Language of document : ECLI:EU:T:2003:195

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

9 luglio 2003 (1)

«Concorrenza - Intesa - Lisina - Orientamenti per il calcolo dell'importo delle ammende - Applicabilità - Gravità e durata dell'infrazione - Fatturati - Circostanze aggravanti - Circostanze attenuanti - Cooperazione durante il procedimento amministrativo - Cumulo di sanzioni»

Nella causa T-224/00,

Archer Daniels Midland Company, con sede in Decatur, Illinois (Stati Uniti d'America),

Archer Daniels Midland Ingredients Ltd, con sede in Erith (Regno Unito),

rappresentate dai sigg. L. Martin Alegi e E.W. Batchelor, solicitors, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. R. Lyal e W. Wils, in qualità di agenti, assistiti dal sig. J. Flynn, barrister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, una domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del Trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24), o di riduzione dell'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti e, dall'altro, una domanda riconvenzionale della Commissione volta all'aumento dell'importo della detta ammenda,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras, presidente, dalla sig.ra V. Tiili e dal sig. P. Mengozzi, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 aprile 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti all'origine della controversia

1.
    Le società ricorrenti, la Archer Daniels Midland Company (in prosieguo: l'«ADM Company») e la sua controllata europea Archer Daniels Midland Ingredients Ltd (in prosieguo: l'«ADM Ingredients»), operano nel settore della lavorazione di cereali e di semi oleosi. Esse sono entrate sul mercato della lisina nel 1991.

2.
    La lisina è il principale aminoacido utilizzato nell'alimentazione animale a fini nutrizionali. La lisina sintetica è impiegata come additivo negli alimenti con un tenore insufficiente di lisina naturale, ad esempio i cereali, al fine di permettere ai nutrizionisti di elaborare diete a base di proteine rispondenti al fabbisogno alimentare degli animali. Gli alimenti integrati con lisina sintetica possono anche sostitutire alimenti dotati di un sufficiente tenore di lisina allo stato naturale, ad esempio la soia.

3.
    Nel 1995, in seguito ad un'indagine segreta svolta dal Federal Bureau of Investigation (FBI), negli Stati Uniti sono state effettuate perquisizioni nei locali di molte imprese operanti sul mercato della lisina. Nei mesi di agosto e di ottobre 1996, le società ADM Company nonché Kyowa Hakko Kogyo Co. Ltd (in prosieguo: la «Kyowa»), Sewon Corp. Ltd, Cheil Jedang Corp. (in prosieguo: la «Cheil») e Ajinomoto Co. Inc. sono state accusate dalle autorità americane di aver costituito un accordo finalizzato alla fissazione dei prezzi e alla ripartizione dei volumi delle vendite di lisina tra il giugno 1992 e il giugno 1995. In seguito ad accordi conclusi con il Ministero della Giustizia americano, il giudice investito della causa ha inflitto alcune ammende alle dette imprese, vale a dire un'ammenda di dollari americani (USD) 10 milioni alla Kyowa Hakko Kogyo e all'Ajinomoto, un'ammenda di USD 70 milioni all'ADM Company e un'ammenda di USD 1,25 milioni alla Cheil. L'importo dell'ammenda irrogata alla Sewon Corp. ammontava, a detta di quest'ultima, a USD 328 000. Inoltre, tre dirigenti dell'ADM Company sono stati condannati a pene detentive ed al pagamento di ammende per il ruolo svolto nell'accordo.

4.
    Nel luglio 1996 l'Ajinomoto, richiamandosi alla comunicazione della Commissione 96/C 207/04 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d'intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), ha offerto alla Commissione la sua cooperazione per accertare l'esistenza di un cartello sul mercato della lisina ed i suoi effetti nello Spazio economico europeo (SEE).

5.
    L'11 e il 12 giugno 1997 la Commissione, in applicazione dell'art. 14, n. 3, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d'applicazione degli articoli [81] e [82] del Trattato (GU 1962, 13, pag. 204), ha effettuato accertamenti negli impianti europei dell'ADM Company e in quelli della Kyowa Hakko Europe GmbH. In seguito ai detti accertamenti, la Kyowa Hakko Kogyo e la Kyowa Hakko Europe hanno manifestato l'intenzione di collaborare con la Commissione e le hanno fornito alcune informazioni relative, in particolare, alla cronologia delle riunioni tra i produttori di lisina.

6.
    Il 28 luglio 1997 la Commissione, in conformità dell'art. 11 del regolamento n. 17, ha rivolto all'ADM Company e all'ADM Ingredients, alla Sewon Corp. e alla sua controllata europea Sewon Europe GmbH (in prosieguo, collettivamente: la «Sewon»), nonché alla Cheil, alcune richieste di informazioni in merito al loro comportamento sul mercato degli aminoacidi e alle riunioni del cartello menzionate nelle dette richieste. In seguito ad una lettera di sollecitazione inviata dalla Commissione alle interessate il 14 ottobre 1997, l'ADM Ingredients ha risposto alla richiesta della Commissione relativa al mercato della lisina. L'ADM Company non ha risposto.

7.
    Il 30 ottobre 1998, sulla base delle informazioni che le erano state fornite, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti all'ADM Company e all'ADM Ingredients (in prosieguo, collettivamente: l'«ADM») e alle altre imprese interessate, vale a dire all'Ajinomoto e alla sua controllata europea, l'Eurolysine SA (in prosieguo, collettivamente: l'«Ajinomoto»), alla Kyowa Hakko Kogyo e alla sua controllata europea, la Kyowa Hakko Europe (in prosieguo, collettivamente: la «Kyowa»), alla Daesang Corp. (già Sewon Corp.) e alla sua controllata europea, la Sewon Europe, e alla Cheil, per violazione dell'art. 81, n. 1, CE e dell'art. 53, n. 1, dell'accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: l'«Accordo SEE»). Nella comunicazione degli addebiti, la Commissione rimproverava alle dette imprese di aver fissato i prezzi della lisina nel SEE, nonché quote di vendita per tale mercato, e di essersi scambiate informazioni sui rispettivi quantitativi di vendita, a decorrere dai mesi di settembre 1990 (l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon), di marzo 1991 (la Cheil) e di giugno 1992 (la ADM) fino al giugno 1995. Dopo aver ricevuto la detta comunicazione degli addebiti, le ricorrenti hanno informato la Commissione che non contestavano la sostanza dei fatti.

8.
    In seguito all'audizione orale delle imprese in questione il 1° marzo 1999, la Commissione ha inviato a queste ultime, il 17 agosto 1999, una comunicazione degli addebiti supplementare relativa alla durata dell'intesa, nella quale si affermava che l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon avevano partecipato all'intesa a decorrere almeno dal giugno 1990, la Cheil almeno dall'inizio del 1991 e le ricorrenti dal 23 giugno 1992. Le ricorrenti hanno risposto alla detta comunicazione degli addebiti supplementare il 6 ottobre 1999, affermando che non contestavano la sostanza dei fatti addebitati.

9.
    Al termine del procedimento, la Commissione ha adottato la decisione 7 giugno 2000, 2001/418/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del Trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (Caso COMP/36.545/F3 - Aminoacidi) (GU 2001, L 152, pag. 24; in prosieguo: la «Decisione»). La Decisione è stata notificata alle ricorrenti con lettera 16 giugno 2000.

10.
    La Decisione comprende le seguenti disposizioni:    

«Articolo 1

[ADM Company] e la sua controllata europea [ADM Ingredients], Ajinomoto Company Incorporated e la sua controllata europea Eurolysine SA, Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e la sua controllata europea Kyowa Hakko Europe GmbH, Daesang Corporation e la sua controllata europea Sewon Europe GmbH, nonché [Cheil], hanno violato l'articolo 81, paragrafo 1, del trattato CE e l'articolo 53, paragrafo 1, dell'accordo SEE per avere partecipato ad accordi sui prezzi, sui volumi di vendita e sullo scambio di informazioni specifiche relativamente ai volumi di vendita di lisina sintetica nell'intero SEE.

L'infrazione si è protratta per i seguenti periodi:

a)    per [ADM Company] e [ADM Ingredients] dal 23 giugno 1992 al 27 giugno 1995;

b)    per Ajinomoto Company Incorporated, e Eurolysine SA almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

c)    per Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e Kyowa Hakko Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

d)    per Daesang Corporation e Sewon Europe GmbH almeno dal luglio 1990 al 27 giugno 1995;

e)    per [Cheil] dal 27 agosto 1992 al 27 giugno 1995.

Articolo 2

Alle imprese di cui all'articolo 1 vengono inflitte le seguenti ammende per le infrazioni indicate in detto articolo:

a)    [ADM Company] e

    [ADM Ingredients],

    in solido, un'ammenda di:        47 300 000 EUR

b)    Ajinomoto Company Incorporated e

    Eurolysine SA,

    in solido, un'ammenda di:        28 300 000 EUR

c)    Kyowa Hakko Kogyo Company Limited e

    Kyowa Hakko Europe GmbH,

    in solido, un'ammenda di:        13 200 000 EUR

d)    Daesang Corporation e

    Sewon Europe GbmH,

    in solido, un'ammenda di:         8 900 000 EUR

e)    [Cheil], un'ammenda di:        12 200 000 EUR

(...)».

11.
    Per il calcolo dell'importo delle ammende, la Commissione ha applicato, nella Decisione, il metodo stabilito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, e dell'art. 65, n. 5, del Trattato CECA (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), nonché la comunicazione sulla cooperazione.

12.
    In primo luogo, l'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, è stato fissato a EUR 39 milioni per quanto riguarda l'ADM. Per quanto concerne le società Ajinomoto, Kyowa, Cheil e Sewon, l'importo di base dell'ammenda è stato fissato, rispettivamente, a EUR 42, 21, 19,5 e 21 milioni (punto 314 della Decisione).

13.
    Per calcolare le ammende in funzione della gravità dell'infrazione, la Commissione è partita dalla considerazione che le imprese di cui trattasi avevano commesso un'infrazione molto grave, tenuto conto della sua natura, del suo impatto concreto sul mercato della lisina nel SEE e dell'estensione del mercato geografico rilevante. Constatando poi, sulla base del fatturato globale realizzato nell'ultimo anno del periodo in cui è stata commessa l'infrazione, che esisteva una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che hanno commesso l'infrazione, la Commissione ha applicato un trattamento differenziato. Di conseguenza, l'importo di base delle ammende è stato fissato a EUR 30 milioni per l'ADM e l'Ajinomoto e a EUR 15 milioni per la Kyowa, la Cheil e la Sewon (punto 305 della Decisione).

14.
    Per tenere conto della durata dell'infrazione commessa da ciascuna impresa, l'importo di base così determinato è stato poi maggiorato del 10% all'anno, ossia del 30% per quanto riguarda l'ADM e la Cheil e del 40% per quanto riguarda l'Ajinomoto, la Kyowa e la Sewon (punto 313 della Decisione).

15.
    In secondo luogo, applicando le circostanze aggravanti, la Commissione ha maggiorato del 50% gli importi di base delle ammende dell'ADM e dell'Ajinomoto, aumentandoli rispettivamente di EUR 19,5 milioni per l'ADM e di EUR 21 milioni per l'Ajinomoto, per il fatto che le dette imprese avevano svolto un ruolo di leader nella commissione dell'infrazione (punto 356 della Decisione).

16.
    In terzo luogo, applicando le circostanze attenuanti, la Commissione ha ridotto del 20% la maggiorazione dell'ammenda inflitta alla Sewon a causa della durata dell'infrazione, per il fatto che la detta impresa aveva svolto un ruolo passivo nell'intesa a decorrere dall'inizio del 1995 (punto 365 della Decisione). La Commissione ha inoltre ridotto del 10% gli importi di base delle ammende di ciascuna delle imprese di cui trattasi, per il fatto che tutte avevano posto fine all'infrazione sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384 della Decisione).

17.
    In quarto luogo, la Commissione ha applicato una «significativa riduzione» dell'importo delle ammende, ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione. A tale titolo, la Commissione ha concesso all'Ajinomoto e alla Sewon una riduzione del 50% dell'importo dell'ammenda che sarebbe stata loro inflitta in assenza di cooperazione, alla Kyowa e alla Cheil una riduzione del 30% e all'ADM, infine, una riduzione del 10% (punti 431, 432 e 435 della Decisione).

Procedimento e conclusioni delle parti

18.
    Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 25 agosto 2000, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

19.
    Su relazione del giudice relatore il Tribunale (Quarta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale e, a titolo delle misure di organizzazione del procedimento, ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto a vari quesiti. La convenuta ha ottemperato alla detta richiesta entro il termine stabilito.

20.
    Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti del Tribunale in occasione dell'udienza tenutasi il 25 aprile 2002.

21.
    Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

-    annullare la disposizione della Decisione che infligge loro un'ammenda o ridurre l'importo di quest'ultima;

-    condannare la Commissione alle spese;

-    ordinare alla Commissione di rimborsare loro tutte le spese sostenute per le garanzie prestate ai fini del pagamento dell'ammenda.

22.
    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

-    respingere il ricorso;

-    aumentare l'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti;

-    condannare le ricorrenti alle spese.

Sulla domanda principale di annullamento della disposizione della Decisione che infligge all'ADM un'ammenda o di riduzione dell'importo di quest'ultima

I - Sull'applicabilità degli orientamenti

23.
    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver calcolato l'importo dell'ammenda sulla base dei criteri stabiliti dagli orientamenti, mentre l'intesa censurata era cessata prima della pubblicazione degli stessi. Esse ne deducono che la Commissione ha violato, da un lato, i principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e d'irretroattività delle pene e, dall'altro, il principio della parità di trattamento.

Argomenti delle parti

1. Sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e d'irretroattività delle pene

Sulla ricevibilità del motivo

24.
    La Commissione sostiene che il motivo è irricevibile nella parte vertente su una pretesa violazione del principio d'irretroattività. A tale proposito, le ricorrenti non invocherebbero alcun argomento giuridico e, in particolare, non preciserebbero in alcun modo se e in quali termini la nozione d'«irretroattività» debba essere distinta da quelle di certezza del diritto e di legittimo affidamento.

25.
    Le ricorrenti affermano che la violazione del principio d'irretroattività è esposta chiaramente nel loro ricorso.

Nel merito

26.
    Le ricorrenti sostengono che il metodo di calcolo dell'importo delle ammende stabilito dagli orientamenti si discosta radicalmente dalla prassi anteriore della Commissione in materia, la quale, come la stessa ha riconosciuto nella Decisione (punto 318), consisteva nel calcolare l'importo dell'ammenda in funzione di un importo di base che rappresentava una certa percentuale del volume delle vendite nel mercato rilevante della Comunità. Al contrario, gli orientamenti introdurrebbero ormai un importo fisso d'ammenda, ad esempio EUR 20 milioni in caso di infrazione molto grave, indipendentemente dal volume delle vendite del prodotto in questione. Di conseguenza, le ricorrenti fanno valere che, poiché il metodo anteriore di calcolo dell'importo delle ammende era stato ampiamente portato a conoscenza degli operatori ed era ancora in vigore al momento dell'infrazione, la Commissione non poteva conferire agli orientamenti un effetto retroattivo senza violare il principio di certezza del diritto e pregiudicare il legittimo affidamento degli operatori stessi.

27.
    A tale proposito, l'argomento della Commissione, esposto al punto 317 della Decisione, relativo alla sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-141/94, Thyssen Stahl/Commissione (Racc. pag. II-347, punto 666), sarebbe manifestamente erroneo. A differenza dell'impresa di cui alla sentenza citata, sanzionata conformemente alle disposizioni in vigore alla data dell'infrazione, all'ADM sarebbe stato applicato un metodo di calcolo che non era stato nemmeno prospettato all'epoca in cui l'infrazione è stata commessa.

28.
    Le ricorrenti sostengono, del resto, che l'applicazione retroattiva degli orientamenti non è giustificata dal potere discrezionale di cui disporrebbe la Commissione per adeguare la sua politica generale in materia di ammende. La giurisprudenza originata dalle sentenze della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique Diffussion française e a./Commissione (Racc. pag. 1825, punto 108) e del Tribunale 10 marzo 1992, causa T-12/89, Solvay/Commissione (Racc. pag. II-907) non sarebbe applicabile nel caso di specie, poiché riguarderebbe cause in cui le modifiche intervenute nell'importo delle ammende non derivavano da un cambiamento totale di metodo, bensì da mere maggiorazioni delle percentuali applicate al fatturato relativo alle vendite del prodotto in questione. Inoltre, secondo le ricorrenti, contrariamente ai cambiamenti di politica di cui si trattava nelle sentenze citate, quando fu adottata la Decisione l'obiettivo di dissuasione era sufficientemente raggiunto grazie alla pubblicazione degli orientamenti, di modo che era manifestamente sproporzionato applicarli retroattivamente. Ad ogni modo, il margine discrezionale di cui dispone la Commissione nel fissare l'entità delle ammende non potrebbe in nessun caso condurre ad infliggere ammende da 15 a 20 volte più elevate di quelle che sarebbero state stabilite secondo la prassi esistente al momento dell'infrazione. Facendo ciò, la Commissione avrebbe quindi violato i principi di certezza del diritto, di legittimo affidamento e d'irretroattività.

29.
    Per quanto riguarda l'argomento secondo il quale sarebbe altresì corrente, negli Stati Uniti, che la sanzione per un illecito penale sia stabilita sulla base della prassi seguita al momento della decisione e non sulla base di quella che esisteva all'epoca dell'infrazione, le ricorrenti lo ritengono infondato. Come risulterebbe dal manuale degli orientamenti della Sentencing Commission degli Stati Uniti [punto 1B1.11(b)(1)] e dalla giurisprudenza di una corte d'appello federale [sentenza United States v. Kimler, 167 F. 3d 889 (5th Circ. 1999)], l'applicazione con effetto retroattivo di nuovi orientamenti in materia di ammende sarebbe vietata dalla norma ex post facto della costituzione degli Stati Uniti, quando essa porta all'irrogazione di una pena più severa di quella che era prevista al momento in cui l'infrazione fu commessa.

30.
    La Commissione sostiene che non vi è stata nessuna retroattività della pena, in quanto gli orientamenti non modificherebbero le sanzioni applicabili in forza dell'art. 15 del regolamento n. 17, ma si limiterebbero a indicare il modo in cui la Commissione intende esercitare il suo potere di infliggere ammende tenendo conto della gravità e della durata dell'infrazione.

31.
    Essa sostiene d'altra parte che, sebbene prima dell'adozione degli orientamenti seguisse spesso un'impostazione basata sul fatturato, non si trattava assolutamente di una prassi costante.

32.
    Infine, dalla giurisprudenza risulterebbe che la Commissione può sempre aumentare l'entità generale delle ammende, se del caso dopo la comunicazione degli addebiti (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 22 e 109). Orbene, nel caso di specie gli orientamenti erano stati pubblicati quasi un anno prima che la comunicazione degli addebiti fosse inviata a tutte le imprese interessate.

2. Sulla violazione del principio della parità di trattamento

33.
    Le ricorrenti sostengono che l'applicazione degli orientamenti viola il principio della parità di trattamento, poiché conduce a distinguere tra le imprese che hanno violato il diritto della concorrenza in funzione non già della data dell'infrazione, bensì della data in cui la Commissione, a proprio arbitrio, ha adottato la propria decisione. A titolo di esempio, le ricorrenti osservano che all'impresa oggetto della decisione della Commissione 14 maggio 1997, 97/624/CE, relativa ad una procedura a norma dell'articolo [82] del Trattato CE (IV/34.621, 35.059/F-3/Irish Sugar plc) (GU L 258, pag. 1), è stata inflitta un'ammenda che rappresentava soltanto il 6,8% del volume delle vendite realizzate sul mercato rilevante, per un'infrazione commessa nello stesso periodo dell'intesa sulla lisina. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il fatto che gli orientamenti siano stati nel frattempo pubblicati non costituirebbe una ragione oggettiva tale da giustificare il diverso trattamento cui è sottoposta l'ADM.

34.
    La Commissione sostiene che due imprese che abbiano commesso infrazioni identiche nello stesso momento, ma che siano sanzionate in momenti diversi, si trovano in una situazione diversa se nel frattempo interviene una nuova politica in materia di ammende. Per contro, il principio della parità di trattamento sarebbe stato disatteso in caso di applicazione simultanea di politiche diverse.

35.
    All'argomento secondo il quale la Commissione determina arbitrariamente la data in cui adotta la sua decisione quest'ultima ribatte che la durata di un procedimento dipende da fattori contingenti, quali la complessità e l'ampiezza dell'intesa nonché l'esercizio dei diritti della difesa. Essa aggiunge che imprese che sono riuscite a dissimulare più a lungo la loro intesa e ad essere smascherate solo più tardi non dovrebbero poter profittare di tale esito chiedendo, inoltre, l'applicazione di un'ammenda analoga a quella inflitta alle imprese che hanno commesso infrazioni concomitanti.

Giudizio del Tribunale

1. Sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e d'irretroattività delle pene

Sulla ricevibilità del motivo

36.
    Si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un'esposizione sommaria dei motivi dedotti. Questa indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza il supporto di altre informazioni. Ciò significa che l'atto introduttivo deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta del motivo stesso non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (sentenze del Tribunale 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho/Commissione, Racc. pag. II-17, punto 68 e 14 maggio 1998, causa T-352/94, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. II-1989, punto 333).

37.
    Nel caso di specie, le ricorrenti rimproverano chiaramente alla Commissione, nel ricorso e a più riprese, di aver applicato retroattivamente gli orientamenti e ne deducono esplicitamente che la Commissione ha violato il principio d'irretroattività. Inoltre, le dette indicazioni erano sufficientemente chiare e precise, dato che non hanno impedito alla Commissione di rispondere agli argomenti sollevati già dalla fase del controricorso e che consentono al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale.

38.
    Occorre quindi respingere l'argomento della Commissione e dichiarare il motivo ricevibile nel suo complesso.

Nel merito

- Sulla violazione dei principi d'irretroattività delle pene e di certezza del diritto

39.
    Va ricordato che il principio d'irretroattività delle norme penali è un principio comune a tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sancito altresì dall'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e fa parte integrante dei principi generali del diritto di cui la Corte deve garantire l'osservanza (sentenza della Corte 10 luglio 1984, causa 63/83, Kirk, Racc. pag. 2689, punto 22 e sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T-23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II-1705, punto 219).

40.
    Benché risulti dall'art. 15, n. 4, del regolamento n. 17 che le decisioni della Commissione che infliggono ammende per violazione del diritto della concorrenza non hanno carattere penale (sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T-83/91, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II-755, punto 235), resta pur sempre il fatto che la Commissione è tenuta a rispettare i principi generali del diritto comunitario, ed in particolare quello d'irretroattività, nei procedimenti amministrativi che possono portare all'irrogazione di sanzioni in applicazione delle regole della concorrenza del Trattato (v., per analogia, per quanto riguarda i diritti della difesa, sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 7, e sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 220).

41.
    Tale rispetto esige che le sanzioni inflitte ad un'impresa per un'infrazione alle regole della concorrenza corrispondano a quelle che erano stabilite al momento in cui l'infrazione è stata commessa (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 221).

42.
    A tale riguardo, si deve precisare che le sanzioni che possono essere irrogate dalla Commissione per un'infrazione alla normativa comunitaria sulla concorrenza sono definite all'art. 15 del regolamento n. 17, adottato precedentemente al momento in cui l'infrazione è stata commessa. Ora, da una parte, la Commissione non ha il potere di modificare il regolamento n. 17 o di scostarsene, neanche mediante norme di carattere generale che essa impone a sé stessa. Dall'altra, se è pacifico che la Commissione ha determinato l'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti conformemente al metodo generale per il calcolo delle ammende riportato negli orientamenti, si deve constatare che, in tal modo, essa è rimasta nell'ambito delle sanzioni definite dall'art. 15 del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 222).

43.
    Infatti, ai sensi dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, «[l]a Commissione può, mediante decisione, infliggere alle imprese ed alle associazioni di imprese ammende che variano da un minimo di mille [euro] ad un massimo di un milione, con facoltà di aumentare quest'ultimo importo fino al 10 per cento del volume d'affari realizzato durante l'esercizio sociale precedente da ciascuna delle imprese che hanno partecipato all'infrazione, quando intenzionalmente o per negligenza (...) commettano una infrazione alle disposizioni dell'art. [81], paragrafo 1 (...) del Trattato». Nella stessa disposizione si prevede che «[p]er determinare l'ammontare dell'ammenda, occorre tenere conto oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata» (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 223).

44.
    Ora, gli orientamenti prevedono, al punto 1, primo capoverso, che, per il calcolo delle ammende, l'importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, che sono i soli criteri indicati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 224).

45.
    Secondo gli orientamenti, la Commissione prende come punto di partenza, per il calcolo delle ammende, un importo determinato in funzione della gravità dell'infrazione (in prosieguo: l'«importo di base generale»). Per valutare la gravità dell'infrazione occorre prenderne in considerazione la natura, l'impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l'estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo capoverso). In tale contesto, le infrazioni sono classificate in tre categorie, vale a dire le «infrazioni poco gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione, le «infrazioni gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili può variare da EUR 1 milione a EUR 20 milioni e le «infrazioni molto gravi», per le quali l'importo delle ammende applicabili supera EUR 20 milioni (punto 1 A, secondo capoverso, dal primo al terzo trattino) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 225).

46.
    Gli orientamenti enunciano poi che, nell'ambito di ciascuna delle categorie d'infrazione menzionate, ed in particolare per le categorie delle infrazioni «gravi» e «molto gravi», la forcella di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo capoverso). E' necessario, inoltre, valutare in che misura gli autori dell'infrazione abbiano l'effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto capoverso). Si può, inoltre, tenere conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre di infrastrutture sufficienti per possedere conoscenze giuridiche ed economiche che consentono loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza (punto 1 A, quinto capoverso) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punti 225 e 226).

