo 53 dell’accordo SEE, dal 7 dicembre 1999 al 14 febbraio 2006, per quanto riguardava il trasporto aereo tra gli aeroporti all’interno del SEE (in prosieguo: i «collegamenti intra-SEE»);

–        l’articolo 53 dell’accordo SEE, dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006, per quanto riguardava il trasporto aereo sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi;

–        l’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo, dal 1° giugno 2002 al 14 febbraio 2006, per quanto riguardavava il trasporto aereo sui collegamenti Unione-Svizzera.

49      Quanto alla ricorrente, la Commissione ha ritenuto che la durata dell’infrazione si fosse protratta dal 7 dicembre 1999 al 14 febbraio 2006.

50      In sesto luogo, al punto 8 della decisione impugnata, la Commissione si è soffermata sulle misure correttive da adottare e sulle ammende da infliggere.

51      Per quanto riguarda, in particolare, la determinazione dell’importo delle ammende, la Commissione ha dichiarato di aver tenuto in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione unica e continuata nonché le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti. Essa ha fatto riferimento, a tal riguardo, agli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006»).

52      Ai punti 1184 e 1185 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che l’importo di base dell’ammenda era costituito da una proporzione che poteva raggiungere il 30% del valore delle vendite dell’impresa, determinata in funzione della gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni di partecipazione dell’impresa all’infrazione, cui si aggiungeva un importo supplementare compreso tra il 15 e il 25% del valore delle vendite (in prosieguo: l’»importo supplementare»).

53      Al punto 1197 della decisione impugnata, la Commissione ha determinato il valore delle vendite sommando, per l’anno 2005, che è stato l’ultimo anno completo prima della fine dell’infrazione unica e continuata, il fatturato legato ai nei due sensi sui collegamenti intra‑SEE, sui collegamenti Unione-paesi terzi, sui collegamenti Unione‑Svizzera nonché sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione‑paesi terzi. Essa ha altresì tenuto conto dell’adesione all’Unione di nuovi Stati membri.

54      Ai punti da 1198 a 1212 della decisione impugnata, tenendo conto della natura dell’infrazione (accordi orizzontali di fissazione dei prezzi), della quota di mercato aggregata dei vettori incriminati (34% a livello mondiale e almeno altrettanto sui collegamenti intra-SEE e SEE-paesi terzi), dell’estensione geografica dell’intesa controversa (mondiale) e della sua effettiva attuazione, la Commissione ha fissato il coefficiente di gravità al 16%.

55      Ai punti da 1214 a 1217 della decisione impugnata, la Commissione ha determinato nel modo seguente la durata della partecipazione della ricorrente all’infrazione unica e continuata, in funzione dei collegamenti interessati:

–        per quanto riguardava i collegamenti intra-SEE: dal 7 dicembre 1999 al 14 febbraio 2006, valutata, in numero di anni e di mesi, in sei anni e due mesi, e un fattore moltiplicativo di 6 e di 2/12;

–        per quanto riguardava i collegamenti Unione-paesi terzi: dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006, valutata, in numero di anni e di mesi, in un anno e nove mesi, e un fattore moltiplicativo di 1 e di 9/12;

–        per quanto riguardava i collegamenti Unione-Svizzera: dal 1° giugno 2002 al 14 febbraio 2006, valutata, in numero di anni e di mesi, in tre anni e otto mesi, e un fattore moltiplicativo di 3 e 8/12;

–        per quanto riguardavva i collegamenti SEE diversi da quelli Unione‑paesi terzi: dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006, valutata, in numero di mesi, in otto mesi, e un fattore moltiplicativo di 8/12.

56      Al punto 1219 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, alla luce delle circostanze specifiche del caso e dei criteri illustrati al precedente punto 55, l’importo supplementare doveva corrispondere al 16% del valore delle vendite.

57      Di conseguenza, ai punti da 1240 a 1242 della decisione impugnata, l’importo di base stimato per la ricorrente in EUR 113 000 000 è stato fissato in EUR 56 000 000, dopo l’applicazione di una riduzione del 50% fondata sul punto 37 degli Orientamenti del 2006 (in prosieguo: la «riduzione generale del 50%») e legata al fatto che una parte dei servizi relativi ai collegamenti in entrata e ai collegamenti in partenza dal SEE e con destinazione nei paesi terzi (in prosieguo: i «collegamenti in uscita») era fornita al di fuori del territorio interessato dall’accordo SEE e una parte del pregiudizio poteva quindi prodursi al di fuori di tale territorio.

58      Ai punti 1264 e 1265 della decisione impugnata, in applicazione del punto 29 degli Orientamenti del 2006, la Commissione ha concesso ai vettori incriminati una riduzione supplementare dell’importo di base dell’ammenda del 15% (in prosieguo: la «riduzione generale del 15%»), con la motivazione che taluni regimi normativi avevano incoraggiato l’intesa controversa.

59      Di conseguenza, al punto 1293 della decisione impugnata, la Commissione ha fissato l’importo di base dell’ammenda della ricorrente, dopo adeguamento, in EUR 47 600 000.

60      Ai punti da 1314 a 1322 della decisione impugnata, la Commissione ha tenuto conto del contributo della ricorrente nell’ambito della sua domanda di trattamento favorevole applicando una riduzione del 25% all’importo dell’ammenda, cosicché, come indicato al punto 1404 della decisione impugnata, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente è stato fissato in EUR 35 700 000.

61      Il dispositivo della decisione impugnata, nella parte in cui si riferisce alla presente controversia, così recita:

«Articolo 1

Coordinando il loro comportamento in materia di fissazione dei prezzi per la fornitura di servizi di trasporto [merci] su scala mondiale per quanto riguarda l’[SPC], l’[SPS] e il pagamento di una commissione sui sovrapprezzi, le seguenti imprese hanno commesso la seguente infrazione unica e continuata dell’articolo 101 [TFUE], dell’articolo 53 dell’[accordo SEE] e dell’articolo 8 dell’[accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo] sui seguenti collegamenti e per i seguenti periodi.

1)      Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE relativamente ai collegamenti [intra-SEE] nei seguenti periodi:

(...)

h)      [la ricorrente], dal 7 dicembre 1999 al 14 febbraio 2006;

(...)

2)      Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE per quanto riguarda i collegamenti [Unione-paesi terzi] nei seguenti periodi:

(...)

h)      [la ricorrente], dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006;

(...)

3)      Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 53 dell’accordo SEE per quanto riguarda i collegamenti [SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi] nei seguenti periodi:

(...)

h)      [la ricorrente], dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006;

(...)

4)      Le seguenti imprese hanno violato l’articolo 8 dell’accordo [CE-Svizzera] sul trasporto aereo per quanto riguarda i collegamenti [Unione-Svizzera] nei seguenti periodi:

(...)

h)      [la ricorrente], dal 1° giugno 2002 al 14 febbraio 2006;

(...)

Articolo 2

La decisione (...) del 9 novembre 2010 è così modificata:

all’articolo 5, i lettere j), k) e l) sono abrogati.

Articolo 3

Le seguenti ammende sono inflitte per l’infrazione unica e continuata di cui all’articolo 1 della presente decisione e, per quanto riguarda la British Airways (...), anche per gli aspetti degli articoli da 1 a 4 della decisione (...) del 9 novembre 2010 divenuti definitivi:

(...)

h)      [la ricorrente]: EUR 35 700 000;

(...)

Articolo 4

Qualora non vi abbiano già provveduto, le imprese di cui all’articolo 1 pongono immediatamente fine all’infrazione unica e continuata di cui al suddetto articolo.

Esse si astengono inoltre da qualsiasi atto o comportamento avente oggetto o effetto identico o simile.

Articolo 5

Sono destinatari della presente decisione:

(...)

[la ricorrente]

(...)».

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

62      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2017, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

63      La Commissione ha depositato il controricorso presso la cancelleria del Tribunale il 29 settembre 2017.

64      La ricorrente ha depositato la replica presso la cancelleria del Tribunale il 2 gennaio 2018.

65      La Commissione ha depositato la controreplica presso la cancelleria del Tribunale l’8 marzo 2018.

66      Il 24 aprile 2019, su proposta della Quarta Sezione, il Tribunale, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, ha deciso di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

67      Il 17 giugno 2019, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura, il Tribunale ha posto alcuni quesiti scritti alle parti. Queste ultime hanno risposto entro il termine impartito.

68      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale nel corso dell’udienza del 3 luglio 2019.

69      Con ordinanza del 19 giugno 2020, il Tribunale (Quarta Sezione ampliata), ritenendo di non essere sufficientemente edotto e che occorresse invitare le parti a presentare le loro osservazioni relativamente ad un argomento sul quale esse non avevano dibattuto, ha ordinato la riapertura della fase orale del procedimento in applicazione dell’articolo 113 del regolamento di procedura.

70      Le parti hanno risposto ad una serie di quesiti posti dal Tribunale il 22 giugno 2020 nel termine impartito e hanno poi presentato osservazioni sulle loro rispettive risposte.

71      Con decisione del 4 agosto 2020, il Tribunale ha nuovamente chiuso la fase orale del procedimento.

72      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui la riguarda;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflittale nella decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

73      La Commissione chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        modificare l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente revocandole il beneficio della riduzione generale del 50% e della riduzione generale del 15 % nell’ipotesi in cui il Tribunale statuisse che il fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata non potesse essere incluso nel valore delle vendite;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

74      Nell’ambito del suo ricorso, la ricorrente presenta sia conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata sia conclusioni dirette alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale. Quanto alla Commissione, essa ha formulato una domanda diretta, in sostanza, alla modifica dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’ipotesi in cui il Tribunale statuisse che il fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata non potesse essere incluso nel valore delle vendite.

A.      Sulle conclusioni dirette all’annullamento

75      La ricorrente deduce dieci motivi a sostegno delle sue conclusioni dirette all’annullamento. Tali motivi sono i seguenti, vertenti:

–        il primo, sulla violazione del principio del ne bis in idem, dell’articolo 266 TFUE e del termine di prescrizione;

–        il secondo, su una violazione del principio di non discriminazione;

–        il terzo, su violazioni dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’obbligo di motivazione relative, da un lato, all’imputazione a suo carico della responsabilità dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera per il periodo anteriore al 1° maggio 2004 e, dall’altro, alla determinazione della data di inizio della sua partecipazione a tale infrazione;

–        il quarto, su una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE relativamente al fatto di averla dichiarata responsabile dell’infrazione unica e continuata su collegamenti sui quali essa non era una concorrente reale o potenziale;

–        il quinto, su un difetto di competenza della Commissione ad applicare l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE ai servizi di trasporto merci in entrata;

–        il sesto, su una violazione dei diritti della difesa, del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, relativamente all’applicazione a diversi vettori di requisiti diversi in materia di prova;

–        il settimo, sulla violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di proporzionalità relativamente, da un lato, alla determinazione del valore delle vendite e, dall’altro, alla fissazione del coefficiente di gravità e dell’importo supplementare;

–        l’ottavo, sulla violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di tutela del legittimo affidamento, relativamente all’inclusione nel valore delle vendite del fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata a clienti stabiliti al di fuori del SEE;

–        il nono, su una violazione del principio di proporzionalità a causa del carattere insufficiente della riduzione generale del 15%; e

–        il decimo, su violazioni del principio di non discriminazione, del principio di proporzionalità nonché, in sostanza, dell’obbligo di motivazione in relazione al rifiuto della Commissione di concederle una riduzione dell’importo dell’ammenda del 10% a titolo della sua partecipazione limitata all’infrazione unica e continuata.

76      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare, anzitutto, il quinto motivo, poi, il motivo rilevato d’ufficio e vertente sull’incompetenza della Commissione alla luce dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo a constatare e sanzionare un’infrazione sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera e, infine, i motivi dal primo al quarto e dal sesto al decimo in ordine successivo.

1.      Sul quinto motivo, vertente sul difetto di competenza della Commissione ad applicare larticolo 101 TFUE e larticolo 53 dell’accordo SEE ai servizi di trasporto merci in entrata

77      La ricorrente sostiene che la Commissione non era competente ad applicare l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE ai servizi di trasporto merci in entrata, affermazione che quest’ultima contesta.

78      Occorre ricordare che, relativamente ad un comportamento adottato al di fuori del territorio del SEE, la competenza della Commissione, alla luce del diritto internazionale pubblico, a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 53 dell’accordo SEE può essere stabilita in base al criterio dell’attuazione o in base al criterio degli effetti qualificati (v., in questo senso, sentenze del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 40 a 47, e del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punti da 95 a 97)

79      Tali criteri sono alternativi e non cumulativi (sentenza del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punto 98; v. altresì, in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 62 a 64).

80      Ai punti da 1043 a 1046 della decisione impugnata, la Commissione si è basata, come riconosciuto dalla ricorrente, sia sul criterio dell’attuazione sia sul criterio degli effetti qualificati per determinare, alla luce del diritto internazionale pubblico, la propria competenza a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti in entrata.

81      Poiché la ricorrente invoca un errore nell’applicazione di ciascuno dei summenzionati due criteri, il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto se la Commissione potesse legittimamente avvalersi del criterio degli effetti qualificati. Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 80, è solo in caso negativo che occorrerà verificare se la Commissione potesse fondarsi sul criterio dell’attuazione.

82      La ricorrente sostiene che i presunti effetti del comportamento controverso non possano giustificare l’applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE ai servizi di trasporto merci in entrata. La Commissione, su cui graverebbe l’onere della prova, non avrebbe dimostrato che tale comportamento abbia avuto un effetto immediato, sostanziale e prevedibile nel territorio del SEE.

83      La ricorrente asserisce, fondandosi sulle linee direttrici [sul]la nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, C 101, pag. 81), che gli effetti fatti valere dalla Commissione al punto 1045 della decisione impugnata sono, nella migliore delle ipotesi, speculativi e, in ogni caso, troppo distanti per suffragare il motivo secondo cui il comportamento controverso avrebbe ristretto la concorrenza all’interno del SEE.

84      In particolare, la Commissione non fornirebbe alcun elemento di prova a sostegno della propria affermazione, secondo cui il prezzo delle merci vendute all’interno del SEE sarebbe influenzato dai prezzi dei servizi di trasporto merci in entrata. Un tale effetto peraltro non potrebbe essere sostanziale, in quanto i sovrapprezzi rappresentano solo una frazione del costo totale dei servizi di trasporto merci e il costo di questi ultimi rappresenta a sua volta solo una frazione del costo delle merci importate nel SEE. Un tale effetto non potrebbe, per definizione, neppure essere immediato, dato che i clienti hanno la facoltà di trasferire o meno un eventuale aumento dei prezzi dei servizi di trasporto merci in entrata sul prezzo delle merci importate e, eventualmente, di decidere in quali proporzioni trasferirlo. Infine, un tale effetto non poteva essere previsto, poiché la ricorrente non sarebbe stata attiva sui mercati a valle interessati e i sovrapprezzi rappresentavano solo una minima parte dei costi di trasporto delle merci.

85      Inoltre, l’effetto relativo all’aumento del prezzo delle merci importate nel SEE riguarderebbe un mercato diverso da quello di cui trattasi nel caso di specie, vale a dire quello dei servizi di trasporto merci, e non potrebbe di conseguenza giustificare l’argomento secondo cui il comportamento controverso avrebbe ristretto la concorrenza all’interno del SEE.

86      D’altra parte, per stabilire la competenza della Commissione a constatare e sanzionare un’infrazione alle regole di concorrenza, non sarebbe sufficiente qualificare un comportamento come infrazione unica e continuata senza analizzarne gli effetti anticoncorrenziali.

87      La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

88      Nella decisione impugnata la Commissione si è basata, in sostanza, su tre motivi autonomi per affermare che il criterio degli effetti qualificati fosse soddisfatto nel caso di specie.

89      I primi due motivi sono esposti al punto 1045 della decisione impugnata. Come confermato dalla Commissione in risposta ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale, tali motivi vertono sugli effetti del coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata considerato isolatamente. Il primo motivo verte sul fatto che i «maggiori costi del trasporto aereo verso il SEE e quindi i prezzi più elevati delle merci importate [potevano] avere, per loro natura, effetti sui consumatori all’interno del SEE». Il secondo motivo riguarda gli effetti del coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata «anche sulla fornitura di servizi di [trasporto merci] da parte di altri vettori all’interno del SEE, tra le piattaforme di corrispondenza (“hubs”) nel SEE utilizzate dai vettori di paesi terzi e gli aeroporti di destinazione di tali spedizioni nel SEE che non sono serviti dal vettore del paese terzo».

90      Il terzo motivo figura al punto 1046 della decisione impugnata e riguarda, come emerge dalle risposte della Commissione ai quesiti scritti e orali del Tribunale, gli effetti dell’infrazione unica e continuata considerata nel suo insieme.

91      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare sia gli effetti del coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata considerato isolatamente sia quelli dell’infrazione unica e continuata considerata nel suo insieme, iniziando dai primi.

a)      Sugli effetti del coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata considerato isolatamente

92      Occorre anzitutto esaminare la fondatezza del primo dei motivi su cui si fonda la conclusione della Commissione secondo cui il criterio degli effetti qualificati è soddisfatto nel caso di specie (in prosieguo: l’»effetto in questione»).

93      Al riguardo occorre ricordare che, come risulta dal punto 1042 della decisione impugnata, il criterio degli effetti qualificati consente di giustificare l’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione e del SEE alla luce del diritto internazionale pubblico, qualora sia prevedibile che il comportamento controverso produca un effetto immediato e sostanziale nel mercato interno o nel SEE (v. in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 49; v. altresì, in questo senso, sentenza del 25 marzo 1999, Gencor/Commissione, T‑102/96, EU:T:1999:65, punto 90).

94      Nel caso di specie, la ricorrente contesta sia la rilevanza dell’effetto in questione (v. infra, punti da 95 a 114) sia il suo carattere prevedibile (v. infra, punti da 116 a 15311), il suo carattere sostanziale (v. infra, punti da 132 a 142) e il suo carattere immediato (v. infra, punti da 143 a 153).

1)      Sulla pertinenza dell’effetto in questione

95      Dalla giurisprudenza risulta che il fatto che un’impresa partecipante a un accordo o a una pratica concordata si trovi in uno Stato terzo non osta all’applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, qualora tale accordo o tale pratica produca i suoi effetti, rispettivamente, nel mercato interno o all’interno del SEE (v., in questo senso, sentenza del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 11).

96      L’applicazione del criterio degli effetti qualificati ha proprio l’obiettivo di includere comportamenti che certamente non sono stati adottati nel territorio del SEE, ma i cui effetti anticoncorrenziali possono farsi sentire sul mercato interno o nel SEE (v., in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 45).

97      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tale criterio non richiede la dimostrazione che il comportamento controverso abbia «effettivamente avuto effetti anticoncorrenziali» nel mercato interno o nel SEE. Al contrario, secondo la giurisprudenza, è sufficiente tener conto del probabile effetto di un simile comportamento sulla concorrenza (v., in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 51).

98      Spetta infatti alla Commissione garantire la protezione della concorrenza nel mercato interno o nel SEE contro le minacce al suo effettivo funzionamento.

99      In presenza di un comportamento che, come nel presente caso, la Commissione ha ritenuto rivelasse un grado di nocività per la concorrenza nel mercato interno o nel SEE tale da poter essere qualificato come restrizione della concorrenza «per oggetto» ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, l’applicazione del criterio degli effetti qualificati non può richiedere neppure la dimostrazione degli effetti concreti che la qualificazione di un comportamento come restrizione della concorrenza «per effetto» ai sensi di tali disposizioni comporta.

100    In proposito si deve ricordare, al pari della ricorrente, che il criterio degli effetti qualificati affonda le sue radici nella formulazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE, che mirano ad includere gli accordi e le pratiche che limitano il gioco della concorrenza, rispettivamente, in seno al mercato interno e nel SEE. Tali disposizioni vietano, infatti, gli accordi o le pratiche di imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, rispettivamente, «all’interno del mercato interno», e «all’interno del territorio cui si applica [l’accordo SEE]» (v., in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 42).

101    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, l’oggetto e l’effetto anticoncorrenziale sono condizioni non cumulative, bensì alternative per valutare se il comportamento ricada nei divieti di cui agli articoli 101 TFUE e 53 dell’accordo SEE (v., in questo senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

102    Ne consegue che, come rilevato dalla Commissione al punto 917 della decisione impugnata, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti del comportamento controverso, dal momento che l’obiettivo anticoncorrenziale di quest’ultimo è accertato (v., in questo senso, sentenze del 13 luglio 1966, Consten e Grundig/Commissione, 56/64 e 58/64, EU:C:1966:41, pag. 496, e del 6 ottobre 2009, GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a., C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, EU:C:2009:610, punto 55).

103    In simili circostanze, interpretare il criterio degli effetti qualificati come sembra suggerire la ricorrente, nel senso che esso richiederebbe la prova degli effetti concreti del comportamento controverso anche in presenza di una restrizione della concorrenza «per oggetto», equivarrebbe ad assoggettare la competenza della Commissione a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE a una condizione che non trova fondamento nel dettato di tali disposizioni.

104    La ricorrente non può pertanto validamente rimproverare alla Commissione di aver commesso un errore ritenendo che il criterio degli effetti qualificati fosse soddisfatto, sebbene la stessa avesse indicato, ai punti 917, 1190 e 1277 della decisione impugnata, che non era tenuta a procedere ad alcuna valutazione degli effetti anticoncorrenziali del comportamento controverso alla luce dell’»oggetto anticoncorrenziale di quest’ultimo». Essa non può neppure dedurre da tali punti che la Commissione non abbia effettuato alcuna analisi degli effetti prodotti da detto comportamento nel mercato interno o nel SEE ai fini dell’applicazione del criterio in parola.

105    Infatti, al punto 1045 della decisione impugnata, la Commissione ha asserito in sostanza che l’infrazione unica e continuata, nella parte in cui riguardava i collegamenti in entrata, era idonea ad aumentare l’importo dei sovrapprezzi e, di conseguenza, il prezzo totale dei servizi di trasporto merci in entrata e che gli spedizionieri avevano riversato tale costo aggiuntivo sugli speditori aventi sede nel SEE, che avevano dovuto pagare per le merci che avevano acquistato un prezzo più elevato di quello che sarebbe stato loro fatturato in mancanza di detta infrazione.

106    Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente consente di ritenere che l’effetto in questione non rientrasse tra gli effetti prodotti dal comportamento controverso di cui la Commissione è legittimata a tener conto ai fini dell’applicazione del criterio degli effetti qualificati.

107    In primo luogo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, nel dettato, nell’impianto sistematico o nella finalità dell’articolo 101 TFUE non è ravvisabile alcun elemento che consenta di ritenere che gli effetti presi in considerazione ai fini dell’applicazione del criterio degli effetti qualificati debbano prodursi sullo stesso mercato di quello interessato dall’infrazione di cui trattasi piuttosto che su un mercato a valle come nel caso di specie (v., in questo senso, sentenza del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punti 159 e 161).

108    In secondo luogo, la ricorrente sostiene a torto che il comportamento controverso, in quanto verteva sui collegamenti in entrata, non fosse idoneo a restringere la concorrenza nel SEE, con la motivazione che quest’ultima aveva luogo unicamente nei paesi terzi in cui sono stabiliti gli spedizionieri che si rifornivano di servizi di trasporto merci in entrata presso vettori incriminati.

