Language of document : ECLI:EU:C:2021:882

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 28 ottobre 2021°(1)

Causa C275/20

Commissione europea

contro

Consiglio dell’Unione europea

«Ricorso di annullamento – Decisione (UE) 2020/470 – Proroga del periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra – Base giuridica procedurale – Articolo 218, paragrafo 7, TFUE – Procedura e regola di voto applicabili»






I.      Introduzione

1.        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede l’annullamento della decisione (UE) 2020/470 del Consiglio, del 25 marzo 2020, concernente la proroga del periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(2).

2.        Tale protocollo ha istituito una cornice nella quale le Parti cooperano al fine di agevolare gli scambi di attività, beni e servizi culturali, anche nel settore degli audiovisivi, nonché di migliorare le condizioni alla base di tali scambi. In detto protocollo, le Parti hanno accettato di prevedere il diritto per le coproduzioni audiovisive fra i produttori dell’Unione e della Repubblica di Corea di fruire dei rispettivi regimi per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali. Tale diritto è soggetto a rinnovo ogni tre anni.

3.        A livello dell’Unione, la Commissione è stata abilitata dal Consiglio dell’Unione europea a porre termine al diritto in questione prima di ciascuna scadenza o, al contrario, a proporne il rinnovo. La presente causa porterà la Corte a specificare se tale abilitazione ricada nell’ambito di applicazione dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE e, in caso affermativo, se le condizioni per il suo esercizio siano conformi a tale disposizione.

II.    Contesto normativo

A.      Protocollo sulla cooperazione culturale

4.        Il protocollo sulla cooperazione culturale°(3) dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(4), prevede, al suo articolo 5, intitolato «Coproduzioni audiovisive», il diritto, per le coproduzioni audiovisive, di fruire dei rispettivi regimi per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali (in prosieguo: il «diritto in questione»). Esso così recita:

«(...)

3.      Le parti, in conformità delle rispettive legislazioni, agevolano le coproduzioni tra i produttori dalla parte UE e della Corea, anche prevedendo la possibilità per le coproduzioni di fruire dei rispettivi regimi per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali.

(...)

8.      a)      Il diritto per le coproduzioni di fruire dei rispettivi regimi per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali di cui ai paragrafi 4 e 5 è stabilito per un periodo di tre anni decorrenti dalla messa in applicazione del presente protocollo. Su parere dei gruppi consultivi interni, sei mesi prima della scadenza di tale periodo il comitato per la cooperazione culturale coordina la valutazione dei risultati ottenuti grazie al riconoscimento di questo diritto per quanto riguarda il rafforzamento della diversità culturale e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nelle opere coprodotte.

b)      Il diritto è rinnovato per una durata di tre anni, poi automaticamente rinnovato per altri periodi della stessa durata, salvo che una parte vi ponga termine con preavviso scritto di almeno tre mesi prima della scadenza del periodo iniziale o di uno dei periodi successivi. Sei mesi prima della scadenza di ogni periodo rinnovato, il comitato per la cooperazione culturale effettua una valutazione analoga a quella descritta alla lettera a).

(...)».

B.      Decisione 2011/265/UE

5.        Il considerando 6 della decisione 2011/265/UE del Consiglio, del 16 settembre 2010, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(5), enuncia quanto segue:

«(6)      A norma dell’articolo 218, paragrafo 7, del trattato, è opportuno che il Consiglio abiliti la Commissione ad approvare alcune limitate modifiche dell’accordo [con la Repubblica di Corea]. La Commissione dovrebbe essere abilitata a porre termine al diritto concesso alle coproduzioni, come disposto dall’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale, qualora essa non determini l’opportunità di un suo rinnovo, approvato dal Consiglio secondo una procedura specifica resa necessaria sia dal carattere sensibile di tale elemento dell’accordo sia dal fatto che l’accordo deve essere concluso dall’Unione e dai suoi Stati membri (...)».

6.        L’articolo 4, paragrafo 1, di tale decisione prevede quanto segue:

«La Commissione avvisa la Corea dell’intenzione dell’Unione di non prolungare il periodo durante il quale è concesso alle coproduzioni il diritto di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale secondo la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 8, dello stesso, salvo che il Consiglio decida, su proposta della Commissione, quattro mesi prima della scadenza del periodo in questione, di prolungarne la durata. In tal caso, la presente disposizione diventa di nuovo applicabile alla scadenza del periodo di proroga. Ai fini specifici della decisione sulla proroga della durata del periodo di concessione, il Consiglio delibera all’unanimità».

C.      Decisione di esecuzione 2014/226/UE

7.        Con la decisione di esecuzione 2014/226/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla proroga del periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(6), il periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive per beneficiare dei rispettivi regimi delle parti per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali di cui all’articolo 5, paragrafi da 4 a 7 di tale protocollo, è stato prorogato per una durata di tre anni, a decorrere dal 1° luglio 2014 fino al 30 giugno 2017.

D.      Decisione (UE) 2015/2169

8.        Con la decisione (UE) 2015/2169 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(7), tale accordo è stato approvato a nome dell’Unione. Il considerando 6 di tale decisione è redatto negli stessi termini del considerando 6 della decisione 2011/265. Analogamente, l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 ha un contenuto simile all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/265.

E.      Decisione (UE) 2017/1107

9.        Con la decisione (UE) 2017/1107 del Consiglio, dell’8 giugno 2017, relativa alla proroga del periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(8), il periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di usufruire dei rispettivi regimi delle parti per la promozione dei contenuti culturali locali e regionali di cui all’articolo 5, paragrafi da 4 a 7, di tale protocollo, è stato prorogato per una durata di tre anni, dal 1° luglio 2017 fino al 30 giugno 2020.

F.      Decisione impugnata

10.      La decisione impugnata, adottata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169, prevede che il periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di usufruire dei rispettivi regimi delle parti per la promozione dei contenuti culturali locali/regionali di cui all’articolo 5, paragrafi da 4 a 7, del protocollo sulla cooperazione culturale sia prorogato per una durata di tre anni, dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2023.

III. Conclusioni delle parti

11.      La Commissione chiede alla Corte di annullare la decisione impugnata e condannare il Consiglio alle spese.

12.      Il Consiglio chiede il rigetto del ricorso e la condanna della Commissione alle spese. In subordine, qualora la decisione impugnata dovesse essere annullata, esso chiede alla Corte di mantenerne gli effetti fintantoché non sia stato posto rimedio ai motivi di annullamento.

13.      Con decisioni del presidente della Corte del 7 dicembre 2020, la Repubblica francese e il Regno dei Paesi Bassi sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

IV.    Sintesi dei motivi e degli argomenti delle parti

14.      A sostegno del suo ricorso di annullamento, la Commissione deduce un unico motivo, relativo al fatto che l’impiego, come base giuridica, dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 per fondare la decisione impugnata sarebbe contrario al Trattato e alla giurisprudenza della Corte e, pertanto, illegale.

