Language of document : ECLI:EU:T:2016:340

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

9 giugno 2016 (*)

«Dumping – Importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti – Dazio antidumping definitivo – Ricorso di annullamento – Associazione – Mancanza di incidenza diretta nei confronti dei membri – Irricevibilità – Dazio antidumping a livello nazionale – Trattamento individuale – Campionamento – Diritti della difesa – Divieto di discriminazione – Dovere di diligenza»

Nella causa T‑276/13,

Growth Energy, con sede in Washington, DC (Stati Uniti),

Renewable Fuels Association, con sede in Washington,

rappresentate inizialmente da P. Vander Schueren, avvocato, successivamente da Vander Schueren e M. Peristeraki, avvocati,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert, in qualità di agente, assistita inizialmente da G. Berrisch, avvocato, e da B. Byrne, solicitor, successivamente da R. Bierwagen e C. Hipp, avvocati,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da M. França e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,

e da

ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol, rappresentata da O. Prost e A. Massot, avvocati,

intervenienti

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale del regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU L 49, pag. 10), nella parte in cui riguarda le ricorrenti e i loro membri,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, J. Schwarcz e V. Tomljenović (relatore), giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e a seguito dell’udienza del 20 e del 21 maggio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, Growth Energy e Renewable Fuels Association, sono associazioni che rappresentano i produttori americani di bioetanolo nonché altre organizzazioni operanti nel settore dei biocarburanti, nel caso della Growth Energy, e sostenitori dell’etanolo negli Stati Uniti, nel caso della Renewable Fuels Association.

2        A seguito di una denuncia depositata dalla ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol (associazione europea dei produttori di etanolo rinnovabile; in prosieguo: la «ePure»), la Commissione europea ha avviato un procedimento antidumping concernente le importazioni nell’Unione europea di bioetanolo originario degli Stati Uniti ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51; in prosieguo: il «regolamento di base»).

3        Le ricorrenti affermano di non avere avuto la qualità di associazioni rappresentative al momento del procedimento antidumping e di essere state trattate come parti interessate per tutto il corso dell’inchiesta.

4        Con l’avviso di apertura di un procedimento antidumping riguardante le importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU 2011, C 345, pag. 7), la Commissione ha segnalato che, a causa del numero elevato di produttori esportatori negli Stati Uniti, nonché di produttori dell’Unione, essa aveva l’intenzione di ricorrere al campionamento tanto dei primi quanto dei secondi, in conformità all’articolo 17 del regolamento di base.

5        Il 16 gennaio 2012, la Commissione ha notificato per posta alla Marquis Energy LLC, alla Patriot Renewable Fuels LLC, alla Plymouth Energy Company LLC, alla POET LLC e alla Platinum Ethanol LLC (in prosieguo: i «produttori inclusi nel campione»), società che sono membri delle ricorrenti, che esse erano state inserite nel campione dei produttori esportatori aventi sede negli Stati Uniti. Successivamente, tali società hanno inviato alla Commissione le loro rispettive risposte al questionario antidumping il 22 febbraio 2012 e la Commissione ha effettuato visite di verifica nei locali delle medesime.

6        Il 26 marzo 2012, le ricorrenti hanno comunicato alla Commissione le loro osservazioni scritte sull’apertura del procedimento antidumping.

7        Il 24 agosto 2012 la Commissione ha comunicato alle ricorrenti il documento di informazione provvisorio nel quale ha esposto i fatti e le considerazioni alla base della sua decisione di proseguire l’inchiesta senza imporre misure provvisorie (in prosieguo: il «documento di informazione provvisorio»). Ai punti da 45 a 47 di detto documento, ha constatato, segnatamente, che non era possibile, in tale fase, valutare se le esportazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti fossero state effettuate a prezzi di dumping, in quanto i produttori inclusi nel campione non distinguevano fra le vendite interne e le vendite all’esportazione, e vendevano i loro prodotti, senza eccezioni, a operatori commerciali/miscelatori indipendenti stabiliti negli Stati Uniti, i quali miscelavano successivamente il bioetanolo con la benzina e lo rivendevano. Di conseguenza, i produttori inclusi nel campione non erano a conoscenza della destinazione del prodotto e del suo prezzo all’esportazione. La Commissione ha pertanto deciso di proseguire l’inchiesta e di estenderla in modo da coprire gli operatori commerciali/miscelatori al fine di ottenere dati sui prezzi all’esportazione, nonché un quadro completo del mercato del bioetanolo (punto 50 di detto documento).

8        L’11 settembre 2012 a seguito di una domanda delle ricorrenti, della Plymouth Energy Company e della POET, ha avuto luogo un’audizione dinanzi al consigliere-auditore della Commissione.

9        Il 24 settembre 2012 le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni sul documento di informazione provvisorio.

10      Il 6 dicembre 2012 la Commissione ha inviato alle ricorrenti il documento di informazione definitivo, nel quale essa esaminava, sulla base dei dati degli operatori commerciali/miscelatori indipendenti, l’esistenza di un dumping che avrebbe causato un pregiudizio all’industria dell’Unione (in prosieguo: il «documento di informazione definitivo»). Essa ha dunque previsto di imporre misure definitive, ad un tasso del 9,6% a livello nazionale, per un periodo di tre anni.

11      Le ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito a tale documento il 17 dicembre 2012.

12      Con lettera del 21 dicembre 2012 la Commissione ha trasmesso un documento di informazione supplementare nel quale, da un lato, si progettava di far passare, in sostanza, il periodo di validità della misura antidumping definitiva da tre a cinque anni e, dall’altro, si invitavano le ricorrenti a fornire informazioni scritte su tale modifica, nonché sul documento di informazione definitivo, entro il 2 gennaio 2013.

13      Il 2 gennaio 2013 le ricorrenti hanno depositato le loro osservazioni su tale documento.

14      Con lettera del 30 gennaio 2013 la Commissione ha risposto alle osservazioni delle ricorrenti relative al documento di informazione definitivo.

15      Il 18 febbraio 2013 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America (GU L 49, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), con il quale ha istituto un dazio antidumping sul bioetanolo, denominato «etanolo combustibile», ossia alcool etilico derivato da prodotti agricoli, denaturato o non denaturato, esclusi i prodotti con un tenore di acqua superiore allo 0,3% (m/m) misurato secondo la norma EN 15376, nonché alcool etilico derivato da prodotti agricoli contenuto in miscele di benzina con un tenore di alcool etilico superiore al 10% (v/v), destinato ad essere utilizzato come carburante, originario degli USA, attualmente classificabile sotto i codici NC ex 2207 10 00, ex 2207 20 00, ex 2208 90 99, ex 2710 12 21, ex 2710 12 25, ex 2710 12 31, ex 2710 12 41, ex 2710 12 45, ex 2710 12 49, ex 2710 12 51, ex 2710 12 59, ex 2710 12 70, ex 2710 12 90, ex 3814 00 10, ex 3814 00 90, ex 3820 00 00 e ex 3824 90 97 (codici TARIC 2207100012, 2207200012, 2208909912, 2710122111, 2710122592, 2710123111, 2710124111, 2710124511, 2710124911, 2710125111, 2710125911, 2710127011, 2710129011, 3814001011, 3814009071, 3820000011 e 3824909767), ad un tasso del 9,5% a livello nazionale, definito sotto forma di un importo fisso di EUR 62,30 per tonnellata netta, applicabile in proporzione al tenore totale, in peso, del tenore di bioetanolo, per un periodo di cinque anni.

16      Per quanto attiene al campionamento dei produttori esportatori negli Stati Uniti, il Consiglio ha constatato, ai considerando da 12 a 16 del regolamento impugnato, che in base a quanto emerso dall’inchiesta nessuno dei produttori inclusi nel campione menzionati al punto 5 supra aveva esportato bioetanolo nel mercato dell’Unione. I produttori lo avevano venduto, infatti, nel mercato interno ad operatori commerciali/miscelatori indipendenti che lo miscelavano poi con la benzina e lo rivendevano nel mercato interno o lo esportavano, in particolare verso l’Unione. Tali produttori non avrebbero saputo in modo sistematico se la loro produzione fosse destinata al mercato dell’Unione, e non sarebbero stati a conoscenza dei prezzi di vendita praticati dagli operatori commerciali/miscelatori. Ciò significherebbe che gli esportatori del prodotto di cui trattasi verso l’Unione non sarebbero i produttori americani di bioetanolo bensì, infatti, gli operatori commerciali/miscelatori. Al fine di completare l’inchiesta relativa al dumping, il Consiglio si è basato sui dati dei due operatori commerciali/miscelatori che avevano accettato di collaborare all’inchiesta.

17      Per quanto riguarda la constatazione di un dumping, il Consiglio ha spiegato, ai considerando da 62 a 64 del regolamento impugnato, che esso reputava opportuno stabilire un margine di dumping a livello nazionale. Anche se taluni produttori avevano affermato che era possibile identificare i loro prodotti e ricostruirne il percorso quando erano venduti ad operatori degli Stati Uniti per l’esportazione, essi non sarebbero stati in grado di stabilire il collegamento tra le loro vendite sul mercato degli Stati Uniti e le esportazioni verso l’Unione realizzate da altri operatori, e non sarebbero stati a conoscenza del livello dei prezzi all’esportazione vero l’Unione. Secondo il Consiglio, la struttura dell’industria del bioetanolo e il modo in cui il prodotto in esame era fabbricato e venduto nel mercato degli Stati Uniti ed esportato verso l’Unione rendevano impraticabile la determinazione di margini di dumping individuali per i produttori degli Stati Uniti.

18      Con lettera del 20 febbraio 2013 la Commissione ha risposto alle osservazioni delle ricorrenti e della Plymouth Energy Company relative al documento di informazione supplementare.

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2013 e modificato con lettera del 17 maggio 2013, le ricorrenti hanno proposto il ricorso di cui trattasi.

1.     Sulla domanda di riunione con la causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio

20      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 giugno 2013, le ricorrenti hanno chiesto la riunione della presente causa con la causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio. Nelle sue osservazioni, il Consiglio ha chiesto al Tribunale di non pronunciarsi su un’eventuale riunione delle due cause fino alla chiusura della fase scritta del procedimento e fino all’esame degli argomenti delle parti sulla ricevibilità.

21      Il 31 luglio 2013 il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha deciso di non riunire la presente causa alla causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio.

2.     Sugli interventi

22      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 luglio 2013, la Commissione ha chiesto di intervenire nel presente giudizio a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Le ricorrenti e il Consiglio non hanno sollevato obiezioni contro tale intervento.

23      Con atto depositato il 20 settembre 2013, la ePure ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio. Le ricorrenti e il Consiglio non hanno sollevato obiezioni contro tale intervento.

24      Con ordinanze del 4 febbraio 2014, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha accolto le domande di intervento.

25      Il 18 aprile 2014, la Commissione e la ePure hanno depositato le loro memorie di intervento.

3.     Sulle misure di organizzazione del procedimento e sulla fase orale del procedimento

26      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 64 del suo regolamento di procedura del 2 maggio 1991, ha posto taluni quesiti scritti al Consiglio e alle ricorrenti. Le parti hanno risposto ai quesiti scritti nel termine impartito.

27      Tuttavia, il Consiglio ha informato il Tribunale, con lettera del 29 aprile 2015, di ritenere che talune informazioni necessarie per rispondere a detti quesiti fossero riservate, invitando il Tribunale ad adottare misure istruttorie affinché esso potesse «fornire tali documenti» e chiedendone il trattamento riservato.

28      Con lettera del 19 maggio 2015 le ricorrenti hanno presentato tre domande al Tribunale con cui si chiedeva al medesimo, in primo luogo, di adottare misure istruttorie volte a ottenere che il Consiglio fornisse detti documenti; in secondo luogo, che fosse ritirata la sezione (i) 1 della risposta del Consiglio ai quesiti scritti del Tribunale oppure, alternativamente, che fosse loro consentito di fornire osservazioni scritte e, in terzo luogo, che fosse loro accordata la possibilità di fornire osservazioni scritte al fine di rettificare gli errori fattuali commessi nella risposta del Consiglio.

29      Le parti hanno esposto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 20 e 21 maggio 2015. In occasione di tale udienza, le ricorrenti hanno parzialmente rinunciato alla loro domanda del 19 maggio 2015 ritirando, segnatamente, la seconda e la terza domanda esposte al punto 28 supra, circostanza di cui il Tribunale ha preso atto nel verbale di udienza.

30      Al termine dell’udienza, il presidente della Quinta Sezione del Tribunale ha rinviato la chiusura della fase orale del procedimento ad una data successiva.

31      Poiché il Tribunale non ha ritenuto necessario ordinare la summenzionata misura istruttoria, le parti sono state informate, con lettera del 9 dicembre 2015, che la fase orale del procedimento era stata chiusa in pari data.

4.     Sulle domande di trattamento riservato

32      Con atto depositato il 22 novembre 2013 le ricorrenti hanno chiesto il trattamento riservato, nei confronti della ePure, di taluni documenti allegati all’atto introduttivo del ricorso, di una parte della loro replica nonché di taluni documenti ad essa allegati.

33      Con atto depositato il 15 maggio 2015 le ricorrenti hanno chiesto il trattamento riservato, nei confronti della ePure, di talune parti della risposta del Consiglio ai quesiti posti dal Tribunale nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento.

34      La ePure ha ricevuto unicamente versioni non riservate di detti documenti e non ha sollevato alcuna obiezione nei confronti delle domande di trattamento riservato formulate nei suoi confronti.

5.     Sulle conclusioni delle parti

35      Nell’atto introduttivo del ricorso, come modificato dalla lettera del 17 maggio 2013, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte che riguarda le medesime nonché i loro membri;

–        condannare il Consiglio alle spese.

36      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

37      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare irricevibile il ricorso;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

38      La ePure chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i motivi dedotti dalle ricorrenti;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

39      A sostegno del loro ricorso, le ricorrenti deducono dieci motivi. Il primo motivo attiene ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, dell’articolo 9, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento di base, ad una violazione dei principi di certezza del diritto, del legittimo affidamento e di buona amministrazione nonché a manifesti errori di valutazione. Il secondo motivo verte su un manifesto errore di valutazione dei fatti e sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base. Il terzo motivo riguarda un manifesto errore di valutazione e una violazione del divieto di discriminazione, nonché dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base. Il quarto motivo è relativo ad una violazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento di base e ad un manifesto errore di valutazione. Il quinto motivo è relativo ad un manifesto errore di valutazione e ad una violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, dell’articolo 3, paragrafi da 1 a 3 e da 5 a 7, e dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento di base. Il sesto motivo attiene ad un manifesto errore di valutazione e ad una violazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento di base. Il settimo motivo è relativo ad un manifesto errore di valutazione per quanto attiene al nesso di causalità. L’ottavo motivo riguarda una violazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento di base e del principio di proporzionalità. Il nono motivo è relativo ad una violazione dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, del regolamento di base e dei principi di buona amministrazione e di non discriminazione. Infine, il decimo motivo attiene ad una violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento di base, dei diritti della difesa e dei principi di non discriminazione e di buona amministrazione, nonché ad un’assenza di motivazione sufficiente.

40      In tale contesto occorre rilevare che, nelle loro memorie, le ricorrenti sollevano una serie di argomenti che, mirando al contempo a far accertare l’illegittimità del regolamento impugnato, rimandano tuttavia alle violazioni di diritto effettuate commesse dalla «Commissione». A titolo di esempio, i motivi dal primo al quinto, il settimo e il nono, come riassunti al punto 5 dell’atto introduttivo del ricorso, si fondano sulla constatazione delle diverse violazioni del regolamento di base effettuate dalla «Commissione». Si deve constatare, a tal riguardo, che il riferimento alle violazioni che discendono dal regolamento impugnato effettuate dalla «Commissione» anziché dal «Consiglio» costituisce un lapsus calami nelle memorie delle ricorrenti. Infatti, da un lato, emerge in maniera univoca dalla lettura delle memorie delle ricorrenti che la loro linea argomentativa mira ad ottenere l’annullamento del regolamento impugnato a causa delle violazioni commesse dal Consiglio. Dall’altro, occorre rilevare che la risposta che il Consiglio e la Commissione hanno apportato a tali argomenti mostra che essi hanno ritenuto che le ricorrenti facessero in realtà riferimento a violazioni commesse dal Consiglio. In tali circostanze, occorre esaminare tali argomenti delle ricorrenti nel senso summenzionato, accolto anche dal Consiglio e dalla Commissione.

41      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione e dalla ePure, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità in forza dell’articolo 130, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, fa valere l’irricevibilità del ricorso. Esso ritiene che le ricorrenti siano prive di legittimazione ad agire, sia quali rappresentanti dei loro membri, sia a titolo personale, in quanto, a suo avviso, le condizioni previste dall’articolo 263, quarto comma, TFUE non sono soddisfatte. Inoltre, la Commissione fa valere che le ricorrenti sono prive di interesse ad agire.

1.     Sulla ricevibilità

42      Poiché le ricorrenti sono associazioni che rappresentano gli interessi dell’industria americana del bioetanolo, occorre anzitutto verificare se siffatte associazioni possano far valere un diritto ad agire nella specie, ed esaminare poi, di seguito, se esse siano legittimate ad agire individualmente e, parimenti, se esse siano legittimate ad agire per conto di taluni dei loro membri. Infine, occorre esaminare l’interesse ad agire delle ricorrenti nella specie.

 Sul diritto ad agire delle associazioni come le ricorrenti

43      Il Consiglio ritiene che le ricorrenti, in quanto associazioni che rappresentano gli interessi dei loro membri, possano chiedere l’annullamento del regolamento impugnato solo nei limiti in cui è lesivo nei confronti dei suoi membri che sono individualmente interessati. Lo stesso fa parimenti valere che, salvo che nel caso della Marquis Energy, la quale ha deciso di impugnare individualmente il regolamento impugnato (nella causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio), il regolamento impugnato è divenuto definitivo nei confronti dei membri delle ricorrenti. A tal riguardo, il Consiglio sostiene che il ricorso di cui trattasi, proposto da un’associazione, non può avere come risultato, nell’ipotesi in cui sia ricevibile e fondato, di rimettere in discussione il carattere definitivo del regolamento impugnato, pena la violazione del principio generale di certezza del diritto, sancito dal diritto dell’Unione.

44      Le ricorrenti contestano la linea argomentativa del Consiglio, sostenendo che quest’ultima priverebbe le associazioni del loro diritto di agire dinanzi al Tribunale. Al contrario, un ricorso di annullamento proposto da un’associazione, se ammesso, dovrebbe produrre i suoi effetti nei confronti di tutti i membri dell’associazione legalmente iscritti alla medesima al momento della proposizione del ricorso.

45      Risulta dalla giurisprudenza che la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da un’associazione incaricata di promuovere gli interessi collettivi dei suoi membri può essere ammessa solo in tre fattispecie tipiche, ossia, in primo luogo, quando una disposizione di natura normativa lo riconosce espressamente (v., in tal senso, ordinanza del 10 dicembre 2004, EFfCI/Parlamento e Consiglio, T‑196/03, Racc., EU:T:2004:355, punto 42); in secondo luogo, quando le imprese che essa rappresenta o alcune di esse sono legittimate ad agire individualmente oppure, in terzo luogo, se essa può vantare un proprio interesse ad agire (v., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, Racc., EU:C:2006:416, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata, e ordinanza del 24 giugno 2014, PPG e SNF/ECHA, T‑1/10 RENV, EU:T:2014:616, punto 30).

46      Occorre dunque stabilire se le ricorrenti si avvalgano, nella specie, di una o più di queste tre ipotesi.

47      In primo luogo, quanto alla prima ipotesi, secondo la quale il ricorso proposto da un’associazione è ricevibile qualora una disposizione di natura normativa lo riconosca espressamente, occorre rilevare, da un lato, che le ricorrenti non individuano alcuna disposizione siffatta di natura normativa che conceda loro un diritto specifico di proporre un ricorso e, dall’altro, che nessun elemento del fascicolo dinanzi al Tribunale consente di concludere nel senso dell’esistenza di una disposizione di legge che le ricorrenti potrebbero far valere a tal riguardo.

48      Il ricorso di cui trattasi non può pertanto essere dichiarato ricevibile per il fatto che le ricorrenti beneficerebbero di una disposizione di legge specifica che le autorizza ad agire.

49      In secondo luogo, quanto alla seconda ipotesi, secondo la quale il ricorso proposto da un’associazione è ricevibile allorché essa rappresenta una o più imprese legittimate ad agire individualmente, occorre rilevare che le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che esse sono legittimate ad agire in quanto alcuni dei loro membri sono «esportatori di bioetanolo proveniente dagli Stati Uniti verso l’Unione».

50      Per quanto riguarda i membri delle ricorrenti, occorre dunque verificare se le quattro categorie seguenti di operatori siano legittimate ad agire:

–        la Marquis Energy, produttore americano di bioetanolo che è stato incluso nel campione e che ha proposto autonomamente ricorso avverso il regolamento impugnato nella causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio;

–        i quattro produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione, diversi dalla Marquis Energy, che sono stati menzionati al considerando 36 del regolamento impugnato (in prosieguo: i «quattro produttori inclusi nel campione»), ossia la Patriot Renewable Fuels, la Plymouth Energy Company, la POET e la Platinum Ethanol, i quali sono ciascuno membro di almeno una delle ricorrenti. Infatti, questi quattro gruppi di produttori sono membri della prima ricorrente, la Growth Energy, e la Patriot Renewable Fuels nonché la Plymouth Energy Company sono parimenti membri della seconda ricorrente, la Renewable Fuels Association;

–        gli operatori commerciali/miscelatori di bioetanolo Murex e CHS;

–        tutti gli altri membri delle ricorrenti.

51      A tal riguardo, anzitutto, occorre rilevare che deve escludersi che il ricorso di cui trattasi possa essere ricevibile per il primo di tali motivi, ossia che le ricorrenti rappresentino la Marquis Energy. Infatti, secondo la giurisprudenza, un’associazione, agendo quale rappresentante dei suoi membri, è legittimata ad esperire l’azione di annullamento quando questi non abbiano presentato essi stessi un ricorso pur essendovi legittimati (v. ordinanza del 29 marzo 2012, Asociación Española de Banca/Commissione, T‑236/10, Racc., EU:T:2012:176, punti 23 e 24 e la giurisprudenza ivi citata). Discende pertanto da tale giurisprudenza che, nella specie, poiché la Marquis Energy ha proposto un ricorso autonomo dinanzi al Tribunale, nella causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio, avverso il regolamento impugnato, il ricorso di cui trattasi proposto dalle ricorrenti è in ogni caso irricevibile nella misura in cui esse fanno valere di rappresentare la Marquis Energy. Tale conclusione non incide, per contro, sulla necessità di verificare se il ricorso delle ricorrenti sia ricevibile nei limiti in cui esse rappresentano anche altri membri.

