Language of document : ECLI:EU:T:2023:347

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

21 giugno 2023 (*)(1)

«Dumping – Importazione di prodotti estrusi in alluminio originari della Cina – Regolamento di esecuzione (UE) 2021/546 – Istituzione di un dazio antidumping definitivo – Articolo 1, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/1036 – Definizione del prodotto di cui trattasi – Determinazione del valore normale – Articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento 2016/1036 – Relazione che constata l’esistenza di distorsioni significative nel paese esportatore – Onere della prova – Ricorso ad un paese rappresentativo – Articolo 3, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6, del regolamento 2016/1036 – Pregiudizio – Fattori e indicatori economici che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione – Diritti della difesa – Principio di buona amministrazione»

Nella causa T‑326/21,

Guangdong Haomei New Materials Co. Ltd, con sede in Qingyuan (Cina),

Guangdong King Metal Light Alloy Technology Co. Ltd, con sede in Yuan Tan Town (Cina),

rappresentate da M. Maresca, C. Malinconico, D. Guardamagna, M. Guardamagna, D. Maresca, A. Cerruti, A. Malinconico e G. Falla, avvocati,

ricorrenti,

sostenute da

Airoldi Metalli SpA, con sede in Molteno (Italia), rappresentata da M. Campa, M. Pirovano, D. Rovetta e V. Villante, avvocati,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da G. Luengo, P. Němečková e A. Spina, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Parlamento europeo, rappresentato da A. Neergaard, M. Peternel e L. Stefani, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da S. Papasavvas, presidente, R. da Silva Passos, S. Gervasoni (relatore), I. Reine e T. Pynnä, giudici,

cancelliere: P. Nuñez Ruiz, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 16 gennaio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i loro ricorsi, le ricorrenti, la Guangdong Haomei New Materials Co. Ltd e la Guangdong King Metal Light Alloy Technology Co. Ltd, chiedono, da un lato, sulla base dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento, in via principale, del regolamento di esecuzione (UE) 2021/546 della Commissione, del 29 marzo 2021, che istituisce un dazio antidumping definitivo e riscuote definitivamente il dazio provvisorio istituito sulle importazioni di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2021, L 109, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nella parte riguardante dette ricorrenti, e, in subordine, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21; in prosieguo: il «regolamento di base»), e, dall’altro lato, sulla base dell’articolo 268 TFUE, il risarcimento dei danni che esse avrebbero subito a causa dell’applicazione del regolamento impugnato e del regolamento di base.

I.      Fatti all’origine della controversia

2        Le ricorrenti sono società di diritto cinese operanti nel settore della produzione di prodotti semilavorati in alluminio, le quali producono ed esportano verso l’Unione europea prodotti estrusi in alluminio.

3        Il 3 gennaio 2020, l’associazione European Aluminium, che rappresentava più del 25% della produzione totale di estrusi in alluminio nell’Unione, ha depositato dinanzi alla Commissione europea una denuncia relativa a pratiche di dumping e al pregiudizio materiale che ne sarebbe derivato.

4        Il 14 febbraio 2020, la Commissione ha pubblicato l’avviso di apertura di un procedimento antidumping concernente le importazioni nell’Unione di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, C 51, pag. 26), a norma dell’articolo 5 del regolamento di base.

5        Il prodotto sottoposto all’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio conseguente corrispondeva a «barre, profilati (anche cavi) e tubi, non assemblati, anche predisposti per essere utilizzati nelle costruzioni (p. es. tagliati su misura, forati, curvati, smussati, filettati), realizzati in alluminio, anche non legato, con un tenore di alluminio non superiore al 99,3%». Tale prodotto includeva i prodotti comunemente denominati «estrusi in alluminio», in riferimento al loro procedimento di fabbricazione più corrente, sebbene essi potessero essere fabbricati anche mediante altri procedimenti di produzione, come la laminazione, la fucinatura o la colata.

6        L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio conseguente ha riguardato il periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019 (in prosieguo: il «periodo dell’inchiesta»). L’esame delle tendenze utili per la valutazione del pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1° gennaio 2016 e la fine del periodo dell’inchiesta (in prosieguo: il «periodo considerato»).

7        Con lettera del 26 febbraio 2020, le ricorrenti sono state incluse dalla Commissione nel campione dei produttori‑esportatori preso in considerazione nella sua analisi.

8        Il 6 aprile e il 29 maggio 2020, le ricorrenti hanno presentato osservazioni. Tra il 6 e il 29 aprile 2020, le ricorrenti hanno presentato alla Commissione i questionari di cui trattasi compilati, accompagnati dagli allegati contenenti le informazioni richieste. Il 3, il 5 e il 12 giugno 2020 hanno avuto luogo delle verifiche incrociate a distanza per l’esame dei documenti contabili presentati e per la presentazione di altri documenti.

9        A seguito di una domanda della European Aluminium, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2020/1215, del 21 agosto 2020, che dispone la registrazione delle importazioni di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, L 275, pag. 16). Il 30 settembre 2020, le ricorrenti hanno presentato un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE avverso tale regolamento di esecuzione. Con ordinanza del 22 dicembre 2021, Guangdong Haomei New Materials e Guangdong King Metal Light Alloy Technology/Commissione (T‑604/20, non pubblicata, EU:T:2021:952), il Tribunale ha constatato il non luogo a statuire su tale ricorso per il venir meno dell’interesse ad agire.

10      Il 22 settembre 2020, la Commissione ha informato le ricorrenti della possibile istituzione di un dazio antidumping provvisorio. Il 25 settembre 2020, le ricorrenti hanno presentato nuove osservazioni.

11      Il 12 ottobre 2020, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2020/1428, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di estrusi in alluminio originari della Repubblica popolare cinese (GU 2020, L 336, pag. 8; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»). Il dazio antidumping provvisorio imposto alle ricorrenti era del 30,4%.

12      Il 14 dicembre 2020, le ricorrenti hanno proposto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE avverso il regolamento provvisorio. Con l’ordinanza del 22 dicembre 2021, Guangdong Haomei New Materials e Guangdong King Metal Light Alloy Technology/Commissione (T‑725/20, non pubblicata, EU:T:2021:957), il Tribunale ha respinto tale ricorso in quanto irricevibile.

13      Il 22 dicembre 2020, la Commissione ha comunicato alle ricorrenti il documento di divulgazione finale contenente i fatti e le considerazioni da essa giudicati essenziali e sulla base dei quali essa si apprestava ad applicare dazi antidumping definitivi sulle importazioni di estrusi in alluminio originari della Cina. Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito a tale documento di divulgazione finale il 7 gennaio 2021.

14      L’8 febbraio 2021, la Commissione ha adottato un documento di divulgazione finale aggiuntiva, comunicato alle parti interessate, al fine di mettere in evidenza il fatto che, a seguito del recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione, il mercato di quest’ultima comprendeva ormai soltanto 27 Stati membri. Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito a tale documento di divulgazione finale aggiuntiva il 16 febbraio 2021.

15      Il 29 marzo 2021, la Commissione ha adottato il regolamento impugnato. L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento impugnato ha fissato l’aliquota del dazio antidumping definitivo applicato alle ricorrenti in misura pari al 21,2%.

II.    Conclusioni delle parti

16      Le ricorrenti, sostenute dalla Airoldi Metalli SpA (in prosieguo: la «Airoldi»), concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui le riguarda;

–        in subordine, annullare il regolamento di base;

–        condannare la Commissione a risarcire il danno causato dall’applicazione del regolamento di base e del regolamento impugnato;

–        condannare la Commissione alle spese.

17      La Commissione, sostenuta dal Parlamento europeo, conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso per risarcimento danni in quanto irricevibile;

–        respingere il ricorso per l’annullamento del regolamento di base in quanto irricevibile o, comunque, infondato;

–        respingere il ricorso per l’annullamento del regolamento impugnato in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

A.      Sul secondo capo delle conclusioni del ricorso, volto ad ottenere, in via subordinata, l’annullamento del regolamento di base, e sull’eccezione di illegittimità di tale regolamento

18      Con il loro secondo capo di conclusioni, le ricorrenti chiedono, in via subordinata, l’annullamento del regolamento di base.

19      La Commissione, sostenuta dal Parlamento, fa valere che tale capo di conclusioni delle ricorrenti è irricevibile in quanto tardivo.

20      Ai sensi dell’articolo 263, sesto comma, TFUE, il ricorso per annullamento deve essere proposto entro un termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto impugnato, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza. Secondo l’articolo 59 del regolamento di procedura del Tribunale, quando un termine per l’impugnazione di un atto di un’istituzione decorre dalla pubblicazione di detto atto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, tale termine dev’essere calcolato a partire dalla fine del quattordicesimo giorno successivo alla data di tale pubblicazione. A norma dell’articolo 60 del medesimo regolamento, il termine di cui sopra deve inoltre essere aumentato di un termine in ragione della distanza forfettario di dieci giorni.

21      Nel caso di specie, il regolamento di base è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 giugno 2016. Esso è stato modificato, per l’ultima volta, dal regolamento delegato (UE) 2020/1173 della Commissione, del 4 giugno 2020, che modifica il regolamento di base e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea per quanto riguarda la durata del periodo di comunicazione preventiva (GU 2020, L 259, pag. 1), pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2020.

22      Ne consegue che le conclusioni intese all’annullamento del regolamento di base, formulate nell’atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 giugno 2021, non sono state presentate entro i termini previsti dall’articolo 263, sesto comma, TFUE e dal regolamento di procedura, e sono dunque irricevibili.

23      Le ricorrenti sostengono nondimeno nella replica che le loro conclusioni intese all’annullamento del regolamento di base dovrebbero essere considerate come fondate su un’eccezione di illegittimità sollevata nei confronti del regolamento di base a titolo dell’articolo 277 TFUE. Infatti, nell’atto introduttivo del giudizio, esse avrebbero fatto valere che l’intero regolamento di base era inapplicabile alla luce dei principi stabiliti dal diritto primario dell’Unione e dal diritto internazionale.

24      Nel caso di specie, come giustamente rilevato dalla Commissione, non risulta dal ricorso introduttivo del giudizio che le ricorrenti abbiano sollevato un’eccezione di illegittimità del regolamento di base. I punti del ricorso introduttivo che nella replica vengono richiamati come pertinenti menzionano unicamente il fatto che, se anche l’asserita illegittimità alla luce dei principi del diritto internazionale non vizia il regolamento impugnato, essa «ricade sul regolamento di base».

25      Ne consegue che l’eccezione di illegittimità sollevata dalle ricorrenti è stata fatta valere soltanto nella replica. Orbene, il quadro della controversia viene definito dal ricorso introduttivo del giudizio ed un’eccezione di illegittimità è irricevibile al momento della replica (v. sentenza del 27 settembre 2005, Common Market Fertilizers/Commissione, T‑134/03 e T‑135/03, EU:T:2005:339, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

26      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre respingere in quanto irricevibile l’eccezione di illegittimità del regolamento di base sollevata dalle ricorrenti, senza che sia necessario pronunciarsi sulla portata del mandato alle liti dei rappresentanti delle ricorrenti stesse.

B.      Sul terzo capo delle conclusioni del ricorso, volto ad ottenere il risarcimento del danno che le ricorrenti avrebbero subito a causa dell’applicazione del regolamento impugnato e del regolamento di base

27      Con il loro terzo capo di conclusioni, le ricorrenti chiedono il risarcimento del danno che esse avrebbero subito a causa dell’applicazione del regolamento impugnato e del regolamento di base.

28      La Commissione ribatte che il ricorso introduttivo del giudizio non contiene alcun argomento relativo ad una presunta violazione degli articoli 268 e 340 TFUE. Le ricorrenti non avrebbero dimostrato l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione da parte della Commissione, né l’esistenza di un danno o di un nesso di causalità. L’azione per il risarcimento del danno sarebbe dunque irricevibile.

29      Come risulta dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in virtù dell’articolo 53, primo comma, di detto Statuto, nonché dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, l’atto introduttivo del giudizio deve segnatamente indicare i motivi e gli argomenti fatti valere e contenere un’esposizione sommaria di tali motivi. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per permettere alla parte convenuta di preparare la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso. Al fine di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, occorre, perché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali quest’ultimo si fonda risultino, almeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, EU:T:2011:619, punto 212 e la giurisprudenza ivi citata).

30      Più in particolare, per soddisfare tali requisiti, un atto introduttivo inteso al risarcimento di danni asseritamente causati da un’istituzione dell’Unione deve contenere gli elementi che permettano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita a tale istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che sussista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito, nonché il carattere e l’entità di tale danno (v. sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE, T‑79/13, EU:T:2015:756, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

31      Orbene, nel caso di specie, il ricorso introduttivo non contiene alcuna argomentazione relativa al terzo capo di conclusioni, e neppure una qualche indicazione riguardo al danno che le ricorrenti avrebbero subito o al nesso di causalità tra questo eventuale danno e il comportamento addebitato alla Commissione.

32      Pertanto, come giustamente fatto valere dalla Commissione, il terzo capo di conclusioni, inteso al risarcimento del danno asseritamente subito dalle ricorrenti, deve essere respinto in quanto irricevibile.

C.      Sul primo capo delle conclusioni del ricorso, volto ad ottenere l’annullamento del regolamento impugnato nella parte riguardante le ricorrenti

33      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono cinque motivi, che possono essere riassunti, in sostanza, come segue:

–        il primo, relativo ad una violazione del principio di buona amministrazione e ad uno sviamento di potere;

–        il secondo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa e ad errori commessi dalla Commissione nella definizione del prodotto di cui trattasi, nella determinazione dell’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese, nella determinazione del paese rappresentativo e nella determinazione del valore normale;

–        il terzo, relativo ad errori commessi dalla Commissione là dove ha concluso per l’esistenza di un pregiudizio per l’industria dell’Unione e di un nesso di causalità;

–        il quarto e il quinto, relativi ad una violazione del diritto internazionale, dei diritti fondamentali delle ricorrenti e della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).

1.      Sul primo motivo, relativo ad una violazione del principio di buona amministrazione e ad uno sviamento di potere

34      Il primo motivo verte, in sostanza, su una violazione del principio di buona amministrazione sancito dall’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché su uno sviamento di potere.

35      Più precisamente, le ricorrenti fanno valere che il diritto ad una buona amministrazione impone alla Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. In primo luogo, esse sostengono che la Commissione non ha effettuato una propria analisi dei vari elementi, bensì ha fatto proprie le motivazioni della denuncia della European Aluminium, in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di base. In secondo luogo, i margini di dumping, stabiliti senza alcuna prova del dumping, sarebbero completamente irrealistici. In terzo luogo, le informazioni contenute nell’avviso di apertura dell’inchiesta sarebbero insufficienti ed errate e le ricorrenti lo avrebbero segnalato alla Commissione, come risulterebbe dagli allegati del ricorso introduttivo del giudizio. Orbene, la Commissione non ne avrebbe tenuto conto. In quarto luogo, il metodo di calcolo utilizzato non potrebbe essere applicato ai fini della determinazione dei prezzi medi e il dumping ed il pregiudizio non sarebbero stati correttamente accertati, come risulterebbe anche dai dati di Eurostat prodotti in allegato al ricorso introduttivo. Ne conseguirebbe che l’inchiesta condotta dalla Commissione sarebbe incompleta e che il regolamento impugnato sarebbe viziato da uno sviamento di potere.

36      A questo proposito, occorre ricordare, come risulta dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al Tribunale in virtù dell’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, nonché dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, che l’atto introduttivo del giudizio deve segnatamente indicare i motivi e gli argomenti fatti valere nonché contenere un’esposizione sommaria di detti motivi. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per permettere alla parte convenuta di preparare la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso. Al fine di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, occorre, perché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali questo si fonda risultino, almeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso. Se certo il testo dell’atto introduttivo può essere suffragato e integrato, su punti specifici, mediante il rinvio ad estratti di documenti ad esso allegati, un rinvio globale ad altri documenti, seppur allegati al ricorso introduttivo, non può ovviare all’assenza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, che devono figurare nell’atto introduttivo (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» ed ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, EU:T:2011:619, punto 212 e la giurisprudenza ivi citata).

37      Pertanto, qualsiasi motivo di ricorso che non sia sufficientemente articolato nell’ambito dell’atto introduttivo del giudizio deve essere considerato irricevibile. Analoghi requisiti devono essere rispettati quando una censura viene invocata a sostegno di un motivo di ricorso. Un motivo può anche essere dichiarato parzialmente irricevibile nel caso in cui l’atto introduttivo non contenga alcun argomento o alcuna censura relativi ad una presunta violazione di una disposizione (v. sentenza del 15 ottobre 2020, Zhejiang Jiuli Hi‑Tech Metals/Commissione, T‑307/18, non pubblicata, EU:T:2020:487, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata).

38      Nel caso di specie, in primo luogo, le ricorrenti non spiegano quali sono le motivazioni della denuncia della European Aluminium che la Commissione avrebbe fatto proprie senza procedere ad una propria analisi, né in cosa consisterebbe la violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento di base.

39      In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha fornito alcuna prova del dumping. Orbene, esse non spiegano per quale ragione gli elementi di prova considerati dalla Commissione nella sezione 3 del regolamento provvisorio e nella medesima sezione del regolamento impugnato non sono sufficienti per suffragare l’esistenza di un dumping, né per quale motivo i margini di dumping adottati sono errati, ed esse non fanno neppure riferimento ad una presunta violazione del principio di buona amministrazione.