109    A tal proposito, occorre rilevare che il criterio degli effetti qualificati deve essere applicato alla luce del contesto economico e giuridico in cui il comportamento in questione si colloca (v., in questo senso, sentenza del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 13)

110    Nel caso di specie, dai punti 14, 17 e 70 della decisione impugnata e dalle risposte delle parti alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale risulta che i vettori vendono i loro servizi di trasporto merci esclusivamente o quasi esclusivamente a spedizionieri. Orbene, per quanto riguarda i servizi di trasporto merci in entrata, la quasi totalità di tali vendite viene effettuata al punto di origine dei collegamenti di cui trattasi, al di fuori del SEE, dove detti spedizionieri hanno la loro sede. Dall’atto introduttivo del ricorso, infatti, risulta che, tra il 1° maggio 2004 e il 14 febbraio 2006, la ricorrente ha realizzato una quota solo trascurabile delle sue vendite di servizi di trasporto merci in entrata presso clienti aventi sede all’interno del SEE.

111    Si deve tuttavia osservare che, se gli spedizionieri acquistano tali servizi, ciò avviene in particolare nella veste di intermediari, al fine di consolidarli in un pacchetto di servizi il cui scopo è, per definizione, quello di organizzare il trasporto integrato di merci verso il territorio del SEE per conto degli speditori. Come risulta dal punto 70 della decisione impugnata, questi ultimi possono in particolare essere gli acquirenti o i proprietari delle merci trasportate. È quindi quantomeno verosimile che essi abbiano la propria sede all’interno del SEE.

112    Ne consegue che, nella misura in cui gli spedizionieri riversano sul prezzo dei loro pacchetti di servizi gli eventuali costi aggiuntivi derivanti dall’intesa controversa, è segnatamente sulla concorrenza tra detti spedizionieri per catturare la clientela degli speditori che l’infrazione unica e continuata, per quanto riguarda i collegamenti in entrata, è suscettibile di avere un impatto ed è, pertanto, nel mercato interno o nel territorio del SEE che l’effetto di cui trattasi può concretizzarsi.

113    In terzo luogo, per quanto riguarda il punto 43 delle linee direttrici menzionate al precedente punto 83, è sufficiente rilevare che esso riguarda una fattispecie diversa da quello considerato nel caso in esame e che si riferisce, comunque, alla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, e non alla questione della competenza territoriale della Commissione in base al criterio degli effetti qualificati. Orbene, si tratta di questioni distinte, la prima delle quali riguarda la determinazione della portata del diritto della concorrenza dell’Unione rispetto a quello degli Stati membri (sentenza del 13 luglio 2006, Manfredi e a., da C 295/04 a C 298/04, EU:C:2006:461, punto 41), mentre la seconda riguarda la giustificazione della competenza della Commissione in base al diritto internazionale pubblico (v. precedente punto 78).

114    Di conseguenza, il costo aggiuntivo che gli speditori possono aver dovuto pagare e il rincaro delle merci importate nel SEE che può esserne derivato rientrano tra gli effetti prodotti dal comportamento controverso sui quali la Commissione poteva legittimamente basarsi ai fini dell’applicazione del criterio degli effetti qualificati.

115    Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 93, la questione cui occorre rispondere è quindi se tale effetto presenti il necessario carattere prevedibile, sostanziale e immediato.

2)      Sul carattere prevedibile dell’effetto in questione

116    Il requisito della prevedibilità mira a garantire la certezza del diritto assicurando che le imprese interessate non possano essere sanzionate a causa di effetti che, certamente, deriverebbero dal loro comportamento, ma che esse non potevano ragionevolmente attendersi si verificassero (v., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Otis Gesellschaft e a., C‑435/18, EU:C:2019:651, punto 83).

117    In questo senso soddisfano il requisito della prevedibilità gli effetti che, in base alla comune esperienza, i partecipanti all’intesa di cui trattasi devono ragionevolmente sapere che si verificheranno, in contrapposizione agli effetti dovuti ad una catena del tutto eccezionale di circostanze e, dunque, ad una sequenza causale atipica (v., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kone e a., C‑557/12, EU:C:2014:45, punto 42).

118    Orbene, dai punti 846, 909, 1199 e 1208 della decisione impugnata risulta che, nel caso di specie, siamo in presenza di un comportamento collusivo di fissazione orizzontale dei prezzi, da cui l’esperienza dimostra che derivano segnatamente aumenti di prezzo, i quali conducono ad una cattiva allocazione delle risorse a detrimento, in particolare, dei consumatori (v., in questo senso, sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51).

119    Dai punti 846, 909, 1199 e 1208 della decisione impugnata risulta altresì che tale comportamento era relativo all’SPC, all’SPS e al rifiuto di pagare commissioni.

120    Nel caso di specie, quindi, per i vettori incriminati era prevedibile che la fissazione orizzontale dell’SPC e dell’SPS avrebbe comportato l’aumento del livello degli stessi. Come risulta dai punti 874, 879 e 899 della decisione impugnata, il rifiuto di pagare commissioni era idoneo a incrementare un tale aumento. Esso si risolveva infatti in un rifiuto concertato di concedere agli spedizionieri sconti sui sovrapprezzi e mirava quindi a consentire ai vettori incriminati di «tenere sotto controllo l’incertezza in materia di tariffazione che la concorrenza sul pagamento di commissioni [nel contesto delle trattative con gli spedizionieri] avrebbe potuto creare» (punto 874 di detta decisione) e di sottrarre così i sovrapprezzi al gioco della concorrenza (punto 879 della stessa decisione).

121    Ebbene, dal punto 17 della decisione impugnata risulta che il prezzo dei servizi di trasporto merci è composto da tariffe e sovrapprezzi, tra cui rientrano l’SPC e l’SPS. A meno di ritenere che un aumento dell’SPC e dell’SPS fosse compensato, per un effetto di vasi comunicanti sufficientemente probabile, da una corrispondente diminuzione delle tariffe e di altri sovrapprezzi, un siffatto aumento era in linea di principio tale da comportare un aumento del prezzo totale dei servizi di trasporto merci in entrata. Orbene, la ricorrente ha mancato di dimostrare che un effetto di vasi comunicanti fosse probabile al punto da rendere imprevedibile l’effetto in questione.

122    In tali circostanze, le parti dell’intesa controversa avrebbero potuto ragionevolmente prevedere che, nella parte in cui l’infrazione unica e continuata riguardava i servizi di trasporto merci in entrata, essa avrebbe avuto per effetto l’aumento del prezzo dei servizi di trasporto merci sui collegamenti in entrata.

123    Occorre pertanto stabilire se i vettori incriminati potessero prevedere che gli spedizionieri avrebbero riversato un simile costo aggiuntivo sui propri clienti, vale a dire gli speditori.

124    Al riguardo, dai punti 14 e 70 della decisione impugnata risulta che il prezzo dei servizi di trasporto merci costituisce un input per gli spedizionieri. Si tratta di un costo variabile, il cui aumento, in linea di principio, ha l’effetto di aumentare il costo marginale rispetto al quale gli spedizionieri definiscono i propri prezzi.

125    La ricorrente non adduce alcun elemento atto a dimostrare che le circostanze del caso di specie fossero poco favorevoli al trasferimento a valle, sugli speditori, del costo aggiuntivo risultante dall’infrazione unica e continuata sui collegamenti in entrata.

126    In tali circostanze, i vettori incriminati potevano ragionevolmente prevedere che gli spedizionieri avrebbero riversato un siffatto costo aggiuntivo sugli speditori tramite un aumento del prezzo dei servizi di transito.

127    Orbene, come risulta dai punti 70 e 1031 della decisione impugnata, il costo delle merci di cui gli spedizionieri organizzano generalmente il trasporto integrato per conto dei speditori integra il prezzo di servizi di transito, e in particolare quello dei servizi di trasporto merci che ne sono un elemento costitutivo.

128    Alla luce di quanto precede, per i vettori incriminati era quindi prevedibile che, per quanto riguardava i collegamenti in entrata, l’infrazione unica e continuata avrebbe avuto l’effetto di aumentare il prezzo delle merci importate.

129    Per i motivi evidenziati al precedente punto 111, era altrettanto prevedibile per i vettori incriminati che, come emerge dal punto 1045 della decisione impugnata, tale effetto si produce all’interno del SEE.

130    Dato che l’effetto in questione rientrava nel normale corso delle cose e della razionalità economica, non era affatto necessario per la ricorrente, contrariamente a quanto essa sostiene, operare sul mercato dell’importazione di merci o della loro rivendita a valle perché potesse prevederlo.

131    Si deve quindi concludere che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che l’effetto in questione aveva il necessario carattere prevedibile.

3)      Sul carattere sostanziale dell’effetto in questione

132    La valutazione del carattere sostanziale degli effetti prodotti dal comportamento controverso deve essere effettuata alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie. Tali circostanze comprendono, tra l’altro, la durata, la natura e la portata dell’infrazione. Anche altre circostanze, quali l’importanza delle imprese che hanno partecipato al comportamento di cui trattasi, possono essere pertinenti
(v., in questo senso, sentenze del 9 settembre 2015, Toshiba/Commissione, T‑104/13, EU:T:2015:610, punto 159, e del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punto 112).

133    Quando l’effetto esaminato riguarda un aumento del prezzo di un bene o di un servizio finito derivato dal servizio oggetto del cartello o di cui è il contenuto, anche la proporzione del prezzo del bene o del servizio finito rappresentata dal servizio oggetto del cartello può costituire un elemento di valutazione.

134    Nel caso di specie, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, si deve rilevare che l’effetto in questione, relativo all’aumento del prezzo delle merci importate nel SEE, presenta un carattere sostanziale.

135    Infatti, in primo luogo, dal punto 1146 della decisione impugnata risulta che la durata dell’infrazione unica e continuata è di 21 mesi per quanto riguarda i collegamenti Unione-paesi terzi e di 8 mesi per quanto riguardava i collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi. Dai punti 1215 e 1217 di tale decisione emerge che questa era anche la durata della partecipazione di tutti i vettori incriminati, ad eccezione della Lufthansa Cargo e della Swiss.

136    In secondo luogo, relativamente alla portata dell’infrazione, dal punto 889 della decisione impugnata risulta che l’SPC e l’SPS erano «misure di applicazione generale che non [erano] specifiche per una rotta» e che esse «avevano lo scopo di essere applicate a tutti i collegamenti a livello mondiale, comprese i collegamenti (…) verso il SEE».

137    In terzo luogo, relativamente alla natura dell’infrazione, dal punto 1030 della decisione impugnata si evince che l’infrazione unica e continuata aveva per oggetto di restringere la concorrenza tra i vettori incriminati, in particolare sui collegamenti SEE-paesi terzi. Al punto 1208 di detta decisione, la Commissione ha concluso che la «fissazione di diversi elementi del prezzo, compresi taluni sovrapprezzi, costitui[va] una delle restrizioni più gravi alla concorrenza» ed ha di conseguenza ritenuto che l’infrazione unica e continuata meritasse l’applicazione di un coefficiente di gravità situato «sui valori più alti della forcella» prevista dagli Orientamenti del 2006».

138    Ad abundantiam, per quanto attiene alla proporzione del prezzo del servizio oggetto del cartello nel bene o nel servizio da esso derivato o di cui è il contenuto, occorre osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, i sovrapprezzi rappresentavano, durante il periodo dell’infrazione, una proporzione importante del prezzo totale dei servizi di trasporto merci.

139    Risulta infatti da una lettera datata 8 luglio 2005 della Hong Kong Association of Freight Forwarding & Logistics (Associazione di Hong Kong del transito e della logistica) al presidente del sottocomitato cargo (in prosieguo: l’»SCC») del Board of Airline Representatives (Associazione dei rappresentanti delle compagnie aerea; in prosieguo: il «BAR») di Hong Kong che i sovrapprezzi rappresentano una «quota molto consistente» del prezzo totale delle lettere di trasporto aereo che gli spedizionieri dovevano pagare. Allo stesso modo, dalla tabella riprodotta al punto 135 del ricorso, viene indicato che i sovrapprezzi rappresentavano l’11,87% del prezzo dei servizi di trasporto merci sui collegamenti SEE-paesi terzi della ricorrente durante l’esercizio 2004/2005.

140    Orbene, come risulta dal punto 1031 della decisione impugnata, il prezzo dei servizi di trasporto merci costituiva a sua volta un «fattore importante del costo delle merci trasportate, che ha un impatto sulla loro vendita». È vero che la ricorrente contesta tale rilievo, ma si limita però a procedere per affermazioni.

141    Sempre ad abundantiam, per quanto riguarda l’importanza delle imprese che hanno partecipato al comportamento controverso, dal punto 1209 della decisione impugnata emerge che la quota di mercato cumulativa dei vettori incriminati sul «mercato mondiale» era pari al 34% nel 2005 ed era «almeno altrettanto estesa per i servizi di trasporto merci (...) forniti (...) su collegamenti [SEE-paesi terzi]», che comprendono al contempo i collegamenti in uscita e i collegamenti in entrata. La stessa ricorrente realizzava inoltre, durante il periodo dell’infrazione, un notevole fatturato sui collegamenti in entrata, per un importo di oltre EUR 140 000 000 nel 2005.

142    Si deve pertanto concludere che la Commissione ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che l’effetto in questione presentava il necessario carattere sostanziale.

4)      Sul carattere immediato dell’effetto in questione

143    Il requisito dell’immediatezza degli effetti prodotti dal comportamento controverso riguarda il nesso di causalità tra il comportamento in questione e l’effetto esaminato. Tale requisito ha lo scopo di garantire che la Commissione non possa, per giustificare la propria competenza a constatare e sanzionare un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE, far valere tutti i possibili effetti, né effetti molto distanti che potrebbero risultare da detto comportamento a titolo di conditio sine qua non (v. in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kone e a., C‑557/12, EU:C:2014:45, punti 33 e 34).

144    La causalità immediata non può tuttavia essere confusa con una causalità unica che richiederebbe di accertare, sempre e forfettariamente, un’interruzione della catena causale, qualora un terzo abbia contribuito al verificarsi degli effetti in questione (v., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kone e a., C‑557/12, EU:C:2014:45, punti 36 e 37).

145    Nel caso di specie, l’intervento degli spedizionieri, dei quali poteva prevedersi che avrebbero trasferito sugli speditori, in piena autonomia, il costo aggiuntivo che avevano dovuto pagare, è certamente idoneo ad aver contribuito al verificarsi dell’effetto in questione. Tuttavia, un siffatto intervento da solo non era però atto a spezzare la catena di causalità tra la condotta controversa e l’effetto stesso e, quindi, a privarlo del suo carattere immediato.

146    Al contrario, quando esso non è illecito, ma è oggettivamente il risultato dell’intesa di cui trattasi, secondo il normale funzionamento del mercato, un simile intervento non spezza la catena di causalità (v., in questo senso, sentenza del 14 dicembre 2005, CD Cartondruck/Consiglio e Commissione, T‑320/00, non pubblicata, EU:T:2005:452, punti 172 a 182), ma la prosegue (v., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kone e a., C‑557/12, EU:C:2014:45, punto 37).

147    Nel caso di specie, invero, la ricorrente non dimostra, e neppure afferma, che il prevedibile trasferimento del maggior costo sugli speditori aventi sede nel SEE sia illecito o estraneo al normale funzionamento del mercato.

148    Ne consegue che l’effetto in questione presenta il necessario carattere immediato.

149    Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui, per incidere sui «consumatori all’interno del SEE» ai quali la Commissione fa riferimento al punto 1045 della decisione impugnata, un «eventuale aumento dei prezzi [avrebbe dovuto essere] trasferito dallo spedizioniere allo speditore e poi dallo speditore all’importatore, e poi, eventualmente, dall’importatore al grossista, dal grossista al dettagliante e, infine, dal dettagliante al consumatore». Siffatto argomento procede, infatti, da due premesse errate.

150    La prima di tali premesse è che i «consumatori all’interno del SEE» di cui al punto 1045 della decisione impugnata sono i consumatori finali, vale a dire persone fisiche che agiscono per fini estranei alla loro attività professionale o commerciale. Il concetto di consumatore nel diritto della concorrenza non si riferisce solo ai consumatori finali, ma a tutti gli utenti, diretti o indiretti, dei prodotti o servizi oggetto della condotta controversa (v., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa MasterCard e a./Commissione, C‑382/12 P, EU:C:2014:42, punto 156)

151    Secondo il punto 70 della decisione impugnata, di cui la ricorrente non ha validamente contestato la fondatezza, «gli spedizionieri possono essere gli acquirenti o i venditori di merci oggetto di scambi commerciali o i proprietari di merci che devono essere spedite rapidamente su distanze relativamente lunghe». Nelle sue memorie, la Commissione ha precisato che tali merci potevano essere importate per il loro consumo diretto o come fattori produttivi per la produzione di altri prodotti. Orbene, nel caso dei servizi di trasporto merci in entrata, tali speditori, come giustamente rilevato dalla Commissione, possono avere sede nel SEE. Occorre dunque interpretare il riferimento ai «consumatori all’interno del SEE» di cui al punto 1045 della decisione impugnata nel senso che esso include gli speditori.

152    La seconda delle premesse in questione è che, quand’anche il riferimento ai «consumatori all’interno del SEE» al punto 1045 della decisione impugnata comprendesse soltanto i consumatori finali, questi ultimi potrebbero acquistare le merci importate solo da un dettagliante, il quale a sua volta potrebbe acquistarle solo da un grossista, che a sua volta potrebbe acquistarle solo da un importatore e così di seguito. Ebbene, i consumatori finali possono acquistare tali merci anche direttamente dallo speditore.

153    Da quanto precede risulta che l’effetto in questione presenta il necessario carattere prevedibile, sostanziale e immediato e che il primo motivo su cui la Commissione si è basata per concludere che il criterio degli effetti qualificati fosse soddisfatto è fondato. Si deve quindi dichiarare che la Commissione poteva ritenere, senza incorrere in errore, che detto criterio fosse soddisfatto per quanto concerne il coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata considerato isolatamente, senza che sia necessario esaminare la fondatezza del secondo motivo fatto valere al punto 1045 della decisione impugnata.

b)      Sugli effetti dellinfrazione unica e continuata considerata nel suo complesso

154    Si deve anzitutto ricordare che, contrariamente a quanto suggerisce la ricorrente nella replica, nulla vieta di valutare se la Commissione disponga della competenza necessaria per applicare, in ciascun caso, il diritto della concorrenza dell’Unione in relazione al comportamento dell’impresa o delle imprese di cui trattasi considerato nel suo complesso (v., in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punto 50).

155    Sulla scorta della giurisprudenza, l’articolo 101 TFUE può trovare applicazione a pratiche e ad accordi finalizzati ad un medesimo obiettivo anticoncorrenziale qualora sia prevedibile che, considerati congiuntamente, essi avranno effetti immediati e sostanziali nel mercato interno. Infatti, non può essere permesso alle imprese di sottrarsi all’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza combinando insieme vari comportamenti miranti ad un identico obiettivo, ciascuno dei quali, isolatamente preso, non sia idoneo a produrre effetti immediati e sostanziali sul mercato suddetto, ma che, considerati congiuntamente, siano idonei a produrre effetti siffatti (sentenza del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punto 106).

156    La Commissione può quindi fondare la sua competenza ad applicare l’articolo 101 TFUE a un’infrazione unica e continuata, constatata nella decisione impugnata, sugli effetti prevedibili, immediati e sostanziali della stessa nel mercato interno (sentenza del 12 luglio 2018, Brugg Kabel e Kabelwerke Brugg/Commissione, T‑441/14, EU:T:2018:453, punto 105).

157    Le stesse considerazioni valgono, mutatis mutandis, per l’articolo 53 dell’accordo SEE.

158    Ebbene, al punto 869 della decisione impugnata, la Commissione ha definito il comportamento controverso come infrazione unica e continuata anche per quanto riguardava i servizi di trasporto merci in entrata. La ricorrente non contesta né questa qualificazione in generale né la constatazione dell’esistenza di un unico obiettivo anticoncorrenziale volto ad ostacolare la concorrenza all’interno del SEE su cui essa si basa. Tutt’al più essa contesta, nell’ambito del terzo motivo, che i propri atti possano essere ricondotti ad una simile infrazione.

159    Al punto 1046 della decisione impugnata, la Commissione, come risulta dalle sue risposte ai quesiti scritti e orali del Tribunale, ha esaminato gli effetti di tale infrazione complessivamente considerata. Essa ha in tal modo ritenuto, in particolare, che la sua indagine avesse rivelato una «intesa attuata a livello mondiale», i cui «accordi (…) relativi ai collegamenti in entrata erano parte integrante dell’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE». Essa ha aggiunto che l’»applicazione uniforme dei sovrapprezzi su scala mondiale era un elemento chiave dell’intesa [controversa]». Orbene, come indicato dalla Commissione in risposta ai quesiti scritti del Tribunale, l’applicazione uniforme dei sovrapprezzi rientrava in una strategia globale volta a neutralizzare il rischio che gli spedizionieri potessero eludere gli effetti di tale intesa optando per collegamenti indiretti che non sarebbero stati soggetti a sovrapprezzi coordinati per il trasporto di merci dal punto di origine al punto di destinazione. Ciò è dovuto al fatto che, come risulta dal punto 72 della decisione impugnata, il «fattore tempo è meno rilevante per il trasporto di [merci] rispetto al trasporto di passeggeri», cosicché le merci «possono essere trasportate con un numero maggiore di scali» e che i collegamenti indiretti sono, di conseguenza, sostituibili ai collegamenti diretti.

160    Gli argomenti con i quali la ricorrente contesta la sussistenza di una simile sostituibilità non possono essere accolti. Da un lato, la circostanza che il cargo possa essere il mezzo privilegiato per trasportare le merci sensibili al trascorrere del tempo non significa che tutte le merci trasportate a mezzo cargo siano tali, né significa che solo le merci sensibili al trascorrere del tempo siano trasportate a mezzo cargo. Da questa sola circostanza non si può quindi dedurre che i collegamenti indiretti non si prestino generalmente al trasporto di merci. Dall’altro, occorre rilevare che la ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno della sua argomentazione. Viceversa, la Commissione fa riferimento ad un accordo con cui i membri dell’alleanza WOW hanno organizzato il trasporto di vino proveniente dal SEE a destinazione del Giappone con scalo negli Stati Uniti e in paesi asiatici diversi dal Giappone.

161    In tali circostanze, la Commissione ha ragione a sostenere che vietarle di applicare il criterio degli effetti qualificati al comportamento controverso, considerato nel suo insieme, rischierebbe di condurre a una frammentazione artificiosa di un comportamento anticoncorrenziale globale, in grado di pregiudicare la struttura del mercato all’interno del SEE, in una serie di condotte distinte in grado di sfuggire, in tutto o in parte, alla competenza dell’Unione (v., in questo senso, sentenza del 6 settembre 2017, Intel c. Commissione, C 413/14 P, EU: C:2017:632, paragrafo 57).

162    Si deve quindi constatare che, al punto 1046 della decisione impugnata, la Commissione poteva esaminare gli effetti dell’infrazione unica e continuata considerata nel suo complesso.