15.      Essa afferma che tale disposizione della decisione 2015/2169 sarebbe stata presente nella proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra, da essa presentata il 9 aprile 2010°(9), ma che, alla luce dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la proposta che la stessa si era vista obbligata a presentare al fine di ottenere l’approvazione del Consiglio per concludere tale accordo risulterebbe non conforme ai Trattati, ragion per cui essa si sarebbe sistematicamente rifiutata di fondarsi su detta disposizione sin dal 2015. Nonostante la sua opposizione esplicita, la stessa disposizione, che esige l’unanimità senza partecipazione del Parlamento europeo, sarebbe stata applicata dal Consiglio in sede di adozione tanto della decisione 2017/1107 quanto della decisione impugnata, in relazione alle quali la sua proposta di decisione sarebbe stata fondata sull’articolo 167, paragrafo 3, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), sub v), TFUE, che prevede, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 8, primo comma, TFUE, un voto a maggioranza qualificata del Consiglio, previa approvazione del Parlamento.

16.      La Commissione sostiene l’applicabilità di queste ultime disposizioni, in quanto la decisione impugnata verterebbe sulla proroga nel tempo dell’applicazione di una parte di un accordo internazionale. L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 costituirebbe una base giuridica derivata, il cui utilizzo sarebbe contrario al principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE, nonché al principio dell’equilibrio istituzionale e, di conseguenza, al Trattato come interpretato dalla Corte°(10).

17.      Inoltre, il ricorso ad una base giuridica derivata che impone l’unanimità in sede di Consiglio sarebbe illegale alla luce della giurisprudenza della Corte°(11). Sarebbe peraltro incoerente esigere l’unanimità in sede di Consiglio per il rinnovo del diritto in questione, laddove l’istituzione di quest’ultimo è stata decisa a maggioranza qualificata e l’Unione ha accettato, ai sensi del diritto internazionale, che esso sia, in linea di principio, rinnovato automaticamente. L’applicazione di una norma interna più restrittiva e la prescrizione secondo la quale il Consiglio dovrebbe accettare il rinnovo di tale diritto contrasterebbero con l’obiettivo del rinnovo automatico convenuto dalle Parti del protocollo sulla cooperazione culturale e, pertanto, sarebbero contrari alla giurisprudenza relativa al primato degli accordi internazionali sul diritto derivato dell’Unione°(12).

18.      Il Consiglio, sostenuto dalla Repubblica francese e dal Regno dei Paesi Bassi, ritiene che, adottando la decisione impugnata, esso abbia agito nei limiti delle sue competenze, in conformità alla procedura prevista nei Trattati, e abbia rispettato il principio dell’equilibrio istituzionale.

19.      Esso ricorda che la Commissione avrebbe presentato una proposta di decisione del Consiglio che autorizza la firma e l’applicazione provvisoria dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra°(13), di cui il protocollo sulla cooperazione culturale fa parte, nonché una proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione di tale accordo°(14). In queste due proposte, la Commissione avrebbe presentato la procedura applicabile al processo decisionale interno dell’Unione ai fini della proroga o della soppressione del diritto in questione al termine di ciascun periodo di tre anni; detta procedura sarebbe stata poi adottata nel quadro della decisione 2015/2169. La Commissione avrebbe parimenti fornito spiegazioni sulla base giuridica di tale procedura, ossia l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, al considerando 6 di ciascuna delle due proposte che sono state adottate dal Consiglio senza alcuna modifica. Il Parlamento avrebbe dato la sua approvazione alla decisione del Consiglio relativa alla conclusione di detto accordo con una risoluzione legislativa del 17 febbraio 2011°(15).

20.      Il Consiglio osserva che la Commissione, la quale non spiegherebbe la ragione per cui essa si sarebbe «sentita obbligata» a fare una proposta alla quale la stessa si sarebbe opposta, non avrebbe mai presentato al Consiglio una proposta diretta a modificare la procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 e, sebbene l’ultimo periodo di proroga scadesse il 30 giugno 2020, avrebbe omesso di presentare una proposta di nuova proroga del diritto in questione. Il Consiglio, dopo aver chiesto alla Commissione di avvisare la Repubblica di Corea della soppressione di tale diritto o di presentare una proposta del Consiglio ai fini di una proroga per un nuovo periodo di tre anni, avrebbe adottato la decisione impugnata sulla base di una proposta della Commissione.

21.      Il Consiglio sostiene, in primo luogo, di non essersi fondato su una base giuridica derivata adottando la decisione impugnata; che la procedura da esso applicata sarebbe fondata sull’articolo 218, paragrafo 7, TFUE e che siffatta procedura sarebbe compatibile con tale disposizione. Il riferimento esplicito all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE figurante al considerando 6 della decisione 2015/2169 indicherebbe molto chiaramente che l’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione è fondato su siffatta disposizione, la quale consentirebbe al Consiglio di derogare all’articolo 218, paragrafi 5, 6 e 9, TFUE qualora l’accordo concluso dall’Unione preveda una procedura di revisione semplificata, come quella prevista all’articolo 5, paragrafo 8, del protocollo sulla cooperazione culturale. Tale riferimento all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE spiegherebbe parimenti la procedura fissata all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 ai fini dell’applicazione di siffatta disposizione di tale protocollo.

22.      Le condizioni di applicabilità dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE sarebbero soddisfatte poiché, da un lato, la proroga dei diritti costituirebbe una modifica di una parte specifica e indipendente dell’accordo con la Repubblica di Corea, tramite una procedura semplificata, fermo restando che la Commissione sarebbe, in particolare, abilitata, nella sua qualità di negoziatrice, a modificare il diritto in questione tramite la sua soppressione alla scadenza del periodo di tre anni in corso e ad avvisare la Repubblica di Corea di tale decisione. Tale procedura attuerebbe pertanto la procedura di modifica semplificata fissata all’articolo 5, paragrafo 8, del protocollo sulla cooperazione culturale. Dall’altro, la procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 correderebbe di condizioni valide l’abilitazione accordata alla Commissione in tale contesto. In tal senso, sarebbe previsto che, qualora la Commissione decida che il diritto in questione debba essere prorogato per altri tre anni, essa dovrebbe presentare tale decisione al Consiglio affinché quest’ultimo l’approvi. Di conseguenza, tale procedura, la quale costituirebbe la base giuridica della decisione impugnata, sarebbe stata stabilita in conformità all’abilitazione prevista dai Trattati e la base giuridica di tale decisione non sarebbe una base giuridica derivata.