40      In terzo luogo, le ricorrenti, da un lato, non spiegano perché le informazioni contenute nell’avviso di apertura di un procedimento antidumping sarebbero insufficienti e quali sarebbero le informazioni errate e, dall’altro, effettuano un riferimento generico a tre allegati dell’atto introduttivo dai quali risulterebbe che la Commissione non avrebbe tenuto conto delle loro censure. Orbene, questi elementi non sono sufficienti per permettere al Tribunale di statuire su questa parte del ricorso e il riferimento agli allegati non può ovviare all’assenza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto.

41      In quarto luogo, le ricorrenti non spiegano perché il metodo di calcolo del prezzo medio non sarebbe utilizzabile e per quale ragione da ciò conseguirebbe che il dumping e il pregiudizio derivante da quest’ultimo non sono stati correttamente accertati. Esse non operano neppure il collegamento tra tale censura e una presunta violazione del principio di buona amministrazione o uno sviamento di potere. Il riferimento generico ad uno degli allegati dell’atto introduttivo del giudizio non può ovviare all’assenza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto.

42      È giocoforza constatare che gli argomenti invocati dalle ricorrenti nel primo motivo di ricorso devono essere respinti in quanto irricevibili, come giustamente sostenuto dalla Commissione.

43      Pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere respinto.

2.      Sul secondo motivo, relativo ad una violazione dei diritti della difesa e ad errori commessi dalla Commissione nella definizione del prodotto di cui trattasi, nella determinazione dellesistenza di distorsioni significative sul mercato cinese, nella determinazione del paese rappresentativo e nella determinazione del valore normale

44      Il secondo motivo di ricorso è suddiviso in sette parti, riguardanti, in sostanza, la prima, una violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti, la seconda e la terza, da esaminarsi congiuntamente, errori nella definizione del prodotto di cui trattasi, la quarta, errori nella determinazione dell’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese, la quinta e la sesta, da esaminarsi congiuntamente, una scelta inappropriata della Turchia quale paese rappresentativo e, la settima, una determinazione errata del valore normale.

a)      Sulla violazione dei diritti della difesa

45      Nell’ambito della prima parte del secondo motivo, le ricorrenti fanno valere che, a seguito del documento di divulgazione finale del 7 gennaio 2021, esse hanno chiesto informazioni alla Commissione, ma quest’ultima avrebbe rifiutato di fornirgliele.

46      Più precisamente, le ricorrenti chiariscono che esse hanno chiesto, mediante le loro osservazioni in merito al documento di divulgazione finale del 7 gennaio 2021 e nel rispetto dei termini procedurali, informazioni concernenti i prezzi di alcuni prodotti dell’industria dell’Unione sul mercato dell’Unione utilizzati dalla Commissione nel proprio calcolo, richiesta che non ha ricevuto alcuna risposta. Esse avrebbero perciò chiesto una verifica in data 19 febbraio 2021, richiesta respinta dalla Commissione in quanto tardiva. Attraverso le medesime osservazioni, le ricorrenti avrebbero altresì chiesto i dati dettagliati e i rapporti ricevuti da Eurostat e dalle autorità doganali nazionali facenti riferimento al volume complessivo delle importazioni di prodotti estrusi originari della Cina e ai loro prezzi medi, nonché i dati relativi alla produzione e ai consumi dell’Unione. Le informazioni richieste dalle ricorrenti non sarebbero riservate. Esse sarebbero essenziali per capire come la Commissione sia giunta alla conclusione dell’esistenza di un dumping e per provare che tale dumping non esisteva.

47      A questo proposito, occorre ricordare che il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione [v. sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata]. Le prescrizioni inerenti al rispetto dei diritti della difesa si impongono non soltanto nell’ambito di procedure che possono concludersi con l’inflizione di sanzioni, ma anche nel contesto delle procedure di inchiesta che precedono l’adozione di regolamenti antidumping, che possono pregiudicare le imprese interessate in maniera diretta e individuale e comportare per esse conseguenze sfavorevoli (v. sentenza del 10 marzo 2009, Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP/Consiglio, T‑249/06, EU:T:2009:62, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata).

48      In virtù di tale principio, le imprese oggetto di una procedura di inchiesta precedente all’adozione di un regolamento antidumping devono essere messe in condizione, nel corso del procedimento amministrativo, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze addotti e sugli elementi di prova utilizzati dalla Commissione per constatare l’esistenza di una pratica di dumping e del pregiudizio che ne deriverebbe (v. sentenza del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).

49      Nel caso di specie, le ricorrenti imputano alla Commissione di non aver comunicato loro informazioni concernenti i prezzi di alcuni prodotti dell’industria dell’Unione sul mercato dell’Unione utilizzati da detta istituzione nel proprio calcolo, nonché i dati dettagliati e i rapporti ricevuti da Eurostat e dalle autorità doganali nazionali con l’indicazione del volume complessivo delle importazioni di prodotti estrusi originari della Cina e dei loro prezzi medi, nonché i dati relativi alla produzione e ai consumi dell’Unione.

50      Tale argomentazione non può essere accolta. Come giustamente sottolineato dalla Commissione, le ricorrenti erano a conoscenza di tali dati dopo la comunicazione di un documento relativo al metodo utilizzato, inviato il 22 settembre 2020. La Commissione ha altresì presentato al Tribunale i calcoli dettagliati del margine di dumping, i dati concernenti i consumi dell’Unione e i dati relativi alle importazioni, comunicati alle ricorrenti in allegato al documento di divulgazione finale il 22 dicembre 2020, nonché i calcoli degli effetti delle sotto‑quotazioni per il gruppo al quale appartengono le ricorrenti, comunicati alle ricorrenti in allegato al documento di divulgazione finale aggiuntiva, l’8 febbraio 2021.

51      Inoltre, la Commissione ha risposto alle osservazioni delle ricorrenti durante l’inchiesta amministrativa con le quali si sottolineavano differenze tra i dati e i metodi utilizzati (v. considerando 195 del regolamento impugnato) ed ha chiarito, al considerando 196 del regolamento impugnato, che le differenze attenevano al fatto che, in effetti, il metodo di calcolo del valore normale ai fini della determinazione del dumping e il metodo di calcolo del prezzo non pregiudizievole utilizzato per determinare il margine sufficiente per eliminare il pregiudizio causato all’industria dell’Unione erano differenti. Al considerando 270 del regolamento impugnato, la Commissione ha inoltre risposto alle osservazioni delle ricorrenti concernenti il metodo di calcolo del pregiudizio e la fonte dei dati utilizzati ed ha chiarito che il metodo di calcolo del pregiudizio era rimasto lo stesso, con la sola differenza che i dati provenienti dal Regno Unito erano stati esclusi dal conteggio.

52      Talune allegazioni contenute nell’atto introduttivo sembrano censurare la Commissione per non aver comunicato alle ricorrenti l’origine dei dati utilizzati. Tuttavia, le ricorrenti non spiegano in che modo la comunicazione dell’origine dei dati fosse necessaria per la difesa dei loro interessi, dato che i dati stessi erano stati comunicati loro e che la Commissione aveva risposto alle loro censure.

53      Alla luce di quanto sopra esposto, non consta in alcun modo che la Commissione abbia omesso di comunicare alle ricorrenti i dati necessari al fine di metterle in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze addotti e sugli elementi di prova da essa utilizzati, come richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 48 supra.

54      Pertanto, la prima parte del secondo motivo di ricorso deve essere respinta.

b)      Sulla definizione del prodotto di cui trattasi 

55      Nell’ambito della seconda e della terza parte del motivo, le ricorrenti imputano alla Commissione di aver ritenuto che i prodotti estrusi in alluminio provenienti dalla Cina fossero un unico e medesimo prodotto. La Commissione si sarebbe avvalsa di una tecnica erronea, la valutazione di tipo «fisico-chimico», ed avrebbe ecceduto i limiti del proprio margine di discrezionalità definendo il prodotto in questione. Esse affermano che producono migliaia di tipi di prodotti estrusi in alluminio e che, per tale ragione, occorre procedere a delle distinzioni, in quanto il gruppo al quale esse appartengono è attivo in nicchie di mercato non coperte dai produttori dell’Unione.

56      A questo proposito, occorre rilevare come dall’articolo 1 del regolamento di base, intitolato «Principi», e che, al suo paragrafo 1, prende in considerazione «qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio», risulti che l’inchiesta antidumping riguarda un prodotto specifico. Tale «prodotto considerato» è stato definito dalle istituzioni dell’Unione al momento dell’apertura di detta inchiesta. Inoltre, l’articolo 1, paragrafo 4, del citato regolamento definisce il «prodotto simile» come un prodotto identico, vale a dire simile sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato, oppure, in mancanza di un tale prodotto, un altro prodotto che, pur non essendo simile sotto tutti gli aspetti, abbia caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato.

57      Secondo una consolidata giurisprudenza, la definizione del prodotto di cui trattasi nell’ambito di un’inchiesta antidumping mira a contribuire all’elaborazione dell’elenco dei prodotti che, eventualmente, verranno assoggettati ai dazi antidumping. Ai fini di questa operazione, le istituzioni possono tener conto di vari fattori, quali, segnatamente, le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la percezione che di essi ha il consumatore, i canali di distribuzione, il processo di fabbricazione, i costi di produzione e la qualità (sentenze del 13 settembre 2010, Whirlpool Europe/Consiglio, T‑314/06, EU:T:2010:390, punto 138, e dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑444/11, EU:T:2014:773, punto 329).

58      Ne consegue che prodotti non identici possono, a certe condizioni, essere raggruppati sotto la medesima definizione del prodotto di cui trattasi ed essere oggetto, congiuntamente, di un’inchiesta antidumping. Il regolamento di base di per sé non impone che la nozione di «prodotto considerato» riguardi necessariamente un prodotto inteso come un insieme omogeneo e composto di prodotti simili (v., per analogia, sentenza del 17 marzo 2016, Portmeirion Group, C‑232/14, EU:C:2016:180, punto 42). La definizione del «prodotto considerato», al momento dell’avvio dell’inchiesta, non vieta alle istituzioni dell’Unione di suddividere tale prodotto in tipi o in modelli di prodotti distinti e di fondarsi su raffronti tra il prezzo del prodotto sul mercato dell’Unione e il prezzo delle importazioni, modello per modello o tipo per tipo (v., per analogia, sentenza del 5 aprile 2017, Changshu City Standard Parts Factory e Ningbo Jinding Fastener/Consiglio, C‑376/15 P e C‑377/15 P, EU:C:2017:269, punto 59).

59      Inoltre, un’allegazione secondo cui il prodotto di cui trattasi è mal definito dovrebbe basarsi su argomenti che dimostrino o che le istituzioni hanno mal valutato i fattori da esse reputati pertinenti, o che l’applicazione di altri fattori più pertinenti imponeva di restringere la definizione del prodotto in questione (sentenza del 13 settembre 2010, Whirlpool Europe/Consiglio, T‑314/06, EU:T:2010:390, punto 141).

60      In tale contesto di controllo, occorre prendere in considerazione il fatto che, nel settore delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale a causa della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che esse devono esaminare (v. sentenza del 18 ottobre 2018, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio, C‑100/17 P, EU:C:2018:842, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata). A questo proposito, poiché è già stato statuito che la determinazione del prodotto simile rientrava nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale riconosciuto alle istituzioni ed era dunque soggetta ad un controllo limitato, il medesimo approccio deve essere seguito per quanto riguarda la verifica della fondatezza della determinazione del prodotto di cui trattasi [sentenza del 10 ottobre 2012, Gem-Year e Jinn‑Well Auto‑Parts (Zhejiang)/Consiglio, T‑172/09, non pubblicata, EU:T:2012:532, punto 62].

61      Nondimeno, come giustamente sottolineato dalle ricorrenti, il potere discrezionale della Commissione a questo proposito non è illimitato. Le valutazioni della Commissione sono soggette al controllo del Tribunale, il quale verte, in tale contesto, sulla verifica del rispetto delle norme giuridiche applicabili, sull’esattezza materiale dei fatti utilizzati per compiere la scelta contestata, sull’assenza di un errore manifesto nella valutazione di tali fatti, o sull’assenza di uno sviamento di potere (v. sentenza del 17 dicembre 2008, HEG e Graphite India/Consiglio, T‑462/04, EU:T:2008:586, punto 120 e la giurisprudenza ivi citata).

62      Occorre dunque verificare se, nel caso di specie, la Commissione abbia ecceduto i limiti del suo ampio potere discrezionale considerando quali prodotti interessati «barre, profilati (anche cavi) e tubi; non assemblati; anche predisposti per essere utilizzati nelle costruzioni (p. es. tagliati su misura, forati, curvati, smussati, filettati); realizzati in alluminio, anche non legato, con un tenore di alluminio non superiore al 99,3%», comunemente chiamati «estrusi in alluminio» (v. considerando 38 e 40 del regolamento provvisorio, confermati dal considerando 94 del regolamento impugnato, salve le informazioni supplementari fornite ai considerando da 90 a 93 di quest’ultimo). La Commissione ha sottolineato che il prodotto in questione doveva essere trattato come un unico e medesimo prodotto (considerando 56 e 197 del regolamento impugnato).

63      La Commissione ha giustificato tale scelta, nel considerando 56 del regolamento impugnato, chiarendo che i prodotti inclusi nella definizione del prodotto in questione presentavano caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche di base identiche a quelle di quest’ultimo prodotto.

64      Occorre rilevare, riguardo al metodo utilizzato per la definizione del prodotto in questione, che la Commissione ha precisato, ai considerando 56 e 69 del regolamento impugnato, che, se alcuni prodotti estrusi potevano essere utilizzati unicamente per un’applicazione specifica, ciò era dovuto al fatto che tali prodotti erano concepiti su misura e fabbricati espressamente per l’uso al quale essi erano destinati. La Commissione ha tenuto conto del fatto che la prassi commerciale aveva stabilito un certo numero di distinzioni, segnatamente tra le leghe dure e quelle leggere, i profilati di taglia media e quelli di taglia grande, i profilati standard e quelli speciali, e i prodotti estrusi destinati ad un’applicazione specifica. Tuttavia, se numerosi produttori sono presenti in vari di questi segmenti, essi operano però in base alle caratteristiche tecniche dei loro macchinari ed alle esigenze dei loro diversi clienti. Per quanto riguarda più precisamente le leghe, la Commissione ha concluso dopo l’inchiesta che esisteva un certo numero di leghe di alluminio e che diverse leghe potevano essere adatte per una determinata applicazione. La Commissione ha preso in considerazione l’argomento presentato da varie parti secondo cui doveva operarsi una distinzione di mercato in base ai criteri summenzionati. Malgrado tutto, tenuto conto dell’assenza di una demarcazione netta o di un criterio distintivo tra i diversi prodotti, che giustificasse un’analisi per segmento, la Commissione ha concluso che la valutazione del dumping e del pregiudizio doveva essere effettuata a livello dell’industria dell’Unione nel suo insieme, esaminando tutti i tipi di prodotti estrusi in alluminio congiuntamente e garantendo la buona confrontabilità dei prodotti in questione.

65      Al considerando 61 del regolamento impugnato, la Commissione ha ricordato che essa non aveva negato la complessità di numerosi prodotti estrusi in alluminio, ivi compresi quelli del settore ferroviario, né il fatto che diversi tipi di prodotti potevano presentare delle caratteristiche, delle utilizzazioni ovvero un processo di produzione specifici differenti, che essi potevano soddisfare specifiche di prodotti differenti, o che l’intercambiabilità poteva non essere universale tra ciascuno di questi tipi di prodotti. Le informazioni fornite in merito alle specificità dei diversi tipi di prodotti non avevano permesso di smentire il fatto che i tipi considerati presentavano le medesime caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base, indipendentemente dal settore nel quale essi erano utilizzati. Oltre a ciò, al considerando 197 del regolamento impugnato, la Commissione ha evidenziato che l’industria dell’Unione era attiva sul mercato delle leghe dure e delle leghe leggere, dei profilati di taglia media e di taglia grande, dei profilati standard e dei profilati speciali e subiva la concorrenza delle importazioni di prodotti cinesi costituenti l’oggetto di un dumping per tutti questi tipi di prodotti. Essa ha altresì sottolineato che tanto i produttori dell’Unione quanto i produttori cinesi potevano fabbricare diversi tipi di prodotti e decidere di concentrarsi su alcuni di essi allorché le condizioni del mercato lo permettevano.

66      Dalla verifica dell’analisi della Commissione risulta che quest’ultima ha tenuto conto di vari fattori pertinenti ai sensi della giurisprudenza citata al punto 57 supra, quali, segnatamente, le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la domanda da parte dei clienti e il processo di fabbricazione.

67      Inoltre, le ricorrenti non hanno dimostrato, in conformità della regola secondo cui l’onere della prova incombe alla parte ricorrente, la quale deve proporre elementi di prova concludenti a sostegno della propria allegazione (v. sentenza del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punto 127 e la giurisprudenza ivi citata), che la Commissione avesse mal valutato i fattori da essa reputati pertinenti, né quali altri fattori più pertinenti avrebbero dovuto essere presi in considerazione. Il fatto che i prezzi delle ricorrenti fossero conformi o superiori ai prezzi dei produttori dell’Unione, anche a supporlo dimostrato, è privo di rilevanza ai fini di tale analisi.