163    Orbene, per quanto riguarda accordi e pratiche, in primo luogo, che avevano per oggetto di restringere la concorrenza almeno all’interno dell’Unione, nel SEE e in Svizzera (punto 903 di tale decisione), in secondo luogo, che riunivano vettori che disponevano di quote di mercato importanti (punto 1209 di tale decisione) e, in terzo luogo, una parte significativa dei quali ha riguardato collegamenti intra-SEE per un periodo superiore a sei anni (punto 1146 di tale decisione), non vi è dubbio che era prevedibile che, considerata nel suo complesso, l’infrazione unica e continuata producesse effetti immediati e sostanziali nel mercato interno o nel SEE.

164    Ne consegue che la Commissione poteva altresì legittimamente ritenere, al punto 1046 della decisione impugnata, che il criterio degli effetti qualificati fosse soddisfatto per quanto riguarda l’infrazione unica e continuata considerata nel suo complesso.

165    Poiché la Commissione ha così dimostrato in modo giuridicamente sufficiente che era prevedibile che il comportamento controverso avrebbe prodotto un effetto sostanziale e immediato nel SEE, occorre respingere la presente censura e, di conseguenza, il presente motivo nel suo complesso, senza che sia necessario esaminare la censura relativa ad errori nell’applicazione del criterio dell’attuazione.

2.      Sul motivo, rilevato dufficio, vertente su un difetto di competenza della Commissione alla luce dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo a constatare e sanzionare una violazione dellarticolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera

166    In via preliminare, occorre ricordare che spetta al giudice dell’Unione esaminare d’ufficio il motivo, di ordine pubblico, vertente sull’incompetenza dell’autore dell’atto impugnato (v., in questo senso, sentenza del 13 luglio 2000, Salzgitter/Commissione, C‑210/98 P, EU:C:2000:397, punto 56).

167    Secondo costante giurisprudenza il giudice dell’Unione non può, in linea di principio, fondare la propria decisione su un motivo di diritto rilevato d’ufficio, sia pure di ordine pubblico, senza aver prima invitato le parti a presentare le proprie osservazioni in merito (v. sentenza del 17 dicembre 2009, Réexamen M/EMEA, C‑197/09 RX-II, EU:C:2009:804, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

168    Nel caso di specie, il Tribunale ritiene di essere tenuto ad esaminare d’ufficio se la Commissione abbia esorbitato dai limiti della propria competenza, in forza dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo, per quanto concerne i collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera, constatando, all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, una violazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi e ha invitato le parti a presentare proprie osservazioni a questo riguardo nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento.

169    La ricorrente fa valere che, il riferimento ai «paesi terzi» contenuto all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, include la Confederazione svizzera. Quest’ultima sarebbe, in effetti, un paese terzo ai sensi dell’accordo SEE, la cui violazione è constatata in detto articolo. La ricorrente ne deduce che la Commissione, in tale articolo, ha ravvisato un’infrazione all’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera. Essa aggiunge che, così facendo, la Commissione, da un lato, ha violato l’articolo 11, paragrafo 2, dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo e, dall’altro, aveva violato il diritto internazionale convenzionale imponendo alla Confederazione Svizzera un obbligo senza averne previamente ottenuto il consenso. A suo avviso, tali illegittimità giustificano una riduzione del coefficiente di gravità e, di conseguenza, dell’importo dell’ammenda inflittale.

170    La Commissione replica che il riferimento, all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, ai «collegamenti tra aeroporti situati in paesi che sono parti contraenti dell’accordo SEE, ma non sono Stati membri, e aeroporti situati in paesi terzi» non può essere interpretato nel senso che esso include i collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera. A suo avviso, la nozione di «paesi terzi» ai sensi di tale articolo esclude la Confederazione svizzera.

171    La Commissione aggiunge che, qualora dovesse ritenersi che essa abbia considerato la ricorrente responsabile di un’infrazione all’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione‑Svizzera all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, essa avrebbe ecceduto i limiti che l’articolo 11, paragrafo 2, dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo pone alla sua competenza.

172    Occorre stabilire se, come sostiene la ricorrente, all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata la Commissione abbia constatato una violazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera, e, eventualmente, se la stessa abbia in tal modo oltrepassato i limiti della competenza di cui è investita ai sensi dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo.

173    In proposito, si deve ricordare che il principio della tutela giurisdizionale effettiva è un principio generale del diritto dell’Unione attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Tale principio, che corrisponde, nel diritto dell’Unione, all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, esige che il dispositivo di una decisione con la quale la Commissione accerta violazioni delle norme in materia di concorrenza sia particolarmente chiaro e preciso e che le imprese ritenute responsabili e sanzionate siano in grado di comprendere e di contestare l’attribuzione di tale responsabilità e l’imposizione di tali sanzioni, che risultano dalla formulazione di detto dispositivo (v. sentenza del 16 dicembre 2015 Martinair Holland/Commissione, T‑67/11, EU:T:2015:984, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

174    Infatti, è con il dispositivo delle proprie decisioni che la Commissione indica la natura e la portata delle infrazioni che sanziona. Per quanto riguarda appunto la portata e la natura delle infrazioni sanzionate, in linea di principio è quindi il dispositivo, e non la motivazione, che rileva. È solo nell’ipotesi di mancanza di chiarezza dei termini utilizzati nel dispositivo che occorre interpretare quest’ultimo alla luce della motivazione della decisione (v. sentenza del 16 dicembre 2015, Martinair Holland/Commission, T‑67/11, EU:T:2015:984, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

175    All’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva «violato l’articolo 53 dell’accordo SEE per quanto riguarda i collegamenti tra aeroporti situati in paesi che sono parti contraenti dell’accordo SEE, ma non sono Stati membri, e aeroporti situati in paesi terzi» dal 19 maggio 2005 al 14 febbraio 2006. Essa non ha espressamente incluso in tali collegamenti i collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera, né li ha espressamente esclusi.

176    Occorre dunque verificare se la Confederazione svizzera rientri tra i «paesi terzi» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata.

177    A tal riguardo, si deve osservare che l’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata distingue i «paesi che sono parti contraenti dell’accordo SEE, ma non sono Stati membri» e i paesi terzi. È vero che, come rilevato dalla ricorrente, la Confederazione svizzera non è parte dell’accordo SEE e rientra quindi tra i paesi terzi rispetto ad esso.

178    Occorre tuttavia ricordare che, tenuto conto delle esigenze di unità e di coerenza dell’ordinamento giuridico dell’Unione, si deve presumere che gli stessi termini utilizzati in uno stesso atto abbiano lo stesso significato.

179    Orbene, all’articolo 1, paragrafo 2, della decisione impugnata, la Commissione ha constatato una violazione dell’articolo 101 TFUE sui «collegamenti tra aeroporti situati all’interno dell’Unione europea e aeroporti situati al di fuori del SEE». Tale nozione non include gli aeroporti situati in Svizzera, anche se la Confederazione svizzera non è parte dell’accordo SEE e i suoi aeroporti devono quindi essere formalmente considerati come «al di fuori del SEE» o, in altre parole, in un paese terzo rispetto a tale accordo. Detti aeroporti sono oggetto dell’articolo 1, paragrafo 4, della decisione impugnata, che constata una violazione dell’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo sui «collegamenti tra aeroporti situati all’interno dell’Unione europea e aeroporti situati in Svizzera».

180    Conformemente al principio ricordato al precedente punto 176, si deve quindi presumere che i termini «aeroporti situati in paesi terzi» utilizzati all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata abbiano lo stesso significato dei termini «aeroporti situati al di fuori del SEE» utilizzati al paragrafo 2 di tale articolo ed escludano quindi gli aeroporti situati in Svizzera.

181    In mancanza di indicazioni nel dispositivo della decisione impugnata che la Commissione abbia inteso dare un significato diverso alla nozione di «paesi terzi» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, si deve concludere che la nozione di «paesi terzi» di cui al suo articolo 1, paragrafo 3, esclude la Confederazione svizzera.

182    Non si può quindi ritenere che la Commissione, all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione impugnata, abbia considerato la ricorrente responsabile di una violazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi dai collegamenti Unione-Svizzera.

183    Poiché il dispositivo della decisione impugnata non dà adito ad alcun dubbio, il Tribunale aggiunge solo ad abundantiam che la sua motivazione non è in contrasto con tale conclusione.

184    Al punto 1146 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che gli «accordi anticoncorrenziali» da essa descritti violavano l’articolo 101 TFUE dal 1° maggio 2004 al 14 febbraio 2006 «per quanto riguarda il trasporto aereo tra aeroporti all’interno dell’U[nione] e aeroporti al di fuori del SEE». Nella corrispondente nota a fondo pagina (n. 1514), la Commissione ha precisato che: «Ai fini della presente decisione, per “aeroporti situati al di fuori del SEE” si intendono gli aeroporti situati in paesi diversi dalla [Confederazione s]vizzera e dalle parti contraenti dell’accordo SEE».

185    È vero che, nel descrivere la portata della violazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE al punto 1146 della decisione impugnata, la Commissione non ha fatto riferimento alla nozione di «aeroporti situati al di fuori del SEE», bensì a quella di «aeroporti situati in paesi terzi». Tuttavia, da ciò non può dedursi che la Commissione abbia inteso dare un significato diverso alla nozione di «aeroporti situati al di fuori dal SEE» ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 del TFUE e a quella di «aeroporti situati in paesi terzi» ai fini dell’applicazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE. Al contrario, la Commissione ha usato le due espressioni in modo intercambiabile nella decisione impugnata. Così, al punto 824 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato che «non [avrebbe applicato] l’articolo 101 del TFUE agli accordi e alle pratiche anticoncorrenziali riguardanti il trasporto aereo tra aeroporti dell’U[nione] e aeroporti di paesi terzi che hanno avuto luogo prima del 1° maggio 2004». Analogamente, al punto 1222 di tale decisione, in relazione alla cessazione della partecipazione della SAS Consortium all’infrazione unica e continuata, la Commissione ha fatto riferimento alla sua competenza in base a tali disposizioni «per i collegamenti tra l’U[nione] e i paesi terzi, nonché per i collegamenti tra l’Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein e i paesi situati al di fuori del SEE».

186    La motivazione della decisione impugnata conferma quindi che le nozioni di «aeroporti situati in paesi terzi» e di «aeroporti situati al di fuori del SEE» hanno lo stesso significato. In conformità con la clausola di definizione nella nota a fondo pagina 1514, si deve quindi presumere che entrambe escludano gli aeroporti situati nella Svizzera.

187    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, i punti 1194 e 1241 della decisione impugnata non depongono a favore di una soluzione diversa. Al punto 1194 della decisione in parola, la Commissione ha fatto riferimento ai «collegamenti tra il SEE e i paesi terzi, diversi dai collegamenti tra l’U[nione] e la Svizzera». Allo stesso modo, al punto 1241 della medesima decisione, nell’ambito della «determinazione del valore delle vendite sui collegamenti con i paesi terzi», la Commissione ha ridotto del 50% l’importo di base per i «collegamenti SEE-paesi terzi, diversi dai collegamenti tra l’U[nione] e la Svizzera, per i quali [essa] agisce nel quadro dell’accordo [CE-Svizzera sul trasporto aereo]». Orbene, potrebbe ritenersi che, come rileva in sostanza la ricorrente, se è vero che la Commissione si è premurata di inserire in tali punti la menzione «diversi dai collegamenti tra l’Unione e la Svizzera», essa riteneva necessariamente che la Svizzera rientrasse nella nozione di [paesi terzi] nei limiti in cui si trattava dei collegamenti SEE-paesi terzi.

188    La Commissione ha inoltre ammesso che era possibile che essa avesse «inavvertitamente» incluso nel valore delle vendite il fatturato che taluni vettori incriminati avevano realizzato sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera durante il periodo considerato. A suo avviso il motivo di ciò risiede nel fatto che, nella sua richiesta di informazioni del 26 gennaio 2009, concernente determinati fatturati, essa non ha informato i vettori interessati che doveva escludersi il fatturato realizzato sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera dal valore delle vendite realizzate sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi.

189    Occorre nondimeno rilevare, al pari della Commissione, che tali elementi riguardano esclusivamente le entrate da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda e non la definizione dell’ambito geografico dell’infrazione unica e continuata di cui trattasi nella fattispecie.

190    Il presente motivo deve quindi essere respinto.

3.      Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e dellarticolo 266 TFUE, nonché sulla violazione del termine di prescrizione

191    La ricorrente articola il presente motivo in due parti, vertenti, da un lato, sulla violazione del principio del ne bis in idem e dell’articolo 266 TFUE e, dall’altro, sulla violazione del termine di prescrizione e sulla mancanza di interesse legittimo a constatare formalmente un’infrazione.

192    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto la seconda parte, vertente sulla violazione del termine di prescrizione.

a)      Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del termine di prescrizione e sulla mancanza di interesse legittimo a constatare formalmente uninfrazione 

193    La ricorrente invoca la violazione del termine di prescrizione e la mancanza di interesse legittimo a constatare formalmente un’infrazione.

194    Relativamente al termine di prescrizione, la ricorrente fa valere che, poiché il suo ricorso avverso la decisione del 9 novembre 2010 non era diretto all’annullamento degli accertamenti di infrazione relativi ai collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera, non trovava applicazione l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, che prevede la sospensione di tale termine in caso di ricorso pendente. Infliggendo alla ricorrente un’ammenda per i summenzionati collegamenti nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe pertanto violato detto termine.

195    Per quanto attiene al legittimo interesse ad accertare l’infrazione per i collegamenti intra-SEE e per i collegamenti Unione-Svizzera, la ricorrente sostiene che la Commissione ha l’onere di dimostrare di avere un siffatto interesse. Orbene, quest’ultima non avrebbe fornito alcun elemento che attesti che la ricorrente non si era conformata all’obbligo di cessazione immediata dell’infrazione previsto dalla decisione del 9 novembre 2010. Inoltre, nulla consentirebbe alla Commissione di presumere, come essa avrebbe fatto al punto 1171 della decisione impugnata, che, alla data di adozione della decisione impugnata, la ricorrente non avesse eventualmente posto fine all’infrazione. In aggiunta a ciò, sia la decisione impugnata che la decisione del 9 novembre 2010 indicherebbero che non esiste prova che gli accordi collusivi siano stati protratti successivamente al primo giorno delle ispezioni, il 14 febbraio 2006. La ricorrente ritiene altresì che, secondo la giurisprudenza, il fatto che la Commissione non abbia dimostrato un legittimo interesse sia sufficiente a giustificare l’annullamento integrale della decisione impugnata nella parte che la riguarda.

196    Infine, se il Tribunale dovesse accogliere la presente parte del motivo, ma statuire che la decisione impugnata non è suscettibile di annullamento nella sua interezza, si dovrebbe tener conto della violazione del termine di prescrizione per il calcolo dell’importo dell’ammenda. Secondo la ricorrente, il coefficiente di gravità e l’importo supplementare ad essa applicabili dovrebbero pertanto essere fissati in una percentuale inferiore al 16%. Essa sostiene che, diversamente, ciò porrebbe in essere una discriminazione ingiustificata tra la medesima e i vettori ritenuti responsabili dell’infrazione unica e continuata su tutti i collegamenti, e svuoterebbe di significato il termine di prescrizione di dieci anni fissato all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003.

197    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

198    Secondo la Commissione, il termine di prescrizione di dieci anni è stato sospeso tra il 24 gennaio 2011, data in cui la ricorrente ha proposto il suo ricorso avverso la decisione del 9 novembre 2010, e il 16 dicembre 2015, data in cui il Tribunale ha pronunciato la sentenza Japan Airlines/Commissione (T‑36/11, non pubblicata, EU:T:2015:992). Tenuto conto di tale sospensione, il periodo intercorso tra il 14 febbraio 2006, data in cui l’infrazione è cessata, e il 17 marzo 2017, data della decisione impugnata, sarebbe di soli 6 anni, 2 mesi e 26 giorni.

199    La Commissione sottolinea che la decisione del 9 novembre 2010 ha descritto un’infrazione unica e continuata riguardante tutti i collegamenti interessate e che la ricorrente, con il suo ricorso avverso tale decisione, ha cercato di ottenere l’annullamento di quest’ultima, il che giustificherebbe la sospensione del termine di prescrizione.

200    La Commissione aggiunge che il coefficiente di gravità e l’importo supplementare non devono essere adeguati. Il coefficiente di gravità sarebbe rimasto lo stesso per tutti i destinatari della decisione impugnata e l’estensione geografica del comportamento di ciascun destinatario sarebbe stata presa in considerazione nei fatturati utilizzati per il calcolo dell’importo dell’ammenda.

201    Occorre ricordare che, in applicazione dell’articolo 25, paragrafo 1, lettera b), e paragrafi 2, 3 e 5, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione del potere di infliggere un’ammenda opera quando:

–        la Commissione non ha irrogato un’ammenda entro cinque anni dal giorno in cui è cessata l’infrazione [paragrafo 1, lettera b)] senza, nel frattempo, alcun atto di interruzione (paragrafo 3);

–        o, al più tardi, entro dieci anni dal giorno in cui è cessata l’infrazione se sono stati compiuti atti di interruzione (paragrafo 5).

202    Inoltre, l’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 prevede che la prescrizione sia sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso contro la decisione della Commissione. Ai sensi del paragrafo 5 del medesimo articolo, il termine di prescrizione di dieci anni è prolungato della durata della sospensione della prescrizione in conformità al suo paragrafo 6.

203    Conformemente all’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione è interrotta da qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione, notificato ad almeno un’impresa che abbia partecipato all’infrazione. A norma dell’articolo 25, paragrafo 4, del medesimo regolamento, l’interruzione della prescrizione vale nei confronti di tutte le imprese che abbiano partecipato all’infrazione di cui trattasi.

204    Ne consegue che la circostanza che un’impresa non sia stata identificata come soggetto che ha partecipato all’infrazione in uno o più atti adottati per l’accertamento o la repressione dell’infrazione durante il procedimento amministrativo non impedisce che l’interruzione della prescrizione valga anche nei suoi confronti, purché l’impresa interessata sia successivamente identificata come partecipante all’infrazione (sentenza del 31 marzo 2009, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione, T‑405/06, EU:T:2009:90, punti 143 e 144).

205    Per contro, la Corte ha statuito che, a differenza degli effetti erga omnes degli atti che interrompono la prescrizione di cui all’articolo 25, paragrafi 3 e 4, del regolamento n. 1/2003, l’effetto sospensivo della prescrizione attribuito ai procedimenti giudiziari dall’articolo 25, paragrafo 6, del medesimo regolamento si produce solamente inter partes (sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 148).

206    Pertanto, nei confronti delle imprese che hanno proposto ricorso contro una decisione finale della Commissione, il ricorso di un’altra impresa contro la stessa decisione finale non può produrre alcun effetto sospensivo (sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 145).

207    Infine, il fatto che la Commissione non abbia più il potere di infliggere ammende agli autori di un’infrazione a causa della scadenza del termine di prescrizione non impedisce di per sé l’adozione di una decisione che constati che quell’infrazione è stata commessa, purché la Commissione dimostri, in un caso del genere, un legittimo interesse ad adottare una decisione di constatazione di una simile infrazione (v., per analogia, sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punti 131 e 132).

208    Nel caso di specie, è pacifico che il dies a quo del termine di prescrizione è la data di cessazione dell’infrazione unica e continuata, ossia il 14 febbraio 2006, conformemente all’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

209    Inoltre, la ricorrente si limita a invocare la violazione del termine di prescrizione di dieci anni previsto dall’articolo 25, paragrafo 5, di detto regolamento, senza sostenere che il termine di prescrizione di cinque anni sarebbe stato parimenti violato. Orbene, è pacifico che, alla data di adozione della decisione impugnata, erano trascorsi più di dieci anni dalla cessazione dell’infrazione unica e continuata.

210    La Commissione sostiene tuttavia, a differenza della ricorrente, che il termine di prescrizione è stato sospeso, conformemente all’articolo 25, paragrafo 6, di tale regolamento, mentre era pendente il procedimento che ha dato luogo alla sentenza del 16 dicembre 2015, Japan Airlines/Commissione (T-36/11, non pubblicata, EU:T:2015:992), con la conseguenza che il termine di prescrizione non era scaduto alla data di adozione della decisione impugnata.

211    Occorre pertanto stabilire se il ricorso proposto dalla ricorrente avverso la decisione del 9 novembre 2010 abbia avuto l’effetto di prorogare il termine di prescrizione di dieci anni in relazione al suo comportamento illecito constatato all’articolo 1, paragrafi 1 e 4, della decisione impugnata, rispettivamente sui collegamenti intra-SEE e sui collegamenti Unione-Svizzera.

212    A tal riguardo va osservato che, per concludere per la natura inter partes dell’effetto sospensivo della prescrizione di un ricorso contro una decisione della Commissione di imporre una sanzione (v. precedente punto 204), la Corte si è basata, in particolare, sulla portata dell’oggetto della controversia che il giudice dell’Unione davanti al quale è presentato il ricorso di annullamento è chiamato a dirimere, ricordando che il giudice è investito solo degli elementi della decisione che riguardano il richiedente l’annullamento  (v., in questo senso, sentenza del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 142). Ne consegue una necessaria coerenza tra la portata del ricorso di annullamento e la portata degli effetti sulla prescrizione ad esso connessi in forza dell’articolo 25, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

213    Occorre quindi determinare la portata del ricorso della ricorrente contro la decisione del 9 novembre 2010 e stabilire, in particolare, se il Tribunale fosse investito, nell’ambito della controversia dinanzi ad esso sollevata dalla ricorrente, dei comportamenti relativi ai collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera.

214    Al riguardo, secondo giurisprudenza costante, gli apprezzamenti espressi nella motivazione di una decisione non sono idonei, di per sé, a formare oggetto di un ricorso di annullamento e possono essere sottoposti al sindacato di legittimità del giudice dell’Unione solo qualora, in quanto motivazione di un atto arrecante pregiudizio, costituiscano il fondamento necessario del dispositivo di tale atto (v. sentenza dell’11 giugno 2015, Laboratoires CTRS/Commissione, T‑452/14, non pubblicata, EU:T:2015:373, punto 51 e giurisprudenza citata).

215    Inoltre, la Corte ha dichiarato che una decisione adottata in materia di concorrenza nei confronti di più imprese, sebbene redatta e pubblicata sotto forma di un’unica decisione, deve essere considerata come un insieme di decisioni individuali che constatano, per ciascuna delle imprese destinatarie, l’infrazione o le infrazioni che le sono state contestate e, se del caso, le infliggono un’ammenda (sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punto 100). Essa ha altresì dichiarato che, se un destinatario di una decisione decide di proporre un ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione è investito dei soli elementi della decisione che lo riguardano, mentre quelli riguardanti altri destinatari non rientrano nell’oggetto della controversia che il giudice dell’Unione è chiamato a risolvere, salvo circostanze particolari (sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 66).

216    Pertanto, l’oggetto del ricorso proposto dalla ricorrente avverso la decisione del 9 novembre 2010 deve essere circoscritto al dispositivo di detta decisione, nella parte che la riguardava, nonché alla motivazione che ne costituiva il necessario fondamento. Orbene, tale dispositivo, nella parte in cui accertava la partecipazione delle imprese destinatarie di tale decisione ai comportamenti illeciti che vi erano menzionati, effettuava una siffatta constatazione per quanto riguarda la ricorrente solo relativamente ai collegamenti Unione-paesi terzi (articolo 2) e ai collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi (articolo 3). Per contro, detto dispositivo, nella misura in cui non menzionava la ricorrente agli articoli 1 e 4, non ravvisava la sua responsabilità per i comportamenti connessi ai collegamenti intra-SEE e ai collegamenti Unione‑Svizzera e, pertanto, non costituiva un elemento della decisione che la riguardava, che potesse essere sottoposto alla censura del Tribunale.