23.      In secondo luogo, il Consiglio osserva che la Commissione si contraddirebbe per quanto riguarda la procedura che essa reputa applicabile affermando che l’approvazione del Parlamento sarebbe richiesta ai sensi dell’articolo 218, paragrafi 5 e 6, TFUE, sostenendo al contempo che non dovrebbe essere applicata alcuna procedura interna, poiché l’articolo 5, paragrafo 8, del protocollo sulla cooperazione culturale prevederebbe un rinnovo automatico del diritto in questione ogni tre anni e tale disposizione di diritto internazionale prevarrebbe sul diritto derivato interno. Orbene, non sussisterebbe un conflitto fra l’articolo 5, paragrafo 8, di tale protocollo e l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169, poiché il primo stabilirebbe la procedura che le Parti dell’accordo con la Repubblica di Corea devono seguire, mentre il secondo fisserebbe il procedimento decisionale all’interno dell’Unione ai fini dell’applicazione di tale articolo 5, paragrafo 8, di detto protocollo.

24.      In terzo luogo, il Consiglio ritiene che l’argomento della Commissione relativo all’inosservanza del principio dell’equilibrio istituzionale e del principio di attribuzione delle competenze non sia giustificato. La Commissione, infatti, non avrebbe mai avuto intenzione di fare in modo che fosse chiesta l’approvazione del Parlamento, poiché la stessa avrebbe presentato la sua proposta di decisione del Consiglio meno di un mese prima della scadenza del termine per notificare alla Repubblica di Corea il mancato rinnovo del diritto in questione, quando non sarebbe stato più possibile materialmente pervenire ad un accordo in seno al Consiglio, né chiedere l’approvazione del Parlamento.

25.      In quarto luogo, il Consiglio ritiene che la Commissione incorra in un errore nel contestare il requisito dell’unanimità in seno al Consiglio, laddove essa stessa avrebbe proposto tale regola di voto e non avrebbe mai proposto di modificare l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169. La proroga del diritto in questione costituirebbe una deroga alla regola generale secondo la quale il diritto è soppresso in assenza di decisione contraria, il che giustificherebbe condizioni più rigorose.

26.      In subordine, il Consiglio fa valere che, qualora la Corte dovesse concludere nel senso che non sarebbe stato possibile prevedere l’unanimità fra le condizioni di cui all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, sarebbe unicamente l’obbligo di deliberare all’unanimità a non essere valido. Tuttavia, poiché la decisione impugnata è stata adottata all’unanimità, essa, a suo avviso, dovrebbe considerarsi adottata in maniera valida e non dovrebbe essere annullata. Infine, per il caso in cui la Corte annullasse la decisione impugnata, il Consiglio ritiene che dovrebbero esserne mantenuti gli effetti.

27.      Nella sua replica, la Commissione risponde, in via principale, di condividere il parere del Consiglio secondo il quale l’oggetto della decisione impugnata costituirebbe una modifica di un accordo, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, nella misura in cui essa proroga nel tempo l’applicazione della disposizione figurante nel protocollo sulla cooperazione culturale. Tuttavia tale protocollo, prevedendo un rinnovo automatico del diritto in questione per altri periodi della stessa durata, non istituirebbe alcuna procedura semplificata per il rinnovo di tale diritto, cosicché non sarebbe necessario che il Consiglio autorizzi la Commissione ad approvare il rinnovo di detto diritto. L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 non potrebbe essere considerato, pertanto, un caso di applicazione dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE. Per contro, detto protocollo istituirebbe una procedura per porre termine al diritto in questione. A tal fine, il Consiglio potrebbe autorizzare la Commissione a decidere di dare all’altra Parte dell’accordo con la Repubblica di Corea un preavviso e tale autorizzazione potrebbe essere data in anticipo nella decisione relativa alla conclusione di tale accordo, fatte salve condizioni adeguate.

28.      La Commissione aggiunge che, contrariamente a quanto sostenuto dal Consiglio, le condizioni procedurali che corredano l’autorizzazione asseritamente concessa alla Commissione sarebbero incompatibili con l’articolo 218 TFUE, poiché la Corte avrebbe dichiarato che, per quanto riguarda le situazioni cui si applica l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, il ricorso ad una base giuridica derivata che esiga l’unanimità in sede di Consiglio sarebbe illegittimo°(16). Ciò sarebbe ancor più evidente per quanto riguarda le fattispecie alle quali si applica l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

29.      Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 non conferirebbe alla Commissione l’autorizzazione ad approvare, a nome dell’Unione, modifiche dell’accordo con la Repubblica di Corea, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, ma rifletterebbe unicamente il potere della Commissione di assicurare, nel caso di una decisione che si opponga al rinnovo del diritto in questione, la rappresentanza esterna dell’Unione in conformità all’articolo 17 TUE. L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 confermerebbe che il potere di decidere tale rinnovo sarebbe rimasto nelle mani del Consiglio e che non vi sarebbe stato un trasferimento effettivo del potere decisionale a favore della Commissione. Di conseguenza, l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE non costituirebbe una base giuridica che consenta al Consiglio di subordinare il rinnovo del diritto in questione alle condizioni specifiche fissate all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169.

30.      Infine, la Commissione si oppone alle domande in subordine del Consiglio.

31.      Nella sua controreplica, il Consiglio si oppone, in primo luogo, all’argomento della Commissione secondo il quale il diritto in questione potrebbe essere prorogato dall’Unione senza ricorrere ad una procedura interna qualora l’intenzione della Commissione sia quella di rinnovarlo, mentre sarebbe necessario un procedimento decisionale per porvi termine. A suo avviso, l’Unione dovrebbe applicare il procedimento decisionale interno rilevante al fine di modificare il protocollo sulla cooperazione culturale, sia per prorogare sia per porre termine al diritto in questione. Il carattere automatico della proroga nei confronti di ciascuna delle Parti dell’accordo con la Repubblica di Corea non potrebbe escludere, infatti, qualsiasi tipo di procedimento decisionale interno dal momento che, in conformità all’articolo 5, paragrafo 8, di tale protocollo, la durata del diritto in questione sarebbe limitata a tre anni e sarebbe possibile rinnovare tale diritto per altri periodi la cui durata sia parimenti limitata a tre anni, il che implicherebbe l’adozione di una decisione ogni tre anni secondo i procedimenti decisionali interni adeguati. L’interpretazione della Commissione arrecherebbe pregiudizio non solo all’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, ma anche all’equilibrio istituzionale, poiché la Commissione potrebbe decidere di escludere il Consiglio dal processo decisionale relativo alla proroga.

32.      In secondo luogo, il Consiglio afferma che l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE costituirebbe la base giuridica adeguata per la procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, l’articolo 5, paragrafo 8, del protocollo sulla cooperazione culturale istituirebbe una procedura semplificata ai fini della proroga del diritto in questione, nella misura in cui il consenso delle Parti sia dato tacitamente. Inoltre, tale articolo imporrebbe alla Parte che desidera porre termine a tale diritto di procedere ad una previa notifica. Il procedimento sarebbe dunque doppio e fisserebbe due fasi procedurali che si inserirebbero nell’ambito di una procedura di modifica semplificata di detto protocollo.