68      Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione nella definizione del prodotto di cui trattasi. Pertanto, la seconda e la terza parte del secondo motivo di ricorso devono essere respinte.

c)      Sullesistenza di distorsioni significative sul mercato cinese

69      Le ricorrenti, sostenute dalla Airoldi, fanno valere che la Commissione ha assoggettato i loro prodotti a dazi antidumping compensativi sulla base di un’analisi vaga e ipotetica, fondata sul documento di lavoro della Commissione sulle distorsioni significative nell’economia della Repubblica popolare cinese del 20 dicembre 2017 [SWD(2017) 483 final/2; in prosieguo: la «relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese»], e avrebbe ignorato gli elementi di prova che esse hanno presentato. Orbene, gli esportatori dovrebbero poter essere ascoltati e dimostrare l’assenza di distorsioni nel loro caso.

70      La Airoldi contesta per parte sua la legittimità della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, utilizzata dalla Commissione, la quale non rispetterebbe i requisiti fissati dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base.

71      La Commissione sostiene che la contestazione della legittimità della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese da parte della Airoldi è irricevibile, in quanto essa non è stata sollevata dalle ricorrenti.

72      A questo proposito, occorre ricordare che la determinazione del valore normale di un prodotto costituisce una delle tappe essenziali destinate a permettere di accertare l’esistenza di un eventuale dumping. L’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento di base prevede, al riguardo, che «[i]l valore normale è di norma basato sui prezzi pagati o pagabili, nel corso di normali operazioni commerciali, da acquirenti indipendenti nel paese esportatore».

73      Occorre altresì constatare che, per quanto riguarda la determinazione del valore normale, risulta tanto dalla formulazione quanto dall’economia sistematica di tale disposizione che, in linea di principio, quello che deve essere preso prioritariamente in considerazione al fine di stabilire il valore normale è il prezzo realmente pagato o pagabile nel corso di normali operazioni commerciali (sentenza del 1° ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20). Infatti, in virtù dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, si può derogare a tale principio soltanto quando sia accertato che non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno del paese esportatore a causa dell’esistenza, in tale paese, di distorsioni significative (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 1° ottobre 2014, Consiglio/Alumina, C‑393/13 P, EU:C:2014:2245, punto 20).

74      L’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base definisce il concetto di «distorsioni significative» come le «distorsioni che si verificano quando i prezzi o i costi dichiarati, ivi compresi i costi delle materie prime e dell’energia, non sono il risultato delle forze del libero mercato in quanto influenzati da un intervento pubblico sostanziale», e contiene un elenco indicativo di fattori che possono essere presi in considerazione nell’analisi dell’esistenza di distorsioni siffatte.

75      L’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base dispone quanto segue:

«Se la Commissione ha indicazioni fondate dell’eventuale sussistenza di distorsioni significative di cui alla lettera b) in un determinato paese o un determinato settore di tale paese, e ove opportuno per l’applicazione efficace del presente regolamento, la Commissione elabora, rende pubblica e aggiorna periodicamente una relazione che descrive le condizioni di mercato di cui alla lettera b) in tale paese o settore. Tali relazioni e gli elementi di prova su cui esse si basano sono inseriti nel fascicolo di qualsiasi inchiesta relativa a quel paese o settore. Le parti interessate hanno ampie possibilità di confutare, integrare[, richiamare] o presentare osservazioni sulla relazione e gli elementi di prova su cui essa si basa in ciascuna inchiesta nella quale siano utilizzati tale relazione o tali elementi di prova. Nel valutare l’esistenza di distorsioni significative, la Commissione tiene conto di tutti i pertinenti elementi di prova presenti nel fascicolo dell’inchiesta».

76      Il concetto di «distorsioni significative» e il metodo di calcolo del valore normale allorché tali distorsioni esistono nel paese esportatore sono stati introdotti nel regolamento di base dal regolamento (UE) 2017/2321 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che modifica il regolamento di base e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell’Unione europea (GU 2017, L 338, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di modifica del regolamento di base»).

77      Risulta dalle disposizioni dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base che, quando la Commissione redige una relazione che descrive la situazione del mercato in un paese esportatore, essa tiene conto, nell’analisi dell’esistenza di distorsioni significative, dei fattori menzionati all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del medesimo regolamento.

78      A questo proposito, occorre rilevare che l’ampio potere discrezionale di cui dispongono le istituzioni dell’Unione nel settore delle misure di difesa commerciale in ragione della complessità delle situazioni economiche e politiche che esse devono esaminare (v. sentenza del 18 ottobre 2018, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio, C‑100/17 P, EU:C:2018:842, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata) riguarda anche la determinazione dell’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base, nonché la decisione di redigere la relazione prevista dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), di detto regolamento. Lo stesso vale per le situazioni di fatto, nonché di ordine giuridico e politico, che si manifestano nel paese in questione e che le istituzioni dell’Unione debbono valutare per stabilire se un esportatore agisce nelle condizioni del mercato senza un significativo intervento dello Stato (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑443/11, EU:T:2014:774, punto 163 e la giurisprudenza ivi citata).

79      Tuttavia, sebbene, nel settore delle misure di difesa commerciale e, in particolare, delle misure antidumping, il giudice dell’Unione non possa intervenire nella valutazione riservata alle autorità dell’Unione, spetta però ad esso assicurarsi che le istituzioni interessate abbiano tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti ed abbiano valutato gli elementi del fascicolo con tutta la diligenza necessaria (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑443/11, EU:T:2014:774, punto 164 e la giurisprudenza ivi citata).

80      Conformemente all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base, la relazione sulla situazione del mercato in un paese e le prove sulle quali essa è fondata vengono inserite nel fascicolo dell’inchiesta. Al fine di analizzare l’esistenza delle distorsioni significative, la Commissione tiene conto dell’insieme degli elementi di prova pertinenti inseriti nel fascicolo dell’inchiesta, ivi compresi quelli invocati dalle parti interessate. Interpretata alla luce del considerando 7 del regolamento di modifica del regolamento di base, tale disposizione significa che, per valutare l’esistenza di distorsioni significative in un paese terzo, la Commissione deve tener conto di tutti gli elementi utili relativi alla situazione del mercato interno degli esportatori e dei produttori di questo paese che siano stati inseriti nel fascicolo e a proposito dei quali le parti interessate abbiano avuto la possibilità di formulare osservazioni. Qualora dalla relazione contemplata dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base, dimessa in atti, risulti che esistono distorsioni significative sul mercato interno nel paese in questione, la Commissione deve mettere tali esportatori e produttori in condizione di contestare tali constatazioni e può pervenire ad una conclusione in ordine a tale questione soltanto dopo aver debitamente esaminato gli elementi che essi adducono per dimostrare segnatamente che i loro prezzi e i loro costi sul mercato interno non sono falsati.

81      Pertanto, nel sistema istituito dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, le constatazioni compiute nella relazione prevista da tale disposizione possono, se del caso, determinare come conseguenza che l’onere della prova contraria venga addossato sul produttore che intende essere riconosciuto quale impresa i cui prezzi sul mercato interno non sono falsati. Spetta tuttavia alla Commissione, in ogni caso, valutare se gli elementi forniti dal produttore siano sufficienti a questo scopo e al giudice dell’Unione verificare se detta valutazione non sia viziata da un errore manifesto (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑443/11, EU:T:2014:774, punto 165 e la giurisprudenza ivi citata).

82      Inoltre, discende dal principio di buona amministrazione, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, che l’onere della prova che può così incombere ai produttori‑esportatori in virtù dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base non deve essere irragionevole (v., per analogia, sentenza dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑443/11, EU:T:2014:774, punto 166 e la giurisprudenza ivi citata).

83      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti e della Airoldi concernenti l’analisi della Commissione riguardo all’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese.

84      In primo luogo, occorre esaminare gli argomenti della Airoldi secondo cui la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, rivestendo la forma di un semplice documento di lavoro dei servizi della Commissione, non rispetterebbe i requisiti imposti dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base.

85      La Commissione sostiene che questi argomenti della Airoldi sono irricevibili, in quanto esulano dai limiti della controversia quali definiti dai motivi di ricorso e dalle domande delle ricorrenti.

86      A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 142, paragrafo 1, del regolamento di procedura stabilisce che le conclusioni formulate nell’istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione, totale o parziale, alle conclusioni di una delle parti principali.

87      Secondo la giurisprudenza, una parte ammessa ad intervenire in una controversia non può modificare l’oggetto di quest’ultima così come circoscritto dalle conclusioni e dai motivi formulati dalle parti principali. Ne consegue che soltanto gli argomenti di un interveniente che si collochino nel quadro definito da tali conclusioni e da tali motivi sono ricevibili (sentenza del 7 ottobre 2014, Germania/Consiglio, C‑399/12, EU:C:2014:2258, punto 27). Anche se, ai sensi dell’articolo 145, paragrafo 2, lettera b), del regolamento di procedura, la memoria di intervento deve contenere i motivi e gli argomenti dedotti dalla parte interveniente, ciò non significa che quest’ultima sia libera di invocare motivi nuovi, distinti da quelli invocati dalla parte ricorrente. Infatti, tale disposizione si inserisce nell’ambito dei limiti fissati dal procedimento di intervento e deve essere letta alla luce dell’articolo 142 di tale regolamento, da cui risulta che l’intervento può avere come oggetto soltanto l’adesione, totale o parziale alle conclusioni di una delle parti, che esso è accessorio alla controversia principale e che la parte interveniente accetta di assumere la causa nello stato in cui essa si trova all’atto del suo intervento (sentenza del 10 novembre 2016, DTS Distribuidora de Televisión Digital/Commissione, C‑449/14 P, EU:C:2016:848, punto 121).

88      Inoltre, nella causa decisa dalla sentenza del 13 marzo 2019, Polonia/Parlamento e Consiglio (C-128/17, EU:C:2019:194), il cui oggetto era l’annullamento di una direttiva, lo Stato membro parte ricorrente sosteneva che era stato privato delle informazioni necessarie per partecipare utilmente all’iter procedimentale che aveva condotto all’adozione della direttiva impugnata. Uno Stato membro parte interveniente aveva sostenuto, dal canto suo, che il procedimento legislativo non era stato condotto in conformità del regolamento interno del Consiglio dell’Unione europea a causa della comunicazione tardiva di alcune informazioni e di alcuni documenti. La Corte ha statuito che gli argomenti così addotti dallo Stato membro parte interveniente non si collocavano all’interno del quadro definito dalle conclusioni e dai motivi formulati dalla parte principale, a sostegno della quale l’intervento aveva avuto luogo, e che essi erano dunque irricevibili (sentenza del 13 marzo 2019, Polonia/Parlamento e Consiglio, C‑128/17, EU:C:2019:194, punti da 78 a 80).

89      Spetta dunque al Tribunale, per decidere in merito alla ricevibilità degli argomenti invocati dalla Airoldi, verificare che essi si collochino all’interno del quadro definito dalle conclusioni e dai motivi formulati dalle ricorrenti, a sostegno delle quali essa interviene.

90      Nel caso di specie, con i suoi argomenti, dei quali la Commissione contesta la ricevibilità, la Airoldi mette in discussione la conformità della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base. In primo luogo, la Airoldi fa valere che la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese è un semplice documento di lavoro dei servizi della Direzione generale (DG) «Commercio» della Commissione, che non sembra essere stato oggetto di una qualche procedura di approvazione da parte del collegio dei membri di tale istituzione. Si tratterebbe di un atto amministrativo interno dei servizi della DG «Commercio» della Commissione, che non sarebbe stato sottoposto a revisione da parte degli altri servizi della Commissione. In secondo luogo, detta relazione non sarebbe stata oggetto di una «pubblicazione», conformemente alle prescrizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), del regolamento di base, in quanto essa sarebbe stata pubblicata unicamente in inglese sul sito Internet della DG «Commercio» della Commissione. In terzo luogo, essa non sarebbe stata neppure aggiornata e i dati citati risalirebbero al 2017.

91      All’udienza, la Airoldi ha precisato che, mediante tale argomentazione, essa contestava la legittimità della procedura di elaborazione della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese. Essa ha sostenuto che detta relazione era un atto di portata generale irregolare nella sua genesi e che gli argomenti da essa addotti dovevano essere interpretati come volti a sostenere un’eccezione di illegittimità ai sensi dell’articolo 277 TFUE.

92      Mediante tali argomenti, la Airoldi deduce in realtà un motivo nuovo a sostegno della censura riguardante il calcolo del valore normale figurante nel regolamento impugnato. Invero, le ricorrenti, nell’ambito della prima parte del primo motivo e della quarta parte del secondo motivo, rimettono in discussione le conclusioni della Commissione, fondate sulla relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, ed esse sostengono altresì, mediante la settima parte del loro secondo motivo, che la Commissione ha proceduto ad una determinazione erronea del valore normale sulla base di detta relazione. Tuttavia, esse non sollevano alcun motivo attinente, in via di eccezione, al fatto che la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese alla quale esse più volte fanno riferimento sarebbe viziata da illegittimità. In particolare, al punto 115 dell’atto introduttivo, esse rimettono unicamente in discussione la mancanza, in tale relazione, di un’analisi approfondita delle condizioni da esse stesse praticate.

93      All’udienza, le ricorrenti hanno precisato che, a loro avviso, la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese non aveva alcun effetto giuridico. Esse hanno affermato che non contestavano la legittimità di detta relazione.

94      Ne consegue che gli argomenti della Airoldi riguardano un aspetto del regolamento impugnato che non è stato contestato dalle ricorrenti, vale a dire la legittimità della procedura di elaborazione della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, sulla base della quale è stato adottato il regolamento impugnato. Orbene, l’argomentazione delle ricorrenti, riguardando unicamente l’utilizzazione di detta relazione, si fonda sulla premessa secondo cui tale relazione è valida. Ne consegue che il motivo dedotto dalla Airoldi non si colloca all’interno del quadro definito dalle conclusioni e dai motivi formulati dalle ricorrenti.

95      Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Airoldi nel corso dell’udienza, un’eccezione di illegittimità quale quella dedotta nel caso di specie non può essere esaminata d’ufficio dal Tribunale, in quanto essa non costituisce un motivo di ordine pubblico.

96      Pertanto, il presente motivo sollevato dalla Airoldi e gli argomenti addotti a suo sostegno sono irricevibili e vanno respinti in quanto tali.

97      In secondo luogo, occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti secondo cui la Commissione le avrebbe assoggettate a dazi antidumping compensativi in ragione di una valutazione globale sfavorevole dell’economia cinese e sulla base di un’analisi vaga e ipotetica, fondata sulla relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese. Il procedimento sarebbe basato su fatti generici e probabili e l’inchiesta condotta che le riguarda non sarebbe fondata su fatti, bensì su idee preconcette.

98      A questo proposito, occorre ricordare che, come si è rilevato ai punti 78 e 80 supra, da un lato, la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nella determinazione dell’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base e, dall’altro, essa deve tener conto di tutti gli elementi utili relativi alla situazione del mercato interno degli esportatori e produttori del paese interessato e offrire la possibilità a tali esportatori e produttori di dimostrare in maniera convincente che i loro prezzi e i loro costi sul mercato interno non sono falsati.

99      Nel caso di specie, al considerando 139 del regolamento impugnato, la Commissione ha dichiarato di aver riscontrato l’esistenza di distorsioni significative nel settore dei prodotti in questione, sicché l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base era appropriata. A questo proposito, essa ha rinviato, alla sezione 3.2.1 del regolamento provvisorio, all’analisi dell’esistenza in Cina di distorsioni significative nel settore dell’alluminio, che comprende il prodotto in questione.

100    Più precisamente, nel regolamento provvisorio, la Commissione ha analizzato punto per punto i diversi fattori di cui bisogna in particolare tener conto, a norma dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera b), del regolamento di base, vale a dire l’esistenza di un mercato costituito in ampia misura da imprese che sono di proprietà od operano sotto il controllo, la supervisione strategica o l’orientamento delle autorità del paese di esportazione (considerando da 98 a 104 del regolamento provvisorio), una presenza dello Stato nelle imprese che consente alle autorità di influire sulla formazione dei prezzi o sui costi (considerando da 105 a 112 del regolamento provvisorio), l’esistenza di misure o politiche pubbliche discriminatorie che favoriscono i fornitori nazionali o influenzano in qualsiasi altro modo il libero gioco delle forze del mercato (considerando da 113 a 135 del regolamento provvisorio), l’assenza, l’applicazione discriminatoria o l’esecuzione inadeguata delle leggi in materia di fallimento, imprese o proprietà (considerando da 136 a 140 del regolamento provvisorio), l’esistenza di una distorsione dei costi salariali (considerando 141 e 142 del regolamento provvisorio) e l’esistenza di un accesso al finanziamento concesso da istituzioni che perseguono obiettivi di politica pubblica o che altrimenti non agiscono in maniera indipendente dallo Stato (considerando da 143 a 153 del regolamento provvisorio). La Commissione ne ha dedotto, tenuto conto anche dell’assenza di cooperazione da parte delle autorità pubbliche cinesi, che non era opportuno utilizzare, nel caso di specie, i prezzi e i costi sul mercato interno per stabilire il valore normale (considerando 157 del regolamento provvisorio).