217    Tale rilievo non è rimesso in discussione dalla circostanza, fatta valere dalla Commissione, che, nelle sue conclusioni, la ricorrente ha chiesto l’annullamento integrale della decisione del 9 novembre 2010.

218    Infatti, poiché tale decisione deve essere considerata un insieme di decisioni individuali che stabiliscono, per ciascuno dei vettori da essa incriminati, l’infrazione o le infrazioni che le sono addebitate, la ricorrente, sollecitanda l’annullamento integrale di tale decisione, ha chiesto l’annullamento della decisione individuale ad essa indirizzata, che non le imputava le condotte attuate sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Ciò è confermato dal dispositivo della sentenza del 16 dicembre 2015, Japan Airlines/Commissione (T‑36/11, non pubblicata, EU:T:2015:992), che precisa che la decisione del 9 novembre 2010 è annullata nella parte in cui riguarda la ricorrente.

219    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che il ricorso proposto dalla ricorrente avverso la decisione del 9 novembre 2010 non fosse idoneo a determinare una proroga del termine di prescrizione previsto all’articolo 25, paragrafo 5, del regolamento n. 1/2003, per i comportamenti illeciti connessi ai collegamenti intra-SEE e Unione‑Svizzera.

220    Pertanto, in difetto di una proroga del termine di prescrizione, l’esercizio da parte della Commissione del suo potere sanzionatorio riguardo ai comportamenti in esame era prescritto a partire dal 14 febbraio 2016, ossia a partire da una data anteriore a quella dell’adozione della decisione impugnata.

221    Ne consegue che, sanzionando, nella decisione impugnata, la ricorrente per l’infrazione unica e continuata per quanto riguarda i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera, la Commissione ha violato le norme in materia di prescrizione sancite all’articolo 25 del regolamento n. 1/2003.

222    Inoltre, anche supponendo, come sembra suggerire la Commissione in risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, che l’ammenda inflitta alla ricorrente non sia stata inflitta per i comportamenti illeciti relativi ai collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera, occorre rilevare che la Commissione non sostiene, né nella decisione impugnata né dinanzi al Tribunale, di avere un legittimo interesse a dimostrare l’esistenza di detti comportamenti illeciti, nonostante la prescrizione del potere di infliggere un’ammenda a tale titolo (v., in questo senso, sentenze del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punto 136, e del 16 novembre 2011, Stempher e Koninklijke Verpakkingsindustrie Stempher/Commissione, T‑68/06, non pubblicata, EU:T:2011:670, punto 44).

223    Di conseguenza, occorre accogliere la seconda parte del primo motivo e annullare l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo 4, lettera h), della decisione impugnata.

224    Da ciò non consegue, invece, che la decisione impugnata debba essere annullata in toto, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente (v. precedente punto 194). Da un lato, a differenza della causa che ha dato luogo alla sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione (T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349), e di cui la ricorrente tenta di avvalersi, la prescrizione è maturata, nel caso di specie, solo nei confronti di una parte degli accertamenti di infrazione contenuti nella decisione impugnata, vale a dire quelli concernenti i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Dall’altro, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente in udienza e come risulta dall’analisi qui di seguito svolta dei motivi che restano a sostegno del presente ricorso, l’accoglimento della presente parte del motivo in esame non ha l’effetto di impedirle di discutere utilmente, e al Tribunale di esaminare, la legittimità del resto della decisione impugnata.

225    Quanto alla prima parte dell’art. 4 della decisione impugnata, non vi è motivo di annullarla, poiché essa si limita ad ingiungere ai vettori incriminati di porre fine all’infrazione unica e continuata «qualora non vi abbiano già provveduto».

226    Inoltre, nella misura in cui la ricorrente sostiene che l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo. 4, lettera h), della decisione impugnata dovrebbe essere preso in considerazione nella fase del calcolo dell’ammenda, il suo argomento sarà esaminato nell’ambito dell’esame delle conclusioni dirette alla modifica dell’importo dell’ammenda.

b)      Sulla prima parte, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e dellarticolo 266 TFUE

227    La ricorrente fa valere anzitutto che la Commissione ha violato il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta nonché l’articolo 266 TFUE, ritenendola responsabile dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti intra-SEE tra il 7 dicembre 1999 e il 14 febbraio 2006 e sui collegamenti Unione-Svizzera tra il 1° giugno 2002 e il 14 febbraio 2006, mentre, nella decisione del 9 novembre 2010, essa sarebbe stata esonerata da qualsiasi responsabilità su tali collegamenti e sarebbe stata ritenuta responsabile dell’infrazione unica solo per i collegamenti Unione-paesi terzi tra il 1° maggio 2004 e il 14 febbraio 2006 e sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi tra il 19 maggio 2005 e il 14 febbraio 2006.

228    Inoltre, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento astenendosi dall’indirizzare alla Qantas la decisione impugnata con la motivazione che quest’ultima non aveva contestato la decisione del 9 novembre 2010, mentre la ricorrente, che non avrebbe contestato tale decisione nella parte in cui la esonerava per i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera, viene adesso considerata responsabile rispetto a tali collegamenti.

229    Nella replica la ricorrente aggiunge che, avendo omesso di organizzare una nuova audizione e di inviare una nuova comunicazione degli addebiti prima di modificare in modo sostanziale il dispositivo della decisione del 9 novembre 2010, affermando la sua responsabilità per i collegamenti intra-SEE tra il 7 dicembre 1999 e il 14 febbraio 2006 e per i collegamenti Unione-Svizzera tra il 1° giugno 2002 e il 14 febbraio 2006, la Commissione ha commesso un atto illegittimo che giustifica, di per sé, l’annullamento della decisione impugnata.

230    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

231    Con le diverse censure sollevate nell’ambito della presente parte del motivo in esame, la ricorrente addebita in sostanza alla Commissione di averla illegittimamente considerato responsabile dell’infrazione unica e continuata per quanto riguarda i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Orbene, il Tribunale, accogliendo la seconda parte del primo motivo e annullando, di conseguenza, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo 4, lettera h), della decisione impugnata, ha reso superfluo l’esame della presente parte del motivo.

4.      Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio di non discriminazione, e sul terzo motivo, vertente su una violazione dellarticolo 101 TFUE, dellarticolo 53 dell’accordo SEE e dellobbligo di motivazione relativo, da un lato, allimputazione alla ricorrente della responsabilità dellinfrazione unica e continuata sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera per il periodo anteriore al 1° maggio 2004 e, dallaltro, alla determinazione della data di inizio della sua partecipazione a detta infrazione

232    Nell’ambito del secondo motivo, la ricorrente fa valere che la Commissione ha violato il principio di non discriminazione considerandola responsabile di un’infrazione la cui portata è più ampia e la durata è maggiore di quelle delle infrazioni di cui la Qantas è stata dichiarata responsabile nella decisione del 9 novembre 2010.

233    La ricorrente sostiene di trovarsi nella stessa situazione della Qantas, in quanto nemmeno essa serviva i collegamenti intra-SEE e Unione‑Svizzera. Inoltre, la stessa fa valere che, come la Qantas, non ha mai contestato le parti della decisione del 9 novembre 2010 riguardanti i collegamenti intra-SEE e i collegamenti Unione-Svizzera per i quali è adesso ritenuta responsabile in forza della decisione impugnata.

234    Nell’ambito del terzo motivo, la ricorrente contesta alla Commissione di aver violato l’obbligo di motivazione nonché l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE nel ritenerla responsabile dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti intra‑SEE e Unione-Svizzera per il periodo anteriore al 1° maggio 2004. Essa ricorda che, prima del 1° maggio 2004, la Commissione poteva applicare l’articolo 101 TFUE solo ai collegamenti tra aeroporti situati all’interno dell’Unione e non si applicava quindi ai collegamenti Unione-paesi terzi. A suo avviso, prima del 19 maggio 2005, lo stesso poteva dirsi per l’articolo 53 dell’accordo SEE, che la Commissione non poteva allora applicare ai trasporti aerei sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi. Essa ne deduce che la sua partecipazione a contatti relativi ai collegamenti Unione-Giappone con altri vettori prima del 1° maggio 2004 fosse lecita. Poiché tali contatti non ricadevano nella competenza della Commissione ed erano quindi legittimi, essi non avrebbero potuto, per definizione, rientrare nell’»azione illecita comune» cui la Commissione ha fatto riferimento al punto 865 della decisione impugnata. La ricorrente ritiene pertanto che non si possa affermare che, partecipando a detti contatti, essa abbia contribuito all’infrazione unica e continuata.

235    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

236    Si deve rilevare che, con il suo secondo motivo, la ricorrente rimprovera alla Commissione, in sostanza, di aver violato il principio di non discriminazione dichiarandola responsabile dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti intra-SEE e Unione‑Svizzera, mentre alla Qantas non è stata addebitata alcuna infrazione su tali collegamenti. Analogamente, con il terzo motivo la ricorrente addebita alla Commissione, in sostanza, di aver violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE dichiarandola responsabile dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa agli stessi collegamenti.

237    Orbene, il Tribunale ha accolto la seconda parte del primo motivo e, di conseguenza, ha già annullato l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo 4, lettera h), della decisione impugnata, nell’ambito dei quali la Commissione aveva dichiarato la responsabilità della ricorrente nell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. L’esame del secondo e del terzo motivo è quindi divenuto superfluo.

5.      Sul quarto motivo, vertente su una violazione dellarticolo 101 TFUE e dellarticolo 53 dell’accordo SEE relativamente allimputazione alla ricorrente della responsabilità dellinfrazione unica e continuata su collegamenti rispetto ai quali essa non era una concorrente reale o potenziale

238    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE ritenendola responsabile dell’infrazione unica e continuata su collegamenti che essa non serviva e che non avrebbe potuto legittimamente servire in forza degli accordi internazionali relativi ai servizi aerei (in prosieguo: gli «ASA») applicabili. A sostegno di tale tesi, la ricorrente adduce tre argomentazioni.

239    In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE presuppone l’esistenza di una concorrenza effettiva o quantomeno potenziale tra le imprese interessate. Orbene, essa afferma che non poteva fornire legalmente servizi di trasporto merci sui collegamenti di cui all’articolo 1 della decisione impugnata diversi dai collegamenti SEE‑Giappone.

240    La ricorrente aggiunge che, quand’anche le fosse stato possibile concludere con vettori accordi come quelli menzionati al punto 890 della decisione impugnata per servire indirettamente i collegamenti di cui all’articolo 1 del dispositivo di detta decisione diversi dai collegamenti SEE‑Giappone, essa non avrebbe potuto esercitare su questi ultimi una concorrenza effettiva.

241    Le affermazioni formulate dalla Commissione al punto 890 della decisione impugnata sarebbero oltretutto interamente nuove e non figuravano nella comunicazione degli addebiti. La ricorrente ne deduce che la Commissione non le ha riconosciuto il diritto di essere ascoltata in merito a tali affermazioni, violando quindi i suoi diritti della difesa.

242    In secondo luogo, la ricorrente fa valere che la Commissione non può invocare la sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717), per considerarla responsabile dell’infrazione unica e continuata in mercati nei quali essa non era un concorrente reale o potenziale.

243    Da un lato, infatti, la Commissione non avrebbe invocato la sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717), nella decisione impugnata e farla valere dinanzi al Tribunale equivarrebbe a modificare in modo illegittimo il fondamento sul quale essa è stata ritenuta responsabile dell’infrazione unica e continuata.

244    La ricorrente aggiunge che la decisione impugnata è viziata da una motivazione contraddittoria che la pone nell’impossibilità di comprendere i motivi per i quali è ritenuta responsabile dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti diversi dai collegamenti SEE-Giappone. La Commissione le avrebbe infatti imputato la responsabilità dell’infrazione unica e continuata rispetto a tali collegamenti per due motivi che si escludono reciprocamente: l’uno presupporrebbe la presenza, almeno potenziale, della ricorrente sul mercato interessato, mentre l’altro presupporrebbe la sua assenza su questo stesso mercato.

245    Dall’altro, la portata della sentenza del 22 ottobre 2015, AC‑Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717), sarebbe limitata ai casi in cui l’impresa interessata abbia attivamente contribuito ad una restrizione della concorrenza e abbia avuto un ruolo essenziale nell’infrazione esaminata. Orbene, la ricorrente non avrebbe apportato alcun contributo attivo all’infrazione unica e continuata né vi avrebbe svolto un ruolo essenziale.

246    In terzo luogo, la ricorrente fa valere che essa non poteva fornire un contributo all’attuazione di un coordinamento anticoncorrenziale sui collegamenti diversi dai collegamenti SEE-Giappone e che i contatti che essa ha intrattenuto con vettori incriminati attivi su tali altri collegamenti non potevano dunque avere ad oggetto una restrizione della concorrenza all’interno del SEE. Essa aggiunge di aver adottato un atteggiamento emulativo sui mercati locali e che fissava il livello dei sovrapprezzi a livello locale, in funzione dei collegamenti, cosicché la Commissione non poteva legittimamente affermare, al punto 889 della decisione impugnata, che i sovrapprezzi non fossero specifici per alcun collegamento.

247    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

248    In via preliminare occorre osservare che, con il presente motivo, la ricorrente in sostanza addebita alla Commissione di averla ritenuta responsabile dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti intra-SEE, Unione-Svizzera e SEE-paesi terzi diversi dai collegamenti SEE‑Giappone (in prosieguo: i «collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone»). Per motivi analoghi a quelli esposti ai precedenti punti 230 e 236, l’esame di tale motivo è divenuto superfluo nella parte in cui verte sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Il Tribunale esaminerà pertanto detto motivo solo nella parte in cui verte sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone.

249    Chiarito quanto sopra, per rispondere al presente motivo occorre, in un primo momento, ricordare i principi applicabili (v. infra, punti da 249 a 263), in un secondo momento, individuare i motivi per i quali la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata per quanto riguarda i collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone (v. infra, punti da 264 a 276) e, in un terzo momento, esaminarne la fondatezza (v. infra, punti da 277 a 283).

a)      Sui principi applicabili

250    Si deve ricordare che, come emerge dal precedente punto 100, l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

251    Pertanto, per ricadere nel divieto di principio sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE un comportamento di imprese deve non solo rivelare l’esistenza di una collusione tra le stesse – vale a dire un accordo tra imprese, una decisione di associazione di imprese o una pratica concordata – ma tale collusione deve pregiudicare anche in modo sensibile il gioco della concorrenza, nel mercato interno (v., in questo senso, sentenza del 13 dicembre 2012, Expedia, C‑226/11, EU:C:2012:795, punti 16 e 17).

252    Nel caso di accordi o di pratiche concordate tra imprese operanti ad uno stesso livello della catena di produzione o di distribuzione è quindi necessario, come rilevato dalla ricorrente, che una siffatta collusione intervenga tra imprese che si trovano in una situazione di concorrenza se non attuale, quanto meno potenziale.

253    Occorre tuttavia ricordare che, come dichiarato dalla Corte al punto 34 della sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717), l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE non riguarda solo le imprese attive nel mercato interessato dalle restrizioni della concorrenza. La sua portata non si limita neppure alle imprese attive in mercati posizionati a monte, a valle o nei pressi di tale mercato, né a quelle che limitano la loro autonomia di comportamento in un determinato mercato in forza di un accordo o di una pratica concordata.

254    Il dettato dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE si riferisce, infatti, in generale a tutti gli accordi e a tutte le pratiche concordate che, in rapporti orizzontali o verticali, falsino la concorrenza, nel mercato interno, indipendentemente dal mercato in cui le parti sono attive, così come dal fatto che solo il comportamento commerciale di una di esse sia interessato dai termini degli accordi in questione (v., in questo senso, sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 35).

255    Ne consegue che un’impresa può violare il divieto di principio di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE quando il suo comportamento, coordinato con quello di altre imprese, ha per oggetto la restrizione della concorrenza su un mercato sul quale essa non è né un concorrente effettivo né un concorrente potenziale.

256    Tali considerazioni sono applicabili mutatis mutandis all’articolo 53 dell’accordo SEE.

257    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dal punto 37 della sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717), non può dedursi che la portata di tale sentenza sia limitata alle ipotesi in cui l’impresa interessata abbia svolto un «ruolo essenziale» nell’intesa di cui trattasi. In tale sentenza, la Corte si è infatti guardata dall’erigere il carattere essenziale del ruolo dell’impresa interessata al rango di condizione per il sorgere della sua responsabilità. Essa si è limitata, ai punti da 37 a 39 di detta sentenza, a far propria una constatazione di fatto che il Tribunale aveva operato in primo grado per rispondere all’argomento secondo cui gli interventi della ricorrente nella causa sfociata nella stessa sentenza costituivano meri servizi periferici, senza alcun rapporto con gli obblighi assunti dai produttori e le conseguenti restrizioni della concorrenza.

258    Il ragionamento della Corte si fondava in particolare sulla giurisprudenza relativa alla nozione di infrazione unico e continuata (sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 30). Secondo tale giurisprudenza, una violazione del divieto di principio di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE, può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche quando uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di dette disposizioni. Quindi, qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune o del territorio del SEE, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in questo senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

259    Un’impresa che abbia partecipato a una simile infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE e diretti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa. Questa ipotesi ricorre quando è dimostrato che detta impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v., in questo senso, sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

260    Pertanto, un’impresa può avere partecipato direttamente al complesso dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, nel qual caso correttamente la Commissione può imputarle la responsabilità di tutti questi comportamenti e, pertanto, di detta infrazione nel suo insieme. Un’impresa può anche avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. Anche in un caso del genere la Commissione può imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (sentenza del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 43).

261    Ne consegue che, per dimostrare la partecipazione ad un’infrazione unica e continuata, devono essere soddisfatte tre condizioni, vale a dire l’esistenza di un piano generale avente un obiettivo comune, il contributo intenzionale dell’impresa a detto piano e il fatto che essa fosse a conoscenza (provata o presunta) dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti ai quali la stessa non ha partecipato direttamente (v. sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione, T‑211/08, EU:T:2011:289, punto 35; v. altresì, sentenza del 13 luglio 2018, Stührk Delikatessen Import/Commissione, T‑58/14, non pubblicata, EU:T:2018:474, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

262    L’esistenza di un rapporto di concorrenza tra le imprese interessate non è, per contro, un presupposto per la qualificazione delle condotte anticoncorrenziali come infrazione unica e continuata né per l’imputazione di tale responsabilità. Un’interpretazione contraria priverebbe la nozione di «infrazione unica e continuata» di una parte del suo significato, in quanto essa assolverebbe tali imprese da ogni responsabilità indiretta in ragione delle condotte delle imprese non concorrenti che contribuirebbero però, con il loro comportamento, alla realizzazione del piano d’insieme specifico per l’infrazione unica e continuata (v., in questo senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Duravit e a./Commissione, C‑609/13 P, EU:C:2017:46, punti 124, 137 e 138).

263    Ne consegue che, nel caso di specie, la Commissione poteva considerare la ricorrente responsabile di componenti dell’infrazione unica e continuata il cui oggetto era quello di restringere la concorrenza su collegamenti che la medesima non poteva servire, purché sia dimostrato che essa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i vettori incriminati e che era a conoscenza dei comportamenti illeciti previsti o attuati da questi ultimi nel perseguimento degli stessi obiettivi e ai quali essa non ha partecipato direttamente, o che aveva potuto ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio.

b)      Sui motivi per i quali la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità dellinfrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

264    Ai punti da 862 a 868 della decisione impugnata, la Commissione ha illustrato la giurisprudenza relativa alla nozione di infrazione unica e continuata. In particolare, ai punti da 865 a 868 di tale decisione, essa ha ricordato che un’impresa, in presenza di determinate condizioni, può essere considerata responsabile di un’infrazione unica e continuata nel suo complesso anche qualora la stessa non avesse partecipato direttamente a «tutti [i suoi] elementi costitutivi». Al punto 895 di detta decisione, la Commissione ha ribadito tale principio in risposta a un argomento della British Airways e dell’Air Canada, che sostenevano di non essere state al corrente dell’esistenza di una «più ampia cospirazione».

265    Nei punti da 869 a 902 e all’articolo 1 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso per la sussistenza di un’infrazione unica e continuata, comprendente tutti i contatti in questione, avvenuti o meno all’interno del SEE, e dei collegamenti interessati, fossero essi in entrata, in uscita o interni al SEE. In particolare, al punto 879 di tale decisione, essa ha ritenuto che i contatti controversi fossero finalizzati «alla realizzazione dell’unico obiettivo perseguito dai responsabili, nel quadro di un piano globale».

266    Al punto 878 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che tutti i vettori incriminati erano «stati coinvolti in comunicazioni e nella concertazione riguardo all’SPC e [che] parecchi di essi lo [erano] stati relativamente all’SPS e al [rifiuto di] pagare commissioni». Al punto 881 di tale decisione, essa ha aggiunto che «la maggior parte dei partecipanti», tra cui la ricorrente, era coinvolta nelle tre componenti dell’infrazione unica e continuata (v. anche punto 761). Dai punti 882 e 883 di detta decisione risulta che la Commissione ha così inteso affermare che la ricorrente aveva partecipato direttamente a ciascuna di tali componenti e non che essa avesse partecipato direttamente solo a talune di esse, ma era al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri vettori incriminati nel perseguimento dell’obiettivo anticoncorrenziale unico, o aveva potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio.

267    Tuttavia, dalle risposte date dalla Commissione agli argomenti dell’Air Canada e della British Airways ai punti da 894 a 897 della decisione impugnata risulta che non per questo essa ha ritenuto che la ricorrente avesse partecipato direttamente a tutte le attività anticoncorrenziali riconducibili a tali componenti.

268    È quindi per il motivo che la ricorrente intendeva, indipendentemente dalla sua qualità di concorrente potenziale sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone, contribuire al piano globale avente l’obiettivo anticoncorrenziale comune, descritto ai punti da 872 a 876 della decisione impugnata, ed era a conoscenza (provata o presunta) dei comportamenti illeciti degli altri vettori incriminati ai quali essa non ha direttamente partecipato che la Commissione le ha imputato la responsabilità dell’infrazione unica e continuata, anche nella parte relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone.

5)      Sulle presunte contraddizioni nella motivazione

269    Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, dalla decisione impugnata non può dedursi che la Commissione abbia, al contempo, inteso imputarle la responsabilità dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone sulla base della sua qualità di concorrente potenziale su questi ultimi e si sia così contraddetta.

270    In primo luogo, dal punto 890 della decisione impugnata non può desumersi che la Commissione si sia basata sull’eventuale qualità di concorrente potenziale della ricorrente sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone per affermare la sua responsabilità relativamente agli stessi. Tale punto è il solo nel quale la Commissione, in sostanza, ha fatto riferimento all’esistenza di una concorrenza potenziale tra i vettori incriminati sui collegamenti che questi non servivano né potevano direttamente servire. Orbene, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, sia dalla sua formulazione che dal suo obiettivo nonché dal contesto nel quale esso si inserisce si evince che detto punto non concerne la responsabilità dei diversi vettori incriminati per l’infrazione unica e continuata, bensì l’esistenza di quest’ultima, che la ricorrente non contesta nell’ambito del presente motivo. Infatti, al suddetto punto viene fatto espresso riferimento all’»esistenza dell’infrazione unica e continuata». Quanto ai punti 112 e da 885 a 887 della decisione impugnata, da essi emerge che, per la Commissione, si trattava di dimostrare che i contatti intercorsi tra i paesi terzi o contatti relativi ai collegamenti che i vettori incriminati non servivano né potevano direttamente servire erano pertinenti per accertare l’esistenza dell’infrazione unica e continuata o dell’«intesa mondiale ».