52      In secondo luogo, per quanto attiene ai membri delle ricorrenti che sono operatori commerciali/miscelatori esportatori di bioetanolo, occorre rilevare che, in udienza, le ricorrenti hanno sollevato l’argomento secondo il quale due dei loro membri «associati», la Murex e la CHS, erano operatori commerciali/miscelatori che esportavano bioetanolo. La Murex sarebbe «membro associato» della Growth Energy e la CHS sarebbe «membro associato» della Renewable Fuels Association. Per questo motivo, esse ritenevano di essere, di conseguenza, legittimate ad agire in quanto rappresentanti dei medesimi. Inoltre, le ricorrenti hanno osservato che questi due esportatori avrebbero presentato questionari di campionamento.

53      È pacifico che la CHS è un membro «associato» della Renewable Fuels Association. Orbene, come affermato giustamente dalla Commissione in udienza, l’articolo IV, paragrafo 4, lettera b), dello statuto della Renewable Fuels Association enuncia che un membro «associato» di tale associazione ha il diritto di assistere alle riunioni dei membri, ma non è munito, per contro, del diritto di voto, come risulta dal verbale dell’udienza.

54      Per quanto riguarda la Murex, è pacifico che quest’ultima è un membro «associato» della Growth Energy. Orbene, come indicato giustamente dalla Commissione in udienza, il quarto articolo degli «articles of incorporation» (statuto) della Growth Energy prevede categorie di membri con e senza diritto di voto, come risulta dal verbale di udienza. Più specificamente, secondo l’articolo II, sezione 2.01, lettera c), dei «Second Amended and Restated Bylaws» (secondi regolamenti emendati e modificati) della Growth Energy, un membro «associato» di tale associazione non ha diritto di voto.

55      Orbene, senza diritto di voto, la CHS e la Murex non hanno la possibilità di far valere i loro interessi nel caso in cui vengano rappresentate dall’associazione di cui trattasi. Considerato tale contesto e in assenza di altri elementi che possano dimostrare che un membro «associato» abbia una siffatta possibilità di far valere i suoi interessi, si deve concludere che, nella specie, la Renewable Fuels Association non è legittimata ad agire nella misura in cui essa fa valere di rappresentare la CHS e che la Growth Energy non è legittimata ad agire nei limiti in cui essa fa valere di rappresentare la Murex.

56      Si evince dalle considerazioni svolte ai punti da 51 a 55 supra che, se è vero che deve escludersi la ricevibilità del ricorso di cui trattasi nella parte in cui le ricorrenti invocano il fatto che esse rappresentano la Marquis Energy nonché la CHS o la Murex, occorre per contro esaminare se il loro ricorso sia ricevibile nella parte in cui esse fanno valere il fatto di rappresentare, in primo luogo, i quattro produttori inclusi nel campione diversi dal gruppo Marquis Energy e, in secondo luogo, ogni membro diverso dai quattro produttori inclusi nel campione, dalla Marquis Energy o dagli operatori commerciali/miscelatori CHS e Murex.

57      In terzo luogo, occorre respingere parimenti l’argomento delle ricorrenti secondo il quale un ricorso di annullamento proposto da un’associazione, quando è ricevibile, deve esplicare i suoi effetti nei confronti di tutti i membri dell’associazione che erano legalmente iscritti alla medesima al momento della proposizione del ricorso.

58      A tal riguardo, occorre ricordare che, benché, alla luce dei criteri di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, i regolamenti che istituiscono dazi antidumping abbiano effettivamente, per la loro natura e per la loro portata, carattere normativo, in quanto si applicano a tutti gli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che taluni operatori economici siano legittimati a proporre un’azione contro alcune disposizioni di detti regolamenti (v., in tal senso, sentenze del 21 febbraio 1984, Allied Corporation e a./Commissione, 239/82 e 275/82, Racc., EU:C:1984:68, punto 11, e del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, Racc., EU:C:1985:119, punto 12).

59      Orbene, secondo la giurisprudenza, quando un regolamento che istituisce un dazio antidumping impone dazi diversi ad una serie di società, una società è legittimata ad agire unicamente nei confronti delle disposizioni che le impongono un particolare dazio antidumping e ne fissano l’importo, e non in relazione a quelle che impongono dazi antidumping ad altre società, cosicché il ricorso di questa società va accolto solo per la parte diretta all’annullamento del regolamento limitatamente alle disposizioni che la riguardano esclusivamente (v., in tal senso, sentenza del 15 febbraio 2001, Nachi Europe, C‑239/99, Racc., EU:C:2001:101, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).

60      Peraltro, si evince dal punto 29 della sentenza del 21 marzo 2012, Fiskeri og Havbruksnæringens Landsforening e a./Consiglio (T‑115/06, EU:T:2012:136), che le ricorrenti fanno valere a tal riguardo, in combinato disposto con i punti 27 e 28 della medesima sentenza, che gli effetti di un annullamento possono prodursi nei confronti di tutti i membri di un’associazione esclusivamente nei limiti in cui i ricorsi di detti membri sarebbero stati ricevibili.

61      Infatti, diversamente, un’associazione di categoria potrebbe invocare la legittimità ad agire di taluni dei suoi membri per ottenere l’annullamento di un regolamento a vantaggio di tutti i suoi membri, inclusi coloro che non soddisfano, individualmente, le condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE. Ciò equivarrebbe ad eludere le norme relative ai requisiti di ricevibilità dei ricorsi che possono essere proposti avverso i regolamenti che istituiscono dazi antidumping.

62      Nella specie, le ricorrenti possono pertanto chiedere l’annullamento del regolamento impugnato a vantaggio dei loro membri solo nei limiti in cui esso pregiudichi quelli, fra i loro membri, che sono essi stessi legittimati a proporre un ricorso di annullamento in forza dell’articolo 263, quarto comma, TFUE nei confronti del regolamento impugnato.

63      In quarto luogo, quanto alla terza ipotesi, secondo la quale il ricorso di un’associazione è ricevibile allorché un’associazione può far valere un interesse proprio, le ricorrenti ritengono di essere legittimate ad esperire un ricorso a titolo individuale nella loro qualità di associazioni rappresentative dei principali produttori di etanolo, e ricordano di essere state parti interessate nel procedimento amministrativo antidumping. Occorre pertanto esaminare, a tal riguardo, se le ricorrenti dispongano di un interesse proprio nella specie, nella loro qualità di associazione che ha partecipato al procedimento antidumping (v. punti da 75 a 87 infra).

 Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti

64      Si deve ricordare che l’articolo 263, quarto comma, TFUE prende in considerazione tre ipotesi nelle quali qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso di annullamento. Alle condizioni previste al primo e secondo comma di tale articolo, essa può, in primo luogo, proporre un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti. In secondo luogo, essa può proporre un ricorso contro gli atti che la riguardano direttamente e individualmente, nonché, in terzo luogo, contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

65      Occorre rilevare che il criterio dell’incidenza diretta è identico nella seconda e nella terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE (ordinanza del 13 marzo 2015, European Coalition to End Animal Experiments/ECHA, T‑673/13, Racc., EU:T:2015:167, punto 67).

66      Nella specie, è pacifico che il regolamento impugnato non è stato adottato nei confronti delle ricorrenti. Pertanto, occorre verificare se le ricorrenti possano proporre un ricorso di annullamento nei confronti del regolamento impugnato in forza della seconda o della terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, in primo luogo, agendo individualmente oppure, in secondo luogo, agendo in qualità di rappresentanti di una delle categorie di operatori che ne sono membri.

67      Per quanto riguarda la nozione di incidenza diretta prevista all’articolo 263, quarto comma, TFUE, occorre constatare che tale condizione richiede la compresenza di due criteri cumulativi, vale a dire, da un lato, che il provvedimento del quale le ricorrenti chiedono l’annullamento produca effetti direttamente sulla loro situazione giuridica e, dall’altro, tale atto non lasci ai propri destinatari, che sono incaricati della sua applicazione, alcun potere discrezionale quanto all’applicazione stessa, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (ordinanza del 24 settembre 2009, Município de Gondomar/Commissione, C‑501/08 P, EU:C:2009:580, punto 25, e sentenza del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C‑463/10 P e C‑475/10 P, Racc., EU:C:2011:656, punto 66).

68      Per quanto riguarda la nozione di incidenza individuale prevista all’articolo 263, quarto comma, TFUE, secondo giurisprudenza costante i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solo se detta decisione li concerne a causa di determinate qualità loro personali o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li distingue in modo analogo ai destinatari (sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, Racc., EU:C:1963:17, pag. 223, e del 13 dicembre 2005, Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum, C‑78/03 P, Racc., EU:C:2005:761, punto 33).

69      Per quanto attiene al settore della difesa a fronte delle pratiche di dumping, in primo luogo, si evince da una giurisprudenza costante che gli atti che istituiscono dazi antidumping possono riguardare direttamente e individualmente le imprese produttrici ed esportatrici che possono dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie (sentenze Allied Corporation e a./Commissione, punto 58 supra, EU:C:1984:68, punto 12, e del 23 maggio 1985, Allied Corporation e a./Consiglio, 53/83, Racc., EU:C:1985:227, punto 4).

70      In secondo luogo, gli importatori del prodotto di cui trattasi i cui prezzi di rivendita siano stati presi in considerazione per la costruzione dei prezzi all’esportazione e che sono, quindi, interessati dagli accertamenti relativi all’esistenza di una pratica di dumping, sono interessati direttamente e individualmente dai regolamenti che istituiscono dazi antidumping (sentenze del 14 marzo 1990, Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, C‑133/87 e C‑150/87, Racc., EU:C:1990:115, punto 15, e Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione, C‑156/87, Racc., EU:C:1990:116, punto 18). Lo stesso vale per quegli importatori associati con esportatori di paesi terzi i cui prodotti sono soggetti a dazi antidumping, in particolare nel caso in cui il prezzo all’esportazione sia stato calcolato a partire dai prezzi di rivendita sul mercato dell’Unione praticati da tali importatori e nel caso in cui il dazio antidumping stesso sia calcolato in funzione di tali prezzi di rivendita (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 1990, Neotype Techmashexport/Commissione e Consiglio, C‑305/86 e C‑160/87, Racc., EU:C:1990:295, punti 19 e 20).

71      In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che un fabbricante di apparecchiature originali, senza che occorresse qualificarlo come importatore od esportatore, era interessato direttamente e individualmente dalle disposizioni del regolamento relative alle pratiche di dumping del produttore presso il quale esso acquistava i prodotti a causa delle particolarità delle sue relazioni commerciali con tale produttore. Infatti, la Corte ha considerato che era per tener conto di tali particolarità che il Consiglio aveva fissato una certa percentuale del margine di profitto nell’ambito della creazione del valore normale, la quale era stata successivamente presa in considerazione nel calcolo del margine di dumping sulla cui base era stato fissato il dazio antidumping, cosicché il fabbricante di apparecchiature originali era interessato dagli accertamenti relativi all’esistenza della pratica di dumping contestata (v., in tal senso, sentenze Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, punto 70 supra, EU:C:1990:115, punti da 17 a 20, e Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione, punto 70 supra, EU:C:1990:116, punti da 20 a 23).

72      In quarto luogo, la giurisprudenza ha ritenuto sussistente la legittimazione ad agire di un produttore dell’Unione se il regolamento che istituiva un dazio antidumping si fondava sulla situazione individuale di tale produttore, principale fabbricante del prodotto di cui trattasi nell’Unione. Per pervenire a tale constatazione, la Corte ha considerato che le censure formulate da detto produttore erano all’origine della denuncia che aveva dato origine all’inchiesta; che questi aveva presentato osservazioni nel corso di tale procedimento, il cui svolgimento era stato ampiamente determinato da dette osservazioni, e che il dazio antidumping era stato stabilito tenendo conto delle conseguenze che il dumping accertato aveva causato per il medesimo (v., in tal senso, sentenza Timex/Consiglio e Commissione, punto 58 supra, EU:C:1985:119, punti 14 e 15).

73      In quinto luogo, la Corte ha parimenti statuito che il riconoscimento del diritto di determinate categorie di operatori economici di proporre un ricorso di annullamento contro un regolamento antidumping non impedisce tuttavia che altri operatori possano essere individualmente interessati da tale regolamento a causa di talune qualità loro proprie che li distinguono da qualsiasi altro soggetto. Pertanto, la stessa ha dichiarato ricevibile il ricorso proposto dalla parte ricorrente in detta causa, in quanto era la principale importatrice nonché l’utilizzatrice finale del prodotto oggetto della misura antidumping e le sue attività economiche dipendevano in larghissima misura da tali importazioni e subivano gravi ripercussioni in conseguenza del regolamento controverso (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 1991, Extramet Industrie/Consiglio, C‑358/89, Racc., EU:C:1991:214, punti da 16 a 18).

74      La legittimazione ad agire delle ricorrenti nella specie deve essere esaminata alla luce di tali considerazioni.

 Sulla legittimazione delle ricorrenti ad agire a titolo individuale

75      Le ricorrenti fanno valere di essere associazioni i cui membri sono i principali produttori americani di etanolo, i quali hanno partecipato attivamente al procedimento amministrativo sfociato nell’adozione del regolamento impugnato. Il loro obiettivo consisterebbe nel proteggere l’industria americana dell’etanolo. Dal momento che l’adozione del regolamento impugnato costituisce un problema rilevante per le ricorrenti e che sono state riconosciute parti interessate nel corso di tutto il procedimento antidumping, esse dovrebbero essere legittimate a proporre il ricorso di cui trattasi a proprio nome, a titolo individuale.

76      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ribatte che non è sufficiente, per le ricorrenti, sostenere che esse rappresentano l’industria americana del bioetanolo nel suo insieme o che esse ne promuovono gli interessi oppure di avere collaborato con la Commissione in occasione dell’inchiesta rappresentando gli interessi dei loro membri per poter agire dinanzi al Tribunale. Esso fa valere che non sussistono circostanze peculiari che contraddistinguono le ricorrenti.

77      Occorre dunque verificare se, nella specie, il regolamento impugnato riguardi direttamente ed individualmente le ricorrenti a titolo individuale, in quanto la loro situazione giuridica risulterebbe modificata ai sensi della giurisprudenza citata al punto 67 supra.

78      Da un lato, occorre anzitutto rilevare che è pacifico che il regolamento impugnato impone un dazio antidumping unico su tutte le importazioni di bioetanolo nel suo stato puro, ossia dell’alcool etilico derivato da prodotti agricoli, nonché di bioetanolo contenuto in miscele di benzina con un tenore di alcool etilico superiore al 10% (v/v), a livello del paese fornitore, ossia gli Stati Uniti. Dall’altro, non è oggetto di contestazione che, pur se le ricorrenti sono associazioni che incontestabilmente rappresentano gli interessi dell’industria americana del bioetanolo e che hanno partecipato al procedimento antidumping, esse non sono tuttavia tenute a versare a titolo individuale tale dazio.

79      Di conseguenza, occorre rilevare che il regolamento impugnato, nella misura in cui impone dazi antidumping ai soli prodotti dei membri delle ricorrenti, non modifica la situazione giuridica delle medesime. Infatti, l’imposizione, nel regolamento impugnato, di dazi antidumping ai prodotti dei membri delle ricorrenti non ha modificato i diritti spettanti alle ricorrenti a titolo individuale, oppure gli obblighi a carico delle medesime.

80      Sebbene il fatto che le ricorrenti siano state parti del procedimento antidumping non incida sulla constatazione che l’imposizione dei dazi antidumping ai prodotti dei loro membri non crea alcun diritto a loro favore e alcun obbligo a loro carico, occorre osservare che esse fanno valere, nel decimo motivo del ricorso, che, quali parti interessate al procedimento antidumping, le stesse hanno un interesse proprio ad ottenere l’annullamento del regolamento impugnato, in quanto i loro diritti procedurali sarebbero stati violati, ossia quelli risultanti dall’articolo 6, paragrafo 7, dall’articolo 19, paragrafi 1 e 2, e dall’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento di base.

81      Orbene, risulta dalla giurisprudenza che il fatto che una persona intervenga, in un modo o nell’altro, nel processo che conduce all’adozione di un atto dell’Unione non è tale da contraddistinguere detta persona rispetto all’atto in questione, a meno che la normativa dell’Unione applicabile non le accordi determinate garanzie procedurali (v., per analogia, sentenze del 4 ottobre 1983, Fediol/Commissione, 191/82, Racc., EU:C:1983:259, punto 31, e del 17 gennaio 2002, Rica Foods/Commissione, T‑47/00, Racc., EU:T:2002:7, punto 55).

82      Occorre dunque esaminare se dette disposizioni del regolamento di base menzionate al punto 80 supra accordino garanzie procedurali alle persone intervenute nel processo di adozione di un regolamento che istituisce dazi antidumping, come sostenuto dalle ricorrenti.

83      L’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base riconosce alle associazioni rappresentative, come le ricorrenti, che si sono manifestate a norma del suo articolo 5, paragrafo 10, il diritto, qualora ne facciano richiesta per iscritto, di prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità dell’Unione o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi del suo articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta. Inoltre, è accordato loro il diritto di rispondere presentando le loro osservazioni, che sono prese in considerazione, purché siano accompagnate da sufficienti elementi di prova.

84      Inoltre, l’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, dello stesso regolamento accorda alle associazioni rappresentative il diritto di chiedere di essere informate dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive oppure la chiusura di un’inchiesta o di un procedimento senza l’istituzione di misure. Esse hanno il diritto di formulare osservazioni sulle informazioni finali entro un termine non inferiore a dieci giorni. Nella specie, è pacifico che le ricorrenti hanno avuto accesso al fascicolo dell’inchiesta non riservato e che hanno ricevuto le informazioni finali ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base, nonché le informazioni supplementari del 21 dicembre 2012.

85      Di conseguenza, nei limiti in cui le ricorrenti fondano il proprio ricorso sulla tutela delle garanzie procedurali accordate loro dall’articolo 6, paragrafo 7, dall’articolo 19, paragrafi 1 e 2, e dall’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento di base, occorre constatare che il ricorso di cui trattasi è ricevibile nella misura in cui riguarda le ricorrenti che agiscono a titolo individuale.

86      In tale contesto, le ricorrenti sottolineano di essere legittimate ad agire in quanto hanno partecipato al procedimento antidumping quali associazioni rappresentative interlocutrici fra la Commissione e «l’industria americana del bioetanolo nel suo complesso». Esse fanno valere, a tal riguardo, la sentenza del 24 marzo 1993, CIRFS e a./Commissione (C‑313/90, Racc., EU:C:1993:111, punti da 28 a 30), nella quale la Corte ha riconosciuto che la decisione di cui trattasi incideva sulla posizione di un’associazione in veste di negoziatore. Tuttavia, da un lato, occorre constatare che la posizione delle ricorrenti quali associazioni rappresentative ai sensi del regolamento di base non è paragonabile a quella di un negoziatore che agisce formalmente in nome dei suoi membri. Dall’altro, occorre osservare che detta sentenza riguardava una domanda di annullamento, formulata da un’associazione, di una decisione adottata nel settore degli aiuti di Stato, ossia un diniego della Commissione di avviare il procedimento previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE inteso alla constatazione dell’incompatibilità con il mercato interno di un aiuto accordato. Il CIRFS non rappresentava in particolare gli interessi della società che beneficiava dell’aiuto in questione. Tuttavia, la presente causa riguarda un regolamento adottato nel settore dell’antidumping. Con il regolamento impugnato, il Consiglio non si è rifiutato di avviare nessun procedimento di sorta e le ricorrenti ritengono di essere le rappresentanti degli interessi degli operatori commerciali il cui prodotto è assoggettato alla misura antidumping. La presente causa riguarda pertanto una situazione diversa da quella sfociata nella sentenza CIRFS e a./Commissione, precedentemente menzionata (EU:C:1993:111), la quale non è, a tal riguardo, rilevante nella specie.

87      Alla luce delle considerazioni svolte ai punti da 77 a 86 supra, si deve concludere che alle ricorrenti deve essere riconosciuta, trattandosi di parti interessate nel procedimento, la legittimazione ad agire in quanto direttamente ed individualmente interessate, ma che le stesse possono far valere in modo ricevibile solo il decimo motivo del ricorso, essendo l’unico motivo inteso alla salvaguardia dei loro diritti procedurali.

 Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti quali rappresentanti dei loro membri

88      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ritiene che le ricorrenti non siano legittimate ad agire in veste di rappresentanti dei loro membri.

89      Le ricorrenti contestano tale allegazione.

90      Nella specie, ai fini dell’esame della legittimazione ad agire, occorre fare una distinzione fra i quattro produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione e gli altri membri delle ricorrenti.

91      Al fine di stabilire se i quattro produttori americani inclusi nel campione siano legittimati ad agire avverso il regolamento impugnato, occorre verificare se quest’ultimo li riguardi direttamente ed individualmente ai sensi della seconda ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE.

–       Sull’incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti quali rappresentanti dei produttori di bioetanolo inclusi nel campione

92      Per quanto attiene alla questione se il regolamento impugnato abbia avuto un’incidenza diretta sui quattro produttori inclusi nel campione, occorre rilevare che una società i cui prodotti sono gravati da un dazio antidumping è direttamente interessata da un regolamento istitutivo di tale dazio antidumping, atteso che quest’ultimo obbliga le autorità doganali degli Stati membri a riscuotere il dazio istituito senza lasciare loro alcun margine di discrezionalità (v., in tal senso, sentenze del 25 settembre 1997, Shanghai Bicycle/Consiglio, T‑170/94, Racc., EU:T:1997:134, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata, e del 19 novembre 1998, Champion Stationery e a./Consiglio, T‑147/97, Racc., EU:T:1998:266, punto 31).