101    Nella sua analisi, la Commissione ha preso in considerazione la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, versata in atti (considerando 73 del regolamento provvisorio), nonché gli studi e i rapporti contenuti nella denuncia della European Aluminium (considerando 74 del regolamento impugnato), vale a dire un rapporto sulle sovracapacità in Cina, pubblicato dalla Camera di Commercio dell’Unione in Cina, il documento dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) intitolato «Measuring distortions in international markets: the aluminium value chain» (Misurare le distorsioni sui mercati internazionali: la catena del valore dell’alluminio) (OECD Trade Policy Papers, n. 218, Parigi) e il regolamento di esecuzione (UE) 2019/915 della Commissione, del 4 giugno 2019, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di alcuni tipi di fogli di alluminio in rotoli originari della Repubblica popolare cinese in seguito a un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base (GU 2019, L 146, pag. 63). Risulta da vari considerando e note a piè di pagina del regolamento provvisorio che la Commissione ha anche tenuto conto di vari dati disponibili, provenienti dalle agenzie di stampa, da documenti e da siti Internet cinesi, nonché di un documento di lavoro del Fondo monetario internazionale (FMI) intitolato «Risolvere il problema di indebitamento delle imprese cinesi» (WP/16/203) (considerando da 91 a 156 del regolamento provvisorio).

102    Le autorità pubbliche cinesi non hanno formulato osservazioni, né hanno fornito elementi idonei ad invalidare gli elementi di prova esistenti nel fascicolo al momento dell’avvio del procedimento e la Commissione le ha informate della propria intenzione di far uso dell’articolo 18 del regolamento di base, che permette di elaborare conclusioni sulla base dei dati disponibili (considerando 66 e 76 del regolamento provvisorio).

103    Le ricorrenti hanno formulato osservazioni in proposito prima dell’adozione del regolamento provvisorio (considerando 77 del regolamento provvisorio) nonché osservazioni relative al regolamento provvisorio (considerando 95 e 96 del regolamento impugnato).

104    Risulta dall’analisi dei diversi aspetti del mercato cinese, dalla varietà delle fonti di dati disponibili passati in rassegna, che non si limitano alla relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, e dalle conclusioni tratte da tali fonti che la Commissione, lungi dall’accontentarsi di un’analisi vaga e ipotetica come sostengono le ricorrenti, ha fondato le proprie conclusioni relative all’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese su un’analisi obiettiva dei dati disponibili pertinenti, ha esaminato con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti del caso di specie e non ha ecceduto i limiti dell’ampio potere discrezionale che le riconosce la giurisprudenza in materia (v. punto 77 supra).

105    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che l’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese non può considerarsi automaticamente dimostrata per tutti gli esportatori interessati. Le parti interessate avrebbero il diritto di essere ascoltate al fine di provare l’assenza di distorsioni per quanto le riguarda. La Commissione avrebbe ignorato gli elementi di prova da esse presentati.

106    Per prima cosa, la Commissione non avrebbe preso in considerazione il fatto che i loro prezzi sul mercato europeo sarebbero in linea con quelli dei produttori europei, che il metodo di calcolo del prezzo medio dei prodotti estrusi europei sarebbe manifestamente erroneo e che le quote del mercato pertinente in Europa sarebbero state modificate.

107    Tuttavia, come sottolinea giustamente la Commissione e come le ricorrenti hanno riconosciuto all’udienza, i prezzi praticati da queste ultime sul mercato europeo non sono pertinenti ai fini del calcolo del valore normale, che è fondato sui prezzi nel paese esportatore (articolo 2, paragrafo 1, del regolamento di base) oppure sui costi di produzione o di vendita corrispondenti in un paese rappresentativo appropriato [articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base]. I prezzi praticati dalle ricorrenti sul mercato europeo non sono pertinenti neppure per la determinazione dell’esistenza di distorsioni significative ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, del regolamento di base, per la quale il criterio pertinente consiste, nel caso di specie, nel sapere se il settore dei prodotti estrusi in alluminio sia pregiudicato da distorsioni significative sul mercato cinese.

108    Tali argomenti devono dunque essere respinti.

109    In secondo ordine, le ricorrenti sostengono di aver dimostrato che esse non hanno beneficiato di condizioni privilegiate per i finanziamenti ottenuti durante il periodo dell’inchiesta, né di politiche preferenziali, e presentano dei dati riguardanti il tasso di interesse per i loro finanziamenti durante questo periodo. La Commissione non avrebbe preso in considerazione tali elementi nel considerando 103 del regolamento impugnato.

110    Tuttavia, dalla lettura del considerando 103 del regolamento impugnato risulta che la Commissione ha preso in considerazione l’esistenza di prestiti concessi da banche statali e non il tasso di interesse di tali prestiti. Infatti, il tasso di interesse, pur trattandosi di una variabile importante, non è che uno degli elementi da prendere in considerazione quando si tratta di stabilire l’esistenza di finanziamenti vantaggiosi. Possono essere determinanti anche altre considerazioni, quali le condizioni di accesso ai finanziamenti, le condizioni di solvibilità delle entità finanziate e i termini di trattamento e di pagamento. L’argomentazione delle ricorrenti, limitata ai tassi di interesse applicati ai loro finanziamenti, non è dunque sufficiente per invalidare il ragionamento della Commissione.

111    Quale terzo aspetto, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dato loro l’occasione di dimostrare che i loro prezzi non sono oggetto di distorsioni.

112    A questo proposito, è sufficiente constatare che, come risulta dai punti 10 e 13 supra, le ricorrenti hanno avuto l’occasione di presentare le loro osservazioni sull’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese sia prima dell’adozione del regolamento provvisorio che prima dell’adozione del regolamento impugnato. Inoltre, dalla lettura di tali regolamenti si evince che una parte delle sezioni dedicate all’analisi dell’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese è consacrata alle risposte fornite agli argomenti delle ricorrenti.

113    Pertanto, le ricorrenti sono state messe in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista in merito all’esistenza e alla rilevanza dei fatti e delle circostanze fatti valere e agli elementi di prova assunti dalla Commissione a fondamento della propria conclusione riguardante le distorsioni significative sul mercato cinese. Esse d’altronde non adducono alcun elemento che non sarebbe stato possibile per loro far valere e che esse non avrebbero avuto l’occasione di sottoporre alla Commissione [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 42].

114    Inoltre, le ricorrenti non presentano in modo più dettagliato i presunti elementi di prova, diversi da quelli esaminati ai punti da 106 a 110 supra, che la Commissione non avrebbe preso in considerazione. Pertanto, tale argomento non è sufficientemente preciso per permettere alla parte convenuta di preparare la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, e deve essere respinto perché irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punti 166 e 167 e la giurisprudenza ivi citata).

115    Come quarto aspetto, all’udienza le ricorrenti hanno aggiunto che esse non sono state consultate in occasione dell’elaborazione della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, il che implicherebbe che la sua utilizzazione nel loro caso sarebbe viziata da una violazione dei loro diritti della difesa.

116    A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la presentazione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che tali motivi siano fondati su elementi di diritto e di fatto emersi nel corso del procedimento o che essi costituiscano l’ampliamento di un motivo precedentemente formulato, in maniera diretta o implicita, nel ricorso introduttivo del giudizio e presentino con esso uno stretto collegamento [v. sentenza del 7 novembre 2019, Intas Pharmaceuticals/EUIPO – Laboratorios Indas (INTAS), T‑380/18, EU:T:2019:782, punto 26 (non pubblicata) e la giurisprudenza ivi citata]. Secondo la giurisprudenza, l’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura è applicabile anche alle censure o agli argomenti. Inoltre, la genericità dell’intitolazione di un motivo di ricorso fatto valere nell’ambito dell’atto introduttivo del giudizio non può giustificare lo sviluppo, in una fase successiva del procedimento, di argomenti specifici non presentanti un collegamento sufficientemente stretto con gli argomenti sollevati in tale atto introduttivo (v. sentenza del 14 luglio 2021, AQ/eu‑LISA, T-164/19, non pubblicata, EU:T:2021:456, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata).

117    Nel caso di specie, occorre constatare che non risulta in alcun modo dal ricorso introduttivo che con esso venisse dedotta una violazione dei diritti della difesa, quale descritta al punto 115 supra. Inoltre, come si è detto ai punti da 92 a 94 supra, le ricorrenti non hanno, nei loro scritti difensivi, rimesso in discussione la legittimità della procedura di elaborazione della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese.

118    In ogni caso, da un lato, il regolamento di base non prevede la consultazione dei produttori esportatori del paese terzo riguardato dalla relazione prevista dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera c), di detto regolamento ai fini dell’elaborazione di tale relazione, la quale costituisce un documento di portata generale e che può essere applicato a varie fattispecie. Dall’altro lato, i diritti delle ricorrenti sono stati pienamente rispettati allorquando si è trattato di applicare la relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese, come risulta dai punti 103 e 105 supra.

119    Di conseguenza, l’argomento addotto dalle ricorrenti all’udienza, che deve considerarsi nuovo e dunque irricevibile, deve, in ogni caso, essere respinto perché infondato.

120    Pertanto, occorre respingere tali argomenti delle ricorrenti e, con essi, l’intera quarta parte del secondo motivo di ricorso.

d)      Sulla scelta della Turchia quale paese rappresentativo

121    In primo luogo, nell’ambito della quinta e della sesta parte del loro motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha erroneamente concluso per l’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese, che, in ogni caso, non le riguardano. Di conseguenza, secondo le ricorrenti, detta istituzione avrebbe erroneamente fatto riferimento ad un paese rappresentativo per il calcolo del valore normale. Inoltre, non vi sarebbe stata alcuna discussione in contraddittorio sulla scelta del paese rappresentativo.

122    A questo proposito, occorre constatare che gli argomenti delle ricorrenti riguardo alla conclusione della Commissione in merito all’esistenza di distorsioni significative sul mercato cinese sono stati respinti nell’ambito dell’esame della terza parte di tale motivo di ricorso e della quarta parte del secondo motivo. Inoltre, come essa fa valere, la Commissione ha pubblicato, il 16 marzo 2020, una prima nota al fascicolo sulle fonti utilizzate per la determinazione del valore normale, mediante la quale, sulla scorta dei criteri orientativi per la scelta di prezzi o valori di riferimento non falsati, essa ha identificato diversi potenziali paesi rappresentativi. La Commissione ha raccolto osservazioni su questa prima nota e ne ha pubblicata una seconda il 25 giugno 2020, nella quale ha risposto alle osservazioni ed ha informato le parti interessate che intendeva selezionare la Turchia come paese rappresentativo.

123    Poiché le ricorrenti non invocano al riguardo ulteriori argomenti nell’ambito della presente parte del motivo, dette allegazioni devono essere respinte.

124    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che la scelta della Turchia come paese rappresentativo è erronea.

125    A questo proposito, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base stabilisce che, qualora sia accertato che non è opportuno utilizzare i prezzi e i costi sul mercato interno del paese esportatore a causa dell’esistenza nel suddetto paese di distorsioni significative, il valore normale è calcolato esclusivamente in base a costi di produzione e di vendita che rispecchino prezzi o valori di riferimento esenti da distorsioni. A questo scopo, la Commissione può utilizzare come fonti di informazione, segnatamente, i corrispondenti costi di produzione e di vendita in un paese rappresentativo appropriato, con un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore.

126    Tale disposizione è stata inserita nel regolamento di base dal regolamento di modifica del regolamento di base, che ha altresì sostituito le disposizioni del vecchio articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del medesimo regolamento, secondo le quali «un paese terzo ad economia di mercato [era] opportunamente selezionato, tenendo debitamente conto di tutte le informazioni attendibili di cui si disponga al momento della scelta». Risulta dal loro tenore letterale che l’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base e il vecchio articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del medesimo regolamento perseguono un identico obiettivo, vale a dire stabilire il metodo di calcolo del valore normale nel caso di importazioni in provenienza da paesi i cui prezzi e costi sul mercato interno non possono essere presi in considerazione a causa delle condizioni di mercato nel paese in questione. Tuttavia, queste due disposizioni hanno una formulazione differente, il che significa, come giustamente sottolineato dalla Commissione, che la giurisprudenza che interpretava il vecchio articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base può essere trasposta soltanto in parte ai fini dell’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base. Infatti, quest’ultima disposizione introduce una definizione differente del paese rappresentativo, che deve essere «appropriato» e avere «un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore». Per quanto riguarda i dati da prendere in considerazione, questa stessa disposizione precisa che si tratta dei dati «pertinenti», purché essi siano disponibili. Viene introdotto anche un criterio di graduazione tra più paesi rappresentativi appropriati, in quanto si precisa che la preferenza, per la scelta del paese rappresentativo, deve andare ai paesi «con un livello adeguato di protezione sociale e ambientale».

127    Ciò premesso, una consolidata giurisprudenza afferma che le istituzioni dell’Unione godono di un ampio margine di discrezionalità nella determinazione del valore normale per paesi che non hanno un’economia di mercato (v. sentenza del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punto 126 e la giurisprudenza ivi citata), e che la scelta del paese analogo a questo scopo si iscrive anch’essa nell’ambito dell’ampio potere discrezionale di cui godono le istituzioni dell’Unione nel settore della politica commerciale comune, in ragione della complessità delle situazioni economiche e politiche che esse devono esaminare (v. sentenza del 29 luglio 2019, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione, C‑436/18 P, EU:C:2019:643, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata). Tale giurisprudenza si applica anche all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, il quale però limita il margine di discrezionalità della Commissione nella misura in cui il paese prescelto deve avere un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore.

128    La giurisprudenza ha altresì statuito che occorreva verificare se la Commissione non avesse omesso di prendere in considerazione elementi essenziali o pertinenti al fine di stabilire il carattere adeguato del paese prescelto e se gli elementi del fascicolo fossero stati esaminati con tutta la diligenza necessaria per potersi ritenere che il valore normale del prodotto in questione fosse stato determinato in maniera appropriata e non irragionevole (v. sentenze del 10 settembre 2015, Fliesen‑Zentrum Deutschland, C‑687/13, EU:C:2015:573, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata, e del 23 aprile 2018, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione, T‑675/15, non pubblicata, EU:T:2018:209, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata; v. anche, in tal senso, sentenza del 29 maggio 1997, Rotexchemie, C‑26/96, EU:C:1997:261, punti 23 e 24). Tale giurisprudenza può essere trasposta a situazioni in cui l’esistenza di distorsioni significative nel paese esportatore giustifica l’utilizzazione dei dati in provenienza da un paese rappresentativo appropriato per il calcolo del valore normale, che implica altresì l’esame di situazioni economiche e politiche complesse.

129    Inoltre, come risulta dall’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base, i giudici dell’Unione devono assicurarsi che la Commissione non abbia omesso di prendere in considerazione elementi essenziali al fine di stabilire il carattere adeguato del paese prescelto. A tal fine, incombe a dette istituzioni, tenendo conto delle altre possibilità che si presentano, trovare un paese terzo che abbia un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore. Qualora alla luce dei dati agevolmente disponibili sia ipotizzabile la scelta di più paesi, la Commissione procede ad un’analisi comparativa di questi diversi paesi e accorda la preferenza a quelli che applicano un livello adeguato di protezione sociale e ambientale.

130    Nel caso di specie, la Commissione ha pubblicato, il 16 marzo 2020, una prima nota al fascicolo sulle fonti utilizzate per la determinazione del valore normale, mediante la quale, sulla scorta dei criteri di orientamento per la scelta di prezzi o valori di riferimento non falsati, essa ha identificato i seguenti potenziali paesi rappresentativi: Brasile, Colombia, Ecuador, Repubblica islamica d’Iran, Kazakistan, Malesia, Mauritius, Messico, Montenegro, Russia, Serbia, Sri Lanka, Tailandia e Turchia (considerando 35 e 161 del regolamento provvisorio). A seguito delle osservazioni da essa ricevute, la Commissione ha informato le parti interessate, con una nota del 25 giugno 2020, che essa aveva l’intenzione di scegliere la Turchia come paese rappresentativo (considerando 37 e 164 del regolamento provvisorio). I criteri per selezionare il paese rappresentativo erano, in primo luogo, un livello di sviluppo economico simile a quello della Cina, in secondo luogo, il fatto che il prodotto sottoposto all’inchiesta fosse fabbricato in tale paese e, in terzo luogo, la disponibilità dei dati pubblici pertinenti in tale paese (considerando 159 del regolamento provvisorio). La Commissione ha ricordato che la preferenza sarebbe stata accordata, eventualmente, al paese con un livello adeguato di protezione sociale e ambientale (considerando 159 del regolamento provvisorio). Dopo aver esaminato le osservazioni delle parti interessate a seguito del documento di divulgazione finale, la Commissione ha confermato, al considerando 152 del regolamento impugnato, la scelta della Turchia come paese rappresentativo.

131    In tale contesto, tenuto conto del fatto che l’onere della prova incombe alla parte ricorrente, la quale deve proporre elementi di prova concludenti a sostegno della propria allegazione (v. sentenza del 19 settembre 2019, Zhejiang Jndia Pipeline Industry/Commissione, T‑228/17, EU:T:2019:619, punto 127 e la giurisprudenza ivi citata), occorre verificare se le ricorrenti abbiano addotto elementi di prova idonei a dimostrare che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione scegliendo la Turchia come paese rappresentativo.