271    In secondo luogo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, neppure i riferimenti nella decisione impugnata ad una «restrizione della concorrenza» (punti 1028 e 1277), a «scambi di informazioni tra concorrenti» (punto 908), ad «accordi tra concorrenti diretti a coordinare il loro comportamento al fine di eliminare l’incertezza esistente sul mercato riguardo alla tariffazione» (punto 909) e a «contatti tra concorrenti» (punto 920) presuppongono che la Commissione si sia basata sull’eventuale qualità di concorrente potenziale della ricorrente sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone, per considerarla responsabile dell’infrazione unica e continuata per quanto riguarda questi ultimi. Infatti, tali riferimenti si limitano a rinviare all’esistenza di accordi o pratiche concordate tra imprese in concorrenza tra loro su uno o più mercati, in mancanza dei quali la Commissione non avrebbe potuto concludere per la sussistenza di una restrizione della concorrenza (v. precedente punto 251).

272    La ricorrente, pertanto, non può legittimamente far valere contraddizioni nei motivi per i quali la Commissione l’ha ritenuta responsabile dell’infrazione unica e continuata relativamente ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone.

6)      Sul presunto carattere nuovo del fondamento invocato per imputare alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata nella parte in cui riguarda i collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

273    La ricorrente non può neppure legittimamente contestare alla Commissione di tentare di sanare, nella fase del procedimento giurisdizionale, la presunta carenza della motivazione della decisione impugnata rinviando, nel controricorso, a una decisione che essa non avrebbe né citato né tanto meno invocato nella decisione impugnata, ossia la sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione (C‑194/14 P, EU:C:2015:717). Infatti, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il rinvio a tale sentenza non modifica in alcun modo il «fondamento della responsabilità invocato nella decisione [impugnata]». Come si evince dai precedenti punti da 252 a 262, tale sentenza non riconosce né crea un nuovo fondamento sul quale la Commissione potrebbe basarsi per imputare ad un’impresa la responsabilità di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza. Essa si limita a chiarire e precisare il significato e la portata dell’articolo 101 TFUE (e, per analogia, dell’articolo 53 dell’accordo SEE) come devono o avrebbero dovuto essere intesi dalla sua entrata in vigore e ad applicarlo ad una fattispecie particolare, che in questo caso è quello di un facilitatore.

274    Orbene, come risulta dai precedenti punti da 249 a 268, i fondamenti giuridici sui quali la Commissione si è basata nella decisione impugnata per ritenere la ricorrente responsabile dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone sono l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE nonché la nozione di infrazione unica e continuata che ne discende.

275    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, inoltre, sono parimenti tali fondamenti ad essere fatti valere nella comunicazione degli addebiti. Sia in tale comunicazione che nella decisione impugnata, infatti, la Commissione si è basata proprio su detti fondamenti. Difatti, anzitutto, al paragrafo 3 di detta comunicazione essa ha affermato che le imprese interessate avevano «partecipato a un’infrazione unica e continuata (...) dell’articolo [101, paragrafo 1, TFUE], [del]l’articolo 53[, paragrafo 1, dell’accordo SEE] e [del]l’articolo 8 dell’accordo [CE-Svizzera sul trasporto aereo] (...) mediante la quale esse [avevano] coordinato il loro comportamento in materia di tariffazione per la fornitura di servizi di [trasporto merci] in tutto il mondo per quanto riguarda diversi sovrapprezzi, le tariffe di trasporto merci e il pagamento di una commissione sui sovrapprezzi». Poi, al paragrafo 129 della stessa comunicazione, essa ha precisato che l’infrazione unica e continuata «riguardava i servizi di trasporto merci (...) nell’U[nione]/SEE e in Svizzera e su collegamenti tra gli aeroporti dell’U[nione]/SEE e i paesi terzi in tutto il mondo, nelle due direzioni». Infine, ai punti da 1412 a 1432 della comunicazione in questione, essa ha illustrato la giurisprudenza relativa alla nozione di infrazione unica e continuata ed ha spiegato come intendeva applicarla ai fatti del caso di specie.

276    In tali circostanze, conformemente a quanto indicato al precedente punto 261, non essendo contestata l’esistenza di un piano d’insieme, occorre stabilire se la Commissione abbia correttamente affermato che la ricorrente, indipendentemente dalla sua qualità di concorrente reale o potenziale sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone, poteva essere ritenuta responsabile dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone, nella misura in cui essa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i vettori incriminati ed era a conoscenza dei comportamenti illeciti previsti o attuati da questi ultimi su tali collegamenti nel perseguimento degli stessi obiettivi e ai quali essa non ha direttamente partecipato, o poteva ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio.

c)      Sulla fondatezza dei motivi per i quali la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità dellinfrazione unica e continuata relativamente ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

277    Ai punti da 762 a 764 della decisione impugnata, la Commissione ha descritto i «molteplici contatti» che la ricorrente ha intrattenuto con concorrenti per tutto il periodo della sua partecipazione all’infrazione unica e continuata al fine di «coordinare i prezzi nel settore del trasporto merci». Orbene, da tali punti risulta che la ricorrente ha partecipato alla concertazione relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone. Va infatti rilevato che svariati contatti ai quali la ricorrente ha partecipato riguardavano, almeno in parte, collegamenti di questo genere.

278    Infatti, per quanto riguarda l’SPC, occorre menzionare tra gli elementi rilevati nella decisione impugnata la «riunione amichevole» tenutasi il 22 gennaio 2001 presso i locali della Lufthansa in Germania (punto 174), diversi scambi di posta elettronica all’interno dell’Air Cargo Council Switzerland (Consiglio del trasporto di merci aereo della Svizzera; in prosieguo: l’»ACCS») (punti 203, 204, 286, 364, 426, 502, 535, 561 e 574), discussioni all’interno dell’alleanza WOW (punto 517), o, ancora, riunioni dell’SCC del BAR a Hong Kong (punti 394 e 503) e a Singapore (punto 295). Per quanto riguarda l’SPS, occorre rinviare in tale decisione, in particolare, alla «riunione WOW per l’Europa» (punto 630) e alla riunione dell’SCC del BAR a Hong Kong del 15 marzo 2004, nell’ambito della quale è stato «concordato che i vettori d[ovevano] applicare l’SPS alla partenza da Hong Kong» (punto 665). Quanto al rifiuto di pagare commissioni, nella stessa decisione viene menzionato, tra l’altro, un incontro multilaterale tenutosi il 12 maggio 2005 in Italia, nel corso del quale i vettori che avrebbero rappresentato «più del 50% del mercato», tra cui la ricorrente, hanno «tutti confermato [la propria] disponibilità a non accettare remunerazione SPC/SPS» (punto 695), o ancora una e-mail del 13 giugno 2005 con la quale il presidente dell’ACCS ha inviato ai suoi membri una «bozza di risposta congiunta [ad una lettera all’Associazione svizzera degli spedizionieri] redatta a nome dell’ACCS che respingeva le rivendicazioni [degli spedizionieri]» (punto 693).

279    Per quanto riguarda le attività anticoncorrenziali relative ai collegamenti SEE‑paesi terzi diversi dal Giappone ai quali la ricorrente non ha direttamente partecipato, è sufficiente osservare che essa non obietta di averne avuto la necessaria conoscenza.

280    La ricorrente nega, invece, di aver potuto consapevolmente contribuire all’attuazione di un coordinamento anticoncorrenziale sui collegamenti diversi da quelli SEE-Giappone.

281    Nel caso di specie, va rilevato che, come risulta dai punti da 872 a 876 della decisione impugnata, l’infrazione unica e continuata perseguisse l’obiettivo anticoncorrenziale unico di restringere la concorrenza tra vettori incriminati sui sovrapprezzi almeno all’interno dell’Unione, del SEE e in Svizzera.

282    Orbene, dalla decisione impugnata risulta che con il proprio comportamento la ricorrente ha inteso contribuire alla realizzazione di tale obiettivo. La ricorrente, infatti, non solo ha incoraggiato la continuazione dell’infrazione unica e continuata e ne ha compromesso la scoperta, astenendosi dal prendere pubblicamente le distanze dal contenuto dei contatti relativi ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone ai quali essa ha partecipato o dal denunciarli alle autorità amministrative competenti, ma ha altresì contribuito, coordinando i sovrapprezzi e il rifiuto di pagare commissioni sui collegamenti SEE‑Giappone, a garantire che gli spedizionieri non potessero eludere il pagamento di sovrapprezzi su collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone utilizzando percorsi alternativi segnatamente attraverso il Giappone e, di conseguenza, al raggiungimento dell’obiettivo comune anticoncorrenziale individuato ai punti da 872 a 876 della decisione impugnata (v. precedente punto 159).

283    Ne consegue che la Commissione senza incorrere in errore ha ritenuto la ricorrente responsabile dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone, indipendentemente dalla sua eventuale qualità di concorrente potenziale su tali collegamenti. Il presente motivo, pertanto, deve essere respinto.

6.      Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità a causa dellapplicazione a diversi vettori di diversi requisiti probatori

284    La ricorrente lamenta che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione e i principi di non discriminazione e di proporzionalità applicando a diversi vettori diversi requisiti probatori. In primo luogo, essa sostiene che la Commissione non ha motivato in modo giuridicamente adeguato la scelta di affermare la sua responsabilità piuttosto che quella di altri vettori non incriminati e nei confronti dei quali la Commissione disporrebbe di prove analoghe a quelle utilizzate a suo carico.

285    In secondo luogo, la ricorrente ritiene che la Commissione abbia violato il principio di non discriminazione nel concludere che il comportamento di un’impresa integrasse un’infrazione, decidendo al contempo che il comportamento molto simile di un’altra impresa non configurasse un’infrazione, applicando così diversi livelli di prova alle due imprese considerate.

286    In terzo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità infliggendole un’ammenda per un’infrazione che sarebbe grave, decidendo al contempo di non sanzionare il comportamento analogo di altri vettori. Il coefficiente di gravità del 16% applicato sarebbe sproporzionato, dato che la Commissione non avrebbe considerato l’infrazione di cui trattasi sufficientemente grave per giustificare misure nei confronti di taluni vettori non incriminati.

287    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

288    Occorre anzitutto rilevare che, anche se la Commissione avesse commesso un illecito non dichiarando la responsabilità dei vettori non incriminati, un simile illecito, che non è all’esame del Tribunale nell’ambito del presente ricorso, non può in alcun modo indurlo a constatare una discriminazione e, di conseguenza, un’illegittimità nei confronti della ricorrente, poiché dalla giurisprudenza risulta che il principio di parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto della legalità, secondo il quale nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (sentenza del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punto 55).

289    Inoltre, si deve rammentare che il principio di parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dall’articolo 20 e 21 della Carta, impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che un simile trattamento si obiettivamente giustificato obiettiva necessità (v. sentenza del 12 novembre 2014, Guardian Industries e Guardian Europe/Commissione, C‑580/12 P, EU:C:2014:2363, punto 51 e giurisprudenza citata).

290    La violazione del principio della parità di trattamento a causa di un trattamento differenziato presuppone quindi che le situazioni prese in considerazione siano comparabili alla luce di tutti gli elementi che le caratterizzano. Gli elementi che caratterizzano situazioni diverse nonché la comparabilità di queste ultime devono, in particolare, essere determinati e valutati alla luce dell’oggetto e dello scopo dell’atto dell’Unione che stabilisce la distinzione di cui trattasi (v. sentenza del 20 maggio 2015, Timab Industries et CFPR/Commission, T‑456/10, EU:T:2015:296, punto  202 e giurisprudenza citata).

291    Nel caso di specie, la ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento infliggendole una sanzione, mentre si è astenuta dal dichiarare la responsabilità dei vettori non incriminati e sanzionarli di conseguenza.

292    Ebbene, la ricorrente non dimostra in alcun modo che tali vettori si trovassero in una situazione simile alla sua. Anche se afferma che il loro comportamento era simile, essa non dimostra che l’insieme delle prove di cui disponeva la Commissione contro i vettori in questione fosse simile a quello di cui disponeva nei suoi confronti.

293    La censura vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento deve quindi essere respinta.

294    Quanto alla presunta violazione dell’obbligo di motivazione e dei diritti della difesa, occorre ricordare che la Commissione non ha alcun obbligo di esporre, in una decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE, le ragioni per le quali altre imprese non sono state perseguite o sanzionate. Infatti, l’obbligo di motivazione di un atto non può includere un obbligo dell’istituzione che ne è l’autore di motivare il fatto di non aver adottato altri atti simili nei confronti di terzi (sentenza dell’8 luglio 2004, JFE Engineering/Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, EU:T:2004:221, punto 414).

295    La censura relativa ad un difetto di motivazione e ad una violazione dei diritti della difesa deve pertanto essere respinta.

296    Per quanto riguarda la censura relativa ad una violazione del principio di proporzionalità, è sufficiente rilevare che essa si basa sulla premessa errata secondo cui la Commissione disponeva nei confronti della ricorrente e dei vettori non incriminati di una serie di indizi simili.

297    Alla luce di quanto precede, occorre respingere la terza censura sollevata dalla ricorrente e, di conseguenza, il motivo nel suo insieme.

7.      Sul settimo motivo, vertente sulla violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di proporzionalità

298    Il settimo motivo, con cui la ricorrente sostiene che la Commissione ha violato gli Orientamenti del 2006 e il principio di proporzionalità nella fissazione dell’importo dell’ammenda, si articola, in sostanza, in due parti. Esse sono relative, la prima, alla determinazione del valore delle vendite e, la seconda, alla fissazione del coefficiente di gravità e dell’importo supplementare.

a)      Sulla prima parte, relativa alla determinazione del valore delle vendite 

299    La ricorrente sostiene che la Commissione ha determinato il valore delle vendite riferendosi al fatturato generato dalla vendita di servizi di trasporto merci in generale, piuttosto che alle entrate specifiche ricavate dall’SPC e dall’SPS, alle quali l’infrazione unica e continuata era correlata. Essa deduce due censure vertenti, la prima, su una violazione del punto 13 degli Orientamenti del 2006 e, la seconda, su una violazione del principio di proporzionalità.

7)      Sulla prima censura, vertente su una violazione del punto 13 degli Orientamenti del 2006

300    La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato il punto 13 degli Orientamenti del 2006 nel ritenere che l’infrazione unica e continuata fosse connessa alle tariffe e includendo, di conseguenza, i ricavi derivanti dalle tariffe nel valore delle vendite. A suo avviso, tale infrazione riguarda unicamente l’SPC, l’SPS e il mancato pagamento di commissioni, e non le tariffe, che sarebbero state escluse dal suo perimetro «a causa di prove insufficienti».

301    Le sentenze del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione (T‑127/04, EU:T:2009:142), e del 19 maggio 2010, KME Germany e a./Commissione (T‑25/05, non pubblicata, EU:T:2010:206), non sarebbero di alcun aiuto per la Commissione. Tali sentenze non sarebbero infatti attinenti al calcolo delle ammende secondo gli Orientamenti del 2006, ma secondo gli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3), che prevedevano un metodo di calcolo molto diverso. Inoltre, sussisterebbero evidenti differenze fattuali tra la presente causa e quelle che hanno dato luogo alle suddette sentenze. Queste ultime avrebbero infatti riguardato la valutazione dei costi di produzione ai fini della fissazione dell’importo dell’ammenda. Orbene, le tariffe non sarebbero assimilabili a costi di produzione, ma sarebbero analoghe ad un elemento di prezzo distinto per il quale la Commissione non avrebbe constatato alcuna infrazione. Nella fase della replica, la ricorrente aggiunge che l’esclusione delle tariffe dal valore delle vendite non provocherebbe le «controversie insolubili» che erano oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza dell’8 dicembre 2011 KME Germany e a./Commissione (C‑272/09 P, EU:C:2011:810).

302    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

303    Si deve ricordare che la nozione di valore delle vendite, ai sensi del punto 13 degli Orientamenti del 2006, rispecchia il prezzo al netto delle imposte applicato al cliente per il bene o il servizio oggetto della violazione di cui trattasi (v., in questo senso, sentenze del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, EU:T:2009:142, punto 91, e del 18 giugno 2013, ICF/Commissione, T‑406/08, EU:T:2013:322, punto 176 e giurisprudenza citata). Alla luce dell’obiettivo perseguito da detto punto, ripreso al punto 6 degli stessi orientamenti, consistente nell’assumere come base per il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta a un’impresa un importo che esprima l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo di tale impresa in quest’ultima, la nozione di valore delle vendite deve pertanto essere intesa nel senso che riguarda le vendite realizzate sul mercato interessato dall’infrazione (v. sentenza del 1° febbraio 2018, Kühne + Nagel International e a./Commissione, C‑261/16 P, non pubblicata, EU:C:2018:56, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

304    Per determinare il valore delle vendite, quindi, la Commissione può utilizzare il prezzo totale che l’impresa ha applicato ai suoi clienti sul mercato dei beni o dei servizi interessato, senza che sia necessario distinguere o dedurre i diversi elementi di tale prezzo a seconda che siano stati coordinati o meno (v., in questo senso, sentenza del 1° febbraio 2018, Kühne + Nagel International e a./Commissione, C‑261/16 P, non pubblicata, EU:C:2018:56, punti 66 e 67). Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò è vero anche se la portata dell’infrazione di cui alla comunicazione degli addebiti fosse stata più ampia di quella riscontrata nella decisione finale, essendo tale circostanza irrilevante ai fini dell’applicazione del punto 13 degli Orientamenti del 2006.

305    Orbene, come rilevato in sostanza dalla Commissione, l’SPC e l’SPS non sono beni o servizi separati che possono essere oggetto di una violazione degli articoli 101 o 102 TFUE. Al contrario, come si evince dai punti 17, 108 e 1187 della decisione impugnata, l’SPC e l’SPS sono solo due elementi del prezzo dei servizi interessati.

306    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il punto 13 degli Orientamenti del 2006 non ostava a che la Commissione prendesse in considerazione l’intero importo delle vendite relative ai servizi in questione, senza dividerlo nei suoi elementi costitutivi.

307    In aggiunta, si deve osservare che l’approccio suggerito dalla ricorrente equivale a ritenere che gli elementi del prezzo che non siano stati specificamente oggetto di un coordinamento tra i vettori incriminati debbano essere esclusi dal valore delle vendite.

308    A tal riguardo, occorre ricordare che non esiste alcun valido motivo per escludere dal valore delle vendite gli input il cui costo sfugge al controllo delle parti della presunta infrazione (v., in questo senso, sentenza del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, EU:T:2009:142, punto 91). Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, lo stesso vale per gli elementi di prezzo che, come le tariffe, non sono stati specificamente oggetto di tale infrazione, ma costituiscono parte integrante del prezzo di vendita del prodotto o servizio di cui trattasi (v., in questo senso, sentenza del 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, EU:T:2000:77, punto 5030).

309    Giudicare diversamente avrebbe la conseguenza di imporre alla Commissione di non tenere conto del fatturato lordo in alcuni casi, ma di prenderlo in considerazione in altri casi, in funzione di una soglia che sarebbe difficile da applicare e darebbe adito a controversie interminabili e senza soluzione, anche vertenti su asserite disparità di trattamento (sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germania e a./Commissione, C‑272/09 P, EU:C:2011:810, punto 53).

310    La ricorrente contesta ciò, certamente, ma si limita a sostenere che non ci sarebbero difficoltà di applicazione nelle circostanze del caso di specie, senza spiegare come il rifiuto di pagare commissioni sia preso in considerazione, o contestare che le asserite disparità di trattamento rischino di verificarsi.

311    È dunque senza violare il punto 13 degli Orientamenti del 2006 che la Commissione ha concluso, al punto 1190 della decisione impugnata, che occorreva tener conto dell’intero importo delle vendite collegate ai servizi di trasporto merci, senza che occorresse suddividerlo nei suoi elementi costitutivi.

312    La presente censura deve pertanto essere respinta.

8)      Sulla seconda censura, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

313    La ricorrente fa valere che l’approccio della Commissione è contrario al principio di proporzionalità. Tale approccio non esprimerebbe l’importanza economica dell’infrazione in esame. Nel corso dell’esercizio 2004-2005, le entrate della ricorrente legate all’SPC e all’SPS avrebbero rappresentato, infatti, solo una «modesta» percentuale dei suoi introiti totali connessi alla vendita di servizi di trasporto merci sui collegamenti SEE-paesi terzi per tale esercizio (dell’ordine del 12%).

314    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

315    Si deve ricordare che il principio di proporzionalità richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di ciò che è adeguato e necessario per il conseguimento dello scopo perseguito (sentenze del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, EU:C:1990:391, punto 13, e del 12 settembre 2007, Prym e Prym Consumer/Commissione, T‑30/05, non pubblicata, EU:T:2007:267, punto 223).

316    Nell’ambito dei procedimenti avviati dalla Commissione per sanzionare le violazioni delle norme in materia di concorrenza, l’applicazione del principio di proporzionalità implica che le ammende debbano essere commisurate agli obiettivi perseguiti, vale a dire rispetto all’osservanza di tali norme, e che l’importo dell’ammenda inflitta a un’impresa per un’infrazione in materia di concorrenza sia proporzionato ad essa, valutata complessivamente, tenendo conto, in particolare, della sua gravità e della sua durata [v. sentenza del 29 febbraio 2016, Panalpina World Transport (Holding) e a./Commissione, T‑270/12, non pubblicata, EU:T:2016:109, punto 103 e giurisprudenza citata].

317    Nel valutare la gravità di un’infrazione alle regole di concorrenza, la Commissione deve tener conto di un elevato numero di elementi, la cui natura e importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle sue circostanze peculiari. Tali elementi possono comprendere, a seconda dei casi, il volume e il valore delle merci oggetto dell’infrazione, nonché le dimensioni e la forza economica dell’impresa e, quindi, l’influenza che essa è stata in grado di esercitare sul mercato (sentenza del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 96).

318    Secondo la giurisprudenza, la quota del fatturato complessivo proveniente dalla vendita dei prodotti o servizi oggetto dell’infrazione costituisce l’elemento che meglio esprime l’importanza economica dell’infrazione stessa [sentenza del 29 febbraio 2016, Panalpina World Transport (Holding) e a./Commissione, T‑270/12, non pubblicata, EU:T:2016:109, punto 106].

319    Il valore delle vendite presenta altresì il vantaggio di costituire un criterio obiettivo di facile applicazione. Esso rende infatti l’azione della Commissione più prevedibile per le imprese e consente loro, con uno scopo di deterrenza generale, di valutare l’entità dell’importo di un’ammenda cui si espongono quando decidono di partecipare ad un’intesa illecita [v., in questo senso, sentenza del 29 febbraio 2016, Panalpina World Transport (Holding) e a./Commissione, T‑270/12, non pubblicata, EU:T:2016:109, punto 159].

320    Il punto 6 degli Orientamenti del 2006 richiama tali principi nei seguenti termini:

«[l]a combinazione della durata e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato. Il riferimento a tali fattori fornisce una buona indicazione dell’ordine di grandezza dell’ammenda, ma non va inteso come la base di un metodo di calcolo automatico e aritmetico».