33.      In terzo luogo, il Consiglio afferma che la procedura stabilita all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 sarebbe adeguata. Essa fisserebbe internamente la posizione predefinita dell’Unione per quanto riguarda la modifica del protocollo sulla cooperazione culturale per periodi successivi di tre anni fino a che venga posto termine al diritto in questione. Tale diritto cesserebbe automaticamente alla scadenza del periodo di tre anni per il quale esso è stato istituito e la Commissione dovrebbe osservare le prescrizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 8, lettera b), di tale protocollo. Tuttavia, la Commissione sarebbe autorizzata a ritenere che il rinnovo di detto diritto sia appropriato e a discostarsi in tal caso dalla posizione predefinita, sollecitando l’approvazione del Consiglio, che delibererebbe all’unanimità, al fine di non notificare la soppressione dello stesso diritto.

34.      Il Consiglio si oppone all’affermazione secondo la quale la regola del voto all’unanimità invaliderebbe integralmente il procedimento, per cui l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 costituirebbe una base giuridica derivata. Tale affermazione non terrebbe conto del fatto che il Consiglio avrebbe approvato la posizione dell’Unione richiesta dalla procedura prevista all’articolo 5, paragrafo 8, di detto protocollo, ossia che venga posto termine al diritto in questione alla scadenza del periodo in corso, e che la proroga di tale diritto derogante a tale posizione adottata a maggioranza qualificata richiederebbe una regola di voto più restrittiva.

35.      La Repubblica francese aderisce a tutte le conclusioni del Consiglio. Al pari di quest’ultimo, essa osserva che la base giuridica della decisione impugnata definirebbe un procedimento decisionale fondato sull’articolo 218, paragrafo 7, TFUE e che tale decisione attuerebbe tale procedimento.

36.      Essa ritiene, anzitutto, che le modalità di proroga del diritto in questione costituiscano effettivamente un caso di applicazione dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE. Infatti, in primo luogo, come riconosciuto dalla Commissione, il rinnovo di tale diritto costituirebbe effettivamente una modifica del protocollo sulla cooperazione culturale, ai sensi di tale disposizione. Ritenere che la proroga di detto diritto non costituisca una siffatta modifica per il fatto che essa è automatica porterebbe a privare di effetti la clausola di tale protocollo che prevede, per lo stesso diritto, una durata di validità limitata in assenza di un accordo tacito delle Parti.

37.      In secondo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il rinnovo automatico del diritto in questione si iscriverebbe in un procedimento regolato dal protocollo sulla cooperazione culturale, il quale comporterebbe la realizzazione di uno studio di valutazione da parte del comitato per la cooperazione culturale. L’interpretazione della nozione di «procedura semplificata», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, alla luce dei principi del diritto internazionale, in particolare della convenzione di Vienna del 23 maggio 1969, sul diritto dei trattati°(17), confermerebbe l’applicabilità di tale nozione nel caso di specie. Infatti, in deroga ai paragrafi 5, 6 e 9 di tale articolo, il paragrafo 7 dello stesso si applicherebbe qualora un accordo internazionale preveda clausole derogatorie per la sua modifica, a condizione che esse vadano nella direzione di una semplificazione della procedura di revisione. Orbene, il rinnovo automatico, nel silenzio delle Parti, del diritto in questione dovrebbe essere considerato rientrante in tale categoria di clausole derogatorie alla procedura di revisione di diritto ordinario degli accordi internazionali, rispetto alla quale essa apporterebbe evidentemente una semplificazione.

38.      In secondo luogo, la Repubblica francese ritiene che il dispositivo previsto all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 attui correttamente l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE nella misura in cui prevede che il Consiglio debba approvare la decisione della Commissione di non notificare la cessazione del diritto in questione. Tale decisione abiliterebbe la Commissione ad avvisare la Repubblica di Corea dell’intenzione dell’Unione di non prorogare tale diritto, senza approvazione del Consiglio. Tuttavia, qualora la Commissione decida che l’applicazione di detto diritto debba essere proseguita, essa sarebbe tenuta ad ottenere l’approvazione del Consiglio. L’abilitazione della Commissione sarebbe in tal senso corredata di condizioni specifiche, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, il che sarebbe legittimo, in quanto tale disposizione costituisce una deroga ai paragrafi 5, 6 e 9 di detto articolo. Siffatte condizioni dovrebbero essere previste alla luce dell’equilibrio istituzionale stabilito dal Trattato e, in particolare, dell’articolo 16, paragrafo 6, terzo comma, TUE. Orbene, la decisione di accettare la proroga nel tempo della validità del diritto in questione dovrebbe essere considerata parte degli atti di definizione delle politiche dell’Unione e di elaborazione dell’attività esterna di quest’ultima. Il Consiglio sarebbe dunque legittimato a prevedere, fra le condizioni specifiche, che la decisione che la Commissione può prendere, sulla base dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169, debba essere preceduta da un consenso in tal senso del Consiglio, affinché quest’ultimo sia messo nelle condizioni di verificare che il diritto in questione corrisponda sempre all’interesse dell’Unione. Il ricorso all’unanimità costituirebbe unicamente una modalità di esercizio di tale approvazione del Consiglio, la cui liceità o meno non inciderebbe sulla validità del requisito di una siffatta approvazione.

39.      In terzo ed ultimo luogo, la Repubblica francese ritiene che, in ogni caso, sotto il profilo del diritto dell’Unione, il diritto in questione non avrebbe potuto essere validamente rinnovato in forza della mera procedura di rinnovo tacito prevista dal protocollo sulla cooperazione culturale, in assenza di un atto dell’Unione che lo autorizzerebbe specificamente. Infatti, in conformità al principio dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, non spetterebbe ad un accordo internazionale determinare le procedure interne dell’Unione.

40.      Il Regno dei Paesi Bassi dichiara di condividere pienamente la posizione del Consiglio e tutti gli argomenti fatti valere a sostegno della stessa.

V.      Analisi

A.      Sul motivo unico dedotto dalla Commissione

41.      In materia di modifica di un accordo internazionale concluso dall’Unione in forza della procedura ordinaria prevista all’articolo 218, paragrafo 6, TFUE, la regola generale è quella del parallelismo delle forme, il che implica che una siffatta modifica richieda, in linea di principio, l’applicazione di questa stessa procedura ordinaria.

42.      A titolo di eccezione, l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE prevede una procedura semplificata°(18) ai fini della modifica di un accordo concluso dall’Unione, la quale è destinata a sostituirsi alla procedura ordinaria relativa alla conclusione di un siffatto accordo.

43.      Ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, «[a]ll’atto della conclusione di un accordo‚ il Consiglio‚ in deroga ai paragrafi 5, 6 e 9‚ può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’Unione le modifiche dell’accordo se quest’ultimo ne prevede l’adozione con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito dall’accordo stesso. Il Consiglio correda eventualmente questa abilitazione di condizioni specifiche».

44.      Con il suo motivo unico, la Commissione fa valere che la decisione impugnata sarebbe stata adottata erroneamente sul fondamento dell’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169, il quale costituirebbe una base giuridica derivata, non prevista dal Trattato FUE. Il Consiglio avrebbe pertanto violato il principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 13, paragrafo 2, TUE e il principio dell’equilibrio istituzionale elaborato dalla Corte nella sua giurisprudenza°(19).

