Language of document : ECLI:EU:T:2022:19

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

26 gennaio 2022 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato dei microprocessori – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 102 TFUE e all’articolo 54 dell’accordo SEE – Sconto di fedeltà – Restrizioni “allo scoperto” – Qualificazione come pratica abusiva – Analisi del concorrente altrettanto efficiente – Strategia globale – Infrazione unica e continuata»

Nella causa T‑286/09 RENV,

Intel Corporation Inc., con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti), rappresentata da A. Parr, solicitor, D. Beard, QC, e J. Williams, barrister,

ricorrente,

sostenuta da

Association for Competitive Technology, Inc., con sede in Washington, DC (Stati Uniti), rappresentata da J.-F. Bellis e K. Van Hove, avvocati,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata da T. Christoforou, V. Di Bucci, N. Khan e M. Kellerbauer, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir), con sede in Parigi (Francia), rappresentata da E. Nasry, avvocata,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta, in via principale, all’annullamento della decisione C(2009) 3726 definitivo della Commissione, del 13 maggio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [102 TFUE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso COMP/C‑3/37.990 – Intel), oppure, in via subordinata, alla cancellazione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto da H. Kanninen, presidente, J. Schwarcz (relatore), C. Iliopoulos, I. Reine e B. Berke, giudici,

cancelliere: E. Artemiou, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza tenutasi dal 10 al 12 marzo 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        Intel Corporation Inc. (in prosieguo: la «ricorrente» o «Intel») è una società di diritto degli Stati Uniti che assicura la progettazione, lo sviluppo, la fabbricazione e la commercializzazione di microprocessori (in prosieguo: le «CPU»), di «chipsets» e di altri componenti semiconduttori, nonché di soluzioni per piattaforme nell’ambito del trattamento dei dati e dei dispositivi di comunicazione.

2        Alla fine del 2008, Intel impiegava circa 94 100 persone in tutto il mondo. Nel 2007, i ricavi netti di Intel ammontavano a 38 334 milioni di dollari statunitensi (USD) e il suo utile netto a USD 6 976 milioni. Nel 2008, i suoi ricavi netti ammontavano a USD 37 586 milioni e il suo utile netto a USD 5 292 milioni.

 Procedimento amministrativo

3        Il 18 ottobre 2000, Advanced Micro Devices, Inc. (in prosieguo: «AMD») ha presentato dinanzi alla Commissione delle Comunità europee una denuncia formale ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 1962, 13, pag. 204), che essa ha integrato con nuovi fatti e nuove deduzioni nell’ambito di una denuncia complementare recante data 26 novembre 2003.

4        Nel maggio 2004, la Commissione ha avviato una serie di indagini relative a taluni elementi contenuti nella denuncia complementare di AMD. Nell’ambito della suddetta indagine, la Commissione, coadiuvata da diverse autorità nazionali garanti della concorrenza, ha effettuato – in base all’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1) – accertamenti presso quattro sedi di Intel ubicate in Germania, in Spagna, in Italia e nel Regno Unito nonché presso le sedi di vari clienti di Intel in Germania, in Spagna, in Francia, in Italia e nel Regno Unito.

5        Il 17 luglio 2006, AMD ha presentato una denuncia al Bundeskartellamt (Ufficio federale garante della concorrenza, Germania), sostenendo che Intel aveva instaurato, fra l’altro, pratiche commerciali di esclusione dal mercato con Media‑Saturn‑Holding GmbH (in prosieguo: «MSH»), rivenditore europeo di dispositivi microelettronici e primo distributore europeo di computer fissi. Il Ufficio federale garante della concorrenza ha scambiato con la Commissione talune informazioni relative al caso in parola, in applicazione dell’articolo 12 del regolamento n. 1/2003.

6        Il 23 agosto 2006, la Commissione ha tenuto una riunione con D1 [riservato] (1), un cliente di Intel. La Commissione non ha inserito nel fascicolo relativo al caso l’elenco indicativo dei temi di tale riunione, né ha redatto al riguardo un verbale. Un membro del team cui è stato assegnato il fascicolo all’interno della Commissione ha redatto una nota concernente tale riunione, che la Commissione ha classificato come interna. Il 19 dicembre 2008, la Commissione ha fornito alla ricorrente una versione non riservata di tale nota.

7        Il 26 luglio 2007, la Commissione ha notificato alla ricorrente una comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti del 2007») relativa al suo comportamento nei confronti di cinque grandi produttori di apparecchiature informatiche (Original Equipment Manufacturer; in prosieguo: i «costruttori OEM»), ovverosia Dell, Hewlett‑Packard Company (HP), Acer Inc., NEC Corp. e International Business Machines Corp. (IBM). Intel ha risposto a tale comunicazione il 7 gennaio 2008 e si è tenuta un’audizione nei giorni 11 e 12 marzo 2008. Intel ha avuto accesso al fascicolo in tre occasioni, segnatamente il 31 luglio 2007, il 23 luglio e il 19 dicembre 2008.

8        La Commissione ha posto in atto diversi atti istruttori riguardanti le dichiarazioni di AMD, fra cui taluni accertamenti presso le sedi di vari venditori di computer al dettaglio e presso alcune sedi di Intel, nel febbraio 2008. Inoltre, essa ha inviato ad alcuni dei principali costruttori OEM varie richieste scritte d’informazioni ex articolo 18 del regolamento n. 1/2003.

9        Il 17 luglio 2008, la Commissione ha notificato alla ricorrente una comunicazione degli addebiti complementare relativa al suo comportamento nei confronti di MSH. Tale comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «comunicazione degli addebiti complementare del 2008») riguardava altresì il comportamento di Intel nei confronti di Lenovo Group Ltd (in prosieguo: «Lenovo») e conteneva nuovi elementi di prova riguardanti il comportamento di Intel nei confronti di alcuni dei costruttori OEM interessati dalla comunicazione degli addebiti del 2007, che la Commissione aveva acquisito successivamente alla pubblicazione di quest’ultima.

10      La Commissione ha inizialmente assegnato a Intel un termine di otto settimane per presentare la sua risposta alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008. Il 15 settembre 2008, tale termine è stato prorogato fino al 17 ottobre 2008 dal consigliere‑auditore.

11      Intel non ha risposto alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 entro il termine impartito. Il 10 ottobre 2008, essa ha invece presentato al Tribunale un ricorso, iscritto al numero di ruolo T‑457/08, chiedendo a quest’ultimo, in primo luogo, di annullare due decisioni della Commissione relative alla fissazione del termine per rispondere alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 nonché al diniego della Commissione di acquisire varie categorie di documenti provenienti, in particolare, dal fascicolo della controversia di diritto privato fra Intel e AMD nello Stato del Delaware (Stati Uniti) e, in secondo luogo, di prorogare il termine per il deposito della sua risposta alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008, in modo da disporre di un termine di 30 giorni a decorrere dalla data in cui essa avrebbe ottenuto l’accesso ai documenti pertinenti.

12      Intel ha inoltre presentato una domanda di provvedimenti provvisori, iscritta al numero di ruolo T‑457/08 R, intesa ad ottenere la sospensione del procedimento della Commissione in attesa della sentenza sul merito, nonché la sospensione del termine fissato per il deposito della sua risposta alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 e, in subordine, la concessione di un termine di 30 giorni a decorrere dalla data di detta pronuncia per rispondere alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008.

13      Il 19 dicembre 2008, la Commissione ha indirizzato a Intel una lettera in cui richiamava la sua attenzione su alcuni specifici elementi di prova che intendeva utilizzare in una possibile decisione finale (in prosieguo: la «lettera sui fatti»). Intel non ha risposto a questa lettera entro il termine, fissato al 23 gennaio 2009.

14      Il 27 gennaio 2009, il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori con ordinanza del 27 gennaio 2009, Intel/Commissione (T‑457/08 R, non pubblicata, EU:T:2009:18). A seguito di tale ordinanza, il 29 gennaio 2009, Intel ha proposto di presentare la propria risposta alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 e alla lettera sui fatti entro 30 giorni a decorrere dall’ordinanza del presidente del Tribunale.

15      Il 2 febbraio 2009, la Commissione ha informato Intel per posta del fatto che i suoi servizi avevano deciso di non concederle la proroga del termine impartito per rispondere alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 o alla lettera sui fatti. La lettera del 2 febbraio 2009 indicava altresì che i servizi della Commissione erano nondimeno disposti a prendere in considerazione l’eventuale rilevanza di una memoria tardiva, purché Intel presentasse le proprie osservazioni entro il 5 febbraio 2009. Infine, la Commissione ha ritenuto che non era obbligata ad accogliere una domanda di audizione depositata fuori termine e che i suoi servizi non consideravano che il buono svolgimento del procedimento amministrativo imponesse l’organizzazione di un’audizione.

16      Il 3 febbraio 2009, Intel ha rinunciato al ricorso principale nella causa T‑457/08 e la causa è stata cancellata dal ruolo con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 24 marzo 2009.

17      Il 5 febbraio 2009, Intel ha presentato una memoria contenente osservazioni relative alla comunicazione degli addebiti complementare del 2008, nonché alla lettera sui fatti, da essa qualificata come «risposta alla comunicazione degli addebiti complementare [del 2008]» e come «risposta alla [lettera sui fatti]».

18      Il 10 febbraio 2009, Intel ha scritto al consigliere‑auditore chiedendo che le fosse concessa un’audizione sulla comunicazione degli addebiti complementare del 2008. Con lettera del 17 febbraio 2009, il consigliere‑auditore ha respinto tale richiesta.

19      Il 13 maggio 2009, la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 3726 definitivo, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [102 TFUE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso COMP/C‑3/37.990 – Intel) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), una sintesi della quale è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2009, C 227, pag. 13).

 Decisione impugnata

20      Secondo la decisione impugnata, Intel ha commesso un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) fra l’ottobre 2002 e il dicembre 2007, mediante una strategia volta a precludere ad un concorrente, ossia AMD, il mercato dei processori basati sull’architettura x86 (in prosieguo: le «CPU x86»).

 Mercato rilevante

21      I prodotti in questione nella decisione impugnata sono CPU, che rappresentano componenti essenziali di qualsiasi computer, in termini sia di funzionamento generale sia di costo globale del sistema. Esse sono spesso indicate come il «cervello» del computer. Il processo di produzione delle CPU richiede costosi impianti ad alta tecnologia.

22      Le CPU utilizzate nei computer possono essere suddivise in due categorie, ossia le CPU x86 e le CPU basate su altre architetture. L’architettura x86 è uno standard sviluppato da Intel per le sue CPU. Essa può supportare entrambi i sistemi operativi, Windows e Linux. Windows è principalmente collegato all’insieme delle istruzioni corrispondenti all’architettura x86. Prima del 2000, vi erano numerosi produttori di CPU x86 sul mercato. Tuttavia, la maggior parte di essi ne è uscita. La decisione impugnata rileva che, a partire da tale data, Intel e AMD sono essenzialmente le uniche due società che continuano a produrre CPU x86.

23      Nella sua inchiesta, la Commissione è pervenuta alla conclusione che il mercato rilevante del prodotto non era più esteso del mercato delle CPU x86. La decisione impugnata lascia aperta la questione se esista un mercato unico di CPU x86 per tutti i computer, oppure se sia necessario operare una distinzione fra tre mercati di CPU x86, ossia il mercato dei computer fissi, quello dei computer portatili e quello dei server. Secondo la decisione impugnata, date le quote di mercato detenute da Intel per ciascun segmento, le conclusioni relative alla posizione dominante non cambiano.

24      Il mercato geografico è stato definito come esteso a livello mondiale.

 Posizione dominante

25      Nella decisione impugnata, la Commissione rileva che, nel periodo di dieci anni oggetto di esame (1997‑2007), Intel ha regolarmente detenuto quote di mercato pari o superiori al 70% circa. Inoltre, secondo la decisione impugnata, nel mercato delle CPU x86 esistono significativi ostacoli all’accesso e all’espansione. Tali ostacoli deriverebbero dagli investimenti irrecuperabili in materia di ricerca e sviluppo, di proprietà intellettuale e di impianti di produzione necessari per produrre CPU x86. Di conseguenza, tutti i concorrenti di Intel, eccetto AMD, sarebbero usciti dal mercato o ne deterrebbero ancora una quota insignificante.

26      Basandosi sulle quote di mercato di Intel e sugli ostacoli all’accesso e all’espansione esistenti nel mercato di cui trattasi, la decisione impugnata conclude che Intel ha detenuto una posizione dominante su detto mercato almeno per il periodo oggetto di tale decisione, ossia dall’ottobre 2002 al dicembre 2007.

 Comportamento abusivo e ammenda

27      La decisione impugnata descrive due tipi di comportamento adottati da Intel nei confronti dei suoi partner commerciali, ossia gli sconti condizionati e le restrizioni allo scoperto.

28      In primo luogo, secondo la decisione impugnata, Intel ha applicato sconti a quattro costruttori OEM, nella specie Dell, Lenovo, HP e NEC, a condizione che si rifornissero presso di lei per tutto o quasi tutto il loro fabbisogno di CPU x86. Analogamente, Intel avrebbe effettuato pagamenti a MSH, a condizione che quest’ultima vendesse esclusivamente computer muniti di CPU x86 da essa prodotti.

29      La decisione impugnata conclude che gli sconti condizionati concessi da Intel costituiscono sconti di fedeltà. Per quanto riguarda i pagamenti condizionati di Intel a MSH, la decisione impugnata stabilisce che il meccanismo economico di detti pagamenti è equivalente a quello degli sconti condizionati accordati ai costruttori OEM.

30      Inoltre, la decisione impugnata svolge parimenti un’analisi economica della capacità degli sconti di precludere il mercato a un concorrente efficiente al pari di Intel (as efficient competitor test; in prosieguo: l’«analisi AEC» oppure il «test AEC») sebbene non in posizione dominante. In concreto, l’esame stabilisce il prezzo a cui un concorrente efficiente al pari di Intel avrebbe dovuto vendere le sue CPU per compensare un costruttore OEM della perdita di uno sconto che gli sarebbe stato accordato da Intel. Un’analisi dello stesso genere è stata svolta per i pagamenti accordati da Intel a MSH.

31      In base agli elementi di prova acquisiti, la Commissione giunge alla conclusione che gli sconti condizionati e i pagamenti accordati da Intel hanno comportato la conseguenza di fidelizzare i costruttori OEM strategici e MSH. Tali pratiche avrebbero avuto effetti complementari, nel senso che avrebbero ridotto in modo significativo la capacità dei concorrenti di competere sulla base della qualità delle loro CPU x86. Il comportamento anticoncorrenziale di Intel avrebbe pertanto contribuito a determinare una scelta più limitata per i consumatori e minori incentivi all’innovazione.

32      In secondo luogo, per quanto riguarda le restrizioni allo scoperto, la Commissione afferma che Intel ha accordato taluni pagamenti a tre costruttori OEM, ossia HP, Acer e Lenovo, subordinati alla condizione che essi ritardassero o annullassero il lancio di prodotti muniti di CPU x86 di AMD o ne limitassero la distribuzione. La decisione impugnata conclude che il comportamento di Intel ha parimenti arrecato un pregiudizio diretto alla concorrenza e non rientra nell’ambito di una concorrenza normale, basata sui meriti.

33      Nella decisione impugnata, la Commissione dichiara che ciascuno dei comportamenti controversi adottati da Intel nei confronti dei summenzionati costruttori OEM e di MSH costituisce un abuso ai sensi dell’articolo 102 TFUE, ma che questi singoli abusi nel loro insieme sono anche parte di una strategia complessiva volta a precludere il mercato delle CPU x86 a AMD, unico concorrente importante di Intel. Tali pratiche abusive costituirebbero pertanto un’infrazione unica, ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

34      Facendo applicazione degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2), la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda pari a EUR 1,06 miliardi.

 Dispositivo

35      Il dispositivo della decisione impugnata è formulato come segue:

«Articolo 1

Intel ha commesso un’infrazione unica e continuata all’articolo [102 TFUE] e all’articolo 54 dell’accordo SEE, fra l’ottobre 2002 e il dicembre 2007, mediante una strategia volta a precludere ai concorrenti il mercato delle CPU x86, la quale è stata caratterizzata dalle seguenti azioni:

a)      applicazione di sconti alla Dell fra il dicembre 2002 e il dicembre 2005, il cui livello era subordinato alla condizione che la Dell acquistasse dall’Intel la totalità dei suoi CPU x86;

b)      applicazione di sconti all’HP fra il novembre 2002 e il maggio 2005, il cui livello era subordinato alla condizione che l’HP acquistasse dall’Intel almeno il 95% delle CPU x86 destinati ai suoi computer aziendali fissi;

c)      applicazione di sconti alla NEC fra l’ottobre 2002 e il novembre 2005, il cui livello era subordinato alla condizione che la NEC acquistasse dall’Intel almeno l’80% delle CPU x86 destinati ai suoi PC “clienti”;

d)      applicazione di sconti alla Lenovo fra il gennaio 2007 e il dicembre 2007, il cui livello era subordinato alla condizione che la Lenovo acquistasse dall’Intel la totalità delle CPU x86 destinati ai suoi computer portatili;

e)      effettuazione di pagamenti alla [MSH] fra l’ottobre 2002 e il dicembre 2007, il cui livello era subordinato alla condizione che la [MSH] vendesse esclusivamente computer muniti di CPU x86 dell’Intel;

f)      effettuazione di pagamenti all’HP fra il novembre 2002 e il maggio 2005, subordinata alla condizione che: (i) l’HP orientasse i suoi computer aziendali fissi muniti di CPU x86 dell’AMD verso piccole e medie imprese e verso i clienti del settore governativo, educativo e medico piuttosto che verso le grandi imprese; (ii) l’HP vietasse ai suoi rivenditori di avere in magazzino i computer aziendali fissi dell’HP muniti di CPU x86 dell’AMD in modo tale che i clienti potessero ottenere tali computer unicamente ordinandoli all’HP (direttamente o tramite rivenditori dell’HP che svolgono la funzione di agenti commerciali); (iii) l’HP ritardasse di sei mesi il lancio nella regione Europa, Medio Oriente e Africa del suo computer aziendale fisso munito di un CPU x86 dell’AMD;

g)      effettuazione di pagamenti a favore dell’Acer fra il settembre 2003 e il gennaio 2004, subordinata alla condizione che l’Acer ritardasse il lancio di un portatile munito di un CPU x86 dell’AMD;

h)      effettuazione di pagamenti a favore della Lenovo fra il giugno 2006 e il dicembre 2006, subordinata alla condizione che la Lenovo ritardasse e alla fine annullasse il lancio dei suoi computer portatili muniti di CPU x86 dell’AMD.

Articolo 2

Per l’infrazione di cui all’articolo 1, ad Intel è inflitta un’ammenda di EUR 1 060 000 000 (…).

Articolo 3

Intel (…) pone immediatamente fine all’infrazione menzionata all’articolo 1, se in corso.

Intel (…) si astiene dal reiterare qualsiasi atto o comportamento di cui all’articolo 1, nonché da qualsiasi atto o comportamento che abbia oggetto o effetti analoghi.

(…)».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

36      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2009 Intel ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione impugnata deducendo nove motivi.

37      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 ottobre 2009, AMD ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della Commissione. Tuttavia, il 16 novembre 2009, AMD ha informato il Tribunale della sua decisione di ritirare la sua domanda di intervento in tale causa. Di conseguenza, con ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 5 gennaio 2010, AMD è stata esclusa dalla causa in qualità di parte interveniente.

38      Con atto registrato presso la cancelleria il 30 ottobre 2009, l’Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir) (in prosieguo: l’«UFC») ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della Commissione. Con ordinanza del 7 giugno 2010, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. Con lettera registrata presso la cancelleria del Tribunale il 22 settembre 2010, l’UFC ha informato il Tribunale di rinunciare al deposito di una memoria di intervento, ma di voler presentare osservazioni orali in udienza.

39      Con atto registrato presso la cancelleria del Tribunale il 2 novembre 2009, l’Association for Competitive Technology, Inc. (in prosieguo: l’«ACT») ha chiesto di intervenire nel procedimento a sostegno di Intel. Con ordinanza del 7 giugno 2010, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. ACT ha depositato la propria memoria di intervento nel termine assegnato e le parti principali hanno presentato osservazioni in relazione alla medesima.

40      Intel e la Commissione hanno chiesto che taluni dati riservati contenuti nell’atto di ricorso, nel controricorso, nella replica, nella controreplica e nelle loro rispettive osservazioni sulla memoria d’intervento fossero esclusi dalla comunicazione alle intervenienti, UFC e ACT. Esse hanno prodotto una versione congiunta non riservata di tali diversi atti processuali. La comunicazione dei suddetti atti processuali è stata limitata a tale versione non riservata. Le parti intervenienti non hanno sollevato obiezioni in proposito.

41      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale nel settembre 2010, e poiché il giudice relatore è stato eletto presidente della Settima Sezione, la causa è stata conseguentemente attribuita a quest’ultima.

42      Con decisione del 18 gennaio 2012, il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi alla Settima Sezione ampliata ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, e dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

43      Le parti sono state sentite nelle loro difese orali all’udienza che ha avuto luogo dal 3 al 6 luglio 2012.

44      Con sentenza del 12 giugno 2014, Intel/Commissione (T‑286/09; in prosieguo: la «sentenza iniziale», EU:T:2014:547), il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso.

45      A sostegno del suo primo motivo, relativo alle questioni orizzontali riguardanti le valutazioni giuridiche effettuate dalla Commissione, Intel ha contestato la ripartizione dell’onere della prova e il livello probatorio richiesto, la qualificazione giuridica degli sconti e dei pagamenti accordati quale contropartita di un approvvigionamento esclusivo, nonché la qualificazione giuridica dei pagamenti, definiti dalla Commissione come «restrizioni allo scoperto», diretti a far sì che i costruttori OEM ritardassero, annullassero o limitassero la commercializzazione di prodotti dotati di CPU di AMD. Intel ha fatto valere, in particolare, che l’analisi delle prove effettuata dalla Commissione non osservava gli standard necessari. In tal modo, la Commissione non avrebbe dimostrato che gli accordi di sconto della Intel fossero condizionati dal fatto che i clienti si rifornissero presso Intel per l’integralità del proprio fabbisogno di CPU x86 o per una parte consistente di tale fabbisogno. Inoltre, la Commissione avrebbe utilizzato un test AEC per determinare se gli sconti di Intel potessero restringere la concorrenza, ma avrebbe commesso numerosi errori nella sua analisi e nella sua valutazione delle prove relativamente all’effettuazione di tale test.

46      Il Tribunale ha, in sostanza, considerato, al punto 79 della sentenza iniziale, che gli sconti accordati a Dell, HP, NEC e Lenovo fossero sconti di esclusiva in quanto erano collegati alla condizione che il cliente si rifornisse presso Intel o per l’integralità del proprio fabbisogno in materia di CPU x86 o per una parte consistente di tale fabbisogno. Il Tribunale ha inoltre dichiarato, ai punti da 80 a 89 della sentenza iniziale, che la qualificazione come abusivo di uno sconto siffatto non dipende da un’analisi delle circostanze della fattispecie diretta ad accertare la sua capacità di restringere la concorrenza.

47      Ad abundantiam, ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva provato, in modo giuridicamente adeguato e in base a un’analisi delle circostanze della fattispecie, che gli sconti e i pagamenti di esclusiva accordati da Intel, rispettivamente, a Dell, HP, NEC, Lenovo e a MSH erano atti a restringere la concorrenza.

48      Relativamente al secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non aveva dimostrato la propria competenza per territorio ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE alle pratiche attuate nei confronti di Acer e di Lenovo, il Tribunale ha anzitutto ritenuto, al punto 244 della sentenza iniziale, che, per giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, fosse sufficiente accertare gli effetti qualificati della pratica o la sua attuazione nell’Unione europea. Il Tribunale ha poi giudicato, al punto 296 della sentenza impugnata, che gli effetti sostanziali, prevedibili e immediati che il comportamento di Intel era atto a produrre all’interno del SEE consentivano di fondare la competenza della Commissione. Infine, ad abundantiam, esso ha considerato, al punto 314 della sentenza impugnata, che tale competenza fosse del pari fondata a causa dell’attuazione del comportamento di cui trattasi nel territorio dell’Unione e del SEE.

49      A sostegno del terzo motivo, relativo ai vizi procedurali contestati alla Commissione, Intel ha dedotto, in particolare, una violazione dei suoi diritti della difesa per la mancanza di un verbale di trascrizione di un’audizione con D1, sostenendo che taluni elementi riguardanti tale audizione avrebbero potuto essere utilizzati come elementi a discarico. Essa ha altresì sostenuto che la Commissione avrebbe erroneamente rifiutato di svolgere una seconda audizione e di comunicare taluni documenti di AMD che avrebbero potuto essere pertinenti per la difesa di Intel.

50      In un primo momento, il Tribunale ha ritenuto, al punto 618 della sentenza iniziale, che la riunione di cui trattasi non costituisse un interrogatorio formale ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e che la Commissione non fosse tenuta a procedere ad un interrogatorio siffatto. Esso ne ha dedotto, che l’articolo 3 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), non era applicabile, cosicché l’argomento vertente sulla violazione delle formalità prescritte da tale disposizione era inoperante.

51      In un secondo momento, il Tribunale ha giudicato, ai punti 621 e 622 della sentenza iniziale, che, pur se la Commissione aveva violato il principio di buona amministrazione astenendosi dal redigere un documento contenente un breve riassunto degli argomenti affrontati in tale riunione, nonché il nome dei suoi partecipanti, essa aveva tuttavia rimediato a tale lacuna iniziale mettendo a disposizione di Intel la versione non riservata di una nota interna relativa alla suddetta riunione.

52      In merito al quarto motivo, relativo a presunti errori di valutazione delle pratiche nei confronti dei costruttori OEM e di MSH, il Tribunale ha respinto integralmente le censure mosse da Intel relativamente a Dell, HP, NEC, Lenovo, Acer e MSH ai punti 665, 894, 1032, 1221, 1371 e 1463 della sentenza iniziale.

53      In ordine al quinto motivo, con il quale Intel ha contestato l’esistenza di una strategia globale diretta a bloccare l’accesso di AMD ai canali di vendita più importanti, il Tribunale ha giudicato, ai punti 1551 e 1552 dalla sentenza iniziale, che la Commissione aveva, in sostanza, dimostrato a sufficienza il tentativo di dissimulare la natura anticoncorrenziale delle pratiche di Intel e di attuare una strategia globale a lungo termine il cui obiettivo era bloccare l’accesso di AMD ai suddetti canali di vendita.

54      Quanto al sesto motivo, secondo il quale la Commissione avrebbe applicato in maniera errata gli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, il Tribunale ha segnatamente considerato, al punto 1598 della sentenza iniziale, che né il principio della certezza del diritto né il principio di legalità dei reati e delle pene ostavano a che la Commissione decidesse di adottare e applicare nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende anche dopo il compimento di un’infrazione. Inoltre, il Tribunale ha rilevato, nello stesso punto, che un’applicazione efficiente delle regole di concorrenza giustificava che un’impresa dovesse tener conto dell’eventualità di una modifica della politica generale di concorrenza della Commissione in materia di ammende per quanto concerneva sia il metodo di calcolo sia il livello delle ammende.

55      Relativamente al settimo motivo, vertente sull’asserita assenza di violazione dell’articolo 102 TFUE, intenzionalmente o per negligenza, il Tribunale ha giudicato in sostanza, ai punti 1602 e 1603 della sentenza iniziale, che Intel non poteva ignorare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento e che gli elementi di prova presi in considerazione nella decisione impugnata dimostravano in maniera sufficiente che la ricorrente aveva attuato una strategia complessiva a lungo termine intesa a bloccare l’accesso di AMD ai canali di vendita più importanti sotto il profilo strategico, adoperandosi nel contempo per dissimulare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento.

56      Riguardo all’ottavo motivo, vertente sul carattere asseritamente sproporzionato dell’ammenda inflitta, il Tribunale ha constatato, ai punti da 1614 a 1616 della sentenza iniziale, che la precedente prassi decisionale della Commissione non poteva fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che, in ogni caso, le decisioni invocate a tal riguardo da Intel non erano pertinenti relativamente al rispetto del principio della parità di trattamento. Peraltro, contrariamente a quanto fatto valere da Intel, il Tribunale ha ricordato, ai punti 1627 e 1628 della sentenza iniziale, che la Commissione non aveva preso in considerazione l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato al fine di determinarne la gravità.

57      Relativamente, infine, al nono motivo, sollevato a sostegno di una domanda di soppressione o di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente nell’ambito dell’esercizio della competenza estesa al merito del Tribunale, quest’ultimo ha segnatamente giudicato, al punto 1647 della sentenza iniziale, che nulla all’interno delle censure, degli argomenti e degli elementi di diritto e di fatto addotti da Intel consentiva di concludere che l’ammenda inflittale presentasse un carattere sproporzionato. Il Tribunale ha, infatti, considerato, nel suddetto punto, che tale ammenda era adeguata alle circostanze del caso di specie e ha sottolineato che essa si situava ben al di sotto del limite massimo del 10% fissato all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

58      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 26 agosto 2014, la ricorrente ha impugnato la sentenza iniziale.

59      A sostegno dell’impugnazione, la ricorrente ha dedotto sei motivi. Con il primo motivo, essa ha sostenuto che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto in quanto non ha esaminato gli sconti controversi alla luce di tutte le circostanze pertinenti. Con il secondo motivo, la ricorrente ha dedotto un errore di diritto commesso dal Tribunale nel valutare la constatazione dell’infrazione per gli anni 2006 e 2007, in particolare per quanto riguarda la valutazione della copertura di mercato da parte degli sconti controversi nel corso dei suddetti due anni. Con il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato un errore di diritto commesso dal Tribunale in merito alla qualificazione giuridica degli sconti di esclusiva conclusi da Intel con HP e Lenovo. Con il quarto motivo, essa ha osservato che il Tribunale avrebbe erroneamente concluso nel senso dell’insussistenza, nel modo in cui la Commissione ha trattato l’audizione di D1, di un vizio procedurale sostanziale, lesivo dei suoi diritti della difesa. Il quinto motivo verteva su un’errata applicazione, da parte del Tribunale, dei criteri attinenti alla competenza della Commissione relativamente agli accordi conclusi da Intel con Lenovo per gli anni 2006 e 2007. Con il sesto motivo, infine, la ricorrente ha chiesto alla Corte di sopprimere o di ridurre sensibilmente l’importo dell’ammenda che le è stata irrogata in applicazione del principio di proporzionalità nonché del principio dell’irretroattività degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003.

60      La Commissione ha chiesto il rigetto dell’impugnazione. A sua volta, ACT ha chiesto che l’impugnazione sia accolta integralmente.

61      La Corte, con la sua sentenza del 6 settembre 2017, Intel/Commissione (C‑413/14 P; in prosieguo: la «sentenza sull’impugnazione», EU:C:2017:632), come rettificata, ha annullato la sentenza iniziale e ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale.

 Procedimento e conclusioni delle parti dopo il rinvio

62      La causa è stata assegnata alla Quarta Sezione ampliata del Tribunale.

63      Il 14, il 15 e il 16 novembre 2017, ACT, la ricorrente e la Commissione hanno presentato, rispettivamente, le loro osservazioni scritte sul rinvio, ai sensi dell’articolo 217, paragrafo 1, del regolamento di procedura (in prosieguo: le «osservazioni principali»).

64      La ricorrente e la Commissione hanno chiesto che taluni elementi riservati contenuti nelle loro rispettive osservazioni principali fossero esclusi dalla comunicazione alle intervenienti. Esse hanno prodotto una versione non riservata di tali diversi atti processuali. La comunicazione dei suddetti atti processuali è stata limitata a tale versione non riservata. Le intervenienti non hanno sollevato obiezioni in proposito.

65      Il 20 febbraio 2018, ACT e, il 5 marzo 2018, la ricorrente e la Commissione hanno depositato, rispettivamente, osservazioni scritte integrative ai sensi dell’articolo 217, paragrafo 3, del regolamento di procedura (in prosieguo: le «osservazioni integrative»).

66      La ricorrente e la Commissione hanno chiesto che taluni elementi riservati contenuti nelle loro rispettive osservazioni integrative fossero esclusi dalla comunicazione alle intervenienti. Esse hanno prodotto una versione congiunta non riservata di tali diversi atti processuali. La comunicazione dei suddetti atti processuali è stata limitata a tale versione non riservata. Le intervenienti non hanno sollevato obiezioni in proposito.

67      Nelle sue osservazioni, la ricorrente, sostenuta da ACT, chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare totalmente o parzialmente la decisione impugnata;

–        in subordine: sopprimere o ridurre in modo sostanziale l’importo dell’ammenda inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese sostenute dalla ricorrente.

68      Nelle sue osservazioni, la Commissione chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

69      Con lettere del 7, del 15 e del 28 ottobre 2019, Intel e la Commissione hanno parzialmente rinunciato alla riservatezza ai fini dell’udienza e della decisione che conclude il giudizio, a condizione che nessun documento riservato fosse notificato alle intervenienti. Esse hanno indicato, in sostanza, che tutti i dati del fascicolo potevano essere discussi in udienza pubblica, salvo due eccezioni, vale a dire che il Tribunale si astenesse dal divulgare dettagli sul server [riservato] e che i nomi delle persone fisiche menzionate negli atti non fossero resi pubblici.

70      Con lettera del 27 gennaio 2020, ACT ha chiesto di essere autorizzata a partecipare alla parte dell’udienza che doveva tenersi a porte chiuse a causa della riservatezza dei dati che dovevano essere discussi, conformemente alla decisione del Tribunale del 10 dicembre 2019.

71      Con lettera del 6 marzo 2020, UFC ha informato il Tribunale che rinunciava a partecipare all’udienza prevista dal 10 al 12 marzo 2020 (in prosieguo: l’«udienza del 2020»).

72      All’udienza del 2020, il presidente della Quarta Sezione ampliata ha fatto riferimento alla lettera del 27 gennaio 2020 depositata da ACT, con la quale quest’ultima chiedeva di partecipare all’udienza che inizialmente doveva svolgersi a porte chiuse. Il presidente della Quarta Sezione ampliata ha deciso di inserire agli atti questa lettera. Tuttavia, poiché l’udienza del 2020 si è svolta interamente in modalità pubblica, egli ha indicato che non era più necessario rispondere alla domanda di ACT. Inoltre, egli ha confermato che i nomi delle persone fisiche non sarebbero stati divulgati né in pubblica udienza né nella decisione conclusiva del giudizio.

73      In seguito al decesso del giudice Berke, avvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici firmatari della presente sentenza hanno proseguito le deliberazioni, conformemente all’articolo 22 e all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

 In diritto

 Sugli argomenti delle parti relativi alloggetto della controversia dopo il rinvio

74      In via preliminare, occorre rilevare che, con le sue osservazioni scritte depositate ai sensi dell’articolo 217, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura, la ricorrente ha rinunciato ai motivi del ricorso concernenti la competenza della Commissione e taluni vizi di procedura, i quali, dunque, non fanno più parte dell’oggetto della controversia dopo il rinvio.

75      Le parti si contrappongono in merito alla portata della controversia dopo il rinvio per quanto riguarda gli altri motivi del ricorso.

76      La ricorrente, sostenuta da ACT, fa valere, in sostanza, che, tenuto conto dell’annullamento della sentenza iniziale nella sua interezza, il Tribunale è tenuto a emettere una nuova sentenza procedendo a un riesame di tutti gli argomenti e dei motivi dedotti nel suo ricorso diversi da quelli a cui essa ha rinunciato, tenendo conto del contesto normativo delineato dalla Corte nella sentenza sull’impugnazione. Essa aggiunge, da un lato, che la sentenza sull’impugnazione fornisce un chiarimento sostanziale del contesto nel quale gli elementi di prova in fatto ed economici devono essere presi in considerazione e, dall’altro, che il fatto che il primo motivo di impugnazione sia stato accolto incide necessariamente sulla valutazione di tali elementi di prova e dei termini in cui è formulata la decisione impugnata.

77      Al contrario, la Commissione adduce, in sostanza, che le constatazioni della sentenza iniziale sono definitive qualora non siano collegate a un errore di diritto rilevato dalla Corte nella sua sentenza sull’impugnazione. A suo avviso, ciò si verifica in particolare laddove le constatazioni del Tribunale non siano state impugnate nell’ambito dell’impugnazione oppure qualora la Corte abbia respinto la messa in discussione di constatazioni contenute nella sentenza iniziale. Essa aggiunge, da un lato, che dai punti 147 e 149 della sentenza sull’impugnazione emerge che il Tribunale è tenuto ad esaminare, nell’ambito del rinvio, solo la capacità degli sconti di restringere la concorrenza e, dall’altro, che dai punti 109, 137 e 138 della sentenza sull’impugnazione risulta chiaramente che il punto di partenza di tale esame è la constatazione di fatto, non rimessa in discussione, secondo cui gli sconti controversi costituiscono sconti di fedeltà. In subordine, la Commissione sostiene inoltre che, se il Tribunale decidesse di riesaminare tutti i motivi e gli argomenti sollevati dalla ricorrente nel suo ricorso, non sussisterebbe alcuna ragione in base alla quale esso debba pervenire a conclusioni diverse da quelle formulate nella sua prima sentenza sulle questioni che non sono state sollevate nell’ambito dell’impugnazione.

78      Nel caso di specie, in primo luogo, si pone dunque la questione se, nell’ambito del rinvio, il Tribunale sia nuovamente investito di tutti i motivi e gli argomenti dedotti dalla ricorrente nel suo ricorso oppure se, come sostiene, in sostanza, la Commissione, alcune constatazioni contenute nella sentenza iniziale possano essere considerate dotate dell’autorità di cosa giudicata.

79      La risposta a questa domanda è determinata, come giustamente sostenuto dalla ricorrente all’udienza del 2020, dal testo del dispositivo della sentenza d’appello.

80      Infatti, occorre ricordare che, a seguito dell’annullamento da parte della Corte e del rinvio della causa dinanzi al Tribunale, quest’ultimo è investito della causa mediante la sentenza della Corte, in applicazione dell’articolo 215 del regolamento di procedura, e deve pronunciarsi nuovamente su tutti i motivi di annullamento dedotti dalla parte ricorrente, ad esclusione degli elementi del dispositivo non annullati dalla Corte nonché delle considerazioni che costituiscono il necessario fondamento di detti elementi, essendo questi ultimi passati in giudicato (sentenza del 14 settembre 2011, Marcuccio/Commissione, T‑236/02, EU:T:2011:465, punto 83).

81      A tal riguardo, occorre rilevare che il punto 1 del dispositivo della sentenza sull’impugnazione procede all’annullamento integrale della sentenza iniziale, in quanto enuncia che tale sentenza «è annullata».

82      Ne consegue che, come sostengono la ricorrente e ACT, il Tribunale deve, nel caso di specie, pronunciarsi nuovamente su tutti i motivi e gli argomenti delle parti presentati in primo grado, ad eccezione di quelli menzionati al punto 74 supra e relativi alla competenza della Commissione e a vizi di procedura, ai quali la ricorrente ha espressamente rinunciato.