47.
    Nell'ambito di ciascuna delle tre categorie predette può essere opportuno ponderare, nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, l'importo determinato, in modo da tenere conto del peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione, ed adattare conseguentemente l'importo di base generale secondo le caratteristiche specifiche di ciascuna impresa (in prosieguo: l'«importo di base specifico») (punto 1 A, sesto capoverso) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 227).

48.
    Quanto al fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti stabiliscono una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base stabilito per la gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo capoverso, dal primo al terzo trattino) (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 228).

49.
    In seguito, gli orientamenti riportano, a titolo di esempio, un elenco di circostanze aggravanti e attenuanti che possono essere prese in considerazione per aumentare o diminuire l'importo di base, riferendosi poi alla comunicazione sulla cooperazione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 229).

50.
    A titolo di osservazione generale, gli orientamenti precisano che l'ammenda calcolata secondo lo schema di cui sopra (importo di base più o meno le percentuali di maggiorazione e riduzione) non può in alcun caso superare il 10% del fatturato mondiale delle imprese, come previsto dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 [punto 5, lett. a)]. Inoltre gli orientamenti prevedono che, dopo avere effettuato i calcoli di cui sopra, occorrerà prendere in considerazione, secondo le circostanze, taluni elementi obiettivi quali il contesto economico specifico, il vantaggio economico o finanziario realizzato dagli autori dell'infrazione, le caratteristiche delle imprese in questione nonché la loro capacità contributiva reale in un contesto sociale particolare, adeguando di conseguenza, in fine, gli importi delle ammende [punto 5, lett. b)] (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 230).

51.
    Ne consegue che, secondo il metodo indicato negli orientamenti, il calcolo delle ammende continua ad essere effettuato in funzione dei due criteri citati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, vale a dire la gravità dell'infrazione e la sua durata, nel rispetto del limite massimo in relazione al fatturato di ciascuna impresa, stabilito con la medesima disposizione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 231).

52.
    Di conseguenza, gli orientamenti non trascendono il contesto giuridico delle sanzioni come definito da tale disposizione (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 232).

53.
    Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, neppure il cambiamento che potrebbe essere provocato dagli orientamenti rispetto alla prassi amministrativa anteriore della Commissione costituisce neppure un'alterazione del contesto giuridico che determina l'importo delle ammende che possono essere inflitte, contraria al principio generale d'irretroattività delle norme penali o a quello di certezza del diritto (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 233).

54.
    Infatti, da una parte, la prassi decisionale anteriore della Commissione non funge di per sé da contesto giuridico alle ammende in materia di concorrenza, poiché quest'ultimo è definito, esclusivamente, dal regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 234).

55.
    Dall'altra, quanto al margine di discrezionalità lasciato alla Commissione dal regolamento n. 17, l'applicazione da parte di quest'ultima di un nuovo metodo di calcolo dell'importo delle ammende, che può comportare, in alcuni casi, un aumento dell'entità generale delle ammende, senza peraltro eccedere il limite massimo fissato nel medesimo regolamento, non può essere considerata un aumento, con effetto retroattivo, delle ammende come giuridicamente stabilite all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punto 235).

56.
    A tale riguardo, è irrilevante sostenere che il calcolo delle ammende secondo il metodo indicato negli orientamenti, in particolare a partire da un importo determinato, in via di principio, in funzione della gravità dell'infrazione, può condurre la Commissione ad infliggere ammende di maggiore entità rispetto alla sua prassi anteriore. Infatti, da una giurisprudenza consolidata risulta che la Commissione dispone, nell'ambito del regolamento n. 17, di un margine di discrezionalità nella determinazione dell'importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole della concorrenza (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II-1165, punto 59; 11 dicembre 1996, causa T-49/95, Van Megen Sports/Commissione, Racc. II-1799, punto 53, nonché sentenza 21 ottobre 1997, causa T-229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II-1689, punto 127). Inoltre, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità, nei limiti indicati dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per assicurare l'attuazione della politica comunitaria della concorrenza (v. sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109; Solvay/Commissione, cit., punto 309, e sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-304/94, Europa Carton/Commissione, Racc. pag. II-869, punto 89). L'efficace applicazione delle norme comunitarie sulla concorrenza implica al contrario che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze di questa politica (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109 e LR AF 1998/Commissione, cit., punti 236 e 237).

57.
    Del resto, l'interpretazione restrittiva della giurisprudenza di cui sopra, dedotta dalle ricorrenti per contestarne l'applicabilità nella fattispecie in esame, non può essere accolta dal Tribunale. Infatti, la detta giurisprudenza è formulata in termini generici, che non consentono di escludere l'ipotesi in cui l'aumento dell'entità delle ammende inflitte sia conseguenza dell'introduzione da parte della Commissione di un nuovo metodo di calcolo dell'importo delle ammende quali esse sono giuridicamente stabilite dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

58.
    Infine, allorché la Commissione viene criticata per non aver determinato l'importo dell'ammenda basandosi sul fatturato relativo alle vendite di lisina nel SEE, vale a dire sul fatturato relativo alle vendite del prodotto oggetto dell'infrazione nel mercato geografico in questione, occorre ricordare che l'unico riferimento espresso al volume d'affari contenuto nell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 riguarda il limite massimo che l'importo di un'ammenda non può superare. Inoltre, secondo una giurisprudenza costante, tale volume d'affari deve essere inteso come relativo al fatturato complessivo (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 119; sentenze del Tribunale 7 luglio 1994, causa T-43/92, Dunlop Slazenger/Commissione, Racc. pag. II-441, punto 160, e 6 aprile 1995, causa T-144/89, Cockerill Sambre/Commissione, Racc. pag. II-947, punto 98). E' stato dichiarato, prima dell'adozione degli orientamenti, che la Commissione, per determinare l'importo delle ammende, può tener conto tanto del fatturato complessivo dell'impresa, che costituisce un'indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell'impresa stessa, quanto della frazione di quel dato proveniente dalle merci che sono state oggetto dell'infrazione, che è quindi atta a fornire un'indicazione della sua gravità. D'altra parte, non si deve attribuire né all'uno né all'altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, in modo che la determinazione dell'importo di un'ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 120 e 121; sentenze del Tribunale 14 luglio 1994, causa T-77/92, Parker Pen/Commissione, Racc. pag. II-549, punto 94, e 14 maggio 1998, causa T-327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II-1373, punto 176).

59.
    E' stato inoltre dichiarato, prima dell'adozione degli orientamenti, che la Commissione può legittimamente determinare un'ammenda senza tenere conto dei diversi fatturati delle imprese interessate, con riserva dell'applicazione dell'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, che fissa la soglia massima dell'ammenda suscettibile di essere irrogata. Così, la Corte ha ritenuto che la Commissione potesse determinare previamente l'importo globale dell'ammenda e distribuirlo in seguito tra le imprese in funzione della quota media di mercato detenuta da ciascuna e delle eventuali circostanze attenuanti o aggravanti proprie a ciascuna (v. sentenze della Corte 15 luglio 1970, causa 45/69, Boehringer/Commissione, Racc. pag. 769, punto 55, e 8 novembre 1983, cause riunite 96/82-102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, IAZ e a./Commissione, Racc. pag. 3369, punti 51-53).

60.
    Dalla giurisprudenza di cui sopra risulta che, indipendentemente dal metodo ormai fissato negli orientamenti, le ricorrenti non potevano, ad ogni modo, pretendere la determinazione dell'importo definitivo dell'ammenda sulla base di una percentuale del loro fatturato nel mercato rilevante.

61.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che il motivo vertente sulla violazione dei principi d'irretroattività delle pene e di certezza del diritto dev'essere respinto.

- Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

62.
    Occorre ricordare, in primo luogo, che il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l'amministrazione comunitaria ha suscitato in lui aspettative fondate (sentenze della Corte 11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products/Commissione, Racc. pag. 1155, punto 44, e 26 giugno 1990, causa C-152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I-2477, punto 26). Inoltre, nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall'amministrazione (v. sentenza del Tribunale 18 gennaio 2000, causa T-290/97, Mehibas Dordtselaan/Commissione, Racc. pag. II-15, punto 59, e la giurisprudenza citata).

63.
    Nel caso di specie, è sufficiente rilevare che le ricorrenti non si avvalgono di alcun comportamento dell'amministrazione che abbia potuto suscitare in loro l'aspettativa di vedere mantenuto il metodo anteriore che si asserisce essere stato applicato costantemente dalla Commissione. Il loro unico argomento consiste nell'affermare la necessità di applicare la prassi decisionale anteriore. Orbene, è escluso che imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che può causare l'irrogazione di un'ammenda possano acquisire un legittimo affidamento a che la Commissione mantenga una pretesa prassi decisionale anteriore in materia di calcolo dell'importo delle ammende.

64.
    In secondo luogo, occorre infatti ricordare che, secondo una giurisprudenza costante (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C-350/88, Delacre e a./Commissione, Racc. pag. I-395, punto 33, e 23 novembre 2000, causa C-1/98 P, British Steel/Commissione, Racc. pag. I-10349, punto 52), gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata nell'ambito del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie.

65.
    Orbene, nell'ambito della normativa comunitaria sulla concorrenza, risulta chiaramente dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109) che la sua efficace applicazione implica che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica della concorrenza. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di elevare tale entità, nei limiti indicati dal regolamento n. 17.

66.
    Inoltre, secondo la stessa giurisprudenza, la Commissione non era tenuta ad annunciare, nella comunicazione degli addebiti, un eventuale mutamento della sua politica in fatto di entità generale delle ammende, poiché tale possibilità dipende da considerazioni generali di politica della concorrenza non direttamente connesse alle particolari circostanze delle pratiche in esame (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 22).

67.
    Poiché l'adozione degli orientamenti, nei quali la Commissione ha stabilito un nuovo metodo generale per il calcolo dell'importo delle ammende, è al tempo stesso anteriore alla comunicazione degli addebiti inviata a tutte le imprese membro del cartello e indipendente dalle circostanze particolari della fattispecie, ne risulta a maggior ragione che le ricorrenti non possono rimproverare alla Commissione di averli applicati al fine di determinare l'importo dell'ammenda, salvo dimostrare che l'amministrazione aveva suscitato in loro aspettative fondate in senso contrario, il che non si è verificato nel caso di specie.

68.
    Alla luce di ciò, la censura vertente su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento dev'essere respinta.

2. Sulla violazione del principio della parità di trattamento

69.
    Secondo una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento viene trasgredito soltanto quando situazioni analoghe siano trattate in maniera differenziata o quando situazioni diverse siano trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v. sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II-1129, punto 309, e la giurisprudenza citata).

70.
    Nell'ambito della repressione delle infrazioni alle regole della concorrenza, il rispetto di tale principio richiede, senza dubbio, che imprese che hanno commesso infrazioni dello stesso tipo in periodi concomitanti siano sottoposte alle stesse sanzioni giuridiche, indipendentemente dalla data necessariamente aleatoria in cui è stata adottata una decisione nei loro confronti. Nei limiti di quanto sopra, il detto principio è strettamente connesso al principio d'irretroattività delle pene, ai sensi del quale la sanzione inflitta ad un'impresa per un'infrazione alle regole della concorrenza deve corrispondere a quella che era prevista all'epoca in cui l'infrazione è stata commessa.

71.
    Tuttavia, nel caso di specie, le ricorrenti non possono dedurre validamente una violazione del detto principio per il solo fatto che la Commissione abbia applicato gli orientamenti per effettuare il calcolo dell'importo dell'ammenda, anziché il metodo praticato in alcune decisioni precedenti all'entrata in vigore degli orientamenti, come la decisione 97/624, metodo che consisteva nel determinare l'importo definitivo dell'ammenda fissando una percentuale del fatturato proveniente dalla vendita del prodotto oggetto dell'infrazione nel mercato geografico rilevante.

72.
    Infatti, come è già stato sottolineato, il cambiamento che l'adozione degli orientamenti ha potuto provocare rispetto alla vigente prassi amministrativa della Commissione non costituisce un'alterazione del contesto giuridico che determina l'importo delle ammende che possono essere inflitte per violazioni della normativa comunitaria sulla concorrenza, poiché quest'ultimo è definito esclusivamente dal regolamento n. 17. Secondo il metodo enunciato negli orientamenti, il calcolo delle ammende continua ad essere effettuato in funzione dei due criteri citati all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, vale a dire la gravità e la durata dell'infrazione, nel rispetto del limite massimo in relazione al volume d'affari di ciascuna impresa, stabilito con la medesima disposizione. Il fatto che gli orientamenti stabiliscano un nuovo metodo di calcolo, nel quale sono elencati gli elementi presi in considerazione ai fini di valutare la gravità e la durata dell'infrazione, non modifica quindi le ammende già irrogate alle imprese prima dell'adozione degli stessi.

73.
    Ne consegue che il fatto di aver applicato il metodo stabilito negli orientamenti per calcolare l'importo dell'ammenda dell'ADM non può costituire un trattamento discriminatorio rispetto alle imprese che hanno commesso infrazioni alla normativa comunitaria sulla concorrenza nello stesso periodo ma che, per ragioni attinenti alla data di scoperta dell'infrazione o concernenti lo svolgimento del procedimento amministrativo che le riguarda, sono state condannate in date precedenti all'entrata in vigore degli orientamenti. Infatti, nei due casi, le ammende irrogate alle dette imprese al momento della commissione dell'infrazione rimanevano entro i limiti previsti dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

74.
    D'altra parte, anche supponendo che la Commissione abbia adottato la Decisione ad una data più remota e non abbia potuto applicare gli orientamenti, dalla giurisprudenza ricordata sopra, ai punti 58 e 59, precedente all'adozione degli orientamenti, risulta che le ricorrenti non avrebbero potuto affermare di aver diritto alla fissazione dell'importo dell'ammenda sulla base del fatturato proveniente dalle vendite del prodotto oggetto dell'infrazione nel mercato rilevante per il solo fatto che l'importo delle ammende inflitte ad imprese che avevano commesso infrazioni alla normativa comunitaria sulla concorrenza nello stesso periodo era stato calcolato secondo tale metodo.

75.
    Alla luce di ciò, il motivo vertente su una violazione del principio della parità di trattamento dev'essere respinto.

II - Sull'incidenza delle ammende già inflitte in altri paesi

76.
    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver determinato l'importo dell'ammenda senza tener conto delle ammende già inflitte all'ADM Company in altri paesi per gli stessi fatti. A sostegno di tale censura, esse invocano una violazione del principio di divieto del cumulo delle sanzioni e una mancata considerazione dell'effetto dissuasivo delle ammende già inflitte.

Argomenti delle parti

1. Sul principio di divieto del cumulo delle sanzioni e sull'obbligo per la Commissione di prendere in considerazione le sanzioni inflitte anteriormente

77.
    Le ricorrenti sostengono che, per essersi rifiutata di dedurre dall'ammenda fissata dalla Decisione l'importo delle ammende già inflitte all'ADM Company negli Stati Uniti e in Canada, la Commissione ha violato il principio che vieta il cumulo delle sanzioni per una stessa infrazione. Come risulterebbe dalla sentenza della Corte 14 dicembre 1972, causa 7/72, Boehringer/Commissione (Racc. pag. 1281), la Commissione dovrebbe tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di un paese terzo se gli addebiti contro l'impresa ricorrente da parte della Commissione, da un lato, e delle dette autorità, dall'altro, siano identici. Tale sarebbe proprio il caso di specie, poiché, a differenza di ciò che si constata per la causa all'origine della sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, l'intesa sanzionata dalle autorità americane e canadesi era la stessa, per oggetto, ambito di applicazione e durata, di quella sanzionata dalla Commissione, la quale si sarebbe fondata, del resto, sugli elementi probatori raccolti dalle autorità americane.

78.
    A tale proposito, le ricorrenti contestano la valutazione contenuta nella Decisione, ai sensi della quale le ammende inflitte negli Stati Uniti e in Canada avrebbero tenuto conto solamente degli effetti anticoncorrenziali della collusione nel territorio della loro giurisdizione (punto 311 della Decisione). Negli Stati Uniti, la sentenza pronunciata contro l'ADM Company il 15 ottobre 1996 farebbe risultare, al contrario, che l'intesa censurata era mondiale ed ostacolava gli scambi commerciali «negli USA e altrove». L'importo dell'ammenda inflitta sarebbe, quindi, particolarmente elevato a causa dell'estensione geografica dell'infrazione. Per quanto riguarda il procedimento condotto in Canada, anche il fatto che si trattasse di un'intesa mondiale sarebbe stato specificamente preso in considerazione.

79.
    Ad ogni modo, anche supponendo che l'affermazione della Commissione sia esatta, il fatto che altre autorità abbiano preso in considerazione soltanto gli effetti locali di un'infrazione sarebbe privo di rilevanza ai fini dell'applicazione del principio di divieto del cumulo delle sanzioni. Infatti, ai sensi della sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, solo l'identità dei comportamenti censurati sarebbe rilevante a questo titolo. La detta impostazione sarebbe confermata dalla prassi della Commissione stessa che, in una decisione del 1983, aveva dedotto dall'importo dell'ammenda inflitta ad alcune imprese che avevano partecipato ad un'intesa l'importo dell'ammenda già fissato dalle autorità tedesche, pur statuendo unicamente sugli aspetti della detta intesa esterni alla Germania [v. decisione della Commissione 17 ottobre 1983, 83/546/CEE, concernente una procedura ai sensi dell'articolo [81] del Trattato CEE (IV/30.064 - Cilindri colati in ghisa e in acciaio) (GU L 317, pag. 1)].

80.
    L'esistenza di tale prassi anteriore dimostrerebbe inoltre che, rifiutando di prendere in considerazione ammende già inflitte all'ADM Company, la Commissione non solo ha violato il principio di divieto del cumulo delle sanzioni, ma ha violato altresì il principio della parità di trattamento.

81.
    Infine, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato anche il principio di divieto del cumulo delle sanzioni per aver tenuto conto del fatturato mondiale dell'ADM, che comprende il volume d'affari realizzato negli Stati Uniti, il quale era già stato preso in considerazione dalle autorità americane, canadesi e messicane per fissare ammende molto ingenti. Per evitare una duplice sanzione, la Commissione avrebbe quindi dovuto tener conto soltanto della parte del fatturato proveniente dalle vendite di lisina nel SEE.

82.
    La Commissione osserva sostanzialmente che le ammende inflitte da autorità di Stati terzi sanzionano soltanto le violazioni del loro diritto nazionale della concorrenza e che esse non possono sanzionare le violazioni della normativa comunitaria sulla concorrenza. La circostanza che varie autorità abbiano dovuto esaminare gli stessi fatti sarebbe priva di pertinenza, poiché lo stesso fatto può costituire un'infrazione rispetto a più ordinamenti giuridici. Per quanto concerne la sua prassi decisionale, questa riguarderebbe le ammende inflitte non da autorità di Stati terzi, bensì da autorità degli Stati membri ed avrebbe proprio lo scopo di evitare che un comportamento anticoncorrenziale sia sottoposto ad una duplice sanzione nella Comunità stessa.

2. Sull'effetto dissuasivo delle ammende già inflitte

83.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha omesso di prendere in considerazione, nel determinare l'importo dell'ammenda, il fatto che l'ADM Company era già stata condannata, in alcuni paesi terzi, ad ammende e a risarcimenti danni per un importo sufficiente a dissuaderla dal commettere un'ulteriore infrazione al diritto della concorrenza. L'ADM sarebbe stata, quindi, sufficientemente sanzionata.

84.
    La Commissione replica che, quando esercita il suo potere di infliggere ammende, tiene in considerazione la necessità di dissuasione rispetto alla situazione nella Comunità europea. Un'impresa che abbia preso parte ad un'intesa mondiale non deve aspettarsi un trattamento più indulgente rispetto ad un'impresa che partecipi ad un'intesa limitata all'Europa. L'obiettivo di dissuasione nei confronti di imprese quali l'ADM non sarebbe raggiunto se la Commissione dovesse astenersi dall'infliggere ammende ingenti per flagranti violazioni del diritto comunitario della concorrenza per il fatto che all'autore delle stesse sono già state inflitte sanzioni per infrazioni al diritto della concorrenza di paesi terzi. Per quanto riguarda l'entità dei risarcimenti danni richiesti nell'ambito di azioni civili, esso sarebbe indipendente dall'entità adeguata delle sanzioni amministrative.

Giudizio del Tribunale

1. Sulla violazione del principio che vieta il cumulo delle sanzioni e del preteso obbligo per la Commissione di prendere in considerazione le sanzioni inflitte anteriormente

85.
    Risulta dalla giurisprudenza che il principio ne bis in idem, sancito anche dall'art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU, costituisce un principio generale del diritto comunitario di cui il giudice garantisce il rispetto (sentenze della Corte 5 maggio 1966, cause riunite 18/65 e 35/65, Gutmann/Commissione, Racc. pag. 141, in particolare pag. 163, e 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, cit., punto 3; sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T-305/94 a T-307/94, da T-313/94 a T-316/94, T-318/94, T-325/94, T-328/94, T-329/94 e T-335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II-931, punto 96, confermata, sul detto punto, dalla sentenza della Corte 15 ottobre 2002, cause riunite C-238/99 P, C-244/99 P, C-245/99 P, C-247/99 P, da C-250/99 P a C-252/99 P e C-254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I-8375, punto 59).

86.
    Nell'ambito del diritto comunitario della concorrenza, il detto principio vieta che un'impresa venga condannata o perseguita di nuovo dalla Commissione per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione della Commissione non più suscettibile di impugnazione.

87.
    Inoltre, nella giurisprudenza è stata ammessa la possibilità di un cumulo delle sanzioni, una comunitaria e l'altra nazionale, qualora vi siano due procedimenti paralleli, che perseguono fini diversi, e la cui ammissibilità deriva dal particolare sistema di ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri in materia d'intese. Tuttavia, un'esigenza generale d'equità implica che, nel commisurare l'ammenda, la Commissione deve tener conto delle sanzioni che siano state già irrogate all'impresa per lo stesso fatto, qualora si tratti di sanzioni inflitte per violazione del diritto delle intese di uno Stato membro e, di conseguenza, per fatti avvenuti nel territorio comunitario (v. sentenze della Corte 13 febbraio 1969, causa 14/68, Wilhelm e a., Racc. pag. 1, punto 11, e 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, cit., punto 3; sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-141/89, Trefileurope/Commissione, Racc. pag. II-791, punto 191, e causa T-149/89, Sotralentz/Commissione, Racc. pag. II-1127, punto 29).

88.
    Per la parte in cui le ricorrenti lamentano che, infliggendo loro un'ammenda per la partecipazione ad un'intesa già sanzionata dalle autorità americane e canadesi, la Commissione ha violato il principio del ne bis in idem, ai sensi del quale non può essere inflitta una seconda sanzione alla stessa persona per la medesima infrazione, occorre rilevare che il detto argomento non può essere accolto dal Tribunale.

89.
    A tale proposito è sufficiente ricordare che il giudice comunitario ha riconosciuto che un'impresa possa essere validamente sottoposta a due procedimenti paralleli per la stessa infrazione e quindi ad una duplice sanzione, una inflitta dall'autorità competente dello Stato membro in questione, l'altra comunitaria. Tale possibilità di cumulo delle sanzioni è giustificata dal fatto che i detti procedimenti perseguono fini diversi (v. sentenze Wilhelm e a., cit., punto 11; Tréfileurope/Commissione, cit., punto 191, e Sotralentz/Commissione, cit., punto 29).

90.
    Alla luce di ciò, il principio del ne bis in idem non può, a maggior ragione, trovare applicazione nel caso di specie, dato che i procedimenti svolti e le sanzioni inflitte dalla Commissione, da un lato, e dalle autorità americane e canadesi, dall'altro, non perseguono evidentemente gli stessi obiettivi. Se nel primo caso si tratta di preservare una concorrenza non falsata nel territorio dell'Unione europea o nel SEE, lo scopo di tutela riguarda, nel secondo caso, il mercato americano o canadese.

91.
    Tale conclusione è confermata dalla portata del principio che vieta il cumulo delle sanzioni, come sancito dall'art. 4 del protocollo n. 7 della CEDU ed applicato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo. Dalla formulazione del detto articolo risulta che tale principio ha il solo effetto di vietare ad un giudice nazionale di giudicare o di reprimere un reato per il quale la persona in questione è già stata assolta o condannata nello stesso Stato. Per contro, il principio del ne bis in idem non vieta che una persona sia perseguita o condannata più di una volta per lo stesso fatto in due o più Stati diversi (v. Corte eur. D.U., sentenza Krombach c. Francia del 29 febbraio 2000, non pubblicata).

92.
    Va altresì sottolineato che non esiste, attualmente, nessun principio di diritto pubblico internazionale che vieti ad autorità o a giudici di Stati diversi di perseguire e di condannare una persona per gli stessi fatti. Un tale divieto potrebbe pertanto risultare, a tutt'oggi, soltanto da una cooperazione internazionale molto stretta che sfociasse nell'adozione di disposizioni comuni come quelle che figurano nella Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell'Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (GU 2000, L 239, pag. 19), firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990. A tale proposito, le ricorrenti non hanno eccepito l'esistenza di un testo convenzionale che vincoli la Comunità e Stati terzi quali gli Stati Uniti o il Canada e che preveda un tale divieto.

93.
    Va osservato che l'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU 2000, C 364, pag. 1), prevede che nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge. Tuttavia si deve necessariamente rilevare che, indipendentemente dalla questione se il testo citato sopra abbia o meno valore giuridico cogente, quest'ultimo si applica solo nel territorio dell'Unione e delimita espressamente la portata del diritto previsto nel suo art. 50 ai casi in cui la decisione di assoluzione o di condanna in questione sia stata pronunciata all'interno del detto territorio.