45.      L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 mira a precisare le modalità e le condizioni dell’abilitazione conferita alla Commissione.

46.      Il considerando 6 della decisione 2015/2169 chiarisce che tale abilitazione è fondata sull’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, ai sensi del quale il Consiglio può abilitare la Commissione ad approvare talune modifiche di un accordo. L’oggetto di detta abilitazione è precisato al considerando 6 e all’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione. Si tratta di autorizzare la Commissione a porre termine, a nome dell’Unione, al diritto concesso alle coproduzioni, come disposto dall’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale, e ad avvisare al riguardo la Repubblica di Corea. La Commissione è dunque abilitata ad informare tale Stato dell’intenzione dell’Unione di non prolungare il periodo durante il quale è concesso il diritto in questione secondo la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 8, di tale protocollo.

47.      Ricordo, a tal riguardo, che l’articolo 5, paragrafo 8, lettera b), di detto protocollo fissa la regola secondo la quale, dopo il periodo iniziale di tre anni, il diritto concesso alle coproduzioni è rinnovato per una durata di tre anni, poi automaticamente rinnovato per altri periodi della stessa durata, salvo che una parte vi ponga termine con preavviso scritto di almeno tre mesi prima della scadenza del periodo iniziale o di uno dei periodi successivi.

48.      Dal punto di vista dell’Unione, la Commissione è dunque l’istituzione abilitata a porre fine, a nome dell’Unione, al diritto accordato alle coproduzioni che, altrimenti, è oggetto di un rinnovo automatico.

49.      Tale abilitazione di cui beneficia la Commissione è tuttavia corredata di condizioni specifiche, come previsto dall’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

50.      Infatti, come si evince dal considerando 6 della decisione 2015/2169, la Commissione è abilitata a porre termine al diritto in questione, qualora «essa non determini l’opportunità di un suo rinnovo, approvato dal Consiglio secondo una procedura specifica» ossia, in altre parole, riprendendo i termini figuranti all’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione, «salvo che il Consiglio decida, su proposta della Commissione, quattro mesi prima della scadenza del periodo in questione, di prolungarne la durata». In quest’ultimo caso, questa stessa disposizione prevede che il Consiglio deliberi all’unanimità. L’applicazione di tale «procedura specifica» è giustificata, ai sensi del considerando 6 della decisione 2015/2169, sia dal «carattere sensibile di tale elemento dell’accordo [con la Repubblica di Corea] sia dal fatto che [tale] accordo deve essere concluso dall’Unione e dai suoi Stati membri».

51.      Riepilogando, la procedura di abilitazione della Commissione descritta all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 è destinata a consentire all’Unione di porre fine, al termine di ciascun periodo di tre anni, al diritto in questione, in conformità alla possibilità prevista in tal senso a favore di ciascuna Parte dall’articolo 5, paragrafo 8, lettera b), del protocollo sulla cooperazione culturale. L’opportunità o meno di una soppressione o di un rinnovo del diritto in questione viene dunque valutata ogni tre anni nell’ambito di un procedimento svolto dalla Commissione. È solo qualora quest’ultima ritenga che il diritto in questione debba essere rinnovato che deve essere adottata una decisione del Consiglio in tal senso, all’unanimità.

52.      La decisione impugnata è, appunto, l’espressione della volontà del Consiglio di accettare la proroga del periodo di concessione del diritto in questione per una durata di tre anni, dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2023.

53.      Dal testo della decisione impugnata emerge chiaramente che essa è fondata sull’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169.

54.      Pertanto, il motivo dedotto dalla Commissione a sostegno del suo ricorso potrà essere accolto solo qualora venga accertata l’illegittimità di tale disposizione. Ciò avverrebbe nel caso in cui si dovesse concludere che la procedura da essa attuata ai fini dell’adozione di misure come la decisione impugnata si discosta da quanto autorizzato dall’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

55.      A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, «siccome le norme relative alla formazione della volontà delle istituzioni dell’Unione trovano la loro fonte nei Trattati e non sono derogabili né dagli Stati membri né dalle stesse istituzioni, solamente i Trattati possono, in casi specifici, autorizzare un’istituzione a modificare una procedura decisionale da essi prevista. Pertanto, riconoscere ad un’istituzione la facoltà di stabilire basi giuridiche derivate, che consentano l’adozione di atti legislativi o di misure di esecuzione tendendo a rendere più rigorose oppure a semplificare le modalità di adozione di un atto, equivarrebbe ad attribuire alla stessa un potere legislativo che eccede quanto previsto dai Trattati»°(20).

56.      Occorre dunque verificare se la procedura prevista all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 sia conforme all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, che essa è intesa ad attuare.

57.      A tal fine, occorre esaminare se le condizioni di applicazione dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE siano soddisfatte. Ciò implica di stabilire, anzitutto, se l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 contenga un’abilitazione della Commissione ad approvare, a nome dell’Unione, una modifica dell’accordo con la Repubblica di Corea; poi, se quest’ultimo preveda l’adozione di una siffatta modifica con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito da tale accordo e, infine, se le norme previste da tale disposizione costituiscano «condizioni specifiche», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

58.      Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 contenga un’abilitazione della Commissione ad approvare, a nome dell’Unione, una modifica dell’accordo con la Repubblica di Corea, rilevo che le parti concordano sul punto. La Commissione non fornisce spiegazioni al riguardo. Quanto al Consiglio, esso ritiene che la proroga del diritto in questione costituisca una modifica di una parte specifica e indipendente di tale accordo, osservando, in particolare, che la Commissione, nella sua qualità di negoziatrice, è abilitata a modificare questo stesso diritto ponendovi termine alla scadenza del periodo di tre anni. La Repubblica francese ritiene che il rinnovo estenda l’applicazione nel tempo delle clausole di detto accordo relative al diritto concesso alle coproduzioni e costituisca, di conseguenza, una modifica dello stesso accordo.

59.      Confesso di nutrire dubbi sulla possibilità di qualificare come «modifica dell’accordo» il rinnovo del diritto in questione, poiché il protocollo sulla cooperazione culturale fissa esso stesso il principio di un rinnovo tacito e automatico di tale diritto, salvo in caso di opposizione di una delle Parti. Orbene, la decisione impugnata non è intesa a modificare tale protocollo sul punto ma è destinata, al contrario, a reiterare, a livello dell’Unione, la volontà della stessa di proseguire la concessione del diritto in questione.