83      In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta e la causa è rinviata al Tribunale affinché statuisca sulla controversia, quest’ultimo è vincolato ai punti di diritto sui quali si è pronunciata la decisione della Corte. Pertanto, come rilevato dalla Commissione e sottolineato, in sostanza, da ACT nel corso dell’udienza del 2020, nulla impedisce, in linea di principio, al giudice del rinvio di esprimere lo stesso giudizio del giudice di primo grado in merito ai motivi e agli argomenti che non sono stati esaminati nella motivazione della sentenza sull’impugnazione. Infatti, in tale ipotesi, non vi sono «punti di diritto» della «decisione emessa dalla Corte», ai sensi dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, che vincolino il giudice del rinvio (sentenza del 14 settembre 2011, Marcuccio/Commissione, T‑236/02, EU:T:2011:465, punto 86).

84      Nel caso di specie, è necessario constatare che l’unico errore che ha giustificato l’annullamento della sentenza iniziale consiste nel fatto che il Tribunale «si è a torto astenuto, nell’ambito della sua analisi della capacità degli sconti controversi di limitare la concorrenza, dal prendere in considerazione gli argomenti di Intel diretti a mettere in luce presunti errori commessi dalla Commissione nell’ambito del test AEC» (sentenza sull’impugnazione, punto 147).

85      Ne deriva che, in applicazione della giurisprudenza citata ai punti 80 e 83 supra, il Tribunale è obbligato a esaminare, nell’ambito del rinvio, la capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza alla luce, da un lato, delle precisazioni contenute ai punti 133 e 141 della sentenza sull’impugnazione riguardo ai principi sanciti nella sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36), e, dall’altro, delle osservazioni principali e complementari delle parti sulle conclusioni da trarre da tali precisazioni. Pertanto, se è vero che il Tribunale è tenuto ad esaminare gli argomenti di Intel diretti a dimostrare che la Commissione è incorsa in errori nella sua analisi AEC, esso può, per il resto, riprendere in suo conto, nell’ambito del suo esame, l’insieme degli accertamenti non contestati nell’ambito dell’impugnazione o, in ogni caso, quelli vertenti su «punti di diritto non decisi» dalla sentenza sull’impugnazione.

86      Ciò vale, in particolare, per le constatazioni relative alla qualificazione giuridica delle pratiche denominate restrizioni allo scoperto, presenti nel titolo II «Sulle conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata», punto A, intitolato «Questioni orizzontali concernenti le valutazioni giuridiche effettuate dalla Commissione», punto 3, intitolato «Sulla qualificazione giuridica delle pratiche denominate “restrizioni allo scoperto”», della sentenza iniziale (punti da 198 a 220 di detta sentenza), nonché alle restrizioni allo scoperto e all’esistenza degli sconti di esclusiva, al medesimo titolo II, punto d, intitolato «Errori di valutazione concernenti le pratiche nei confronti dei diversi costruttori OEM e di MSH», della sentenza iniziale (punti da 437 a 1522 di detta sentenza).

87      Per quanto riguarda le constatazioni relative alle restrizioni allo scoperto, Intel e ACT fanno valere, nelle loro osservazioni principali, che dalla sentenza sull’impugnazione risulta che la Commissione avrebbe dovuto esaminare, nella decisione impugnata, se le restrizioni allo scoperto potessero produrre gli effetti di esclusione dal mercato addebitati alla ricorrente, mediante l’applicazione degli elementi elencati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione e del test AEC. ACT aggiunge che le restrizioni allo scoperto costituirebbero, in ultima analisi, una forma di sconto o di pagamenti di esclusiva e che il principio della certezza del diritto imporrebbe di non distinguere queste due pratiche tariffarie.

88      Occorre anzitutto sottolineare che dai punti 1641 e seguenti della decisione impugnata risulta che è stata operata una distinzione tra le azioni di Intel nei confronti di Acer, di HP e di Lenovo, che sono qualificate come restrizioni allo scoperto, e le altre azioni di Intel, che, a loro volta, rientrano nel test AEC effettuato nella decisione impugnata. A tal riguardo, è necessario constatare che tale distinzione deriva dal fatto che le restrizioni allo scoperto si basano su due pilastri, il secondo dei quali le differenzia dalle altre azioni di Intel di cui alla decisione impugnata. In effetti, oltre alla circostanza che alcuni sconti o pagamenti sono stati proposti da Intel ai costruttori OEM interessati (rispettivamente HP, Acer e Lenovo), venivano loro richieste specifiche omissioni, quale contropartita di detti pagamenti, vale a dire di annullare o limitare in un modo o nell’altro la commercializzazione di taluni prodotti muniti di CPU di AMD.

89      Più in particolare, secondo la descrizione di tali pratiche effettuata dal Tribunale al punto 198 della sentenza iniziale, la concessione dei pagamenti da parte di Intel era subordinata alle seguenti condizioni:

–        in primo luogo, HP doveva orientare i propri computer fissi aziendali muniti di CPU x86 di AMD verso le piccole e medie imprese e il settore governativo, educativo e medico, piuttosto che verso le grandi imprese;

–        in secondo luogo, HP doveva vietare ai propri partner di distribuzione la conservazione di computer fissi aziendali muniti di CPU x86 di AMD, in modo che tali computer fossero a disposizione dei clienti solo se ordinati a HP o direttamente o tramite partner di distribuzione di HP operanti in qualità di agenti commerciali;

–        in terzo luogo, Acer, HP e Lenovo dovevano ritardare o annullare il lancio di computer muniti di CPU di AMD.

90      Tenuto conto di quanto precede, anzitutto, il Tribunale constata che nella sentenza sull’impugnazione non vi sono elementi che permettano di ritenere che la Corte abbia giudicato che il metodo definito ai punti 138 e seguenti della sentenza sull’impugnazione debba applicarsi anche alle restrizioni allo scoperto. Del pari, in nessun punto di tale sentenza risulta che la Corte abbia preteso la realizzazione di un test AEC per le restrizioni allo scoperto, come sosteneva la ricorrente in primo grado. Sebbene tali pratiche fossero chiaramente distinte sia nella decisione impugnata della Commissione sia nella sentenza iniziale del Tribunale, è necessario constatare che la sentenza sull’impugnazione non esamina dette pratiche in quanto tali, ma semplicemente le menziona ai punti 11 e 15, nel contesto dei fatti all’origine della controversia e della sintesi del procedimento dinanzi al Tribunale, senza ulteriori valutazioni.

91      Come giustamente osservato dalla Commissione, il modo in cui la Corte ha, da un lato, riassunto il primo motivo di impugnazione e, dall’altro, motivato la sua valutazione ai punti 137 e seguenti della sua sentenza corrobora la tesi secondo cui essa non ha affatto operato una valutazione sulle restrizioni allo scoperto di cui trattasi. Risulta infatti inequivocabilmente dai suddetti punti che la Corte ha effettuato la sua valutazione solo sugli sconti di fedeltà ai sensi della sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36).

92      Ciò appare ancor più evidente dalla lettura del punto 141 della sentenza sull’impugnazione, il quale precisa che «[s]e, nella decisione che accerta il carattere abusivo di un sistema di sconti, la Commissione effettua un’analisi [AEC], incombe al Tribunale esaminare tutti gli argomenti della parte ricorrente diretti a rimettere in discussione la fondatezza delle constatazioni raggiunte dalla Commissione quanto alla capacità di preclusione dal mercato del sistema di sconti considerato». In effetti, poiché la Commissione non ha affatto compiuto un’analisi AEC riguardante restrizioni allo scoperto e il Tribunale ha sostanzialmente convalidato tale approccio ai punti da 198 a 220 della sentenza iniziale, non vi è alcun dubbio che la Corte intendesse il «test giuridico» da applicare agli sconti e ai pagamenti accordati rispettivamente ai costruttori OEM e a MSH e non alle restrizioni allo scoperto.

93      Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto da Intel e ACT, dalla sentenza sull’impugnazione non risulta che le restrizioni allo scoperto debbano essere assoggettate, per quanto riguarda la determinazione del loro carattere abusivo, agli stessi principi degli sconti controversi.

94      Inoltre, contrariamente a quanto sostiene ACT, le restrizioni allo scoperto, così come individuate dalla Commissione, sono caratterizzate dal fatto che si tratta di pratiche fondate su due pilastri, il secondo dei quali le differenzia dalle altre azioni di Intel considerate della decisione impugnata, come è stato esposto al punto 88 supra. Pertanto, il principio della certezza del diritto non osta a che gli sconti condizionati e le restrizioni allo scoperto siano sottoposti a test giuridici diversi, giacché una distinzione tra questi due tipi di comportamento non potrebbe essere applicata in un modo coerente dalle autorità e dagli organi giurisdizionali competenti.

95      Infine, nelle loro osservazioni principali e integrative, Intel e ACT non deducono alcun argomento idoneo a dimostrare che taluni elementi di fatto esaminati nella sentenza iniziale e relativi alle restrizioni allo scoperto debbano essere riesaminati in seguito al rinvio.

96      In tali circostanze, il Tribunale ritiene che occorra riprendere le constatazioni di cui ai punti da 198 a 220, da 799 a 873, da 1043 a 1144, da 1222 a 1361 e 1371 della sentenza iniziale, unicamente nella parte in cui riguardano le restrizioni allo scoperto e il loro carattere illegittimo alla luce dell’articolo 102 TFUE.

97      Per quanto riguarda le valutazioni relative alla qualificazione degli sconti controversi come «sconti di esclusiva» contenute nel titolo II, punto D, della sentenza iniziale, il Tribunale ritiene di doverle parimenti riprendere. In primo luogo, esse non sono state oggetto di un esame nella motivazione della sentenza sull’impugnazione e non possono quindi essere considerate come un punto di diritto su cui la Corte ha emesso una decisione, ai sensi dell’articolo 61, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In secondo luogo, è giocoforza constatare, al pari della Commissione all’udienza del 2020, che la ricorrente non ha fornito alcun argomento idoneo a dimostrare che taluni elementi di fatto esaminati nella sentenza iniziale ai fini della qualificazione degli sconti controversi come «sconti di esclusiva» debbano essere riesaminati, in particolare a seguito delle precisazioni fornite nella sentenza sull’impugnazione quanto ai principi stabiliti nella sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36).

98      Ciò posto, il Tribunale ritiene che occorra riprendere le considerazioni contenute nel titolo II, punto D, della sentenza iniziale secondo cui la Commissione, nella decisione impugnata, ha accertato che: primo, la ricorrente aveva segnalato a Dell che, dal dicembre 2002 al dicembre 2005, il livello degli sconti concesso in forza di un programma di allineamento in materia di concorrenza (Meet Competition Programme) era soggetto ad una condizione di esclusiva (sentenza iniziale, punti da 444 a 584); secondo, i due accordi conclusi fra la ricorrente e HP tra il novembre 2002 e il maggio 2005 (in prosieguo: gli «accordi HPA») consistevano in sconti di esclusiva (sentenza iniziale, punti da 673 a 798); terzo, la ricorrente aveva concesso sconti di esclusiva a NEC tra l’ottobre 2002 e il novembre 2005 (sentenza iniziale, punti da 900 a 1018); quarto, la ricorrente e Lenovo avevano stipulato una dichiarazione d’intenti, il Memorandum of Understanding del 2007 (in prosieguo: il «MoU 2007»), il quale era soggetto a una condizione non scritta di esclusiva (sentenza iniziale, punti da 1045 a 1208), e, quinto, la ricorrente aveva accordato a MSH alcuni pagamenti tra l’ottobre 2002 e il dicembre 2007, il cui livello era subordinato alla condizione che MSH vendesse solo computer muniti di CPU Intel (sentenza iniziale, punti da 1372 a 1502).

99      Si deve aggiungere che le considerazioni di cui al punto 98 supra sono riprese con riserva di due precisazioni.

100    Anzitutto, la parte delle considerazioni di cui al punto 98 supra secondo le quali la Commissione non era tenuta a quantificare in modo esatto la quota degli sconti che costituiscono la contropartita di un’esclusiva (sentenza iniziale, punti 453, 538, 916 e 1500) valgono solo nei limiti in cui esse intervengono a sostegno della qualificazione degli sconti controversi come «sconti di esclusiva».

101    Inoltre, poiché il Tribunale è vincolato dal punto di diritto deciso dalla Corte nella sentenza su impugnazione illustrato al punto 84 supra, da un lato, esso non riprende alcuna delle considerazioni di cui al punto 98 supra dalle quali risulta, da un lato, che l’effettuazione del test AEC non era necessaria nell’ambito dell’analisi della capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza e, dall’altro, che la qualificazione degli sconti controversi come sconti di esclusiva era sufficiente per qualificarli anche come abusivi ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

102    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre considerare, in risposta agli argomenti delle parti, che l’oggetto della controversia verte sostanzialmente sull’analisi, da parte del Tribunale, della capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza alla luce delle precisazioni apportate riguardo ai principi sanciti nella sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36), contenute ai punti 133 e seguenti della sentenza sull’impugnazione, da un lato, e delle osservazioni delle parti sulle conclusioni da trarre da tali precisazioni, dall’altro.

 Sugli argomenti della Commissione relativi alla ricevibilità di taluni argomenti contenuti nelle osservazioni principali della ricorrente e di ACT

103    Nelle sue osservazioni integrative, la Commissione fa valere che le osservazioni principali della ricorrente sono in gran parte irricevibili o, quanto meno, prive di pertinenza. A suo avviso, il vero ruolo delle osservazioni formulate ai sensi dell’articolo 217 del regolamento di procedura è quello di commentare gli effetti che la sentenza sull’impugnazione avrà nell’ambito del rinvio. Orbene, tenuto conto del fatto che nella sentenza sull’impugnazione è stato dichiarato che il mancato esame degli argomenti dedotti da Intel in merito al test AEC era un errore, ma che non è stata tratta alcuna conclusione quanto alla fondatezza del test AEC contenuto nella decisione impugnata, nella sentenza sull’impugnazione non vi è alcun elemento idoneo a giustificare che la ricorrente abbia dedicato la sostanza delle sue osservazioni a ripetere gli argomenti dedotti in merito al test AEC.

104    La Commissione fa altresì valere che la sentenza sull’impugnazione non costituisce un elemento nuovo atto a giustificare che la ricorrente possa modificare o estendere le censure formulate nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza iniziale e sostiene, a tale titolo, che alcuni argomenti contenuti nelle osservazioni principali della ricorrente o di ACT sono irricevibili.

105    A tal riguardo, si deve ricordare la costante giurisprudenza secondo cui, ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura, la parte ricorrente ha l’obbligo di definire l’oggetto della controversia e di presentare le sue conclusioni nell’atto introduttivo del giudizio (v. sentenza del 20 maggio 2009, VIP Car Solutions/Parlamento, T‑89/07, EU:T:2009:163, punto 110 e giurisprudenza ivi citata). Inoltre, ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile in forza dell’articolo 218 del medesimo regolamento, quando il Tribunale viene adito, come nella fattispecie, su sentenza di rinvio della Corte, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che tali motivi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Se è pur vero che l’articolo 84, paragrafo 2, di detto regolamento consente, in determinate circostanze, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, tale disposizione non può essere in alcun caso interpretata nel senso che autorizzi la parte ricorrente a presentare al giudice dell’Unione conclusioni nuove e a modificare, in tal modo, l’oggetto della controversia o la natura del ricorso (sentenze del 20 maggio 2009, VIP Car Solutions/Parlamento, T‑89/07, EU:T:2009:163, punto 110, e del 13 giugno 2012, Insula/Commissione, T‑246/09, non pubblicata, EU:T:2012:287, punti 100 e 103).

106    Ne deriva che, in seguito alla sentenza di rinvio della Corte, le parti non possono, in linea di principio, invocare motivi di ricorso che non siano stati sollevati nel corso del procedimento sfociato nella sentenza del Tribunale annullata dalla Corte (sentenza del 1° luglio 2008, Chronopost e La Poste/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 71). Solo un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che sia strettamente connesso con questo va considerato ricevibile (sentenza dell’11 marzo 2020, Commissione/Gmina Miasto Gdynia e Port Lotniczy Gdynia Kosakowo, C‑56/18 P, EU:C:2020:192, punto 66).

107    Occorre altresì ricordare che solo gli argomenti di una parte interveniente che rientrano nel quadro definito dalle conclusioni e dai motivi delle parti principali sono ricevibili (sentenza del 4 febbraio 2020, Uniwersytet Wrocławski e Polonia/REA, C‑515/17 P e C‑561/17 P, EU:C:2020:73, punto 51).

108    Nel caso di specie, il ricorso nella causa T‑286/09 è stato delimitato sulla base del ricorso, richiamato al punto 36 supra.

109    A detto titolo, occorre rilevare che, nel ricorso, la ricorrente ha fatto valere che, nella decisione impugnata, la Commissione era incorsa in una serie di «errori manifesti» in sede di effettuazione del test AEC, poi ha dettagliato le sue affermazioni in merito ai suddetti errori per quanto riguarda gli sconti e i pagamenti concessi, rispettivamente, a Dell, a Lenovo, a HP, a NEC e a MSH. Pertanto, l’articolo 84, paragrafo 1, del regolamento di procedura non osta a che la ricorrente dedichi la parte essenziale delle sue osservazioni principali a ripetere gli argomenti del ricorso relativi al test AEC, o persino a procedere a un ampliamento di detti argomenti. Infatti, una prassi del genere non può essere assimilata alla deduzione di motivi nuovi in corso di causa.

110    Ciò posto, occorre respingere l’argomento della Commissione vertente sull’articolo 217 del regolamento di procedura, secondo il quale le osservazioni principali della ricorrente sono in gran parte irricevibili o, quanto meno, prive di pertinenza.

111    Per contro, la Commissione fa giustamente valere che, nonostante il fatto che, in forza dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il Tribunale sia vincolato all’interpretazione del diritto effettuata dalla sentenza sull’impugnazione, ciò non toglie che il Tribunale è altresì vincolato dai motivi dedotti dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio e che l’impugnazione non costituisce, in quanto tale, un elemento nuovo che giustifichi una modifica o un’estensione delle censure di Intel contro la decisione impugnata. Altrettanto correttamente la Commissione sostiene che ACT non può far valere, a seguito del rinvio, argomenti a sostegno della ricorrente che non corrispondano a motivi dedotti da quest’ultima nell’atto introduttivo del giudizio.

112    Le affermazioni della Commissione secondo cui taluni argomenti formulati nelle osservazioni principali della ricorrente o nelle osservazioni principali di ACT avrebbero modificato o esteso le censure formulate nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza iniziale saranno, ove ciò si rivelasse necessario ai fini della soluzione della presente causa, esaminate successivamente nella presente sentenza (v. in particolare, punti 401 e 506 infra).

 Sul merito

 Sulle conclusioni intese all’annullamento della decisione impugnata

113    La ricorrente, sostenuta da ACT, sostiene che la decisione impugnata dovrebbe essere annullata in quanto, in primo luogo, si basa su un’analisi giuridica errata, in secondo luogo, non ha debitamente analizzato e preso in considerazione i criteri di cui al punto 139 della sentenza d’appello e, in terzo luogo, contiene un’analisi AEC inficiata da numerosi errori.

114    La Commissione, dal canto suo, fa valere, in sostanza, che la decisione impugnata deve essere confermata nella sua interezza, in quanto, in primo luogo, essa è conforme all’approccio adottato dalla sentenza sull’impugnazione, in secondo luogo, ha preso in considerazione l’insieme dei criteri di cui al punto 139 di tale sentenza e, in terzo luogo, l’analisi AEC non è inficiata da alcun errore.

115    Nel caso di specie, come precisato al punto 102 supra, il Tribunale è tenuto ad esaminare, alla luce della sentenza sull’impugnazione, la fondatezza dei motivi e degli argomenti invocati dalla ricorrente al fine di negare la capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza. A tal fine, occorre, in un primo momento, ricordare il metodo definito dalla Corte per analizzare se sconti, come quelli di cui trattasi nel caso di specie, siano idonei a restringere la concorrenza e, in un secondo tempo, trarne i principali insegnamenti.

I.      Sul metodo definito dalla Corte per valutare la capacità di un sistema di sconti di restringere la concorrenza

116    In primo luogo, la Corte ha ricordato, ai punti da 133 a 137 della sentenza sull’impugnazione, quali erano la natura e la finalità dell’articolo 102 TFUE. Facendo riferimento, in particolare, alla sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark (C‑209/10, EU:C:2012:172), la Corte ha sottolineato, in sostanza, che la concorrenza basata sui meriti poteva portare a escludere dal mercato i concorrenti meno efficienti (sentenza sull’impugnazione, punto 134), ricordando al contempo la particolare responsabilità che incombeva alle imprese in posizione dominante al fine di non pregiudicare una concorrenza effettiva e non falsata (sentenza sull’impugnazione, punto 135). Inoltre, la Corte ha sottolineato che non tutta la concorrenza attuata mediante i prezzi poteva essere considerata legittima (sentenza sull’impugnazione, paragrafo 136).

117    In secondo luogo, al punto 137 della sentenza sull’impugnazione, la Corte ha ricordato la sua giurisprudenza costante derivata dalla sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36) (in prosieguo: la «giurisprudenza Hoffmann-La Roche»), secondo la quale, in sostanza, gli sconti di fedeltà costituivano uno sfruttamento abusivo di una posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

118    In terzo luogo, la Corte ha tuttavia dichiarato, al punto 138 della sentenza sull’impugnazione, che la giurisprudenza Hoffmann-La Roche doveva essere precisata nel caso in cui un’impresa in posizione dominante «sosten[esse], nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non [avev]a avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato addebitati».

119    In un’ipotesi del genere, la Corte ha indicato, al punto 139 della sentenza sull’impugnazione, quali fossero i criteri da prendere in considerazione per accertare una violazione dell’articolo 102 TFUE. Secondo la Corte, la Commissione è tenuta, ad analizzare, per prima cosa, l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa sul mercato pertinente, per seconda, il tasso di copertura del mercato ad opera della pratica concordata, per terza, le condizioni e le modalità di concessione degli sconti di cui trattasi, per quarta, la loro durata e il loro importo, ma deve anche valutare, per quinta, l’eventuale esistenza di una strategia diretta ad escludere dal mercato i concorrenti quantomeno altrettanto efficaci.

120    In quarto luogo, al punto 141 della sentenza sull’impugnazione, la Corte ha giudicato che «se, [come nel caso di specie], nella decisione che accerta il carattere abusivo di un sistema di sconti, la Commissione effettua un’analisi siffatta, incombe al Tribunale esaminare tutti gli argomenti della parte ricorrente diretti a rimettere in discussione la fondatezza delle constatazioni raggiunte dalla Commissione quanto alla capacità di preclusione dal mercato del sistema di sconti considerato».

121    In quinto luogo, al punto 142 della sentenza sull’impugnazione, la Corte ha rilevato che la Commissione, pur sottolineando nella decisione impugnata che «gli sconti [controversi] avevano, per loro stessa natura, la capacità di restringere la concorrenza cosicché non era necessaria un’analisi di tutte le circostanze della fattispecie, e in particolare un test AEC, al fine di constatare un abuso di posizione dominante (v., in particolare, i punti 925 e 1760 di tale decisione), [essa] [avev]a nondimeno effettuato un esame approfondito di tutte le circostanze, dedicando, ai punti da 1002 a 1576 della suddetta decisione, osservazioni molto dettagliate alla sua analisi svolta nell’ambito del test AEC, analisi che l’[aveva] condotta a concludere, ai punti 1574 e 1575 di detta decisione, che un concorrente altrettanto efficiente avrebbe dovuto praticare prezzi che non sarebbero stati economicamente sostenibili e che, pertanto, la pratica di sconti di cui trattasi era atta ad avere effetti preclusivi per un concorrente siffatto».

122    È questa la ragione per la quale la Corte ha concluso, ai punti 143 e 144 della sentenza sull’impugnazione, che, poiché il test AEC aveva rivestito un’importanza reale nella valutazione, da parte della Commissione, della capacità della pratica degli sconti controversi di produrre un effetto di esclusione dal mercato di concorrenti altrettanto efficaci, il Tribunale era tenuto ad esaminare tutti gli argomenti di Intel formulati in merito al test AEC applicato dalla Commissione nella decisione impugnata, cosa che esso si era astenuto dal fare.

II.    Sui principi derivanti dalla sentenza sull’impugnazione

123    Al pari delle parti, occorre rilevare che la sentenza sull’impugnazione mette a fuoco la giurisprudenza Hoffmann-La Roche, dalla quale è possibile trarre tre insegnamenti.

124    In primo luogo, dai punti 137 e 138 della sentenza sull’impugnazione risulta che, sebbene un sistema di sconti istituito da un’impresa in posizione dominante sul mercato possa essere qualificato come restrizione della concorrenza, poiché, tenuto conto della sua natura, i suoi effetti restrittivi sulla concorrenza possono presumersi, resta nondimeno il fatto che si tratta, a tal riguardo, di una presunzione semplice e non, di per sé, di una violazione dell’articolo 102 TFUE, che esonera la Commissione in ogni caso dall’esaminarne gli effetti.

125    In secondo luogo, la Corte ha dichiarato che, nell’ipotesi in cui un’impresa in posizione dominante «sostenga nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato [che le sono] addebitati», la Commissione deve analizzare la capacità di preclusione del sistema di sconti applicando i cinque criteri enunciati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione (v. punto 119 supra). Alla luce del tenore letterale del punto 139 della sentenza sull’impugnazione, la Commissione è tenuta, quanto meno, ad esaminare tali cinque criteri al fine di valutare la capacità di preclusione dal mercato di un sistema di sconti, come quello di cui trattasi, nel caso di specie.

126    Infine, in terzo luogo, occorre sottolineare che, sebbene la Corte non abbia dichiarato che un test AEC dovesse necessariamente essere realizzato per esaminare la capacità di preclusione di qualsiasi sistema di sconti, dalla sentenza sull’impugnazione risulta, in sostanza, che, quando un test AEC è stato effettuato dalla Commissione, esso fa parte degli elementi di cui quest’ultima deve tener conto per valutare la capacità del sistema di sconti di restringere la concorrenza.

127    È alla luce di tali insegnamenti e del metodo definito dalla Corte che il Tribunale esaminerà i motivi e gli argomenti sollevati dalla ricorrente per contestare la capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza, iniziando anzitutto con la valutazione della fondatezza dell’argomento della ricorrente e di ACT secondo cui, in sostanza, la decisione impugnata sarebbe fondata su un’analisi giuridica erronea che può, di per sé sola, comportarne l’annullamento.

III. Sulla fondatezza degli argomenti sollevati dalla ricorrente e da ACT

A.      Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata sarebbe fondata su un’analisi giuridica erronea

128    In primo luogo, come esse sostenevano in primo grado, la ricorrente e ACT sostengono che la Commissione si è basata su un’analisi giuridica inficiata da un errore fondamentale che ha avuto conseguenze sull’intera decisione impugnata e che deve, di per sé solo, comportarne l’annullamento.

129    Secondo la ricorrente e ACT, l’accertamento di un’infrazione nella decisione impugnata può essere mantenuto solo se può essere dimostrato che esso si basa su un’analisi giuridica corrispondente a quella descritta ai punti 138 e 139 della sentenza sull’impugnazione. Orbene, a loro avviso, non vi sarebbe alcun dubbio che ciò non si verifichi nel caso di specie. Infatti, anziché interpretare la giurisprudenza Hoffmann-La Roche, nel senso che essa istituisce una presunzione semplice di illegittimità, la Commissione si sarebbe limitata a constatare che gli sconti controversi erano per loro natura abusivi, cosicché non sarebbe stato necessario esaminare e, a fortiori, tener conto della loro capacità di esclusione dal mercato per concludere nel senso del loro carattere abusivo.

130    In secondo luogo, ACT aggiunge, in sostanza, che, quand’anche la decisione impugnata contenesse constatazioni relative alla capacità degli sconti controversi di restringere la concorrenza, siffatto constatazioni aggiuntive non farebbero affatto parte dell’analisi giuridica effettuata al fine di dimostrare che tali sconti erano abusivi e violavano l’articolo 102 TFUE. Inoltre, essa osserva che la Commissione avrebbe ritenuto che criteri come la copertura del mercato, la durata degli sconti e l’importo degli stessi non fossero rilevanti per stabilire l’esistenza di un abuso, confermando che non erano stati presi in considerazione a tal fine. Orbene, alla luce del metodo definito nella sentenza sull’impugnazione, ciò sarebbe sufficiente per ritenere che l’intera analisi della decisione impugnata sia inficiata da un errore che ne giustifica l’annullamento.

131    La Commissione contesta la fondatezza dell’argomento secondo cui la decisione impugnata sarebbe fondata su un’analisi giuridica errata tale da comportare, di per sé sola, il suo annullamento.

132    All’udienza del 2020, in risposta ad un quesito del Tribunale, la Commissione ha sottolineato, in sostanza, che la decisione impugnata si basava principalmente su un’interpretazione classica della giurisprudenza Hoffman-La Roche. Per tale motivo essa ha fatto valere, nei suoi scritti difensivi in primo grado, che la decisione impugnata non aveva bisogno di basarsi sul test AEC, in quanto ciò era privo di pertinenza. Essa ha tuttavia osservato che la Corte aveva indicato, al punto 143 della sentenza sull’impugnazione, che il test AEC aveva rivestito un’importanza reale nella sua valutazione della capacità della pratica di sconti in questione di produrre un effetto di esclusione dal mercato di concorrenti altrettanto efficaci, il che era coerente con il punto 925 della decisione impugnata. Infine, la Commissione ha sostanzialmente osservato che, pur non essendosi fondata in primo luogo sul test AEC nella decisione impugnata, tale test era stato effettuato in maniera complementare e aveva consentito di dimostrare che gli sconti controversi erano in grado di condurre a un’esclusione dal mercato anticoncorrenziale.

133    A tal riguardo, occorre sottolineare anzitutto che è pacifico, nel caso di specie, che la ricorrente ha sostenuto, nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non aveva avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato ad essa addebitati, così obbligando, come risulta dai punti 138 e 139 della sentenza sull’impugnazione, la Commissione ad analizzare la capacità di preclusione del sistema di sconti. Occorre inoltre constatare che risulta in particolare dai punti da 920 a 926, 950, 972, 981, 989, 1000 e 1001 della decisione impugnata, nonché dalle spiegazioni fornite dalla Commissione nelle sue memorie in primo grado e all’udienza del 2020, che la Commissione ha ritenuto che, alla luce dei principi derivanti dalla sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36), non fosse necessario dimostrare una capacità preclusiva degli sconti controversi per dimostrare un’infrazione all’articolo 102 TFUE, dal momento che questi ultimi erano di natura anticoncorrenziale.

134    In primo luogo, per quanto riguarda i summenzionati considerando della decisione impugnata, tutti contenuti nella parte di tale decisione relativa alla condizionalità degli sconti e che precedono l’analisi AEC, la Commissione ha segnatamente indicato, al punto 923 della decisione impugnata, che, «[c]ontrariamente a quanto sost[enuto da] Intel, la prova di una preclusione effettiva non [doveva] essere fornita» e che, «[i]noltre, una violazione dell’articolo [102 TFUE] p[oteva] risultare anche dall’oggetto anticoncorrenziale delle pratiche perseguite da un’impresa dominante».

135    Inoltre, al punto 925 della decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«Se le considerazioni che precedono sono, in assenza di qualsiasi giustificazione oggettiva, di per sé sufficienti a constatare un’infrazione ai sensi dell’articolo [102 TFUE] ai sensi della giurisprudenza, la Commissione dimostrerà altresì, nelle sezioni da 4.2.3 a 4.2.6, che, oltre a soddisfare i requisiti definiti dalla giurisprudenza di cui ai considerando 920, 921 e 923, gli sconti condizionati che Intel ha concesso a Dell, HP, NEC e Lenovo, e i pagamenti condizionati a MSH erano in grado o potevano produrre un effetto di esclusione dal mercato (idoneo a arrecare pregiudizio ai consumatori). Benché non indispensabile, secondo la giurisprudenza, ai fini della prova di una violazione dell’articolo [102 TFUE], un modo possibile di dimostrare che gli sconti e i pagamenti di Intel erano in grado di o potevano provocare l’esclusione dei concorrenti dal mercato consiste nel procedere ad un’analisi relativa al concorrente altrettanto efficiente (sezione 4.2.3). Sulla base dei risultati di tale analisi e degli elementi di prova qualitativi e quantitativi (sezioni 4.2.4 e 4.2.5), e tenuto conto dell’assenza di giustificazione oggettiva e di incrementi di efficienza (sezione 4.2.6), la Commissione conclude che gli sconti condizionati concessi da Intel a Dell, HP, NEC e Lenovo, nonché i pagamenti condizionati da Intel a MSH, costituivano una pratica abusiva ai sensi dell’articolo [102 TFUE] che merita l’attenzione particolare della Commissione».

136    Al punto 926 della decisione impugnata, il quale introduce l’analisi della natura e del funzionamento degli sconti effettuata dalla Commissione, si legge in particolare che, «sebbene non sia indispensabile, secondo la giurisprudenza citata ai punti 920, 921 e 923 [di questa decisione], la Commissione dimostrerà che i sistemi di sconti condizionati impedivano o rendevano più difficile per ciascuno di questi produttori di apparecchiature informatiche l’approvvigionamento di [CPU] x86 presso AMD [e] mostrerà come i sistemi di pagamenti condizionati concessi a MSH costituissero un mezzo per indurre MSH a vendere esclusivamente computer aziendali dotati di [CPU] Intel, e impedissero o rendessero più difficile per MSH la vendita di computer aziendali muniti di [CPU] di AMD».

137    Quanto ai punti 950 (concernente Dell), 972 (concernente HP), 981 (concernente NEC), 989 (concernente Lenovo) e 1000 (concernente MSH) della decisione impugnata, concludendo l’analisi della condizionalità degli sconti concessi a ciascun costruttore OEM o a MSH, la Commissione ha sistematicamente ritenuto, anzitutto, che si dovesse considerare che l’importo degli sconti o dei pagamenti accordati da Intel a tali costruttori OEM o a MSH era de facto legato alla condizione che essi si rifornissero presso Intel per il fabbisogno totale di CPU x86; inoltre, che tali sconti o tali pagamenti rispondessero ai requisiti stabiliti dalla giurisprudenza di cui ai punti 920, 921 e 923 della decisione impugnata ai fini della loro qualificazione come abusivi e, infine, che tali sconti o tali pagamenti producessero l’effetto di restringere la libertà dei costruttori OEM o di MSH di scegliere la loro fonte di approvvigionamento di CPU x86 e di impedire ad altri concorrenti di rifornire tali costruttori OEM o MSH con CPU x86.

138    Infine, al punto 1001 della decisione impugnata, concludendo l’analisi della sezione 4.2.2, intitolata «Natura e funzionamento degli sconti», la Commissione ha osservato quanto segue:

«Alla luce degli elementi di prova presentati nelle sezioni da 4.2.2.2 a 4.2.2.6 [che riguardano la natura e il funzionamento degli sconti per i costruttori OEM e per MSH] e della giurisprudenza ricordata nella sezione 4.2.1 [vale a dire la giurisprudenza Hoffmann-La Roche], si conclude che l’importo degli sconti accordati da Intel a Dell, HP e NEC, dal quarto trimestre del 2002 al dicembre del 2005 era de facto legato alla condizione che questi clienti si rifornissero di CPU x86 in modo esclusivo (Dell) o, in alcuni segmenti, in modo quasi esclusivo (HP e NEC), presso Intel (...). Gli sconti e i pagamenti in questione costituiscono sconti di fedeltà che soddisfano i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza pertinente per essere qualificati come abusivi (v. considerando 920, 921 e 923). Inoltre, essi hanno avuto l’effetto di limitare la libertà di scelta dei rispettivi produttori di apparecchiature informatiche e di MSH».

139    In secondo luogo, per quanto riguarda le spiegazioni fornite dalla Commissione nei suoi scritti difensivi in primo grado e all’udienza del 2020, la Commissione ha indicato, in primo luogo, al punto 144 del controricorso, quanto segue:

«Contrariamente a quanto afferma la ricorrente (...), dalla struttura e dal testo della decisione risulta che la Commissione non deve necessariamente dimostrare gli effetti potenziali delle pratiche di Intel. I considerando da 920 a 925 spiegano molto chiaramente il ruolo dell’analisi AEC nell’ambito della decisione [impugnata], che non lascia alcun dubbio quanto al fatto che l’analisi dei considerando precedenti dimostri, in assenza di una giustificazione oggettiva, l’illegittimità degli sconti e dei pagamenti di esclusiva di Intel, in quanto essi costituiscono sconti di fedeltà ai sensi della [giurisprudenza] Hoffmann-La Roche e perseguono un obiettivo anticoncorrenziale oppure si iscrivono nel quadro di in una strategia anticoncorrenziale. Per ciascuna di queste ragioni, la decisione [impugnata] conclude (al punto 925) che non sia necessario stabilire il potenziale effetto di esclusione dal mercato prodotto dagli sconti e dai pagamenti di esclusiva di Intel al fine di dichiarare che tali pratiche violino l’articolo 102 [TFUE]».

140    In secondo luogo, al punto 145 del controricorso, essa ha sottolineato che la «decisione impugnata (al punto 925) dispone chiaramente [che essa] dimostra gli effetti potenziali degli sconti di Intel solo al fine di dimostrare che tali pratiche meritano [la sua] particolare attenzione».

141    In terzo luogo, al punto 283 del controricorso, la Commissione ha fatto valere che, «contrariamente alle affermazioni della ricorrente, [essa] non era tenuta a dimostrare che gli sconti di esclusiva di Intel erano in grado di escludere un concorrente altrettanto efficiente» e che, «[c]ome menzionato ai punti 925 e 926 della decisione [impugnata], le [sue] constatazioni relative agli effetti potenziali degli sconti di esclusiva di Intel sul mercato non facevano parte dell’analisi giuridica realizzata per dimostrare la loro natura abusiva, ma erano piuttosto uno dei fattori che l’[avevano] portata a concludere che l’infrazione meritava la sua particolare attenzione».

142    In quarto luogo, al punto 109 della controreplica, la Commissione ha rilevato che «come indicato nella decisione [impugnata], gli sforzi dedicati all’analisi [AEC] non d[ovevano] essere considerati come un indice del fatto [che essa] intendeva discostarsi da una giurisprudenza di lunga data sugli sconti di fedeltà».

143    Infine, in quinto luogo, riguardo al tasso di copertura, alla durata e all’importo degli sconti, la Commissione ha anzitutto sottolineato, al punto 68 della controreplica, che la «questione sollevata da Intel in merito alla durata non [era] pertinente in diritto», dal momento che, «[i]n effetti, la decisione nella causa Hoffmann-La Roche non [aveva] considerato la durata come un fattore rilevante ai fini della [sua] valutazione del carattere abusivo del comportamento» rilevato. Inoltre, al punto 166 del controricorso, essa ha osservato che «l’argomento della ricorrente [secondo cui essa avrebbe omesso di tener conto della portata degli sconti] non [era] coerente con il suo obiettivo, [per il motivo che,] come indicato al punto 1620 [della decisione impugnata], non [era] l’entità degli sconti ad essere messa in discussione nella decisione, bensì l’esclusiva in contropartita della quale essi [erano] stati concessi, così come l’obiettivo anticoncorrenziale da essi perseguito». Infine, ai punti 169 e 170 dello stesso controricorso, la Commissione ha fatto valere che, «[s]e Intel intende[va] far valere che i suoi sconti di esclusiva [avevano] limitato la concorrenza solo per alcuni tipi [di CPU] x86, [essa] [si sarebbe aspettata] di trovare tali affermazioni piuttosto nella sezione del ricorso dedicata all’importo delle ammende», dato che «nella giurisprudenza relativa agli sconti di fedeltà non vi era alcun elemento indicante che la loro illegittimità dipend[esse] dal fatto che essi copr[issero] il mercato nel suo insieme oppure “solo” un segmento di esso».