94.
    Ne consegue che, poiché le ricorrenti invocano una violazione del principio del ne bis in idem per il fatto che l'intesa in questione è stata altresì oggetto di condanne fuori del territorio comunitario o che la Commissione ha preso in considerazione nella Decisione il fatturato complessivo dell'ADM che comprende il fatturato realizzato dall'ADM Company negli Stati Uniti e in Canada, già preso in considerazione dalle autorità americane e canadesi per determinare alcune ammende, tale motivo dev'essere respinto.

95.
    Nella parte in cui le ricorrenti fanno valere che, rifiutando di dedurre dall'ammenda fissata dalla Decisione l'importo delle ammende già inflitte all'ADM Company negli Stati Uniti e in Canada o prendendo in considerazione nella Decisione il fatturato complessivo dell'ADM, la Commissione non ha tenuto conto della sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, secondo la quale la Commissione avrebbe l'obbligo di tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di un paese terzo qualora gli addebiti contestati all'impresa ricorrente da parte della Commissione, da un lato, e delle dette autorità, dall'altro, siano identici, occorre rilevare che neppure tale argomento può essere accolto dal Tribunale.

96.
    Va osservato che al punto 3 della sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, la Corte ha dichiarato che:

«(...) la questione, poi, del se la Commissione debba tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo [alla ricorrente da parte della Commissione, da un lato, e da parte delle autorità americane, dall'altro] va risolta solo qualora gli addebiti siano identici».

97.
    Le ricorrenti deducono a contrario dal punto 3, citato, che la Commissione deve prendere in considerazione le sanzioni inflitte dalle autorità americane e canadesi all'ADM Company per la sua partecipazione all'intesa mondiale sulla lisina, che sarebbe la stessa, per oggetto, ambito di applicazione, durata, di quella considerata dalla Commissione nella Decisione con cui ha inflitto alle stesse ricorrenti un'ammenda di EUR 47,3 milioni.

98.
    In primo luogo, va rilevato che risulta evidente dalla formulazione del punto 3 della sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, che la Corte non ha risolto la questione se la Commissione debba tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo nell'ipotesi in cui gli addebiti contestati ad un'impresa da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici. Dal detto punto risulta che la Corte ha considerato l'identità dei fatti censurati dalla Commissione e dalle autorità di uno Stato terzo come una condizione preliminare per la questione di cui sopra.

99.
    In secondo luogo, occorre sottolineare che è in considerazione della situazione particolare derivante, da un lato, dalla stretta interdipendenza dei mercati nazionali degli Stati membri e del mercato comune e, dall'altro, dal sistema specifico di ripartizione delle competenze tra la Comunità e gli Stati membri in materia di intese in uno stesso territorio, quello del mercato comune, che la Corte, avendo ammesso la possibilità di un duplice procedimento, ha ritenuto necessario, considerata l'eventuale duplice sanzione che ne deriva, prendere in considerazione la prima decisione repressiva conformemente ad un'esigenza di equità (v. sentenza Wilhelm e a., cit., punto 11, e le conclusioni dell'avvocato generale Mayras per la sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, cit., Racc. pag. 1293, in particolare pagg. 1301-1303).

100.
    Orbene, è evidente che una situazione di questo tipo non sussiste nella presente fattispecie e pertanto, non essendo dedotta una disposizione convenzionale espressa che preveda l'obbligo per la Commissione, nella fissazione dell'importo di un'ammenda, di tener conto delle ammende già inflitte alla stessa impresa per il medesimo fatto da autorità o giudici di uno Stato terzo, come gli Stati Uniti o il Canada, le ricorrenti non possono validamente contestare alla Commissione di essere venuta meno, nel caso di specie, a tale preteso obbligo.

101.
    Ad ogni modo, anche supponendo che dalla sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, citata, si possa dedurre a contrario che la Commissione deve tener conto delle sanzioni irrogate dalle autorità di uno Stato terzo nell'ipotesi in cui gli addebiti contestati all'impresa in questione da parte di tale istituzione e delle dette autorità siano identici, la prova di una tale identità, che spetta alle ricorrenti produrre (sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, cit., punto 5), non è stata fornita nel caso di specie.

102.
    Per quanto riguarda la condanna dell'ADM Company negli Stati Uniti, dalla sentenza pronunciata il 15 ottobre 1996 dalla United States District Court (tribunale distrettuale degli Stati Uniti) risulta che, in seguito ad un accordo concluso con il Ministero della Giustizia americano, la detta impresa è stata condannata, da un lato, ad un'ammenda di USD 70 milioni per la partecipazione all'intesa sulla lisina e, dall'altro, ad un'ammenda di USD 30 milioni per la partecipazione ad un'intesa nel settore dell'acido citrico. Dai documenti prodotti dalle ricorrenti risulta che l'ADM Company è stata altresì condannata, in Canada, ad un'ammenda di CAD 16 milioni per la partecipazione a due intese relative alla lisina e all'acido citrico. Risulta, pertanto, che le condanne negli Stati Uniti e in Canada riguardavano un complesso più ampio di accordi e di pratiche concordate. In particolare va osservato che, per valutare l'importo dell'ammenda, i giudici americani hanno preso in considerazione il volume delle operazioni commerciali realizzate «sia nel mercato della lisina, sia in quello dell'acido citrico» (punto 7 della sentenza).

103.
    Anche supponendo che la condanna concernente l'intesa sulla lisina possa essere considerata distinta da quella relativa all'intesa sull'acido citrico, occorre sottolineare che, sebbene la sentenza pronunciata negli Stati Uniti evochi il fatto che l'intesa sulla lisina aveva lo scopo di diminuire la produzione e di aumentare i prezzi della lisina «negli Stati Uniti e altrove», non è assolutamente dimostrato che la condanna pronunciata negli Stati Uniti si sia riferita ad atti compiuti in conseguenza o ad effetti dell'intesa diversi da quelli che hanno avuto luogo nel detto paese (v., in tal senso, sentenza 14 dicembre 1972, Boehringer/Commissione, cit., punto 6) e in particolare nel SEE, il che, del resto, avrebbe manifestamente sconfinato nella competenza territoriale della Commissione. Quest'ultima osservazione è ugualmente valida per la condanna pronunciata in Canada. A tale proposito, dalla discussione all'udienza risulta che le ammende inflitte dai giudici americani e canadesi sono state calcolate a partire dal fatturato realizzato dall'ADM Company nel territorio di questi due Stati. Inoltre, è pacifico che la Commissione ha svolto la propria indagine (punti 167-175 della Decisione) ed ha proceduto alla propria valutazione dei mezzi di prova che le erano sottoposti (v., in tal senso, sentenza Krombach c. Francia, cit.).

104.
    Alla luce di ciò, si deve respingere la censura delle ricorrenti vertente su una violazione da parte della Commissione di un preteso obbligo di tener conto delle sanzioni irrogate anteriormente dalle autorità di Stati terzi, nonché quella, invocata incidentalmente dalle ricorrenti, della violazione del principio della parità di trattamento, poiché il riferimento alla prassi decisionale anteriore della Commissione non è pertinente al riguardo. Quest'ultima attiene, infatti, a situazioni che non sono paragonabili a quella dell'ADM, il che giustifica l'assenza di un trattamento identico.

2. Sull'effetto dissuasivo delle ammende già inflitte

105.
    Secondo la giurisprudenza, il potere della Commissione d'infliggere ammende alle imprese le quali, intenzionalmente o per negligenza, trasgrediscono l'art. 81, n. 1, CE o l'art. 82 CE costituisce uno dei mezzi di cui dispone la Commissione per poter svolgere il compito di sorveglianza assegnatole dal diritto comunitario. Questo compito comprende indubbiamente quello di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 105).

106.
    Ne consegue che la Commissione può inasprire l'entità dell'importo delle ammende onde rafforzarne l'effetto dissuasivo qualora pratiche di una determinata categoria siano ancora relativamente frequenti, sebbene la loro illegittimità sia stata dimostrata sin dagli inizi della politica comunitaria in materia di concorrenza, dati i vantaggi che determinate imprese possono trarne (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 108).

107.
    A tale proposito, il punto 1 A, quarto capoverso, degli orientamenti prevede segnatamente che è necessario, nel valutare la gravità di un'infrazione e l'importo di base dell'ammenda, «fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo».

108.
    Le ricorrenti non possono sostenere validamente che nessuna dissuasione si imponeva nei loro confronti per il fatto che l'ADM Company era già stata condannata per gli stessi fatti da giudici di Stati terzi.

109.
    Occorre infatti rilevare, anzitutto, che tale argomento delle ricorrenti coincide in realtà con quello relativo alla violazione del principio che vieta il cumulo delle sanzioni, già respinto dal Tribunale ai punti 85-104.

110.
    Inoltre, come risulta dalla giurisprudenza di cui sopra, lo scopo dissuasivo che la Commissione ha il diritto di perseguire fissando l'importo di un'ammenda è volto a garantire l'osservanza da parte delle imprese delle regole di concorrenza stabilite dal Trattato per lo svolgimento delle loro attività all'interno della Comunità o del SEE. Ne consegue che il carattere dissuasivo di un'ammenda inflitta a causa di una violazione della normativa comunitaria sulla concorrenza non può essere determinato soltanto in funzione della situazione particolare dell'impresa condannata, né in funzione dell'osservanza da parte di quest'ultima delle norme in materia di concorrenza stabilite negli Stati terzi fuori del SEE.

111.
    Nella causa in esame, che corrisponde ad un classico tipo di violazione del diritto della concorrenza e ad un comportamento la cui illegittimità è stata dichiarata a più riprese dalla Commissione, sin dai suoi primi interventi nel settore, quest'ultima era inoltre autorizzata a considerare necessaria la fissazione dell'importo dell'ammenda ad un livello sufficientemente dissuasivo nei limiti fissati dal regolamento n. 17.

112.
    Di conseguenza, va respinta la censura delle ricorrenti, secondo la quale la Commissione ha omesso di prendere in considerazione, per la determinazione dell'ammenda, il fatto che l'ADM sarebbe già stata sanzionata sufficientemente per dissuaderla dal commettere ulteriori infrazioni al diritto comunitario della concorrenza.

III - Sulla gravità dell'infrazione

Sulla natura dell'infrazione

1. Argomenti delle parti

113.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato gli orientamenti, qualificando l'infrazione contestata come «molto grave» e non come «grave». Infatti, l'accordo sulla lisina non avrebbe provocato alcuna ripartizione dei mercati nazionali, e non avrebbe quindi pregiudicato il buon funzionamento del mercato interno, dal momento che i prezzi venivano fissati per tutta l'Europa e che non vi era nessuna ripartizione dei mercati nazionali tra le imprese interessate.

114.
    Orbene, da un'interpretazione letterale del punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino, degli orientamenti, il quale definisce la nozione d'infrazione molto grave, risulterebbe che tale qualificazione è subordinata alla condizione che l'infrazione contestata abbia pregiudicato, in maniera molto grave, il buon funzionamento del mercato interno, dato che, ai sensi della suddetta disposizione, «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno». Se la condizione di pregiudizio per il buon funzionamento del mercato interno non fosse stata necessaria per i cartelli di prezzi o per le quote di ripartizione dei mercati, l'uso del termine «altre» sarebbe stato omesso.

115.
    Inoltre, la detta qualificazione non sarebbe conforme alla prassi decisionale della Commissione in materia. Così, tutte le decisioni citate al punto 258 della Decisione per dimostrare il preteso carattere molto grave dell'infrazione commessa riguarderebbero intese che hanno provocato una ripartizione dei mercati nazionali. Per contro, poiché gli accordi orizzontali non comportano ripartizioni di questo tipo, essi sarebbero sanzionati in modo meno severo, come dimostrerebbero la decisione della Commissione 14 ottobre 1998, 1999/210/CE, relativa ad una procedura a norma dell'articolo [81] del Trattato CE (IV/F-3/33.708 British Sugar Plc, IV/F- 3/33.709 Tate & Lyle Plc, IV/F-3/33.710 Napier Brown & Company Ltd, IV/F-3/33.711 James Budgett Sugars Ltd) (GU 1999, L 76, pag. 1), la decisione della Commissione 9 dicembre 1998, 1999/271/CE, relativa ad una procedura ai sensi dell'articolo [81] del Trattato CE (IV/34466 - Traghetti greci) (GU 1999, L 109, pag. 24), e la decisione della Commissione 21 gennaio 1998, 98/247/CECA, relativa ad un procedimento di applicazione dell'articolo 65 del Trattato CECA (Caso IV/35.814 - Extra di lega) (GU L 100, pag. 55), concernenti intese sui prezzi che, in assenza di ripartizione dei mercati, sono state qualificate soltanto come infrazioni «gravi». Tale distinzione, praticata normalmente dalla Commissione, sarebbe conforme alla sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T-62/98, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. II-2707), nella quale è stato dichiarato che un'infrazione mirante alla ripartizione di un mercato «per sua natura, è particolarmente grave». Le ricorrenti ne deducono che la Commissione, discostandosi dalla sua prassi abituale in materia, ha violato altresì il principio della parità di trattamento.

116.
    La Commissione contesta la fondatezza dell'argomento delle ricorrenti.

2. Giudizio del Tribunale

117.
    Secondo una giurisprudenza costante, la valutazione della gravità dell'infrazione dev'essere effettuata tenendo conto, in particolare, della natura delle restrizioni provocate alla concorrenza (v. sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T-213/95 e T-18/96, SCK e FNK/Commissione, Racc. pag. II-1739, punto 246, e la giurisprudenza citata).

118.
    Orbene, poiché l'accordo è consistito in particolare nel fissare alcuni obiettivi di prezzi della lisina nel SEE e nel fissare quote di vendita per il detto mercato, va ricordato che i primi esempi di intese forniti dall'art. 81, n. 1, lett. a) e b), CE, dichiarate espressamente incompatibili con il mercato comune, sono precisamente quelle consistenti nel:

«a)    fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione,

b)    limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti,

(...)».

119.
    E' questo il motivo per cui infrazioni di questo tipo, in particolare quando trattasi di intese orizzontali, sono qualificate dalla giurisprudenza come «particolarmente gravi» (sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit., punto 675) o come «violazioni manifeste delle regole comunitarie di concorrenza» (sentenze del Tribunale 6 aprile 1995, causa T-148/89, Trefilunion/Commissione, Racc. pag. II-1063, punto 109, e BPB de Eendracht/Commissione, cit., punti 303 e 338).

120.
    In particolare, la fissazione di un prezzo, sia pure meramente indicativo, pregiudica il gioco della concorrenza in quanto consente a ciascun partecipante all'intesa di prevedere quasi con certezza quale sarà la politica dei prezzi dei suoi concorrenti (sentenza della Corte 17 ottobre 1972, causa C-8/72, Vereeniging van Cementhandelaren/Commissione, Racc. pag. 977, punto 21). In generale, intese di questo tipo comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato (sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit., punto 675). Infatti, esprimendo una volontà comune di applicare un determinato livello di prezzi ai loro prodotti, i produttori di cui trattasi non determinano più autonomamente la loro politica sul mercato comune, contravvenendo in tal modo ai principi insiti nelle norme del Trattato relative alla concorrenza (sentenza BPB de Eendracht/Commissione, cit., punto 192).

121.
    E' alla luce delle considerazioni che precedono che occorre intendere le disposizioni del punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino, degli orientamenti, intitolato «infrazioni molto gravi», per le quali è previsto che l'importo applicabile in funzione della gravità dell'infrazione sia «oltre i 20 milioni di [euro]».

122.
    Riguardo alle dette infrazioni, è infatti affermato che «trattasi essenzialmente di restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio [v. decisioni 91/297/CEE, 91/298/CEE, 91/299/CEE, 91/300/CEE e 91/301/CEE (Soda Ash), 94/815/CE (cemento), 94/601/CE (cartoncino), 92/163/CE (Tetra Pak II), e 94/215/CECA (travi d'acciaio)]».

123.
    Contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, l'intesa a cui è pacifico che esse abbiano partecipato e che comportava, in particolare, la fissazione di obiettivi di prezzi non può sottrarsi alla qualificazione di infrazione molto grave per il solo fatto che si trattava di un'intesa mondiale che non conduceva ad una compartimentazione dei mercati nazionali all'interno del mercato comune.

124.
    Da un lato, un'interpretazione letterale della disposizione degli orientamenti di cui sopra non porta a ritenere che la qualificazione d'infrazione molto grave sia subordinata alla condizione che la pratica in questione abbia condotto ad una compartimentazione dei mercati. Ne risulta, al contrario, che si presume che le intese orizzontali relative a cartelli di prezzi o di ripartizione dei mercati pregiudichino il buon funzionamento del mercato interno e che una tale qualificazione può, inoltre, essere applicata ad altre pratiche tali da produrre un effetto analogo come, ad esempio, quelle volte ad una compartimentazione dei mercati. Del resto, il fatto che una compartimentazione di questo genere non sia una condizione sine qua non affinché un'infrazione sia considerata molto grave risulta altresì dal fatto che la detta disposizione qualifica come infrazioni molto gravi gli abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi-monopolio, pratiche che non sono, neanch'esse, necessariamente volte ad una compartimentazione dei mercati.

125.
    D'altra parte, anche un'interpretazione più sistematica delle disposizioni pertinenti conduce alla stessa conclusione. Infatti, come è stato osservato, due delle pratiche oggetto dell'intesa sono espressamente vietate dall'art. 81, n. 1, CE, poiché comportano restrizioni intrinseche della concorrenza nel mercato comune. Orbene, come risulta dall'art. 3, n. 1, lett. g), CE, uno degli obiettivi fondamentali della Comunità è l'attuazione di «un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno». Contrariamente a quanto le ricorrenti sembrano pretendere, l'obiettivo generale relativo al «buon funzionamento del mercato interno», che si presume pregiudicato dalle dette pratiche, ai sensi del punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino, degli orientamenti, si riferisce quindi alla necessità di garantire non solo la mancanza di compartimentazione dei mercati nazionali, ma anche il mantenimento di una concorrenza non falsata all'interno del mercato comune.

126.
    Alla luce di tali considerazioni, la censura delle ricorrenti secondo cui l'infrazione commessa non sarebbe, per sua natura, un'infrazione molto grave dev'essere respinta.

127.
    Per quanto riguarda la censura vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento, le ricorrenti sostengono che la qualificazione d'infrazione «molto grave», adottata nel caso di specie dalla Commissione, non sarebbe conforme alla sua prassi decisionale in materia, dal momento che la detta qualificazione è stata riconosciuta soltanto in casi di intese che implicavano una compartimentazione dei mercati nazionali.

128.
    Dalle considerazioni svolte sopra, ai punti 117-125, risulta che, ad ogni modo, il detto argomento non è pertinente, in quanto la qualificazione di cui trattasi non è subordinata all'esistenza di una compartimentazione dei mercati nazionali.

129.
    Occorre ricordare che spetta alla Commissione, nell'ambito del suo potere discrezionale e alla luce delle indicazioni di cui al punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino, degli orientamenti, determinare se le circostanze proprie della causa su cui essa è chiamata a pronunciarsi permettano di adottare la qualificazione d'infrazione molto grave.

130.
    Del resto, dalla prassi decisionale della Commissione risulta che la detta qualificazione non si riferisce unicamente, come asseriscono le ricorrenti, a casi di intese che implicano una compartimentazione dei mercati nazionali.

131.
    La qualificazione d'infrazione «molto grave», infatti, è stata accolta dalla Commissione in una situazione di restrizione della concorrenza che non implicava alcuna compartimentazione dei mercati nazionali e ciò nella decisione della Commissione 16 settembre 1998, 1999/243/CE, relativa ad una procedura a norma degli articoli [81] e [82] del Trattato CE (caso IV/35.134 - Trans-Atlantic Conference Agreement) (GU 1999, L 95, pag. 1). Così, la Commissione ha qualificato come violazione dell'art. 82 CE, ritenuta «molto grave» (punto 593 della decisione 1999/243) ai sensi delle disposizioni pertinenti degli orientamenti, determinate misure adottate da alcune imprese per sopprimere la concorrenza nel settore del trasporto marittimo di linea e alterare così la struttura del mercato.

132.
    D'altra parte, occorre ricordare che l'intesa a cui ha partecipato l'ADM comportava, oltre alla fissazione di obiettivi di prezzi propriamente detti, alcune restrizioni consistenti nella fissazione di quote di vendita e la creazione di un sistema di scambio d'informazioni sui quantitativi di vendita. Alla luce di ciò, la situazione delle ricorrenti non può essere considerata paragonabile a quella delle imprese di cui trattasi nelle decisioni della Commissione menzionate sopra, al punto 115, le quali avevano ad oggetto unicamente collusioni in materia di prezzi.

133.
    Ne consegue che la censura vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento dev'essere respinta.

Sull'impatto concreto dell'accordo sul mercato

134.
    Le ricorrenti sostengono che, nel valutare la gravità dell'infrazione, la Commissione ha proceduto ad una considerazione erronea dell'impatto concreto dell'accordo sul mercato.

135.
    L'argomento delle ricorrenti si suddivide in cinque censure che, sebbene distinte, contengono argomenti comuni.

1. Argomenti delle parti

136.
    In primo luogo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver provato, come le spettava, che l'intesa avesse avuto un impatto concreto sul mercato, ma di avere proceduto per mere presunzioni. Essa avrebbe così confuso la possibilità di presumere l'esistenza di un'intesa, senza dimostrare i suoi effetti restrittivi della concorrenza, a causa del suo oggetto anticoncorrenziale, con la pertinenza della stima degli effetti dell'infrazione quando se ne tiene conto per valutare la gravità della stessa. Infatti, gli elementi dedotti nella Decisione si riferirebbero ai fenomeni osservati nel mercato ma non a quanto si sarebbe verificato in mancanza d'intesa. L'unica analisi economica fornita a tale proposito, vale a dire la relazione del prof. Connor, non sarebbe pertinente in quanto riguarda il mercato degli Stati Uniti e non è stata comunicata all'ADM durante il procedimento.

137.
    In secondo luogo, la Commissione non avrebbe preso in considerazione l'effetto positivo dell'ingresso dell'ADM sul mercato a decorrere dal 1992, ingresso che ha raddoppiato la capacità di produzione e generato un abbassamento dei prezzi.

138.
    In terzo luogo, la Commissione non avrebbe tenuto conto delle condizioni oggettive che influivano sulla fissazione dei prezzi, vale a dire l'esistenza di prodotti intercambiabili a base di lisina naturale e l'ingresso potenziale di nuove concorrenti sul mercato in questione.

139.
    In quarto luogo, le prove dedotte sarebbero state oggetto, ad ogni modo, di una valutazione erronea. Le variazioni dei prezzi rilevati sarebbero dovute, ad eccezione di due riunioni, ad altri fattori (prezzo dei prodotti sostitutivi, sviluppo della produzione degli animali consumatori di lisina, ecc.). Gli annunci di prezzi fatti dall'ADM non avrebbero avuto alcun impatto e i prezzi praticati nei confronti dei suoi clienti sarebbero inferiori a quelli annunciati. L'analogia tra le quote di mercato e le quote concordate sarebbe una pura coincidenza, poiché queste ultime erano state espresse in quantitativi assoluti. Le dichiarazioni dei partecipanti all'intesa che attestano un successo degli accordi sarebbero puramente aneddotiche, dato che alcune persone si lamentavano, al contrario, dell'inosservanza degli stessi. La molteplicità delle riunioni non dimostrerebbe che l'accordo abbia avuto un impatto sul mercato.

140.
    In quinto luogo, la Commissione avrebbe respinto ingiustamente gli studi economici prodotti dall'ADM, basati sul modello oligopolistico di Cournot, e non avrebbe dimostrato che i prezzi praticati dall'ADM, che non corrispondevano ai prezzi concordati, fossero superiori ai prezzi che sarebbero stati applicati nell'ambito di un oligopolio non cooperativo. Essa avrebbe altresì respinto ingiustamente l'argomento vertente sul fatto che l'accordo di scambio di informazioni ha avuto, in realtà, un effetto proconcorrenziale.

141.
    La Commissione respinge tutte le dette censure per le ragioni esposte nella Decisione. Per quanto riguarda l'argomento vertente sul fatto che l'aumento dei prezzi sarebbe dovuto, ad eccezione di due riunioni, ad altri fattori, essa sostiene che le ricorrenti in realtà cercano di contestare un insieme di fatti, di cui l'ADM aveva ammesso l'esistenza, che rafforzano la constatazione dell'infrazione, il che giustificherebbe la sua domanda di aumento dell'importo dell'ammenda.

2. Giudizio del Tribunale

142.
    Occorre anzitutto sottolineare che, nella Decisione (punti 228-230), la Commissione si è pronunciata per l'esistenza di accordi nel senso dell'art. 81, n. 1, CE affermando che, trattandosi di accordi che fissano i prezzi, attribuiscono quote di vendita e creano un sistema di scambio di informazioni, gli stessi perseguivano un obiettivo anticoncorrenziale. Pertanto, ai fini di tale valutazione, la Commissione non ha esaminato in seguito gli effetti restrittivi della concorrenza dei detti accordi, come aveva il diritto di fare (v., per esempio, sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I-4125, punto 99).

143.
    Nel valutare la gravità dell'infrazione, la Commissione si è basata nondimeno sul fatto che l'infrazione aveva avuto, a suo avviso, un impatto concreto sul mercato della lisina nel SEE (punti 261-296 della Decisione), come è ormai tenuta a fare, conformemente al punto 1 A, primo capoverso, degli orientamenti, qualora il detto impatto risulti misurabile.

144.
    La Commissione ha quindi rilevato, al punto 261 della Decisione, che l'infrazione, commessa da imprese che erano praticamente le uniche produttrici mondiali di lisina, «ha avuto per effetto un aumento dei prezzi ad un livello superiore a quello che si sarebbe altrimenti registrato ed una limitazione dei volumi delle vendite e ha, di conseguenza, avuto un impatto concreto sul mercato della lisina nel SEE».