93      Nella specie, in primo luogo, si deve constatare che, anziché imporre un dazio individuale a ciascun fornitore del prodotto in questione, l’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento impugnato impone un dazio antidumping unico a tutte le importazioni di bioetanolo allo stato puro, vale a dire di alcool etilico derivato da prodotti agricoli, nonché di bioetanolo contenuto in miscele di benzina con un tenore di alcool etilico superiore al 10% (v/v) a livello del paese fornitore, ossia gli Stati Uniti. Più specificamente, esso impone un dazio antidumping a livello nazionale ad un tasso di EUR 62,30 per tonnellata netta, applicabile in proporzione al tenore totale, in peso, di bioetanolo. Di conseguenza, si deve rilevare che il regolamento impugnato non identifica le importazioni di bioetanolo attraverso la loro fonte individuale, indicando gli operatori rilevanti per l’esportazione nella catena commerciale.

94      In secondo luogo, il Consiglio rileva, al considerando 12 del regolamento impugnato, nonché nel controricorso, che, dal momento che nessuno dei quattro produttori inclusi nel campione ha esportato direttamente bioetanolo nel mercato dell’Unione, le loro vendite sono state effettuate nel mercato interno ad operatori commerciali/miscelatori indipendenti che hanno successivamente miscelato il bioetanolo con la benzina per rivenderlo nel mercato interno o esportarlo, in particolare verso l’Unione.

95      In terzo luogo, il Consiglio rileva, sempre al considerando 12 del regolamento impugnato, che i cinque produttori americani inseriti nel campione hanno «menzionato le esportazioni verso l’Unione di bioetanolo nel questionario di campionamento ricevuto».

96      In quarto luogo, ai considerando 10 e 11 del regolamento impugnato, il Consiglio indica che, nell’ambito del procedimento amministrativo antidumping, la Commissione ha selezionato un campione di sei produttori di bioetanolo negli Stati Uniti in base al maggior volume rappresentativo di esportazioni nell’Unione di bioetanolo che potesse ragionevolmente essere oggetto di disamina nel tempo a disposizione. Una società è stata esclusa dal campione, nel corso dell’inchiesta, in quanto è risultato che la sua produzione non era stata esportata nell’Unione durante il periodo di inchiesta, ossia nel periodo dal 1° ottobre 2010 al 30 settembre 2011, mentre gli altri cinque produttori inclusi nel campione erano rimasti nello stesso.

97      Si evince dunque dalle constatazioni esposte ai punti da 92 a 96 supra relative al funzionamento del mercato del bioetanolo, quale accertato dal Consiglio, che lo stesso ha considerato, nel regolamento impugnato, che un volume significativo di bioetanolo proveniente dai quattro produttori inclusi nel campione era stato esportato in maniera regolare nell’Unione durante il periodo d’inchiesta.

98      La constatazione effettuata al punto 97 supra è inoltre confermata dalle valutazioni del Consiglio e della Commissione formulate nel corso del procedimento antidumping, nonché nelle loro difese scritte e orali.

99      Infatti, anzitutto, da un lato, occorre rilevare che il Consiglio ha constatato, nella sua risposta ai quesiti scritti del Tribunale, che «sembra[va] estremamente probabile» che il bioetanolo che soddisfaceva le specifiche di standard europei (in prosieguo: le «specifiche EN») venduto all’Unione dai due operatori commerciali/miscelatori che collaboravano con la Commissione nell’inchiesta «cont[enesse] del bioetanolo prodotto da [riservato] (1)». Dall’altro, il Consiglio ha considerato che era «probabile» che il bioetanolo venduto all’Unione da altri due operatori commerciali/miscelatori «conte[nesse] del bioetanolo prodotto da [riservato]».

100    La Commissione ha poi confermato, nel corso dell’inchiesta, nella sua lettera del 30 gennaio 2013, indirizzata alle ricorrenti, che gli otto operatori commerciali/miscelatori da essa identificati, i quali vendevano il bioetanolo prodotto dai produttori inclusi nel campione, rappresentavano più del 90% della totalità delle esportazioni di bioetanolo verso l’Unione durante il periodo di inchiesta.

101    Inoltre, nella risposta ai quesiti scritti del Tribunale il Consiglio ha fornito talune cifre per le quantità totali, che rispondevano alle specifiche EN, ottenute durante il periodo di inchiesta dagli otto operatori commerciali/miscelatori, interrogati tramite un questionario nel corso dell’inchiesta, presso i cinque produttori americani inclusi nel campione. Tali cifre corrispondevano a oltre il [riservato] delle importazioni di bioetanolo dagli Stati Uniti degli otto operatori commerciali/miscelatori durante lo stesso periodo.

102    Infine, il Consiglio ha affermato, in udienza, di non contestare il fatto che la maggior parte delle vendite di bioetanolo rispondente alle specifiche EN era stata esportata verso l’Unione. Infatti, il Consiglio si è limitato ad indicare a tal riguardo, nel controricorso, che gli operatori commerciali/miscelatori che avevano collaborato durante il procedimento si procuravano il bioetanolo presso diversi produttori, lo miscelavano e lo vendevano esportandolo. A suo avviso, non era pertanto più possibile identificare il produttore al momento dell’esportazione verso l’Unione né ricostituire individualmente il percorso di tutti gli acquisti e confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti.

103    Risulta da tali considerazioni che è stato accertato in maniera sufficiente che i volumi estremamente considerevoli di bioetanolo acquistati durante il periodo di inchiesta dagli otto operatori commerciali/miscelatori indagati presso i cinque produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione sono stati in gran parte esportati verso l’Unione. Il Consiglio non ha apportato alcuna informazione che contraddica o possa inficiare tale constatazione.

104    Pertanto, si deve constatare che i quattro produttori americani inclusi nel campione sono direttamente interessati, ai sensi della giurisprudenza menzionata ai punti 67 e 92 supra, dal dazio antidumping istituito nel regolamento impugnato, in quanto essi erano i produttori del prodotto che, al momento della sua importazione nell’Unione a partire dall’entrata in vigore del regolamento impugnato, era gravato dal dazio antidumping.

105    Tale constatazione non può essere inficiata dagli altri argomenti del Consiglio e della Commissione.

106    In primo luogo, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, osserva che le ricorrenti rappresentavano, per quanto attiene al periodo di inchiesta, i produttori di bioetanolo, ma non gli esportatori di bioetanolo. Orbene, i produttori di bioetanolo, a differenza degli operatori commerciali/miscelatori, non sarebbero direttamente interessati dal regolamento impugnato in quanto, nel regolamento impugnato, il Consiglio non «addebita» loro di attuare pratiche di dumping e le loro vendite dirette non sono assoggettate ai dazi antidumping.

107    A tal riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto implica l’argomentazione del Consiglio e della Commissione, non può escludersi in via di principio che i produttori inclusi nel campione, a differenza degli esportatori, siano legittimati a proporre un ricorso avverso il regolamento impugnato.

108    Infatti, come risulta dalla giurisprudenza citata ai punti 67, 69 e 92 infra, la ricevibilità di un ricorso avverso un regolamento che impone dazi antidumping non dipende dallo status di produttore o di esportatore del ricorrente.

109    Inoltre, occorre ricordare che le norme antidumping sono intese ad assicurare la difesa a fronte delle importazioni oggetto di un dumping. Da un lato, secondo l’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di base, un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nell’Unione causi un pregiudizio. Dall’altro, secondo la giurisprudenza, i procedimenti antidumping riguardano, in linea di principio, tutte le importazioni di una determinata categoria di prodotti provenienti da un paese terzo e non le importazioni di prodotti di imprese determinate (sentenza del 7 dicembre 1993, Rima Eletrometalurgia/Consiglio, C‑216/91, Racc., EU:C:1993:912, punto 17). Per l’esame dell’incidenza diretta, non è dunque rilevante sapere a chi le istituzioni «addebitino» l’attuazione delle pratiche di dumping di cui trattasi.

110    Discende da quanto precede che, poiché i dazi antidumping sono collegati ai prodotti esportati, un produttore, anche se non ha la qualità di esportatore di detti prodotti, può risultare sostanzialmente pregiudicato dall’imposizione di tali dazi antidumping sul prodotto di cui trattasi importato nell’Unione.

111    A tal riguardo, occorre sottolineare che, nella specie, è pacifico che i quattro produttori inclusi nel campione producevano il bioetanolo allo stato puro durante il periodo di inchiesta e che sono i loro prodotti ad essere stati miscelati con la benzina e esportati verso l’Unione dagli operatori commerciali/miscelatori.

112    Discende dalle considerazioni svolte ai punti da 107 a 111 supra che le circostanze rilevate dal Consiglio e dalla Commissione, secondo le quali: il regolamento impugnato non «addebita» ai membri delle ricorrenti l’attuazione di pratiche di dumping, secondo le quali le loro vendite dirette non sono assoggettate ai dazi antidumping e secondo le quali, in sostanza, essi non sono esportatori, non consentono di escludere, in via di principio, che l’adozione del regolamento impugnato abbia inciso direttamente sui medesimi nella loro qualità di produttori inclusi nel campione.

113    In secondo luogo, la Commissione fa valere che il regolamento impugnato non esplica effetti giuridici sui membri delle ricorrenti e può avere unicamente effetti indiretti sui medesimi per il fatto che essi vendevano bioetanolo a terzi i quali, quanto a essi, potevano esportare una parte di tale bioetanolo nell’Unione. A suo avviso, la mera constatazione di un effetto economico sulla situazione dei membri delle ricorrenti non era sufficiente a dimostrare che gli stessi subivano un’incidenza diretta.

114    A tal riguardo, anche ammesso che gli operatori commerciali/miscelatori sopportino il dazio antidumping e che sia accertato che la catena commerciale del bioetanolo venga interrotta in modo tale che essi non siano in grado di ripercuotere il dazio antidumping sui produttori, occorre cionondimeno ricordare che l’istituzione di un dazio antidumping muta le condizioni, previste dalla legge, alle quali la commercializzazione del bioetanolo prodotto dai quattro produttori inclusi nel campione avrà luogo sul mercato dell’Unione. Di conseguenza, la posizione legale dei produttori in questione sul mercato dell’Unione sarà, in ogni caso, pregiudicata direttamente e sostanzialmente.

115    Per lo stesso motivo, occorre dunque constatare che la Commissione è altresì incorsa in errore nel negare che un’impresa della catena commerciale diversa dall’esportatore il quale, secondo quanto è stato accertato, pratica il dumping possa opporsi a un dazio antidumping «che ha ad oggetto la pratica di dumping dell’esportatore e non quella delle imprese della catena di approvvigionamento».

116    In terzo luogo, la Commissione ritiene che il regolamento impugnato esplichi unicamente effetti indiretti sui membri delle ricorrenti, in quanto il dazio antidumping inciderebbe direttamente sulla transazione fra l’operatore commerciale/miscelatore e l’importatore. A tal riguardo, occorre rilevare che la struttura degli accordi contrattuali fra operatori commerciali all’interno della catena commerciale del bioetanolo non incide affatto sulla questione se il regolamento impugnato riguardi direttamente un produttore di bioetanolo. Infatti, da un lato, una conclusione contraria equivarrebbe a ritenere che solo un produttore che vende direttamente il proprio prodotto all’importatore nell’Unione possa essere direttamente interessato da un regolamento che istituisce un dazio antidumping su prodotti provenienti dalla sua produzione, il che non risulta affatto dal regolamento di base. Dall’altro, un siffatto approccio avrebbe come effetto di restringere la tutela giuridica dei produttori di prodotti gravati da dazi antidumping in funzione della mera struttura commerciale delle esportazioni del produttore di cui trattasi.

117    In tale contesto occorre parimenti respingere, in quanto inconferente, l’argomento sollevato dalla Commissione in udienza, secondo il quale, per essere legittimato ad agire, un produttore deve essere consapevole del fatto che il suo prodotto specifico viene esportato verso l’Unione. Infatti, il fatto che un produttore sappia esattamente quali merci da esso prodotte vengono esportate verso l’Unione non incide sulla questione se questi subisca direttamente un pregiudizio per effetto del regolamento impugnato.

118    Discende dall’esame effettuato ai punti da 106 a 117 supra che gli argomenti del Consiglio e della Commissione secondo i quali il regolamento impugnato non riguarda direttamente i quattro produttori inclusi nel campione devono essere respinti.

–       Sull’incidenza individuale sulle ricorrenti quali rappresentanti dei produttori di bioetanolo inclusi nel campione

119    Per quanto attiene alla questione se i quattro produttori americani inclusi nel campione siano stati individualmente interessati dal regolamento impugnato, occorre rammentare che, come è stato constatato al punto 69 supra, gli atti che istituiscono dazi antidumping possono riguardare direttamente e individualmente le imprese produttrici ed esportatrici in grado di dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione o del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie.

120    È vero che le parti sono in disaccordo sulla questione se i quattro produttori inclusi nel campione abbiano la qualità di esportatore del prodotto che essi producono nella specie.

121    Orbene, si deve osservare che, secondo la giurisprudenza illustrata al punto 73 supra, non è escluso che un siffatto regolamento possa parimenti riguardare individualmente tali operatori, a causa di determinate qualità loro personali e che li caratterizzano rispetto a chiunque altro. Se le ricorrenti mettono in discussione, in nome dei quattro produttori inclusi nel campione, la fondatezza della decisione che istituisce un dazio antidumping in quanto tale, devono provare che questi hanno uno status particolare ai sensi della sentenza Plaumann/Commissione, punto 68 supra (EU:C:1963:17, pag. 223) (v. in tal senso e per analogia, sentenza Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum, punto 68 supra, EU:C:2005:761, punto 37).

122    A tal riguardo, occorre constatare che, anche ammesso che si sia in presenza dei produttori del prodotto gravato da un dazio antidumping, i quali non sono tuttavia coinvolti in alcun modo nella sua esportazione, una situazione del genere si verificherebbe sicuramente qualora, in primo luogo, essi siano in grado di dimostrare di essere stati individuati negli atti della Commissione o del Consiglio o presi in considerazione nelle indagini preparatorie (v., in tal senso e per analogia, sentenza Allied Corporation e a./Commissione, punto 58 supra, EU:C:1984:68, punto 12) e, in secondo luogo, la loro posizione sul mercato sia sostanzialmente danneggiata dal dazio antidumping che costituisce oggetto del regolamento impugnato (v., in tal senso e per analogia, sentenza Commissione/Aktionsgemeinschaft Recht und Eigentum, punto 68 supra, EU:C:2005:761, punto 37).

123    Nella specie, per quanto attiene alla partecipazione al procedimento amministrativo dei quattro produttori americani inclusi nel campione, occorre anzitutto rilevare che, come fatto valere dalle ricorrenti, gli stessi, in quanto produttori americani di bioetanolo, hanno depositato questionari per il campionamento in risposta all’avviso di apertura della Commissione (v. punto 4 supra). Tali produttori sono stati inclusi nel campione e sono rimasti membri del campione per tutto il periodo dell’inchiesta.

124    È poi giocoforza constatare che i quattro produttori americani inclusi nel campione hanno partecipato all’inchiesta preparatoria. In quanto produttori inclusi nel campione, essi hanno in particolare collaborato all’inchiesta fornendo risposte ai questionari della Commissione e accogliendo i suoi servizi, nei loro locali, per l’espletamento di visite di verifica.

125    Inoltre, i loro dati sono stati utilizzati per il calcolo del valore normale nella fase del documento di informazione provvisorio.

126    Infine, altri elementi indicano che alcuni dei quattro produttori americani inclusi nel campione erano parimenti coinvolti in altre fasi del procedimento antidumping di cui trattasi. Infatti, da un lato, nella relazione della Commissione del 15 novembre 2012 relativa all’udienza dell’11 settembre 2012, il consigliere‑auditore ha confermato che il suo svolgimento era stato chiesto dalle ricorrenti, nonché dalla Plymouth Energy Company e dalla POET. Dall’altro, nella lettera del 20 febbraio 2013 indirizzata agli avvocati delle ricorrenti, la Commissione indica di rispondere agli argomenti sollevati, segnatamente, dalla «Plymouth», concernenti le loro osservazioni scritte in relazione al documento di informazione del 21 dicembre 2012.

127    Pertanto, occorre rilevare che i quattro produttori americani inclusi nel campione erano impegnati attivamente nell’inchiesta preparatoria. Essi sono stati, sia dal loro punto di vista sia dal punto di vista della Commissione, parti coinvolte nell’inchiesta preparatoria e la loro posizione è stata esaminata dalla Commissione nell’ambito del procedimento sfociato nell’istituzione del dazio antidumping.

128    Inoltre, per quanto attiene alla questione se il dazio antidumping oggetto del regolamento impugnato incidesse in maniera sostanziale sulla posizione sul mercato dei quattro produttori americani inclusi nel campione, è già stato illustrato ai punti da 93 a 103 supra che volumi estremamente considerevoli di bioetanolo acquistati durante il periodo di inchiesta dagli otto operatori commerciali/miscelatori indagati presso produttori americani di bioetanolo inclusi nel campione sono stati in gran parte esportati verso l’Unione e che il bioetanolo prodotto dai quattro produttori americani inclusi nel campione è gravato, sin dall’entrata in vigore del regolamento impugnato, dal dazio antidumping imposto da quest’ultimo al momento della sua importazione nell’Unione. Infatti, è pacifico che sono i produttori inclusi nel campione ad aver prodotto il bioetanolo esportato verso l’Unione nel periodo dell’inchiesta, e non gli operatori commerciali/miscelatori che lo miscelavano con la benzina e l’esportavano verso l’Unione. In relazione a tale punto, occorre osservare che questi ultimi non vengono definiti come produttori del prodotto in esame nel regolamento impugnato.

129    Si evince da tali constatazioni che i quattro produttori americani inclusi nel campione sono stati interessati dalle inchieste preparatorie per il fatto di aver partecipato attivamente alle medesime e che il dazio antidumping oggetto del regolamento impugnato li ha pregiudicati in maniera sostanziale.

130    Secondo quanto discende dalle considerazioni svolte ai punti da 119 a 129 supra, occorre concludere che il regolamento impugnato riguarda individualmente i quattro produttori inclusi nel campione, che sono membri delle ricorrenti, in forza della seconda ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE.

131    Siffatta conclusione non è messa in discussione dagli altri argomenti sollevati dal Consiglio e dalla Commissione.

132    In primo luogo, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, considera anzitutto che i membri delle ricorrenti non sono individualmente interessati dal regolamento impugnato per il fatto che, anche se taluni dei loro membri sono stati identificati come produttori nel regolamento impugnato, il dumping veniva praticato dagli operatori commerciali/miscelatori e imputato a questi ultimi.

133    Anzitutto, occorre rilevare immediatamente che, come è stato constatato ai punti da 123 a 127 supra, i quattro produttori inclusi nel campione hanno pienamente partecipato all’inchiesta preparatoria e che la loro posizione è stata esaminata dalla Commissione nell’ambito del procedimento sfociato nell’istituzione del dazio antidumping. Inoltre, è stato spiegato, ai punti 128 e 129 supra, che la posizione sul mercato dei quattro membri delle ricorrenti inclusi nel campione era pregiudicata in maniera sostanziale dal dazio antidumping oggetto del regolamento impugnato. Per questi motivi, si deve ritenere che i quattro produttori inclusi nel campione siano individualmente interessati dal regolamento impugnato.

134    Inoltre, nella misura in cui la Commissione aggiunge che non veniva «addebitata» ai quattro produttori inclusi nel campione l’attuazione di pratiche di dumping, e che il regolamento impugnato non costituisce una decisione che arreca pregiudizio ai medesimi a causa del loro comportamento, occorre ricordare che detto regolamento istituisce un dazio antidumping a livello nazionale sull’importazione verso l’Unione di bioetanolo, compreso quello ottenuto dalla produzione dei quattro produttori inclusi nel campione. La questione relativa a chi effettivamente abbia attuato le pratiche di dumping di cui trattasi non è dunque pertinente al fine di determinare se i quattro produttori inclusi nel campione siano individualmente interessati dal regolamento impugnato. Infatti, i produttori in questione subiscono le conseguenze dell’imputazione delle pratiche antidumping anche se tali pratiche non vengono loro imputate.

135    Infine, nei limiti in cui il Consiglio fa valere che i quattro produttori inclusi nel campione non sarebbero interessati individualmente, ai sensi del punto 45 della sentenza del 28 febbraio 2002, BSC Footwear Supplies e a./Consiglio (T‑598/97, Racc., EU:T:2002:52), per il fatto che essi non possono essere considerati produttori o esportatori «cui vengono imputate le pratiche di dumping», occorre constatare che l’imputazione delle pratiche di dumping all’impresa di cui viene esaminata la legittimazione ad agire non è una condizione necessaria per concludere nel senso dell’incidenza individuale sulla medesima. Secondo la giurisprudenza illustrata al punto 73 supra, il riconoscimento del diritto di talune categorie di operatori economici di proporre un ricorso di annullamento contro un regolamento antidumping non impedisce che anche altri operatori possano essere individualmente interessati da tale regolamento a causa di determinate qualità loro proprie che li distinguano da qualsiasi altro soggetto. A tal riguardo, occorre rilevare che l’imputazione della pratica di dumping ad un produttore o ad un esportatore è un elemento idoneo a contraddistinguerlo, ma non è un prerequisito per tali operatori economici. Infatti, il giudice dell’Unione ha riconosciuto l’incidenza individuale su siffatti operatori economici senza fondarsi su fatto che le pratiche di dumping potevano essere loro imputate (sentenze Allied Corporation e a./Consiglio, punto 69 supra, EU:C:1985:227, punto 4; Shanghai Bicycle/Consiglio, punto 92 supra, EU:T:1997:134, punto 39, e Champion Stationery e a./Consiglio, punto 92 supra, EU:T:1998:266, punto 47).

136    Pertanto, l’argomento del Consiglio secondo il quale i membri delle ricorrenti non sono interessati individualmente, in quanto non possono essere considerati produttori o esportatori cui vengono imputate le pratiche di dumping, sulla base di dati relativi alla loro attività commerciale, non può essere accolto. Altrimenti, infatti, si verserebbe in una situazione di contrarietà al principio, risultante dalla giurisprudenza illustrata ai punti da 69 a 73 supra, secondo il quale non può nemmeno escludersi che sia gli importatori sia i produttori dell’Unione possano essere legittimati ad agire.