144    Dai punti da 134 a 143 supra risulta, dunque, che la Commissione ha dedotto dalla giurisprudenza Hoffmann-La Roche, in primo luogo, che gli sconti controversi erano per loro natura anticoncorrenziali, cosicché non vi era alcuna necessità di dimostrare una capacità di esclusione dal mercato per dichiarare un’infrazione all’articolo 102 TFUE. In secondo luogo, benché la decisione impugnata contenga un’analisi supplementare della capacità di esclusione dal mercato di detti sconti, la Commissione ha ritenuto, in forza di tale giurisprudenza, di non essere tenuta a prendere in considerazione tale analisi per concludere nel senso del carattere abusivo di tali sconti. Infine, in terzo luogo, sempre basandosi su questa stessa giurisprudenza, la Commissione ha in particolare dichiarato un certo numero di criteri irrilevanti al fine di accertare l’esistenza di un abuso.

145    Orbene, è giocoforza constatare che tale posizione non è conforme alla giurisprudenza Hoffman-La Roche, così come precisata dalla Corte ai punti da 137 a 139 della sentenza sull’impugnazione. Si deve quindi considerare che a giusto titolo la ricorrente e ACT sostengono che la Commissione ha commesso un errore di diritto nella decisione impugnata, là dove è partita dalla premessa secondo cui, in sostanza, la giurisprudenza Hoffman-La Roche le consentiva di limitarsi a constatare che gli sconti controversi violavano l’articolo 102 TFUE poiché erano per loro natura abusivi, senza dover necessariamente tener conto della capacità di tali sconti di restringere la concorrenza per poter concludere nel senso del loro carattere abusivo.

146    È vero che la Commissione ha affermato, al punto 925 della decisione impugnata, di aver altresì dimostrato che gli sconti concessi da Intel ai costruttori OEM nonché i pagamenti condizionati accordati a MSH erano in grado di oppure potevano produrre un effetto di esclusione dal mercato procedendo a un’analisi AEC, esposta alla sezione 4.2.3 della decisione impugnata, e tenendo conto di elementi di prova qualitativi e quantitativi, esposti alle sezioni 4.2.4 e 4.2.5 della medesima decisione. Tuttavia, occorre notare che, come risulta dalla decisione impugnata, le constatazioni fatte nelle sezioni da 4.2.3 a 4.2.5 della medesima decisione non sono state considerate necessarie ai fini dell’analisi giuridica effettuata per accertare il carattere abusivo delle pratiche di Intel.

147    Ne consegue che la Commissione, nella decisione impugnata, ha ritenuto che il test AEC non fosse necessario al fine di valutare il carattere abusivo delle pratiche di Intel e di concludere nel senso del carattere abusivo di dette pratiche.

148    A tal riguardo, deve essere respinto l’argomento dedotto dalla Commissione all’udienza del 2020 secondo il quale, in sostanza, questa conclusione sarebbe in contraddizione con il fatto che la Corte ha affermato, al punto 143 della sentenza sull’impugnazione, che il test AEC aveva rivestito una concreta importanza nella valutazione, da parte della Commissione, della capacità della pratica di sconti di cui trattasi di produrre un effetto di esclusione dal mercato di concorrenti altrettanto efficaci. In effetti, letto alla luce del punto 142 della sentenza sull’impugnazione, il suddetto punto 143 deve essere interpretato nel senso che la Corte ha concluso per l’importanza del test AEC in considerazione degli sviluppi dettagliati e del numero di considerando dedicati al test nella decisione impugnata. Per contro, diversamente da quanto la Commissione lascia intendere, il tenore letterale del punto 143 della sentenza sull’impugnazione non corrobora la tesi secondo cui, in sostanza, la Corte avrebbe dichiarato che il test AEC aveva fatto parte degli elementi che la Commissione aveva ritenuto necessari al fine di dichiarare il carattere abusivo degli sconti.

149    In considerazione di tutto quanto precede, si deve accogliere l’argomento secondo cui la decisione impugnata è inficiata da un errore di diritto. Tuttavia, come risulta dai punti 143 e 144 della sentenza sull’impugnazione, il test AEC ha rivestito un’importanza reale nella valutazione, da parte della Commissione, della capacità della pratica degli sconti in questione di produrre un effetto di esclusione dal mercato di concorrenti altrettanto efficaci e, in tali circostanze, il Tribunale è tenuto ad esaminare tutti gli argomenti di Intel formulati in merito a tale test.

B.      Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata deve essere annullata in quanto contiene un’analisi AEC inficiata da numerosi errori

1.      Sulla portata del controllo del Tribunale

150    Il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione riguardanti i procedimenti ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE consiste in un controllo della legittimità degli atti delle istituzioni stabilito all’articolo 263 TFUE (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 47 e giurisprudenza ivi citata). La portata di tale controllo si estende a tutti gli elementi delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti in applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE di cui il giudice dell’Unione garantisce un controllo approfondito, in diritto e in fatto, alla luce dei motivi dedotti dalla parte ricorrente e in considerazione di tutti gli elementi pertinenti forniti da quest’ultima (v. sentenza del 26 settembre 2018, Infineon Technologies/Commissione, C‑99/17 P, EU:C:2018:773, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Occorre ricordare, tuttavia, che i giudici dell’Unione non possono, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto di cui trattasi (v., sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione, C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

151    Prima di esaminare la fondatezza dell’argomento della ricorrente, occorre, da un lato, esporre talune considerazioni generali relative al test AEC e, dall’altro, ricordare le norme sull’onere della prova e sul livello probatorio richiesto.

2.      Considerazioni generali sullanalisi AEC

152    Il punto di partenza del test AEC, quale definito ai considerando 1003 e seguenti della decisione impugnata e applicato dalla Commissione nella presente causa, è che, tenuto conto in particolare della natura del suo prodotto, della sua immagine di marchio e del suo profilo, Intel era un partner commerciale inevitabile e che i costruttori OEM avrebbero sempre acquistato almeno una parte del loro fabbisogno di CPU presso Intel, indipendentemente dalla qualità dell’offerta del fornitore alternativo. Di conseguenza, è solo per una quota di mercato che i clienti erano disposti e in grado di rinviare il loro approvvigionamento a tale fornitore alternativo (in prosieguo: la «quota contendibile»). Da siffatta qualità di partner commerciale irrinunciabile risultava il potere di Intel di utilizzare la quota non contendibile come leva per ridurre il prezzo sulla quota contendibile del mercato.

153    Come il Tribunale ha osservato al punto 141 della sentenza iniziale, il test AEC effettuato nella decisione impugnata si basa sul principio che un concorrente altrettanto efficiente, il quale cerchi di ottenere la quota contendibile degli ordini fino ad allora soddisfatti da un’impresa dominante, deve offrire al cliente una compensazione per lo sconto di esclusiva che perderebbe laddove acquistasse una quota inferiore a quella definita dalla condizione di esclusiva o di quasi esclusiva. Il test AEC mira a determinare se il concorrente efficiente al pari dell’impresa in posizione dominante, il quale sostenga gli stessi costi di quest’ultima, possa sempre coprire i propri costi in tale caso.

154    Il test AEC, come applicato nel caso di specie, stabilisce il prezzo a cui un concorrente efficiente al pari di Intel avrebbe dovuto offrire le sue CPU x86 per poter compensare un costruttore OEM per la perdita di un qualsiasi pagamento di esclusiva accordato da Intel. Nel test AEC tale prezzo è denominato «prezzo effettivo» o «PE».

155    In linea di principio, la parte degli sconti totali, per la quale un concorrente altrettanto efficace deve offrire una compensazione, comprende soltanto l’importo degli sconti soggetti alla condizione dell’approvvigionamento esclusivo, escludendo gli sconti per quantitativi (in prosieguo: la «quota condizionata» degli sconti). Come risulta in particolare dal punto 1460 della decisione impugnata, per prendere in considerazione solo la quota condizionata di un pagamento, il test AEC fa riferimento, nel caso di specie, al prezzo medio di vendita (in prosieguo: il «PMV»), vale a dire il prezzo di catalogo previa detrazione degli sconti condizionati.

156    Più la quota contendibile e, di conseguenza, la quantità dei prodotti con i quali il fornitore alternativo può entrare in concorrenza è minima, maggiore è la probabilità che il pagamento di esclusiva abbia la capacità di estromettere dal mercato un concorrente altrettanto efficiente. Infatti, se la perdita dei pagamenti concessi da Intel al suo cliente deve essere ripartita su una modesta quantità di prodotti offerti dal fornitore alternativo sulla quota contendibile, ciò comporta una riduzione significativa del prezzo effettivo. È più probabile, quindi, che quest’ultimo sarà inferiore alla misura di Intel del costo praticabile.

157    Il prezzo effettivo deve essere confrontato con la misura di Intel del costo praticabile. La misura di Intel del costo praticabile adottata nella decisione impugnata è quella del costo evitabile medio (in prosieguo: il «CEM»).

158    Come risulta in particolare dal punto 1006 della decisione impugnata, si può concludere che un sistema di pagamenti di esclusiva è in grado di bloccare l’accesso al mercato per i concorrenti altrettanto efficienti quando il prezzo effettivo è inferiore al CEM di Intel. Si tratta, in tal caso, di un risultato negativo del test AEC. Se, invece, il prezzo effettivo è superiore al CEM, si presume che un concorrente altrettanto efficiente possa coprire i propri costi e, quindi, essere in grado di accedere al mercato. In tal caso, il test AEC conduce ad un risultato positivo.

159    È alla luce di tali considerazioni generali che occorre esaminare la fondatezza degli argomenti della ricorrente secondo i quali l’analisi AEC sarebbe inficiata da numerosi errori.

3.      Sullonere della prova e sul livello probatorio richiesto

160    La ricorrente richiama la giurisprudenza del giudice dell’Unione e sottolinea, segnatamente, che le cause in materia di concorrenza rivestono un carattere quasi penale, il che significherebbe che esse esigono un livello probatorio elevato e che si applica la presunzione di innocenza.

161    Come ricordato ai punti 62 e seguenti della sentenza iniziale, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1/2003, in tutti i procedimenti relativi all’applicazione dell’articolo 102 TFUE, l’onere della prova di un’infrazione di tale articolo incombe alla parte o all’autorità che asserisce tale infrazione, ossia, nella specie, alla Commissione. Inoltre, secondo una giurisprudenza ben consolidata, qualora il giudice nutra un dubbio, tale circostanza deve avvantaggiare l’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione abbia dimostrato in modo giuridicamente adeguato l’esistenza dell’infrazione in questione qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nell’ambito di un ricorso diretto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda (sentenze dell’8 luglio 2004, JFE Engineering/Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, EU:T:2004:221, punto 177, e del 12 luglio 2011, Hitachi e a./Commissione, T‑112/07, EU:T:2011:342, punto 58).

162    Infatti, in quest’ultima situazione, è necessario tenere conto del principio della presunzione d’innocenza, il quale costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, oggi sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). Dalla giurisprudenza della Corte risulta parimenti che il principio della presunzione d’innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese, che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v. sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

163    Sebbene sia necessario che la Commissione produca elementi probatori precisi e concordanti per avvalorare la ferma convinzione che l’infrazione è stata commessa, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito, così come considera la giurisprudenza elaborata in relazione all’applicazione dell’articolo 101 TFUE (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Commissione/Keramag Keramische Werke e a., C‑613/13 P, EU:C:2017:49, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). Tale principio si applica anche nelle cause relative all’applicazione dell’articolo 102 TFUE (sentenza del 1° luglio 2010, AstraZeneca/Commissione, T‑321/05, EU:T:2010:266, punto 477).

164    Quanto all’efficacia probatoria degli elementi di prova considerati dalla Commissione, occorre distinguere due situazioni.

165    Da un lato, ove la Commissione constati una violazione delle norme sulla concorrenza basandosi sulla supposizione che i fatti accertati possano trovare spiegazione soltanto in funzione della sussistenza di un comportamento anticoncorrenziale, il giudice dell’Unione sarà indotto ad annullare la decisione di cui trattasi qualora le imprese interessate adducano un’argomentazione che ponga in una luce diversa i fatti accertati dalla Commissione e che consenta, quindi, di sostituire una spiegazione plausibile dei fatti diversa da quella considerata dalla Commissione per dichiarare la sussistenza di un’infrazione. Infatti, in un’ipotesi del genere, non si può considerare che la Commissione abbia fornito la prova della sussistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, EU:C:1984:130, punto 16, e del 31 marzo 1993, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, C‑89/85, C‑104/85, C‑114/85, C‑116/85, C‑117/85 e da C‑125/85 a C‑129/85, EU:C:1993:120, punti 126 e 127).

166    Dall’altro lato, quando la Commissione si basa su elementi di prova che sono, in linea di principio, sufficienti a dimostrare l’esistenza dell’infrazione, l’impresa interessata non può limitarsi a evocare la possibilità che si sia verificata una circostanza atta ad incidere sul valore probatorio di tali elementi di prova affinché sulla Commissione gravi l’onere di dimostrare che detta circostanza non ha potuto incidere sul valore probatorio di questi ultimi. Al contrario, a meno che la prova in questione non possa essere fornita dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, incombe all’impresa interessata dimostrare in modo giuridicamente adeguato, da un lato, la sussistenza della circostanza da essa invocata e, dall’altro, che tale circostanza mette in discussione il valore probatorio degli elementi di prova sui quali si basa la Commissione (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2010, E.ON Energie/Commissione, T‑141/08, EU:T:2010:516, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

4.      Sulla fondatezza degli argomenti secondo cui la decisione impugnata sarebbe inficiata da numerosi errori circa il test AEC

167    La ricorrente adduce, in sostanza, che l’analisi AEC effettuata per tutti i costruttori OEM e per MSH contiene numerosi errori, in particolare per quanto riguarda la quota contendibile, la quota condizionata degli sconti e il CEM. Essa espone alcuni argomenti generali che poi specifica successivamente con riferimento a ciascun costruttore OEM e MSH, e questo per ciascuna delle tre parti menzionate sopra.

a)      Argomenti generali sui presunti errori relativi al test AEC applicato a Dell

168    Per quanto riguarda il test AEC effettuato rispetto agli sconti accordati a Dell, Intel fa valere, in sostanza, che la Commissione commette errori nel valutare ciascuno dei tre elementi chiave del test AEC, ossia la quota contendibile, la quota condizionata degli sconti e i costi. Secondo Intel, nella maggior parte dei casi, la correzione di uno solo di tali errori sarebbe sufficiente a dimostrare che essa soddisfa il criterio del test AEC, e ciò anche se gli altri errori non fossero corretti. Intel sostiene che la Commissione seleziona dati a partire da fonti contraddittorie per far pendere i risultati a suo sfavore e che essa gestisce i documenti in modo selettivo e incoerente. Ciò sarebbe messo in evidenza, in particolare, ove si comparassero i risultati dell’analisi effettuata dalla Commissione nell’ambito del test AEC con i fatti quali si sono effettivamente verificati quando Dell ha iniziato a rifornirsi presso AMD nel 2006.

169    Inoltre, Intel afferma che la Commissione ammette, nella decisione impugnata, che gli sconti hanno soddisfatto il test AEC nel corso dei primi quattro trimestri considerati (tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003). Nonostante tale circostanza, al punto 1281 della decisione impugnata, la Commissione concluderebbe inspiegabilmente che gli sconti concessi da Intel «dal dicembre 2002 al dicembre 2005» erano «idonei ad esercitare, o addirittura, era probabile che avessero avuto, effetti anticoncorrenziali di esclusione dal mercato». Secondo la ricorrente, la decisione impugnata non tenterebbe neppure di spiegare o di giustificare siffatta incoerenza nel suo ragionamento.

170    La Commissione deduce, in sostanza, che la decisione impugnata dimostra che gli sconti di esclusiva concessi a Dell erano tali da escludere dal mercato un concorrente altrettanto efficiente. Essa non indicherebbe, in particolare, che gli sconti concessi da Intel a Dell soddisfacevano l’analisi AEC tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003. Secondo la Commissione, i calcoli di Intel si basavano unicamente su ipotesi ottimistiche ad essa favorevoli. La Commissione sostiene che Intel non ha fornito documenti contemporanei a sostegno delle sue affermazioni relative alla quota contendibile. Quanto agli eventi che hanno avuto luogo dopo che Dell ha annunciato che avrebbe iniziato, a partire dal maggio 2006, a rifornirsi parzialmente presso AMD, la Commissione sostiene che essi confermano le constatazioni secondo le quali gli sconti concessi da Intel a Dell potevano avere un effetto di esclusione dal mercato su un concorrente efficiente al pari di Intel. Essa afferma altresì che lo scopo dell’analisi AEC non è quello di fornire previsioni circa l’effettiva evoluzione del mercato, bensì di determinare il grado di incentivo economico creato dai meccanismi di sconto in una situazione teorica.

1)      Sulla valutazione della quota contendibile

171    La decisione impugnata ha mantenuto una quota contendibile del 7,1% per l’analisi AEC riguardante gli sconti che Intel aveva accordato a Dell. Secondo la Commissione, tale cifra deriva da un foglio di calcolo del gennaio 2004 (in prosieguo: il «foglio di calcolo del 2004») che Dell le aveva fornito nel corso del procedimento amministrativo. La Commissione ha sottolineato, ai punti da 1202 a 1208 della decisione impugnata, che il foglio di calcolo del 2004 comprendeva, tra l’altro, un’analisi specifica della dimensione temporale di un trasferimento di forniture verso AMD, mentre le versioni anteriori, fra cui una recante la data del 26 febbraio 2003, intitolata «AMD Update – Dimension LOB», e l’altra del 17 marzo 2003, intitolata «AMD Update», non ne contenevano e, pertanto, erano state da essa scartate.

172    Ai punti da 1209 a 1212 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che il foglio di calcolo del 2004 costituiva un documento interno di Dell, che presentava talune ipotesi, nelle quali il rapporto tra Dell e AMD poteva evolvere, con una penetrazione di AMD che aumentava nei diversi segmenti di attività valutati, e che tale foglio di calcolo doveva essere letto congiuntamente alla lettera di accompagnamento del 18 aprile 2007 inviata da Dell alla Commissione, alla quale farebbe riferimento la nota a piè di pagina n. 1542 al punto 1209 della decisione impugnata.

173    La decisione impugnata ha evidenziato, ai punti da 1210 a 1213, che, all’epoca dell’elaborazione del foglio di calcolo del 2004, Dell aveva previsto un cambiamento di fornitore di CPU x86 per taluni segmenti di prodotti fabbricati. Secondo la decisione impugnata, tenuto conto della stima del volume totale in ciascuno di tali segmenti, è possibile calcolare che la quota totale di AMD nel corso dei quattro anni in questione, ossia gli anni fiscali dal 2005 al 2008, ammonterebbe al 7,1% nel primo anno e al 17,3%, al 22,5% e al 24,2% nel corso dei tre anni successivi. La Commissione conclude che era quindi appropriato utilizzare una quota contendibile del 7,1% ai fini dell’analisi del test AEC.

174    Ai punti da 1214 a 1254 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto una serie di argomenti sollevati da Intel in merito alla quota contendibile, relativi, in primo luogo, alla determinazione della data di inizio dei calcoli nel foglio di calcolo del 2004, in secondo luogo, alla presentazione interna di Dell intitolata «MAID status review» del 17 febbraio 2004 (in prosieguo: la «presentazione di Dell del 17 febbraio 2004»), in terzo luogo, sulle stime interne di Intel, in quarto luogo, sul trasferimento effettivo, da parte di Dell, di una parte del suo fabbisogno verso AMD nel 2006 e, in quinto luogo, sulle deposizioni dei dirigenti di Dell nell’ambito del procedimento contenzioso privato che vedeva contrapposte AMD e Intel nello Stato del Delaware.

175    Ai punti da 1255 a 1259 della decisione impugnata, la Commissione ha effettuato un confronto tra la quota richiesta e la quota contendibile. In sostanza, la Commissione ha preso il 7,1% indicato al punto 1213 della decisione impugnata come percentuale pertinente da applicare per la quota contendibile e l’ha comparata alla quota richiesta risultante dalla tabella n. 22 raffigurata al punto 1194 della decisione impugnata (in prosieguo: la «tabella n. 22»). Essa ha quindi ritenuto che per 9 trimestri su 13 la quota richiesta fosse superiore a quella contendibile. Essa ha osservato che tale conclusione non era inficiata dall’utilizzo della valutazione effettuata da Intel della ratio tra il CEM e il PMV, anche se il CEM era sottostimato.

176    La Commissione ha poi ricordato, al punto 1257 della decisione impugnata, che il valore del 7,1% riconosciuto alla quota contendibile era stato stabilito sulla base delle stime interne di Dell realizzate nel gennaio 2004, vale a dire in previsione di un cambiamento di fornitore che avrebbe potuto avvenire non prima del primo trimestre dell’anno fiscale 2005 di Dell, mentre la quota corrispondente richiesta era del 7,9%. La Commissione ha inoltre indicato, al punto 1258 della decisione impugnata, le ragioni per le quali era possibile che, in epoca anteriore al primo trimestre dell’esercizio fiscale 2005, la quota contendibile sia stata inferiore al 7,1%. Essa ha quindi considerato che la differenza tra la quota richiesta e la quota contendibile nel corso dei primi trimestri del periodo di riferimento poteva essere inferiore a quanto risultava a prima vista dalle cifre figuranti nella tabella n. 22.

177    Ai punti da 1260 a 1265 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento a un certo numero di fattori di rinforzo che, se fossero inclusi nell’analisi, rafforzerebbero, secondo la decisione impugnata, la presunta capacità degli sconti di escludere dal mercato. Secondo la decisione impugnata, tali fattori consistono, in sostanza, in primo luogo, nel fatto che Dell ha chiaramente considerato che qualsiasi perdita di sconti di Intel sarebbe altresì accompagnata da un aumento degli sconti concessi da Intel ai costruttori OEM concorrenti di Dell e, in secondo luogo, nel fatto che la stima della quota contendibile non tiene conto del fatto che Dell acquistava presso Intel anche prodotti diversi dai microprocessori CPU x86, in particolare chipsets.

178    Infine, ai punti da 1266 a 1280 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto ricorso ad un metodo alternativo di calcolo della quota contendibile.

179    Le affermazioni della ricorrente vertono, da un lato, sull’utilizzo del foglio di calcolo del 2004 e sulla valutazione del suo contenuto da parte della Commissione e, dall’altro, su taluni altri elementi di prova che avrebbero dovuto, a suo avviso, fungere da base per la valutazione della quota contendibile.

180    In primo luogo, secondo la ricorrente, la Commissione non poteva basare la sua valutazione della quota contendibile su un documento di cui Intel non era a conoscenza. Un simile approccio costituirebbe una violazione del principio della certezza del diritto. Inoltre, la valutazione della quota contendibile sulla base del foglio di calcolo del 2004 sarebbe errata, in quanto tale cifra del 7,1% si fonderebbe unicamente su otto mesi di vendita di CPU x86 di AMD e l’analisi selettiva e incoerente del foglio di calcolo del 2004 priverebbe le conclusioni della Commissione di qualsiasi credibilità. Infine, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata ammette che gli sconti di Intel a favore di Dell hanno soddisfatto il test AEC nel corso dei primi quattro trimestri considerati, vale a dire tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003.

181    La ricorrente rinvia, per quanto riguarda il periodo preso in considerazione nel foglio di calcolo del 2004, anche ai punti da 82 a 86 e da 121 a 131 del rapporto del prof. Shapiro del 4 gennaio 2008, il quale sostiene che, se Dell avesse temuto di subire misure di ritorsione da parte di Intel, a seguito di un inizio di approvvigionamento presso AMD, avrebbe evitato di comunicare la sua decisione di ricorrere ad un concorrente e avrebbe tenuto segreta tale decisione fino all’ultimo momento, dopo aver raggiunto con essa un accordo sulle condizioni e sulla percentuale degli sconti del trimestre successivo.

182    Secondo la ricorrente, i punti da 82 a 86 del rapporto del prof. Shapiro del 4 gennaio 2008 sottolineano l’importanza della data in cui la decisione di procedere all’acquisto delle CPU x86 presso AMD è stata adottata da Dell e tale data è messa in relazione con quella alla quale le prime forniture delle CPU x86 di AMD a favore di Dell potevano realmente aver luogo. Il prof. Shapiro si baserebbe sulla presentazione di Dell del 17 febbraio 2004 per indicare che queste due date avrebbero potuto collocarsi a tre o quattro mesi di distanza (in particolare, febbraio 2004 per la prima data e giugno 2004 per la seconda). Secondo il prof. Shapiro, tenendo conto anche della data reale dell’inizio di fornitura di CPU x86 di AMD (e quindi del fatto che il foglio di calcolo del 2004 corrisponderebbe, a suo avviso, solo a otto mesi del primo anno indicato), la quota contendibile di Dell si collocherebbe, piuttosto, al 10,65%.

183    In secondo luogo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la valutazione della quota contendibile nella decisione impugnata è sbagliata perché la Commissione ha ingiustamente respinto alcuni elementi di prova forniti dai dirigenti di Dell attestanti che la quota contendibile era di gran lunga superiore a quella adottata dalla Commissione, tra il 12,5% e il 17,5%, così come alcuni elementi di prova attestanti che Intel riteneva che la quota contendibile di Dell oscillasse tra il 15 e il 25% e, infine, gli elementi di prova connessi al trasferimento degli approvvigionamenti di Dell verso AMD nel 2006.

184    La Commissione risponde, in sostanza, in primo luogo, che il foglio di calcolo del 2004 è più affidabile per valutare la quota contendibile dei documenti presentati da Intel, poiché si tratterebbe di un documento contemporaneo di Dell contenente un’analisi quantitativa minuziosa e dettagliata del potenziale trasferimento degli approvvigionamenti di CPU x86 di tale impresa verso AMD.

185    Nel controricorso, la Commissione fa valere che l’analisi dei documenti risalenti al periodo compreso tra il maggio e il luglio 2006, quindi dopo l’annuncio del trasferimento parziale degli approvvigionamenti di Dell verso AMD, pur avendo solo un peso limitato rispetto al test AEC effettuato nella decisione impugnata, conferma che Intel era in grado di ridurre gli sconti accordati a Dell immediatamente dopo l’annuncio del trasferimento parziale dei suoi approvvigionamenti presso AMD, vale a dire quattro mesi prima che Dell avesse iniziato a vendere prodotti muniti di CPU x86 di AMD. La Commissione indica inoltre che, sebbene sia corretto affermare che il foglio di calcolo del 2004 riguardava, per il primo anno, solo taluni piani di vendita di Dell per prodotti muniti di CPU x86 di AMD che iniziavano dopo lo scadere dei primi quattro mesi del 2004, Dell si aspettava tuttavia una perdita del 50% degli sconti per tutto il 2004, includendo i quattro mesi precedenti l’inizio delle vendite.

186    La Commissione deduce inoltre, al punto 46 delle sue osservazioni principali, quanto segue:

«[L]a decisione impugnata ritiene che il periodo di riferimento per l’analisi AEC inizi al più tardi nel momento in cui Intel sarebbe stata in grado di sospendere gli sconti concessi al suo cliente. La ragione è semplice: quando i clienti di Intel hanno analizzato i vantaggi e gli svantaggi del passaggio a AMD, hanno dovuto prendere in considerazione la totalità del periodo nel corso del quale tale decisione avrebbe avuto conseguenze finanziarie».

187    In secondo luogo, secondo la Commissione, Intel non ha fornito alcun documento dell’epoca per avvalorare la sua affermazione di aver stimato la quota contendibile tra il 15% e il 25%. L’unico documento fornito da Intel sarebbe un documento ad hoc redatto da uno dei suoi dirigenti ai fini del procedimento amministrativo e contenente informazioni che finirebbero col contraddire, almeno parzialmente, un documento risalente all’epoca dei fatti e redatto dallo stesso dirigente di Intel. La Commissione afferma che, per tale ragione, la decisione impugnata non prende posizione sulla questione se la valutazione della quota contendibile dovesse fondarsi sulle aspettative dell’impresa dominante.

188    Occorre esaminare anzitutto le argomentazioni della ricorrente relative al principio della certezza del diritto e, di seguito, quelle relative al foglio di calcolo del 2004, sul quale si basa, in sostanza, il calcolo della quota contendibile contestata dalla ricorrente.

i)      Sugli argomenti relativi al principio della certezza del diritto

189    La ricorrente fa valere il principio della certezza del diritto per addebitare alla Commissione di aver dichiarato la quota contendibile di Dell nella misura del 7,1% basandosi sul foglio di calcolo del 2004, comunicato alla Commissione in allegato alla lettera di accompagnamento di Dell del 18 aprile 2007, quando invece si tratta di un documento interno di Dell contenente elementi riservati di cui essa non era a conoscenza durante il periodo di riferimento, vale a dire dal dicembre 2002 al dicembre 2005.

190    A tal riguardo, occorre rilevare che, nella sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, EU:C:2010:603, punti da 198 a 202), la Corte ha dichiarato che, per valutare se le pratiche tariffarie di un’impresa dominante siano idonee ad eliminare un concorrente in violazione dell’articolo 102 TFUE, si deve adottare un criterio fondato sui costi e sulla strategia dell’impresa dominante stessa. Poiché il carattere abusivo delle pratiche tariffarie oggetto della suddetta causa derivava dal loro effetto di esclusione dal mercato dei concorrenti dell’impresa dominante, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel dichiarare che la Commissione aveva potuto fondare la sua analisi relativa al carattere abusivo delle pratiche tariffarie dell’impresa dominante unicamente con riferimento alle tariffe e ai costi di quest’ultima. Un criterio del genere, che consentiva di verificare se l’impresa dominante stessa fosse stata in grado di offrire i propri servizi al dettaglio agli abbonati in modo diverso che in perdita, se fosse stata previamente obbligata a pagare le proprie tariffe all’ingrosso per i servizi intermediari di accesso alla rete locale, era atto a stabilire se le pratiche tariffarie della ricorrente comportassero un effetto preclusivo per i concorrenti mediante la compressione dei loro margini. La Corte ha ritenuto che un simile approccio fosse tanto più giustificato in quanto, come sostanzialmente rilevato dal Tribunale al punto 192 della sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione (T‑271/03, EU:T:2008:101), esso risultava parimenti conforme al principio generale della certezza del diritto, considerato che la presa in considerazione dei costi dell’impresa dominante consentiva a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità ad essa incombente in forza dell’articolo 102 TFUE, di valutare la legittimità della propria condotta, poiché, se un’impresa dominante conosce i propri costi e le proprie tariffe, essa non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti.

191    Tale giurisprudenza è stata precisata nella sentenza del 17 febbraio 2011, TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2011:83, punti da 41 a 46). Ai punti 45 e 46 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che non si poteva escludere che i costi e i prezzi dei concorrenti potessero essere rilevanti nell’esame della pratica tariffaria in questione. Secondo la Corte, ciò potrebbe, in particolare, accadere qualora la struttura dei costi dell’impresa dominante non sia identificabile con precisione per ragioni obiettive oppure qualora la prestazione fornita ai concorrenti consista nella semplice gestione di un’infrastruttura il cui costo di produzione sia stato già ammortizzato, in modo tale che l’accesso a una siffatta infrastruttura non rappresenta più un costo per l’impresa dominante economicamente paragonabile al costo che i suoi concorrenti devono sostenere per accedervi, oppure anche qualora le condizioni specifiche di concorrenza del mercato lo esigano, a causa, ad esempio, della circostanza che il livello dei costi dell’impresa dominante dipende precisamente dall’intensità della concorrenza cui essa è soggetta. Quindi, nell’ambito della valutazione dell’abusività di una pratica tariffaria che dà luogo alla compressione dei margini, occorre prendere in considerazione, in linea di principio e in via prioritaria, i prezzi e i costi dell’impresa dominante interessata sul mercato delle prestazioni al dettaglio. È soltanto allorché non sia possibile, tenuto conto delle circostanze, fare riferimento ai prezzi e ai costi dell’impresa dominante che occorre esaminare quelli dei concorrenti nello stesso mercato (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2018, Deutsche Telekom/Commissione, T‑827/14, EU:T:2018:930, punto 165).

192    Anche ammettendo che tale giurisprudenza, elaborata in cause relative a pratiche di prezzi predatori o di compressione dei margini, fosse trasponibile alla presente controversia, ai fini della determinazione della quota contendibile nell’ambito del test AEC applicato a pratiche di sconti tariffari, gli argomenti di Intel non potrebbero essere accolti.

193    Infatti, dalla giurisprudenza citata al punto 191 supra risulta che il principio secondo cui occorre basarsi prioritariamente su dati noti dell’impresa dominante ai fini dell’esame del carattere abusivo di un comportamento trova un’eccezione quando, tenuto conto delle circostanze, non è possibile basarsi su tali dati e occorre quindi basarsi su dati noti di altri operatori economici.

194    Nel caso di specie, Intel indica di ritenere che, durante il periodo di riferimento, la quota contendibile di Dell si collocasse tra il 15% e il 25% «e che i documenti di Dell risalenti all’epoca dei fatti concorda[sser]o con tale stima, confermata da[l]» la dichiarazione di I1, il responsabile del rapporto con Dell presso Intel all’epoca dei fatti, recante la data del 21 dicembre 2007 (in prosieguo: la «dichiarazione di I1 del dicembre 2007»).

195    A tal riguardo, occorre rilevare che la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 è stata resa da un rappresentante della ricorrente ed è tesa a mitigare la responsabilità di quest’ultima nell’infrazione constatata. Tale dichiarazione ha quindi un valore probatorio scarso e, quantomeno, inferiore a quello dei documenti prodotti nell’ambito del procedimento amministrativo oppure dinanzi al Tribunale (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Lafarge/Commissione, T‑54/03, non pubblicata, EU:T:2008:255, punto 379).

196    Per quanto riguarda i «documenti di Dell risalenti all’epoca dei fatti» ai quali la ricorrente fa riferimento, essi consistono in un documento interno di Dell, vale a dire un’e-mail di D1, in data 10 novembre 2005 (in prosieguo: la «e-mail di D1 del 10 novembre 2005»), che si presenta come un elemento a carico prodotto il 18 febbraio 2009 e di cui Intel non afferma di essere stata a conoscenza durante il periodo di riferimento, nonché in talune dichiarazioni di D3 effettuate l’11 febbraio 2009 nell’ambito del procedimento contenzioso privato che contrappone Intel e AMD nello Stato del Delaware, che sono quindi successive al periodo in questione.

197    Da quanto precede risulta che l’unico elemento pertinente fatto valere dalla ricorrente a sostegno delle sue affermazioni secondo cui essa era a conoscenza di talune stime della quota contendibile di Dell, alle quali avrebbe potuto fare riferimento per valutare la legittimità delle sue pratiche durante il periodo di riferimento, consiste in una dichiarazione di uno dei suoi stessi dirigenti diretta ad attenuare la responsabilità della ricorrente nell’infrazione accertata.

198    Come giustamente rilevato dalla Commissione, la ricorrente non produce dinanzi al Tribunale alcun documento che riguardi una stima della quota contendibile di Dell di cui essa sarebbe venuta a conoscenza durante il periodo di riferimento. Infatti, per suffragare il contenuto della dichiarazione menzionata al punto 197 supra, la ricorrente si basa su documenti interni di Dell o su dichiarazioni di un dirigente di Dell, ancorché non sia dimostrato che essa ne fosse a conoscenza durante il periodo di riferimento.

199    Ne consegue che se, nel caso di specie, si dovesse applicare, come sostiene Intel, il principio della certezza del diritto, la Commissione avrebbe l’obbligo di basarsi unicamente su una dichiarazione resa da un rappresentante della ricorrente e intesa ad attenuare la responsabilità di quest’ultima nell’infrazione accertata per determinare la quota contendibile di Dell, senza potersi basare su documenti interni di Dell, alcuni dei quali, del resto, sono a priori pertinenti agli occhi della ricorrente, giacché essa stessa li utilizza al fine di suffragare la fondatezza di detta dichiarazione.

200    Pertanto, salvo ammettere che a un rappresentante dell’impresa dominante basti effettuare talune dichiarazioni a discarico ai fini del procedimento amministrativo perché detta impresa esuli da qualsiasi responsabilità, si deve dichiarare che, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione non era tenuta a basarsi unicamente sugli elementi relativi ai dati conosciuti di Intel durante il periodo di riferimento e che essa poteva tener conto di altri elementi relativi a dati noti ad altri operatori economici, nella fattispecie, taluni documenti interni di Dell.

201    Pertanto, occorre respingere gli argomenti della ricorrente relativi al principio della certezza del diritto, che addebitano alla Commissione di essersi basata sul foglio di calcolo del 2004 di cui essa non era a conoscenza durante il periodo di riferimento piuttosto che sulle proprie stime della quota contendibile contemporanee al periodo di riferimento.

ii)    Sulla valutazione della quota contendibile nella misura del 7,1%

202    La ricorrente fa valere che la Commissione ha commesso un errore fondandosi unicamente sul foglio di calcolo del 2004 per valutare la quota contendibile di Dell al 7,1%, respingendo in modo ingiustificato altri documenti o elementi aventi forza probatoria superiore dai quali è possibile dedurre una quota contendibile più elevata.

203    In primo luogo, la ricorrente si basa su vari elementi di prova per contestare la quota contendibile del 7,1% ritenuta dalla Commissione.

204    Anzitutto, Intel invoca l’e-mail di D1 del 10 novembre 2005, in cui quest’ultimo ha indicato a D3, [riservato], e a D4, allora [riservato], che «le ipotesi avanzate nell’ambito del progetto MAID nei primi sei-dodici mesi prevedevano (...) un trasferimento di circa il 25% del volume totale» a favore di AMD. Il progetto MAID era uno dei programmi concreti nei quali Dell ha previsto di spostare una parte dei suoi acquisti verso AMD. Intel afferma che, sulla base dei calcoli effettuati nel rapporto del prof. Salop e del dott. Hayes del 22 luglio 2009 (in prosieguo: il «rapporto Salop-Hayes»), la proiezione in volume del 25% del fabbisogno di Dell si traduce in una quota contendibile del 17,5% per il primo anno (o del 12,5% se è utilizzato l’approccio della Commissione che la ricorrente ritiene irragionevole).

205    In secondo luogo, Intel cita un’e-mail interna di Dell, da D5 a D1, del 9 marzo 2004 (in prosieguo: l’«e-mail di D5 del 9 marzo 2004»), che riguardava un’altra ipotesi, vale a dire un trasferimento degli approvvigionamenti di Dell verso AMD per il 25% del volume totale del suo fabbisogno di CPU x86 «in 90 giorni».