321    Orbene, al punto 1190 della decisione impugnata, la Commissione ha appunto concluso che occorreva tener conto del fatturato complessivo proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci piuttosto che dei soli elementi del loro prezzo che sono stati specificamente oggetto di un coordinamento tra i vettori incriminati, ossia i sovrapprezzi.

322    Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la mera circostanza che i sovrapprezzi rappresentassero solo una «modesta» percentuale dei suoi ricavi complessivi connessi alla vendita di servizi di trasporto merci sui collegamenti SEE-paesi terzi per l’esercizio 2004/2005 non è idonea a dimostrare che tale approccio fosse sproporzionato rispetto all’importanza economica dell’infrazione unica e continuata.

323    Infatti, il fatto stesso che un’impresa effettui vendite a prezzi di cui solo uno o più elementi sono stati fissati o sono stati oggetto di scambi illeciti di informazioni comporta una distorsione della concorrenza che incide sull’intero mercato rilevante (v, in questo senso, sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 62).

324    Quanto all’impatto dell’infrazione unica e continuata sul mercato del SEE, occorre ricordare che la determinazione del valore delle vendite non tiene conto di criteri quali l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato o il danno causato (v., in questo senso, sentenze del 29 febbraio 2016, UTi Worldwide e a./Commissione, T‑264/12, non pubblicata, EU:T:2016:112, punto 259, e del 12 luglio 2018, Viscas/Commissione, T‑422/14, non pubblicata, EU:T:2018:446, punto 193).

325    È solo nella fase distinta e successiva della determinazione del coefficiente di gravità, oggetto della seconda parte del presente motivo, che la Commissione può, se del caso, prendere in considerazione un criterio di tale natura [v., in questo senso, sentenza del 29 febbraio 2016, Panalpina World Transport (Holding) e a./Commissione, T‑270/12, non pubblicata, EU:T:2016:109, punto 94].

326    Ne consegue che l’approccio seguito al punto 1190 della decisione impugnata, consistente nel tener conto del fatturato complessivo proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci, è idoneo a contribuire alla realizzazione del primo obiettivo di cui al punto 6 degli Orientamenti del 2006, che consiste nell’esprimere adeguatamente l’importanza economica dell’infrazione unica e continuata. Inoltre, la ricorrente non dimostra che tale approccio fosse inadeguato a contribuire alla realizzazione del secondo obiettivo previsto in detto punto, consistente nell’esprimere adeguatamente il peso relativo di ciascun vettore incriminato.

327    La ricorrente non può neppure sostenere che la Commissione l’abbia sanzionata come se l’intesa controversa avesse riguardato anche le tariffe. Infatti, secondo il metodo generale previsto dagli Orientamenti del 2006, la natura dell’infrazione viene presa in considerazione in una fase successiva del calcolo dell’ammenda, al momento della determinazione del coefficiente di gravità, che, in applicazione del punto 20 di detti Orientamenti, è valutato caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie (sentenza del 29 febbraio 2016, Schenker/Commissione, T 265/12, EU:T:2016:111, punti 296 e 297).

328    È senza violare il principio di proporzionalità, quindi, che la Commissione ha concluso, al punto 1190 della decisione impugnata, che occorreva tener conto dell’intero importo delle vendite collegate ai servizi di trasporto merci, senza doverlo suddividere nei suoi elementi costitutivi.

329    Pertanto, la presente censura deve essere respinta, così come la presente parte del motivo nel suo complesso.

b)      Sulla seconda parte, concernente la fissazione del coefficiente di gravità e dellimporto supplementare

330    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità fissando il coefficiente di gravità al 16% e applicandole un importo supplementare del 16%, sebbene la portata dell’infrazione unica e continuata fosse meno rilevante di quella contestatale nella comunicazione degli addebiti. Essa aggiunge che nella decisione impugnata mancano indicazioni circa l’incidenza, sul calcolo dell’importo dell’ammenda, di tale significativa restrizione della portata dell’infrazione rispetto a quella considerata nella suddetta comunicazione.

331    In udienza, la ricorrente ha precisato che la presente parte del motivo in esame doveva essere interpretata nel senso che essa verteva non solo su una violazione del principio di proporzionalità, ma anche su un difetto di motivazione.

332    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

333    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, nel determinare l’importo dell’ammenda occorre tener conto, tra l’altro, della gravità dell’infrazione.

334    I punti da 19 a 23 degli Orientamenti del 2006 prevedono quanto segue:

«19.      L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

20.      La gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti.

21.      In linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite.

22.      Per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

23.      Per la loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti».

335    Secondo la giurisprudenza, un accordo orizzontale in base al quale le imprese interessate si accordano non sul prezzo totale, ma su un suo elemento, costituisce un accordo orizzontale di fissazione dei prezzi ai sensi del punto 23 degli Orientamenti del 2006 e configura quindi una delle più gravi restrizioni della concorrenza (v., in questo senso, sentenza del 29 febbraio 2016, UTi Worldwide e a./Commissione, T‑264/12, non pubblicata, EU:T:2016:112, punti 277 e 278).

336    Ne consegue che, come ricordato dalla Commissione al punto 1208 della decisione impugnata, un siffatto accordo merita generalmente un coefficiente di gravità situato sui valori massimi all’interno della forcella dallo 0 al 30% di cui al punto 21 degli Orientamenti del 2006.

337    Secondo la giurisprudenza, un coefficiente di gravità notevolmente inferiore al limite superiore di tale forcella, è molto favorevole ad un’impresa che abbia preso parte ad un simile accordo (v., in questo senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 125) e può anche essere giustificato alla luce della sola natura dell’infrazione (v. sentenza del 26 settembre 2018, Philips e Philips France/Commissione, C‑98/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:774, punto 103 e giurisprudenza ivi citata).

338    Orbene, al punto 1199 della decisione impugnata, la Commissione ha appunto ritenuto che gli «accordi e/o pratiche concordate oggetto della (...) decisione [impugnata] concern[evano] la fissazione di vari elementi di prezzo».

339    La Commissione ha quindi giustamente qualificato, ai punti 1199, 1200 e 1208 della decisione impugnata, il comportamento controverso come accordo o pratica orizzontale in materia di prezzi, sebbene non avesse «coperto l’intero prezzo per i servizi in questione».

340    Al punto 1208 della decisione impugnata, pertanto, la Commissione poteva legittimamente concludere che gli accordi e le pratiche controversi rientrassero tra le restrizioni più gravi della concorrenza e meritassero quindi un coefficiente di gravità «sui valori massimi all’interno della forcella».

341    Il coefficiente di gravità del 16% che la Commissione ha adottato al punto 1212 della decisione impugnata, notevolmente inferiore al limite superiore della forcella di cui al punto 21 degli Orientamenti del 2006, potrebbe quindi essere giustificato alla luce della sola natura dell’infrazione unica e continuata.

342    Va tuttavia osservato che, come si evince dai punti da 1209 a 1212 della decisione impugnata, la Commissione non si è basata esclusivamente sulla natura dell’infrazione unica e continuata per fissare il coefficiente di gravità al 16%. La Commissione ha infatti fatto riferimento, in tale decisione, alle quote di mercato aggregate dei vettori incriminati a livello mondiale e sui collegamenti intra-SEE e SEE-paesi terzi (punto 1209), all’estensione geografica dell’intesa controversa (punto 1210) e all’attuazione degli accordi e delle pratiche controversi (punto 1211).

343    Tuttavia, la ricorrente non contesta la fondatezza di tali fattori ai fini della fissazione del coefficiente di gravità.

344    In tali circostanze, la ricorrente non può sostenere che un coefficiente di gravità del 16% fosse illegittimo.

345    Per quanto riguarda l’importo supplementare, va ricordato che il punto 25 degli Orientamenti del 2006 prevede che, a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. Tale punto precisa che, per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare quelli indicati al punto 22 dei medesimi Orientamenti. Tali fattori sono quelli di cui la Commissione tiene conto per stabilire il coefficiente di gravità e comprendono la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite.

346    Il giudice dell’Unione ne ha dedotto che, anche se la Commissione non fornisce una motivazione specifica per quanto attiene alla proporzione del valore delle vendite utilizzata ai fini dell’importo supplementare, il mero rinvio all’analisi dei fattori utilizzati per valutare la gravità è sufficiente al riguardo (sentenza del 15 luglio 2015, SLM e Ori Martin/Commissione, T‑389/10 e T‑419/10, EU:T:2015:513, punto 264).

347    Al punto 1219 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la «percentuale da applicare per l’importo supplementare d[ovesse] essere del 16%» alla luce delle «circostanze specifiche del caso» e dei criteri adottati per determinare il coefficiente di gravità.

348    Orbene, gli argomenti addotti dalla ricorrente in relazione all’importo supplementare si confondono con quelli da essa sollevati in relazione al coefficiente di gravità e che il Tribunale ha già respinto. Tali argomenti non possono quindi essere accolti.

349    Quanto all’argomento vertente su una divergenza insufficientemente motivata tra la decisione impugnata e la comunicazione degli addebiti in relazione alla determinazione del coefficiente di gravità e dell’importo supplementare, esso è infondato tanto in diritto quanto in fatto.

350    In diritto, è sufficiente osservare che la Commissione non è tenuta a spiegare le eventuali differenze sussistenti tra le sue valutazioni definitive figuranti nella decisione finale e quelle provvisorie che essa ha adottato nella comunicazione degli addebiti (v. sentenza del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T‑91/11, EU:T:2014:92, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

351    In effetti, occorre osservare che, ai punti da 1567 a 1581 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha precisato che intendeva infliggere un’ammenda ai vettori interessati e ha definito i principali elementi di fatto e di diritto di cui intendeva tener conto a tal fine. Per contro, dal momento che, in base a una giurisprudenza costante, non erano richiesti altri elementi (v. sentenza del 19 maggio 2010, Wieland-Werke e a./Commissione, T‑11/05, non pubblicata, EU:T:2010:201, punto 129 e giurisprudenza ivi citata), la Commissione non vi ha specificato in quale proporzione del valore delle vendite essa intendesse fissare il coefficiente di gravità e l’importo supplementare.

352    Ne consegue che la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata non presentano alcuna discordanza circa la percentuale alla quale sono stati fissati il coefficiente di gravità e l’importo supplementare.

353    La presente parte del settimo motivo deve quindi essere respinta e, di conseguenza, il motivo nel suo insieme.

8.      Sullottavo motivo, vertente su una violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di tutela del legittimo affidamento, relativa allinclusione nel valore delle vendite del fatturato proveniente dalle vendite di servizi di trasporto merci in entrata venduti a clienti stabiliti al di fuori del SEE

354    La ricorrente contesta alla Commissione di aver violato gli Orientamenti del 2006 e il principio di tutela del legittimo affidamento, includendo nel valore delle vendite i ricavi provenienti da servizi di trasporto merci in entrata venduti a clienti stabiliti al di fuori del SEE.

355    Secondo la ricorrente, solo le vendite realizzate nel territorio del SEE possono essere incluse nel valore delle vendite. Le vendite realizzate al di fuori del SEE potrebbero essere tenute in considerazione, ai sensi del punto 18 degli Orientamenti del 2006, solo nel caso eccezionale in cui «le vendite interessate realizzate dall’impresa all’interno del SEE possono non riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell’infrazione». Orbene, simili circostanze eccezionali non sarebbero ravvisabili nel caso di specie e, comunque, la Commissione non sosterrebbe che lo siano.

356    La ricorrente aggiunge che l’approccio della Commissione si discosta dalla regola generale sancita nel regolamento n. 139/2004, secondo cui occorre imputare il fatturato al luogo in cui si trova il cliente. Per quanto riguarda l’applicazione di tale principio al trasporto di merci, essa fa valere che la comunicazione consolidata sulla competenza precisa che «[i] casi relativi al trasporto merci sono diversi in quanto il cliente al quale sono forniti tali servizi non si sposta: il servizio di trasporto è fornito al cliente nel luogo in cui si trova», per cui «il luogo in cui si trova il cliente è il criterio rilevante per l’attribuzione del fatturato».

357    La ricorrente invoca anche la decisione della Commissione, del 28 gennaio 2009, nel caso COMP/39.406 – Tubi marini, da cui risulterebbe che il metodo seguito per procedere all’attribuzione geografica del fatturato in applicazione degli Orientamenti del 2006 è conforme all’approccio definito nella comunicazione consolidata sulla competenza.

358    La ricorrente sottolinea altresì che la concorrenza sui servizi di trasporto merci in entrata si esercita nel paese terzo per attrarre clienti che si trovano in tale paese e ivi acquistano servizi. Gli eventuali effetti dell’infrazione unica e continuata sulla concorrenza in materia di servizi di trasporto merci in entrata, quindi, sarebbero stati avvertiti nei paesi terzi.

359    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

360    A tal riguardo, occorre ricordare che il punto 13 degli Orientamenti del 2006 subordina l’inclusione nel valore delle vendite del fatturato proveniente dai beni o dai servizi «ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce», purché le vendite considerate siano state «realizzate (...) nell’area geografica interessata all’interno del[ SEE]».

361    Il punto 13 degli Orientamenti del 2006 non menziona quindi né «vendite negoziate» né «vendite fatturate» all’interno del SEE, ma si riferisce unicamente alle «vendite realizzate» all’interno del SEE. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il punto in parola non osta a che la Commissione consideri le vendite effettuate presso clienti stabiliti all’esterno del SEE, né impone di tener conto delle vendite negoziate o fatturate nel SEE: Diversamente, per un’impresa partecipante a un’infrazione sarebbe sufficiente fare in modo di negoziare le proprie vendite con le controllate dei suoi clienti situati al di fuori del SEE o le loro fatture per ottenere che tali vendite non siano prese in considerazione per il calcolo dell’importo di un’eventuale ammenda, la quale sarebbe, pertanto, molto meno significativa [v., in questo senso, sentenza del 9 marzo 2017, Samsung SDI e Samsung SDI (Malesia)/Commissione, C‑615/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:190, punto 55].

362    Contrariamente a quanto ancora sostenuto dalla ricorrente, la Commissione, ai fini dell’applicazione del punto 13 degli Orientamenti del 2006, non è neppure tenuta ad optare per i criteri che abbiano potuto essere considerati pertinenti in materia di controllo delle concentrazioni e segnatamente quelli individuati nella comunicazione di cui al punto 357 della presente sentenza. Quest’ultima, infatti, ha l’obiettivo di fornire orientamenti riguardanti le questioni di competenza che sorgono nel contesto del controllo di operazioni di concentrazione. Essa non vincola quindi la Commissione quanto al metodo da adottare per il calcolo dell’importo delle ammende nei casi di cartelli, che si basa su finalità proprie (sentenza del 29 febbraio 2016, Kühne + Nagel International e a./Commissione, T‑254/12, non pubblicata, EU:T:2016:113, punto 252; v. altresì, in questo senso, sentenza del 9 settembre 2015, Samsung SDI e a./Commissione, T‑84/13, non pubblicata, EU:T:2015:611, punto 206).

363    Quanto all’interpretazione della nozione di «vendite (...) realizzate (...) all’interno del[ SEE]» che la ricorrente intende trarre in particolare dalla decisione della Commissione nel caso COMP/39.406 – Tubi marini, basti ricordare che la prassi decisionale precedente della Commissione non funge di per sé quale quadro giuridico per le ammende in materia di concorrenza, atteso che questo è definito in via esclusiva nel regolamento n. 1/2003 e negli Orientamenti del 2006 (v. sentenza del 9 settembre 2011, Alliance One International/Commissione, T‑25/06, EU:T:2011:442, punto 242 e giurisprudenza ivi citata), e che, comunque, non è dimostrato che i dati circostanziali relativi a detto caso, quali i mercati, i prodotti, i paesi, le imprese e i periodi interessati, fossero paragonabili a quelli della fattispecie qui in esame (v., in questo senso, sentenza del 29 giugno 2012, E.ON Ruhrgas e E.ON/Commissione, T‑360/09, EU:T:2012:332, punto 262 e giurisprudenza ivi citata).

364    Detta nozione deve essere interpretata alla luce dell’obiettivo del punto 13 degli Orientamenti del 2006. Come risulta dai precedenti punti 290 e da 300 a 302, tale obiettivo consiste nel prendere come punto di partenza per il calcolo delle ammende un importo che esprima in particolare l’importanza economica dell’infrazione sul mercato rilevante, laddove il fatturato realizzato sui prodotti o sui servizi oggetto dell’infrazione costituisce un criterio oggettivo che fornisce il giusto metro della sua nocività rispetto al normale gioco della concorrenza (v. sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 236 e giurisprudenza ivi citata).

365    Spetta quindi alla Commissione, al fine di determinare se delle vendite siano state «realizzate (...) all’interno del[ SEE]», ai sensi del punto 13 degli Orientamenti del 2006, optare per un criterio che rifletta la realtà del mercato, ossia che sia il più idoneo ad individuare l’impatto dell’intesa sulla concorrenza nel SEE.

366    Ai punti 1186 e 1197 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato di aver tenuto conto, per calcolare il valore delle vendite, del fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci sui collegamenti intra-SEE, sui collegamenti Unione-paesi terzi, sui collegamenti Unione-Svizzera e sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi. Come risulta dal punto 1194 di detta decisione, le vendite connesse ai collegamenti Unione-paesi terzi e SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi comprendevano sia le vendite di servizi di trasporto merci sui collegamenti in uscita sia quelle di servizi di trasporto merci in entrata.

367    Allo stesso punto 1194, per giustificare l’inclusione del fatturato proveniente dalla vendita di tali servizi nel valore delle vendite, la Commissione ha rinviato alla necessità di tener conto delle loro «peculiarità». Essa ha quindi osservato, in particolare, che l’infrazione unica e continuata era relativa a detti servizi e che gli «accordi anticoncorrenziali [potevano] avere un impatto negativo sul mercato interno per quanto [li] riguarda[va]».

368    Orbene, come risulta dai precedenti punti da 77 a 164, e contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, era prevedibile che l’infrazione unica e continuata, anche nella parte in cui riguardava i collegamenti in entrata, avrebbe avuto effetti sostanziali e immediati nel mercato interno o all’interno del SEE ed era quindi idonea a nuocere al normale gioco della concorrenza all’interno del territorio del SEE. Ai punti 1194 e 1241 della decisione impugnata la Commissione ha nondimeno riconosciuto che una parte del «pregiudizio» relativo al comportamento controverso sui collegamenti SEE-paesi terzi poteva concretizzarsi all’esterno del SEE. essa ha parimenti sottolineato che una parte dei servizi in parola erano prestati all’esterno del SEE. Essa si è fondata, di conseguenza, sul punto 27 degli Orientamenti del 2006 e, per i collegamenti SEE-paesi terzi, ha concesso ai vettori incriminati una riduzione del 50% dell’importo di base dell’ammenda, di cui la ricorrente non contesta il merito.

369    In tali circostanze, asserire che la Commissione non poteva includere nel valore delle vendite il 50% del fatturato realizzato su tali collegamenti equivarrebbe a vietarle di tenere in considerazione, ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, le vendite rientranti nel perimetro dell’infrazione unica e continuata e che potevano nuocere al gioco della concorrenza nel SEE.

370    Ne consegue che la Commissione poteva utilizzare il 50% del fatturato realizzato sui collegamenti SEE-paesi terzi, quale criterio oggettivo atto a fornire la giusta misura della nocività della partecipazione della ricorrente all’intesa controversa sul normale gioco della concorrenza, purché fosse il risultato delle vendite aventi un legame con il SEE (v., in questo senso, sentenza del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T‑91/11, EU:T:2014:92, punto 47).

371    Orbene, un nesso del genere esiste nel caso di specie per quanto riguarda i collegamenti in entrata, dal momento che, come risulta dai punti 1194 e 1241 della decisione impugnata e come sostiene la Commissione nelle sue memorie, i servizi di trasporto merci in entrata sono in parte forniti all’interno del SEE. In effetti, come indicato al precedente punto 111, i servizi in questione sono destinati proprio a consentire l’inoltro di merci da paesi terzi verso il SEE. Come correttamente rileva la Commissione, una parte della loro prestazione «fisica» viene effettuata per definizione all’interno del SEE, dove avviene una parte del trasporto di tali merci e dove l’aeromobile cargo atterra.

372    In tali circostanze, la Commissione poteva legittimamente ritenere che le vendite di servizi di trasporto merci in entrata fossero state realizzate all’interno del SEE ai sensi del punto 13 degli Orientamenti del 2006. Pertanto, il punto 18 di tali orientamenti, che non è stato applicato nella decisione impugnata e che la ricorrente riconosce che non fosse applicabile nel caso di specie, è privo di pertinenza.

373    Occorre dunque respingere il presente motivo e dichiarare che la Commissione ha incluso correttamente e senza violare il principio della tutela del legittimo affidamento le vendite di servizi di trasporto merci in entrata nel valore delle vendite.

9.      Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità per quanto riguarda la riduzione generale del 15% 

374    La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità fissando a un livello eccessivamente basso la riduzione generale del 15%.

375    In primo luogo, la ricorrente asserisce che la Commissione non ha tenuto sufficientemente conto del regime normativo giapponese. Gli ASA che disciplinano i collegamenti tra il Giappone, da un lato, e la Francia, la Germania, l’Italia e i Paesi Bassi, dall’altro, contemplerebbero tutti disposizioni che impongono ai vettori designati di concludere tra loro accordi sulle tariffe. In aggiunta, la legge giapponese obbligherebbe, a pena di sanzioni, le compagnie locali e straniere a chiedere l’approvazione dell’Ufficio giapponese per l’aviazione civile (BJAC) per stabilire le tariffe o le tasse che esse applicano in materia di servizi di trasporto merci sui voli da o verso il Giappone. Gli accordi così approvati beneficerebbero, in linea di principio, di un’immunità ai sensi del diritto giapponese in materia di concorrenza. La ricorrente fa valere che tale regime normativo l’ha fortemente incoraggiata ad accordarsi con altri vettori e che, pertanto, la Commissione avrebbe dovuto concederle a tale titolo una riduzione dell’importo dell’ammenda superiore al 15%.

376    In secondo luogo, la ricorrente invoca due decisioni con le quali la Commissione ha concesso alle imprese interessate riduzioni del 30% o del 40% dell’importo dell’ammenda loro inflitta con la motivazione che il regime normativo applicabile le aveva indotte ad adottare accordi anticoncorrenziali.

377    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

378    In proposito occorre ricordare che il punto 27 degli Orientamenti del 2006 prevede che, nella determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione possa prendere in considerazione circostanze che comportano un incremento o una riduzione dell’importo di base fondandosi su una valutazione globale che tenga conto di tutte le circostanze rilevanti.

379    Il punto 29 degli Orientamenti del 2006 dispone che l’importo di base dell’ammenda possa essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti. Il suddetto punto elenca, a titolo indicativo e non limitativo, cinque tipi di circostanze attenuanti di cui è possibile tener conto, tra cui il fatto che il comportamento anticoncorrenziale in questione sia stato autorizzato o incoraggiato dalle autorità pubbliche o dalla legge.