137    In secondo luogo, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ritiene che il fattore che contraddistingue talune imprese rispetto alle altre imprese nella catena di valore sia il fatto che il dumping è stato accertato sulla base dei dati forniti dalle medesime, concernenti le loro attività commerciali. Il Consiglio e la Commissione rimandano, a tal riguardo, alla giurisprudenza relativa all’incidenza individuale sugli importatori collegati. Più specificamente, la Commissione rileva che si evince dalla sentenza Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, punto 70 supra (EU:C:1990:115), nonché dall’ordinanza del 7 marzo 2014, FESI/Consiglio (T‑134/10, EU:T:2014:143), che l’elemento determinante è se le istituzioni abbiano effettivamente utilizzato i dati in un modo che contraddistingue l’impresa che li ha forniti.

138    A tal riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che la giurisprudenza invocata dalla Commissione non è rilevante nella specie, in quanto la situazione dei quattro produttori inclusi nel campione non è paragonabile a quella degli importatori collegati. La giurisprudenza effettua una distinzione concernente le condizioni in cui i regolamenti che istituiscono dazi antidumping riguarderebbero individualmente i produttori e gli esportatori, da un lato, e gli importatori, dall’altro (sentenze Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio, punto 70 supra, EU:C:1990:115, punti 14 e 15, e Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione, punto 70 supra, EU:C:1990:116, punti 17 e 18).

139    Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio, il fatto che esso abbia deciso di non utilizzare i dati forniti dai produttori di bioetanolo inclusi nel campione per calcolare un margine di dumping individuale nei loro confronti, circostanza che viene appunto contestata dalle ricorrenti con il loro primo motivo, non può escludere la ricevibilità di un ricorso proposto da tali produttori.

140    A tal riguardo, occorre rilevare che il Tribunale ha dichiarato, nella causa Shanghai Bicycle/Consiglio (punto 92 supra, EU:T:1997:134, punto 38), nella quale è stato imposto un dazio antidumping unico alle importazioni del prodotto di cui trattasi originario della Cina, che resta irrilevante ai fini della tutela giurisdizionale di singole imprese interessate da un dazio antidumping la mera circostanza che il dazio medesimo sia unico ed istituito in riferimento ad uno Stato e non in riferimento alle singole imprese. Per lo stesso motivo, il fatto che il dazio antidumping fissato, nella specie, dal regolamento impugnato sia un dazio antidumping unico, imposto su scala nazionale e non in riferimento ai produttori inclusi nel campione, non può ostare alla tutela giurisdizionale dei membri delle ricorrenti.

141    Da un lato, infatti, il mero ricorso, da parte delle istituzioni, ai campioni non può costituire un valido motivo per respingere la legittimazione ad agire dei produttori non inclusi nel campione, i cui dati non sono stati utilizzati dalle istituzioni. Ciò emerge segnatamente dalla sentenza dell’11 luglio 1996, Sinochem Heilongjiang/Consiglio (T‑161/94, Racc., EU:T:1996:101, punti 47 e 48), nella quale il Tribunale ha dichiarato che il fatto che la Commissione avesse deciso di non tener conto delle informazioni fornite da un esportatore, relative al merito della questione, non era idoneo a rimettere in discussione la conclusione secondo la quale tale esportatore era interessato dalle indagini preparatorie. Lo stesso vale dunque, a fortiori, anche per la situazione di un produttore facente parte di un campione.

142    Dall’altro, il fatto di subordinare la ricevibilità di un ricorso proposto da un produttore o da un esportatore incluso nel campione all’utilizzazione dei dati forniti dal medesimo equivarrebbe a sottrarre, a discrezione del Consiglio, a qualsiasi controllo diretto da parte del Tribunale l’applicazione delle disposizioni del regolamento di base ai produttori, come quelli di cui al caso in esame.

143    Pertanto, deve essere respinto l’argomento secondo il quale il fattore che contraddistingue talune imprese rispetto alle altre nella catena di valore è il fatto che il dumping sia stato stabilito sulla base dei dati da queste forniti.

144    In terzo luogo, la Commissione considera, a differenza delle ricorrenti, che l’entità della produzione dei loro membri non costituisce un elemento pertinente al fine di determinare l’incidenza individuale sulle medesime da parte del regolamento impugnato. A tal riguardo, occorre osservare che, come emerge dalle constatazioni esposte ai punti da 119 a 130 supra, il regolamento impugnato riguarda individualmente i quattro produttori inclusi nel campione che sono membri delle ricorrenti, senza che sia necessario esaminare l’entità della loro produzione del prodotto in questione.

145    Pertanto, si evince dalle constatazioni effettuate ai punti da 132 a 144 supra, che gli argomenti del Consiglio e della Commissione, secondo i quali il regolamento impugnato non riguarda individualmente i quattro produttori inclusi nel campione, devono essere respinti.

–       Sull’esistenza di mezzi di ricorso alternativi

146    La Commissione sostiene che i membri delle ricorrenti non verrebbero privati di mezzi di ricorso nel caso in cui intendessero iniziare ad esportare bioetanolo nell’Unione. Da un lato, essi potrebbero prevedere, nei loro contratti con gli importatori, di accollarsi i dazi doganali al fine di essere in grado di contestare il debito doganale dinanzi ai giudici degli Stati membri. Dall’altro, i membri interessati da un dazio antidumping avrebbero parimenti la possibilità di chiedere un riesame a titolo di nuovo esportatore, in forza dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento di base. Secondo la Commissione, in conformità a tale disposizione, i nuovi esportatori nel paese di esportazione in oggetto, i quali non abbiano effettuato esportazioni nel periodo dell’inchiesta in base al quale le misure sono state istituite, potrebbero chiedere l’avvio di un siffatto riesame qualora dimostrino di aver effettivamente eseguito esportazioni nell’Unione dopo il periodo dell’inchiesta o qualora siano in grado di dimostrare di aver assunto un’obbligazione contrattuale irrevocabile di esportare un quantitativo significativo di prodotti nell’Unione. Il dazio in vigore verrebbe abrogato per quelle importazioni che sono soggette alla registrazione. Le istituzioni procederebbero ad un riesame accelerato, al termine del quale esse determineranno l’esistenza o meno di un dumping in relazione a questo nuovo esportatore. Se del caso, le stesse riscuoteranno il dazio retroattivamente.

147    Anzitutto, occorre rilevare che la questione se i membri delle ricorrenti abbiano altri mezzi di ricorso per far valere i loro diritti non influenza assolutamente l’esame dell’incidenza diretta e individuale in relazione al regolamento impugnato.

148    Inoltre, nei limiti in cui, con tale argomento, la Commissione propone che il produttore o l’esportatore venda le merci secondo la condizione di esecuzione dei contratti commerciali (incoterm) cosiddetta «reso sdoganato» (Delivery Duty Paid, DDP), al fine di avere la possibilità di contestare la comunicazione del debito doganale da parte delle autorità nazionali dinanzi ai giudici nazionali oppure che progetti una transazione commerciale con un acquirente nell’Unione, al solo fine di poter impugnare il debito doganale dinanzi ai giudici nazionali ed eventualmente dinanzi alla Corte, occorre rilevare che, in conformità alle considerazioni svolte ai punti da 69 a 73 e 122 supra, non esiste una siffatta restrizione alla ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da produttori come i quattro produttori inclusi nel campione. Infatti, come è stato rilevato ai punti 109 e 110 supra, i dazi antidumping sono connessi al prodotto in esame. Ne consegue che i vincoli contrattuali fra un esportatore e un produttore non incidono in alcun modo sulla questione se le condizioni previste da detta giurisprudenza debbano essere soddisfatte o meno. Pertanto, tale argomento della Commissione deve essere respinto.

149    Infine, nei limiti in cui la Commissione invoca, con il suo argomento, la possibilità di chiedere un riesame a titolo di nuovo esportatore in forza dell’articolo 11, paragrafo 4, del regolamento di base, da un lato, è giocoforza constatare che il quarto comma di detto paragrafo esclude espressamente la possibilità di un siffatto riesame in situazioni in cui la Commissione è ricorsa al metodo del campionamento. Dall’altro, detto paragrafo non costituisce, in ogni caso, un mezzo di ricorso alternativo adeguato per un produttore che soddisfa le condizioni previste dalla giurisprudenza illustrata ai punti da 69 a 73 supra. Infatti, esso non gli consente, ad esempio, di porre rimedio agli effetti del dazio antidumping sulla sua produzione, qualora il produttore in questione non abbia iniziato ad esportare direttamente tale produzione verso l’Unione. Di conseguenza, tale argomento deve essere respinto.

150    Da tutte le considerazioni svolte ai punti da 92 a 149 supra discende che, in forza della seconda ipotesi prevista all’articolo 263, quarto comma, TFUE, le ricorrenti sono legittimate a proporre il ricorso di cui trattasi nei limiti in cui esso è diretto all’annullamento del regolamento impugnato nella parte in cui quest’ultimo riguarda i quattro produttori inclusi nel campione.

 Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti quali rappresentanti dei loro membri diversi dai quattro produttori inclusi nel campione

151    Si deve constatare che le ricorrenti non hanno dedotto alcun argomento concreto, nelle loro memorie, né hanno fornito alcuna informazione che figuri nel fascicolo dinanzi al Tribunale, che consenta a quest’ultimo di concludere che uno o più dei loro membri non facenti parte del campione dei produttori americani sarebbero stati direttamente interessati dal dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato.

152    Infatti, al di fuori dei quattro produttori americani inclusi nel campione, la Marquis Energy, la Murex e la CHS, le ricorrenti non hanno indicato nominalmente nessun altro dei loro membri che, a loro avviso, potrebbe essere legittimato ad agire nella specie.

153    Inoltre, le ricorrenti non hanno apportato alcun elemento che dimostri che il bioetanolo dell’uno o dell’altro membro sia stato esportato verso l’Unione e fosse pertanto gravato dal dazio antidumping in questione. In tali circostanze, non si può ritenere che gli altri membri delle ricorrenti avrebbero potuto essere direttamente interessati dal regolamento impugnato.

154    Atteso che non è accertato che i membri delle ricorrenti diversi dai quattro produttori inclusi nel campione fossero direttamente interessati dal regolamento impugnato, occorre rilevare, secondo la giurisprudenza citata al punto 65 supra, che le ricorrenti, in forza della seconda e della terza ipotesi di cui all’articolo 263, quarto comma, TFUE, non sono legittimate a proporre il ricorso di cui trattasi nei limiti in cui esso è diretto all’annullamento del regolamento impugnato relativamente alla parte in cui quest’ultimo riguarda i loro membri diversi dai quattro produttori inclusi nel campione.

 Sull’interesse ad agire

155    Occorre rilevare che, secondo la Commissione, le ricorrenti non hanno un interesse reale ed effettivo all’annullamento del regolamento impugnato. Essa fa valere che le ricorrenti non hanno messo in discussione il fatto che i loro membri non avevano esportato bioetanolo verso l’Unione durante il periodo d’inchiesta e che esse non hanno neanche dimostrato che i loro membri avevano cominciato a farlo alla data della presentazione del ricorso. Le loro vendite non sarebbero pertanto state assoggettate al dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato. Di conseguenza, l’annullamento del regolamento impugnato non potrebbe avere conseguenze giuridiche per i loro membri.

156    Le ricorrenti contestano tali argomenti.

157    A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 40, quarto comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, le conclusioni dell’istanza d’intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti principali. Inoltre, secondo l’articolo 142, paragrafo 3, del regolamento di procedura, l’interveniente accetta il procedimento nello stato in cui questo si trova all’atto del suo intervento. Ne consegue che la Commissione non è legittimata ad eccepire un’eccezione di irricevibilità per difetto di interesse ad agire delle ricorrenti che non è stata sollevata dal Consiglio e che il Tribunale non è pertanto tenuto ad esaminare il presente motivo di irricevibilità. Tuttavia, trattandosi di un’eccezione di irricevibilità per motivi di ordine pubblico, occorre esaminare d’ufficio l’interesse ad agire delle ricorrenti (v., in tal senso, sentenza CIRFS e a./Commissione, punto 86 supra, EU:C:1993:111, punti da 20 a 23).

158    Occorre rilevare che l’interesse ad agire costituisce il presupposto essenziale e preliminare di qualsiasi azione giurisdizionale (sentenza del 10 aprile 2013, GRP Security/Corte dei conti, T‑87/11, EU:T:2013:161, punto 44) e deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso sotto pena di irricevibilità. L’interesse ad agire deve durare fino alla pronuncia della decisione del giudice (v. sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, Racc., EU:C:2007:322, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).

159    L’esistenza di un interesse ad agire presuppone che il ricorso possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v., in tal senso, sentenze del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, C‑337/09 P, Racc., EU:C:2012:471, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata, e del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, Racc., EU:T:2009:72, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

160    Nella specie, è sufficiente constatare che, in sostanza, la Commissione ritiene che il dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato non gravi sul bioetanolo prodotto dai membri delle ricorrenti per il fatto che esso viene esportato dagli operatori commerciali/miscelatori. Tuttavia, è già stato rilevato al punto 104 supra che i quattro produttori americani inclusi nel campione erano i produttori del prodotto che, al momento della sua importazione nell’Unione, era gravato dal dazio antidumping. Di conseguenza, da un lato, le ricorrenti hanno un interesse ad agire nella specie, in quanto l’annullamento del dazio antidumping imposto dal regolamento impugnato, il quale grava sulle importazioni nell’Unione di bioetanolo prodotto dai loro membri inclusi nel campione, è idoneo ad apportare un beneficio a detti membri. Dall’altro, occorre rilevare che le ricorrenti hanno un interesse ad agire nella specie nella misura in cui esse fanno valere una violazione dei propri diritti procedurali nell’ambito del decimo motivo.

161    Discende da tutto quanto precede che occorre:

–        respingere il ricorso di cui trattasi in quanto irricevibile nei limiti in cui esso è diretto all’annullamento del regolamento impugnato relativamente alla parte che riguarda la Marquis Energy (v. punto 51 supra);

–        respingere i primi nove motivi in quanto irricevibili, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere la loro legittimazione ad agire a titolo personale (v. punto 87 supra);

–        respingere il ricorso di cui trattasi in quanto irricevibile nei limiti in cui esso è diretto all’annullamento del regolamento impugnato relativamente alla parte che riguarda i membri delle ricorrenti diversi dai cinque produttori americani inclusi nel campione (v. punti 55 e 154 supra).

162    Tuttavia, occorre constatare che il ricorso di cui trattasi è ricevibile nella parte in cui le ricorrenti chiedono:

–        in primo luogo, l’annullamento del regolamento impugnato nella parte in cui riguarda i quattro produttori americani inclusi nel campione (v. punto 150 supra) e,

–        in secondo luogo, l’annullamento del regolamento impugnato nei limiti in cui esse fanno valere, nel decimo motivo, una violazione dei propri diritti procedurali durante il procedimento antidumping (v. punto 87 supra).

2.     Nel merito

 Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, dell’articolo 9, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento di base, ad una violazione dei principi di certezza del diritto, del legittimo affidamento e di buona amministrazione, nonché a manifesti errori di valutazione commessi dal Consiglio a causa del suo rifiuto di calcolare un margine di dumping individuale e di attribuire un dazio antidumping individuale, se del caso, ai membri delle ricorrenti inclusi nel campione

163    Dal momento che il ricorso di cui trattasi è ricevibile, in quanto è stato proposto in nome dei quattro produttori americani inclusi nel campione, occorre iniziare l’esame del merito della causa con quello del primo motivo.

164    Con il primo motivo le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Consiglio, rifiutandosi di calcolare margini di dumping individuali per i loro membri, i quali sono produttori del prodotto di cui trattasi negli Stati Uniti inclusi nel campione di produttori/esportatori, e fissando in luogo dei medesimi un margine di dumping a livello nazionale, ha violato diversi articoli del regolamento di base, nonché i principi di certezza del diritto, del legittimo affidamento e di buona amministrazione.

165    Il primo motivo si suddivide in quattro parti. La prima parte verte su una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, del regolamento di base, nella parte che riguarda la determinazione del prezzo all’esportazione. La seconda parte concerne una violazione dell’articolo 9, paragrafo 5, di detto regolamento, il quale definisce l’obbligo delle istituzioni di imporre dazi individuali per ciascun fornitore. La terza parte attiene ad asserite violazioni dell’articolo 18, paragrafi 1, 3 e 4, di detto regolamento, relativo al ricorso ai migliori dati disponibili, in quanto le istituzioni si sarebbero avvalse dei dati forniti da operatori commerciali/miscelatori indipendenti per calcolare un margine di dumping a livello nazionale. Infine, la quarta parte concerne una violazione dei principi di certezza del diritto, del legittimo affidamento e di buona amministrazione.

166    Occorre, di seguito, iniziare con l’esame della seconda parte del primo motivo.

167    Con la seconda parte del primo motivo, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Consiglio avrebbe dovuto calcolare un margine di dumping individuale, nonché un dazio antidumping individuale per ciascuno dei quattro produttori americani inclusi nel campione. Ricorrendo invece ad un margine di dumping e ad un dazio antidumping a livello nazionale per tutte le parti operanti nell’industria del bioetanolo negli Stati Uniti, il Consiglio avrebbe violato l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, i principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonché il suo obbligo di motivazione.

168    Più specificamente, le ricorrenti ritengono che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, trasponga nel diritto dell’Unione gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) (GU L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping dell’OMC»). Secondo le ricorrenti, gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC impongono un obbligo di calcolare margini di dumping caso per caso e di attribuire dazi antidumping individuali ai produttori e agli esportatori, salvo che per gli «esportatori» non inclusi nel campione in caso di campionamento e nel caso degli esportatori che costituiscono un’entità economica unica con lo Stato. Di conseguenza, l’interpretazione della Commissione del termine «[non] possibile» utilizzato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, secondo la quale sarebbe possibile applicare eccezioni all’obbligo di attribuire margini di dumping e dazi antidumping individuali diverse da quelle menzionate precedentemente, come la struttura delle esportazioni americane di bioetanolo o il modo in cui il prodotto viene esportato, sarebbe erronea e illegittima.

169    Il Consiglio, sostenuto dalla ePure, contesta tali argomenti. In sostanza, da un lato, esso ritiene che, qualora le istituzioni non siano in grado di ricostituire il percorso di ciascun acquisto né di confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, come nel caso in esame, l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, non possa obbligarle a definire misure antidumping individuali per ciascun produttore. Esso sarebbe impossibilitato a farlo. Dall’altro lato, sostiene che il termine «[non] possibile» utilizzato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base ha una portata più generale rispetto a quello impiegato agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, consentendo pertanto l’applicazione di un’eccezione all’obbligo di attribuire nella specie margini di dumping e dazi antidumping individuali.

170    A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 9, paragrafo 5, primo comma, del regolamento di base, nella sua versione originale – applicabile nella specie, in quanto l’articolo 2, secondo comma, del regolamento (UE) n. 765/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2012, che modifica il regolamento di base (GU L 237, pag. 1), prevede che la versione modificata dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base si applica a tutte le inchieste aperte dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 765/2012 – enuncia che il dazio antidumping viene istituito per l’importo adeguato a ciascun caso e senza discriminazione sulle importazioni di prodotti per le quali è stato accertato che sono oggetto di dumping e che causano pregiudizio, indipendentemente dalla fonte, salvo quelle effettuate dagli esportatori i cui impegni sono stati accettati a norma del regolamento di base. Lo stesso paragrafo prevede anche che il regolamento che impone il dazio indica l’importo del medesimo per ciascun fornitore oppure, qualora non sia possibile e, come regola generale, nei casi citati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del medesimo regolamento, il nome del paese fornitore interessato.

171    L’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC prevede quanto segue:

«Di norma, le autorità devono determinare il margine di dumping caso per caso per ogni esportatore o produttore del prodotto oggetto dell’inchiesta. Nei casi in cui il numero degli esportatori, produttori, importatori o tipi di prodotto interessati è talmente elevato da rendere impossibile tale determinazione, le autorità possono limitare l’esame ad un numero adeguato di parti o di prodotti interessati facendo ricorso a campioni statisticamente significativi, sulla base dei dati di cui esse dispongono al momento della selezione, oppure limitare l’esame al massimo volume percentuale, ragionevolmente esaminabile, delle esportazioni in uscita dal paese in questione».

172    L’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC così recita:

«Una volta applicato ad un qualsiasi prodotto, il dazio antidumping viene riscosso, per l’importo adeguato al caso e senza discriminazione, su tutte le importazioni di quel prodotto ritenute in regime di dumping e causa di pregiudizio, qualunque ne sia la provenienza, salvo per quelle provenienti da soggetti dei quali sia stata accettata l’assunzione di impegni in materia di prezzi ai sensi dell’accordo di cui trattasi. Le autorità indicano il nome del fornitore o dei fornitori del prodotto interessato. Tuttavia, ove si tratti di più fornitori dello stesso paese e risulti impossibile nominarli tutti, le autorità possono limitarsi ad indicare il nome del paese interessato».

173    Al fine di determinare se il Consiglio abbia legittimamente potuto calcolare un margine di dumping a livello nazionale e, di conseguenza, istituire un dazio antidumping a tale livello, occorre pertanto esaminare, in primo luogo, se l’accordo antidumping dell’OMC sia rilevante ai fini dell’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base nella specie; in secondo luogo, se i quattro produttori americani inclusi nel campione siano titolari, di norma, di un diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e, in terzo luogo, se il Consiglio abbia correttamente ritenuto che esistesse un’eccezione a tale regola generale in quanto «non [era] possibile» precisare, nel regolamento impugnato, gli importi individuali per ciascun fornitore.

 Sull’applicazione dell’accordo antidumping dell’OMC nella presente fattispecie

174    Dal preambolo del regolamento di base, in particolare dal suo considerando 3, risulta che detto regolamento mira segnatamente a trasporre nel diritto dell’Unione le norme nuove e circostanziate contenute nell’accordo antidumping dell’OMC (v., per analogia, sentenze del 9 gennaio 2003, Petrotub e Republica/Consiglio, C‑76/00 P, Racc., EU:C:2003:4, punto 55, e del 24 settembre 2008, Reliance Industries/Consiglio e Commissione, T‑45/06, Racc., EU:T:2008:398, punto 89). Inoltre, il medesimo considerando prevede parimenti che, ai fini dell’applicazione adeguata e trasparente di dette norme, è opportuno trasporre, per quanto possibile, i termini di tale accordo nel diritto dell’Unione. Fra le norme elencate nel medesimo considerando che sono trasposte dal regolamento di base nel diritto dell’Unione figurano, segnatamente, quelle concernenti l’imposizione dei dazi antidumping, ossia gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC.