206    In terzo luogo, la ricorrente si basa sulla dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 per affermare che, durante il periodo di riferimento per l’attribuzione di sconti a Dell, le sue stime interne della quota contendibile del fabbisogno di Dell in CPU x86 si collocavano tra il 15% e il 25%. In questa dichiarazione, I1 scrive che, durante il suddetto periodo, egli «pensava che, se Dell si rivolgesse ad AMD come secondo fornitore, essa acquisterebbe probabilmente il 15-25% delle sue CPU x86 presso AMD nel corso del primo anno e tra un quarto e un terzo dei suoi microprocessori in vista del terzo anno successivo al lancio».

207    La Commissione sostiene, in primo luogo, per quanto riguarda l’e-mail del 10 novembre 2005, che per valutare la quota contendibile essa è meno affidabile del foglio di calcolo del 2004, poiché si tratterebbe di una sintesi schematica dei ricordi di D1 riguardante il programma MAID, redatto due anni dopo i fatti. Per contro, il foglio di calcolo del 2004 valuterebbe la quota potenziale degli acquisti di Dell trasferibile ad AMD, suddivisi per ciascuna linea di prodotti e per segmento, nel contesto del progetto MAID che Dell conduceva allora. Inoltre, la Commissione sostiene, ai punti da 287 a 290 del controricorso, rinviando altresì all’allegato B.31 di quest’ultimo, di aver dimostrato che l’affermazione di Intel secondo cui l’e-mail di D1 del 10 novembre 2005 respinge la stima al 7,1% della quota contendibile così come proposta nella decisione impugnata, si basa su calcoli ipotetici, che si basano su scenari speculativi di «espansione» di acquisti presso AMD favorevoli a Intel. Nonostante il fatto che tale e-mail menzioni un periodo di crescita della quota di CPU x86 proveniente da fonti diverse da Intel, nella fattispecie da AMD, compreso tra sei e dodici mesi, Intel non avrebbe effettuato alcun calcolo previsionale per quest’ultima ipotesi, vale a dire per un’espansione lenta, di dodici mesi. Inoltre, secondo la Commissione, nelle ipotesi di calcolo di Intel, il livello iniziale di incremento sarebbe stato del 5% invece che dello 0% senza alcuna logica che giustificasse un incremento così discontinuo e repentino. Al punto 198 della controreplica, la Commissione sostiene, rinviando all’allegato D.9, che gli argomenti dedotti nella replica secondo cui i calcoli di Intel non erano falsati sono infondati e si basano su gravi distorsioni dei dati reali.

208    Pertanto, secondo la Commissione, gli scenari figuranti nell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005 meno favorevoli a Intel sarebbero sistematicamente passati sotto silenzio. Tenendo conto anche delle ipotesi che non sono favorevoli a determinati tipi di scenari, risulta, a suo avviso, che la quota contendibile derivante dai dati contenuti in tale e-mail di D1 è compresa tra il 5,6% e il 10,4%. Tale valore sarebbe coerente con la cifra del 7,1% che appare nella decisione impugnata, la quale si baserebbe su dati più precisi.

209    In secondo luogo, la Commissione afferma che, sebbene Intel affermi di aver creduto che Dell avrebbe acquistato dal 15 al 25% del suo fabbisogno di CPU x86 presso AMD nel corso del primo anno, come spiegherebbero dettagliatamente i considerando da 1231 a 1238 della decisione impugnata, Intel non avrebbe fornito alcun documento di quell’epoca a sostegno di tali affermazioni. Secondo la Commissione, Intel si baserebbe al riguardo solo su un documento ad hoc redatto da uno dei suoi quadri, I1, ai fini del procedimento amministrativo e contenente informazioni che contraddirebbero almeno su un punto un documento contemporaneo da lui redatto. Secondo la Commissione, esso non può quindi essere accettato come prova credibile per quanto riguarda le stime interne di Intel relative alla quota contendibile.

210    Ai punti 1251 e 1252 della decisione impugnata, la Commissione ha essenzialmente constatato, per quanto riguarda l’e-mail del 10 novembre 2005, che la cifra indicata era più un’aspirazione che non una stima ragionevole e reale. Inoltre, non sarebbe stato possibile determinare esattamente il punto di partenza del lancio dei prodotti di cui trattasi. La Commissione ricorda che il punto di partenza pertinente del periodo di un anno esaminato nell’analisi del concorrente altrettanto efficiente è la data in cui Intel poteva iniziare a reagire al cambiamento di fornitore da parte di Dell. Tale data era, secondo la decisione impugnata, anteriore alla data effettiva delle prime vendite, da parte di Dell, di computer muniti di CPU x86 di AMD.

211    Ai punti da 1233 a 1236 della decisione impugnata, la Commissione afferma che la credibilità della dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007, che sarebbe stata preparata solo per il procedimento amministrativo, è indebolita dal fatto, da un lato, che Intel non ha potuto corroborarla con elementi di prova risalenti all’epoca dei fatti e, dall’altro, che essa contiene, su un altro punto, relativo alla reazione di Intel qualora Dell avesse posto fine al suo approvvigionamento esclusivo presso la stessa, talune informazioni che contraddicono una presentazione di I1 del 10 gennaio 2003, intitolata «Dell F1H’04 MCP».

212    Al punto 1237 della decisione impugnata, la Commissione indica inoltre che Intel stessa aveva attirato la sua attenzione sul fatto che «D1 [aveva] dimostrato che AMD non era un’opzione praticabile per Dell all’inizio del 2003». La Commissione prosegue indicando che «Intel cerc[ava] quindi di indur[la] a concludere, allo stesso tempo, che AMD non costituiva un’opzione praticabile per Dell all’inizio del 2003 e che Dell poteva rifornirsi presso AMD per il 15-25% il primo anno, sulla base di due dichiarazioni non contemporanee di I1 e di D1».

213    Occorre anzitutto rilevare che, contrariamente a quanto sostiene Intel, i documenti di cui essa si avvale non hanno, di per sé, un valore probatorio superiore a quello del foglio di calcolo del 2004.

214    Anzitutto, al pari del messaggio di posta elettronica di D1 del 10 novembre 2005 e dell’e-mail di D5 del 9 marzo 2004, il foglio di calcolo del 2004 è un documento interno di Dell, redatto durante il periodo di riferimento e relativo alla domanda di CPU x86 che tale costruttore OEM intendeva trasferire verso AMD.

215    Intel fa poi valere che i documenti di cui essa si avvale sono stati redatti da alti dirigenti di Dell, che D1 ha confermato, sotto giuramento, durante il procedimento contenzioso privato tra Intel e AMD nello Stato del Delaware, il tenore della sua e-mail del 10 novembre 2005 e che D3, nell’ambito del medesimo procedimento, ha dichiarato di non avere alcun motivo per dubitare dell’esattezza delle affermazioni di D1.

216    Tuttavia, dalla giurisprudenza risulta che le risposte date a nome di un’impresa in quanto tale godono di una credibilità superiore a quella che potrebbe presentare la risposta fornita da un suo dipendente o da uno dei suoi dirigenti, indipendentemente dall’esperienza e dall’opinione personali di quest’ultimo (v. sentenza dell’8 luglio 2004, JFE Engineering/Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, EU:T:2004:221, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

217    Pertanto, correttamente la Commissione sostiene che il foglio di calcolo del 2004 ha un valore probatorio superiore ai documenti o alle dichiarazioni di alti dirigenti di Dell fatti valere da Intel.

218    Sempre correttamente, la Commissione si avvale della natura precisa e dettagliata delle informazioni contenute nel foglio elettronico del 2004, poiché queste caratteristiche sono, in linea di principio, in grado di rafforzare il valore probatorio di un documento (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, EU:T:1999:80, punto 593).

219    Resta il fatto che gli elementi di prova fatti valere da Intel non sono, tuttavia, privi di qualsiasi valore probatorio.

220    Occorre valutare gli elementi di prova consistenti, anzitutto, in valutazioni della quota contendibile all’interno di Dell, ossia valutazioni effettuate da D1 e da D5, poi, in dichiarazioni rese da dirigenti di Dell nell’ambito del procedimento contenzioso privato che contrappone Intel e AMD nello Stato del Delaware e, infine, in un documento che è la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007.

221    In primo luogo, dall’e-mail di D1 del 10 novembre 2005 risulta che «le ipotesi formulate nel progetto MAID nel corso dei primi 6-12 mesi prevedevano (...) un passaggio di circa il 25% [del] volume totale» delle forniture di Dell ad AMD. Per quanto riguarda le critiche della Commissione relative all’affidabilità oggettiva dell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005, è giocoforza constatare, anzitutto, che il suo mittente, D1, era [riservato] all’epoca dei fatti. Inoltre, tale e-mail stata redatta durante il periodo di riferimento. Infine, il suo contenuto è sufficientemente chiaro e verte precisamente sulla quota contendibile all’epoca dei fatti. Alla luce di ciò, occorre tenerne conto e attribuirle una reale pertinenza, poiché la sua affidabilità non è attenuata dal fatto che si tratti di una sintesi schematica dei ricordi di D1.

222    In secondo luogo, contrariamente a quanto indicato dalla Commissione al punto 1251 della decisione impugnata, l’affermazione secondo cui «la cifra del 25% che sarebbe stata raggiunta al termine di un periodo da 6 a 12 mesi [menzionata nell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005]», equivaleva ad «un’“aspirazione” e non ad una stima ragionevole effettiva», riguardava, in realtà, come sostiene correttamente la ricorrente, un altro elemento di prova, vale a dire l’e-mail di D5 del 9 marzo 2004, e faceva riferimento ad un’altra ipotesi, ossia un trasferimento delle forniture di Dell ad AMD per il 25% del volume totale del suo fabbisogno di CPU x86 «entro 90 giorni». Infatti, è solo in quest’ultima e-mail che sono menzionati i termini «aspirazione» o ancora «planning guidelines» (linee guida di pianificazione).

223    Inoltre, per quanto riguarda l’e-mail di D5 del 9 marzo 2004, occorre altresì constatare che, anche prendendo in considerazione il fatto che un trasferimento degli approvvigionamenti particolarmente rapido presso AMD per il 25% del volume totale del fabbisogno di Dell di CPU x86, «in 90 giorni», vi era menzionato solo come un’aspirazione, ciò dimostra già che una siffatta ipotesi poteva essere sollevata in una discussione interna di Dell, quantomeno a titolo di motivazione o di una pianificazione mirata, il che deve essere considerato come un’ulteriore indicazione di una possibilità di una quota contendibile piuttosto alta. Ciò è tanto più vero in quanto tale messaggio è solo di qualche mese successivo al foglio di calcolo del 2004 e che, al pari dell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005, esso menziona un trasferimento di circa il 25% della domanda di Dell in favore di AMD.

224    In terzo luogo, nel procedimento contenzioso privato che contrappone Intel e AMD nello Stato del Delaware, D1 ha confermato che nell’ambito del progetto MAID egli presupponeva che, nel corso dei primi sei-dodici mesi, il trasferimento della domanda verso AMD riguardava circa il 25% del volume di CPU x86 e D3 ha dichiarato che non aveva alcun motivo di interrogarsi sull’esattezza delle affermazioni di D1.

225    Pertanto, le dichiarazioni rese da dirigenti di Dell nell’ambito del procedimento contenzioso privato tra Intel e AMD nello Stato del Delaware corroborano l’ipotesi secondo la quale, nell’ambito del progetto MAID, nel corso dei primi sei-dodici mesi, il trasferimento della domanda di Dell verso AMD poteva riguardare circa il 25% del volume di CPU x86.

226    In quarto luogo, occorre ancora valutare la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007. Per quanto riguarda le critiche della Commissione alla decisione impugnata, esse si dividono in tre categorie, relative al fatto, la prima, che essa sarebbe preparata unicamente per il procedimento amministrativo, la seconda, che essa non sarebbe stata corroborata da altri elementi di prova risalenti all’epoca dei fatti e, la terza, che essa conterrebbe talune contraddizioni rispetto a una presentazione di I1 del 10 gennaio 2003 indirizzata a Dell (v. punto 211 infra)

227    A tal riguardo, in primo luogo, è vero che, come risulta dal punto 195 supra, la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 è stata fatta da un rappresentante della ricorrente e mira a mitigare la responsabilità di quest’ultima nell’infrazione constatata, per cui ha, di per sé, uno scarso valore probatorio.

228    Resta il fatto che la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 è stata fatta sotto giuramento e che, come risulta dal punto 1 di tale dichiarazione, I1 era [riservato], e ciò dal 1999. A causa della sua posizione e della sua anzianità in Intel, I1 doveva essere ampiamente a conoscenza degli elementi principali relativi al rapporto con Dell, il che include la questione della quota contendibile prevedibile per il periodo di riferimento.

229    Inoltre, come risulta dai punti da 221 a 223 supra, taluni documenti interni di Dell rientranti nel periodo di riferimento corroborano la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 in quanto il trasferimento della domanda di Dell verso AMD avrebbe potuto riguardare fino al 25% del volume di CPU x86. Come minimo, questa dichiarazione, nella misura in cui menziona un volume di CPU x86 tra il 15 e il 25%, dimostra, al pari di detti documenti, che il trasferimento della domanda di Dell verso AMD poteva essere superiore al volume del 7% che figura nel foglio di calcolo del 2004.

230    Per quanto riguarda talune presunte contraddizioni insite nella logica economica del fatto di ricorrere a AMD, sollevate dalla Commissione, o ancora talune contraddizioni nelle affermazioni di I1, occorre rilevare che quest’ultimo precisa, nella sua presentazione del 10 gennaio 2003, quale sia il rapporto tra Intel e Dell, sottolineando, in particolare, che occorreva far comprendere a Dell la particolarità di tale rapporto, nel caso in cui tale impresa intendesse ricorrere a AMD. Come sottolinea giustamente la Commissione ai punti 1235 e 1236 della decisione impugnata, tale passaggio di detta presentazione può apparire in contraddizione con il punto 4 della dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007, vertente sull’assenza di una qualsivoglia condizionalità degli sconti proposti da Intel. Tuttavia, contrariamente alle conclusioni tratte dalla Commissione, occorre rilevare che, nella misura in cui tale contraddizione riguarda un elemento della dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 diverso da quello pertinente alla valutazione della quota controversa, non se ne può dedurre che tale dichiarazione sia priva di qualsiasi valore probatorio nel suo insieme e quindi anche nella misura in cui riguarda la quota controversa.

231    Occorre aggiungere che la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007, secondo cui qualsiasi approvvigionamento potenziale di Dell presso AMD in CPU x86 avrebbe una dimensione considerevole, tenuto conto dei costi, dell’accresciuta complessità e delle risorse supplementari in ingegneria, in assistenza e in vendita connessi all’aggiunta di piattaforme AMD, non è né illogica né contraddittoria. Dalla dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007 risulta che quest’ultimo si è sforzato di dare una visione d’insieme obiettiva, in quanto indica altresì che riteneva che la probabilità di un trasferimento parziale degli approvvigionamenti di Dell verso AMD fosse solo «bassa» durante il periodo di riferimento. Per contro, I1 spiega chiaramente nella sua dichiarazione che, per le ragioni summenzionate, se Dell dovesse assumere AMD quale seconda fonte di approvvigionamento di CPU x86, ciò avrebbe necessariamente riguardato una quota tra il 15 e il 25% del suo fabbisogno.

232    Non si può escludere che Dell possa realmente aver avuto l’intenzione, durante il periodo di riferimento, di rifornirsi parzialmente di CPU x86 presso AMD. Infatti, da vari elementi del fascicolo, compreso il foglio di calcolo del 2004, risulta che a intervalli regolari Dell prevedeva e analizzava internamente, durante tutto il periodo di riferimento, la possibilità di una transizione parziale verso AMD. Occorre altresì rilevare che la testimonianza di D1, menzionata al punto 212 supra, secondo la quale AMD non era un’opzione praticabile per Dell, riguardava soltanto l’anno 2003. Orbene, la stessa Commissione ha sottolineato, in particolare al punto 1258 della decisione impugnata, che non si poteva escludere che la quota contendibile di Dell variasse nel tempo, dato che quest’ultima poteva in particolare aumentare, a termine, in ragione del fatto che i consumatori si abituavano, man mano, alle CPU x86 prodotte da AMD. Pertanto, non si può ritenere che la situazione relativa alla quota contendibile di Dell nel 2003 dovesse necessariamente essere identica a quella degli anni 2004 e 2005. In tali circostanze, la dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007, che è corroborata dagli elementi di prova menzionati ai punti 221 e 222 supra, deve parimenti essere considerata affidabile nella parte in cui essa verte sulla quota contendibile di Dell.

233    Pertanto, dall’e-mail di D1 del 10 novembre 2005, dall’e-mail di D5 del 9 marzo 2004, dalle dichiarazioni rese da dirigenti di Dell nell’ambito del procedimento contenzioso privato tra Intel e AMD nello Stato del Delaware nonché dalla dichiarazione di I1 del 21 dicembre 2007, che, considerati congiuntamente, sono corroborate gli uni dagli altri, risulta che, durante il 2005, il trasferimento della domanda di Dell verso AMD poteva riguardare fino al 25% del volume di CPU x86, e non il 7%, come risulta dal foglio di calcolo del 2004.

234    Ne consegue che gli elementi di prova fatti valere da Intel portano a mettere in dubbio il fatto che la quota contendibile di Dell dovesse essere valutata unicamente a partire dal foglio di calcolo del 2004, che menziona un trasferimento della domanda di Dell verso AMD per un volume del 7% per l’anno 2005, da cui la Commissione ha dedotto una quota contendibile del 7,1%.

235    La conclusione raggiunta dal Tribunale non può essere invalidata dalle analisi economiche presentate dalla Commissione dinanzi al Tribunale nell’allegato B.31, che illustrano i suoi argomenti sollevati al punto 290 del controricorso e ai punti 196 e 199 della controreplica, che fanno riferimento all’allegato D.9, per dimostrare che, anche se fosse appropriato calcolare la quota contendibile a partire dai documenti menzionati al punto 233 supra, non sarebbe possibile dedurne una quota contendibile compresa tra il 12,5% e il 17,5%, come sostiene Intel.

236    In effetti, il Tribunale non può tener conto di tali analisi complementari, prodotte per la prima volta nel corso del procedimento dinanzi ad esso, per avvalorare il test AEC contenuto nella decisione impugnata, senza sostituire la propria motivazione a quella della Commissione contenuta in detta decisione. Orbene, la giurisprudenza citata al punto 150 supra vieta al Tribunale di procedere a una siffatta sostituzione della motivazione.

237    Del resto, occorre aggiungere che anche dalle analisi economiche presentate dalla Commissione dinanzi al Tribunale emerge, quanto meno in una delle ipotesi prevedibili fondate sull’analisi dell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005, una quota contendibile del 10,4%.

238    La Commissione indica, a tal riguardo, nelle sue memorie, che la forcella compresa tra il 5,6% e il 10,4% come quota contendibile rientrante nell’analisi non distorta dell’e-mail di D1 del 10 novembre 2005 corrispondeva al risultato del foglio di calcolo del 2004, che prevedeva il 7,1%.

239    Una siffatta conclusione non può essere accolta, in quanto il risultato del test AEC potrebbe variare a seconda che la quota contendibile di cui si tiene conto sia del 7,1% oppure del 10,4%. Infatti, in particolare ai punti da 1255 a 1259 della decisione impugnata, la previsione della quota contendibile è poi confrontata con la quota richiesta indicata nella tabella n. 22, della quale solo gli ultimi tre trimestri presentano cifre superiori al 10,4%. Orbene, nessun elemento oggettivo consente di escludere l’una o l’altra delle ipotesi che possono essere previste alla luce dell’e-mail del 10 novembre 2005, nella scala dal 5,6% al 10,4%, come quota contendibile o, ancora, di concludere che una di esse era più probabile di un’altra. In tali circostanze, permane un dubbio in merito alla percentuale che può essere definitivamente fissata come quella della quota contendibile per Dell e, più in particolare, in merito al fatto che quest’ultima dovesse essere fissata al 7,1%.

240    In secondo luogo, Intel fa valere, in sostanza, che le osservazioni che possono essere tratte dal trasferimento della domanda di Dell verso AMD dimostrano che la quota contendibile di Dell poteva essere superiore al 7,1%.

241    La Commissione sostiene che il trasferimento degli approvvigionamenti di Dell verso AMD negli anni 2006 e 2007 ha solo una rilevanza limitata ai fini dell’esame della situazione durante il periodo di riferimento, che occorrerebbe quantomeno riadattare taluni parametri di calcolo, in particolare il livello degli sconti nel 2006, che nella decisione impugnata essa ha effettuato, in subordine, un test AEC tenendo conto della situazione nel 2006 e nel 2007 a supporto delle sue conclusioni e che l’allegato D.9 prodotto durante il procedimento dinanzi al Tribunale permette di contraddire le affermazioni di Intel.

242    Ai punti da 1241 a 1246 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato l’argomento di Intel secondo cui il tasso di trasferimento osservato quando Dell ha deciso di trasferire una parte dei suoi approvvigionamenti verso AMD dopo il 2006 poteva essere rilevante ai fini della valutazione della quota contendibile. Essa ha ritenuto, in particolare, che, sebbene i successivi trasferimenti potessero essere istruttivi in quanto tali, non si dovesse attribuire loro maggiore importanza rispetto ai documenti contenenti stime di quell’epoca. Successivamente, esaminando gli approvvigionamenti di Dell nel corso dei tre trimestri iniziati nell’ottobre 2006 e terminati nel giugno 2007, come corretti tenuto conto del periodo transitorio alla luce delle sue ipotesi relative al dies a quo dell’orizzonte temporale di un anno, la Commissione ha stimato la quota totale di AMD all’8,2% secondo i dati di Gartner e a una cifra compresa tra l’8,8% e il 10,1% secondo le stime interne di Intel, durante il primo anno di trasferimento della domanda di Dell verso AMD. La Commissione ne ha concluso che tali stime, sebbene fossero leggermente più elevate di quelle di Dell nel corso del periodo di riferimento, non erano di un livello tale da poter essere invocate per confutare l’esattezza della sua analisi.

243    Occorre osservare che la Commissione ha espressamente ammesso, al punto 1245 della decisione impugnata, che, a partire dalle osservazioni relative al trasferimento effettivo di una parte della domanda di Dell verso AMD, era possibile calcolare una quota contendibile superiore al 7,1%, compresa tra l’8,2% e il 10,1%.

244    Benché nella decisione impugnata la Commissione consideri che tali stime fossero leggermente più elevate di quella desunta dal foglio di calcolo del 2004, cosicché non se ne dovrebbe tener conto, ciò non toglie che l’esistenza stessa di dette stime è sufficiente a dimostrare che l’ipotesi di una quota contendibile del 7,1% non era l’unica possibile e porta a mettere in dubbio la fondatezza della valutazione adottata dalla Commissione nella decisione impugnata.

245    Dinanzi al Tribunale, anzitutto, la Commissione ribadisce l’argomento figurante ai punti 1242 e 1243 della decisione impugnata secondo il quale le osservazioni dedotte dal trasferimento di una parte della domanda di Dell verso AMD nel corso degli anni 2006 e 2007 hanno solo un valore probatorio limitato per determinare la quota contendibile durante il periodo di riferimento.

246    Tuttavia, occorre rilevare che, in risposta all’argomento del prof. Shapiro, secondo cui il calcolo del limite temporale di un anno per il test AEC non può iniziare dopo la data in cui il trasferimento di una parte della domanda di Dell verso AMD comincia ad avere conseguenze, la Commissione si è basata in maniera determinante, ai punti da 1221 a 1227 della decisione impugnata, sulle osservazioni che potevano essere tratte dagli eventi nel 2006. Essa ha dedotto da una serie di circostanze che Intel era già informata del cambiamento di fornitore nel maggio 2006 e che aveva proceduto ad una forte diminuzione degli sconti tra il primo e il secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2007.

247    Così, la Commissione, nell’ambito della valutazione della quota contendibile, ha essa stessa utilizzato le osservazioni tratte dal trasferimento di una parte della domanda di Dell verso AMD nel corso degli anni 2006 e 2007 per contraddire l’ipotesi del prof. Shapiro relativa al punto di partenza dell’orizzonte temporale di un anno.

248    Pertanto, la Commissione non può utilmente sostenere, ai punti 1242 e 1243 della decisione impugnata, che le stesse osservazioni hanno solo un interesse limitato ai fini della contestazione della pertinenza della valutazione della quota contendibile compresa tra l’8,2% e il 10,1%.

249    Inoltre, la Commissione fa valere che un calcolo che utilizza le cifre della quota contendibile derivate degli anni 2006 e 2007 dovrebbe integrare, in particolare, il fatto che il livello degli sconti concessi da Intel a Dell ha raggiunto livelli senza precedenti nel 2006. Tuttavia, se la Commissione avesse ritenuto che la valutazione della quota contendibile dovesse essere riadeguata a causa di tale parametro, essa avrebbe dovuto includerlo nel calcolo effettuato al punto 1245 della decisione impugnata.

250    Inoltre, la Commissione, riferendosi al considerando 1258 della decisione impugnata, fa valere che il test AEC ha integrato le quote di mercato reali di AMD presso Dell negli anni 2006 e 2007 – quali fornite da Intel durante l’indagine – e che i risultati di tale calcolo corroborano le constatazioni della decisione impugnata per il periodo conclusosi nel 2005.

251    Tuttavia, al punto 1258 della decisione impugnata, pur ammettendo che era possibile che la quota contendibile fosse leggermente aumentata nel corso del tempo, a mano a mano che i consumatori prendevano coscienza della validità della soluzione alternativa offerta da AMD, la Commissione ha formulato osservazioni relative all’evoluzione della quota richiesta nel 2006 e al volume della domanda di Dell trasferita verso AMD nel 2007. Essa non ha proceduto, in questa fase, a un riadeguamento della quota contendibile considerata per il 2005 a partire dai calcoli effettuati al punto 1245 della decisione impugnata.

252    Infine, nel controricorso e nella controreplica, la Commissione si avvale dell’allegato B.31, che conterrebbe un’analisi fondata sul trasferimento di una parte della domanda di Dell verso AMD nel corso degli anni 2006 e 2007 a conferma delle constatazioni della decisione impugnata sulla capacità degli sconti di produrre un effetto di esclusione dal mercato, e dell’allegato D.9, il quale dimostrerebbe come la quota di mercato di AMD presso Dell fosse inferiore a quella contenuta nella replica e utilizzerebbe le nuove cifre tratte dalla replica per effettuare un test AEC.

253    Tuttavia, il Tribunale non può tener conto di tali analisi complementari, prodotte per la prima volta nel corso del procedimento dinanzi ad esso a sostegno del test AEC contenuto nella decisione impugnata, senza sostituire la propria motivazione a quella della Commissione contenuta in detta decisione. Orbene, la giurisprudenza citata al punto 150 supra vieta al Tribunale di procedere a una siffatta sostituzione della motivazione.

254    Pertanto, dalla decisione impugnata risulta che era possibile stabilire una quota contendibile per Dell compresa tra l’8,2% e il 10,1% a partire da elementi diversi dal foglio di calcolo del 2004. L’esistenza stessa di dette stime dimostra che l’ipotesi di una quota contendibile del 7,1% per quanto riguarda Dell non era l’unica possibile, il che induce il Tribunale a dubitare della fondatezza di detta ipotesi, accolta dalla Commissione nella decisione impugnata.

255    Tale constatazione, nonché quella già formulata al punto 234 supra per quanto riguarda la questione se la quota contendibile di Dell dovesse essere valutata unicamente a partire dal foglio di calcolo del 2004 contenente la cifra del 7% per l’anno 2005, considerati nel loro insieme, avvalorano il dubbio concernente la valutazione di detta quota contendibile adottata nella decisione impugnata.

256    Tenuto conto di tutto quanto precede, si deve concludere che gli elementi addotti da Intel sono in grado di far sorgere un dubbio nella mente del giudice quanto al fatto che la quota contendibile per Dell doveva essere fissata al 7,1%. Di conseguenza, la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente sufficiente la fondatezza della valutazione di detta quota contendibile.

iii) Sull’affermazione della ricorrente relativa alla parte iniziale del periodo di riferimento, compreso tra dicembre 2002 e ottobre 2003

257    Sebbene la conclusione di cui al punto 256 supra invalidi già di per sé la valutazione della quota contendibile di Dell effettuata nella decisione impugnata, occorre, ad abundantiam, valutare alla luce degli argomenti di Intel la fondatezza dell’analisi della Commissione della quota contendibile di Dell per quanto riguarda la parte iniziale del periodo di riferimento, compresa tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003.

258    Secondo Intel, esiste un’incoerenza tra la constatazione, da parte della Commissione, della quota contendibile al 7,1% per Dell e la sua conclusione, al punto 1281 della decisione impugnata, effettuata sulla base di un confronto di detta quota con la quota di mercato richiesta affinché un concorrente altrettanto efficiente potesse accedere al mercato senza subire perdite (in prosieguo: la «quota richiesta»), secondo la quale, nell’intero periodo compreso tra il dicembre 2002 e il dicembre 2005, gli sconti di Intel erano in grado o potevano produrre effetti anticoncorrenziali di esclusione dal mercato.

259    La Commissione contesta le affermazioni di Intel, sostenendo che si trattava soltanto di conclusioni intermedie, e rinvia ai punti 1281 e 1282 della decisione impugnata, che conterrebbero una valutazione complessiva.

260    A tal riguardo, è necessario constatare che dalla tabella n. 22 emerge chiaramente che la quota contendibile era superiore alla quota richiesta, per i primi quattro trimestri indicati, e ciò anche se si accettano i calcoli della quota richiesta e della quota contendibile effettuati dalla Commissione. Infatti, conformemente alla tabella n. 22, durante gli esercizi relativi al periodo contendibile di Dell a partire dal quarto trimestre dell’anno fiscale 2003 fino al terzo trimestre dell’anno fiscale 2004, la quota richiesta era al massimo del 6,6%, mentre la quota contendibile considerata nella decisione impugnata era del 7,1%.

261    Inoltre, al punto 1256 della decisione impugnata, la Commissione constata esplicitamente che, «[p]er la maggior parte dei trimestri (9 su 13), la quota richiesta è superiore alla quota contendibile». Di conseguenza, come sostiene Intel, secondo le stesse cifre della Commissione, il test AEC riguardante gli sconti di Intel a favore di Dell ha condotto a un risultato positivo durante i primi quattro trimestri considerati dalla decisione impugnata.

262    Per quanto riguarda i punti 1281 e 1282 della decisione impugnata, ai quali la Commissione fa riferimento (v. punto 259 supra) per sostenere che il confronto tra la quota richiesta e la quota contendibile sarebbe solo uno dei tre elementi utilizzati per la conclusione dell’analisi AEC, essi indicano che le conclusioni alle quali è giunta la Commissione per quanto riguarda gli sconti accordati a Dell sono dedotte dal confronto della quota contendibile con la quota richiesta, dai fattori di rafforzamento e dal metodo alternativo di calcolo e che la decisione impugnata si basa sulle cifre di costi più favorevoli a Intel. Tuttavia, dal punto 1213 della decisione impugnata risulta che la tabella n. 22 è stata utilizzata nell’ambito del confronto tra la quota contendibile e la quota richiesta. Inoltre, per i motivi esposti ai punti da 272 a 282 infra, né il metodo alternativo di calcolo né i fattori di rafforzamento comportano un esame dell’effetto di esclusione dal mercato derivante dalle riduzioni per i primi quattro trimestri considerati dalla decisione impugnata. Di conseguenza, questi tre elementi dell’analisi della Commissione, anche considerati nel loro insieme, non spiegano perché il test AEC riguardante gli sconti di Intel in favore di Dell abbia condotto a un risultato positivo durante i primi quattro trimestri considerati dalla decisione impugnata.

263    Pertanto, occorre constatare che sussiste una contraddizione tra quanto risulta, da un lato, dal considerando 1256 della decisione impugnata, secondo il quale, almeno relativamente a quattro trimestri del periodo rilevante, Intel riusciva a superare il test AEC e, dall’altro, dalle conclusioni della Commissione ai punti 1281 e 1282 della medesima decisione, da cui risulta che gli sconti accordati a Dell erano idonei a produrre un effetto di esclusione dal mercato durante tutto il periodo rilevante.

264    Inoltre, gli altri elementi della decisione impugnata, ai quali la Commissione fa riferimento per dimostrare che non vi era errore circa i primi quattro trimestri, non sono neppure essi decisivi per quanto riguarda il periodo compreso tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003. Secondo la Commissione, i punti 1258 e 1259 della decisione impugnata mostrerebbero che un approccio trimestrale rigido non sarebbe pertinente.

265    Più in particolare, al punto 1258 della decisione impugnata, la Commissione afferma che è possibile che la quota contendibile sia aumentata nel corso del tempo a causa di una presa di coscienza sempre più forte dei consumatori in merito alla validità dell’alternativa rappresentata da AMD. Essa sottolinea altresì che, in tutte le ipotesi di calcolo, la parte richiesta aumenta costantemente nel corso del periodo considerato dalla decisione impugnata. La Commissione rinvia inoltre alle cifre reali, risultanti dalla situazione esistente nel 2006, quando Dell aveva deciso di cominciare a rifornirsi presso AMD. Essa si basa, in particolare, su dati forniti da Gartner.

266    Al punto 1259 della decisione impugnata, la Commissione ritiene che, al contrario, sarebbe possibile che la quota contendibile sia stata inferiore al 7,1% durante il periodo precedente al primo trimestre del 2005, data in cui il trasferimento da parte di Dell di una parte del suo fabbisogno di CPU x86 da Intel verso AMD avrebbe potuto aver luogo al più presto secondo lo scenario che costituiva la base del foglio elettronico del 2004. La Commissione ne conclude che la differenza tra la quota richiesta e la quota contendibile per i primi trimestri del periodo rilevante potrebbe essere meno significativa delle cifre menzionate nella tabella n. 22.

267    Per quanto riguarda tale motivo, la ricorrente deduce l’argomento secondo cui la Commissione non ha mai modificato la sua valutazione della quota contendibile per i primi quattro trimestri del periodo rilevante, per fare in modo che essa rifletta tale miglioramento della redditività di AMD, il quale, secondo la ricorrente, non si è verificato dall’oggi all’indomani.

268    Occorre constatare che la Commissione non ha in alcun modo quantificato, nella decisione impugnata, detta presunta crescita della quota contendibile, che terrebbe conto di una modifica della percezione di AMD da parte dei consumatori nel tempo. Al contrario, nella decisione impugnata è utilizzata solo la cifra del 7,1%, mentre il foglio di calcolo del 2004 prevedeva un’evoluzione negli anni successivi considerati, indicando valori dai quali si poteva dedurre che la quota contendibile di Dell era del 17,3%, del 22,5% e del 24,2% per i tre anni successivi all’anno iniziale di approvvigionamento parziale presso AMD.

269    In nessuna parte della decisione impugnata è affermato in modo definitivo che una crescita della quota contendibile di Dell nel tempo aveva avuto luogo, a causa del miglioramento della percezione dei prodotti di AMD, ma si menziona unicamente, ai punti 1258 e 1259 di tale decisione, che si trattava di una «possibilità». Peraltro, anche la tabella n. 22 valuta unicamente le modifiche, nel tempo, della quota richiesta, e ciò su una base pluriennale, ma non della quota contendibile. Tuttavia, la Commissione si è limitata, all’udienza del 2020, in risposta a un quesito del Tribunale al riguardo, a sottolineare che il 7,1% utilizzato per la quota contendibile costantemente per tutto il periodo rilevante lo erano per una «ragione tecnica», legata a un asserito accordo tra Intel e la Commissione in merito all’utilizzo di un periodo di un anno per l’analisi AEC. Così, sebbene il punto 1212 della decisione impugnata riprenda i quattro diversi dati che emergono dal foglio di calcolo del 2004, solo il dato del 7,1% è ritenuto appropriato per la quota contendibile, al punto 1213 della decisione impugnata.

270    In tali circostanze, gli argomenti della Commissione non consentono di spiegare o di convalidare, a posteriori, la differenza tra i risultati, indicati dalla Commissione per i primi quattro trimestri del periodo rilevante, nella tabella n. 22, e la sua conclusione, adottata per tutto il periodo rilevante, secondo la quale Intel non ha superato il test AEC.

271    Occorre quindi constatare che, poiché il risultato del test AEC era positivo per Intel, nell’ambito del calcolo principale, per i primi quattro trimestri considerati dalla decisione impugnata, la Commissione non ha dimostrato sulla sola base di tale test che gli sconti di Intel accordati a Dell fossero in grado di restringere la concorrenza per tutto il periodo rilevante.

2)      Sul metodo di calcolo alternativo

272    La Commissione ha effettuato, ai punti da 1266 a 1274 e 1281 della decisione impugnata, un calcolo alternativo, sulla base di informazioni contenute nella presentazione di Dell del 17 febbraio 2004, la quale ad avviso della Commissione confermava le conclusioni tratte dal calcolo principale nel test AEC, ossia che gli sconti che Intel aveva concesso a Dell erano in grado di escludere un concorrente altrettanto efficiente.

273    Intel contesta la pertinenza del calcolo alternativo. Tale valutazione riguarderebbe solo l’anno fiscale 2005, che si colloca al di fuori del periodo per il quale è dimostrato, nella decisione impugnata, che Intel ha superato il test AEC. La constatazione dell’infrazione in rapporto a Dell per il periodo compreso tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003 non potrebbe quindi essere mantenuta.

274    La Commissione respinge gli argomenti di Intel e ritiene, dal canto suo, che il calcolo alternativo costituisca un approccio confermativo della soluzione della decisione impugnata adottata in via principale.

275    A tal riguardo, nei limiti in cui la decisione impugnata fonda il suo calcolo alternativo sulla presentazione di Dell del 17 febbraio 2004, la quale, come risulta altresì dalle tabelle n. 28 e n. 29 di cui ai punti 1268 e 1270 di tale decisione, valuta il periodo che inizia all’anno fiscale 2005, non se ne può dedurre che essa consentirebbe di spiegare o, a fortiori, di modificare le valutazioni della Commissione relative al periodo compreso tra il dicembre 2002 e l’ottobre 2003. Inoltre, nella misura in cui la Commissione ha fatto riferimento, all’udienza del 2020, alla nota a piè di pagina n. 1604 del punto 1264 della decisione impugnata per sostenere che i documenti utilizzati riguardavano effettivamente il periodo rilevante, è sufficiente constatare che tale nota a piè di pagina riguardava i fattori di rinforzo e non il metodo alternativo di calcolo.

276    Pertanto, senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza del metodo alternativo, è sufficiente constatare che esso non dimostra che le pratiche di sconti di Intel potessero produrre un effetto di esclusione dal mercato durante tutto il periodo di riferimento.

3)      Sui fattori di rinforzo

277    Secondo la ricorrente, la Commissione tenterebbe invano di suffragare la sua analisi dichiarando che il suo utilizzo del criterio di concorrente altrettanto efficiente riveste di fatto un carattere conservativo che non teneva conto di fattori di rinforzo (v. altresì punto 177 supra). Di contro, la Commissione sostiene, in sostanza, che era giustificato tenere in considerazione i fattori di rafforzamento.