380    Al punto 1263 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che nessun regime normativo aveva imposto ai vettori incriminati di accordarsi sulle loro tariffe. Tuttavia, ai punti 1264 e 1265 di detta decisione, essa ha ritenuto che taluni regimi regolamentari, tra cui quello del Giappone, avessero potuto indurre i vettori incriminati ad adottare un comportamento anticoncorrenziale e, di conseguenza, ha concesso loro la riduzione generale del 15%, conformemente al punto 29 degli Orientamenti del 2006.

381    Orbene, nelle proprie memorie, la ricorrente si limita a sostenere che gli ASA e le disposizioni legislative applicabili in Giappone hanno potuto indurla ad accordarsi con altri vettori. Invece, essa non fa valere alcun elemento di diritto o di fatto che la Commissione avrebbe omesso di tenere in considerazione nella decisione impugnata e che consentirebbe di suffragare la censura secondo cui la riduzione generale del 15% sarebbe insufficiente. Si deve quindi affermare che la ricorrente non ha dimostrato l’insufficienza di tale riduzione e, di conseguenza, una violazione del principio di proporzionalità.

382    Inoltre, anche supponendo che, con le sue affermazioni secondo cui gli ASA conclusi dal Giappone «richiedono» una concertazione sui prezzi tra i vettori designati, la ricorrente intenda rimettere in discussione l’analisi della Commissione contenuta al punto 1263 della decisione impugnata secondo cui detti ASA hanno solo incentivato o agevolato l’adozione di comportamenti anticoncorrenziali, la sua argomentazione deve essere del pari respinta. In primo luogo, va osservato che gli ASA o hanno incoraggiato il comportamento contestato sui collegamenti SEE-Giappone, nel qual caso una riduzione dell’ammenda può essere giustificata ai sensi del punto 29 degli Orientamenti del 2006, oppure lo hanno imposto, nel qual caso non avrebbe potuto accertarsi alcuna infrazione alle regole di concorrenza, né alcuna sanzione avrebbe potuto essere inflitta per detto comportamento (v., in questo senso, sentenza dell’11 novembre 1997, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, C‑359/95 P e C‑379/95 P, EU:C:1997:531, punto 33 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie la ricorrente non sostiene che il quadro normativo giapponese ostasse a che la Commissione constatasse e sanzionasse una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE-Giappone.

383    Orbene, nella misura in cui la ricorrente afferma, in sostanza, nell’ambito della presente parte, che gli ASA conclusi dal Giappone richiedevano un coordinamento, la sua argomentazione deve essere respinta come inoperante in quanto, ammesso che sia fondata, essa vizierebbe la constatazione dell’infrazione e non l’applicazione del punto 29 degli orientamenti del 2006, di cui trattasi nella presente parte.

384    In risposta ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, la ricorrente non ha neppure chiarito se essa facesse valere un obbligo o un mero incoraggiamento. Essa ha infatti affermato che la normativa pertinente «esige[va] un coordinamento», che «vi [erano] stati incentivi» e infine che esisteva un «sistema che mirava a incoraggiare le persone a rispettare una determinata disposizione».

385    In secondo luogo, e in ogni caso, occorre rilevare che l’argomentazione della ricorrente si basa su una analisi erronea degli ASA in questione. La clausola pertinente degli ASA prevede che un accordo a livello della IATA debba essere ottenuto «per quanto possibile», il che non dimostra l’esistenza di un obbligo. La stessa clausola prevede che, nel caso in cui un accordo non fosse possibile, le tariffe da applicare «per ciascun collegamento» dovranno essere fissate di comune accordo «tra le compagnie designate interessate». Invece, detta clausola non può essere interpretata nel senso di richiedere discussioni multilaterali sulle tariffe applicabili a diversi collegamenti.

386    Per quanto riguarda i riferimenti alle precedenti decisioni della Commissione, è sufficiente ricordare che il solo fatto che la Commissione abbia concesso, nella sua precedente prassi decisionale, una certa percentuale di riduzione per un determinato comportamento non implica che essa sia tenuta a concedere la medesima riduzione in occasione della valutazione di un comportamento analogo nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo (v. sentenza del 6 maggio 2009, KME Germany e a./Commissione, T‑127/04, EU:T:2009:142, punto 140 e giurisprudenza ivi citata). La ricorrente, pertanto, non può avvalersi della riduzione dell’importo di ammende concessa in altri procedimenti.

387    Nella misura in cui la ricorrente chiede al Tribunale di pronunciarsi sul carattere adeguato della riduzione generale del 15%, è sufficiente rilevare che quest’ultimo rientra nell’esercizio della competenza giurisdizionale di merito e sarà quindi effettuato in tale contesto (v. infra, punto 447).

388    Da quanto precede risulta che il nono motivo è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

10.    Sul decimo motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione, del principio di proporzionalità nonché, in sostanza, dellobbligo di motivazione a causa del rifiuto della Commissione di ridurre limporto dellammenda a titolo della partecipazione limitata della ricorrente allinfrazione unica e continuata

389    La ricorrente sostiene che la Commissione ha erroneamente omesso di concederle la riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda che quest’ultima ha concesso alle compagnie Air Canada, Latam, SAS e Qantas, per il motivo della limitata partecipazione di tali vettori all’infrazione unica e continuata. Essa ritiene di trovarsi nella stessa situazione di detti vettori e che il rifiuto della Commissione di concederle una riduzione è discriminatorio.

390    La ricorrente fa infatti valere che essa operava ai margini dell’infrazione descritta nella decisione impugnata e intratteneva contatti in numero limitato, su un numero circoscritto di collegamenti e in modo passivo. Il ruolo della SAS e della Qantas nell’ambito dell’intesa controversa sarebbe stato molto simile al suo.

391    Inoltre, la ricorrente sostiene che il suo coinvolgimento nel rifiuto di pagare commissioni non era certamente più rigido di quello della SAS o della Qantas, come è attestato, a suo avviso, da una serie di messaggi di posta elettronica della Qantas relativi al pagamento di una commissione sui sovrapprezzi.

392    Secondo la ricorrente, la distinzione operata dalla Commissione tra la stessa e i suddetti due vettori non è obiettivamente giustificata e, in ogni caso, non è sufficientemente motivata. Inoltre, la Commissione non avrebbe esaminato specificamente la sua situazione alla luce del punto 29 degli Orientamenti del 2006.

393    La Commissione contesta l’argomentazione della ricorrente.

394    In proposito, occorre ricordare che il punto 29 degli Orientamenti del 2006 prevede, tra i tipi di circostanze attenuanti di cui è possibile tener conto per ridurre l’importo di base dell’ammenda, il carattere sostanzialmente marginale della partecipazione all’infrazione dell’impresa interessata.

395    Anzitutto, quanto alla censura della ricorrente relativa alla mancata applicazione, nei suoi confronti, del criterio della partecipazione sostanzialmente marginale menzionato al punto 29 degli Orientamenti del 2006, occorre ricordare che il criterio della partecipazione sostanzialmente marginale è più rigoroso di quello relativo al ruolo emulativo o esclusivamente passivo dell’impresa condannata: esso riflette la scelta della Commissione, al momento della sostituzione degli Orientamenti del 1998 di cui al precedente punto 301 con gli Orientamenti del 2006, di non «incoraggiare» il comportamento passivo dei partecipanti a un’infrazione alle regole di concorrenza (sentenza del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punto 114).

396    L’applicazione del criterio della partecipazione sostanzialmente marginale postula che siano soddisfatte varie condizioni, talune delle quali condividono con il criterio del ruolo esclusivamente passivo gli stessi elementi di valutazione: è il caso, in particolare, della frequenza della partecipazione alle riunioni rispetto agli altri membri dell’intesa o la percezione, da parte degli altri partecipanti all’intesa, del ruolo svolto in quest’ultima dall’impresa in questione (v., in questo senso, sentenze del 12 dicembre 2014, Eni/Commissione, T‑558/08, EU:T:2014:1080, punti 190 e 191, e del 12 luglio 2018, Sumitomo Electric Industries e J-Power Systems/Commissione, T‑450/14, non pubblicata, EU:T:2018:455, punti da 117 a 119).

397    Orbene, al punto 1257 della decisione impugnata, la Commissione ha asserito che la ricorrente non aveva svolto un ruolo passivo o secondario nell’infrazione unica e continuata, né che la sua partecipazione all’infrazione fosse stata sostanzialmente marginale. In tale decisione, essa si è basata al riguardo, da un lato, sulla frequenza e sulla natura dei contatti intrattenuti dalla ricorrente con gli altri vettori durante tutto il periodo dell’infrazione (punto 1253) e, dall’altro, sull’assenza di qualsiasi elemento addotto dalla ricorrente atto a dimostrare la mancanza di un suo intento anticoncorrenziale (punto 1254). Essa ha quindi escluso la concessione alla ricorrente di una riduzione dell’importo di base dell’ammenda a tale titolo.

398    Pertanto, non è dimostrato che la Commissione abbia errato nel rifiutare di riconoscere alla ricorrente il beneficio di una circostanza attenuante relativa alla sua partecipazione sostanzialmente marginale all’infrazione unica e continuata.

399    Supponendo che la ricorrente faccia anche riferimento agli altri esempi di circostanze attenuanti menzionati al punto 29 degli Orientamenti del 2006, essa non rinvia specificamente ad alcuno di essi e, a fortiori, non adduce alcuna circostanza tale da giustificare che le venga concessa una riduzione dell’ammenda su tale base. In mancanza di elementi concreti a sostegno di tali affermazioni, il Tribunale deve respingerle.

400    Inoltre, per quanto riguarda il presunto trattamento discriminatorio di cui la ricorrente sarebbe stata oggetto rispetto ai vettori che hanno beneficiato della riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda, occorre ricordare che, ai punti 1258 e 1259 della decisione impugnata la Commissione ha ritenuto che la Latam, l’Air Canada e la SAS avessero avuto una partecipazione limitata nell’infrazione unica e continuata, in quanto operavano ai margini dell’intesa controversa, intrattenevano contatti in numero limitato con altri vettori e non avevano partecipato a tutte le componenti dell’infrazione. Essa ha di conseguenza concesso loro una riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda. Nella decisione del 9 novembre 2010, essa aveva altresì accordato, allo stesso titolo e per le medesime ragioni, una siffatta riduzione alla Qantas. Invece, essa non ha ritenuto che dovesse concludersi che la ricorrente avesse avuto una partecipazione limitata all’infrazione unica e continuata e, di conseguenza, non le ha concesso una riduzione dell’importo di base dell’ammenda a tale titolo.

401    Al precedente punto 399, il Tribunale ha dichiarato che non era dimostrato che la la ricorrente avesse avuto un ruolo passivo nell’infrazione unica e continuata o avesse partecipato in modo sostanzialmente marginale alla stessa. In tali circostanze, anche supponendo che la ricorrente dimostri che si trovava in una situazione analoga a quella dei vettori beneficiari della riduzione del 10% dell’importo di base dell’ammenda, ciò equivarrebbe in sostanza, per essa, ad avvalersi di illeciti commessi nella determinazione dell’importo dell’ammenda inflitta a tali altri vettori.

402    In ogni caso, nell’ambito del presente motivo, si deve osservare che la situazione della ricorrente non era paragonabile a quella degli altri vettori menzionati al precedente punto 385 ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante relativa alla partecipazione limitata all’infrazione.

403    Infatti, occorre rilevare che, a differenza di tali vettori, la ricorrente ha direttamente partecipato alle tre componenti dell’infrazione unica e continuata (punti da 881 a 883 della decisione impugnata), circostanza che essa non contesta. Orbene, dal punto di vista del suo contributo alla gravità dell’intesa controversa, il fatto che un’impresa sia ritenuta responsabile, per talune componenti di un’infrazione unica e continuata, in considerazione del suo coinvolgimento diretto nel comportamento controverso configura una circostanza pertinente idonea a differenziare la sua situazione da quella delle imprese ritenute responsabili unicamente a motivo della loro conoscenza, presunta o accertata, di tale comportamento.

404    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente segnatamente in relazione alla SAS e alla Qantas, gli elementi del fascicolo attestano un livello di coinvolgimento della prima nel rifiuto di pagare commissioni che non è paragonabile a quello di queste ultime. Infatti, come emerge dalla decisione impugnata, la ricorrente ha partecipato a varie discussioni multilaterali relative a tale componente dell’infrazione unica e continuata nell’ambito dell’ACCS in Svizzera (punti 692 e 693) e in Italia, nell’ambito dell’Italian Board of Airline Representatives (Ufficio italiano dei rappresentanti delle compagnie aeree; in prosieguo: l’«IBAR») (punto 694), nei locali della Lufthansa in Italia (punto 695) e a Milano (punto 696). Tale situazione contrasta anzitutto con quella della Qantas, nei confronti della quale solo uno scambio bilaterale con la British Airways corroborerebbe, eventualmente, l’accertamento del suo coinvolgimento in detta componente dell’infrazione (punto 685). Tale situazione diverge poi da quella della SAS. Al riguardo, contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, il fatto che la SAS sia membro dell’ACCS è indifferente, poiché la sua partecipazione agli scambi in questione di cui ai punti 692 e 693 di tale decisione non è stata dedotta. La ricorrente cita altresì due contatti multilaterali, menzionati rispettivamente ai punti 503 e 686 di detta decisione, ai quali avevano partecipato sia la SAS che la ricorrente. Orbene, da un lato, la ricorrente afferma erroneamente che la Commissione si è basata sul primo per dimostrare la sua partecipazione al rifiuto di pagare commissioni, dato che tale elemento di prova è servito solo in relazione alla parte relativa all’SPC. Dall’altro, sebbene sia vero che la SAS fosse coinvolta nello scambio di cui al punto 686 della medesima decisione, tale contatto deve essere posto in relazione con gli altri contatti che coinvolgevano la ricorrente e che sono stati ricordati poc’anzi. Infatti, tali contatti rimangono più numerosi e diversificati rispetto a quelli che hanno coinvolto la SAS, anche dopo aver tenuto conto dei contatti fatti valere dalla ricorrente e riportati nel fascicolo, ma non menzionati nella decisione in questione e nell’ambito dei quali la SAS avrebbe gestito, con diversi vettori concorrenti, la richiesta di uno spedizioniere diretta ad ottenere una commissione sui sovrapprezzi.

405    Inoltre, è anche alla luce dei limitati contatti con altri vettori che la Commissione ha ritenuto che la SAS avesse partecipato in misura più limitata all’infrazione, come si evince dal precedente punto 385. Orbene, la ricorrente non fornisce alcun elemento idoneo a confutare l’affermazione che essa era implicata in un numero maggiore di contatti con un maggior numero di vettori.

406    Ne consegue che, nella misura in cui la situazione della ricorrente differisce da quella dei vettori cui è stata concessa una riduzione in ragione della loro limitata partecipazione all’infrazione unica e continuata, essa non può legittimamente lamentare un trattamento discriminatorio. Di conseguenza, deve essere parimenti respinta la censura della ricorrente, relativa ad un’insufficiente motivazione del carattere obiettivamente giustificato della distinzione operata, in quanto essa si fonda sulla premessa, erronea, che la sua situazione fosse paragonabile a quella degli altri vettori in questione.

407    Infine, con la sua censura relativa alla violazione del principio di proporzionalità, la ricorrente intende eccepire, in sostanza, il carattere sproporzionato dell’importo dell’ammenda in relazione alla sua presunta partecipazione limitata.

408    Orbene, nel caso di specie, in primo luogo, come risulta anzitutto dalla decisione impugnata, la ricorrente era direttamente coinvolta nelle tre componenti dell’infrazione unica e continuata (v. precedenti punti 388 e 389). Tale constatazione non è inficiata dalla sua affermazione secondo cui la sua partecipazione alla componente di detta infrazione relativa al rifiuto di pagare commissioni mirava unicamente a reagire agli sforzi concertati degli spedizionieri e non aveva come scopo un coordinamento tariffario. Occorre infatti constatare che tale affermazione si fonda su due premesse errate, l’una in diritto e l’altra in fatto

409    Infatti, è vero che dai considerando da 675 a 702 della decisione impugnata, compresi quelli specificamente invocati contro la ricorrente, risulta che la questione del pagamento delle commissioni è stata oggetto di interpretazioni giuridiche divergenti tra vettori e spedizionieri. Tuttavia, i vettori accusati non si sono limitati a definire una posizione comune in materia e a difenderla in modo coordinato davanti ai giudici competenti o a promuoverla collettivamente davanti alle autorità pubbliche e ad altre associazioni professionali. Al contrario, i vettori accusati hanno concordato – a livello multilaterale – di rifiutare di negoziare il pagamento delle commissioni con gli spedizionieri e di concedere loro sconti sulle sovrattasse. Così, al punto 695 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto riferimento a un messaggio di posta elettronica del 19 maggio 2005, in cui un responsabile regionale della Swiss in Italia afferma che «tutti [i partecipanti a una riunione tenutasi il 12 maggio 2005 avevano] confermato [la loro] volontà di non accettare remunerazioni STC/STS». Al punto 696 della decisione impugnata viene citato un messaggio interno di posta elettronica del 14 luglio 2005 in cui la CPA afferma che, «tutti [i partecipanti a una riunione tenutasi il giorno prima, tra cui la ricorrente] hanno confermato la ferma intenzione di non accettare trattative relative» al pagamento di commissioni. Analogamente, al punto 700 della stessa decisione, la Commissione ha fatto riferimento a un messaggio interno di posta elettronica in cui un dipendente della Cargolux informava la sua sede centrale di una riunione «con tutt[i vettori] che operano all’aeroporto di [Barcellona]» e dichiarava che «è opinione generale che non dovremmo pagare commissioni sui sovrapprezzi».

410    Risulta altresì dalla decisione impugnata che diversi vettori si sono scambiati informazioni – a livello bilaterale – per assicurarsi a vicenda la loro continua aderenza al rifiuto di pagamento delle commissioni precedentemente concordato. A titolo illustrativo, il punto 688 di tale decisione descrive una conversazione telefonica del 9 febbraio 2006 in cui la Lufthansa ha chiesto all’AF se la sua posizione sul rifiuto di pagare le commissioni fosse rimasta invariata.

411    In diritto, nella misura in cui la ricorrente sostiene che il rifiuto di pagamento delle commissioni era una risposta legittima alla condotta asseritamente illecita degli spedizionieri, occorre ricordare che un’impresa non può avvalersi del comportamento di altre imprese, sia pure illecito o sleale, per giustificare violazione delle norme in materia di concorrenza (v., in questo senso, sentenza dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione, T‑50/00, EU:T:2004:220, punto 333, e del 12 luglio 2018, LS Cable & System/Commissione, T‑439/14, non pubblicata, EU:T:2018:451, punto 53).

412    Infatti, spetta alle autorità pubbliche e non ad imprese o ad associazioni di imprese private garantire il rispetto delle prescrizioni di legge (sentenza del 7 febbraio 2013, Slovenská sporiteľňa, C‑68/12, EU:C:2013:71, punto 20). Le imprese non possono farsi giustizia da sole sostituendosi a dette autorità nel sanzionare eventuali violazioni del diritto dell’Unione europea in materia di concorrenza e nell’ostacolare la concorrenza nel mercato interno con misure adottate di propria iniziativa. Ciò è tanto più vero quando ci sono mezzi legali attraverso i quali esse possono far valere i loro diritti presso dette autorità (v. in questo senso, sentenza del 12 dicembre 1991, Hilti/Commission, T‑30/89, EU:T:1991:70, punti 117 e 118).

413    Orbene, nel caso di specie la ricorrente non dimostra e nemmeno afferma che tali mezzi legali siano mancati.

414    In secondo luogo, come giustamente rilevato dalla Commissione, né il numero di contatti anticoncorrenziali rilevati nella decisione impugnata ai quali la ricorrente ha partecipato, che ammontano a circa 75, né il numero di altri vettori coinvolti in detti contatti, ossia nove vettori incriminati in totale, possono essere qualificati come limitati nel loro numero e nella loro intensità.

415    In terzo luogo, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la sua partecipazione all’intesa controversa non consisteva essenzialmente nel ricevere passivamente gli annunci comunicati dagli altri vettori. Infatti, è sufficiente rilevare che la decisione impugnata menziona numerose riunioni e discussioni bilaterali e multilaterali che eccedono la mera ricezione di annunci tariffari per posta elettronica (v. punti da 762 a 764).

416    Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto.

417    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre accogliere la seconda parte del primo motivo. Di conseguenza, occorre annullare l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), nella sua interezza, e paragrafo 4, lettera h), della decisione impugnata.

418    Per contro, tale illegittimità non può essere considerata tale da comportare l’annullamento della decisione impugnata nella sua totalità. Sebbene la Commissione abbia violato le norme sulla prescrizione sanzionando la ricorrente per l’infrazione unica e continuata per i collegamenti intra-SEE e Unione‑Svizzera, infatti, si deve rilevare che la ricorrente non ha dimostrato, nell’ambito del presente ricorso, che la Commissione avesse commesso un errore nel constatare la sua partecipazione all’infrazione considerata.

419    Per il resto, le conclusioni dirette all’annullamento devono essere respinte.

B.      Sulle conclusioni dirette alla modifica dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente

420    A sostegno delle sue conclusioni dirette alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale, la ricorrente deduce un unico motivo. Tale motivo verte sull’inadeguatezza dell’importo di detta ammenda e si suddivide in undici argomenti.

421    I primi quattro argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno delle presenti conclusioni vertono, in sostanza, sul calcolo del valore delle vendite:

–        con il suo primo argomento, la ricorrente fa valere che la prescrizione osta a che essa venga sanzionata per comportamenti relativi ai collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera;

–        con il suo secondo argomento, la ricorrente sostiene che, nell’ipotesi in cui il Tribunale accogliesse il quinto o l’ottavo motivo e annullasse la decisione impugnata nella parte relativa ai servizi di trasporto merci in entrata, occorrerebbe escludere i ricavi da essa realizzati per tali servizi ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda o ridurre conseguentemente l’importo dell’ammenda secondo le modalità che il Tribunale ritenesse adeguate;

–        con il suo terzo argomento, la ricorrente addebita alla Commissione di aver violato gli Orientamenti del 2006 nonché il principio di tutela del legittimo affidamento includendo nel valore delle vendite i ricavi provenienti da servizi di trasporto merci in entrata;

–        con il suo quarto argomento, la ricorrente adduce che, poiché la Commissione ha escluso le tariffe dal perimetro dell’infrazione unica e continuata, occorre escludere gli introiti che essa ne ha ottenuto dal valore delle vendite o ridurre l’importo dell’ammenda riportandola al livello che il Tribunale ritenesse opportuno.

422    Il quinto e il sesto argomento che la ricorrente invoca a sostegno delle presenti conclusioni vertono, in sostanza, sul coefficiente di gravità e sull’importo supplementare:

–        con il suo quinto argomento, in risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, la ricorrente sostiene che l’esclusione dei collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera dall’ambito geografico dell’infrazione unica e continuata è tale da giustificare una riduzione del coefficiente di gravità;

–        con il suo sesto argomento, la ricorrente fa valere che, poiché l’infrazione unica e continuata non ha avuto alcun effetto apprezzabile sul gioco della concorrenza, deve essere concessa una significativa riduzione dell’importo dell’ammenda.