175    Tuttavia, è stato statuito a più riprese che, tenuto conto della loro natura e del loro impianto sistematico, gli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), di cui fa parte l’accordo antidumping dell’OMC, non figurano, in linea di principio, tra le norme alla luce delle quali il giudice dell’Unione controlla la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione (v. sentenze Petrotub e Republica/Consiglio, punto 174 supra, EU:C:2003:4, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata, e del 18 dicembre 2014, LVP, C‑306/13, Racc., EU:C:2014:2465, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata).

176    Inoltre, il giudice dell’Unione ha ritenuto che il fatto di ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto dell’Unione alle norme dell’OMC incombe direttamente a tale giudice equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi dell’Unione del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali dell’Unione. È infatti pacifico che alcune parti contraenti, fra cui le controparti più importanti dell’Unione da un punto di vista commerciale, hanno appunto tratto, alla luce dell’oggetto e dello scopo degli accordi dell’OMC, la conseguenza che questi ultimi non figuravano tra le norme alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllavano la legittimità delle loro norme di diritto interno. Una tale assenza di reciprocità, se la si ammettesse, rischierebbe di condurre a uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC (v. sentenze del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, Racc., EU:C:2008:476, punto 119 e la giurisprudenza ivi citata, e LVP, punto 175 supra, EU:C:2014:2465, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).

177    Solo nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC o qualora l’atto dell’Unione rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi dell’OMC spetta al giudice dell’Unione controllare la legittimità dell’atto dell’Unione controverso alla luce delle norme dell’OMC (v. sentenze Petrotub e Republica/Consiglio, punto 174 supra, EU:C:2003:4, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata, e LVP, punto 175 supra, EU:C:2014:2465, punto 47).

178    Per quanto attiene alla trasposizione dell’accordo antidumping dell’OMC da parte dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, si deve osservare che quest’ultimo, applicato nella specie nella sua versione originale, è stato modificato dal regolamento n. 765/2012 a causa dell’adozione, da parte dell’organo di conciliazione dell’OMC (Dispute Settlement Body, in prosieguo: il «DSB»), della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 (WT/DS397/AB/R; in prosieguo: la «relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa “elementi di fissaggio”») e della relazione del gruppo di esperti del 3 dicembre 2010 (WT/DS397/R), modificata dalla relazione dell’organo d’appello, nella causa intitolata «Comunità europee – Misure antidumping definitive su determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina» (in prosieguo: la «causa “elementi di fissaggio”»).

179    Ai considerando del regolamento n. 765/2012, il legislatore dell’Unione ricorda che le relazioni dell’OMC hanno rilevato, segnatamente, che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base era incompatibile con gli articoli 6.10, 9.2 e 18.4 dell’accordo antidumping dell’OMC e con l’articolo XVI.4 dell’accordo OMC (GU 1994, L 336, pag. 3). Il legislatore dell’Unione ha confermato, ai considerando 5 e 6 del regolamento n. 765/2012, di avere effettuato le modifiche all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base con l’intenzione di applicare le raccomandazioni e le decisioni del DSB relative alla causa «elementi di fissaggio» in modo tale da rispettare gli obblighi dell’Unione nell’ambito dell’OMC.

180    Si deve constatare che discende dall’adozione stessa del regolamento n. 765/2012 che, a giudizio del legislatore dell’Unione, tramite l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base l’Unione aveva inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto dell’OMC, contenuto nella specie agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC.

181    Da un lato, discende da tali constatazioni che il regolamento n. 765/2012 riconosce che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base traspone nel diritto dell’Unione gli obblighi risultanti dagli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, come rilevato correttamente dalle ricorrenti.

182    Dall’altro lato, si deve constatare che le modifiche, effettuate in forza del regolamento n. 765/2012, del testo dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, riguardano la modifica di un’eccezione all’obbligo di imporre dazi antidumping individuali, relativa agli esportatori ai quali si applicava l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Orbene, esse non vertono, in sostanza, sulla parte dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base rilevante nella specie, secondo la quale il regolamento che impone il dazio indica l’importo del medesimo per ciascun fornitore oppure, qualora non sia possibile, il nome del paese fornitore interessato.

183    Più specificamente, occorre rilevare che il legislatore dell’Unione non riteneva necessario modificare i termini «importazioni di prodotti per le quali è stato accertato che sono oggetto di dumping e che causano pregiudizio, indipendentemente dalla fonte», al pari dei termini «fornitore» e «[non] possibile» al fine di applicare le raccomandazioni e le decisioni del DSB relative alla causa «elementi di fissaggio» in modo tale da rispettare i propri obblighi nel quadro dell’OMC. Pertanto, i termini rilevanti nella specie hanno lo stesso significato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base sia nella sua versione originale sia nella sua versione risultante dalla modifica del regolamento n. 765/2012.

184    Di conseguenza, risulta dalle suesposte considerazioni che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, nella sua versione originale, nella misura in cui è pertinente nella presente fattispecie, deve essere interpretato in conformità agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC.

 Sulla questione se i quattro produttori americani inclusi nel campione siano titolari del diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base

185    Le ricorrenti ritengono che un produttore ricompreso nel campione, come i quattro produttori americani inclusi nel campione, abbia diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

186    Il Consiglio replica che né l’accordo antidumping dell’OMC né il regolamento di base esigono dalle istituzioni di fare l’«impossibile». Qualora le istituzioni non fossero in grado di ricostituire il percorso di ciascun acquisto né di confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, come avviene nella specie, esse non sarebbero obbligate ad istituire misure antidumping individuali per ciascun produttore.

187    Al fine di determinare se un produttore, incluso nel campione, del prodotto oggetto del dumping avesse diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale, occorre rilevare che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, nonché l’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC stabiliscono che, in linea di principio, un dazio antidumping deve essere riscosso individualmente presso ciascun fornitore su tutte le importazioni di un prodotto ritenute in regime di dumping e causa di pregiudizio, qualunque ne sia la provenienza. Emerge dal testo di tali disposizioni che un operatore che non viene considerato rivestire la qualità di «fornitore» non ha alcun diritto all’imposizione di un dazio antidumping individuale nei suoi confronti.

188    In tale contesto, occorre rilevare che, secondo il punto 624, lettera a), i), della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, riguarda non solo l’imposizione di dazi antidumping, bensì anche il calcolo dei margini di dumping.

189    Quanto al diritto dell’OMC, occorre constatare che, nei casi in cui le autorità applicano un metodo di campionamento, l’articolo 6.10.2 dell’accordo antidumping dell’OMC prevede che esse devono determinare singolarmente il margine di dumping per ciascun esportatore o produttore non incluso nella selezione iniziale che sottoponga le necessarie informazioni in tempo utile affinché se ne possa tener conto nel corso dell’inchiesta, salvo quando il numero di esportatori o produttori sia così elevato da rendere l’esame dei singoli casi indebitamente gravoso per le autorità e da impedire la tempestiva conclusione dell’inchiesta.

190    Discende da tale disposizione che, eccetto il caso in cui il numero di esportatori o di produttori sia estremamente elevato, si ritiene che l’autorità incaricata dell’inchiesta determini il margine di dumping individuale per ciascun esportatore o produttore non incluso nella selezione iniziale che sottoponga le necessarie informazioni in tempo utile affinché se ne possa tener conto nel corso dell’inchiesta. A tal riguardo, secondo il punto 6.90 della relazione del gruppo di esperti del 28 settembre 2001 (WT/DS189/R), nella causa intitolata «Argentina – Misure antidumping definitive sulle importazioni di piastrelle da pavimentazione in ceramica dall’Italia», è stato rilevato che la regola generale enunciata alla prima frase dell’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC, ai sensi della quale devono essere determinati margini di dumping caso per caso per ogni esportatore o produttore noto del prodotto oggetto dell’inchiesta, è pienamente applicabile agli esportatori selezionati per l’esame ai sensi della seconda frase dello stesso articolo. Detta frase consentirebbe all’autorità incaricata dell’inchiesta di limitare il suo esame a taluni esportatori o produttori, ma essa non prevedrebbe deroghe alla regola generale secondo la quale vengono determinati margini individuali per gli esportatori o produttori interessati dall’esame. Se anche i produttori non inclusi nel campione iniziale sono legittimati a beneficiare del calcolo di un margine individuale, ne consegue, secondo detta relazione, che lo sono del pari i produttori che sono stati inclusi in tale campione.

191    Si deve pertanto ritenere che l’autorità incaricata dell’inchiesta debba determinare un margine di dumping individuale per ciascun esportatore o produttore che è stato inserito nel campione dei fornitori del prodotto oggetto del dumping.

192    Ne consegue che, secondo il diritto dell’OMC, ogni esportatore o produttore che è stato incluso nel campione e che ha dunque collaborato con l’autorità incaricata dell’inchiesta per tutta la durata della medesima soddisfa le condizioni per poter essere considerato un «fornitore» ai sensi dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC.

193    Per quanto attiene alle disposizioni del regolamento di base, occorre rilevare che, come è già stato constatato ai punti 183 e 184 supra, l’articolo 9, paragrafo 5, di detto regolamento, nella sua versione originale, nei limiti in cui è pertinente nella presente fattispecie, deve essere interpretato in conformità con le disposizioni dell’accordo antidumping dell’OMC. Inoltre, l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento di base prevede parimenti che, nei casi in cui il numero di denunzianti, esportatori o importatori, tipi di prodotto o operazioni è molto elevato, l’inchiesta può essere limitata ad un numero adeguato di parti, prodotti o operazioni con l’utilizzazione di campioni. Il paragrafo 3 dello stesso articolo enuncia che, qualora la Commissione proceda al campionamento, viene comunque determinato un margine di dumping individuale per gli esportatori o i produttori non inseriti nella selezione iniziale che presentino le informazioni necessarie entro i termini fissati, a meno che il numero di esportatori o produttori sia talmente elevato da rendere l’esame dei singoli casi indebitamente gravoso e da impedire la tempestiva conclusione dell’inchiesta. Occorre rilevare che risulta parimenti da dette disposizioni del regolamento di base, interpretate in conformità al diritto dell’OMC, che, se anche i produttori che non sono stati inclusi nel campione iniziale sono legittimati a beneficiare del calcolo di un margine individuale, lo sono parimenti, a fortiori, i produttori che sono stati inclusi in tale campione. A tal riguardo, occorre inoltre rilevare che l’ultima frase dell’articolo 9, paragrafo 6, del regolamento di base ricorda che si applicano dazi individuali alle importazioni provenienti da esportatori o produttori che sono stati sottoposti ad un esame individuale, a norma dell’articolo 17 di detto regolamento.

194    Ne consegue che, in applicazione delle disposizioni del regolamento di base, ciascun esportatore o produttore che è stato incluso nel campione dei fornitori del prodotto oggetto del dumping e che ha dunque collaborato con le istituzioni per tutta la durata dell’inchiesta soddisfa le condizioni per essere considerato un «fornitore» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, di detto regolamento.

195    A tal riguardo, occorre ricordare che l’obiettivo della costituzione di un campione di produttori esportatori consiste nello stabilire, nel caso di un’inchiesta limitata, il più esattamente possibile, la pressione sui prezzi subita dall’industria dell’Unione. Di conseguenza, la Commissione ha il potere di modificare, in qualsiasi momento, la composizione di un campione a seconda delle esigenze dell’inchiesta. Infatti, nessuna disposizione dell’accordo antidumping dell’OMC oppure del regolamento di base obbliga le istituzioni a mantenere i produttori inclusi originariamente nel campione dei fornitori del prodotto oggetto del dumping qualora esse ritengano che questi non abbiano la qualità di fornitori o che non costituiscano fonti di importazione del prodotto che è oggetto del dumping e causa un pregiudizio. Quanto alla questione se occorra mantenere un operatore in un campione, si deve rilevare che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che deve esaminare (v., per analogia, sentenza del 27 settembre 2007, Ikea Wholesale, C‑351/04, Racc., EU:C:2007:547, punto 40). Orbene, nella misura in cui la Commissione non aveva escluso nessun produttore facente parte del campione dei fornitori del prodotto oggetto del dumping, essa era tenuta, in linea di principio, a calcolare un margine di dumping individuale, nonché ad istituire un dazio antidumping individuale per ciascuno di essi.

196    È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se i quattro produttori americani inclusi nel campione avessero diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

197    Nella specie, occorre constatare che, anzitutto, mentre la Commissione ha escluso un produttore originariamente incluso nel campione per il fatto che il bioetanolo da questi prodotto non era stato esportato verso l’Unione e che, di conseguenza, esso non era una fonte del prodotto oggetto delle pratiche di dumping, essa ha cionondimeno mantenuto i quattro produttori americani inclusi nel campione all’interno del campione dei fornitori del prodotto oggetto del dumping fino al termine del procedimento amministrativo.

198    Per quanto riguarda l’esistenza di importazioni nell’Unione di bioetanolo proveniente dai quattro produttori americani inclusi nel campione e in relazione ai quali è stato accertato che essi sono oggetto di un dumping e causano un pregiudizio, è stato menzionato, ai punti da 93 a 104 supra, che una parte del bioetanolo prodotto dai medesimi era stato esportato verso l’Unione e che le esportazioni provenienti da tale produzione erano, a partire dall’entrata in vigore del regolamento impugnato, assoggettate al dazio antidumping da esso istituito. Inoltre, secondo il punto 338 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», le prescrizioni formulate dall’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, secondo le quali i dazi antidumping, per l’importo adeguato al caso, vengono riscossi su tutte le importazioni, qualunque ne sia la provenienza, si riferiscono agli esportatori o produttori oggetto dell’inchiesta, considerati individualmente. A tal riguardo, il considerando 60 del regolamento impugnato enuncia che l’inchiesta verte, da un lato, sui produttori di bioetanolo e, dall’altro, sugli operatori commerciali/miscelatori che esportavano il prodotto in esame nel mercato dell’Unione. Ne consegue che i quattro produttori americani inclusi nel campione sono «fonti» delle importazioni del prodotto gravato dal dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, nonché dell’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC.

199    Inoltre, occorre osservare che il Consiglio non contesta il fatto che i quattro produttori americani inclusi nel campione abbiano collaborato con le istituzioni per tutto il corso dell’inchiesta, e che non vi fosse pertanto alcun motivo per escluderli dal campione per omessa collaborazione.

200    Inoltre, occorre rilevare che le istituzioni non hanno escluso i quattro produttori americani inclusi nel campione per il fatto che non avevano la qualità di fornitore. Per contro, al considerando 63 del regolamento impugnato, il Consiglio ritiene che la struttura dell’industria del bioetanolo e il modo in cui il prodotto in esame era fabbricato e venduto nel mercato degli Stati Uniti ed esportato nell’Unione rendessero impraticabile la determinazione di margini di dumping individuali per i produttori degli Stati Uniti. A suo avviso, esso non era in grado di ricostituire il percorso dei singoli acquisti né di confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti per i prodotti inclusi nel campione, concludendo che non gli era possibile determinare margini di dumping individuali ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base. Risulta da tale ragionamento che il Consiglio intendeva applicare il dazio antidumping ai prodotti dei quattro produttori americani inclusi nel campione senza operare una distinzione fra l’ipotesi in cui essi fossero esportati dagli operatori commerciali/miscelatori e quella in cui essi fossero esportati dai quattro produttori stessi.

201    Ne consegue che, mantenendo i quattro produttori americani inclusi nel campione come membri del campione dei produttori ed esportatori americani, la Commissione ha dunque riconosciuto che essi erano «fornitori» del prodotto oggetto del dumping e, di conseguenza, che il Consiglio era tenuto, in linea di principio, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, a calcolare un margine di dumping individuale, nonché ad istituire dazi antidumping individuali per ciascuno di essi.

202    Tale constatazione non viene rimessa in discussione dall’argomento del Consiglio secondo il quale, se le istituzioni non sono in grado di ricostituire il percorso di ciascun acquisto né di confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, come avviene nella specie, esse non sono obbligate a istituire misure antidumping individuali per ciascun produttore.

203    Anzitutto, occorre constatare che è stato statuito nella sentenza del 15 novembre 2012, Zhejiang Aokang Shoes/Consiglio (C‑247/10 P, EU:C:2012:710, punto 33), che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base fa parte delle disposizioni di tale regolamento dedicate alla sola determinazione del valore normale, mentre l’articolo 17 del medesimo regolamento, relativo al campionamento, rientra tra le disposizioni vertenti segnatamente sui metodi disponibili per la determinazione del margine di dumping e che, pertanto, si tratta di disposizioni aventi contenuto e finalità diverse. A tal riguardo, occorre rilevare che il medesimo principio si applica, per analogia, al rapporto fra, da un lato, l’articolo 2, paragrafi 8 e 9, del regolamento di base, concernente uno dei valori rilevanti per il calcolo del margine di dumping, e, dall’altro, l’articolo 9, paragrafo 5, del medesimo regolamento, concernente il margine di dumping stesso. Pertanto, le disposizioni del regolamento di base dedicate alla determinazione del valore normale o del prezzo all’esportazione hanno contenuto e finalità diverse dalle disposizioni concernenti i metodi disponibili per la determinazione del margine di dumping, come quelle previste all’articolo 9, paragrafo 5, e all’articolo 17 del medesimo regolamento.

204    Inoltre, risulta parimenti dal punto 325 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio» che il fatto che un’autorità debba ricostituire il valore normale e/o il prezzo all’esportazione per uno o più esportatori o produttori non implica necessariamente una deroga alla regola generale relativa alla determinazione dei margini di dumping individuali e che margini di dumping fondati su un valore normale e un prezzo all’esportazione costruito sulla base delle medesime informazioni per numerosi fornitori non sono identici ad un margine applicabile su scala nazionale.

205    A tal riguardo, occorre rilevare che né l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, né l’articolo 6.10 o l’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, prevedono che le istituzioni debbano essere in grado di ricostituire il percorso di ciascun acquisto e di confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti per essere obbligate a calcolare un margine di dumping individuale e imporre un dazio antidumping individuale per ciascun fornitore. Difficoltà del genere non incidono pertanto sulla questione se debba essere imposto un dazio antidumping individuale ed occorre osservare che esistono, nell’ambito del regolamento di base, altri strumenti per porre rimedio ad una siffatta situazione.

206    Tuttavia, qualora le istituzioni incontrino difficoltà nel determinare il valore normale o il prezzo all’esportazione per taluni produttori o esportatori, l’articolo 2, paragrafi 3 e 9, del regolamento di base definisce le regole relative alla possibilità di ricostituire tali valori.

207    Infatti, l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base prevede che, quando non esiste un prezzo all’esportazione oppure quando il prezzo all’esportazione non è considerato attendibile a causa dell’esistenza di un rapporto d’associazione o di un accordo di compensazione tra l’esportatore e l’importatore o un terzo, il prezzo all’esportazione può essere costruito in base al prezzo al quale il prodotto importato è rivenduto per la prima volta ad un acquirente indipendente, ovvero, se il prodotto non viene rivenduto ad un acquirente indipendente o non viene rivenduto nello stato in cui è avvenuta la sua importazione, su qualsiasi altra base equa. In questi casi, per stabilire un prezzo all’esportazione attendibile al livello frontiera dell’Unione, sono applicati adeguamenti per tener conto di tutti i costi, compresi i dazi e le imposte, sostenuti tra l’importazione e la rivendita e dei profitti.

208    Inoltre, e su un altro piano, l’articolo 18, paragrafi 1 e 3, del regolamento di base prevede le condizioni alle quali le istituzioni possono rispettivamente ricorrere ai dati disponibili qualora una parte interessata non comunichi le informazioni necessarie oppure qualora essa comunichi le informazioni non perfettamente conformi alle condizioni richieste. È stato infatti constatato ai punti da 7.215 a 7.216 della relazione del gruppo di esperti del 22 aprile 2003 (WT/DS241/R) nella causa intitolata «Argentina – Dazi antidumping definitivi aventi ad oggetto carni di pollame provenienti dal Brasile», che il fatto che l’autorità incaricata dell’inchiesta riceva informazioni che non sono utilizzabili o attendibili non dovrebbe impedire il calcolo di un margine di dumping individuale per un esportatore, nei limiti in cui l’accordo dumping dell’OMC autorizza espressamente le autorità incaricate dell’inchiesta a completare i dati relativi ad un particolare esportatore al fine di determinare un margine di dumping qualora le informazioni comunicate non siano attendibili o qualora le informazioni necessarie semplicemente non vengano fornite.

209    Nella specie, per quanto attiene al valore normale dei quattro produttori inclusi nel campione, risulta dal punto 45 del documento di informazione provvisorio che la Commissione stessa ha spiegato di essere in grado di ricostituire, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, il valore normale dei medesimi sul fondamento del costo di produzione nel paese d’origine, maggiorato di un congruo importo per le spese generali, amministrative e di vendita e per i profitti. Il Consiglio non contesta tale constatazione.

210    Nei limiti in cui il Consiglio ritiene, al considerando 76 del regolamento impugnato, che non fosse possibile stabilire in modo affidabile un prezzo all’esportazione e un margine di dumping per i produttori inclusi nel campione, occorre rilevare che l’articolo 2, paragrafo 9, del regolamento di base consente, quando non esiste un prezzo all’esportazione per un operatore interessato dall’inchiesta, la ricostituzione di un prezzo siffatto. Infatti, tale disposizione consente, come è stato esposto al punto 207 supra, una ricostruzione del prezzo all’esportazione sul fondamento del prezzo al quale i prodotti importati vengono rivenduti per la prima volta ad un acquirente indipendente o su qualsiasi altra base equa e operando adeguamenti appropriati. A tal riguardo, occorre rammentare che discende dalla giurisprudenza illustrata al punto 203 supra che, mentre l’articolo 2, paragrafi 8 e 9, del regolamento di base, stabilisce esaustivamente i metodi possibili per la determinazione del prezzo all’esportazione, una difficoltà nella determinazione di quest’ultimo non ha alcuna incidenza sulla questione dell’esistenza di un obbligo di applicare un dazio antidumping individuale a taluni operatori.

211    Occorre pertanto respingere l’argomento del Consiglio secondo il quale le istituzioni non erano obbligate ad istituire misure antidumping individuali per ciascun produttore incluso nel campione nella specie.

212    Alla luce della constatazione illustrata al punto 201 supra, occorre dunque, nel prosieguo, verificare se il Consiglio potesse far valere un’eccezione all’obbligo di determinare un margine di dumping individuale per i quattro produttori americani inclusi nel campione nella situazione in esame.