278    Occorre quindi analizzare se i diversi errori della Commissione nel test AEC riguardanti Dell possano essere corretti dai diversi elementi presi in considerazione quali fattori di rinforzo, quali risultano dai punti da 1260 a 1265 della decisione impugnata.

279    A tal riguardo, da un lato, dal punto 1260 della decisione impugnata risulta che l’interesse dei fattori di rafforzamento è che «un certo numero di fattori non è stato preso pienamente in considerazione nell’analisi [precedente], mentre, se fossero inclusi, rafforzerebbero la capacità di esclusione dal mercato stimata attraverso gli sconti». Pertanto, gli elementi di cui trattasi avevano unicamente lo scopo di rafforzare l’esame principale relativo all’esistenza di un effetto di esclusione dal mercato.

280    Dall’altro lato, dal punto 1261 della decisione impugnata risulta che la stessa Commissione ha ritenuto che la presa in considerazione completa degli effetti dei fattori di rinforzo avrebbe richiesto ipotesi aggiuntive sul modo in cui gli sconti sarebbero stati concessi ad altri concorrenti, nonché sulle conseguenze di una siffatta situazione concorrenziale ed aggressiva sui redditi di Dell.

281    In risposta ad un quesito del Tribunale all’udienza del 2020, la Commissione ha affermato che i fattori di rinforzo erano stati oggetto di una «valutazione pragmatica» e che si trattava di elementi «sui generis», inseriti nella struttura della decisione impugnata riguardanti il test AEC. Tuttavia, la Commissione non ha per questo sostenuto che essi siano stati precisamente valutati, in termini numerici, nell’ambito del test AEC. Essa sottolinea piuttosto che tali elementi, indipendentemente dalla questione della loro legittimità, costituivano «un effetto leva aggiuntivo» a favore di Intel, in quanto gli sconti persi da Dell sarebbero stati trasferiti a taluni concorrenti e dato che tali perdite di sconto potevano riguardare altri chip acquistati presso Intel, che «non erano quelle oggetto della decisione impugnata».

282    Da quanto precede deriva che i fattori di rinforzo sono stati inclusi nella decisione impugnata quali elementi idonei a rafforzare l’esame principale relativo all’esistenza di un effetto preclusivo prodotto dagli sconti controversi e che questi ultimi non sono stati sufficientemente analizzati dalla Commissione quanto all’incidenza che essi avrebbero avuto sulla valutazione della capacità di preclusione di detti sconti. Pertanto, la loro presa in considerazione non può essere utilmente controllata dal Tribunale, né può sostituirsi all’analisi principale della Commissione sulla capacità degli sconti di Intel accordati a Dell di produrre un effetto di esclusione dal mercato.

4)      Conclusione sul test AEC per gli sconti accordati a Dell

283    Da tutte le suesposte considerazioni risulta che la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la fondatezza della sua ipotesi secondo cui la quota contendibile di Dell per il periodo considerato era del 7,1%. Dato che, ai punti da 1255 a 1257 della decisione impugnata, tale ipotesi è servita da base per dimostrare, mediante comparazione della quota richiesta e della quota contendibile, la capacità degli sconti accordati a Dell da Intel di produrre un effetto di esclusione dal mercato, senza che fosse necessario analizzare le censure della ricorrente relative al calcolo della quota condizionata, ne consegue che detto confronto non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato detta capacità.

284    Inoltre, i fattori di rafforzamento non sono idonei, di per sé, a dimostrare la capacità degli sconti accordati a Dell da Intel di produrre un effetto di esclusione dal mercato e, in ogni caso, non sono stati sufficientemente analizzati, mentre il metodo di calcolo alternativo non dimostra che le pratiche di sconti di Intel fossero idonee a produrre un effetto di esclusione dal mercato durante tutto il periodo rilevante.

285    Occorre rilevare che, al punto 1281 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che le conclusioni alle quali era pervenuta riguardo alla capacità degli sconti accordati a Dell di produrre un effetto di esclusione dal mercato sono dedotte dal confronto tra la quota contendibile e la quota richiesta, dai fattori di rafforzamento e dalla conferma apportata dal metodo alternativo di calcolo.

286    Tuttavia, poiché il confronto tra la quota contendibile e la quota richiesta non dimostra, in modo giuridicamente adeguato, gli effetti di esclusione dal mercato e che i fattori di rafforzamento non sono stati sufficientemente analizzati, la Commissione non è in grado di dimostrare, sulla base di questi primi due elementi, la capacità degli sconti accordati a Dell di produrre un effetto preclusivo. Inoltre, il terzo elemento preso in considerazione dalla Commissione, consistente in un metodo alternativo di calcolo, il quale, secondo i termini del punto 1281 della decisione impugnata, ha una funzione di conferma dei primi due elementi, non può di per sé corroborare le conclusioni della Commissione, a fortiori in quanto esso non dimostra che le pratiche di sconti di Intel potessero produrre un effetto di esclusione dal mercato durante tutto il periodo rilevante.

287    Occorre dunque accogliere la censura della ricorrente secondo la quale la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la fondatezza della conclusione, formulata al punto 1281 della decisione impugnata, secondo la quale, nel periodo compreso tra il dicembre 2002 e il dicembre 2005, gli sconti di Intel erano in grado o potevano produrre un effetto anticoncorrenziale di esclusione dal mercato, poiché anche un concorrente altrettanto efficiente sarebbe stato impedito dall’approvvigionare Dell per il proprio fabbisogno di CPU x86.

b)      Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a HP

288    Al punto 413 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che HP e la ricorrente avevano concluso, per il periodo che va dal novembre 2002 al maggio 2005, gli accordi HPA aventi ad oggetto computer aziendali fissi. Al medesimo considerando, la Commissione ha constatato che tali accordi prevedevano una condizione non scritta per la concessione di sconti a HP (in prosieguo: gli «sconti HPA»), ossia che quest’ultima si riforniva presso la ricorrente per almeno il 95% del suo fabbisogno di CPU x86 al fine di equipaggiare i suoi computer aziendali fissi destinati alle imprese (in prosieguo: la «condizione di quasi esclusiva»). Al punto 1406 della decisione impugnata, la Commissione ha concluso, sulla base del test AEC, che tali sconti HPA erano idonei ad avere effetti anticoncorrenziali di esclusione dal mercato.

289    Per quanto riguarda, più precisamente, i periodi coperti dagli accordi che hanno portato agli sconti HPA, la Commissione ha rilevato, ai punti 338, 341 e 1296 della decisione impugnata, che il primo di tali accordi (in prosieguo: l’«accordo HPA 1») era stato concluso dopo la fusione nel maggio 2002 di HP con la Compaq e copriva un periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2004. Per quanto riguarda il secondo degli accordi HPA, la Commissione ha constatato, ai punti 342 e 343 della decisione impugnata, che esso copriva un periodo compreso tra il giugno 2004 e il maggio 2005.

290    La ricorrente contesta la conclusione della Commissione secondo cui gli sconti HPA potevano avere effetti preclusivi anticoncorrenziali e fa valere che, se correttamente applicato, il test AEC dimostra che tali sconti non erano in grado di escludere un concorrente altrettanto efficiente.

291    In sostanza, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata contiene quattro errori, relativi, il primo, alla quota contendibile, il secondo, all’importo della quota condizionata degli sconti, il terzo, al periodo di infrazione esaminato e, il quarto, ai fattori di rafforzamento presi in considerazione. La ricorrente deduce un quinto argomento, secondo cui la Commissione avrebbe commesso taluni errori nella valutazione di suoi CEM.

1)      Sul periodo esaminato dal test AEC

292    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha effettuato il test AEC per tutto il periodo considerato dalla decisione impugnata. La decisione impugnata non conterrebbe un test AEC per i primi undici mesi del periodo considerato, cioè dal novembre 2002 al terzo trimestre dell’anno fiscale 2003 di HP. Così, sebbene la tabella 35, che appare al punto 1337 della decisione impugnata (in prosieguo: la «tabella 35»), presenti un’analisi di «solidità» che comprenderebbe l’intero accordo HPA1, tale analisi si baserebbe, secondo la ricorrente, su dati incompleti. La Commissione avrebbe commesso un «errore manifesto di valutazione» affermando che la ricorrente non soddisfaceva il test AEC per il periodo coperto dall’accordo HPA 1, pur ammettendo la possibilità che, in mancanza di dati coerenti, il periodo di riferimento «non coincidesse perfettamente con la durata contrattuale effettiva» dell’accordo HPA 1.

293    Peraltro, la ricorrente ritiene che l’affermazione della Commissione di cui al punto 1014 della decisione impugnata, secondo cui il test AEC richiede che sia esaminata la quota contendibile dei fabbisogni di un costruttore OEM su un periodo non superiore a un anno, sia incompatibile con l’analisi che emerge dalla tabella n. 35, effettuata su un periodo più lungo, ossia su un anno e mezzo.

294    La Commissione fa valere che la decisione contiene in realtà un’analisi AEC per tutto il periodo coperto dall’accordo HPA 1, che va dal novembre 2002 al maggio 2004, e che l’allegato B.31 dimostra in che modo si tratta di un periodo rilevante.

295    Inoltre, la Commissione sostiene che la ricorrente non ha mai sollevato questo argomento durante il procedimento amministrativo, sebbene gli stessi periodi di riferimento siano stati presumibilmente utilizzati per tutti i calcoli relativi a HP. Peraltro, la ricorrente avrebbe utilizzato tali periodi di riferimento per i suoi calcoli in relazione a HP nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti del 2007.

296    Infine, la Commissione chiarisce la ragione in base alla quale il calcolo per l’intero periodo di validità dell’accordo HPA1 – vale a dire un anno e mezzo – non utilizza le quote contendibili stabilite all’orizzonte di un anno e mezzo, bensì una media delle quote contendibili trimestrali durante il periodo di validità dell’HPA1, stabilite all’orizzonte di un anno. A suo avviso, indipendentemente dal momento in cui un concorrente altrettanto efficiente tenterebbe di entrare nel mercato di HP, quest’ultima dovrebbe valutare la proposta di detto concorrente per l’anno che inizia al momento del suo ingresso nel mercato.

297    Ai punti da 1334 a 1337 della decisione impugnata, la Commissione ha esposto i suoi calcoli relativi alla quota richiesta per quanto riguarda HP.

298    Ai punti da 1385 a 1387 della decisione impugnata, la Commissione, riferendosi alle cifre esposte al punto 1334 di detta decisione, ha dichiarato che la quota richiesta era sistematicamente superiore alla quota contendibile.

299    Al punto 1406 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, sulla base del confronto tra la quota contendibile e la quota richiesta effettuato ai punti da 1385 a 1389 della suddetta decisione, si dovesse ritenere che, nel periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005, gli sconti concessi da Intel a HP fossero idonei a produrre un effetto anticoncorrenziale di esclusione dal mercato.

300    In primo luogo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, per quanto attiene all’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, nessuna disposizione del diritto dell’Unione impone al destinatario della comunicazione degli addebiti di contestare i suoi singoli elementi di fatto o di diritto nel corso della fase amministrativa del procedimento, a pena di non poterlo più fare successivamente in sede giurisdizionale (sentenza del 1° luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 89).

301    Pertanto, l’argomento della Commissione secondo cui la ricorrente non avrebbe contestato, durante il procedimento amministrativo, i periodi utilizzati dalla Commissione per i suoi calcoli non può essere accolto.

302    Lo stesso vale per l’argomento della Commissione secondo cui la ricorrente avrebbe utilizzato i periodi in questione per i propri calcoli durante il procedimento amministrativo. Dal momento che taluni periodi sono stati utilizzati dalla Commissione per i propri calcoli nella decisione impugnata, essi fanno parte della motivazione di tale decisione che la ricorrente può contestare dinanzi al Tribunale.

303    In secondo luogo, occorre osservare che la tabella n. 34, che appare al punto 1334 della decisione impugnata, la quale riprende i parametri e i calcoli della quota richiesta (in prosieguo: la «tabella n. 34»), copre il periodo compreso tra il quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003 e il terzo trimestre dell’esercizio fiscale 2005, cosicché essa non contiene alcun dato relativo ai mesi di novembre e di dicembre 2002 nonché ai primi tre trimestri dell’esercizio fiscale 2003.

304    Inoltre, la ricorrente sostiene giustamente che le cifre per l’accordo HPA 1 che figurano alla prima riga della tabella n. 35, al fine di stabilire la solidità delle conclusioni della Commissione esponendo il calcolo della quota richiesta per gli accordi HPA, risultano dalla somma o dalla media aritmetica delle cifre che figurano nelle prime tre linee della tabella n. 34.

305    Più precisamente:

–        il numero di CPU x86 acquistati da HP, identificato nella tabella n. 35 per il periodo coperto dall’accordo HPA 1, ossia 7 079 382 unità, corrisponde al numero di CPU x86 acquistati dalla HP nel periodo che va dal quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003 al secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, identificato nella tabella n. 34 (quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003, 2 416 750 unità; primo trimestre del periodo d’imposta 2004, 2 200 225 unità; secondo trimestre del periodo d’imposta 2004, 2 462 407 unità);

–        l’importo degli sconti percepiti da HP individuato nella tabella n. 35 per il periodo coperto dall’accordo HPA 1, ossia USD 97 499 999, corrisponde agli sconti percepiti da HP nel periodo compreso tra il quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003 e il secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, individuati nella tabella n. 34 (quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003, USD 32 499 999; primo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, USD 32 500 000; secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, USD 32 500 000);

–        il valore «V» (vale a dire, la frazione del volume totale di unità di CPU x86 che HP avrebbe acquistato presso la ricorrente rispettando la condizione di quasi esclusiva) individuato nella tabella n. 35 per il periodo coperto dall’accordo HPA 1, ossia 6 725 413 unità, corrisponde, con lo scarto di un’unità e tenendo conto di un errore di battitura, ai valori «V» per il periodo compreso tra il quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003 e il secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, individuate nella tabella n. 34 (quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003, 2 295 913 unità; primo trimestre del periodo d’imposta 2004, 2 090 214 unità; secondo trimestre del periodo d’imposta 2004, 2 339 287 unità);

–        Il «PMV dei microprocessori di Intel» identificato nella tabella 35 per il periodo coperto dall’accordo HPA1, vale a dire 165,15, corrisponde alla media aritmetica, senza ponderazione, dei PMV identificati, per il periodo dal quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003 al secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, nella tabella 34 (quarto trimestre dell’esercizio fiscale 2003, 176,19; primo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, 159,45; secondo trimestre dell’esercizio fiscale 2004, 159,82).

306    A tal riguardo, occorre rilevare che la Commissione non sostiene che la dimostrazione che precede risulterebbe da una coincidenza e che i diversi valori individuati al punto 305 supra sarebbero, per i tre trimestri mancanti nonché per i tre trimestri successivi, identici.

307    Pertanto, quanto sopra è sufficiente a dimostrare che i mesi di novembre e di dicembre 2002 e i primi tre trimestri dell’anno fiscale 2003 non sono stati effettivamente presi in considerazione dalla Commissione nei calcoli che hanno portato alle cifre che appaiono nella tabella n. 35. Il calcolo della quota richiesta per la durata dell’accordo HPA1 che ha portato ai risultati delle tabelle 34 e 35 non copre, quindi, l’intero periodo tra il novembre 2002 e il maggio 2005 per il quale la Commissione ha ritenuto possibile dimostrare l’esistenza di un effetto di esclusione dal mercato prodotto dagli sconti accordati da Intel a HP.

308    In terzo luogo, gli argomenti dedotti dalla Commissione non sono tali da rimettere in discussione la conclusione che precede.

309    Anzitutto, nella controreplica, la Commissione sostiene che il risultato di un calcolo su base trimestrale non differisce fondamentalmente dal risultato del calcolo globale asseritamente effettuato.

310    Tuttavia, tale argomento interviene in risposta alla replica, per far valere che l’approccio adottato nella decisione impugnata, fondato su una media delle quote contendibili trimestrali in cui la quota contendibile è calcolata per un periodo massimo di un anno, non era incompatibile con il fatto di effettuare detto calcolo per tutta la durata della validità dell’accordo HPA1. Orbene, se i calcoli effettuati dalla Commissione nella decisione impugnata non prendono in considerazione i dati relativi ai mesi di novembre e dicembre 2002 nonché ai primi tre trimestri dell’esercizio fiscale 2003 per la durata dell’accordo HPA 1, poco importa che tali calcoli siano effettuati trimestre per trimestre oppure globalmente, dato che i mesi di novembre e di dicembre 2002 nonché i primi tre trimestri dell’esercizio fiscale 2003 non saranno, in ogni caso, mai presi in considerazione.

311    Inoltre, nel controricorso e nella controreplica, la Commissione, a sostegno dei suoi argomenti, fa rinvio agli allegati B.31. e D.17 corrispondenti.

312    Per quanto riguarda il rinvio, nel controricorso, all’allegato B.31, occorre ricordare che, sebbene il testo dell’atto di ricorso possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto, i quali, in forza dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dell’articolo 76 del regolamento di procedura del Tribunale, devono figurare nel ricorso (sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94).

313    Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere fondato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 94).

314    Così, un allegato al ricorso può essere preso in considerazione solo nella misura in cui esso suffraga o completa argomenti espressamente invocati dalla parte ricorrente nel testo dell’atto di ricorso, e nella misura in cui è possibile per il Tribunale stabilire con precisione quali sono gli elementi contenuti nell’allegato che suffragano o completano i suddetti argomenti (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, EU:T:2007:289, punto 99).

315    Nel caso di specie, nel controricorso, la Commissione si limita ad indicare che il periodo esaminato nella decisione impugnata, ossia il periodo completo coperto dall’accordo HPA 1, è pertinente ai fini del test AEC, senza sviluppare tale argomento, e rinvia, senza ulteriori indicazioni, alle spiegazioni contenute nell’allegato B.31, senza che sia possibile per il Tribunale stabilire con precisione quali siano gli elementi contenuti in tale allegato idonei a suffragare tale argomento non sviluppato. Ne consegue che detto argomento è irricevibile, in applicazione, per analogia, della giurisprudenza menzionata ai punti da 312 a 314 supra.

316    Per quanto riguarda la controreplica, la Commissione rinvia ai punti da 77 a 82 dell’allegato D.17 per sostenere che calcoli trimestrali aventi per base una cifra fornita da HP conducono a risultati meno favorevoli per Intel rispetto ai risultati medi sui quali si fonda la decisione.

317    Nella misura in cui la Commissione presenta, nell’allegato D.17 della controreplica, un calcolo per due dei tre trimestri mancanti, ossia il secondo e il terzo trimestre dell’anno fiscale 2003, occorre rilevare che tali calcoli non risultano dalla decisione impugnata e sono presentati per la prima volta nel corso del procedimento giudiziario. Il Tribunale non può, quindi, prendere in considerazione questi calcoli supplementari a sostegno del test AEC contenuto nella decisione impugnata senza con ciò sostituire la propria motivazione a quella della Commissione contenuta in detta decisione. Orbene, la giurisprudenza citata al punto 150 supra vieta al Tribunale di procedere a una siffatta sostituzione della motivazione.

318    In ogni caso, occorre constatare che nulla dimostra l’esattezza dell’ipotesi avanzata dalla Commissione secondo la quale, a causa della stabilità degli sconti nel corso del periodo coperto dall’accordo HPA 1, i risultati della quota richiesta sarebbero gli stessi per i due mesi e i tre trimestri mancanti. Inoltre, occorre ricordare che la quota richiesta è calcolata mediante tre parametri, ossia l’importo degli sconti, il volume degli acquisti di HP e il PMV. Orbene, non è stato dimostrato, nella decisione impugnata, che questi ultimi due parametri presentassero, per i due mesi e i tre trimestri mancanti, valori identici a quelli individuati nell’ambito dell’esame dei trimestri presi in considerazione. Pertanto, nulla garantisce che i dati per i mesi e i trimestri non presi in considerazione ai fini del test AEC differiscano da quelli identificati per i trimestri analizzati.

319    Pertanto, da quanto precede risulta che la Commissione è incorsa in errore nel considerare che il suo calcolo della quota richiesta le consentiva di trarre conclusioni relative all’effetto di esclusione dal mercato prodotto dagli sconti che Intel accordava a HP per tutto il periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005. Infatti, la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di tale effetto per il periodo compreso tra il novembre 2002 e il settembre 2003.

320    La circostanza che la Commissione abbia effettuato un calcolo alternativo della quota richiesta al punto 1389 della decisione impugnata, facendo riferimento alle cifre esposte al punto 1338 di detta decisione, non può porre rimedio a tale errore. In effetti, dalle tabelle n. 36 e n. 37 risulta che i dati relativi alla quota richiesta nei due scenari alternativi considerati dalla Commissione coprono, rispettivamente, il periodo compreso tra il quarto trimestre del 2004 e il terzo trimestre del 2005 e il periodo compreso tra il secondo trimestre e il terzo trimestre del 2005. Pertanto, detto calcolo alternativo non copre neppure l’intero periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005.

2)      Sui presunti fattori di rafforzamento

321    Ai punti da 1390 a 1395 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, in sostanza, che il test AEC non teneva conto di due considerazioni supplementari, vale a dire, in primo luogo, che la Commissione aveva utilizzato le cifre più favorevoli alla ricorrente e, in secondo luogo, che, in caso di trasferimento da parte di HP dei suoi acquisti di CPU x86 verso AMD, la ricorrente avrebbe potuto a sua volta trasferire gli sconti inizialmente destinati a HP a un altro concorrente che utilizzasse i suoi CPU x86, come Dell. Ciò, secondo la Commissione, rafforzerebbe ulteriormente gli inconvenienti per HP derivanti da un trasferimento dei suoi acquisti di CPU x86 verso AMD.

322    La ricorrente fa valere, in primo luogo, che la Commissione non spiega le ragioni per le quali un aumento degli sconti accordati ai concorrenti di HP, e, ciò, al fine di allinearsi alla concorrenza, sarebbe anticoncorrenziale. In secondo luogo, dal documento di HP intitolato «Managing Intel and AMD to maximise value to BPC» risulta che la stessa HP aveva concluso che una siffatta misura non costituiva un rischio reale e che tale fenomeno non era stato osservato in altre unità commerciali globali con una percentuale più elevata di prodotti AMD. In terzo luogo, se HP avesse ricevuto un milione di CPU x86 gratuiti da parte di AMD, essa avrebbe evitato di pagare USD 163,86 milioni alla ricorrente (ossia il PMV al netto dello sconto per un milione di CPU x86). Gli sconti totali della ricorrente previsti nell’accordo HPA 1 ammonterebbero a soli USD 130 milioni, di modo che HP avrebbe dovuto pagare quasi USD 34 milioni per acquistare la quantità equivalente di CPU x86 presso la ricorrente. HP avrebbe quindi necessariamente respinto l’offerta di AMD per la semplice ragione che la domanda di sistemi muniti di CPU x86 di AMD sarebbe stata insufficiente e non avrebbe preso in considerazione la perdita potenziale degli sconti concessi dalla ricorrente. In quarto luogo, dal documento di HP intitolato «Managing Intel and AMD to maximise value to BPC» risulterebbe altresì che l’accettazione di AMD nel mercato dei professionisti era incerta.

323    La Commissione sostiene, in primo luogo, he la possibilità di un trasferimento di sconti verso i concorrenti di HP rafforzerebbe gli incentivi economici al fine di indurre HP a non violare le condizioni degli accordi HPA. In secondo luogo, il documento di HP intitolato «Managing Intel and AMD to maximise value to BPC» non tratterebbe di trasferimenti di sconti verso i concorrenti. In terzo luogo, la decisione di HP di non accettare l’offerta di un milione di CPU x86 gratuiti fatta da AMD non risulterebbe unicamente da un confronto contabile. Contrariamente al test AEC, che sarebbe puramente teorico, le vere decisioni commerciali sarebbero influenzate da una molteplicità di fattori. Inoltre, i calcoli della ricorrente non sarebbero corretti, poiché HP, potendo rifornirsi, secondo gli accordi HPA, in piccole quantità presso AMD, avrebbe infine acquistato 160 000 CPU x86. Di conseguenza, HP non avrebbe rifiutato un milione di CPU x86, ma solo 840.000 CPU x86. Orbene, con un PMV di USD 163,86 per unità, l’importo risparmiato rappresenterebbe solo USD 137,6 milioni, il che non differirebbe in modo significativo dagli USD 130 milioni di sconti HPA.

324    A tal riguardo, prima di interrogarsi sul carattere asseritamente errato della valutazione effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata riguardo al fattore di rafforzamento ivi identificato e consistente in un trasferimento degli sconti inizialmente concessi a HP ai suoi concorrenti, si deve constatare che la decisione impugnata non contiene alcuna analisi dell’incidenza di detto fattore sugli elementi presi in considerazione nel test AEC.

325    Orbene, secondo costante giurisprudenza il difetto o l’insufficienza di motivazione rientra nell’inosservanza delle forme sostanziali ai sensi dell’articolo 263 TFUE e costituisce un motivo di ordine pubblico che può, e anzi deve, essere sollevato d’ufficio dal giudice dell’Unione (v. sentenza del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

326    In considerazione di quanto precede, il Tribunale è tenuto a statuire sull’esistenza di un eventuale inadempimento dell’obbligo di motivazione e a sentire a tal fine le parti, come ha fatto in occasione dell’udienza del 2020.

327    Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la portata dell’obbligo di motivazione dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale esso è stato adottato. La motivazione deve fare apparire in modo chiaro e non equivoco il ragionamento dell’istituzione in modo da consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata per poter difendere i loro diritti e verificare se la decisione sia fondata o meno e, dall’altro, al giudice di esercitare il suo sindacato di legittimità. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto per accertare se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE occorre far riferimento non solo al tenore di tale atto, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata (sentenza del 18 gennaio 2012, Djebel – SGPS/Commissione, T‑422/07, non pubblicata, EU:T:2012:11, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

328    Nella fattispecie, occorre notare che la Commissione, pur considerando che il trasferimento degli sconti inizialmente destinati a HP verso i suoi concorrenti costituisse un fattore di rinforzo a sostegno delle conclusioni da essa tratte dal test AEC, non ha precisato quali elementi presi in considerazione in tale test sarebbero stati influenzati e in che modo. Orbene, poiché la Commissione riteneva che tale fattore di rafforzamento avesse un ruolo nell’ambito della valutazione della capacità di preclusione dal mercato degli sconti controversi, essa era tenuta a valutarne più precisamente l’incidenza su quest’ultima. Ciò è tanto più vero in quanto essa ha ritenuto, al punto 1395 della decisione impugnata, che il suddetto fattore fosse tale da prevalere su tutti gli argomenti della ricorrente formulati durante il procedimento amministrativo in merito ai fattori utilizzati dalla Commissione per applicare il test AEC relativamente ad HP.

329    All’udienza del 2020, in risposta a un quesito del Tribunale sul suo ragionamento secondo cui il fattore di rafforzamento consistente in un trasferimento degli sconti inizialmente concessi a HP verso uno dei suoi concorrenti prevarrebbe su tutti gli errori contenuti nella decisione impugnata e sulla motivazione della decisione impugnata a tal riguardo, la Commissione si è limitata ad affermare che nessun partner commerciale ragionevole avrebbe rifiutato l’offerta che le avrebbe fatto AMD di offrirle un milione di CPU x86 gratuitamente. Pertanto, HP avrebbe rifiutato l’offerta di AMD solo a causa delle conseguenze che un’accettazione avrebbe avuto sul suo rapporto con la ricorrente. La Commissione ha ritenuto di non dover aggiungere nulla rispetto a quanto indicato nella decisione impugnata.

330    Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità, occorre considerare che l’argomento presentato dalla Commissione all’udienza del 2020 è una mera supposizione non suffragata che non può colmare l’assenza di motivazione della decisione impugnata in merito all’influenza che avrebbe, sulle sue conclusioni derivanti dal test AEC, il fattore di rafforzamento consistente in un trasferimento degli sconti inizialmente concessi a HP verso uno dei suoi concorrenti.

331    Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che la decisione impugnata, per quanto riguarda il fattore di rafforzamento consistente in un trasferimento degli sconti inizialmente concessi a HP verso uno dei suoi concorrenti, sia viziata da un difetto di motivazione.

332    Alla luce di quanto precede, occorre rilevare che, al considerando 1406 della decisione impugnata, per affermare che essa ha dimostrato la capacità degli sconti accordati a HP di produrre un effetto preclusivo, la Commissione si è basata sul confronto tra la quota contendibile e la quota richiesta, i fattori di rafforzamento e l’irrilevanza delle affermazioni di Intel riguardanti una «nuova teoria» della Commissione.

333    Anzitutto, dai punti da 1396 a 1405 della decisione impugnata risulta che l’esame dell’irrilevanza delle affermazioni di Intel riguardanti una «nuova teoria» della Commissione non consiste in un test AEC alternativo, bensì in una contestazione di nuovi calcoli presentati da Intel nelle sue osservazioni del 28 marzo 2008, cosicché non può essere considerato come un esame della Commissione volto a dimostrare la capacità degli sconti controversi di produrre un effetto preclusivo.

334    Risulta, poi, da tutto quanto precede che, per quanto riguarda il test AEC applicato a HP, la Commissione, da un lato, al momento del confronto della quota contendibile e della quota richiesta, non ha dimostrato l’esistenza degli effetti di esclusione per il periodo compreso tra il 1° novembre 2002 e il 31 settembre 2003 e, dall’altro, non ha sufficientemente motivato l’esame dei fattori di rafforzamento.

335    Pertanto, la Commissione non ha sufficientemente dimostrato la fondatezza della conclusione, formulata al punto 1406 della decisione impugnata, secondo la quale, nel periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005, lo sconto concesso da Intel a HP era in grado di produrre un effetto preclusivo anticoncorrenziale oppure idoneo a produrre un effetto di tal genere, in quanto essa non ha dimostrato l’esistenza di effetti di esclusione dal mercato per il periodo compreso tra il 1º novembre 2002 e il 31 settembre 2003.

c)      Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a NEC

336    Ai punti da 451 a 453 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che NEC era uno dei dieci maggiori venditori di computer e di server al mondo. Fino all’aprile 2005, le attività di NEC in qualità di costruttore OEM erano gestite da due controllate detenute al 100%, vale a dire NEC Japan e NEC Computer International (in prosieguo: «NECCI»). NEC Japan gestiva le attività di NEC in Giappone e nel continente americano, mentre le attività di NEC nel resto del mondo erano gestite da NECCI. NECCI era stabilita in Europa, ma gestiva anche le attività di NEC in Asia (ad eccezione del Giappone) tramite il suo ramo dei paesi Asia-Pacifico. Nel aprile 2005 la struttura dell’impresa è stata modificata e il ramo dei paesi Asia-Pacifico è stato distaccato da NECCI e trasferito a NEC Corporation.

337    Risulta, inoltre, in particolare, dai punti 483, da 501 a 502 e 981 della decisione impugnata che, in primo luogo, tra l’ottobre 2002 e il novembre 2005, Intel aveva concesso taluni sconti a NEC a titolo di un accordo denominato «accordo di Santa Clara», stipulato nel maggio 2002 (in prosieguo: l’«accordo di Santa Clara»), in secondo luogo, gli sconti concessi in base a tale accordo erano di fatto legati alla condizione che NEC accettasse di acquistare da Intel l’80% del suo fabbisogno di CPU x86 nel mondo, e che tale quota globale si traducesse in una percentuale del 70% per NECCI e del 90% per NEC Japan; in terzo luogo, per dimostrare di aver raggiunto la quota di mercato richiesta, NEC e NECCI erano obbligate a comunicare a Intel le loro quote di mercato con cadenza trimestrale.

338    In applicazione dell’accordo di Santa Clara, Intel afferma di aver fornito alla NEC, al contempo, sconti cosiddetti di «eccezione alla tariffazione proposta ai clienti» (exception to customer authorized pricing; in prosieguo: gli «ECAP») e fondi di sviluppo del mercato (market development funds; in prosieguo: gli «MDF»). La Commissione ha rilevato, al punto 466 della decisione impugnata, che, a partire dal 1° luglio 2003, la struttura dei pagamenti di Intel era cambiata e che gli MDF erano stati integrati negli ECAP ed erano stati rinominati «super ECAP».

339    La Commissione ha esaminato gli sconti concessi da Intel a NEC mediante il metodo del prezzo effettivo del test AEC. Secondo tale metodo, la Commissione ha calcolato il rapporto tra il valore totale dei pagamenti concessi in forza dell’accordo di Santa Clara e il valore delle attività in gioco per Intel nel quarto trimestre del 2002 al fine di ottenere una misura del prezzo effettivo. La Commissione ha poi confrontato tale rapporto con il rapporto esistente tra il PMV e il CEM di Intel e ne ha tratto la conclusione che Intel aveva applicato prezzi inferiori ai suoi costi, in quanto il primo rapporto era inferiore al rapporto tra il PMV e il CEM.

340    La ricorrente sostiene che i calcoli della Commissione sono inficiati da cinque errori, ognuno dei quali è sufficiente a rovesciare le sue conclusioni. Intel afferma, in primo luogo, che i dati propri della Commissione dimostrano che gli sconti concessi a NEC non sono in grado di escludere un concorrente altrettanto efficiente, in secondo luogo, che la Commissione si è sbagliata calcolando la quota condizionata degli sconti concessi a NEC; in terzo luogo, che la Commissione ha erroneamente calcolato il valore delle operazioni di cui trattasi per Intel, in quarto luogo, che la Commissione si è basata su un valore errato per determinare i CEM di Intel e, in quinto luogo, che la Commissione ha commesso un errore nel ritenere che il quarto trimestre del 2002 fosse rappresentativo dell’intero periodo in cui è stato riscontrato l’abuso.

341    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto la fondatezza dell’argomentazione volta a dimostrare che la Commissione avrebbe commesso errori nel suo calcolo della quota condizionata degli sconti.

1)      Sul calcolo della quota condizionale degli sconti

342    La ricorrente sostiene che, secondo i punti 1408, 1443 e 1444 della decisione impugnata, tutti gli sconti concessi alla NEC nel quarto trimestre del 2002 erano condizionati. Orbene, in primo luogo, tale tesi non sarebbe corroborata dalle prove dedotte nella decisione impugnata e sarebbe peraltro contraddetta dalle risposte prive di ambiguità formulate dalla Necci ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 e da altri elementi di prova, secondo cui gli USD 6 milioni di MDF forniti per il quarto trimestre 2002 erano l’unico vantaggio concesso alla NEC in forza dell’impegno di quote di mercato previsto dall’accordo di Santa Clara. Secondo Intel, la Commissione avrebbe dunque erroneamente considerato gli ECAP come condizionati. In secondo luogo, NEC avrebbe ricevuto sconti significativi da parte di Intel durante i periodi che hanno preceduto l’accordo, quando la quota di mercato di Intel per gli acquisti di NEC era nettamente inferiore all’80%. La Commissione non spiegherebbe la ragione per la quale NEC avrebbe perso il 100% dei suoi sconti se avesse acquistato meno dell’80% dei suoi CPU x86 presso Intel mentre l’avrebbe già fatto senza subire una siffatta perdita. In terzo luogo, sarebbe pacifico che Intel avrebbe concesso sconti alla NEC anche laddove quest’ultimo non avesse raggiunto il livello dell’80%, che, secondo le conclusioni della decisione impugnata, era una condizione preliminare per ottenere qualsiasi sconto.

343    La Commissione confuta gli argomenti di Intel. In primo luogo, essa sottolinea che la decisione impugnata non considera che tutti gli sconti concessi a NEC erano condizionati. La decisione impugnata si limiterebbe ad affermare che la quota condizionata degli sconti di Intel comprendeva non solo i versamenti a titolo di MDF, ma anche talune categorie – non necessariamente tutte – di sconti di tipo ECAP. Tale constatazione si baserebbe su una serie di prove coerenti, precise e solide, esposte ai punti da 1412 a 1444 della decisione impugnata nonché nell’allegato B.31 del controricorso.

344    La Commissione considera non convincente l’argomento di Intel vertente sulla concessione di sconti significativi nel corso dei periodi che hanno preceduto l’accordo di Santa Clara, in particolare perché, da un lato, le condizioni applicabili agli sconti concessi in precedenza non sarebbero note e, dall’altro, i dati presentati da NECCI mostrerebbero un aumento di circa il 500% degli sconti concessi da Intel a seguito del medesimo accordo.

345    Infine, nei limiti in cui la ricorrente afferma di aver concesso sconti a NEC anche se quest’ultima non riusciva a soddisfare la condizione dell’80% delle quote di mercato, la Commissione aggiunge, nel contesto dell’analisi AEC, che, anche supponendo che le affermazioni di Intel secondo cui la quota di mercato di AMD presso NEC sarebbe stata «abitualmente» superiore alla soglia del 20%, la quota di AMD presso NEC non si è mai avvicinata alla quota contendibile (vale a dire, il 41%).

346    Per quanto riguarda il primo argomento della ricorrente, secondo il quale la Commissione avrebbe erroneamente ritenuto che gli ECAP fossero condizionati, occorre verificare se nella decisione impugnata la Commissione abbia dimostrato che gli sconti presi in considerazione nel calcolo del prezzo effettivo delle CPU x86 di Intel venduti a NEC diversi dagli MDF, ossia gli ECAP, sono stati condizionati dal fatto che NEC rispettasse il suo obbligo di approvvigionamento presso Intel ad una determinata percentuale dei suoi acquisti di CPU x86.

347    Ai punti da 1415 a 1444 della decisione impugnata, la Commissione ha valutato il valore totale degli sconti condizionati in una forbice compresa tra USD 13 088 100 e USD 16 583 100, USD 6 milioni dei quali erano costituiti da MDF e il resto da ECAP.

348    Pertanto, una conclusione secondo cui gli ECAP non sono condizionati da una quota di mercato specifica rimetterebbe necessariamente in discussione i calcoli della Commissione, quali figurano nella decisione impugnata.

349    Occorre quindi valutare, sulla base degli elementi di prova relativi al quarto trimestre del 2002 sul quale la Commissione ha fondato il test AEC relativo a NEC, se, durante tale trimestre, taluni pagamenti diversi dagli MDF siano stati condizionati alla circostanza che NEC si rifornisse presso Intel fino a raggiungere una determinata percentuale delle soglie di quote di segmenti di mercato (in prosieguo: la «MSS»). Anzitutto, occorre sottolineare che la ricorrente non nega che, in applicazione dell’accordo di Santa Clara, essa ha concesso a NEC sia sconti di tipo MDF che ECAP. Nondimeno, essa sostiene che, contrariamente al primo tipo di tali sconti, i secondi non erano condizionati dall’obbligo di raggiungere un determinato livello di MSS.