60.      Per contro, ammetto che, nella misura in cui l’abilitazione della Commissione contenuta all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 sia intesa a porre termine, a nome dell’Unione, al diritto in questione, l’attuazione di una siffatta abilitazione da parte della Commissione avrebbe come effetto di rendere privo di oggetto l’articolo 5, paragrafo 8, del protocollo sulla cooperazione culturale, nonché le disposizioni di quest’ultimo che istituiscono tale diritto; ciò esplicherebbe un effetto giuridico equivalente alla soppressione di tali disposizioni. Come richiesto dal testo dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, il quale prevede che «all’atto della conclusione di un accordo‚ il Consiglio (…) può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’Unione le modifiche dell’accordo»°(21), è dunque effettivamente analizzando la portata dell’abilitazione contenuta all’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 che occorre ritenere che una siffatta abilitazione abbia ad oggetto una modifica dell’accordo con la Repubblica di Corea. Nella fattispecie, ciò avviene nella misura in cui tale abilitazione è diretta a modificare il contenuto normativo del protocollo sulla cooperazione culturale privando potenzialmente di effetti giuridici il diritto concesso alle coproduzioni, nonché la regola secondo la quale tale diritto, in linea di principio, viene rinnovato ogni tre anni.

61.      A questo punto delle mie osservazioni, mi sembra interessante operare un parallelo con gli atti delegati disciplinati dall’articolo 290 TFUE, anche se non sostengo che l’abilitazione prevista dall’articolo 218, paragrafo 7, TFUE debba essere assimilata pienamente ad una delega ai sensi dell’articolo 290 TFUE. Ricordo che la possibilità di delegare poteri, disciplinata da tale articolo, è diretta a consentire al legislatore dell’Unione di concentrarsi sugli elementi essenziali di una normativa nonché sugli elementi non essenziali sui quali esso ritenga opportuno legiferare, affidando nel contempo alla Commissione il compito di integrare determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo adottato ovvero di modificare tali elementi nell’ambito di una delega conferita a quest’ultima°(22).

62.      Come per il ricorso agli atti delegati, l’abilitazione della Commissione ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE risponde ad obiettivi di efficacia e di rapidità, posto che l’intenzione è quella di accelerare il processo decisionale dell’Unione°(23).

63.      Può essere opportuno, al riguardo, tenendo al contempo conto delle peculiarità che caratterizzano un’abilitazione della Commissione ad approvare modifiche di un accordo internazionale, ispirarsi alla concezione accolta dalla Corte della nozione di «modifica», figurante all’articolo 290, paragrafo 1, TFUE.

64.      Secondo la giurisprudenza della Corte, dall’articolo 290, paragrafo 1, TFUE risulta che un atto legislativo può delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata generale che integrino o modifichino determinati elementi non essenziali dell’atto legislativo°(24). L’articolo 290, paragrafo 1, TFUE prevede due categorie di poteri delegati, ossia quella che consente di integrare e quella che consente di modificare l’atto legislativo°(25). La delega di un potere di modificare un atto legislativo consiste nell’autorizzare la Commissione a emendare o abrogare elementi non essenziali previsti in tale atto dal legislatore dell’Unione°(26). L’esistenza di una modifica è accertata quando alla Commissione viene conferito il potere di modificare il contenuto normativo di un atto legislativo°(27), il che può tradursi nell’inserimento di una nuova disposizione in tale atto°(28).

65.      Se si accetta di non limitare l’interpretazione della nozione di «modifiche dell’accordo», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, alla sua sola dimensione formale, considerando, sotto un profilo più sostanziale, che occorra parimenti far rientrare nell’ambito di tale nozione una situazione nella quale talune disposizioni di un accordo vengono private di effetti giuridici in caso di attuazione dell’abilitazione conferita alla Commissione, è allora possibile ritenere che l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 abiliti effettivamente tale istituzione ad approvare, a nome dell’Unione, «modifiche dell’accordo», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

66.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se l’accordo con la Repubblica di Corea preveda l’adozione delle modifiche di quest’ultimo con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito da tale accordo, occorre già escludere questa seconda ipotesi poiché il comitato per la cooperazione culturale ha unicamente come compito, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8, lettera a), del protocollo sulla cooperazione culturale, quello di coordinare, «[s]u parere dei gruppi consultivi interni, sei mesi prima della scadenza [del periodo di tre anni], (...) la valutazione dei risultati ottenuti grazie al riconoscimento di questo diritto per quanto riguarda il rafforzamento della diversità culturale e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nelle opere coprodotte». Tale comitato non è dunque incaricato di modificare detto accordo in relazione al diritto in questione. Ciò premesso, l’intervento di detto comitato sei mesi prima della scadenza di ciascun periodo di tre anni illustra il fatto che, benché il rinnovo automatico di tale diritto costituisca la regola ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 8, lettera b), di tale protocollo, detta regola non impedisce di ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, che la citata disposizione instauri effettivamente una fase procedurale ai fini del rinnovo o della soppressione di detto diritto.

67.      Inoltre, mi sembra possibile ritenere che l’accordo con la Repubblica di Corea preveda una procedura semplificata, come richiesto dall’articolo 218, paragrafo 7, TFUE, per la soppressione del diritto in questione, dal momento che è sufficiente che una Parte vi ponga termine con preavviso di almeno tre mesi prima della scadenza del periodo iniziale o di uno dei periodi successivi. Inoltre, se si dovesse ritenere, in esito a un’interpretazione particolarmente estensiva, che il rinnovo di tale diritto costituisca una modifica di siffatto accordo, cosa che non credo, è pacifico che il carattere automatico di tale rinnovo, il quale non richiede dunque alcuna iniziativa delle Parti, consentirebbe allo stesso di essere qualificato come «procedura semplificata», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

68.      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la questione se l’approvazione del Consiglio per rinnovare il diritto in questione possa essere considerata una condizione specifica che correda l’abilitazione conferita alla Commissione dall’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169, mi sembra che sia questo il caso, poiché la soppressione di tale diritto può essere evitata solo a condizione che il Consiglio, su proposta della Commissione, decida all’unanimità di rinnovare detto diritto per altri tre anni. In altri termini, l’abilitazione conferita alla Commissione al fine di pronunciare la scadenza del diritto in questione può essere attuata solo a condizione che questa stessa istituzione non decida di avviare la procedura specifica che può sfociare nell’adozione, da parte del Consiglio, di una decisione sulla proroga di tale diritto.

69.      Tuttavia, ritengo che, assoggettando il rinnovo del diritto in questione ad una siffatta procedura specifica, caratterizzata da un voto del Consiglio all’unanimità, l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 non sia conforme all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE.

70.      Ricordo che il considerando 6 di tale decisione precisa che il rinnovo del diritto in questione deve essere approvato dal Consiglio secondo una procedura specifica resa necessaria sia dal carattere delicato di tale elemento dell’accordo con la Repubblica di Corea, sia dal fatto che quest’ultimo deve essere concluso dall’Unione e dai suoi Stati membri.