 Sulla questione se fosse impossibile istituire dazi antidumping individuali nella presente fattispecie

213    La controversia fra le parti si focalizza poi sull’interpretazione del termine «[non] possibile» figurante all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

214    Secondo le ricorrenti, il termine «[non] possibile» deve essere interpretato, in sostanza, in conformità agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC e ai termini della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio».

215    Il Consiglio ritiene che l’articolo 9, paragrafo 5, secondo comma, del regolamento di base abbia una portata più generale di detti articoli dell’accordo antidumping dell’OMC, in quanto non precisa le circostanze in cui l’applicazione dei dazi individuali è considerata «[non] possibile». Esso richiama, a tal riguardo, il principio secondo cui gli organi dell’Unione devono interpretare per quanto possibile i testi dell’Unione alla luce del diritto internazionale. Pertanto, il Consiglio ritiene, in sostanza, che tale differenza giustifichi, di per sé, un’interpretazione diversa del termine «[non] possibile» nell’ambito dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

216    In primo luogo, occorre verificare se gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC consentano l’applicazione di un’eccezione all’obbligo di determinare un margine di dumping individuale per ciascun esportatore noto o produttore interessato che potrebbe giustificare l’istituzione di un dazio antidumping a livello nazionale nella specie.

217    Quanto all’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC, i punti da 316 a 318 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio» enunciano che la prima frase del medesimo, secondo la quale le autorità devono determinare il margine di dumping caso per caso per ogni esportatore noto o produttore interessato, stabilisce una norma imperativa e non una preferenza. Essi enunciano parimenti che tale obbligo non è assoluto e che possono esistere eccezioni. Il campionamento sarebbe la sola eccezione alla determinazione di margini di dumping individuali per ogni esportatore noto o produttore interessato, espressamente prevista all’articolo 6.10 di detto accordo. Infatti, la seconda frase di detto articolo prevedrebbe un’eccezione nei casi in cui il numero degli esportatori, produttori, importatori o tipi di prodotto interessati è talmente elevato da rendere impossibile tale determinazione. In tali casi, le autorità potrebbero limitare l’esame ad un numero adeguato di parti o di prodotti interessati, facendo ricorso a campioni statisticamente significativi, oppure al massimo volume percentuale, ragionevolmente esaminabile, delle esportazioni in uscita dal paese in questione.

218    Secondo il punto 320 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», l’obiettivo dei termini «di norma (…) devono determinare», figuranti all’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC, non è esprimere un obbligo contrario ad altre disposizioni del medesimo accordo, il quale consenta di derogare alla regola della determinazione di margini di dumping individuali al di fuori dell’eccezione del campionamento. Tali eccezioni dovrebbero essere previste negli accordi contemplati dall’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie (in prosieguo: gli «accordi contemplati»), in modo da evitare l’elusione dell’obbligo inteso alla determinazione di margini di dumping individuali. Orbene, i membri dell’OMC non avrebbero una possibilità illimitata di creare eccezioni all’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC.

219    Al punto 323 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», l’organo d’appello ha respinto l’argomento secondo il quale l’attribuzione del margine di dumping del produttore all’operatore commerciale che esporta il prodotto sarebbe un’eccezione. Infatti, il riferimento agli «esportatori o produttori», figurante all’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC consentirebbe alle autorità di determinare non un margine di dumping separato per il produttore e per l’esportatore del medesimo prodotto, bensì un solo margine per entrambi. Ciò costituirebbe un’applicazione dell’obbligo di determinare margini di dumping individuali.

220    Secondo il punto 327 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», ogni eccezione alla regola generale enunciata alla prima frase dell’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC deve pertanto essere prevista negli accordi contemplati.

221    Infine, al punto 328 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», viene rilevato che gli accordi dell’OMC non prevedono alcuna eccezione, come quella menzionata all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, concernente i produttori esportatori individuali di un paese non retto da un’economia di mercato, ai quali si applica l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del medesimo regolamento, e che sono soggetti ad un dazio antidumping a livello nazionale, a meno che tali esportatori possano dimostrare di soddisfare le condizioni che consentono di beneficiare di un trattamento individuale.

222    Per quanto attiene all’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, viene spiegato al punto 344 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio» che esiste un forte parallelismo fra il medesimo e l’articolo 6.10 dell’accordo antidumping dell’OMC, nella parte in cui quest’ultimo prescrive la determinazione di margini di dumping individuali; ciò comporta l’obbligo, per le autorità in questione, di imporre dazi antidumping su una base individuale come prevista dall’articolo 9.2 del medesimo accordo. Inoltre, l’organo di appello constata che detti articoli utilizzano al contempo gli stessi termini «[non] possibile» o «impossibile» per descrivere i casi in cui l’eccezione si applica, indicando così che le due eccezioni si riferiscono alla situazione in cui un’autorità determina margini di dumping utilizzando un campione. Tuttavia, l’organo d’appello dell’OMC ha parimenti osservato che la questione sollevata dinanzi al medesimo non riguardava né la portata dell’eccezione prevista all’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, né la questione se tale eccezione e quella prevista all’articolo 6.10 del medesimo accordo fossero perfettamente sovrapponibili.

223    Tuttavia, al punto 354 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», si conclude che l’articolo 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC obbliga le autorità a precisare i dazi imposti a ciascun fornitore, a meno che ciò non sia possibile, qualora diversi fornitori siano coinvolti.

224    Infine, secondo il punto 376 della relazione dell’organo di appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio», gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC non impediscono che l’autorità incaricata dell’inchiesta determini un margine di dumping unico e un dazio di dumping unico per un certo numero di esportatori qualora essa accerti che essi costituiscono un’unica entità ai fini dell’applicazione di detti articoli.

225    Di conseguenza, si evince dall’esame della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio» che, qualora l’autorità sia ricorsa al campionamento, come nel caso di specie, l’accordo antidumping fissa l’obbligo di determinare margini di dumping individuali e di istituire dazi antidumping individuali per ciascun fornitore che collabora all’inchiesta e che le eccezioni a tale obbligo sono, in linea di principio, in primo luogo, il caso dei produttori o esportatori non inclusi nel campione, salvo quelli contemplati all’articolo 6.10.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, e, in secondo luogo, il caso degli operatori che costituiscono un’unica entità. Tuttavia, non risulta dall’accordo antidumping dell’OMC che esiste un’eccezione all’obbligo di imporre un dazio antidumping individuale ad un produttore incluso nel campione che ha collaborato all’inchiesta qualora le istituzioni ritengano di non essere in grado di stabilire per il medesimo un prezzo all’esportazione individuale.

226    In secondo luogo, occorre verificare se tali constatazioni della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011 nella causa «elementi di fissaggio» concernenti l’interpretazione degli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC si applichino parimenti quando il Consiglio applica l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

227    Quanto all’argomento del Consiglio secondo il quale l’obbligo di interpretare il regolamento di base tenendo conto dell’accordo antidumping dell’OMC è limitato, in quanto i testi delle disposizioni in questione sarebbero divergenti, in primo luogo, occorre rammentare che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e gli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC utilizzano i termini «[non] possibile» o «impossibile», i quali sono sinonimi. Inoltre, occorre osservare che nel testo dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base non vi è nulla che osti ad un’interpretazione del termine «[non] possibile» in conformità agli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC. Il mero fatto, poi, che l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base non fornisca precisazioni quanto al termine «[non] possibile» non consente di concludere, come fatto valere dal Consiglio, che detta disposizione prevede in tal modo un’eccezione dalla portata più ampia rispetto a quella prevista nelle disposizioni dell’accordo antidumping dell’OMC.

228    In secondo luogo, occorre rammentare che si evince chiaramente dal testo dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base che la determinazione di un margine di dumping e l’imposizione di un dazio antidumping a livello nazionale è un’eccezione alla regola generale. Un’interpretazione «più generale» del termine «[non] possibile», come proposta dal Consiglio, conferirebbe al medesimo un potere discrezionale estremamente ampio per quanto riguarda le possibilità di rinunciare all’istituzione di dazi antidumping individuali. Una siffatta interpretazione sarebbe contraria all’obiettivo del legislatore di attuare le raccomandazioni e le decisioni del DSB relative alla causa «elementi di fissaggio» in modo tale da rispettare i suoi obblighi nell’ambito dell’OMC (v. punto 179 supra).

229    Infatti, emerge dai considerando del regolamento n. 765/2012 che il legislatore dell’Unione intendeva attuare integralmente la decisione dell’organo d’appello dell’OMC in detta causa. In particolare, con l’articolo 1 del regolamento n. 765/2012, il legislatore dell’Unione ha soppresso, nel primo comma dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, il riferimento all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), di detto regolamento, nonché il secondo comma, il quale precisava le condizioni alle quali i produttori esportatori individuali di paesi non retti da un’economia di mercato potevano dimostrare di soddisfare le condizioni che consentivano di beneficiare di un trattamento individuale. Inoltre, risulta dal considerando 2 del regolamento n. 765/2012 che il legislatore dell’Unione ha aggiunto un secondo nuovo comma all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, al fine di includere le precisazioni apportate dall’organo d’appello dell’OMC sulle circostanze in cui le autorità potevano determinare un margine di dumping e un dazio di dumping unici per più esportatori costituenti un’unica entità.

230    Peraltro, come è stato constatato al punto 182 supra, le modifiche apportate all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, in sostanza non vertono sulla parte rilevante nella presente fattispecie, e secondo la quale il regolamento che impone il dazio indica l’importo del medesimo per ciascun fornitore oppure, qualora non sia possibile, il nome del paese fornitore interessato.

231    Ne consegue che il Consiglio ritiene erroneamente che la formulazione dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base e quella degli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC, nella misura in cui sono pertinenti nella fattispecie, siano sostanzialmente diverse. Di conseguenza, l’argomento del Consiglio, secondo il quale il termine «[non] possibile», menzionato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, avrebbe una portata generale, deve essere respinto.

232    Risulta da quanto precede che il termine «[non] possibile» menzionato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base deve essere interpretato in conformità al termine analogo impiegato negli articoli 6.10 e 9.2 dell’accordo antidumping dell’OMC. Pertanto, allorché l’autorità ricorre al campionamento, il termine «[non] possibile» utilizzato all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base ammette, in linea di principio, due eccezioni alla determinazione di margini di dumping individuali, nonché all’istituzione di dazi antidumping individuali per gli operatori che hanno collaborato all’inchiesta, ossia, in primo luogo, il caso dei produttori o esportatori non inclusi nel campione, salvo quelli per cui l’articolo 17, paragrafo 3, del regolamento di base prevede un margine di dumping individuale, e, in secondo luogo, il caso degli operatori che costituiscono un’unica entità. In altri termini, qualora le istituzioni abbiano fatto ricorso al campionamento, come nella specie, in linea di principio un’eccezione alla determinazione di margini di dumping individuali nonché all’istituzione di dazi antidumping individuali è possibile unicamente per le imprese che non fanno parte di un campione e che non hanno altrimenti diritto all’attribuzione di un dazio antidumping individuale. In particolare, l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base non consente alcuna eccezione all’obbligo di applicare un dazio antidumping individuale ad un produttore incluso nel campione che ha collaborato all’inchiesta, qualora le istituzioni ritengano di non essere in grado di stabilire per il medesimo un prezzo all’esportazione individuale.

233    Di conseguenza, risulta dall’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base che, qualora produttori e/o esportatori facciano parte di un campione, le istituzioni sono tenute a precisare i dazi antidumping dovuti da ciascun fornitore.

234    In terzo luogo, è alla luce di tali considerazioni che occorre verificare se, nella specie, il Consiglio potesse correttamente ricorrere ad un’eccezione all’obbligo di determinare un margine di dumping individuale per ciascun esportatore noto o produttore interessato, idonea a giustificare l’istituzione di un dazio antidumping a livello nazionale.

235    Nella specie, emerge dai considerando da 6 a 10 del regolamento impugnato che, a causa del numero elevato di produttori esportatori negli Stati Uniti, la Commissione ha deciso di ricorrere ad un campionamento in conformità all’articolo 17 del regolamento di base.

236    Secondo il considerando 64 del regolamento impugnato, il margine di dumping è stato stabilito a livello nazionale per gli Stati Uniti. Di conseguenza, il regolamento impugnato impone un dazio antidumping a livello nazionale ad un tasso di EUR 62,30 per tonnellata netta, applicabile in proporzione al tenore totale, in peso, di bioetanolo.

237    Al considerando 63 del regolamento impugnato, il Consiglio giustifica la determinazione di un margine di dumping a livello nazionale nella specie considerando che la struttura dell’industria del bioetanolo e il modo in cui il prodotto in esame era fabbricato e venduto nel mercato degli Stati Uniti ed esportato nell’Unione rendevano impraticabile la determinazione di margini di dumping individuali per i produttori degli Stati Uniti. A suo avviso, i produttori del campione americano non hanno esportato il prodotto in esame nell’Unione e gli operatori commerciali/miscelatori che sono stati sottoposti all’inchiesta si procuravano il bioetanolo presso vari produttori, lo miscelavano e lo vendevano, in particolare esportandolo nell’Unione. Pertanto, il Consiglio ritiene che non fosse possibile ricostituire individualmente il percorso di tutti gli acquisti e confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti e neanche identificare il produttore al momento dell’esportazione verso l’Unione.

238    In sostanza, il Consiglio ritiene dunque che esso non potesse, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, determinare margini di dumping individuali in quanto non era possibile stabilire in modo affidabile un prezzo all’esportazione e un margine di dumping per i quattro esportatori americani inclusi nel campione, dal momento che essi non avevano effettuato alcuna esportazione verso l’Unione del prodotto in esame durante il periodo d’inchiesta; che lo stesso non fosse pertanto in grado di ricostruire il percorso dei loro prodotti esportati verso l’Unione, e che tali soggetti non avevano in generale alcuna idea della data delle esportazioni o del prezzo pagato o da pagare dagli importatori dell’Unione (v. considerando 76 del regolamento impugnato).

239    A tal riguardo, da un lato, occorre rilevare che il Consiglio fonda dunque l’applicazione dell’eccezione alla regola consistente nel determinare i margini di dumping individuali e nell’istituire i dazi antidumping individuali su ragioni diverse dall’eccezione concernente i produttori o gli esportatori non inclusi nel campione qualora l’autorità sia ricorsa al campionamento oppure da quella concernente gli operatori che costituiscono un’unica entità (v. punti 225 e 232 supra).

240    Dall’altro lato, occorre rilevare che il Consiglio non fa valere che l’eccezione da esso applicata sarebbe stata fondata su un’altra eccezione risultante dagli accordi contemplati, richiamati ai punti 218 e 220 supra.

241    Di conseguenza, il Consiglio ha concluso erroneamente che l’istituzione dei dazi antidumping individuali per i membri del campione degli esportatori americani «[non era] possibile» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

242    Infatti, per quanto riguarda la possibilità di calcolare margini di dumping individuali, è stato spiegato ai punti da 202 a 211 supra che, qualora le istituzioni avessero riscontrato delle difficoltà nel determinare il valore normale e il prezzo all’esportazione per taluni produttori o esportatori, l’articolo 2, paragrafi 3 e 9, del regolamento di base definiva le regole che consentivano di ricostituire tali valori.

243    Inoltre, per quanto attiene alle considerazioni secondo le quali non era possibile ricostituire il percorso dei prodotti dei produttori inclusi nel campione esportati verso l’Unione, e secondo le quali i produttori inclusi nel campione non avevano in generale alcuna idea della data delle esportazioni o del prezzo pagato o da pagare dagli importatori dell’Unione, è sufficiente constatare che la Commissione, in forza del suo ampio potere discrezionale, avrebbe potuto escludere dal campione dei produttori ed esportatori i quattro produttori americani nello stesso ricompresi, per il fatto che essi non erano fornitori coinvolti nell’esportazione del bioetanolo verso l’Unione, dal momento che, secondo la medesima e secondo il Consiglio, non erano individuabili al momento dell’esportazione del bioetanolo verso l’Unione. Orbene, la Commissione li ha mantenuti in detto campione per tutto il periodo dell’inchiesta.

244    Di conseguenza, il fatto che le istituzioni reputassero di avere difficoltà a ricostituire il percorso delle vendite individuali o a confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti, per i produttori inclusi nel campione, non consentiva di ritenere che, nella specie, l’istituzione dei dazi antidumping individuali per i membri del campione degli esportatori americani «[non fosse] possibile» ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

245    Si deve concludere che il regolamento impugnato viola l’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, in quanto istituisce un dazio antidumping a livello nazionale in relazione ai quattro produttori americani inclusi nel campione.

246    Risulta da quanto precede che la seconda parte del primo motivo deve essere accolta e, pertanto, il primo motivo nel suo insieme, senza che sia necessario esaminare le altre parti di detto motivo, nonché gli argomenti sollevati nell’ambito della seconda parte, con i quali le ricorrenti fanno valere, in modo generico, violazioni dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonché dell’obbligo di motivazione.

 Sul decimo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento di base, nonché dei diritti della difesa, dei principi di non discriminazione e di buona amministrazione e alla carenza di una sufficiente motivazione

247    Nella misura in cui il ricorso di cui trattasi è ricevibile, essendo stato proposto dalle ricorrenti a titolo individuale, occorre parimenti esaminare la fondatezza del decimo motivo.

248    Nell’ambito del decimo motivo, le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che le istituzioni avrebbero commesso diverse irregolarità procedurali dalle quali sono risultate talune violazioni dei diritti procedurali.

249    Il decimo motivo si suddivide in quattro parti, relative, rispettivamente, la prima, alla violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base e ad un’insufficienza di motivazione; la seconda, alla violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base; la terza, alla violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento, nonché dei diritti della difesa e, la quarta, alla violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, di detto regolamento, nonché dei diritti della difesa.

 Osservazioni preliminari

250    Secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che deve essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento. Tale principio impone che i destinatari delle decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il loro punto di vista (v. sentenza del 1° ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, Racc., EU:C:2009:598, punto 83 e la giurisprudenza ivi citata).

251    A tal riguardo, occorre sottolineare che il rispetto dei diritti della difesa riveste importanza capitale in procedimenti quali quelli di specie (v. sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 250 supra, EU:C:2009:598, punto 93 e la giurisprudenza ivi citata).

252    Sussiste una violazione dei diritti della difesa qualora sia ipotizzabile che, a causa di un’irregolarità in cui è incorsa la Commissione, il procedimento amministrativo da quest’ultima instaurato avrebbe potuto portare ad un risultato differente. Una ricorrente fornisce la prova del verificarsi di tale violazione quando dimostri in modo sufficiente non già che la decisione impugnata avrebbe avuto un contenuto differente, bensì che essa avrebbe potuto difendersi più efficacemente in assenza di irregolarità, ad esempio per il fatto che avrebbe potuto utilizzare per la propria difesa documenti il cui accesso le è stato rifiutato nell’ambito del procedimento amministrativo (v., in tal senso, sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 250 supra, EU:C:2009:598, punto 94 e la giurisprudenza ivi citata).

253    Inoltre, dal momento che un regolamento che istituisce dazi antidumping definitivi si inserisce nell’impianto sistematico di un complesso di misure, non può esigersi che la sua motivazione specifichi i diversi elementi di fatto e di diritto, talvolta molto numerosi e complessi, che ne sono oggetto, né che le istituzioni prendano posizione rispetto a tutti gli argomenti fatti valere dagli interessati. Al contrario, è sufficiente che l’autore dell’atto esponga i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un’importanza essenziale nell’impianto del regolamento contestato (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2010, Whirlpool Europe/Consiglio, T‑314/06, Racc., EU:T:2010:390, punto 114).

254    Tuttavia, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una giurisprudenza costante, tali elementi debbono essere sufficientemente chiari e precisi per consentire alla parte convenuta di preparare le proprie difese e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, se del caso, senza ulteriori informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, è necessario che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (v., in tal senso, ordinanza dell’11 gennaio 2013, Charron Inox e Almet/Commissione e Consiglio, T‑445/11 e T‑88/12, EU:T:2013:4, punto 57).

255    È necessario esaminare gli argomenti sollevati dalle ricorrenti nelle quattro parti del decimo motivo alla luce di queste considerazioni.

 Sulla prima parte del decimo motivo, relativa alla natura incompleta del documento di informazione definitivo e alla violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, nonché ad errori di motivazione nel regolamento impugnato

256    Le ricorrenti fanno valere che il documento di informazione definitivo non conteneva informazioni sufficienti sui diversi elementi concernenti il calcolo del margine di dumping e del pregiudizio, su taluni adeguamenti, sull’industria dell’Unione e sulla modifica a cinque anni del periodo di validità delle misure imposte. Secondo le ricorrenti, ne risulta una violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, e il regolamento impugnato non sarebbe pertanto correttamente motivato. A questo proposito, le ricorrenti deducono sette censure distinte.

257    Il Consiglio contesta tali argomenti.

258    Anzitutto, occorre osservare che, stando al titolo del decimo motivo nell’atto introduttivo del ricorso, le ricorrenti invocano «numerose violazioni dei diritti della difesa delle ricorrenti e dei loro membri». Orbene, quanto alla prima parte del presente motivo, occorre rilevare che si evince dal punto 152 dell’atto introduttivo del ricorso che essa riguarda «il documento di informazione definitivo che [le ricorrenti] hanno ricevuto». Inoltre, le ricorrenti non rilevano affatto, nell’atto introduttivo del ricorso, che la presente parte riguarderebbe la comunicazione del documento di informazione definitivo ad un’altra parte del procedimento amministrativo. Ne consegue che la presente parte deve essere interpretata nel senso che essa verte su asserite violazioni dei diritti procedurali delle ricorrenti quali parti interessate nel procedimento antidumping.

259    Occorre constatare che l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base prevede, segnatamente, che i denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative ed i rappresentanti del paese esportatore possono chiedere di essere informati degli elementi specifici dei principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive. Secondo l’articolo 20, paragrafo 4, del medesimo regolamento, le informazioni finali sono comunicate per iscritto e la trasmissione tiene debitamente conto dell’esigenza di tutelare le informazioni riservate, avviene il più rapidamente possibile e di norma entro un mese prima della decisione definitiva o della presentazione di qualsiasi proposta di atto definitivo da parte della Commissione. Esso prevede parimenti che eventuali fatti e considerazioni che la Commissione non può comunicare al momento della risposta sono resi noti successivamente il più rapidamente possibile.