350    La ricorrente afferma, in sostanza, che gli elementi di prova presentati nella decisione impugnata non suffragano la conclusione secondo cui gli ECAP sarebbero stati soggetti a condizioni nel quarto trimestre del 2002 e mette in evidenza altri documenti, dai quali risulterebbe che gli unici sconti che erano subordinati all’obbligo imposto alla NEC di raggiungere un determinato livello di MSS erano gli MDF. La Commissione confuta gli argomenti della ricorrente e sostiene che gli elementi di prova addotti da Intel non dimostrano che gli MDF fossero i soli sconti subordinati all’obbligo che NEC si rifornisse presso Intel fino a raggiungere una determinata percentuale di MSS.

i)      Sugli elementi di prova presi in considerazione nella decisione impugnata

351    In primo luogo, occorre sottolineare che ai punti 461 e 464 della decisione impugnata la Commissione si è basata in particolare su una presentazione di NEC del 27 gennaio 2003, intitolata «NEC/Intel riunione mondiale (sessione sugli acquisti)» e, più in particolare, sulla quarta pagina di tale presentazione, intitolata «Mondo: realizzazioni quarto trimestre/anno 2002». Il contenuto di tale pagina conferma, sotto il titolo «Piano iniziale», che l’intenzione di NEC era quella di rifornirsi presso Intel per solo il 59% del suo fabbisogno, vale a dire il 68% per NEC Japan, il ramo di NEC attivo in particolare sul mercato giapponese, e il 48% per NECCI. Inoltre, tale pagina indica, sotto il titolo «Piano di riallineamento», da un lato, le quote di mercato di Intel che erano previste, vale a dire il 70% per Necci, il 90% per NEC Japan e l’80% a livello mondiale e, dall’altro, taluni sconti e altri vantaggi da accordarsi a NEC da parte di Intel. Si tratta in particolare degli MDF, dei prezzi ridotti (sconti) per le CPU x86, dello «status di impresa multinazionale» e di un accordo su una linea di approvvigionamento.

352    Occorre tuttavia constatare che, sebbene tale documento successivo sia alla conclusione dell’accordo di Santa Clara sia al trimestre interessato menzioni prezzi ridotti, quindi degli ECAP, come uno dei vantaggi di cui beneficiava NEC nell’ambito del medesimo accordo e conferma che tali ECAP facevano parte di detto accordo, il che non è contestato da Intel, da ciò non deriva che gli ECAP fossero condizionati da un certo livello di MSS. Tale documento è quindi tutt’al più solo un indizio che dovrebbe essere confermato da altri elementi di prova.

353    In secondo luogo, i punti 462 e 464 della decisione impugnata si basano su un’e-mail del 15 maggio 2002 in cui un alto quadro di NEC ha informato un quadro di Necci che da una teleconferenza tenuta lo stesso giorno con i responsabili di Intel risultava che NEC avrebbe avuto lo status di impresa multinazionale, che essa avrebbe aumentato la sua quota di acquisti di CPU x86 presso Intel a una determinata percentuale a livello mondiale delle sue vendite totali e che Intel avrebbe dato a NEC alcuni MDF e «prezzi aggressivi», quindi «ridotti», per le CPU x86 chiamate «Celeron».

354    Tuttavia, al pari del documento del 27 gennaio 2003, tale documento, contemporaneo alla conclusione dell’accordo di Santa Clara, non fa emergere alcun nesso tra le quote di mercato e l’esistenza, o addirittura la portata, degli ECAP. Anche supponendo che si possa ritenere che il riferimento a «prezzi aggressivi» designi degli ECAP, ne risulta unicamente che essi fanno parte dell’accordo di Santa Clara e che sono menzionati nel contesto degli obiettivi di aumento delle quote di mercato di Intel negli acquisti di CPU x86 da parte di NEC. Non è espressamente indicato che gli ECAP siano condizionati alla realizzazione di tali obiettivi da parte di NEC.

355    In terzo luogo, al punto 462 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento a uno scambio di messaggi di posta elettronica tra i quadri di NEC del 10 maggio 2002 (in prosieguo: lo «scambio di e-mail di NEC del 10 maggio 2002»). Esso descrive come NECCI e NEC Japan avrebbero potuto raggiungere i livelli di MSS richiesti da Intel e menziona le somme che sarebbero percepite a titolo degli MDF.

356    Tuttavia, è necessario constatare che tale elemento di prova, che è anteriore alla conclusione dell’accordo di Santa Clara e che rientra nei negoziati relativi a tale accordo, non menziona affatto gli ECAP, come giustamente rilevato da Intel, cosicché esso non può corroborare la conclusione della Commissione per quanto riguarda la condizionalità degli ECAP. Al contrario, risulta che tale scambio di e-mail corrobora la tesi di Intel secondo cui i soli sconti che dipendono dalle quote di mercato di Intel negli acquisti da parte di NEC sono gli MDF. Infatti, la sua formulazione rivela che NECCI e NEC ridurranno le quote di mercato di AMD nei loro acquisti e riceveranno una certa somma a titolo di MDF. Risulta, quindi, che gli MDF sarebbero la conseguenza delle riduzioni di quote di mercato di AMD e che il solo beneficio direttamente dipendente dai rispettivi livelli al contempo delle quote di mercato di AMD e di Intel negli acquisti di NEC.

357    In quarto luogo, al punto 464 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento alla risposta di NECCI al quesito n. 14 della richiesta del 2005 formulata ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 (in prosieguo: la «richiesta del 2005»). Essa sostiene che ne deriva che gli ECAP dipendono dai livelli di MSS. Intel deduce nondimeno, in sostanza, che si tratta di un riferimento agli ECAP in vigore dopo il quarto trimestre del 2002.

358    A questo proposito, va notato che la risposta prevede effettivamente, all’inizio del suo secondo paragrafo, che i prezzi degli ECAP dipendono da un accordo sui livelli di MSS e non sui volumi.

359    Come già constatato al punto 967 della sentenza iniziale, si deve considerare che le risposte di NECCI ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 sono elementi di prova particolarmente affidabili, in quanto, da un lato, non risulta che NECCI abbia avuto un qualsivoglia interesse a fornire informazioni inesatte che potessero essere utilizzate dalla Commissione al fine di dimostrare un’infrazione all’articolo 102 TFUE commessa da Intel, suo partner commerciale irrinunciabile, e, dall’altro, le informazioni inesatte sono passibili di ammende ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 1/2003.

360    Tuttavia, il Tribunale non ritiene che tale risposta, ricollocata nel suo contesto, possa fungere da prova o da indizio per corroborare le conclusioni della Commissione.

361    Infatti, in primo luogo, occorre constatare che la richiesta del 2005 è stata organizzata in modo tale che ogni menzione di un documento fosse seguita da uno o più quesiti ad esso relativi. Come confermato dalla Commissione all’udienza del 2020 a seguito di un quesito del Tribunale, la risposta al quesito n. 14 è in relazione con il documento intitolato «JH 210». Quest’ultimo fa riferimento a una dichiarazione resa da un venditore di NECCI il 22 febbraio 2005. Il documento intitolato «JH 210» è, dunque, successivo a tale data e, di conseguenza, al quarto trimestre 2002 e alla data di modifica del sistema degli sconti concessi da Intel a NEC, ossia il 1º luglio 2003. Pertanto, la risposta di NECCI al quesito n. 14 riguarda un documento e una dichiarazione che non è chiaro siano direttamente pertinenti rispetto a ciò che la Commissione intendeva dimostrare, poiché sembra che si riferiscano a un periodo successivo al 1° luglio 2003, ossia un periodo durante il quale la struttura dei pagamenti di Intel era cambiata e gli MDF erano stati integrati negli sconti classici di tipo ECAP ed erano stati rinominati «super ECAP».

362    In secondo luogo, alla luce di tali precisazioni dal punto di vista temporale e contestuale, non è certo che, menzionando gli ECAP, la risposta abbia fatto riferimento ad essi, quale categoria generale di sconti concessi da Intel, ai «super-ECAP», (detti anche «ECAP speciali»), che sono esistiti a partire dal 1° luglio 2003 e hanno sostituito gli MDF, pur essendo integrati nella categoria generale degli ECAP, oppure agli ECAP classici, ma indicati semplicemente come «ECAP» e che sono esistiti sia nel quarto trimestre del 2002 sia nella categoria generale delle ECAP e che sono esistiti sia nella categoria generale delle ECAP sia dopo il cambiamento del sistema di sconti. Orbene, come risulta in particolare dalla risposta di NECCI al quesito n. 20 della richiesta del 2005, i «super-ECAP», così come gli MDF da essi sostituiti, erano condizionati da un certo livello di MSS, mentre gli ECAP non lo erano.

363    In quinto luogo, al punto 464 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento ad una presentazione interna di NEC del 15 maggio 2002, che sarebbe contemporanea ai negoziati dell’accordo di Santa Clara. Essa dimostrerebbe che, in cambio di un certo livello di MSS, Intel avrebbe concesso una dozzina di pagamenti a NEC, soltanto due dei quali sarebbero MDF.

364    Tale documento di due pagine presenta due pagamenti a titolo di MDF concessi da Intel a NEC e di altri livelli di prezzo per diversi tipi di CPU x86. Tuttavia, non risulta alcuna informazione circa gli obblighi in termini di livello di MSS per NEC. La seconda pagina mostra un grafico che presenta il passaggio dal piano originale al piano rivisto, quindi al piano di riallineamento che sfocerà nell’accordo di Santa Clara, e indica i rispettivi obiettivi in quote di mercato di Intel negli acquisti delle CPU x86 da parte di NEC. Il passaggio dal piano originale al piano di riallineamento è graficamente presentato da una freccia tra i due piani, al centro della quale figura la menzione «$6M MDF», vale a dire il pagamento di USD 6 milioni a titolo di MDF. Solo tale pagamento appare chiaramente in tale documento come contropartita dell’incremento del livello di MSS. Ne consegue che, sebbene il documento confermi, al pari dei primi due documenti analizzati, che gli ECAP sono stati discussi nell’ambito dei negoziati che hanno condotto all’accordo della Santa Clara, soltanto gli MDF dipendevano dal livello di MSS.

365    In sesto luogo, nell’ambito del suo controricorso, la Commissione fa riferimento alla pagina 4 di una presentazione interna di NEC del 15 aprile 2002, dalla quale risulterebbe che, in contropartita dell’aumento della quota di mercato di Intel negli acquisti di NEC, quest’ultima avrebbe voluto ricevere, tra l’altro, alcuni ECAP.

366    Da questa stessa presentazione risulterebbe che NEC ha identificato tre richieste da presentare a Intel per aumentare i suoi livelli di MSS negli acquisti di NEC. Si trattava di richieste riguardanti un «Marketing & Engineering Fund» (il quale indica, verosimilmente, gli MDF), ma anche taluni ECAP, e il miglioramento del quadro contrattuale con Intel.

367    Tuttavia, il Tribunale ritiene che tale presentazione non possa costituire una base solida per la conclusione cui è pervenuta la Commissione.

368    Infatti, benché il documento esaminato presenti gli ECAP come una delle contropartite per l’adozione del piano di riallineamento, si tratta di un desiderio di NEC preliminare alla negoziazione con Intel e non di una presentazione degli sconti quali essi sono stati definiti nell’ambito dell’accordo di Santa Clara a seguito di detta negoziazione.

369    In settimo luogo, nel suo controricorso la Commissione richiama una presentazione di NEC del 6 maggio 2002 nella quale viene mostrata un’altra rappresentazione grafica del possibile passaggio di NEC dal piano originale al piano di riallineamento. Il passaggio è graficamente illustrato da una freccia e da un commento che vi si riferisce, indicante che «dipenderà da più di 6 milioni [di] USD di MDF». Inoltre, un’altra pagina di detta presentazione indica un «fabbisogno di ECAP per realizzare il [piano di riallineamento]».

370    Tuttavia, allo stesso modo della presentazione di NEC del 15 aprile 2002, benché si tratti di un documento contemporaneo alle trattative dell’accordo di Santa Clara (riunioni del 6 e del 7 maggio 2002), esso non presenta i risultati di dette trattative, bensì unicamente i desideri di NEC. Pertanto, esso deve essere respinto per le stesse ragioni esposte al punto 368 supra.

371    Dalle considerazioni che precedono risulta che dai documenti presi in considerazione dalla Commissione nel loro complesso si evince che gli sconti sui prezzi di CPU x86, tra cui gli ECAP, sono stati discussi e concordati nell’ambito delle negoziazioni dell’accordo di Santa Clara e che NEC ha inteso ottenere concessioni a livello degli ECAP quale contropartita del suo impegno in materia di livello di MSS. Tuttavia, solo la presentazione di NEC del 27 gennaio 2003 può costituire un indizio a sostegno della posizione della Commissione secondo cui gli ECAP infine pattuiti nell’ambito dell’accordo di Santa Clara erano versati, almeno parzialmente, in cambio del rispetto dell’obbligo relativo a un livello di MSS derivante dal piano di riallineamento. Per contro, lo scambio di messaggi di posta elettronica di NEC del 10 maggio 2002, la risposta di NECCI al quesito n. 20 della richiesta del 2005 nonché la presentazione interna di NEC del 15 maggio 2002 tendono piuttosto a mostrare che soltanto gli MDF pattuiti nell’ambito dell’accordo di Santa Clara erano condizionati.

372    Pertanto, il Tribunale ritiene che tali documenti non contengano una prova sufficiente o un complesso di indizi sufficienti a confermare la tesi della condizionalità degli ECAP nel quarto trimestre del 2002.

ii)    Sugli elementi di prova dedotti da Intel

373    Occorre a questo punto esaminare il valore probatorio dei documenti presentati da Intel allo scopo di rimettere in discussione la conclusione della Commissione secondo cui sia gli MDF che gli ECAP erano condizionati.

374    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui, in sostanza, dalla risposta al quesito n. 32 della richiesta del 2005 non risulterebbe alcun rapporto di condizionalità tra gli ECAP e un livello di MSS, si deve rilevare che la Commissione ha specificamente chiesto alla NECCI di chiarire quale tipo di beneficio, ove sussistente, fosse stato concesso a NECCI in cambio del rispetto dell’obbligo riguardante un livello di MSS derivante dal piano di riallineamento. Tuttavia, nella sua risposta, NECCI ha elencato unicamente gli MDF. Gli MDF sono quindi presentati in tale documento, che dà il risultato dell’accordo di Santa Clara, come l’unica contropartita per il rispetto dei livelli di MSS, cosicché essi sarebbero gli unici ad essere condizionati.

375    La Commissione mette in dubbio il valore probatorio di tale documento indicando che la condizionalità delle ECAP risulta dai documenti che sono stati allegati a tale risposta. La Commissione si limita a menzionare gli allegati confidenziali aventi la numerazione da 32.1 a 32.4. Tuttavia, benché sia possibile identificare i due primi allegati, ciò non si verifica per gli ultimi due. Per quanto riguarda l’allegato 32.1, esso corrisponde allo scambio di messaggi di posta elettronica di NEC del 10 maggio 2002, menzionato al punto 462 della decisione impugnata, che è stato analizzato ai punti da 355 a 356 supra e che è stato giudicato tale da corroborare la tesi di Intel. Per quanto riguarda l’allegato 32.2, esso corrisponde al documento che è stato analizzato ai punti 353 e 354 supra e rispetto al quale è stato concluso che esso non comprova che gli ECAP fossero condizionati.

376    Occorre quindi considerare che, limitandosi a rinviare agli allegati summenzionati senza ulteriori precisazioni, la Commissione non è riuscita a confutare il valore probatorio della risposta di NECCI di cui al punto 371 supra, alla quale occorre attribuire un grande valore probatorio in quanto si tratta di una risposta esaustiva ad un quesito diretto, fornita ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003. La risposta di NECCI al quesito n. 32 della richiesta del 2005 tende quindi ad avvalorare la tesi secondo cui gli MDF convenuti nell’ambito dell’accordo di Santa Clara erano i soli ad essere condizionati e che gli ECAP non lo erano.

377    In secondo luogo, con il quesito n. 21 della richiesta del 2005, la Commissione ha in particolare invitato NECCI a spiegare, da un lato, se gli sconti ECAP che le erano stati offerti dipendessero dal rispetto da parte di NECCI, di NEC Japan e di NEC a livello mondiale di determinati livelli di MSS previsti dall’accordo di Santa Clara e, dall’altro, quali sarebbero state le conseguenze dell’inosservanza di tali obblighi per un determinato trimestre.

378    Nella sua risposta, NECCI ha spiegato, da un lato, che gli «ECAP speciali», i «super-ECAP» o gli MDF ad essa concessi dipendevano in effetti dal rispetto di livelli specifici di MSS sia da parte di NEC Japan che di NEC a livello mondiale. Invece, contrariamente agli «ECAP speciali» o ai «super-ECAP», gli ECAP non dipenderebbero da una condizione relativa a un determinato livello di MSS, ma risulterebbero semplicemente da negoziati commerciali. Dall’altro, all’epoca dell’applicazione dei MDF globali, se NECCI non avesse adempiuto il suo obbligo riguardante un determinato livello di MSS per un trimestre particolare, non avrebbe ottenuto alcun pagamento di MDF. All’epoca in cui è stata fornita la risposta alla domanda del 2005, se NECCI non avesse adempiuto al suo obbligo riguardante l’MSS per un trimestre specifico, ciò avrebbe compromesso anche i negoziati delle «super-ECAP» per i trimestri successivi.

379    Si deve constatare che tale risposta è chiara. Trattandosi di una risposta esaustiva a una questione diretta, fornita ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, occorre attribuire a quest’ultima un grande valore probatorio.

380    Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Commissione nell’ambito della sua difesa, NEC conferma, in modo inequivocabile, che gli unici sconti che erano condizionati a un determinato obiettivo di MSS erano gli MDF e gli «ECAP speciali» o i «super-ECAP». Per contro, gli ECAP non sono condizionati da tale obiettivo e sono determinati nell’ambito delle relazioni commerciali. L’eventuale sanzione per il mancato rispetto dell’obbligo riguardante un livello di MSS riguarderebbe gli MDF, gli «ECAP» speciali o i «super-ECAP», e non i classici ECAP. Orbene, dato che, a partire dal 1° luglio 2003, gli MDF sono diventati «ECAP speciali» o «super ECAP», gli unici ECAP che esistevano nel quarto trimestre del 2002 erano gli ECAP classici. Pertanto, la risposta di NECCI al quesito n. 21 della richiesta del 2005 tende ad avvalorare la tesi secondo cui gli ECAP classici non erano condizionati da un determinato livello di MSS.

381    In terzo luogo, con il quesito n. 6 della sua richiesta del 2007 formulata ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 (in prosieguo: la «richiesta del 2007»), la Commissione ha chiesto, in sostanza, a NECCI di precisarle quali fossero i fondi da essa ricevuti – nel corso di un periodo che includeva anche il quarto trimestre 2002 – in cambio del rispetto dell’obbligo riguardante un livello di MSS.

382    Nella sua risposta, NECCI menziona – per quanto riguarda il periodo compreso tra il terzo trimestre del 2002 e il secondo trimestre del 2003 – come condizionati unicamente gli MDF e sottolinea che la percentuale delle quote di mercato si è tradotta in numero di CPU x86 da acquistare. Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, tale risposta conferma quindi il fatto che, durante il periodo considerato, solo gli MDF dipendevano dalla condizione avente ad oggetto determinati livelli di MSS. Orbene, trattandosi di una risposta fornita da NECCI ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, occorre attribuire un grande valore probatorio a tale elemento di prova.

383    In quarto luogo, Intel ha fatto riferimento a un resoconto di NEC, recante la data dell’8 maggio 2002, relativo alla riunione con Intel del 6 e del 7 maggio 2002, al fine di dimostrare le sue richieste. Come fatto valere dalla Commissione, dalla seconda pagina di tale documento risulta che, in cambio dell’accettazione del piano di riallineamento, NEC ha inteso ottenere non soltanto MDF, ma anche ECAP, e un nuovo quadro contrattuale. Ciò è peraltro in linea con i documenti esaminati al punto 365 supra. Tuttavia, dalla terza pagina di tale resoconto risulta che la condizione per raggiungere il livello di MSS discusso il secondo giorno delle trattative consisterebbe nell’assegnazione di una certa somma a titolo di MDF. Inoltre, benché Intel sembri aver accettato nel corso del secondo giorno delle discussioni una parte della richiesta di NEC relativa agli «MDF/ECAP», dal momento che alla terza pagina di tale resoconto si rinviene il predicato «Intel responded with 50% acceptance for total 12 items of Nec’s ECAP/MDF request» (Intel ha risposto favorevolmente nella misura del 50% del totale delle dodici voci che costituiscono le richieste di NEC per quanto riguarda gli ECAP e gli MDF), una simile dichiarazione non permette di determinare quale parte della richiesta sarebbe stata accettata, ovverosia quella relativa agli MDF oppure quella relativa agli ECAP. Ciò vale a maggior ragione dato che, alla quarta pagina del medesimo resoconto, sotto il punto intitolato «Prossima tappa» figura l’espressione «Intel reviews with [M and P] for MDF request/ECAP request» (Intel riesamina con [M e P] le pretese riguardanti gli MDF e gli ECAP), cosicché non è possibile stabilire se una parte della richiesta di NEC sia stata infine accettata e, in caso affermativo, quale. È dunque necessario constatare che tale resoconto è redatto in modo sommario e che sussiste incertezza circa la sua corretta comprensione.

384    Si deve quindi considerare che l’efficacia probatoria di tale documento è relativamente debole, in quanto non rappresenta l’esito dei negoziati e il suo carattere sommario rende incerta la sua corretta comprensione.

385    In quinto luogo, nell’ambito della replica, Intel produce gli allegati C.37 e C.38, facendo valere che si tratta di documenti preparatori agli accordi di Santa Clara redatti da NEC dai quali risulta che, indipendentemente dal livello di MSS raggiunto, NEC si sarebbe aspettata di ricevere lo stesso livello di ECAP.

386    Tuttavia, indipendentemente dalla ricevibilità di tali prove prodotte in sede di replica dalla ricorrente, da un lato, l’allegato C.37, alle sue pagine 5 e 6, contiene tabelle, dati numerici nonché una menzione «richiesta di ECAP», senza che sia possibile dedurne chiaramente un rapporto tra l’evoluzione delle quote di mercato di Intel e le attese di NEC per quanto riguarda gli ECAP. Dall’altro, Intel si riferisce, nella replica, all’«allegato C.38 a pagina 10». Orbene, l’allegato C.38 consiste in un documento composto da otto pagine e contenente numerose informazioni, cosicché non è possibile per il Tribunale stabilire con precisione quali siano gli elementi che l’allegato contiene e che supportano l’argomento della ricorrente. Pertanto, l’allegato C.38 non può essere preso in considerazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 314 supra.

387    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che gli elementi di prova presi in considerazione nella decisione impugnata non costituiscono una prova o un insieme di prove sufficienti per dimostrare che gli sconti di tiop ECAP, o gli sconti diversi dagli MDF, erano subordinati all’obbligo impartito a NEC di raggiungere un certo livello di MSS nel corso del quarto trimestre del 2002. Inoltre, gli altri elementi di prova di cui si avvale Intel tendono piuttosto ad avvalorare la tesi secondo cui solo gli MDF erano condizionati.

388    Ne consegue che gli elementi di prova invocati nella decisione impugnata non sono attendibili, cosicché non sono idonei a suffragare le conclusioni che ne sono state tratte.

389    Pertanto, senza che occorra esaminare gli altri argomenti di Intel, si deve constatare che la Commissione è incorsa in un errore nella sua valutazione del valore degli sconti condizionati concessi da Intel a NEC.

2)      Sull’utilizzo del quarto trimestre del 2002 come riferimento

390    La ricorrente contesta alla Commissione di aver commesso un errore nell’effettuare il test AEC solo per il quarto trimestre 2002 e constatando unicamente su tale fondamento, al punto 456 della decisione impugnata, che i pagamenti concessi da Intel a NEC in forza dell’accordo di Santa Clara erano in grado di oppure idonei a estromettere un concorrente altrettanto efficiente per tutto il periodo compreso tra l’ottobre 2002 e il novembre 2005. In altri termini, la Commissione avrebbe erroneamente considerato che il quarto trimestre del 2002 fosse rappresentativo di tutti i periodi successivi.

391    In generale, la Commissione avrebbe l’onere di dimostrare che le pratiche di Intel erano in grado di escludere dal mercato un concorrente altrettanto efficiente per tutto il periodo di riferimento, ma non avrebbe alcuna base per affermare che tutte le cifre rilevanti per un tale test, come ad esempio i prezzi lordi, gli sconti o le quantità, sarebbero rimaste invariate dal 2002 al 2005. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la quota contendibile, in merito alla quale la stessa Commissione ha dichiarato, al punto 1243 della decisione impugnata, che essa potrebbe aumentare nel corso del tempo, man mano che i consumatori diventano sempre più consapevoli della fattibilità dell’alternativa AMD.

392    In particolare, in primo luogo, gli USD 6 milioni di MDF che erano collegati alle aspettative in termini di quote di mercato non avrebbero continuato ad applicarsi dopo il primo trimestre del 2003.

393    In secondo luogo, nelle sue osservazioni principali, Intel precisa, in sostanza, che, contrariamente a quanto risulterebbe dal considerando 1410 della decisione impugnata, l’effettuazione del test AEC non dovrebbe fondarsi su una valutazione consistente nel verificare se i livelli degli sconti rilevati per il trimestre in questione siano stati modificati in modo significativo o meno nei periodi successivi, ma sui loro livelli effettivi. Infatti, cambiamenti relativamente piccoli nei livelli di sconto possono alterare il risultato dell’analisi. La Commissione avrebbe dichiarato, in merito agli sconti concessi a Necci, che un nuovo programma di sconti era iniziato nel luglio 2003, ma non avrebbe mai esaminato se le modifiche introdotte da tale programma avessero avuto un’incidenza su uno qualsiasi dei parametri del test AEC.

394    In terzo luogo, Intel chiarisce, nell’ambito delle medesime osservazioni, che l’imprecisione dell’analisi prospettica della Commissione si basa altresì sul fatto che il considerando 1410 della decisione impugnata esamina solo gli sconti concessi a NECCI, mentre l’infrazione è stata constatata con riguardo all’intera società madre, quindi nei confronti di NEC.

395    La Commissione sostiene, nelle sue osservazioni complementari, che gli argomenti addotti dalla Intel nelle sue osservazioni principali sono irricevibili in quanto la ricorrente contesta per la prima volta il ragionamento in base al quale la Commissione ha giustificato l’estrapolazione in questione nella decisione impugnata.

396    Quanto al merito, essa sostiene, in primo luogo, che il punto 1410 della decisione impugnata riporta le ragioni per le quali tale trimestre è rappresentativo nonché le prove documentali sulle quali si fonda la stessa decisione.

397    In secondo luogo, l’argomento secondo cui i pagamenti a titolo di MDF non sarebbero stati mantenuti oltre il primo trimestre 2003 non terrebbe conto del fatto che taluni documenti contenuti nel fascicolo proverebbero che tali pagamenti non sarebbero scomparsi, ma sarebbero stati semplicemente riclassificati in altre categorie di sconti. NECCI avrebbe anche spiegato che l’accordo di Santa Clara e le relative condizioni sarebbero rimaste in vigore almeno fino al novembre 2005.

398    In terzo luogo, il documento che Intel presenta a sostegno delle sue affermazioni non contiene alcun calcolo dal quale sarebbero esclusi i pagamenti a titolo di MDF.

399    In quarto luogo, se fosse vero che i pagamenti di Intel a NEC avevano subito variazioni significative durante questo periodo, Intel avrebbe potuto facilmente fornire elementi di prova in tal senso durante il procedimento amministrativo.

400    In quinto luogo, l’analisi di cui al punto 1243 della decisione impugnata riguarda Dell. Tuttavia, la Commissione sostiene, in sostanza, che tale analisi non può essere trasposta a NEC, dato che, a differenza di Dell, NEC non si riforniva esclusivamente presso Intel, cosicché i clienti di NEC erano già consapevoli del valore dei processori prodotti da AMD, e la quota contendibile di NEC nel trimestre in cui la Commissione ha effettuato il suo confronto era già sostanziale, poiché il piano originale di NEC era di rifornirsi per il 41,6% dei suoi acquisti presso AMD.

401    Per quanto riguarda la ricevibilità degli argomenti presentati da Intel nell’ambito delle sue osservazioni principali, occorre rilevare che Intel ha sostenuto, ai punti da 473 a 475 del ricorso, che l’affermazione della Commissione circa la possibilità di estrapolare i risultati della sua analisi del quarto trimestre 2002 fino al 2005 non si fondava su alcun fondamento. Non ci sarebbero prove di una stabilità dei prezzi lordi, degli sconti e delle quantità. A tal riguardo, Intel rinvia espressamente ai punti da 454 a 473 dell’allegato A.8 dell’atto di ricorso, che riproduce la sua risposta agli argomenti relativi a tale estrapolazione, contenuta nella comunicazione degli addebiti del 2007. Al punto 467 dell’allegato A.8 dell’atto di ricorso, Intel fa valere che la Commissione non fornisce alcuna precisazione quanto ai livelli dei «super-ECAP». Al punto 468 dello stesso allegato, I, Intel distingue tra gli sconti ricevuti dalla società madre NEC e quelli ricevuti da NECCI, precisando che alcuni tipi di sconti sono concessi solo a NECCI. In particolare, Intel nega che la nomenclatura «super-ECAP» sia stata utilizzata oltre il terzo trimestre 2003. Ai punti 470 e 471 di detto allegato, Intel precisa che le quantità di CPU x86 acquistate sono state costantemente rinegoziate, cosicché nulla sarebbe stato fisso nei dati del quarto trimestre 2002.

402    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la ricorrente ha contestato nell’ambito del ricorso numerosi elementi relativi all’estrapolazione dei dati relativi al trimestre di riferimento all’intero periodo considerato dalla decisione impugnata. Essa ha sottolineato che la differenza tra gli sconti concessi a NEC e a NECCI risiede in vincoli concorrenziali diversi, da cui deriva l’impossibilità di qualsiasi presunzione in merito alla stabilità reciproca degli sconti concessi. Essa rileva altresì che la Commissione non dispone di alcun dato relativo ai livelli di pagamento delle ECAP per NEC e che le quantità di CPU x86 acquistati erano tutt’altro che stabili durante detto periodo.

403    Pertanto, si deve ritenere che gli argomenti presentati da Intel nelle sue osservazioni principali siano ricevibili in quanto si ricollegano ad argomenti presentati nell’ambito del ricorso.

404    Per quanto riguarda la valutazione della fondatezza di tali argomenti, occorre osservare che i dati economici utilizzati dalla Commissione ai punti da 1410 a 1455 della decisione impugnata per effettuare l’analisi AEC degli sconti concessi da Intel a NEC comprendono in particolare la quantità totale di CPU x86 acquistati, i prezzi netti e lordi dei diversi tipi di CPU x86, i tipi e gli importi degli sconti concessi nonché i costi di Intel.

405    In primo luogo, è giocoforza constatare che i parametri dell’asserita stabilità sui quali la Commissione fonda la possibilità di estrapolazione, illustrati al considerando 1410, lettere da a) a c), della decisione impugnata, riguardano soltanto i livelli degli sconti (di tipo MDF, di tipo ECAP e sconti totali), la loro proroga durante i trimestri successivi e i CEM di Intel, ma che la Commissione non esamina affatto, come afferma in sostanza Intel, le quantità e i tipi di CPU x86 venduti o i loro prezzi netti e lordi.

406    In secondo luogo, la tabella menzionata al punto 1410, lettera a), della decisione impugnata e vertente sulla risposta di NECCI alla domanda n. 9 alla domanda del 2007 formulata ai sensi dell’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 riguarda soltanto gli sconti concessi a NECCI, mentre l’infrazione all’articolo 102 TFUE è stata constatata nei confronti della sua casa madre, ossia NEC. Orbene, non vi è nulla che consenta di presumere che gli sconti concessi a NEC Japan o complessivamente a NEC siano stati stabili per tutto il periodo interessato dall’accertamento dell’infrazione.

407    In terzo luogo, un esame della tabella summenzionata dimostra che, contrariamente a quanto risulta dal punto 1410, lettera a), della decisione impugnata, gli sconti percepiti da NECCI non erano stabili per tutto il periodo considerato. Infatti, tra il pagamento meno importante, nel secondo trimestre del 2003, ossia USD 3,3 milioni, e il pagamento più elevato nel terzo trimestre del 2005, ossia USD 15,224 milioni, esiste una differenza del 461,3%. Esiste inoltre una differenza significativa tra il quarto trimestre 2002, ossia USD 7,945 milioni, e il secondo trimestre 2003, ossia USD 3,3 milioni, vale a dire una diminuzione del 58,4%.

408    In quarto luogo, come indicato da NECCI nella risposta al quesito n. 9 della richiesta del 2007, il sistema di concessione degli sconti è cambiato a partire dal terzo trimestre del 2003. Invece di una somma unica, i «super-ECAP» sono stati inclusi nelle fissazioni trimestrali dei prezzi. Come sostenuto da Intel, nulla indica che tale nuovo sistema non presentasse differenze quantitative rispetto al sistema precedente.

409    In quinto luogo, sebbene la Commissione faccia valere che l’accordo di Santa Clara è rimasto in vigore fino al 2005, non ne deriva per ciò solo che la situazione esistente nel quarto trimestre del 2002 in forza di detto accordo sia perdurata per tutto il periodo di asserita infrazione. Risulta in particolare dal punto 2 della risposta di NECCI al quesito n. 9 della richiesta del 2007 che NECCI, dopo il 1° luglio 2003, ha fatto mensilmente una domanda di sconti fondata sulle quantità acquistate e sulla differenza dei prezzi tra la tariffazione proposta ai clienti e gli ECAP o i «super-ECAP». Tuttavia, non ci sono prove che la Commissione abbia esaminato se i cambiamenti introdotti da questo nuovo programma abbiano influenzato uno dei parametri del test AEC.

410    Da tutto quanto precede risulta che, in primo luogo, i parametri di cui al considerando 1410, lettere da a) a c), della decisione impugnata non comprendono tutti i dati economici utilizzati dalla Commissione per effettuare l’analisi AEC degli sconti concessi da Intel a NEC e, in secondo luogo, che, contrariamente al considerando 1410, lettere a) e b), della decisione impugnata, gli elementi di prova del fascicolo dimostrano che i pagamenti di Intel a NECCI sono cambiati significativamente dopo il quarto trimestre del 2002 e che il sistema di sconti è cambiato a partire dal terzo trimestre del 2003. Ne consegue che Intel sostiene a giusto titolo che la Commissione ha commesso un errore ritenendo che, tenuto conto dei parametri esposti al considerando 1410, lettere da a) a c), della decisione impugnata, essa potesse basarsi su dati relativi al quarto trimestre del 2002 per trarre conclusioni riguardo alla capacità delle pratiche di Intel di escludere un concorrente altrettanto efficiente tra il quarto trimestre del 2002 e il mese di novembre 2005.

411    Pertanto, senza che occorra esaminare gli argomenti della ricorrente menzionati al punto 340 supra, secondo i quali, da un lato, i dati propri della Commissione dimostrano che gli sconti concessi a NEC non sono in grado di escludere un concorrente altrettanto efficiente e, dall’altro, la Commissione ha erroneamente calcolato il valore delle operazioni in questione per Intel, si deve concludere che, per quanto riguarda il test AEC effettuato per NEC, la Commissione è incorsa in due errori di valutazione, in primo luogo, prendendo in considerazione un valore esagerato degli sconti condizionati e, in secondo luogo, estrapolando i risultati cui è giunta per il quarto trimestre del 2002 per l’intero periodo della presunta infrazione. Orbene, è giocoforza constatare che, alla luce di questi due errori, l’esame del test AEC della Commissione è erroneo nei suoi parametri di base. Poiché tali errori si ricollegano al quarto trimestre 2002, che è stato preso come riferimento per tutto il periodo considerato per quanto riguarda gli sconti accordati a NEC, essi incidono sull’intero periodo esaminato nella decisione impugnata per quanto riguarda NEC. Ne consegue che la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la fondatezza della conclusione, formulata al punto 1456 della decisione impugnata, secondo cui i pagamenti concessi da Intel a NEC nell’ambito dell’accordo di Santa Clara erano in grado o potevano estromettere un concorrente altrettanto efficiente.

d)      Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a Lenovo

1)      Panoramica generale della parte della decisione impugnata che riguarda Lenovo

412    La Commissione ha effettuato il test AEC per Lenovo nei punti da 1457 a 1508 della decisione impugnata. In primo luogo, ha analizzato la dimensione e la natura degli sconti, sulla base del MoU del 2007.

413    In secondo luogo, la Commissione ha effettuato un calcolo del PMV, dei costi e del numero necessario di CPU x86.

414    Infine, la Commissione ha valutato il numero contendibile di unità di CPU x86. Nel suo calcolo principale, essa ha limitato la sua valutazione al segmento dei computer portati (v. punti da 1473 a 1478 della decisione impugnata), mentre nei suoi calcoli alternativi ha risposto alle affermazioni di Intel secondo le quali il numero contendibile di unità di CPU x86 dovrebbe includere anche il segmento dei computer fissi (v. punti da 1479 a 1508 della decisione impugnata). Tali calcoli alternativi sono suddivisi, da un lato, in una risposta della Commissione alle affermazioni di Intel riguardanti il numero contendibile globale di unità di CPU x86 e, dall’altro, in un calcolo confermativo, effettuato sulla base di un confronto con i dati risultanti da un documento intitolato «Esposizione dei lavori dell’aprile 2006», adottato in forza di un accordo tra AMD e Lenovo.

2)      Sulla quota condizionata degli sconti

415    Al punto 1461 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che l’importo degli sconti in questione era indicato nel MoU 2007, che prevedeva un sostegno finanziario di USD 180 milioni per il 2007, sotto forma di pagamenti trimestrali.

416    Al punto 1462 della decisione impugnata, è stato indicato che i pagamenti a titolo del MoU 2007 si sono aggiunti ai pagamenti che Intel ha continuato a versare in forza di altri programmi di supporto finanziario convenuti in precedenza, separatamente dal MoU 2007. La Commissione ha quindi ritenuto che essi dovessero essere interamente attribuiti al risultato dell’accordo sul MoU 2007. Tutti i pagamenti e le condizioni commerciali favorevoli nel MoU del 2007 erano subordinati all’abbandono da parte di Lenovo di tutti i suoi progetti di computer portatili muniti di CPU AMD x86.

417    Al punto 1463 della decisione impugnata, è stato indicato che, nella memoria del 5 febbraio 2009, Intel aveva avanzato l’argomento secondo cui solo l’importo di USD 138 milioni era rilevante per le dimensioni degli sconti. Ciò troverebbe spiegazione nel fatto che, su un sostegno finanziario di Lenovo di USD 180 milioni previsto nel MoU 2007, solo USD 135 milioni sarebbero stati attribuiti in contanti. Il resto del sostegno finanziario sarebbe stato concesso sotto forma di vantaggi in natura, ossia l’estensione della garanzia ordinaria di Intel di un anno e la proposta di un migliore utilizzo di una piattaforma di Intel in Cina. La Commissione ha sottolineato che Intel aveva fatto valere che, sebbene il valore di questi due contributi non monetari a Lenovo fosse rispettivamente di USD 20 milioni e di USD 24 milioni, il loro costo per Intel era nettamente inferiore, vale a dire, rispettivamente, di USD 1,7 e di USD 1,3 milioni. Intel aveva sostenuto che, ai fini di una tale analisi del concorrente altrettanto efficiente, era opportuno valutare questi elementi non già in termini di valore per Lenovo, bensì in termini di costo economico per la stessa. Intel è giunta all’importo di USD 138 milioni aggiungendo al sostegno finanziario in contanti di USD 135 milioni i suddetti costi di 1,7 e di USD 1,3 milioni.