71.      Se posso immaginare che il rinnovo del diritto in questione per un periodo di tre anni possa dare luogo, dal punto di vista del diritto dell’Unione, ad una decisione del Consiglio prima di ogni scadenza, mi riesce difficile immaginare, per contro, la ragione per la quale la regola di voto richiesta per l’adozione di tale decisione dovrebbe differire da quella applicata per l’adozione, da parte del Consiglio, della decisione di concludere l’accordo con la Repubblica di Corea, ossia la maggioranza qualificata. Nella misura in cui il diritto in questione e il principio secondo il quale quest’ultimo viene rinnovato automaticamente ogni tre anni sono stati oggetto di un consenso da parte dell’Unione con una decisione votata a maggioranza qualificata, ritengo che la reiterazione, da parte dell’Unione, a livello interno, del suo impegno dovrebbe, per parallelismo, essere parimenti oggetto di una decisione votata a maggioranza qualificata.

72.      Rilevo, a tal riguardo, che nulla nel testo dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE indica che la regola di voto applicabile alle decisioni relative alla procedura di abilitazione prevista da tale disposizione, inclusa la formulazione delle condizioni specifiche che corredano l’abilitazione in questione, dovrebbe discostarsi dalla regola di voto a maggioranza qualificata che costituisce il principio nell’ambito dell’articolo 218 TFUE°(29).

73.      La giurisprudenza della Corte relativa ad un’altra procedura semplificata, ossia quella prevista all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, mi sembra che vada nella stessa direzione.

74.      Quest’ultima disposizione prevede una procedura semplificata ai fini, segnatamente, della definizione della posizione da adottare a nome dell’Unione nel contesto della sua partecipazione all’adozione, in seno all’organo decisionale istituito dall’accordo internazionale interessato, di atti riguardanti l’applicazione o l’esecuzione di quest’ultimo°(30). Secondo la Corte, poiché l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non prevede «alcuna regola di voto per l’adozione da parte del Consiglio delle categorie di decisioni cui si riferisce, è con riferimento all’articolo 218, paragrafo 8, TFUE, che deve essere determinata, in ogni caso di specie, la regola di voto applicabile»°(31). Pertanto, si deve ritenere che, «in linea generale, il Consiglio deliber[i] a maggioranza qualificata e che solo nei casi indicati [al secondo comma di tale disposizione] esso deliber[i] all’unanimità. Ciò posto, la regola di voto applicabile deve, in ciascun caso di specie, essere determinata a seconda che essa rientri o meno in questi ultimi casi»°(32). Al fine di determinare, in tale contesto, se una decisione adottata nell’ambito dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE verta su un settore per il quale è richiesta l’unanimità, occorre fare riferimento alla sua base giuridica sostanziale°(33).

75.      A mio avviso, alla procedura semplificata prevista all’articolo 218, paragrafo 7, TFUE occorre applicare in via analogica il ragionamento elaborato dalla Corte in relazione alla procedura semplificata prevista all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

76.      Ne consegue che, poiché la decisione impugnata non riguarda un settore per il quale è richiesta l’unanimità°(34), la regola di voto applicabile era quella prevista all’articolo 218, paragrafo 8, primo comma, TFUE, ossia la maggioranza qualificata.

77.      Per quanto riguarda, peraltro, l’argomento secondo il quale la procedura specifica caratterizzata da un voto del Consiglio all’unanimità sarebbe giustificata in considerazione sia del carattere delicato del rinnovo del diritto in questione, sia del fatto che l’accordo con la Repubblica di Corea deve essere concluso dall’Unione e dai suoi Stati membri, esso deve, a mio avviso, essere respinto. Infatti, è ben vero che la Corte ha già riconosciuto che, «qualora risulti che la materia disciplinata da un accordo rientra, in parte, nella competenza dell’Unione e, in parte, in quella degli Stati membri, occorre garantire una stretta cooperazione tra questi ultimi e le istituzioni dell’Unione tanto nel processo di negoziazione e di stipulazione quanto nell’adempimento degli impegni assunti»°(35). Tuttavia, la Corte ha dichiarato che «tale principio non può giustificare che il Consiglio si svincoli dal rispetto delle norme procedurali e delle modalità di voto di cui all’articolo 218 TFUE»°(36).

78.      Aggiungo che, come già dichiarato dalla Corte, «[l]’adozione di fondamenti normativi derivati non può neppure essere giustificata in base a considerazioni riguardanti il carattere politicamente delicato della materia di cui trattasi o riguardanti la volontà di garantire l’efficacia di un’azione comunitaria»°(37).

79.      Per finire, occorre respingere l’argomento secondo il quale, poiché la decisione impugnata è stata adottata dal Consiglio secondo la regola dell’unanimità, essa lo sarebbe stata a fortiori a maggioranza qualificata se una siffatta regola di voto fosse stata in vigore, cosicché tale decisione non dovrebbe essere annullata per questo motivo. Tale argomento si basa sull’idea secondo la quale una decisione adottata all’unanimità soddisfa necessariamente il requisito di una maggioranza qualificata. Tuttavia, un simile ragionamento mi pare erroneo. Infatti, la regola di voto all’unanimità non poteva essere applicata, poiché essa poteva portare alla non adozione della decisione del Consiglio che autorizza il rinnovo del diritto in questione. Ne consegue, a mio avviso, che la decisione impugnata deve essere annullata per il solo fatto che essa è stata adottata secondo una regola di voto contraria all’articolo 218 TFUE°(38).

80.      Dall’insieme delle suesposte considerazioni discende che, prevedendo che, ai fini dell’adozione di una decisione sulla proroga del periodo di concessione del diritto in questione, il Consiglio deliberi all’unanimità, l’articolo 3, paragrafo 1, della decisione 2015/2169 istituisce illegittimamente modalità di adozione di misure, quale la decisione impugnata, più rigorose rispetto alla procedura che dovrebbe essere applicata a tal fine ai sensi dell’articolo 218 TFUE°(39).

81.      Ne consegue, a mio avviso, che il motivo dedotto dalla Commissione è fondato e che la decisione impugnata deve, di conseguenza, essere annullata.

B.      Sul mantenimento degli effetti della decisione impugnata

82.      Il Consiglio chiede alla Corte, nel caso in cui essa dovesse annullare la decisione impugnata, di mantenerne gli effetti sino a che venga posto rimedio ai motivi di annullamento.

83.      Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, la Corte, ove lo reputi necessario, può precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

84.      A tale proposito, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, in considerazione di ragioni di certezza del diritto, gli effetti di un tale atto possono essere conservati, in particolare, quando gli effetti immediati del suo annullamento comporterebbero conseguenze negative gravi per gli interessati°(40).

85.      Nel caso di specie, l’annullamento della decisione impugnata senza che i suoi effetti siano mantenuti potrebbe mettere in dubbio l’impegno dell’Unione in relazione alla proroga del periodo di concessione del diritto in questione per una durata di tre anni, dal 1° luglio 2020 fino al 30 giugno 2023, e ostacolare così la corretta attuazione dell’accordo con la Repubblica di Corea°(41).

86.      Di conseguenza, a mio avviso, occorrerebbe mantenere, per ragioni di certezza del diritto, gli effetti della decisione impugnata qualora la Corte, come propongo, dovesse annullare tale decisione.