132    Le ricorrenti sostengono che la Commissione si è allineata alla European Aluminium allorché ha scelto la Turchia come paese rappresentativo. Esse sostengono che tale scelta non tiene conto del numero di abitanti della Cina e della Turchia e della domanda interna che, a causa del principio dell’economia di scala, implicherebbe che l’aumento della produzione comporta la diminuzione dei costi fissi. Secondo le ricorrenti, tale scelta non rispetta i criteri stabiliti dalla giurisprudenza precedente, secondo la quale incombe alle istituzioni dell’Unione, tenendo conto delle altre possibilità che si offrono, cercare di trovare un paese terzo in cui il prezzo di un prodotto simile si forma in circostanze il più possibile paragonabili a quelle del paese di esportazione, purché si tratti di un paese ad economia di mercato (sentenza del 10 settembre 2015, Fliesen‑Zentrum Deutschland, C‑687/13, EU:C:2015:573, punto 49).

133    A questo proposito, occorre rilevare che la giurisprudenza invocata dalle ricorrenti concerne la scelta di un «paese terzo ad economia di mercato» in virtù del vecchio articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Pertanto, non tutti i parametri fissati dalla sentenza del 10 settembre 2015, Fliesen‑Zentrum Deutschland (C-687/13, EU:C:2015:573), possono essere automaticamente trasposti come tali all’articolo 2, paragrafo 6 bis, lettera a), del regolamento di base. Più precisamente, quest’ultima disposizione esige che il paese rappresentativo appropriato presenti «un livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore», e non che esso sia un paese ad economia di mercato, e prevede un parametro supplementare, relativo all’applicazione di un livello adeguato di protezione sociale e ambientale. Ne consegue che il criterio che deve attualmente essere rispettato è il livello di sviluppo economico analogo a quello del paese esportatore. È rispettando tale criterio che la parte essenziale della giurisprudenza relativa al vecchio articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base rimane applicabile, vale a dire che la Commissione deve fondarsi su un paese terzo in cui il prezzo di un prodotto simile si forma in circostanze il più possibile paragonabili a quelle del paese di esportazione, in conformità al dovere di diligenza gravante sulla Commissione in virtù della giurisprudenza citata al punto 127 supra.

134    La Commissione ha fondato la propria scelta della Turchia come paese rappresentativo sui criteri indicati al punto 130 supra. Tra questi criteri, il primo è il livello di sviluppo economico analogo a quello della Cina. La Commissione ha chiarito, al considerando 159 del regolamento provvisorio, che essa aveva utilizzato dei paesi presentanti un reddito nazionale lordo simile a quello della Cina fondandosi sulla base dati della Banca mondiale. Essa ha precisato, al considerando 151 del regolamento impugnato, che la Turchia presentava lo stesso livello di sviluppo della Cina secondo la classificazione della Banca mondiale (reddito medio superiore) e costituiva dunque un paese rappresentativo. Essa ha altresì preso in considerazione il fatto che l’inchiesta aveva rivelato che i prodotti estrusi in alluminio costituiti dai due tipi di leghe, leggere e dure, erano prodotti in Turchia.

135    Le ricorrenti non contestano il fatto che la Turchia mostra un livello di sviluppo simile a quello della Cina. La loro argomentazione fondata su un argomento attinente all’economia di scala, relativo al fatto che la Cina avrebbe un numero di abitanti superiore alla Turchia e che la domanda interna sarebbe differente, non può invalidare le conclusioni della Commissione. Da un lato, non risulta assolutamente dal regolamento di base che la Commissione debba prendere in considerazione la popolazione dei paesi allorché essa sceglie il paese rappresentativo. Dall’altro, poiché la Cina è il paese con la popolazione più numerosa al mondo, sarebbe irragionevole pretendere dalla Commissione che scelga quale paese rappresentativo un paese con una popolazione equivalente. Per la stessa ragione, neppure l’argomento delle ricorrenti concernente la domanda interna e l’economia di scala può essere accettato.

136    Pertanto, le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione sia incorsa in un errore manifesto di valutazione nella scelta della Turchia come paese rappresentativo.

137    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la scelta del paese di riferimento è viziata da un difetto di motivazione. La Commissione non avrebbe precisato perché il prezzo praticato dai produttori turchi citati nel regolamento provvisorio potrebbe essere un elemento di raffronto e non avrebbe chiarito il processo di formazione del prezzo di tali imprese. Inoltre, la Commissione non avrebbe motivato nel regolamento impugnato la comparabilità della Turchia quale paese rappresentativo e non avrebbe tenuto conto delle loro osservazioni per quanto riguarda la differenza di tipologie e di quantitativi di prodotti fabbricati.

138    Secondo una consolidata giurisprudenza, il difetto di motivazione o l’insufficienza di quest’ultima costituiscono un motivo attinente alla violazione delle forme sostanziali, distinto, in quanto tale, dal motivo concernente l’inesattezza delle motivazioni della decisione, il cui controllo rientra nell’esame della fondatezza di tale decisione [sentenze del 19 giugno 2009, Qualcomm/Commissione, T‑48/04, EU:T:2009:212, punto 175, e del 18 ottobre 2016, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑351/13, non pubblicata, EU:T:2016:616, punto 110]. La motivazione richiesta dall’articolo 296, secondo comma, TFUE deve far apparire in modo chiaro e inequivoco il ragionamento seguito dall’istituzione, autrice dell’atto, in modo da permettere agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al giudice competente di esercitare il proprio controllo [sentenze del 30 settembre 2003, Eurocoton e a./Consiglio, C‑76/01 P, EU:C:2003:511, punto 88, e del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 129 (non pubblicata)].

139    Per contro, le istituzioni non sono tenute a rispondere, nella motivazione del regolamento provvisorio o definitivo, a tutti i punti in fatto e in diritto invocati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo (v. sentenza del 25 ottobre 2011, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, T‑192/08, EU:T:2011:619, punto 256 e la giurisprudenza ivi citata).

140    In tale contesto, occorre osservare che la Commissione ha proceduto, ai considerando da 159 a 165 del regolamento provvisorio e ai considerando da 142 a 152 del regolamento impugnato, ad un’esposizione chiara e inequivoca dei criteri pertinenti per scegliere il paese rappresentativo e delle ragioni che hanno condotto alla scelta della Turchia. Infatti, la Commissione ha anzitutto esposto i criteri utilizzati (considerando 159 del regolamento provvisorio), ha indicato l’elenco dei potenziali paesi rappresentativi (considerando 161 del regolamento provvisorio), ha chiarito la procedura di consultazione con le parti interessate (considerando da 160 a 163 del regolamento provvisorio e considerando 143 e 144 del regolamento impugnato) ed ha spiegato perché le osservazioni di alcune parti interessate non potevano essere accolte (considerando 163 e 164 del regolamento provvisorio e da 145 a 151 del regolamento impugnato). La Commissione ha così chiarito che i due tipi di leghe, leggere e dure, erano prodotti in Turchia (considerando 164 del regolamento provvisorio), che l’unione doganale non poteva fare della Turchia un paese rappresentativo non appropriato (considerando 147 del regolamento impugnato), che la Turchia era il paese rappresentativo più appropriato sulla base dei dati disponibili concernenti le norme ambientali e sociali (considerando 148 del regolamento impugnato) e che la Turchia aveva lo stesso livello di sviluppo della Cina secondo la classificazione della Banca mondiale (considerando 151 del regolamento impugnato).

141    Inoltre, l’argomento secondo cui la Commissione avrebbe ignorato le osservazioni delle ricorrenti per quanto riguarda la differenza di tipologie e di quantitativi dei prodotti fabbricati tende a rimettere in discussione la fondatezza del regolamento impugnato. Detto argomento è stato respinto ai punti 51 e da 56 a 68 supra.

142    Pertanto, tenuto conto del fatto che le istituzioni non sono tenute a rispondere a tutti i punti in fatto e in diritto invocati dagli interessati nel corso del procedimento amministrativo, le ricorrenti non possono imputare alla Commissione una violazione dell’obbligo di motivazione.

143    Pertanto, occorre respingere tali argomenti delle ricorrenti e la quinta e la sesta parte del secondo motivo di ricorso nella loro interezza.

e)      Sulla determinazione del valore normale

144    Nell’ambito della settima parte del secondo motivo di ricorso, le ricorrenti censurano la Commissione per aver stabilito il valore normale in maniera non corretta e incomprensibile.

145    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha imposto loro dazi antidumping all’esito di un’inchiesta insufficiente, sulla sola base della relazione relativa alle distorsioni significative sul mercato cinese e della denuncia dell’EA, senza dimostrare che esse ricavassero un vantaggio dalla situazione economica in Cina e ignorando le informazioni da loro fornite, segnatamente il tasso di interesse che esse pagavano per i loro prestiti bancari.

146    A questo proposito, è sufficiente ricordare che tali allegazioni delle ricorrenti sono già state respinte nell’ambito dell’esame della quarta parte del secondo motivo di ricorso (v. punti da 97 a 120 supra).

147    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che alcuni valori come le spese di trasporto sono costruiti in maniera arbitraria e sono errati e che, ad oggi, i costi di spedizione e di trasporto sono nettamente più elevati che nel corso degli anni precedenti, un aumento essenzialmente dovuto a talune previsioni delle compagnie marittime.

148    Anche questo argomento delle ricorrenti deve essere respinto. Infatti, un aumento dei prezzi del trasporto «ad oggi» e le previsioni delle compagnie marittime, anche a supporli dimostrati, sono successivi all’adozione del regolamento impugnato e non sono elementi di prova idonei a rimettere in discussione l’analisi del valore normale compiuta dalla Commissione nel regolamento provvisorio e nel regolamento impugnato.

149    In terzo luogo, le ricorrenti imputano alla Commissione di aver motivato in maniera assai vaga le proprie conclusioni concernenti alcune delle loro osservazioni, e segnatamente il modo in cui essa era pervenuta a stabilire un valore equo sulla base dei parametri turchi, soprattutto alla luce dei valori ammessi quali criteri di riferimento, che risalirebbero al 2016 e che non sarebbero esatti. In particolare, il prezzo delle materie prime, che rappresenterebbe il 70% del prezzo finale dei prodotti estrusi, non sarebbe corretto.

150    Questi argomenti delle ricorrenti reiterano alcune delle osservazioni che esse hanno presentato il 7 gennaio 2021 al momento del documento di divulgazione finale, in termini pressoché identici. Tuttavia, essi non sono sufficientemente sviluppati, in quanto le ricorrenti non chiariscono quali sarebbero i valori ammessi come criteri di riferimento e che risalirebbero al 2016, né perché questi valori non sarebbero pertinenti, così come esse non spiegano perché il prezzo delle materie prime non sarebbe corretto.

151    Pertanto, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 30 supra, questi argomenti devono essere respinti perché irricevibili.

152    Di conseguenza, occorre respingere la settima parte del secondo motivo di ricorso e, pertanto, il secondo motivo nella sua interezza.

3.      Sul terzo motivo di ricorso, relativo ad errori commessi dalla Commissione là dove ha concluso per l’esistenza di un pregiudizio per l’industria dell’Unione e di un nesso di causalità

153    Il terzo motivo di ricorso fatto valere dalle ricorrenti è suddiviso, in sostanza, in quattro parti, e anche la Airoldi deduce a sostegno due parti.

154    In via preliminare, occorre ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di base definisce la nozione di «pregiudizio» nel senso che per tale deve intendersi, segnatamente, a meno che non sia altrimenti disposto, un pregiudizio notevole per l’industria dell’Unione o la minaccia di un pregiudizio notevole a danno dell’industria dell’Unione, e che detta disposizione rinvia alle disposizioni del medesimo articolo ai fini dell’interpretazione di tale nozione.

155    L’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base disciplina la determinazione dell’esistenza di un pregiudizio. Quest’ultima deve fondarsi su prove positive e implica un esame obiettivo, da un lato, del volume delle importazioni oggetto di dumping e dei loro effetti sui prezzi dei prodotti simili sul mercato dell’Unione e, dall’altro, dell’incidenza di tali importazioni sull’industria dell’Unione.

156    L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento di base dispone che, per quanto riguarda il volume delle importazioni oggetto di dumping, occorre «esaminare se queste ultime sono aumentate in misura significativa, tanto in termini assoluti quanto in rapporto alla produzione o al consumo nell’Unione», che «[r]iguardo agli effetti sui prezzi si esamina se le importazioni oggetto di dumping sono state effettuate a prezzi sensibilmente inferiori a quelli dei prodotti simili dell’industria dell’Unione oppure se tali importazioni hanno comunque l’effetto di deprimere notevolmente i prezzi o di impedire in misura notevole aumenti che altrimenti sarebbero intervenuti», e che «[t]ali fattori, singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante».

157    L’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base prevede che l’esame dell’incidenza delle importazioni oggetto di dumping sull’industria dell’Unione interessata comprende una valutazione di tutti i fattori e di tutti gli indicatori economici pertinenti in rapporto con la situazione di tale industria, mentre l’articolo 3, paragrafo 6, del regolamento di base precisa che le istituzioni dell’Unione devono dimostrare, in base a tutti gli elementi di prova pertinenti relativi alla situazione dell’industria dell’Unione, l’esistenza di un pregiudizio subito da tale industria. In particolare, detto articolo stabilisce che tale prova implica la dimostrazione del fatto che il volume e/o i prezzi individuati a norma del paragrafo 3 hanno sull’industria dell’Unione gli effetti contemplati nel paragrafo 5 e che tale incidenza si manifesta in maniera che può essere considerata importante (v., per analogia, sentenza del 19 dicembre 2013, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, C‑10/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:865, punto 49).

158    Secondo una giurisprudenza consolidata, la determinazione del pregiudizio presuppone la valutazione di questioni economiche complesse. Nel fare ciò, le istituzioni dell’Unione dispongono di un ampio margine di discrezionalità (v. sentenze del 7 maggio 1991, Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punto 86 e la giurisprudenza ivi citata, e dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑444/11, EU:T:2014:773, punto 226 e la giurisprudenza ivi citata). Il controllo giurisdizionale di tale valutazione deve dunque essere limitato alla verifica del rispetto delle norme giuridiche applicabili, dell’esattezza materiale dei fatti presi a fondamento, dell’assenza di un errore manifesto nella valutazione di tali fatti o dell’assenza di uno sviamento di potere. Ciò è quanto si verifica, segnatamente, per quanto riguarda la determinazione dei fattori che causano un pregiudizio all’industria dell’Unione nell’ambito di un’inchiesta antidumping (v. sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Hubei Xinyegang Special Tube, C‑891/19 P, EU:C:2022:38, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

159    Inoltre, spetta alle ricorrenti produrre gli elementi di prova che permettano al Tribunale di constatare che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione nell’esame del pregiudizio (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Gold East Paper e Gold Huasheng Paper/Consiglio, T‑444/11, EU:T:2014:773, punto 228 e la giurisprudenza ivi citata).

160    È alla luce di tali principi che occorre esaminare il terzo motivo di ricorso delle ricorrenti.

a)      Sui fattori e sugli indicatori economici che influiscono sulla situazione dellindustria dellUnione

161    Nell’ambito della prima parte del terzo motivo, le ricorrenti presentano, in sostanza, quattro censure al fine di far valere che la Commissione ha valutato in maniera erronea i vari fattori ed indicatori economici che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione.

1)      Sulla presa in considerazione della quota di mercato dell’industria dell’Unione

162    Nell’ambito della loro prima censura, le ricorrenti sostengono che la quota di mercato dei produttori dell’Unione è superiore all’85%. Orbene, risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale che, quando i produttori dell’Unione detengono una quota di mercato rilevante, non verrebbe in questione un pregiudizio per l’industria dell’Unione. Un’elevata quota di mercato dell’industria dell’Unione conferirebbe a quest’ultima naturalmente una posizione di forza che escluderebbe una constatazione di vulnerabilità delle imprese dell’Unione.

163    A questo proposito, occorre osservare, come risulta dai punti da 154 a 159 supra, che il regolamento di base non prevede alcuna soglia per la quota di mercato dell’industria dell’Unione al di sotto della quale quest’ultima non può essere considerata come vittima di un pregiudizio notevole ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento summenzionato. Inoltre, la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità al riguardo.

164    Ciò premesso, non si può negare che l’evoluzione della quota di mercato dell’industria dell’Unione costituisce un fattore di importanza significativa al fine di valutare l’esistenza di un pregiudizio notevole a detrimento di tale industria (v., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2007, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio, T‑107/04, EU:T:2007:85, punto 65).

165    Inoltre, occorre ricordare che, anche se l’esame delle istituzioni deve portare alla conclusione che il pregiudizio causato all’industria dell’Unione è notevole, non è richiesto che tutti i fattori e gli indicatori economici pertinenti dimostrino una tendenza negativa (sentenza del 25 ottobre 2011, CHEMK e KF/Consiglio, T‑190/08, EU:T:2011:618, punto 114). Inoltre, il semplice fatto che alcuni fattori di pregiudizio siano migliorati durante il periodo considerato non significa che l’industria dell’Unione non abbia subito un pregiudizio notevole (sentenza del 23 aprile 2018, Shanxi Taigang Stainless Steel/Commissione, T‑675/15, non pubblicata, EU:T:2018:209, punto 93; v. anche, in tal senso, sentenza del 30 marzo 2000, Miwon/Consiglio, T‑51/96, EU:T:2000:92, punto 105).

166    Nel caso di specie, al fine di concludere che l’industria dell’Unione ha subito un pregiudizio notevole, nelle sezioni 4 e 5 del regolamento impugnato la Commissione ha analizzato l’incidenza delle importazioni oggetto di dumping valutando diversi indicatori economici, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento di base.