145.
    Per quanto riguarda il lamentato effetto dell'intesa sui volumi di vendita, la Commissione ha rilevato (punto 267 della Decisione), sulla base di una tabella che riporta le quote di mercato a livello mondiale dei produttori nel 1994, che le quote effettivamente detenute erano quasi identiche a quelle che essi si erano assegnati nell'ambito dei loro accordi sui quantitativi. Le ricorrenti invocano una mera coincidenza per il fatto che gli accordi riguardavano quote di produzione espresse in volume e sottolineano che i quantitativi totali delle vendite dell'ADM nel 1994 superavano il volume che le era stato assegnato.

146.
    Un tale argomento non consente di confutare la prova, fornita dalla Commissione, che le quote assegnate venivano rispettate, prova che è chiaramente rafforzata al punto 269 della Decisione dal fatto che, nella loro riunione del 18 gennaio 1995 ad Atlanta, i produttori sono giunti alla conclusione che il divario tra quote assegnate e vendite effettive di ciascuna società non era eccessivo e, pertanto, il livello del prezzo poteva essere mantenuto (v. anche i punti 153-156 della Decisione).

147.
    Alla luce di ciò, l'effetto di limitazione dei volumi delle vendite e di mantenimento delle quote di mercato che l'accordo sui quantitativi ha prodotto deve ritenersi sufficientemente dimostrato.

148.
    Cionondimeno, per sindacare la valutazione espressa dalla Commissione sull'impatto concreto dell'intesa sul mercato, occorre soprattutto esaminare le conclusioni relative agli effetti dell'intesa sui prezzi (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-308/94, Cascades/Commissione, Racc. pag. II-925, punto 173, e causa T-347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II-1751, punto 225). Infatti, come è stato sottolineato nelle dette sentenze a proposito di un'intesa che aveva un oggetto analogo, e come confermano le dichiarazioni dei produttori nella riunione del 18 gennaio 1995, una collusione sulle quote di mercato ha come obiettivo quello di garantire la riuscita delle iniziative concordate in materia di prezzi.

149.
    Nel caso di specie, per quanto riguarda l'accordo sui prezzi, la Commissione ha rilevato che l'infrazione di cui trattasi ha avuto per effetto un aumento dei prezzi ad un livello superiore a quello che si sarebbe altrimenti registrato (punto 261 della Decisione).

150.
    Per quanto riguarda tale effetto di aumento dei prezzi, si deve ricordare che per determinare la gravità dell'infrazione occorre tenere conto, in particolare, del contesto normativo ed economico del comportamento criticato (sentenze della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 612, e 17 luglio 1997, causa C-219/95 P, Ferriere Nord/Commissione, Racc. pag. I-4411, punto 38). A tale proposito, dalla giurisprudenza risulta che, per valutare l'impatto concreto di un'infrazione sul mercato, spetta alla Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che sarebbe normalmente esistito in assenza d'infrazione (v., in tal senso, sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit., punti 619 e 620; Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punto 235, e Thyssen Stahl/Commissione, cit., punto 645).

151.
    Da un lato, ne consegue che, nei casi di intese sui prezzi, occorre constatare che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese in questione di raggiungere un livello di prezzi di vendita superiore a quello che sarebbe prevalso in mancanza d'intesa.

152.
    Dall'altro lato, ne deriva che, nell'ambito della sua valutazione, la Commissione deve prendere in considerazione tutte le condizioni oggettive del mercato rilevante, considerato il contesto economico ed eventualmente normativo esistente. Dalle sentenze del Tribunale nella causa relativa al cartello del cartoncino risulta che occorre, se del caso, tenere conto dell'esistenza di «fattori economici oggettivi» che facciano risultare che, nell'ambito del «libero gioco della concorrenza», il livello dei prezzi non avrebbe registrato un'evoluzione identica a quella del livello dei prezzi praticati (sentenze Cascades/Commissione, cit., punti 183 e 184, e Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punti 234 e 235).

153.
    Nel caso di specie, dalla Decisione risulta che quattro elementi sono stati presi in considerazione dalla Commissione per affermare che esisteva un effetto di aumento dei prezzi.

154.
    La Commissione ha, in primo luogo, rilevato che l'ingresso dell'ADM sul mercato, nel 1991, ha avuto per effetto un significativo ribasso dei prezzi con una caduta del 50% nell'estate 1992 e che, in seguito agli accordi conclusi tra le imprese di cui trattasi, i prezzi della lisina in Europa sono aumentati in maniera sostanziale nello spazio di sei mesi e sono stati riportati all'80% circa del prezzo in vigore all'inizio del 1991 (punto 262 della Decisione). Tale elemento, la cui pertinenza è evidente, non è stato effettivamente contestato. Le ricorrenti fanno valere nondimeno, nell'ambito della seconda censura, che l'ingresso dell'ADM sul mercato ha avuto un'incidenza positiva. Orbene, come sostiene giustamente la Commissione, l'effetto positivo che ci si poteva aspettare dall'ingresso di questo nuovo concorrente sul mercato chiuso della lisina è stato annullato proprio dall'intesa cui l'ADM ha partecipato.

155.
    Essa ha messo in evidenza, in secondo luogo, l'aumento dei prezzi della lisina verificatosi nel luglio 1993, successivo ad una riduzione dei prezzi da parte dell'ADM e alla conclusione di un nuovo accordo nel giugno dello stesso anno tra i produttori di lisina (punto 263 della Decisione).

156.
    La stessa ha rilevato, in terzo luogo, che gli accordi sui prezzi conclusi dopo la distruzione dei raccolti americani di soia durante le piene del fiume Mississipi nell'estate 1993 (v. accordo di Parigi 5 ottobre 1993, punti 112 e segg. della Decisione) hanno consentito di mantenere i prezzi ad un livello relativamente alto (circa 5 DEM/kg) sino agli inizi del 1995, nonostante la capacità produttiva fosse raddoppiata e la domanda salita solamente del 60% (punto 264 della Decisione).

157.
    Le ricorrenti sostengono che tale valutazione è erronea, in quanto la scarsità di sostituti della lisina sintetica, dovuta alle inondazioni causate dalla piena del Mississipi, ha provocato, al contrario, un aumento dei prezzi.

158.
    Su questo punto, occorre sottolineare che la distruzione di gran parte dei raccolti americani di soia, prodotto che consente di fornire lisina naturale, a sua volta sostituibile alla lisina sintetica, ha potuto provocare certamente un aumento dei prezzi dei cereali, a cui, negli alimenti per animali, viene aggiunta proprio lisina sintetica, ma anche un'eccedenza delle scorte di lisina. E' sulla base di queste osservazioni, effettuate alla riunione di Parigi del 5 ottobre 1993, che i produttori hanno espresso preoccupazione per una rilevante diminuzione dei prezzi e che hanno deciso di ridurre la loro offerta quasi della metà (punto 114 della Decisione). Da questo elemento, unito alla constatazione di un raddoppiamento della capacità produttiva tra il 1993 e il 1995 e di un aumento meno ingente della domanda, la Commissione ha quindi potuto dedurre giustamente che il livello dei prezzi era artificialmente alto. L'argomento delle ricorrenti menzionato sopra, al punto 157, dev'essere quindi respinto.

159.
    Per quanto riguarda il quarto ed ultimo elemento sollevato nella Decisione, esso deriva dal fatto che, secondo la Commissione, «non è pensabile che le parti si mettessero ripetutamente d'accordo per riunirsi in località sparse in tutto il mondo allo scopo di fissare i prezzi (...) per un periodo di durata così lunga, senza che ciò avesse un impatto sul mercato della lisina» (punto 286). Come sostengono le ricorrenti, tale affermazione è priva di efficacia probatoria, essendo basata su mere congetture e non su fattori economici oggettivi. Essa dev'essere quindi respinta.

160.
    Va osservato che le ricorrenti non contestano veramente la correlazione ravvisata dalla Commissione tra le iniziative sui prezzi ed i prezzi effettivamente praticati nel mercato dai membri del cartello (punti 262-264 della Decisione). Esse sostengono soltanto il fatto che i prezzi praticati nei confronti dei clienti dell'ADM in alcune occasioni erano inferiori a quelli convenuti. A tale proposito occorre rilevare che, trattandosi di un accordo relativo ad obiettivi di prezzo (e non a prezzi fissi), è evidente che l'attuazione dell'accordo implicava unicamente che le parti si impegnassero a raggiungerli. Inoltre, il comportamento effettivo che un'impresa asserisce di aver tenuto non è rilevante ai fini della valutazione dell'impatto di un'intesa sul mercato, in quanto devono essere presi in considerazione soltanto gli effetti risultanti dal complesso dell'infrazione (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punti 150 e 152).

161.
    Per contro, le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha tenuto conto di altri elementi pertinenti che sarebbero tali da invalidare quelli su cui quest'ultima ha basato la sua conclusione relativa ad un effetto di aumento dei prezzi, vale a dire:

-    le pressioni che influivano sulla fissazione dei prezzi, derivanti dall'esistenza di prodotti intercambiabili e dall'ingresso potenziale di nuovi produttori sul mercato,

-    la struttura oligopolistica del mercato, che, alla luce di due studi economici, spiegherebbe il comportamento dell'ADM (applicazione della teoria dei giochi ispirata al modello di oligopolio di Cournot).

162.
    In primo luogo, la Commissione avrebbe concluso a torto che le pressioni di cui sopra non mantenevano i prezzi della lisina a livelli non collusivi.

163.
    Per quanto riguarda l'intercambiabilità dei prodotti, dai punti 43-48 e 274-276 della Decisione risulta che la Commissione ha preso in considerazione il detto fattore di determinazione dei prezzi della lisina. Dopo aver osservato che è tecnicamente possibile sostituire la lisina naturale a quella sintetica, a condizione di aggiungere altre sostanze per garantire l'equilibrio proteico, la Commissione ha ammesso (punto 275 della Decisione), in risposta ad un analogo argomento sollevato dall'Ajinomoto durante il procedimento amministrativo, che quando il prezzo della farina di soia (a partire dalla quale è prodotta la lisina naturale) è sufficientemente basso, tale prodotto diventa sostituibile alla lisina sintetica, mentre il prezzo della stessa costituisce un limite massimo che i produttori in questione non devono superare. Tuttavia, essa ha poi sottolineato (punto 276 della Decisione) che il prezzo della farina di soia è rimasto sufficientemente alto durante il periodo dell'infrazione per consentire alle imprese partecipanti all'intesa di aumentare i prezzi.

164.
    Tale osservazione non è esplicitamente contestata dalle ricorrenti. Queste ultime si limitano, infatti, a mettere in discussione il valore probatorio dell'estratto di una relazione economica riportata al punto 276 della Decisione. Esse sostengono, in proposito, che la detta relazione riguardava il mercato americano e che non è stata loro presentata durante il procedimento amministrativo. Il contenuto di tale relazione può essere considerato, senza dubbio alcuno, irrilevante rispetto alla conclusione di cui sopra, riportata al punto 276 della Decisione, poiché non si tratta assolutamente, di per sé, di un elemento probatorio, bensì di una spiegazione teorica del fenomeno rilevato sulla base di dati osservati negli Stati Uniti. Del resto, la Commissione stessa afferma di non averla prodotta come elemento probatorio. A tale proposito occorre ricordare che la Commissione, in questo caso, si limitava a rispondere ad un argomento dedotto nella specie, durante il procedimento amministrativo, dall'Ajinomoto e non dall'ADM. La questione della mancata comunicazione alle ricorrenti dello studio in questione è esaminata sotto, al punto 327.

165.
    Per quanto riguarda il potenziale ingresso sul mercato di nuovi operatori durante il periodo dell'infrazione, le ricorrenti non presentano alcun indizio che permetta di avvalorare la loro tesi, in particolare il nome di imprese che avrebbero avuto intenzione di entrare sul detto mercato. Orbene, è pacifico che la produzione di lisina sintetica richiede ingenti investimenti e un elevato livello di tecnologia (punti 29 e 30 della Decisione), il che costituisce una spiegazione del fatto che il mercato sia rimasto particolarmente chiuso.

166.
    In secondo luogo, per quanto riguarda proprio la struttura oligopolistica del mercato, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver respinto i due studi economici prodotti dall'ADM durante il procedimento amministrativo che, in realtà, sono volti a dimostrare che l'ADM aveva «barato» all'interno dell'intesa. Sul modello di una teoria dei giochi ispirata al modello di oligopolio di Cournot, all'origine del concetto dell'oligopolio, esse intendono così dimostrare che non è stato provato che i prezzi praticati fossero superiori a quelli che sarebbero stati applicati nell'ambito di un oligopolio non cooperativo.

167.
    Occorre rilevare in tal modo che le ricorrenti mirano soltanto a basarsi sulla pretesa «inadempienza» dell'ADM all'interno del cartello e che il suddetto argomento dev'essere pertanto ritenuto inoperante. Lo stesso vale, del resto, per quanto riguarda l'argomento volto a dimostrare che, nell'ambito dell'accordo per lo scambio d'informazioni, l'ADM avrebbe tenuto un comportamento favorevole alla concorrenza, fornendo informazioni inesatte. Infatti, come è stato già affermato sopra, al punto 160, il comportamento effettivo che un'impresa asserisce di aver tenuto non è rilevante ai fini della valutazione dell'impatto di un'intesa sul mercato, in quanto devono essere presi in considerazione soltanto gli effetti risultanti dal complesso dell'infrazione (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punti 150 e 152).

168.
    Va inoltre osservato che un aumento concordato dei prezzi produce effetti ancora più dannosi per il fatto che il mercato è già caratterizzato da una struttura oligopolistica, che costituisce effettivamente un fattore economico oggettivo tale da attenuare gli effetti della concorrenza tra produttori. E' certo che alcuni comportamenti d'imprese, come quello adottato dall'ADM, riducono ancora di più la concorrenza, in particolare per mezzo delle attività di fissazione dei prezzi. Di conseguenza, le ricorrenti non possono basarsi sul carattere oligopolistico del mercato per giustificare la loro affermazione relativa alla mancanza di impatto concreto dell'infrazione sul detto mercato (v., in tal senso, sentenza Thyssen Stahl/Commissione, cit., punto 302).

169.
    Oltre al fatto che l'ADM stessa ha ammesso che due riunioni dei produttori di lisina, l'8 dicembre 1993 e il 10 marzo 1994, hanno avuto un effetto positivo, significativo a livello statistico, ai fini di un aumento dei prezzi della lisina (punto 284 della Decisione), va rilevato che le ricorrenti non sono pervenute a produrre elementi tangibili idonei ad invalidare gli elementi probatori forniti dalla Commissione e che quest'ultima ha quindi validamente dimostrato l'impatto negativo dell'intesa sul mercato.

170.
    Per quanto riguarda l'argomento della Commissione secondo il quale la contestazione da parte delle ricorrenti del nesso di causalità tra l'intesa e l'aumento dei prezzi rimette in discussione la sostanza dei fatti e giustifica quindi la sua domanda di aumento dell'importo dell'ammenda, esso rientra nell'esame della domanda riconvenzionale volta all'aumento dell'importo dell'ammenda.

171.
    Dal complesso delle considerazioni che precedono relative alla natura dell'infrazione e al suo impatto concreto, risulta che la Commissione ha potuto legittimamente assumere, tenuto conto anche dell'estensione del mercato geografico rilevante (il SEE), che l'intesa costituiva un'«infrazione molto grave» ai sensi del punto 1 A, secondo capoverso, terzo trattino, degli orientamenti.

Sul fatturato preso in considerazione

172.
    Le ricorrenti lamentano che la Commissione abbia tenuto conto del fatturato mondiale anziché di quello realizzato sul mercato geografico in questione, proveniente dalla vendita dei prodotti che erano stati oggetto dell'infrazione, vale a dire il fatturato relativo alle vendite di lisina nel SEE. Esse fanno valere, a tale proposito, una violazione del principio di proporzionalità e degli orientamenti, nonché violazioni del principio della parità di trattamento.

1. Argomenti delle parti

Sulla violazione del principio di proporzionalità e degli orientamenti

173.
    Le ricorrenti sostengono che la mancata presa in considerazione del fatturato concernente il mercato di cui trattasi costituisce una violazione del principio di proporzionalità, per il fatto che l'importo dell'ammenda inflitta supera il 115% delle vendite di lisina complessivamente realizzate dall'ADM nel SEE durante il 1995.

174.
    A tale proposito, la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che l'unico limite al suo potere discrezionale fosse fissato dai massimali di cui all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, vale a dire, segnatamante, il fatturato complessivo di ciascuna impresa interessata (punto 318 della Decisione). Così facendo, essa avrebbe trascurato il principio di proporzionalità, su cui deve basarsi la determinazione dell'importo delle ammende.

175.
    Secondo le ricorrenti, sia dalla prassi decisionale della Commissione, sia dalla giurisprudenza del Tribunale risulta che l'importo di un'ammenda dev'essere proporzionato all'importo delle vendite del prodotto oggetto dell'infrazione. Nella sentenza Parker Pen/Commissione, citata, il Tribunale avrebbe così ridotto l'importo dell'ammenda basandosi sull'esiguo fatturato proveniente dalle vendite del prodotto oggetto dell'infrazione rispetto a quello derivante dal complesso delle vendite realizzate, situazione identica a quella della fattispecie in esame.

176.
    D'altra parte, il fatto di non aver preso in considerazione il fatturato realizzato sul mercato rilevante sarebbe contrario al punto 1 A, quarto e sesto capoverso, degli orientamenti, che fa riferimento alla valutazione dell'«effettiva capacità economica» delle imprese di arrecare un danno consistente agli altri operatori, nonché all'«impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa».

177.
    La Commissione contesta i detti argomenti, sostenendo di essersi conformata agli orientamenti. D'altra parte, il principio di proporzionalità richiederebbe soltanto che l'importo dell'ammenda definitiva sia proporzionato alla gravità e alla durata dell'infrazione, conformemente all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Inoltre, poiché la sentenza Parker Pen/Commissione, citata, riguarda un'intesa verticale, in cui il fatturato dell'impresa condannata corrisponde al fatturato sul mercato rilevante, essa non potrebbe essere trasposta ad un accordo orizzontale.

Sulle violazioni del principio della parità di trattamento

178.
    Le ricorrenti ritengono che il fatto di prendere in considerazione il fatturato complessivo, anziché quelle relativo alle vendite di lisina nel SEE, provochi un trattamento discriminatorio sia rispetto alle imprese oggetto di altre decisioni della Commissione, precedenti o successive alla pubblicazione degli orientamenti, sia rispetto alle imprese di cui trattasi nella Decisione. A tale proposito, l'ADM sarebbe stata ingiustamente paragonata all'Ajinomoto, mentre disponeva, sul mercato della lisina nel SEE, soltanto di una quota di mercato pari al 20%, mentre l'Ajinomoto vi era dominante con una quota del 48%.

179.
    La Commissione riconosce che l'applicazione degli orientamenti può condurre ad infliggere ammende più ingenti che in passato, in quanto esse perseguono l'obiettivo di ottenere una dissuasione più efficace. Non si può quindi escludere che una stessa infrazione sia ormai sanzionata in modo più severo rispetto alla prassi anteriore. Tuttavia, l'aumento del livello generale delle ammende nel corso degli ultimi dieci anni sarebbe soltanto il risultato del legittimo esercizio, da parte della Commissione, del suo potere discrezionale. Quest'ultima ne deduce che le valutazioni comparative effettuate dalle ricorrenti sono al tempo stesso contestabili ed irrilevanti.

180.
    La Commissione fa valere altresì, sostanzialmente, che l'ADM è un'impresa di dimensioni paragonabili a quelle dell'Ajinomoto.

2. Giudizio del Tribunale

Sulla violazione del principio di proporzionalità e degli orientamenti

181.
    Come è stato osservato sopra, al punto 56, da una giurisprudenza consolidata risulta che la Commissione dispone, nell'ambito del regolamento n. 17, di un margine di discrezionalità nel determinare l'importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole della concorrenza. L'efficace applicazione di tali norme implica che la Commissione possa sempre adeguare l'entità delle ammende alle esigenze della politica comunitaria della concorrenza, se del caso, aumentandone l'importo (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 109).

182.
    Occorre ricordare che, nella Decisione, la Commissione ha determinato l'importo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti applicando il metodo di calcolo che essa stessa si è imposta negli orientamenti. Orbene, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposte (v. sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II-1711, punto 53, confermata in sede d'impugnazione con sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. I-4235, e la giurisprudenza citata). In particolare, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell'esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un'autolimitazione di questo potere in quanto essa è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T-380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II-2169, punto 57, e 30 aprile 1998, causa T-214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II-717, punto 89).

183.
    Ai sensi degli orientamenti, la gravità delle infrazioni è stabilita in funzione di molteplici elementi, di alcuni dei quali la Commissione deve ormai tenere obbligatoriamente conto.

184.
    A tale proposito, gli orientamenti dispongono che, a parte la natura dell'infrazione, il suo impatto concreto sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo, è necessario valutare in che misura gli autori dell'infrazione abbiano l'effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e fissare l'importo dell'ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto capoverso).

185.
    Del resto, si può altresì tenere conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni sono meglio in grado di valutare il carattere di infrazione del loro comportamento e le conseguenze che ne derivano (punto 1 A, quinto capoverso).

186.
    Nei casi che riguardano molte imprese, come i cartelli, l'importo di base generale può essere ponderato per stabilire un importo di base specifico, che tenga conto del peso e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione (punto 1 A, sesto capoverso).

187.
    Occorre rilevare che gli orientamenti non prevedono che l'importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano neppure a che tali fatturati siano presi in considerazione per la determinazione dell'importo dell'ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto comunitario e qualora le circostanze lo richiedano. In particolare, il fatturato può essere preso in considerazione al momento della valutazione dei diversi elementi elencati sopra, ai punti 184-186 (sentenza LR AF 1998/Commissione, cit., punti 283 e 284).

188.
    D'altra parte, occorre ricordare che, per giurisprudenza costante, tra i criteri di valutazione della gravità dell'infrazione possono figurare, secondo i casi, il volume e il valore delle merci oggetto dell'infrazione, le dimensioni e la potenza economica dell'impresa e, pertanto, l'influenza che essa può aver esercitato sul mercato. Da un lato, ne consegue che, per determinare l'ammenda, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell'impresa, il quale costituisce un'indicazione, sia pure approssimata e imperfetta, delle sue dimensioni e della sua potenza economica, quanto della frazione di quel dato proveniente dalla vendita delle merci oggetto dell'infrazione e che è quindi atta a fornire un'indicazione della sua gravità. Dall'altro, ne risulta che non si deve attribuire né all'uno né all'altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione, di modo che la determinazione dell'importo di un'ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo (sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punti 120 e 121; Parker Pen/Commissione, cit., punto 94, e 14 maggio 1998, SCA Holding/Commissione, cit., punto 176).

189.
    Nel caso di specie, dalla Decisione risulta che, per determinare l'importo di base dell'ammenda, la Commissione ha anzitutto preso in considerazione la natura dell'infrazione, il suo impatto concreto sul mercato e l'estensione geografica di quest'ultimo. La Commissione ha poi indicato che, nell'ambito del trattamento differenziato da applicare alle imprese, occorreva tenere conto dell'«effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE», della portata dissuasiva dell'ammenda e delle rispettive dimensioni delle dette imprese. Per valutare di tali elementi, la Commissione ha deciso di basarsi sul fatturato globale realizzato da ciascuna delle imprese in questione, nel corso dell'ultimo anno dell'infrazione, ritenendo che il detto fatturato le consentisse di «valutare le risorse e l'importanza reale delle imprese interessate sui mercati interessati dalla loro condotta illegale» (punto 304 della Decisione).

190.
    Le ricorrenti lamentano precisamente che la Commissione abbia preso in considerazione il fatturato di cui sopra, anziché quello proveniente dalle vendite del prodotto in questione nel SEE.

191.
    A questo punto va sottolineato che, vista una certa ambiguità derivante dalla letura combinata della Decisione e delle memorie presentate dalla convenuta nel presente procedimento, la Commissione ha chiarito in udienza, su espressa richiesta del Tribunale, di aver tenuto conto non solo del fatturato «globale» delle imprese di cui trattasi, vale a dire quello relativo a tutte le loro attività, ma anche del fatturato mondiale sul mercato della lisina, due tipi di fatturato riportati in una tabella inserita al punto 304 della Decisione. Inoltre, va rilevato che, ai sensi del punto 318 della Decisione, «la Commissione ha tenuto debito conto dell'importanza economica della specifica attività oggetto dell'infrazione nelle sue conclusioni relative alla gravità».

192.
    E' tuttavia pacifico che la Commissione non ha tenuto conto del fatturato realizzato dalle imprese in questione sul mercato interessato dall'infrazione, vale a dire quello della lisina nel SEE.