VI.    Sulle spese

87.      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna del Consiglio, quest’ultimo, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

88.      Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri intervenuti nel procedimento sopportano le proprie spese. Si deve pertanto dichiarare che la Repubblica francese e il Regno dei Paesi Bassi sopportano le proprie spese.

VII. Conclusione

89.      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di:

1)      annullare la decisione (UE) 2020/470 del Consiglio, del 25 marzo 2020, concernente la proroga del periodo di concessione del diritto per le coproduzioni audiovisive di cui all’articolo 5 del protocollo sulla cooperazione culturale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra;

2)      mantenere gli effetti della decisione 2020/470;

3)      condannare il Consiglio dell’Unione europea alle spese, e

4)      dichiarare che la Repubblica francese e il Regno dei Paesi Bassi sopporteranno le proprie spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2020, L°101, pag. 1; in prosieguo: la «decisione impugnata».


3      GU 2011, L°127, pag. 1418.


4      GU 2011, L°127, pag. 6; in prosieguo: l’«accordo con la Repubblica di Corea».


5      GU 2011, L°127, pag. 1.


6      GU 2014, L°124, pag. 25.


7      GU 2015, L°307, pag. 2.


8      GU 2017, L°160, pag. 33.


9      COM(2010) 137 definitivo.


10      Essa fa riferimento, a tal riguardo, alla sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257, punti da 54 a 60 e giurisprudenza ivi citata).


11      La Commissione fa riferimento, a tal riguardo, alla sentenza del 4 settembre 2018, Commissione/Consiglio (Accordo con il Kazakhstan) (C‑244/17, EU:C:2018:662, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


12      La Commissione fa riferimento, a tal riguardo, alla sentenza del 3 giugno 2008, Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punto 42).


13      COM(2010) 136 definitivo.


14      V. nota 9 delle presenti conclusioni.


15      GU 2012, C°188°E, pag. 113.


16      La Commissione fa riferimento, a tal riguardo, alla sentenza del 4 settembre 2018, Commissione/Consiglio (Accordo con il Kazakhstan) (C‑244/17, EU:C:2018:662, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


17      Recueil des traités des Nations Unies, vol.°1155, pag. 331.


18      V. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Germania/Consiglio (C‑600/14, EU:C:2017:296, paragrafo 57). Il carattere semplificato della procedura si manifesta segnatamente tramite il fatto che l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE non prevede il coinvolgimento del Parlamento. V., a tal riguardo, Rapoport, C., «La procédure de conclusion des accords externes de l’Union européenne : quelle unité après Lisbonne ?», The European Union in the World – Essays in Honour of Marc Maresceau, Brill-Nijhoff, Leida, 2014, pagg. da 149 a 169. L’autrice rileva che «il movimento di democratizzazione resta perfezionabile nella misura in cui esso vale solo nella fase dell’elaborazione di un accordo e non si prolunga una volta che l’accordo è entrato in vigore. Che si tratti della modifica di un accordo secondo una procedura semplificata, della sospensione dell’accordo o dell’adozione di un diritto derivato da tale accordo, il Parlamento (...) beneficerà unicamente del diritto all’informazione garantito dall’[articolo 218,] paragrafo 10[, TFUE]. In questi tre settori, il Parlamento dipende dal pieno rispetto, da parte della Commissione, dell’accordo quadro [sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (GU 2010, L°304, pag. 47)] o dalla decisione meramente discrezionale del Consiglio di coinvolgerlo» (pag. 158). Occorre rilevare che la Commissione si è impegnata a tenere il Parlamento pienamente informato prima di approvare le modifiche ad un accordo, in conformità all’autorizzazione che essa ha ricevuto dal Consiglio in applicazione dell’articolo 218, paragrafo 7, TFUE: v. allegato III, punto 9, all’accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea.


19      V., segnatamente, sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257, punti da 56 a 61).


20      V., segnatamente, sentenza del 22 settembre 2016, Parlamento/Consiglio (C‑14/15 e C‑116/15, EU:C:2016:715, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


21      Il corsivo è mio.


22      V., segnatamente, sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 54).


23      V. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 9 dicembre 2009 – Attuazione dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea [COM(2009) 673 definitivo], punto 3.2, pag. 5.


24      V., segnatamente, sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


25      V., segnatamente, sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 32).


26      V., segnatamente, sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione (C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 42).


27      V., segnatamente, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 44).


28      V., segnatamente, sentenza del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio (C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 43).


29      Come rilevato dall’avvocato generale Mengozzi nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:43, paragrafo 89), «[i]l quadro procedurale per la negoziazione e la conclusione degli accordi internazionali dell’Unione è stato stabilito dal Trattato di Lisbona che ha, tra l’altro, introdotto la regola della maggioranza qualificata quale regola generale. Gli Stati membri hanno approvato e ratificato tale Trattato e sono vincolati dallo stesso. Essi non possono ignorare o contravvenire alle norme, che hanno essi stessi emanato».


30      V. sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 28).


31      Sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 29).


32      Sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 29).


33      V. sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Nella sua sentenza del 4 settembre 2018, Commissione/Consiglio (Accordo con il Kazakhstan) (C‑244/17, EU:C:2018:662, punto 30), la Corte ha insistito sulla necessità di «preservare la simmetria tra le procedure relative all’azione interna dell’Unione e le procedure relative alla sua azione esterna, nel rispetto dell’equilibrio istituzionale stabilito dai redattori dei trattati».


34      A tal riguardo, la base giuridica sostanziale da prendere in considerazione mi sembra l’articolo 167, paragrafo 3, TFUE, menzionato nella decisione 2015/2169. Ai sensi di tale disposizione, «[l]’Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura, in particolare con il Consiglio d’Europa».


35      V., segnatamente, sentenza del 28 aprile 2015, Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


36      Sentenza del 28 aprile 2015, Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282, punto 55).


37      Sentenza del 6 maggio 2008, Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257, punto 59).


38      V. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:43), nelle quali quest’ultimo ha ritenuto che non potesse sostenersi che la regola di voto prevista all’articolo 218 TFUE non sarebbe stata violata giacché l’unanimità comprende sempre la maggioranza qualificata. Facendo riferimento a quanto già rilevato dall’avvocato generale Sharpston, l’avvocato generale Mengozzi ha fatto valere che «una decisione alla quale nessuno si oppone (…) non coincide necessariamente con una decisione sulla quale può concordare una maggioranza qualificata, in quanto il contenuto di una decisione che può contare su una maggioranza qualificata potrebbe dover essere mitigato al fine dell’approvazione unanime o senza la benché minima obiezione» (paragrafo 81). V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Commissione/Consiglio (C‑114/12, EU:C:2014:224, paragrafo 189).


39      V., per un ragionamento simile, sentenza del 22 settembre 2016, Parlamento/Consiglio (C‑14/15 e C‑116/15, EU:C:2016:715, punto 72).


40      V., segnatamente, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


41      V., per analogia, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia) (C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).