260    Con la prima censura, le ricorrenti fanno valere che il documento di informazione definitivo non ha fornito alcuna informazione in ordine al calcolo del margine di dumping e al pregiudizio a livello nazionale, ad eccezione di alcune dichiarazioni generali. Senza tale informazione le ricorrenti «e i loro membri» non hanno potuto sottoporre alcun tipo di osservazione sull’assenza di errori amministrativi nei calcoli, sull’assenza di errori metodologici nel metodo applicato, sulla questione se i prezzi di vendita nazionali fossero stati riportati al livello franco fabbrica e sulla questione se fossero stati effettuati gli adeguamenti necessari.

261    In primo luogo, occorre constatare, per quanto attiene al margine di pregiudizio, che la prima censura è contraddetta dalla seconda censura (v. punti da 268 a 270 infra), secondo la quale la Commissione avrebbe fornito «una nota esplicativa e tabelle Excel a sostegno del calcolo del margine di pregiudizio». Di conseguenza, occorre respingere la prima censura, nella misura in cui riguarda informazioni relative al margine del pregiudizio.

262    In secondo luogo, per quanto attiene al margine di dumping, occorre osservare che, da un lato, le ricorrenti non individuano, nelle loro memorie, le «dichiarazioni generali» relative al calcolo del margine di dumping nel documento di informazione definitivo alle quali esse fanno riferimento. Dall’altro, le ricorrenti non spiegano le ragioni per cui esse ritengono che tali dichiarazioni siano inadeguate e non individuano le informazioni delle quali esse, a loro avviso, avrebbero avuto bisogno. In assenza di siffatte precisazioni, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 252 supra, nonché in forza di quella citata al punto 254 supra, la prima censura deve essere respinta in quanto irricevibile.

263    In ogni caso, quanto al margine di dumping, occorre ricordare che, secondo le considerazioni concernenti il dumping figuranti ai punti da 60 a 74 del documento di informazione definitivo, i quali corrispondono, in sostanza, ai considerando da 60 a 62, da 64 a 68, 72, 74 e 75, nonché a parti dei considerando 70, 73 e 76 del regolamento impugnato, lo stesso è stato determinato nella specie a partire da dati forniti dagli operatori commerciali/miscelatori indipendenti, ossia i loro prezzi di vendita interni per il valore normale e i loro prezzi ai clienti nell’Unione per il prezzo all’esportazione. Pertanto, tali informazioni costituiscono generalmente, come rilevato giustamente dal Consiglio, dati riservati degli operatori commerciali/miscelatori che potevano, in assenza di circostanze particolari, non essere comunicati alle parti interessate come le ricorrenti, le quali rappresentavano gli interessi dei loro fornitori.

264    Del pari, occorre rilevare che le ricorrenti non dimostrano come avrebbero potuto difendersi più efficacemente in assenza di tale irregolarità, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 252 supra. Infatti, esse non deducono alcun argomento relativo ad un errore di fatto o di diritto commesso dalle istituzioni, ma si limitano a constatare la loro impossibilità di fornire osservazioni su situazioni ipotetiche, come quelle relative all’assenza di errori amministrativi nei calcoli e di errori metodologici nel metodo applicato, nonché sulla questione se fossero stati effettuati gli adeguamenti necessari. Inoltre, occorre constatare che le ricorrenti non spiegano affatto come le stesse sarebbero state in grado di fornire osservazioni rilevanti con riferimento ad informazioni non riservate relative ai prezzi degli operatori commerciali/miscelatori di cui trattasi, e non illustrano neanche gli adeguamenti che, a loro avviso, avrebbero potuto essere necessari.

265    Per quanto attiene all’asserita impossibilità di fornire osservazioni «sulla questione se i prezzi di vendita nazionali fossero stati riportati al livello franco fabbrica», le ricorrenti non specificano il calcolo al quale esse si riferiscono. Tale argomento, di conseguenza, non viene sollevato in modo coerente e comprensibile ai sensi della giurisprudenza illustrata al punto 254 supra e deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile. In ogni caso, occorre constatare che si evince dal punto 94 del documento di informazione definitivo e dal considerando 97 del regolamento impugnato che i prezzi di vendita medi ponderati per tipo di prodotto fatturato dai produttori dell’Unione inclusi nel campione a clienti indipendenti nel mercato dell’Unione sono stati effettivamente adeguati al livello franco fabbrica.

266    In terzo luogo, nei limiti in cui le ricorrenti affermano che ai «loro membri» era precluso fornire talune osservazioni, è sufficiente osservare che le stesse non indicano, nelle proprie memorie, quali fossero i membri interessati dal loro argomento. Pertanto, non risulta in maniera comprensibile dalle memorie delle ricorrenti, ai sensi della giurisprudenza illustrata al punto 254 supra, quali siano i membri ai quali esse si riferiscono, cosicché la prima censura deve essere respinta in quanto irricevibile, nella misura in cui essa riguarda una violazione dei diritti procedurali dei membri delle ricorrenti durante il procedimento antidumping.

267    Ne consegue che la prima censura deve essere integralmente respinta.

268    Con la seconda censura, le ricorrenti fanno valere che, per quanto attiene ai due operatori commerciali/miscelatori che hanno collaborato all’inchiesta, la Commissione non ha fornito né una nota esplicativa sul metodo utilizzato per calcolare il margine di dumping né una versione elettronica delle tabelle «Excel» a sostegno del calcolo del margine di dumping, il che «rendeva la comprensione del risultato finale ancora più difficile».

269    Si deve osservare che le ricorrenti non spiegano in che misura, in assenza dell’irregolarità addotta, il procedimento antidumping avrebbe potuto portare ad un risultato differente, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 252 supra.

270    In ogni caso, in primo luogo, occorre rilevare che, secondo quanto replica il Consiglio, i due operatori commerciali/miscelatori che hanno collaborato all’inchiesta hanno regolarmente ricevuto il calcolo del margine di dumping nonché un documento di informazione supplementare a seguito delle loro osservazioni sul documento di informazione definitivo. Il Consiglio sostiene di non aver potuto versare tali documenti nel fascicolo non riservato, in quanto essi contenevano informazioni che non potevano essere comunicate alle ricorrenti per ragioni di riservatezza. Le ricorrenti non contestano tale argomento. In secondo luogo, per quanto attiene all’addotta assenza di spiegazioni concernenti il metodo utilizzato per calcolare il margine di dumping, le ricorrenti non indicano in che senso esse ritengono che le spiegazioni fornite ai punti 72 e 73 del documento di informazione definitivo, come riprese ai considerando 74 e 75 del regolamento impugnato, non siano adeguate. In terzo luogo, per quanto attiene all’assenza di tabelle in formato «Excel», si deve rilevare che le istituzioni non sono affatto tenute a fornire alle parti interessate una «versione elettronica delle tabelle Excel a sostegno del calcolo del margine di dumping».

271    Ne consegue che la seconda censura dev’essere respinta.

272    Con la terza censura, le ricorrenti affermano che la Commissione non ha esaminato, nel documento di informazione definitivo, gli argomenti fatti valere dalle ricorrenti e dai loro membri nelle loro osservazioni sul documento di informazione provvisorio, segnatamente «in relazione ai motivi specifici sul fondamento dei quali essa ha concluso che le società del campione non disponevano di prezzi all’esportazione, malgrado le prove fornite da vari membri delle ricorrenti».

273    In primo luogo, per quanto attiene agli argomenti delle ricorrenti contenuti nelle loro osservazioni scritte in risposta al documento di informazione provvisorio e concernenti l’assenza di un prezzo all’esportazione delle società incluse nel campione, da un lato, occorre rilevare che l’informazione finale, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base, verte sui principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive. Ne consegue che non discende da tale disposizione alcun obbligo, per la Commissione, di soffermarsi, nel documento di informazione definitivo, sugli argomenti fatti valere da una parte interessata nelle sue osservazioni sul documento di informazione provvisorio, qualora essa non ritenga che tali argomenti vertano sui principali fatti e considerazioni in base ai quali si intende raccomandare l’istituzione di misure definitive.

274    Dall’altro canto, nella specie, occorre rilevare che la Commissione ha osservato, ai punti 62 e 68 del documento di informazione definitivo, i quali corrispondono, in sostanza, ai considerando 63 e 69 del regolamento impugnato, che i produttori americani inclusi nel campione non avevano esportato il prodotto in esame nell’Unione; che non era possibile ricostituire individualmente il percorso di tutti gli acquisti e confrontare i valori normali con i prezzi all’esportazione corrispondenti; che non era possibile identificare il produttore al momento dell’esportazione verso l’Unione e che tali produttori non erano a conoscenza del livello dei prezzi all’esportazione verso l’Unione. Su tale fondamento, essa ha respinto l’argomento di taluni produttori americani, secondo il quale il prezzo di vendita praticato dai produttori degli Stati Uniti nei confronti degli operatori commerciali/miscelatori indipendenti del loro paese potrebbe servire come prezzo all’esportazione. Le ricorrenti non spiegano in che senso tali constatazioni sarebbero inadeguate.

275    In secondo luogo, per quanto attiene agli argomenti secondo cui la Commissione ha omesso di esaminare, nel documento di informazione definitivo, gli argomenti fatti valere dalle ricorrenti e dai loro membri nelle loro osservazioni sul documento di informazione provvisorio e secondo cui essa non ha preso in considerazione le «prove fornite da vari membri delle ricorrenti», occorre constatare che esse non indicano quali argomenti non sarebbero stati esaminati dalla Commissione nel documento di informazione definitivo; quali siano, fra i loro membri, quelli che avrebbero fornito tali argomenti o quali prove non sarebbero state prese in considerazione dalla Commissione. Tali argomenti non soddisfano pertanto le condizioni previste all’articolo 44, paragrafo 1, lettera d), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il quale esige che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali il ricorso si fonda emergano in modo coerente e comprensibile dall’atto introduttivo stesso (v. punto 254 supra) e devono, pertanto, essere dichiarati irricevibili.

276    Occorre dunque respingere integralmente la terza censura.

277    Con la quarta censura, le ricorrenti fanno valere che il documento di informazione definitivo non ha fornito alcuna spiegazione sull’assenza di adeguamento del volume delle importazioni dagli Stati Uniti in funzione della percentuale del carburante, mentre tale adeguamento era stato effettuato per le importazioni in uscita da tutti gli altri paesi.

278    A tal riguardo, occorre rilevare che le ricorrenti non spiegano, nell’ambito della presente censura, in che modo, in assenza dell’irregolarità addotta, il procedimento antidumping avrebbe potuto portare ad un risultato differente, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 252 supra. In ogni caso, risulta dal terzo motivo che la spiegazione data nel documento di informazione definitivo a tal riguardo ha consentito alle ricorrenti di contestare l’assenza di un adeguamento analogo nel caso delle importazioni dagli Stati Uniti. Ne consegue che la quarta censura deve essere anch’essa respinta in quanto infondata.

279    Con la quinta censura, le ricorrenti sostengono che il documento di informazione definitivo non ha fornito alcun dettaglio sulla ragione per la quale l’esclusione «dall’inizio» dei produttori di miscele E85 e di miscele analoghe dell’industria dell’Unione non aveva avuto alcun impatto sulla determinazione del pregiudizio importante. Nessun elemento del fascicolo avvalorerebbe a tal riguardo la constatazione della Commissione contenuta nella sua risposta alle osservazioni delle ricorrenti sul documento di informazione definitivo, secondo la quale la produzione di siffatte miscele «[era] estremamente limitata».

280    A tal riguardo, il Consiglio spiega, nel controricorso, che tali affermazioni sono erronee, in quanto la Commissione non ha escluso le miscele E85 «dall’inizio». Secondo le informazioni disponibili, vi sarebbero stati soltanto alcuni produttori di miscele E85 nell’Unione, la cui produzione sembrava essere estremamente limitata; i questionari non riservati di due produttori dell’Unione avevano indicato che essi producevano E85 in esigue quantità, e che tali esigue quantità constatate sarebbero pertanto state utilizzate nei calcoli.

281    Da un lato, occorre constatare che le ricorrenti non concretizzano l’espressione «miscele simili». Di conseguenza, l’argomento concernente dette «miscele simili» non viene sollevato in modo coerente e comprensibile ai sensi della giurisprudenza illustrata al punto 254 supra e deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile.

282    Dall’altro lato, le ricorrenti non contestano la veridicità degli elementi elencati dal Consiglio nel controricorso. Pertanto, occorre rilevare che risulta dalle spiegazioni del Consiglio che le miscele E85 non sono state escluse «dall’inizio» dall’inchiesta, e che esistevano degli elementi nel fascicolo amministrativo che avvaloravano il fatto che la produzione delle miscele in questione nell’Unione era «estremamente limitata». Pertanto, la quinta censura deve essere respinta quanto al resto in quanto infondata.

283    Con la sesta censura, le ricorrenti fanno valere che, malgrado una loro richiesta in tal senso al consigliere‑auditore nell’udienza dinanzi alla Commissione, il Consiglio non ha fornito i dati relativi al costo delle materie prime dei produttori dell’industria dell’Unione. Disporre di tali dati avrebbe consentito loro di dimostrare «con maggiore certezza» che il pregiudizio importante fatto valere era causato dall’aumento dei costi delle materie prime dell’industria dell’Unione.

284    A tal riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che le ricorrenti hanno chiesto, all’udienza dell’11 settembre 2012, di essere informate sui «dati relativi alle tendenze dei costi di produzione e delle materie prime». Secondo il verbale di tale udienza, il consigliere‑auditore ha invitato l’équipe d’inchiesta della Commissione a fornire spiegazioni per iscritto entro il 18 settembre 2012. Da un lato, occorre rilevare che le ricorrenti non affermano affatto, nelle loro memorie, che non è stato dato un adeguato seguito nei confronti di tale richiesta del consigliere‑auditore. Dall’altro, le ricorrenti non dimostrano neanche che esse avrebbero reiterato la loro richiesta nell’ambito dell’informazione finale ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento di base.

285    Occorre poi constatare che le ricorrenti non hanno fornito alcun elemento che indichi che esse avrebbero chiesto al Consiglio di fornire loro i dati in questione.

286    Infine, il Consiglio spiega che le informazioni secondo le quali la maggior parte dei produttori dell’industria dell’Unione copriva il rischio di fluttuazione dei prezzi delle materie prime hanno carattere riservato e che non era pertanto possibile versarle nel fascicolo non riservato, circostanza questa che non viene rimessa in discussione dalle ricorrenti.

287    Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che le istituzioni non avevano dato seguito in modo soddisfacente, nell’ambito degli obblighi risultanti dall’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, alle loro richieste di accesso alle informazioni supplementari concernenti i costi delle materie prime dell’industria dell’Unione. Pertanto, l’argomento sotteso alla sesta censura non può essere accolto.

288    Con la settima censura, le ricorrenti fanno valere che il documento di informazione supplementare, nel quale la Commissione ha proposto di modificare il periodo di validità della misura antidumping definitiva proposta da tre a cinque anni, non era sufficientemente motivato, in quanto esso ha «unicamente respinto due delle tre ragioni sulla base delle quali il Consiglio aveva inizialmente proposto una validità di tre anni» e non avrebbe «esaminato la terza ragione».

289    Occorre rilevare, come giustamente dedotto dal Consiglio, senza essere contraddetto dalle ricorrenti a tal riguardo, che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base, il periodo di validità normale delle misure antidumping è di cinque anni. In tal senso, il documento di informazione supplementare prevedeva pertanto un ripristino del periodo normale. A tal riguardo, è giocoforza constatare che l’obbligo di motivazione nell’ambito delle misure antidumping non impone alle istituzioni di spiegare sotto quale profilo una posizione prospettata in una certa fase del procedimento amministrativo fosse eventualmente infondata (v., in tal senso, sentenza Whirlpool Europe/Consiglio, punto 253 supra, EU:T:2010:390, punto 116).

290    Inoltre, le ricorrenti non illustrano l’impatto del mancato esame, nel documento di informazione definitivo, della «terza ragione» invocata inizialmente dalla Commissione per giustificare un periodo di validità di soli tre anni.

291    Di conseguenza, occorre respingere la settima censura in quanto infondata.

292    Dal momento che le sette censure sollevate dalle ricorrenti non possono essere accolte, occorre parimenti respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale il regolamento impugnato non è «correttamente motivato» per il fatto che il documento di informazione definitivo era incompleto. Di conseguenza, la prima parte del decimo motivo dev’essere dichiarata parzialmente irricevibile e parzialmente infondata.

 Sulla seconda parte del decimo motivo, relativa al fatto che il documento di informazione supplementare è stato trasmesso, in primo luogo, agli Stati membri e al denunziante e successivamente alle ricorrenti, in violazione dei principi di buona amministrazione e di non discriminazione, dei diritti della difesa, nonché dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base

293    Le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che la Commissione ha sottoposto la proposta di modificare il periodo di validità delle misure da tre a cinque anni ai rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato consultivo e al denunziante prima che tale informazione fosse stata loro comunicata, e ciò in violazione dei principi di non discriminazione e di buona amministrazione, nonché dei diritti della difesa delle ricorrenti e dei «loro membri». Inoltre, il fatto che il comitato consultivo abbia approvato la modifica del periodo di validità delle misure in occasione di una riunione che ha avuto luogo due giorni prima della comunicazione alle parti interessate del documento di informazione definitivo, e dunque prima delle osservazioni delle ricorrenti, violerebbe l’obbligo di prendere in considerazione le osservazioni relative al documento di informazione definitivo, previsto all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base.

294    Il Consiglio contesta gli argomenti delle ricorrenti.

295    Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, «[l]e osservazioni presentate dopo l’informazione finale sono prese in considerazione unicamente se sono ricevute entro un termine fissato dalla Commissione, per ciascun caso, in funzione dell’urgenza della questione e comunque non inferiore a dieci giorni».

296    In primo luogo, per quanto attiene all’asserita violazione dei diritti della difesa, è sufficiente constatare che le ricorrenti non spiegano come esse stesse o i loro membri avrebbero potuto difendersi più efficacemente in assenza della presunta irregolarità. Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza citata al punto 252 supra, tale argomento deve essere respinto.

297    In secondo luogo, quanto all’argomento secondo il quale il denunziante è stato informato della modifica del periodo di validità delle misure prima della comunicazione di tale informazione alle altre parti interessate, le ricorrenti invocano un comunicato stampa pubblicato sul sito Internet della ePure il 20 dicembre 2012, nel quale quest’ultima avrebbe annunciato che l’Unione aveva fatto passi avanti nell’imposizione di misure antidumping, nella specie, per un periodo di cinque anni, in quanto una siffatta «decisione» sarebbe stata «approvata» dalla maggioranza degli Stati membri.

298    Il Consiglio contesta tale affermazione e fa valere nel controricorso che la Commissione ha informato contestualmente tutte le parti interessate, incluso il denunziante, della proposta di modificare il periodo di validità delle misure, ossia il 21 dicembre 2012. Esso aggiunge di non essere tenuto a spiegare o a difendere il contenuto di un comunicato stampa pubblicato da un terzo.

299    A tal riguardo, occorre rilevare che detto comunicato stampa è unicamente un indizio, il quale non dimostra che il Consiglio o la Commissione avrebbero in realtà informato il denunziante prima delle ricorrenti in merito alla modifica della durata delle misure, e che queste ultime non hanno fornito alcun elemento a sostegno della loro affermazione. Di conseguenza, tale argomento deve essere respinto, in quanto le ricorrenti non hanno fornito prove al riguardo.

300    In terzo luogo, occorre esaminare l’argomento secondo il quale la proposta di modificare il periodo di validità delle misure sarebbe stata comunicata preliminarmente ai rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato consultivo.

301    Secondo le ricorrenti, il comunicato della ePure del 20 dicembre 2012 si riferisce al voto in seno al comitato consultivo in occasione di una riunione che ha avuto luogo il 19 dicembre 2012, e dimostrerebbe che la Commissione avrebbe sottoposto la proposta di far passare il periodo di validità delle misure da tre a cinque anni ai rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato consultivo e al denunziante prima che tale informazione fosse stata comunicata alle medesime. Orbene, il Consiglio contesta tale argomento e afferma nel controricorso che la Commissione ha informato contestualmente gli Stati membri, nonché le parti interessate, della proposta di modificare il periodo di validità delle misure, ossia il 21 dicembre 2012.

302    Per quanto attiene, in primo luogo, all’asserita violazione del divieto di discriminazione da parte delle istituzioni dell’Unione, occorre rilevare che presuppone che queste ultime abbiano trattato in modo diverso situazioni paragonabili causando uno svantaggio a taluni operatori rispetto ad altri, senza che tale differenza di trattamento sia giustificata dall’esistenza di differenze oggettive di una certa rilevanza (sentenza del 23 ottobre 2003, Changzhou Hai long Electronics & Light Fixtures e Zhejiang Yankon/Consiglio, T‑255/01, Racc., EU:T:2003:282, punto 60).

303    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che i rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato consultivo non sono, a differenza delle ricorrenti, parti interessate nel procedimento antidumping. Ne consegue che le ricorrenti e gli Stati membri non si sono trovati in situazioni paragonabili ai sensi della giurisprudenza. Di conseguenza, la comunicazione di informazioni agli Stati membri non è disciplinata dall’articolo 20 del regolamento di base, bensì viene effettuata in forza del suo articolo 15, paragrafo 2, nella sua versione originale, applicabile nella specie, secondo il quale la Commissione comunica agli Stati membri, prima della riunione del comitato consultivo, «tutti gli elementi d’informazione utili».

304    Per quanto attiene, in secondo luogo, all’asserita violazione del principio di buona amministrazione, occorre ricordare che la Commissione e il Consiglio sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali dell’Unione nel corso del procedimento amministrativo, fra i quali figura il diritto ad una buona amministrazione, sancito all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il quale raggruppa una serie di diritti specifici. Orbene, il principio di buona amministrazione non attribuisce, di per se stesso, diritti ai singoli, salvo quando costituisce espressione di diritti specifici ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali (sentenza del 4 ottobre 2006, Tillack/Commissione, T‑193/04, Racc., EU:T:2006:292, punto 127). Tuttavia, le ricorrenti non invocano in alcun modo un siffatto diritto specifico.