418    Al considerando 1464 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che, prima di esaminare la validità dell’argomento di Intel relativo alla modalità di valutazione da utilizzare nell’analisi del concorrente altrettanto efficiente, essa aveva rilevato la differenza tra l’asserito costo economico dei contributi per Intel e il loro valore per Lenovo. Il rapporto tra il valore per Lenovo e il costo economico asserito da Intel era del 1176% (20 contro 1,7) per l’estensione della garanzia e del 1846% (24 contro 1,3) per la piattaforma. La Commissione ha indicato che Intel aveva fornito taluni calcoli effettuati nell’ambito delle osservazioni del 5 febbraio 2009 sulla comunicazione degli addebiti complementare del 2008 a sostegno della sua affermazione relativa al costo economico dei contributi, ma che essa aveva omesso di spiegare la ragione della notevole differenza tra tale costo e il suo valore per Lenovo.

419    Al considerando 1465 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che, fatta salva la suddetta osservazione, l’argomento di Intel secondo cui la modalità di valutazione da utilizzare nell’analisi del concorrente altrettanto efficiente non sarebbe stata il valore di tali elementi per Lenovo, ma il loro costo economico per essa, si basava su un’errata interpretazione dei principi di detta analisi.

420    A tal riguardo, al punto 1466 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto valere che l’«analisi del concorrente altrettanto efficiente [presupponeva che fosse esaminato] il prezzo al quale un concorrente efficiente quanto l’impresa dominante – ma che non [era] dominante – [avrebbe dovuto] proporre i suoi prodotti [al cliente] al fine di compensare la perdita dei vantaggi condizionati concessi dall’impresa dominante, perdita derivante dal trasferimento da parte di tale cliente della quota contendibile del suo fabbisogno di approvvigionamento dall’impresa dominante verso tale ipotetico concorrente».

421    Infine, al punto 1467 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che risultava chiaramente da quanto precedeva che occorreva valutare la perdita per il cliente, dal momento che è tale perdita che il concorrente altrettanto efficiente dovrebbe compensare, e non il costo economico per l’impresa dominante, nel caso in cui le due cifre fossero diverse. Tale differenza era illustrata, secondo la Commissione, dall’esempio della piattaforma di distribuzione. In quanto impresa dominante, Intel disponeva già di una piattaforma di distribuzione in Cina, riguardo alla quale essa affermava che era sufficiente procedervi a leggeri miglioramenti, con un costo economico di USD 1,3 milioni, per essere poi in grado di offrire a Lenovo un vantaggio per un valore totale di USD 24 milioni. Tuttavia, la Commissione ha indicato che un concorrente efficiente quanto l’impresa dominante, ma che non fosse dominante, non avrebbe, di norma, ancora istituito una siffatta piattaforma. Al fine di compensare Lenovo per la perdita del vantaggio derivante da un migliore utilizzo della piattaforma di approvvigionamento di Intel, il concorrente altrettanto efficiente avrebbe dunque dovuto accordare a Lenovo un pagamento monetario di importo equivalente al valore economico per Lenovo della piattaforma di approvvigionamento migliorata.

422    La ricorrente sostiene, in linea generale, che il MoU del 2007 non permetteva di dichiarare che i suoi sconti l’avrebbero portata a escludere dal mercato un concorrente altrettanto efficiente. Innanzitutto, l’analisi effettuata dalla Commissione enfatizzerebbe la quota asseritamente condizionata dello sconto, inoltre, minimizzerebbe la quota contendibile, e, infine, amplificherebbe i suoi costi. Per quanto riguarda, più in particolare, la quota condizionata, la ricorrente espone che, per quanto riguarda gli sconti ai sensi del MoU 2007, la decisione impugnata conclude, ai punti 1461 e da 1474 a 1477, che sono stati concessi sconti condizionati di USD 180 milioni unicamente per una quota contendibile da 0,9 a 1,1 milioni di computer portatili. Tuttavia, secondo la ricorrente, l’importo degli sconti condizionati ammonta soltanto a USD 138 milioni.

423    Ad avviso della ricorrente, il metodo della Commissione per tener conto di tali vantaggi in natura è errato, in quanto, ai fini dell’analisi AEC, lo sconto condizionato dovrebbe tener conto del costo da essa sostenuto per fornirli, e non del valore che essi rappresentano per Lenovo. Il rapporto supplementare Shapiro-Hayes del 28 gennaio 2009 (in prosieguo: il «rapporto supplementare Shapiro-Hayes») avrebbe quantificato il costo per Intel dei due vantaggi in natura approssimativamente nella misura di USD 3 milioni. Di detto importo, un importo di USD 1 680 073 (USD 1,7 milioni per approssimazione) corrisponderebbe all’estensione della garanzia e un altro di USD 1 256 948 (USD 1,3 milioni per approssimazione) corrisponderebbe al costo di Intel corrispondente al fatto di proporre a Lenovo una piattaforma di distribuzione.

424    La Commissione contesta tutti gli argomenti dedotti dalle ricorrenti. La Commissione fa valere che, per valutare la quota condizionata degli sconti, la decisione impugnata ha valutato l’incremento del finanziamento concesso da Intel a Lenovo nel 2007 a titolo del MoU 2007. Siffatto approccio non sarebbe stato contestato. Secondo la Commissione, la decisione stabilisce che tale finanziamento accresciuto ammontava a USD 180 milioni, basandosi sull’esame dei documenti preparati da Intel nel corso della negoziazione del MoU 2007. La Commissione ritiene di essersi giustamente basata sul valore dei vantaggi in natura accordati a Lenovo, anziché prendere come base il loro costo per Intel. Infatti, a suo avviso, l’analisi del concorrente altrettanto efficiente presuppone sostanzialmente la valutazione della compensazione che un eventuale concorrente altrettanto efficiente dovrebbe offrire a Lenovo per la perdita degli sconti di Intel. Per essere incoraggiata a scegliere il concorrente altrettanto efficiente, Lenovo si aspetterebbe di ricevere una compensazione per le proprie perdite, e non per quelle di Intel.

425     Inoltre, la Commissione fa valere, basandosi sull’allegato B.31 del controricorso, che Intel non fornisce alcuna prova tangibile del fatto che vi sia stata divergenza di opinioni tra essa e Lenovo in merito al valore dei vantaggi in natura concessi a Lenovo, né, a fortiori, che Lenovo abbia calcolato un altro valore per tali vantaggi in natura. Essa indica inoltre che documenti contemporanei ai fatti contenuti nel fascicolo dimostrano che Lenovo considerava tali vantaggi in natura come molto utili e che essa li aveva richiesti a Intel fin dall’inizio dei negoziati.

426    Secondo la Commissione, è errato affermare, come fa la ricorrente, che il valore del vantaggio in natura ai fini dell’analisi del concorrente altrettanto efficiente è il costo rappresentato da tali vantaggi per l’impresa dominante. La replica tenta, secondo la Commissione, di eludere l’errore che inficia il ragionamento alla base dell’atto di ricorso affermando che, «per definizione, un concorrente altrettanto efficiente potrebbe proporre a Lenovo gli stessi vantaggi in natura allo stesso costo di Intel». Ciò trascurerebbe il fatto che il concorrente altrettanto efficiente è più piccolo di Intel. La Commissione rinvia al punto 1467 della decisione impugnata, il quale ha spiegato che normalmente il concorrente altrettanto efficiente non disporrebbe ancora di una piattaforma di approvvigionamento in Cina. Esso dovrebbe quindi, secondo la Commissione, compensare in contanti la perdita dei vantaggi concessi da Intel a Lenovo.

427    Su tale punto, la Commissione sostiene che la replica si limita a rispondere, anzitutto, affermando che un concorrente altrettanto efficiente avrebbe necessariamente una piattaforma di approvvigionamento in Cina e, poi, affermando che AMD ne aveva una. A tal riguardo, la Commissione ritiene che la prima risposta fornita dalla replica sia una semplice affermazione. A suo avviso, non vi è motivo che un concorrente, anche di pari efficienza, disponga necessariamente di una piattaforma di approvvigionamento in Cina. Quanto alla seconda risposta fornita dalla replica, l’analisi del concorrente altrettanto efficiente verte, secondo la Commissione, su un concorrente ipotetico e non su AMD. In ogni caso, il documento al quale Intel fa riferimento dichiarerebbe semplicemente che AMD aveva taluni «impianti» in Cina, il che non dimostrerebbe l’esistenza di una piattaforma di approvvigionamento, e men che meno di una piattaforma equivalente a quella di Intel.

428    Secondo la Commissione, i punti da 22 a 37 dell’allegato D.39 della controreplica mostrano che, anche ammettendo che il concorrente altrettanto efficiente disponesse di una piattaforma di approvvigionamento in Cina, il costo che per lui presupporrebbe la messa a disposizione di tale piattaforma a favore di Lenovo sarebbe sensibilmente più elevato del costo della fornitura di tale vantaggio per Intel. Lo stesso vale per l’estensione della garanzia. Se, come adduce Intel, il costo dei due vantaggi in natura ammonta a USD 3 milioni per essa, offrire gli stessi profitti a Lenovo costerebbe almeno USD 38 milioni ad un concorrente altrettanto efficiente. Tale importo è calcolato sulla base delle due ipotesi di Intel che la Commissione contesta, ossia, in primo luogo, che la concorrenza altrettanto efficiente disporrebbe di una piattaforma di approvvigionamento in Cina e, in secondo luogo, che il costo sostenuto da Intel per la concessione dei vantaggi in natura ammonterebbe a USD 3 milioni.

429    Secondo la Commissione, in ogni caso, l’argomento chiave dell’atto di ricorso e della replica, secondo il quale il costo dei due vantaggi in natura si eleva, per Intel, a USD 3 milioni, contraddice le prove della stessa Intel. I punti da 38 a 44 dell’allegato D.39 della controreplica dimostrano, secondo la Commissione, che taluni documenti interni di Intel risalenti all’epoca dei fatti mostrano che la ricorrente ha calcolato che, in realtà, il costo dei due vantaggi in natura sarebbe pari, se non addirittura superiore, al loro valore per Lenovo. Il loro costo cumulato per Intel si sarebbe rivelato pari a USD 47 milioni e non a USD 3 milioni, come asserito da Intel.

430    Prima di procedere all’esame degli argomenti delle parti relativi ai due vantaggi in natura, occorre rilevare che la ricorrente non contesta di aver menzionato, rispettivamente, valori di USD 20 milioni per l’estensione delle garanzie e di USD 24 milioni per la piattaforma di distribuzione, in una presentazione da essa preparata per Lenovo. La ricorrente sostiene, tuttavia, che tali valori dovrebbero essere sostituiti, ai fini del test AEC, da USD 1,7 e da USD 1,3 milioni per ciascuno di essi, al fine di riflettere i suoi costi e non il beneficio per Lenovo. La Commissione ha imputato USD 44 milioni sugli USD 180 milioni di sconti condizionati ai vantaggi in natura in base al valore rappresentato da tali servizi per Lenovo. Dalla lettura del considerando 1465 della decisione impugnata risulta che è escluso che la Commissione abbia preso in considerazione, in tale decisione, i calcoli di Intel che stimavano i suoi costi per proporre i vantaggi in natura in USD 3 milioni o che abbia analizzato tale cifra.

431    L’approccio della Commissione consiste, in sostanza, nel ritenere che, anche ammettendo che un concorrente altrettanto efficiente possa in linea di principio offrire vantaggi in natura, ciò non toglie che la messa a disposizione di una piattaforma di distribuzione o di un’estensione di garanzia costi più cara al concorrente che all’impresa dominante, in particolare quando il valore dei vantaggi in natura è messo in relazione con la quota contendibile. La Commissione sostiene altresì che Intel non ha fornito alcuna prova tangibile del fatto che vi fosse stata divergenza di vedute tra Lenovo e la stessa riguardo al valore dei vantaggi in natura concessi.

432    La ricorrente critica tale analisi della Commissione. Secondo la ricorrente, il rapporto supplementare Shapiro-Hayes e il rapporto Salop-Hayes dimostrano che tale procedimento non è corretto e che un’analisi adeguata del concorrente altrettanto efficiente prende in considerazione il costo per Intel della fornitura di tali vantaggi in natura. Essa rinvia al rapporto Salop-Hayes, nel quale viene indicato quanto segue:

«Ai fini del criterio del concorrente altrettanto efficiente, lo sconto condizionato deve includere il costo sostenuto da Intel per fornire tali servizi, e non il loro valore per Lenovo. Il criterio del concorrente altrettanto efficiente ha lo scopo di determinare se le entrate marginali di Intel legate alla quota contendibile superino i suoi costi marginali per consegnare tale quantitativo, tenendo conto della diminuzione degli utili di Intel dovuta agli sconti condizionati. La diminuzione degli utili di Intel rappresenta il costo per Intel dei vantaggi [in natura]».

433    Al riguardo, occorre rilevare che i fondamenti del test AEC applicato nel caso di specie dalla Commissione sono esposti, in particolare, ai punti 1003 e 1004 della decisione impugnata.

434    Al considerando 1003 della decisione impugnata, la Commissione espone la logica inerente al test AEC asserendo che, «in sostanza, si tratta di esaminare se, tenuto conto dei suoi costi e dell’effetto dello sconto, Intel sia essa stessa in grado di entrare nel mercato su una base più limitata senza subire perdite».

435    Al considerando 1004 della decisione impugnata, la Commissione indica che l’analisi del concorrente altrettanto efficiente è un esercizio puramente ipotetico, nel senso che si tratta di determinare se sia precluso l’accesso al mercato di un concorrente efficiente quanto Intel, rispetto alla produzione e alla fornitura di CPU x86 di valore equivalente a quello che Intel procura ai suoi clienti, ma che non abbia una base di vendita così ampia come Intel. In linea di principio, tale analisi è indipendente dalla capacità effettiva di AMD di entrare o meno nel mercato.

436    Da quanto precede risulta che il concorrente ipotetico di cui si tratta di valutare la capacità di entrare nel mercato nonostante le pratiche tariffarie di Intel è un concorrente altrettanto efficiente inteso come un operatore idoneo a fornire CPU x86 alle stesse condizioni praticate da Intel. Come risulta dal considerando 1003 della decisione impugnata, il test AEC equivale, in sostanza, a verificare se Intel stessa avrebbe potuto penetrare nel mercato nonostante il sistema di sconti controverso. Dal considerando 1004 di detta decisione risulta che, in linea di principio, l’unica differenza tra la situazione del concorrente ipotetico e la situazione effettiva di Intel sul mercato è che detto concorrente ipotetico non dispone di una base di vendita equivalente. Tenuto conto delle precisazioni fornite al considerando 1005 della decisione impugnata, tale riferimento all’assenza di base di vendita equivalente deve essere interpretato nel senso che, a causa dello status di partner commerciale irrinunciabile di Intel, il concorrente ipotetico altrettanto efficiente può sottrarre a Intel solo la quota contendibile della domanda dei clienti di CPU x86.

437    Orbene, come correttamente rilevato dalla ricorrente, quando la Commissione ha valutato, nella decisione impugnata, il valore dei vantaggi in natura da essa offerti nell’ambito dell’esame della portata degli sconti concessi a Lenovo, essa non ha ragionato come se il concorrente ipotetico fosse in grado di vendere CPU x86 a Lenovo offrendole al contempo vantaggi in natura alle stesse condizioni della ricorrente.

438    Infatti, al punto 1466 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che si trattasse di esaminare il prezzo che un concorrente altrettanto efficiente che non è l’impresa dominante stessa avrebbe dovuto versare per compensare la perdita dei vantaggi in natura offerti da Intel a Lenovo, quali un’estensione di piattaforma o un’estensione di garanzia. Al punto 1467 di detta decisione, per giustificare tale soluzione, la Commissione si è basata sull’esempio della piattaforma di distribuzione. Essa ha ritenuto che, contrariamente a Intel, che disponeva di una piattaforma di distribuzione in Cina che richiedeva taluni adattamenti per offrire un vantaggio in natura a Lenovo, un concorrente efficiente quanto l’impresa dominante, ma che non era dominante, ed era quindi di dimensioni inferiori, di norma non avrebbe ancora disposto di una siffatta struttura.

439    Pertanto, la Commissione è partita da un postulato contrario ai fondamenti del test AEC esposti ai punti 1003 e 1004 della decisione impugnata, che si basano sul principio secondo il quale il concorrente ipotetico è efficiente quanto Intel, in particolare dal punto di vista dei costi di espansione di una piattaforma o di una garanzia. In realtà, la Commissione ha ragionato rispetto ad un concorrente meno efficiente, che non costituisce tuttavia l’operatore economico pertinente per valutare la capacità della pratica di sconti di cui trattasi di produrre un effetto di esclusione dal mercato.

440    Nessuno degli argomenti addotti dalla Commissione è atto a inficiare tale constatazione.

441    La Commissione, la quale, certamente, rinvia al fatto che Intel aveva quantificato la somma a vantaggio di Lenovo in misura elevata (rispettivamente, a USD 20 e 24 milioni) non fornisce, nella decisione impugnata, alcuna risposta alla questione di stabilire quale sarebbe stato il costo per un concorrente altrettanto efficiente se avesse dovuto fornire l’accesso a una piattaforma di distribuzione o procedere mediante una semplice trasformazione della propria piattaforma già esistente in modo da estenderla a favore di un costruttore OEM, al pari di quanto proposto da Intel a Lenovo. Questa stessa logica si applica ai costi connessi ad un’estensione della garanzia.

442    A tal riguardo, le parti hanno indicato, in risposta ai quesiti del Tribunale all’udienza del 2020, che le economie di scala non dovevano essere presi in considerazione come un elemento di differenziazione, ma che i costi di un concorrente altrettanto efficiente dovevano essere considerati gli stessi che per Intel. Orbene, spiegazioni di questo tipo da parte della Commissione contraddicono l’approccio adottato ai punti 1466 e 1467 della decisione impugnata, che tengono conto delle dimensioni del concorrente altrettanto efficiente per sottolineare, tra l’altro, che non esisterebbe ancora una piattaforma comparabile a quella di Intel.

443    Inoltre, nella misura in cui la Commissione ha fatto riferimento, dinanzi al Tribunale, alle dimensioni concrete di una piattaforma di un concorrente altrettanto efficiente (v. punto precedente, in fine), occorre notare, come sostenuto dalla Intel all’udienza del 2020, che questo elemento non è stato analizzato nella decisione impugnata. Lo stesso vale per le valutazioni numeriche, presentate dalla Commissione per la prima volta nell’allegato D.39 alla controreplica, volte a valutare i costi reali per Intel, riguardanti i vantaggi in natura (v. punti 429 e 430 supra).

444    Orbene, il Tribunale non può tener conto di tali analisi complementari, prodotte per la prima volta nel corso del procedimento dinanzi ad esso, per avvalorare il test AEC contenuto nella decisione impugnata, senza sostituire la propria motivazione a quella della Commissione contenuta in detta decisione. Infatti, la giurisprudenza citata al punto 150 supra vieta al Tribunale di procedere a una siffatta sostituzione della motivazione.

445    Per quanto riguarda le affermazioni della Commissione contenute al considerando 1464 della decisione impugnata, sull’asserita notevole differenza tra i costi economici presentati da Intel per la concessione dei vantaggi in natura e il loro valore per Lenovo, occorre rilevare che, indipendentemente dal fatto che il valore per Lenovo non sia un elemento decisivo per l’analisi del test AEC, come risulta dal resoconto di una dichiarazione del 2 giugno 2009 di L10, [riservato], Lenovo non ha ammesso che le trattative con Intel vertessero su un valore esatto dei benefici in natura. L10 ha ritenuto, in sostanza, che l’approccio numerico in USD riguardante detti vantaggi potesse essere radicalmente diverso dalla somma presentata da Intel. A suo avviso, in sostanza, tale impresa ha tentato di attribuirsi il merito di elementi di cui non calcolava il valore in termini monetari, come la distribuzione tramite una piattaforma. Intel avrebbe tentato di persuaderlo che tali elementi presentavano un interesse economico, sebbene rientrassero piuttosto nell’ambito di un vantaggio operativo. L10 ha sottolineato di non aver concesso il minimo credito quanto al vantaggio in termini monetari di tali elementi attribuiti in natura.  Infine, per quanto riguarda il riferimento effettuato dalla Commissione all’e-mail del 12 gennaio 2006 di L10, che ammetteva l’importanza dei vantaggi in natura, occorre rilevare che essi non sono quantificati in dollari in tale e-mail.

446    Risulta altresì da una serie di e-mail datate dal 26 novembre 2006 al 28 novembre 2008 e intitolate «RE: Intel Meet Comp Response Nov 27 06.ppt» che Intel utilizzava diversi riferimenti a vantaggi gonfiati come tattiche di negoziazione, in particolare indicando come un vantaggio elementi che essa prevedeva di fornire alla controparte commerciale in ogni caso. In tali circostanze, la Commissione non può dedurre, neppure implicitamente, come avviene nel caso del considerando 1464 della decisione impugnata, da questi soli dati relativi alle negoziazioni dei vantaggi in natura che i costi effettivi, quali indicati da Intel, erano minimizzati. Nello stesso senso, occorre respingere in quanto inconferente l’affermazione della Commissione, menzionata al punto 614 del controricorso e che fa riferimento all’allegato B.31 di quest’ultimo, secondo la quale Intel non aveva dimostrato l’esistenza di divergenze di vedute tra Lenovo e lei stessa quanto al valore dei vantaggi in natura concessi. Infatti, la questione è quella di stabilire quali fossero i costi necessari per proporli e non la percezione del loro valore da parte di Lenovo.

447    Inoltre, non è sufficiente basarsi, come ha fatto la Commissione al considerando 1464 della decisione impugnata e, successivamente, al punto 614 del controricorso, rinviando al punto 416 dell’allegato B.31 di quest’ultimo, sull’argomento secondo cui Intel non è riuscita a spiegare il forte divario tra i suoi presunti costi per un importo di USD 3 milioni e l’importo di USD 44 milioni per Lenovo. Infatti, spettava alla Commissione valutare, direttamente nella decisione impugnata e non in elementi di calcolo presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale, quali sarebbero stati i costi che un concorrente altrettanto efficiente avrebbe avuto se avesse dovuto offrire a un costruttore OEM come Lenovo vantaggi in natura equivalenti a quelli proposti da Intel (v., anche, punto 444 supra).

448    Peraltro, nei limiti in cui la Commissione effettua per la prima volta dinanzi al Tribunale – al punto 326 della controreplica, che rinvia, a titolo illustrativo, all’allegato D.39 di quest’ultima – taluni calcoli dei costi riguardanti l’ipotesi in cui si dovesse tener conto del fatto che un concorrente altrettanto efficiente aveva una piattaforma di distribuzione in Cina, occorre rilevare che, a prescindere dal fatto che si tratta di calcoli tardivi e non rientranti nell’ambito della motivazione della decisione impugnata, che aveva adottato un criterio diverso, il risultato al quale perviene la Commissione in materia di costi differisce, in ogni caso, da quello esposto nella decisione impugnata. Infatti, da un lato, come risulta dal punto 36 dell’allegato D.39 alla controreplica, il costo per un concorrente altrettanto efficiente è di USD 20 690 000, e non di USD 24 milioni, come indicato al punto 1463 della decisione impugnata per quanto riguarda la piattaforma di distribuzione. Dall’altro, per quanto riguarda l’estensione della garanzia, il cui costo per un concorrente altrettanto efficiente è anch’esso quantificato per la prima volta in USD 17 473 664 al punto 30 dell’allegato D.39 alla controreplica, esso differisce dagli USD 20 milioni considerati nella decisione impugnata.

449    Infine, per quanto riguarda l’affermazione della Commissione di cui al punto 327 della controreplica, che rinvia ai punti da 38 a 44 dell’allegato D.39 a quest’ultima, secondo la quale l’argomento chiave della ricorrente in base al quale il costo dei due vantaggi in natura che per Intel è quantificabile in USD 3 milioni contraddice le prove stesse di quest’ultima, essa non può essere accolta.

450    Per quanto riguarda i documenti interni di Intel recanti i riferimenti D.41 e D.42 allegati alla controreplica, dai quali risulterebbe, secondo la Commissione, che Intel avrebbe stimato i costi dei vantaggi in natura in USD 47 milioni invece di USD 3 milioni, essi non sono stati menzionati nella decisione impugnata e non rientrano, pertanto, nella motivazione di quest’ultima. Dalla lettura del considerando 1465 della decisione impugnata, sembra escludersi che la Commissione le abbia prese in considerazione nella sua analisi principale quale essa risulta dalla suddetta decisione, nella misura in cui essa vi afferma che «l’argomento di Intel secondo cui la modalità di valutazione da utilizzare nell’analisi del concorrente altrettanto efficiente non è il valore di tali elementi per Lenovo, bensì il loro costo economico per [essa] si basa su un’errata interpretazione dei principi di detta analisi».

451    In ogni caso, anche se il riferimento della Commissione ai documenti menzionati al precedente punto 450 fosse stato ricevibile, non si sarebbe potuto dedurre da questi ultimi che Intel avesse erroneamente minimizzato i suoi costi indicando che i due vantaggi in natura corrispondevano rispettivamente a USD 1,7 e a USD 1,3 milioni. Infatti, i documenti ai quali la Commissione fa riferimento rientrano in un contesto in cui erano stati avviati negoziati con Lenovo e nel quale Intel mirava a dimostrare l’importanza delle sue proposte commerciali, presentandole in maniera favorevole a Lenovo (v. anche punti 445 e 446 supra). Per quanto riguarda l’analisi concreta di tali documenti, effettuata con riserva di quanto constatato, a titolo puramente conservativo, occorre rilevare che essi mancano di chiarezza e non consentono quindi di confermare la posizione della Commissione.

452    Così, innanzitutto, nel documento intitolato «Intel Chart entitled 2006 v. 2007 trend», è vero che il vantaggio connesso all’ampliamento della piattaforma di distribuzione rientra nel titolo «Incremental 07 Spending» e che un riferimento contenente i termini «billing impact» viene fatto nella tabella in questione. Tuttavia, la cifra di USD 24 milioni, riguardante la piattaforma, è inclusa nella colonna intitolata «Contra» e non nella colonna intitolata «Expense». Ciò indica che si trattava della stima del controvalore considerata da Intel come corrispondente all’utilizzo della piattaforma, come spiegato al punto 71 della relazione aggiuntiva Shapiro-Hayes e illustrata all’allegato 10 di quest’ultima, ma non di costi di una siffatta piattaforma o della sua modifica per Intel. Nello stesso senso, il costo dell’estensione della garanzia è calcolato al punto 70 del rapporto supplementare Shapiro-Hayes nonché all’allegato 9 di quest’ultimo a USD 1,7 milioni. In tali circostanze, non è necessario pronunciarsi sulle affermazioni del dott. Hayes all’udienza del 2020 secondo le quali, a causa del numero limitato di guasti delle CPU x86, il fatto di aumentare la garanzia da uno a tre anni non comporterebbe significativi costi aggiuntivi.

453    In secondo luogo, per quanto riguarda le tabelle presentate all’allegato D.42 alla controreplica, sebbene esse consentano di collegare i costi per Intel e i vantaggi per Lenovo, non ne risulta il costo complessivo della modifica di una piattaforma di distribuzione, quantificato nella decisione impugnata in USD 24 milioni. In ogni caso, non si può escludere che tale documento potesse avere lo scopo di presentare la proposta in modo favorevole durante i negoziati con Lenovo.

454    In tali circostanze, alla luce degli errori di valutazione commessi dalla Commissione, non è necessario valutare taluni argomenti aggiuntivi di Intel, vertenti sulla questione se AMD avesse realmente una piattaforma in Cina, dato che la situazione dell’impresa AMD non è, in ogni caso, decisiva per il test AEC.

455    Si deve pertanto concludere che la Commissione è incorsa in un errore nella valutazione numerica dei vantaggi in natura proposti da Intel a Lenovo, utilizzando rispettivamente gli importi di USD 20 milioni e di USD 24 milioni, a partire dai quali essa ha stimato l’importo degli sconti in USD 180 milioni. Il suddetto importo di USD 180 milioni è quindi esso stesso viziato da un errore.

456    Tenuto conto di quanto precede, occorre rilevare che, al punto 1507 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato che le conclusioni alle quali era giunta per quanto riguarda la capacità degli sconti accordati a Lenovo di produrre un effetto preclusivo avevano come fondamento il confronto tra il numero richiesto di unità e il numero contendibile di unità stabilito al punto 1478 di detta decisione, nonché le considerazioni formulate ai punti da 1479 a 1506, che espongono un test alternativo della parte richiesta sui segmenti combinati dei computer fissi e dei computer portatili. Orbene, come emerge dai punti 1472, 1478 e da 1503 a 1506 della decisione impugnata, nell’ambito sia del confronto summenzionato sia del test alternativo, la Commissione ha tenuto conto di una parte condizionata degli USD 180 milioni per le sue analisi vertenti sulla definizione della quota richiesta, al fine di paragonarla alla quota contendibile delle unità di CPU x86. L’errore nella valutazione numerica dei vantaggi in natura proposti da Intel a Lenovo ha quindi inciso su tutte le componenti dell’esame degli sconti concessi a tale costruttore OEM.

457    Pertanto, senza che sia necessario procedere alla valutazione della fondatezza degli argomenti di Intel vertenti sul numero contendibile di unità da prendere in considerazione, si deve constatare che la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la fondatezza della conclusione, formulata al considerando 1507 della decisione impugnata, secondo la quale, nel 2007, lo sconto di Intel era in grado o poteva produrre un effetto anticoncorrenziale di esclusione dal mercato, in quanto anche un concorrente altrettanto efficiente si sarebbe visto impedire di approvvigionare Lenovo per il suo fabbisogno nel settore delle CPU x86 per i computer portatili.

e)      Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a MSH

458    La ricorrente fa valere che l’analisi AEC riguardante MSH contenuta nella decisione impugnata, oltre al fatto di sovrastimare i CEM di Intel, contiene due errori relativi, da un lato, al metodo del «doppio sconto condizionato» (in prosieguo: il «metodo del doppio sconto») e, dall’altro, alla parte condizionata dei pagamenti. Orbene, la correzione di uno di tali errori dimostrerebbe che MSH ha soddisfatto il test AEC.

459    Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto la fondatezza dell’argomentazione volta a dimostrare che la Commissione avrebbe commesso un errore nell’applicare il metodo del doppio sconto.

460    La ricorrente contesta, in sostanza, la pertinenza dei dati utilizzati per applicare questo stesso metodo e le conseguenze che ne sono state tratte dalla Commissione.

461    La Commissione, dal canto suo, ritiene che tutti gli argomenti debbano essere respinti in quanto l’applicazione del metodo del doppio sconto non sarebbe viziata da alcun errore.

462    La Commissione afferma, in primo luogo, che, per poter vendere computer di un certo marchio a MSH, un concorrente altrettanto efficiente dovrebbe assicurarsi non solo che MSH sia pronta ad acquistare computer muniti delle sue CPU, ma anche, e soprattutto, che taluni costruttori OEM siano pronti a fabbricare tali computer. Pertanto, le pratiche di Intel a diversi livelli della catena di approvvigionamento hanno potuto avere un effetto cumulativo.

463    In secondo luogo, la Commissione sostiene che, per dimostrare che i pagamenti di Intel a MSH potevano avere un effetto anticoncorrenziale di esclusione dal mercato quando erano accompagnati da una prassi di Intel nei confronti di un costruttore OEM, è sufficiente illustrare tale effetto potenziale alla luce di un esempio rappresentativo di un pagamento condizionato concesso da Intel a un costruttore OEM senza dover ripetere tale esercizio per ciascun costruttore OEM.

464    In terzo luogo, la decisione impugnata esaminerebbe il cumulo dei pagamenti di Intel a MSH e delle restrizioni allo scoperto di Intel, in particolare nei confronti dei computer portatili Lenovo muniti di CPU x86 di AMD per il periodo da giugno a dicembre 2006.

465    Inoltre, la Commissione sostiene che l’allegato B.31 del controricorso analizza in dettaglio gli altri argomenti di Intel. In sostanza, essa dimostrerebbe che la decisione impugnata giustifica adeguatamente il fatto che gli sconti concessi a NEC per il trimestre interessato sono rappresentativi del periodo considerato nel suo insieme; che è inverosimile che NECCI abbia potuto fornire l’integralità della quota contendibile di MSH e che la decisione impugnata non è fondata sull’ipotesi che il 100% degli sconti concessi a NEC da Intel fossero condizionati.

466    A tal riguardo, al pari della ricorrente, occorre rilevare che la Commissione ha in un primo momento constatato, al considerando 1565 della decisione impugnata, che dalla tabella n. 58 figurante al considerando 1564 di detta decisione risultava che, secondo il metodo di calcolo normale, Intel non avrebbe superato il test AEC per gli anni 1997, 1998 e 2000. Come fa valere, in sostanza, la ricorrente, la Commissione ha quindi, perlomeno implicitamente, riconosciuto che, secondo il metodo di calcolo normale, il prezzo effettivo risultante dai pagamenti condizionati di Intel a MSH era nettamente superiore al CEM per tutto il periodo della presunta infrazione, ossia dal 2002 al 2007.

467    In una seconda fase, tuttavia, come indicato ai punti 1561 e 1566 della decisione impugnata, la Commissione ha tuttavia adattato il test AEC considerando che, qualora Intel avesse concesso uno sconto condizionato a un costruttore OEM, un concorrente altrettanto efficiente avrebbe dovuto concedere due pagamenti: uno per assicurarsi di ottenere la quota disponibile del costruttore OEM e l’altro per garantirsi la quota contendibile di MSH. Tenendo conto di questo duplice sconto, la Commissione è pervenuta, al punto 1568 della decisione impugnata, alla conclusione che Intel non avrebbe superato il test AEC per tutto il periodo incriminato, salvo nel 2004.

468    Discende quindi dai considerando summenzionati della decisione impugnata che occorre partire dall’ipotesi che Intel avrebbe superato il test AEC secondo il metodo di calcolo normale e che è soltanto assumendo l’esistenza di un doppio sconto che la Commissione, secondo le sue stesse cifre, sarebbe riuscita a dimostrare che i pagamenti di Intel a MSH erano idonei a comportare un’esclusione anticoncorrenziale durante tutto il periodo considerato, salvo che nel 2004.

469    Per quanto riguarda la valutazione di questi fatti, occorre notare, in primo luogo, che l’appellante non contesta il metodo del doppio sconto in quanto tale. Essa riconosce, in sostanza, che, per poter vendere computer di un certo marchio a MSH, un concorrente altrettanto efficiente dovrebbe assicurarsi non solo che MSH sia pronta ad acquistare computer muniti delle sue CPU, ma anche, e soprattutto, che taluni costruttori OEM siano pronti a fabbricare tali computer. Pertanto, le pratiche di Intel a diversi livelli della catena di approvvigionamento hanno potuto avere un effetto cumulativo.

470    Per contro, la ricorrente contesta le cifre utilizzate dalla Commissione per fare i suoi calcoli. Come rilevato dalla ricorrente, la decisione impugnata calcola l’importo del doppio sconto presumendo che ciascun costruttore OEM fornitore di MSH beneficiasse di uno sconto condizionato equivalente allo sconto totale concesso a NEC al quarto trimestre 2002 e che avrebbe interamente perduto tale sconto qualora MSH avesse iniziato a vendere computer muniti di CPU x86 di AMD. Supponendo che il 100% degli sconti concessi a MSH erano condizionati, la Commissione ha concluso che, per tutto il periodo dell’infrazione, tranne il 2004, gli sconti di Intel avrebbero quindi escluso un concorrente altrettanto efficiente.

471    Tuttavia, la Corte ritiene che questa analisi contenga due vizi, ognuno dei quali è atto ad invalidare i risultati del test AEC relativo a MSH fondato sugli sconti concessi da Intel a NEC al quarto trimestre 2002.

472    Infatti, in primo luogo, come sostenuto dalla ricorrente, la Commissione presume, ai punti 1566 e 1567 della decisione impugnata, che gli sconti accordati a NEC riflettano in maniera adeguata gli sconti condizionati su tutti i computer muniti di processori Intel acquistati da MSH a tutti i costruttori OEM. Tuttavia, questa presunzione non è in alcun modo avvalorata.

473    Infatti, Intel sottolinea, senza essere contraddetta dalla Commissione, che MSH avrebbe acquistato soltanto il 4% del suo fabbisogno di computer a NEC nel periodo 2002-2007 e che, tranne NEC, i principali costruttori OEM che fornivano computer a MSH tra il 2002 e il 2007 sarebbero stati Fujitsu, Acer, HP, Compaq, Toshiba e Medion. Come minimo, la posizione della Commissione si basa necessariamente sulla premessa secondo cui MSH acquistava computer da costruttori OEM diversi dalla NEC.

474    Orbene, la Commissione non sostiene né dimostra che Intel abbia concesso a uno degli altri costruttori OEM presso i quali MSH effettuava i suoi acquisti sconti condizionati nel segmento dei computer destinati ai privati, a condizioni comparabili agli sconti relativi ai computer acquistati presso NEC.

475    Risulta quindi che la decisione impugnata ha fondato la sua analisi del metodo del doppio sconto sugli sconti concessi da Intel a NEC nel corso di un solo trimestre che rappresentava solo una parte degli acquisti di MSH. Pertanto, come sostenuto dalla ricorrente, si deve ritenere che la presunzione della Commissione secondo cui tutti i fornitori di MSH beneficiavano di sconti condizionati sostanziali identici a quelli di cui beneficiava NEC è priva di fondamento e, in ogni caso, non è affatto suffragata.

476    Tale conclusione è del resto corroborata dal tenore letterale del considerando 1566 della decisione impugnata, nel quale la Commissione si limita ad affermare, per illustrare il metodo del doppio sconto, che la «comunicazione degli addebiti complementare [del] 2008 ha preso l’esempio di NEC in quanto equipaggiamento informatico rappresentativo di tale situazione», nonché dal tenore letterale del considerando 1567 della medesima decisione, nel quale la Commissione indica che «[l]a sezione 4.2.3.4 ha valutato gli sconti condizionati di Intel a NEC nel quarto trimestre del 2002 (poiché questo è l’unico trimestre per il quale la Commissione ha dati sufficienti per effettuare un’analisi della capacità degli sconti di precludere un concorrente altrettanto efficiente)». Discende quindi da tali punti della decisione impugnata che la Commissione sembra essersi basata sull’esempio di NEC e su un solo trimestre non solo in ragione della sua pertinenza, ma per il fatto che si trattava del solo trimestre per il quale essa aveva potuto ottenere informazioni al fine di procedere all’analisi AEC relativa a MSH.