423    Gli argomenti dal settimo all’undicesimo addotti dalla ricorrente a sostegno delle presenti conclusioni vertono, in sostanza, sugli adeguamenti da apportare all’importo di base:

–        con il suo settimo argomento, la ricorrente sostiene che la Commissione non ha tenuto sufficientemente conto del regime normativo giapponese al momento della fissazione dell’importo dell’ammenda e che, pertanto, la riduzione generale del 15% dovrebbe essere notevolmente aumentata di conseguenza e fissata al livello superiore che il Tribunale riterrà adeguato;

–        con il suo ottavo argomento, la ricorrente adduce che, nell’ipotesi in cui il Tribunale annullasse la decisione impugnata nella parte in cui riguarda il rifiuto di pagare commissioni, che sarebbe soltanto una risposta alla concertazione degli spedizionieri, occorrerebbe ridurre l’importo dell’ammenda di conseguenza e riportarla al livello che il Tribunale riterrà adeguato;

–        con il suo nono argomento, la ricorrente rimprovera alla Commissione di aver violato i suoi diritti della difesa e i principi di non discriminazione e di proporzionalità applicando, a suo discapito, diversi livelli di prova a diversi vettori;

–        con il suo decimo argomento, la ricorrente fa valere che la Commissione ha violato i principi di non discriminazione e di proporzionalità riservandole un trattamento diverso da quello concesso all’Air Canada, alla Latam, alla SAS e alla Qantas al momento della fissazione dell’importo dell’ammenda, mentre la sua partecipazione all’infrazione unica e continuata sarebbe stata oggettivamente simile a quella della SAS e in particolare della Qantas;

–        con il suo undicesimo argomento, la ricorrente afferma che, poiché la Commissione ha ammesso, nella sua precedente prassi, che infrazioni riguardanti solo una parte della tariffazione rivestono una minore gravità, l’infrazione unica e continuata, che avrebbe riguardato solo i sovrapprezzi e non l’intero prezzo dei servizi di trasporto merci, giustifica una significativa riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di circostanze attenuanti.

424    La Commissione chiede il rigetto delle conclusioni della ricorrente e chiede che le venga revocato il beneficio della riduzione generale del 50% e quella del 15 % nell’ipotesi in cui il Tribunale dichiarasse che il fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata non poteva essere incluso nel valore delle vendite.

425    Nel diritto della concorrenza dell’Unione, il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice dell’Unione, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda o la penalità irrogata (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

426    Tale esercizio presuppone, in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, che siano prese in considerazione, per ciascuna impresa sanzionata, la gravità dell’infrazione in questione nonché la sua durata, nel rispetto dei principi, in particolare, di motivazione, di proporzionalità, di personalità delle sanzioni e di parità di trattamento e senza che il giudice dell’Unione sia vincolato dalle regole indicative definite dalla Commissione nei suoi orientamenti (v., in questo senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 90). Occorre tuttavia sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito prevista all’articolo 261 TFUE e all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 non equivale ad un controllo d’ufficio e che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico, che devono essere sollevati d’ufficio dal giudice, spetta al ricorrente sollevare motivi contro la decisione controversa e addurre elementi probatori per corroborare tali motivi (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 64).

427    Spetta quindi al ricorrente identificare gli elementi contestati della decisione impugnata, formulare censure a tale riguardo e addurre prove, che possono essere costituite da seri indizi, volte a dimostrare che le proprie censure sono fondate (sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 65).

428    Per soddisfare i requisiti di un sindacato esteso al merito ai sensi dell’articolo 47 della Carta per quanto riguarda l’ammenda, il giudice dell’Unione è a sua volta tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (v. sentenza del 18 dicembre 2014, Commissione/Parker Hannifin Manufacturing e Parker‑Hannifin, C‑434/13 P, EU:C:2014:2456, punto 75 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch Austria/Commissione, C‑626/13 P, EU:C:2017:54, punto 82).

429    Infine, nel determinare l’importo delle multe, spetta allo stesso giudice dell’Unione valutare le circostanze del caso di specie e il tipo di infrazione in questione (sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 89) e prendere in considerazione tutte le circostanze di fatto (v., in questo senso, sentenza del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, EU:C:2009:505, punto 86), incluse, se del caso, informazioni aggiuntive non menzionate nella decisione della Commissione che impone l’ammenda (v., in questo senso, sentenze del 16 novembre 2000, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, C‑286/98 P, EU:C:2000:630, punto 57, e del 12 luglio 2011, Fuji Electric/Commissione, T‑132/07, EU:T:2011:344, punto 209).

430    Nel caso di specie spetta al Tribunale, nell’esercizio della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, determinare, alla luce degli argomenti addotti dalle parti a sostegno delle presenti conclusioni, l’importo dell’ammenda che ritiene più adeguato, tenuto conto in particolare dei rilievi effettuati nell’ambito dell’esame dei motivi dedotti a sostegno delle conclusioni di annullamento e del motivo rilevato d’ufficio, e considerate tutte le pertinenti circostanze di fatto.

431    Il Tribunale ritiene che, per determinare l’importo dell’ammenda da infiggere alla ricorrente, non sia opportuno discostarsi dal metodo di calcolo seguito dalla Commissione nella decisione impugnata e rispetto al quale esso non ha in precedenza stabilito che fosse viziato da illegittimità come risulta dall’esame dei motivi dal settimo al decimo di cui sopra. Infatti, sebbene spetti al giudice, nell’ambito della sua competenza estesa al merito, valutare egli stesso le circostanze del caso di specie e il tipo di infrazione di cui trattasi per determinare l’importo dell’ammenda, l’esercizio di una competenza estesa al merito non può portare, nella determinazione dell’importo delle ammende inflitte, a una discriminazione tra le imprese che hanno partecipato a un accordo o a una pratica concordata contrari all’articolo 101 TFUE, all’articolo 53 dell’accordo SEE e all’articolo 8 dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo. Di conseguenza, le indicazioni che possono essere dedotte dagli orientamenti sono idonee, in linea di massima, a guidare i giudici dell’Unione quando esercitano detta competenza, dato che tali orientamenti sono stati applicati dalla Commissione ai fini del calcolo dell’importo delle ammende inflitte alle altre imprese sanzionate mediante la decisione di cui essi sono chiamati a conoscere (v., in tal senso, sentenza del 6 dicembre 2012 Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

432    In tali circostanze, anzitutto, si deve osservare che il totale del valore delle vendite realizzate dalla ricorrente nel 2005 ammontava a EUR 259 640 939. Tale valore non include alcun reddito generato sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera, che il Tribunale di primo grado ha considerato, ai precedenti punti da 165 a 189, non rientrare nel perimetro dell’infrazione unica e continuata. Dalle risposte della ricorrente alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale, infatti, risulta che essa non ha realizzato alcun fatturato su tali collegamenti nel corso del 2005.

433    Per quanto riguarda il primo argomento invocato a supporto delle presenti conclusioni, relativo alla prescrizione, occorre osservare che esso rinvia alla seconda parte del primo motivo. Il Tribunale ha accolto tale motivo ai precedenti punti da 192 a 223 e, di conseguenza, ha annullato l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo 4, lettera h), della decisione impugnata. Tali paragrafi riguardano, rispettivamente, i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Orbene, nel corso del periodo pertinente la ricorrente non ha realizzato alcun fatturato su tali collegamenti. Il presente argomento deve pertanto essere respinto.

434    Per quanto riguarda il secondo e il terzo argomento, vertenti sull’inclusione nel valore delle vendite del fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata, occorre osservare che essi si confondono rinviano al quinto e all’ottavo motivo invocati a sostegno delle conclusioni dirette all’annullamento. Orbene, il Tribunale ha esaminato e respinto tali motivi rispettivamente ai precedenti punti da 77 a 164 e ai punti da 354 a 373 e nell’argomentazione addotta a loro sostegno non vi sono ragioni che consentano di ritenere che inclusione nel valore delle vendite del fatturato derivante dalle vendite di servizi di trasporto merci in entrata fosse tale da condurre a determinare un valore delle vendite inadeguato. Al contrario, escludere dal valore delle vendite il fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata impedirebbe di infliggere alla ricorrente un’ammenda commisurata alla nocività della sua partecipazione all’intesa controversa sul normale gioco della concorrenza (v., in questo senso, sentenza del 28 giugno 2016, Portugal Telecom/Commissione, T‑208/13, EU:T:2016:368, punto 236).

435    Per quanto riguarda il quarto argomento invocato a sostegno delle presenti conclusioni, che verte in sostanza sull’inclusione del prezzo totale dei servizi di trasporto merci nel valore delle vendite, occorre rilevare che esso rinvia alla prima parte del settimo motivo dedotto a sostegno delle conclusioni dirette all’annullamento. Orbene, il Tribunale ha esaminato e respinto tale parte ai precedenti punti da 286 a 313 e nell’argomentazione addotta dalla ricorrente suo sostegno non vi sono elementi che consentano di ritenere che l’inclusione nel valore delle vendite del prezzo totale dei servizi di trasporto merci fosse tale da condurre a determinare un valore delle vendite inadeguato. Al contrario, escludere dal valore delle vendite gli elementi del prezzo dei servizi di trasporto merci diversi dai sovrapprezzi equivarrebbe a minimizzare artificiosamente l’importanza economica dell’infrazione unica e continuata.

436    Occorre poi rilevare che, per i motivi indicati ai punti da 1198 a 1212 della decisione impugnata, l’infrazione unica e continuata merita un coefficiente di gravità situato del 16 %.

437    Il quinto e il sesto argomento non dimostrano il contrario. Il quinto argomento presupponeva infatti che il Tribunale accogliesse il motivo sollevato d’ufficio. Poiché quest’ultimo è stato respinto, il quinto argomento deve essere respinto.

438    Per quanto attiene all’assenza di effetti apprezzabili dell’infrazione unica e continuata sul gioco della concorrenza, oggetto del sesto argomento, è sufficiente ricordare che l’importo di un’ammenda non può essere considerato inadeguato solo perché non riflette il danno economico che è stato o che può essere stato causato dalla presunta infrazione (sentenza del 29 febbraio 2016, Schenker/Commissione, T‑265/12, EU:T:2016:111, punto 287).Tale argomento non giustifica quindi una riduzione del coefficiente di gravità.

439    Quanto all’argomento addotto nella seconda parte del primo motivo, secondo cui l’annullamento dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e 4, lettera h), della decisione impugnata giustificherebbe una riduzione del coefficiente di gravità, occorre rilevare che esso non riguarda l’infrazione unica e continuata in quanto tale, ma il grado di partecipazione della ricorrente ad essa. Conformemente alla giurisprudenza, tale annullamento può quindi essere preso in considerazione come circostanza attenuante e non nella fase di determinazione del coefficiente di gravità (v., in questo senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Roca/Commissione, C‑638/13 P, EU:C:2017:53, punto 67 e giurisprudenza citata).

440    Per quanto riguarda l’importo supplementare, per le stesse ragioni esposte ai punti da 1198 a 1212 della decisione impugnata e alla luce delle considerazioni esposte ai precedenti punti da 345 a 348, il Tribunale ritiene che un importo supplementare del 16% sia adeguato.

441    Inoltre, si deve osservare che, poiché la partecipazione della ricorrente all’infrazione unica e continuata non può essere legittimamente accertata per quanto riguarda i collegamenti intra-SEE e Unione‑Svizzera, i fattori di moltiplicazione adottati ai punti 1214 e 1216 della decisione impugnata non possono essere presi in considerazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda.

442    Si deve tuttavia tener conto del fatto che, in mancanza del fatturato realizzato dalla ricorrente sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera e tenuto conto del metodo utilizzato dalla Commissione nella decisione impugnata di attribuire a ciascuna categoria di collegamento interessato un valore di vendita specifico calcolato sulla base del fatturato realizzato dall’impresa su tale categoria di collegamenti (v. il precedente punto 53), il valore delle vendita adottato rispettivamente per i collegamenti intra-SEE e per i collegamenti Unione-Svizzera è, nel caso della ricorrente, pari a zero. Così, il fattore di moltiplicazione relativo alla durata della partecipazione della ricorrente all’infrazione unica e continuata è stato applicato ad una base pari a zero nel caso dei collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera. Di conseguenza, il fatto che il Tribunale, non discostandosi dal metodo appena descritto, si astenga tuttavia dal prendere in considerazione i fattori di moltiplicazione indicati ai punti 1214 e 1216 della decisione impugnata non è tale da ridurre l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente. In altri termini, con il metodo utilizzato dalla Commissione per calcolare l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, quest’ultima si è già sostanzialmente sottratta all’imposizione di un’ammenda per quanto riguarda la sua responsabilità per l’infrazione unica e continuata nella misura in cui essa riguarda i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera.

443    Per quanto riguarda i fattori di moltiplicazione relativi ai collegamenti Unione‑paesi terzi e SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi, che non sono oggetto di contestazione, essi devono rimanere fissati rispettivamente a 1 e 9/12 e a 8/12.

444    L’importo di base dell’ammenda deve pertanto essere fissato in EUR 111 331 780.

445    Quanto alla riduzione generale del 50%, non si può accogliere la domanda della Commissione di revocarne il beneficio alla ricorrente. Come risulta dal controricorso, tale domanda presuppone che il Tribunale dichiari che il fatturato proveniente dalla vendita di servizi di trasporto merci in entrata non potesse essere incluso nel valore delle vendite. Orbene, il Tribunale ha rifiutato di farlo al precedente punto 435.

446    Di conseguenza, l’importo di base dell’ammenda dopo applicazione della riduzione generale del 50 %, che si applica solo all’importo di base nella misura in cui riguarda i collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi e Unione- paesi terzi (v. punto 1241 della decisione impugnata), che la ricorrente non ha contestato nelle conclusioni dirette all’annullamento e che non è inadeguato, deve essere fissato, dopo arrotondamento, a EUR 55 000 000. A tal proposito, il Tribunale ritiene opportuno arrotondare tale importo di base per difetto alle prime due cifre, tranne nei casi in cui tale riduzione rappresenti più del 2% dell’importo prima dell’arrotondamento, nel qual caso tale importo viene arrotondato alle prime tre cifre. Tale metodo è oggettivo, permette a tutti i vettori incriminati che hanno presentato un ricorso contro la decisione impugnata di beneficiare di una riduzione ed evita una disparità di trattamento (v., in questo senso, sentenza del 27 febbraio 2014, InnoLux/Commissione, T 91/11, EU:T:2014:92, punto 166).

447    Infine, per quanto riguarda gli adeguamenti dell’importo di base dell’ammenda, occorre ricordare che la ricorrente ha beneficiato della riduzione generale del 15%, di cui nega il carattere sufficiente nell’ambito del nono motivo dedotto a sostegno delle conclusioni di annullamento nonché nell’ambito del settimo motivo. Orbene, per ragioni analoghe a quelle esposte ai precedenti punti da 381 a 385, non si può affermare che la Commissione non abbia tenuto sufficientemente conto del regime normativo giapponese. Al contrario, la richiesta della Commissione di revocare il beneficio di questa riduzione non può essere accolta, per ragioni simili a quelle esposte nel precedente paragrafo 445.

448    D’altra parte, al punto 1257 della decisione impugnata, la Commissione ha asserito che la ricorrente non aveva avuto un ruolo passivo o secondario nell’infrazione unica e continuata e che la sua partecipazione a quest’ultima non fosse stata sostanzialmente marginale ed ha, conseguentemente, rifiutato di concederle una riduzione dell’importo dell’ammenda su tale base. Occorre tuttavia ricordare che la Commissione ha erroneamente imputato alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata per quanto riguardava i collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera (precedenti punti da 220 a 222). Ne discende che la ricorrente poteva essere considerata responsabile dell’infrazione in questione solo nella parte relativa ai collegamenti Unione-paesi terzi e ai collegamenti SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi.

449    Pertanto, la partecipazione della ricorrente all’infrazione unica e continuata era significativamente inferiore a quella della maggior parte degli altri vettori incriminati. Il Tribunale ritiene che il carattere limitato di detta partecipazione sia tale da giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda superiore a quella di cui hanno beneficiato l’Air Canada, la Lan Cargo e la SAS al punto 1258 della decisione impugnata, per il motivo che «operavano ai margini dell’intesa [controversa], intrattenevano contatti in numero limitato con altri vettori e non hanno partecipato a tutti gli elementi dell’infrazione [unica e continuata]».

450    In tali circostanze, il Tribunale ritiene che si debba concedere alla ricorrente una riduzione del 15% dell’importo dell’ammenda per la sua partecipazione limitata all’infrazione unica e continuata, laddove tale livello di riduzione tiene conto delle specificità del caso di specie ricordate al precedente punto 442.

451    Il Tribunale non ritiene invece che l’ottavo giustifichi la concessione alla ricorrente di un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda. Tale argomento presuppone che il Tribunale abbia accolto il decimo motivo nella parte in cui verte sulla partecipazione della ricorrente alla componente dell’infrazione unica e continuata relativa al rifiuto di pagare commissioni. Orbene, come risulta dai precedenti punti da 314 a 337, il Tribunale ha respinto tale motivo nella sua interezza.

452    Analogamente, occorre osservare che il nono e il decimo argomento presuppongono l’esistenza di una disparità di trattamento tra la ricorrente e altri vettori incriminati. Orbene, come si è rilevato nell’ambito dell’esame delle domande di annullamento, l’esistenza di una siffatta discriminazione non è dimostrata.

453    Quanto all’undicesimo argomento invocato a sostegno delle presenti conclusioni, vertente su una divergenza rispetto alla prassi decisionale della Commissione, è sufficiente rilevare che la Corte ha respinto un argomento analogo nella sentenza del 23 aprile 2015, LG Display e LG Display Taiwan/Commissione (C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 67), con la motivazione che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da quadro normativo applicabile alle ammende in materia di diritto della concorrenza.

454    Inoltre, si deve ricordare che la ricorrente ha beneficiato, a titolo di trattamento favorevole, di una riduzione del 25%, di cui non contesta l’adeguatezza.

455    Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente deve essere calcolato nel modo seguente: anzitutto, l’importo di base è determinato applicando, tenuto conto della gravità dell’infrazione unica e continuata, una percentuale del 16% al valore delle vendite realizzate dalla ricorrente nel 2005 sui collegamenti Unione-paesi terzi e SEE diversi da quelli Unione-paesi terzi, poi, per la durata dell’infrazione, fattori di moltiplicazione di 1 e 9/12 e di 8/12, rispettivamente, e, infine, un importo supplementare del 16%, il che conduce ad un importo intermedio di EUR 111 331 780. Dopo applicazione della riduzione generale del 50%, tale importo, arrotondato, deve essere fissato in EUR 55 000 000. Quindi, dopo applicazione della riduzione generale del 15% e di una riduzione supplementare del 15% a titolo della limitata partecipazione della ricorrente all’infrazione unica e continuata, tale importo deve essere fissato in EUR 38 500 000. Infine, quest’ultimo importo deve essere ridotto del 25% a titolo di trattamento favorevole, il che conduce ad un’ammenda di importo finale pari a EUR 28 875 000.

IV.    Sulle spese

456    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

457    Nel caso di specie, la ricorrente ha ottenuto soddisfazione per una parte sostanziale delle sue conclusioni. Pertanto, si procederà ad un’equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che la ricorrente sopporti un terzo delle proprie spese e che la Commissione sopporti le proprie spese e due terzi di quelle della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), e paragrafo 4, lettera h), della decisione C(2017) 1742 final della Commissione, del 17 marzo 2017, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’articolo 8 dell’accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sul trasporto aereo (caso AT/39258 – Trasporto aereo di merci), è annullato.

2)      L’importo dell’ammenda inflitta alla Japan Airlines Co. Ltd, all’articolo 3, lettera h), di detta decisione, è fissato in EUR 28 875 000.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Japan Airlines sopporterà un terzo delle proprie spese.

5)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese e due terzi delle spese sostenute dalla Japan Airlines.

Kanninen

Schwarcz

Iliopoulos

Spielmann

 

      Reine

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 marzo 2022.

Firme


Indice


I. Fatti

A. Procedura amministrativa

B. La decisione del 9 novembre 2010

C. Il ricorso contro la decisione del 9 novembre 2010 dinanzi al Tribunale

D. La decisione impugnata

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle conclusioni dirette all’annullamento

1. Sul quinto motivo, vertente sul difetto di competenza della Commissione ad applicare l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE ai servizi di trasporto merci in entrata

a) Sugli effetti del coordinamento relativo ai servizi di trasporto merci in entrata considerato isolatamente

1) Sulla pertinenza dell’effetto in questione

2) Sul carattere prevedibile dell’effetto in questione

3) Sul carattere sostanziale dell’effetto in questione

4) Sul carattere immediato dell’effetto in questione

b) Sugli effetti dell’infrazione unica e continuata considerata nel suo complesso

2. Sul motivo, rilevato d’ufficio, vertente su un difetto di competenza della Commissione alla luce dell’accordo CE-Svizzera sul trasporto aereo a constatare e sanzionare una violazione dell’articolo 53 dell’accordo SEE sui collegamenti SEE diversi da quelli Unione-Svizzera

3. Sul primo motivo, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e dell’articolo 266 TFUE, nonché sulla violazione del termine di prescrizione

a) Sulla seconda parte, vertente sulla violazione del termine di prescrizione e sulla mancanza di interesse legittimo a constatare formalmente un’infrazione

b) Sulla prima parte, vertente sulla violazione del principio del ne bis in idem e dell’articolo 266 TFUE

4. Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio di non discriminazione, e sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 101 TFUE, dell’articolo 53 dell’accordo SEE e dell’obbligo di motivazione relativo, da un lato, all’imputazione alla ricorrente della responsabilità dell’infrazione unica e continuata sui collegamenti intra-SEE e Unione-Svizzera per il periodo anteriore al 1° maggio 2004 e, dall’altro, alla determinazione della data di inizio della sua partecipazione a detta infrazione

5. Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE relativamente all’imputazione alla ricorrente della responsabilità dell’infrazione unica e continuata su collegamenti rispetto ai quali essa non era una concorrente reale o potenziale

a) Sui principi applicabili

b) Sui motivi per i quali la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata nella parte relativa ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

5) Sulle presunte contraddizioni nella motivazione

6) Sul presunto carattere nuovo del fondamento invocato per imputare alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata nella parte in cui riguarda i collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

c) Sulla fondatezza dei motivi per i quali la Commissione ha imputato alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione unica e continuata relativamente ai collegamenti SEE-paesi terzi diversi dal Giappone

6. Sul sesto motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità a causa dell’applicazione a diversi vettori di diversi requisiti probatori

7. Sul settimo motivo, vertente sulla violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di proporzionalità

a) Sulla prima parte, relativa alla determinazione del valore delle vendite

7) Sulla prima censura, vertente su una violazione del punto 13 degli Orientamenti del 2006

8) Sulla seconda censura, vertente su una violazione del principio di proporzionalità

b) Sulla seconda parte, concernente la fissazione del coefficiente di gravità e dell’importo supplementare

8. Sull’ottavo motivo, vertente su una violazione degli Orientamenti del 2006 e del principio di tutela del legittimo affidamento, relativa all’inclusione nel valore delle vendite del fatturato proveniente dalle vendite di servizi di trasporto merci in entrata venduti a clienti stabiliti al di fuori del SEE

9. Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità per quanto riguarda la riduzione generale del 15%

10. Sul decimo motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione, del principio di proporzionalità nonché, in sostanza, dell’obbligo di motivazione a causa del rifiuto della Commissione di ridurre l’importo dell’ammenda a titolo della partecipazione limitata della ricorrente all’infrazione unica e continuata

B. Sulle conclusioni dirette alla modifica dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente

IV. Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.