305    In ogni caso, anche ammesso che l’argomento delle ricorrenti venga inteso nel senso che fa valere una violazione del dovere di diligenza, occorre rammentare che detto dovere impone all’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi pertinenti della fattispecie [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, Racc. (Estratti), EU:T:2014:1076, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata]. Orbene, nella specie, poiché le ricorrenti non hanno apportato alcun elemento in grado di dimostrare, nel modo richiesto, che la Commissione o il Consiglio avrebbero violato siffatto obbligo, occorre pertanto respingere l’argomento concernente la violazione del principio di buona amministrazione in quanto infondato.

306    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti concernente la violazione del divieto di discriminazione e del principio di buona amministrazione deve essere respinto.

307    In quarto luogo, occorre parimenti respingere l’argomento delle ricorrenti secondo il quale l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base sarebbe stato violato per il fatto che la proposta di modificare il periodo di validità delle misure era stata sottoposta al comitato consultivo e «ratificata» dal medesimo prima del deposito delle osservazioni delle parti interessate. Anche ammesso che tale disposizione crei, come affermato dalle ricorrenti, un obbligo «per le istituzioni» di prendere in considerazione «le osservazioni relative al documento di informazione definitivo», è sufficiente rilevare che le ricorrenti non spiegano in che modo, in assenza dell’asserita irregolarità, il procedimento antidumping avrebbe potuto portare ad un risultato differente, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata al punto 252 supra. In ogni caso, occorre ricordare che, secondo l’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base nella sua versione originale, applicabile nella specie, il comitato consultivo, che peraltro non è un’istituzione, viene consultato prima dell’introduzione di un dazio antidumping definitivo da parte del Consiglio. È vero che l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, nella sua versione originale, prevede che la Commissione comunichi previamente agli Stati membri «tutti gli elementi d’informazione utili». Orbene, da un lato, le ricorrenti non fanno valere che il Consiglio non avrebbe preso in considerazione le loro osservazioni sottoposte il 2 gennaio 2013 sulla durata delle misure in occasione dell’adozione del regolamento impugnato. Dall’altro, le ricorrenti non affermano neanche che le loro osservazioni sottoposte il 2 gennaio 2013 contenevano elementi d’informazione utili che la Commissione avrebbe dovuto comunicare agli Stati membri, ai sensi del medesimo paragrafo.

308    Occorre pertanto concludere per il rigetto della seconda parte del decimo motivo.

 Sulla terza parte del decimo motivo, relativa all’accesso incompleto al fascicolo non riservato dell’inchiesta, in violazione dei diritti della difesa, dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base

309    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione si è rifiutata di concedere loro l’accesso a talune informazioni, a talune prove e a taluni documenti, nonostante diverse domande formulate dalle medesime a tal riguardo nel corso dell’inchiesta. Ciò sarebbe contrario all’articolo 6, paragrafo 7, e all’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base e violerebbe i loro diritti della difesa. Le ricorrenti sollevano cinque censure, con le quali esse affermano che la Commissione non ha accordato un accesso completo al fascicolo non riservato dell’inchiesta.

310    Il Consiglio contesta gli argomenti delle ricorrenti.

311    L’articolo 6, paragrafo 7, del regolamento di base, così recita:

«I denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative, gli utenti e le organizzazioni di consumatori che si sono manifestati a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, nonché i rappresentanti del paese esportatore, che ne facciano richiesta per iscritto, possono prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta, tranne i documenti interni preparati dalle autorità del[l’Unione] o degli Stati membri, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 19 e siano utilizzate nell’inchiesta. Le parti possono rispondere presentando le loro osservazioni, che sono prese in considerazione, purché siano accompagnate da sufficienti elementi di prova».

312    Secondo l’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento di base, «[l]e informazioni di natura riservata (ad esempio perché la loro divulgazione implicherebbe un significativo vantaggio concorrenziale per un concorrente oppure danneggerebbe gravemente la persona che ha fornito l’informazione o la persona dalla quale l’ha ottenuta) oppure che sono comunicate a titolo riservato dalle parti interessate dall’inchiesta, per motivi debitamente giustificati, devono essere trattate come tali dalle autorità».

313    L’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, così recita:

«Il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri, nonché i loro agenti, sono tenuti a non divulgare, salvo esplicita autorizzazione della parte che le ha fornite, le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento per le quali è stato chiesto il trattamento riservato. Le informazioni scambiate tra la Commissione e gli Stati membri oppure le informazioni relative alle consultazioni a norma dell’articolo 15 o i documenti interni preparati dalle autorità del[l’Unione] o dagli Stati membri non sono divulgate, salvo diversa disposizione del presente regolamento».

314    La violazione del diritto di accesso agli atti dell’inchiesta può comportare l’annullamento del regolamento impugnato solo nel caso in cui la divulgazione dei documenti di cui trattasi abbia comportato una possibilità, ancorché ridotta, di far approdare il procedimento amministrativo ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui l’impresa interessata avesse potuto avvalersene nel corso di detto procedimento (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2012, Consiglio e Commissione/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP, C‑191/09 P e C‑200/09 P, Racc., EU:C:2012:78, punto 174).

315    Per quanto riguarda la prima censura, le ricorrenti ritengono che la Commissione si sia rifiutata di accordare l’accesso o di fornire una sintesi non riservata delle banche dati di Eurostat (Ufficio statistico dell’Unione europea) e di altre banche dati doganali nazionali utilizzate per determinare il volume e il valore delle diverse importazioni.

316    Occorre rilevare che, con la prima censura, le parti non spiegano in che misura, in assenza dell’asserita irregolarità, il procedimento antidumping avrebbe potuto far approdare ad un risultato differente, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata ai punti 252 e 314 supra. Occorre quindi respingere la prima censura in quanto infondata.

317    Con la seconda censura, le ricorrenti fanno valere che la Commissione si è rifiutata di comunicare loro un documento interno contenente il parere della sua direzione generale (DG) «Fiscalità e unione doganale», relativo alla definizione del prodotto di cui trattasi.

318    Da un lato, occorre rilevare che, con la censura di cui trattasi, le ricorrenti non spiegano in che misura, in assenza dell’asserita irregolarità, il procedimento antidumping avrebbe potuto far approdare ad un risultato diverso, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata ai punti 252 e 314 supra. Dall’altro, è giocoforza rilevare che, secondo l’articolo 19, paragrafo 5, del regolamento di base, i documenti interni non sono divulgati, salvo diversa disposizione di detto regolamento. Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta poiché infondata.

319    Con la terza censura, le ricorrenti fanno valere che, per quanto attiene alla determinazione della parte di etanolo prodotta a partire da barbabietole da zucchero, la Commissione si è basata su un messaggio di posta elettronica della denunziante che menzionava una cifra del 12%, ma non forniva alcun dettaglio sulla fonte dei dati utilizzati e sul metodo applicato per pervenire a tale stima. Le ricorrenti considerano di essersi pertanto trovate nell’impossibilità di dimostrare alla Commissione che le loro «cifre più elevate» della produzione a partire da barbabietole da zucchero erano le «cifre corrette».

320    Occorre rilevare che, con tale argomento, le ricorrenti non spiegano in che misura la comunicazione della fonte e del metodo utilizzato per il calcolo avrebbe potuto far approdare ad un risultato diverso del procedimento antidumping, contrariamente a quanto richiesto dalla giurisprudenza citata ai punti 252 e 314 supra.

321    In ogni caso, la Commissione spiega di non essere stata autorizzata a divulgare le informazioni in questione, in quanto inglobavano informazioni commerciali riservate fornite dal denunziante. A tal riguardo, da un lato, le ricorrenti non spiegano perché l’indicazione, nella parte del messaggio di posta elettronica di cui trattasi, da esse citata alla pagina 434 dell’allegato A.10 al ricorso, secondo la quale la percentuale del 12% proveniva da un analista commerciale, non sarebbe sufficiente ad individuare la fonte dei dati in questione. Dall’altro lato, non si evince affatto da detta citazione che tale messaggio avrebbe contenuto una descrizione del metodo utilizzato per il calcolo della quota di mercato in questione.

322    Si deve dunque respingere la terza censura in quanto infondata.

323    Con la quarta censura, le ricorrenti fanno valere che non vi è alcun elemento del fascicolo non riservato che supporti la constatazione formulata al considerando 141 del regolamento impugnato, secondo cui la maggior parte dei produttori dell’industria dell’Unione copriva il rischio di fluttuazione dei prezzi delle materie prime.

324    Da un lato, occorre rilevare che, con la quarta censura, le ricorrenti non fanno valere alcuna violazione del loro diritto d’accesso al fascicolo non riservato. Pertanto, la presente censura è inconferente e deve essere respinta.

325    Dall’altro lato, e in ogni caso, il Consiglio spiega che, durante le verifiche in loco, i produttori dell’Unione hanno fornito spiegazioni dettagliate concernenti la copertura dei rischi e che le informazioni di cui trattasi hanno carattere riservato, cosicché non era possibile versarle nel fascicolo non riservato. Inoltre, le ricorrenti non contestano l’affermazione del Consiglio secondo la quale la prassi consistente nel coprire il rischio di fluttuazione dei prezzi è corrente nel settore in questione, e secondo la quale essa sarebbe facilmente verificabile grazie ad informazioni accessibili al pubblico nelle relazioni annuali dei produttori dell’Unione. Di conseguenza, anche la quarta censura deve essere respinta in quanto infondata.

326    Con la quinta censura, le ricorrenti ritengono che le osservazioni della ePure relative alla modifica del periodo di validità delle misure da tre a cinque anni non siano state versate nel fascicolo non riservato in tempo utile per consentire loro di preparare le loro osservazioni nei confronti di tale modifica entro il 2 gennaio 2013. Le osservazioni della ePure sarebbero state versate nel fascicolo non riservato solo il 4 febbraio 2013.

327    A tal riguardo, occorre constatare che le ricorrenti non spiegano in che misura, in assenza dell’asserita irregolarità, il procedimento antidumping avrebbe potuto portare ad un risultato differente, come richiesto dalla giurisprudenza citata ai punti 252 e 314 supra.

328    In ogni caso, il Consiglio fa valere che, nel documento d’informazione supplementare del 21 dicembre 2012, la Commissione riassumeva gli argomenti della ePure concernenti il periodo di validità, e spiegava le ragioni del ripristino del periodo normale di cinque anni. Quanto alle osservazioni del denunziante, si deve osservare che il documento di informazione supplementare contiene, in sostanza, le stesse informazioni del considerando 173 del regolamento impugnato, e ha riprodotto dunque gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali le istituzioni intendevano fondarsi nella specie. Per contro, le ricorrenti si limitano, nella replica, a contestare l’affermazione del Consiglio, senza specificare quali osservazioni della ePure non erano riassunte in modo sufficiente nel documento di informazione supplementare.

329    Nella replica, le ricorrenti ritengono peraltro che il documento di informazione supplementare costituisca semplicemente una negazione degli argomenti a favore del periodo di validità inizialmente proposto dalla Commissione, senza una vera spiegazione. Occorre rilevare, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, che questa nuova censura è tardiva, in quanto sollevata nella replica, ed essa deve pertanto essere respinta in quanto irricevibile (v., in tal senso, ordinanza del 24 settembre 2009, Alcon/UAMI, C‑481/08 P, EU:C:2009:579, punto 17, e sentenza del 30 aprile 2015, VTZ e a./Consiglio, T‑432/12, EU:T:2015:248, punto 158). Anche ammesso che questa nuova censura non sia stata sollevata tardivamente, sarebbe sufficiente constatare che, con tale censura, le ricorrenti non invocano alcuna violazione del loro diritto di accesso al fascicolo non riservato dell’inchiesta. Essa dovrebbe pertanto essere respinta anche in quanto inconferente.

330    Occorre pertanto concludere che le ricorrenti erano in grado di preparare in tempo utile le loro osservazioni in merito alla modifica del periodo di validità delle misure antidumping. Pertanto, la quinta censura, nonché la nuova censura menzionata al punto precedente, devono essere respinte.

331    Ne consegue che la terza parte del decimo motivo deve essere respinta.

 Sulla quarta parte del decimo motivo, relativa ad un periodo insufficiente accordato alle ricorrenti per presentare le loro osservazioni sul documento di informazione definitivo, in violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base e dei diritti della difesa

332    Le ricorrenti ritengono che il Consiglio non abbia accordato loro il termine minimo legale di dieci giorni, previsto all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, per presentare le loro osservazioni sul documento di informazione definitivo. In ogni caso, il termine minimo legale di dieci giorni non avrebbe costituito, a loro avviso, un termine sufficiente per presentare osservazioni su un documento di informazione altrettanto complesso come quello trasmesso nella presente fattispecie.

333    Il Consiglio contesta gli argomenti delle ricorrenti.

334    Anzitutto, occorre osservare che, stando al titolo della quarta parte del decimo motivo nell’atto introduttivo del ricorso, il Consiglio non ha concesso un tempo sufficiente «alle ricorrenti» per presentare le loro osservazioni sul documento di informazione definitivo. Orbene, nell’atto introduttivo del ricorso, le ricorrenti fanno valere che esse «e i loro membri» non hanno disposto di un tempo sufficiente per presentare le loro osservazioni.

335    A tal riguardo, occorre notare che le ricorrenti non spiegano, nelle loro memorie, quali siano, fra i loro membri, quelli che hanno ricevuto il documento di informazione definitivo. Nei limiti in cui le ricorrenti intendono dunque, con la presente parte, far valere una violazione dei diritti procedurali dei «loro membri», occorre rilevare che una domanda così poco precisa non soddisfa le condizioni previste all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, il quale esige che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si fonda il ricorso emergano in modo coerente e comprensibile, dal testo stesso dell’atto di ricorso (v. punto 254 supra). Pertanto, nei limiti in cui le ricorrenti fanno valere che i loro membri non hanno disposto di un tempo sufficiente per presentare le loro osservazioni in merito al documento di informazione definitivo, la presente parte deve essere respinta in quanto irricevibile.

336    Quanto all’argomento secondo il quale il Consiglio non ha accordato tempo sufficiente alle ricorrenti per presentare le loro osservazioni sul documento di informazione definitivo, occorre rammentare che l’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, prevede, in sostanza, che le istituzioni sono tenute a prendere in considerazione le osservazioni presentate dalle parti interessate solo a condizione che esse siano depositate nel termine fissato dalla Commissione, il quale non deve essere inferiore a dieci giorni.

337    Nella specie, il 6 dicembre 2012 la Commissione ha comunicato alle ricorrenti il documento di informazione definitivo, chiedendo loro di proporre eventuali osservazioni «entro un termine di 10 giorni (…), vale a dire entro il 17 dicembre 2012, a mezzogiorno». Il termine di dieci giorni per presentare osservazioni su tale documento, previsto all’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base, è scaduto domenica 16 dicembre 2012. In forza dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (GU L 124, pag. 1), se l’ultimo giorno del periodo di tempo è una domenica, il periodo di tempo termina con lo spirare dell’ultima ora del giorno lavorativo successivo, ossia con lo spirare dell’ultima ora del 17 dicembre 2012. Tuttavia, la Commissione ha invitato le parti interessate a comunicare le loro osservazioni su tale documento per il 17 dicembre 2012, a mezzogiorno, e non fino a mezzanotte. Cionondimeno, le ricorrenti hanno comunicato le loro osservazioni nel termine impartito dalla Commissione. Con lettera del 21 dicembre 2012, la Commissione ha comunicato il documento di informazione supplementare, relativo alla modifica della durata delle misure proposte. Tuttavia, in tale lettera, la Commissione ha chiesto alle parti di comunicare le loro osservazioni sulla modifica proposta, nonché sul documento di informazione definitivo del 6 dicembre 2012 al più tardi il 2 gennaio 2013, alla chiusura degli uffici.

338    Da un lato, occorre constatare che le ricorrenti non spiegano nelle loro memorie in che modo, a loro avviso, il procedimento amministrativo, a causa della presunta irregolarità, avrebbe potuto sortire un esito differente. A tal riguardo, è stato statuito che il mancato rispetto del termine di dieci giorni previsto dall’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base può portare all’annullamento del regolamento controverso solo in quanto esista una possibilità che, in ragione di tale irregolarità, il procedimento amministrativo avrebbe potuto sortire un esito differente, ledendo così in concreto i diritti della difesa della ricorrente (v., in tal senso, sentenza Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, punto 250 supra, EU:C:2009:598, punto 81 e la giurisprudenza ivi citata).

339    Dall’altro lato, come giustamente rilevato dal Consiglio, la Commissione, con la sua lettera del 21 dicembre 2012, ha concesso un termine supplementare alle ricorrenti per comunicare osservazioni sul documento di informazione definitivo del 6 dicembre 2012. Ne consegue che le istituzioni non hanno commesso alcuna violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base.

340    Quanto all’argomento secondo il quale il termine di dieci giorni non era sufficiente per presentare osservazioni su un documento di informazione talmente complesso e alla luce dell’assenza di un regolamento che istituisca dazi provvisori contenenti un calcolo provvisorio del margine di dumping, è sufficiente ricordare, come è stato esposto al punto 337 supra, che le ricorrenti non solo hanno beneficiato del termine minimo legale, ma che la Commissione ha successivamente concesso alle stesse, il 21 dicembre 2012, un termine supplementare di dodici giorni civili per presentare osservazioni su tale documento. Le ricorrenti non fanno valere l’insufficienza di tale termine esteso.

341    Inoltre, nella replica, le ricorrenti affermano che, con il documento di informazione supplementare del 21 dicembre 2012, le istituzioni sono incorse in un altro vizio procedurale per il fatto che il comitato consultivo antidumping era stato consultato già in occasione della riunione del 19 dicembre 2012 senza essere a conoscenza di un elemento essenziale, ossia il parere delle ricorrenti e dei produttori americani sulla validità modificata delle misure proposte. Ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, occorre constatare che questa nuova censura è tardiva, in quanto dedotta nella replica, e deve pertanto essere respinta in quanto irricevibile (v. la giurisprudenza illustrata al punto 329 supra).

342    Ne consegue che anche la quarta parte del decimo motivo deve essere respinta.

343    Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il decimo motivo deve essere respinto in toto.

344    Pertanto, dal momento che la seconda parte del primo motivo è stata accolta e, di conseguenza, detto motivo, il regolamento impugnato deve essere annullato nella parte in cui riguarda la Patriot Renewable Fuels, la Plymouth Energy Company, la POET e la Platinum Ethanol, che sono membri delle ricorrenti. Quanto al resto, il presente ricorso deve essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

 Sulle spese

345    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate. Tuttavia, se ciò appare giustificato alla luce delle circostanze del caso di specie, il Tribunale può decidere che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese dell’altra parte.

346    Nella specie, poiché le ricorrenti e il Consiglio sono rimasti ciascuno parzialmente soccombente, essi sopporteranno ciascuno le proprie spese.

347    Conformemente all’articolo 138, paragrafi 1 e 3, del regolamento di procedura, la Commissione e la ePure sopporteranno ciascuna le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 157/2013 del Consiglio, del 18 febbraio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di bioetanolo originario degli Stati Uniti d’America, viene annullato, nella parte in cui riguarda la Patriot Renewable Fuels LLC, la Plymouth Energy Company LLC, la POET LLC e la Platinum Ethanol LLC.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      La Growth Energy e la Renewable Fuels Association, il Consiglio dell’Unione europea, la Commissione europea e la ePURE, de Europese Producenten Unie van Hernieuwbare Ethanol sosterranno le proprie spese.

Dittrich

Schwarcz

Tomljenović

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 giugno 2016.

Firme

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

1.  Sulla domanda di riunione con la causa T‑277/13, Marquis Energy/Consiglio

2.  Sugli interventi

3.  Sulle misure di organizzazione del procedimento e sulla fase orale del procedimento

4.  Sulle domande di trattamento riservato

5.  Sulle conclusioni delle parti

In diritto

1.  Sulla ricevibilità

Sul diritto ad agire delle associazioni come le ricorrenti

Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti

Sulla legittimazione delle ricorrenti ad agire a titolo individuale

Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti quali rappresentanti dei loro membri

–  Sull’incidenza diretta nei confronti delle ricorrenti quali rappresentanti dei produttori di bioetanolo inclusi nel campione

–  Sull’incidenza individuale sulle ricorrenti quali rappresentanti dei produttori di bioetanolo inclusi nel campione

–  Sull’esistenza di mezzi di ricorso alternativi

Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti quali rappresentanti dei loro membri diversi dai quattro produttori inclusi nel campione

Sull’interesse ad agire

2.  Nel merito

Sul primo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 2, paragrafo 8, dell’articolo 9, paragrafo 5, e dell’articolo 18, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento di base, ad una violazione dei principi di certezza del diritto, del legittimo affidamento e di buona amministrazione, nonché a manifesti errori di valutazione commessi dal Consiglio a causa del suo rifiuto di calcolare un margine di dumping individuale e di attribuire un dazio antidumping individuale, se del caso, ai membri delle ricorrenti inclusi nel campione

Sull’applicazione dell’accordo antidumping dell’OMC nella presente fattispecie

Sulla questione se i quattro produttori americani inclusi nel campione siano titolari del diritto all’applicazione di un dazio antidumping individuale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base

Sulla questione se fosse impossibile istituire dazi antidumping individuali nella presente fattispecie

Sul decimo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 6, paragrafo 7, dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 20, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento di base, nonché dei diritti della difesa, dei principi di non discriminazione e di buona amministrazione e alla carenza di una sufficiente motivazione

Osservazioni preliminari

Sulla prima parte del decimo motivo, relativa alla natura incompleta del documento di informazione definitivo e alla violazione dell’articolo 20, paragrafi 2 e 4, del regolamento di base, nonché ad errori di motivazione nel regolamento impugnato

Sulla seconda parte del decimo motivo, relativa al fatto che il documento di informazione supplementare è stato trasmesso, in primo luogo, agli Stati membri e al denunziante e successivamente alle ricorrenti, in violazione dei principi di buona amministrazione e di non discriminazione, dei diritti della difesa, nonché dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base

Sulla terza parte del decimo motivo, relativa all’accesso incompleto al fascicolo non riservato dell’inchiesta, in violazione dei diritti della difesa, dell’articolo 6, paragrafo 7, e dell’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento di base

Sulla quarta parte del decimo motivo, relativa ad un periodo insufficiente accordato alle ricorrenti per presentare le loro osservazioni sul documento di informazione definitivo, in violazione dell’articolo 20, paragrafo 5, del regolamento di base e dei diritti della difesa

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.


1 – Dati riservati occultati.