167    In particolare, risulta dalla tabella n. 5, riportata nel considerando 229 del regolamento impugnato, che la quota di mercato delle vendite sul mercato libero dell’industria dell’Unione era pari all’84,4% durante il periodo dell’inchiesta e che essa ha conosciuto una riduzione del 4% durante il periodo considerato. La Commissione ha fornito anche una tabella che tiene conto del recesso del Regno Unito dall’Unione (v. considerando 35 del regolamento impugnato), anche se tale recesso è divenuto effettivo successivamente al periodo dell’inchiesta e al periodo considerato. In tal senso, risulta dalla tabella n. 5 bis, riportata al considerando 275 del regolamento impugnato, che, non prendendo in considerazione il Regno Unito, la quota di mercato dell’industria dell’Unione era pari all’85,4% durante il periodo dell’inchiesta e aveva perduto 3,0 punti percentuali durante il periodo considerato.

168    Nei considerando 226 e 227 del regolamento impugnato, si chiarisce che i consumi dell’Unione sul mercato libero sono aumentati del 6%, percentuale confermata, per l’industria dell’Unione senza prendere in considerazione il Regno Unito, dalla tabella n. 4 bis riportata nel considerando 271 del regolamento impugnato.

169    La Commissione ha confermato, al considerando 254 del regolamento impugnato, le conclusioni relative alla situazione dell’industria dell’Unione esposte nei considerando da 271 a 274 del regolamento provvisorio. Si tratta, segnatamente, delle conclusioni secondo cui viene indicato quanto segue:

«271. Diversi indicatori hanno registrato un andamento positivo, come la produzione, la capacità, il volume delle vendite sul mercato dell’Unione e l’occupazione. Tuttavia l’evoluzione positiva di questi indicatori era legata all’aumento del consumo e, di fatto, tali indicatori avrebbero dovuto aumentare in maniera più marcata se l’industria dell’Unione fosse stata in grado di beneficiare appieno della crescita del mercato. In effetti, nonostante l’aumento del volume delle vendite, l’industria dell’Unione ha perso quota di mercato nel libero mercato.

272. I prezzi delle vendite sul libero mercato sono aumentati del 19%. Tuttavia questi aumenti di prezzo non hanno tenuto il passo con l’aumento dei costi (20%). Tale andamento è stato determinato dalla contrazione dei prezzi. L’industria dell’Unione non è stata in grado di aumentare i prezzi nella stessa misura in cui aumentavano i costi a causa della pressione al ribasso esercitata dalle importazioni dalla Cina, i cui prezzi sono inferiori a quelli dell’industria dell’Unione. Tenendo presente che i livelli di redditività sono stati inferiori al livello del profitto di riferimento per tutto il periodo in esame e considerando i volumi e i prezzi bassi delle importazioni cinesi, la Commissione ha concluso che si era verificata una contrazione dell’aumento dei prezzi durante l’intero periodo in esame. Di conseguenza, tutti gli indicatori di rendimento finanziario, vale a dire la redditività, l’utile sul capitale investito e il flusso di cassa, hanno mostrato una tendenza al ribasso e i profitti realizzati sono stati inferiori al livello di profitto di riferimento per tutto il periodo in esame. Ciò è particolarmente penalizzante, in quanto l’industria dell’Unione continuava a registrare profitti bassi e in calo nonostante che il mercato del prodotto oggetto dell’inchiesta fosse in crescita nel periodo in esame. Pur mantenendo quanto più elevato possibile il livello degli investimenti al fine di conservare la competitività, l’industria dell’Unione non ha chiaramente raggiunto livelli di profitto sufficientemente elevati da incoraggiare futuri investimenti. Inoltre il declino dell’industria dell’Unione si è verificato in un periodo di crescita sul mercato dell’Unione. L’industria dell’Unione ha perso il 5% della sua quota di mercato [cifra modificata nel regolamento impugnato] in un mercato in crescita e non è stata chiaramente in grado di trarre vantaggio dalla crescita del mercato dell’Unione».

170    Risulta da questi elementi che la Commissione ha debitamente tenuto conto dell’elevata quota di mercato dell’industria dell’Unione, nonché dell’esistenza di alcuni indicatori che mostravano una tendenza positiva. Le ricorrenti non hanno fornito il benché minimo argomento od elemento di prova che permettesse di dimostrare che le affermazioni della Commissione contenute nei considerando 271 e 272 del regolamento impugnato, e in particolare l’effetto sui prezzi, fossero manifestamente erronee. Più in particolare, esse non hanno dimostrato che, alla luce dei principi esposti ai punti da 163 a 165 supra, la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione constatando un’evoluzione negativa della quota di mercato dell’industria dell’Unione e concludendo che detta industria aveva subito un pregiudizio notevole, prendendo in considerazione l’insieme degli indicatori pertinenti e segnatamente la perdita delle quote di mercato e il deterioramento della redditività dell’industria dell’Unione. Al contrario, la Commissione ha sottolineato che l’aumento del volume delle vendite era stato soltanto del 2% (v. tabella n. 5, riportata nel considerando 245 del regolamento provvisorio) nel momento in cui i consumi dell’Unione erano aumentati del 6% (v. tabella n. 4, riportata nel considerando 226 del regolamento impugnato) e che l’aumento dei prezzi non aveva seguito l’aumento dei costi (v. tabella n. 7, riportata nel considerando 256 del regolamento provvisorio).

171    Come giustamente sottolineato dalla Commissione, tale conclusione non viene rimessa in discussione dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale citata dalle ricorrenti.

172    Invero, le sentenze del 4 febbraio 2021, eurocylinder systems (C‑324/19, EU:C:2021:94), e del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio (T‑528/09, EU:T:2014:35), concernenti entrambe il regolamento (CE) n. 926/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di determinati tubi senza saldatura, di ferro o di acciaio, originari della Repubblica popolare cinese (GU 2009, L 262, pag. 19), hanno riconosciuto l’importanza del fattore relativo alla quota di mercato dell’industria dell’Unione ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio.

173    Tuttavia, l’insegnamento principale delle sentenze del 4 febbraio 2021, eurocylinder systems (C‑324/19, EU:C:2021:94), e del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio (T‑528/09, EU:T:2014:35), è che i diversi indicatori, compresa la quota di mercato dell’industria dell’Unione, non devono essere considerati in maniera isolata, bensì globalmente nel loro insieme (v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2021, eurocylinder systems, C‑324/19, EU:C:2021:94, punto 49, e del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio, T‑528/09, EU:T:2014:35, punti da 61 a 63).

174    Inoltre, nelle cause decise dalle sentenze del 4 febbraio 2021, eurocylinder systems (C‑324/19, EU:C:2021:94), e del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio (T‑528/09, EU:T:2014:35), i fattori economici, a parte l’evoluzione della quota di mercato dell’industria dell’Unione, erano tutti positivi (sentenza del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio, T‑528/09, EU:T:2014:35, punti da 59 a 61). Orbene, nella presente fattispecie, risulta dal regolamento provvisorio che l’utilizzazione delle capacità (tabella n. 4, riportata nel considerando 240 del regolamento provvisorio), la redditività e il rendimento degli investimenti dell’industria dell’Unione (tabella n. 10, riportata nel considerando 265 del regolamento provvisorio) erano regrediti durante il periodo considerato.

175    Inoltre, gli estratti delle sentenze del 4 febbraio 2021, eurocylinder systems (C‑324/19, EU:C:2021:94), e del 29 gennaio 2014, Hubei Xinyegang Steel/Consiglio (T‑528/09, EU:T:2014:35), citati dalle ricorrenti, concernono un aspetto differente del pregiudizio, ossia la valutazione della situazione di vulnerabilità dell’industria dell’Unione alla fine del periodo dell’inchiesta al fine di concludere per l’esistenza di una minaccia di pregiudizio notevole.

176    Inoltre, la sentenza del 2 maggio 1995, NTN Corporation e Koyo Seiko/Consiglio (T‑163/94 e T‑165/94, EU:T:1995:83), invocata dalle ricorrenti, riguarda una situazione in cui il Consiglio aveva commesso degli errori di fatto che avevano fatto risultare tendenze contrarie alla reale evoluzione del mercato (v. punto 114 di detta sentenza), errori che non vengono lamentati nella presente controversia. Quanto alla sentenza del 14 marzo 2007, Aluminium Silicon Mill Products/Consiglio (T‑107/04, EU:T:2007:85), del pari invocata dalle ricorrenti, essa riguarda una situazione in cui il Consiglio aveva commesso un errore di fatto fornendo un’immagine dell’evoluzione della quota di mercato dell’industria dell’Unione contraria ai dati riportati nel regolamento provvisorio (v. punti da 63 a 66 di tale sentenza).

177    La Airoldi sostiene tuttavia, in primo luogo, che alcuni dati relativi al pregiudizio, segnatamente quelli riguardanti la quota di mercato dell’industria dell’Unione, non sono corretti, in quanto nessun dato recente su diversi fattori come il volume di produzione sarebbe stato fornito nella fase definitiva. La Airoldi mette questo argomento in relazione con la soppressione di una gran parte delle importazioni con il codice NC 7610 90 90, che include anche prodotti non rientranti nell’ambito dell’inchiesta (v. considerando 202 del regolamento impugnato), e con il recesso del Regno Unito dall’Unione.

178    In via preliminare, occorre constatare che tale argomentazione della Airoldi si ricollega al motivo di ricorso delle ricorrenti riguardante l’analisi del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione. Esso concerne più precisamente i diversi fattori e indicatori che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione, di cui le ricorrenti trattano nell’ambito della prima parte del loro terzo motivo di ricorso.

179    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, questi argomenti si collocano nel quadro definito dalle conclusioni e dai motivi di ricorso delle ricorrenti, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 87 supra. Essi sono dunque ricevibili.

180    Ciò premesso, come evidenziato dalla Commissione, il regolamento impugnato chiarisce, al considerando 278, che i volumi delle vendite dell’industria dell’Unione sul mercato del Regno Unito sono stati valutati intorno al 2% soltanto delle vendite complessive di tale industria, volume che non può avere alcuna incidenza notevole sugli indicatori economici dell’industria dell’Unione. Il regolamento impugnato trae da ciò la conclusione che gli indicatori relativi all’industria dell’Unione sono rappresentativi anche prendendo in considerazione il recesso del Regno Unito e sono confermati, al pari delle conclusioni stabilite su questa base. Oltre a ciò, la quota di mercato dell’industria dell’Unione, escludendo quella constatata nel Regno Unito, è stata ricalcolata dalla Commissione (v. tabella n. 5 bis, riportata al considerando 275 del regolamento impugnato). Inoltre, la soppressione di una parte delle importazioni con il codice NC 7610 90 90 è stata presa in considerazione dalla Commissione, come risulta dai considerando da 202 a 216 e dalle tabelle nn. 1, 2 e 3, riportate, rispettivamente, nei considerando 208, 217 e 220 del regolamento impugnato.

181    La Airoldi non presenta argomenti intesi a dimostrare che tali spiegazioni della Commissione siano manifestamente erronee e che sarebbero stati necessari degli adeguamenti. Pertanto, tenuto conto dell’onere della prova che le incombe, occorre respingere tali argomenti.

182    In secondo luogo, la Airoldi sostiene anche che, se la Commissione avesse preso in considerazione la segmentazione del mercato dell’alluminio, la diminuzione dei prodotti asseritamente pregiudizievoli importati con il codice NC 7610 90 90, l’aumento della quota di mercato dell’industria dell’Unione dall’81,1% all’85,4% e la diminuzione delle importazioni in provenienza dalla Cina dal 9,6% al 5%, intervenuti tra l’adozione del regolamento provvisorio e quella del regolamento impugnato, detta istituzione avrebbe constatato che la posizione dell’industria dell’Unione era stata in realtà rafforzata.

183    Occorre un’altra volta constatare che tale argomentazione della Airoldi si ricollega al motivo di ricorso delle ricorrenti che concerne l’analisi del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione e riguarda più precisamente i diversi fattori e indicatori che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione, dei quali le ricorrenti trattano nell’ambito della prima parte del loro terzo motivo di ricorso. Detta argomentazione si ricollega altresì alla seconda e alla terza parte del secondo motivo di ricorso, mediante le quali le ricorrenti censurano la Commissione per aver ritenuto che i prodotti estrusi in alluminio in provenienza dalla Cina fossero un unico e medesimo prodotto.

184    Ne consegue che tali argomenti si collocano nel quadro definito dalle conclusioni e dai motivi di ricorso formulati dalle ricorrenti, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 87 supra. Essi sono dunque ricevibili, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione.

185    Ciò premesso, come evidenziato dalla Commissione, il regolamento impugnato chiarisce, al considerando 56, perché esso considera il prodotto in questione come un unico e medesimo prodotto (v. punti 62 e 63 supra). Inoltre, la soppressione di una parte delle importazioni con il codice NC 7610 90 90 è stata presa in considerazione dalla Commissione, come risulta dai considerando da 202 a 216 e dalle tabelle nn. 1, 2 e 3, esposte, rispettivamente, nei considerando 208, 217 e 220 del regolamento impugnato.

186    Per quanto riguarda la presunta diminuzione della quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina e l’aumento della quota di mercato dell’industria dell’Unione, occorre osservare quanto segue.

187    Risulta dalla tabella n. 5, riportata nel considerando 245 del regolamento provvisorio, che, in questa fase del procedimento, la Commissione aveva stimato la quota di mercato dell’industria dell’Unione sul mercato libero durante il periodo dell’inchiesta in misura pari all’81,1%. Al termine del procedimento amministrativo, tale cifra è stata rivista al rialzo, ossia all’84,4%, a seguito della revisione dei volumi di importazione in provenienza dalla Cina (v. tabella n. 5, riportata nei considerando 229 e 230 del regolamento impugnato). La quota di mercato invocata dalla Airoldi, ossia l’85,4%, concerne la quota di mercato sul mercato libero dell’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta, ma tenendo conto del recesso del Regno Unito dall’Unione (v. tabella n. 5 bis, riportata nel considerando 275 del regolamento impugnato). Da un lato, ne consegue che le cifre invocate dalla Airoldi non sono direttamente paragonabili, in quanto esse riguardano un ambito geografico differente. Dall’altro lato, la Commissione ha chiarito, al considerando 276 del regolamento impugnato, che, sebbene la quota di mercato dell’industria dell’Unione fosse stata rivalutata ad un livello leggermente superiore per il periodo considerato, tale quota di mercato aveva comunque perduto 3,0 punti percentuali.

188    Le medesime constatazioni si applicano alla diminuzione delle importazioni in provenienza dalla Cina. Infatti, da un lato, la Airoldi confronta i dati presi in considerazione nel regolamento provvisorio con i dati del regolamento impugnato senza tener conto del Regno Unito (v. tabella n. 2, riportata nel considerando 225 del regolamento provvisorio, e tabella n. 2 bis, esposta nel considerando 262 del regolamento impugnato). Dall’altro lato, la Commissione ha ritenuto, al considerando 263 del regolamento impugnato, che, sulla base dei volumi di importazione modificati, era possibile osservare livelli significativi di importazioni in termini relativi e assoluti, che raggiungevano il 5% della quota di mercato nel corso del periodo dell’inchiesta. In cifre assolute, le importazioni in provenienza dalla Cina erano aumentate del 56% nel corso del periodo considerato e la quota di mercato totale delle importazioni oggetto di dumping era aumentata del 48%.

189    La Airoldi non presenta argomenti al fine di dimostrare che tali constatazioni della Commissione siano manifestamente erronee e che l’industria dell’Unione sia stata in realtà rafforzata. Pertanto, tenuto conto dell’onere della prova che le incombe, occorre respingere tali argomenti.

190    La prima censura deve dunque essere respinta.

2)      Sulla crescita e sulla redditività dell’industria dell’Unione

191    Nell’ambito della loro seconda censura, le ricorrenti sostengono che la Commissione si è allontanata dalla finalità della normativa antidumping pervenendo ad affermare l’esistenza di un pregiudizio per l’industria dell’Unione in un contesto di crescita significativa dei consumi e della redditività dell’industria dell’Unione.

192    A questo proposito, per quanto riguarda i consumi dell’Unione sul mercato libero, è pacifico, invero, che essi sono aumentati del 6% durante il periodo considerato [v. tabella n. 4, riportata nel considerando 226 del regolamento impugnato, e tabella n. 4 bis (industria dell’Unione tranne il Regno Unito), riportata nel considerando 271 del regolamento impugnato].

193    Tuttavia, per constatare che l’industria dell’Unione subisce un pregiudizio tale da giustificare l’adozione di dazi antidumping, non è necessario che tutti i fattori e gli indicatori economici pertinenti dimostrino una tendenza negativa (sentenza del 25 ottobre 2011, CHEMK e KF/Consiglio, T‑190/08, EU:T:2011:618, punto 114).

194    Inoltre, la Commissione ha relativizzato l’aumento dei consumi dell’Unione osservando che questi erano sì aumentati durante il periodo considerato, ma erano diminuiti tra il 2018 e il periodo dell’inchiesta (v. considerando 216 del regolamento provvisorio e tabella n. 4, riportata nel considerando 226 del regolamento impugnato). Inoltre, e soprattutto, la Commissione ha giustamente sottolineato, al considerando 271 del regolamento provvisorio, che, tenuto conto dei dati disponibili, l’industria dell’Unione aveva, malgrado la progressione della domanda, perduto quote di mercato.