193.
    Orbene, per quanto riguarda l'analisi della «effettiva capacità economica delle imprese interessate di arrecare un danno consistente al mercato della lisina nel SEE» (punto 304 della Decisione), che implica una valutazione dell'importanza reale delle dette imprese sul mercato interessato, vale a dire della loro influenza su quest'ultimo, il fatturato globale fornisce solo una visione inesatta delle cose. Non si può escludere, infatti, che un'impresa potente, con molteplici attività diverse, sia presente solo in maniera accessoria su un mercato di prodotti specifico come quello della lisina. Inoltre, non si può escludere che un'impresa con una posizione importante in un mercato geografico extracomunitario disponga soltanto di una posizione debole nel mercato comunitario o del SEE. In casi come questi, il solo fatto che l'impresa interessata realizzi un fatturato globale significativo non significa necessariamente che essa eserciti un'influenza determinante sul mercato interessato dall'infrazione. E' per questo motivo che la Corte ha sottolineato, nella sentenza 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione (Racc. pag. I-8417, punto 139), che, se è vero che le quote di mercato detenute da un'impresa non possono essere determinanti per concludere che essa fa parte di un gruppo economico potente, sono però rilevanti al fine di determinare l'influenza che essa ha potuto esercitare sul mercato. Ebbene, nel caso di specie la Commissione non ha tenuto conto né dei quantitativi delle quote di mercato delle imprese in questione nel mercato interessato, né del fatturato delle imprese nel mercato interessato (quello della lisina nel SEE), il quale avrebbe consentito, tenuto conto della mancanza di produttori terzi, di determinare l'importanza relativa di ciascuna impresa nel mercato rilevante facendo risultare indirettamente le loro quote di mercato in valore (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82-242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie/Commissione, Racc. pag. 3831, punto 99).

194.
    D'altra parte, dalla Decisione risulta che la Commissione non ha fatto esplicito riferimento alla valutazione del «peso specifico e dunque dell'impatto reale sulla concorrenza del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa», valutazione che essa deve ormai effettuare in forza degli orientamenti quando ritiene, come nel caso di specie, che sia opportuno ponderare gli importi di base dell'ammenda in quanto trattasi di un'infrazione che coinvolge più imprese (tipo cartello) tra le quali esistono disparità considerevoli di dimensione (v. punto 1 A, sesto capoverso, degli orientamenti).

195.
    A tale proposito, il riferimento, nella Decisione (ultima frase del punto 304) all'«importanza reale delle imprese» non è tale da colmare la lacuna di cui sopra.

196.
    Infatti, la valutazione del peso specifico, vale a dire dell'impatto reale, dell'infrazione commessa da ciascuna impresa consiste, in realtà, nel determinare l'estensione dell'infrazione commessa da ciascuna di esse e non l'importanza dell'impresa in questione in termini di dimensioni o di potenza economica. Orbene, come risulta da una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenze Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 121, e Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punto 369), la parte del fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell'infrazione può fornire una corretta indicazione dell'entità dell'infrazione nel mercato rilevante. In particolare, come ha sottolineato il Tribunale, il volume di affari realizzato sui prodotti che abbiano costituito oggetto di una pratica restrittiva costituisce un elemento oggettivo che fornisce il giusto metro della nocività della pratica medesima rispetto al normale gioco della concorrenza (v. sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, causa T-151/94, British Steel/Commissione, Racc. pag. II-629, punto 643).

197.
    Da quanto sopra risulta che, basandosi sui fatturati mondiali dell'ADM senza prendere in considerazione il suo fatturato nel mercato interessato dall'infrazione, vale a dire quello della lisina nel SEE, la Commissione non ha tenuto conto del punto 1 A, quarto e sesto capoverso, degli orientamenti, come fatto valere dalle ricorrenti.

198.
    Alla luce di ciò, spetta al Tribunale verificare se, come affermano le ricorrenti, il fatto di non aver preso in considerazione il fatturato nel mercato interessato e di avere pertanto trascurato gli orientamenti abbia condotto la Commissione a violare, nel caso di specie, il principio di proporzionalità quando ha fissato l'importo dell'ammenda. In proposito, occorre ricordare che la valutazione del carattere proporzionato dell'ammenda inflitta rispetto alla gravità ed alla durata dell'infrazione - criteri questi contemplati dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 - rientra nel potere di controllo giurisdizionale anche di merito conferito al Tribunale dall'art. 17 del medesimo regolamento.

199.
    Nel presente caso, le ricorrenti fanno valere anzitutto, sostanzialmente, che l'importo definitivo dell'ammenda, fissato in EUR 47,3 milioni, è sproporzionato in quanto equivale al 115% del fatturato realizzato dall'ADM nel mercato della lisina nel SEE durante l'ultimo anno d'infrazione.

200.
    Tale argomento non può essere accolto dal Tribunale. Dalla giurisprudenza risulta, infatti, che il limite stabilito dall'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, con riferimento al fatturato complessivo dell'impresa, mira ad evitare che le ammende siano sproporzionate alle dimensioni di quest'ultima (sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, cit., punto 119). Se l'importo dell'ammenda definitiva non supera il 10% del fatturato complessivo dell'ADM durante l'ultimo anno d'infrazione, questa non potrebbe quindi essere considerata sproporzionata per il solo fatto che supera il fatturato realizzato sul mercato rilevante. Va osservato che le ricorrenti hanno fatto riferimento alla sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-248/98 P, KNP BT/Commissione (Racc. pag. I-9641, punto 61), in cui quest'ultima ha sottolineato, incidentalmente, che «(l)'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 [è] inteso a garantire che la sanzione sia proporzionata alle dimensioni dell'impresa sul mercato dei prodotti oggetto dell'infrazione». Oltre al fatto che, al punto 61 della sentenza di cui sopra, la Corte richiama espressamente, a titolo di riferimento, il punto 119 della sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, citata, occorre sottolineare che la formulazione in questione, non ripresa nella giurisprudenza successiva, s'inserisce nel contesto particolare della causa che ha dato origine alla sentenza KPN BT/Commissione, citata. In tale causa, la ricorrente contestava infatti alla Commissione di aver tenuto conto del valore delle vendite interne al gruppo ai fini della determinazione delle sue quote di mercato, il che tuttavia è stato dichiarato valido dalla Corte per il motivo di cui sopra. Non se ne può pertanto dedurre che la sanzione inflitta all'ADM sia sproporzionata.

201.
    Le ricorrenti si richiamano altresì in maniera esplicita alla sentenza Parker Pen/Commissione, citata, nella quale il Tribunale ha accolto il motivo vertente su una violazione del principio di proporzionalità perché la Commissione non aveva preso in considerazione il fatto che il fatturato realizzato con i prodotti cui si riferiva l'infrazione era relativamente esiguo rispetto a quello dell'insieme delle vendite realizzate dall'impresa in questione, il che ha giustificato una riduzione dell'importo dell'ammenda (punti 94 e 95). Esse affermano di trovarsi in una situazione identica a quella della detta impresa.

202.
    Va osservato, anzitutto, che la soluzione adottata dal Tribunale nella sentenza Parker Pen/Commissione, citata, riguarda la fissazione dell'importo definitivo dell'ammenda e non dell'importo di base dell'ammenda rispetto alla gravità dell'infrazione.

203.
    Inoltre, anche supponendo che la giurisprudenza di cui sopra possa essere trasposta alla fattispecie in esame, occorre ricordare a questo punto che il Tribunale ha competenza per valutare, nell'ambito della sua competenza anche di merito, l'adeguatezza dell'importo delle ammende. Orbene, questa valutazione può giustificare la produzione e la presa in considerazione di elementi aggiuntivi d'informazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-297/98 P, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. I-10101, punti 53-55) quali, eventualmente, il fatturato realizzato dalle ricorrenti sul mercato della lisina nel SEE, non preso in considerazione nella Decisione.

204.
    A tale proposito occorre sottolineare che dal confronto dei diversi fatturati delle ricorrenti per il 1995 risultano due elementi informativi. Da un lato, è vero che il fatturato proveniente dalle vendite di lisina nel SEE può essere considerato esiguo rispetto al fatturato complessivo, in quanto il primo rappresenta soltanto lo 0,3% del secondo. Dall'altro risulta, per contro, che il fatturato corrispondente alle vendite di lisina nel SEE (EUR 41 milioni, come menzionato al punto 5 della Decisione) rappresenta una quota relativamente importante del fatturato realizzato dall'ADM sul mercato mondiale della lisina (EUR 202 milioni, come indicato al punto 5 della Decisione, e non EUR 154 milioni, come menzionato erroneamente al punto 304 della stessa), nella specie più del 20%.

205.
    Poiché le vendite di lisina nel SEE rappresentano quindi non una parte esigua, bensì una quota significativa di quest'ultimo fatturato, nel caso di specie non si può addurre validamente una violazione del principio di proporzionalità, tanto più che l'importo di base dell'ammenda non è stato determinato soltanto sulla base di un mero calcolo riportato al fatturato complessivo, ma anche sulla base del fatturato settoriale e di altri elementi rilevanti quali la natura dell'infrazione, l'impatto concreto di quest'ultima sul mercato, l'estensione del mercato geografico rilevante, la necessaria portata dissuasiva della sanzione, le dimensioni e la potenza delle imprese.

206.
    Per le ragioni di cui sopra, il Tribunale ritiene, nell'ambito del suo potere discrezionale, che l'importo di base dell'ammenda determinato in considerazione della gravità dell'infrazione commessa dall'ADM sia adeguato e che, poiché il fatto che la Commissione non abbia tenuto conto degli orientamenti non ha provocato, nel caso di specie, una violazione del principio di proporzionalità, occorra pertanto respingere la censura dedotta a tale proposito dalle ricorrenti.

Sulle violazioni del principio della parità di trattamento

207.
    Nel determinare l'importo delle ammende, la Commissione non può non tener conto del principio della parità di trattamento, principio generale del diritto comunitario che, come è già stato enunciato sopra, al punto 69, viene trasgredito soltanto quando situazioni analoghe siano trattate in maniera differenziata o quando situazioni diverse siano trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

208.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la discriminazione allegata rispetto alle imprese che sono state oggetto di decisioni precedenti alla pubblicazione degli orientamenti, da cui risulterebbe che l'ammenda corrispondeva a tassi compresi tra il 5 e il 10% del fatturato realizzato sul mercato rilevante, è sufficiente ricordare la giurisprudenza costante secondo la quale, nel valutare l'entità generale delle ammende, la Commissione può tener conto del fatto che violazioni manifeste della normativa comunitaria sulla concorrenza sono ancora relativamente frequenti e che, pertanto, essa ha la facoltà di elevare l'entità delle ammende al fine di rinforzare il loro effetto di dissuasione (v., ad esempio, sentenza 14 maggio 1998, SCA Holding/Commissione, cit., punto 179).

209.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la discriminazione allegata rispetto alle imprese che sono state oggetto di decisioni successive alla pubblicazione degli orientamenti, va rilevato, anzitutto, che è vero che, in più decisioni recenti che hanno applicato gli orientamenti [v., in particolare, decisione 99/271 e decisione della Commissione 21 ottobre 1998, 99/60/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [81] del Trattato CE (Caso n. IV/35.691/E-4: intesa tubi preisolati) (GU 1999, L 24, pag. 1)], la Commissione ha tenuto conto, in particolare, del fatturato realizzato sul mercato interessato dall'infrazione per valutare la gravità di quest'ultima.

210.
    Ciò non toglie che, a causa delle circostanze proprie della fattispecie in esame, non può essere operato nessun paragone diretto tra la presente Decisione ed altre decisioni che hanno ugualmente applicato gli orientamenti. Infatti, come è già stato sottolineato, gli orientamenti non prevedono esplicitamente che le ammende siano calcolate in funzione del fatturato specifico, ma soltanto che si tenga conto di determinati elementi (capacità economica effettiva delle imprese di arrecare un danno, dimensioni delle imprese, peso specifico e impatto reale del comportamento configurante infrazione di ciascuna impresa, ecc.) in ragione dei quali il fatturato può essere preso in considerazione. In ciascuna fattispecie, spetta quindi alla Commissione, sotto il controllo del Tribunale, determinare se occorra riferirsi ad uno e/o all'altro dei fatturati rilevanti o ad altri fattori, quali le quote di mercato detenute. Di conseguenza, il fatto che la Commissione non abbia tenuto conto del fatturato realizzato sul mercato rilevante non costituisce, di per sé, una discriminazione rispetto alle imprese oggetto di altre decisioni.

211.
    Infine, per quanto riguarda, in terzo luogo, l'argomento vertente su un paragone con l'Ajinomoto che si pretende discriminatorio, esso dev'essere respinto.

212.
    E' vero che il fatturato realizzato nel 1995 dall'ADM sul mercato rilevante (EUR 41 milioni) è inferiore a quello realizzato dall'Ajinomoto nello stesso anno (EUR 75 milioni, come indicato al punto 10 della Decisione). Tuttavia l'ADM rimane, da questo punto di vista, di gran lunga più importante del gruppo dei tre «piccoli» produttori a cui essa non può essere paragonata, poiché i fatturati imputabili alla lisina nel SEE delle società Sewon, Kyowa e Cheil nel 1995 sono stati dell'ordine rispettivamente di EUR 15, 16 e 17 milioni (punti 16, 13 e 18 della Decisione). In più, il fatturato complessivo dell'ADM, che rimane un'indicazione delle dimensioni e della potenza economica di un'impresa, fa risultare chiaramente che l'ADM è due volte più importante dell'Ajinomoto, il che, a sua volta, è tale da compensare il fatto che essa eserciti un'influenza sul mercato della lisina nel SEE inferiore a quella dell'Ajinomoto e spiega il fatto che l'importo di base dell'ammenda sia fissato in una misura sufficientemente dissuasiva.

213.
    Alla luce di ciò, la Commissione ha potuto giustamente rilevare che occorreva fissare, per l'ammenda da infliggere all'ADM e all'Ajinomoto, un importo di base nella stessa misura.

214.
    Ne consegue che la censura vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento dev'essere respinta.

IV - Sulla durata dell'infrazione

Argomenti delle parti

215.
    Le ricorrenti contestano la maggiorazione del 10% dell'importo dell'ammenda per ogni anno trascorso applicata in funzione della gravità dell'infrazione, ossia una maggiorazione complessiva del 30% in funzione della durata dell'infrazione.

216.
    Esse fanno valere, da un lato, che l'ADM non si è mai considerata parte di un accordo prima del dicembre 1993, in quanto anteriormente a quella data non era stato concluso nessun accordo che coinvolgesse l'ADM nell'intesa e, dall'altro, che la Commissione stessa ha ammesso che, in certi periodi, gli accordi in questione non erano rispettati o non lo erano in modo significativo e che essa doveva tenerne conto. A tale proposito, infatti, dalla decisione della Commissione 28 gennaio 1998, 98/273/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo [81] del Trattato CE (IV/35.733 - VW) (GU L 124, pag. 60), risulterebbe che, in un caso come questo, è effettuata una maggiorazione meno elevata in funzione della durata dell'infrazione, conformemente al principio generale secondo il quale l'ammenda dev'essere proporzionata al pregiudizio arrecato. La maggiorazione più elevata applicata nel caso di specie violerebbe pertanto il principio della parità di trattamento, dal momento che la Commissione si sarebbe discostata dalla sua prassi decisionale in materia.

217.
    La Commissione sostiene, in primo luogo, che la Decisione ha giustamente fissato il momento iniziale dell'infrazione commessa dall'ADM nel giugno 1992 e sostiene di avere già risposto agli argomenti dell'ADM ai punti 209 e 210 della Decisione. In particolare, essa ricorda che la tesi secondo la quale, al momento della riunione in Messico, l'accordo sui prezzi era subordinato a condizioni non è pertinente. Infatti, gli accordi subordinati a condizioni resterebbero «accordi» ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE. Ad ogni modo, la condizione richiesta nel caso di specie, vale a dire la stipulazione di un accordo sulla ripartizione dei volumi, era soddisfatta e l'ADM avrebbe inoltre espresso la volontà di partecipare alle quote di produzione immediatamente dopo la riunione del giugno 1992 (v. punto 76 della Decisione). Infine, le ricorrenti non contesterebbero le prove fornite ai punti 376 e 377 della Decisione, relative all'applicazione rigorosa da parte dell'ADM degli accordi sui prezzi, anche durante il periodo precedente al dicembre 1993.

218.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'argomento vertente sulla mancata applicazione degli accordi in determinati periodi, la Commissione ritiene che le ricorrenti mirino a rimettere in discussione i fatti rilevati nella Decisione, di cui esse non contestavano tuttavia la sostanza.

219.
    Essa sottolinea, infine, che la maggiorazione del 30% applicata nel caso di specie non può essere qualificata come eccessiva, dato che gli orientamenti propongono una maggiorazione che può arrivare fino al 50% per le infrazioni di media durata.

Giudizio del Tribunale

220.
    Conformemente all'art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la durata dell'infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l'importo dell'ammenda da infliggere alle imprese colpevoli d'infrazioni alle regole della concorrenza.

221.
    Per quanto riguarda il fattore relativo alla durata dell'infrazione, gli orientamenti operano una distinzione tra le infrazioni di breve durata (in generale per periodi inferiori a un anno), per le quali l'importo di base adottato in considerazione della gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale per periodi da uno a cinque anni), per le quali il detto importo può essere maggiorato fino al 50%, e le infrazioni di lunga durata (in generale per periodi superiori a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo capoverso, dal primo al terzo trattino).

222.
    Al punto 313 della Decisione la Commissione afferma quanto segue: «Nel caso in esame, le imprese interessate hanno commesso un'infrazione di media durata (da tre a cinque anni). Gli importi di base delle ammende, determinati in funzione della gravità (v. ‘considerando’ 305), sono, di conseguenza, maggiorati del 10% all'anno, ossia del 30% per quanto riguarda ADM e Cheil e del 40% per quanto riguarda Ajinomoto, Kyowa e Sewon».

223.
    Per quanto riguarda la maggiorazione applicata nei confronti dell'ADM, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 1, lett. a), del dispositivo della Decisione, la durata dell'infrazione dell'ADM era compresa tra il 23 giugno 1992 e il 27 giugno 1995, vale a dire tre anni compiuti, il che giustifica completamente la maggiorazione del 30%.

224.
    Le ricorrenti contestano tale maggiorazione per il fatto che l'ADM non si sarebbe mai considerata parte degli accordi prima del dicembre 1993. Tale argomento non può essere accolto dal Tribunale.

225.
    Innanzi tutto, occorre osservare che le ricorrenti non chiedono l'annullamento dell'art. 1 della Decisione di cui sopra, la quale stabilisce la durata della partecipazione dell'ADM all'intesa.

226.
    Va poi rilevato che le ricorrenti, con il loro argomento, rimettono in discussione la sostanza dei fatti ammessi durante il procedimento amministrativo, quando è stato chiarito che, al punto 206 della comunicazione degli addebiti, come precisato dalla comunicazione degli addebiti supplementare, la Commissione aveva rilevato chiaramente che la partecipazione dell'ADM all'intesa aveva avuto inizio il 23 giugno 1992. L'ADM ha infatti espressamente affermato, nelle sue risposte alle dette comunicazioni degli addebiti, di non contestare i fatti esposti in queste ultime (punto 1.1 delle risposte dell'ADM, allegati 7 e 9 al ricorso, volumi 3 e 4 degli allegati), elemento che, insieme ad altri, ha consentito di accusarla di una violazione dell'art. 81 CE.

227.
    Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, «[in] mancanza di un espresso riconoscimento da parte dell'impresa di cui trattasi, la Commissione deve ancora dimostrare i fatti, mentre l'impresa resterebbe libera, al momento opportuno e in particolare nell'ambito del procedimento contenzioso, di produrre tutti i mezzi di difesa che (...) ritenga utili» (sentenza 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, cit., punto 37). Ne consegue, per contro, che ciò non è valido in presenza di un riconoscimento dei fatti da parte dell'impresa in questione. Così, quando, come nel caso di specie, l'impresa abbia espressamente ammesso, nell'ambito del procedimento amministrativo, la sostanza dei fatti che le erano contestati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, occorre allora considerare tali fatti dimostrati, dato che l'impresa non può più contestarli nell'ambito del procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale.

228.
    Infine, anche supponendo che l'argomento delle ricorrenti di cui sopra non possa essere paragonato al rimettere in discussione la sostanza dei fatti, è pacifico che, nella riunione del 23 giugno 1992 a Città del Messico, i partecipanti, tra cui l'ADM, si sono accordati su obiettivi di prezzo della lisina (punto 75 della Decisione), di modo che la Commissione ha potuto giustamente osservare che l'ADM aveva partecipato all'infrazione a decorrere da tale data. L'argomento delle ricorrenti secondo il quale nessun accordo sui prezzi sarebbe stato concluso in tale data, poiché un accordo di quel tipo era subordinato ad un accordo sui volumi di vendita, non può essere accolto. Si deve anzitutto rilevare che dal punto 75 della Decisione risulta che le società Kyowa, ADM e Ajinomoto, nel corso della riunione del 23 giugno 1992 a Città del Messico, si sono accordate sui prezzi della lisina fino al mese di ottobre dello stesso anno, senza subordinare il detto accordo a nessuna circostanza, in quanto soltanto l'accordo sui prezzi da praticare a decorrere dall'ottobre 1992 era concluso con riserva di un accordo sui volumi di vendita. Inoltre, secondo una giurisprudenza consolidata, perché esista un accordo ai sensi dell'art. 81, n. 1, CE è sufficiente che le imprese considerate abbiano espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo (v., in particolare, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 130, e 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 256). Ora, poiché era intervenuto un concorso di volontà tra le imprese interessate, almeno sulle iniziative di prezzi, la Commissione aveva il diritto di qualificarlo come accordo ai sensi di tale disposizione. Infine, il fatto che un accordo sui volumi abbia potuto condizionare l'attuazione effettiva di un accordo sui prezzi sarebbe ugualmente irrilevante per la qualificazione dello stesso, poiché è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo ai fini dell'applicazione dell'art. 81, n. 1, CE (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 99).

229.
    Per quanto riguarda l'argomento che consiste nel far valere che, in certi periodi, gli accordi non sono stati rispettati o non lo sono stati in modo significativo, si tratta di un'osservazione inerente all'esame ulteriore di una pretesa mancata considerazione della non applicazione di fatto degli accordi per l'applicazione delle circostanze attenuanti.

230.
    Di conseguenza, si deve rilevare che giustamente la Commissione, in attuazione degli orientamenti, ha maggiorato del 10% l'importo di base dell'ammenda per ogni anno trascorso applicata in funzione della gravità dell'infrazione, applicando una maggiorazione complessiva del 30% corrispondente alla durata effettiva dell'infrazione.

V - Sulle circostanze aggravanti

231.
    Le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver maggiorato del 50% l'importo di base dell'ammenda in quanto, ai sensi della Decisione (punti 329-356), l'ADM era il leader dell'infrazione insieme all'Ajinomoto. A sostegno di tale censura, esse fanno valere che la Commissione ha valutato erroneamente il ruolo dell'ADM ed invocano una violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità.

Argomenti delle parti

1. Sulla valutazione erronea del ruolo dell'ADM

232.
    Le ricorrenti sostengono che la conclusione della Commissione, secondo cui l'ADM avrebbe svolto un ruolo di leader dell'intesa, è viziata da più errori di valutazione. A sostegno della sua tesi, l'ADM deduce i seguenti elementi:

-    la mancata considerazione delle opinioni degli altri partecipanti all'intesa che hanno qualificato l'Ajinomoto come unico leader dell'infrazione;

-    il fatto che le minacce contro gli imbroglioni e l'abbassamento puntuale dei prezzi siano elementi comuni a tutti i partecipanti all'intesa, diversamente dai fattori addebitati all'Ajinomoto;

-    le riduzioni di prezzo precedenti al giugno 1992 non sarebbero un indizio di «leadership»;

-    le riduzioni di prezzo effettuate tra il gennaio e il giugno 1993 non avrebbero avuto lo scopo di obbligare gli altri partecipanti a pervenire ad un accordo sui quantitativi di vendita;

-    le minacce di sanzioni proferite da uno dei suoi quadri non le sarebbero imputabili, poiché quest'ultimo agiva secondo gli ordini dell'FBI;

-    alla riunione del 25 ottobre 1993 ad Irvine, l'Ajinomoto, e non l'ADM, sarebbe stata incaricata di far accettare uno schema di ripartizione agli altri produttori;

-    il fatto che i dirigenti dell'ADM abbiano partecipato alle riunioni con l'Ajinomoto non costituirebbe un indizio probante;

-    alla riunione del 23 giugno 1992 a Città del Messico, l'ADM non sarebbe stata in condizioni di stabilire la futura struttura dell'intesa.

233.
    La Commissione contesta la validità di ciascuno dei detti argomenti.

2. Sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

234.
    Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che la maggiorazione del 50% dell'importo di base dell'ammenda inflitta all'ADM è sproporzionata e discriminatoria rispetto al trattamento riservato all'Ajinomoto.

235.
    Infatti, anche supponendo che l'analisi della Commissione sia corretta - quod non - per quanto riguarda il ruolo svolto dall'ADM, dai punti 330, 331 e 353 della Decisione, relativi al ruolo svolto dall'Ajinomoto, risulterebbe che dieci elementi sono stati addebitati a quest'ultima per dimostrare il suo ruolo di leader mentre, ai sensi dei punti 331, 332 e 339 della Decisione, solo quattro elementi sono stati addebitati all'ADM. Nonostante tale differenza significativa, all'ADM sarebbe stata inflitta una maggiorazione d'ammenda identica a quella dell'Ajinomoto.

236.
    In secondo luogo, la detta maggiorazione sarebbe altresì sproporzionata e discriminatoria in quanto in contraddizione con la prassi decisionale della Commissione. Secondo tale prassi, il ruolo di leader verrebbe generalmente sanzionato solo con una maggiorazione del 25% dell'importo di base dell'ammenda. Soltanto in presenza di una combinazione di circostanze aggravanti, compreso il ruolo di leader - ipotesi che non ricorre nel caso di specie - verrebbe applicata una maggiorazione del 50% (v. la decisione Intesa tubi preisolati, cit.).

237.
    La Commissione contesta il carattere discriminatorio e sproporzionato della maggiorazione effettuata.

Giudizio del Tribunale

1. Sulla valutazione erronea del ruolo dell'ADM

238.
    Come risulta dalla giurisprudenza, qualora un'infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario, nell'ambito della determinazione dell'importo delle ammende, determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (sentenza Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 623), il che implica, in particolare, l'accertamento dei rispettivi ruoli nell'infrazione per il periodo della loro partecipazione a quest'ultima (v. sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 150, e sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T-6/89, Enichem Anic/Commissione, Racc. pag. II-1623, punto 264).