477    La Commissione sostiene, al riguardo, che è sufficiente fare riferimento a un solo esempio rappresentativo, dato che il test AEC servirebbe soltanto a dimostrare la capacità anticoncorrenziale – e non gli effetti attuali – di una pratica commerciale.  Tuttavia, il Tribunale considera che, quando la Commissione sceglie un approccio quantitativo per dimostrare tale capacità, essa deve assicurarsi che i dati utilizzati siano affidabili e spiegare, quanto meno, perché tali dati possano essere estrapolati. Orbene, la Commissione non ha in alcun modo dimostrato che i dati di NEC fossero «rappresentativi» di tutti i costruttori OEM.

478    In secondo luogo, e in ogni caso, come sostenuto dalla ricorrente, l’analisi della Commissione presuppone che NEC e tutti gli altri costruttori OEM fornitori di MSH abbiano beneficiato, tra il 1997 e il 2007, di sconti condizionati identici a quello ricevuto da NEC per un solo trimestre. Ciò implica dunque che, assumendo rappresentativi di tutti i costruttori OEM, gli sconti accordati a NEC per il quarto trimestre del 2002 siano stati stabili su un periodo di dieci anni. Orbene, da un lato, la Commissione non ha affatto dimostrato che così fosse. L’unica giustificazione che sembra invocare la Commissione è quella riportata al punto 1567 della decisione impugnata, secondo la quale i dati relativi agli sconti di NEC nel quarto trimestre 2002 erano gli unici a sua disposizione. Tuttavia, come sottolinea la ricorrente, il fatto di non poter ottenere prove supplementari non consente alla Commissione di fondare le sue conclusioni su fatti presunti. Dall’altro lato, occorre ricordare che, come risulta dai precedenti punti da 404 a 411, è stato dimostrato che, per quanto riguarda NEC, la Commissione era incorsa in un errore di valutazione estrapolando i risultati ai quali era pervenuta per il quarto trimestre del 2002 per l’intero periodo di presunta infrazione.

479    Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri argomenti dedotti dalle parti quali menzionati ai precedenti punti da 458 a 465, si deve constatare che la Commissione è incorsa in errore quando ha ritenuto che gli sconti condizionati da Intel a NEC nel quarto trimestre del 2002 costituissero dati sufficienti per effettuare il test AEC per MSH su tutto il periodo dell’infrazione.

480    Poiché la Commissione non ha dimostrato che le condizioni per un’estrapolazione erano soddisfatte, occorre quindi considerare, senza che sia necessario pronunciarsi sul secondo argomento relativo alla quota condizionata dei pagamenti (v. punto 458 supra), che la ricorrente a giusto titolo sostiene che l’effettuazione del test AEC per quanto riguarda MSH è inficiata da un errore di valutazione che si applica alla totalità del periodo esaminato.

481    Tenuto conto di quanto precede, la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente adeguato la fondatezza della conclusione, formulata al punto 1573 della decisione impugnata, secondo la quale, sulla base delle considerazioni di cui ai punti da 1559 a 1572 della medesima decisione, nel corso del periodo compreso tra l’ultimo trimestre del 1997 e il 12 febbraio 2008, i pagamenti di Intel a MSH erano in grado o potevano avere effetti anticoncorrenziali di esclusione dal mercato, o di per sé, o come fattore di rafforzamento del comportamento di Intel nei confronti di altri operatori del mercato, poiché anche un concorrente altrettanto efficiente si sarebbe visto impedire di entrare nella parte di mercato interessata.

f)      Conclusioni sul test AEC

482    Alla luce di tutte le considerazioni di cui ai punti da 179 a 480 supra, senza che sia necessario procedere alla valutazione delle diverse affermazioni della ricorrente relative all’analisi dei costi, si deve accogliere l’argomento della ricorrente secondo cui l’analisi AEC effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata è viziata da errori.

C.      Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata non avrebbe debitamente analizzato e tenuto conto dei criteri menzionati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione

483    Secondo la ricorrente e la ACT, le constatazioni della Commissione contenute nella decisione impugnata quanto alla capacità di preclusione degli sconti di Intel non tengono debitamente conto di tutti i criteri fissati dalla Corte al punto 139 della sentenza sull’impugnazione. Orbene, il fatto di non aver preso in considerazione, anche solo uno di essi, dovrebbe indurre il Tribunale ad annullare la decisione impugnata.

484    La ricorrente e l’ACT sostengono che, tra questi cinque criteri, almeno tre non sono stati esaminati in modo appropriato. Infatti, a loro avviso, sebbene la decisione impugnata contenga un’analisi del primo e del terzo criterio di cui al punto 139 della sentenza sull’impugnazione, ossia l’importanza della posizione dominante di Intel sul mercato rilevante e le condizioni e le modalità di concessione degli sconti di Intel, ciò non avviene, in ogni caso, per quanto riguarda i criteri relativi al tasso di copertura del mercato, alla durata e all’importo degli sconti nonché all’esistenza di una strategia volta a escludere i concorrenti quantomeno altrettanto efficienti.

1.      Sul tasso di copertura

485    Al considerando 1577 della decisione impugnata, contenuto nella sezione 4.2.4, relativa all’importanza strategica dei costruttori OEM che hanno beneficiato degli sconti di Intel, la Commissione ha sottolineato, in sostanza, che, a causa della loro quota di mercato, della loro forte presenza nel segmento più redditizio del mercato nonché del loro potere di legittimare un nuovo processore sul mercato, taluni costruttori OEM, nella specie Dell e HP, erano strategicamente più importanti rispetto ad altri per fornire ai produttori di CPU x86 un accesso al mercato. La Commissione ha inoltre considerato, al punto 1597 della decisione impugnata, che i costruttori OEM colpiti dal comportamento di Intel detenevano una quota di mercato significativa e che inoltre erano strategicamente più importanti degli altri, il che aveva avuto un impatto sul mercato nel suo insieme più importante di quello che sarebbe stato corrispondente alle loro sole quote di mercato cumulate. Essa ne ha concluso che la copertura delle pratiche abusive doveva essere considerata significativa.

486    La ricorrente e l’ACT fanno essenzialmente valere che – limitandosi ad affermare al punto 1597 della decisione impugnata che i costruttori OEM interessati dal comportamento di Intel detenevano una quota significativa del mercato ed erano strategicamente i più importanti, il che avrebbe avuto un impatto, sul mercato considerato nel suo complesso, maggiore di quello corrispondente alle loro sole quote di mercato cumulate – la decisione impugnata non ha debitamente tenuto conto del criterio della percentuale di copertura al fine di analizzare se gli sconti e i pagamenti di Intel avessero una capacità di preclusione.

487    Inoltre, la ricorrente rileva che tale constatazione è stata formulata nella decisione impugnata dopo aver concluso, al considerando 1001 di quest’ultima, che gli sconti e i pagamenti di Intel soddisfacevano i criteri dell’abuso, mentre la sentenza su impugnazione richiede dalla Commissione un’analisi della copertura del mercato prima di qualsiasi constatazione di abuso. Ancora, la ricorrente e la ACT ritengono che gli elementi di prova sui quali si è basata la Commissione non fossero sufficienti per stabilire che la quota di mercato interessata dalla condotta di Intel fosse significativa.

488    La Commissione contesta la fondatezza degli argomenti dedotti dalla ricorrente.

489    In primo luogo, essa osserva che la copertura del mercato è stata esaminata alla sezione 4.2.4 della decisione impugnata, nell’ambito dell’importanza strategica dei costruttori OEM che hanno beneficiato degli sconti di Intel. La Commissione insiste in particolare sul fatto che, sebbene il punto 139 della sentenza sull’impugnazione identifichi la copertura del mercato semplicemente come un fattore, quest’ultimo deve essere applicato nell’ambito di ciascuna causa e, nella fattispecie, l’importanza strategica della quota del mercato interessata deve essere presa in considerazione ai fini della valutazione di tale fattore come prova della capacità degli sconti di fedeltà di Intel di escludere dal mercato la concorrenza. Allo stesso modo, occorrerebbe prendere in considerazione la circostanza che Intel era un partner commerciale ineludibile per i costruttori OEM, cosicché essa aveva un’influenza significativa sui suoi clienti, in quanto sarebbe stato irrealistico per loro rivolgersi totalmente o prevalentemente alla linea di prodotti di AMD.

490    In secondo luogo, essa sostiene che, per quanto riguarda il tasso di copertura del mercato, la ricorrente non si basa più sull’affermazione, formulata al punto 115 del ricorso, secondo cui la copertura del mercato mediante le sue pratiche non ha superato il 2% nel corso di un anno, ma sembra accettare il fatto che il Tribunale abbia constatato, al punto 194 della sentenza iniziale, che la copertura del mercato era in media del 14% circa durante il periodo di commissione dell’infrazione e fa valere che da taluni elementi di prova si sarebbe potuto inferire che le quote di mercato dei costruttori OEM coinvolti nelle pratiche di sconto contestate erano superiori al 25%.

491    In terzo luogo, per quanto riguarda la censura sollevata da Intel nelle sue osservazioni, secondo la quale la constatazione di cui al punto 1597 della decisione impugnata è stata formulata dopo che al considerando 1001 della stessa decisione si era concluso che i suoi sconti e i suoi pagamenti soddisfacevano i criteri dell’abuso (v. punto 487 supra), la Commissione ritiene che la ricorrente travisi la decisione impugnata. Infatti, il punto 1001 di tale decisione si basa sulla sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione (85/76, EU:C:1979:36), secondo la quale gli sconti di fedeltà violano l’articolo 102 TFUE. Tuttavia, come esposto al punto 1597 della decisione impugnata, la Commissione sottolinea che la successiva analisi rivela che i costruttori OEM, tanto più importanti sul piano strategico, hanno un’incidenza maggiore sull’insieme del mercato rispetto a quello che è unicamente attribuibile alle loro quote di mercato cumulate. Ne risulta che la portata delle pratiche abusive deve essere considerata «significativa» e che il considerando 1616 della decisione impugnata giunge alla conclusione generale che le fidelizzazioni indotte dagli sconti hanno avuto effetti complementari che hanno sensibilmente ridotto la possibilità di altri operatori di far entrare in gioco la concorrenza e di vendere i loro prodotti evidenziando la qualità delle loro CPU x86.

492    Occorre ricordare che dal punto 139 della sentenza sull’impugnazione risulta che il tasso di copertura del mercato ad opera della pratica contestata è uno dei criteri che devono essere presi in considerazione dalla Commissione al fine di valutare la capacità degli sconti e dei pagamenti condizionati di escludere dal mercato (v. punti 119 e 125 supra).

493    In primo luogo, nelle circostanze del caso di specie, non si può escludere che la sezione 4.2.4 della decisione impugnata, relativa all’importanza strategica dei costruttori OEM che hanno beneficiato degli sconti di Intel, possa essere pertinente nell’ambito dell’esame del tasso di copertura. Infatti, essa affronta taluni fattori a priori pertinenti nell’ambito dell’esame della capacità di un sistema di sconti di escludere dal mercato, quali l’obiettivo di talune pratiche tariffarie sui segmenti più redditizi del mercato o l’utilizzo, a danno di un concorrente, del potere di legittimazione di un prodotto da parte degli operatori più importanti del mercato.

494    Resta il fatto che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, e indipendentemente dalla questione se la constatazione esposta al punto 1597 della decisione impugnata sia stata formulata dopo che era stato concluso, al punto 1001 di tale decisione, che gli sconti e i pagamenti di Intel soddisfacevano i criteri dell’abuso, si deve constatare che il contenuto della sezione 4.2.4 della decisione impugnata, relativo all’importanza strategica dei costruttori che hanno beneficiato degli sconti di Intel, e in particolare il punto 1597 di quest’ultima, sul quale la Commissione si basa per considerare che il tasso di copertura del mercato sia stato esaminato, non possono essere interpretati come costituenti di per sé un esame sufficiente, nelle circostanze del caso di specie, del tasso di copertura del mercato da parte della pratica controversa, ai sensi del punto 139 della sentenza impugnata.

495    Infatti, indipendentemente dal fatto che la Commissione si sia basata sulle quote di mercato detenute da taluni costruttori OEM e supponendo che la Commissione possa validamente limitarsi a basarsi sulle quote di mercato detenute da taluni costruttori OEM anziché esaminare il tasso di copertura del mercato attraverso la pratica contestata, come menzionato al punto 139 della sentenza di impugnazione, i punti da 1578 a 1580 della decisione impugnata prendono in considerazione solo le quote di mercato di Dell e di HP, escludendo gli altri costruttori OEM interessati dalla pratica contestata, come rilevato dalla ricorrente e da ACT. Occorre aggiungere che le quote di mercato prese in considerazione coprono solo il periodo compreso tra il primo trimestre del 2003 e l’ultimo trimestre del 2005. Pertanto, non solo si tratta di una sola parte della totalità del periodo interessato da detta decisione, che va dall’ottobre 2002 al dicembre 2007, ma ciò prescinde anche dal periodo 2006-2007, nel corso del quale Lenovo e MSH erano interessati. Infine, come dedotto dalla ricorrente e da ACT, dai punti da 1578 a 1580 della decisione impugnata risulta che le cifre delle quote di mercato su cui si è basata la Commissione tengono conto delle quote di mercato mondiale di Dell e di HP in tutti i segmenti, nonostante il fatto che la sola prassi contestata, per quanto riguarda HP, riguardi computer aziendali fissi, come indicato all’articolo 1, lettera b), della decisione impugnata.

496    In secondo luogo, nelle sue osservazioni principali, la Commissione fa valere che il Tribunale ha constatato, al punto 194 della sentenza iniziale, che la copertura del mercato era mediamente del 14% circa durante il periodo dell’infrazione e fa valere che da taluni elementi di prova si potrebbe dedurre che le quote di mercato dei costruttori OEM oggetto delle pratiche di sconti controverse erano di oltre il 25%. Essa indica altresì che «[l] a denuncia di Intel (...) secondo cui la Commissione si è basata sulla quota di mercato di HP in tutti i segmenti del mercato è priva di fondamento; [che] la decisione [impugnata] non si riferisce ad alcuna cifra precisa per quanto riguarda HP e [che] la copertura media del 14% invocata dalla sentenza [iniziale], contrariamente a quanto affermato da Intel, (...) non tiene conto degli sconti di fedeltà specifici al segmento accordati a HP».

497    Tuttavia, l’argomento della Commissione fondato sul fatto che il Tribunale ha constatato, al punto 194 della sentenza iniziale, che la copertura del mercato era in media pari a circa il 14% durante il periodo di commissione dell’infrazione, circostanza che la ricorrente non avrebbe contestato, o che le quote di mercato dei costruttori OEM interessati dalle pratiche di sconti controverse erano superiori al 25% deve inevitabilmente essere respinto.

498    Infatti, è necessario constatare che i tassi del 14% o del 25% non compaiono affatto nella decisione impugnata al termine di un esame del tasso di copertura. Pertanto, ai fini del controllo della legittimità della decisione impugnata, per quanto riguarda il tasso di copertura del mercato da parte della pratica contestata, il Tribunale non è in grado di basarsi su tali tassi, quand’anche essi fossero tratti da elementi di prova versati agli atti, dal momento che essi non figuravano nella decisione impugnata e, per definizione, la Commissione non ha potuto basarsi su tali elementi.

499    Pertanto, senza che sia necessario pronunciarsi sugli argomenti della Commissione relativi alla quota di mercato di HP, è giocoforza constatare che la Commissione si è astenuta dal determinare il tasso di copertura del mercato della pratica contestata, contrariamente a quanto era tenuta a fare in forza del punto 139 della sentenza sull’impugnazione. Occorre aggiungere che ciò è del resto contrario ai suoi propri orientamenti relativi all’analisi dei casi rientranti nell’articolo 102 TFUE, e in particolare al punto 20 degli orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo [102 TFUE] al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti (GU 2009, C 45, pag. 7).

500    Alla luce degli elementi che precedono, si deve quindi concludere che la ricorrente e l’ACT sostengono a giusto titolo che la decisione impugnata è inficiata da errori in quanto non ha debitamente esaminato il criterio relativo al tasso di copertura del mercato attraverso la pratica contestata.

2.      Sulla durata e sullimporto degli sconti

501    Intel censura, nel ricorso, nonché nelle sue osservazioni principali, l’assenza di analisi, nella decisione impugnata, dell’importanza, da un lato, della durata degli sconti e dei pagamenti condizionati proposti e, dall’altro, degli importi di questi ultimi. Essa sostiene, in particolare, che non è possibile, per valutare gli effetti preclusivi che gli sconti di cui trattasi avrebbero su un concorrente altrettanto efficiente, operare un cumulo degli accordi di breve durata conclusi con i costruttori OEM e MSH. A suo avviso, occorrerebbe, a tal fine, prendere in considerazione la durata di ciascuno di tali accordi.

502    La Commissione sostiene che le condizioni di concessione degli sconti e dei diversi pagamenti accordati da Intel sono state analizzate, per ciascun costruttore OEM, nella sezione VII.4.2.2 della decisione impugnata. Tali analisi avrebbero riguardato la natura e la modalità operativa delle condizioni di esclusiva o di quasi esclusiva alle quali erano soggetti i pagamenti e gli sconti, gli importi degli sconti e, infine, il carattere decisivo della condizionalità dei pagamenti e degli sconti per ciascuno dei costruttori OEM, nonché per MSH, quando valutavano l’ipotesi di approvvigionamenti parziali di CPU x86 presso AMD. In particolare, la Commissione sottolinea nel controricorso che una breve durata di preavviso di risoluzione di taluni accordi, in particolare con HP, non modificava gli effetti negativi sulla concorrenza. Così, se Intel avesse risolto gli accordi HPA a seguito di una violazione, da parte di HP, del suo obbligo di quasi esclusiva, HP avrebbe perso gli sconti per tutta la restante durata dell’accordo e, quanto meno potenzialmente, per la durata della proroga di quest’ultimo.

503    Nelle sue osservazioni principali, la Commissione adduce, in sostanza, che la ricorrente non ha contestato il passaggio della sentenza iniziale che sarebbe pertinente alla luce della sentenza sull’impugnazione, vale a dire le conclusioni formulate al punto 195 di detta sentenza, in cui il Tribunale ha esaminato le implicazioni della durata degli accordi di riduzione per la loro capacità di esclusione dal mercato. La Commissione ritiene quindi che le conclusioni formulate al punto 195 della sentenza iniziale, secondo le quali la durata degli accordi di Intel non pregiudicava la loro capacità di escludere la concorrenza, debbano essere considerate definitive.

504    La Commissione, nelle sue osservazioni principali, riguardanti il punto 195 della sentenza iniziale, sostiene altresì che, anche se a Intel fosse permesso di rinnovare la sua contestazione della decisione impugnata riguardo alla valutazione dell’importanza della durata dei suoi accordi, non occorrerebbe discostarsi dalla sentenza iniziale. In primo luogo, secondo la Commissione, se, come constatato nella decisione impugnata, Intel non supera il test AEC, l’insistenza di quest’ultima sulla capacità dei costruttori OEM di ritirarsi dagli accordi relativi agli sconti di fedeltà sarebbe illogica. Un concorrente altrettanto efficiente semplicemente non potrebbe competere. In secondo luogo, anche se Intel superasse il test AEC, esso sarebbe inerente all’offerta di un concorrente altrettanto efficiente per le attività dei costruttori OEM in tali circostanze, il quale dovrebbe accettare un livello di redditività molto inferiore su tali vendite rispetto a Intel. In terzo luogo, la Commissione ribadisce l’affermazione secondo cui la durata complessiva di un sistema di sconti di fedeltà di Intel sarebbe un fattore di durata durante il quale un concorrente altrettanto efficiente dovrebbe accettare una riduzione della redditività nel «conquistare la clientela di un costruttore OEM proveniente da Intel» su tali vendite. Così, per HP, qualsiasi concorrente che volesse rimpiazzare Intel dovrebbe essere disposto a offrire condizioni che compensino la perdita degli sconti di Intel almeno per l’intera durata dell’accordo HPA1. In aggiunta, la Commissione sostiene che ogni serie di accordi con i costruttori OEM ha avuto luogo in un periodo di tempo sufficiente affinché le azioni di Intel potessero escludere la concorrenza, in quanto tali accordi riguardavano i periodi più redditizi per le vendite di CPU x86, all’inizio del ciclo di vita di un nuovo modello. Essa sostiene inoltre che la durata delle pratiche di Intel non può essere dissociata dal loro calendario, in quanto esse miravano a superare la sua incapacità di produrre una risposta tecnica in tempo utile alle CPU x86 a 64 bit commercializzate da AMD.

505    Durante l’udienza del 2020, la Commissione ha presentato al Tribunale un documento vertente sui punti della decisione impugnata che valutavano, a suo avviso, i diversi criteri quali previsti al punto 139 della sentenza sull’impugnazione, comprensivi della durata.

506    In primo luogo, occorre respingere l’irricevibilità delle censure relative alla durata e all’importo degli sconti e dei pagamenti condizionati, sollevata dalla Commissione nelle sue osservazioni principali. Infatti, è sufficiente rilevare che gli argomenti della ricorrente presentati nelle sue osservazioni principali e complementari a tal riguardo si ricollegano chiaramente a quelli presentati ai punti 102 e da 111 a 114 dell’atto di ricorso. Pertanto, in applicazione della giurisprudenza citata al precedente punto 106, tali censure sono ricevibili.

507    In secondo luogo, occorre constatare che dal punto 139 della sentenza sull’impugnazione emerge che l’analisi della durata e dell’importo degli sconti e dei pagamenti condizionati, oggetto della prassi contestata, fa parte dei criteri da prendere in considerazione al fine di valutare la capacità di preclusione di dette pratiche.

508    In primo luogo, è vero che, nella decisione impugnata, la Commissione ha esaminato a più riprese taluni elementi in relazione alla durata degli sconti.

509    Anzitutto, i punti da 1013 a 1035 della decisione impugnata vertono sul fattore temporale nell’ambito del test AEC. La Commissione ha in particolare considerato, ai punti 1015 e 1017 della decisione impugnata, che, in talune circostanze, le pratiche di sconti potevano rientrare in modifiche trimestrali e ha affermato, ai punti da 1017 a 1028 della decisione impugnata, che, poiché il mercato rilevante era molto dinamico, l’innovazione nel settore rilevante rendeva difficile o addirittura impossibile effettuare previsioni a lungo termine. Parimenti, i punti da 1025 a 1027 della decisione impugnata contengono un riferimento alla durata dei contratti e al fatto che occorreva regolarmente «rinfrescare» i cicli di produzione.

510    Inoltre, i punti 201 e 202 della decisione impugnata indicano che la Commissione riteneva che alcune delle negoziazioni pertinenti tra Intel e i costruttori OEM fossero effettuate trimestralmente. Pertanto, tali negoziazioni riguardavano un periodo relativamente breve, il che poteva consentire a un concorrente altrettanto efficiente di proporre più facilmente le proprie CPU x86 ai suddetti costruttori OEM. Allo stesso modo, ai punti da 965 a 968 della decisione impugnata, la Commissione ha esaminato l’argomento di Intel vertente sul fatto che il preavviso di risoluzione di 30 giorni degli accordi HPA dava a HP una maggiore libertà per confrontare le sue offerte con quelle di AMD, rispondendo che lo status di partner commerciale irrinunciabile di Intel e gli effetti prodotti dai suoi sconti portavano a respingere il suddetto argomento. All’udienza del 2020, la Commissione ha sottolineato che, in taluni casi, riguardanti HP, vi era stato, a più riprese, un rinnovo degli accordi con Intel mensilmente. Per quanto riguarda Dell, la Commissione ha sottolineato, al punto 1227 della decisione impugnata, che, a causa dell’assenza di qualsiasi contratto scritto con Intel, per quanto riguarda gli sconti concessi in forza di un programma di allineamento sulla concorrenza (Meet Competition Programme), essi erano oggetto di una rinegoziazione «costante», condotta oralmente, cosicché Intel disponeva di una grande flessibilità per modificare gli sconti.

511    Resta il fatto che, da un lato, l’oggetto dei punti da 1013 a 1035 della decisione impugnata era unicamente quello di definire l’orizzonte temporale in cui si inserivano le scelte dei costruttori OEM riguardanti il loro fabbisogno di forniture di CPU x86 quale ipotesi alla base del calcolo della quota contendibile degli sconti per ciascuno dei costruttori OEM interessati. La Commissione ne ha concluso che, nell’ambito del test AEC, essa avrebbe considerato l’ipotesi che l’orizzonte temporale pertinente fosse un anno.

512    Pertanto, il fattore temporale è stato qui utilizzato per determinare la metodologia di calcolo della quota contendibile di un costruttore OEM, quota che doveva poi essere messa in relazione con altri fattori del test AEC al fine di valutare la capacità degli sconti controversi di produrre un effetto di esclusione dal mercato. Un esame siffatto non costituisce quindi un’analisi della durata degli sconti quale fattore idoneo, di per sé, a dimostrare la loro capacità di produrre un effetto di esclusione dal mercato.

513    Dall’altro lato, dai punti 201 e 202, da 965 a 968 e 1227 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha esaminato la durata e la forma degli impegni sottoscritti dai costruttori OEM presso Intel che davano diritto a sconti quali fattori idonei a favorire od ostacolare l’ingresso di un nuovo concorrente sul mercato, tenuto conto in particolare della portata temporale di detti impegni o della capacità di Intel di versare o di adeguare i suoi sconti entro termini brevi.

514    Tuttavia, mentre tali aspetti del fattore temporale le sembravano pertinenti, la Commissione li ha esaminati solo in modo contingentale e circoscritto, ai punti 201 e 202, da 965 a 968 e 1227 della decisione impugnata. Essa non ha proceduto ad un esame approfondito ed esaustivo, per tutti i costruttori OEM, di detti aspetti in quanto idonei a dimostrare o a rafforzare la capacità delle pratiche tariffarie controverse di Intel di produrre un effetto di esclusione dal mercato.

515    Da quanto precede risulta che la Commissione non ha proceduto ad un esame della durata degli sconti quale fattore di per sé pertinente per dimostrare la capacità delle pratiche tariffarie controverse di Intel di produrre un effetto di esclusione dal mercato.

516    In secondo luogo, la Commissione fa valere, in sostanza, che, quand’anche il test AEC non dimostrasse la capacità degli sconti controversi di produrre un effetto preclusivo, occorrerebbe riferirsi alla durata totale durante la quale la ricorrente ha applicato sconti e pagamenti di esclusiva ai costruttori OEM e che, nella misura in cui gli sconti sono continuati per un anno per Lenovo e per diversi anni per gli altri costruttori OEM e per MSH, si dovrebbe concludere che un concorrente di Intel sul mercato delle CPU x86 avrebbe dovuto accettare una redditività inferiore e un livello di redditività molto più basso rispetto a Intel su quelle vendite. Tali considerazioni risulterebbero dai punti 93 e 195 della sentenza iniziale e sarebbero quindi definitive.

517    A tal riguardo, da un lato, dal punto 81 supra risulta che il dispositivo della sentenza su impugnazione procede all’annullamento integrale della sentenza iniziale. Pertanto, il Tribunale deve procedere, a seguito del rinvio, a un nuovo esame degli argomenti delle parti relativi alla durata degli sconti, senza essere vincolato dai punti 93 e 195 della sentenza iniziale che esso non riprende.

518    Dall’altro lato, dai punti 138 e 139 della sentenza sull’impugnazione risulta che, nel caso in cui l’impresa interessata sostenga, nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti preclusivi che le sono addebitati, la Commissione è tenuta a valutare tutti i criteri menzionati al punto 139 di detta sentenza, e non unicamente il criterio relativo alla durata degli sconti ivi contenuti. Pertanto, il solo riferimento al periodo durante il quale gli sconti sono stati accordati ai costruttori OEM e a MSH non è di per sé sufficiente, nonostante le conclusioni che è possibile trarre dal test AEC, a fondare conclusioni definitive in merito agli effetti di esclusione dal mercato così prodotti.

519    In terzo luogo, la Commissione sostiene invano che la durata delle pratiche di Intel non può essere dissociata dal loro calendario, in quanto esse miravano a superare la sua incapacità di produrre una risposta tecnica in tempo utile alle CPU x86 a 64 bit commercializzate da AMD. Per gli stessi motivi esposti al punto 518 supra, tale argomento, anche supponendo che figuri in quanto tale nella decisione impugnata, non sarebbe di per sé sufficiente a fondare conclusioni definitive quanto agli effetti preclusivi così prodotti.

520    Senza che occorra pronunciarsi sugli argomenti della ricorrente relativi agli importi degli sconti, da quanto precede risulta che la Commissione ha commesso un errore quando, nella decisione impugnata, non ha esaminato la durata degli sconti quale elemento che consente di dimostrare la capacità delle pratiche tariffarie controverse di Intel di produrre un effetto preclusivo.

3.      Conclusioni sulla presa in considerazione dei criteri menzionati al punto 139 della sentenza sullimpugnazione

521    Alla luce di tutte le considerazioni esposte ai punti da 485 a 520 supra, senza che sia necessario analizzare le censure della ricorrente in merito ai criteri relativi all’importo degli sconti e alla strategia volta ad escludere dal mercato dei concorrenti, si deve concludere che la ricorrente è legittimata a sostenere che l’analisi effettuata dalla Commissione nella decisione impugnata dei criteri menzionati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione è viziata da diversi errori. Infatti, la Commissione non ha debitamente esaminato il criterio relativo al tasso di copertura del mercato da parte della prassi contestata e non ha proceduto a un’analisi corretta della durata degli sconti.

D.      Conclusione sulla domanda diretta all’annullamento della decisione impugnata

522    Dai punti da 124 a 126 supra risulta che, sebbene un sistema di sconti istituito da un’impresa in posizione dominante sul mercato possa essere qualificato come restrizione della concorrenza, poiché, tenuto conto della sua natura, i suoi effetti restrittivi sulla concorrenza possono presumersi, resta nondimeno il fatto che si tratta, a tal riguardo, di una presunzione semplice e non, di per sé, di una violazione dell’articolo 102 TFUE, che esonera la Commissione in ogni caso dall’esaminarne gli effetti. Nell’ipotesi in cui un’impresa in posizione dominante sostenga nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato che le sono addebitati, la Commissione deve analizzare la capacità di preclusione del sistema di sconti applicando i cinque criteri enunciati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione. Inoltre, quando un test AEC è stato effettuato dalla Commissione, esso fa parte degli elementi di cui essa deve tener conto per valutare la capacità del sistema di sconti di restringere la concorrenza.

523    Nel caso di specie, la ricorrente ha sostenuto, nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che gli sconti controversi non avevano avuto la capacità di produrre gli effetti preclusivi che le erano addebitati. Ai punti da 1002 a 1573 della decisione impugnata, la Commissione ha effettuato un test AEC e, alla luce dei risultati di tale test, ha concluso, ai punti 1574 e 1575 di detta decisione, che gli sconti e i pagamenti controversi di Intel erano in grado o potevano avere effetti preclusivi anticoncorrenziali, poiché anche un concorrente altrettanto efficiente si sarebbe visto impedire di approvvigionare Dell, HP, NEC e Lenovo per il loro fabbisogno di CPU x86 o di assicurare la vendita da parte di MSH di computer muniti di sue CPU x86.

524    Tuttavia, da tutto quanto precede risulta che, in primo luogo, il test AEC effettuato nella decisione impugnata è inficiato da errori e, in secondo luogo, per quanto riguarda i criteri menzionati al punto 139 della sentenza di impugnazione, la Commissione non ha debitamente esaminato il criterio relativo al tasso di copertura del mercato da parte della prassi contestata e non ha proceduto a un’analisi corretta della durata degli sconti.

525    Occorre precisare, per quanto riguarda gli sconti concessi a HP, che è stato dichiarato, al punto 334 supra, che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato la sua conclusione secondo la quale, nel periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005, lo sconto di Intel concesso a HP era in grado di o idoneo a produrre un effetto preclusivo anticoncorrenziale, in quanto essa non ha provato l’esistenza di detti effetti per il periodo compreso tra il 1° novembre 2002 e il 31 settembre 2003. Anche supponendo che occorra dedurne che il test AEC potrebbe essere considerato come elemento di prova per una parte del periodo compreso tra il novembre 2002 e il maggio 2005, ciò non può dimostrare in modo giuridicamente valido l’effetto di esclusione dal mercato degli sconti concessi a HP, dato che la Commissione non ha debitamente esaminato il criterio relativo al tasso di copertura del mercato da parte della pratica contestata e non ha proceduto a un’analisi corretta della durata degli sconti.

526    Di conseguenza, la Commissione non è in grado di dimostrare che gli sconti e i pagamenti controversi della ricorrente erano in grado di o idonei ad avere effetti preclusivi anticoncorrenziali e che essi costituivano pertanto una violazione dell’articolo 102 TFUE.

527    Pertanto, il Tribunale ritiene che la motivazione della decisione impugnata non è idonea a costituire il fondamento all’articolo 1, lettere da a) a e), di detta decisione.

528    Peraltro, in risposta ad un quesito del Tribunale del 2 aprile 2012, volto ad accertare, riguardo a un’eventuale modifica dell’importo dell’ammenda in caso di un eventuale annullamento parziale della decisione impugnata, quale fosse il valore relativo delle infrazioni costituite dai pagamenti di esclusiva rispetto alle infrazioni costituite dalle restrizioni allo scoperto, la Commissione, in una risposta depositata l’8 maggio 2012, ha risposto unicamente per quanto riguarda la gravità delle infrazioni, facendo valere che essa aveva valutato l’insieme dei comportamenti in questione e aveva ritenuto che questi ultimi si completassero e rinforzassero reciprocamente.

529    Poiché il Tribunale non è in grado di individuare l’importo dell’ammenda relativa unicamente alle restrizioni allo scoperto, occorre annullare di conseguenza anche l’articolo 2 della decisione impugnata.

530    L’articolo 3 della decisione impugnata deve essere annullato nella parte in cui riguarda gli sconti di esclusiva.

531    Il ricorso è respinto per il resto, tenuto conto, in particolare, delle considerazioni della sentenza iniziale che il Tribunale riprende e fa proprie, quali ricordate ai punti da 96 a 98 supra.

 Sulle conclusioni dirette all’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda

532    Alla luce di quanto precede, non è necessario pronunciarsi sul secondo capo di conclusioni, formulato in via subordinata.

 Sulle spese

533    Nei limiti in cui, nella sentenza sull’impugnazione, la Corte ha annullato la sentenza iniziale e ha riservato le spese, spetta al Tribunale, conformemente all’articolo 219 del regolamento di procedura, statuire, nella presente sentenza, su tutte le spese relative ai procedimenti dinanzi ad esso avviati, segnatamente i procedimenti nelle cause T‑286/09 e T‑286/09 RENV, nonché sulle spese relative al procedimento d’impugnazione, ossia il procedimento nella causa C‑413/14 P.

534    Ai sensi dell’articolo 134 del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, quando vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese. Se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

535    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente, diverso da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2 di tale articolo, si faccia carico delle proprie spese.

536    Poiché la Commissione è rimasta parzialmente soccombente, essa deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale nelle cause T‑286/09 e T‑286/09 RENV e al procedimento d’impugnazione dinanzi alla Corte nella causa C‑413/14 P, i due terzi delle spese sostenute dalla ricorrente e da ACT in questi stessi procedimenti, mentre queste ultime sopporteranno, ciascuna, un terzo delle proprie spese.

537    L’UFC sopporterà le proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale nelle cause T‑286/09 e T‑286/09 RENV e al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte nella causa C‑413/14 P.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 1, lettere da a) a e), e l’articolo 2 della decisione della Commissione, del 13 maggio 2009, C(2009) 3726 definitivo, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo [102 TFUE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (caso COMP/C‑3/37.990 – Intel), sono annullati.

2)      L’articolo 3 della decisione C(2009) 3726 definitivo è annullato nella parte in cui riguarda l’articolo 1, lettere da a) a e), di tale decisione.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale nelle cause T286/09 e T286/09 RENV e al procedimento d’impugnazione dinanzi alla Corte nella causa C413/14 P, i due terzi delle spese sostenute da Intel Corporation, Inc. e dall’Association for Competitive Technology, Inc. in questi stessi procedimenti, mentre Intel Corporation e l’Association for Competitive Technology sopporteranno ciascuna un terzo delle proprie spese.

5)      L’Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir) sopporterà le proprie spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale nelle cause T286/09 e T286/09 RENV e al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte nella causa C413/14 P.

Kanninen

Schwarcz      Iliopoulos      

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 gennaio 2022.

Firme


Indice


Fatti all ’origine della controversia

Procedimento amministrativo

Decisione impugnata

Mercato rilevante

Posizione dominante

Comportamento abusivo e ammenda

Dispositivo

Procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte

Procedimento e conclusioni delle parti dopo il rinvio

In diritto

Sugli argomenti delle parti relativi all ’oggetto della controversia dopo il rinvio

Sugli argomenti della Commissione relativi alla ricevibilità di taluni argomenti contenuti nelle osservazioni principali della ricorrente e di ACT

Sul merito

Sulle conclusioni intese all ’annullamento della decisione impugnata

I. Sul metodo definito dalla Corte per valutare la capacità di un sistema di sconti di restringere la concorrenza

II. Sui principi derivanti dalla sentenza sull’impugnazione

III. Sulla fondatezza degli argomenti sollevati dalla ricorrente e da ACT

A. Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata sarebbe fondata su un’analisi giuridica erronea

B. Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata deve essere annullata in quanto contiene un’analisi AEC inficiata da numerosi errori

1. Sulla portata del controllo del Tribunale

2. Considerazioni generali sull’analisi AEC

3. Sull’onere della prova e sul livello probatorio richiesto

4. Sulla fondatezza degli argomenti secondo cui la decisione impugnata sarebbe inficiata da numerosi errori circa il test AEC

a) Argomenti generali sui presunti errori relativi al test AEC applicato a Dell

1) Sulla valutazione della quota contendibile

i) Sugli argomenti relativi al principio della certezza del diritto

ii) Sulla valutazione della quota contendibile nella misura del 7,1%

iii) Sull’affermazione della ricorrente relativa alla parte iniziale del periodo di riferimento, compreso tra dicembre 2002 e ottobre 2003

2) Sul metodo di calcolo alternativo

3) Sui fattori di rinforzo

4) Conclusione sul test AEC per gli sconti accordati a Dell

b) Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a HP

1) Sul periodo esaminato dal test AEC

2) Sui presunti fattori di rafforzamento

c) Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a NEC

1) Sul calcolo della quota condizionale degli sconti

i) Sugli elementi di prova presi in considerazione nella decisione impugnata

ii) Sugli elementi di prova dedotti da Intel

2) Sull’utilizzo del quarto trimestre del 2002 come riferimento

d) Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a Lenovo

1) Panoramica generale della parte della decisione impugnata che riguarda Lenovo

2) Sulla quota condizionata degli sconti

e) Sui presunti errori relativi al test AEC applicato a MSH

f) Conclusioni sul test AEC

C. Sull’argomento secondo cui la decisione impugnata non avrebbe debitamente analizzato e tenuto conto dei criteri menzionati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione

1. Sul tasso di copertura

2. Sulla durata e sull’importo degli sconti

3. Conclusioni sulla presa in considerazione dei criteri menzionati al punto 139 della sentenza sull’impugnazione

D. Conclusione sulla domanda diretta all’annullamento della decisione impugnata

Sulle conclusioni dirette all ’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Dati riservati omessi.