195    Per quanto riguarda la redditività dell’industria dell’Unione, è giocoforza constatare che risulta dalla tabella n. 10, riportata nel considerando 265 del regolamento provvisorio, che essa è del 2% durante il periodo dell’inchiesta, ma è passata dal 4,9% al 2% durante il periodo considerato. La Commissione ha potuto da ciò dedurre l’esistenza di una contrazione dei prezzi in un contesto in cui, come risulta dalla tabella n. 7, riportata nel considerando 275 del regolamento provvisorio, i prezzi dell’industria dell’Unione sono aumentati meno rispetto ai costi.

196    Risulta da quanto precede che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia commesso un errore manifesto di valutazione concludendo per l’esistenza di un pregiudizio notevole per l’industria dell’Unione, malgrado l’aumento dei consumi dell’Unione e la redditività del 2% di tale industria.

197    La seconda censura delle ricorrenti deve dunque essere respinta.

3)      Sulla presa in considerazione del prezzo e del volume delle importazioni in provenienza dalla Cina

198    Nell’ambito della loro terza censura, le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che la Commissione ha posto l’attenzione sul prezzo dei prodotti importati dalla Cina senza riconoscere la rilevanza del volume delle importazioni. In secondo luogo, il regolamento impugnato sarebbe viziato da una contraddizione tra i considerando 201 e 249 in merito a tale questione.

199    Tale censura delle ricorrenti è fondata su una lettura erronea del regolamento impugnato.

200    In primo luogo, risulta dalla sezione 4.3 del regolamento impugnato, intitolata «Importazioni dal paese interessato», e più in particolare dalle tabelle nn. 1, 2 e 3, che la Commissione ha preso in considerazione in maniera equilibrata non soltanto i prezzi dei prodotti importati dalla Cina, ma anche il volume delle importazioni di tali prodotti.

201    In secondo luogo, non vi è contraddizione tra i considerando 201 e 249 del regolamento impugnato, dato che essi vertono su questioni differenti. Infatti, il considerando 201 del regolamento impugnato, sotto la rubrica «Osservazioni generali», spiega segnatamente che «[è] stata esercitata una pressione costante da prezzi cinesi anormalmente bassi, [e che] tale pressione ha avuto molteplici conseguenze [in quanto essa,] fra l’altro, ha causato una contrazione dei prezzi dell’industria dell’Unione, ha impedito a tali prezzi di rispecchiare l’aumento internazionale dei prezzi della materia prima (alluminio) e ha depresso la redditività», e che «[a]ffinché si verifichi questo quadro pregiudizievole non occorrono importazioni massicce [poiché] anche importazioni relativamente modeste oppure l’esistenza di una quantità significativa di importazioni a basso prezzo (innegabilmente effettuate nel presente caso) sono sufficienti a fissare un massimale di prezzo basso che pregiudica l’intero mercato».

202    Per contro, nel considerando 249 del regolamento impugnato, la Commissione risponde agli argomenti mediante i quali il gruppo cui appartengono le ricorrenti aveva contestato l’esistenza di un pregiudizio notevole a motivo del fatto che i raffronti dei prezzi effettuati dalla Commissione erano inappropriati. A questo proposito, la Commissione ha osservato quanto segue:

«L’inchiesta ha dimostrato che, nel confronto per tipo di prodotto, per i prezzi di questi esportatori si registrava un undercutting rispetto a quelli dell’industria dell’Unione con un margine significativo, risultando pertanto non solo allineati ma anche sensibilmente inferiori. Il gruppo Haomei ha poi suggerito di utilizzare i prezzi degli importatori come fonte per il confronto dei prezzi. Tuttavia, (…), la Commissione ha basato il confronto dei prezzi su una base obiettiva utilizzando un metodo dettagliato e calcoli comunicati al gruppo Haomei. Mediante tale metodo ha confrontato i prodotti per tipo di prodotto utilizzando diversi criteri oggettivi, e questo era il metodo più rappresentativo di cui dispone la Commissione».

203    Ne consegue che la Commissione non è incorsa in alcun errore manifesto di valutazione e non si è neppure contraddetta adottando i considerando 201 e 249 del regolamento impugnato, che riguardano temi differenti.

204    Occorre pertanto respingere la terza censura delle ricorrenti.

4)      Sull’aumento della quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina

205    Nell’ambito della loro quarta censura, le ricorrenti presentano vari argomenti al fine di sostenere che la Commissione ha commesso degli errori nel prendere in considerazione la quota di mercato delle importazioni provenienti dalla Cina.

206    In primo luogo, esse fanno valere che, a seguito del documento di divulgazione finale aggiuntiva dell’8 febbraio 2021, la quantità dei prodotti interessati importati in provenienza dalla Cina è passata da oltre 300 000 tonnellate (all’inizio del procedimento) a 128 853 tonnellate. In tale contesto, la Commissione non avrebbe tenuto conto di tale diminuzione e non avrebbe minimamente modificato la propria valutazione del pregiudizio e del dumping.

207    Come risulta dalla tabella n. 2 bis, riportata nel considerando 262 del regolamento impugnato, la cifra di 128 853 tonnellate si riferisce al volume delle importazioni di prodotti designati con otto codici della nomenclatura combinata durante il periodo dell’inchiesta, tenuto conto del recesso del Regno Unito dall’Unione. Il volume complessivo delle importazioni nell’Unione in provenienza dalla Cina durante lo stesso periodo sulla stessa base era di 152 551 tonnellate e la quota di mercato della Cina era del 5% (v. tabella n. 2 bis, riportata nel considerando 262 del regolamento impugnato). Non prendendo in considerazione il recesso del Regno Unito dall’Unione, le importazioni in provenienza dalla Cina di prodotti classificati sotto otto codici della nomenclatura combinata erano di 164 641 tonnellate e il volume complessivo delle importazioni in provenienza dalla Cina era di 191 981 tonnellate per una quota di mercato del 6,2% (v. tabella n. 2, riportata nel considerando 217 del regolamento impugnato). È pacifico che queste cifre sono nettamente meno elevate di quelle presentate nella tabella n. 2, riportata nel considerando 225 del regolamento provvisorio, vale a dire un volume di importazioni provenienti dalla Cina durante il periodo dell’inchiesta di 309 853 tonnellate per una quota di mercato del 9,6%.

208    Ciò premesso, in primis, occorre rilevare che l’argomento delle ricorrenti riguarda un raffronto tra, da un lato, il volume delle importazioni in provenienza dalla Cina sotto otto codici della nomenclatura combinata durante il periodo dell’inchiesta constatato nel regolamento impugnato e tenendo conto del recesso del Regno Unito dall’Unione e, dall’altro, il volume di importazioni complessivo in provenienza dalla Cina della fase del regolamento provvisorio e prima degli aggiustamenti. Ne consegue che tale raffronto è fondato su cifre che riguardano volumi corrispondenti ad ambiti sostanziali e geografici differenti e non possono essere paragonati direttamente.

209    In secondo luogo, occorre rilevare che, come sottolineato giustamente dalla Commissione, sebbene le cifre delle importazioni cinesi siano state riviste al ribasso in ragione delle divergenze di opinioni in merito ad un codice NC, tenuto conto dei dati disponibili, la Commissione ha potuto confermare che il volume complessivo delle importazioni cinesi era rimasto elevato e che si era potuta osservare un’evoluzione di crescita identica a quella della fase provvisoria.

210    Infatti, dopo un’analisi più approfondita dei volumi delle importazioni in provenienza dalla Cina, dovuta al fatto che il codice NC 7610 90 90, il quale include anche dei prodotti non rientranti nell’ambito dell’inchiesta, ha suscitato pareri contraddittori (v. considerando 202 del regolamento impugnato), la Commissione ha rivisto le cifre al ribasso. La Commissione ha ritenuto che la penetrazione cinese restasse elevata (considerando 203 del regolamento impugnato) e che, anche se la quota di mercato cinese era stata rivista al ribasso di conseguenza, le importazioni erano rimaste significative ed era stata osservata una tendenza di crescita identica a quella constatata nella fase provvisoria (considerando 213 del regolamento impugnato). Dopo un’analisi dei diversi fattori e degli argomenti delle parti interessate nei considerando da 208 a 249 del regolamento impugnato, la Commissione ha concluso, al considerando 252 di detto regolamento, che gli indicatori chiave, che hanno dimostrato il pregiudizio in questa inchiesta, continuavano a segnalare l’esistenza di un pregiudizio, anche se le importazioni di prodotti cinesi venivano valutate escludendo un codice NC.

211    Ne consegue che erroneamente le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha tenuto conto della revisione al ribasso dei volumi delle importazioni in provenienza dalla Cina. I loro argomenti devono dunque essere respinti.

212    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che la quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina è aumentata soltanto del 49% tra il 2016 e il periodo dell’inchiesta, valore estremamente modesto che non può essere considerato come una minaccia per l’industria dell’Unione, i cui risultati sarebbero stabili e positivi. Inoltre, qualsiasi aumento della quota di mercato sarebbe privo di rilevanza, in quanto la quota di mercato di partenza, in valore assoluto, sarebbe minima, ossia inferiore al 15%.

213    In primis, occorre sottolineare che è infondata l’allegazione delle ricorrenti secondo cui una quota di mercato delle importazioni provenienti dalla Cina inferiore al 15% sarebbe «minima». Infatti, se l’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento di base stabilisce che una procedura non viene aperta qualora le importazioni in provenienza da un paese rappresentino una quota di mercato inferiore all’1%, la quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina è largamente superiore a tale percentuale (v. tabella n. 2, riportata nel considerando 217 del regolamento impugnato, e tabella n. 2 bis, riportata nel considerando 262 del regolamento impugnato). Il regolamento di base non prevede alcun’altra soglia di quota di mercato per concludere che le importazioni in provenienza da un paese terzo non sono idonee a causare un pregiudizio.

214    In secundis, il volume complessivo delle importazioni in provenienza dalla Cina è aumentato del 49% tra il 2016 e il periodo dell’inchiesta e la quota di mercato delle medesime importazioni è aumentata del 41% tra il 2016 e lo stesso periodo. Questo aumento non può essere considerato «modesto» e le ricorrenti non presentano argomenti che permettano di rimettere in discussione questa conclusione.

215    In tertiis, gli argomenti delle ricorrenti riguardanti la situazione dell’industria dell’Unione sono stati respinti ai punti da 162 a 197 supra e le ricorrenti non presentano, nell’ambito della presente censura, ulteriori argomenti che permettano, messi in relazione con la quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina, di concludere che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione.

216    Pertanto, occorre respingere tali argomenti delle ricorrenti.

217    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che le importazioni in provenienza dalla Cina hanno guadagnato quote di mercato a discapito dei produttori di paesi terzi e non dei produttori dell’Unione. Inoltre, risulterebbe dalle relazioni annuali del gruppo Hydro che il presunto aumento di quattro punti percentuali della quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina si sarebbe forse verificato a discapito delle quote di mercato di tale gruppo, che sarebbe una società di diritto norvegese e non un produttore dell’Unione.

218    A questo proposito, i dati fatti valere dalle ricorrenti ai punti 140 e 141 del ricorso, riguardanti le importazioni in provenienza dai paesi terzi diversi dalla Cina e le importazioni provenienti dalla Cina, derivano, come precisato dalle ricorrenti all’udienza, dalla tabella n. 2 bis, riportata nel considerando 262 del regolamento impugnato (questi dati non riguardano il volume complessivo delle importazioni, bensì le importazioni di prodotti ricadenti sotto otto codici NC), e dalla tabella n. 6 bis, riportata nel considerando 304 del regolamento impugnato, e tengono conto del recesso del Regno Unito dall’Unione.

219    Risulta dai dati inclusi in queste tabelle che il volume complessivo delle importazioni provenienti dai paesi terzi diversi dalla Cina è passato da 238 937 tonnellate nel 2016 a 295 248 tonnellate durante il periodo dell’inchiesta, portando la quota di mercato di tali importazioni dall’8,2% al 9,6%, mentre il volume complessivo delle importazioni in provenienza dalla Cina è passato da 97 535 tonnellate nel 2016 a 152 551 tonnellate durante il periodo dell’inchiesta, portando la quota di mercato di queste importazioni dal 3,4% al 5%. Se è pacifico, come risulta anche dai dati presentati dalle ricorrenti, che le importazioni provenienti da paesi terzi diversi della Cina sono diminuite tra il 2017 e il periodo dell’inchiesta, la somma delle tonnellate importate in provenienza dei paesi terzi diversi dalla Cina e delle tonnellate importate in provenienza dalla Cina per anno mostra un aumento costante (e non un quantitativo stabile come vorrebbero le ricorrenti). Ne consegue che l’aumento in volume delle importazioni in provenienza dalla Cina sorpassa la diminuzione in volume delle importazioni in provenienza dai paesi terzi diversi dalla Cina.

220    Inoltre, risulta dalla tabella n. 2, riportata nel considerando 217 del regolamento impugnato, che, durante il periodo considerato, il volume complessivo delle importazioni in provenienza dalla Cina è aumentato del 49% (o del 56% tenendo conto del recesso del Regno Unito dall’Unione, come risulta dalla tabella n. 2 bis, esposta nel considerando 262 del regolamento impugnato). Allo stesso tempo, risulta tanto dalla tabella n. 5, riportata nel considerando 229 del regolamento impugnato, quanto dalla tabella n. 5 bis, riportata nel considerando 275 del medesimo regolamento, che la quota di mercato dell’industria dell’Unione è diminuita durante il medesimo periodo.

221    Inoltre, gli argomenti delle ricorrenti secondo cui le importazioni in provenienza dalla Cina hanno forse avuto luogo a discapito delle quote di mercato del gruppo Hydro, che è una società di diritto norvegese, non possono essere accolti.

222    Infatti, le allegazioni concernenti il gruppo Hydro, anche supponendole dimostrate, non supportano la tesi presentata dalle ricorrenti, in quanto, come rilevato dalla Commissione senza essere contraddetta da queste ultime, il gruppo Hydro fa parte dell’industria dell’Unione e una delle società del gruppo, vale a dire la Hydro Extrusion Hungary k.f.t, con sede in Székesfehérvár (Ungheria), faceva parte dei produttori dell’Unione selezionati per far parte del campione, come risulta dal considerando 22 del regolamento provvisorio.

223    Occorre pertanto respingere l’argomentazione secondo cui le importazioni in provenienza dalla Cina non sarebbero aumentate a discapito delle vendite dell’industria dell’Unione, bensì in danno delle importazioni provenienti da paesi terzi diversi dalla Cina.

224    Pertanto, occorre respingere tali argomenti delle ricorrenti e, con essi, l’intera prima parte del terzo motivo di ricorso.

b)      Sui prezzi dei produttori dell’Unione

225    Nell’ambito della seconda parte del loro terzo motivo di ricorso, le ricorrenti fanno valere che i produttori dell’Unione vendono una parte dei loro prodotti ad un prezzo inferiore al costo di produzione e praticano dunque anch’essi un dumping.

226    Tuttavia, questi argomenti delle ricorrenti, che riguardano i prezzi dei produttori dell’Unione sul mercato dell’Unione e non il raffronto dei prezzi dei prodotti in questione importati dalla Cina con quelli dei prodotti venduti dai produttori dell’Unione, anche supponendoli dimostrati, non sono operanti nel contesto di un procedimento antidumping come quello presente, come ha giustamente sostenuto la Commissione. Occorre pertanto respingere la seconda parte del terzo motivo di ricorso delle ricorrenti.

c)      Sulle fluttuazioni del tasso di cambio tra leuro e il dollaro statunitense

227    Nell’ambito della terza parte del loro terzo motivo di ricorso, le ricorrenti fanno valere che, secondo il contenuto del fascicolo, la Commissione si è fondata su prezzi in euro, senza prendere in considerazione le fluttuazioni del tasso di cambio tra l’euro e il dollaro statunitense.

228    La Commissione ribatte che essa ha effettuato il calcolo dei prezzi sul mercato dell’Unione in euro, in quanto si tratta della valuta predominante. Essa aggiunge che, quando la transazione ha avuto luogo in un’altra valuta, questa è stata convertita in euro utilizzando il tasso di cambio applicabile al mese della transazione stessa.

229    È giocoforza constatare che le ricorrenti non chiariscono in che modo la presa in considerazione di tali tassi di cambio avrebbe potuto influire sulla valutazione dell’esistenza di un pregiudizio per l’industria dell’Unione. Oltre a ciò, esse non fanno valere alcun errore particolare che la Commissione avrebbe commesso nel calcolo dei tassi di cambio applicati. Pertanto, tenuto conto dell’onere della prova che incombe loro, occorre respingere la terza parte del terzo motivo di ricorso.

d)      Sui calcoli della Commissione e sui dati utilizzati

230    Nell’ambito della quarta parte del loro terzo motivo di ricorso, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha commesso degli errori nei calcoli che ha effettuato e nei dati che ha utilizzato.

231    In primo luogo, le ricorrenti asseriscono, anzitutto, che, nel calcolo della sotto‑quotazione e del pregiudizio per il gruppo al quale esse appartengono nel fascicolo «AD 664 Haomei dumping calc EU27, Annex 4 Haomei injury calculation», la Commissione ha utilizzato come valore di base un volume in tonnellate per la produzione complessiva dell’industria dell’Unione di gran lunga inferiore a quello che la produzione dell’industria dell’Unione dovrebbe essere secondo il documento di divulgazione finale aggiuntiva.