239.
    Ne consegue, segnatamente, che il ruolo di «leader» svolto da una o più imprese nell'ambito di un'intesa dev'essere preso in considerazione ai fini del calcolo dell'importo dell'ammenda, poiché sulle imprese che abbiano svolto un tale ruolo deve gravare, per questo motivo, una responsabilità particolare rispetto alle altre imprese (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-298/98 P, Finnboard/Commissione, Racc. pag. I-10157, punto 45; sentenze Mayr-Melnhof/Commissione, cit., punto 291, e IAZ e a./Commissione, cit., punti 57 e 58).

240.
    Conformemente ai detti principi, il punto 2 degli orientamenti, intitolato «circostanze aggravanti», stabilisce una lista non esaustiva di circostanze che possono condurre ad una maggiorazione dell'importo di base dell'ammenda che comprende, in particolare, l'«organizzazione dell'infrazione o [l']istigazione a commetterla».

241.
    Nel caso di specie, dalla Decisione risulta che tre elementi essenziali sono stati presi in considerazione dalla Commissione al fine di concludere che l'ADM aveva svolto un ruolo di leader nell'infrazione: da un lato, le vendite a basso prezzo effettuate fino al giugno 1992, poi all'inizio del 1993; dall'altro, le minacce proferite a più riprese nei confronti dei piccoli produttori; infine, la sua partecipazione a più riunioni bilaterali con l'Ajinomoto, allo scopo di discutere gli orientamenti strategici dell'intesa e di far adottare agli altri produttori iniziative di prezzi e di quote di mercato. Inoltre, è stato sottolineato che l'ADM ha suggerito la struttura dell'intesa facendo riferimento alla sua esperienza precedente in un altro cartello, che riguardava l'acido citrico. I detti elementi devono essere valutati rispetto al contesto della fattispecie, in particolare alla posizione sul mercato che le dette imprese detenevano e alle risorse di cui disponevano.

242.
    Per quanto riguarda, anzitutto, le vendite a basso prezzo effettuate temporaneamente dall'ADM, esse costituiscono uno degli elementi sui quali la Commissione ben poteva basarsi. Infatti l'ADM, sebbene sia entrata nel mercato della lisina soltanto nel 1991, era già un operatore imprescindibile, tenuto conto non solo delle sue dimensioni globali e delle risorse finanziarie di cui disponeva, ma anche e soprattutto della sua capacità produttiva. A tale proposito è particolarmente significativo che, dal momento del suo ingresso sul mercato nel 1991, data in cui ancora esistevano solo tre produttori di lisina nel mondo, l'impianto dell'ADM ha sostanzialmente raddoppiato la capacità produttiva mondiale di lisina (punti 32, 69 e 70 della Decisione). Nel contesto del presente caso, da cui risulta che l'ADM ha cominciato a vendere notevoli quantità a basso prezzo, informando gli altri produttori della serietà delle sue intenzioni e della sua preferenza per un coordinamento come metodo per fare il suo ingresso sul mercato (punti 69 e 70 della Decisione) ed ha poi concluso accordi sui prezzi con gli altri produttori, è pacifico che l'obiettivo perseguito dall'ADM nell'effettuare vendite a basso prezzo tra il 1991 e il giugno 1992 era di dimostrare agli altri produttori già presenti sul mercato che la mancanza d'intesa sui prezzi sarebbe stata per loro dannosa. Tale strategia è stata utilizzata di nuovo dall'ADM nel 1993 per ottenere un accordo sulle quote di vendita corrispondente alle sue ambizioni. Poiché l'ADM non si limitava quindi a ridurre i prezzi, ma faceva ciò allo scopo di ottenere la conclusione di accordi restrittivi della concorrenza, gli argomenti delle ricorrenti che tendono a negare il valore probatorio della politica di prezzi dell'ADM devono pertanto essere respinti.

243.
    Per quanto riguarda, poi, le minacce esplicite indirizzate agli altri produttori nella riunione del 23 giugno 1994 (punto 143 della Decisione), e, in particolare, alla Sewon nel novembre 1992 (punto 89 della Decisione), quindi nel maggio (punto 134 della Decisione) e nell'agosto 1994 (punto 143 della Decisione), esse non sono direttamente contestate dalle ricorrenti. Queste ultime fanno valere sia che le dette minacce sono state formulate da uno dei dirigenti dell'ADM che lavorava segretamente per l'FBI, sia che si tratta di una tecnica comune a tutti i partecipanti ad un'intesa. A tale proposito, è sufficiente rilevare che il dirigente in questione era presidente della consociata dell'ADM operante nel settore della lisina, che riferiva direttamente al vicepresidente dell'ADM, il quale era anch'egli coinvolto nell'intesa, e che agiva nell'ambito della politica generale dell'ADM, anche se informava l'FBI. Non viene d'altronde sostenuto che le minacce sarebbero state espresse su ordine dell'FBI. Quanto agli altri partecipanti all'intesa, essi non erano in condizioni, ad eccezione dell'Ajinomoto, di concretizzare le loro pretese minacce di ritorsione.

244.
    La Commissione ha infine dimostrato, sulla base dei documenti forniti dalle parti stesse nell'ambito della loro cooperazione, che molte riunioni bilaterali tra i massimi dirigenti dell'ADM e dell'Ajinomoto, il cui ruolo di leader è stato accettato altresì dalla Commissione, erano state effettuate al fine di discutere l'orientamento generale e la forma dell'intesa. Trattasi delle riunioni del 30 aprile 1993 nella sede dell'ADM, del 14 maggio 1993 a Tokyo e del 25 ottobre 1993 a Irvine (punti 98-101 e 107 della Decisione).

245.
    Riguardo agli elementi menzionati sopra, occorre rilevare che la Commissione ha potuto giustamente concludere che l'ADM aveva svolto un ruolo di leader nell'infrazione insieme all'Ajinomoto, poiché le ricorrenti non hanno dimostrato l'erroneità di tale valutazione.

2. Sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

246.
    Occorre rilevare che, per caratterizzare il ruolo di leader dell'Ajinomoto, la Commissione ha considerato, oltre alla sua partecipazione alle riunioni bilaterali con l'ADM, gli elementi seguenti:

-    fino al 1991, anno dell'ingresso dell'ADM nel mercato, era la detta impresa che stabiliva i prezzi della lisina cui gli altri membri dell'intesa accettavano di conformarsi (punto 330);

-    essa prendeva l'iniziativa di assicurarsi che gli altri produttori asiatici collaborassero con l'ADM (punto 330);

-    essa ha minacciato la Sewon, insieme all'ADM, nel 1992 (punto 330);

-    essa ha assunto le funzioni di coordinatrice dell'intesa mettendo a disposizione il personale e curando l'organizzazione della segreteria incaricata della sorveglianza del sistema di controllo dei quantitativi (punti 330 e 335).

247.
    Un semplice ragionamento aritmetico, come quello proposto dalle ricorrenti, non consente di comprendere correttamente i rispettivi ruoli dell'ADM e dell'Ajinomoto all'interno dell'intesa e non può sostenere la conclusione relativa ad una disparità di trattamento. Dalla Decisione e dai fatti del caso in esame risulta che queste due imprese, avendo dimensioni e potenza relativamente paragonabili nel mercato, hanno esercitato insieme il ruolo di leader definendo l'orientamento strategico dell'intesa e le eventuali misure di ritorsione contro gli altri produttori. Orbene, tali elementi restano determinanti per qualificare il ruolo di leader svolto dalle dette imprese. Se è pacifico che l'Ajinomoto ha organizzato materialmente il ruolo di coordinatrice, dalla Decisione risulta tuttavia sufficientemente che le strutture attuate, di cui l'Ajinomoto era incaricata, erano il risultato dell'esperienza precedente acquisita, segnatamente nell'ambito della collusione relativa all'acido citrico, dall'ADM, che le aveva quindi suggerite (punti 74 e 339 della Decisione). Alla luce di ciò, non era necessario che la Commissione facesse beneficiare l'ADM di una maggiorazione meno elevata.

248.
    Per quanto riguarda l'argomento secondo cui una maggiorazione del 50% sarebbe superiore a quella generalmente applicata nelle altre decisioni della Commissione, esso non è tale da rivelare una violazione del principio di proporzionalità o del principio della parità di trattamento.

249.
    A questo proposito è sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nel determinare l'importo di ciascuna ammenda, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità e non è obbligata ad applicare, a tal fine, una precisa formula matematica (sentenze Martinelli/Commissione, cit., punto 59, e Mo och Domsjö/Commissione, cit., punto 268, confermata su ricorso con sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C-283/98 P, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. I-9855, punto 47).

250.
    Alla luce di ciò, la censura vertente sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità dev'essere respinta.

251.
    Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che la Commissione ha giustamente potuto maggiorare del 50%, in funzione delle circostanze aggravanti, l'importo di base stabilito nei confronti dell'ADM.

VI - Sulle circostanze attenuanti

Argomenti delle parti

1. Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

252.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto, conformemente al punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, accordare all'ADM una riduzione dell'importo dell'ammenda, giacché tale impresa non avrebbe applicato di fatto gli accordi illeciti e non esisterebbe alcuna presunzione legale di applicazione di un'intesa qualora le parti si riuniscano ripetutamente.

253.
    Le ricorrenti sostengono che l'ADM non ha applicato gli accordi sui prezzi poiché concedeva importanti sconti ai suoi clienti e non fatturava quindi i prezzi ufficialmente concordati, come dimostra l'analisi economica effettuata dall'ADM in risposta alla comunicazione degli addebiti (allegato 7 al ricorso). Poiché il punto 3, secondo trattino, degli orientamenti, relativo alle circostanze attenuanti, indica la mancata applicazione «di fatto» di un'intesa, il funzionamento interno dell'impresa sarebbe indifferente. L'approccio seguito dalla Commissione sarebbe, inoltre, contrario alla sua prassi decisionale anteriore. Nella decisione Traghetti greci, citata, quest'ultima avrebbe ammesso, ad esempio, che una concorrenza sui prezzi per mezzo di sconti costituisce una circostanza attenuante.

254.
    L'applicazione degli accordi sui quantitativi, poi, non sarebbe provata. La Decisione farebbe riferimento a quantità minime, il che sarebbe irrilevante nell'ambito di un'intesa volta ad aumentare i prezzi. Quanto agli scambi di informazioni, l'ADM avrebbe fornito informazioni inesatte.

255.
    La Commissione sostiene, in generale, che l'espressione «non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite», contenuta negli orientamenti, concerne il caso in cui un'intesa, nel suo insieme, non viene applicata o è inattiva per un certo periodo. Per contro, la situazione individuale dei membri di un'intesa attiva non sarebbe contemplata.

256.
    Essa sottolinea che l'applicazione degli accordi sui prezzi da parte dell'ADM non è presunta ma dimostrata, segnatamente, dalle istruzioni ai suoi responsabili delle vendite. Per quanto riguarda le quote, la Decisione dimostrerebbe che le quote di mercato a livello mondiale sono state rispettate. Riguardo al fatto di fornire dati inesatti, si tratterebbe ugualmente di un semplice inganno e non di una presa di distanze dall'accordo.

2. Sull'adozione di un codice di condotta da parte dell'ADM

257.
    Le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto tenere conto, per il calcolo dell'importo dell'ammenda, dell'attuazione all'interno dell'ADM di un programma rigoroso e permanente di adeguamento alle regole della concorrenza che comportava, in particolare, l'adozione di un codice di condotta indirizzato a tutti i dipendenti dell'impresa e la creazione di un reparto specializzato.

258.
    Inoltre, l'adozione del programma di adeguamento alle regole della concorrenza, il rinnovamento della direzione ed il licenziamento degli alti dirigenti coinvolti nell'infrazione dimostrerebbero un pentimento sincero dell'impresa.

259.
    La Commissione ritiene che un futuro adeguamento dell'impresa sia certamente positivo, ma non possa influire sulla fissazione dell'importo dell'ammenda.

Giudizio del Tribunale

1. Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

260.
    Come risulta dalla giurisprudenza, qualora un'infrazione sia stata commessa da più imprese, è necessario determinare la gravità relativa della partecipazione di ciascuna di esse (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, cit., punto 623, e Commissione/Anic Partecipazioni, cit., punto 150), per determinare se esistano, nei loro confronti, circostanze aggravanti o attenuanti.

261.
    Tale conclusione costituisce la conseguenza logica del principio d'individualità delle pene e delle sanzioni, secondo il quale un'impresa può essere sanzionata esclusivamente per fatti ad essa individualmente ascritti, principio applicabile in qualsiasi procedimento amministrativo con cui possano essere inflitte sanzioni in forza della normativa comunitaria sulla concorrenza (v., per quanto concerne l'imputazione di un'ammenda, sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T-45/98 et T-47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II-3757, punto 63).

262.
    I punti 2 e 3 degli orientamenti prevedono una variazione dell'importo di base dell'ammenda in funzione di determinate circostanze aggravanti e attenuanti, che sono proprie di ciascuna impresa interessata.

263.
    In particolare, il punto 3 degli orientamenti, intitolato «circostanze attenuanti», stabilisce una lista non esaustiva di circostanze che possono condurre ad una riduzione dell'importo di base dell'ammenda. Si fa così riferimento al ruolo passivo dell'impresa, alla mancata applicazione di fatto degli accordi, alla cessazione delle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione, all'esistenza di un dubbio ragionevole dell'impresa circa il carattere di infrazione del comportamento perseguito, al fatto che l'infrazione sia stata commessa per negligenza nonché alla collaborazione effettiva dell'impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione. Tutte le circostanze di cui sopra sono quindi basate sul comportamento specifico di ciascuna impresa.

264.
    Dai detti elementi risulta manifestamente erronea l'interpretazione della Commissione secondo la quale il punto 3, secondo trattino, relativo alla «non applicazione di fatto di un accordo», riguarderebbe unicamente l'ipotesi in cui un'intesa, nel suo insieme, non viene applicata, a prescindere dal comportamento proprio di ciascuna impresa.

265.
    La tesi della Commissione deriva, infatti, da una confusione tra la stima dell'impatto concreto di un'infrazione sul mercato per valutare la sua gravità (punto 1 A, primo capoverso, degli orientamenti), da un lato, nell'ambito della quale occorre prendere in considerazione gli effetti che derivano dall'infrazione nel suo complesso e non il comportamento effettivo di ciascuna impresa, e la stima del comportamento individuale di ciascuna impresa per la valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti (punti 2 e 3 degli orientamenti), dall'altro, nell'ambito della quale occorre, conformemente al principio d'individualità delle pene e delle sanzioni, esaminare la gravità relativa della partecipazione dell'impresa all'infrazione.

266.
    D'altra parte, la Commissione ha fatto riferimento nel controricorso alla sentenza Cascades/Commissione, citata, nella quale il Tribunale ha dichiarato che la circostanza che un'impresa, la cui partecipazione ad un'intesa in materia di prezzi sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con i suoi concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di una circostanza attenuante in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda da infliggere (punto 230).

267.
    Va osservato che, nell'ambito della sentenza di cui sopra, il Tribunale ha svolto il suo controllo in merito ad una decisione della Commissione che non aveva applicato gli orientamenti, poiché anteriore all'adozione degli stessi, i quali prevedono ormai espressamente che la mancata applicazione di fatto di un accordo illecito venga presa in considerazione come circostanza attenuante. Orbene, come è già stato affermato sopra, al punto 182, è giurisprudenza costante che la Commissione non può discostarsi dalle regole che essa stessa si è imposta (v. sentenza 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 53, e la giurisprudenza citata). In particolare, quando la Commissione adotta orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell'ambito dell'esercizio del suo potere discrezionale, ne deriva un'autolimitazione di questo potere in quanto essa è tenuta a conformarsi alle norme indicative che essa stessa si è imposta (sentenze AIUFFASS e AKT/Commissione, cit., punto 57, e Vlaams Gewest/Commissione, cit., punto 89).

268.
    Resta da verificare se, nel caso di specie, la Commissione abbia potuto giustamente rilevare che l'ADM non poteva beneficiare di una circostanza attenuante per effetto della mancata applicazione di fatto degli accordi, in forza del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti. A tal fine occorre verificare se le circostanze addotte dalle ricorrenti siano tali da dimostrare che, durante il periodo in cui hanno aderito agli accordi illeciti, esse si siano effettivamente sottratte all'applicazione degli stessi adottando un comportamento concorrenziale sul mercato (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, cause riunite T-25/95, T-26/95, da T-30/95 a T-32/95, da T-34/95 a T-39/95, da T-42/95 a T-46/95, T-48/95, da T-50/95 a T-65/95, da T-68/95 a T-71/95, T-87/95, T-88/95, T-103/95 e T-104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II-491, punti 4872-4874).

269.
    Per quanto riguarda, in primo luogo, la pretesa inosservanza degli accordi sui prezzi da parte dell'ADM, è sufficiente rilevare che la Commissione ha potuto giustamente affermare, al punto 377 della Decisione (v., altresì, i punti 265 e 266), che questa era smentita dalle istruzioni comunicate ai suoi responsabili di vendita, che erano manifestamente destinate a servire da base per la trattativa con i clienti (v., in tal senso, sentenze Enichem Anic/Commissione, cit., punto 280, e Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 341). Il fatto che questi ultimi abbiano potuto in seguito ottenere alcuni sconti puntuali, che hanno condotto a differenze di prezzo delle operazioni individuali a seconda dei clienti, non è tale da inficiare la conclusione di cui sopra.

270.
    Inoltre, un confronto tra i prezzi fissati dall'ADM, come elencati al punto 47 della Decisione, e quelli concordati tra i membri dell'intesa, come riportati ai punti 186-210 della Decisione, per tutto il periodo dell'infrazione, rivela l'applicazione da parte dell'ADM degli accordi sui prezzi.

271.
    A tale proposito occorre rilevare, anzitutto, come la Commissione abbia fatto giustamente presente che gli accordi in questione riguardavano obiettivi di prezzo (o «prezzi obiettivo»), di modo che la loro applicazione richiede non che sia praticato un prezzo corrispondente all'obiettivo di prezzo concordato, ma che le parti si sforzino di avvicinarsi ai loro obiettivi di prezzi (punto 376 della Decisione). Essa ha affermato inoltre che «[d]alle informazioni di cui dispone (...) appare con chiarezza che nel caso in esame, successivamente alla conclusione della maggior parte degli accordi sui prezzi, le parti fissavano i loro prezzi in modo conforme a tali accordi».

272.
    Risulta poi che i prezzi fissati dall'ADM sono regolarmente molto vicini ai prezzi obiettivo, talvolta leggermente superiori, e coincidono anche con gli obiettivi di prezzo concordati nel giugno e nel settembre 1994 (punti 137 e 145 della Decisione).

273.
    Infine, occorre soprattutto rilevare che i movimenti dei prezzi dell'ADM hanno corrisposto, per tutto il periodo dell'infrazione, all'evoluzione degli obiettivi di prezzo concordati tra i membri dell'intesa, il che avvalora, del resto, la tesi secondo la quale quest'ultima ha prodotto i propri effetti dannosi sul mercato (v., in tal senso, sentenza 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 340). Tale corrispondenza, per un periodo così lungo, dimostra la mancanza di qualsiasi volontà dell'ADM di sottrarsi effettivamente all'applicazione degli accordi sui prezzi.

274.
    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l'allegata inosservanza degli accordi sui volumi di vendita, occorre anzitutto ricordare che, nella Decisione (punto 378), la Commissione ha sostenuto che i partecipanti al cartello consideravano le quote loro attribuite come «quantità minime» e che «finché ciascuna delle parti era in grado di vendere almeno le quantità ad essa assegnate l'accordo risultava rispettato».

275.
    Come è stato sottolineato, giustamente, da tutte le imprese in questione, tale affermazione è perlomeno in contraddizione con i fatti contestati, in quanto l'obiettivo di aumento dei prezzi, che era principalmente perseguito dai membri dell'intesa, implicava necessariamente una limitazione della produzione di lisina e quindi l'assegnazione di quote massime di vendita. Ciò è confermato segnatamente dai punti 221 e segg. della Decisione, dedicati alla valutazione degli accordi sui quantitativi rispetto all'articolo 81, n. 1, CE, nei quali si fa riferimento alle limitazioni delle vendite. La detta affermazione della Commissione dev'essere quindi ritenuta priva di pertinenza.

276.
    Risulta, tuttavia, che un'applicazione di fatto degli accordi sui volumi può considerarsi sufficientemente provata alla luce della tabella riportata al punto 267 della Decisione, nella quale è stata effettuato un confronto tra le quote di mercato a livello mondiale attribuite a ciascun membro dell'intesa in forza degli accordi e le quote effettivamente detenute alla fine del 1994. Infatti, come ha rilevato la Commissione, le quote di mercato a livello mondiale detenute da ciascuno dei produttori, ad eccezione della Sewon, erano ampiamente comparabili a quelle che erano state assegnate ad ogni membro dell'intesa. Occorre rilevare che le ricorrenti non hanno fornito alcun elemento idoneo a dimostrare l'erroneità dei dati riportati nella detta tabella.

277.
    Per quanto riguarda l'applicazione degli accordi sulle quote nel 1995, dalle riunioni dell'intesa del 1995, menzionate ai punti 153-166 della Decisione, risulta chiaramente che l'ADM perseguiva l'applicazione delle quote praticate l'anno precedente.

278.
    Per quanto concerne, in terzo luogo, l'accordo sullo scambio d'informazioni, è pacifico che, l'8 dicembre 1993, le società ADM, Ajinomoto, Kyowa e Sewon convennero che, a decorrere dal gennaio 1994, tutte le società avrebbero presentato relazioni mensili all'Ajinomoto sulle vendite di lisina, mentre la Cheil aderì a tale accordo il 10 marzo 1994.

279.
    Quanto all'applicazione del detto accordo, è sufficiente rilevare che dalla Decisione (punti 134, 141, 145, 150, 155, 160, 164 e 165) risulta che l'ADM ha comunicato i suoi dati relativi alle vendite. A differenza della Sewon, che all'inizio del 1995 ha smesso di informare le altre produttrici in merito ai suoi volumi di vendita, il che ha pregiudicato il funzionamento dell'intesa, l'ADM ha quindi trasmesso regolarmente i dati concordati ed ha ricevuto, in cambio, le informazioni sulle vendite realizzate dagli altri membri del cartello, il che poteva influire sul suo comportamento all'interno dell'intesa e sul mercato. Così facendo, essa ha applicato l'accordo di cui trattasi, indipendentemente dalla pretesa inesattezza delle informazioni fornite.

2. Sull'adozione di un codice di condotta da parte dell'ADM

280.
    Occorre ricordare che, se è certo importante il fatto che un'impresa abbia adottato provvedimenti volti a impedire che in futuro vengano commesse nuove infrazioni al diritto comunitario della concorrenza da parte di membri del suo personale, tale circostanza non muta in nulla la realtà dell'infrazione rilevata.Ne consegue che il solo fatto che, in alcuni casi, la Commissione abbia preso in considerazione, nella sua prassi decisionale anteriore, l'attuazione di un programma di allineamento alla stregua di una circostanza attenuante non fa sorgere a suo carico l'obbligo di procedere allo stesso modo in un caso determinato (sentenze del Tribunale 17 dicembre 1991, Hercules Chemicals/Commissione, cit., punto 357, e Mo och Domsjö/Commissione, cit., punti 417 e 419). Ciò vale a maggior ragione quando l'infrazione in questione costituisca, come nel caso di specie, una violazione manifesta dell'art. 81, n. 1, lett. a) e b), CE.

281.
    La Commissione non è quindi tenuta a considerare un tale elemento alla stregua di circostanza attenuante purché si conformi al principio della parità di trattamento, il quale implica che non si proceda ad una valutazione diversa su tale punto tra le imprese destinatarie di una stessa decisione. Ciò non si è verificato nel caso di specie.

282.
    Dall'insieme delle considerazioni che precedono risulta che la domanda delle ricorrenti volta ad ottenere la riduzione dell'importo dell'ammenda in funzione di circostanze attenuanti dovute alla mancata applicazione di fatto degli accordi anticoncorrenziali e all'adozione di un codice di condotta dev'essere respinta.

VII - Sulla cooperazione dell'ADM durante il procedimento amministrativo

Argomenti delle parti

283.
    Le ricorrenti osservano che la riduzione del 10% dell'importo dell'ammenda per l'ADM, concessa ai sensi delle disposizioni del punto D, n. 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione è insufficiente, poiché non tiene conto della collaborazione considerevole prestata dalla detta impresa.

284.
    A tale proposito le ricorrenti affermano, anzitutto, che l'ADM è stata la prima a fornire alla Commissione la prova dei fatti seguenti: l'intesa tra i produttori di lisina esisteva da diciassette anni prima dell'ingresso dell'ADM sul mercato; l'Ajinomoto aveva sempre dominato l'intesa e, infine, il personale dell'Ajinomoto in Giappone e in Europa aveva distrutto tutti i documenti relativi alla sua partecipazione all'intesa dal momento delle prime perquisizioni negli Stati Uniti. La Commissione si sarebbe basata su tali rilievi ai punti 50, 330 e 414 della Decisione ed avrebbe potuto altresì valutare in modo diverso la collaborazione prestata dall'Ajinomoto. D'altronde, l'ADM avrebbe fornito la prova documentale dei primi contatti tra l'Ajinomoto e la Sewon nel 1990 (punto 52 della Decisione), elemento che avrebbe consentito alla Commissione di adottare, a detto titolo, una comunicazione degli addebiti supplementare. Infine, l'ADM avrebbe proposto di sottoporsi ad un procedimento decisionale abbreviato per accelerare il trattamento della causa.

285.
    Il rifiuto della Commissione di concedere una riduzione d'ammenda supplementare sarebbe erroneo sotto due profili.

286.
    Da un lato, sarebbe contrario alla comunicazione sulla cooperazione affermare che una riduzione non può essere concessa qualora alcune informazioni, come quelle fornite dall'ADM, riguardino un'intesa anteriore a cui l'impresa non partecipava. La comunicazione sulla cooperazione non conterrebbe una tale distinzione. Inoltre, la Commissione avrebbe considerato l'intesa in questione come un'infrazione unica senza tener conto della data d'ingresso dell'ADM sul mercato.

287.
    Dall'altro, anche supponendo che la cooperazione fornita dall'ADM non rientri nell'ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione, essa rientrerebbe, ad ogni modo, nel punto 3, sesto trattino, degli orientamenti, il quale menziona, tra le circostanze attenuanti, la «collaborazione effettiva dell'impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione [sulla cooperazione]». Qualsiasi soluzione diversa finirebbe col riservare un trattamento differente alla collaborazione fornita dall'ADM rispetto a quella dei membri dell'intesa che beneficiano di una riduzione del 10% semplicemente per non aver opposto obiezioni alla comunicazione degli addebiti.

288.
    La Commissione replica che la pretesa collaborazione considerevole dell'ADM non riguardava la partecipazione della detta impresa all'intesa. Inoltre, nella comunicazione degli addebiti supplementare, la Commissione si sarebbe basata principalmente sulle informazioni fornite dalla Sewon e, in misura minore, su quelle trasmesse dall'Ajinomoto e dalla Kyowa.

Giudizio del Tribunale

289.
    In via preliminare occorre rilevare, come è stato affermato al punto 406 della Decisione, che l'ADM non soddisfaceva i requisiti di applicazione di cui ai punti B o C della comunicazione sulla cooperazione, di modo che il suo comportamento doveva essere valutato ai sensi del punto D della detta comunicazione, intitolato «Significativa riduzione dell'ammontare dell'ammenda».

290.
    Ai sensi del punto D, n. 1, «un'impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B o C beneficia di una riduzione dal 10% al 50% dell'importo dell'ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione».

291.
    Il punto D, n. 2, precisa:

«Ciò può verificarsi in particolare:

-    se, prima dell'invio di una comunicazione degli addebiti, un'impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell'infrazione,

-    se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un'impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

292.
    Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto che l'ADM soddisfacesse le condizioni per beneficiare di una riduzione dell'importo dell'ammenda del 10%, in applicazione del punto D, n. 2, secondo trattino, per il fatto che, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti del 29 ottobre 1998, essa la informò che l'impresa non contestava la sostanza dei fatti addebitati nel presente procedimento (punti 433-435 della Decisione).

293.
    Occorre determinare se, in merito ad altre informazioni fornite dall'ADM durante il procedimento amministrativo, una riduzione supplementare sarebbe stata giustificata ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione o, in mancanza di applicazione di quest'ultima, ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti.

294.
    Nel caso di specie, oltre al fatto di aver ammesso espressamente la sua partecipazione all'infrazione, l'ADM, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti o successivamente a quest'ultima, ha fornito alla Commissione informazioni relative al comportamento dei produttori di lisina prima del suo ingresso sul mercato nel giugno 1992 (esistenza di una collaborazione tra i produttori negli anni 70 e 80, attuazione dell'intesa nel luglio 1990 e ruolo di leader dell'Ajinomoto fino al 1992) o durante il periodo d'indagine (distruzione di documenti da parte dell'Ajinomoto).

295.
    Come la Commissione ha giustamente rilevato nella Decisione (punto 404), informazioni di questo tipo riguardavano pertanto fatti per i quali l'ADM non era passibile di alcuna ammenda ai sensi del regolamento n. 17, sia perché essi si riferivano a un periodo durante il quale l'ADM non partecipava ancora all'intesa, sia perché riguardavano il comportamento proprio di un'altra impresa.

296.
    Orbene, ai sensi del punto A, n. 3, prima frase, della comunicazione sulla cooperazione, quest'ultima «definisce le condizioni alle quali le imprese che cooperano con la Commissione nel corso delle sue indagini relative ad un'intesa potranno evitare l'imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte, o beneficiare di riduzioni del loro ammontare». Così il punto D, n. 1, della comunicazione prevede, a vantaggio dell'impresa interessata, una riduzione dal 10% al 50% dell'ammontare dell''«ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione».

297.
    Pertanto, il fatto che un'impresa metta a disposizione della Commissione, nell'ambito della sua indagine su un'intesa, informazioni relative ad atti per cui, ad ogni modo, non le sarebbe stata inflitta alcuna ammenda ai sensi del regolamento n. 17 non costituisce una cooperazione che rientri nell'ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione né, a maggior ragione, del punto D di quest'ultima.

298.
    Di conseguenza, le ricorrenti non possono validamente pretendere, ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione, una riduzione supplementare dell'importo dell'ammenda che è stata loro inflitta.

299.
    Occorre tuttavia verificare se il fatto che l'ADM abbia fornito alla Commissione le informazioni in questione costituisca una «collaborazione effettiva dell'impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione [sulla cooperazione]» ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti e, quindi, una circostanza attenuante di cui occorra tener conto ai fini della riduzione dell'importo di base dell'ammenda.

300.
    A tale proposito, da una giurisprudenza costante risulta che una riduzione dell'ammenda per la collaborazione offerta nel procedimento amministrativo è giustificata soltanto se il comportamento dell'impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l'esistenza di un'infrazione con minore difficoltà e, eventualmente, di mettervi fine (v. sentenze 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, cit., punto 36; BPB de Eendracht/Commissione, cit., punto 325, e la giurisprudenza citata).

301.
    Nel caso di specie, le informazioni fornite dall'ADM relative alla supposta preesistenza di una concertazione tra produttori di lisina negli anni 1970 e 1980 non hanno consentito alla Commissione di rilevare l'esistenza di una qualsiasi infrazione, dal momento che la Decisione riguarda l'intesa solo per la parte che ha avuto inizio nel luglio 1990 tra i detti produttori.

302.
    Per contro, dal punto 52 della Decisione, nonché dal fascicolo, risulta chiaramente che è sulla base di una lettera datata 6 dicembre 1990, inviata dalla Sewon all'Ajinomoto, la quale è stata prodotta dall'ADM dopo l'invio della prima comunicazione degli addebiti (telefax 28 febbraio 1999 inviato dai rappresentanti dell'ADM alla Commissione), che la Commissione ha potuto adottare la comunicazione degli addebiti supplementare del 16 agosto 1999, quindi affermare, nella Decisione, che l'intesa tra le società Ajinomoto, Kyowa e Sewon aveva avuto inizio nel luglio 1990, e non nel settembre 1990.

303.
    Per quanto riguarda il ruolo di leader dell'Ajinomoto nell'intesa, né dal fascicolo né dagli elementi sui quali si basa l'ADM (sezione 2.3.4.4 della risposta dell'ADM alla comunicazione degli addebiti) risulta che quest'ultima abbia fornito informazioni utili o elementi di prova al riguardo. Infatti, nella risposta alla comunicazione degli addebiti l'ADM si limita a menzionare le dichiarazioni di altri produttori o i commenti effettuati in merito dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti. Pertanto, le ricorrenti non possono affermare di aver facilitato il compito della Commissione a tale proposito.

304.
    Per quanto riguarda la distruzione di documenti da parte dell'Ajinomoto al momento delle verifiche effettuate dalle autorità americane, dal fascicolo risulta che l'ADM ha effettivamente informato la Commissione in proposito fornendole un estratto di testimonianze di un dipendente dell'Ajinomoto nell'ambito del processo tenutosi negli Stati Uniti (sezione 2.5.3.1 della risposta dell'ADM alla comunicazione degli addebiti). Tale fatto è stato rilevato al punto 414 della Decisione ed utilizzato dalla Commissione per dedurne che la cooperazione dell'Ajinomoto non era stata totale, ai sensi del punto B, lett. d), della comunicazione sulla cooperazione, e non giustificava pertanto una riduzione dell'ammenda a questo titolo.

305.
    Quest'ultima informazione non ha quindi consentito alla Commissione, di per sé, di rilevare più facilmente l'esistenza di un'infrazione, ai sensi della giurisprudenza citata, ma l'ha comunque messa in condizioni di valutare più rigorosamente il grado di cooperazione dell'Ajinomoto nel procedimento ai fini di determinare l'importo dell'ammenda da infliggerle. Nell'ambito di un'interpretazione di tale giurisprudenza conforme allo spirito della stessa, occorre rilevare che tale informazione ha facilitato il compito della Commissione nella sua indagine.

306.
    Riguardo ai detti elementi, risulta che l'ADM ha fornito alla Commissione informazioni utili su due punti, vale a dire la durata dell'intesa e la cooperazione dell'Ajinomoto. L'aver messo a disposizione informazioni tali non può essere considerato costitutivo di una cooperazione che rientri nell'ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione, ma costituisce per contro una «collaborazione effettiva (...) al di là del campo di applicazione della [detta] comunicazione» ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti.

307.
    Pertanto, salvo violare la detta disposizione, una riduzione supplementare dell'importo dell'ammenda avrebbe dovuto essere concessa in funzione delle circostanze attenuanti.

308.
    Questa soluzione s'impone tanto più che, nell'ambito della valutazione della cooperazione fornita dalle imprese, la Commissione non può violare il principio della parità di trattamento (sentenza Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, cit., punto 237).

309.
    Infatti un'impresa che, oltre ad avere espressamente ammesso la sostanza dei fatti nell'ambito della sua risposta alla comunicazione degli addebiti, abbia facilitato il compito della Commissione su altri punti, nell'ambito di una «collaborazione effettiva» ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti, non può essere paragonata ad un'impresa che abbia ammesso la sostanza dei fatti senza fornire altre informazioni.

310.
    Di conseguenza, considerata la violazione del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti nel caso di specie, spetta al Tribunale determinare l'importo della riduzione che avrebbe dovuto essere accordata all'ADM a questo titolo, oltre alla riduzione del 10% già concessa. Infatti va sottolineato che, poiché il presente ricorso è proposto contro una decisione della Commissione che infligge un'ammenda ad un'impresa per violazione delle regole della concorrenza, il giudice comunitario è legittimato a valutare, nell'ambito della competenza anche di merito riconosciutagli dagli artt. 229 CE e 17 del regolamento n. 17, l'adeguatezza dell'importo dell'ammenda (sentenza 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, cit., punto 55).

311.
    Nel caso di specie occorre rilevare che le informazioni fornite dall'ADM, se giustificano una riduzione supplementare dell'importo d'ammenda per preservare l'effetto utile degli orientamenti, restano di fatto di portata limitata. Da un lato, le informazioni relative alla durata dell'infrazione hanno soltanto consentito alla Commissione di rilevare che l'intesa aveva avuto inizio nel luglio 1990, anziché nel settembre dello stesso anno (il che, del resto, ai sensi del principio fatto proprio dalla Commissione al punto 313 della Decisione, avrebbe dovuto normalmente provocare una maggiorazione del 50%, e non del 40%, in funzione della durata nei confronti delle società Ajinomoto, Kyowa e Sewon, dato che il detto elemento probatorio consentiva di rilevare una durata di cinque anni compiuti). Dall'altro, le informazioni relative alla cooperazione dell'Ajinomoto hanno certamente consentito di evitare che una riduzione eccessiva fosse concessa alla detta impresa per effetto della sua cooperazione, ma ciò non toglie che esse non hanno facilitato, di per sé, il compito della Commissione per rilevare l'esistenza dell'infrazione.

312.
    Alla luce di ciò, una riduzione supplementare del 10% sull'importo di base dell'ammenda per l'ADM risulta pienamente adeguata.

VIII - Sui vizi che inficiano la regolarità del procedimento amministrativo

Argomenti delle parti

313.
    Le ricorrenti sostengono che la Decisione è viziata da più violazioni delle «forme sostanziali» a scapito dell'ADM.

314.
    In primo luogo esse sostengono di non essere state poste in condizioni di presentare le proprie osservazioni, durante il procedimento amministrativo, a proposito dei due elementi su cui la Commissione si sarebbe basata nella Decisione, nell'ambito del calcolo dell'importo dell'ammenda.

315.
    Innanzi tutto, la relazione Connor, menzionata al punto 276 della Decisione, non sarebbe mai stata trasmessa all'ADM al fine di consentirle di presentare le proprie osservazioni. Orbene, la detta relazione costituirebbe l'unico elemento invocato dalla Commissione per provare che i prezzi della lisina sarebbero stati inferiori in mancanza d'intesa. Secondo le ricorrenti, tale violazione di forma sostanziale avrebbe la conseguenza di confutare l'argomento della Commissione relativo all'impatto concreto dell'intesa sul mercato, elemento determinante per fissare l'importo dell'ammenda.

316.
    Peraltro, la Commissione non avrebbe consentito alle parti di presentare le loro osservazioni a proposito della sua analisi inesatta, riportata al punto 311 della Decisione, secondo la quale le ammende inflitte negli Stati Uniti e in Canada riguardavano unicamente violazioni commesse nel territorio delle giurisdizioni nazionali.

317.
    In secondo luogo, le ricorrenti invocano l'irricevibilità di alcune prove accolte dalla Commissione.

318.
    Da un lato, esse sostengono che, nella comunicazione degli addebiti (documenti nn. 4187-4240 dell'allegato alla comunicazione degli addebiti), la Commissione si è basata sulle dichiarazioni di un partecipante all'intesa, rese dinanzi ad un giudice americano nell'ambito della causa USA vs. Andreas e altri. Orbene, secondo la giurisprudenza (sentenza della Corte 10 novembre 1993, causa C-60/92, Otto, Racc. pag. I-5683, punto 20), informazioni ottenute nell'ambito di un procedimento nazionale non possono essere utilizzate dalla Commissione come mezzo di prova di un'infrazione alle regole della concorrenza. Inoltre, le dichiarazioni in questione non avrebbero valore probatorio nel diritto americano, poiché sono state rese in una fase preliminare del procedimento nell'ambito delle conclusioni del Pubblico Ministero.

319.
    Dall'altro lato, le ricorrenti sostengono che, tra le informazioni altresì comunicate alla Commissione dalle autorità americane, vi erano registrazioni sonore o audiovisive clandestine, la cui utilizzazione da parte della Commissione violerebbe il diritto al rispetto della vita privata garantito dall'art. 8 della CEDU. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (v. Corte eur. D.U., sentenza Niemitz c. Germania del 16 dicembre 1992, serie A n. 251-B) e la prassi decisionale della Commissione [decisione della Commissione 26 ottobre 1999, 2000/117/CE, relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del Trattato CE Caso IV/33.884 - Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied e Technische Unie (FEG e TU) (GU 2000, L 39, pag. 1), punti 32 e 151], l'utilizzazione di registrazioni non autorizzate sarebbe, infatti, idonea a costituire una violazione del diritto dell'ADM al rispetto della vita privata, riconosciuto dall'art. 8 della CEDU.

320.
    Nella Decisione, la Commissione si sarebbe basata su molte delle dette registrazioni, sebbene irricevibili. Così, essa avrebbe dedotto dal fatto che l'ADM aveva raccomandato ad altre imprese di «controllare le loro comunicazioni telefoniche» che il suo comportamento era intenzionale (punto 252 della Decisione). Quindi si sarebbe basata sul tenore dei colloqui tra l'ADM e l'Ajinomoto nelle riunioni del 30 aprile 1993 a Decatur, proseguite il 14 maggio 1993 a Tokyo e il 25 ottobre 1993 a Irvine per concludere che sia l'ADM che l'Ajinomoto erano «le forze promotrici del cartello globale» (punti 98, 100, 101 e 332 della Decisione) e maggiorare l'importo di base dell'ammenda del 50%. Le dette registrazioni, che avrebbero avuto inizio soltanto nel novembre 1992, sarebbero quindi servite come base per le tesi erronee della Commissione secondo le quali la riduzione dei prezzi all'inizio del 1992 era volta a costringere i produttori asiatici a stipulare un accordo (punto 331 della Decisione) e l'intesa aveva un impatto concreto sul mercato (punto 269 della Decisione).

321.
    La Commissione contesta qualsiasi violazione di forme sostanziali.

322.
    Per quanto riguarda la prima parte dell'argomento, la Commissione ricorda, anzitutto, che la relazione Connor non costituisce un elemento probatorio su cui essa si sarebbe basata per affermare l'incidenza dell'intesa nel SEE, dato che questa riguardava il mercato americano. La detta relazione sarebbe citata soltanto, quale mera osservazione, per avvalorare l'analisi della Commissione sulla capacità delle imprese a fissare i prezzi. Il fatto che tale relazione non sia stata sottoposta all'ADM nel corso del procedimento amministrativo sarebbe quindi senza conseguenze, tanto più che, avendo l'autore della detta relazione testimoniato nel corso del procedimento negli Stati Uniti, l'ADM avrebbe ampiamente commentato i suoi scritti.

323.
    Riguardo all'argomento delle ricorrenti secondo il quale le ammende inflitte dai giudici americani e canadesi non erano volte soltanto a sanzionare una violazione dei loro diritti nazionali, la Commissione ricorda che lo ritiene privo di pertinenza.

324.
    Per quanto concerne la seconda parte dell'argomento, la Commissione sottolinea di aver svolto la propria indagine e raccolto informazioni rilevanti in forza dei poteri che il regolamento n. 17 le conferisce. Poiché i risultati dell'indagine sono stati riportati nella comunicazione degli addebiti, l'ADM ha avuto l'opportunità di difendere la propria posizione.

325.
    La Commissione aggiunge che l'ADM, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti del 29 ottobre 1998, ha scelto di non contestare la sostanza dei fatti com'erano riportati, per ottenere la riduzione d'ammenda che le è stata concessa. Il fatto che essa affermi ora che alcune di queste informazioni erano irricevibili rimetterebbe in discussione la sua accettazione della tesi sostenuta dalla Commissione e renderebbe ingiustificata la riduzione dell'importo dell'ammenda concessa. Inoltre, sarebbe incoerente affermare che le registrazioni effettuate delle riunioni in questione, in cui l'ADM era rappresentata dal sig. Whitacre, violavano il suo diritto alla vita privata e sostenere d'altra parte che la detta persona lavorava non per l'ADM bensì per l'FBI.

Giudizio del Tribunale

326.
    Nell'ambito della prima parte del loro argomento relativo all'esistenza di vizi che inficiano il procedimento amministrativo, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di non aver loro consentito di presentare osservazioni su due elementi contenuti nella Decisione, nell'ambito del calcolo dell'importo dell'ammenda.

327.
    Per quanto riguarda, anzitutto, l'argomento delle ricorrenti vertente sul fatto che l'ADM non avrebbe potuto presentare le proprie osservazioni sulla relazione Connor, è sufficiente rilevare che i commenti che l'ADM avrebbe potuto svolgere sulla base del detto estratto di documento nel corso del procedimento amministrativo non avrebbero consentito di ignorare le affermazioni specifiche della Commissione relative all'impatto concreto dell'infrazione sul mercato e, in particolare, all'effetto di aumento artificiale dei prezzi, le quali sono basate su osservazioni diverse dalla relazione di cui sopra (v. supra, punti 150-169) (v., in tal senso, sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit., punti 5090-5096).

328.
    In merito poi alla censura delle ricorrenti vertente sul fatto che l'ADM non avrebbe potuto contestare l'affermazione della Commissione secondo cui i giudici americani e canadesi le hanno inflitto ammende prendendo in considerazione soltanto gli effetti anticoncorrenziali prodotti dall'intesa nella sfera di competenza delle stesse autorità giurisdizionali, esso risulterebbe chiaramente infondato. Infatti, dalla Decisione stessa risulta che l'ADM ha contestato tale analisi durante il procedimento amministrativo sostenendo, segnatamente, che l'ammenda inflitta negli Stati Uniti aveva per oggetto «la fissazione dei prezzi e l'assegnazione di volumi di vendita di lisina, offerti in vendita a consumatori negli USA ed altrove» (punto 307).

329.
    La censura svolta dalle ricorrenti nell'ambito della prima parte del loro argomento dev'essere pertanto respinta.

330.
    Quanto alla seconda parte dell'argomento delle ricorrenti, relativa all'irricevibilità di alcune delle prove raccolte dalla Commissione, nel caso di specie occorre distinguere le due categorie di prove di cui si sostiene l'irricevibilità.

331.
    La prima di esse riguarda gli elementi contenuti nel «Government's proffer of co-conspirator statements», vale a dire nella relazione ricapitolativa delle prove raccolte dal Ministero della Giustizia americano, prodotta da quest'ultimo dinanzi all' United States District Court of Illinois (tribunale distrettuale dell'Illinois) nell'ambito del procedimento penale avviato dal governo degli Stati Uniti contro tre dirigenti dell'ADM ed un responsabile dell'Ajinomoto per violazione delle leggi sulla concorrenza, procedimento al termine del quale tali ex dirigenti dell'ADM sono stati condannati a pene detentive.

332.
    Dal fascicolo risulta che il detto documento (volume 2 degli allegati al ricorso, pagg. 4187-4237) costituiva uno degli allegati alla comunicazione degli addebiti (allegato 6 - volume 1 degli allegati al ricorso). Dalla comunicazione degli addebiti risulta altresì che la Commissione si è basata segnatamente, e a più riprese, su tale documento.

333.
    Le ricorrenti invocano l'irricevibilità dei detti elementi probatori per il fatto che, secondo una giurisprudenza costante, informazioni ottenute nell'ambito di un procedimento nazionale non possono essere utilizzate dalla Commissione come mezzo di prova di un'infrazione alle norme sulla concorrenza (sentenza Otto, cit., punto 20). Così facendo, le ricorrenti procedono implicitamente ad un'analogia tra il caso in cui informazioni siano ottenute presso giudici nazionali comunitari e quello in cui, come nella fattispecie in esame, informazioni siano raccolte presso autorità extracomunitarie.

334.
    Senza che sia necessario, in questa fase, pronunciarsi in merito alla questione se il documento di cui le ricorrenti invocano l'irricevibilità come prova sia stato utilizzato dalla Commissione in maniera conforme al diritto comunitario, il loro argomento dev'essere respinto.

335.
    Occorre ricordare anzitutto che, secondo la giurisprudenza, qualora un motivo vertente sull'irricevibilità di determinate prove venga accolto, non si deve tener conto dei documenti controversi nelle discussioni e la legittimità della decisione dev'essere valutata senza gli stessi (sentenza della Corte 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG/Commissione, Racc. pag. 3151, punti 24-30). Orbene, dalla comunicazione degli addebiti risulta chiaramente che elementi probatori diversi dal documento controverso sono stati utilizzati per dimostrare la partecipazione dell'ADM all'intesa ed il ruolo da essa svolto, in particolare le informazioni comunicate dai membri dell'intesa a decorrere dal luglio 1996, nell'ambito della loro cooperazione con la Commissione. Inoltre, occorre ricordare che il presente ricorso non è volto ad ottenere l'annullamento della Decisione in quanto tale, ma tende unicamente all'annullamento della disposizione con cui viene inflitta l'ammenda o alla riduzione dell'importo dell'ammenda inflitta.

336.
    Va poi soprattutto ricordato che l'ADM stessa ha espressamente affermato, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, di non contestare i fatti esposti in quest'ultima (punto 1.1 della risposta dell'ADM, allegato 7 al ricorso, volume 3 degli allegati), elemento che, insieme ad altri, ha consentito di accusarla di una violazione dell'art. 81 CE.

337.
    Orbene, come è già stato affermato sopra, al punto 227, secondo la giurisprudenza della Corte, «[in] mancanza di un espresso riconoscimento da parte dell'impresa di cui trattasi, la Commissione deve ancora dimostrare i fatti, mentre l'impresa resterebbe libera, al momento opportuno e in particolare nell'ambito del procedimento contenzioso, di produrre tutti i mezzi di difesa che (...) ritenga utili» (sentenza 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, cit., punto 37). Ne consegue, per contro, che ciò non è valido in presenza di un riconoscimento dei fatti da parte dell'impresa in questione. Così, quando, come nel caso di specie, l'impresa abbia espressamente ammesso, nell'ambito del procedimento amministrativo, la sostanza dei fatti che le erano contestati dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti, occorre allora considerare tali fatti dimostrati, dato che l'impresa non può più contestarli nell'ambito del procedimento contenzioso dinanzi al Tribunale.

338.
    Di conseguenza, l'argomento delle ricorrenti volto a far dichiarare irricevibile uno degli elementi probatori della partecipazione dell'ADM all'intesa dovrà essere respinto. Infatti, anche supponendo che esso venga accolto, i fatti che erano contestati all'ADM nella comunicazione degli addebiti resterebbero dimostrati in quanto erano stati oggetto, segnatamente, di un'ammissione esplicita da parte della stessa.

339.
    La seconda categoria di prove di cui le ricorrenti invocano l'irricevibilità riguarda le registrazioni segrete, audiovisive o sonore, effettuate dall'FBI nella sua indagine. Secondo le ricorrenti, la loro utilizzazione da parte della Commissione, in sede di determinazione dell'importo dell'ammenda, sarebbe contraria al diritto fondamentale al rispetto della vita privata, riconosciuto dall'art. 8 della CEDU.

340.
    Per quanto riguarda il diritto al rispetto della vita privata riconosciuto dall'art. 8 della CEDU, occorre ricordare che la Corte ha ammesso l'esistenza di un principio generale del diritto comunitario che garantisce una tutela contro gli interventi sproporzionati o arbitrari dei pubblici poteri nella sfera di attività privata di ogni persona, sia fisica che giuridica (sentenza della Corte 17 ottobre 1989, cause riunite da 97/87 a 99/87, Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, Racc. pag. 3165, punto 16). E' alla luce del detto principio che la Corte e il Tribunale esercitano un controllo sull'esercizio dei poteri di verifica conferiti alla Commissione in forza del regolamento n. 17.