232    Le ricorrenti fanno valere, quale secondo aspetto, che, nel fascicolo «AD 664 Haomei dumping calc EU27», il margine di dumping è stato calcolato in maniera arbitraria, in quanto i valori, e segnatamente i costi, figuranti nell’«Allegato 4» nel fascicolo della Commissione, sono totalmente differenti. La medesima constatazione sarebbe valida per il calcolo del margine di dumping ipotetico che è stato calcolato sulla base di una ricostruzione del prezzo, metodo differente da quello utilizzato per calcolare il margine di dumping nel documento intitolato «Allegato 4» della Commissione, il quale prenderebbe in considerazione soltanto i prezzi presunti delle industrie dell’Unione.

233    La Commissione risponde, in primis, che, da un lato, l’analisi del pregiudizio si basa sui dati di un campione dei produttori dell’Unione e che, dall’altro lato, il documento «Allegato 4» menzionato dalle ricorrenti elenca unicamente i tipi di prodotti che sono fabbricati dall’industria dell’Unione e che corrispondono a quelli del produttore‑esportatore.

234    La Commissione osserva, in secundis, che, se il costo di produzione figurante nel documento intitolato «Allegato 4» era differente da quello del calcolo del dumping, ciò si spiega con il fatto che detto documento presenta i costi di produzione dell’industria dell’Unione, mentre la relazione sul calcolo del dumping indica i costi del gruppo al quale appartengono le ricorrenti.

235    È giocoforza constatare che le ricorrenti non contestano le spiegazioni della Commissione e non fanno valere altri presunti errori in proposito suscettibili di far venir meno la plausibilità dei calcoli della Commissione concernenti il pregiudizio. Pertanto, tenuto conto dell’onere della prova che incombe loro, occorre respingere tali argomenti.

236    In secondo luogo, le ricorrenti asseriscono che il procedimento condotto dalla Commissione non era trasparente sotto il profilo delle fonti dei dati utilizzati e del calcolo dei costi nonché riguardo al territorio al quale tali costi si riferiscono nella colonna Y del documento intitolato «Allegato 4».

237    La Commissione replica che essa ha spiegato alle ricorrenti a cosa corrispondeva ciascuna colonna. Essa avrebbe infatti trasmesso alle ricorrenti un documento che esponeva il metodo di calcolo del pregiudizio e della sotto‑quotazione.

238    Occorre constatare che, per suffragare le proprie affermazioni, la Commissione ha sottoposto al Tribunale un documento trasmesso alle ricorrenti che contiene chiarimenti in tal senso. Le ricorrenti non contestano tale circostanza e non fanno valere ulteriori elementi al fine di corroborare il proprio argomento riguardante la presunta assenza di trasparenza in ordine alle fonti dei dati utilizzati dalla Commissione. Pertanto, tenuto conto dell’onere della prova che incombe loro, occorre respingere tale argomento.

239    In terzo luogo, le ricorrenti fanno valere che, mentre i prezzi praticati dal gruppo cui esse appartengono sono omogenei, i prezzi dell’industria dell’Unione sono estremamente disparati. Inoltre, qualora le tariffe delle ricorrenti vengano confrontate con quelle dei produttori dell’Unione, i loro prezzi sarebbero sempre allineati o superiori per prodotti simili o identici. Infine, risulterebbe dai documenti della Commissione che la differenza di prezzo tra i loro prezzi e i prezzi dell’industria dell’Unione sarebbe del 6%.

240    Come giustamente sottolineato dalla Commissione, il fatto che esistano differenze di prezzo tra i produttori dell’Unione non ha alcuna incidenza sulla legittimità del regolamento impugnato. Il raffronto pertinente ai fini della determinazione dell’esistenza di un pregiudizio è quello che verte sugli stessi tipi di prodotti e sulle differenze di prezzo tra le importazioni cinesi e i produttori dell’Unione.

241    Nel caso di specie, risulta dal considerando 232 del regolamento provvisorio che il margine medio ponderato di sotto‑quotazione dei prezzi è di oltre il 25%. Tale conclusione è stata confermata nel considerando 224 del regolamento impugnato. La Commissione precisa, al considerando 232 del regolamento provvisorio, che «[i] dati effettivi calcolati non sono registrati (…) per motivi di riservatezza (…) e si situano tra il 15% e il 35%» e che «[i]l 99% circa in volume dei tipi di prodotto importati è risultato essere oggetto di undercutting». Il regolamento impugnato chiarisce altresì, al considerando 224, che i calcoli di sotto‑quotazione della Commissione hanno riguardato tutti i produttori‑esportatori del campione, utilizzando un metodo dettagliato per tipo e per transazione per il periodo dell’inchiesta. Da ciò risulta che il margine di sotto‑quotazione costituiva una media e il fatto per le ricorrenti di rimettere in discussione le conclusioni della Commissione al riguardo sulla sola base dei prezzi che esse praticano non è sufficiente per invalidare l’intera valutazione della Commissione concernente il margine di sotto‑quotazione e il pregiudizio subito dall’industria dell’Unione.

242    Occorre pertanto respingere tali argomenti.

243    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha applicato loro la riduzione del 20% corrispondente alla percentuale delle esportazioni in provenienza dalla Cina verso l’Unione e che sono dirette verso il Regno Unito, a seguito del recesso di quest’ultimo dall’Unione.

244    La Commissione risponde che la riduzione del 20% non è stata applicata alle ricorrenti in quanto esse realizzano le loro principali vendite nell’Unione.

245    Poiché le ricorrenti non hanno contestato questa spiegazione della Commissione e non hanno fornito elementi di prova per dimostrare che l’approccio di detta istituzione fosse errato, occorre respingere tale argomento e, con esso, l’intera quarta parte del terzo motivo di ricorso.

e)      Sullincidenza del recesso del Regno Unito dall’Unione

246    La Airoldi fa valere che la Commissione non ha tenuto conto delle modifiche di alcuni fattori intervenute tra l’adozione del regolamento provvisorio e l’adozione del regolamento impugnato a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione. Secondo la Airoldi, la Commissione avrebbe dovuto procedere ad una nuova analisi completa degli indicatori di pregiudizio pertinenti. I dati che la Commissione non ha riveduto a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione dovrebbero essere considerati erronei. Inoltre, la Commissione non avrebbe dato alle parti interessate la possibilità di formulare osservazioni sugli indicatori di pregiudizio e sul nesso di causalità, che avrebbero dovuto essere tenute in debita considerazione.

247    La Commissione ribatte che queste critiche sono irricevibili, in quanto le ricorrenti non hanno sollevato argomenti in tal senso.

248    Risulta dalla giurisprudenza citata al punto 87 supra che una parte ammessa ad intervenire in una causa non può modificare l’oggetto della controversia come definito dalle conclusioni e dai motivi di ricorso formulati dalle parti principali. Ne consegue che sono ricevibili soltanto gli argomenti di un interveniente che si collochino nel quadro definito dalle conclusioni e dai motivi suddetti.

249    Nel caso di specie, risulta dall’esposizione delle parti del presente motivo di ricorso che le ricorrenti hanno rimesso in discussione diversi aspetti del calcolo e delle conclusioni della Commissione concernenti il pregiudizio, ma non hanno sollevato alcuna censura riguardante l’incidenza del recesso del Regno Unito dall’Unione, salvo la riduzione del 20% corrispondente alla percentuale delle esportazioni in provenienza dalla Cina verso l’Unione che sono dirette verso il Regno Unito (v. punto 243 supra). Al contrario, le ricorrenti hanno fatto riferimento all’analisi della Commissione che tiene conto del recesso del Regno Unito dall’Unione e hanno ricavato degli argomenti dai dati forniti in tale analisi (v. punti 208 e 218 supra) senza formulare dubbi riguardo a quest’ultima.

250    Ne consegue che gli argomenti della Airoldi tesi ad invalidare l’analisi del pregiudizio subito dall’industria dell’Unione a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione costituiscono in realtà un motivo nuovo, che non si colloca nel quadro definito dai motivi e dalle conclusioni formulati dalle ricorrenti, e devono essere respinti perché irricevibili.

251    In ogni caso, occorre rilevare che la Commissione ha adottato un documento di divulgazione finale aggiuntiva in data 8 febbraio 2021, trasmesso alle parti interessate, al fine di mettere in evidenza il fatto che, a seguito del recesso del Regno Unito dall’Unione, il mercato dell’Unione comprendeva ormai soltanto 27 Stati membri, e che le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito a tale documento di divulgazione finale aggiuntiva il 16 febbraio 2021. Inoltre, tutta la sezione 5 del regolamento impugnato, vale a dire i considerando da 255 a 288 di detto regolamento, contiene un’analisi dei dati concernenti il pregiudizio su una base che prende in considerazione l’Unione composta da 27 Stati membri.

f)      Sul nesso di causalità

252    La Airoldi presenta una serie di argomenti rivolti contro l’analisi del nesso di causalità contenuta nel regolamento impugnato. In primo luogo, essa fa valere che il nesso di causalità stabilito dalla Commissione si fonda sull’aumento del volume e della quota di mercato delle importazioni provenienti dalla Cina in relazione con la quota di mercato dell’industria dell’Unione. Tuttavia, al momento dell’adozione del regolamento impugnato, il volume e la quota di mercato delle importazioni in provenienza dalla Cina sarebbero stati ridotti e la quota di mercato dell’industria dell’Unione sarebbe aumentata, il che farebbe sorgere dei dubbi riguardo al mantenimento del nesso di causalità, soprattutto che le importazioni provenienti da paesi terzi diversi dalla Cina sarebbero equivalenti a quelle in provenienza dalla Cina. In secondo luogo, la Commissione non avrebbe preso in considerazione l’influenza delle importazioni provenienti dal Regno Unito, né le esportazioni dell’industria dell’Unione verso il Regno Unito, ciò che avrebbe dovuto dar luogo ad una nuova analisi dei diversi dati.

253    La Commissione ribatte che queste critiche sono irricevibili, in quanto le ricorrenti non hanno fatto valere simili argomenti.

254    Nel caso di specie, risulta dall’esposizione delle parti del presente motivo di ricorso che le ricorrenti non hanno rimesso in discussione l’analisi del nesso di causalità effettuata dalla Commissione. Sebbene l’espressione «difetto del nesso di causalità» sia utilizzata nel titolo del terzo motivo di ricorso dedotto dalle ricorrenti, queste ultime non presentano alcun argomento inteso ad invalidare l’analisi del nesso di causalità esposta nelle sezioni 6 e 7 del regolamento impugnato e nella sezione 5 del regolamento provvisorio. Se esse menzionano dei dati forniti dalla tabella n. 6 bis, riportata nel considerando 304 della sezione 7 del regolamento impugnato, intitolata «Nesso di causalità sulla base dell’UE-27» (v. punto 218 supra), è al fine di rimettere in discussione l’esposizione dei fattori e degli indicatori economici che influiscono sulla situazione dell’industria dell’Unione nell’ambito dell’analisi del pregiudizio.

255    Orbene, l’analisi concernente il pregiudizio e quella concernente il nesso di causalità sono differenti. Infatti, una volta che è dimostrato il pregiudizio notevole, o la minaccia di pregiudizio notevole, l’articolo 3, paragrafi 6 e 7, del regolamento di base impone alla Commissione, da un lato, di verificare se il pregiudizio che essa intende assumere a riferimento derivi effettivamente dalle importazioni che sono state oggetto di dumping e, dall’altro, di escludere qualsiasi pregiudizio derivante da altri fattori, in modo tale che il pregiudizio causato da questi altri fattori non venga imputato alle suddette importazioni [sentenze del 28 febbraio 2008, AGST Draht- und Biegetechnik, C‑398/05, EU:C:2008:126, punto 35; del 19 dicembre 2013, Transnational Company «Kazchrome» e ENRC Marketing/Consiglio, C‑10/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:865, punto 23, e del 6 settembre 2013, Godrej Industries e VVF/Consiglio, T‑6/12, EU:T:2013:408, punto 76 (non pubblicata)].

256    Ne consegue che, poiché le ricorrenti non hanno presentato argomenti intesi ad invalidare l’analisi del nesso di causalità effettuata dalla Commissione, gli argomenti della Airoldi in tal senso costituiscono in sostanza un motivo nuovo che non si colloca nel quadro della controversia come definito dalle conclusioni e dai motivi di ricorso formulati dalle ricorrenti e devono essere respinti perché irricevibili, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 87 supra.

4.      Sul quarto e sul quinto motivo di ricorso, relativi ad una violazione del diritto internazionale, dei diritti fondamentali delle ricorrenti e della CEDU

257    Il quarto e il quinto motivo di ricorso, che occorre esaminare congiuntamente, sono in sostanza fondati su due parti, la prima relativa all’illegittimità del regolamento impugnato alla luce del diritto internazionale e la seconda attinente all’illegittimità del regolamento impugnato alla luce dei diritti fondamentali e della CEDU.

a)      Sulla violazione del diritto internazionale

258    Nell’ambito della prima parte, le ricorrenti sostengono che occorre applicare e rispettare la normativa internazionale in materia di commercio internazionale, segnatamente le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Il regolamento di base non potrebbe condurre a soluzioni contrarie a tali regole, e segnatamente a quelle concernenti la determinazione del valore normale e la definizione della nozione di «similarità». Sarebbe evidente che, nella presente fattispecie, la Commissione si è discostata dai principi del diritto internazionale.

259    Nel caso di specie, come sostenuto dalla Commissione, le ricorrenti non presentano nei loro scritti difensivi ulteriori indicazioni sugli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fondano i loro argomenti diversi da quelli presentati al punto 258 supra. In particolare, esse non indicano quali sono le disposizioni del diritto internazionale che sarebbero violate e non precisano neppure in che modo la Commissione le avrebbe disattese.

260    Pertanto, in applicazione della giurisprudenza ricordata al punto 29 supra, la prima parte del quarto e del quinto motivo di ricorso deve essere respinta perché irricevibile.

b)      Sulla violazione dei diritti fondamentali e della CEDU

261    Nell’ambito della loro seconda parte, le ricorrenti sollevano due censure. In primo luogo, esse fanno valere che la libertà di iniziativa economica e il diritto di proprietà costituiscono punti di riferimento tradizionalmente utilizzati dai giudici europei e nazionali per garantire l’applicazione degli strumenti di regolazione del mercato. Sarebbe evidente che questi strumenti devono essere utilizzati anche per applicare le misure di difesa commerciale. Se la libertà di iniziativa economica può essere compressa sulla base del principio del buon funzionamento del mercato, le misure adottate devono essere proporzionate, ragionevoli e motivate, qualora si tratti di misure radicali che possono distruggere anche pezzi dell’economia interna.

262    È giocoforza constatare che, a parte l’enunciazione dell’importanza della libertà di iniziativa economica e del principio di proporzionalità, le ricorrenti non presentano alcuna argomentazione contenente gli elementi essenziali di fatto e di diritto che permetterebbero al Tribunale di statuire su tale censura, né precisano in che cosa consisterebbe una presunta insufficienza di motivazione.

263    Ne consegue che la prima censura della seconda parte è irricevibile, in conformità alle norme e alla giurisprudenza citata al punto 30 supra.

264    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che il fatto di infliggere, senza un giusto procedimento ad armi pari, dei dazi definitivi e di riscuotere dei dazi provvisori aventi per effetto di metterle fuori mercato, costituisce una violazione della CEDU. L’applicazione di questi dazi sarebbe un ostacolo al perseguimento delle loro attività, comportante un pregiudizio irreversibile e paragonabile a quello di una sanzione penale, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

265    È giocoforza constatare che, a parte l’enunciazione di principi di ordine generale, le ricorrenti non presentano alcuna argomentazione contenente gli elementi essenziali di fatto e di diritto che permetterebbero al Tribunale di statuire su tale censura e non spiegano in che cosa consisterebbero le asserite violazioni.

266    Ne consegue che, come fatto valere dalla Commissione, la seconda censura della seconda parte è irricevibile, in conformità alle norme e alla giurisprudenza citata al punto 30 supra.

267    In ogni caso, occorre ricordare, come sottolineato giustamente dalla Commissione, che l’istituzione di dazi antidumping non costituisce una sanzione per un comportamento precedente, bensì una misura di difesa e di protezione contro la concorrenza sleale risultante da pratiche di dumping (sentenza del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, EU:C:2000:531, punto 91).

268    Pertanto, occorre respingere la seconda parte del quarto e del quinto motivo di ricorso e, con essa, tali motivi nel loro insieme.

269    Alla luce di quanto sopra esposto, occorre respingere il ricorso nella sua interezza.

IV.    Sulle spese

270    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, occorre condannarle a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione, in conformità delle conclusioni formulate da quest’ultima.

271    In conformità all’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, in virtù del quale le istituzioni intervenute nella causa sopportano ciascuna le proprie spese, il Parlamento sopporterà le proprie spese.

272    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente diverso da quelli menzionati nei paragrafi 1 e 2 sopporterà le proprie spese. Essendo intervenuta a sostegno delle ricorrenti, che sono rimaste soccombenti, la Airoldi sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Guangdong Haomei New Materials Co. Ltd e la Guangdong King Metal Light Alloy Technology Co. Ltd sopporteranno ciascuna le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il Parlamento europeo e la Airoldi Metalli SpA sopporteranno ciascuno le proprie spese.

Papasavvas

Da Silva Passos

Gervasoni

Reine

 

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 giugno 2023.

Il cancelliere

 

Il presidente

V. Di Bucci

 

M. van der Woude


*Lingua processuale: l’italiano.


1      La presente sentenza è oggetto di una pubblicazione per estratti.