341.
    Il rispetto del principio generale di cui sopra implica, in particolare, che l'intervento dei pubblici poteri sia fondato sulla legge e sia giustificato da motivi contemplati dalla legge (sentenza Dow Chemical Ibérica e a./Commissione, cit., punto 16). Ebbene, il regolamento n. 17 non contiene alcuna disposizione sulla possibilità di effettuare e di utilizzare registrazioni segrete, audiovisive o sonore.

342.
    Con quesito scritto notificato alla Commissione il 7 febbraio 2002, quest'ultima è stata espressamente invitata dal Tribunale a precisare se avesse utilizzato, ai fini dell'adozione della Decisione, le dette registrazioni. Nella risposta, la Commissione ha affermato che, durante lo svolgimento della sua indagine sull'intesa, il Ministero americano della Giustizia le aveva inviato, di propria iniziativa e non su sua richiesta, alcune registrazioni video e audio realizzate dall'FBI nell'ambito della propria indagine svolta negli Stati Uniti. La Commissione ha precisato di non aver «utilizzato le registrazioni ai fini di basarvi la sua indagine» e di non averne tenuto conto «per adottare la decisione o calcolare l'importo delle ammende». Alla luce di ciò, occorre rilevare che l'argomento delle ricorrenti relativo all'utilizzazione da parte della Commissione di registrazioni effettuate in violazione del diritto al rispetto della vita privata è basato su una premessa erronea e dev'essere pertanto respinto.

343.
    Ad ogni modo, laddove con il loro argomento, riportato sopra, al punto 339, le ricorrenti rimproverano alla Commissione di aver utilizzato indirettamente e illegalmente, per il calcolo dell'importo dell'ammenda, le registrazioni in questione e ciò poiché il Government's proffer of co-conspirator statements incorporerebbe alcuni elementi provenienti dalle dette registrazioni, come ha affermato il rappresentante della Commissione in udienza, occorre rilevare che la censura sollevata non può pertanto essere accolta.

344.
    Va ricordato che qualora un motivo vertente sull'irricevibilità di determinate prove venga accolto, non si deve tener conto dei documenti controversi nelle discussioni.

345.
    Nel caso di specie le ricorrenti sostengono che le registrazioni di alcune riunioni sono servite come base per le valutazioni secondo cui l'infrazione era stata commessa intenzionalmente (punto 252 della Decisione), l'intesa aveva avuto un impatto concreto sul mercato in quanto aveva provocato un aumento dei prezzi (punto 269 della Decisione) ed esse avevano svolto un ruolo di leader (punti 331 e 332 della Decisione).

346.
    Anche a prescindere dal tenore delle discussioni tenutesi nelle riunioni cui partecipava l'ADM, che sarebbero state oggetto delle registrazioni controverse, dagli elementi già esaminati nell'ambito delle censure precedenti risulta che la Commissione ha preso in considerazione altre circostanze per fondare su di esse le proprie conclusioni. In particolare, l'impatto dell'infrazione sul mercato è stato rilevato segnatamente sulla base dell'effetto di aumento dei prezzi. Riguardo al ruolo di leader svolto dall'ADM nell'infrazione, esso è confermato sia dalle varie iniziative intraprese dalla stessa al fine, in particolare, di determinare il comportamento dell'intesa, sia dalle minacce esercitate nei confronti degli altri produttori.

347.
    Per quanto riguarda l'intenzionalità dell'infrazione, essa è altresì dimostrata nella Decisione dal fatto che tutti i partecipanti avevano l'intenzione di concludere accordi allo scopo di fissare i prezzi, ripartire i mercati e scambiarsi informazioni (punto 251) e che le loro riunioni venivano organizzate in segreto (punto 253). Orbene, secondo una giurisprudenza costante, perché un'infrazione alle norme sulla concorrenza si possa considerare intenzionale, non è necessario che l'impresa sia stata conscia di trasgredire tali norme, ma è sufficiente che essa non potesse ignorare che il suo comportamento aveva come scopo la restrizione della concorrenza (v., in particolare, sentenza della Corte 11 luglio 1989, causa 246/86, Belasco e a./Commissione, Racc. pag. 2117, punto 41). Ciò è esattamente quanto verificatosi riguardo alle circostanze di cui sopra.

348.
    Alla luce di ciò, anche supponendo che l'argomento delle ricorrenti relativo all'irricevibilità delle prove costituite dalle registrazioni contestate possa essere accolto, le valutazioni della Commissione relative all'impatto concreto dell'infrazione, all'intenzionalità del comportamento configurante infrazione dell'ADM e al ruolo di leader di quest'ultima resterebbero fondate in base agli elementi menzionati sopra, ai punti 346 e 347.

IX - Sulla pretesa violazione dell'obbligo di motivazione riguardo al calcolo dell'importo dell'ammenda

349.
    Occorre rilevare che le ricorrenti fanno valere che la motivazione della Decisione è insufficiente in alcuni punti relativi al calcolo dell'importo dell'ammenda, vale a dire:

-    il rifiuto da parte della Commissione di prendere in considerazione le ammende inflitte in Stati terzi;

-    la mancata considerazione da parte della Commissione dell'assenza d'impatto reale dell'intesa sul mercato;

-    la mancata considerazione del fatturato della lisina nel SEE;

-    il ruolo di leader attribuito all'ADM e la maggiorazione del 50% applicata di conseguenza;

-    l'interpretazione della Commissione che ha considerato gli accordi sulle quote come un accordo su quote minime;

-    l'affermazione della Commissione secondo cui uno scambio d'informazioni inesatte costituisce l'applicazione di un accordo sullo scambio d'informazioni.

350.
    Dal ricorso risulta che le ricorrenti contestano alla Commissione di aver motivato in maniera «inadeguata» o «inappropriata» le sue valutazioni e intendono in realtà contestare la fondatezza dei motivi della Decisione sui punti di cui sopra. E' pertanto sufficiente ricordare che, ad eccezione della censura relativa alla qualificazione degli accordi sulle quote come accordi su quote minime da parte della Commissione, tutte le censure menzionate sopra, al punto 349, sono state respinte dal Tribunale nell'ambito della valutazione nel merito della Decisione.

351.
    D'altra parte, per quanto l'argomento delle ricorrenti possa essere interpretato come l'allegazione di una vera e propria violazione delle forme sostanziali da parte della Commissione, occorre rilevare che, rispetto a tutti i punti di cui sopra, al punto 349, la Decisione soddisfaceva i requisiti di cui all'art. 253 CE. Infatti, la motivazione di quest'ultima fa risultare chiaramente l'iter logico della convenuta, consentendo così alle ricorrenti di venire a conoscenza degli elementi di valutazione presi in considerazione dalla Commissione per quantificare la gravità e la durata dell'infrazione ai fini del calcolo dell'importo dell'ammenda e al Tribunale di esercitare il suo controllo.

Sulla domanda accessoria delle ricorrenti volta ad ottenere il risarcimento delle spese risultanti dalla costituzione di una garanzia bancaria

Argomenti delle parti

352.
    La Commissione ritiene che la domanda delle ricorrenti sia irricevibile, poiché non costituisce un motivo di annullamento della Decisione, né di annullamento o di riduzione dell'ammenda. Ad ogni modo, tale domanda non sarebbe sostenuta da nessun motivo o argomento nel corpo nel ricorso.

353.
    Le ricorrenti osservano che la domanda deriva chiaramente dalle loro conclusioni volte alla condanna della Commissione al pagamento delle spese, che includono la costituzione di una garanzia per il pagamento dell'ammenda.

354.
    Nella controreplica, la Commissione afferma che la domanda deve considerarsi ritirata, dato che essa si pretende inclusa nella domanda di condanna alle spese, e rileva che, ad ogni modo, le spese di costituzione di garanzia non costituiscono spese ripetibili (sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit., punto 5133).

Giudizio del Tribunale

355.
    Va anzitutto rilevato che, in aggiunta alle conclusioni volte ad ottenere la condanna della Commissione alle spese, le ricorrenti hanno espressamente chiesto al Tribunale la condanna dell'istituzione a rimborsare loro tutte le spese sostenute per la costituzione di una garanzia bancaria per il pagamento dell'ammenda. Nella replica, le ricorrenti hanno chiesto che il Tribunale voglia accogliere le loro conclusioni presentate nel ricorso.

356.
    E' sufficiente ricordare che, secondo la giurisprudenza, una tale domanda, indipendente da quella volta alla condanna alle spese, dev'essere dichiarata irricevibile in quanto riguarda, in realtà, l'esecuzione della sentenza. Infatti, ai sensi dell'art. 233 CE, compete alla Commissione prendere i provvedimenti che una tale esecuzione comporta (v. sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione, cit., punto 5118, e la giurisprudenza citata).

Sulla domanda riconvenzionale della Commissione volta all'aumento dell'importo dell'ammenda inflitta all'ADM

Argomenti delle parti

357.
    La Commissione chiede al Tribunale di fare uso della sua competenza giurisdizionale anche di merito per aumentare l'ammenda dovuta dall'ADM per il fatto che, nel ricorso, quest'ultima ha manifestamente rivisto la propria accettazione della sostanza dei fatti su cui la riduzione dell'ammenda era basata. La maggiorazione dovrebbe essere almeno pari alla riduzione del 10% che era stata concessa all'epoca nella Decisione (punti 433 e 434).

358.
    Tale domanda sarebbe giustificata, anzitutto, dal fatto che il punto E, n. 4, della comunicazione sulla cooperazione informa le imprese che beneficino di una riduzione che la Commissione formulerà una tale domanda nel caso in cui i fatti vengano contestati dinanzi al Tribunale. Inoltre, è fondamentale che non ci si possa prendere gioco del sistema comunitario di applicazione del diritto della concorrenza. Ciò avverrebbe nel caso in cui le imprese potessero ottenere una riduzione sostanziale della loro ammenda nella fase di adozione di una decisione e proporre poi, senza correre il minimo rischio, un ricorso volto ad annullare tutto il fondamento di fatto su cui la detta decisione si basa.

359.
    Le ricorrenti sostengono di non contestare le osservazioni della Commissione relative alla sostanza dei fatti, ma criticano la sua analisi giuridica e la sua interpretazione di elementi che si riferiscono all'ammenda, quali l'impatto dell'intesa sul mercato ed il ruolo di leader dell'ADM.

Giudizio del Tribunale

360.
    Ai sensi dell'art. 17 del regolamento n. 17, «[il Tribunale] ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo [229 CE] per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione commina una ammenda o una penalità di mora; [esso] può sopprimere, ridurre o maggiorare l'ammenda o la penalità di mora inflitta».

361.
    D'altra parte, al punto E, n. 4, secondo capoverso, della comunicazione sulla cooperazione si afferma che «[se] un'impresa che abbia beneficiato di una riduzione dell'ammontare dell'ammenda per non aver contestato i fatti materiali, li contesta per la prima volta in un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale di primo grado, in linea di massima la Commissione chiederà al Tribunale di aumentare l'ammontare dell'ammenda inflitta a detta impresa».

362.
    Tenuto conto del potere conferito al Tribunale di maggiorare l'importo di un'ammenda inflitta in applicazione del regolamento n. 17, occorre determinare se, come sostanzialmente afferma la Commissione, le circostanze del caso di specie giustifichino che venga soppressa la riduzione del 10% concessa all'ADM in funzione della sua cooperazione, il che condurrebbe ad un aumento dell'importo definitivo dell'ammenda.

363.
    Ai sensi del punto D, n. 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, un'impresa beneficia di una riduzione d'ammenda se, «dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, [essa] informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

364.
    Nella fattispecie in esame, occorre rilevare che le ricorrenti non si oppongono direttamente, nell'ambito del ricorso, ai fatti che erano contestati all'ADM nella comunicazione degli addebiti e su cui è basata l'affermazione di una violazione dell'art. 81 CE, dato che le conclusioni delle stesse sono volte ad ottenere non l'annullamento della Decisione in quanto tale, ma l'annullamento dell'ammenda o la riduzione del suo importo.

365.
    Tuttavia, secondo la Commissione, le ricorrenti contesterebbero gli stessi fatti indirettamente in più punti. A tale proposito, essa fa esplicito riferimento agli argomenti delle ricorrenti relativi alla mancanza di impatto dell'intesa sui prezzi, alla durata dell'infrazione e all'irricevibilità di una prova della partecipazione dell'ADM all'intesa.

366.
    In merito al primo punto, l'argomento della Commissione dev'essere respinto. Infatti, il fatto di contestare la valutazione dell'effetto dell'intesa sui prezzi non equivale a contestare la sostanza dei fatti. Ciò è vero quindi a maggior ragione nel caso di specie, in cui la Commissione si è basata, nella Decisione, soltanto sull'oggetto degli accordi, e non sugli effetti restrittivi degli stessi, per qualificarli come accordi contrari all'art. 81, n. 1, CE (v. punti 228-230 della Decisione). Di conseguenza, anche supponendo che l'argomento delle ricorrenti venga accolto, esso non potrebbe in alcun modo rimettere in discussione la legittimità della Decisione nella parte in cui essa rileva l'esistenza di un'intesa contraria all'art. 81 CE, di modo che esso non può essere inteso come un tentativo inconfessato di contestare l'esistenza dell'infrazione e la legittimità della Decisione in questo punto.

367.
    Per contro, gli argomenti addotti dalle ricorrenti al fine di contestare la maggiorazione dell'importo di base dell'ammenda che la Commissione ha effettuato in funzione della durata dell'infrazione contestano in effetti nuovamente la durata della partecipazione dell'ADM all'intesa. Queste ultime affermano, infatti, di non aver aderito agli accordi sui prezzi dal giugno 1992, bensì più tardi. Orbene, dalla comunicazione degli addebiti (v., in particolare, punto 176) risulta chiaramente che si contestava all'ADM di aver preso parte agli accordi a decorrere dal 23 giugno 1992. Poiché essa aveva espressamente riconosciuto la sostanza dei fatti che le erano addebitati nella detta comunicazione, una tale contestazione rimette in discussione, su tale punto, l'esistenza della sua cooperazione.

368.
    La stessa conclusione si impone in merito agli argomenti delle ricorrenti relativi all'irricevibilità di una prova concernente la partecipazione dell'ADM a certe riunioni dell'intesa, poiché si trattava di un fatto che la stessa aveva espressamente ammesso nella risposta alla comunicazione degli addebiti.

369.
    Va tuttavia rilevato che queste due contestazioni sono state respinte (v. supra, punti 226-227 e 336-338) in applicazione delle soluzioni tratte dalla sentenza 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, citata (punto 37), da cui risulta che i fatti si ritengono dimostrati quando un'impresa li ha espressamente riconosciuti nell'ambito del procedimento amministrativo, poiché quest'ultima non è più libera di produrre mezzi di difesa volti a contestare gli stessi nell'ambito del procedimento contenzioso.

370.
    Alla luce di ciò, la riduzione minima del 10% concessa all'ADM ai sensi del punto D, n. 2, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione non dev'essere eliminata e la domanda riconvenzionale della Commissione è pertanto respinta.

Sul metodo di calcolo e sull'importo definitivo dell'ammenda

371.
    Nella Decisione, la Commissione ha maggiorato del 50% l'importo di base dell'ammenda adottato nei confronti dell'ADM in funzione della circostanza aggravante costituita dal ruolo di leader dell'intesa svolto dall'ADM, quindi ha applicato all'importo di base così maggiorato una riduzione del 10%, ossia di EUR 5,85 milioni, in funzione dell'unica circostanza attenuante riconosciuta all'ADM, vale a dire l'aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384), il che equivale ad una riduzione del 15% dell'importo di base.

372.
    Va osservato che, nella Decisione, la Commissione non ha applicato nella stessa maniera alle imprese interessate le riduzioni concesse in funzione delle circostanze attenuanti. Infatti, la Commissione ha concesso alla Sewon il beneficio di due circostanze attenuanti, una in funzione del suo ruolo passivo nel 1995 a proposito delle quote di vendita, che ha provocato una riduzione del 20% della maggiorazione applicata alla detta impresa per effetto della durata dell'infrazione (punto 365 della Decisione), l'altra in considerazione dell'aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi dell'autorità pubblica (punto 384 della Decisione), che ha giustificato una riduzione del 10% applicata al risultato della prima riduzione di cui sopra. Si deve necessariamente rilevare che la Commissione non ha applicato, nei due casi specifici citati e al contrario di quanto ha fatto con la Cheil, le riduzioni concesse in funzione delle circostanze attenuanti all'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione.

373.
    Per quanto riguarda l'ADM, la Commissione ha applicato anzitutto, conformemente all'ordine definito negli orientamenti, una maggiorazione in funzione di una circostanza aggravante, poi una riduzione in considerazione della circostanza attenuante accolta a favore di quest'ultima. Tuttavia è pacifico, come è stato sottolineato sopra, al punto 371, che la riduzione accordata è stata applicata al risultato dell'applicazione della maggiorazione del 50% e non all'importo di base dell'ammenda.

374.
    Con quesito scritto notificato alla Commissione il 7 febbraio 2002, il Tribunale ha invitato quest'ultima, in particolare, a precisare e giustificare il suo metodo di calcolo dell'importo delle ammende.

375.
    Nella risposta datata 27 febbraio 2002, la Commissione ha affermato che il modo corretto di calcolare le maggiorazioni e le riduzioni destinate a tener conto delle circostanze aggravanti e attenuanti consiste nell'applicare una percentuale all'importo di base dell'ammenda. Essa ha altresì riconosciuto di non aver seguito sistematicamente il detto metodo di calcolo nell'ambito della sua Decisione, in particolare riguardo alla situazione dell'Ajinomoto e dell'ADM.

376.
    In sede di udienza, le ricorrenti non hanno formulato alcuna osservazione in merito al metodo di calcolo dell'importo delle ammende descritto dalla Commissione nella lettera 27 febbraio 2002.

377.
    In tale contesto occorre sottolineare che, ai sensi degli orientamenti, la Commissione, dopo aver determinato l'importo di base dell'ammenda in considerazione della gravità e della durata dell'infrazione, procede ad un aumento e/o ad una riduzione del detto importo in funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti.

378.
    Tenuto conto della formulazione degli orientamenti, il Tribunale ritiene che le percentuali corrispondenti agli aumenti o alle riduzioni, adottate in funzione delle circostanze aggravanti o attenuanti, debbano essere applicate all'importo di base dell'ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell'infrazione, e non all'importo di una maggiorazione precedentemente applicata in funzione della durata dell'infrazione o al risultato dell'attuazione di una prima maggiorazione o riduzione per effetto di una circostanza aggravante o attenuante. Come la Commissione ha giustamente sottolineato nella risposta al quesito scritto del Tribunale, il metodo di calcolo dell'importo delle ammende descritto sopra si deduce dalla formulazione degli orientamenti e consente di garantire parità di trattamento fra diverse imprese partecipanti ad uno stesso cartello.

379.
    D'altra parte, il Tribunale dichiara, nell'ambito della sua competenza giurisdizionale anche di merito, che occorre aggiungere alla riduzione del 15% di cui sopra, al punto 371, la quale è effettivamente adeguata nella sua entità, quella del 10% adottata a causa della collaborazione effettiva dell'ADM alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione, ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli orientamenti, vale a dire una riduzione complessiva del 25% in funzione delle circostanze attenuanti, che dev'essere applicata all'importo di base dell'ammenda di EUR 39 milioni, il che determina una riduzione di EUR 9,75 milioni. Quest'ultima deve poi essere sottratta dall'importo di base dell'ammenda maggiorato del 50% in funzione della circostanza aggravante derivante dal ruolo di leader svolto dall'ADM, vale a dire EUR 58,5 milioni, il che equivale ad un'ammenda di importo pari a EUR 48,75 milioni precedente all'applicazione delle disposizioni della comunicazione sulla cooperazione. Va osservato che lo stesso risultato può essere ottenuto applicando all'importo di base dell'ammenda il risultato della differenza tra le percentuali adottate in funzione delle circostanze aggravanti e attenuanti, vale a dire, nel caso di specie, una maggiorazione del 25% dell'importo di base fissato a EUR 39 milioni.

380.
    Occorre ricordare che la Commissione ha concesso all'ADM una riduzione del 10% dell'importo dell'ammenda che le sarebbe stata inflitta in mancanza di cooperazione e ciò ai sensi del punto D della comunicazione sulla cooperazione, il che equivale ormai ad una riduzione di EUR 4 875 000. Di conseguenza, l'importo definitivo dell'ammenda inflitta alle ricorrenti dev'essere fissato a EUR 43 875 000.

Sulle spese

381.
    Ai sensi dell'art. 87, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, quest'ultimo, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nel caso di specie, si deve decidere che le ricorrenti sopporteranno le proprie spese nonché i tre quarti di quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)    L'importo dell'ammenda inflitta in solido alla Archer Daniels Midland Company e alla Archer Daniels Midland Ingredients Ltd è fissato a EUR 43 875 000.

2)    Il ricorso, per il resto, è respinto.

3)    La Archer Daniels Midland Company e la Archer Daniels Midland Ingredients Ltd sono condannate a sopportare le proprie spese nonché i tre quarti di quelle della Commissione. La Commissione sopporterà un quarto delle proprie spese.

Vilaras
Tiili
Mengozzi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 luglio 2003.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

M. Vilaras

Indice

    Fatti all'origine della controversia

II - 2

    Procedimento e conclusioni delle parti

II - 6

    Sulla domanda principale di annullamento della disposizione della Decisione che infligge all'ADM un'ammenda o di riduzione dell'importo di quest'ultima

II - 7

        I - Sull'applicabilità degli orientamenti

II - 7

            Argomenti delle parti

II - 7

                1. Sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e d'irretroattività delle pene

II - 7

                    Sulla ricevibilità del motivo

II - 7

                    Nel merito

II - 8

                2. Sulla violazione del principio della parità di trattamento

II - 9

            Giudizio del Tribunale

II - 10

                1. Sulla violazione dei principi di certezza del diritto, di tutela del legittimo affidamento e d'irretroattività delle pene

II - 10

                    Sulla ricevibilità del motivo

II - 10

                    Nel merito

II - 11

                    - Sulla violazione dei principi d'irretroattività delle pene e di certezza del diritto

II - 11

                    - Sulla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

II - 16

                2. Sulla violazione del principio della parità di trattamento

II - 17

        II - Sull'incidenza delle ammende già inflitte in altri paesi

II - 18

            Argomenti delle parti

II - 19

                1. Sul principio di divieto del cumulo delle sanzioni e sull'obbligo per la Commissione di prendere in considerazione le sanzioni inflitte anteriormente

II - 19

                2. Sull'effetto dissuasivo delle ammende già inflitte

II - 20

            Giudizio del Tribunale

II - 21

                1. Sulla violazione del principio che vieta il cumulo delle sanzioni e del preteso obbligo per la Commissione di prendere in considerazione le sanzioni inflitte anteriormente

II - 21

                2. Sull'effetto dissuasivo delle ammende già inflitte

II - 25

        III - Sulla gravità dell'infrazione

II - 26

            Sulla natura dell'infrazione

II - 26

                1. Argomenti delle parti

II - 26

                2. Giudizio del Tribunale

II - 27

            Sull'impatto concreto dell'accordo sul mercato

II - 30

                1. Argomenti delle parti

II - 31

                2. Giudizio del Tribunale

II - 32

            Sul fatturato preso in considerazione

II - 37

                1. Argomenti delle parti

II - 38

                    Sulla violazione del principio di proporzionalità e degli orientamenti

II - 38

                    Sulle violazioni del principio della parità di trattamento

II - 39

                2. Giudizio del Tribunale

II - 39

                    Sulla violazione del principio di proporzionalità e degli orientamenti

II - 39

                    Sulle violazioni del principio della parità di trattamento

II - 45

        IV - Sulla durata dell'infrazione

II - 46

            Argomenti delle parti

II - 46

            Giudizio del Tribunale

II - 47

        V - Sulle circostanze aggravanti

II - 50

            Argomenti delle parti

II - 50

                1. Sulla valutazione erronea del ruolo dell'ADM

II - 50

                2. Sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

II - 50

            Giudizio del Tribunale

II - 51

                1. Sulla valutazione erronea del ruolo dell'ADM

II - 51

                2. Sulla violazione dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

II - 53

        VI - Sulle circostanze attenuanti

II - 54

            Argomenti delle parti

II - 54

                1. Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

II - 54

                2. Sull'adozione di un codice di condotta da parte dell'ADM

II - 55

            Giudizio del Tribunale

II - 56

                1. Sulla mancata applicazione di fatto degli accordi

II - 56

                2. Sull'adozione di un codice di condotta da parte dell'ADM

II - 59

        VII - Sulla cooperazione dell'ADM durante il procedimento amministrativo

II - 60

            Argomenti delle parti

II - 60

            Giudizio del Tribunale

II - 61

        VIII - Sui vizi che inficiano la regolarità del procedimento amministrativo

II - 65

            Argomenti delle parti

II - 65

            Giudizio del Tribunale

II - 67

        IX - Sulla pretesa violazione dell'obbligo di motivazione riguardo al calcolo dell'importo dell'ammenda

II - 72

    Sulla domanda accessoria delle ricorrenti volta ad ottenere il risarcimento delle spese risultanti dalla costituzione di una garanzia bancaria

II - 72

        Argomenti delle parti

II - 72

        Giudizio del Tribunale

II - 73

    Sulla domanda riconvenzionale della Commissione volta all'aumento dell'importo dell'ammenda inflitta all'ADM

II - 73

        Argomenti delle parti

II - 73

        Giudizio del Tribunale

II - 74

    Sul metodo di calcolo e sull'importo definitivo dell'ammenda

II - 76

    Sulle spese

II - 78


1: Lingua processuale: l'inglese.